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MAGAZINE n.193 / 19 11 FEBBRAIO 2019 Google, la “tassa” sui ricavi dei videogiochi resta al 30% 20 33 I primi scatti con la Panasonic Lumix S1 40 Chromecast 3 Sempre una certezza 35 iRobot Roomba i7+ con CleanBase IN PROVA IN QUESTO NUMERO 17 Lumix S1 e S1R: mirrorless full frame secondo Panasonic Panasonic presenta a Barcellona le due nuove mirrorless Full Frame, Lumix S1 e S1R. DNA tutto Panasonic, zero compromessi e risoluzione record 10 Come nasce uno smartphone negli stabilimenti di Huawei Siamo andati in Cina a vedere come Huawei produce un P20, dal primo chip all’ultimo test. Controlli maniacali di uomini e macchine Sonos, ecco i diffusori da incasso e da esterni “Architectural” 25 Bancomat Pay: da adesso acquisti online anche col Bancomat 21 IPTV pirata: gli operatori di rete devono bloccare l’accesso Accolto il ricorso della Lega Serie A per il blocco dei siti IPTV. Sentenza chiave: gli operatori di rete fissa sempre più parte attiva nella lotta alla pirateria 02 38 L’ascolto “magico” di Creative Super X-FI 07 La fabbrica Kärcher industria 4.0 vera Forse il detersivo non serve più, ora c’è TerraWash 30 FCA vs Governo Eco-incentivi derisi con uno spot 41

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

Google, la “tassa” sui ricavi dei videogiochi resta al 30% 20

33

I primi scatti con la Panasonic Lumix S1

40

Chromecast 3 Sempre una certezza

35

iRobot Roomba i7+ con CleanBase

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

17

Lumix S1 e S1R: mirrorless full frame secondo PanasonicPanasonic presenta a Barcellona le due nuove mirrorless Full Frame, Lumix S1 e S1R. DNA tutto Panasonic, zero compromessi e risoluzione record

10

Come nasce uno smartphone negli stabilimenti di Huawei Siamo andati in Cina a vedere come Huawei produce un P20, dal primo chip all’ultimo test. Controlli maniacali di uomini e macchine

Sonos, ecco i diffusori da incasso e da esterni “Architectural” 25

Bancomat Pay: da adesso acquisti online anche col Bancomat 21

IPTV pirata: gli operatori di rete devono bloccare l’accessoAccolto il ricorso della Lega Serie A per il blocco dei siti IPTV. Sentenza chiave: gli operatori di rete fissa sempre più parte attiva nella lotta alla pirateria

02

38

L’ascolto “magico” di Creative Super X-FI

07

La fabbrica Kärcher industria 4.0 vera

Forse il detersivo non serve più, ora c’è TerraWash 30

FCA vs Governo Eco-incentivi derisi con uno spot

41

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto FAGGIANO

I l contratto per la trasmissione in

chiaro di un incontro di Champions

League alla settimana delle stagioni

2018-19, 2019-20 e 2020-21, tra la Rai

e Sky, potrebbe bruscamente interrom-

persi dopo la prima stagione.

Secondo alcune indiscrezioni pub-

blicate dal Sole 24 ore, il rinnovo già

approvato dal CdA Rai per la prossima

stagione potrebbe essere impugnato

da Sky adducendo alcune motivazioni

legali scovate tra i cavilli del contratto,

siglato prima dell’irruzione di DAZN nel

mondo dei diritti tv per il campionato

italiano di calcio. A seguito dell’ingres-

so di DAZN, Sky avrebbe trasmesso un

numero di partite di calcio inferiore a

quelle indicate nel contratto con la Rai,

facendo quindi venire meno alcune

condizioni secondarie dell’accordo.

Dietro al cavillo burocratico però ci sa-

rebbe l’irritazione di Sky per la nuova

MERCATO Potrebbero riaprirsi le ostilità tra Sky e Rai sui diritti TV in chiaro per la Champions

Sky e Rai bisticciano per i diritti della Champions in chiaro. Spunta un’offerta da Mediaset?Alla base del mancato rinnovo, la vicenda dei programmi Rai ritrasmessi da Sky sul satellite

richiesta della tv di Stato di monetiz-

zare la trasmissione via satellite dei

canali Rai verso gli abbonati Sky, già

oggetto di attriti durati per anni tra le

due società. Attriti del tutto simili a

quelli avuti con Mediaset per lo stes-

so motivo e poi risolti proprio recente-

mente, con l’ingresso di Canale 5 nella

numerazione Sky ufficiale. E proprio la

pace “scoppiata” tra Sky e Mediaset

potrebbe gettare ulteriori ombre sul-

l’accordo Rai-Sky per la Champions:

visto l’ottimo andamento degli ascolti

delle partite dei campionati europei

trasmessi in chiaro da Mediaset, que-

st’ultima potrebbe fare un’offerta più

vantaggiosa per Sky, a discapito della

Rai. Vedremo gli sviluppi della situazio-

ne, ma la strada per nuove battaglie

legali è già aperta.

di Massimiliano DI MARCO

I l tribunale di Milano ha accolto il ricorso

della Lega Serie A: spetta agli opera-

tori di rete fissa (soprattutto quelli più

popolari come TIM, Vodafone, Fastweb,

Wnd e Tiscali) bloccare l’accesso al sito

No Freeze IPTV, che proponeva partite

e trasmissioni tramite IPTV. Cioè fare in

modo che gli utenti non possano accede-

re al sito e agli altri indirizzi IP che possa-

no essere collegati. La sentenza del tribu-

nale è molto importante perché modifica

gli equilibri e rende gli operatori di rete

fissa parte attiva nella lotta alla pirateria.

Il giudice, inoltre, ha dato tempo 4 giorni

agli operatori (a partire dal 30 gennaio)

per bloccare l’accesso al sito pirata; per

ogni giorno di ritardo, ci sarà una multa

di 5mila euro. Le IPTV rappresentano un

duro colpo ai diritti televisivi delle partite

MERCATO La sentenza rende gli operatori di rete fissa parte attiva nella lotta alla pirateria

Lega Serie A, accolto il ricorso. Gli operatori di rete devono bloccare l’accesso alle IPTVIl giudice ha dato agli operatori 4 giorni di tempo dal 30/1 per bloccare l’accesso al sito pirata

di calcio e, in generale, degli eventi spor-

tivi: sono semplici da configurare e negli

ultimi anni sono aumentate di popolarità.

Servizi di pirateria basati su IPTV sono in

vendita persino su eBay. Non soltanto chi

trasmette tramite IPTV può rischiare car-

cere e sanzioni pecuniarie pesanti; anche

gli utenti che sfruttano tali servizi, infatti,

possono andare in contro a fino tre anni

di reclusione e multe che possono arriva-

re a superare i 25mila euro.

Il presidente della Lega Serie A, Gaetano

Micchichè, aveva definito la pirateria on-

line “un crimine che non solo danneggia

club e tifosi, ma priva il movimento delle

risorse necessarie per crescere”.

Offerte TIM Fibra: dopo la quota di attivazione una nuova invenzione: la quota di adesione di 240 euroIl 19 gennaio TIM aveva rivisto le offerte per la fibra, creando un pacchetto semplice e trasparente nei costi. Queste offerte verranno riviste. In peggio di R. PEZZALITIM si prepara a rivedere le ottime offerte TIM Connect che aveva lan-ciato recentemente: secondo le in-discrezioni, non cambierà il prezzo dell’offerta ma cambierà il vincolo e arriveranno due balzelli che non si pagheranno solo se non si cambie-rà operatore prima della scadenza. Le offerte restano infatti le stesse, ma a queste si aggiungono un con-tributo di attivazione di 10 euro al mese durante il primo anno e una quota di adesione pari a 240 euro, rateizzabili in 24 rate da 10 euro e già incluse nel vincolo di 24 mesi. 360 euro in più, che non graveran-no su coloro che sottoscriveranno le offerte e resteranno fedeli. Il contributo di attivazione di 10 euro è infatti dato in promozione gratui-ta, mentre le 24 rate per la quota di adesione da 10 euro sono già incluse nel costo del canone: TIM Connect Fibra ad esempio costa 35 euro, ma per i primi due anni sono 25 euro di quota connettività e 10 euro di quota di adesione. Per chi entra in TIM e resta con TIM 24 mesi non cambia nulla, ma chi vuo-le uscire prima dovrà pagare tutti gli anticipi e la promozione. Inutile dire che la “quota di adesione”, se dovesse essere confermata, sa-rebbe l’ennesima trovata creativa del reparto marketing e vendite: adesione a cosa? Sostanzialmente non costa nulla a chi resta vincola-to all’operatore, ma per chi esce sono dolori.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

I l mercato delle fotocamere digitali

continuerà a contrarsi nei prossimi

due anni, fino a dimezzarsi. Questa

è la profezia di Fujio Mitarai, CEO di

Canon, che nel corso di un’intervista

con il quotidiano nipponico Nikkei spie-

ga come la sua azienda sia costretta a

spostarsi dal mercato consumer verso

un mondo più business per far fronte

a quella che sembra una caduta inar-

restabile. Canon ha perso il 10% anno

su anno nel segmento fotocamere, e le

mirrorless non possono essere consi-

derate una soluzione ai problemi: sono

una semplice sostituzione delle reflex

sul mercato, non aggiungono nuovi

utenti. Secondo Mitarai la colpa di que-

sto mercato delle fotocamere digitali in

continua caduta è degli smartphone, che

ormai hanno sostituito del tutto le foto-

camere compatte e le mirrorless /

reflex entry level, lasciando spazio

di manovra solo nel segmento pro-

fessionale dove per ovvi motivi uno

smartphone non può rivaleggiare

con una EOS R o una 5D Mark IV.

Una analisi lucida, che non tiene

conto tuttavia di un aspetto: gli

smartphone ormai sono fotocame-

re digitali a tutti gli effetti, quindi il

mercato delle fotocamere è più

florido che mai, e sono sempre di più le

fotografie, anche di qualità, che vengono

scattate dagli utenti con il loro telefoni-

no. Crediamo che mai come in questo

momento il mondo sia pieno di fotografi

e di appassionati di fotografia: non è il

mezzo che fa il fotografo, ma la foto, e

ormai ogni smartphone può scattare la

stessa identica foto che scatta una com-

patta, anche evoluta.

Se guardiamo a cosa è successo nel

mondo degli smartphone negli ultimi

anni, con un focus sulle fotocamere, e

MERCATO Fujio Mitarai, CEO di Canon, prevede anni duri per il settore delle fotocamere consumer

Il CEO di Canon: “In due anni mercato dimezzato per colpa degli smartphone” Canon, Nikon e altri non devono arrendersi agli smartphone, ma utilizzare il loro know-how

cosa invece è stato fatto dai produttori

tradizionali come Nikon e Canon, è evi-

dente che qualcuno ha un po’ “sonnec-

chiato”. Canon, ma non è l’unica, non è

stata capace di proporre un qualcosa di

nuovo, ma si è limitata ad un “compitino”

di rinnovamento delle sue reflex aggiun-

gendo qualche megapixel, qualche zona

di autofocus, qualche ISO, ma nulla di

più. Nessun azzardo, nessun tentativo di

fare qualcosa di diverso, solo tradizione.

Con un occhio sempre ai modelli top,

concentrandosi su quelle che potevano

essere le esigenze di pochi professioni-

sti senza concedere troppo invece sulla

fascia bassa, quella che dovrebbe at-

trarre i neo appassionati. Oggi chi scatta

con una reflex è consapevole di quanto

sia macchinoso, in certi casi, trasferire

una foto dalla reflex allo smartphone,

tanto che spesso è più conveniente

farla con lo smartphone stesso. Se

guardiamo indietro gli unici due tenta-

tivi diversi di avvicinare il mondo degli

smartphone a quello delle fotocamere

sono stati fatti da Samsung e da Pana-

sonic: la Samsung Galaxy NX, la prima

mirrorless con Android a bordo, è arri-

vata forse troppo presto, quando an-

cora Android era lento e macchinoso e

la fotografia su smartphone un territorio

da esplorare.

E lo stesso vale per la Lumix CM1, lo

smartphone Panasonic con ottica Leica

e sensore da 1” che offriva una eccelsa

qualità fotografica ma non

certo la miglior esperienza

come smartphone.

Creare uno smartphone per

un produttore di macchine

fotografiche non è semplice,

paradossalmente è stato più

semplice per i produttori di

smartphone migliorare tal-

mente tanto la fotocamera

da riuscire a colmare un gap

che sembrava incolmabile. E se lo scor-

so anno è stato l’anno della risoluzione,

quest’anno arriveranno i super zoom:

10x di ingrandimento su smartphone,

con l’aiuto dell’IA e del machine learning,

metteranno ancora più a dura prova il

mercato di compatte e fotocamere a otti-

che intercambiabili entry level. La strada

di uscita per molti produttori di fotoca-

mere tradizionale potrebbe essere quel-

la di una alleanza stile Huawei-Leica: Ca-

non, Nikon e altri non devono arrendersi

a questa entrata degli smartphone in un

settore che non era loro, devono capire

che non hanno rubato spazio alle foto-

camere ma che sono un altro modello di

fotocamera, diverso, ma pur sempre una

fotocamera. Devono conviverci e come

fare in modo che le loro tecnologie, il

loro know how e la loro esperienza nel

settore possano far crescere ancora di

più l’interesse verso quella che ormai è

una passione comune di tutti.

Vola Fastweb: crescono gli utenti mobile e di rete fissa. Ricavi per 2,1 miliardi di euroOltre 1,4 milioni di utenti mobile e 2,5 milioni per la rete fissa per Fastweb. Cresce anche la divisione di vendita servizi all’ingrosso: ricavi per 274 milioni (+11%) di M. DI MARCOOltre 1,43 milioni di utenti mobile (+34% dal 2017) e 2,5 milioni di clienti di rete fissa (+4%). Fastweb festeggia un anno di ottimi risultati finanziari, con 106 milioni di euro di utile netto (+46% su base annua) e ricavi complessivi per 2,1 miliardi di euro (+8%). Nel 2018, Fastweb ha aggiunto 389mila utenti mobile - la cui offerta, ricordiamo, si appoggia alla rete TIM per il 4G - “nonostante l’intensificarsi della concorrenza e l’ingresso di nuovo operatore nel mercato”, vale a dire Iliad. Passi avanti anche per la convergenza fisso-mobile: +7% negli ultimi dodi-ci mesi gli utenti che hanno optato per Fastweb per la rete fissa e per quella mobile con un’offerta unica dedicata, ossia il 30% della base clienti dell’operatore. I clienti di banda larga abbonati a Fastweb sono più di 2,54 milioni, di cui il 55%, fa sapere l’azienda, è dotato di una connessione a banda ultra-larga, con velocità che può arriva-re, nei casi migliori, a 1 Gbit/s.Risultati positivi, infine, anche per il mercato wholesale, ossia la for-nitura di servizi di connettività dati all’ingrosso e di collegamento in fibra ottica delle antenne mobili di altri operatori: 274 milioni di ricavi, +11% su base annua.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

Verificare se Amazon rimuova le

recensioni negative pubblicate

dagli utenti sulla sua piattaforma

di proposito. L’Unione Nazionale Consu-

matori ha depositato una segnalazione

all’Autorità Garante della Concorrenza e

del Mercato (nota anche come Antitrust)

in accordo con le segnalazioni ricevute

da diversi utenti, i cui commenti negativi

sarebbero stati rimossi da Amazon in

quanto non conformi alla politica della

piattaforma. Per l’associazione “va accer-

tato se configura una pratica scorretta”.

“Una recensione negativa da parte del

consumatore che ha subìto disservizi da

parte di un venditore o è insoddisfatto

dopo l’acquisto di un prodotto, non può

essere rimossa arbitrariamente dalla

piattaforma: si lede il diritto alla corretta

informazione del consumatore”, com-

menta Massimiliano Dona, presidente

dell’Unione Nazionale Consumatori.

“Il punto è che a noi - prosegue Dona

- sembrano normalissimi commenti del

tutto conformi alla policy della piatta-

MERCATO Secondo l’Antitrust “va accertato se il comportamento configura una pratica scorretta”

Unione Nazionale Consumatori: “Amazon cancella recensioni negative degli utenti”Le recensioni negative sarebbero rimosse in quanto non conformi alla policy della piattaforma

forma: se fossero stati cancellati solo

perché negativi, Amazon avrebbe re-

alizzato un comportamento arbitrario”.

Ecco la dichiarazione di Amazon:

“Sappiamo che milioni di clienti si affi-

dano alle recensioni di altri clienti - sia

positive che negative - per prendere una

decisione d’acquisto informata sui pro-

dotti. Prendiamo molto sul serio questa

responsabilità. Le nostre Linee guida

della Community illustrano la nostra

policy in merito a quali tipologie di re-

censioni sono consentite. Non rimuovia-

mo le recensioni tranne nel caso in cui

violino le nostre linee guida. Chiunque

può segnalare eventuali violazioni delle

linee guida cliccando sul link “Segnala

un abuso” accanto alla recensione. Se

il link “Segnala un abuso” non è disponi-

bile, il cliente può inviare le segnalazioni

via email al nostro team dedicato. Le re-

censioni dei clienti sono uno degli stru-

menti di maggior valore che offriamo

per supportare decisioni di acquisto

consapevoli fondate su giudizi derivanti

dall’esperienza personale di altri clienti.

Lavoriamo costantemente per assicurar-

ci che svolgano bene questo compito”.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

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Per la pubblicità[email protected]

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MAGAZINE

Mediaset Premium perde pezzi: Eurosport abbandonaSempre meno attraente l’offerta di Mediaset Premium prima del definiti-vo trasferimento dei contenuti verso l’offerta Sky ospitata sul digitale terrestre. Le trasmissioni di Eurosport 1 e 2, oltre al canale ID-Investigation Discovery cesseranno il prossimo 28 febbraio, lasciando l’informazione sportiva ai soli canali Sky già presenti nel pacchetto. Per gli abbonati Media-set Premium c’è la facoltà di recedere dal servizio senza alcuna penale a febbraio, in virtù di tale cambiamento nel palinsesto. Ricordiamo che i canali Eurosport rimangono visibili online con Eurosport Player e nei pac-chetti TIM Vision oppure attraverso il pacchetto Sky Sport.

di M. DI MARCO

I mpossibile trovare una data per an-

ticipare l’udienza sul modem libero.

Così il TAR del Lazio ha deciso, con

decreto del 29 gennaio, di non ac-

cogliere l’istanza dell’Autorità per le Ga-

ranzie nelle Comunicazioni presentata il

21 dicembre. Prima del 23 ottobre, data

precedentemente fissata, non si farà

niente, insomma, e tutto resterà così

com’è. Vale a dire che la delibera 348/18/

CONS di AGCOM (la decisione che

“liberava” il modem) è attiva solo per i

nuovi clienti; coloro che, invece, hanno

già sottoscritto un contratto con un oper-

atore, non possono modificare la propria

offerta con un’altra equivalente, ma priva

del modem a pagamento. Il TAR ha ritenu-

to che “essendo già stata individuata una

data compatibile con l’estremo sovracca-

MERCATO Il TAR non può anticipare l’udienza sul modem libero, per ora tutto resta com’è

Modem libero, tutto rimandato a dopo l’estateIl 23 ottobre si conoscerà il parere ultimo del TAR sul ricorso presentato dagli operatori

rico dei ruoli di udienza di questo

Tribunale, in presenza di un danno

economico - per l’una o per l’altra

delle parti coinvolte - non irrepara-

bile” l’istanza non potesse trovare

accoglimento. Il 23 ottobre resta

la data da segnare sul calendario

per conoscere il parere ultimo del

TAR sul ricorso presentato dagli

operatori, che insistono che il modem

rappresenti un componente essenziale

della propria linea di rete fissa e, in poche

parole, toglierlo potrebbe compromettere

l’esperienza utente. Dal 1° dicembre scor-

so, la maggior parte degli operatori si è

adeguata proponendo ai nuovi utenti ta-

riffe senza il modem obbligatorio e a pa-

gamento. Ciò significa che i nuovi clienti

possono scegliere di abbonarsi a TIM, per

esempio, senza essere obbligati ad avere

il modem TIM; se lo volessero, la delibe-

ra AGCOM stabilisce che tale dispositivo

non deve essere fatto pagare. Non tutti,

però, hanno seguito la delibera. Voda-

fone, per esempio, non ha ancora pub-

blicato i parametri di configurazione del

modem (aveva parlato di “inizio 2019”).

Poco prima di Natale, poi, il Consiglio di

Stato aveva accolto il ricorso di TIM e ave-

va sospeso parte dell’applicazione della

delibera, ossia quella parte non ancora

attiva legata ai contratti in vigore da parte

dei già clienti.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

Sottocosto.online, game over. E,

come era prevedibile, non ci tro-

viamo di fronte ad un lieto fine. La

società che gestiva il discusso sito di

vendita di prodotti a prezzi scontatissimi

ha infatti dichiarato fallimento. Un epilo-

go diverso da quello che si aspettavano

probabilmente le centinaia di persone

che, fidandosi degli annunci pubblicitari

sulle maggiori radio italiane, hanno ordi-

nato prodotti per oltre un migliaio di euro,

prodotti che non sono mai stati spediti.

Cosa succede adesso? Come ogni pro-

cedura di fallimento ci sarà un curatore

fallimentare incaricato di controllare cosa

è rimasto nelle casse della società, analiz-

zare crediti e debiti e chiudere l’istanza.

Ma è lecito pensare che nelle casse della

società sia rimasto ben poco, e tutti co-

loro che si presenteranno con crediti da

riscuotere il 7 maggio 2019, data dell’adu-

nanza, difficilmente riusciranno ad avere

indietro quanto originariamente versato.

Forse chi ha fatto gli ordini più cospicui

riuscirà a spuntare una piccola percen-

tuale, chi ha ordinato poco rivedrà, se va

bene, le briciole. Anche perché nel caso

di Sottocosto.online i maggiori creditori

MERCATO MegaTrade Srl, la società che ha creato Sottocosto.online, ha dichiarato fallimento

Sottocosto.online è fallito. Addio soldi. E in tutto questo la magistratura dormeChi ha fatto gli ordini difficilmente rivedrà i soldi indietro, la magistratura non si è mai mossa

non sono i consumatori che hanno fatto

ordini, anche grandi, ma le radio e le con-

cessionarie di pubblicità che hanno spin-

to con campagne pubblicitarie da oltre

100.000 euro il sito senza essere pagate.

Il lato più assurdo dell’intera vicenda è

l’immobilismo della magistratura: che

qualcosa non andasse in Sottocosto.

online era chiaro fin dalle settimane

successive alle prime segnalazioni: ne

abbiamo parlato la prima volta su DDay

il 26 maggio dello scorso anno, e in tutto

questo tempo i siti sono rimasti attivi no-

nostante le decine di segnalazioni di per-

sone che, fatto il bonifico, non hanno mai

ricevuto nulla. E la stessa cosa vale per

le campagne pubblicitarie, che sparite da

una radio comparivano su un’altra come

se nulla fosse. Per una vicenda simile, in

Svizzera, è scattato l’arresto del titolare in

poche settimane.

Sottocosto.online: gli altri articoliSottocosto.online, il sito che spunta dal nulla con prezzi bassissimi. È affidabile? Gli avvocati si mettono in moto

Il caso Sottocosto.online: mancate con-segne e rimborsi lenti. La società: “Pro-blemi in via di risoluzione”

Non arrivano buone notizie da sottoco-sto.online. E Eni invita a “diffidare”

Offerteazero.it, il nuovo sito di sotto-costo.online. Stessi proprietari e stessi dubbi

Dal 15 marzo TIM aumenta il prezzo mensile di Tuttofibra, Tim Tutto e Internet ProfessionaleTuttofibra, Tim Tutto e Internet Professionale coinvolte da un aumento dei prezzi mensili dal 15 marzo. Recesso gratuito entro il 14 marzo di M. DI MARCO

Dal 15 marzo aumentano i prezzi mensili di alcune offerte di rete fis-sa di TIM per i clienti business. Tra le offerte coinvolte dalle modifiche unilaterali ci sono Tuttofibra, Tim Tutto e Internet Professionale. L’au-mento riguarda coloro che hanno sottoscritto il contratto entro il 31 dicembre 2018, fa sapere TIM. Nel-lo specifico, è previsto un aumento di 10 euro per i clienti Tuttofibra e Tim Tutto. Per le offerte Internet Professionale, invece, l’aumento sarà del 10% del prezzo dell’abbo-namento mensile per l’offerta In-ternet Professionale in tecnologia ADSL, HDSL o VDSL; inoltre, se il cliente ha un modem TIM a noleg-gio, anche il canone mensile del modem aumenterà del 10%. Inoltre, un aumento di 10 euro del prezzo mensile è previsto per le seguenti offerte di fonia: Linea Valore+, Li-nea Valore+ ISDN, Linea Valore+ ISDN (GNR), Linea Valore+ ISDN (GNR SP), Linea Voce+, Linea Voce ISDN, Linea telefonica affari, Linea telefonica entrante, Accesso Base Singolo Affari, Linea ISDN e ISDN dati base (singolo e multi accesso). Chiunque non voglia più mantene-re attivo il contratto può recedere senza costi di disattivazione né penali entro il 14 marzo con una lettera spedita a “Telecom Italia Servizio Clienti Business, Casella postale n. 456 – 00054 Fiumicino Roma”, un fax al 800.000.191; una e-mail all’indirizzo di posta elettro-nica certificata [email protected] oppure tramite il 191 o il sito timbusiness.it.

di P. AGIZZA

I l quarto trimestre in casa Samsung

si dimostra particolarmente difficile.

Come ampiamente previsto, la casa

coreana fa segnare un netto calo, con

l’utile che scende del 29% rispetto allo

stesso periodo dello scorso anno. E il nu-

mero di smartphone venduti non era così

basso da almeno due anni. Ma andiamo

con ordine. Come detto, l’utile comples-

sivo vede una brusca virata verso il bas-

so, fermandosi a 9,7 miliardi di dollari. Il

dato segna una diminuzione sia su base

annua (-29%) che su base trimestrale. In-

fatti Samsung aveva chiuso il terzo trime-

stre con un profitto di oltre 15 miliardi di

dollari. Particolarmente colpito il settore

MERCATO La pubblicazione dei dati finanziari di Samsung rispetta le previsioni di un grave calo

Samsung, cala il fatturato nell’ultimo trimestreUtile in calo del 29% rispetto al Q4 del 2017. Spicca, in negativo, la divisione mobile

smartphone, solitamente uno

dei più redditizi. L’utile opera-

tivo di 1,35 miliardi di dollari

segna il punto più basso per

Samsung negli ultimi due

anni. In questo quarto trime-

stre del 2018 Samsung ha

venduto meno smartphone

rispetto allo stesso periodo

del 2016. Samsung ha dichiarato che “I

nuovi modelli di punta per il mercato di

smartphone ci consentiranno di soste-

nere le vendite e recuperare prestazioni

aziendali nei prossimi mesi” lasciando

intendere che i dati di vendita del nuovo

top di gamma Galaxy S10 saranno cru-

ciali per riassestare i conti. In sofferenza

anche il settore memorie. Samsung

prevede che il calo nel settore memorie

continuerà anche per i primi mesi del

2019, con un miglioramento dalla sec-

onda metà dell’anno in poi.

C’è da sottolineare, però, che il 2018 per

Samsung resta un anno da record. La

casa coreana, infatti, ha messo a bilancio

entrate per 219 miliardi di dollari, con un

ricavo che si attesta sui 52,9 miliardi.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

H uawei è davvero una vittima del con-

fronto commerciale tra Usa e Cina,

o è una pedina strategia in questa

nuova guerra fredda? L’arresto in Canada

di Meng Wanzhou, figlia del fondatore,

e la successiva richiesta di estradizione

negli Usa, hanno portato la tensione tra i

due Paesi ad un livello ancora più alto. Gli

Stati Uniti stanno preparando un dossier

con tutte le accuse sulle attività di spio-

naggio di Huawei ai danni di aziende e

imprese americane, e nell’ambito di que-

sto dossier è emersa una spy story vera e

propria, l’incredibile storia di un robot di

nome Tappy che Huawei ha cercato pri-

ma di comprare e poi di copiare. La storia

non è nuova, risale al 2012, periodo in cui

la divisone hardware di Huawei stava per

MERCATO Da un documento de-secretato del dipartimento di giustizia emerge una spy story assurda

Così Huawei ha cercato di rubare un robot a T-Mobile. Lo scambio di mail è surreale Huawei voleva il robot di test T-Mobile, l’operatore ha detto no. E Huawei ha cercato di clonarlo

iniziare la sua incredibile ascesa. Come

ogni produttore, Huawei aveva bisogno

di un sistema di test dei suoi prodotti

capace di eseguire operazioni in modo

rapido e senza l’ausilio dell’uomo: i primi

Ascend, infatti, fallivano spesso i test di

certificazione dei vari operatori e Huawei

aveva deciso di correre ai ripari.

Il più efficiente di questi test era condotto

ai tempi da T-Mobile: l’operatore ameri-

cano infatti aveva approntato un robot

dotato di un braccio “touch” che poteva

simulare una serie di condizioni e di test,

tutti ripetibili. Si chiamava Tappy, ed era

stato realizzato nel 2007 dall’ingegnere

di T-Mobile David Jenkinson.

Huawei ha chiesto a T-Mobile se avesse-

ro intenzione di cedere la licenza d’uso di

Tappy, o se fosse possibile acquistare il

prodotto, ma T-Mobile ha risposto di no.

E quindi Huawei ha deciso di rubarlo, o

meglio, clonarlo.

La storia è vecchia, e Huawei è già stata

condannata dal tribunale ed è stata co-

stretta a risarcire a T-Mobile 4.8 milioni

di dollari per danni, ma tutti i documenti

relativi al caso sono stati de-secretati e

sono diventati di pubblico dominio. Dal

documento, accessibile dal sito del di-partimento di giustizia, si può ricostruire

tutta la questione con lo scambio di email

tra la sede di Huawei e la divisione ameri-

cana di Huawei.

Tutto come abbiamo scritto ha inizio

nel 2012: Huawei stringe un accordo

commerciale con T-Mobile per iniziare

a vendere smartphone negli Stati Uniti,

e proprio per questo motivo ad alcuni

ingegneri Huawei viene concesso l’ac-

cesso al laboratorio speciale dove Tappy

viene tenuto e usato. A queste persone

viene chiesto di firmare un NDA, un Non

Disclosure Agreement con il quale gli in-

gegneri Huawei si impegnavano a non

fare foto o video di Tappy e di non pro-

vare a fare il reverse engineer, ovvero di

non cercare di coglierne i segreti.

Non è andata esattamente così: Huawei,

dopo aver ricevuto il no da parte di T-Mo-

bile, ha iniziato a far pressione sui suoi

ingegneri per cercare di carpire ogni

segreto di Tappy ai fini di ricostruirlo in

Cina, con il nome di xDeviceRobot. Dal

documento del Dipartimento di Giustizia

è stato possibile ricostruire il surreale

scambio di email tra la Cina e gli Usa, i

fitti contatti tra ingegneri e dipendenti

Huawei per cercare di clonare Tappy.

Una vicenda surreale.

iPhone, ricavi giù del 15%. Profitti record dai servizi e il mercato sorride: +8%Tutto come previsto: ricavi iPhone in calo del 15%; meno 5% per il fatturato. Bene tutto il resto, ma la strada è lunga di M. DI MARCO

Apple non ha stupito nessuno an-nunciando un calo del 5% del fattu-rato, pari a 84 miliardi di dollari nel primo trimestre. Non sorprendente nemmeno il calo del 15% su base annua dei ricavi derivanti dalle vendite di iPhone (52 miliardi, os-sia il 62% del fatturato complessivo della società). Apple lo aveva già fatto sapere, proprio per anticipare lo “shock” del primo calo dal 2001 nel periodo natalizio. Soprattutto la prestazione commerciale in Cina (meno 4 miliardi rispetto al 2017) ha influenzato negativamente i profitti di iPhone. Notizie positive, invece, dagli altri segmenti: crescono i pro-fitti da iPad, Mac, indossabili e ser-vizi. Questi ultimi hanno registrato ricavi record per oltre 10 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, grazie anche all’ampia base installata: 1,4 miliardi di dispositivi Apple attivi a dicembre. L’azienda ha annuncia-to 50 milioni di abbonati ad Apple Music, 1,8 miliardi di transazioni attraverso Apple Pay, 85 milioni di utenti mensili attivi per Apple News e una crescita del 40% dei ricavi del cloud. Anche la “cassa” socie-taria si è gonfiata: 245 miliardi di dollari, su del 3% rispetto al trime-stre precedente. Dopo l’annuncio dei risultati, il titolo Apple, nell’after-hours, è salito di oltre l’8%. L’effetto negativo sulle vendite iPhone sarà riscontrato anche nel prossimo trimestre, ha anticipato il direttore finanziario di Apple Luca Maestri. Per il trimestre di giugno, Apple ha stimato un fatturato tra 55 e 59 mi-liardi di dollari, vale a dire un calo tra il 3 e il 10% su base annua, che potrebbe perdurare per l’intero anno.

T-Mobile Tappy

MERCATO Pochi profitti dal mobile e concorrenza dei TV cinesi

LG ha registrato la crescita più lenta negli ultimi due anni

di S. DONATO

L G ha pubblicato i risultati finanziari dell’ultimo trimestre del 2018 e, per quanto

attese dall’azienda, non si tratta di buone notizie. L’utile operativo (68,5 milioni

di dollari) si è ridotto dell’80% rispetto allo stesso periodo del 2017 e il fatturato

è sceso del 7%, attestandosi a 14,1 miliardi di dollari. È la crescita più lenta registrata

negli ultimi due anni dal colosso coreano. Gli analisti attribuiscono le cause all’allarga-

mento delle perdite nel settore mobile, soprattutto per le alte spese di marketing de-

gli smartphone che hanno una vendita più lenta nel tempo, e alla tenace concorrenza

dei rivali cinesi nell’offerta di televisori top di gamma. Tuttavia, LG ha registrato anche

un aumento nelle vendite di schermi per gli indossabili di fascia alta, che sottolinea

l’impegno nella fornitura ad Apple e la necessità di concentrarsi su prodotti ad alto

valore aggiunto per contrastare l’aggressiva produzione cinese di pannelli di grandi

dimensioni, ma che hanno dovuto compensare anche le scarse vendite degli schermi

per gli iPhone XR della stessa Apple. Proprio a causa di questa competitività e per i

venti di guerra commerciale che soffiano tra la Cina e gli USA, Daniel Lee, della di-

visione Market Intelligence di LG, ha fatto sapere che “sembra difficile prevedere un

andamento positivo dei prezzi dei pannelli per il 2019.”

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Emanuele VILLA

S pesso veniamo invitati a press trip che ci per-

mettono di scoprire (dall’interno) alcune realtà

industriali i cui prodotti sono noti al mondo

intero. Quando capita, è sempre una ghiotta occa-

sione: i segreti saranno anche sotto chiave, ma ve-

dere come si muovono questi giganteschi gruppi

industriali all’alba del 2019 è sempre molto invitante.

Questa volta l’azienda è Kärcher, la conoscono (qua-

si) tutti e ha sede in un paesino a mezzora di mac-

china da Stoccarda: Winnenden. Nonostante si tratti

di un colosso globale da 2,5 miliardi di euro/anno,

Kärcher ci tiene ad essere considerata un’azienda

familiare: ha 12.300 dipendenti e 67 filiali nel mondo,

ma è comunque un’azienda familiare.

Siamo stati in Germania per scoprire come funziona

un colosso mondiale leader nei settori della pulizia

professionale e domestica. Nel primo ambito, Kärc-

ker è un’istituzione: se ci si ferma un attimo a riflette-

re, è difficile non aver mai avuto a che fare – quanto

meno visivamente – con una lavasciuga Kärcher,

con una idropulitrice o con un aspiratore prodotto

dall’azienda tedesca; nel mondo consumer, invece,

l’offerta estremamente variegata e la compresenza

di mille marchi “diluisce” un po’ l’impatto del brand,

che comunque si presenta anche qui con un’offerta

completa di soluzioni: lavasciuga pavimenti di qua-

lità (come le nuove FC3 ed FC5, anche cordless),

aspirapolvere, robot per la pulizia domestica, pulitori

a vapore, idropulitrici, scope a batteria e il “mitico”

aspiragocce per la pulizia dei vetri che molti conosco-

no anche in Italia. Solo per citarne alcuni, ovvio.

Studio, ricerca, produzione e spedizioneSiamo a Winnenden, dicevamo. E ci sembra di essere

MERCATO Abbiamo visitato gli stabilimenti della Kärcher, player mondiale di soluzioni per la pulizia industriale e domestica

Visita agli stabilimenti Kärcher in Germania Ovvero, una piccola lezione di “industria 4.0”Nonostante si tratti di un colosso da 2,5 miliardi di euro all’anno, Kärcher ci tiene ad essere considerata un’azienda familiare

tornati indietro nel tempo: Kärcher è la classica azien-

da nata in un paesino di periferia e cresciuta talmente

tanto da aver inglobato le aree circostanti, cosa pe-

raltro tipica di quelle realtà industriali di

successo che non vogliono dimenticare

le proprie origini. C’è una sede centrale

che ospita le varie divisioni aziendali,

ma gli showroom e i musei sono spar-

si nelle villette circostanti e c’è pure un

lungo ponte a collegare il vecchio e il

nuovo, la sede di rappresentanza e l’im-

pianto produttivo.

Più che dei prodotti, che ci interessa-

no ma per i quali basta visitare il sito

dell’azienda, approfittiamo dell’occa-

sione per parlarvi di come funziona il

gigantesco impianto produttivo di casa

Kärcher, cercando di seguire i passag-

gi della lavorazione; fortunatamente la

visita ci ha fornito molto materiale sotto

questo profilo. A livello tecnologico, ab-

biamo scoperto alcune chicche che for-

se esulano un po’ dagli argomenti di cui

parliamo solitamente su dday.it, ma che susciteranno

curiosità e interesse.

Parliamo dunque di genesi di un nuovo prodotto. La

prima fase consiste nel sondare il terreno con studi,

indagini e sondaggi per verificare l’esistenza di una

domanda e – in buona sostanza – di una possibilità

di successo. Quando si decide di partire concreta-

mente col progetto, la prima operazione è la virtua-

lizzazione del modello: si crea in sostanza un model-

lo virtuale in 3D ai fine di verificarne l’impatto negli

ambienti dove andrà collocato, le dimensioni, una

bozza di design e una potenziale pianificazione dei

componenti interni. Tutto in modalità “aumentata”;

d’altronde qui bisogna contenere al massimo i costi

visto che non si ha certezza che il progetto venga

portato avanti o meno.

Ma la parte interessante inizia quando ci immergiamo

nella sezione Ricerca e Sviluppo. Nell’aria c’è fermen-

to: c’è chi testa la resistenza dei materiali, chi verifica

l’impatto dei raggi UV sui dispositivi - in molti Paesi,

tra cui l’Italia, gli apparecchi sono per buona parte del

tempo sotto i raggi del sole, cosa che non capita per

esempio in Germania -, ma soprattutto si procede alla

creazione dei prototipi.

Non tanto dei prodotti finiti quanto piuttosto dei sin-

goli componenti che vanno poi sottoposti a una stret-

ta sessione di test volta a certificarne il corretto fun-

zionamento, la resistenza agli agenti atmosferici, alla

corrosione e alle temperature estreme: facendo due

passi troviamo una sala da oltre 45 gradi e un’altra

con una temperatura ‘invitante’ di -35°. Il prodotto o il

singolo componente devono superare tutti questi test

per andare avanti nell’iter.

Chiediamo come vengano realizzati i prototipi, ma

siamo certi che la risposta sia ‘stampa 3D’. In realtà, a

questa tecnica Kärcher affianca un sistema concettual-

mente diverso che prende il nome di sinterizzazione

segue a pagina 40

Visualizzazione del prodotto in realtà virtuale

Uno spaccato del museo storico con l’evoluzione dei prodotti dal 1975 a oggi.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

laser. Detto in poche parole, si tratta di un trattamento

termico che trasforma la polvere in un materiale soli-

do, una specie di ‘densificazione della polvere’: qui,

per concentrare tutta l’energia elettromagnetica sulle

polveri si usa la sinterizzazione con un laser e questo

permette all’azienda di creare prototipi di componenti

in una manciata di ore contro i mesi precedenti lo svi-

luppo delle tecniche 3D. Tecniche che continuano ad

essere usate nell’operatività di tutti i giorni.

Facciamo due passi e ci troviamo proiettati in una

specie di pista dei kart (immagine qui in alto) in cui

un braccio meccanico trascina e fa correre i disposi-

tivi di pulizia, ovviamente per testarne la resistenza

all’operatività prolungata. Diversi pavimenti, diverse

pendenze, inclinazioni, velocità: qui si deve capire

se il prodotto potrà garantire chilometri e chilome-

tri d’uso senza richieste di assistenza. E per farlo, ci

spiegano, non serve farli correre per giorni di fila,

bisogna rendergli dura la vita frenando e acceleran-

do, facendo percorrere loro terreni sconnessi e via

dicendo. Lo scopo, ovviamente, è capire se un certo

modello sia strutturalmente in grado

di garantire anni e anni di utilizzo sen-

za problemi: se la risposta è negativa,

si torna al prototipo e si cambia qual-

cosa (un materiale, per esempio).

Poi c’è tutto il discorso del rumore.

Kärcher ha la sua camera anecoica, il

cui scopo è ovvio. D’altronde l’azien-

da produce anche molti dispositivi

dedicati ad utenza domestica ed è

fondamentale mantenere il livello di

rumore nei limiti di guardia. All’inter-

no di questa grande stanza con 10

microfoni disposti tramite un sistema

di marcature per terra, scopriamo che

l’obiettivo è sì quello dalla massima si-

lenziosità, ma soprattutto la volontà di

eliminare certe frequenze che, anche

se emesse a livelli non particolarmen-

te vigorosi, potrebbero dare fastidio

all’udito. Anche perché Kärcher pro-

duce molti dispositivi professionali,

che vengono impiegati tutti i giorni per

molte ore al giorno.

Due passi nell’industria “4.0”, tra sensori e robotEntrati nello stabilimento di produzio-

ne e assemblaggio, siamo certi di es-

sere arrivati al cuore del sistema. Qui

abbiamo approfondito il discorso delle

dinamiche produttive con i dirigenti

Kärcher scoprendo un livello di auto-

mazione notevole: punto di partenza,

qui come in tutti gli stabilimenti evoluti,

è l’infinità di sensori di cui sono dotati

i macchinari che confluisce in ciò che

in gergo si chiama IIOT, ovvero Indu-

strial Internet of Things. Sono i sensori

a fornire un’infinità di dati agli analisti,

responsabili della loro elaborazione

e uso rivolto alla massima efficienza.

Per esempio, ci spiegano che i sensori

permettono il fenomeno della ‘manu-

tenzione predittiva’: la quantità di dati

forniti dalle macchine è in sostanza tale

da prevenire con largo anticipo guasti e malfunziona-

menti, col risultato di non incorrere in fastidiosissimi

fermo macchina tanto odiati dai conti dell’azienda. E

l’Intelligenza Artificiale? Da queste parti

ancora non c’è, ma possiamo scommet-

tere che arriverà quanto prima: in que-

sti ambiti il suo ‘business’ non è tanto

quello dell’operatività pura e semplice,

ma della gestione dei dati e della loro

sintesi verso un processo più efficiente.

Ora come ora ciò è affidato ad analisti

in carne ed ossa, così come lo è larga

parte del processo di assemblaggio di

alcuni macchinari, laddove comunque

la tecnologia è assoluta protagonista.

Tutti i progetti vengono condivisi su

monitor che forniscono le “istruzioni”

alle singole postazioni, che a loro volta

agiscono in modo rapidissimo grazie a

Test di resistenza sui materialiun sistema che si definisce pick to light, nato in am-

bito logistico ma impiegato con frequenza anche in

produzione e assemblaggio. La tecnica è ingegnosa

e consiste nell’illuminare i vari contenitori dei com-

ponenti con una luce diversa, cosa che permette agli

operatori di capire subito quali prendere e in che se-

quenza montarli, così da accelerare la produzione.

Quando i singoli ‘pezzetti’ stanno per finire, un’altra

luce avvisa il sistema e avvia il processo di ripristino,

tutto in modo trasparente per le varie postazioni.

Insomma, è stata una bella esperienza per com-

prendere come agisca e si comporti un colosso che

dà lavoro a più di 10.000 persone e che è rinomato

come player di riferimento del settore. L’introduzio-

ne dell’Intelligenza Artificiale nelle linee produttive, a

patto che non abbia (troppe) ripercussioni sull’occu-

pazione, sarà l’ultimo tassello di un processo di digi-

tal transformation che è già avviato e che – per quel

che abbiamo visto – è decisamente riuscito.

MERCATO

Visita agli stabilimenti Kärcher segue Da pagina xx

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

U n secco no alla volontà di blocca-

re anche le consegne online alla

domenica, oltre che far chiudere i

negozi 26 domeniche su 52 l’anno. Sia

Netcomm, consorzio del digitale italiano,

sia l’Associazione Italiana Retailer Elet-

trodomestici Specializzati (AIRES) hanno

espresso una forte contrarietà all’idea di

impedire che la merce ordinata online

non possa essere consegnata di dome-

nica. Per quanto a oggi siano ancora rari

i servizi che consegnano di domenica (su

tutti Prime Now di Amazon, attivo comun-

que in pochissime città in Italia), secondo

Roberto Liscia, presidente di Netcomm,

quanto previsto dal provvedimento in di-

scussione equivarrebbe a “decidere che

tutti gli ascensori debbano essere spenti

la domenica, per cui la gente prende le

scale”. Un modo, insomma, per rallentare

la crescita del Paese in un momento in

cui, al contrario, le previsioni sul commer-

cio elettronico sono in forte crescita.

“In Italia - spiega a DDay.it Liscia - ci sono

anziani che vivono in zone periferiche o

che, anche nei centri urbani, hanno diffi-

coltà di accesso ai servizi e che acquista-

no farmaci non da banco oppure prodotti

ortopedici o alimentari. Se consideriamo

che l’e-commerce e la consegna sono

un servizio universale, come la telefonia

o l’elettricità, chiudere la domenica è un

elemento che ostacola la modernità.”

Si tratta, in poche parole, di andare in

senso inverso rispetto alla tendenza della

“consegna 7 giorni su 7”, che sta pren-

dendo piede in Europa. “Anche se oggi ci

sono pochi operatori [che consegnano la

domenica], l’evoluzione - prosegue il pre-

sidente di Netcomm - va verso una non

MERCATO Il presidente di Netcomm paragona le consegne online di domenica ai servizi essenziali

Netcomm: “Niente consegne la domenica? Sbagliato, perché è un servizio universale”D’accordo anche Davide Rossi di AIRES: si colpisce anche chi vuole consegnare i RAEE la domenica

distinzione tra sabato e domenica. Qual

è il criterio con il quale si vuole precludere

un’evoluzione che vuole dare un servizio

sempre più aperto e disponibile alla po-

polazione?” Le previsioni, infatti, indicano

che il commercio elettronico rappresen-

terà nel 2021 il 20% del fabbisogno delle

merci. Per di più, la consegna online non

è un diritto che qualche grande giocatore

si è guadagnato in esclusiva; è un valore

aggiunto che qualsiasi attività può orga-

nizzare. Un commerciante, insomma, può

chiudere il sabato sera, ma un cliente può

potenzialmente ricevere la merce anche

la domenica mattina. Nel contesto in cui

la logistica online e offline è sempre più

integrata, un provvedimento come quello

che si sta discutendo rappresenterebbe

un enorme limite. “Chiudere le consegne

- sentenzia Liscia - va contro tutte le ten-

denze dell’accesso universale ai servizi. I

modelli di stanno evolvendo: facilitiamo,

non fermiamo. Non facciamo diventare

l’Italia un Paese di un altro secolo”. “Mi

aspetto che le norme spingano la conse-

gna alla domenica, perché la gente lavo-

ra in settimana e la domenica può aver

bisogno di qualcosa per la vita domesti-

ca. Il principio della norma - conclude il

presidente di Netcomm - è senza senso.”

Rossi (AIRES): “Così si colpisce anche chi vuole consegnare i RAEE la domenica”Concorda con l’analisi di Liscia anche Da-

vide Rossi, direttore generale di AIRES.

“È illogico punire tutti perché c’è qualcu-

no che, in altre modalità, non si comporta

correttamente” interviene Rossi. “Il com-

mercio online è un valore; è un disvalore

solo se viene portato avanti in modo ille-

gale, magari non pagando le tasse”.

Chiudere i negozi la metà delle domeni-

ca annuali, però, avrebbe un impatto di-

versificato su diversi aspetti del mercato,

le cui sfaccettature non sono immediate.

Per esempio, la chiusura domenicale

impatterebbe sui tanti consumatori che

sfruttano la domenica, quando c’è più

tempo a disposizione, per portare in un

negozio di elettronica un rifiuto elettroni-

co (RAEE) da smaltire, magari un televi-

sore. Allo stesso modo, contesta Rossi,

“molti negozi praticano il ‘clicca e ritira’:

gli utenti ordinano online e poi recupera-

no la merce in negozio di domenica. Per-

ché tale attività dovrebbe essere punita

e penalizzata?” Fermo restando che, per

esempio, resterebbero aperti negozi che

vendono mobili. Tali centri, specialmen-

te i più grandi, spesso vendono anche

elettrodomestici per le cucine o i bagni.

Le catene di elettronica devono restare

chiusi e tali centri commerciali che ven-

gono mobili ed elettrodomestici, invece,

no? “L’economia italiana - riassume Ros-

si - non ha bisogno di freni a mano. Di

freni ce ne sono già abbastanza. Sarei

contento se ci fosse un ripensamento.

Non mi sembra che, in questo momento

storico, questo provvedimento sia una

delle priorità su cui concentrare l’azione

di Governo”.

Chiusure domenicali: nell’accordo c’è lo stop anche alle consegne online la domenicaDepositato alla commissione Attività produttive della Camera la proposta di legge sulle chiusure dei negozi nei giorni festivi. Stop alle consegne online la domenica per servizi come Prime Now di P. AGIZZADopo lunghi mesi di confronto, le due forze di maggioranza trovano l’accordo sul discusso tema delle chiusure domenicali. La proposta di legge prevede un massimo di 26 domeniche di apertura su 52. In aggiunta alle 26 domeniche si potrà tenere su la serranda per altri 4 giorni festivi su 12. Coinvolto anche il commercio elettronico: previsto lo stop anche alle consegne do-menicali per gli acquisti online.Coinvolto, per esempio, il servi-zio Prime Now, che, dove attivo, consegna i prodotti anche alla domenica. Fermo tutto, insom-ma, dai negozi retail fino alle consegne. Determinate catego-rie di negozi potranno rimanere sempre aperte. Sempre aperte le rivendite di genere di mono-poli, ad esempio. Apertura libe-ra anche per giornalai, gastro-nomie e rosticcerie, pasticcerie e gelaterie, fiorai, librerie, nego-zi di mobili, di dischi, antiquari. Esenti dalla norma anche i ne-gozi lungo le autostrade, nelle stazioni e in porti e aeroporti. Molto dure le sanzioni in caso di aperture non consentite. Le sanzioni amministrative vanno da un minimo di 10 mila euro a un massimo 60 mila. È previsto anche un raddoppio della san-zione in caso di recidività.

Roberto Liscia, presidente di Netcomm.

Davide Rossi, direttore generale di AIRES.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

Songshan Lake, Dungguan: a pochi chilometri da

Shenzen, nel cuore della Cina che produce, trovia-

mo presente e futuro di Huawei. Il futuro è il nuo-vo campus, che abbiamo avuto l’occasione di visitare

nei giorni scorsi, il presente sono le fabbriche, palazzi

di svariati piani all’interno dei quali Huawei ha costruito

le linee automatizzate che producono, giorno e notte,

gli smartphone flagship. La produzione degli smartpho-

ne Huawei è distribuita in diverse aree del paese, ma

l’azienda ha preferito tenere vicino a casa la filiera dei

modelli di punta, P20 e Mate 20 in primis. Un vero polo

produttivo, con 20.000 dipendenti che supportano l’in-

tero processo e coordinano una macchina oliata capace

di sfornare, per ogni linea, uno smartphone finito ogni

28.5 secondi. Indossato un camice bianco antistatico, le

ciabatte con suola di gomma e il cappello protet-

tivo, siamo entrati in una fabbrica a vedere come

Huawei ha strutturato una linea di produzione di

un P20, partendo dal singolo componente, osser-

vando tutta la produzione e i test sui singoli smar-

tphone prodotti, per finire poi ai laboratori dove

vengono provati, a campione, gli smartphone per

saggiare la resistenza al tempo e all’usura. Un

racconto interessante, anche se è bene fare una

premessa: la fabbrica degli smartphone Huawei

non è molto diversa dalle fabbriche di prodotti

elettronici di un certo livello che si trovano in Cina

e che abbiamo visitato in passato. Siamo abba-

stanza sicuri che Samsung, Apple e tutti gli altri

produttori di smartphone abbiano un approccio

simile, anche perché la catena di assemblaggio è

un percorso obbligato, con le macchine che sosti-

tuiscono dove possibile l’uomo e l’uomo che interviene

dove ancora la macchina non può essere utile.

E questo percorso prevede che si parta dalla scheda

madre, e che una serie di macchine innestino mediante

MOBILE Dal primo chip all’ultimo test: siamo andati a vedere come Huawei produce un P20 a Dungguan, nel cuore della Cina

Ecco come nasce uno smartphone Huawei Il nostro viaggio, dal primo chip all’ultimo testAbbiamo scoperto che ogni singolo smartphone prodotto viene testato a fondo, sia dalle macchine sia dagli uomini

saldatura superficiale o bagno di stagno i vari compo-

nenti a montaggio superficiale, SMD. La scheda scorre

su un nastro, passa di “stazione in stazione” fino ad arri-

vare al punto in cui la macchina non può nulla. Quando

si deve collegare il display, ad esempio, il brac-

cio robotizzato è troppo grosso per gestire e

collegare il piccolo connettore miniaturizzato,

serve una mano umana. Si torna poi alla fase

“automatica”: altre macchine eseguono i test,

altre ancora incollano saldamente il display,

altre controllano che nella scatola ci sia tutto

l’occorrente, tramite un bilancia precisissima,

altre infine caricano il software definitivo. Una

sinfonia, una orchestra, e detta così può sem-

brare semplice. Tuttavia, se Huawei, come molti

altri produttori, ci ha chiesto di riporre le mac-

chine fotografiche in un armadio e di limitarci

ad osservare senza fare foto c’è un motivo: non

è il flusso di lavoro a fare la differenza, quello

è uguale per tutti, ma sono i dettagli. Huawei

è gelosa della personalizzazione delle sue linee,

dei suoi trucchi, delle piccole migliorie applicate,

Le bobine contengono i componenti SMD per la saldatura sulla motherboard. Vengono caricate ancora a mano.

ed è per questo che le foto usate per questo articolo ce

le ha fornite lei: noi avremmo potuto fotografare qualche

soluzione che potrebbe far risparmiare qualche secon-

do ad un concorrente.

La robotica al servizio della produzione: 5 anni fa servivano 86 persone, oggi solo 17Oggi la catena di produzione del Huawei P20 è l’evolu-

zione di una linea che solo 5 anni fa utilizzava 86 perso-

ne, oggi sono in 17 e riescono a produrre gli smartphone

più velocemente rispetto al passato. Il merito, oltre al

naturale avanzamento tecnologico, è del continuo nu-

mero di correttivi che vengono proposti non solo dagli

ingegneri che sviluppano la linea, ma anche dalle per-

sone che ci lavorano: sulla parete una enorme bacheca,

illeggibile per noi occidentali, si possono trovare le foto

di tutti coloro che hanno proposto e apportato migliorie

che hanno in qualche modo velocizzato o ottimizzato la

segue a pagina 11

L’ispezione ottica dei componenti saldati sulla motherboard: controlla il numero e il posiziona-mento.

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torna al sommario 11

MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

segue a pagina 12

produzione. Chi ha idee brillanti riceve un bonus e regali

utili da portare a casa, e di idee brillanti ne abbiamo viste

diverse: per passare uno smartphone da due postazioni

distanti due 2 metri, senza alzarsi ogni volta, un dipen-

dente ha creato un piano inclinato che sfrutta la gravità:

lo smartphone si appoggia su un carrellino, scivola sul

piano dalla posizione A alla posizione B e sposta un con-

trappeso alla posizione originaria, una sorta di seggiovia

che non usa elettricità ma solo i concetti della fisica. “E’

veloce, pratico, non consuma energia, è una idea ge-

niale che abbiamo premiato con un grosso bonus” ci

spiegano. Tra le soluzioni particolari adottate da Huawei

per personalizzare le sue linee ci sono una serie di ro-

bot che portano alle diverse postazioni i diversi compo-

nenti, una serie di macchine sviluppate appositamente

per compiti specifici, come i test delle fotocamere e dei

vari componenti, e alcune procedure che permettono di

MOBILE

Come nasce uno smartphone Huawei segue Da pagina 10

memorizzare per ogni singolo smartphone tutti gli eventi

per tracciare, in futuro, eventuali problematiche seriali le-

gate ad un lotto o ad una particolare data di produzione.

Sopra ogni scheda madre, il “seme” originario di ogni

smartphone, viene inciso ad esempio con il laser un QR

Code che identifica il singolo modello al quale, una volta

caricato in cloud, vengono associati tutti i test eseguiti

nel suo viaggio lungo la linea di produzione.

Tra questi c’è ad esempio l’ispezione ottica 3D dei com-

ponenti, indispensabile: la motherboard del P20 preve-

de la saldatura di circa 900 componenti SMD tra resi-

stenze, diodi, condensatori e chip, e ogni scheda finita

viene fotografata con una videocamera 3D. Un compu-

ter analizza la foto usando il machine learning, esami-

nando la posizione di ogni componente per assicurarsi

che sia presente (potrebbe essersi dissaldato) e che sia

montato nel modo corretto.

Ci sono poi test MMI, Man Machine Interaction, che

prevedono una serie di test sui componenti chiave fatti

dalle macchine, e una serie di test fatti direttamente dal-

l’uomo, pochi secondi per vedere se il touch funziona o

se ci sono problemi audio.

Ogni smartphone prodotto viene provato. Dalle macchine, ma anche dall’uomoOgni smartphone che esce dalla linea di produzione vie-

ne provato: un P20 non viene imballato se non ha pas-

sato tutti i singoli test, sia hardware sia di funzionamento

reale, come la riproduzione di un video, l’accensione

e lo spegnimento, la connessione alla rete e la qualità

della chiamata. “I test automatici possono verificare la

presenza dei componenti, il corretto caricamento del

software e la capacità di connettersi ad una rete ma se il

touch non è fluido, può capitare se un singolo lo scher-

mo è arrivato difettoso, è un qualcosa che solo l’utilizzo

umano può percepire” ci spiegano, aggiungendo che

nonostante la tecnologia abbia ridotto il numero di per-

sone sulla linea ci sarà sempre spazio per le persone,

perché prima di imballare uno smartphone e spedirlo la

policy “Tolleranza Zero per i difetti” prevede che almeno

una persona provi il prodotto.

Una fabbrica di smartphone al 90% simile a tutte le altre,

ma è sempre interessante vedere come ogni produtto-

re cerchi di apportare piccole modifiche per migliorare

l’efficienza: un solo secondo risparmiato ha un impatto

enorme sulla produttività della linea, che non sta pratica-

mente mai ferma.

Il vantaggio di Huawei è di lavorare con prodotti che

sono sostanzialmente piccoli, e questo permette di ese-

guire test lunghi su una linea di produzione che resta

comunque compatta e snella: mentre all’inizio la mac-

china sta realizzando le schede madri, e mentre alla fine

un addetto sta posizionando i P20 nel packaging, in

mezzo ci sono almeno 600 smartphone o schede che

sono sottoposti contemporaneamente a svariati test di

diversi minuti. Troviamo così batterie di smartphone col-

legati in un rack, bracci robotici che prendono gli smar-

tphone e li spostano in cassetti stagni per i test delle

onde radio, altri bracci che inseriscono le motherboard

su supporti a contatto per verificare il funzionamento dei

componenti, e macchine che caricano diversi software

di test per una prima prova preliminare, quando anco-

ra lo smartphone non è stato “sigillato”. Fare la stessa

cosa con un televisore sarebbe oneroso, ed è proprio

per quello è considerato spesso un lusso avere un mo-

nitor “calibrato singolarmente in fabbrica”: tenere fermo

un prodotto per una calibrazione o un test lungo la linea

di produzione ha un costo che per prodotti di un certo

tipo è insostenibile. Non per Huawei, che grazie alla di-

mensioni degli smartphone è riuscita ad automatizzare

tutta la parte di controllo sfruttando sia le macchine che

gli uomini. L’azienda cinese riesce quindi a produrre due

P20 al minuto permettendosi tuttavia il “lusso” di prova-

re a fondo ogni singolo esemplare prodotto.

I test di resistenza: così vengono torturati gli smartphoneMentre l’enorme macchina produttiva lavora senza sosta

per produrre i flagship da spedire nei negozi, c’è un’altra

Huawei che lavora ininterrottamente per assicurarsi di

aver progettato uno smartphone che risponda ai requi-

siti di qualità che i consumatori si aspettano. Ed è quella

che si occupa di tutta la parte di test di lunga durata, che

vengono effettuati a campione su una serie di esemplari

per verificare l’usura dei componenti, la tenuta nel tem-

po e eventuali problematiche legate a situazioni che po-

trebbero verificarsi durante l’utilizzo. Test che vengono

sicuramente fatti da tutti i produttori, ma non sempre è

facile accedere a questi laboratori per vedere cosa real-

mente succede e quali prove vengono fatte.

I test principali riguardano la resistenza meccanica: ci

sono macchine che inseriscono il connettore di alimen-

tazione o il jack migliaia di volte a diverse velocità e con

diversi livelli di pressione (foto sopra), altre che picchiet-

tano sul touch per mettere a dura prova la resistenza

del display.

Se alcune cose possono apparire ovvie, come i test di

caduta, altre lo sono meno: vediamo una macchina che

afferra lo smartphone alle due estremità e crea una tor-

sione del corpo, un’altra che lo schiaccia con una fin-Batterie di smartphone in prova lungo la linea: tutti devono passare test automatici e umani.

In ogni cassetto ci sono le singola motherboard in test: le posiziona un braccio robot.

Lo smartphone è pronto e viene imballato per la spedizione.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

MOBILE

Come nasce uno smartphone Huawei segue Da pagina 11

ta natica in gomma per vedere come reagisce ad una

eventuale pressione del corpo umano nel caso di smar-

tphone infilato nella tasca dei jeans. Non è solo impor-

tante vedere se il corpo regge e non si deforma, ma è

fondamentale rilevare se le saldature interne reggono,

se c’è bisogno di mettere una striscia di resina di rinforzo

attorno ad alcuni chip per tenerli incollati e se la torsione

potrebbe provocare il distacco di qualche connettore.

Così si provano fotocamera, reti e qualità audioPer i test legati all’audio e alla rete vengono usate le

classiche camere, quella anecoica e quella ad assorbi-

mento di onde radio. Sono camere che ogni azienda che

produce smartphone deve avere, e ne abbiamo viste di

simili anche a San Diego, nei laboratori Qualcomm.

Interessante invece il laboratorio legato ai test sulla

fotografia: Huawei è la prima volta che lo apre ai visi-

tatori esterni, e di questo non abbiamo alcuna foto,

possiamo limitarci a descriverlo. Tramite una serie

di binari motorizzati gli ingegneri che si occupano

delle fotocamere possono ricreare migliaia di sce-

nari assemblando tra di loro diversi oggetti, sfondi

e variando le condizioni di luce. Ci sono tantissi-

mi scenari statici, ma anche scene dinamiche con

elementi mobili per mettere alla prova l’autofocus:

il laboratorio può essere configurato per ottenere

centinaia di diverse condizioni di scatto tutte ripeti-

bili e identiche. A scattare la foto non c’è un uomo,

ma un automa, con un braccio robotizzato che tie-

ne fermo lo smartphone e inquadra le varie scene

usando sia le camere posteriori che quella frontale.

“Per ogni fotocamera vengono scattate circa un mi-

gliaio di foto in automatico, e potendo ricreare la stessa

identica condizione siamo in grado di effettuare anche

confronti diretti per vedere se un aggiornamento sof-

tware ha portato effettivi miglioramenti o ha peggiora-

to la resa”. Una nota anche sulla compatibilità di rete:

come può essere sicura Huawei che uno smartphone

funzioni bene sulla rete dei vari operatori locali, soprat-

tutto in fase di progettazione? In un laboratorio vengo-

no ricreate le identiche condizioni di ogni paese, con

antenne, moduli di trasmissioni e frequenze.

Migliaia di smartphone in gabbia per provare le versioni softwareInteressante anche come Huawei gestisce proprio il

test del software: all’interno di enormi rack distribuiti

nelle varie sedi sono accesi, 24 ore su 24, i modelli del-

l’azienda prodotti per tutti i mercati e in tutte le diverse

versioni. Stiamo parlando di centinaia di smartphone, e

gli sviluppatori che lavorano alle varie versioni software

caricano in remoto sui singoli esemplari “liberi” le ver-

sioni firmware da provare dopo averle compilate.

Dal centro di controllo, su una serie di monitor, i softwa-

re engineer osservano la situazione di ogni smartpho-

ne “connesso”, tanti piccoli puntini che diventano rossi

quando c’è un problema e verdi se la “build” funziona

regolarmente. Ogni immagine caricata deve passare i

test automatici come ogni software, ma a seconda delle

varie situazioni vengono creati anche test specifici. Al-

cuni smartphone sono alimentati dalla rete, altri invece

a batteria per capire se una versione software impatta

sull’autonomia negativamente.

Alle nostre spalle, dietro una vetrata che mantiene bassa

la temperatura nella “test farm”, ci sono in rack all’interno

dei quali Huawei sta provando le varie versioni software

dei prossimi smartphone che arriveranno. Dietro le gri-

glie si intravedono tanti piccoli display, con schermate

che vanno in loop ed eseguono milioni di test per assi-

curarsi che tutto sia perfetto, e non si verifichino crash.

Molti di quelli sono P30 e P30 Pro, ma per vederli da

vicino dovremo aspettare marzo.

di P. AGIZZA

Google sta puntando forte sulle

tecnologie di riconoscimento del

volto, questo è noto, e la nuova

versione beta dell’app di Google svela

qualche dettaglio in più su Face Ma-

tch, la nuova tecnologia di rilevamento

visuale che dovrebbe arrivare con la

prossima versione di Android.

L’utilizzo di Face Match (il nome, però, è

provvisorio e potrebbe cambiare) con-

sente all’app di Google la scansione del

MOBILE Face Match è la tecnologia di scansione del volto che riconosce l’utente e tramite Google Assistant personalizza la ricerca

Google App Face Match, il riconoscimento visuale multiutenteL’ultima versione beta offre qualche dettaglio in più. Confermato il supporto a più utenti sullo stesso smartphone

volto, ed una volta riconosciuto l’utente

fornisce risultati di ricerca personalizzati

sfruttando Google Assistant. Spulcian-

do più a fondo le poche righe di codice

estrapolate dalla beta, possiamo notare

la possibilità di aggiungere più volti a

uno stesso dispositivo o di utilizzare lo

stesso volto per più terminali. In entram-

bi i casi Face Match saprà riconoscere il

volto dell’utente e personalizzare i risul-

tati della ricerca.

Vale la pena sottolineare che questa

funzione dovrebbe funzionare con ogni

dispositivo provvisto di fotocamera ante-

riore e dotato di Google Assistant. Que-

sto potrebbe portare all’utilizzo di Face

Match anche su altri tipi di dispositivi

smart oltre, ovviamente, a smartphone

e tablet. Google si dimostra molto attiva

in tema di riconoscimento degli utenti,

avendo già integrato in Google Home

la funzione Voice Match. Grazie al rico-

noscimento vocale e Google Assistant

il dispositivo può riconoscere l’utente

e fornirgli informazioni personalizzate.

Face Match si propone di ottenere lo

stesso risultato, utilizzando il rilevamen-

to del volto al posto della voce.

Non ci sono ancora riscontri ufficiali su

quando la funzione verrà rilasciata al

pubblico e se Face Match potrà essere

utilizzato anche nell’ambito del suppor-

to multiutente di Android. Quello che è

sicuro è che fervono i lavori intorno alla

nuova versione di Android, e la funzione

Face Match potrebbe essere una delle

novità più importanti della release.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di M. SERVADIO e B. DI BLASI

C resce l’attesa per la gamma Gala-

xy S10 di Samsung, ormai sempre

più prossima al lancio ufficiale

previsto per il 20 febbraio nel consueto

evento “Unpacked” dell’azienda corea-

na.

Abbiamo praticamente finito di imma-

ginarci come sarà il prossimo Samsung

Galaxy S10: il tanto discusso Infinity-O

è una realtà. Tantissime foto del Gala-

xy S10 sono state pubblicate online da

una serie di ‘leaker’ e ci danno una se-

rie di conferme e smentite. Le certezze

sono le cornici sottilissime su entrambi

i modelli, l’Infinity-O che, a seconda del

modello, ha una fotocamera (S10) o ad-

dirittura due fotocamere (S10+) frontali.

Smentita invece la possibilità di vedere

quattro fotocamere posteriori, sulla fal-

sa riga di Galaxy A9, visto che le foto

trapelate ci mostrano una tripla fotoca-

mera posteriore corredate di flash LED.

Confermato anche il lettore di impronte

al di sotto dello schermo, visto che negli

MOBILE Arrivano nuovi render di Samsung Galaxy S10 Plus e le indicazioni sui prezzi europei

Samsung Galaxy S10 senza veli : sbucano le prime foto “ufficiali” e i prezzi europeiTripla fotocamera posteriore e display Infinity-O, ma niente quattro fotocamere posteriori Si parte da 749 euro per S10 E, per il Galaxy S10 Plus i prezzi vanno da 999 euro fino a 1499

scatti del retro del telefono non compa-

re alcuno spazio dedicato ad esso. Le

foto, infine, ci aiutano anche a districarci

tra le colorazioni preparate da Samsung

per il suo Galaxy S10: ad oggi, notiamo

un bianco perla e poi un “ceramic black”

insieme a un “prism black”.

Arrivano da 91mobiles i presunti render

di stampa ufficiali di Galaxy S10 Plus che

confermano alcune caratteristiche

fisiche già ampiamente anticipa-

te. Ritroviamo infatti l’Infinity-O

Display di Samsung, con il foro

più ampio per accogliere la dop-

pia fotocamera anteriore; e ritro-

viamo anche la tripla fotocamera

posteriore racchiusa nel modulo

orizzontale (alla Galaxy Note).

Sembra assente, dalle immagini

diffuse, un sensore di impron-

te digitale al posteriore (o sul

lato), il che potrebbe confermare

lo scanner installato sotto allo

schermo. Parallelamente ci ha

pensato invece Mysmartprice a

svelare quelli che sono i prezzi

e le configurazioni dei tre modelli pre-

visti: Galaxy S10, S10 Plus e S10 E. Pro-

prio S10 E dovrebbe essere il modello

più economico, che sarebbe offerto in

un solo taglio da 6+128 giga a 749 euro.

Le caratteristiche tecniche dovrebbero

giustificare il prezzo inferiore rispetto ai

due modelli top, con il suo display 5,8”

Super AMOLED e singolo foro, SoC

Exynos 9820 (nel nostro mercato) e una

batteria da 3000 mAh. Ma soprattutto

la fotocamera dovrebbe essere doppia

e non tripla per il modello base; mentre

il sensore di impronte sarebbe instal-

lato sul lato, una soluzione già adotta-

ta di recente da Samsung. S10 invece

sarebbe offerto in due configurazioni,

con il prezzo che sale vertiginosamente

in territorio laptop: una 6GB + 128GB a

899 euro e una 8 + 512 a 1,149 euro. Il

display sarebbe un 6.1” ancora una vol-

ta Infinity-O e in questo caso sensore di

impronte installato sotto lo schermo. E

se il SoC dovrebbe essere lo stesso del

S10 E, la batteria potrebbe essere più

grande: 3500 mAh. Senza dimenticare

la tripla fotocamera posteriore.

Infine, il Galaxy S10 Plus sarebbe offer-

to in tre configurazioni da 6+128, 8+512

e una mostruosa 12GB di RAM + 1TB di

spazio interno. Con prezzi che partono

da 999 euro e arrivano a 1499.

In questo caso il foro frontale ospita

una doppia fotocamera, come detto.

Mentre il resto della scheda tecnica in-

cluderebbe una batteria da 4000 mAh,

tripla fotocamera posteriore e il senso-

re di impronte sotto lo schermo. 2.

Huawei mostra la prima foto dello smartphone pieghevoleHuawei lancia la bomba in vista del MWC 2019 di Barcellona. Arriva lo smartphone con display pieghevole, e dovrebbe incorporare anche il chip per il 5G. Aperte le scommesse sul nome di P. AGIZZA

Huawei è pronta a sconvolgere il Mobile World Congress 2019 con la presentazione del primo smar-tphone pieghevole al mondo. Con un invito inviato alla stampa per il 24 febbraio a Barcellona, la casa cinese è pronta a svelare quello che potrebbe essere il dispositivo più interessante dell’anno. Il CEO dell’azienda asiatica, Richard Yu, aveva già annunciato l’intenzione di portare lo smartphone pieghe-vole a Barcellona. La dichiarazione era avvenuta a margine della pre-sentazione del nuovo chip per il 5G di Huawei. Chip che secondo le indiscrezioni dovrebbe trovar po-sto nel nuovo smartphone cinese. Dal punto di vista della dotazione tecnica, l’unica notizia sicura sem-bra essere quella dell’adozione del processore Kirin 980 già utilizzato all’interno del Mate 20 Pro.Dalla foto dell’invito trapela ben poco, se non che i due display dello smar-tphone sembrano essere uniti da una parte in plastica flessibile. Vo-lendoci sbilanciare un po’, la luce emessa dai display in foto sugge-risce l’uso di due display esterni, in controtendenza rispetto agli altri produttori. È molta la curiosità an-che intorno al nome che Huawei vorrà assegnare a questa nuova categoria di smartphone. Prende quota l’ipotesi Mate Flex, ma alcu-ne indiscrezioni parlano anche di Mate Fold o solo Mate F.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Matteo SERVADIO

L e prime immagini trafugate di Nokia

9 di qualche mese fa, per quanto

palesi, sembravano fin troppo fanta-

siose per essere credibili. Quella ipnotica

rosa esagonale che racchiudeva 5 obiet-

tivi sarebbe appartenuta al futuro Nokia

9. Una sfida e un presagio per il merca-

to smartphone, che di lì a poco avrebbe

aumentato il numero di smartphone

multi-camera a disposizione; da Galaxy

A9 a Mate 20 Pro. Ma le più recenti im-

magini promozionali che circolano in rete

lasciano sempre meno spazio all’imma-

ginazione. È sufficiente mostrare quattro

delle presunte cinque fotocamere: Nokia

9 PureView sta arrivando e la data di

lancio sarà il 24 febbraio, Mobile World

Congress di Barcellona. Più fonti smen-

tirebbero l’autenticità dei presunti teaser

circolati in rete. Tra queste Techradar, che

ha contattato HMD Global per ottenere

MOBILE Il 24 febbraio al MWC ci si aspetta un annuncio importante, forse proprio il Nokia 9

Nokia 9 e le sue 5 fotocamere stanno arrivando: 24 febbraio la data di lancioHMD Global smentisce l’autenticità dei presunti teaser circolati in rete, erano semplici fanart

delucidazioni e la società ha confermato

al sito britannico che si tratta di semplici

“fanart”. La data dell’evento di lancio ri-

mane valida, e così le presunte specifi-

che di Nokia 9, smartphone ampiamente

trapelato da fonti attendibili nelle scorse

settimane. “#Coolnewstuff” è l’hashtag

che accompagna il teaser in questione,

proprio sotto l’immagine di quel modulo

fotocamera particolare che abbiamo im-

parato a conoscere in questi mesi di indi-

screzioni. Non ultima quella di Evan Blass (alias Evleaks), il cui tweet generalmente

rappresenta la conferma definitiva di un

dispositivo prossimo al lancio. È quindi

facile pensare che la quinta fotocamera

sia semplicemente nascosta e sarà pre-

sente sul prossimo top di gamma Nokia,

lui con il suo Snapdragon 845, 6 o 8 GB

di RAM, 128GB di memoria interna e un

display da 5,9” senza notch e formato

18:9. Praticamente certo che anche Nokia

9 farà parte del programma Android One,

così come i predecessori (tra cui il 7.1, pro-vato di recente). Così come dovrebbe

tornare la firma di Zeiss sulle ottiche dello

smartphone, il quale non dovrebbe farsi

mancare nemmeno il sensore di impronte

sotto lo schermo.

E il nuovo portabandiera potrebbe non

essere l’unico dispositivo che Nokia por-

terà con sé a Barcellona, perché un’altra

immagine apparsa in rete anticipa una se-

conda novità. Uno smartphone che, aguz-

zando neanche troppo la vista, fa mostra

del foro per la fotocamera; la nuova fron-

tiera dei display senza bordi che dovreb-

be gradualmente soppiantare il notch.

Lo smartphone dovrebbe corrispondere

all’identikit di Nokia 8.1 Plus, protagoni-

sta di render realizzati da @OnLeaks per

91Mobiles ad inizio gennaio. Più scarse

le informazioni in questo caso, ma data

la serie di appartenenza ci si potrebbe

aspettare un dispositivo di fascia medio-

alta, posizionato appena sopra Nokia 8.1

(Snapdragon 710, 4GB di RAM).

MOBILE Per il momento la funzione è attiva solo negli USA

Samsung, memorie da 1 TB per smartphone. Lo slot SD non serve

di R. PEZZALI

Uno storage da 128

GB di memoria è or-

mai la base di molti

smartphone, con il taglio

da 256 GB destinato alla

fascia premium. Ma c’è

anche chi, come Sam-

sung, ha proposto smar-

tphone da 512 GB: il Note

9, ad esempio, integra

una velocissima memoria

UFS con questo capiente taglio. Samsung si è spinta però oltre: la divisione me-

morie ha annunciato la produzione del primo modulo di memoria storage eUFS

(embedded Universal Flash Storage) da 1 TB, capacità notevole condensata in

un piccolo chip grande quanto la memoria attuale da 512 GB. La memoria, oltre

ad essere capiente, è anche velocissima: 1000 megabyte al secondo in lettura,

prestazioni dieci volte superiori rispetto a quelle di una normale SD Card. Con

questa velocità e questa capacità, l’espansione di memoria sugli smartphone tra-

mite scheda esterna ha sempre meno senso: anche con giochi, video e musica, è

davvero difficile finire 1 Terabyte. Samsung ha già iniziato la mass production del

chip, e secondo le ultime indiscrezioni una versione di S10 avrà, oltre a 12 GB di

memoria RAM, anche 1 TB di storage.

Samsung sempre più ecologica. Via la plastica dalle confezioni di smartphone e tabletSamsung dichiara guerra alla plastica e annuncia che entro fine 2019 utilizzerà solo materiali ecosostenibili. Cambieranno anche caricabatteria e fogli protettivi negli imballaggi degli elettrodomestici di P. AGIZZAamsung continua la sua svolta green ed annuncia l’abbandono della plastica all’interno delle con-fezioni di smartphone e tablet. Oltre all’involucro esterno, già da tempo costituito da materiale ri-ciclabile, cambieranno anche gli stand interni che tengono in posi-zione il dispositivo. La plastica sarà sostituita da cartone ed altri mate-riali ecosostenibili ottenuti tramite il riciclo della plastica. La transizione inizierà nella seconda metà del 2019 e l’obiettivo è arrivare a pieno regime entro la fine dell’anno.Novità anche per i caricabatterie dei dispositivi della casa corea-na. Anche qui sarà abbandonata la plastica, e l’involucro esterno sarà composto da eco-plastica. Questo porterà anche ad un cam-bio di design, con la parte ester-na che abbandonerà la classica finitura lucida per passare ad un rivestimento più opaco. La transi-zione ad un materiale più soste-nibile colpirà, infine, anche i fogli protettivi posti all’interno degli imballaggi degli elettrodomestici. Samsung utilizzerà una particola-re eco-plastica ottenuta dal riciclo della normale plastica. Entro il 2030 Samsung si propone di uti-lizzare fino a 500mila tonnellate di plastica riciclata in sostituzione di quella normale, e di raccogliere grazie al ciclo virtuoso dei rifiuti fino a 7 milioni di tonnellate di ma-teriale riciclabili.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

Vivere senza smartphone al giorno d’oggi è pratica-

bile? Senza avere i social costantemente a portata

di mano, il continuo scorrere delle e-mail, le noti-

fiche delle applicazioni di messaggistica. Ce lo siamo

chiesti e così abbiamo deciso di passare una settimana

senza uno smartphone: spento e chiuso nel cassetto.

Non per questo siamo, però, rimasti privi di collegamenti

con il mondo esterno: ci siamo dotati di un Nokia 8110

(un cellulare vecchio stile, insomma) per capire quanto

le funzionalità di uno smartphone, nel nostro caso, siano

effettivamente necessarie. Così, abbiamo approcciato a

questa prova con alcune domande a cui volevamo dare

una risposta: il costante bombardamento delle notifiche

è utile e necessario? Le tante notifiche non rischiano

di tenerci sintonizzati 24 ore su 24 mentre, invece, le

risposte via e-mail, le notifiche su WhatsApp, le novità

dei social possono attendere fino alla prossima volta in

cui ci colleghiamo? La rapidità della comunicazione di

oggi giorno può essere evitata o, almeno, fortemente

ridimensionata per un sano equilibrio?

I vantaggi di un cellulare: portatilità e semplicità d’uso. Poche funzioni, ma sono quelle davvero necessariePartiamo da un fatto: avere in mano un Nokia 8110 ri-

spetto a uno smartphone è un’altra cosa. Una portatilità

che ci eravamo dimenticati, così abituati a maneggiare

schermi di 5 o 6 pollici. Non ci mancava, al contrario,

scrivere con il T9: tornare a una tastiera fisica (per altro

una “vecchia” come quella integrata nel Nokia 8110) non

è stato piacevole. Allo stesso tempo, ci ha “costretto” a

scrivere più lentamente, in modo più ragionato.

Nel basare la propria esistenza digitale su un cellulare,

poi, vi è una semplicità d’uso che a tratti è stata disar-

mante; telefonate e messaggi, in primis, e un sempli-

ce menu dal quale accedere a una ventina di sezioni.

Come ogni “feature phone” commercializzati in questi

anni, il Nokia 8110 non lesina su alcune funzioni moder-

ne: c’è persino l’Assistente Google integrato; preinstal-

late anche YouTube, Maps e Twitter ed è compatibile

con la rete 4G. Non parliamo, insomma, di un cellulare

di fine anni ‘90, ma senz’altro di un ridimensionamento

generale dell’esperienza a cui oggi siamo abituati, con

schermi grandi e moltissime applicazioni a esaudire ogni

minima esigenza. Kai OS, il sistema operativo sul qua-

le è basato Nokia 8110, offre il minimo indispensabile,

per quanto l’assenza di WhatsApp e Telegram si è fatta

sentire. Telegram funziona “bene” anche da web per chi

proprio non riesce a farne a meno; m-a non aspettatevi

un’esperienza paragonabile a un’applicazione nativa,

specialmente attraverso il browser integrato nel Nokia

8110. In ogni caso, applicazioni preinstallate come You-

Tube fanno fatica a esistere in virtù di uno schermo di

appena 2,4” (160x120 di risoluzione; altri tempi).

MOBILE Si può vivere oggi senza smartphone? Senza le tantissime applicazioni e le loro notifiche? Abbiamo voluto provare

Una settimana senza smartphone (ma con un Nokia 8110). Un “silenzio digitale” dimenticatoUn breve periodo di “silenzio digitale” lo consiglieremmo a tutti. Purché sia una pausa, perché la non modernità ha un costo

Il silenzio digitale dimenticatoArriviamo al punto cruciale: vivere senza le tante appli-

cazioni, senza le applicazioni di messaggistica che oggi,

molto spesso, sostituiscono la telefonata è possibile?

Sì, indubbiamente. Anzi, è piacevole. Zittire il mondo

esterno, che fluisce nella nostra quotidianità attraverso

la finestra dello smartphone, delle sue notifiche e delle

sue attraenti funzioni tecnologiche ci ha permesso di

essere più concentrati. Non soltanto nella produttività

professionale, ma anche nell’ascoltare gli altri, nel vive-

re più serenamente i momenti di pura noia: l’attesa in

auto, la preparazione della cena. Tanti, ormai in modo

spontaneo, appena sono da soli (in casa, in ufficio, al ri-

storante) allungano la mano verso lo smartphone: guar-

dano un video, aggiornano il profilo, leggono qualche

notizia, giocano 5 minuti a Clash Royale. Con un cellula-

re come Nokia 8110, tutto ciò è quasi fastidioso a causa

dello schermo molto piccolo, che non invoglia l’utilizzo

regolare. Tanto vale allora vagare con la mente, pren-

dersi un attimo per riposare; lasciare indietro il caotico

mondo digitale. Ma soprattutto, vivere senza le notifiche

del mondo social ci ha permesso di affrontare un’altra

questione: la priorità che a tali notifiche noi stessi as-

segniamo. Perché sia chiara una cosa: lo smartphone

colpe non ne ha; è un oggetto e in quanto tale, se as-

sume le sembianze di una presenza eccessiva - magari

persino invasiva - nella vita di una persona, è soltanto

perché viene usato in un certo modo da quella perso-

na. A conti fatti, vivere senza notifiche non ha travolto la

nostra quotidianità. Nessuno si è ferito perché non ab-

biamo risposto qualche minuto dopo né qualcuno ci ha

dato per dispersi perché non siamo stati visti connessi.

Il cellulare, in questo caso, torna ad assumere la forma

che aveva originariamente: un mezzo per raggiungere

immediatamente qualcuno nel caso di emergenza o

di necessità o, ancora, per comunicare in modo chiaro

e veloce (a voce, insomma) qualcosa che altrimenti ci

avrebbe tenuto a inviare e ricevere messaggi di testo

per decine di minuti. Un collegamento verso l’esterno,

ma non l’unica finestra sul mondo.

Niente pagamenti mobile né fotografie-lampo. La non modernità ha un costoTutto bello, ma se vi dicessimo che sia stata una settima-

na tutta rose e fiori, mentiremmo. Perché usare un Nokia

8110 anziché uno smartphone, non ci ha permesso di

usare, per esempio, l’autenticazione a due fattori tramite

applicazioni di terze parti: via ai messaggi di testo, un po’

meno immediati, ma pur sempre funzionali allo scopo.

Scattare una fotografia veloce? Meglio evitare: il sen-

sore da 2 megapixel non può fare miracoli. Pagamenti

in mobilità, carte fedeltà digitalizzate e liste della spesa

con caselle da spuntare? Macché, il portafogli ritorna a

riempirsi di contanti e monete, carte fedeltà e carte pre-

pagate; la lista si fa a mano (oppure tramite la basilare

applicazione Note del Nokia 8110). E se c’è un imprevi-

sto - magari un biglietto aereo non stampato, una carta

fedeltà dimenticata a casa o, ancora, un incidente che

rallenta il traffico per arrivare in ufficio - allora c’è poco

da fare; non c’è lo smartphone a rappresentare un piano

B. Per i social, infine, non resta che accendere il PC e

dedicare del tempo, se si vuole, per aggiornarsi su cosa

hanno fatto i propri amici. Spento il PC, si torna nel “mon-

do offline”. Vi sembriamo drammatici? Forse lo siamo.

Ma una settimana di quello che ci piace definire “silenzio

digitale” la consiglieremmo onestamente a tutti, anche

solo come “vacanza” dalla vita digitale a cui siamo ormai

abituati. Una pausa e non un addio, così da capire di

cosa effettivamente ciascuno di noi abbia bisogno nella

sua quotidianità e di cosa, invece, possa aspettare.

Nonostante l’esperienza molto positiva, riteniamo diffici-

le immaginare, al giorno d’oggi pensare a una vita senza

smartphone né social, ma soprattutto senza le tante co-

modità che la digitalizzazione ha portato con sé (foto-

grafie e pagamenti mobile, per esempio). Una settimana

“vecchio stile”, però, ci ha fatto capire di quali notifiche

avevamo bisogno e quali invece potessero essere po-

sticipate o addirittura bloccate; di quali applicazioni po-

tessimo fare a meno e quali fossero, invece, quelle che

rendono più efficiente la quotidianità. Per non rischiare

di farci travolgere - senza saperlo - dalla vita digitale.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di P. AGIZZA

Venti dollari al mese: è questo il

“prezzo giusto” per violare la pri-

vacy degli utenti, almeno secondo

Facebook. È quanto emerge da un’in-

dagine di TechCrunch. Facebook ha

ammesso di aver pagato alcuni utenti

per installare l’app Facebook Research,

grazie alla quale ha creato una rete VPN

nel telefono dell’utente e ha dirottato il

traffico web sui propri server. In pratica,

ogni attività dell’utente viene inviata ai

server di Facebook. L’installazione del-

l’app, secondo quanto riportato, ha coin-

volto anche utenti adolescenti; segnalati,

infatti, anche casi di ragazzini di 13 anni

spiati continuamente. Facebook Resear-

ch è l’erede di Onavo Protect, un’app già

bandita da Apple ad agosto dello scorso

anno per violazione della privacy. Per ov-

viare alla risposta di Apple, Facebook Re-

search richiede all’utente l’installazione

di un certificato aziendale. Oltre che per

MOBILE L’azienda ha ammesso di aver pagato alcuni utenti per installare l’app Facebook Research

Facebook pagava 20 dollari al mese agli utenti per spiare i loro smartphoneAttraverso una VPN, si aveva l’accesso completo a dati, chiamate e cronologia degli acquisti

iPhone, Facebook

ha sviluppato l’app

anche per Android.

Come detto, Fa-

cebook Research

crea una VPN sullo

smartphone, cioè

una rete privata che

dirotta il traffico ge-

nerato dall’utente

sui server Face-

book. L’installazione

del certificato azien-

dale, poi, concede l’accesso completo al

telefono dell’utente, compresa la possibi-

lità di scattare screenshot dello schermo

e la cronologia di navigazione e degli ac-

quisti. “Noi di Facebook, così come molte

altre compagnie, invitiamo le persone a

partecipare al programma di ricerca, gra-

zie al quale possiamo identificare i settori

da migliorare - ha dichiarato un portavoce

del social network - Abbiamo fornito infor-

Anche Google spia(va) gli utenti come FacebookLo scandalo di Facebook Research scoperchia il vaso di Pandora della raccolta dati aggressiva. Google, come Facebook, ha la sua app dedicata a questo ma promette di disabilitarla di Pasquale AGIZZA

Dopo Facebook Research, è Goo-gle a essere stata beccata con le mani nel sacco per colpa della sua applicazione per iOS Screenwise Meter. A darne notizia è ancora una volta il sito TechCrunch. Il funzio-namento è lo stesso di Facebook Research. Sfruttando l’installazio-ne del certificato aziendale sugli iPhone, l’app crea una rete priva-ta VPN che dirotta il traffico dello smartphone verso i server Google. Anche qui la schedatura parte dai 13 anni di età, previo consenso dei genitori. L’app fa parte della suite di Google Opinion e Rewards e pre-vede anche benefici per gli utenti a fronte dell’installazione di un trac-ker che carpisce tutti i dati di smar-tphone, PC e perfino smart TV. Google, all’indomani dello scanda-lo Facebook Research e la risposta molto forte di Apple, ha promesso di disabilitare l’app. La prospettiva di una violazione delle linee guida di Apple ha costretto Google ad un intervento tempestivo e risolutore. “L’app iOS di Screenwise Meter non avrebbe dovuto usare il certi-ficato aziendale per l’installazione. Abbiamo fatto un errore, e ci scu-siamo per questo” queste le prime parole di Google. “L’installazione dell’app è totalmente volontaria, e non abbiamo avuto accesso a dati criptati. Gli utenti possono abban-donare il programma in qualunque momento”. Seppur l’installazione di queste applicazioni sia volonta-ria, la prospettiva di ottenere soldi o benefici di altra natura grazie allo smartphone in aggiunta alle linee guide volutamente fumose sul tipo di dati raccolti, crea un mix molto pericoloso per la privacy.

mazioni dettagliate sui dati raccolti, e non

abbiamo ceduto nessuna informazione a

terzi”. Il clamore sollevato dall’inchiesta di

TechCrunch, però, ha portato Facebook

a dichiarare che l’app Facebook Resear-

ch per iOS verrà rimossa. Non si hanno

notizie circa il destino della versione An-

droid dell’app, ma è molto probabile che

condivida lo stesso destino della versione

per iPhone.

di Sergio DONATO

Sarà disponibile alla fine di febbraio la

nuova famiglia di smartphone Moto

G, progettata dal brand americano

di proprietà di Lenovo. Si chiamerà G7

per mantenere la continuità della serie e

si declinerà in quattro versioni.

Il maggiore dei fratelli è il G7 Plus, Dual

SIM, 4GB di RAM e 64GB di archiviazio-

ne. Sotto la scocca avrà uno Snapdragon

636, quindi con GPU Adreno 509 che

si manifesterà su un display LCD da 6,2

pollici con risoluzione Full HD+ 19:9 (2270

x 1080 pixel) con notch stretto e centra-

le. L’anima video sarà presa in carico

da un sistema a doppia fotocamera da

16(ƒ1.7)+5MP dotato di stabilizzatore otti-

co. L’audio verrò emesso da due altopar-

lanti stereo che saranno speziati dal Dol-

by Audio e la batteria sarà da 3000mAh e

avrà una connettore Type-C. Nei negozi

per la fine di febbraio a 319,99 euro. Il G7,

MOBILE Motorola rinfresca la sua serie più riuscita e presenta Moto G7 in quattro versioni differenti

Motorola, arrivano i G7. E il modello G7 Power promette due giorni e mezzo di autonomiaCon il G7 Power è la prima volta che un terminale della famiglia G spinge sull’autonomia

come i restanti due

membri della fami-

glia, avrà per cuore

uno Snapdragon

632. 4GB di RAM

e 64GB di archivia-

zione anch’esso.

Stesso display da

6,2 pollici del fratel-

lo maggiore e dop-

pia fotocamera da

12M(ƒ1.8)+5MP. Secondo Motorola sarà

il 50% più veloce della versione che lo

ha preceduto. Batteria da 3000mAh e

Type-C. Disponibile a fine febbraio a

249,99 euro. Il più piccolo della famiglia

sarà il G7 Play, 2GB di RAM e 32GB di

storage, che a cominciare dallo scher-

mo HD+ 19:9 da 5,7 pollici, punterà tut-

to sulle dimensioni contenute e dirà la

sua negli scatti con una fotocamera da

13MP dotata di autofocus a rilevamento

di fase. Si vedrà a fine marzo a 189, 99

euro. Il nuovo ingresso nel nucleo fa-

migliare è rappresentato dal G7 Power,

3GB di RAM e 32GB di archiviazione,

sarà il più parsimonioso di energia e,

con la sua batteria da 5000mAh, si ali-

menterà per circa due giorni e mezzo

senza ricarica nonostante lo schermo

da 6,2 pollici HD+. Lo vedremo a fine

febbraio con un prezzo al pubblico di

229,99 euro.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

E anche Panasonic si è unita al trend del momento

del settore fotografico: a Barcellona si è appe-

na tenuta la conferenza stampa di lancio delle

Lumix S1 e S1R, le due nuove mirrorless Full Frame

del marchio giapponese. Macchine che vanno così

ad unirsi alla compagine di questo segmento di fascia

alta che inizia ad essere popolato: Sony è oramai già

alla terza generazione di A7, nelle diverse varianti, e

ha in gamma anche la potentissima A9; ma più recen-

temente sono entrate su questo segmento anche Ca-

non e Nikon, rispettivamente con EOS R e con Z6/Z7.

DNA Panasonic senza compromessi e risoluzione recordSi sapeva già molto di queste macchine, anticipate all’ultima Photokina di Colonia nell’ultima parte del

2018, ma non tutto. Panasonic, proprio come Sony

prima e Nikon dopo, ha deciso di presentare due

corpi macchina, esteticamente similissimi, differen-

ziati principalmente dalla risoluzione del sensore:

24,2 megapixel la S1 e addirittura 47,3 la S1R, valore

che porta quest’ultima macchina a battere il record

(per le mirrorless) dei 46 della Nikon Z7. A questa su-

per-risoliuzione, bisogna aggiungere anche il “rinfor-

zo” offerto dalla modalità di scatto High Resolution:

in questa modalità, la S1R usa lo stabilizzatore per

muovere leggerissimamente il sensore a destre e a

sinistra, in altro e in basso mentre scatta una sequen-

za di 8 fotogrammi che poi combina in unico scatto

RAW da 187 megapixel, ben 16.736x11.168 pixel. La

modalità High Resolution è disponibile anche sulla

S1, anche se ovviamente ci si ferma a file RAW da

“soli” 96 megapixel (12.000x8.000 pixel). Ovviamen-

te, per sfruttare questa modalità è necessario scatta-

re con la macchina a treppiede.

Il mirino elettronico migliore del mercato?Lo stabilizzatore a cinque assi sul sensore, ovviamen-

te, non serve solo a realizzare immagini super risolu-

FOTOGRAFIA A Barcellona, la presentazione delle Lumix S1 e S1R. Panasonic nel solco di Sony, Nikon e Canon, ma a modo suo

Con Lumix S1 e Lumix S1R, Panasonic vuole ridefinire il concetto di mirrorless full frameLa S1 non è piccola né leggera, ma ha funzioni da prima della classe. In arrivo a marzo a prezzi subito sopra la concorrenza

te ma soprattutto a stabilizzare lo scatto o la ripresa

a mano libera. Questa funzione si combina alla perfe-

zione con lo stabilizzatore a due assi integrato nelle

ottiche Lumix stabilizzate, portando a un margine di 6

stop nell’aumento dei tempi di scatto pur restando in

un ambito sufficientemente protetto dal micromosso.

In termini di risoluzione, Panasonic non ha lesinato

neppure sul mirino oculare elettronico, uno dei punti

più importanti per una mirrorless: i dati parlano di un

OLED da 5,76 milioni di punti: a prima vista si tratta

di un mirino eccellente, che non fa rimpiangere nep-

pure per un attimo la mancanza del pentaprisma e

di un oculare ottico. Tra l’altro, il mirino è stato otti-

mizzato particolarmente per abbattere praticamente

a zero il ritardo: se è percepibile diventa molto fati-

coso per un operatore girare video, soprattutto sulle

panoramiche. La S1 vanta un ritardo record ridotto a 5

millesimi di secondo. Già l’interpretazione Nikon del

mirino elettronico ci aveva colpito favorevolmente;

ora, la risoluzione più elevata e soprattutto la bassis-

sima latenza potrebbero fare di questo Panasonic il

migliore mirino elettronico sul mercato. Ma di certo,

oramai, l’oculare ottico inizia a diventare un lontano

ricordo. Ottimo anche il display LCD posto nella parte

superiore, che è ben leggibile e anche bello grande:

Panasonic fa notare che è il più grande di tutti

quelli offerti dalla concorrenza. Vero, ma an-

che il corpo macchina è nettamente più gran-

de di tutti quelli della concorrenza

Un autofocus velocissimo: ottimo per la foto, da capire come si comporta con il videoLa sensibilità dovrebbe ovviamente esse-

re uno dei punti di forza delle nuove Mirror-

less Full Frame di Panasonic: la casa parla di

un disturbo dovuto agli alti ISO decisamente

ridotto e una sensibilità massima che nella

S1 è di 51.200 ISO e che arriva a 25.500 ISO nella

S1R, com’è normale che sia con l’aumento della ri-

soluzione. Un altro dei punti di forza delle S1 e S1R

dovrebbe essere - almeno secondo le dichiarazioni

di Panasonic - il sistema di messa a fuoco super-ve-

loce e accurato. I componenti in gioco - il processore

Venus Engine, il sensore e l’ottica - comunicano tra

loro ben 480 volte ogni secondo e correggono di

conseguenza la messa a fuoco in maniera continua

e veloce, grazie anche alle prestazioni dell’attacco L.

Inoltre, il processore Venus Engine è in grado di ap-

poggiarsi a un motore dotato di intelligenza artificiale

per identificare una serie di soggetti tipici dei ritratti

(persone, cani, gatti, uccelli, anche se non guardano

in macchina) riuscendone a prevedere in maniera

molto più accurata i tipici pattern di movimento: in

questo modo si ottiene un autofocus predittivo molto

più accurato di un sistema che invece si limita a “in-

seguire” il soggetto. A questo sistema, si somma la

capacità di identificare lo sguardo dei soggetti per

una messa a fuoco sull’occhio vicino, come si richie-

de a ogni ritratto ben fatto. Non manca la capacità di

scatto a raffica, con una velocità di 9 fotogrammi al

secondo con la messa a fuoco singola, che si riduce

a 6 nello scatto a fuoco continuo, valori comuni ad

entrambi i modelli.

Attacco L, la scommessa di Panasonic, Leica e SigmaPanasonic proviene da un sistema ottico per le mir-

rorless molto diverso, il classico micro 4:3 di tutte

le Lumix a ottiche intercambiabili. Ovviamente, per

passare a una Full Frame 24x36, è stato necessario

anche adottare un nuovo attacco, come hanno fatto,

ognuna con una propria soluzione, recentemente an-

segue a pagina 18

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

che Canon e Nikon. La scelta di Panasonic, com’era

largamente anticipato, è andata sull’attacco L, che

in realtà completamente nuovo, visto che è stato

presentato all’ultima Photokina. L’attacco L nasce

da un’alleanza tra Panasonic, Leica e SIgma e - al-

meno per il momento - è supportato solo da questi

tre marchi. Per il lancio, Panasonic ha messo a pun-

to tre ottiche: un versatile 24-105mm F4 Macro con

stabilizzatore ottico (che si aggiunge a quello della

macchina), destinato ad essere l’ottica elettiva per

le configurazioni in kit; un teleobiettivo 70-200mm

F4, anch’esso stabilizzato; e un bellissimo 50 mm

F1,4. Le ultime due ottiche sono della linea PRO, la

linea più curata, un po’ l’equivalente della GMaster

di Sony. A queste ottiche si aggiunge ovviamente

la decina di quelle Leica, che sicuramente avranno

prestazioni eccellenti ma i cui costi sono decisamen-

te importanti, e soprattutto le 14 Sigma (adattamenti

all’attacco L di progetti già in portafoglio) che sono

previste per quest’anno. Quanto basta per potercela

fare anche senza disporre di un parco ottiche compa-

tibile proprio, come quello di Sony o quelli di Nikon e

Canon, se consideriamo gli anelli adattatori. In tutto,

entro il 2020, dovrebbero esserci sul mercato circa

42 ottiche con l’attacco L. In particolare, Panasonic

ha mostrato la propria roadmap di sviluppo ottiche in

attacco L: nel corso del 2019 dovrebbero arrivare al-

tre tre ottiche: un 24-70 F2,8, un

altro 70-200 questa volta F2,8 e

un 15-25 F4. soprattutto le prime

due sicuramente molto costose.

Nel 2020 sono poi attese altre

quattro ottiche Panasonic Lu-

mix, tra cui alcune a focale fissa.

La vocazione video della S1I due modelli Panasonic, S1 e

S1R, ricordano la proposta di

Sony, con la A7 e A7R, e quel-

la di Nikon, con la Z6 e Z7: un

modello intorno ai 24 megapixel come macchina

versatile per la fotografia e il video e un modello dal-

la super-risoluzione (non utile, anzi forse dannosa

per il video) che ovviamente rappresenta il massimo

per la fotografia dato che permette un ritaglio im-

portante dell’immagine in fotoritocco pur rimanendo

in ambiti di risoluzione finale accettabile. Panasonic,

se possibile, prova ad andare un pizzico più in là ed

esplicita compiutamente la vocazione video della S1,

mentre le funzioni video della S1R, che pur è più alta

in gamma, sono addirittura ridotte.

Non c’è dubbio che Panasonic in questi anni, so-

prattutto con la famiglia GH e in particolare con

la splendida GH5, si sia ritagliata una buona fetta

di estimatori tra i videomarker: la S1 sembrerebbe

essere, almeno sulla carta, una specie di nuova im-

plementazione delle capacità della GH5 su una full

frame. È unica e interessante, almeno nel segmen-

to full frame, la possibilità di catturare video in 4K

a 50p/60p, funzionalità che al momento manca alle

altre concorrenti; una capacità che già era presente

appunto sulla GH5 (più facile realizzarla su un sen-

sore più piccolo e quindi più veloce), ma che sbarca

finalmente sulle Full frame, che proprio grazie alle

dimensioni del sensore più generose, hanno altre

prerogative di luminosità e qualità ottica delle len-

ti. Va detto, però, che in modalità 4K 60/50p, la S1

non riesce a leggere in tempo tutti i dati da un sen-

sore così grosso e quindi opera un crop al formato

APS-C, utilizzando così solo la parte centrale del

sensore: la focale equivalente, quindi, cresce ed è

conseguentemente più complicato poter catturare

inquadrature grandangolari. Se invece si passa alla

modalità 4K 25/30p, l’inquadratura torna a sensore

pieno. In realtà le novità non si fermano qui: la Lumix

S1 permette anche - già ora - di registrare contenu-

ti video in HDR HLG a 10 bit codificati HEVC 4:2:0

direttamente su scheda. Inoltre, con un aggiorna-

mento software che arriverà a pagamento nel corso

di quest’anno, verranno aggiunte due interessanti

funzionalità: sarà possibile registrare in 4:2:2 a 10

bit anche su supporto interno (ma fino a 4K a 30p)

e uscire sulla porta HDMI (quindi serve un recorder

esterno) con un segnale 4:2:2 a 10 bit anche a 60

fotogrammi al secondo. Sulla S1R, resta la possibilità

di girare in 4K a 60p ma senza HDR HLG a 10 bit

e senza le possibilità di codifica 4:2:2. Interessante,

ma sul fronte fotografico, la possibilità di scattare

anche fotografie HDR (vanno viste su un TV HDR) e

di catturare raffiche super.rapide a otturatore aperto,

in formato 4K e 6K, fino a 60 fotogrammi al secondo.

Dimensioni e peso: più una reflex che una mirrorlessPanasonic mette la pietra tombale sul luogo comu-

ne che il vantaggio principale di una mirrorless siano

dimensione e peso contenuti. Queste S1 e S1R infatti

sono tutto tranne che compatte e leggere. Anzi, di-

remmo che sia dimensioni e peso sono molto più vi-

cine alle classiche reflex di fascia alta che alle altre

mirrorless. Infatti, i modelli full frame di Sony, Nikon

e Canon si attestano (corpo, con scheda e batteria)

tutte intorno ai 650-660 grammi; Panasonic aumen-

ta il peso del 50% e tocca il chilogrammo. Anche le

dimensioni sono generose: 148.9 x 110.0 x 96.7 mm.

Praticamente peso e dimensioni della Nikon D850,

reflex prosumer di fascia alta.

Come mai una mossa di questo tipo? Difficile dirlo:

una dimensione e un peso da reflex, nel 2019, taglie-

rebbe fuori questa macchina dalla street photography

agile. Probabilmente Panasonic, che ha una propo-

sta molto credibile di mirrorless compatte in formato

micro 4:3, ha voluto tenersi lontana dagli apparecchi

super-portatili, spingendosi ai massimi della qualità (e

delle dimensioni). Le stesse ottiche proposte al mo-

mento, sono decisamente ingombranti e pesanti: è il

prezzo della qualità (oltre quello che c’è sul cartellino,

si intende). Scelta invece pienamente condivisibile (e

probabilmente la migliore sul mercato) per quello che

riguarda le schede di memoria: sia Lumix S1 che S1R

hanno un doppio slot, SD card e XQD (già compatibile

con le future CFExpress), per la massima flessibilità.

Meglio di Canon, che sulla EOS R ha previsto un solo

slot SD; meglio di Nikon che sulle Z ha messo anche

lei un solo slot ma XQD; e meglio anche di Sony che

sulle A7 ha sì due slot, ma entrambi SD card.

E i prezzi? Non sono bassi In arrivo a fine marzoAlla conferenza sono trapelati anche quelli che do-

vrebbero essere i prezzi dei prodotti in arrivo. La Lu-

mix S1 solo corpo si attesterebbe a 2499 euro, mentre

la S1R raggiunge i 3699 euro, sempre solo corpo. La

versione kit con l’ottica 24-105 F4 cresce di prezzo

di 900 euro, arrivando a 3399 e 4599 euro rispetti-

vamente per la S1 e la S1R. Uno sconto interessante,

visto che l’ottica kit comperata da sola costa 1400

euro. Le altre due ottiche sono quelle che fanno parte

della linea Pro, quella più costosa e curata. Lo 70-200

costerà 1900 euro, mentre il 50 F1,4 addirittura 2500

euro. Le Lumix S1 e S1R sono previste in arrivo per la

seconda metà di marzo.

TEST

Panasonic Lumix S1 e S1Rsegue Da pagina 17

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

L a Canon EOS RP esiste, e un sito giapponese ha pubblicato le prime

foto: corpo più semplice rispetto

alla EOS R, niente pad per il controllo

ma stesso dna della serie R, la nuova

categoria mirrorless Canon. Le specifi-

che, al momento ancora indiscrezioni,

prevedono il sensore CMOS Full Fra-

me derivato da quella della 6D Mark II,

26.2 megapixel Dual Pixel AF, suppor-

tato da un processore Digic 8, upgrade

notevole rispetto al Digic 7 della 6D. La

sensibilità dovrebbe essere la stessa

della reflex a cui si ispira: iso da 100 a

40.000 nativi, che arrivano a 51.200 e

FOTOGRAFIA Canon dovrebbe presentare la nuova EOS RP, nuova mirrorless della famiglia EOS R

Il Canon EOS RP, le foto e le specifiche della mirrorless full frame dal prezzo abbordabileUn sito giapponese ha pubblicato le prime foto della mirrorless Canon dal prezzo abbordabile

102.400 con l’esten-

sione data dal proces-

sore. Schermo touch

screen da 3” articolato

sul retro, mirino OLED

ad alta risoluzione e 5

fps di scatto continuo

chiudono le caratteri-

stiche note, che confer-

mano come la EOS RP

sia una buona e solida

base. Il peso dovrebbe

essere decisamente

ridotto, 485 grammi con la batteria, e

in kit Canon dovrebbe dare l’ottimo RF

24-105mm f/4L IS USM. Il prezzo resta il

vero dubbio: si parla di 1600$, e Canon

dovrebbe dare anche l’adattatore per il

parco ottiche attuali.

Flickr, se non paghi e hai più di 1000 foto l’eccesso verrà cancellato. C’è tempo fino al 12 marzo per scaricarleIl famoso portale di condivisione foto e video ha annunciato che a partire dall’8 Gennaio avrebbe modificato le condizioni del piano gratuito di Giuseppe RUSSOL’annuncio di fine anno da parte di Flickr in merito alle nuove restrizio-ni delle condizioni degli account gratuiti sembrava non riscontra-re troppi dissensi; fino agli ultimi giorni in cui le numerose difficoltà durante l’esportazione di contenuti ha scatenato l’ira degli utenti. Flickr consente di scaricare le proprie foto, ma solo 500 alla volta. Negli anni, molti utenti hanno accumula-to diverse migliaia di foto. Di conse-guenza l’esportazione per lotti di sole 500 unità per volta comporta che l’attività possa prendere molto tempo. Il tutto è stato aggravato dalle tempistiche ristrette: a partire dall’8 gennaio gli utenti non hanno più a disposizione 1 TB di spazio e solo fino al 5 febbraio sarebbe sta-to possibile effettuare il download dei propri contenuti, dopo sareb-bero stati cancellati. Per questo motivo, Flickr ha annunciato che la data di cancellazione degli ele-menti sarà posticipata al 12 marzo. La soluzione che gli utenti posso-no adottare per evitare di perdere i propri contenuti sulla piattaforma è fare l’upgrade del proprio abbona-mento verso il pacchetto che costa circa 50 dollari all’anno per spazio di archiviazione illimitato. Chi non vuole fare l’upgrade dell’account, ha ancora la possibilità di scaricare le foto prima che vengano elimi-nate. Per scaricare le foto potete trovare le istruzioni alla pagina di assistenza.

di Pasquale AGIZZA

O ltre al Windows Collaboration Di-splay, l’altro punto centrale della

strategia commerciale di Sharp si

chiama 8K. La casa giapponese, anche

in previsione dei giochi Olimpici di To-

kyo del 2020, completa il suo ecosiste-

ma 8K, con fotocamera e videocamera

ad altissima risoluzione che vanno ad

aggiungersi alla seconda generazione

di TV Aquos. Allo stand di Sharp all’ISE

2019 abbiamo potuto vedere la nuova

fotocamera capace di riprendere video

a risoluzione 8K. Essendo un prototipo la

scheda tecnica resta ancora vaga. Quello

che sappiamo è che il sensore CMOS è

in formato Micro Quattro Terzi, soluzione

che potrebbe portare ad una compatibili-

tà con gli obiettivi Panasonic e Olympus.

Molto grande il touchscreen orientabile,

che raggiunge le dimensioni di 5 pollici

e permette una perfetta gestione delle

operazioni di scatto. Conclude il quadro

delle informazioni disponibili al momen-

to, l’utilizzo del codec h.265 per i video e

le connessioni HDMI e USB-C per il colle-

gamento della macchina a PC e monitor.

FOTOGRAFIA ll produttore torna a mostrare la videocamera professionale che registra in 8K

Sharp chiude il cerchio dell’8K e presenta all’ISE 2019 fotocamera e videocamera ad altissima risoluzioneIn esposizione anche una nuova fotocamera, in grado di riprendere video ad altissima risoluzione

il prezzo è una gradevole sorpresa, difatti

Sharp dovrebbe proporre la sua fotoca-

mera ad un prezzo inferiore ai 5000 dol-

lari, un prezzo certamente accessibile per

professionisti ed appassionati che voglio-

no aggiornare la propria strumentazione.

Torna a mostrarsi, poi, la videocamera

professionale 8C-B60A con sensore 35-

mm, che vanta la possibilità di registrare

filmati a risoluzione 8K. Sharp ha confer-

mato l’utilizzo del codec HQX di Grass

Valley in grado di rendere meno pesante

il carico di lavoro sul processore del PC in

fase di elaborazione. Da sottolineare an-

che il fatto che il dispositivo consente la

riproduzione in tempo reale di immagini

8K non compresse e può essere dunque

sfruttato anche per trasmissioni live. Una

caratteristica molto importante anche in

funzione delle Olimpiadi di Tokyo 2020

di cui parlavamo in precedenza. I giochi

olimpici giapponesi saranno, infatti, la pri-

ma grande manifestazione mondiale ad

essere ripresa e trasmessa in 8K.

Con l’inizio delle trasmissioni in 8K sul

canale giapponese NHK, si va verso un

futuro ad altissima definizione e Sharp

non intende farsi cogliere impreparata,

ma anzi vuole lasciare il segno con le

sue apparecchiature.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

I stigazione a comportamenti “antiso-

ciali o magari contro la legge”. Proli-

ferare di cyber-bullismo, pessimi voti

a scuola; anzi, “secondo alcuni esperti,

pare che sia molto pericoloso per i no-

stri figli”. Il ritratto di Fortnite dipinto da

Striscia la Notizia nel servizio che ieri,

28 gennaio, è andato in onda (visibi-

le tramite Mediaset Play) raccoglie a

piene mani dai luoghi comuni attorno

al videogioco. Difficile negare la buona

fede di chi ha realizzato il servizio: i ri-

schi nel digitale, specialmente per i più

giovani, sono dietro l’angolo. Il modo in

cui è stato realizzato, però, lascia pa-

recchio a desiderare e rischia, anzi, di

mettere in luce la volontà di creare un

po’ di allarmismo facendo leva su luo-

ghi comuni che molte persone possono

già avere sul conto dei videogiochi, di

cui Fortnite è recentemente uno degli

esponenti più popolari.

Nel servizio viene condensato in po-

chissimi minuti un guazzabuglio di

questioni: dipendenza da videogiochi,

distrazione a scuola, cyber-bullismo e

anche casi di pedofilia. Senza conte-

stualizzare né approfondire alcuno di

questi aspetti. Il titolo del servizio dice

già tutto: “un videogioco che crea di-

pendenza”. Ciò nonostante nel servi-

zio stesso sia intervenuta un’esperta

di psicologia dei videogiochi, Viola

Nicolucci, che fa notare come “ben

più di 25 anni di ricerca” non abbiano

riscontrato alcun legame tra la vio-

lenza nei videogiochi e un incremen-

to della violenza nei videogiocatori

stessi. Anzi, la psicoterapeuta mette

in mostra come gli sparatutto, in par-

ticolare, possano contribuire al miglio-

ramento di “alcune capacità cognitive,

quali l’attenzione visiva e la memoria

di lavoro a breve termine”. Tentando

di evidenziare la negatività che può

coinvolgere Fortnite, Marco Camisani

Calzolari sottolinea che la necessità

di sopravvivere nella modalità Batta-

glia Reale di Fortnite (in sintesi: vince

chi resta l’ultimo sul campo da gioco)

spinge gli utenti a fare gruppo “maga-

ri isolando qualcuno. Proprio come i

peggiori fenomeni di bullismo”. Una

frase molto forte, che viene gettata

GAMING Un servizio di Striscia la Notizia su Fortnite alimenta pregiudizi e crea preoccupazioni

Striscia la Notizia denuncia: “Fortnite crea dipendenza”. Ma sarà proprio così?Cyber-bullismo, pedofilia, dipendenza. Non è tutto falso, ma il servizio è pieno di superficialità

nel mezzo, senza esporre giustifica-

zioni valide, e che rischia invece di

alimentare preoccupazioni che un ge-

nitore potrebbe già avere, perché non

conosce il gioco o i videogiochi in ge-

nerale o perché ha “sentito dire che”.

Tutto sbagliato? No. Epic Games deve gestire Fortnite come un “mini social”Il servizio di Striscia la Notizia tocca

tanti aspetti. Molti di questi, come la

distrazione a scuola o il rischio che i

minori siano adescati da pedofili, rap-

presentano potenziali rischi di internet

nel complesso. Un maggiore controllo

da parte dei genitori, quindi, non deve

essere limitato al singolo Fortnite, ben-

sì all’intera attività in rete dei più picco-

li, specialmente sui social network.

Dove ci sentiamo di criticare Striscia

la Notizia è l’aver buttato nella mischia

molte informazioni, in modo spesso su-

perficiale, e aver addossato a Fortnite,

in un certo senso, tutti i potenziali mali

di un cattivo uso, da parte dei minori,

di internet.

Non tutto ciò che viene raccontato nel

servizio, però, è sbagliato. Vero, per

esempio, che l’Organizzazione Mon-

diale della Sanità abbia inserito la di-

pendenza da videogiochi nella bozza

del “dizionario” delle malattie del 2019.

Vero anche che, coinvolgendo 200 mi-

lioni di utenti, Fortnite rappresenta una

sorta di “mini social” che, a sua volta,

può comportare situazioni molto com-

plesse e che deve essere attentamente

gestito dal suo creatore, Epic Games.

Una recente indagine del The Indi-pendent, per esempio, ha evidenziato

come la moneta virtuale di Fortnite

(V-Bucks) venga sfruttata dai criminali

informatici per il riciclaggio di dena-

ro. In che modo? Le carte di credito

rubate vengono usate per comprare

V-Bucks tramite il negozio digitale del

gioco; i V-Bucks vengono poi venduti

a prezzi scontati ai giocatori. La ven-

dita avviene sia nel dark web sia, in

misura minore, su Instagram o Twitter,

per esempio.

È innegabile, infine, che nelle partite

online di qualunque videogioco pos-

sano realizzarsi situazioni in cui alcuni

utenti insultano altri, magari anche in

modo pesante offendendoli. In questo

caso, sta allo sviluppatore prendere in

mano la situazione e creare un insieme

di regole per uno scambio virtuoso e di

punizioni per coloro che possano aver

violato le norme di condotta. Ciò diven-

ta, ovviamente, ancora più critico nel

caso di ampie comunità videoludiche

come quella di Fortnite, gioco gratuito

e disponibile su qualsiasi piattaforma,

dal PC fino allo smartphone. Control-

lare l’attività online dei propri figli, o

perlomeno assicurarsi che non stiano

vivendo una situazione malsana, è in-

dispensabile. Ma bisogna fare atten-

zione a non alimentare false credenze,

che possono fare ancora più male.

Nemmeno Fortnite fa cambiare idea a Google: la “tassa” sui ricavi dei giochi resta al 30%Google mantiene la sua politica: per sé il 30% dei ricavi dal Play Store. Fortnite, per ora, è un esempio unico, ma l’Epic Games Store su Android potrebbe cambiare le cose di Massimiliano DI MARCONon si cambia rotta. Per Google la fetta del 30% dei ricavi generati dal Play Store resta e nemmeno Fort-nite, il grande successo di Epic Ga-mes, ha potuto far cambiare idea all’amministratore delegato Sun-dar Pichai. L’azienda non si muove perché ritiene che il 30% sia un “valido scambio” e uno standard nell’industria. Google tiene ferma, insomma, la politica commerciale che ha portato uno dei più grandi successi videoludici di sempre lon-tano dal Play Store. Su Android, in-fatti, Fortnite dev’essere installato scaricando il client dal sito di Epic Games. Ciò ha portato Google, secondo gli analisti, a perdere 50 milioni di dollari soltanto non aven-do Fortnite pubblicato sul Play Sto-re ed escludendo la sua fetta dei ricavi che il gioco ha successiva-mente generato tramite gli acquisti in-app. Epic Games non ha mai ce-lato il proprio disprezzo verso quel 30%. Il suo negozio digitale per PC promette agli sviluppatori l’88% dei profitti se pubblicano un gioco basato sull’Unreal l’Engine 4. Per ora, in ogni caso, l’esempio di Fort-nite è rimasto unico e non c’è stata “un’onda” che ha trascinato con sé altri produttori. Epic Games ha però promesso che porterà il suo negozio digitale anche su Android. Il che potrebbe rappresentare un brusco cambiamento nelle moda-lità di distribuzione per gli utenti Android e una cospicua perdita per Google.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Sergio DONATO

L a carta di debito diventa grande e

va sul web. Da gennaio il bancomat

può essere usato per i trasferimenti

di denaro e gli acquisti di servizi o prodotti

presso gli operatori online che accettano

già questo nuovo metodo di pagamento;

mentre agli inizi di febbraio sarà dispo-

nibile un’app gratuita per iOS e Android

chiamata Bancomat Pay che consentirà

di inviare e ricevere denaro tramite smar-

tphone. Nell’estate del 2018, Bancomat

S.p.A e Sia, società che sviluppa servizi

tecnologici per banche e imprese, hanno

dato inizio a una collaborazione volta alla

nascita del servizio che oggi interessa

più di 37 milioni di carte PagoBancomat

e 5 milioni di utenti già registrati a Jiffy,

un portafoglio virtuale per smartphone

progettato dalla stessa Sia. Jiffy confluirà

dunque in Bancomat Pay acquisendo il

nuovo marchio e, spiega Alessandro Zol-

lo, amministratore delegato di Bancomat,

“il servizio sarà a disposizione di tutti gli

istituti di credito. Quindi, è possibile che

SOCIAL MEDIA E WEB Bancomat Pay è pronta a fare il debutto in società, il via a febbraio

Al via Bancomat Pay: da adesso si potrà usare il bancomat per gli acquisti onlineL’app permetterà di effettuare trasferimenti di denaro e pagamenti online con la carta di debito

i clienti ricevano dalla propria banca una

comunicazione con la quale si rende nota

la possibilità di attivare Bancomat Pay.”

Zollo spiega anche che l’attivazione non

dovrebbe comportare alcuna spesa.

Nello specifico, l’app Bancomat Pay per-

metterà di inviare e ricevere denaro dallo

smartphone selezionando un contatto dal-

la rubrica interna all’applicazione, senza la

necessità di avere con sé la carta fisica o

di ricordarne il pin. Il servizio potrà essere

sfruttato anche nei punti vendita conven-

zionati. L’esercente genererà sulla propria

app un QRCode dell’importo dovuto che

l’acquirente dovrà scandire con lo smar-

tphone, autorizzando il versamento Per

l’esercente che adotterà il servizio ci sarà

l’azzeramento della commissione pagata

alle banche per importi fino a 15 euro. Nel-

la settimana precedente il Natale, dal 18 al

24 dicembre, i pagamenti online in Italia

sono stati complessivamente 15 milioni, in

linea con il volume del 2017, e Zollo crede

che l’ingresso delle carte di debito possa

contribuire all’aumento di questi numeri.

“Intendiamo fare il primo passo - ha spie-

gato - per entrare nel mondo dei servizi

di pagamento del futuro dove ad essere

smaterializzato non sarà solo il contante

ma anche la carta stessa.”

di P. AGIZZA

Se Collection #1 ci aveva spaventato

con le sue 22 milioni di password

rubate, Collection #2-5 porta il tota-

le delle password rubate a oltre 2 miliardi.

Inutile sottolineare il fatto che rappresenta

il più grande furto di dati dalla nascita del-

l’informatica. La prima segnalazione della

presenza del nuovo archivio arriva dal sito

tedesco heise.de. La conferma è arrivata

poi dai ricercatori dell’Hasso Plattner In-

stitute. Il nuovo archivio ingloba tutti i dati

di Collection #1 e li porta a cifre mai viste

prima. Si parla, come detto, di 2,2 miliardi

di account violati con relativa password,

per un peso di oltre 800 GB. A differenza

dei precedenti casi di furto di dati sensi-

bili, che vedevano gli hacker impegnati a

vendere gli enormi archivi dati sul merca-

SOCIAL MEDIA E WEB Collection #2-5 è il più grande archivio della storia di dati rubati

Oltre 2 miliardi di password rubate in Collection 2-5 Ecco come verificare se l’e-mail è stata violataRicercatori tedeschi l’hanno scoperta in rete: 2,2 miliardi di account e password, 845 GB di dati

to nero, Collection #2-5 è

scaricabile gratuitamente

tramite la rete Torrent. Il link

per avviare il download è

ospitato, invece, dai server

Mega. Secondo i ricercatori

di Phosphorus.io il torrent è

stato già scaricato da più di

1000 utenti, con numeri che

stanno crescendo vertiginosamente. La

portata di questi numeri rende impera-

tivo controllare i propri dati e aumentare

la sicurezza delle proprie password.

Su questo sito, di proprietà dell’Hasso

Plattner Institute, è possibile controllare

se la propria mail è stata violata. Ma an-

che se l’indirizzo e-mail risultasse pulito,

dopo questo rilascio sarebbe opportuno

cambiare la password, utilizzandone una

con combinazione di lettere maiuscole,

minuscole e simboli. Un altro importante

suggerimento è quello di utilizzare una

password diversa per ogni servizio a cui

si è iscritti. Fondamentale, poi, abilitare

l’autenticazione a due fattori per i siti che

dispongono di questa funzionalità: questa

procedura aumenta in modo sensibile la

sicurezza dei dati sensibili contenuti nei

vari account.

Aggiornamento automatico a Firefox 65 bloccato. Problemi con i certificati di alcuni antivirusA seguito delle numerose segnalazioni che denunciavano l’impossibilità di accedere ad alcun sito, Mozilla ha bloccato l’update automatico del suo browser per Windows di S. DONATO

Mozilla ha fermato l’aggiornamen-to automatico a Firefox 65 di Win-dows, a causa dell’impossibilità da parte di molti utenti di raggiungere alcuni o tutti i siti web, specialmen-te quelli con il protocollo HTTPS. L’errore mostrato da Firefox è un generico “Your connection is not secure” seguito da un error code indicante: “SEC_ERROR_UNK-NOWN_ISSUER” che fa riferimen-to a certificati non sicuri inviati dal server che si sta visitando. Nei sistemi affetti, il problema sembra essere ascrivibile alla presenza degli antivirus Avast e AVG che tentano di inserire i loro certificati di sicurezza per l’acces-so ai siti. Una soluzione tempo-ranea è data dalla disattivazione della scansione dei siti HTTPS da parte degli antivirus interessati. In un post di oggi, Techdows ha illustrato come intervenire nelle impostazioni di Avast e AVG per bypassare l’errore. Alcuni utenti potrebbero constatare il proble-ma anche in combinazione con l’antivirus di Kaspersky, ma Mo-zilla non l’ha confermato ufficial-mente. Mozilla e gli sviluppatori Avast/AVG sono già all’opera per fare rientrare il problema, la cui soluzione definitiva sembrerebbe essere quella di un aggiornamen-to di tutti gli antivirus coinvolti. Ed è molto probabile che i fix venga-no rilasciati a brevissimo.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Sergio DONATO

A fine gennaio il Parlamento Europeo

aveva costretto il Consiglio a mette-

re in pausa la legge sulla riforma del

copyright a causa dell’ostruzionismo di

molte nazioni, tra cui l’Italia, non convinte

dell’Articolo 13, che obbliga le piattaforme

online a controllare il contenuto caricato

dagli utenti per escludere la pubblicazio-

ne di materiale protetto da copyright.

Ma il percorso della legge non può esse-

re arrestato e anzi potrebbe aver ricevuto

un’accelerazione dall’accordo trapelato

tra Francia e Germania che, grazie ai loro

rapporti di forza che possono determina-

re o spezzare maggioranze, sembra aver

dato un’identità definitiva all’Articolo 13

oggetto della discordia. Prima dello stop,

le posizioni dei due Stati europei erano

favorevoli all’Articolo 13 ma variavano nel-

la sua profondità di attuazione. La Francia

diceva che doveva applicarsi a tutte le

SOCIAL MEDIA E WEB L’accordo tra Germania e Francia accelera le operazioni della riforma

Riforma copyright, questione riaperta Di Maio: “La rete deve essere libera”L’articolo 13 si applicherebbe a tutte le piattaforme online a scopo di lucro, con eccezioni

piattaforme sen-

za guardare alla

loro dimensio-

ne, ma lascian-

do la decisione

alla giustizia in

caso di realtà

online più picco-

le. La Germania

era protesa a

una distinzio-

ne più netta: le

imprese con un fatturato inferiore ai 20

milioni di euro annui avrebbero dovuto

essere escluse, per non danneggiare le

startup e le PMI. L’accordo svelato rag-

giunge un compromesso tra le due posi-

zioni. L’Articolo 13 si applicherebbe a tutte

le piattaforme online a scopo di lucro ad

eccezione di quelle che soddisfano tutti

e tre questi requisiti: essere disponibili al

pubblico da meno di 3 anni; avere un fat-

turato annuo inferiore a 10 milioni di euro;

avere meno di 5 milioni di visitatori unici

al mese. Inoltre, le piccole realtà che non

rientrano in questi criteri devono comun-

que dimostrare di avere compiuto tutti

gli sforzi per ottenere le licenze d’uso da

parte di qualsiasi produttore di contenuti

proprietari del materiale condiviso dagli

utenti. Quindi, si sta parlando di un ocea-

no composto di case discografiche, siti

di foto a pagamento, o anche estratti di

testo dai libri. È evidente che si tratta di un

compito difficilissimo che cambierebbe

completamente il senso della condivisio-

ne così come lo conosciamo oggi, senza

contare che queste attività dovranno es-

sere svolte per forza di cose da algoritmi

automatici che al momento non possono

distinguere il marchio della tal bibita in un

contesto satirico, per esempio.

Di Maio: “La rete deve essere libera”L’Italia ha detto la sua attraverso le parole

del ministro dello Sviluppo Economico e

del Lavoro Luigi Di Maio. “La priorità per

l’Italia - si legge in una nota diramata dal

MiSE - è l’eliminazione della link tax e dei

filtri diretti o indiretti sui contenuti carica-

ti dagli utenti delle piattaforme, insieme

ad un allargamento delle eccezioni al

diritto d’autore che consenta lo sviluppo

della data economy.” Prosegue poi: “La

rete deve essere mantenuta libera e neu-

trale perché si tratta di un’infrastruttura

fondamentale per la libera espressione

dei cittadini oltreché per il sistema Italia

e per la stessa Unione Europea”.

A causa di questo accordo, il tempo

della legge ha ripreso a scorrere, e voci

interne dicono che si potrebbe arrivare

a una negoziazione già per l’11 di feb-

braio. Il voto finale sarebbe previsto per

marzo o aprile.

Google+ chiuderà il 2 aprile. Le tappe dell’addio al socialGoogle pubblica la tabella di marcia verso la chiusura del suo social. Dal 4 febbraio non sarà più possibile creare nuovi account e nuove pagine di Psquale AGIZZA

Google+ rappresenta per Google uno dei più clamorosi e costosi tonfi della sua storia. È stata una storia fatta di pochi iscritti e tanti bug, alcuni molto pericolosi per la privacy. Dopo l’annuncio di qual-che tempo fa, arriva l’ufficialità, Google+ chiude il 2 aprile. Con un post sul blog, Google rende nota la tabella di marcia da qui alla chiusu-ra. Da quel giorno Google inizierà a cancellare tutti i contenuti degli utenti, comprese pagine, foto e video. Le aziende che utilizzano Google+ come piattaforma interna, invece, non dovranno preoccupar-si della chiusura del social. Altro giorno da tenere a mente è il 4 febbraio, giorno dopo il quale sarà impossibile creare nuovi account e per chi già iscritto, creare nuo-ve pagine, album ed eventi. Solo per gli utenti Blogger, inoltre, dal 4 febbraio non sarà più possibile utilizzare Google+ come piattafor-ma per i commenti, che saranno cancellati poi dal 2 aprile. L’ultimo passaggio porta la data del 7 mar-zo: Google impedirà l’utilizzo della piattaforma Google+ come piatta-forma per i commenti nei siti e blog degli utenti. Inoltre sarà disabilitato su tutti i siti il bottone per il login tramite Google+. Ricordiamo che gli utenti del social di Mountain View potranno scaricare i propri dati prima della cancellazione. A tal proposito, Google ha rilasciato una guida ufficiale per esportare i propri dati e le proprie cerchie di amicizia.

SOCIAL MEDIA E WEB L’ammissione dopo alcune pressioni

Amazon ammette di avere un problema con i prodotti contraffatti

di Riccardo DANZO

Nel rapporto di fine anno dedicato agli investitori, Amazon ha ammesso di

avere un problema con la vendita di prodotti contraffatti sul Marketplace,

la parte dell’e-commerce dedicata ai negozianti di terze parti. L’ammissio-

ne di colpa è arrivata dopo la pressione di alcuni marchi come Mercedes-Benz

e Birkenstock che hanno criticato il colosso del commercio elettronico per non

essere in grado di controllare la vendita di prodotti falsi sul proprio sito.

Nella sezione “fattori di rischio per il business” del rapporto di fine anno, infatti,

Amazon ha ammesso che potrebbe essere responsabile per le attività dei vendi-

tori di terze parti sul sito. In particolare, il colosso dell’e-commerce, ha sottolineato

che potrebbe non essere in grado di impedire ai venditori di terze parti di scam-

biare sul Marketplace prodotti illeciti, contraffatti, piratati o rubati.

Negli Stati Uniti, il problema dei prodotti contraffatti venduti su Amazon è stato

trattato anche da un’associazione che rappresenta più di 1.000 marchi, la “Ame-

rican Apparel & Footwear Association”. L’organizzazione, infatti, ha richiesto che

alcuni venditori di terze parti su Amazon vengano aggiunti all’elenco dei “Noto-

rious Market”, ovvero una lista di negozi online che vendono prodotti falsi nella

quale compare anche China’s Taobao, un sito “famoso” per la vendita di prodotti

contraffatti. Sembra, inoltre, che il problema non sia destinato ad arrestarsi. Infat-

ti, nel 2017, la parte del sito dedicata ai venditori di terzi parti, ha rappresentato

il 52% delle vendite totali dell’azienda e il trend si è confermato in crescita nel

2018. Appare inevitabile, quindi, che, insieme al business del Marketplace, cre-

sca di pari passo anche quello dei prodotti contraffatti.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

H uawei potrebbe entrare sul merca-

to dei TV. Non sarebbe affatto una

sorpresa: Xiaomi ha già annuncia-

to i suoi televisori, OnePlus dovrebbe

farlo entro l’anno. Il televisore resta sem-

pre il centro della casa, ed è un prodotto

chiave se si vuole costruire una strategia

di servizi e di connettività all’interno del-

l’ambiente domestico. Secondo le indi-

screzioni raccolte dal sito cinese cnBeta

a Shenzen, casa Huawei, ci sarebbe già

una divisione fatta di 300 persone che

sta lavorando da mesi al progetto, ser-

vendosi ovviamente di diversi partner.

Huawei avrebbe già identificato nella ci-

nese BOE uno dei nomi adatti per fornire

la parte legata ai pannelli, e a pensarci

bene sarebbero solo i pannelli l’elemen-

to che mancherebbe all’azienda cinese

per poter realizzare un prodotto di livello.

Quello che molti non sanno, infatti, è che

Huawei con la sua divisione Hisilicon, la

stessa che produce i processori Kirin e i

modem Balong, da anni produce anche

TV E VIDEO Secondo indiscrezioni, Huawei sarebbe pronta a entrare nel mercato dei TV

Huawei e Honor, TV pronti all’arrivo? Si partirà con prodotti entry a marchio Honor, i TV Premium Huawei tra aprile e maggio

processori destinati ai televisori smart.

Huawei è uno dei pochi competitor di

Mediatek in questo segmento, e realizza

già System on Chip avanzati con tutto

quello che serve ad un TV moderno, dal

supporto totale all’HDR alla gestione di

pannelli 8K. I nuovi modelli di processore

per TV Huawei, ad esempio, supportano

già HDR10+. Secondo le voci raccolte dal

sito cinese i primi TV dovrebbero arriva-

re a marchio Honor tra aprile e maggio, e

si tratterebbe di una gamma dotata dal-

l’ottimo rapporto qualità prezzo. I modelli

Huawei, prodotti premium con diagona-

le che parte da 65”, arriveranno invece

solo nella seconda metà dell’anno. Non

è da escludere tuttavia che si tratti di

una questione “locale”, una gamma di

prodotto destinata, almeno per i primi

anni, al mercato cinese. Realizzare un te-

levisore non è affatto semplice, più che

altro per il numero diverso di modelli e

di requisiti che i TV devono avere nelle

varie regioni del mondo. Seguiremo da

vicino la cosa: un po’ di concorrenza, nel

mercato TV, non può che fare bene.

Android Oreo 8.0 sui TV Sony Anche in ItaliaSony comunica l’arrivo dell’aggiornamento per le sue TV uscite dal secondo semestre 2016 ad oggi: Android 8 Oreo e tante altre novità di B. DI BLASI

Dopo il roll-out negli Stati Uniti alla fine dello scorso anno, parte ora la distribuzione dell’aggiornamen-to a Android 8.0 per i TV Sony. “L’update ad Android 8.0 sarà disponibile dal 30 gennaio 2019, e pianifichiamo di distribuire l’ag-giornamento poco alla volta. La modalità più semplice per rice-vere l’update è assicurarsi che l’opzione di download automatico sia attiva sulla propria TV. Così il televisore riceverà automatica-mente l’update, nelle prossime settimane. In alternativa, si può scaricare l’update via USB”. reci-ta il comunicato pubblicato sulla pagina di Sony talia. Cosa intro-duce questo aggiornamento oltre alla nuova versione di Android? In primo luogo una home screen basata sulla visualizzazione a ca-nali, che avevamo già visto su altri dispositivi Android TV aggiornati in precedenza. Ogni app può mo-strare i propri contenuti e suggeri-re all’utente quelli più interessanti in base alle sue esigenze.Oltre alla home screen, Sony in-dica una serie di miglioramenti della visualizzazione, tra i quali un fix dedicato alla qualità video dei contenuti Netflix in Dolby Vision. L’aggiornamento verrà distribuito su tutte le TV uscite da metà 2016 a tutto il 2018, escludendo quindi i modelli Android precedenti che rimarranno con la versione attuale del software di sistema. Il proble-ma, a quanto pare, è dovuto alla presenza di un chip Mediatek non abbastanza veloce.

Android Oreo 8.0

di Roberto PEZZALI

Sharp annuncia l’arrivo sul mercato

italiano di quattro nuovi modelli di

TV. Come ai vecchi tempi questi TV

puntano sul grande formato ad un prez-

zo competitivo, ma è bene ricordare che

questa non è più la Sharp di dieci anni

fa: i TV sono infatti prodotti dalla turca

Vestel che ha preso in licenza il marchio

per l’Europa. I modelli da 60” e 70” sono

quattro, due con illuminazione Direct LED

(LC-60UI7652E o LC-70UI7652E) e due

con retroilluminazione Edge LED (LC-

60UI9362E o LC-70UI9362E).

Ormai è davvero difficile differenziare un

televisore, e anche questi Sharp hanno

tutto quello che un TV di fascia media

oggi deve avere: HDR, pannello 4K, sup-

porto wide color gamut e una tecnologia

di motion interpolation che Sharp qui

chiama Active Motion. L’aspetto forse più

interessante è il sistema audio realizzato

in collaborazione con harman/kardon,

un sistema 2.1 che oltre ad avere un sub

TV E VIDEO Sharp ha annunciato la disponibilità in Italia di 4 nuovi modelli di smart TV LED

TV 70” a 1299 euro. Ecco i nuovi modelli SharpI TV puntano sul grande formato a un prezzo competitivo. E una serie è Full LED. Tagli da 60” e 70”

integrato gestisce anche il DTS. La piat-

taforma smart sembra essere proprieta-

ria, ma non mancano Netflix, Youtube e

Rakuten, e Sharp assicura che è anche

possibile collegare in modalità wireless

dispositivi Android per inviare contenuti,

usando quasi sicuramente il classico me-

dia renderer. Il sintonizzatore integrato è

triplo: c’è il satellite e c’è il digitale terre-

stre T2 HEVC. Sharp cita anche il tuner

DVB-C, ma è evidente che del cavo qui

in Europa non ce ne facciamo nulla. Triplo

ingresso USB e triplo HDMI chiudono la

dotazione. I modelli due LC-60UI7652E e

LC-70UI7652E sono già disponibili ad un

prezzo consigliato di 799 euro e di 1.299

euro, mentre i modelli LC-60UI9362E e

LC-70UI9362E sono ora disponibili rispet-

tivamente a un prezzo consigliato di 999

euro e 1.599 euro.

Il prezzo su strada dovrebbe essere leg-

germente più basso, e un 70” a circa 1000

euro è sempre un bell’affare per chi vuole

un TV enorme senza spendere troppo.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

L a calibrazione di un televisore, per

allineare i parametri di visione al ri-

ferimento, è il sogno di tutti gli ap-

passionati di TV e dei possessori di un

TV di un certo tipo. Oggi è necessario

rivolgersi ad un calibratore esterno: il

prezzo dell’hardware e il prezzo del

software necessari allo scopo sono uno

scoglio insormontabile, spesso superio-

re al prezzo dello stesso TV.

Se una sonda non profilata costa anche

relativamente poco, circa 300 euro, un

generatore di segnali 4K HDR ha un

costo superiore al migliaio di euro e a

questo si deve aggiungere anche la li-

cenza di Calman, che nella versione Ul-

tima, l’unica dotata di Autocal, è di circa

3000 euro. Esistono soluzioni alternati-

ve, ma oggi Calman, software di Portrait

Displays, è l’unica in grado di effettuare

la calibrazione automatica su alcuni mo-

delli, andando a scrivere anche una Lut

personalizzata nei banchi di memoria

dei TV. Calman ha annunciato l’arrivo,

TV E VIDEO A breve chi vorrà calibrare il suo televisore potrà farlo spendendo molto meno

Calibrare un TV costerà meno: la soluzione di CalmanLe versioni saranno specifiche e ognuno dovrà acquistare quella per la marca del proprio TV

a breve, di un nuovo Calman Home a

basso costo che supporta la funzione di

calibrazione automatica: le versioni sa-

ranno specifiche per i singoli televisori

e ognuno dovrà acquistare quella per

la marca di TV in suo possesso. Ci sarà

quindi un software per LG, un softwa-

re per Sony, uno per Panasonic e uno

per Samsung: queste versioni speciali

avranno un workflow dedicato ad un

utente non troppo esperto che guiderà

passo passo nella procedura permet-

tendo di calibrare i singoli banchi con

ogni tipo di segnale. Se per gli attuali

TV servirà comunque la sonda e il ge-

neratore esterno, coloro che compre-

ranno un TV Panasonic 2019 o un TV

OLED LG 2019 potranno farne a meno

del secondo: questi modelli integrano

un generatore di segnali 4K e HDR. Ser-

virà quindi solo la sonda, e il software

che avrà un costo decisamente ridotto:

restiamo in attesa di ulteriori dettagli,

e non è escluso che Portrait Display

possa creare dei bundle ad un prezzo

ancora più concorrenziale.

Samsung lancia un controller per realizzare TV 8K senza corniciSamsung ha annunciato l’uscita di un nuovo display driver per portare il vero “8K” su TV sottilissimi. Vuol dire che i TV di oggi non sono veri 8K? Facciamo chiarezza

di Roberto PEZZALI

Samsung Semiconductor ha an-nunciato l’uscita del primo display driver per TV 8K capaci di traspor-tare dati “intra-panel” ad una ve-locità di 4 gigabit al secondo. La dichiarazione di Ben K. Hur, senior Vice President del marketing di Samsung Electronics, lasciava qualche dubbio: “Per avere una vera risoluzione 8K è necessa-rio che il DDI (Display Driver IC) supporti 4 Gbps di trasferimen-to dati al pannello: il nuovo chip Samsung 8K S6CT93P, con inter-faccia Unified Standard Interface for TV (USI-T) 2.0, permette di portare immagini 8K di altissima qualità elevando così la resa dei TV di grande formato”. Letta così potrebbe sembrare che i TV 8K presenti oggi sul mercato non sia-no in grado di supportare segnali nativi 8K: l’interfaccia usata fino ad oggi infatti ha una velocità di soli 2 Gbps. Abbiamo così chie-sto delucidazioni a Samsung, che ci ha rassicurato confermandoci che la gamma di TV 8K supporta segnali nativi e anche i TV attuali sono veri TV 8K. Il nuovo control-ler, tuttavia, permette di ridurre il numero di componenti necessa-ri, perché basta un solo driver: questo permetterà a Samsung di creare televisori 8K ancora più sottili e con cornici ancora più ri-dotte, praticamente invisibili.

di Roberto PEZZALI

N on si vive solo di OLED o di LCD

di fascia alta: Sony ha annunciato

oggi la gamma media, quella che

fa “i numeri”: qualità, tantissimi tagli di-

sponibili e anche un prezzo abborda-

bile, sebbene il listino per l’Italia non

sia ancora stato definito. Le tre serie si

chiamano XG83, XG80 e XG70, e sono

tutte 4K e HDR.

Il modello XG83 è quello più completo,

ed è anche l’unico che integra il pro-

cessore HDR X1 e ha il doppio tuner,

quindi possibilità di registrare una cosa

TV E VIDEO Non c’è solo la fascia alta di OLED e LCD visti al CES: Sony presenta la gamma media

Sony, ecco i TV 4K HDR di fascia media I TV XG83, XG80 e XG70 vanno dai 43” ai 75” e rappresentano la porta d’ingresso a 4K e HDR

mentre se ne guarda un’altra. Disponi-

bile solo nei tagli da 43” e 49”, l’XG83

ha un pannello edge led, MotionFlow

a 800Hz, sistema Triluminos e Android

TV. Le serie XG80 è quella più versa-

tile: le dimensioni spaziano dal 43” al

75” passando per 49”, 55” e 65”. Man-

ca il processore X1 che viene sostituito

dall’X-Reality Pro, e sparisce anche il

tuner singolo. MotionFlow solo a 400

Hz, il processore video appartiene alla

generazione precedente.

C’è infine XG70: 43”, 49”, 55” e 65”, si-

mile all’XG80 ma privo di Android TV:

c’è una piattaforma smart di base con

alcune webapp (Netflix c’è) basata su

linux. I prezzi e la disponibilità per l’Ita-

lia non sono ancora stati annunciati.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

Sonos ha scelto il palcoscenico dell’ISE di Amster-

dam, la fiera dell’audio video professionale, per

presentare la propria soluzione di speaker da in-

casso destinata soprattutto alle installazioni custom. La

proposta presentata da Sonos prevede tre diffusori, uno

da incasso pensato per il soffitto, uno da parete e uno

speaker da esterno, tutti passivi e da associare al modu-

lo esterno Amp, anticipato alla scorsa IFA di Berlino. I tre

nuovi speaker compongono la formazione della nuova li-

nea denominata “Sonos Achitectural di Sonance”. Infatti,

in realtà, non si tratta di una soluzione tutta Sonos: infatti

la società ha scelto di avvalersi dell’aiuto della “vicina di

casa” Sonance (entrambi i marchi sono californiani), uno

dei brand più stimati tra quelli specializzati in diffusori

da incasso, da interno e da esterno. Il “fidanzamento”

tra Sonos e Sonance (al di là delle similitudini del tutto

casuali nel nome, che li fa sembrare una coppia di un

lui e una lei) segna un po’ la svolta di questi ultimi mesi

di Sonos che, con il lancio del nuovo Amp, ha aperto

con decisione verso il mondo della custom installation e

quindi degli impianti integrati, domestici e non.

Il nuovo Amp è finalmente disponibileRicordiamo in cosa consiste il nuovo Amp: di fatto è

un componente che fa parte dell’ecosistema Sonos e

integra un amplificatore stereo digitale da 125 watt per

canale, cosicché possa essere collegato a casse di terze

parti qualsivoglia. Rispetto al Connect:Amp, il suo prede-

cessore, il nuovo Amp, oltre che a disporre di una poten-

za pressoché doppia, integra anche un ingresso HDMI

CEC da connettere alla porta HDMI ARC di un TV, così

da ricevere il segnale audio proveniente dal TV. Inoltre,

la capacità dell’Amp di pilotare carichi difficili, permette

di collegare fine a tre diffusori in parallelo per canale,

cosa molto utile in certe installazioni per sonorizzare con

musica di sottofondo zone ampie, come per esempio i

negozi. Come per gli ultimissimi prodotti Sonos (la Play:5

seconda generazione e la Sonos One), anche l’Amp è

compatibile con AirPlay 2 e quindi consente a tutti gli

utenti Apple di lanciare direttamente la musica dal pro-

HI-FI E HOME CINEMA All’ISE di Amsterdam, Sonos presenta gli speaker da incasso da associare al modulo esterno Amp

Sonos presenta a ISE 2019 i diffusori da incasso e da esterni. Svelata la linea “Architectural”L’alleanza con Sonance segna la svolta di Sonos che, con il lancio del nuovo Amp, ha aperto verso il mondo della custom installation

prio device con grande semplicità e, volen-

do, distribuirla su tutti gli apparecchi Sonos,

anche quelli meno nuovi. Ad Amsterdam è

stata annunciata finalmente la disponibilità

di Amp a partire dal prossimo 12 febbraio; il

prezzo è di 699 euro.

Sonos e Sonance a braccetto per l’incasso e l’outdoorGli speaker da incasso in soffitto e parete

presentati da Sonos sono concettualmente

molto simili e differiscono tra loro principalmente per la

forma: ingombra un po’ di più sul posteriore quello da

soffitto (12,1 cm) dato che normalmente nei controsoffitti

c’è più profondità di quanto non ce ne sia nei muri divi-

sori; il modello da parete, con una profondità ridotta (8,9

cm), richiede però un foro un po’ più grande: 17,6x27,3

contro il foro circolare da 21cm del modello da soffitto.

Si tratta in entrambi i casi di speaker a due vie, posi-

zionate in maniera coassiale nel modello circolare da

soffitto, mentre sono in linea nella versione da parete. I

due modelli sono realizzati con componenti simili. Tanto

che simili sono anche i dati tecnici: 130 watt di potenza

massima (compatibile quindi con i 125 dell’Amp), 8 Ohm

di impedenza e sensibilità di 89 dB, valori che valgono

anche per il modello da esterni.

In particolare Sonos ci ha spiegato che il modello da in-

casso nel soffitto è pensato in particolare per un impie-

go per la diffusione musicale in ambiente, mentre quel-

lo da parete ha una schietta vocazione home theater;

fermo restando - ovviamente - la possibilità di utilizzo

di entrambi per qualsiasi esigenza. In particolare, i due

modelli sono in grado di spingersi verso le basse fre-

quenze senza grandi problemi: la risposta in frequenza

segue a pagina 26

Nella demo alla quale abbiamo assistito, il nuovo Sonos Amp è stato connesso sia a una coppia di diffusori Sonos da incasso che a una coppia di ottimi speaker B&W.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di tutte e due parte da 44Hz (precisamente 44-20k Hz

+- 3 dB), un ottimo valore in considerazione della dimen-

sione dei coni e soprattutto della limitata profondità. In

entrambi i casi le griglie sono bianche ma di materiale

verniciabile in tinta con le finiture degli interni, come si

conviene a uno speaker da incasso, che ha lo scopo di

scomparire alla vista più possibile.

Con i nuovi speaker si attiva Trueplay anche su AmpIn realtà - si potrebbe osservare - non sembrerebbe

esserci nulla di nuovo: già prima di questo annuncio si

poteva comporre un sistema da incasso avvalendosi di

speaker di terze parti (anche di Sonance, per esempio)

e di modulo Amp di Sonos. “Questa soluzione - ci ha

spiegato un tecnico di Sonos - è la prima che viene pro-

gettata espressamente per dare il massimo con il nostro

nuovo Amp. C’è lo stesso accoppiamento perfetto tra

amplificatore e altoparlante che siamo soliti realizzare

nei nostri speaker integrati. Offriamo così il vantaggio di

poter avere le medesime prestazioni anche in un ambito

di un’installazione custom”. L’utilizzo di speaker Sonos

Architectural, proprio per questo motivo, abilità la fun-

zione “Trueplay” su Amp: si tratta della calibrazione au-

tomatica che si realizza - generalmente con gli speaker

integrati - tramite l’app Sonos. A valle della calibrazione

(l’app fa emettere dei suoni test e lo smartphone rileva la

resa e imposta le correzioni necessarie), si ottiene

un sistema che dovrebbe dare il massimo, com-

patibilmente con i vincoli ambientali e le scelte di

installazione, che comunque restano determinan-

ti, malgrado i miracoli che può fare un buon DSP.

Peccato non aver deciso di attivare Truplay su

Amp anche per speaker di terze parti: “Abbiamo

deciso di non farlo - ci spiegano alla presentazio-

ne - perché potremmo trovarci di fronte a speaker

magari con pochissimi bassi e il DSP, se interve-

nisse in maniera importante, potrebbe decidere di

compensare questa carenza provando a caricarli

lato sorgente. Ma così si potrebbe rischiare di danneg-

giare le casse. Meglio di no”.

Sonos esce di casa e va in giardino o sul terrazzoAgli speaker Sonos da incasso si aggiunge - come di-

cevamo - uno speaker da esterni, in grado di resistere a

qualsiasi attacco da parte di agenti atmosferici e tempe-

rature estreme: si tratta sempre di un diffusore passivo,

pensato però per essere posizionato fuori casa, su un

terrazzo o in giardino, senza risentire delle stagioni e

delle intemperie; ovviamente, per il buon funzionamen-

to, è sempre necessario un Amp per pilotarli: meglio

correre in eventuali zone esterne (e quindi potenzial-

mente umide) con un segnale di potenza che richiedere

l’alimentazione elettrica. Per la realizzazione di questo

prodotto, è stata determinante la lunga esperienza di

Sonance nel progettare altoparlanti da esterni e anche

per uso marino decisamente a prova di shock climatici

e “maltrattamenti” naturali, come sabbia, terra, detriti e

l’esposizione diretta e continuata ai raggi solari. Fino a

oggi, l’utilizzo di un sistema Sonos nelle aree esterne

non era precluso, ma era necessario avvalersi di alto-

parlanti da esterno di terze parti colleganti a un modulo

Sonos Amp o Connect:amp; ora si può andare diritti sul-

lo speaker da esterni Sonos, certi di realizzare un buon

accoppiamento con la coppia di speaker.

Prezzi e disponibilità: entro febbraio l’incasso, ad aprile il modello da esternoGli speaker della linea Sonos Architectural sono preor-

dinabili da oggi: i modelli da incasso saranno disponibili

già dal 26 febbraio prossimo, mentre quelli da esterno

arriveranno ad aprile. Il prezzo è fissato a 699 euro la

coppia sia per quelli da soffitto che quelli da parete. Lo

speaker da esterno, invece, ha un prezzo di 899 euro la

coppia, in considerazione del fatto che, ai componenti

dello speaker da incasso, si aggiunge il box stagno.

HI-FI E HOME CINEMA

Sonos Architecturalsegue Da pagina 25

di Pasquale AGIZZA

L a collaborazione fra Sharp e Micro-

soft ci dà un assaggio dell’ufficio del

futuro. Il lavoro delle due aziende,

infatti, ha portato alla creazione di Win-

dows Collaboration Display, uno scher-

mo interattivo da 70 pollici da collegare

al PC che unisce sapientemente intelli-

genza artificiale e principi dell’Internet of

Things. Presentato all’ISE di Amsterdam,

il nuovo dispositivo di Sharp si propone

come centro di ogni sala riunioni e ufficio

e snodo fondamentale della nuova stra-

tegia di Sharp per la creazione di edifici

smart di nuova generazione.

Perfetto per l’utilizzo in ambito azien-

dale grazie alla totale integrazione con

Office 365 e la possibilità di utilizzare le

funzioni di Microsoft Teams, Windows

Collaboration Display non punta a so-

stituire i dispositivi presenti in azienda,

TV E VIDEO All’ISE 2019, presentato lo schermo interattivo che punta a diventare il centro di ogni sala riunioni e ufficio del futuro

Windows Collaboration Display è lo schermo di Sharp che traccia la strada degli uffici del domaniLo schermo interattivo da 70 pollici si collega al PC e unisce intelligenza artificiale e principi dell’Internet of Things

ma anzi si propone come un’estensione

dello schermo del PC. Windows Collabo-

ration Display può monitorare, grazie ai

suoi sensori, parametri come il numero

di occupanti della stanza, la temperatura,

la luce ambientale e la qualità dell’aria.

Può, inoltre, intervenire autonomamente

per riportare i valori dei parametri al giu-

sto valore in caso di anomalie. Non man-

ca una videocamera con risoluzione 4K

per le videochiamate, un microfono ad

ampio raggio e una serie di altoparlanti.

Il PC può essere collegato al Windows

Collaboration Display tramite porta USB

C. Basta un solo cavo, infatti, per repli-

care la schermata del PC sul display di

Sharp e utilizzare le funzioni touch. Lo

schermo interattivo da 70 pollici vanta

la tecnologia Sharp Pen-on-Paper, una

tecnologia proprietaria dell’azienda che

simula la sensazione di utilizzare una

penna sul foglio di carta. Touch capaci-

tivo a 30 tocchi e 4 tasti attivi sul fronte

(compreso uno per richiamare lo start

di Windows) completano la dotazione.

“Il Windows Collaboration Display è fa-

cilissimo da collegare e utilizzare ed è

perfetto per monitorare tutti i parametri

relativi alla stanza che lo ospita. Grazie

ai suoi sensori ti aiuterà a ripristinare le

condizioni ottimali” ha dichiarato Birgit

Jackson, alto dirigente di Sharp. “WCD

rappresenta un’evoluzione per ciò che

riguarda i display interattivi, il primo ad

essere perfetto per la creazione di co-

struzioni smart e il primo a sfruttare tutte

le potenzialità dell’Internet of Things”

“Siamo fieri del lavoro fatto insieme a

Microsoft e il nuovo Windows Collabora-

tion Display è il punto cruciale della stra-

tegia di Sharp per la creazione di uffici di

nuova generazione”, ha concluso.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di R. PEZZALI, M. DI MARCO

Sbarcano in Italia i nuovi prodotti di Microsoft: Sur-

face Studio 2, Laptop 2 e Pro 6, annunciati alcuni

mesi fa. I prezzi sono in linea con le precedenti

generazioni, superando i 4.000 euro per Surface Studio

2. I tre dispositivi sono basati su processori Intel Core

di ottava generazione. Si parte così da 1.069 euro per

Surface Pro 6 con 8 GB di RAM, Intel Core i5 e 128 GB

di memoria integrata (disponibile solo in colore nero).

Per avere un Intel Core i7 si parte da almeno 1.699 euro

con 8 GB di RAM e 256 GB di spazio d’archiviazione.

La configurazione hardware base di Surface Laptop 2

parte da 1.169 euro (8 GB di RAM, Intel Core i5 e 128 GB

di spazio). Si sale fino a 2.899 euro per Intel Core i7, 1

TB di SSD e 16 GB di RAM. Ma la grande novità per gli

utenti italiani è Surface Studios 2; la prima generazione

del computer “tutto in uno”, infatti, non era arrivata sul

nostro mercato.

Un’ora con Surface Studio 2Microsoft ci ha concesso un po’ di tempo per provare

la macchina di punta della nuova e rinnovata gamma

Surface. Surface Studio non è mai arrivato nei negozi

italiani, la versione “2”, rinnovata nell’hardware, vuole

invece diventare a tutti gli effetti una vera alternativa

all’iMac Pro per chi necessita di potenza e velocità, usa

app professionali e non può fare a meno di Windows

come sistema operativo. L’aspetto non cambia: ci tro-

viamo davanti alla stessa macchina del 2016, ed è im-

pressionante notare come un design davvero perfetto

rimanga affascinante anche con il passare del tempo.

Colpisce lo schermo: l’enorme display da 28” è proba-

bilmente la prima cosa che colpisce di Surface Studio

2. E nonostante le dimensioni restino identiche a quel-

le della prima versione, il pannello è stato migliorato,

miglior luminosità e quindi miglior contrasto. Ma, usato

di giorno, è una cosa che non si nota più di tanto. Lo

schermo usa la tecnologia PixelSense, ha una risoluzio-

PC Arriva in Italia il computer “tutto in uno” di Microsoft, Surface Studio 2. Sbarcano anche le ultime generazioni di Surface Pro e Laptop

Microsoft Surface Pro 6 e Laptop 2 disponibili in ItaliaDebutta anche Surface Studio 2, tutto potenza e designSiamo stati qualche ora in compagnia del nuovo Surface Studio 2, che vuole essere una vera alternativa all’iMac Pro

ne esagerata, 4500 x 3000, ed è calibrato in fabbrica

per due diversi spazi colore, sRGB e DCI-P3. Volendo

c’è anche una impostazione Vivid, che però non può

essere considerato un profilo calibrato ma più una

modalità dove i colori vengono aumentati di qualche

punto di saturazione.

Lo schermo, che grazie ai due supporti con snodo può

assumere diverse posizioni che corrispondono anche

a diverse modalità di utilizzo, è effettivamente un pic-

colo gioiello, le immagini appaiono compattissime, le

fotografie quasi reali. Un prodotto perfetto per fare

editing fotografico con Lightroom, per disegnare, per

architettura, dove si possono tracciare sottilissime li-

nee da 1 pixel e per ogni altra applicazione grafica. Una

risoluzione così elevata rappresenta tuttavia un pic-

colo svantaggio in ambito gaming: impensabile usare

lo schermo alla risoluzione nativa, conviene ridurla un

po’ tramite le impostazioni. Ci troviamo davanti ad una

macchina che, nella sua versione rinnovata, usa co-

munque una scheda grafica discreta NVIDIA (GeForce

GTX 1060 6GB o GTX 1070 con 8GB

di memoria GDDR5) capace di note-

voli prestazioni, ma non sufficiente a

pilotare tutti i pixel del Surface Studio

alla risoluzione dello schermo con

giochi 3D recenti. Ci troviamo in ogni

caso in un ambito borderline, perché

questa può essere anche una buona

macchina da gioco ma sicuramente

non è stata pensata come macchina

da gioco, è destinata ad un pubblico

diverso. Tre le configurazioni che ar-

rivano in Italia, e il prezzo raffredda

un po’ gli entusiasmi: 4.199 euro per

il modello con 16 GB di RAM e 1 TB

di SSD, 5.099 euro per 32 GB di RAM

e 5.599 per 32 GB di RAM e 2 TB di segue a pagina 29

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

disco SSD. Il processore è il Core i7-7820HQ di Intel,

quindi non un prodotto dell’ultima generazione: nono-

stante sia un’ottima CPU, forse ci si aspettava qualco-

sa in più. Il processore non recentissimo mette in luce

quello che, nel nostro breve contatto con Studio 2, ci è

parso essere il vero limite di questo prodotto: l’impossi-

bilità di aggiornarlo. Una buona fetta di costo è dovuta,

senza ombra di dubbio, all’eccellente schermo, e sa-

rebbe stato bello avere la parte “computing” totalmen-

te modulare, con possibilità di aggiornare processore o

GPU con il passare degli anni.

Microsoft, paradossalmente, avrebbe potuto separare

il monitor dalla parte computing vendendo o un eccel-

lente monitor touch con una risoluzione pazzesca, o

un piccolo PC potentissimo e dal design convincente

oppure il bundle, un all in one che univa al meglio le

due cose. Oltre a questo segnaliamo anche l’impossi-

bilità di poter usare questo eccellente schermo come

monitor esterno: stiamo pensando ad esempio ad un

creativo che non ha bisogno solo di Windows ma ha

anche applicativi che sfruttano MacOS: sarebbe stato

bello poter collegare un MacMini o un MacBook Pro

per creare un piccolo studio multipiattaforma. Se pen-

siamo al target di questo prodotto, i creativi e i profes-

sionisti, anche l’assenza di una interfaccia Thunderbolt

sul retro può essere considerata un limite: c’è la porta

USB Type C, ci sono quattro USB 3.0, c’è la presa di

rete e c’è lo slot SD, ma molte interfacce professionali

sfruttano la Thunderbolt.

Nel nostro breve contatto con il prodotto abbiamo

avuto modo di provare la penna, l’interazione con Dial

Surface, il controller rotativo che permette di muoversi

agevolmente tra gli strumenti e le regolazioni delle app

professionali abilitate, e le prestazioni con diverse app,

dall’editing di clip 4K allo sviluppo di foto RAW.

Poco per poter dare una impressione sul prodotto, ma

sufficiente per farsi un’idea. Surface Studio 2 è poten-

te, decisamente potente, ed è un’ottima macchina per

un professionista. Qualcuno potrebbe essere tentato

di giudicare il prodotto guardando al prezzo e alle spe-

cifiche, e onestamente con 5.000 euro si può costruire

una workstation che va il doppio più veloce di quanto

vada Surface Studio 2. Ma non si considera il monitor,

che è il vero elemento differenziante, per risoluzione,

qualità e per la sua flessibilità nel posizionamento, che

permette di usare Surface Studio come una tavola da

disegno. Studio 2 è un prodotto unico, destinato ad una

nicchia di utenti e non semplice spiegare, dev’essere

toccato con mano per poter essere capito. Microsoft lo

paragona all’iMac Pro, ma forse Studio 2 è un po’ più

consumer: l’azienda di Redmond paga infatti l’assenza

di una suite creativa ottimizzata per l’uso con Surface,

mentre Apple per l’iMac Pro ha il supporto di svariati

produttori di software che ottimizzano gli applicativi

per i driver di quella singola macchina. Ma ci sono am-

biti dove un Mac è totalmente inutile, serve Windows, e

Surface Studio 2 nasce per questo.

La famiglia ora sembra quasi completa, anche se non

neghiamo che come Apple ha iMac e iMac Pro a Micro-

soft serve terribilmente un all in one che possa compe-

tere con gli iMac. Un prodotto che costa meno di Studio

2, con uno schermo un po’ più piccolo e meno risoluto

che possa essere il perfetto computer consumer per

la casa, integrato con Xbox, perfetto per studiare, la-

vorare e per la famiglia. Nessuna indiscrezione all’oriz-

zonte, ma Panos Panay e il suo team sembrano avere

idee ben precise su cosa fare, e la divisione Surface,

pur non essendo uno dei grandi core business della

nuova Microsoft, va decisamente bene. Anche in Italia.

E pensare che qualche anno fa molti erano propensi a

credere che Microsoft la stesse per chiudere.

PC

Surface Studio 2, Surface Pro e Laptopsegue Da pagina 28

di Roberto PEZZALI

C ’è una falla “0 day” in MacOS, an-

che nell’ultima versione, e non è

una falla da prendere sottogamba:

permette infatti di accedere a tutte le

password del portachiavi di MacOS, tutto

senza conoscere la password di sistema

dell’account. Le password di iCloud sono

al sicuro, essendo gestite diversamente,

ma la questione resta piuttosto seria. Il

ricercatore si chiama Linuz Henze e ha

pubblicato un video dove mostra chiara-

mente come il suo script, oltre ad essere

PC Un ricercatore tedesco ha scoperto un modo per accedere a tutte le password del portachiavi di MacOS, in teoria impenetrabile

Un ricercatore scopre un bug gravissimo in MacOS Ma per protesta non condivide i dettagli con AppleIl programma bug bounty premia solo chi segnala bug o problemi di sicurezza di iOS e non di MacOS, da qui la sua protesta

efficace, sfrutta un bug decisamente se-

rio. Solitamente questi bug vengono se-

gnalati alle aziende, ma in questo caso

Henze si rifiuta di farlo: il programma

bug bounty di Apple, infatti, premia solo

coloro che segnalano bug o problemi di

sicurezza di iOS e non di MacOS, una

situazione che secondo Henze e altri

esperti di sicurezza che investono tem-

po per trovare queste problematiche è

a dir poco assurda.

Apple sicuramente è venuta a cono-

scenza del problema, e starà anche

cercando di capire se e come è possi-

bile fare quello che Henze

mostra nel video, oltretutto

con la System Integrity Pro-

tection abilitata.

Qualcuno vede nella mossa

del ricercatore un ricatto,

per altri è giusto mentre altri

reputano sbagliato il com-

portamento. Si deve pensa-

re tuttavia che l’assenza di

un programma di ricompen-

sa per chi trova bug di questo tipo po-

trebbe portare a rivendere queste falle

sul mercato “nero”, dove il costo di una

vulnerabilità di questo tipo è ben più alto

di quanto probabilmente una azienda

sarebbe disposta a dare.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Sergio DONATO

i Robot ci stava lavorando da 10 anni

e ora sembra sia quasi arrivato il mo-

mento di vedere cosa è in grado di fare

questo tagliaerba automatico dal nome

italiano: Terra. Un team di 50 persone si

è dedicato a esso in modo esclusivo per-

ché, nonostante l’esperienza maturata

negli anni da iRobot con la linea Roomba,

spostarsi in un ambiente esterno e su su-

perfici irregolari ha comportato la neces-

sità di spingersi oltre le tecnologie già ac-

quisite, ma ovviamente senza ignorarle.

Terra potrà essere monitorato con la stes-

sa applicazione che controlla i suoi colle-

ghi robot da interno e anch’esso adotterà

l’Imprinting Smart Mapping, che gli per-

metterà di conoscere la sua posizione

attuale, dove è già stato precedentemen-

te e dove sarà sulla superficie del nostro

prato. A differenza di altri tagliaerba au-

tomatici che si servono di confini fisici o

di trasmettitori permanenti e affogati nel

suolo per determinare l’area d’interven-

to, Terra farà uso di lunghi segnalatori

tubolari che possono essere infilati nel

SMARTHOME I primi a vederlo all’opera saranno i tedeschi, poi un beta testing negli Stati Uniti

Terra sarà il nuovo robot-giardiniere di iRobot Un tagliaerba automatico tra i prodotti di iRobot. Ci sono voluti 10 anni per metterlo a punto

terreno come picchetti ma con molta più

semplicità e che disegneranno per il ro-

bot un confine virtuale. Terra sarà dotato

anche di un controller manuale che potrà

essere usato per insegnargli dove andare

la prima volta che si muoverà nel nostro

giardino, o per comandarlo a piacimento

tutte le volte che vorremo.

Dovendosi confrontare con un ambiente

meno confortevole della famiglia Room-

ba, ovviamente Terra sarà impermeabile

e i suoi sensori avranno sensibilità diver-

se e più adatte alla luce solare o ad osta-

coli più ostici. L’erba tagliata non verrà

stoccata all’interno del robot ma subirà un

processo di pacciamatura e sarà rilasciata

nuovamente sul terreno.

Al momento non ci è data sapere l’auto-

nomia energetica, sebbene dovrebbe ga-

rantire la copertura di giardini di medie di-

mensioni, ma qualora avesse bisogno di

recuperare le forze farà ritorno alla base

di carica in modo automatico.

Il prezzo di vendita e la disponibilità non

sono stati ancora comunicati, tuttavia

all’inizio Terra sarà disponibile solo per

il mercato tedesco. Nel 2019 è prevista

una fase di beta testing negli Stati Uniti.

di Gaetano MERO

TerraWash è il sacchettino di mag-

nesio proveniente dal Giappone

che promette di rivoluzionare il

modo in cui si lavano i capi in lavatrice.

Si tratta di un piccolo recipiente in tes-

suto contenente palline di magnesio

puro al 99,95%: a contatto con l’acqua il

magnesio sprigiona bollicine di idrogeno

e va a formare acqua alcalina ionizzata

che riesce a pulire a fondo la biancheria

senza l’uso di detersivi. Ogni lavaggio

diventa dunque green al 100%, in quanto

TerraWash permette di fare il bucato sen-

za l’uso di prodotti chimici dotati di agenti

inquinanti. “Non c’è nulla di miracoloso,

è una semplice reazione chimica” è la

sintesi di Giuseppe Re, amministratore di

The Wellness Store, l’azienda vercellese

con sede a Pezzana importatrice ufficiale

SMARTHOME TerraWash è il sacchettino di magnesio che promette di rivoluzionare il lavaggio

Ecco TerraWash, il sacchetto con sfere di magnesio: addio detersivo?L’acqua alcalina ionizzata che si forma pulisce a fondo la biancheria senza usare detersivi

di TerraWash. TerraWash ha

una durata di circa un anno,

considerando 5-6 lavaggi

a settimana, è ipoallergeni-

co in quando non contiene

sbiancanti ottici, profumi,

allergeni ed enzimi. È suffi-

ciente inserirlo nel cestello

della lavatrice insieme alla

biancheria sporca e sceglie-

re il programma di lavaggio.

In caso di macchie ostinate, è consigliato

pretrattare il capo prima del ciclo di lavag-

gio per avere un risultato migliore; dato

che TerraWash è inodore, per dare profu-

mazione alla biancheria si può utilizzare

qualche goccia di olio essenziale. Come

i comuni detersivi, TerraWash alza il pH

dell’acqua e l’acqua alcalina può essere

aggressiva sulle proteine animali. Per cui,

per capi in lana e seta viene consigliato

l’uso di un detersivo specifico. “In circa

un anno e mezzo di presenza in Italia,

TerraWash è stato scelto da oltre 3.500

famiglie - aggiunge Re - Segnali positivi

arrivano anche dai mercati europei ed

asiatici perché l’attenzione all’ambiente

è un tema che sta sempre più a cuore”.

TerraWash è acquistabile sul sito ufficiale, e in alcuni negozi selezionati al prezzo di

49,90 euro.

Ora con Google Home traduci le conversazioni in 26 lingue in tempo realeLa modalità interprete permette ai vari Google Home e smart speaker compatibili di tradurre in tempo reale tutto ciò che diciamo come una vera conversazione di Giovanni CAULa nuova funzionalità “Interpre-te” dei prodotti di Google è stata presentata in occasione del CES 2019. Ora è disponibile per tutti. I dispositivi dotati di questa fun-zione sono tutti gli altoparlanti Google Home, alcuni altoparlan-ti con Google Assistant integrato e tutti gli smart speaker compa-tibili con l’assistente di Google dotati di schermo.Chiaramente si tratta di una funzione con la quale i vari pro-dotti Google sono in grado di tradurre qualsiasi cosa diciamo in tempo reale come una vera conversazione. Per il momento la modalità Interprete può esse-re avviata in inglese, francese, tedesco, italiano, giapponese e spagnolo, ma per la traduzione finale sono supportate in tutto 26 lingue.Una volta selezionata la moda-lità interprete, tutto ciò che di-remo verrà tradotto nella lingua selezionata. La traduzione lette-rale è affidata completamente alla potenzialità di Google Tra-duttore, il che indica che non si tratta di una novità in senso assoluto in quanto sugli smar-tphone Android e iOS è già pre-sente. I primi test indicano che il dispositivo non è proprio pron-to per delle vere discussioni in tempo reale in quanto a volte la traduzione non risulta proprio perfetta. Ciò non toglie che a breve potrebbe essere utile nel caso in cui si trovi in un paese straniero o in un ambiente di lavoro dove la comunicazione tra lingue diverse può essere difficoltosa.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di P. AGIZZA

L a “pasta 3D” è un pleonasmo, cioè

un accostamento di termini non

necessari, perché sappiamo be-

nissimo che la pasta possiede le tre di-

mensioni. In questo caso però è anche

sottinteso che stiamo parlando di una

stampante 3D che produce tipi di pasta

personalizzati

Tutto è nato da Blu1877, il venture ca-

pital di Barilla che nel 2017 ha dato vita

a BluRhapsody, società parmense che

già da tempo realizza pasta stampata su

misura per la ristorazione di alto livello

o eventi particolari. Le forme possono

essere scelte tra le quindici attualmente

disponibili, ma l’azienda può ricevere

ordini più specifici, come per esempio

una pasta che abbia l’aspetto di un logo

aziendale. Le creazioni vengono gene-

rate da una stampante alimentare 3D

che ha subìto una evoluzione costante

nel corso degli ultimi due anni, parten-

SCIENZA E FUTURO Da metà febbraio anche i privati potranno acquistare la pasta stampata in 3D

Presto a tavola la pasta stampata in 3D da BarillaProdotta da BluRhapsody, che realizza pasta stampata su misura per la ristorazione di alto livello

do da un prototipo

sviluppato da una

collaborazione tra

la stessa BluRhap-

sody e la Nether-

lands Organisation

for Applied Scienti-

fic Research (TNO),

una organizzazione

indipendente olan-

dese specializzata

in ricerca applicata.

Dalla metà di febbraio, tramite una piat-

taforma di e-commerce, BluRhapsody

venderà la pasta 3D anche ai privati,

che all’inizio potranno scegliere solo

cinque formati tra i quindici disponibi-

li, sebbene nel tempo la gamma delle

forme si amplierà introducendo anche

nuovi sapori. Ricevuto l’ordine, la pasta

verrà stampata a Parma, surgelata con

un abbattitore e spedita in condizioni di

temperatura controllata grazie al ghiac-

L’Italia impianta la prima mano robotica permanente che ridona il tattoGrazie al progetto della Scuola Superiore di Pisa, a una paziente svedese è stata impiantata una mano robotica che le permetterà di recuperare anche il tatto di Sergio DONATO

L’intervento chirurgico è di quelli che fanno la storia. Per la prima volta al mondo, una paziente sve-dese ha ricevuto l’impianto di una mano robotica stabile e perma-nente che consentirà di avere an-che percezioni sensoriali, dunque il tatto. La vera svolta sta nell’esse-re riusciti a innestare un impianto di questo tipo in una amputazione transradiale (cioè, sotto il gomito). La donna, infatti, aveva l’arto am-putato all’altezza del radio e del-l’ulna, e la difficoltà in questo tipo di protesi è che il fissaggio deve essere effettuato su due piccole ossa invece che su un unico osso di dimensioni più grandi, come nella parte superiore del braccio. Tutto si è sviluppato all’interno del progetto DeTop coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa finanziato dalla Commissione Europea. È stata utilizzata la tec-nica osteointegrata che supera i limiti delle protesi convenziona-li, che possono riprodurre solo movimenti grossolani. Il nuovo impianto invece consente un con-trollo più efficace della mano per-ché fa uso di sedici sensori inseriti nei muscoli residui e, grazie agli elettrodi che connettono protesi e sistema nervoso, la donna recu-pererà le sensazioni tattili perdute con l’amputazione. La paziente sta già svolgendo un programma di riabilitazione per riallenare i mu-scoli dell’avambraccio. Allo stesso tempo, attraverso la realtà virtuale sta imparando le reazioni della mano robotica che potrà portare con sé e usare quotidianamente.

cio secco. Dall’azienda fanno sapere

che le spedizioni raggiungeranno tutto

il mondo entro 8-10 giorni dall’arrivo

dell’ordine. Allontanandosi dalle forme

standard di pasta e considerando la

personalizzazione e l’elevata qualità

della materia prima, per il momento non

ci si può aspettare un prezzo popolare.

La società ha dichiarato che la vendita

sarà a pezzo e non a peso e che per

un ordine definito “normale” il costo po-

trebbe variare tra 50 e 100 euro.

di Sergio DONATO

U n team di scienziati della Columbia

University ha sviluppato un modo

per trasformare l’attività elettrica

del cervello nella lingua parlata, aprendo

un’altra piccola porta in quel gigantesco

muro che le persone che non possono

parlare faticano a demolire: la comunica-

zione. I ricercatori hanno avuto la collabo-

razione di cinque pazienti del Northstore

University Hospital, a cui erano già stati

impiantati nel cervello dei monitor EEG

(elettroencefalografia) semipermanenti

per motivi operatori, e quindi la possi-

bilità di accedere a scansioni di onde

cerebrali molto dettagliate. Ai pazienti

è stato chiesto di ascoltare delle parole

mentre i monitor registravano l’attività del

cervello. Successivamente, i ricercatori

hanno dato queste onde in pasto a un

sistema di deep learning supportato da

un’intelligenza artificiale che ha permes-

so di creare uno schema di decifrazione

e di riprodurre i suoni ascoltati. Attraverso

SCIENZA E FUTURO Sviluppato da un team di scienziati un modo di tradurre le onde cerebrali in parlato

Il deep learning traduce le onde cerebrali in parole Grandi passi avanti nelle interazioni uomo-macchinaSiamo solo agli inizi, ma ci sono nuove speranze per coloro che non possono parlare

una serie di filtraggi, l’intelli-

genza artificiale è riuscita a

far emettere da un vocoder,

quindi sotto forma di lingua

parlata, ciò che il cervello dei

pazienti ha “ascoltato”. Nel

caso specifico, il conteggio dei numeri a zero a nove. È

ovvio che questa ricerca non

può ridare l’uso della parola a

chi non ce l’ha, ma ha incardinato nuovi

studi sull’interazione tra corteccia uditiva

e comunicazione e la possibilità di gesti-

re le onde cerebrali che permettono la

produzione dei suoni partendo da quel-

le aree del cervello che li ricevono sotto

forma di stimolazione passiva. Il professor

Nima Mesgarani, a capo del team della

Columbia, ha detto: “Una delle motiva-

zioni di questo studio è la ricerca di un

nuovo metodo di interazione tra l’uomo

e il computer, come, per esempio, un’in-

terfaccia tra un utente e il suo smartpho-

ne.” È interessante immaginare un modo

di comunicare con i dispositivi che non

necessiti di diasistema (cioè un sistema

di sistemi articolato su più livelli come il

linguaggio umano) ed elimini il passaggio

di traduzione vocale del linguaggio uma-

no in linguaggio macchina, che è fonte di

innumerevoli errori anche negli attuali as-

sistenti digitali. Il nostro cervello potrebbe

usare vie preferenziali di comunicazione

più rapide, con meno passaggi; anche

se continuiamo a credere che sarebbero

utili soprattutto a chi più di “pensare” un

appuntamento sul suo smartphone ha la

necessità di comunicare, ma non può.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Franco AQUINI

Sta facendo discutere l’annuncio

della startup israeliana Accelerated

Evolution Biotechnologies (AEBi)

pubblicato su Jerusalem Post. Secon-

do la startup fondata nel 2000, nei loro

laboratori si starebbe testando la cura

definitiva per il cancro. Una cura che sarà

disponibile entro un anno o poco più e

che sarà efficace dal primo giorno, durerà

poche settimane, avrà pochissimi effetti

collaterali e costerà meno delle cure (o

delle terapie) attuali. Un annuncio che è

rimbalzato immediatamente su tutte le te-

state scientifiche e che ha attratto subito

le critiche di alcuni scienziati e ricercatori

tra i più noti a livello planetario. Riportiamo

subito, vista la delicatezza dell’argomento,

quanto scritto a proposito della notizia da Len Lichtenfeld, medico della Ame-

rican Cancer Society (ACS) sul proprio

SCIENZA E FUTURO L’annuncio della startup israeliana sta facendo molto discutere. La American Cancer Society è scettica

Cura per il cancro in un anno, secondo un’equipe israelianaMa la American Cancer Society frena subito gli entusiasmiI ricercatori della startup AEBi sostengono che la cura sarà efficace dal primo giorno, durerà poche settimane e sarà economica

SCIENZA E FUTURO Bluetooth 5.1 conterrà una novità importante, il Direction Finding

Bluetooth 5.1, arriva l’ultima versione: i dispositivi saranno localizzati con precisione al centimetroSarà inoltre possibile conoscere la direzione dalla quale un dispositivo sta trasmettendo

di Franco AQUINI

L ‘ultima versione di Bluetooth che

verrà rilasciata, ovvero la 5.1, conter-

rà una novità importante: il Direction

Finding. Si tratta di un drastico migliora-

mento nella tecnologia per il rilevamento

di dispositivi e oggetti in luoghi chiusi.

Il Bluetooth, per chi non lo sapesse, è

utilizzato ormai da anni anche nel campo

nel tracciamento e del posizionamento

degli oggetti. Per farlo usa diverse tecni-

che. Tra questa c’è la RSSI, che determi-

na la distanza tra due oggetti utilizzando

la potenza del segnale di trasmissione.

Oppure RTLS e IPS, con le quali si riesce

a stimare la posizione di un oggetto gra-

zie alla trilaterazione dei segnali.

Con l’ultima evoluzione, chiamata Direc-

tion Finding, si otterranno due migliora-

menti fondamentali: la precisione nella

localizzazione arriverà a essere nell’ordi-

ne dei centimetri e in più sarà possibile

conoscere la direzione dalla quale un

dispositivo sta tra-

smettendo. Ovvero

sia si potrà sapere

in che direzione si

trova un oggetto.

Tutto questo apre la

strada a mille utilizzi

differenti come quel-

lo nei magazzini, ad

esempio, dove gli

operatori potranno

localizzare le merci con più facilità e con

maggior precisione. Nei negozi si potrà

trovare con facilità il prodotto che si sta

cercando e non accontentarsi più soltan-

to della corsia. Infine si riuscirà a capire

dietro quale cuscino sono cadute le chiavi

della macchina, senza doversi acconten-

tare di sapere che sono da qualche parte

nei dintorni del divano. Una tale precisio-

ne nel posizionamento al chiuso è tutto

quello che chi si occupa di marketing di

prossimità ha sempre sognato. Direction

Finding entrerà a far parte della release

5.1 dello standard Bluetooth e farà parte

anche del Launch Studio, l’ambiente di

sviluppo dedicato agli sviluppatori, i qua-

li potranno cominciare a lavorarci fin da

subito. Non è facile immaginare quando

si potranno vedere le prime applicazioni

pratiche di questa tecnologia. Certo è

che è decisamente un’evoluzione golosa

per diverse aziende, sopratutto quelle

che operano nel campo della logistica e

nel commercio di prossimità.

blog. Secondo Lichtenfeld “è ovvio che

condividiamo tutti l’auspicabile speranza

che sia tutto vero. Sfortunatamente, dob-

biamo essere consapevoli del fatto che

questa tecnica è distante dall’essere un

trattamento efficace per le persone con

il cancro, tantomeno si può parlare di

cura”. Lo scetticismo di Lichtenfeld deriva

da motivazioni precise, ne elenchiamo

alcune. Innanzi tutto si tratta di un nuovo

rapporto basato su poche informazioni

fornite dai ricercatori stessi. Nulla è stato

pubblicato sulle riviste scientifiche dove

ci sarebbe modo di controllare, dibattere

o criticare i risultati. In secondo luogo, la

tecnica usata dai ricercatori israeliani è

certamente molto potente in alcuni am-

biti, ma può avere scarso successo come

farmaco. Motivo per cui alcuni scienziati

della American Cancer Society ritengono

che, una volta iniziati i test clinici, potreb-

bero sorgere difficoltà a cui i ricercatori di

AEBi non hanno ancora pensato.

Per ora infatti la AEBi si sarebbe limitata

a fare esperimenti sui topi. Il che apre la

porta a una serie di difficoltà che sono

proprie della sperimentazione sull’uomo.

Difficoltà su cui gli scienziati israeliani

sembrano non essersi soffermati. Infine,

l’esperienza passata con annunci di que-

sto genere, nonostante sia condivisibile la

speranza, suggerisce che probabilmente

si andrà incontro a un insuccesso.

Come funziona MuTaTo, la tossina a obiettivo multiploFatta la doverosa premessa, si può par-

lare di MuTaTo, che sta per Multi-target

Toxin, una tecnica basata sulla tecnologia

SoAP, già utilizzata con successo da AEBi

in altri ambiti. SoAP consiste nell’intro-

durre una sorta di antibiotico in un virus

che infetta i batteri. Ed è proprio questo

il concetto su cui si basa MuTaTo, fonda-

mentalmente una famiglia di molecole di

peptidi composte da una catena di due

o più aminoacidi capaci di interagire con

un’ampia varietà di proteine generate dal-

le cellule tumorali. La grande differenza di

MuTaTo rispetto ai farmaci classici sta nel

fatto che queste molecole di peptidi sono

capaci di attaccare più proteine allo stes-

so tempo anziché una per volta, impeden-

do alle cellule tumorali di mutare. Bisogna

immaginare MuTaTo come un polipo con

varie braccia alle cui estremità ci sono i

peptidi. Un polipo capace innanzi tutto di

superare le barriere che alcuni tumori eri-

gono in modo da impedire alle molecole

più grandi di entrare. In secondo luogo, i

peptidi posti all’estremità di ogni braccio

riescono a inibire l’azione di più proteine

allo stesso tempo. In pratica, i bracci con

i peptidi tossici entrano all’interno della

cellula tumorale e la distruggono dall’in-

terno. AEBi passerà alla sperimentazione

clinica quanto prima, in modo da produrre

entro pochi anni il farmaco che può esse-

re considerato una sorta di antibiotico e

che, come tale, andrà assunto per poche

settimane. Una previsione forse troppo

ottimista, che però vale la pena di riporta-

re e tenere d’occhio.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

TEST In anteprima, abbiamo potuto passare qualche ora con l’ultima arrivata, Panasonic Lumix S1, il modello da 24 megapixel

Panasonic Lumix S1, le prime foto. La regina della notte, grande nitidezza anche ad alti ISOUna grande macchina, sotto tutti i punti di vista, con funzioni e capacità da prima della classe. In arrivo a marzo

segue a pagina 34

di Gianfranco GIARDINA

P anasonic, oramai più di 10 anni fa, inventò le mir-

rorless. Anche solo per questo, non si poteva non

attendere la prima mirrorless full frame della Casa

giapponese, presentata a Barcellona. All’evento di lan-

cio abbiamo avuto la possibilità, in anteprima, di un (trop-

po breve) tu per tu con la nuova Lumix S1, la versione da

24 megapixel: poco più di tre ore di scatti in cui si riesce

solo a malapena a entrare in confidenza, a scambiarsi

le prime attenzioni. Certo, esistono anche gli amori a

prima vista, ma questo non può riguardare la Lumix S1,

troppo rigorosa per lasciarsi andare subito. Sembra la

cronaca di una storia d’amore, ma non può essere altri-

menti quando si imbraccia per la prima volta un modello

atteso e decisamente nuovo. Nuovo in tutto, a partire

dal peso e dalle dimensioni: altre che mirrorless piccole

e leggere. La S1 pesa un chilo, proprio come una reflex

di fascia alta; e, se contiamo anche le protrusioni, rischia

di essere anche più grande in termini di ingombro. La S1

pesa perché deve pesare per essere resistente a tutti i

colpi e ai traumi di una vita in trincea; la trincea della foto-

grafia, ovviamente, che ti porta oggi per strada, domani

a bordo di un campo di calcio, e poi dentro e fuori dallo

zaino, in montagna, al mare.

Il peso pesa. Ma dopo, tutto il resto sembra un giocattoloVeniamo al nostro rapido test. Va detto innanzitutto che

questa NON è una prova, almeno per due motivi. Una

prova di una fotocamera così complessa impiega gior-

ni di lavoro e non tre ore. Ma il secondo fondamentale

punto - stressato all’inverosimile dai responsabili di Pa-

nasonic - è che abbiamo avuto in mano un modello di

pre-produzione (suscettibile quindi di difetti) corredato

tra l’altro di una versione di firmware tutt’altro che defini-

tiva (la 0.7). Per questo motivo non ci è stato permesso

di inserire in questo articolo le immagini a piena risolu-

zione e scaricabili, come facciamo di consueto. Va detto

che tutti gli scatti qui riportati sono stati realizzati in RAW

e sviluppati in Tiff senza modifiche. Quindi salvati in for-

mato jpg alla massima qualità. I dettagli sono riportati

con una mappatura 1:1, ovverosia senza ridimensiona-

menti se visti su un computer desktop con risoluzione

della base di almeno 1280 pixel. Inutile negare che la

S1 è pesante, ben di più della concorrenza. E questo è

solo parzialmente mitigato da un grip per la mano destra

generosissimo e con un “becco” prominente che aiuta

molto a sostenere la macchina anche senza stringere

eccessivamente la mano. 2 chilogrammi tra macchina e

ottica (di vetro buono e vero) non sono uno scherzo, al-

meno se si prende la fotografia come uno scherzo. Se la

si prende sul serio - come facciamo noi abitualmente - il

peso non pesa e la dimensione si tollera. E poi, quando

si passa ad altre mirrolress, beh, sembra confronto con

la robustezza e il peso della S1, di essere alle prese con

un giocattolo... C’è poi anche il rovescio - positivo - della

medaglia: lo spazio a disposizione ha messo in condi-

zione i progettisti di posizionare tutti i controlli per bene,

Qui sotto, un dettaglio della modella 1: gli occhi sono al massimo della nitidezza dello scatto, come si conviene a un buon ritratto. Nella foto 2, la stessa modella in altra posa: l’autofocus privilegia l’occhio vicino, e fa bene. La resa è ottima. Nella foto 5, il dettaglio a mappatura di pixel 1:1. Questi ritratti sono stati scattati a diaframmi molto aperti, da F1,4 fino al massimo a F2. Malgrado ciò la nitidezza sul piano di fuoco è eccellente.

Come molto valide sono le tinte degli incarnati: naturali, mai tendenti al magenta, eppure neppure troppo gialli. Nello scatto 3, oltre alla naturalez-za dell’incarnato, si può verificare - ancora una volta - di come, pur con una bassissima profondità di campo (F1,4) la macchina impostata in auto-focus abbia privilegiato il fuoco sull’occhio vicino. Nella foto6, il dettaglio.

321

54 6

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di aggiungere tutto quello che serve. L’impressione, da

confermare, è che con questa macchina si entra meno

nel menù di quanto non accada con la concorrenza, vi-

sto che con i controlli fisici si riesce a fare quasi tutto.

La messa fuoco è ottima. E la ricerca dell’occhio vicino funziona sempreVa bene andarci cauti. Ma l’esemplare di S1 che abbia-

mo provato per qualche ora non ha mai mostrato bloc-

chi o problemi gravi, tanto che non ci è parso di avere a

che fare con pre-serie. Tutto è filato liscio. Per esempio

la messa a fuoco, una delle funzioni che mette a prova

maggiormente il processore: veloce come promesso e

quasi sempre azzeccata secondo le intenzioni del foto-

grafo. Il sistema di riconoscimento delle persone con

intelligenza artificiale funziona bene (confermiamo che

riconosce i soggetti anche di spalle). Nei nostri scatti

abbiamo potuto riprendere alcune modelle da distanza

abbastanza ravvicinata. Per l’occasione abbiamo monta-

to il bellissimo 50mm F1,4 (che dalle dimensioni sembra

una focale ben maggiore). Quello che più ci è piaciuto

che anche se abbiamo forzato l’apertura massima, la ni-

tidezza non ha mai pagato. Certo, a F1,4 lavori con una

TEST

Panasonic Lumix S1segue Da pagina 33

Nell’immagine 1, uno scatto in modalità standard. È visibile un certo moirè multicolore sula parete sullo sfondo, frutto dell’interferenza spaziale tra la trama della griglia e la risoluzione del sensore. La S1, infatti, non ha il filtro passa basso sul sensore, per avere la massima nitidezza, ma può incorrere in effetti di questo tipo in condizioni molto particolari. Scattando invece in mo-dalità High Resolution non solo si guadagna in dettaglio ma scompare anche l’effetto moiré, visto che aumenta la risoluzione (abbiamo estratto alcuni dettagli per far percepire la differenza tra le due modalità (Foto 2). Foto 3, a destra, nella foto standard, si vede sia il moiré che una certa scalettatura della balaustra in diagonale. Nel dettaglio a sinistra, i brutti effetti scom-

paiono completamente e aumenta notevolmente la naturalezza della scena e la morbidezza delle tinte, come si vede anche sulla parete beige di fondo. Anche questo scatto notturno (4) fatto dal dehors di un ristorante chiuso, dimostra chiaramente come la modalità High Resolution funzioni, malgrado i suoi limiti: non devono esserci soggetti in movimento (se no diventano “fantasmi” di passaggio tra gli otto fotogrammi) e non si può scattare a mano libera. A questa dimensione i due scatti potrebbero apparire similis-simi. Ma se andiamo a vedere il dettaglio del tavolo centrale comparato, si capisce al volo che c’è risoluzione in più nello scatto Hires (foto 6). In ogni caso, anche in modalità standard, questa S1 mostra incisione e nitidezza.

32

5 6

profondità di campo limitatissima: se il naso è a fuoco, gli

occhi non lo sono. Qui l’assistenza dell’autofocus sugli

occhi diventa vitale.

La S1 ha “solo” 24 megapixel, ma c’è anche la “super-risoluzione” Noi abbiamo avuto modo di provare, per ora, solo la

Lumix S1 e non la S1R, il “bestione” da oltre 47 mega-

pixel. I 24 megapixel della S1 bastano nella stragrande

maggioranza dei casi, soprattutto se non si ha inten-

zione di fare grandi crop dell’immagine. Ma c’è anche

la funzione “High Resolution” che cattura immagini a

una risoluzione quadrupla del normale semplicemente

combinando 8 scatti realizzati in rapida sequenza dal-

la macchina spostando di circa mezzo pixel il sensore

nelle quattro direzioni grazie all’utilizzo dei movimenti

utilizzati normalmente per la stabilizzazione ottica. As-

solutamente notevole il comportamento della Lumix S1

all’aumentare della sensibilità. Si aumentano gli ISO e

fino a valori elevatissimi, non si percepisce disturbo e

rumore sull’immagine.

Le nostre conclusioni: Lumix S1 fa riscoprire il gusto fisico della fotografia Non si può in una prova così breve né promuovere né

bocciare questa macchina: il giudizio completo resta so-

speso fino alla prova vera e propria. Ma l’impressione

è decisamente positiva: la S1 è una grande macchina.

Promosso anche l’attacco L: funziona e bene, dato che

permette il dialogo superveloce tra ottica e corpo mac-

china. Da questo punto di vista Sigma potrebbe diven-

tare un partner cruciale per portare i costi delle ottiche

L a prezzi più commestibili di quelli attuali delle ottiche

Panasonic e quelli abituali delle ottiche Leica. I piccoli

intoppi sui chiarissimi saranno da rivedere a firmware

definitivo. Ma possiamo dire che la capacità di catturare

tutte le gradazioni degli scuri fa di questa macchina un

mezzo raffinato per chi ama la foto in low key, magari in

bianco e nero.

Ecco uno scorcio preserale, scattato in High Resolution: c’è tutto, bilanciamento del bianco, colori, dettaglio.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

L’uomo dà i comandi e il robot esegue. Questo

almeno nella teoria. Così il robot aspirapol-

vere, che poi è il miglior esempio di robotica

domestica, quando gli si dà l’ordine, pulisce per noi.

Chiunque ha un robot di questo tipo lo sa: la tovaglia

può essere scossa per terra, poi passa lui. I peli degli

animali non sono più un incubo, poi passa lui. I bam-

bini possono gattonare senza mangiare la polvere, è

appena passato lui. Ma poi, dopo qualche pulizia, il

robot va svuotato: inevitabilmente il contenitore per

la polvere è piccolo (non potrebbe altrimenti trovare

spazio in un apparecchio che grande non è); la puli-

zia del serbatoio, che è generalmente facile, impone

però che il “piccolino” vada preso in braccio e gli

venga asportato il contenitore da svuotare; nel ribal-

tare nel cestino la polvere di tante pulizie, può capita-

re di sporcarsi, o di sporcare il pavimento. Insomma,

l’uomo dà i comandi, il robot esegue, ma gli manca

un pezzo: liberarsi da solo dello sporco. Questo fino

a ieri: adesso è stato infatti annunciato da iRobot in

Italia l’arrivo del nuovo Roomba i7 con CleanBase,

che abbiamo potuto provare in anteprima. Questo

Robot non solo aspira il pavimento di casa ma, a fine

lavoro, torna alla sua base, la quale a sua volta è in

grado di aspirare dal robot lo sporco raccolto, che

viene così radunato in un contenitore più generoso

all’interno della base stessa. Così il robot è sempre

pulito (e questo ne migliora notevolmente la resa e

durata nel tempo); e anche il “padrone” è sempre

pulito, visto che non c’è nessun bisogno di sporcar-

TEST Arriva in Italia il nuovo robot Roomba i7+, il primo dotato anche di una base capace di aspirare lo sporco raccolto

Roomba i7+ con CleanBase, il robot che si pulisce da solo e che “ragiona” per stanzeLe novità principali sono la memoria persistente e la capacità di apprendere del robot e la base attiva con la torretta aspirante

si le mani. Quando il contenitore nella base è pieno

(molto meno frequentemente di quanto non accada

a un robot tradizionale) , basta cambiare il sacco

contenuto nella base, senza rischiare di disperdere

polvere in giro.

Due novità importanti: il nuovo Roomba i7 e la sua base attivaSi tratta di una doppia novità: da un lato l’iRobot

Roomba i7 (disponibile anche in versione senza

CleanBase) inaugura una nuova generazione di

Roomba, ancora più intelligente e - finalmente -

dotato di una memoria persistente e di capacità di

apprendere. La seconda novità è la base attiva che,

con la sua torretta aspirante, è in

grado di “succhiare” lo sporco cattu-

rato lasciando così il robot pulito per

i futuri interventi. Così il possessore

del nuovo Romba i7 con CleanBase

di fatto può non prelevare più il ser-

batoio dello sporco dal robot, ope-

razione che resta invece da fare per

chi sceglie anche lo stesso modello,

ma nella versione senza base evolu-

ta. L’installazione è molto semplice:

basta posizionare la base dove si ri-

tiene più opportuno (più o meno con

gli stessi vincoli del solito, ovverosia

non in un angolo e non vicino a una

rampa di scale) e collegarla alla cor-

rente elettrica. Rispetto alle altre sta-

zioni base di iRobot, la CleanBase ha

l’indiscusso vantaggio di avere una

sorta di base guida che rende imme-

diato il posizionamento manuale del

robot sui contatti per la ricarica, cosa

non sempre immediata con quella

precedente. Ma fino a qui, nella so-

stanza, poco cambia. La sorpresa avviene dopo la

prima pulizia: non appena il robot rientra alla base, si

innesca per alcuni secondi un motore di aspirazione

bello potente, con tanto di rumore di detriti che cor-

rono in un tubo. È la base che fa suo il “raccolto” del

peregrinare del robot per la casa. L’operazione viene

ripetuta a ogni rientro alla base, anche solo a quello

necessario per ricaricare le batterie.

Questo ci dice innanzitutto una cosa: la base, in

questo caso, non è un semplice contatto elettrico o

poco più, ma un vero e proprio apparecchio aggiun-

tivo, e anche bello potente. Sì, perché lo sporco va

aspirato dal serbatoio nel robot, che è in basso, e

portato all’interno della torretta della base, che più

segue a pagina 36

I detriti raccolti vengono aspirati da un potente motore e portati nel sacco in cima alla torretta

In questa foto si vede chiaramente il foro nella base dal quale viene aspirato lo sporco contenuto nel robot (il fondo è traspa-rente ma c’è, il buco non è in comunicazione con il pavimento). La base ha inviti certi per le ruote del robot che quindi, prima di aprire la sua botola sul fondo, ha la certezza di essere in perfet-ta corrispondenza del foro di raccolta.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

in alto. Bisogna vincere quindi non solo la resistenza

dello sporco a muoversi, ma anche la forza di gra-

vità. L’idea è ingegnosa ed i progettisti iRobot sono

stati bravi a realizzarla: quando l’i7 capisce di essere

arrivato sulla sua base, apre una piccola botola su

suo fondo, proprio in corrispondenza di un foro nel-

la piattaforma sulla quale è salito; da qui transita la

polvere raccolta.

Tutto molto valido, salvo forse qualche difficoltà di

ambientazione in più: con i vecchi modelli la base

poteva essere ospitata anche sotto un mobile che

lasciasse anche solo una ventina di centimetri di

spazio, di fatto sparendo alla vista. La CleanBase (e

non si potrebbe fare altrimenti) ha una torretta alta

circa 50 cm che può vincolarne la sistemazione e

rischia di avere un certo impatto estetico. Un altro

limite - o più che altro un ritorno a vecchi ricordi - è

il ricorso a un sacco di aspirazione: infatti la polvere

all’interno della base viene raccolta in un sacco a mi-

sura. Di per sé il sacco non è male, nel senso che si

sostituisce facilissimamente senza sporcarsi le mani;

ma certamente richiede la disponibilità dei ricambi

(nella confezione ce ne sono due). Sacchi che però

possono essere comperati in confezioni da tre a un

prezzo non esagerato, 20 euro. Va anche detto che

ogni sacco è in grado di contenere la polvere di 30

“pieni”. Se si considera con quale frequenza si svuo-

tano i robot convenzionali (non certo ogni giro di pu-

lizia) è facile che un sacco duri per mesi.

Finalmente un robot che ragiona a “stanze” e pulisce solo quelle che ti interessanoIl Roomba i7 è ovviamente un robot connesso, come

ormai ci si aspetta che siano i migliori modelli. Infatti

nulla ha più senso di essere comandato da remoto

via smartphone di un robot aspirapavimenti: l’ideale

è attivarlo quando si è fuori casa, così che lui pos-

sa operare senza che gli si dia fastidio e soprattutto

senza che lui dia fastidio a noi girandoci tra i piedi.

Questo i7 fa un salto in avanti notevole da punto di

vista del controllo, rispetto alle generazioni prece-

denti. Infatti l’i7 sin dalle prime pulizie inizia a rile-

vare la mappa della casa; grazie alla videocamera

di servizio integrata (che non cattura e soprattutto

non manda all’esterno immagini, a piena tutela della

privacy) riconosce gli ambienti; e, un po’ come Polli-

cino, ricostruendo la strada e le curve percorse, è in

grado di ricostruire la planimetria di casa.

Contrariamente ad altri modelli, ogni volta che par-

te con un processo di pulizia, l’i7 non parte da zero

ma ha una certa consapevolezza della disposizione

degli ambienti, appresa nelle pulizie precedenti. Nel

nostro caso, l’i7 ha fatto tre pulizie complete di casa

prima di “dichiararsi” pienamente capace di orien-

tarsi in casa.

Dopodiché ci ha messo a disposizione, sull’app, la

mappa di casa (ovviamente ricostruita con le sole

aree calpestabili dove è riuscito a passare) per per-

mettere la divisione degli spazi in ambienti. In prati-

ca l’utente può delimitare gli spazi che dividono gli

ambienti logici della casa per fare - finalmente - degli

interventi di pulizia selettivi. La divisione degli spazi

si fa facilmente operando sulla mappa e inserendo

dei “confini” virtuali; allo stesso modo è facile bat-

tezzare le diverse stanze con nomi chiaramente

comprensibili agli abitanti di casa. Così, ogni volta

che si lancia dall’app la pulizia, si può chiedere al

robot di pulire tutta la casa o limitarsi a una o più

stanze da scegliere dalla lista. Un limite dei robot

aspira pavimenti - forse il principale - che viene così

superato. Altrimenti, soprattutto in case grandi, le

stanze lontane finivano per essere pulite sempre per

ultime e magari anche dopo la necessità di una sosta

di ricarica delle batterie. Invece così si può inviare il

robot subito là dove serve e dove, per la particolare

fascia oraria, non dà noia. Si superano così le non

comodissime barriere ottiche, delle specie di “fari”

che iRobot realizza per indicare al robot di non an-

dare oltre un determinato punto. Nella confezione

è comunque compreso uno di questi accessori che

però, se l’utente utilizza l’app di iRobot, è destinato a

TEST

Roomba i7 con CleanBasesegue Da pagina 35

segue a pagina 37

Alle prime pulizie, dopo aver attivato la funzione “mappe intelligenti”, il robot inizia a tracciare una mappa (vedi a destra) ma non ha ancora dati suf-ficienti per validarla ai fini dell’utilizzo. Nel nostro caso, il riconoscimento degli ambienti è arrivato al 100% dopo tre pulizie complete di casa.

Dopo tre pulizie il robot ha “imparato” gli ambienti di casa. Ora non resta che verificare le separazioni in ambienti fatte di default (che non sempre sono azzeccate) e nominare le singole stanze. Dopodiché si può procedere a una pulizia anche di una sola stanza.

A sinistra la mappa di casa con i nomi che abbiamo assegnato alle singole stante. A destra, un esempio di come si tracciano le barriere che separano gli ambienti: molto facile e intuitivo.

A sinistra, dopo aver appreso la casa, Roomba, a ogni pulizia, chiede che stanze vogliamo vengano trattate. Le altre vengono saltate. A destra, la pagi-na dell’app che consente di collegare il proprio account iRobot ad Alexa o Google Assistant, oltre che IFTTT.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

rimanere per sempre nella confezione. La divisione

in stanze torna utile anche nelle attività programma-

te: si può infatti impostare una serie di timer ai quali

il robot si mette automaticamente in funzione per

andare a pulire la o le stanze indicate: l’unica accor-

tezza - ovviamente - è quella di lasciare le porte e i

passaggi aperti per permettere al robot di arrivare là

dove l’utente desidera.

Roomba si comanda anche vocalmente con Alexa e Google Assistant. Ma occhio a pronunciare la formula giusta...Ci siamo poi divertiti a provare le funzioni di integra-

zione del Roomba i7 con gli assistenti vocali Alexa e

Google Assistant, funzione disponibile anche per gli

altri modelli connessi come il Roomba 980. Con en-

trambi gli assistenti la configurazione è facile: basta

aggiungere il nuovo device autenticandosi nell’app

Alexa o Google Home con le proprie credenziali iRo-

bot: il robot viene immediatamente riconosciuto e da

quel momento si è in condizione di comandare con

la voce la partenza, la sospensione e il rientro alla

base del proprio robot. Dobbiamo dire, ad onor del

vero, che con Alexa abbiamo avuto qualche difficoltà

di comando: sulla nostro account iRobot è registra-

to un altro Roomba e Alexa, che pur ci chiedeva di

specificare il nome del robot da far partire, in 4 casi

su 5 non lo capiva correttamente, tanto che abbia-

mo pensato a un baco che richiedesse - forse - la

pronuncia anglofona del nome da noi assegnato.

Con Google Assistant, invece, nessun problema di

riconoscimento del nome. In generale con gli assi-

stenti, l’esperienza è a tinte contrastate: la capacità

del sistema di riconoscere comandi diversi dalle for-

mule previste è molto bassa e quindi in diversi casi

si riceve il diniego a compiere l’operazione per “in-

comprensione”. Sicuramente un aspetto da mettere

a punto, migliorando la comprensione del linguaggio

naturale da parte del sistema. Con l’i7 dovrebbe es-

serci inoltre la possibilità, con i soli comandi vocali,

di indirizzare la pulizia verso una specifica stanza;

noi non siamo stati capaci di trovare la formula giusta

in italiano per ottenere attraverso un comando voca-

le l’esecuzione di una pulizia selettiva e non totale:

probabilmente nei prossimi giorni verranno pubbli-

cate anche le guide (già disponibili in inglese) per

l’invocazione vocale tramite assistente virtuale in ita-

liano e il problema verrà risolto utilizzando la giusta

formula. La funzione di selezione stanza è invece di-

sponibile e perfettamente funzionante nel connector

iRobot di IFTTT, il celebre servizio di automazione

gratuito con cui Roomba è compatibile.

Anche i7 ha il classico DNA RoombaPer il resto il Roomba i7 ci sembra riprendere in ma-

niera ottimizzata le funzioni che già avevamo impa-

rato ad apprezzare con il precedente top di gamma,

il Roomba 980, da noi provato qui. In realtà, se stia-

mo attenti ai particolari, ci pare che sia stata molto

diminuita la rumorosità sia dell’aspirazione che del

rotolamento meccanico; e anche che sia stata in

qualche modo corretta l’irruenza del robot, che ora

tende sempre a ripetere due o tre volte un passag-

gio precluso da un ostacolo, ma con più delicatez-

za. La qualità della pulizia è

quella alla quale Roomba ci

ha abituato, con i due rulli

di gomma contrapposti e il

sensore nella parte inferio-

re che analizza il livello di

sporco sul pavimento: ogni

tanto si sente il robot au-

mentare la potenza di aspi-

razione per alcuni secondi,

in corrispondenza di punti

particolarmente sporchi o

con tante briciole. Quando

abbiamo provato la pulizia

completa di tutto lo spazio

a disposizione (circa 140

metri quadrati), il robot ci ha

impiegato più dei 75 minuti

di autonomia, ma è tornato

automaticamente alla base,

si è ricaricato ed è andato a

finire il lavoro partendo da dove l’aveva interrotto.

A fine lavoro l’app manda una notifica del successo

dell’operazione. E sempre tramite app è possibile ve-

dere la mappa della copertura reale, così che si pos-

sa capire se la visita in qualche stanza non è andata

a buon fine, per esempio per una porta chiusa. Nella

nostra esperienza di circa una ventina di pulizie, il

robot non è mai rimasto bloccato da qualche ostaco-

lo ed è sempre ritornato autonomamente alla base,

malgrado la casa non sia stata affatto “preparata”

pensando al passaggio di un robot. Nella confezione

ci sono, oltre al già citato “faro” per fare da barriera

ottica virtuale, due sacchi di ricambio per la base, un

filtro e una spazzolina di ricambio per il robot.

Le nostre conclusioni: un salto in avanti tangibile verso la vera home automationDopo anni in cui iRobot ha letteralmente inventato

una nuova famiglia di prodotti, ora l’azienda ameri-

cana alza ancora di più l’asticella: con l’introduzione

della divisione in stanze, finalmente il robot non è

più un “mulo senza memoria”, che ogni volta parte

e ripercorre gli stessi passi, imparando la casa da

zero come se non avesse mai pulito quella casa.

Ma finalmente il robot ha memoria e impara. Questa

funzione varrebbe già da sé una prova. A questa va

aggiunta l’innovazione dell’auto-pulizia, che estende

ancora più in là l’operatività robotica a vantaggio

del riposo umano, che non deve preoccuparsi più di

svuotare il robot. Qualche limite c’è: la torretta della

base attiva pone i già citati problemi di ambientazio-

ne; e l’operazione di svuotamento del robot verso la

base regala 10 secondi di rumorosità ben più intensa

di quella del Roomba da solo, che anzi ci pare aver

migliorato la sua silenziosità. Ma è anche un modo,

acustico e indiretto, per sapere che Roomba ha finito

il suo lavoro ed è tornato alla base.

Il prezzo - fissato a 1.199 euro per il modello dotato

di CleanBase - un po’ spaventa, è vero. Ma bisogna

pur pensare che nella base è di fatto integrato un

secondo motore di aspirazione decisamente più

potente di quello del robot stesso, praticamente un

secondo aspirapolvere, anche se fisso. Roomba i7

sarà disponibile anche in versione senza base a 899

euro. Entrambe le versioni saranno disponibili in Ita-

lia a partire da fine febbraio.

TEST

Roomba i7 con CleanBasesegue Da pagina 36

Aprendo il vano superiore della torretta, si accede al vano di raccolta dove si trova il classico sacco.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto FAGGIANO

Ascoltare la musica in cuffia o auricolari come

se la stessimo ascoltando attraverso normali

diffusori, è questo lo scopo per il quale è stato

realizzato il Creative Super X-Fi (150 euro), un pic-

colo amplificatore per cuffie da usare con qualsiasi

sorgente USB Type C, smartphone o PC che sia.

Il criterio con il quale si vuole migliorare la resa so-

nora è interessante, perché non passa attraverso un

semplice effetto DSP ma sfrutta il machine learning

per plasmare l’acustica in tempo reale. L’applicazio-

ne X-Fi, da scaricare sullo smartphone, chiede di

scattare una fotografia al volto e ai due padiglioni

auricolari di chi vuole sfruttare il dispositivo, creando

quindi una soluzione davvero su misura per ogni per-

sona. Attraverso le foto viene ricostruito un modello

3D del viso e delle orecchie, perché secondo il crea-

tore del dispositivo conoscendo il modo in cui il suo-

no rimbalza sulle nostre parti anatomiche si riesce a

influenzare il modo in cui il suono viene percepito.

Super X-Fi crea quindi un profilo personalizzato che

va caricato sul piccolo dispositivo, e questo profilo

vale per la persona che ascolta e non per altri. Certo,

si sente lo stesso, ma la resa non sarà identica.

L’applicazione contiene anche una lunga lista di cuf-

fie e auricolari tra i più diffusi sul mercato e selezio-

nando una specifica cuffia il suono viene modellato

sfruttando anche dati come la risposta in frequenza:

ogni cuffia viene infatti analizzata e viene creato un

modello di ascolto.

Vista la complessità dell’approccio tecnologico al

problema, il prezzo richiesto appare corretto, inol-

tre attualmente è in corso una promozione che of-

fre in omaggio un paio di cuffie Creative Aurvana

SE del valore di 100 euro per allettare un maggior

numero di clienti.

Il dispositivo si collega tramite presa usb e quindi

TEST Creative propone un originale sistema che sfrutta l’intelligenza artificiale per ottenere i migliori risultati sonori

L’intelligenza artificiale fa sparire virtualmente la cuffia. L’ascolto “magico” del Creative Super X-FIL’obiettivo è far sparire le cuffie dando l’impressione di un vero sistema hi-fi. C’è anche l’app che misura testa e orecchie

preleva il segnale musicale direttamente in digitale,

saltando la sezione di conversione digitale/analogi-

ca, quando presente. Oltre alla funzione di ampli-

ficazione troviamo dunque il convertitore D/A e il

processore, un DSP che sfrutta però i principi detti

sopra. Per la prova abbiamo utilizzato uno smartpho-

ne LG G7, che dal punto di vista sonoro è già un otti-

mo riferimento (ma il DAC non viene usato), abbinato

a diverse cuffie di diverse categorie: una semplice

AKG Y50, la Creative Aurvana SE oggetto dell’offerta

e una raffinata E-MU Teak del valore di 850 euro.

Per Creative e E-MU abbiamo potuto selezionare i

relativi preset, mentre per la AKG abbiamo usato la

posizione di cuffia standard.

Suono olografico powered by AICome preannunciato, la tecnologia dello Super X-Fi

utilizza uno speciale sistema olografico personalizza-

to sulla testa e sulle orecchie di ciascun utente. Per

la ricostruzione bisogna scattare tre immagini per le

quali è meglio chiamare in aiu-

to un amico, è indispensabile

centrare bene le orecchie.

Le immagini ottenute vengo-

no poi usate per costruire un

modello 3D e ottenere così

una curva di risposta persona-

lizzata, sulla quale poi basare

l’intervento del sistema. Per

quanto riguarda i dati tecni-

ci il piccolo amp impiega un

pregevole convertitore D/A

AKM4377, da 32 bit con 128

dB di rapporto segnale/ru-

more, DAC che integra anche

direttamente l’amplificatore

per cuffie. Il convertitore è già

compatibile con musica in alta segue a pagina 39

risoluzione fino al DSD, anche se l’app di Creative

si ferma ai 96 kHz; chi possiede file Flac 192 kHz

e DSD dovrà utilizzare un’altra applicazione per la

riproduzione, pur mantenendo i vantaggi del SXFi.

L’app Creative serve infatti solo per creare il modello

e caricare il profilo, per l’ascolto si può usare qualsia-

si player. Il dispositivo è compatibile con smartphone

Android, PC Windows e Mac, PS4 e Nintendo Switch.

Il collegamento alla sorgente avviene tramite cavetto

USB C con adattatore per mini usb: usando gli adat-

tatori si può collegare anche un iPhone, ma solo per

l’ascolto: l’app per caricare il profilo gira su Android.

E-MU Teak, la super-cuffia con un super-prezzoIl marchio E-MU è utilizzato da Creative per alcuni

prodotti di punta, in particolare cuffie dedicate alla

fascia alta del mercato ed è diffuso più che altro

negli Stati Uniti. Per effettuare il test dello abbiamo

potuto utilizzare una Teak, modello top di gamma

con padiglioni in legno che ha un prezzo di listino di

ben 850 dollari. La fascia di mercato è quindi quella

altissima, dove va a confrontarsi con mostri sacri del

settore come Sennheiser, Beyer, B&W, Grado e po-

chi altri. La cuffia utilizza trasduttori da 50 millimetri

con membrana in bio- cellulosa inseriti in padiglioni

di vero legno di teak, per il collegamento il classi-

co cavo OFC di sezione esagerata con terminale

minijack dorato e nessun accorgimento elettronico

come riduttori di rumore, DSP o collegamenti wire-

less. Eccellente la finitura in pelle e robusti gli snodi

metallici. Il peso è di 370 grammi, non molto per la

categoria, e infatti risulta molto comoda da indossa-

re nonostante le dimensioni. L’isolamento acustico è

stranamente minimo nonostante i padiglioni avvol-

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

TEST

Creative Super X-FIsegue Da pagina 38

genti. L’ascolto preliminare ha mostrato buone pre-

stazioni ma scarsa sensibilità, consigliabile l’utilizzo

con un amplificatore dedicato in ambito domestico

perché con la maggior parte degli smartphone non

ci sarà abbastanza potenza per apprezzarne la qua-

lità. Considerato il prezzo però ci saremmo aspettati

qualcosa in più nelle prestazioni sonore,

ma il problema principale è l’eccessiva con-

centrazione del suono sui due canali, cioè

proprio l’inconveniente che Creative vuole

superare con il suo SXFi.

Un ottimo amplificatore per smartphonePrima di iniziare la prova vera e propria

abbiamo valutato il comportamento del

processore Super X-Fi come amplificatore,

escludendo ogni elaborazione e confron-

tandolo direttamente con l’uscita diretta

jack analogico dell’LG G7. Anche se lo smar-

tphone LG si comporta in modo eccellente,

attraverso il Creative si possono raggiunge-

re pressioni sonore molto più elevate e una

maggiore dinamica, senza scontare nulla

sulle prestazioni sonore generali. Unico

elemento negativo il maggiore consumo di

batteria sul G7, che deve alimentare anche

l’amplificatore.

L’esperienza d’ascolto: risultati controversiIniziamo il test con le migliori condizioni pos-

sibili: brani Flac e cuffia E-MU, inserendo la

preselezione dedicata alla cuffia nell’appli-

cazione. Abituati ad ascoltare quei brani in

un determinato modo, rimaniamo piuttosto

perplessi: il suono è effettivamente diverso

ma ci pare in peggio. La scena si allarga e

guadagna profondità, ma le voci sono meno

naturali, più stridenti pur senza arrivare alla

fatica d’ascolto. Passano i brani ma rimania-

mo perplessi, francamente preferiamo la

naturalezza della versione “senza”, anche

se l’apporto in termini di potenza del pro-

cessore Super X-Fi è indubbiamente impor-

tante e apprezzato. Passiamo ora a brani di

qualità standard in MP3 e streaming: qui la situazio-

ne migliora di colpo, proprio

come ci hanno abituati alcuni

circuiti DSP presenti su alcu-

ni componenti domestici con

connessione bluetooth per

ovviare ai problemi di com-

pressione. L’intervento dello

SXFì è forse meno deciso ma

porta indubbi vantaggi, allar-

gando la scena e collocando

strumenti e voci in maniera

più naturale, non proprio

come in un ascolto con dif-

fusori ma in modo senza

dubbio gratificante. Ottimi

risultati anche con i video

musicali su You Tube.

Passando alle cuffie più ac-

cessibili le impressioni pra-

ticamente non cambiano di

molto, anche se la minore

estensione in frequenza atte-

nua pregi e difetti. Con i bra-

ni Flac le correzioni apporta-

re risultano meno importanti e influenzano meno la

resa sonora complessiva e quindi è solo questione

di gusti e cuffie se scegliere la versione standard o

quella modificata. Con MP3 e streaming l’effetto si

ascolta meglio e l’inserimento della correzione acu-

stica porta solo vantaggi, anche con queste cuffie

più economiche il dispositivo Creative fornisce un

utile contributo. Anche qui è molto importante il con-

tributo in potenza dello SXFi, che porta sempre a un

ascolto più gradevole e coinvolgente.

L’AI aiuta, ma meglio valutare costi e beneficiTirando le somme possiamo dire dove il Creative

SXFi porta vantaggi e dove invece non ha troppo da

dire, sempre ricordando comunque che Creative ha

avuto un’idea importante e l’ha ben sviluppata per

l’ascolto, chiedendo un prezzo più che giustificato. Il

dispositivo senza dubbio funziona meglio con musi-

ca MP3 e con lo streaming, probabilmente non è sta-

to pensato per musica in alta risoluzione. Resta da

stabilire se sia più utile investire il denaro richiesto in

una cuffia di migliore qualità oppure per lo SXFi, ma

chi ha già una buona cuffia dovrebbe almeno prova-

re questa nuova soluzione.

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MAGAZINEn.193 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

G oogle ha lanciato Chromecast nel 2013, e dopo

5 anni è giunto il momento di presentare la ter-

za generazione. Chromecast è sicuramente

uno dei prodotti più geniali mai creati da Google, ed

è anche quello che ha raccolto il maggior numero di

consensi da parte dei servizi in streaming. Oggi quasi

tutte le applicazioni di servizi audio e video, sia An-

droid che iOS, supportano Chromecast: basta preme-

re la caratteristica icona per inviare ad un televisore

il flusso da visualizzare. Chromecast, e crediamo sia

chiaro a molti, non è un set top box e non necessita

di applicazioni dedicate o di telecomando: si limita a

ricevere un comando dallo smartphone o dal tablet

del tipo “riproduci questo flusso video o audio” e lui

esegue. Lo smartphone è solo il telecomando, ed

è anche l’unica interfaccia presente: Chromecast,

tranne una leggerissima personalizzazione della

schermata di streaming, non ha interfaccia, non ha

un menù, è un semplice bridge.

Così funzionava la prima versione, così funzionava la

seconda e così funziona questa versione 2018 che

abbiamo provato in questi mesi, non è cambiato pra-

ticamente nulla. Nonostante molti televisori ormai

integrino il supporto nativo a Chromecast o le app

dei diversi servizi, Chromecast è un toccasana per

quei vecchi TV privi di funzione smart o per quei TV

che hanno qualche problema con Chromecast, si

pensi ad esempio ad alcuni Android TV Sony e Phili-

ps che nonostante siano “Cast Ready” non riescono

a visualizzare contenuti da alcune app, ad esempio

Now TV. Abbiamo tra le mani la terza generazione,

e la prima domanda è “A chi è destinata questa

chiavetta?”. Ad essere onesti, dopo averla provata

per un po’, crediamo che la Chromecast 2018 sia a

tutti gli effetti una Chromecast 2 con un abito diver-

so. Cambia la forma: molto più arrotondata e in due

soli colori, si sposa meglio con la line up dei prodotti

hardware Google. Ma è pur sempre un prodotto che

va nascosto dietro il TV, quindi il design non è fonda-

mentale. Secondo Google c’è stato un miglioramento

nell’hardware, che ha portato ad un 15% di velocità in

più, mentre secondo altre fonti si parla di una mag-

gior efficienza del reparto di rete, con una ricezione

TEST Google ha annunciato la terza generazione di Chromecast; upgrade consigliato solo per chi ha la prima. L’abbiamo provato

Chromecast 3 in prova. Identico al modello vecchio, ma resta un prodotto meravigliosoChromecast 3 supporta contenuti 1080p a 60 fps, è leggermente più veloce e ha un segnale wi-fi più stabile. In arrivo a ottobre

migliorata. Noi l’abbiamo provata confrontandola pro-

prio con una versione “2”, e in un confronto side by

side è difficile percepire un aumento della velocità.

Come è davvero difficile capire se la stabilità di rete

sia migliorata: ci sembrano assolutamente identiche.

Volendo essere pignoli, visualizzando file da YouTu-

be a 1080p e 60 fps, sembra che talvolta qualche

fotogramma si perda, un leggero salto ogni 10/15 se-

condi. Inizialmente abbiamo dato la colpa all’alimen-

tazione presa dall’USB del TV, poi abbiamo visto che

questo leggero saltino si avverte anche se si usa l’ali-

mentatore esterno inserito nella confezione. Niente

di eclatante, ma un occhio allenato lo avverte, sia su

Youtube sia su altri eventuali contenuti trasmessi a

60p. Difficile definire Chromecast 3 l’evoluzione di

Chromecast 2: per curiosità abbiamo aperto il piccolo

disco e abbiamo trovato all’interno gli stessi identici

componenti della seconda versione. Il cuore è sem-

pre il processore dual core Marvell 88DE3006 della

serie Armada 1500 Mini Plus, marchiato ora Synap-

tics, lo stesso identico SoC che spinge la seconda

generazione. C’è il controller di rete Marvell Avastar

88W8887 con Wi-fi e Bluetooth, ci sono 4 Gb di me-

moria DDR3L Hynix e 2 Gb di flash nand Toshiba per

il software. Dal punto di vista hardware, tranne una

leggera revisione della scheda, la Chromecast 2018

è esattamente identica alla Chromecast 2 uscita nel

2015, ed è difficile capire quali siano gli “hardware

improvment” che hanno portato ad un aumento della

velocità, sempre che il processore dual core sia stato

rivisto con una frequenza di clock leggermente mag-

giore. Ma poco importa: Chromecast 2 era già per-

fetto. Chromecast 3 fa esattamente le stesse cose,

restando sempre nell’ambito dell’HD: per il 4K ci si

deve rivolgere alla versione Ultra. Più interessanti le

migliorie che Google apporta ai Chromecast tramite

aggiornamento: dalla fine dello scorso anno è pos-

sibile aggiungere Chromecast ai gruppi di diffusori

per l’audio multiroom, e così facendo chi si è mes-

so in casa qualche Google Home (mini e classico)

può ora creare gruppi di diffusori unendo la TV con

Chromecast agli smart speaker. Chromecast costa

sempre 39 euro, prezzo giusto per quello che offre.

Chi ha la prima versione farebbe meglio a cambiarlo:

più veloce, migliore qualità e migliore stabilità di rete.

Chi ha la seconda versione può tenere quella, non

cambia nulla. Sempre che non voglia rendere altri

televisori “Chromecast Enabled”: Chromecast è una

di quelle funzioni che su ogni TV della casa non do-

vrebbe mai mancare.

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

Mitsubishi Outlander PHEV, un 2018 da urlo con vendite a +64%La più popolare tra le auto ibride plug-in, con un sistema di trazione unico, ha chiuso il 2018 con un consistente aumento delle vendite di M. ZOCCHI

Tra i SUV elettrificati è sempre più popolare il Mitsubishi Outlan-der PHEV, che come abbiamo visto anche dalla nostra prova, si differenzia dalla concorrenza gra-zie al sistema di trazione, unico nel suo genere, che affida sem-pre al motore elettrico il moto. Il carburante serve da generatore di energia elettrica, e solo rara-mente contribuisce alla potenza complessiva.Si tratta anche dell’unica vettu-ra ibrida plug-in con ricarica fast DC (ChaDeMo) e tutte queste caratteristiche ne hanno sempre decretato un buon successo di mercato per il suo segmento. In particolare nel 2018 Outlander PHEV ha fatto segnare una cre-scita importante nelle vendite con un globale +64.3%.In generale Mitsubishi Motors ha avuto una spinta da quando è entrata nell’alleanza che com-prende anche Renault e Nissan, ma la performance di Outlander è superiore alla media, che per il gruppo è +18%. Questo divario in positivo è dovuto principalmente all’introduzione del MY2019 an-che nel mercato nord americano, dopo anni di rinvii, smentite e ri-tardi. Anche in altri Paesi però i numeri sono importanti, con un totale di 42.337 veicoli venduti, con punte di 8.701 in Regno Unito e 7.003 in Giappone.

di Massimiliano ZOCCHI

N issan ha realizzato a Yokohama, in

Giappone, Energy Home, un con-

cept di appartamento alimentato

da una Leaf, l’auto elettrica del marchio

giapponese, praticamente la più vendu-

ta al mondo, grazie alla sua capacità di

restituire l’energia immagazzinate nella

batteria di trazione. La tecnologia alla

base di questo esperimento è denomi-

nata Vehicle-To-Home o Vehicle-To-Grid,

grazie alla quale l’auto fornisce energia

a una singola abitazione, alimentandola,

o alla rete di distribuzione. Lo scopo del

progetto è illustrare le possibilità offerte

da un sistema integrato, fatto da abita-

zione ecosostenibile, pannelli fotovoltai-

ci o altri generatori di energie rinnovabili,

AUTO ELETTRICA A Yokohama, Energy Home, un concept di appartamento alimentato da una Leaf

Nissan Energy Home, il progetto di appartamento ecosostenibile totalmente alimentato da una LeafL’auto fornisce energia a una singola abitazione, alimentandola, o alla rete di distribuzione

e l’auto elettrica. Nell’esempio di Energy

Home, i pannelli sul tetto producono

energia durante il giorno, e il surplus

viene utilizzato per ricaricare la batte-

ria di Leaf. Alla sera poi, quando cessa

la produzione di energia solare, la Leaf

può restituire l’energia elettrica alimen-

tando le utenze casalinghe, funzionando

quindi un accumulatore domestico. Per

la realizzazione del Nissan Energy Home

è stato coinvolto lo “space design team”

ed è realizzato in legno, con pareti chia-

re e aspetto moderno con un tocco di

tradizione giapponese.

di Massimiliano ZOCCHI

Tiene banco ancora la questione in-

centivi statali e le lamentele di FCA

a riguardo. Per comprendere bene

la situazione è necessario ritornare al

novembre scorso, quando Fiat Chrysler

ha annunciato la volontà di investire negli stabilimenti italiani per supportare

la produzione di auto ibride ed elettriche.

Poco dopo quell’annuncio, il Governo ha

annunciato la volontà di voler varare de-

gli incentivi per il settore automotive, im-

prontati però a favorire le auto con emis-

sioni meno inquinanti. La risposta di FCA

non si è fatta attendere, e dopo pochi

giorni è arrivato l’ultimatum: via gli incen-

tivi e l’ecotassa, altrimenti gli investimenti

annunciati ne risentiranno. Anche la ri-

sposta del Governo è arrivata tempestiva,

con il Sottosegretario Dell’Orco che ha

accusato FCA di voler decidere gli indiriz-

zi politici al posto dei Ministri. Gli incentivi

sono stati decisi, ed entro marzo 2019 do-

vrebbero partire, fino a 6.000 euro per le

auto elettriche e fino a 2.500 euro per le

ibride plug-in. Tutte le altre fuori, metano

AUTO ELETTRICA FCA si scaglia ancora contro gli ecoincentivi e propone lo stesso sconto

Scontro Governo-FCA: il nuovo spot deride gli incentivi stataliLo spot lascia intendere che con Fiat e Lancia l’ecobonus ci sarà da subito, per tutti e per tutte le auto

e GPL comprese. La vicen-

da quindi ora si arricchisce

di un ennesimo capitolo,

con il nuovo spot di FCA,

dal tono sarcastico nei

confronti del provvedimen-

to. Il buon Fabio Rovazzi,

ormai testimonial fisso,

parte subito citando termi-

ni e parole che dovrebbero

far intendere quanto siano complicate le

clausole per ottenere gli incentivi. “Ci sarà

un bonus, un malus, rottamazione, per-

muta, gas, termosifone, 730, cose incom-

prensibili”, è così l’esordio, probabilmente

riferito al meccanismo di bonus/malus ap-

plicato in base al livello di inquinamento e

ai grammi di CO2 emessi dal veicolo ogni

km. Forse FCA dimentica che il concetto

di bonus/malus non è così estraneo al

mondo dell’auto, essendo da tempo un

meccanismo base delle assicurazioni. La

linea quindi passa “alla nonna”, che rende

noto come con Fiat e Lancia l’ecobonus

ci sarà da subito (quindi senza aspettare

il decreto attuativo), per tutti (non importa

se si rottama una vecchia auto) e su tutte

le auto (non importa il livello inquinante).

I motivi della rappresaglia sono intuibili:

FCA ad oggi ha solo una vettura elettrica,

venduta solo negli Stati Uniti, unico Paese

dove viene anche venduta la sua unica

ibrida plug-in, la Chrysler Pacifica. In uno

scenario di questo genere, nonostante i

buoni propositi annunciati, la casa avreb-

be rischiato di perdere punti sul merca-

to. È doveroso però aggiungere che gli

incentivi dureranno per tutto il 2019 ed

anche nel 2020. Quanto tempo ci vorrà

prima di vedere uscire dagli stabilimenti

le promesse auto elettrificate FCA? Ecco

il video dello spot:

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

Come ormai noto, il Governo ha varato un pia-no di incentivi statali per il mercato automoti-

ve, premiando praticamente solo elettriche e le

ibride plug-in. In particolare le seconde ricadono nella

categoria con emissioni di CO2 tra 21 e 70 g/km e

per questo beneficeranno di una riduzione di prezzo

di 2.500 euro rottamando una vecchia vettura euro

0, 1, 2, 3 e 4, oppure 1.500 euro senza rottamazione.

Già nel corso del 2018 le immatricolazioni per le ibri-

de ricaricabili (ovvero con motore elettrico in grado di

effettuare trazione esclusiva e batteria con autonomia

variabile tra 30 e 60 km) sono aumentate sensibilmen-

te, segno che i clienti vorrebbero passare all’elettrico

ma preferiscono farlo con la sicurezza del carburante

in caso di necessità. Vediamo dunque quali saranno

i prezzi di 10 modelli, ipotizzando che il cliente abbia

una vettura da rottamare.

Hyundai IONIQ plug-in

La Hyundai IONIQ è stata la prima vettura ad essere

proposta in tre versioni, tutte in qualche modo elettri-

ficate. Piuttosto popolare, anche in Italia, è la variante

plug-in, che grazie alla nota efficienza del modello,

può percorrere anche fino a 60 km con singola carica.

Al momento il prezzo di listino per l’allestimento

Comfort, con sistemi di guida assistita, radio DAB,

sensori di parcheggio e clima bi-zona, è di 35.000

euro. Le emissioni sono certificate per 26 g/km, il

prezzo quindi scenderebbe a 32.500 euro, salvo altre

scontistiche applicate dalla casa.

Mini Countryman plug-in Hybrid

La Mini ha sempre venduto bene in Italia e ormai non

è inconsueto incrociare per strada una Mini Cooper S

E Countryman All4. La motorizzazione è simile a quel-

la utilizzata nella BMW serie 3 iPerformance, con la

batteria capace di avvicinarsi ai 40 km di autonomia

solo elettrica, oppure con la possibilità di lasciare ge-

AUTO IBRIDA A marzo partiranno gli incentivi italiani per le auto ecologiche e le ibride ricaricabili sono tra le più desiderate

Auto ibride plug-in alla conquista del mercato I prezzi di 10 modelli con gli incentivi stataliPer le plug-in, riduzione di 2.500 euro rottamando una vettura euro 0, 1, 2, 3 e 4, oppure 1.500 euro senza rottamazione

stire il tutto al sistema automatico che crea il perfetto

mix tra motore elettrico e motore termico. La Mini si

sa, costa sempre un pizzico di più, con prezzi a partire

da 39.800 euro, che diventeranno quindi 37.300

euro.

Toyota Prius Plug-in

Toyota ha il merito di aver diffuso alla massa il concet-

to dell’ibrido, nella maggior parte dei casi quello che

viene definito full hybrid. La nuova Prius ha però an-

che una versione plug-in, riconoscibile da un posterio-

re leggermente diverso. Il nuovo motore elettrico può

spingere la vettura fino a 135 km/h di velocità senza

l’assistenza del motore endotermico, con autonomia

fino a circa 50 km. La modalità di ricarica è stata inol-

tre potenziata, garantendo il 100% entro 2 ore. Anche

in questo caso le emissioni ci CO2 sono relativamen-

te basse, attestandosi su 28 g/km. Al momento in cui

scriviamo, Prius Plug-in è offerta a 35.300 euro contro

un prezzo di listino di 41.800. Ipotizzando che la casa

voglia mantenere la promozione anche a marzo, il

prezzo potrebbe scendere a 32.800 euro.

Kia Niro PHEV

Condividendo gran parte della tecnologia con Hyun-

dai, anche Kia ha ottenuto buoni risultati con i suoi

powertrain elettrici. Non appena sarà disponibile la

Niro EV, anche il SUV compatto coreano sarà propo-

sto in tre versioni elettrificate, ed è già possibile sce-

gliere la versione plug-in, altrimenti detta PHEV. Con

emissioni di 29 g/km può viaggiare in puro elettrico

fino a 58 km secondo il ciclo di omologazione, gra-

zie alla batteria da 8.9 kWh. Il prezzo di partenza è di

36.700 euro, che si trasformano in 34.200 euro per

effetto degli incentivi.

Mitsubishi Outlander PHEV

Probabilmente il Mitsubishi Outlander PHEV è il SUV

plug-in più popolare al mondo, per via della sua ver-

satilità e unicità. Il motore termico è infatti relegato,

quasi sempre, alla ricarica delle batterie da 14 kWh,

mentre la trazione è affidata ai motori elettrici, fino alla

velocità massima di 135 km/h. L’autonomia è di 50 km

ma una volta esaurita la carica la trazione sarà comun-

que elettrica, con il motore benzina a girare a ritmo

ottimizzato solo per produrre l’elettricità necessaria.

Questo sistema evoluto si completa con la ricarica

rapida, praticamente l’unica plug-in ad averla, che gra-

zie alla tecnologia ChaDeMo impiega solo 25 minuti

per ricaricare completamente la batteria. Le emissio-

ni si attestano in un ottimo 46 g/km, mentre il prezzo

di listino, a partire da 49.900 euro, potrà scendere a

47.400 euro.

segue a pagina 43

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

Kia Optima PHEV

Sempre restando in casa Kia, non solo la Niro può

beneficiare dell’ottimo sistema ibrido coreano. Anche

la berlina Optima ha la sua versione PHEV con carat-

teristiche di tutto rispetto. Con emissioni inquinanti di

solo 37 g/km, può spingersi in elettrico puro fino a 54

km con eleganza e silenziosità. Gli allestimenti sono di

livello premium con impianto audio performante, ricari-

ca wireless per smartphone e servizio Kia Connected.

con garanzia tipica del gruppo di 7 anni e 5 stelle Euro

NCAP di valutazione per la sicurezza, Kia Optima PHEV

ha un listino che parte da 44.000 euro, che salvo sconti

futuri, con gli incentivi scende a 41.500 euro.

BMW 225xe iPerformance Active Tourer

Da tempo BMW ha in gamma diversi modelli classifi-

cati sotto la sigla iPerformance, che indica le sue

vetture elettrificate. Una vettura adatta a tante esi-

genze e per questo molto interessante è la Serie 2

modello 225xe (qui la nostra prova) che unisce la

versatilità della vettura familiare all’eleganza tipica

BMW e alle potenzialità del sistema eDrive plug-in.

Con 52 g/km di emissioni e fino a 45 km di autono-

mia, secondo il configuratore online di BMW, sce-

gliendo il minimo indispensabile, si parte da 38.800

euro, che potrebbero quindi diventare 36.300 euro.

L’incentivo sarebbe applicabile anche a configura-

zioni migliori, essendo il tetto fissato a un massimo di

circa 61.000 euro.

Volkswagen Golf GTE

Non poteva mancare in questo elenco una delle auto

più popolari di sempre, la Volkswagen Golf. Nella sua

versione ibrida plug-in prende il nome di Golf GTE, a

sottolineare l’anima sportiva che mantiene, con il mo-

tore capace di una spinta di 204 cavalli (150 kW). La

tecnologia è di casa con il sistema Front Assist con

frenata di emergenza, Park Assist e sensore Blind

Spot. Il motore elettrico della Golf GTE può arrivare

fino a 130 km/h di velocità, con autonomia massima di

circa 50 km. Il listino ufficiale è di 39.650 euro, al netto

degli incentivi sono 37.150 euro.

Mercedes Classe C 350e Station Wagon

E per chi cerca una spaziosa station wagon? La soluzio-

ne potrebbe essere la Mercedes Classe C 350e, con la

“e” a indicare proprio la trazione ibrida ricaricabile. Le

prestazioni sono da Mercedes vera, con il motore turbo

che spinge fino a 246 km/h, ma volendo si può viaggiare

in solo elettrico per circa 30 km, oppure considerare il

consumo misto pari a 47.6 km per ogni litro di carburan-

te. Il prezzo rientra nei parametri dell’incentivo con par-

tenza da 52.000 euro, quindi 49.500 euro appena parti-

ranno le sovvenzioni.

Kia Optima Sportswagon PHEV

Kia Optima esiste anche in versione wagon con il nome

di Optima Sportswagon. Molto simile alla berlina, pro-

pone una autonomia elettrica migliore, fino a 62 km per

singola carica, con emissioni di 33 g/km di CO2. Il vano

di carico ovviamente aumenta passando a 440 litri. Per

questa versione il prezzo di partenza, al momento, è di

45.750 euro, dentro i limiti degli incentivi ed avrà diritto ai

2.500 di sconto arrivando a 43.250 euro.

di M. ZOCCHI

I n passato vi abbiamo parlato di

NEVS, azienda che ha rilevato le

attività della vecchia SAAB e la sta

facendo rinascere in versione elettrica.

Recentemente l’azienda ha ricevuto

un cospicuo finanziamento dal gruppo

cinese che la controlla, fino a 2 miliardi

di dollari, e pare abbia già iniziato a farli

fruttare. Un primo passo è stato string-

ere una alleanza con Koenigsegg, che

infatti ha comunicato di aver ricevuto

un finanziamento di 150 milioni di euro

e che utilizzerà questi soldi per nuove

opportunità nel settore dell’elettrico.

Ovviamente i sostenitori del geniale

Christian Von Koenigsegg hanno subi-

to immaginato una hypercar esclusiva-

mente elettrica, dopo la ibrida plug-in

AUTO ELETTRICA NEVS ha ricevuto un cospicuo finanziamento e lo sta già facendo fruttare stringendo un’alleanza con Koenigsegg

Koenigsegg e NEVS (SAAB) uniscono le forze. Presto una hypercar elettrica?I sostenitori del patron dell’azienda svedese, Christian Von Koenigsegg, hanno subito immaginato una hypercar esclusivamente elettrica

Regera, e soprattutto dopo che il pa-

tron dell’azienda svedese si era detto

“imbarazzato dalla Tesla Roadster” per

via delle incredibili prestazioni.

Con questa mossa NEVS ha acquisito

il controllo del 20% delle azioni della

società che sta dietro Koenigsegg. Le

due aziende inoltre hanno fondato

una joint venture controllata al 65% da

NEVS e con il restante 35% in mano

a Koenigsegg, impegnata soprattutto

fornendo proprietà intellettuali, brevetti

e know-how. Christian Von Koenigsegg

ha così commentato:

“Koenigsegg sta raggiungendo nuovi traguardi, capitalizzando sulla nostra tecnologia unica, per-formance track da record e posi-

zione di mercato per esplorare e sviluppare nuovi prodotti. Questa partnership creerà le migliori con-dizioni per Koenigsegg per acce-lerare la crescita nel mercato del-le hypercar, oltre a consentirci di

AUTO IBRIDA

Ibride plug-in, gli incentivi statalisegue Da pagina 42

irrompere in un segmento di mer-cato non sfruttato insieme a NEVS. Non vediamo l’ora di collaborare con NEVS per sviluppare prodotti che garantiscano un futuro soste-nibile”

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

E ntro marzo dovrebbe arrivare il de-

creto attuativo che renderà effettivi

gli incentivi statali per le auto eco-

logiche, sanciti dalla legge finanziaria. Se

il testo definitivo non stravolgerà quanto

indicato inizialmente, le auto elettriche

dovrebbero ricevere 6.000 euro di scon-

to in caso il cliente rottami un vecchio

veicolo fino a Euro 4, oppure 4.000 euro

senza rottamazione. Ecco cinque mod-

elli di elettrico puro che grazie al bonus

statale avranno un prezzo interessante.

Citroën C-Zero

La city car francese continua ad essere

a listino per la robustezza del pacco bat-

terie e per le dimensioni ridotte. Secondo

il prezzo di listino, C-Zero dovrebbe cos-

tare 30.891 euro, che diventerebbero

quindi 24.891 euro, ma la casa da mesi

la propone scontata a 18.900 euro, con

continue proroghe della promozione. Se

Citroën dovesse decidere di proseguire

la campagna anche ad incentivi attivi,

vorrebbe dire averla a 12.900 euro, un

prezzo ottimo per una city car con costi

di manutenzione praticamente azzerati,

zero bollo e assicurazione molto bassa.

Smart EQ

Smart ha stupito quando ha comunicato

che si sarebbe trasformata in una casa di

sole auto elettriche, ma in effetti la mossa

può sembrare giusta data la connotazi-

one urbana del veicolo. Nella versione

elettrica la gamma prende il nome EQ,

ed è declinata in tre versioni. La classica

due posti Smart EQ fortwo ha un prezzo

di partenza di 23.497 euro, che rottama-

ndo una vecchia auto diventerebbero

17.497 euro. Per la fortwo cabrio si sale a

AUTO ELETTRICA Entro marzo saranno effettivi gli incentivi statali per le auto ecologiche

Incentivi per le auto elettriche in arrivo Ecco cinque modelli tra i più accessibili6.000 euro di sconto rottamando un veicolo fino a Euro 4, o 4.000 euro senza rottamazione

26.847 euro, quindi 20.847 euro con in-

centivo, mentre la EQ forfour si piazza nel

mezzo, con 24.047 euro, che potrebbero

diventare con il bonus 18.047 euro.

Renault Zoe

Renault Zoe conta ormai diverse versioni

e nella variante con batteria da 41 kWh è

una assoluta best seller. Renault mantiene

ancora il modello di vendita con la batte-

ria a noleggio (con canone mensile), las-

ciando però al cliente la scelta di acquis-

tare anche l’accumulatore. Scegliendo la

formula del noleggio, il prezzo iniziale è

inferiore, partendo da 26.100 euro, che

si ridurrebbero a 20.100 euro. Volendo

invece acquistare anche la batteria si sale

a 34.100 euro, che sottraendo il bonus

statale diventano 28.100 euro.

Nissan Leaf

Per chi volesse un’auto di dimensioni più

generose, il riferimento del mercato resta

sempre la Nissan Leaf. Tralasciando la

nuova Leaf e+, con batteria più capiente

ma più costosa, nell’allestimento Acenta,

con batteria da 40 kWh, l’elettrica giap-

ponese parte da 36.700 euro. Anche con

gli incentivi si rimane quindi sopra i

30.000 euro, ma non sono rari sconti di

varia entità che si possono strappare in

concessionaria. Vedremo se la casa avrà

in serbo una campagna dedicata per sp-

ingere le vendite da marzo in poi.

Hyundai Kona Electric

Hyundai Kona Electric è una delle più at-

tese nel mercato italiano. La casa corea-

na ha già venduto diversi esemplari nel

nostro Paese, ma per lo più si trattava di

versioni top di gamma con batteria da 64

kWh. Entro pochi mesi invece dovrebbe-

ro iniziare anche le consegne del modello

base, con batteria da 39 kWh, in grado di

assicurare una buona autonomia ma con

un prezzo più contenuto. Al momento in

cui scriviamo, Kona Electric 39 kWh è data

ad un costo di 37.500 euro in allestimento

XPrime. Con lo sconto degli incentivi si

scenderebbe a 31.500 euro, un prezzo

accattivante per il tipo di veicolo.

La scelta sarà ampiaQuelli riportati sono solo esempi di auto

particolarmente convenienti, ma i mod-

elli disponibili saranno molti. Arriverà nei

prossimi mesi anche la Kia Niro EV, che

andrà ad aumentare la proposta per i

SUV compatti, c’è sempre la BMW i3,

ora anche in versione sportiva i3S, che

con il bonus scenderebbe sotto i 40.000

euro, senza dimenticare che all’ultimo

momento è rientrata nel limite di prezzo

degli incentivi anche la Tesla Model 3, da

poco ufficialmente nel nostro mercato a

quasi 60.000 euro. Nelle prime settimane

del 2019 il mercato ha fatto registrare

una contrazione, segno che sono diversi

i clienti che stanno attendendo pazi-

enti l’arrivo del decreto incentivi prima di

scegliere la nuova auto.

Tesla Model 3 ora costa meno, grazie alla chiusura del programma referralCome prima conseguenza della totale chiusura del programma referral di Tesla, la Model cala sensibilmente di prezzo. Il prezzo scenderà anche in Italia? di M. ZOCCHI

I primi giorni di febbraio Tesla ha chiuso definitivamente il pro-gramma referral. Secondo questo sistema, i proprietari ricevevano dei premi crescenti quanti più nuovi clienti riuscivano a portare utilizzando un proprio codice. La situazione però era un po’ sfug-gita di mano, come vi abbiamo spiegato nel nostro articolo, e i costi erano diventati insostenibili per Elon Musk e soci.Un primo effetto della chiusura del programma referral si è già visto con i prezzi di Model 3 che sono sensibilmente calati oltreo-ceano. La diminuzione per effetto del-l’addio ai premi non è solo una supposizione, ma è stato tutto confermato da Tesla tramite un suo portavoce: “Da subito, per ef-fetto della chiusura del program-ma referral, che costava molto di più di quel che pensassimo, Tesla può abbassare il prezzo di Model 3 di 1.100 dollari”. Questo cambiamento avverrà anche in Italia e in Europa? Chi aspetta di ordinare la Mid Range e la futu-ra versione base evidentemente spera di sì.

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

Tesla prepara le fabbriche per la Model Y: prototipo approvato, arriva nel 2020Nel corso dei prossimi mesi Tesla si preparerà per la produzione di Model Y, SUV compatto che seguirà la linea inaugurata con Model 3 di M. ZOCCHI

Come abbiamo visto finalmen-te Tesla sembra aver raggiunto una crescita sufficiente a porta-re guadagni continuativamente, ma non per questo Elon Musk e i suoi molleranno la presa. Tra le dichiarazioni di ieri ce n’è an-che una che riguarda la Model Y, SUV compatto che dovrebbe essere - e a quanto pare sarà - il prossimo progetto di Tesla.Dopo l’approvazione del pro-totipo da parte di Musk stesso, entro i prossimi mesi inizieranno i lavori per l’adeguamento del-le linee produttive e l’approv-vigionamento dei componenti necessari, per le consegne che potrebbero concretizzarsi a fine 2020.La volontà è quella di utilizza-re la Gigafactory 1, in Nevada, come location di produzione, me non è escluso che nel frattempo possa arrivare ad essere utiliz-zabile anche la nuova struttura in Cina.Al momento non sappiamo nulla di Model Y, a parte una imma-gine quasi totalmente oscurata, che lascia intendere che le linee seguiranno quelle di Model 3, con le dovute modifiche per il segmento SUV compatti. Elon Musk ci ha abituato a dichiara-zioni atte a forzare la mano dei suoi dipendenti, saranno date reali questa volta?

di Massimiliano ZOCCHI

All’inizio dello scorso dicembre

erano circolate indiscrezioni circa

la volontà di Volkswagen di am-pliare ulteriormente la gamma di vei-coli elettrici I.D.. Tra le possibilità se-

gnalate anche nel nostro articolo c’era

una vettura tanto particolare quanto

radicata nella fantasia di molti, una

buggy. Ora scopriamo che le intenzio-

ni della casa tedesca erano vere, con

le prime immagini di I.D. BUGGY. Non

sappiamo ancora praticamente nulla

della nuova arrivata, se non che va ad

ampliare la famiglia I.D. sempre basan-

dosi sulla piattaforma modulare MEB.

Secondo Volkswagen I.D. BUGGY è la

dimostrazione che MEB è un sistema

estremamente versatile, e può essere

la base anche per veicoli di nicchia,

nonostante sia il punto di partenza di

vetture molto diverse, dalla compatta

AUTO ELETTRICA Volkswagen mostra le prime immagini della sua idea di dune buggy elettrica

Volkswagen, ecco la I.D. BUGGY elettricaAmplierà la famiglia I.D. basandosi sulla piattaforma modulare MEB. La vedremo a Ginevra

I.D. NEO, al furgone I.D. BUZZ, fino alla

sedan I.D. VIZZION e al crossover I.D.

CROZZ. Potremo vedere dal vivo I.D.

BUGGY al Salone di Ginevra il prossi-

mo marzo. Per spiegare nel frattempo

il punto di vista di VW, L’Head Designer

Klaus Bischoff ha rilasciato la seguente

dichiarazione:

“Una Buggy è più di un’auto. È

vibrazioni e energia su quattro ruote. Queste caratteristiche sono concentrate in I.D. BUG-GY, che dimostra come una moderna, non-retrò, interpre-tazione di una classica può ap-parire e, più di ogni altra cosa, il legame emozionale che la mobilità elettrica può creare”.

di M. ZOCCHI

M otori sempre più potenti e per-

formanti, batterie sempre più

capienti (e grandi) per eBike

dalla prestazioni estremizzate. Il mercato

sembra andare decisamente in questa

direzione, con il favore anche dei clienti.

Lapierre ha invece deciso di tentare una

strada diversa, si potrebbe dire opposta,

con la gamma eZesty AM.

Equipaggiata con il sistema elettrico Fa-

zua Evation 1.0 propone un drivetrain sot-

todimensionato rispetto alla media, con

BICI ELETTRICA Le batterie sono sempre più capienti per le eBike, ma Lapierre va in direzione opposta

Con l’eBike eZesty AM di Lapierre più leggerezza e meno potenzaLa particolarità di eZesty AM è la facile rimozione di tutto il drive elettrico, sia batteria che motore

una batteria da soli

250 Wh e motore

da 60 Nm di coppia.

Questi numeri sono

nettamente più

bassa della media

dei modelli recenti,

ma la compattezza

del pacchetto con-

tribuisce a mante-

nere il peso globale

a 18.4 kg (taglia L).

L’idea di Lapierre è di spingere quindi il

rider ad utilizzare di più la pedalata of-

frendo un supporto inferiore, comunque

regolabile in tre livelli, 125 W, 250 W e

400 W per il “RocketMode”. Ma non solo,

la caratteristica principale di eZesty AM è

la facile rimozione di tutto il drive elettrico,

sia batteria che motore, trasformandola

di fatto in pochi e semplici passaggi in

una muscolare, con peso che si riduce

ulteriormente a 15.6 kg. Sarà il mercato

a stabilire se si tratta di un’idea geniale o

destinata ad essere un flop.

eZesty AM è declinata in due versioni. Nel

modello top, AM LTD Ultimate, troviamo

una forcella Fox 36 FLOAT con 160 mm

di escursione e trattamento Kashima, e

sempre Fox è l’ammortizzatore, FLOAT

DPS Factory LV EVOL, con 150 mm di

travel. Il prezzo per questa versione è di

7.729 euro, mentre per eZesty AM 9.0 Ul-

timate, con componentistica leggermente

inferiore, si scende a 6.099 euro.

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

R imac Automobili è certamente

conosciuta per le sue hypercar elettriche (celebre l’incidente di

Richard Hammond con la Concept One)

ma in realtà il costruttore è impegnato

nella mobilità elettrica a 360 gradi. Sono

diversi i componenti dei powertrain elet-

trici Rimac che vengono forniti ad altre

case, anche di nicchia come nel caso di

Koenigsegg, tanto che Porsche ha deci-

so di acquisirne il 10% delle quote.

Tempo fa Rimac ha anche fondato

Greyp, azienda specializzata in eBike,

che ha iniziato la sua avventura con

G12, una bici estrema con potenza di 12

kW e batteria da 2.000 Wh. Ora ci mo-

stra sulla sua home page un teaser di

un nuovo prodotto in arrivo, che dalla

poche immagini disponibili sembra una

eBike più convenzionale dedicata allo

sport.

Il suo nome è G6, una eMTB con telaio

dalla linee più simili ai prodotti della

concorrenza ma con indubbie partico-

BICI ELETTRICA La croata Rimac Automobili vuole occuparsi di mobilità elettrica a 360 gradi

Rimac sta per lanciare la eBike Greyp G6Mostrato il teaser di un modello sportivo, con doppia videocamera e batteria in posizione insolita

larità. Partendo dalla

batteria, posizionata in

modo completamen-

te differente dai trend

attuali e passati, ad at-

traversare in lunghez-

za lo spazio vuoti tra

i tubi. Ma Rimac pone

l’accento su eSTEM,

un particolare dock per

smartphone che inte-

gra anche una videocamera frontale e

quattro LED ad alta luminosità. Qui sotto

possiamo vedere un rendering digitale

della basetta.

La compagnia lo descive così:

“Greyp eSTEM è un modulo cen-trale intelligente per la bici che controlla due camere (frontale e posteriore), monitora il battito cardiaco del rider, ha un girosco-pio integrato, navigazione, eSIM che permette di essere collegati per tutto il tempo. Il sistema della

Lightning LS-218, da 160 a 240 km/h in due secondi, presto avrà una sorella minoreLa moto elettrica prodotta in serie limitata da Lightning è troppo estrema per essere guidata da chiunque. Via ai preordini di un modello più “umano” di M. ZOCCHI

L’americana Lightning una volta uscita dall’anonimato ha iniziato una produzione limitata della sue moto elettrica LS-218, sigla scelta per la velocità massima che può raggiungere, 218 miglia orarie, equivalenti a ben 351 km/h.La velocità non è il suo unico punto forte. Anche la potenza è elevata, 150 kW, pari a circa 200 cv. Con queste specifiche estreme è facile intuire che non si tratti di una moto per tutti, ma solo per rider esperti che cercano un mezzo dalle pre-stazioni di altissimo livello. L’acce-lerazione è così brutale che anche a velocità già sostenute, è in grado di schizzare in un battito di ciglia, passando da 160 a 240 km/h in solo 2 secondi. Anche il prezzo non è per tutti, dato che oscilla in base alle configurazioni tra 38.888 dollari (batteria da 12 kWh) e 46.888 dollari (batteria da 20 kwh). Per questi motivi - e per mantene-re l’attività sostenibile - Lightning sta per iniziare la produzione di un altro modello, Strike, dedicato al mercato di massa. Le specifiche restano di buon livello, con veloci-tà massima di 241 km/h e range di 241 km, ma con un prezzo molto più accessibile, 12.998 dollari. Per chi fosse interessato, i preordini sono già aperti sul sito dedicato.

eBike usa lo smartphone con in-terfaccia utente e l’app crea una esperienza unica grazie a nuove opzioni, come il blocco remoto della bici, acquisizione foto, testo e controllo della potenza”Apprendiamo quindi che le videocamere

sono due, di cui una piazzata al posterio-

re. Nel video di presentazione riusciamo

anche a scorgere qualche dettaglio, la

schermata dell’app e, con il giusto in-

grandimento, anche il design della bici.

Il lancio è previsto per il 15 marzo, ma

Rimac potrebbe anticipare qualcosa al

Salone di Ginevra.

di M. ZOCCHI

Al Nauticsud 2019 - in programma

dal 9 al 17 febbraio - ci saranno

delle intruse a due ruote. Si tratta

delle eBike di Bad Bike, azienda ital-

iana che ha deciso di partecipare alla

fiera di Napoli, nonostante non sia pro-

priamente in tema, anche se in realtà il

pezzo forte è in qualche legato al mon-

do del mare. Infatti verrà presentata

Beach Vintage, che riprende il design

del passato ma per la prima volta è in

configurazione side eBike, in pratica la

prima al mondo che ricorda le vecchie

sidecar.

BICI ELETTRICA Bad Bike movimenta il Salone Internazionale della Nautica con le sue eBike

Bad Bike presenta la prima Side eBike al mondoBeach Vintage per la prima volta è in configurazione side eBike ed è totalmente realizzata in Italia

Come sempre è realizzata interamente

in Italia con l’esperienza artigianale di

Bad Bike, e grazie al comodo secondo

posto permette anche di trasportare

un bambino o un animale domestico,

potendolo tenere sott’occhio.

Dal punto di vista tecnico siamo di

fronte ad una eBike con telaio in al-

luminio 6061, motore 8 Fun da 250

W e batteria da 36 V e 13 Ah, realiz-

zata con celle Samsung garantite per

800 cicli di ricarica. L’assistenza alla

pedalata è regolabile in 5 livelli, con

autonomia dai 30 ai 50 km. Il cambio

è Shimano a 7 velocità, la catena KMC

e i freni Tektro a disco. La sella, real-

izzata artigianalmente da Bad Bike, è

ricoperta di alcantara. La bici ha 7 anni

di garanzia sul telaio, 2 anni sulla bat-

teria e 1 anno sulle parti elettriche. È

disponibile a 3.960 euro nella versione

da 250 W, oppure a 4.482 euro nella

versione da 500 W di potenza (solo

per luoghi privati).

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

L ’allarme viene da una ricerca effet-

tuata nel Regno Unito da una as-

sociazione consumatori e rilanciata

dalla BBC: praticamente tutte le vetture

più popolari che fanno uso di sistemi di

accesso keyless sono vulnerabili ad at-

tacchi hacker che ne facilitano il furto.

Tempo fa avevamo mostrato il video di

alcuni malviventi proprio all’opera con

questo sistema su una Tesla, ed ora

arriva la conferma che la maggior parte

di queste chiavi, impropriamente chia-

mate “wireless”, mettono a rischio la

propria auto. Il meccanismo è semplice:

il segnale radio della chiave viene inter-

TRASPORTI La ricerca allarmante effettuata nel Regno Unito da un’associazione di consumatori

Auto con accesso keyless: solo Jaguar e Land Rover sono immuni ai ladri 2.0Il consiglio è di utilizzare metodi aggiuntivi, come blocchi meccanici o borsette blocca segnale radio

cettato, codificato e replicato nelle vici-

nanze dell’auto, che così reagisce come

in presenza della vera chiave.

Secondo la ricerca riportata dalla

BBC, su 237 vetture con sistemi

keyless, solo tre si sono rivelate

sicure, ovvero l’elettrica Jaguar I-

Pace, e le Land Rover Discovery e

Range Rover. Tra la grande quanti-

tà delle bocciate ci sono auto mol-

to popolari, in UK ma anche altro-

ve, come Ford Fiesta, Volkswagen

Golf e Nissan Qashqai.

La ricerca pone l’accento sul fatto

che i sistemi digitali hanno negli anni

fatto crollare i furti di auto, in picchiata

dal 1993 ad oggi, ma proprio tra il 2017

e il 2018 sono iniziati a risalire dopo

che i malintenzionati si sono aggiorna-

ti tecnologicamente sfruttando questa

comodità, che però è anche una falla.

Il consiglio è sempre quello di utilizzare

metodi aggiuntivi, come blocchi mecca-

nici o borsette blocca segnale radio. Curiosamente tra le auto più vendute

in UK, solo la Vauxhall (Opel) Corsa è

risultata sicura, ma solo perché non ha

l’opzione keyless...

Tesla ci ripensa L’adattatore CCS non sarà un accessorio standard per Model S e XNonostante le indicazioni del sito ufficiale, Tesla comunica che è stato un errore e l’adattatore per la ricarica Combo CCS non sarà un accessorio incluso di M. ZOCCHI

È rimbalzata velocemente in rete la notizia secondo cui Tesla avrebbe realizzato un adattatore per la ricarica alle colonnine fast con cavo Combo CCS, lo stan-dard europeo, e lo avrebbe reso un accessorio incluso in tutte le vendite di Model S e Model X nel vecchio continente.Dopo la comparsa della pre-sa CCS sulle Model 3 europee sembrava la giusta conseguen-za di un percorso iniziato da Tesla verso la standardizzazione della ricarica, e un cospicuo re-galo a tutti i proprietari, che così avrebbero potuto usufruire, oltre alla rete Supercharger, anche delle colonnine dedicate ad al-tre vetture elettriche, compresa l’importante rete trans-europea Ionity.Ora come apprendiamo da electrek.co Tesla ha comunica-to che la pagina del proprio sito che riportava tale informazione è stata erroneamente pubblicata e l’adattatore non sarà incluso.Non solo, scopriamo anche che questo prezioso accessorio, che andrebbe a far coppia con il già esistente adattatore per stan-dard ChaDeMo, al momento non è nemmeno esistente, e non c’è una data certa per il suo arrivo.

di M. Z.

O rmai è cosa nota, Volkswagen sta

preparando un’intera gamma di

veicoli elettrici, coprendo pratica-

mente ogni segmento, per aggredire il

mercato degli EV partendo dalla fine del

2019. Abbiamo già parlato diverse volte

dei piani futuri, dei possibili modelli e di

ciò che ci aspetta a medio termine, ma

ora il CEO della divisione americana,

Scott Keogh, rincara la dose.

Durante una chiacchierata con Motor

Trend, il dirigente ha analizzato diversi

punti sui programmi futuri, lanciando un

messaggio, nemmeno troppo velato, tra

le righe. In pratica secondo il CEO, Tesla

AUTO ELETTRICA Il gruppo tedesco punta a tutta la fetta di mercato non dominato da Tesla

Volkswagen, giù la maschera: “Tesla ha il 50% del mercato elettrico, noi vogliamo il resto”Il CEO di Volkswagen US parla di prodotti “spacca-mercato” “con qualità VW al prezzo VW”

tiene saldamente in mano

circa il 50% dell’attuale mer-

cato per i veicoli elettrici, e

la sfida sarà essere i vincenti

sul restante 50%, e nessuno

al momento ha un prodotto

realmente vincente.

Ovviamente, il significato di

queste parole è che proprio

Volkswagen ha questo pro-

dotto “spacca mercato” e mancano solo pochi mesi al suo arrivo e, parafrasando

sempre Keogh, sarà “con qualità VW al

prezzo VW”, sottolineando ancora la vo-

lontà di proporre un prezzo più popo-lare, fattore che sarebbe effettivamente

importante. In quest’ottica Volkswagen

dovrà prima o poi affrontare anche un

altro problema: nel tentativo di ricrearsi

una reputazione tramite l’elettrico, smet-

terà di promuovere (e quindi vendere) le

vetture diesel?

Le custodie che bloccano il segnale delle chiavi sono utili e sicure

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

È passato meno di una mese da

quando Ford ha annunciato di

essere al lavoro per elettrificare

anche la sua gamma di pickup, molto

popolare negli Stati Uniti e nel mondo.

Ora abbiamo la prima conferma, seb-

bene non ufficiale, che esistono già dei

prototipi e che i lavori sono in uno stadio

abbastanza avanzato, grazie a delle foto

spia di quello che sembra proprio un F-

150 elettrico. Fotografato con la solita li-

vrea atta a celare il design, in realtà pare

AUTO ELETTRICA La conferma dopo l’annuncio di qualche mese fa: presto ci sarà un F-150 elettrico

Le prime foto del pickup F-150 elettrico FordAncora non si sa nulla sulle specifiche, ma sicuramente F-150 non ha rivali sul mercato

identico al modello con motore endoter-

mico, quindi con poco o nulla da nascon-

dere. Nel dettaglio ingrandito si nota che

la porta di ricarica si trova sulla parte

frontale, nella parte bassa del paraurti. Il

Presidente del mercato globale di Ford,

Jim Farley, ha precisato che gran parte

del capitale dell’azienda americana è

indirizzato al settore trucks e ai servizi,

Volkswagen presenta la nuova Passat GTE, con la nuova batteria l’autonomia cresce del 40%Oltre ad alcune auto elettriche, Volkswagen ha anche la gamma GTE, tra le cui fila c’è la nuova Passat, ora con batteria da 13 kWh di M. ZOCCHI

La nuova Volkswagen Passat era attesa e ora la casa ufficializza il lancio della gamma MY2019, che comprende anche Passat GTE, la versione ibrida plug-in, introdotta alcuni anni fa. Per l’ibrida tedesca non arriva solo un restyle estetico ma anche tecnico con la batteria al litio che cresce sensibilmente, passando dai vecchi 9.9 kWh agli attuali 13.0 kWh. L’autonomia elet-trica di conseguenza aumenta fino a 55 km, secondo il ciclo omologa-tivo WLTP. Non sembra molto, ma in realtà è un plus di circa il 40%, considerando che se si fosse usato il vecchio ciclo NEDC l’autonomia dichiarata sarebbe stata di ben 70 km. L’auto sarà disponibile in va-riante berlina e wagon ad agosto, con pre-ordini che saranno aperti già a maggio, prima in Germania e poi negli altri mercati. Il motore ha una potenza totale di 160 kW, di cui una parte dal motore benzina turbo 1.4 TSI (110 kW) e il restante dall’unità elettrica (85 kW). Nono-stante l’aumento di batteria, il cari-catore non è stato rivisto, rimanen-do fermo a una potenza massima di 3.6 kW, che si traduce in circa 4 ore per una ricarica completa. Come tutte le plug-in, una volta terminata l’energia elettrica dispo-nibile, la vettura si comporta come una normale ibrida.

in particolare sulla serie F appunto, che

ha registrato vendite nell’ultimo anno

per più di un milione di unità. Ancora non

sappiamo nulla sulle specifiche, poiché

non è mai stata fatta una presentazione

ufficiale del progetto, ma quello che è

noto è che F-150 non ha rivali sul merca-

to e rappresenterebbe una importantis-

sima aggiunta al mercato dell’elettrico.

di F AQUINI

Amazon è ufficialmente entrata,

con un investimento definito

“significativo”, nell’affare della

guida autonoma. L’ha fatto finanzian-

do una delle startup più promettenti

nell’ambito della guida autonoma: Au-

rora, che insieme al finanziamento

sostanzioso di Amazon (e a quello di

altre aziende), ha raccolto anche 530

milioni di dollari da Sequoia, una soci-

età di venture capital californiana par-

ticolarmente concentrata sulle startup

tecnologiche. Del resto Aurora non è

nuova a investimenti consistenti da

parte di grandi aziende. Nel passato

ha destato l’interesse di diverse case

automobilistiche, tra le quali Volkswa-

gen e Hyundai.

Ma di cosa si occupa in concreto la star-

tup in cui ha investito Amazon? Fonda-

mentalmente realizza un kit composto

da hardware, software e servizi che

possono essere integrati “a pacchet-

to” all’interno di un’auto dai rispettivi

produttori, dando la possibilità a questi

veicoli di diventare completamente au-

tonomi e viaggiare su tutte le strade del

mondo.

GUIDA AUTONOMA L’obiettivo di Amazon è Aurora, startup che progetta la guida autonoma

Amazon entra nel business della guida autonomaA cosa punta Amazon? A un sistema autonomo di consegna dei pacchi o a qualcosa di più?

“I veicoli basati sul sistema di Aurora

sono dotati di uno stesso hardware

e software di guida autonoma, il che

consente ad Aurora stessa e ai suoi

partner di beneficiare dell’economia di

scala riducendo il costo dell’hardware

e consentendo al software di imparare

dall’esperienza combinata di tutti i vei-

coli che adottano la piattaforma”.

Ora la vera domanda è: che interesse

ha Amazon in una startup del genere?

La prima risposta, quasi scontata, po-

trebbe essere quella di voler dotare un

veicolo per la consegna dei pacchi di

tutto il necessario per diventare total-

mente autonomo. Ma ci potrebbe es-

sere qualcosa di più. Tutti sanno infatti

che Amazon è attiva su più fronti e su

più tipologie di business, che spaziano

dai servizi consumer ai data center per

le grandi aziende fino all’intelligenza

artificiale. Possibile che nel futuro di

Amazon ci sia anche un veicolo a guida

autonoma per il trasporto di persone?

Probabilmente non è la prima finalità

del progetto, ma mai dire mai.

Aurora, per ora, dichiara di aver inte-

grato il suo sistema all’interno di cinque

veicoli di diversi produttori, ma non è

ancora chiaro quando sarà possibile

vedere uno di questi sistemi all’interno

di un veicolo commerciale.

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MAGAZINEn.26 / 1911 FEBBRAIO 2019

La moto elettrica svedese Cake ora è anche da strada, Europa inclusaCake trasforma la sua moto elettrica da offroad Kalk OR in Kalk&, ora legalmente utilizzabile sulle strade di Europa e Stati Uniti di M. ZOCCHI

Avevamo già parlato di Cake, start up svedese che ha creato una moto elettrica leggera e maneg-gevole, Kalk OR, dedicata al moto-cross e all’offroad in gererale. Ora l’azienda annuncia che, dopo il suc-cesso ottenuto, ha sviluppato una versione “street legal” della sua due ruote. Il nome diventa quindi Kalk& e sebbene esteticamente sembri praticamente identica, ha reso necessarie alcune modifiche per adattare i componenti alle va-rie omologazioni. Kalk& sarà infatti utilizzabile sia sulle strade ame-ricane che su quelle europee. La moto ovviamente, essendo molto simile, mantiene la sua influenza dalle eBike da enduro e downhill, soprattutto per quanto riguarda la maneggevolezza e la semplicità di guida. La batteria nella versione sportiva era da 2.6 kWh, non molto in effetti, ma non sappiamo se re-sterà uguale o verrà aumentata. Si tratta comunque di una mezzo evi-dentemente indirizzato alla mobili-tà urbana. Cake prevede di aprire i preordini a marzo, dopo aver co-municato prezzo finale e caratteri-stiche definitive, con una caparra di 200 euro. Il prezzo di Kalk OR era di circa 14.000 dollari, per cui anche la nuova nata dovrebbe ag-girarsi intorno a queste cifre, forse solo leggermente ribassate grazie ai volumi produttivi e all’esperien-za maturata in un anno.

di M. ZOCCHI

Ve ne avevamo parlato tempo fa,

quando esistevano solo dei rende-

ring digitali e tanti buoni propositi,

ma in questi mesi gli ingegneri di RMK

hanno continuato a lavorare sodo, fino

ad arrivare al primo prototipo reale di E2,

la prima moto elettrica con il motore nella

ruota. Detto così sembrerebbe riduttivo,

sono tante le moto che hanno il cosid-

detto hub motor nel mozzo posteriore,

ma RMK è andata oltre, prendendo spun-

to dalla fantascienza, con la ruota che è

essa stessa il motore, con il sistema di

avvolgimenti e magneti nascosti nel cer-

chio. Due tralicci tengono in posizione

fissa la parte interna del cerchio, mentre

quella esterna, gommata, gli gira intorno

grazie all’energia fornita dai classici cavi

arancioni ad alta potenza.Questa solu-

MOBILITÀ SOSTENIBILE Finalmente RMK E2 è realtà. La parte dura è accontentare i preordini

RMK E2 è pronta per la produzione. La prima moto al mondo con la ruota-motoreLa ruota posteriore ruota su se stessa, nascondendo nel cerchio il motore elettrico

zione, oltre ad essere incredibilmente

futuristica, ha permesso a RMK di evitare

tutta la meccanica di trasferimento del

moto, catena o cinghia che sia, e libe-

rare lo spazio normalmente occupato

dal motore centrale. Così ha potuto ag-

giungere più celle al litio, le 18650 per

la precisione, per l’autonomia dichiarata

di 200-300 km in condizioni reali, tra le

migliori nelle moto elettriche. Adesso

verrà la parte veramente dura, ovvero

accontentare i preordini ricevuti finora.

Per chi fosse interessato è ancora pos-sibile versare la caparra di 2.000 euro,

per poi saldare l’intera cifra alla conse-

gna, ovvero altri 23.000 euro. Per altri

dettagli e immagini è possibile visitare il

sito rmkvehicles.com.

Nissan, addio al diesel per il van NV200. Resta solo la versione elettricaNissan ha comunicato che la produ-zione della versione diesel del van NV200 cesserà prima della prossima estate. Il popolare furgoncino, realiz-zato negli stabilimenti di Barcellona, dirà quindi addio al motore endoter-mico, con la sola versione elettrica a rimanere sul mercato, con la sigla E-NV200. Al momento non ci sono notizie circa la possibilità che anche E-NV200 possa ricevere in dote la batteria da oltre 60 kWh della Nissan Leaf e+, come in passato già successo con il passaggio alla batteria da 40 kWh. Al momento quindi le specifiche tecniche restano le seguenti:

• Autonomia WLTP: 200 km in ciclo combinato o 301 km in ciclo urbano • Batteria: 40 kWh • Potenza motore: 80 kW • Potenza di ricarica AC: 6.6 kW • Potenza di ricarica DC: Chademo fino a 50 kW

DMOVE L’iniziativa avverrà durante un concorso di hacking

Tesla sfida gli hacker: una Model 3 in palio a chi hackera il software

di F. AQUINI

Chi vuole vincere

una nuovissima

Model 3 non

dovrà far altro che

hackerarne una. Que-

sta è l’ultima iniziativa

dell’iconico produttore

di veicoli elettrici. Da

sempre attenta alla si-

curezza dei propri vei-

coli, Tesla ha sempre

generosamente remunerato gli hackers che segnalano le vulnerabilità del sistema

o del software. Questa volta però ha deciso di fare di più: chi crackerà il software

dell’auto, vincerà una Model 3. Il tutto avverrà durante Pwn2Own, un concorso di

hacking organizzato da Trend Micro. Model 3 però non sarà l’unico premio, Tesla

infatti ha deciso di mettere in palio 900.000 dollari di premi. Il più grande dei quali

sarà di ben 250.000 dollari e andrà a chi riuscirà ad eseguire del codice sul ga-

teway (che connette il motore con il resto dello chassis e dei componenti), sul pilota

automatico o sul Vehicle Controller Secondary System (VCSEC, il sistema responsa-

bile dei sistemi di sicurezza e dell’allarme). Secondo David Lay, vice presidente dei

software del veicolo, “Sviluppiamo le nostre auto con i più alti standard di sicurezza

in ogni aspetto e il lavoro con la community di ricerca sulla sicurezza per noi è

inestimabile “. Inestimabile o meno, chi ha le abilità giuste potrà, tra circa un mese,

portarsi a casa una Tesla Model 3 gratis (o meglio ancora 250.000 dollari).