3 Storia della Filosofia

29
mario cina padova - 2013 Storia della Filosofia 3. La Sofistica in 20 schede ____________________________________________ 44. Conclusione sul periodo cosmologico 45. L’evoluzione del pensiero umano 46. Nascono i Sofisti 47. Chi sono i Sofisti 48. I Sofisti e la società moderna 49. La Sofistica e l’Illuminismo 50. La Sofistica e la rivoluzione pedagogica 51. Protagora (1/2) 52. Protagora (2/2) 53. Gorgia (1/3) 54. Gorgia (2/3) 55. Gorgia (3/3) 56. La modernità della Sofistica: la Storia 57. La modernità della Sofistica: la Politica 58. La modernità della Sofistica: la Religione 59. La modernità della Sofistica: l’uomo e la legge 60. La modernità della Sofistica: la legge e i potenti 61. La modernità della Sofistica: la filosofia del linguaggio 62. La modernità della Sofistica: la potenza del linguaggio 63. La crisi della Sofistica e la sua rivalutazione Riflessioni personali sul Relativismo 1. Il Relativismo etico 2. La filosofia dell’immanenza 3. Chi decide il valore morale 4. Democrazia e relativismo etico 5. Morale e selezione naturale 6. La visione atea del mondo 7. I valori oggettivi 8. Il Dio dei cristiani ____________________________________________

description

La Sofistica in 20 schede

Transcript of 3 Storia della Filosofia

Page 1: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

Storia della Filosofia

3. La Sofistica in 20 schede

____________________________________________

44. Conclusione sul periodo cosmologico

45. L’evoluzione del pensiero umano

46. Nascono i Sofisti

47. Chi sono i Sofisti

48. I Sofisti e la società moderna

49. La Sofistica e l’Illuminismo

50. La Sofistica e la rivoluzione pedagogica

51. Protagora (1/2)

52. Protagora (2/2)

53. Gorgia (1/3)

54. Gorgia (2/3)

55. Gorgia (3/3)

56. La modernità della Sofistica: la Storia

57. La modernità della Sofistica: la Politica

58. La modernità della Sofistica: la Religione

59. La modernità della Sofistica: l’uomo e la legge

60. La modernità della Sofistica: la legge e i potenti

61. La modernità della Sofistica: la filosofia del linguaggio

62. La modernità della Sofistica: la potenza del linguaggio

63. La crisi della Sofistica e la sua rivalutazione

Riflessioni personali sul Relativismo

1. Il Relativismo etico

2. La filosofia dell’immanenza

3. Chi decide il valore morale

4. Democrazia e relativismo etico

5. Morale e selezione naturale

6. La visione atea del mondo

7. I valori oggettivi

8. Il Dio dei cristiani

____________________________________________

Page 2: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

1

SCHEDA DI FILOSOFIA - 44 -

Conclusione sul periodo cosmologico

Alla fine del periodo cosmologico subentrano nel campo della ricerca filosofica le

novità portate dalla Sofistica. Facciamo allora una breve sintesi della filosofia

presocratica, filosofia che dominò il periodo iniziale di questa avventura del

pensiero umano. Questo primo periodo è chiamato, come già anticipato, periodo

cosmologico.

Chiariamo che il termine presocratico non è da intendere in senso

cronologico bensì concettuale.

I Presocratici, o meglio Presofisti, studiano la natura mentre i

Sofisti e Socrate si occuperanno dell’uomo.

I Presofisti rifiutano le spiegazioni mitologiche dei fenomeni naturali (physis) e

cercano soluzioni razionali.

Essi si chiedono quale sia l'origine (arché) delle cose, ovvero cosa sia la realtà

unica ed eterna di cui la natura è solo mutevole manifestazione.

Questo è il quadro riassuntivo dei Presofisti.

Il Problema fondamentale è Cosmologico ossia è la ricerca sulla natura (physis)

Scuole Componenti Archè Caratteristiche

Gli Ionici di Mileto

-Talete

-Anassimandro

-Anassimene

-Acqua

-Àpeiron (infinito)

-Aria

Aristotele definì, questi

primi pensatori come

fisiologi, ovvero filosofi

della natura (physis).

I Pitagorici

-Pitagora

(Filolao, Timeo di Locri,

Archita di Taranto)

-Numero Elaborazione scientifica

della matematica.

Gli Eraclitei -Eraclito

-Logòs (ragione) di cui

il fuoco ne è il principio

fisico.

La vita nasce dalla lotta

dei contrari.

Gli Eleati

-Senòfane

-Parmenide

(Zenone, Melisso)

-Terra

-Parmenide non cerca

l’arché ma l’Essere

(Ontologia).

Le cose non sono come

appaiono ai sensi ma

come la ragione le pensa.

I Fisici pluralisti

-Empedocle

-Anassagora

-Democrito e Leucippo

-quattro radici (fuoco, acqua, terra e aria)

-infiniti semi (spèrmata).

-atomi

Non c’è un solo archè ma i

princìpi sono molteplici.

Page 3: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

2

SCHEDA DI FILOSOFIA - 45 -

L’evoluzione del pensiero umano

Affinché qualche cosa possa diventare oggetto di ragionamento coerente è

necessario che questo qualcosa sia univocamente individuabile e circoscritto

mentre è del tutto evidente come non si possa indagare razionalmente una

molteplicità di temi quando questi ci appaiono sconnessi tra di loro.

Ebbene agli albori della ricerca filosofica il cosmo appare un singolo tema

mentre l’uomo no o meglio l’uomo è considerato facente parte del cosmo ossia

cosa tra le cose senza alcuna posizione privilegiata.

Questo è il motivo in base al quale la Filosofia nasce come tentativo di

spiegazione del cosmo e della ricerca del principio del tutto (arché) mentre

trascura la comprensione logica della particolare natura dell'uomo.

La Filosofia degli inizi non può che essere filosofia cosmologica.

Ma il pensiero umano si evolve e quindi solo successivamente, dopo più di un

secolo, si arriva alla filosofia morale volta allo studio dell’uomo.

La filosofia del cosmo ha il suo punto di partenza dall’esperienza diretta e da

quanto ci comunicano i sensi. Essa poi si sviluppa riconducendo i diversi

avvenimenti cosmici al principio primo (arché) evidenziandone le loro

connessioni con detto principio.

Allo stesso modo nasce e si sviluppa la filosofia morale.

Essa non può che partire dai princìpi morali correnti e successivamente si

chiede se tali principi morali siano veri/falsi, giustificabili/ingiustificabili.

Se io conosco la natura del leone mi aspetto che questo mi azzanni ed allo

stesso modo, se conosco la natura dell’uomo, posso definire fondato o

infondato il suo agire.

Pertanto, la condizione necessaria perche sorgesse una filosofia

morale era che venisse prima determinata la natura dell’uomo

perche essa si differenzia dall'essenza di tutti gli altri esseri.

Se io non conosco la natura dell’uomo, in che cosa consista la sua essenza, io

non posso sapere che in che cosa si possa realizzare questa natura.

E solo su queste basi, in connessione con l'essenza dell'uomo e della sua

vera areté (Virtù), era possibile fissare la determinazione degli autentici

valori: il bene, il giusto, il bello, il santo, e cosi di seguito.

Page 4: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

3

SCHEDA DI FILOSOFIA - 46 -

Nascono i Sofisti

La ricerca condotta dai filosofi Presofisti sullo studio del cosmo e sull’origine del

tutto non era approdata ad un’unica soluzione, le varie scuole e i diversi filosofi

avevano dato risposte diverse. A questo punto la ricerca dei filosofi naturalisti

entrò in crisi proprio perché non si era giunti ad una visione organica del mondo.

Ma c’è anche dell’altro.

Tutte queste filosofie più o meno ateistiche, nate e sviluppatesi soprattutto nelle

colonie della Ionia e della Magna Grecia, avevano turbato gli aristocratici della

madrepatria, rimasti fermi alla mitologia di Omero ed Esiodo.

Ma nel frattempo era accaduto un importante fatto politico-militare ovvero il

trionfo dei greci sui persiani. A questa vittoria avevano dato il grosso dei

contributi le classi dei mercanti e dei piccoli proprietari terrieri sia in danari e sia

in soldati di fanteria (opliti) che costituivano ora il nerbo dell’esercito sostituendo

in tale ruolo la cavalleria rimasta appannaggio dei nobili.

Il nuovo contesto sociale, storico e politico vedeva ormai il trionfo assoluto della

democrazia che trova l’apice nella famosa orazione tenuta da Pericle in onore dei

caduti in guerra e nella quale è ribadita la specificità della democrazia ateniese

(... Qui ad Atene noi facciamo così...). Questo periodo storico vede dunque

una notevole trasformazione politica in senso democratico, che riflette una chiara

preponderanza del modello sociale basato su arte e artigianato, edilizia e

cantieristica navale, commercio e professioni liberali e scientifiche, rispetto al

modello tradizionale fondato sull'agricoltura. Ma conseguentemente sorgono

nuove necessità mirabilmente rappresentate da L. Geymonat.

“vivere attivamente in democrazia significa partecipare ad assemblee, prendervi

la parola, far valere con efficace discorso la propria opinione frammezzo alle altre

opinioni; e perciò saper pesare le varie accezioni e sfumature dei vocaboli, avere

nell’orecchio le più felici espressioni dei poeti, riuscire a disporre i periodi in un

ordine che incateni l’attenzione, accenda le fantasie e susciti i consensi: significa,

insomma, possedere quel complesso di cognizioni grammaticali, lessicali,

sintattiche, stilistiche, letterarie, che costituisce l’arte dell’eloquenza.

Alla crisi della filosofia naturalista ed alle necessità poste dal nuovo ordine sociale

rispondono i Sofisti. Il termine deriva da sophistès (=sapiente) ed è sinonimo di

sophòs (= saggio).

Nel V secolo a. C. i Sofisti indicarono gli intellettuali

che insegnavano dietro compenso il loro sapere

e che per questo motivo destavano scandalo.

Page 5: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

4

SCHEDA DI FILOSOFIA - 47 -

Chi sono i Sofisti

Con i Sofisti cambia l’oggetto della ricerca filosofica e, dallo studio della natura, si

passa allo studio dell’uomo: si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale.

Abbandonato il cosmo i Sofisti affrontano i problemi delle leggi,

della politica, della socialità, dell’educazione e così

diventano i filosofi dell’uomo e della polis.

Nei tempi antichi si indicavano come Sofisti gli uomini sapienti e illustri, Pitagora

era certamente un Sofista, i mitici Sette Savi (secondo Platone:Talete di Mileto,

Solone da Atene, Biante di Priene, Pittaco da Mitilene, Cleobulo da Lindo, Chilone

di Sparta, Misone di Chene) erano Sofisti.

Ma nel V secolo chi erano i Sofisti? Come erano considerati?

Il quel secolo i Sofisti erano intellettuali, certamente sapienti, che insegnavano la

loro sapienza dietro remunerazione e proprio qui, secondo gli aristocratici, si

annidava lo scandalo.

Furono definiti “prostituti della cultura” da Senofonte mentre Platone e

Aristotele li demonizzarono come falsi sapienti e venditori di merce spirituale.

Tanto è stata forte l’influenza dei due grandi filosofi che ancora oggi sofista ha

assunto il significato di sottile cavillatore, di colui che, in male fede, agisce solo

formalmente in modo corretto per raggirare il prossimo ed il cibo sofisticato

indica appunto cibo adulterato. La critica moderna ha però rivalutato la Sofistica

dando atto della sua importanza storica e filosofica.

Abbiamo detto che alle necessità poste dal nuovo ordine sociale rispondono i

Sofisti. Il loro scopo è rendere gli uomini, ceto dirigente, politici e avvocati in

particolare, più abili nello svolgimento delle competizioni civili. Sono

sorprendentemente moderni perché rendono servizio dietro pagamento.

Il loro insegnamento verteva principalmente sulla retorica ovvero l’arte del

parlare e dello scrivere in modo ornato ed efficace (Treccani) e dove si insegna la

distinzione tra l’essere vero e il sembrare vero.

In democrazia tutti i liberi cittadini partecipano alle cariche pubbliche e ciascuno

fornisce contributi alla vita politica. I Sofisti educano i membri delle assemblee

alla conoscenza dei mezzi con i quali l’individuo può acquistare successo negli

affari e potenza fra il popolo, indirizzandolo alla scelta del giusto, non più

ordinando, ma spiegando e convincendo.

Page 6: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

5

SCHEDA DI FILOSOFIA - 48 -

I Sofisti e la società moderna

Abbiamo già osservato come il primo momento della storia della filosofia sia

stato rappresentato dai filosofi naturalisti Presocratici, anzi Presofisti, la cui

attenzione era rivolta al mondo naturale ovvero al mondo oggettivo. Appare

quindi spiegabile come all’interesse dei primi filosofi per il mondo oggettivo,

esteriore - la natura -, sia seguito un periodo di attenzione indirizzata al mondo

soggettivo ossia nell’uomo.

Sono proprio i Sofisti ad essere gli autori di una rivoluzione culturale, si direbbe

“rivoluzione antropologica” nella Filosofia, perché al naturalismo orientato alla

conoscenza dell’oggetto, di ciò che è esterno a noi, fanno seguire una filosofia

che si rivolge al mondo propriamente umano, al mondo dei soggetti, a ciò che è

interno a noi.

Da Talete ad Anassagora furono condotti studi e meditazioni sull’essere, sulla

natura, ma quasi mai discorsi sull’uomo, sui rapporti umani, sulla politica, sul

contratto sociale, sulla convivenza civile, sulla morale: questo invece è l’oggetto

del secondo grande momento della storia della filosofia, la Sofistica.

I Sofisti costituiscono un momento obbligatorio nella storia della filosofia.

Sta nelle cose che dopo i naturalisti non possono che apparire loro, e, a loro

volta, loro non possono che essere successivamente superati dalle posizioni di

Socrate e di Platone. I Greci ritenevano giustamente che ci sia una logica in tutte

le cose, ma se ciò è vero, ed è vero, ci sarà ineluttabilmente una razionalità

anche nella storia della filosofia: la storia della filosofia segue un cammino di

sviluppo ben solido.

L’epoca odierna è sofistica, è segnata dal dominio dell’opinione,

dalla certezza che la verità non possa essere perseguita.

Viviamo in un tempo dominato dall’opinione, dalla sfiducia nell’

opportunità di raggiungere la verità, dallo scetticismo, e il dominio

dell’opinione si fa sentire oggi con i mezzi più potenti

cioè con i mezzi di comunicazione di massa.

I modelli di esistenza vengono imposti dagli “opinion leader” di turno

e non sono di certo ispirati da filosofi o da chi indaga la verità.

I Sofisti teorizzano il relativismo e lo scetticismo nella conoscenza, fattori che

comportano l’individualismo e l’egoismo nella vita pratica e tuttavia vedremo

come, alla luce della filosofia di Socrate e di Platone, queste culture possono

essere battute perché (a mio avviso) sono logicamente prive di fondamento.

Riassumendo i tratti della Sofistica affermiamo che Sofistica vuol dire regno

dell’opinione, sfiducia nella possibilità di raggiungere la verità, quindi

relativismo, scetticismo, soggettivismo, e di conseguenza individualismo.

Page 7: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

6

SCHEDA DI FILOSOFIA - 49 -

La Sofistica e l’Illuminismo

Secondo Hegel i Sofisti sono i “maestri della Grecia”. Sono considerati

“illuministi”, perché sono i primi che confrontano il tutto con il lume del pensiero,

del pensiero soggettivo.

Prima i Naturalisti, ovvero i Presofisti o Presocratici, avevano studiato la natura

mentre era mancata l’indagine filosofica sull’uomo, la morale, la politica. Sulle

questioni umane valeva l’autorità della tradizione, delle caste sacerdotali,

dell’aristocrazia.

I Sofisti contestano invece queste autorità rifiutando la fede nelle divinità olimpiche,

essi immettono il ragionamento al posto della passività, distruggono i contenuti

morali e introducono una mentalità critica abituando al confronto col pensiero.

Positivo nella Sofistica è che essa è “Illuminismo”, tentativo di illuminare col

pensiero il dogma, cioè le credenze non dimostrate. La Sofistica è contro

l’atteggiamento fideistico e dogmatico di ossequio all’autorità e alla tradizione

perché i contenuti non sono stati filtrati dal pensiero. Questo pensa il Sofista, e in

questo svolge un’azione innovativa nella civiltà. Dice Hegel: ”Il termine di ‘cultura’ è

indeterminato, significa in generale ‘coltivare’, ‘elevare coltivando’, se lo vogliamo

precisare ha questo significato: ciò che il pensiero libero deve conquistare lo deve

trarre da sé come propria convinzione”. I Sofisti accettano solo quello di cui si è

convinti, e respingono la regola tramandata o il comando di un’autorità; l’autorità e

la tradizione devono essere filtrati alla luce del pensiero, devono diventare libera

convinzione e quindi all’atteggiamento fideistico subentra l’atteggiamento riflessivo.

Illuminismo significa richiesta di legittimazione: se mi si vuol imporre qualche

cosa, mi si deve addurre il motivo della sua validità, non me lo si può imporre

sulla base di un’autorità.

Il pensiero diventa il punto di riferimento.

Per primi i Sofisti hanno introdotto la riflessione all’interno dei rapporti umani,

quindi nella morale, nella politica e nella società, mettendo l’uomo al centro

della realtà hanno compiuto una “rivoluzione antropologica”. La ragione non

investiga più l’essere, la natura, ma gli stessi rapporti umani.

Per i Sofisti il pensiero è la suprema istanza, è il supremo tribunale. Niente viene

accettato se non è passato davanti al tribunale del pensiero: “Il pensiero,

dunque, il pensiero identico a sé volge la sua forza negativa (si manifesta come

critica, perciò Hegel parla di “forza negativa”) contro le molteplici manifestazioni

particolari della teoria e della pratica, contro le verità della coscienza naturale

(cioè della coscienza ingenua) contro le leggi e i principi vigenti nella loro

immediatezza”. Tutto deve essere spiegato.

Page 8: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

7

SCHEDA DI FILOSOFIA - 50 -

La Sofistica e la rivoluzione pedagogica

I Sofisti furono ben consapevoli del valore educativo del sapere e si deve a loro il

concetto occidentale di “cultura” (paidèia) da considerare come formazione

globale della persona e non come somma di nozioni specialistiche.

Prima di loro accadeva che i cittadini della Polis fossero istruiti nella casa

paterna, dal padre stesso o dagli schiavi pedagoghi. Il sapere é inteso come

privilegio di casta e consiste essenzialmente in una formazione psico-fisica ed

etica ottenuta attraverso l’insegnamento di poesia, musica e ginnastica,

ginnastica che si era però estesa a un numero crescente di cittadini.

Quindi, dicono i sofisti, se si insegna l’areté (virtù, vigore fisico e morale) oltre i

limiti di casta, deve essere possibile farlo anche con l’areté intellettuale, cioè con

un tipo di sapere spendibile nella vita pubblica della Polis.

L’aretè non si fonda sulla nobiltà del sangue ma sul sapere.

I Sofisti insegnano le tecniche e le conoscenze che rendono tutti i liberi cittadini

eccellenti nella partecipazione democratica alla gestione del potere. Ma i cittadini

liberi, per eccellere, devono primeggiare nell’agorà con parole adeguate e

argomenti persuasivi (retorica) e attraverso la capacità di prevalere nello

scontro verbale (dialettica).

Pertanto i Sofisti non si pongono come “indagatori” bensì come educatori ovvero

come “dispensatori di sapere”.

L’importanza storica di tenere uniti sapere e pratica della vita è stato

puntualizzato da L. Geymonat:

“non può venir ritenuto secondario o inferiore rispetto a quello della ricerca

originale poiché le epoche più ricche di energia intellettuale (...) sono sempre

state epoche in cui è riconosciuta tutta l’importanza della divulgazione e in cui gli

uomini più preparati hanno dedicato ad essa una notevole parte della loro

preziosa attività. Non ci si può illudere infatti di incrementare seriamente la

ricerca senza allargare il campo di reclutamento dei ricercatori e per fare ciò

bisogna cominciare ad attirare all’interesse culturale il maggior numero di

persone attive della società. Anche sotto questo punto di vista il lavoro compiuto

dai Sofisti va considerato come uno dei più benemeriti per lo sviluppo della

società greca.”

Negando il valore della tradizione e dell’educazione intesa come privilegio

aristocratico i Sofisti entrano in conflitto con l’ordine costituito della Polis.

Page 9: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

8

SCHEDA DI FILOSOFIA - 51 -

Protagora (1/2)

Protagora (Abdera 486 a.C. – mar Ionio, 411 a.C.) è considerato il padre della

Sofistica, fu uomo di non comune eloquenza e di grande fascino intellettuale.

L’asserzione che lo consegna alla storia è, appunto, famosissima:

“L'uomo è la misura di tutte le cose di quelle che sono in quanto sono

e di quelle che non sono in quanto non sono”.

I critici hanno dato diverse interpretazioni sul significato di uomo e cose.

1. Uomo inteso come singolo individuo e cose come oggetti percepiti

attraverso i sensi: lo stesso cibo pare sapido a me e insipido a te;

2. Uomo inteso come comunità, civiltà e cose come valori: la mentalità

greca è diversa da quella persiana;

3. Uomo inteso come umanità e cose come visione della realtà universale.

Ma è possibile che Protagora intendesse l’uomo nella sua totalità, ai vari livelli di

sviluppo della sua umanità ossia come singolo, come comunità, come specie.

Le cose, in questa visione, sono gli oggetti fisici, i valori e la realtà tutta.

Dal momento che l’uomo è il metro di valutazione si può definire la posizione di

Protagora una forma di umanismo.

Peraltro l’uomo di Protagora non si può confrontare con la realtà così com’è (la

realtà avrebbe un solo aspetto, sarebbe un assoluto) ma con la realtà così

come appare (detta fenomeno). Quindi l’approccio del grande Sofista è il

relativismo conoscitivo e morale.

Per Protagora non esiste dunque un’unica verità ma una miriade di

interpretazioni soggettive.

La filosofia di Protagora si può riassumere così:

(spunto tratto dall’ Abbagnano-Fornero)

Uomo Cose Teoria filosofica

individuo oggetti percepiti Umanismo: l’uomo è giudice

comunità valori Fenomenismo: la realtà è come appare

umanità la realtà in generale Relativismo: la verità è relativa

Page 10: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

9

SCHEDA DI FILOSOFIA - 52 -

Protagora (2/2)

Poiché L'uomo è la misura di tutte le cose consegue che per Protagora la

verità è relativa. Ciascun essere, ciascuna comunità si sceglie dunque la

propria verità, decide la propria legge, concorda le regole di convivenza civile

senza per questo contravvenire ad un Ordine superiore che non esiste.

La filosofia di Protagora sfocia allora in un soggettivismo anarchico che legittima

ogni comportamento?

Le cose non stanno proprio così. Lo stesso Protagora ritiene che esista pur

sempre un criterio di scelta che, beninteso può sempre cambiare in quanto non

assoluto.

L’unico criterio di scelta è il principio dell’utilità privata o pubblica.

Le teorie del vivere sociale devono aver riguardo soltanto

al bene del singolo ed al bene della comunità.

Protagora sostituisce alla verità assoluta e oggettiva il concetto di verità utile al

singolo, alla comunità, alla specie che è cosa ben differente dalla verità

soggettiva anarchica.

Sembrerebbe che la verità utile protagorea si fondi su un pragmatismo

amoralistico e tuttavia la si può intendere anche come un primo sforzo teso alla

responsabilizzazione dell’uomo nei confronti di se stesso e della società e forse la

nascita embrionale del concetto di pubblica utilità.

In definitiva secondo Protagora il Sofista deve essere un propagandista dell’utile,

egli è un intellettuale che attraverso l’abilità nella padronanza della parola

modifica le opinioni dei cittadini per il raggiungimento dell’utilità comune.

Se guardiamo gli intellettuali di oggi il pensiero di Protagora di 2.500 anni fa è

sorprendentemente attuale.

Quando Protagora afferma che compito del Sofista è rendere migliore il discorso

peggiore intende che occorre trasformare l’opinione meno utile in quella più utile.

Ma chi è che nella Polis stabilisce che cosa sia l’utile se non i più forti, i più ricchi,

i più potenti?

Questo fu l’esito negativo finale del Sofismo che divenne l’ideologia

dell’aristocrazia.

Page 11: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

10

SCHEDA DI FILOSOFIA - 53 -

Gorgia (1/3)

Gorgia, discepolo di Empedocle, nacque a Lentini, Siracusa, nel 480-485 a.C. e

morì circa un secolo dopo a Larissa (Grecia).

Se il pensiero di Protagora nasce dal relativismo, Gorgia parte invece da una

posizione di nichilismo (dal latino medievale nichil, "nulla"). Gorgia sosteneva

tre tesi interconnesse:

1. l'Essere (Verità assoluta) non esiste, ossia nulla esiste;

2. se esistesse, non sarebbe comprensibile;

3. se fosse comprensibile, non sarebbe comunicabile né spiegabile.

La dimostrazione delle tre proposizioni ha il fine di escludere la possibilità

dell'esistenza d'una verità oggettiva.

Secondo Protagora esisteva una verità relativa perché ciascun uomo ha una

sua verità, per Gorgia invece non esiste alcuna verità e tutto è falso, perché

l'Essere non c’è e se ci fosse non sarebbe né conoscibile né esprimibile.

1. l'Essere non esiste, ossia nulla esiste: Gorgia contrappone fra loro le

diverse (opposte) concezioni dei filosofi Fisici sull’Essere le quali sono tali da

annullarsi reciprocamente con risultato nullo;

2. se l’Essere esistesse, non sarebbe comprensibile: se due fenomeni (ad

es. vista e udito) avessero proprietà diverse non sarebbe possibile esprimere un

giudizio su uno di essi (vista) in base alle caratteristiche dell’altro (udito). Lo

stesso accade per la ragione e l’esperienza. In base alla ragione non si può

affermare la verità o la falsità dell’esperienza e quindi se l’Essere esistesse non

sarebbe comprensibile dalla ragione.

3. se l’Essere fosse comprensibile, non sarebbe comunicabile né

spiegabile: La terza tesi è dimostrata da Gorgia negando alla parola la sua

capacità di significare, in modo veritativo, qualcosa che sia altro da sé.

Noi diremmo più semplicemente che la parola tradisce il pensiero.

Così il divorzio fra essere e pensiero diventa anche divorzio (altrettanto radicale)

fra parola, pensiero e essere.

Page 12: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

11

SCHEDA DI FILOSOFIA - 54 -

Gorgia (2/3)

La Verità e la verità di Gorgia. Poiché Gorgia distrugge la possibilità di

raggiungere la Verità assoluta, ossia l'aletheia, non rimarrebbe che l’opinione,

cioè la doxa. Ma Gorgia considera la doxa “la più infida delle cose”. Il Filosofo

cerca dunque una terza via fra l'Essere (Verità) e l’opinione (doxa). Non la Verità

assoluta è la via ma la verità delle esperienze umane che illumina la vita degli

uomini di tutti i giorni.

C'è una virtù relativa a ciascuna azione e a ciascuna età, e per

ciascuna opera per ognuno di noi. E così ritieni il vizio.

La potenza della parola. Se per Gorgia non esiste una Verità assoluta e

neanche relativa (come invece riteneva Protagora), è chiaro che la parola viene

ad acquistare una sua autonomia pressoché sconfinata, perché non è legata dai

vincoli dell'Essere (Verità assoluta).

Gorgia scopre così quell’aspetto della parola per cui essa è portatrice (a

prescindere da ogni vero) di suggestione, di persuasione e di credenza.

Ed è proprio la retorica l'arte che sfrutta a fondo questo aspetto della parola.

La retorica può essere così definita l'arte del persuadere che prescinde dalla

Verità (che non esiste) bensì è legata alla pura credenza.

[La retorica è] l'esser capaci di persuadere i giudici nei tribunali, i consiglieri nel

Consiglio, i membri dell'assemblea popolare nell’Assemblea e così in ogni altra

riunione che si tenga fra cittadini.

Si spiega così anche l'enorme successo che, come Protagora, Gorgia raccolse

ovunque si recò. Il suo successo fu dovuto alla taumaturgica potenza della parola

capace di persuadere tutti su tutto si credeva di poter trovare lo strumento

insostituibile per dominare.

Definizione della poesia. Anche l'arte come la retorica, non mira al vero, bensì

alla mozione dei sentimenti; ma, mentre la retorica con la mozione dei

sentimenti persegue fini pratici, mirando a ingenerare persuasione e credenza in

relazione a questioni etiche, sociali e politiche, l'arte persegue fini teoreticamente

quanto praticamente disinteressate.

Gorgia non solo intravede, ma in una certa misura esplicita la valenza estetica

del sentimento, e quindi della parola che lo produce.

Page 13: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

12

SCHEDA DI FILOSOFIA - 55 -

Gorgia (3/3)

Un altro aspetto importante del pensiero gorgiano è il pensiero tragico della

vita: Gorgia è dell’avviso che l’esistenza sia qualcosa di sostanzialmente

irrazionale e oscuro. Per lui l’agire dell’umanità non è sostenuto da logica o verità

bensì da circostanze, menzogne, passioni e un destino sconosciuto, che lo

rendono “determinato” e “incolpevole”. Questa teoria è affermata nell’ “Encomio

di Elena”.

Sappiamo che Elena tradisce il marito Menelao, re di Sparta, con Paride, principe

di Troia, scatenando con la sua infedeltà la famosa e tragica guerra omerica.

Il Filosofo dimostra come Elena sia innocente, poiché il movente del suo gesto è

esterno alla sua responsabilità.

Schematizzando, Elena può aver agito per questi motivi:

1. Per decreto degli dèi non si era potuta opporre al Fato: Elena

non ha colpa, in quanto nemmeno gli dèi stessi potevano

opporsi al Fato;

2. Era stata rapita con la forza: Elena non ha colpa perché è una

vittima, e la colpa è da assegnare a Paride;

3. Era stata persuasa dalle parole di Paride: Elena non ha colpa

perché nelle parole è presente una fortissima carica

persuasiva se queste sono pronunciate da un abile oratore;

4. Era stata vinta dalla passione amorosa: Elena non ha colpa

perché è una vittima dal momento che fu Afrodite a farla

innamorare.

Ebbene Gorgia, consapevole della fragilità e della nullità umana, giustifica Elena

perché ritiene tutta l’umanità incolpevole.

Intelligenza tormentata, dal fondo tragico, Gorgia costituisce uno dei casi più

atipici del pensiero greco. Nonostante l’incomprensione dei secoli, da cui è stato

ridotto a puro giocoliere della parola, nella sua opera c’è qualcosa di profondo e

di inquietante, che solo la mentalità moderna può adeguatamente recepire.

Purtroppo la mancanza di testi non permette di svelare a fondo tutto l’enigma del

suo pensiero. (Abbagnano-Fornero)

Page 14: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

13

SCHEDA DI FILOSOFIA - 56 -

La modernità della Sofistica: la Storia

Si vuole ricordare che la visione della storia degli antichi Greci si basava sul mito

di Esiodo per il quale la civiltà era una decadenza progressiva dell'umanità da

una iniziale età dell'oro.

La Sofistica sostituisce alla concezione regressiva una teoria della storia come

progresso che spiega il lento emergere dell’uomo dal suo essere primitivo al fine

di raggiungere l’armonia della convivenza civile mediante le “tecniche” e le leggi.

A dire di Protagora l'uomo si differenzia dagli animali e supera le sue naturali

debolezze entrando in società e creando le “tecniche”, cioè quel complesso di arti

(dall'agricoltura all'urbanistica) mediante le quali trasforma il mondo circostante

a proprio vantaggio.

La tecnica di tutte le tecniche è la politica, ossia l'arte di vivere insieme nella

città, che il sofista, non concepiva come un'arte che riguarda ogni uomo poiché

tutti si è uomini della polis.

Teorie simili esprime Prodico secondo il quale l’uomo, dalla condizione iniziale di

brutalità e soggezione alla natura, giunge alla fondazione di società organizzate

sul lavoro e sulle leggi.

Egli appare ottimista sulle possibilità umane ed esalta il lavoro come via che

conduce gli uomini alle conquiste più elevate.

Antifonte accenna all'idea della “concordia” fra gli uomini vissuta come

condizione e scopo della società.

Il filosofo prova un sentimento melanconico dell'esistenza tanto da essere

paragonato a Leopardi pur nella diversità del contesto storico culturale dei due.

La rilevanza di queste teorie sulla storia e sul progresso è ragguardevole.

Al di là di Protagora, di Prodico e di Antifonte, le manifestate teorie indicano

come l'Atene delle tecniche, della democrazia e dei Sofisti si sia sviluppata in un

concetto di civiltà inteso come sforzo progressivo di modifica dell'ambiente

naturale e sociale a vantaggio dell'uomo.

Smarrita in parte con la successiva filosofia greca e medioevale, tale

concezione filosofica ricomparirà nel Rinascimento e nel mondo

moderno, divenendo tipica dell'Occidente sino ai nostri giorni.

Page 15: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

14

SCHEDA DI FILOSOFIA - 57 -

La modernità della Sofistica: la Politica

La Sofistica ritiene che l'uomo sia tale non soltanto perché possiede le

“tecniche” che governano la società ma anche l'arte del vivere insieme ossia la

politica, politica che appartiene a ciascun uomo. Questa visione è

magnificamente rappresentata nel mito di Prometeo esposto nel “Protagora” di

Platone di cui se ne trascrive il riassunto (Abbagnano-Fornero).

Quando gli Dèi ebbero plasmato le stirpi animali, incaricarono Prometeo (pro + métis = il preveggente) ed

Epimeteo (epi + métis = l'imprevidente) di distribuire ad esse le facoltà di cui ciascuna stirpe conveniva che

fosse dotata per poter sopravvivere. Epimeteo fece la distribuzione. Assegnò ad alcuni animali la forza senza la

velocità, ad altri, i più deboli, assegnò la velocità perché potessero salvarsi con la fuga di fronte ai pericoli; ad

altri dette mezzi di difesa e di offesa o altra capacità che rendesse possibile la loro conservazione. Agli animali

più piccoli dette la possibilità di fuggire con le ali o di nascondersi sotto terra. A quelli più grandi, dette, appunto

con la grandezza, il modo di conservarsi.

E così distribuendo ad ognuno una facoltà appropriata, fece in modo da evitare che qualche razza si spegnesse.

Distribuì inoltre spesse pelli e pellicce per difendere gli animali contro il freddo invernale e i calori estivi. E

procurò ad ogni specie animale un cibo diverso: o le erbe, o i frutti degli alberi, o le radici o, ad alcuni animali,

la carne degli altri animali. Ai carnivori tuttavia assegnò prole poco numerosa, mentre dette una prole

abbondante alle loro vittime in modo da garantire la conservazione delle loro specie.

Ora Epimeteo, che non era abbastanza saggio, non si accorse di aver distribuite tutte le facoltà agli animali

irragionevoli: il genere umano rimaneva ancora sfornito di tutto e Prometeo, che intervenne ad esaminare la

distribuzione fatta da Epimeteo, vide che mentre tutti gli altri animali erano attrezzaticonvenientemente per la

loro conservazione, l'uomo era nudo, scalzo, indifeso e inerme. Fu allora che Prometeo pensò di rubare a Efesto

e ad Atena il fuoco e l'abilità meccanica e di fame dono all'uomo.

Con l'abilità meccanica e col fuoco l'uomo fu così in grado di procurarsi la protezione, la difesa, le armi e gli

strumenti per procurarsi il cibo, dei quali l'incauta distribuzione di Epimeteo l'aveva lasciato privo.

Mediante l'abilità meccanica e il fuoco l'uomo poté inventare le case, le calzature, gli indumenti, nonché gli

strumenti e le armi per procurarsi il cibo. Cominciò anche ad articolare la voce con arte in modo da formarne

parole e nomi. E fu anche il solo essere mortale che, in quanto partecipe di un'abilità divina, onorò gli dèi e

costruì altari e immagini sacre. Ma tutto ciò non bastava ancora a garantire la vita degli uomini perché essi

vivevano dispersi e non erano in grado di combattere le fiere. Cercavano bensì di riunirsi e di fondare città per

difendersi; ma quando si riunivano, non possedendo l'arte politica, cioè l'arte di vivere insieme, si facevano

torto a vicenda e quindi di nuovo si disperdevano e perivano.

Dovette allora intervenire Zeus a salvare per la seconda volta il genere umano dalla dispersione: egli mandò

Hermes a portare fra gli uomini il rispetto reciproco e la giustizia affinché fossero principi ordinatori delle

comunità umane e creassero presso i cittadini vincoli di solidarietà e di benevolenza. E a differenza delle arti

meccaniche che non furono date tutte a tutti, giacché, per esempio, un sol medico basta a molti profani, Zeus

stabilì che tutti partecipassero dell’arte politica, cioè del rispetto reciproco e della giustizia, e che coloro che si

rifiutassero di parteciparne fossero allontanati dalla comunità umana od uccisi.

Emergono due verità:

a) che il genere umano non può conservarsi senza politica e senza

tecniche di governo;

b) che queste arti (non sono istinti o impulsi) devono essere apprese.

Page 16: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

15

SCHEDA DI FILOSOFIA - 58 -

La modernità della Sofistica: la Religione

La problematica religiosa dei Sofisti risulta storicamente e

filosoficamente importante perché rompe la concezione sacrale

dell'esistenza nella Grecia antica e svela che l'uomo

“indipendentemente da ogni ordine già dato, indipendentemente dalla

necessità di una legge divina, è egli stesso che costruisce il suo

mondo, si costituisce in ordine civile, amministra la sua casa e la

città, fonda colonie e dà nuove leggi”. (F. Adorno)

Protagora afferma che “Degli dèi non sono in grado di sapere né se sono né se

non sono né quali sono: molte sono infatti le difficoltà che si frappongono: la

grande oscurità della cosa e la limitatezza della vita umana”.

Questa rappresenta la prima affermazione filosofica di agnosticismo religioso,

cioè di quella teoria secondo cui Dio non è razionalmente affermabile o negabile,

in quanto non si possiedono strumenti mentali adeguati per ammetterne od

escluderne l'esistenza.

Prodico sostiene invece che:

“Gli antichi consideravano dèi, in virtù dell'utilità che ne derivava, il sole, la luna,

i fiumi, le fonti e in generale tutte le cose che giovano alla nostra vita, come per

esempio, gli Egiziani, il Nilo. E per questo il pane era considerato come Demetra,

il vino come Dioniso ... “.

Egli riduce gli dèi a proiezioni dell'utile e del vantaggioso, e sotto sottintende

un'ipotesi sull'origine umana del fenomeno religioso che solo nel mondo moderno

conoscerà radicali sviluppi.

Crizia rivendica che gli dèi sono invenzione dei governanti i quali non potendo

opprimere direttamente i governati, fanno loro credere che esista una divinità

invisibile che conosce e punisce i comportamenti illegali stabiliti da chi governa.

La divinità è come la polizia segreta che controlla le coscienze dei sudditi!

Anche la teoria di Crizia della genesi politica della religione anticipa quei filoni

della filosofia moderna, quali ad esempio dell'illuminismo e del marxismo, che

tenderanno a ridurre la religione a stratagemma sociale o a strumento di dominio

delle classi dominanti, ad oppio dei popoli.

Page 17: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

16

SCHEDA DI FILOSOFIA - 59 -

La modernità della Sofistica: l’uomo e la legge

Anticamente si credeva che le norme sociali derivassero dagli dèi. I Sofisti

proclamano invece la loro origine tutta umana. Del resto già nella democrazia

ateniese c’era dibattito di pareri nell’assemblea che poi si traduceva in leggi, e

quindi si evinceva la coscienza del carattere umano e sociale delle norme.

Ma se le leggi sono opera umana, che cosa obbliga a rispettarle?

Secondo Protagora l'uomo diventa uomo soltanto entrando in società e

inventando le tecniche tra cui la più alta è la politica senza la quale si tornerebbe

allo stato belluino. È proprio la genesi umana delle leggi ad implicare la

giustificazione della loro validità: pur non derivando dagli dèi e pur essendo

invenzione umana, le leggi devono essere rispettate, perché senza di esse non ci

sarebbe la società e quindi l'uomo.

In Protagora esiste continuità fra natura e legge perché l'uomo, attraverso la

società, realizza in pieno la propria natura ed il proprio utile. Invece nei Sofisti

posteriori c’è una antitesi fra natura e legge.

Ippia distingue nettamente fra legge naturale immutabile “valida in ogni paese e

nel medesimo modo” e legge umana mutevole. Egli preferisce la legge naturale

perché ritiene che unisca gli uomini al di là dello spazio e del tempo, mentre la

seconda li divide. Da questa distinzione Ippia fa derivare un ideale

cosmopolita ed egualitario che, già presente in Democrito, rappresenta una

novità per il mondo greco e per la civiltà antica in genere.

Antifonte porta alle estreme conseguenze questa teoria e compie un ulteriore

passo verso la totale “dissacrazione” delle leggi. Infatti egli ritiene “vera” solo la

legge di natura, mentre quella umana la reputa “opinabile”, oppure decisamente

falsa.

Ma che cos'è, precisamente, tale legge di natura? Secondo Antifronte

la legge di natura si identifica con la spinta verso il conveniente e la

concordia, cioè con valori che la legge della città, che opprime

l'individuo e lo mette contro i suoi simili, tende a ridurre a zero.

Su questa via, Antifonte riprende in modo più marcato le idee cosmopolite di

Ippia, affermando, contro ogni pregiudizio, l'uguaglianza di natura fra gli uomini.

Page 18: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

17

SCHEDA DI FILOSOFIA - 60 -

La modernità della Sofistica: la legge e i potenti

Trasimaco afferma che la pretesa giustizia costituisce una semplice maschera

che nasconde gli interessi dei potenti.

La giustizia è “l'utile del più forte” e le leggi sono soltanto strumenti

di cui si servono i gruppi al potere per tutelare i propri interessi.

Anche secondo Crizia le leggi sono soltanto paraventi attraverso cui i potenti

tutelano i propri interessi. Ed è proprio per fare rispettare le leggi che essi, come

si è visto, inventano il timore degli dèi.

Callicle estremizza ancora questa visione sostenendo che la legge di natura si

identifica e deve identificarsi con “il diritto del più forte” e che le leggi civili sono

soltanto mezzi di difesa “inventati” dai deboli per salvaguardarsi dai potenti.

In altre parole i deboli, non reggendo lo scontro sul piano immediato

della forza, avrebbero cercato di difendersi da essa

con la mediazione della politica e delle leggi.

Licofrone e Alcidamante, seguendo Antifonte, approfondiscono il tema

dell’uguaglianza, giungendo alla soluzione che anche la stessa divisione fra

uomini liberi e schiavi è frutto di un arbitrio convenzionale, perché tutti gli uomini

sono uguali per natura:

“Il dio dette la libertà a tutti la natura non ha fatto alcuno schiavo”.

Si osservi che il dibattito sofista sulle leggi, attraverso le diversificate posizioni,

appare assai ricco e stimolante.

In particolare, la distinzione generale fra leggi di natura (non scritte)

e leggi umane (scritte) costituisce una delle loro eredità più preziose,

in quanto rappresenta lo schema teorico che starà alla base di gran

parte della filosofia giuridica occidentale e delle moderne

“Dichiarazioni dei diritti dell'uomo”.

Page 19: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

18

SCHEDA DI FILOSOFIA - 61 -

La modernità della Sofistica: la filosofia del linguaggio

Gli antichi filosofi ponevano in relazione la realtà, il pensiero che la conosce e la

parola che l'esprime per cui il linguaggio non costituiva un problema. Anzi,

ritenevano (Parmenide) che pensiero = essere = verità.

I Sofisti invece demoliscono queste originarie certezze e mettono in crisi il

rapporto fra il linguaggio da una parte, la verità e la realtà dall'altra.

L'importanza della parola è una delle grandi scoperte dei Sofisti. Ma essi non si

limitarono a celebrarne la forza dirompente ma la portarono sul piano filosofico e

ne approfondirono i rapporti con la realtà e la verità.

Protagora, che aveva concepito l’uomo a misura di tutte le cose, sosteneva il

metodo dell'antilogia (anti = contro e logos = discorso) o del discorso doppio

(antitesi), cioè l'arte di costruire, su ogni questione, due discorsi contrastanti.

Secondo Platone il criterio dell'antilogia dimostrava la poca autorevolezza

filosofica dei Sofisti. Ma tale giudizio rimane valido per i Sofisti dell’ultimo periodo

mentre gli studiosi attuali tendono a vederne anche gli aspetti positivi se riferiti

ai fondatori della Sofistica.

È un fatto però che il principio dell'antilogia perda istantaneamente il suo

carattere “scandalistico” e mostri un impensabile spessore filosofico, non appena

si conducano le osservazioni che seguono.

Gli antichi pensavano che su ogni questione esistesse un solo e vero punto di

vista ed un unico discorso che lo potesse esprimere. Protagora ritiene invece

che non ci possa essere una situazione che non possa essere sviluppata da una

diversa visione e che quindi non possa dare luogo ad una interpretazione

differente.

L'antilogia può intendersi quindi come sana reazione all’assolutismo

teorico e pratico secondo cui una sola (possibile) interpretazione

della verità e della realtà coincida con la Verità e la Realtà stessa,

ignorando la molteplicità delle opinioni sulle cose e la complessità

inestinguibile delle prospettive da cui può essere osservata la realtà.

Se il punto di vista dogmatico esclude l’apertura verso, “l'altro”, il metodo

antilogico ha il merito, di far posto al “diverso” e al “nuovo” e quindi l'antilogia è

in connessione storico-politica con la democrazia secondo cui intorno ad ogni

problema vi possono essere opinioni opposte e che il dibattito indica apertura a

coloro che la pensano diversamente.

Page 20: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

19

SCHEDA DI FILOSOFIA - 62 -

La modernità della Sofistica: la potenza del linguaggio

Ricordiamo che per Protagora, non esistendo nessuna Verità, l’unico criterio di

scelta è il principio dell’utilità privata o pubblica. Ciò premesso l’antilogia del

Filosofo non può rompere del tutto il legame linguaggio-realtà perché essa deve

pur confrontarsi con l'utile: il linguaggio deve essere finalizzato all’utile e l’utile è

realtà.

Secondo la retorica gorgiana invece la parola non può dire nulla della realtà e

diventa qualcosa di completamente autonomo da essa e il legame essere-

pensiero-linguaggio ne esce frantumato.

Poiché “nulla esiste” la parola è tutto, aumenta la sua importanza e

potenza acquistando un'illimitata capacità seduttrice: “La parola è un

gran dominatore che con un corpo piccolissimo e invisibilissimo

divinissime opere sa compiere”.

Per Gorgia la retorica, intesa come arte del ben parlare, diviene dunque l'arte

della suggestione e della persuasione, per cui chi la detiene può dire di avere in

mano le chiavi della città e quindi la politica si riduce a retorica. Con lui il

relativismo sofistico perviene così ai suoi esiti estremi. Le sue tesi paradossali

stimolarono tuttavia la meditazione filosofica sul problema del linguaggio e dopo

Gorgia non fu più possibile evitare il problema se il linguaggio sia natura o

artificio convenzionale. Ci si chiese se il linguaggio abbia un'origine naturale, che

possa spiegare la connessione fra parola significante e cosa significata,

oppure se esso sia convenzionale e quindi autonomo rispetto alla realtà.

Anche Prodico di Ceo si occupò della connessione linguaggio-realtà. Egli,

studioso dei sinonimi, da un lato accetta la teoria dell'autonomia e

convenzionalità del linguaggio (infatti esistono i sinonimi, termini differenti che

indicano lo stesso oggetto) e dall'altro non esclude una certa connessione,

almeno primitiva, di esso con la realtà, come dimostra l'etimologia delle

parole (etymo = vero e logos = discorso) ovvero l’origine reale delle parole.

Le discussioni sul rapporto linguaggio-realtà indicano il passaggio da uno stadio

acritico dell'identità fra i due termini ad uno stadio critico del loro rapporto. Si

pongono quindi una serie di problematiche che formano ancor oggi tema di

dibattito tra i filosofi.

Page 21: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

20

SCHEDA DI FILOSOFIA - 63 -

La crisi della Sofistica e la sua rivalutazione

Con la “seconda generazione” dei Sofisti (VI secolo) abbiamo la crisi e il

disfacimento del movimento. Portando alle estreme conseguenze il metodo

“antilogico” di Protagora e la teoria di Gorgia dell'autonomia del linguaggio nei

confronti della realtà, la sofistica giunge infatti alla creazione della cosiddetta

“eristica” (da éiro = dico) ossia l'arte di vincere nelle contese, contestando le

dichiarazioni dell'avversario, senza guardare alla loro sostanziale verità o falsità

concettuale.

Questa è la Sofistica contro la quale lotteranno Platone ed Aristotele, trascinando

però nella comune condanna la “prima” Sofistica.

La storia dei Sofisti, a cominciare dal mondo greco, è una storia di condanne. I

Sofisti sono sempre stati visti nei loro aspetti più negativi e degradati e sono

apparsi come una sorta di “demoni della pseudoscienza” da opporre agli “angeli

del vero sapere”: Socrate, Platone ed Aristotele. È soltanto nell'Ottocento che

abbiamo timide avvisaglie di rivalutazione. Uno dei primi a porsi su questa via è

G.F. Hegel, che tuttavia li considera ancora in funzione di Platone e di Aristotele,

interpretati come loro necessario “superamento”.

W. Jaeger, uno dei maggiori studiosi del pensiero greco, muovendosi in

quest'ottica, scrive ad esempio che “I Sofisti sono un fenomeno così necessario

come Socrate e Platone; questi, anzi, senza di quelli sono affatto

impensabili”.

Un’altra corrente della critica novecentesca ha osservato la Sofistica con

maggiore apertura, insistendo sulle dimensioni filosoficamente più vivaci e

profonde del loro pensiero. In base a questa visione si è concluso che la

Sofistica: a) è un momento decisivo della storia intellettuale dei Greci; b) è

importante non solo in relazione a Platone ed Aristotele, ma anche perché ha

dibattuto con acume problemi ragguardevoli del pensiero filosofico quali la teoria

dell'uomo-misura, la contestazione gorgiana della metafisica (impotenza umana

di parlare dell’essere e delle strutture del reale), la tematica delle leggi e del

linguaggio. Si è imparato a distinguere nettamente fra i grandi maestri della

prima generazione e quelli della seconda, evitando di ridurre i Sofisti ad un

blocco unico, riassumibile in uno stesso giudizio di condanna.

Tale approfondimento critico ha reso questi “enfants terribles” della

filosofia greca storicamente più “veri”, più interessanti

e provocatoriamente “attuali”.

Page 22: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

21

RIFLESSIONE PERSONALE - 1 –

Il Relativismo etico

Nell’anno 1936, per la prima volta e a firma Guido Calogero, fine intellettuale e

filosofo morto nel 1986, il lemma relativismo compare nel XXIX volume

dell’Enciclopedia italiana. La definizione è: Termine filosofico, designante in

generale ogni concezione che considera la conoscenza come incapace di

attingere la realtà nella sua assolutezza oggettiva.

Nel campo etico, il relativismo non ammette che ci siano

leggi, norme e valori morali validi sempre, senza se e senza ma,

in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni circostanza.

Il relativismo afferma che i valori etici non hanno carattere di assolutezza e di

immutabilità, ma sono “relativi” all’evoluzione storica delle idee e delle culture.

Tali valori possono cambiare e anche perdere ogni validità attraverso:

- il mutare dei tempi e delle condizioni di vita;

- il mutare delle idee e dei modi di comprendere il senso e il fine della vita;

- le nuove acquisizioni scientifiche e tecniche.

Il progresso della scienza apre infatti vie nuove al progresso umano, migliora la

vita fisica e psichica delle persone e risponde ai bisogni sempre crescenti delle

moderne società complesse che non possono più vivere secondo le norme morali

adatte alle società agricole del passato.

Così le vecchie norme morali e i vecchi valori etici possono, anzi oggi devono,

essere sostituiti da nuove norme morali e da nuovi codici e valori etici, alternativi

ad essi.

Per il relativismo etico:

I valori etici non hanno un fondamento oggettivo e una base

stabile, e perciò sono soggetti al variare dei tempi, dei luoghi,

delle culture e dei modi di sentire e di pensare, sono quindi

“relativi”, cioè sono quelli che le persone e le società

liberamente si danno in piena autonomia.

Page 23: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

22

RIFLESSIONE PERSONALE - 2 –

La filosofia dell’immanenza

Alla radice del relativismo moderno c’è la filosofia dell’immanenza, secondo la

quale tutto è nell’uomo, nella sua storia e nel suo mondo e niente è al di fuori

dell’uomo (niente trascende l’uomo).

Per il filosofo pre-socratico Protagora “L’uomo è la misura di tutte le cose”. La

filosofia del Novecento ha interpretato la parola "uomo" con "comunità" (o civiltà)

e con "cose" i valori, o gli ideali, che ne sono fondamento: è solo l’uomo,

quindi, che giudica e decide i valori della società di cui fa parte.

Non esiste nulla che “trascenda”, che superi, l’uomo e il mondo.

La filosofia dell’immanenza, affermando che tutto è nell’uomo, nega che nel

pensiero ci sia una verità trascendente (al di fuori dell’uomo) e quindi che ci

possa essere un bene assoluto da riconoscere e a cui si debba aderire.

Afferma invece che la sapienza dell’uomo è dentro l’uomo e ogni conoscenza è

una “rappresentazione mentale” immanente e dunque soggettiva.

Inoltre nel campo dell’agire morale è l’uomo che nella sua sovrana indipendenza

determina i beni da perseguire e i valori da attuare.

L’uomo stesso è arbitro e misura ultima del bene e del male,

di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto.

L’uomo in quanto individuo decide per quanto riguarda la sua vita e la sua

attività di privato cittadino, e l’uomo in quanto cittadino facente parte di una

comunità politica, di un popolo, decide per quanto riguarda il bene comune della

comunità stessa. La conseguenza logica è che

Il relativismo moderno, confinato nell’uomo, è radicalmente ateo.

Per il relativismo etico esistono soltanto “opinioni” soggettive, non “verità” né

“certezze” obiettive, e quindi queste non possono imporsi a tutti.

Il Relativismo mette in primo piano la libertà umana, come ciò che propriamente

costituisce l’uomo, per cui questi non è legato da nessuna norma morale che a lui

si imponga dall’esterno del proprio io - ad esempio, da Dio e dalla Chiesa - ma è

“libero” di fare quello che vuole, con l’unico limite di non fare danno agli altri e di

non impedire agli altri di fare quello che essi vogliono o ritengono necessario e

utile al proprio benessere o al libero svolgimento della propria attività.

Page 24: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

23

RIFLESSIONE PERSONALE - 3 –

Chi decide il valore morale

In una società democratica, fondata sul relativismo etico, chi dovrebbe

determinare ciò che è giusto o sbagliato?

In un paese democratico, e quindi tollerante, non c’è dubbio che la decisione

spetti alla maggioranza del popolo che, periodicamente, si alterna a seguito di

libere elezioni.

Se in un dato momento la maggioranza delle opinioni personali tra i cittadini

elettori di una comunità, di un paese, di una nazione dovesse ritenere che ... il

cannibalismo, ... la pedofilia, ... l’eutanasia, ... la poligamia, ... la tortura, ... lo

stupro, ... l’aborto, ... l’olocausto, ... fossero un bene per la società, o fossero

comunque accettabili in nome di un superiore interesse generale, allora queste

pratiche diverrebbero vigenti e attuate in quella società.

Cosa si potrebbe logicamente opporre?

In una società permeata di relativismo etico parlare di “sempre

sbagliato” sarebbe un errore logico perché tutto dipende

inevitabilmente ed esclusivamente dalle credenze

del popolo di quel dato momento e in quelle date

circostanze e potremo quindi legittimamente

affermare, ad esempio, che

la pedofilia non sempre è sbagliata.

Nel campo del Relativismo etico “sempre” è un avverbio di troppo.

Per dirla con lo scrittore non credente Samuel Butler (1835-1902):

“La moralità è il costume del proprio paese e l’attuale sensazione dei propri

coetanei.

Il cannibalismo è morale in un paese cannibalista”.

Se non c’è nessun Altro a cui fare appello, allora non esiste nulla di giusto o

sbagliato in modo oggettivo e ad esempio l’abuso di bambini, dunque, non può

essere considerato sbagliato in modo definitivo, ma dipenderà sempre

dall’opinione che la maggioranza della società, in un preciso momento storico e

in particolari, limitate e circoscritte condizioni (il politicamente corretto impone di

dire così), ha espresso con un libero referendum.

Page 25: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

24

RIFLESSIONE PERSONALE - 4 –

Democrazia e relativismo etico

In base a che cosa posso dire all’assassino, allo stupratore, al pedofilo, al

nazista, al cannibale che le loro azioni sono sbagliate? Posso dire che sbagliano

sol perché io la penso diversamente da loro, perché la mia è un’opinione

personale? Che diritto avrei di imporre la mia opinione personale di condanna al

nazista? Lui mi risponderebbe, legittimamente, che i suoi valori morali sono

diversi dai miei e prevedono, impongono e giustificano l’olocausto. E poiché le

opinioni sono personali il mio parere vale quanto il suo, mi ricorderebbe che i

valori morali sono soggettivi e che in ogni caso la maggioranza vince.

Una democrazia fondata sul relativismo etico, inteso come apertura e accoglienza

acritica di tutte le opinioni, rischia di far scomparire ogni confine morale nel

Potere.

Il relativismo è spesso presentato come necessario, in quanto atteggiamento

autenticamente democratico che consente di accogliere di buon grado tutte le

opinioni e di adeguarsi con velocità ai cambiamenti sociali. Nella visione

relativista, infatti, la democrazia è concepita come mero strumento, idoneo a

fissare le regole del gioco, cioè del confronto (e talora dello scontro) tra culture e

interessi, e a garantire, nel contempo, la pace sociale.

Non essendo riconosciuta a priori alcuna verità, come unico criterio

pratico di discernimento dei valori si assume la maggioranza come

regola aurea, al di là del bene e del male. Ogni scelta che riesca ad

avere il consenso dei più diventa, per ciò stesso, vincolante per tutti.

Se non esistono valori in grado di offrire un fondamento razionale e di porre un

limite, anche giuridico, alle decisioni della maggioranza, scompare ogni confine

morale al potere della maggioranza fino a ritenere inesistente un criterio

oggettivo e universale a fondamento della corretta gerarchia dei valori.

L'alleanza fra democrazia e relativismo etico toglie alla convivenza

civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più

radicalmente, del riconoscimento della verità.

Un’autentica democrazia si giustifica, e rivela il suo valore, nella

misura in cui consente la libera ricerca della verità, il confronto delle

opinioni, la correzione delle decisioni che si rivelano sbagliate.

Page 26: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

25

RIFLESSIONE PERSONALE - 5 -

Morale e selezione naturale

Quando si confrontano i valori dell’ateismo e i valori religiosi si deve rimanere nel

campo della razionalità e non dei singoli comportamenti.

Infatti è verissimo che esistono dei non cristiani, non credenti, laici, atei

(chiamiamoli come vogliamo), non solo nei paesi cristiani ma anche in quelli non

cristiani, che sono migliori dei credenti in Cristo.

Costoro vivono la “legge naturale”, che Dio ha messo nel cuore di ogni uomo,

sono docili alla voce dello Spirito “che soffia dove vuole”, più di molti battezzati

credenti e magari anche praticanti.

Ma questo non vuol dire nulla. Qui si parla di una legge morale codificata e valida

per tutti e in tutti i tempi, non della situazione personale di alcune o molte

persone.

Michael Ruse, zoologo e professore di filosofia presso la Florida State University,

ateo convinto e dichiarato, ha detto che la pedofilia è immorale e questa è una

verità oggettiva e non soggettiva.

“La mia posizione è che la biologia evolutiva pone su di noi alcuni assoluti. Si

tratta di adattamenti proposti dalla selezione naturale.”

“La morale allora non è una cosa tramandata a Mosè sul monte Sinai. E’ qualcosa

forgiata nella lotta per l’esistenza e la riproduzione, qualcosa modellato dalla

selezione naturale”.

Ma se anche fosse che oggi esistessero valori oggettivi derivati dalla selezione

naturale, come ad esempio la condanna della pedofilia, con lo stesso criterio

dell’evoluzione perché dovremmo escludere che domani, magari tra centomila

anni, la pedofilia non venga accettata? Sempre di evoluzione si tratta, o no?

Non essendoci nulla di prescritto, di tramandato da Dio agli uomini

attraverso una rivelazione, arrivando integralmente dalla selezione

naturale, il fatto che una cosa sia giusta o sbagliata, dunque, è

puramente una scelta emozionale del momento. L’unica cosa

che rende sbagliata una crudeltà sterminata è il fatto che

ora quella cosa sia personalmente spiacevole (e domani?).

Page 27: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

26

RIFLESSIONE PERSONALE - 6 -

La visione atea del mondo

Nella visione atea del mondo l’essere umano non è nient’altro che un primate

dalla posizione eretta, e i sistemi di valori hanno un significato identico a quello

degli abitanti della giungla. Immaginare che l’uomo sia qualcosa di più è quasi

una bestemmia per l’apparato culturale riduzionista-neodarwinista. L’amoralità

degli atei (ovvero l’impossibilità ad affermare qualcosa come perennemente

giusto o perennemente sbagliato, ma sempre relativo) si trasforma in una forma

di debolezza sociale nel contrastare i terribili mali che attanagliano la nostra

società. Il ”relativismo morale” infatti può gettare le basi filosofiche, ad

esempio, per aprire la strada all’accettazione e all’approvazione della pedofilia (e

altro).

È assiomatico dire che in una società atea non vi è qualcosa di

morale o di immorale, ma solo l’amoralità.

Nella comunità atea la morale è un termine utilizzato per descrivere il sistema

che un individuo (o una società di individui) preferisce soggettivamente. I

valori dunque non sono altro che riflessi delle preferenze soggettive

prevalenti, i quali ovviamente si adatteranno alle mutevoli esigenze. Non c’è

nulla di perennemente giusto o perennemente sbagliato.

Secondo il neodarwinista ateo Jerry Coyne in una visione atea della vita, non

può esservi nulla di intrinsecamente sbagliato, non è oggettivamente

sbagliata la pedofilia come non lo è qualsiasi altra cosa. La “morale laica” si basa

sulle preferenze personali del momento della società: oggi la pedofilia è

sbagliata, ma non è detto lo debba essere sempre. Dipenderà dai gusti che

avremo domani e dalla capacità della “società” (movimenti politici, intellettuali,

stampa, TV, cinema, ...) di condizionarci.

In una società che ha espulso Dio, una società radicalmente laica, è

implicito l’assenza di valori morali. Secondo Joel Marks, professore emerito

di filosofia presso l’University of New Haven “Anche se parole come “peccato” e

“male” vengono usate abitualmente nel descrivere per esempio le molestie su

bambini, esse però non dicono nulla ...”. Il ragionamento pare coerente: senza

un’Autorità Superiore, nulla è giusto e sbagliato. Dipende dall’opinione

sociale, dai media. L’opposizione alla pedofilia, ha continuato il filosofo non

credente, si basa solo su una sorta di preferenza: oggi preferisco così ma domani

sono libero di cambiare idea. Così è!

Page 28: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

27

RIFLESSIONE PERSONALE - 7 -

I valori oggettivi

Chiediamoci se oggi, per come si è evoluta la nostra società, esistano valori

morali oggettivi ossia validi a prescindere, valori validi senza se e senza ma, in

una parola se esistono valori morali sempre validi.

Affermare che l’omicidio è sempre sbagliato, lo stupro è sempre sbagliato,

torturare i figli è sempre sbagliato, la pedofilia è sempre sbagliata ecc.,

significa dichiarare valori morali oggettivi.

Diremmo forse che questi giudizi di condanna totale di omicidio, stupro, tortura,

pedofilia, sono opinioni personali?

Diremmo che lo stupro non è sempre sbagliato ma dipende da fatti e

circostanze?

Diremmo che la pedofilia non è sempre sbagliata ma dipende da fatti e

circostanze?

Un valore morale è ritenuto oggettivo quando rappresenta una verità

che si ritiene indiscutibile ovvero non negoziabile e la mia

conclusione è che sì, nella nostra società esistono valori

morali oggettivi, valori che valgono

sempre in ogni circostanza, tutte incluse, nessuna esclusa.

Quando non esistono valori morali oggettivi subentra il relativismo etico

e tutte le ignominie sono possibili e moralmente accettabili.

In una società relativista se io e il nazista manifestiamo valori morali diversi che

godono entrambi degli stessi diritti di cittadinanza, non è possibile definire un

valore giusto o sbagliato.

In tali circostanze sarebbe invece possibile definire soltanto un valore valido,

valido in quanto deciso come tale dalla maggioranza del momento. Nella società

relativista non esiste la moralità assoluta ma quella relativa a quel momento.

Affinché i miei valori siano sempre validi e quelli del nazista dichiarati sempre

fuorilegge occorre necessariamente un Giudice terzo che non cambia idea come

il popolo che, nel tempo e democraticamente, ha il diritto di cambiare opinione.

Page 29: 3 Storia della Filosofia

mario cina – padova - 2013

28

RIFLESSIONE PERSONALE - 8 -

Il Dio dei cristiani

Ma chi potrebbe essere il Giudice terzo che impone i suo volere all’umanità?

Potrebbe mai essere un uomo, o una comunità di uomini, dal momento che tutti

gli uomini sono uguali? Come potrebbero, il singolo o la comunità, esprimere

valori assoluti? Da cosa deriverebbe la loro autorità sugli altri uomini se sono

uomini anch’essi?

Per dare valori assoluti è necessario che questa Autorità sia al di fuori, anzi al di

sopra, degli uomini e al si sopra degli uomini si pone soltanto Dio.

Chi non crede in Dio può certamente vivere una vita etica o morale (lo abbiamo

già detto), ma senza Dio non ci può essere un valido fondamento logico su cui

basare i valori morali oggettivi.

Non a caso il grande laico Norberto Bobbio affermava: La morale razionale che

noi laici proponiamo è l’unica che abbiamo, ma in realtà è irragionevole (nel

senso che è priva di logica perché fondata sulla supremazia di un’opinione

sull’altra).

In genere si pensa che basti appellarsi alla coscienza per avere sufficienti

motivazioni per la moralità. La Chiesa dice che bisogna agire secondo

coscienza, ma la coscienza illuminata dalla Fede e dalla Parola di Dio, di

quel Dio che si è fatto uomo, non la coscienza personale di ciascuno.

L’uomo non può essere norma e giudice di se stesso, sopra di lui c’è il Creatore.

La “morale laica” non ha altro chiodo a cui attaccarsi che la coscienza personale e

il consenso popolare a una certa norma o comportamento.

Abbiamo compiuto un lungo percorso e penso che siamo arrivati a due importanti

conclusioni logiche:

1) Nella morale atea non possono esistere valori oggettivi ma solo soggettivi;

2) I valori morali oggettivi però esistono.

Se esistono i valori morali oggettivi, logica vuole che

deve esistere un Dio;

Chi non crede in Dio non ha un fondamento logico per i suoi valori

morali (e questo, ripetiamo, non significa che non ne possiede!).