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3 PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

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PERFORAZIONEE COMPLETAMENTO DEI POZZI

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3.1.1 Introduzione

Il termine perforazione indica il complesso di operazio-ni necessarie per realizzare pozzi di sezione circolaremediante tecniche di scavo che non prevedono l’acces-so diretto dell’uomo. Per perforare un pozzo è necessa-rio esercitare contemporaneamente le seguenti azioni:a) vincere la resistenza del materiale roccioso, frantu-mandolo in particelle millimetriche; b) rimuovere le par-ticelle di roccia, continuando ad agire su materiale sem-pre nuovo; c) mantenere la stabilità delle pareti del foro;d) impedire l’ingresso in pozzo dei fluidi contenuti nelleformazioni attraversate. Ciò può essere realizzato contecniche di perforazione diverse. In questo capitolo saran-no presi in esame gli impianti di perforazione a rotazio-ne, comunemente noti come impianti rotary. Questi, inpratica, sono oggi gli unici che operano nel campo del-l’esplorazione e della produzione degli idrocarburi. Gliimpianti di perforazione utilizzati a terra sono dei com-plessi di attrezzature mobili, che possono essere sposta-ti in tempi ragionevolmente brevi da un cantiere di perfo-razione all’altro, realizzando pozzi in serie. In partico-lare, nel seguito sarà descritto il tipico impianto rotaryper la perforazione di pozzi a terra per media e grandeprofondità, indicativamente superiore ai 3.000 metri. Gliimpianti per profondità minori utilizzano tecnologie ana-loghe, anche se semplificate per via delle minori solle-citazioni cui è soggetto l’impianto stesso. Riguardo allaperforazione a mare si veda il cap. 3.4.

Nella perforazione rotary il terreno è perforato median-te un utensile tagliente, detto scalpello, ruotato e con-temporaneamente spinto sulla roccia del fondo pozzo dauna batteria di perforazione. La batteria è composta diaste cave d’acciaio, di sezione circolare e avvitate tra loro.I detriti di perforazione generati dallo scalpello (cutting)sono portati in superficie mediante un fluido di perfora-zione, solitamente un liquido (fango o acqua), oppure un

gas o una schiuma, fatto circolare all’interno delle astefino allo scalpello, e di qui in superficie. La rotazione ètrasmessa allo scalpello dalla superficie mediante undispositivo detto tavola rotary (o da una particolare testamotrice), oppure con motori di fondo posti direttamentesopra lo scalpello. Dopo aver perforato un certo tratto diforo, per garantirne la stabilità occorre rivestirlo con robu-sti tubi, detti casing (o colonna di rivestimento), uniti congiunti filettati. L’intercapedine tra casing e foro è in segui-to riempita con malta di cemento, per assicurare la tenu-ta idraulica e meccanica. Il raggiungimento dell’obietti-vo minerario si realizza quindi attraverso la perforazio-ne di fori di diametro decrescente, protetti successivamenteda casing anch’essi di diametro decrescente, realizzan-do una struttura a tubazioni concentriche (v. par. 3.1.9).Il numero dei casing dipende dalla profondità del pozzoe dagli obiettivi minerari, oltre che dalle difficoltà diperforazione delle rocce attraversate.

L’impianto di perforazione è composto da una seriedi attrezzature e macchinari collocati in un apposito piaz-zale, sede del cantiere di perforazione. Normalmentel’impianto non è di proprietà della compagnia petrolife-ra, bensì di compagnie di servizio di perforazione, chenoleggiano l’impianto completo del personale addetto alsuo funzionamento, e realizzano il pozzo secondo le spe-cifiche del committente. L’insieme delle attrezzature piùimportanti è raffigurato nella fig. 1. Si è già ricordato chela rotazione allo scalpello è trasmessa attraverso una bat-teria di aste cave che terminano con un’asta di sezionequadrata o esagonale (asta motrice), che passa attraver-so la tavola rotary, e che le trasmette la rotazione. L’astamotrice è avvitata alla testa di iniezione, che a sua voltaè connessa al gancio manovrato dalla torre di perfora-zione. La testa di iniezione serve a far passare il fangodal circuito idraulico di superficie verso l’interno delleaste. La batteria è manovrata con un sistema di solleva-mento, formato da un gancio collegato a una serie di

303VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

3.1

Impianti e tecnologie di perforazione

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304 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

1 taglia fissa2 torre di perforazione tipo mast3 piattaforma del pontista4 taglia mobile5 gancio6 testa di iniezione7 elevatori8 asta quadra o asta motrice9 bushing di trascinamento10 quadroni11 foro di ricovero per l’asta quadra12 foro di ricovero per l’asta da connettere13 argano

14 indicatore del peso della batteria

15 postazione di lavoro del perforatore

16 cabina del perforatore

17 tubo flessibile

18 accumulatori di pressione per il comando dei BOP

19 corridoio di sfilamento delle aste

20 scivolo

21 rastrelliera di ricovero delle aste

22 sottostruttura

23 tubazione di ritorno del fango

24 vibrovaglio

25 circuito di superficie per il controllo pozzo

26 separatore gas-fango

27 degassatore

28 vasca del fango di riserva

29 vasche fango

30 apparecchiature per la rimozione della sabbia

31 apparecchiature per la rimozione del silt

32 pompe fango

33 tubazione di mandata del fango

34 deposito dei materiali per il confezionamento dei fanghi

35 cabina di preparazione dei fanghi

36 serbatoi per l’acqua

37 serbatoi per il carburante

38 impianto di generazione della potenza

39 cavo

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fig. 1. Principali componenti di un impianto di perforazione.

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pulegge (taglia fissa e mobile), movimentato da un cavoe un argano. La taglia fissa è collocata in cima alla torredi perforazione, la struttura più appariscente e sceno-grafica dell’impianto di perforazione. La torre di perfo-razione ha la funzione di sostenere la taglia fissa ed ècaratterizzata da un’altezza tale da permettere la mano-vra verticale utile della taglia mobile, e quindi della bat-teria di aste in foro. Il fluido di perforazione si muove inun circuito chiuso: esso entra dalla testa di iniezione,passa attraverso le aste e lo scalpello, pulisce il fondoforo, risale nell’intercapedine tra aste e foro, ricade sulvibrovaglio, che separa i cutting dal fluido, e giunge allevasche di accumulo. Da qui è rimandato alle pompe fangoche, attraverso una tubazione rigida e un tubo flessibile,lo inviano nuovamente alla testa di iniezione, chiudendoil circuito. La circolazione del fluido di perforazione,comunemente detto fango, è l’elemento caratteristicodella perforazione rotary, poiché permette l’asportazio-ne continua dei cutting dal fondo foro. L’approfondimentodel foro richiede l’aggiunta periodica di nuove aste diperforazione, mentre la sostituzione dello scalpello, quan-do è usurato, impone l’estrazione di tutta la batteria diperforazione. Questa operazione, dispendiosa in termi-ni di tempo, è detta manovra.

Oggigiorno la ricerca e la produzione degli idrocar-buri si basa sulla perforazione di pozzi la cui profondità,in qualche caso, ha superato i 10 km. Negli ultimi decen-ni la necessità di contenere i costi di fronte a notevoli pro-blemi tecnici ha portato a grandi progressi nell’ottimiz-zazione delle tecniche di perforazione, nella conoscenzadei problemi relativi alla perforazione e alla stabilità dirocce a grande profondità e nella formulazione di fanghiper alta pressione e temperatura. Nella perforazione è difondamentale importanza raggiungere alte velocità diavanzamento, in condizioni di sicurezza, e ridurre i tempimorti. A questo proposito si ricorda che una manovra diestrazione della batteria di perforazione dal foro e la suasuccessiva manovra di discesa (per es., per un cambioscalpello) hanno una durata di circa 7 ore per profonditàintorno ai 3.000 m e di circa 12 ore per 4.000 m. Tempipiuttosto lunghi se si considera che la vita media di unoscalpello a queste profondità si aggira attorno alle 50-100ore di perforazione e che il costo di noleggio di un gran-de impianto per la perforazione a terra è dell’ordine di25.000 euro/giorno, mentre per gli impianti di perfora-zione a mare può oltrepassare i 200.000 euro/giorno.

3.1.2 Impianti di perforazionerotary

Ogni impianto di perforazione è costruito in tipologie,dimensioni e potenzialità dipendenti dalle finalità e dallecaratteristiche del foro da eseguire. Operativamente, lascelta del tipo d’impianto è fatta in base ai requisiti del

pozzo, considerando che il costo di noleggio è propor-zionale alla potenzialità e alle caratteristiche tecnologi-che dell’impianto stesso. Il criterio più semplice per laclassificazione degli impianti di perforazione è basatosul loro ambito d’utilizzo, per la perforazione di pozzi aterra o a mare, e sulla loro potenzialità, ossia la profon-dità di perforazione utile raggiungibile. Secondo questaclassificazione gli impianti di perforazione a terra si clas-sificano in quattro gruppi: a) impianti leggeri, fino a2.000 m; b) impianti medi, fino a 4.000 m; c) impiantipesanti, fino a 6.000 m; d) impianti ultrapesanti, perprofondità maggiori. Al crescere della potenzialità cre-sce il carico massimo applicabile al gancio e quindi anchela robustezza della torre. Un altro criterio di classifica-zione è la potenza installata sull’impianto, che nella perfo-razione petrolifera è dell’ordine di almeno 10 HP ogni100 ft di profondità, pari a circa 250 W/m. Secondo que-sto criterio, la classificazione precedente diventa: a)impianti leggeri, fino a 650 HP; b) impianti medi, finoa 1.300 HP; c) impianti pesanti, fino a 2.000 HP; d)impianti ultrapesanti, fino a 3.000 HP e oltre.

L’impianto di perforazione è trasportato e messo inopera in una zona livellata, detta postazione, che ospital’impianto di perforazione, le attrezzature di servizio, idepositi e gli alloggi del personale. L’area della posta-zione, la cui superficie è dell’ordine di 1 o 2 ettari, si tra-sforma quindi in un cantiere vero e proprio, poi sman-tellato al termine delle operazioni di perforazione chepossono durare da poche settimane fino a più di un anno,nel caso di pozzi esplorativi in situazioni difficili. Dopoaver realizzato la strada di accesso per il collegamentoalla viabilità ordinaria (se esistente), all’interno dellapostazione si costruiscono la cantina, la fondazione perl’impianto di perforazione e i vasconi per l’acqua, i fan-ghi e i reflui, e sono sistemate le zone che ospiteranno icontainer per gli uffici, il magazzino, l’officina, i servi-zi e gli alloggi per il personale, se il cantiere è lontanoda centri abitati. Va da sé che la disposizione di questearee deve essere razionalizzata, per occupare il minorspazio possibile, e recintata, per garantire la sicurezzanei confronti degli estranei al lavoro. La postazione èmunita di canali di scolo per raccogliere le acque meteo-riche e i liquidi accidentalmente versati a terra, ed è total-mente impermeabilizzata.

La preparazione della postazione prevede l’esecuzio-ne di uno sbancamento livellato, per rimuovere il terrenoagricolo, su cui si dispone uno strato di massicciata dellospessore di 30-40 cm, un telo di PVC (Poly Vinyl Chlor-ide) per impermeabilizzare, e infine un ulteriore strato dighiaia stabilizzata di 40-50 cm. La massicciata deve esse-re ben compatta, in modo da sostenere il traffico dei mezzipesanti che riforniscono il cantiere di personale, materia-li e servizi. Nel centro della postazione si scava la can-tina, uno scasso a pianta rettangolare o quadrata, ese-guito sulla verticale del pozzo, che viene rivestito da muri

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IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

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reggispinta e da una soletta in cemento armato, sul cuifondo si lascia un foro entro cui si imposterà il pozzo. Lacantina serve per creare una zona di lavoro pulita in cor-rispondenza della futura testa pozzo, e la sua profonditàdeve essere compatibile con l’altezza delle apparecchia-ture di sicurezza necessarie in fase di perforazione. Ledimensioni della cantina variano secondo il tipo di impian-to e di testa pozzo, e sono comprese tra 2 e 3 m di profon-dità, con un’area di circa 10-15 m2. I vasconi per i refluisi eseguono scavando delle fosse a parete inclinata, profon-de 2-3 m, e con area fino a oltre 100 m2, successivamen-te impermeabilizzate con teli di PVC e talvolta con stratidi betonite. Al termine della preparazione della postazio-ne, si esegue la prima operazione relativa alla costruzio-ne del pozzo, cioè la messa in opera del tubo guida, unatubazione d’acciaio lunga dai 10 ai 50 m, con un diame-tro di 70-100 cm. Se il terreno è sciolto, il tubo guida èinfisso tramite un battipalo, analogo a quelli utilizzati incampo civile per l’infissione di pali di fondazione.

La postazione, a norma di legge, deve avere dimen-sioni tali da permettere lo stoccaggio del materiale infiam-mabile o pericoloso a distanza di sicurezza dalla boccadel pozzo. Inoltre, essa deve consentire anche la siste-mazione della fiaccola, per bruciare gli eventuali idro-carburi venuti a giorno durante la perforazione, e devepermettere di ancorare a distanza di sicurezza la linea difuga per il pontista (v. par. 3.1.3). Al termine delle ope-razioni di perforazione, se il pozzo è sterile, si effettuail ripristino della postazione alle condizioni ambientalipreesistenti, e si restituisce al proprietario; se invece ilpozzo è produttivo, sulla testa pozzo si installano le attrez-zature di produzione e le si recintano permanentementeentro un’area più piccola, dell’ordine di qualche centi-naia di metri quadri.

Durante la perforazione di un pozzo, la funzione piùimportante in cantiere è dirigere e verificare le opera-zioni di perforazione, ruolo affidato a un rappresentan-te della committente, detto assistente di perforazione. Sitratta di personale assai qualificato e di provata compe-tenza tecnica e decisionale, che ha il compito di rendereesecutivo il progetto del pozzo elaborato in fase di pro-grammazione, stabilendo la sequenza operativa delle atti-vità svolte in cantiere. L’assistente di perforazione dispo-ne e controlla il buon andamento di ogni operazione,sovrintende alla sicurezza e informa la sede centrale dicontrollo circa l’andamento delle operazioni. In cantiereoperano spesso anche delle compagnie di servizio (con-trattiste) per l’esecuzione di operazioni speciali (cemen-tazioni, log, assistenza geologica, ecc.). Alcuni contrat-tisti hanno in cantiere una propria squadra con un rap-presentante; altri contrattisti intervengono invece achiamata, per brevi periodi. La conduzione vera e pro-pria delle operazioni di perforazione è affidata a unasquadra, in cui il numero di addetti varia da impianto aimpianto. Generalmente, negli impianti a terra si ha un

caposquadra, responsabile delle attrezzature dell’im-pianto, un perforatore, un pontista, tre addetti di sonda euno di piazzale, gli addetti alla manutenzione (elettrici-sta, meccanico, motorista) e uno o più guardiani. Il perfo-ratore lavora sul piano sonda, ha il controllo di tutti i mac-chinari di perforazione ed esegue la sequenza delle ope-razioni previste per la realizzazione del foro. Il pontistaopera su una piattaforma all’interno della torre e movi-menta le aste nella rastrelliera durante le manovre di disce-sa o di estrazione. I manovali di sonda, guidati dal perfo-ratore, provvedono ad avvitare e svitare i giunti delle astedurante le manovre e a mantenere pulito il piano sonda.Nel caso degli impianti per la perforazione a mare, il per-sonale è più numeroso e specializzato, essendo maggio-re la qualifica richiesta dalle operazioni. Tutto il perso-nale di cantiere lavora in turni giornalieri, generalmentedi dodici ore ciascuno; infatti, le operazioni di perfora-zione non sono mai sospese, se non in pochissime fasi,per gli alti costi di noleggio dell’impianto.

3.1.3 Sistema di sollevamento

Il sistema di sollevamento è il complesso di attrezzaturenecessarie per manovrare qualsiasi materiale all’internodel pozzo, e in particolare è costituito dalla batteria diperforazione e dalle colonne di rivestimento (casing).Esso è costituito da una parte strutturale (sottostruttura etorre di perforazione), dal complesso di taglia e gancio,dall’argano e dal cavo di manovra. La sottostruttura è labase d’appoggio per la torre, l’argano e la tavola rotary,e costituisce il piano di lavoro, o piano sonda, sopraele-vato rispetto al livello del terreno. La sottostruttura è costi-tuita da travi metalliche, che formano una struttura reti-colare facilmente smontabile, e poggia su fondazioni dicalcestruzzo o su una soletta di tavoloni di legno, realiz-zata attorno alla cantina, e ha un’altezza che varia da pochimetri fino a 10 m negli impianti più grandi. L’altezza dellasottostruttura deve essere tale da permettere il montag-gio delle attrezzature di sicurezza sulla testa pozzo.

La torre di perforazione è una struttura reticolare ditravi d’acciaio, la cui funzione è di sostenere l’insiemedi pulegge, poste alla sua sommità e denominate tagliafissa, cui sono sospese tutte le attrezzature manovrate inpozzo o movimentate sul piano sonda. Essa deve anchecontenere la batteria di perforazione in fase di manovra,suddivisa in lunghezze (gruppi di 2, 3 o 4 aste avvitatetra loro), funzione dell’altezza della torre. Infatti, l’al-tezza della torre deve essere tale da permettere il movi-mento verticale della taglia mobile per una distanza mag-giore della misura di una lunghezza. Per es., per movi-mentare una lunghezza di 3 aste (pari a circa 27 m), occorreuna torre alta circa 40 m. La torre è dimensionata perresistere ai carichi movimentati nel pozzo durante le fasioperative, che inducono sollecitazioni sia statiche sia

306 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

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dinamiche. Ogni torre è caratterizzata dalla propria por-tata nominale, definita da norme API (American Petrol-eum Institute), che stabiliscono il carico massimo appli-cabile al gancio. In base alle caratteristiche costruttive,le torri si possono classificare in torri convenzionali (tipoderrick) e torri ad antenna (tipo mast), secondo il modocon cui si procede al montaggio e allo smontaggio.

Un derrick (fig. 2) è una torre composta da elemen-ti tubolari o da profilati metallici che può essere com-pletamente smontata e rimontata. Gli elementi che com-pongono la torre sono relativamente piccoli e possonoessere movimentati con semplicità; ciononostante, i tempidi assemblaggio dell’intera struttura sono piuttosto lun-ghi. I derrick, un tempo costruiti in legno, sono state letorri più usate sino agli anni Trenta, quando iniziò la lorosostituzione con torri tipo mast, di più facile movimen-tazione. Di fronte a un lato della torre, sul piazzale diperforazione, vi è il parco tubi, un’area su cui sono appog-giati su una rastrelliera orizzontale tutti i materiali tubo-lari che dovranno essere calati nel pozzo (aste, casing,ecc.). Il parco tubi è collegato al piano sonda con unoscivolo inclinato, che facilita il sollevamento del mate-riale tubolare. A circa due terzi dell’altezza della torresi trova il ponte di manovra, costituito da una piattafor-ma sporgente all’interno del derrick, larga circa 1 m, sucui lavora il pontista durante le operazioni di manovra,

aiutando a stivare le lunghezze di batteria estratte dalpozzo entro un’apposita rastrelliera. Sul ponte di mano-vra è agganciata la linea di fuga del pontista, un cavoancorato a terra a opportuna distanza. Essa permette alpontista di allontanarsi velocemente con una telefericain caso di pericolo di eruzione. Oggigiorno i derrick,benché più stabili e robusti dei mast, si usano solamen-te a bordo di piattaforme per la perforazione a mare, ovela torre non deve essere mai smontata.

Il mast (fig. 3) è invece una torre costituita da trava-ture reticolari modulari e preassemblate, incernierate conspinotti, che può essere montata e smontata in poche ore.Il mast ovviamente possiede tutte le funzionalità di underrick. Le torri tipo mast sono, in generale, autosolle-vabili: dopo aver montato le travature della sottostruttu-ra e del piano sonda sopra la cantina (anch’esse preas-semblate in moduli), e aver assemblato le varie parti delmast orizzontalmente sul piazzale, a fianco della sotto-struttura, la torre è sollevata in posizione verticale tra-mite le funi e l’argano in dotazione all’impianto stesso.Gli impianti leggeri e medi, dotati di mast reclinabili,possono anche essere semoventi, montati su semirimor-chi. Essi sono utilizzati per eseguire lavori di manuten-zione su pozzi in produzione, oppure per la perforazio-ne di pozzi per acqua, dove le operazioni sono più brevi,ed è quindi necessario un impianto che si possa trasfe-rire con rapidità. I mast reclinabili hanno una minoreresistenza ai carichi orizzontali (per es., quelli dovuti alvento) ed è necessario controventarli con cavi d’acciaio.Per particolari situazioni di difficoltà logistiche, qualiper es. la perforazione in zone inaccessibili o in alta mon-tagna, sono disponibili impianti assemblati a blocchi, perfavorirne l’elitrasporto o l’aviotrasporto.

Come si è accennato, sulla sommità della torre sonocollocate le pulegge della taglia fissa. Il meccanismo dellataglia, costituito da una parte fissa e una mobile, è uninsieme di pulegge collegate da un cavo, manovrato dal-l’argano (fig. 4 B). La taglia fissa sostiene il carico appli-cato al gancio e ha la funzione di ridurre il tiro necessa-rio a sollevare il materiale tubolare impiegato per la perfo-razione del pozzo. Essa è posta in cima alla torre ed ècostituita da un insieme di pulegge (usualmente da 3 a 7)appoggiate su un’intelaiatura di profilati metallici. Lataglia mobile è costituita da un altro insieme di pulegge(una in meno rispetto alla taglia fissa), folli su un asse col-legato al gancio (fig. 4 A). Il numero di pulegge del com-plesso di taglia fissa e taglia mobile è scelto in base allaportata nominale della torre e alla velocità di sollevamen-to, che è inversamente proporzionale al numero di riman-di che collegano taglia mobile e taglia fissa; il numero deirimandi definisce anche il tiro che deve fornire l’argano.Il gancio è formato da una sezione superiore, fissa allataglia mobile, e una sezione inferiore, che costituisce il gan-cio vero e proprio. Le due sezioni non sono solidali, masono collegate con una molla poggiata su un cuscinetto,

307VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

fig. 2. Torre di perforazioneconvenzionale (tipo derrick).

fig. 3. Torre di perforazione ad antenna (tipo mast).

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che permette la rotazione del gancio e smorza gli strappidurante il sollevamento. Negli impianti moderni la tagliamobile e il gancio formano un unico complesso. Il gan-cio è caratterizzato dalla portata nominale, che nei gran-di impianti può arrivare fino a oltre 500 t.

L’argano è la macchina che trasmette la potenza perla manovra delle attrezzature in pozzo. I componenti fon-damentali dell’argano sono il motore, uno o più tambu-ri (o tornelli) contenenti un cavo d’acciaio, e i freni (fig. 5).A parte il motore, descritto nel seguito, l’argano è costi-tuito dai seguenti elementi: un tornello principale, su cuiè avvolto il cavo di manovra, che serve per sollevare labatteria di perforazione, i casing e per alzare e abbassa-re il mast; un tornello veloce, di diametro minore rispet-to al tornello principale, su cui è avvolto un cavo più pic-colo, utilizzato per la manovra veloce di materiale rela-tivamente leggero; l’impianto frenante, costituito da unfreno principale e da freni ausiliari, posti ai lati dell’al-bero del tornello principale. Il freno principale è un robu-sto freno a nastro, rivestito di ferodo, ed è utilizzato perarrestare la batteria durante la manovra di discesa, o perrilasciarla lentamente, durante la perforazione. Il frenoa nastro è l’unico dispositivo che riesce a bloccare com-pletamente il tornello, ed è utilizzato principalmente aquesto scopo; il suo utilizzo come dissipatore di energiaè limitato, poiché i ferodi si usurerebbero troppo velo-cemente. Per limitare l’usura dei ferodi, l’argano dispo-ne anche di freni ausiliari. Normalmente si usano unfreno idraulico e un freno elettromagnetico, dispositiviche non riescono a fermare completamente il tornello enon possono essere usati da soli. I vantaggi nell’utiliz-zare il freno elettromagnetico sono di non avere parti acontatto, soggette a usura, di essere regolabile più facil-mente rispetto al freno idraulico e di avere azione fre-nante anche a basse velocità; occorre ricordare però chela mancanza di corrente elettrica causa l’interruzioneistantanea dell’effetto frenante. Infine, molto spesso l’ar-gano è dotato di un cambio di velocità e di una frizione,per permettere la presa di potenza all’avvio. Il cambio,meccanico o idraulico, serve per utilizzare al massimola potenza fornita dal motore.

Il cavo di manovra contenuto nei tornelli dell’arganoè costituito da trefoli di fili d’acciaio avvolti a spiraleintorno a un’anima di materiale plastico, di fibra vege-tale o d’acciaio. La prima estremità del cavo (capo atti-vo) si avvolge sul tornello dell’argano, passando poi alter-nativamente sulle pulegge della taglia mobile e della tagliafissa, e infine l’altra estremità (capo morto) è ancorata aun elemento della sottostruttura. Su tale ancoraggio simisura la tensione del cavo, che permette di calcolare ilpeso delle attrezzature sospese al gancio (per es., batte-ria di perforazione, casing, ecc.). Il cavo, durante l’av-volgimento sul tornello e nel passaggio sulle puleggedelle taglie, è soggetto a usura, a infragilimento dei fili(a causa di surriscaldamenti locali) e a fenomeni di

308 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

cavo

argano principale

derrick

taglia fissa

taglia mobile

gancio

leva del freno

tamburoprincipale

argano

cavo

taglia fissa

taglia mobile

capo morto

ancoraggiodel capo morto

tamburodel cavo

di riserva

cavi

fig. 4. Sistema di sollevamento montato su una torre tipo derrick. Si notano l’argano, il cavo, la taglia fissa, la taglia mobile e il gancio.

A

B

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fatica per variazioni cicliche di tensione nell’avvolgi-mento sulle pulegge e sul tornello. Un metodo per valu-tare lo stato d’usura del cavo è l’ispezione visiva, ma èpoco seguito per l’incertezza, le difficoltà pratiche e iltempo richiesto. Un criterio più oggettivo consiste nel-l’associare l’usura del cavo al lavoro effettivamente svol-to, calcolabile in funzione della distanza percorsa sottocarico, e fissandone un limite massimo ammissibile. Illavoro compiuto dal cavo varia tra limiti assai ampi edipende dal numero di manovre eseguite. Per avere sem-pre cavo nuovo nei punti di maggiore usura, esso vienefatto scorrere periodicamente lungo il suo percorso, avvol-gendone un tratto sul tornello dell’argano e svolgendoneun ugual tratto da un tamburo di riserva, che contiene cavonuovo, sito a valle dell’ancoraggio del capo morto. Taleoperazione è detta scorrimento e si esegue quando si èraggiunto un determinato valore del lavoro compiuto dalcavo. Dopo alcuni scorrimenti lo spazio disponibile sultornello si esaurisce e si procede al taglio, che consistenel togliere 2 o 3 strati del cavo avvolto negli scorrimen-ti. Il tempo richiesto per eseguire uno scorrimento è mini-mo, mentre quello per un taglio è molto maggiore.

3.1.4 Sistema di rotazione

Il sistema di rotazione ha il compito di imprimere il motorotatorio alla batteria di perforazione, ed è formato dallatavola rotary, dall’asta motrice e dalla testa di iniezione(fig. 6). Nei moderni impianti è spesso presente anche

una testa motrice, detta top drive, che sintetizza le fun-zioni delle tre attrezzature precedenti. In casi particola-ri si preferisce imprimere la rotazione al solo scalpellotramite motori di fondo foro; poiché essi sono parte inte-grante della batteria di perforazione, saranno descrittiinsieme ai componenti della medesima.

La tavola rotary, collocata sul piano sonda, è costi-tuita da un basamento fisso che sostiene, tramite cusci-netti, una piattaforma girevole con un foro centrale. Laparte inferiore della piattaforma girevole monta una coro-na dentata su cui ingrana un pignone, azionato da unmotore. La tavola rotary ha il compito di far ruotare labatteria e di sostenerne il peso durante le manovre o laconnessione di una nuova asta, quando non può esseresostenuta dal gancio. Durante la connessione di una nuovaasta (o di un tratto di casing), la batteria è sospesa al forocentrale della tavola rotary per mezzo dei cunei e tuttoil carico sostenuto dal gancio si trasferisce dalla torrealle travi del piano sonda. La piattaforma girevole dellatavola rotary alloggia i quadroni, che possono essererimossi per fare passare attrezzature di grosso diametro.I quadroni, nella loro posizione di lavoro, permettonol’alloggiamento dei cunei per sospendere la batteria duran-te le manovre, o la connessione di una nuova asta, non-ché l’inserimento del portacunei di trascinamento (kellybushing), che imprime la rotazione all’asta motrice, inne-standosi per mezzo di spine entro i fori presenti sui qua-droni. La tavola rotary, standardizzata da norme API, èdefinita dal diametro nominale di passaggio attraversoil foro centrale (solitamente tra 20'' e 50'') e dal caricoche è in grado di sostenere. La potenza della tavola rotarydipende dalla profondità del foro (la maggior parte dellapotenza necessaria per ruotare le aste si dissipa infatti inattrito viscoso nel fango e di strisciamento contro le pare-ti del foro) e varia da poche decine fino a qualche cen-tinaio di kW, mentre la velocità di rotazione dipende dalleoperazioni di perforazione e può essere regolata da qual-che decina fino a circa 140 giri al minuto.

L’asta motrice, o asta quadra, è un’asta a sezione qua-drata o esagonale, che trasferisce il moto della tavolarotary alla batteria di perforazione. Essa riceve il motodai portacunei di trascinamento, cui è vincolata con unaccoppiamento scorrevole, e può quindi muoversi in ver-ticale anche quando è impegnata nella trasmissione dellarotazione. Grazie a ciò è possibile regolare con conti-nuità il peso sullo scalpello senza interrompere la rota-zione. Le aste motrici a sezione quadrata, usate fino aglianni Quaranta, sono oggi sostituite da aste a sezione esa-gonale, più robuste, che sono anche equilibrate dinami-camente per non vibrare durante la rotazione. L’asta motri-ce è più lunga di un’asta di perforazione, poiché lo spo-stamento verticale entro la tavola rotary deve permetterel’aggiunta di una nuova asta, mantenendo lo scalpello adistanza di sicurezza dal fondo del pozzo. Le aste motri-ci normalmente sono lunghe 12-16 m, cui corrisponde

309VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

motoreelettrico

motoreelettrico

trasmissioni a catene e ruote dentate

frizione perbassa velocità

frizione peralta velocità

frizione del tornello veloce

tornello velocealberodel tornelloprincipale

albero motore

albero distributore

levadel freno

frenoausiliario

postazionedi lavoro del perforatore

tornelloprincipale

trasmissionia catene e ruote dentate

fig. 5. Componenti dell’argano.

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una lunghezza utile di scorrimento di 11-15 m, rispetti-vamente. Per ragioni di sicurezza l’asta motrice è dota-ta di due valvole interne, una al piede e una in testa, utiliin fase di controllo del pozzo.

L’asta motrice è avvitata alla testa di iniezione, checostituisce il punto di collegamento tra la batteria diperforazione (rotante), il gancio e la tubazione di man-data del fango (non rotanti). Essa è composta di una partefissa e una mobile, e ha la duplice funzione di sostene-re la batteria di perforazione in rotazione e di connette-re il tubo di mandata del fango con l’interno delle aste.La testa di iniezione è un organo molto robusto, in gradodi sostenere un forte carico assiale rotante, tramite uncuscinetto reggispinta a bagno d’olio, garantendo con-temporaneamente condizioni di perfetta tenuta idrau-lica. La pressione di iniezione del fango può infatti

superare i 30 MPa e il peso della batteria di perforazio-ne le 200 t. La testa di iniezione, sospesa al gancio permezzo di una robusta maniglia in acciaio, segue i movi-menti verticali del gancio e deve essere quindi collega-ta alla tubazione di mandata del fango con un tubo fles-sibile, realizzato in gomma armata con fili d’acciaio.

Il top drive, o testa motrice, è un’attrezzatura relati-vamente recente, introdotta verso la metà degli anni Ottan-ta, che raggruppa in un unico sistema l’equipaggiamen-to per la connessione delle aste, la rotazione della batte-ria e la circolazione del fluido (fig. 7). Utilizzando il topdrive non occorrono più né asta motrice, né testa di inie-zione, e in teoria l’impianto potrebbe essere sprovvistodella tavola rotary. Le parti essenziali del top drive sonouna testina di iniezione, un motore (elettrico o idrauli-co) che permette la rotazione della batteria e un sistemaautomatizzato di movimentazione delle aste. Il complessodel top drive è sospeso al gancio ed è guidato da un car-rello scorrevole lungo due binari verticali, fissati allatorre, che offrono la coppia reattiva necessaria a impe-dire la rotazione di tutto il complesso e consentono illibero movimento verticale.

L’utilizzo del top drive rispetto alla tavola rotary per-mette numerosi vantaggi operativi, tra cui si ricordano:a) la possibilità di ‘perforare in lunghezze’ (aggiungen-do le aste a lunghezze, e non singolarmente), ottenendoun maggior controllo della perforazione; b) la riduzionedel tempo per la connessione delle aste, con minor rischiodi incidenti per il personale di sonda; c) la possibilità dieseguire la manovra potendo circolare fango e ruotare labatteria (back reaming), operazione impossibile con latavola rotary e utile per prevenire le prese di batteria; d)la possibilità di recuperare carote più lunghe, poiché si

310 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

tubo flessibile

gancio

testa di iniezione

giunto di connessioneall’asta motrice

valvola superioredell’asta quadra

valvola inferioredell’asta quadra

giunto di protezionedel filetto dell’asta quadra

asta quadra

tavola rotarybushingdi trascinamento

quadroni

tavola rotary

bushingdi trascinamento

quadroni

A

fig. 6. Sistema di rotazione con tavola rotary:A, asta quadra impegnata nella tavola rotary con il dettaglio di tutta la batteria di perforazione; B, particolare dei componenti della tavola rotary.

B

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eliminano le connessioni intermedie. Il sistema presen-ta però anche alcuni svantaggi, quali le modifiche strut-turali da apportare alla torre per poter ospitare il top drive(i binari, i rinforzi della torre per supportare i carichi tor-sionali, la maggior altezza della torre stessa, poiché ilcomplesso del top drive è più lungo della testa di inie-zione), la presenza di carichi mobili sopraelevati e leattrezzature elettriche e idrauliche di servizio. Inoltre,essendo un sistema piuttosto complesso, il top drive èabbastanza costoso e soggetto a frequenti manutenzioni.Ciononostante, il top drive rappresenta il salto tecnolo-gico più importante avvenuto nella tecnologia di perfo-razione rotary dell’ultimo mezzo secolo, e il suo utiliz-zo, oggi irrinunciabile nei moderni impianti, ha permes-so di ridurre significativamente i tempi di perforazione.

Attrezzi per la manovra della batteriaSul piano sonda sono presenti anche alcune attrez-

zature di corredo, non propriamente appartenenti alsistema di rotazione, che servono per poter eseguire la

manovra delle aste quando si utilizza la tavola rotary,oppure per connettere un’asta nuova. Per poter eseguirequeste operazioni è necessario sospendere la batteria diperforazione all’interno dei quadroni della tavola rotaryutilizzando appositi cunei. Questi sono una sorta di col-lare apribile formato da segmenti metallici che interna-mente presentano dei pettini con denti di acciaio induri-to ed esternamente hanno forma tronco-conica. I cuneidi tipo tradizionale sono posizionati manualmente entroi quadroni; abbassando leggermente la batteria, i cuneisono forzati a fare presa sulla superficie esterna dell’a-sta, avvolgendola e sostenendola per grippaggio (fig. 8).Nei moderni impianti esistono cunei automatici aziona-ti idraulicamente. Per avvitare e svitare le aste occorro-no invece delle chiavi di manovra, una sorta di grossechiavi inglesi ad apertura variabile. Per l’avvitamentodelle aste sono necessarie due chiavi, una fissata a unagamba della torre, che blocca l’asta inferiore incuneatanella tavola rotary, e l’altra mobile, azionata da una funemanovrata dall’argano o da un pistone idraulico; que-st’ultima serra l’asta superiore e la ruota, permettendo losvitamento e l’avvitamento. Nei moderni impianti si usano

311VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

fig. 7. A, top drive o testa motrice montata sulla torre;B, particolare della testa motrice.

fig. 8. Cunei per la sospensione della batteria sulla tavola rotary: A, asta incuneata all’interno della tavola rotary;B, particolare dei cunei.

tavola rotary

cuneitool joint dell’asta

sede conica

quadroni

A

B

A B

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chiavi automatiche, pneumatiche o idrauliche, che hannoil vantaggio di applicare esattamente la coppia richiestaper il serraggio, limitando l’usura delle filettature.

3.1.5 Sistema di circolazione

Il sistema di circolazione è costituito dalle pompe fango,dalle condotte di distribuzione e dal sistema di pulizia eaccumulo del fango (fig. 9). Si tratta di un circuito idrau-lico chiuso che permette il flusso del fango dalla super-ficie al fondo foro, all’interno della batteria di perfora-zione, e di qui di nuovo in superficie, nell’annulus trabatteria e foro. Il fango in uscita dal pozzo deve essereripulito dai cutting prima di essere iniettato nuovamen-te a fondo foro.

Le pompe fango forniscono l’energia necessaria allacircolazione. Generalmente si tratta di pompe volumetriche

a pistoni, per via della maggior prevalenza fornita rispet-to ad altri tipi di pompe, per es. quelle centrifughe. Lepompe fango, a 2 o 3 pistoni (pompe duplex o triplex),possono essere a semplice effetto o a doppio effetto, ericevono la potenza da un motore elettrico indipenden-te da altre utenze. I pistoni sono di acciaio rivestito ingomma, per ottenere una buona tenuta e per diminuirel’usura dei cilindri, dovuta ai cutting abrasivi in sospen-sione nel fango. I cilindri e i pistoni delle pompe sonointercambiabili, con diametri diversi, in modo da potervariare la portata adeguandola alle necessità del pozzo.Ovviamente, la portata è funzione del diametro del pisto-ne, della corsa e della velocità di rotazione dell’alberomotore, ed è dell’ordine di qualche m3/min. La profon-dità sempre più elevata raggiunta oggi dai pozzi e l’in-troduzione di nuove attrezzature di perforazione (motoridi fondo foro, MWD, Measurements While Drilling, ecc.,v. par. 3.1.7) hanno richiesto un aumento della potenza

312 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

silos dei materialiper il confezionamento fango

deposito dei materialiper il confezionamento dei fanghi

tubazione di ritorno del fango

tubazione verticaledi mandata del fango

tubo flessibile

asta motrice

batteria di aste

aste pesanti

intecapedine tra pozzoe batteria di perforazione

pompe fango

valvoledi scarico

vasconedel vibrovaglio

vasconedi riserva

vasca di aspirazione

tubazione di aspirazione

imbuto di miscelazionedel nuovo fango

pompa dell’imbutomiscelatoreserbatoio per additivi chimici

pozzo

scalpello

scivolo di scaricodei cutting

vibrovaglio

fig. 9. Sistema di circolazione del fango.

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necessaria alle pompe. Dalle poche centinaia di kW dipotenza delle pompe degli impianti degli anni Cinquan-ta si è arrivati oggi a superare 1.500 kW.

In un impianto esistono sempre almeno due pompefango, collegate in parallelo, sia per ragioni di sicurez-za (è necessario poter far circolare il fango in manieracontinua), sia per flessibilità di funzionamento. A causadel funzionamento alternativo le pompe fango fornisco-no una portata e una pressione pulsanti nel tempo. Talioscillazioni sono deleterie per i componenti del circui-to e per l’efficienza delle pompe, e quindi si installa sullatubazione di mandata, immediatamente a valle dellepompe, un ammortizzatore pneumatico costituito da unserbatoio contenente gas in pressione (generalmenteazoto), la cui maggior comprimibilità rispetto al fangopermette di regolarizzarne il flusso.

A valle delle pompe il fango è inviato alla condottadi distribuzione di superficie (o manifold di sonda), unsistema di tubi e valvole che permette l’invio del fangoalla testa di iniezione o la sua distribuzione ad altre uten-ze. Dalle pompe il fango può essere inviato: alla testa diiniezione, attraverso la tubazione di mandata e il tuboflessibile; alla testa pozzo, sotto le attrezzature di sicu-rezza, attraverso una linea dedicata (kill line), ed essereimmesso nell’annulus, per mantenere il pozzo pieno nellafase di estrazione della batteria, oppure per particolaricircolazioni durante il controllo delle eruzioni; a un cir-cuito di superficie che collega varie attrezzature e per-mette di non inviare il fluido nel pozzo, pur mantenen-dolo in movimento.

Le apparecchiature che hanno il compito di separa-re i cutting asportati dal fango a fondo foro sono i vibro-vagli e gli idrocicloni. Il fango esce dalla bocca pozzoattraverso il tubo pipa ed è dapprima inviato ai vibrova-gli, preposti alla separazione della maggior parte dei cut-ting. Il vibrovaglio è una macchina dotata di una o piùreti sovrapposte, con maglie di varia apertura, legger-mente inclinate e poste in vibrazione da alberi rotantisquilibrati con masse eccentriche. La forma, l’ampiez-za e la frequenza delle vibrazioni dipendono dalle carat-teristiche del fango da trattare, e devono essere facil-mente modificabili per ottimizzare il tempo minimo dipermanenza sulla rete. La dimensione dei cutting elimi-nabili ai vibrovagli dipende dalle aperture delle reti uti-lizzate, anche se in pratica non scende mai sotto i 100 mm.Le particelle più fini (sabbia fine e silt) sono rimosse avalle dei vibrovagli, tramite degli idrocicloni. Negliimpianti più sofisticati si adottano due batterie di idro-cicloni in serie. La prima serie serve per separare la sab-bia fine (fino a 70 mm); solitamente si tratta di due idro-cicloni, detti desander, disposti in parallelo, che sono ingrado di trattare l’intera portata di circolazione. La secon-da serie serve per separare il silt (fino a 30 mm); essa èformata da una decina di idrocicloni di minor diametro,detti desilter, che realizzano una separazione più spinta.

Per eliminare particelle solide ancora più piccole (peres., per recuperare la barite, il materiale di appesanti-mento dei fanghi), si ricorre alle cosiddette centrifughe,dei cilindri rotanti ad alta velocità utilizzati anche perdisidratare il fango esausto e i cutting prima del trasportoin discarica. I cutting sono stoccati nel vascone dei rifiu-ti, oppure in una vasca in cemento costruita sotto il vibro-vaglio; periodicamente essi sono trasportati in discari-che autorizzate, dopo essere stati eventualmente trattatiin conformità al loro grado di contaminazione da partedi agenti chimici o da idrocarburi.

Durante la perforazione il gas contenuto nei pori dellerocce può entrare in pozzo e formare una soluzione oun’emulsione con il fango. L’ingresso di piccoli quanti-tativi di gas è inevitabile quando si perforano rocce satu-re di gas, ma si possono avere ingressi consistenti quan-do la pressione del fango a fondo pozzo diventa minoredi quella del gas contenuto nei pori della roccia. Picco-li quantitativi di gas in fanghi di bassa viscosità si libe-rano sul vibrovaglio, per semplice aerazione. Se ciò nonè sufficiente, l’intera portata di fango è inviata ad attrez-zature specifiche, dette degasatori. Si tratta di recipien-ti chiusi che funzionano secondo due diversi principi,per depressione con pompa a vuoto, oppure per agita-zione e turbolenza meccanica. Il gas separato è in segui-to bruciato nell’apposita fiaccola installata a distanza disicurezza nei pressi dell’impianto.

A valle del sistema di pulizia del fango sono presentidiverse vasche di accumulo del fango. Le vasche cosid-dette attive contengono il fango che circola nel pozzo,quelle di riserva contengono il fango per fronteggiareeventuali perdite di circolazione, mentre altre vaschecontengono del fango pesante, per intervenire pronta-mente in caso di perdita del controllo idraulico del pozzo.Le vasche sono robusti recipienti rettangolari realizzatiin lamiera, ciascuno con capacità di 30-40 m3; per ragio-ni di sicurezza la capacità totale delle vasche fango deveessere superiore a metà del volume del pozzo, che è del-l’ordine di alcune centinaia di metri cubi. Ogni vasca èdotata di agitatori meccanici o pneumatici per mantene-re omogeneo il fango. All’uscita delle vasche attive ilfango è prelevato da una pompa centrifuga, che lo invianuovamente alle pompe fango a una pressione di qual-che bar, per aumentarne il rendimento volumetrico. Siricorda che durante le manovre il volume di fango nelpozzo deve essere compensato con il volume d’ingom-bro delle aste tolte o immesse, al fine di mantenere costan-te il battente idraulico a fondo foro. A tale scopo si uti-lizza un serbatoio cilindrico di riempimento, detto pos-sum belly, posto a fianco del vibrovaglio. Durante lamanovra di estrazione il livello del fluido in pozzo calaed è reintegrato con il fluido contenuto nel possum belly,che è munito di un misuratore di livello per controllareche il volume immesso sia corretto. Ovviamente vale ilcontrario per la manovra di discesa.

313VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

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3.1.6 Sistema di generazione e distribuzione della potenza

In un cantiere di perforazione è necessaria energia perazionare le macchine delle utenze principali dell’im-pianto, quali l’argano, le pompe, la tavola rotary e i moto-ri dei vari servizi ausiliari (aria compressa, sistemi disicurezza, pompe centrifughe, illuminazione, servizi,ecc.). Idealmente, sarebbe conveniente rifornirsi di ener-gia dalla linea elettrica della rete pubblica, ma ciò non èquasi mai possibile, data l’ubicazione remota della mag-gior parte dei cantieri, ed è quindi necessario produrrel’energia in cantiere tramite motori primi. Un tempo imotori primi usati negli impianti di perforazione eranomotori a vapore, in seguito abbandonati, nonostante pre-sentassero indiscutibili pregi (curve caratteristiche adat-te al collegamento diretto con gli utilizzatori, robustez-za costruttiva, semplicità d’impiego), a causa del bassorendimento, del peso elevato e del forte consumo d’ac-qua. Attualmente si utilizzano motori primi a combu-stione interna a ciclo Otto (a gas), a ciclo diesel (a gaso-lio), oppure gruppi turbogas, usati solo dove è disponi-bile metano a basso costo. I motori a combustione internahanno lo svantaggio di non poter essere accoppiati diret-tamente con gli utilizzatori, ma ciò è compensato dallafacilità di trasporto, dal buon rendimento e dalla como-dità di reperimento del combustibile. Gli impianti diperforazione sono classificati in base al modo con cui sitrasmette la potenza dai motori primi alle utenze princi-pali, distinguendo gli impianti a trasmissione meccani-ca da quelli a trasmissione elettrica (diesel-elettrici se ilmotore primo è diesel).

Negli impianti a trasmissione meccanica l’energiaprodotta dai motori primi è trasmessa alle utenze prin-cipali per mezzo di un sistema di corone dentate, cate-ne e ingranaggi, oppure cinghie e pulegge. Il controllodi questa trasmissione si ottiene con l’ausilio di frizionie cambi di velocità, che permettono di inviare la poten-za all’utenza desiderata. I motori devono essere collo-cati in prossimità delle utenze principali, accrescendo lacomplicazione impiantistica. La curva caratteristica deimotori a combustione interna non è inoltre adatta per ilcollegamento diretto alle utenze e quindi occorre inter-porre un cambio di velocità che permette di approssi-mare la curva caratteristica del motore con quella del-l’utenza. Un ulteriore problema è la presa di carico abassa velocità, poiché i motori a combustione internanon forniscono potenza a basso numero di giri. Occor-re quindi interporre una frizione a ferodi (solo sui pic-coli impianti, poiché oltre una certa potenza si bruciarapidamente), oppure un giunto idraulico o un converti-tore di coppia. Il giunto idraulico è un organo formatoda due giranti immerse in un bagno d’olio, interpostotra motore e utilizzatore. All’avvio, l’albero del moto-re può fornire una coppia costante anche se l’albero

dell’utilizzatore è fermo (scorrimento del giunto pari al100%, rendimento nullo), permettendo una presa di cari-co graduale. Durante il funzionamento a regime, inve-ce, lo scorrimento del giunto è basso (2-8%) e quindi ilrendimento è elevato. Il convertitore di coppia è una sortadi giunto idraulico che, oltre a permettere la presa gra-duale del carico, consente di variare velocità e coppia,grazie all’interposizione di uno statore tra le giranti. Ilconvertitore idraulico di coppia funziona in pratica comeun cambio di velocità: ciò va però a scapito del rendi-mento, che durante il normale funzionamento non supe-ra l’85%. Gli impianti a trasmissione meccanica hannoavuto grande diffusione in passato, ma oggi rimangonosolo su impianti di piccola e media potenzialità. Il ren-dimento della trasmissione meccanica varia dal 75 al-l’85%, secondo che sia installato o meno il convertitoredi coppia.

Negli impianti di grande capacità è richiesta unamaggior flessibilità nella disposizione delle attrezzatu-re e un preciso controllo della potenza erogata. Per que-sto motivo sono stati sviluppati gli impianti elettrici (omeglio, diesel-elettrici), più flessibili, meno ingombrantie più leggeri di quelli a trasmissione meccanica. Negliimpianti diesel-elettrici, le utenze principali (argano,pompe e tavola rotary) sono azionate da motori elettri-ci indipendenti. I componenti che permettono la gene-razione, la distribuzione e l’utilizzo dell’energia alle

314 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

generatore 1

cabina di controlloe distribuzionedell’energia elettrica

generatoreelettrico

motore elettrico

pompafango

motorediesel

pannello di controllodel perforatore

utenza principaledi picco

tavola rotary

argano

utenza secondaria

utenzaprincipale

generatore 2

generatore 3

fig. 10. Sistema di generazione e distribuzione della potenza in un impianto AC-DC.

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utenze sono quindi: motori primi, che trasformano ilcarburante in energia meccanica, generatori, che tra-sformano l’energia meccanica in energia elettrica, siste-mi di controllo e di comando dei generatori, cavi elet-trici, e infine i motori delle utenze (a corrente continua,DC, o alternata, AC). Solitamente i motori delle utenzeprincipali sono a corrente continua, preferibili a quellia corrente alternata per la loro capacità di variare la velo-cità in modo continuo, fornendo un alto valore di cop-pia a qualsiasi regime.

Esistono due tipi di trasmissione elettrica: il primocon generazione DC e con utenze DC (trasmissione DC-DC), il secondo con generazione AC e con utenze DC(trasmissione AC-DC). Nella trasmissione DC-DC ilmotore elettrico di ogni utenza principale è collegatodirettamente a una dinamo, azionata da un motore primo(solitamente diesel). In un impianto medio i motori primisono 4 e i motori delle utenze 3 o 4 (uno all’argano, unoper ciascuna pompa e talvolta uno alla tavola rotary).Nei grandi impianti si possono avere fino a 8 motori. Ilvantaggio del sistema di trasmissione DC-DC è un otti-mo rendimento, poiché la corrente non deve essere rad-drizzata. Lo svantaggio però è quello di essere un siste-ma rigido, in quanto ogni dinamo è collegata alla pro-pria utenza, e il passaggio da un’utenza all’altra è pocoflessibile. La trasmissione AC-DC è invece un sistemaformato da gruppi di motori primi (solitamente diesel)collegati ad alternatori, i quali alimentano tutte le uten-ze senza essere legati a un utilizzatore specifico, trami-te una cabina elettrica di controllo (fig. 10). In questomodo la potenza dei motori primi può essere utilizzatain maniera razionale, fermando qualche gruppo quandola potenza richiesta diminuisce. Inoltre gli alternatori,pur avendo dimensioni maggiori, sono meno complica-ti e costosi delle dinamo. Se le utenze principali dispon-gono di motori a corrente continua, per la facilità di con-trollo della velocità di rotazione, occorre raddrizzareparte della corrente tramite un’unità raddrizzatrice. Oggii motori a corrente continua sono però sempre più spes-so sostituiti da motori asincroni regolati da un inverter,che permette di controllare la velocità di rotazione inmodo molto efficace.

3.1.7 Batteria di perforazione

La batteria di perforazione è un insieme di aste cave disezione circolare, esteso dalla superficie fino a fondopozzo. La funzione della batteria è triplice, poiché essaporta a fondo foro lo scalpello, trasmettendogli rotazio-ne e carico verticale, permette la circolazione del fluidodi perforazione a fondo pozzo, e infine guida e controllala traiettoria del foro. Partendo dalla superficie, essa ècomposta da asta quadra, aste di perforazione, aste inter-medie, aste pesanti e da alcune attrezzature accessorie

(stabilizzatori, alesatori, jar, ammortizzatori, motori difondo, ecc.), e termina con lo scalpello (fig. 11).

Le aste di perforazione (o aste normali, drill pipes)sono costituite da tubi cavi in acciaio di vario tipo (ogrado), alle cui estremità sono saldati due manicotti filet-tati (tool jointes) (fig. 12). Le aste, standardizzate da normeAPI, sono classificate in base alla lunghezza (solitamen-te pari a circa 9 m), al diametro esterno, al peso linearee al grado dell’acciaio. Le aste più comuni sono le seguen-ti: 3,50'' (13,30 lb/ft), 4,50'' (16,60 1b/ft), 5'' (19,50 lb/ft),ove il primo numero indica il diametro esterno del corpo,quello tra parentesi il peso lineare. Il grado dell’acciaioè espresso da una lettera, che indica il tipo di materiale,seguita da un numero, che indica il carico minimo di sner-vamento. Il tool joint è l’elemento che permette l’accop-piamento delle aste, e possiede una filettatura conica apasso largo e profilo triangolare, che si avvita completa-mente in pochi giri. I tool joint non sono ricavati sul corpodell’asta, ma si realizzano separatamente e si colleganocon una saldatura a frizione. Essi possono essere filetta-ti più volte: in questo modo si evita di dover sostituireaste in buone condizioni a causa dei filetti danneggiati. Itool joint hanno un diametro esterno leggermente supe-riore a quello delle aste, che è necessario per garanti-re un’adeguata area della sezione resistente in corri-spondenza del filetto. Essi devono garantire la tenuta

315VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

testadi iniezione

filettatura di connessionedella testa di iniezione

giunto di protezionedel filetto della testa di iniezione

valvola di sicurezzadell’asta quadra

ricalcatura superiore

asta quadra

ricalcatura inferiore

giunto di protezione del filetto dell’asta quadra

protettori in gomma

filetto femmina del tool joint

asta di perforazione

filetto maschiodel tool joint

riduzionefilettata

asta pesante

giunto di connessione allo scalpello

scalpello

fig. 11. Principali componenti della batteria di perforazione.

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idraulica, che si realizza in corrispondenza della super-ficie anulare piana e rettificata posta alla fine del tooljoint, che permette la tenuta idraulica metallo contro metal-lo a seguito dell’applicazione della coppia di serraggio.Le battute dei tool joint sono controllate periodicamentee possono essere nuovamente rettificate in cantiere.

Durante la perforazione il peso della batteria è soste-nuto dal gancio, tranne una piccola aliquota scaricata sulloscalpello. Il peso necessario allo scalpello dipende dal tipodi roccia, dalle caratteristiche dello scalpello, dalla velo-cità di rotazione, ecc., ed è dell’ordine di 10-20 kN perpollice di diametro del foro. Operando in questo modo,quando lo scalpello perfora, la parte superiore della bat-teria è in trazione, mentre quella inferiore è in compres-sione; la lunghezza dei due tratti dipende dal peso appli-cato sullo scalpello. Le aste normali, relativamente leg-gere e snelle, soffrono di carico di punta e non resistonoa compressione, inflettendosi e rompendosi per presso-flessione. È quindi necessario realizzare il tratto inferio-re di batteria, in compressione, con aste più robuste, adat-te a sopportare la compressione in condizioni di sicurez-za. Ciò si ottiene impiegando aste di sezione maggiore,dette aste pesanti (o astoni, drill collars), più rigide e dimaggior peso lineare. Per non rischiare di mettere in com-pressione le aste normali, è buona norma sovradimensio-nare la lunghezza della batteria di aste pesanti (detta ancheBottom Hole Assembly, BHA) solitamente del 30-50% inpiù rispetto alla lunghezza necessaria a fornire il peso sullo

scalpello; in questo modo, la sezione neutra ricade sem-pre all’interno del tratto di aste pesanti, a circa 2/3 dellalunghezza della BHA. Le aste pesanti sono aste a paretespessa, ricavate da barre d’acciaio piene, tornite esterna-mente, forate internamente e filettate alle estremità, diret-tamente sul corpo, con filettature analoghe a quelle impie-gate per le aste normali. Le aste pesanti sono lunghe dai9 ai 13 m e hanno il diametro esterno compreso tra 3,125''e 14''; anch’esse sono standardizzate da norme API e i dia-metri più comuni sono 9,50'', 8'' e 6,50''. Esistono ancheaste pesanti realizzate con acciaio non magnetico, uti-lizzate nella perforazione direzionata per non influen-zare i sensori di misura del campo magnetico terrestre,prodotte con acciai inossidabili (leghe tipo K-Monel)oppure con leghe di acciaio al cromo-manganese.

La connessione di aste con diametro molto diversoporta a concentrazioni di tensioni e a fenomeni di fati-ca, localizzati nell’area di variazione della sezione, checoincide con la filettatura, area di per sé già debole. Nonè quindi sempre possibile connettere direttamente le astenormali con le aste pesanti, poiché si verrebbe a creareun punto debole nell’area della giunzione. Per evitare ilpericolo di rotture della batteria si utilizza quindi un brevetratto di aste a rigidezza intermedia, dette aste interme-die (heavy-wall o heavy-weight). Tali aste, unite da giun-ti lunghi e robusti, possono sopportare anche sollecita-zioni di compressione. L’uso delle aste intermedie per-mette la connessione di aste normali con aste pesantisenza brusche variazioni di diametro. Le aste interme-die sono di norma realizzate con lo stesso diametro ester-no delle aste normali, ma con diametro interno minore;in pratica, sono delle aste normali a parete spessa, conun peso lineare due o tre volte maggiore.

Attrezzature accessorieLa batteria di perforazione è molto spesso munita di

attrezzature accessorie, che servono per risolvere pro-blemi tecnici relativi alle più svariate condizioni di perfo-razione. Le attrezzature accessorie più comuni sono glistabilizzatori, gli alesatori, il jar e gli ammortizzatori;

316 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

filetto maschio

filetto femmina

fig. 12. Sezione di un tool joint.

fig. 13. Stabilizzatore (per cortesia Eni).

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esse non fanno parte del corredo dell’impianto di perfo-razione, ma sono noleggiate da apposite compagnie diservizio.

Gli stabilizzatori sono attrezzi montati in corri-spondenza delle aste pesanti, per rendere la batteria piùrigida nei confronti dell’instabilità dovuta a presso-flessione, e sono fondamentali per il controllo dellatraiettoria, sia nei pozzi verticali, sia in quelli direzio-nati (fig. 13). Essi sono costituiti da un corpo cui sonoapplicate delle lame a costola, che allargano il diame-tro esterno dell’attrezzo fino al diametro nominale delloscalpello. Le lame hanno una forma spiralata per favo-rire il flusso del fango. Variando la composizione dellaBHA, e in particolare il posizionamento degli stabiliz-zatori, si può determinare un diverso comportamentomeccanico della batteria, utile ai fini del controllo dellaperforazione.

Gli alesatori sono speciali stabilizzatori muniti di rullitaglienti al posto delle lame (fig. 14). Sui rulli, solita-mente da 3 a 6, sono ricavati dei denti metallici o sonopressati degli inserti di carburo di tungsteno, che hannoil compito di alesare il foro, riportandolo al diametronominale dello scalpello, eliminando le piccole varia-zioni di diametro e i gradini del foro, che possono ren-dere incerta l’applicazione del peso sullo scalpello (glistabilizzatori potrebbero appoggiarvisi sopra) o causareproblemi in fase di discesa del casing. Gli alesatori sonoutilizzati principalmente nella perforazione di intercala-zioni di rocce dure e abrasive.

Il jar è un attrezzo meccanico o idraulico, posizio-nato sul punto neutro della BHA (ovvero il punto ovela sollecitazione agente sulla batteria di perforazione siinverte, passando da trazione a compressione), che per-mette di imprimere colpi verso l’alto in caso di presa dibatteria (l’attrezzo si chiama bumper se è in grado diimprimere colpi verso il basso). Esso è costituito da duecamicie scorrevoli che terminano con un martello eun’incudine. Il jar si attiva mettendo in trazione la bat-teria di perforazione: in trazione il jar idraulico si allun-ga, poiché tra le due camicie vi è un sistema compostoda due camere comunicanti, piene di olio, separate daun pistone. La sagoma del cilindro e del pistone è taleche nella prima parte dello scorrimento il passaggio delfluido è lento. In seguito, un cambio di sezione del pisto-ne fa in modo che la restante parte della corsa avvengarepentinamente, imprimendo un’accelerazione al mar-tello, che batte sull’incudine scaricando l’energia ela-stica accumulata. Il jar meccanico funziona sullo stes-so principio, ma l’azionamento è regolato da un siste-ma a frizione.

L’ammortizzatore è un dispositivo posto sopra lo scal-pello per ridurre le vibrazioni assiali generate durante laperforazione, nocive sia allo scalpello, sia alle aste, ed ènecessario quando le vibrazioni sono di ampiezza taleda essere visibili in superficie. Nei pozzi profondi, a

causa degli smorzamenti dovuti al contatto della batte-ria lungo le pareti del foro, le vibrazioni potrebbero nonessere visibili in superficie: in questo caso si notano peròaltri segnali, quali lo scarso avanzamento dello scalpel-lo e le sue condizioni di usura. L’ammortizzatore fun-ziona tramite una serie di elementi deformabili in gommao in acciaio che agiscono come una grossa molla.

Motori di fondo foroNella perforazione rotary tradizionale lo scalpello è

messo in rotazione, insieme a tutta la batteria di perfo-razione, dalla tavola rotary o dal top drive. I motori difondo foro, di impiego relativamente recente, sono attrez-zature che permettono di imprimere la rotazione al soloscalpello. Si tratta di macchine idrauliche poste al ter-mine della batteria, avvitate direttamente sullo scalpel-lo e attraversate dall’intera portata di fango, che con-vertono parte della pressione del fango in moto rotato-rio e coppia. In questo modo, la velocità di rotazionenecessaria al funzionamento dello scalpello è fornita dalmotore di fondo, mentre tutta la batteria può restare ferma,oppure può essere ruotata, se necessario, con la tavola

317VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

fig. 14. A, alesatori; B, esempi di rulli taglienti.

A B

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rotary o il top drive. L’utilizzo dei motori di fondo è oggiessenziale sia per la perforazione di fori direzionati, siaper l’applicazione delle moderne tecniche per il controllodella traiettoria verticale dei pozzi. I motori di fondo,parte integrante della BHA, sono macchine a flusso assia-le, hanno forma tubolare e, per dimensioni, possono esse-re assimilati a un’asta pesante. Si distinguono due tipi dimotori di fondo: le turbine e i motori PDM (PositiveDisplacement Motor). I motori di fondo non fanno partedell’attrezzatura standard dell’impianto di perforazione,ma sono noleggiati da compagnie di servizio, che forni-scono anche il personale specializzato nel loro utilizzoin cantiere e si occupano della manutenzione. L’uso ditali attrezzature deve quindi essere giustificato dal puntodi vista economico.

Le turbine sono macchine fluidodinamiche rotanti eaperte, dotate di rotori e statori disposti in serie per rea-lizzare una configurazione multistadio (fig. 15). Il flus-so del fango attraversa integralmente la turbina e, pas-sando alternativamente su una palettatura rotorica e unastatorica, viene deviato, mettendo in rotazione l’alberomotore. Naturalmente la potenza fornita dalla turbina èprodotta a spese di una diminuzione della pressione del

fango all’uscita della turbina stessa, ed è funzione delnumero di stadi della macchina, proporzionale alla sualunghezza. L’albero della turbina è munito di cuscinettiassiali e radiali per supportare i carichi in fase di perfo-razione. Le turbine sviluppano elevata potenza e soprat-tutto alta velocità di rotazione, che spesso è incompati-bile con l’utilizzo degli scalpelli triconi; per questo moti-vo si stanno sviluppando turbine dotate di riduttore divelocità. Esse hanno una durata a fondo foro molto ele-vata, dell’ordine di qualche centinaio di ore, e possonoessere impiegate anche in pozzi particolarmente profon-di, non avendo particolari limitazioni legate alla tempe-ratura di utilizzo.

I motori PDM sono macchine volumetriche rotanti echiuse, caratterizzate da una sezione motrice diversa daquella delle turbine (fig. 16). La loro architettura inter-na è infatti l’evoluzione della pompa a vite di Archime-de. I motori PDM sono pompe Moineau fatte funziona-re al contrario, in cui si ottiene la rotazione dell’alberomotore costringendo il fango in pressione ad attraver-sarle. La sezione motrice di un PDM consiste di due ele-menti, il rotore e lo statore. Il rotore è un albero di acciaioa spirale, a uno o più lobi. Lo statore è una guaina ingomma, sagomata internamente a forma di spirale (chealloggia il rotore), solidale con la carcassa esterna delmotore e che presenta un lobo in più rispetto al rotore.Quando il rotore è inserito nello statore, la differenzageometrica tra i due componenti crea una serie di cavità.Il fango, forzato a passare attraverso statore e rotore, siinsinua in questa cavità, facendo ruotare con continuitàil rotore. La speciale geometria di questa macchina per-mette il suo azionamento con tutti i fluidi di perforazio-ne, compresi quelli gassosi. In generale, i PDM hannovelocità di rotazione sensibilmente più basse delle tur-bine (al limite compatibili anche con scalpelli triconi),sono più corti delle turbine (il che li privilegia in nume-rose applicazioni della perforazione direzionata) e di piùfacile manutenzione, anche se lo statore in gomma puòavere limitazioni dovute alla temperatura di utilizzo eall’incompatibilità nei confronti dei fluidi di perfora-zione a base d’olio.

3.1.8 Scalpelli

Al termine della batteria di perforazione è avvitato loscalpello, l’utensile che perfora la roccia, trasforman-dola in frammenti (cuttings) che sono poi trasportati insuperficie dal fluido di perforazione. La scelta del tipodi scalpello dipende dalla durezza, dall’abrasività e dallaperforabilità della formazione rocciosa. Esistono tre mec-canismi fondamentali di taglio della roccia (fig. 17): percompressione (adatto per rocce a comportamento ela-stico); per taglio (adatto per rocce a comportamento pla-stico); per taglio e abrasione (adatto per rocce abrasive).

318 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

flusso del fango

rotazione

fig. 15. Turbina.

flusso del fango

statore

rotore

rotazione

fig. 16. Motore PDM.

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Lo scalpello è progettato per perforare in modi diversi,secondo il comportamento della roccia, che può esseredi tipo elastico, plastico, o molto più spesso una combi-nazione di entrambi, e secondo la perforabilità e l’abra-sività delle formazioni. Da ciò consegue che esiste unavastissima gamma di scalpelli, tutti differenti tra loro,che riescono a rispondere efficacemente alle più svaria-te condizioni di perforazione.

I primi scalpelli utilizzati nella perforazione rotary(affermatasi industrialmente nei primi anni del Nove-cento) erano simili a quelli utilizzati nella perforazionea percussione, modificati per adattarsi alla diversa mec-canica della perforazione. Si trattava di scalpelli a lamefisse, denominati ‘a coda di pesce’, per via della formadelle lame, molto efficaci nella perforazione di forma-zioni tenere, ma con problemi di avanzamento e usuranelle formazioni dure. Nel 1909 fu prodotto e speri-mentato il primo scalpello a rulli conici, che si dimostròmolto efficace nella perforazione di rocce dure. All’ini-zio degli anni Trenta fu introdotto lo scalpello a tre rulliconici (tricono), che ha visto negli anni innumerevolimodifiche e perfezionamenti. Nei primi anni Cinquan-ta furono messi a punto anche gli scalpelli a diamantinaturali. Ciononostante, gli scalpelli triconi sono statiquelli maggiormente utilizzati nella perforazione rotarydai primi anni Trenta fino alla metà degli anni Ottanta.Verso la fine degli anni Settanta iniziò lo studio e la spe-rimentazione di scalpelli diamantati tipo PDC (Poly-crystalline Diamond Compact), che dall’inizio degli anniNovanta sono diventati una valida alternativa ai triconi.La competizione con il PDC ha però stimolato, negli anniOttanta e Novanta, un’intensa attività di ricerca e di svi-luppo tecnologico dei triconi. L’inizio del nuovo millen-nio ha visto il sorpasso dello scalpello PDC rispetto altricono, almeno per quanto riguarda il valore commer-ciale degli utensili prodotti. Gli scalpelli triconi, tutta-via, sono utensili molto raffinati e nell’ambito della perfo-razione hanno ancora applicazioni tali da ritenere che laloro scomparsa dal mercato sia piuttosto lontana.

Tutti gli scalpelli sono realizzati secondo diametrinominali standardizzati da norme API, da 3,75'' fino a26'', ricordando che oltre 17,50'' esistono quasi solo scal-pelli triconi. Si ricorda che esistono anche scalpelli caro-tieri, utilizzati in fase di carotaggio di fondo, ossia duran-te le operazioni di perforazione volte al prelievo in pozzodi campioni cilindrici, comunemente denominati caro-te. Gli scalpelli carotieri sono caratterizzati dal fatto di

perforare soltanto una corona anulare di roccia, lascian-do intatto il nucleo della carota. Le operazioni di caro-taggio sono descritte nel cap. 3.3.

Scalpelli triconiLo scalpello tricono perfora la roccia mediante un’a-

zione di compressione e urto, combinata a taglio e stri-sciamento, e si adatta bene anche alla perforazione dirocce dure (fig. 18). Lo scalpello tricono è costituito datre corpi e tre rulli taglienti (o coni) montati a sbalzo suciascuno dei tre perni ricavati sui corpi, tramite l’inter-posizione di un cuscinetto che permette la libera rota-zione del cono. I tre corpi, una volta montati i rulli, sonosaldati tra loro formando lo scalpello. I corpi e i conisono realizzati con una serie di lavorazioni meccanichedi precisione (torniture e rettifiche), per realizzare ilcuscinetto e la struttura tagliente secondo forme geo-metriche di cono e perno che, durante l’utilizzo, privi-legiano lo strisciamento piuttosto che l’urto. Durante laperforazione, il peso sullo scalpello fa penetrare i taglien-ti nella roccia, mentre la rotazione costringe i coni a roto-lare e a strisciare sul fondo, creando il cutting.

La struttura tagliente dei triconi può essere a dentifresati o a inserti di carburo di tungsteno. La forma, ilmateriale e la disposizione dei taglienti sui coni dipen-dono della perforabilità della formazione rocciosa. Ingenerale, le formazioni soffici si perforano con taglien-ti lunghi e snelli e con ampia spaziatura tra l’uno e l’al-tro. Al contrario, le formazioni dure, che richiedono mag-gior peso sullo scalpello, si perforano con taglienti cortie tozzi e con minima spaziatura. La lunghezza (o altez-za) di un tagliente è definita come la distanza tra l’a-pice del tagliente e la base del cono, la snellezza è fun-zione dell’angolo al vertice del tagliente, mentre la

319VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

A B C

fig. 18. Scalpello tricono a inserti di carburo di tungsteno (per cortesia Smith bits).

A B C

fig. 17. Meccanismi di taglio delle rocce:A, per compressione (adatto per rocce a comportamento elastico); B, per taglio (adatto per rocce a comportamento plastico); C, per taglio e abrasione (adatto per rocce abrasive).

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spaziatura è la misura dell’intervallo tra un tagliente eil successivo, ed esprime il numero di taglienti che pos-sono essere collocati su ogni corona del rullo. I denti inacciaio sono ricavati per fresatura sui coni e successi-vamente ricoperti con uno strato di metallo duro ripor-tato per fusione, mentre gli inserti di carburo di tung-steno sono inseriti per interferenza su appositi fori rica-vati sui coni.

Il cuscinetto è il sistema di accoppiamento meccani-co tra il cono e il corpo, e permette la libera rotazionedel rullo tagliente. I cuscinetti sono progettati per fun-zionare in condizioni di forte sollecitazione, e devonosopportare l’usura e il calore generato dall’attrito senzasubire danni (fig. 19). Se a causa di una forte usura leparti mobili del cuscinetto (sfere, rullini o altri elemen-ti) escono dalla loro sede, possono causare il bloccaggiodel cuscinetto o addirittura la perdita del cono a fondoforo. Il punto più critico del cuscinetto è il sistema ditenuta rotante a strisciamento, realizzata con tenute ingomma o in metallo. Entrambe le soluzioni prevedononumerose varianti progettuali e di scelta dei materiali,protette da brevetti internazionali. Gli scalpelli triconisono compatibili con la velocità di rotazione tipica dellatavola rotary, dell’ordine di 100-150 giri al minuto, e malsi adattano alle applicazioni con motori di fondo.

Il fluido di perforazione esce dallo scalpello attra-verso degli ugelli, o dusi, collocati nello spazio tra i coni.Le dusi sono ugelli in carburo di tungsteno sagomati aconvergente e muniti di un foro centrale calibrato, chepermette di accelerare la velocità di uscita del fango (finoa circa 50-100 m/s) e di realizzare la perdita di carico afondo foro dimensionata in fase di progettazione idrau-lica del pozzo. Il fango in uscita dalle dusi è anche utileper raffreddare lo scalpello, pulire i coni dai cutting,rimuovere i cutting generati a fondo foro e aumentare

l’efficacia di perforazione (specialmente in formazionipoco consolidate) grazie all’azione scalzante del gettoad alta velocità sul fondo foro.

Gli scalpelli triconi sono classificati secondo normestabilite dalla IADC (International Association of Dril-ling Contractors), che hanno come scopo quello di con-frontare scalpelli con caratteristiche tecniche simili, maprodotti da costruttori diversi, ognuno dei quali adottauna propria nomenclatura. Il codice IADC per gli scal-pelli triconi è composto da tre numeri. Il primo numeroesprime la durezza della roccia che lo scalpello è in gradodi perforare, in una scala da 1 a 8, con difficoltà di perfo-razione crescente. Il secondo numero distingue un’ulte-riore suddivisione all’interno della classe individuata dalprimo numero, in una scala da 1 a 4, in funzione dellaperforabilità della roccia. Il terzo numero indica inveceuna peculiare caratteristica tecnologica dello scalpello(come, per es., cuscinetto a rullini o a frizione, diame-tro rinforzato, scalpelli ad aria, ecc.). Un secondo codi-ce IADC serve infine per la valutazione dell’usura al ter-mine di una battuta. Ciò è particolarmente importante,poiché fornisce utili indicazioni per la scelta dello scal-pello successivo e, in generale, per l’ottimizzazione delprogramma scalpelli in futuri pozzi della medesima area.Le modalità di usura dei triconi, ormai ben note, sono latestimonianza di specifici problemi di perforazione, chepossono essere evitati con una corretta scelta dello scal-pello. Il codice per la valutazione dell’usura è piuttostocomplesso, ed è formato da una serie di otto numeri esigle standard, che descrivono le modalità di usura dellastruttura tagliente e del cuscinetto e le condizioni gene-rali in cui si trova lo scalpello alla fine della battuta.

Scalpelli a diamanti naturaliNoto fin dagli anni Cinquanta, lo scalpello a dia-

manti naturali è stato per lungo tempo l’unica alternati-va agli scalpelli triconi in formazioni dure e abrasive,nelle quali questi ultimi si usurano troppo velocemente,rendendo la perforazione estremamente costosa. Inoltre,gli scalpelli a diamanti naturali sono stati a lungo gli uniciutilizzabili con le prime turbine di fondo foro, poiché,

320 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

cono

cuscinettoreggispinta

cuscinettoa sfere

guarnizione

cuscinettoprimario

sistema di ritenuta per duse

connessionefilettata

equalizzatoredi pressione

serbatoio dellubrificante

condotto di lubrificazione

fig. 19. Sezione di uno scalpello tricono con cuscinetto a frizione (Smith bits).

fig. 20. Scalpello a diamanti naturali (per cortesia Hughes Christensen).

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non possedendo parti in movimento, possono funziona-re anche ad alto numero di giri. Successivamente, l’usodi questi scalpelli si estese anche alle rocce di durezzamedia, specie se abrasive, dove spesso si dimostraronopiù efficienti degli scalpelli triconi, data la loro maggiordurata a fondo foro. In questo tipo di scalpello i taglien-ti sono costituiti da diamanti naturali, di dimensioni varia-bili tra 0,1 e 3 carati, opportunamente incastonati sullenervature radiali di una testa monoblocco realizzata incarburo di tungsteno (fig. 20). Il diamante agisce sullaroccia solamente con un’azione di taglio, asportandoframmenti di spessore proporzionale alla sua penetra-zione, funzione del peso applicato sullo scalpello. I dia-manti sono incastonati nella matrice per i 2/3 del lorodiametro, e durante la perforazione penetrano nella roc-cia per non più del 10% dell’altezza libera, mentre nellospessore rimanente circola il fango per il raffreddamentoe la rimozione dei cutting. In pratica questo tipo di scal-pello funziona abradendo la roccia, e i cutting prodottisono molto fini, quasi pulverulenti. Si ricorda che il dia-mante naturale, pur essendo durissimo, è molto fragile,e teme gli urti e le vibrazioni; inoltre, a 1.455 °C si tra-sforma in grafite, ed è quindi necessario realizzare unefficace raffreddamento della faccia tagliente. Negli scal-pelli a diamanti naturali, il fango non esce da dusi cali-brate, ma da un’apertura centrale di area prefissata, distri-buendosi radialmente lungo le nervature attorno a tuttala superficie di taglio, raffreddandola. Oggigiorno gliscalpelli a diamanti naturali sono di utilizzo relativa-mente limitato.

Scalpelli PDCGli scalpelli PDC sono caratterizzati da una mecca-

nica di taglio simile a quella degli scalpelli a diamantinaturali, ma posseggono speciali elementi taglienti rea-lizzati con un particolare materiale detto diamante poli-cristallino sintetico. I taglienti PDC sono caratterizza-ti da una profondità di taglio maggiore rispetto alle pic-cole dimensioni di un diamante. Essi perforano solo ataglio, e sono quindi adatti per rocce poco abrasive con

comportamento prevalentemente plastico. I primi scal-pelli PDC si mostrarono immediatamente in grado dipoter competere con quelli triconi, grazie soprattuttoall’affidabilità intrinseca, poiché non possiedono partiin movimento (che possono usurarsi, distaccarsi e rima-nere a fondo foro), e alla possibilità di essere accoppia-ti ai motori di fondo foro. Lo scalpello PDC (fig. 21) ècaratterizzato da una testa tagliente monoblocco, realiz-zata in acciaio o in carburo di tungsteno, sulla quale sonomontati dei taglienti cilindrici, e da un corpo filettato perl’avvitamento alla batteria di perforazione. La testa èarrotondata, seguendo profili specifici, e i taglienti sonodisposti su nervature radiali della testa, variamente spor-genti, denominate lame. I taglienti sono composti da unsupporto cilindrico in carburo di tungsteno, su una basedel quale è realizzato uno strato di qualche millimetrodi diamante policristallino sintetico, che costituisce laparte tagliente vera e propria (fig. 22). Lo strato di dia-mante policristallino è realizzato mescolando cobaltometallico con cristalli di diamante sintetico di dimen-sioni medie di circa 100 mm. La miscela è poi sottopo-sta a pressioni dell’ordine di 104 MPa e a temperatureprossime ai 1.350 °C: queste condizioni, unite alla fun-zione catalizzatrice del cobalto, permettono una sorta diparziale sinterizzazione tra i grani del diamante. Il pro-dotto finale è uno strato di cristalli di diamante inter-connessi tra loro, in cui gli spazi intergranulari sono riem-piti di cobalto. Le caratteristiche di durezza e di resi-stenza all’abrasione del PDC sono paragonabili a quelledel diamante naturale.

321VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

conoapice spalla

taglienti principaliugelli o dusi

placchette antiusura

del diametro

cordolo di saldatura corpo-filetto

taglienti del diametro

taglientiper l’alesatura foro in risalita

inserti di carburo di tungsteno a protezione del diametro

spianatura perl’avvitamento alle aste

corpo cilindrico

superficie di battuta per l’avvitamento

foro ingresso fangofilettatura API di connessione alle aste

fig. 21. Scalpello PDC (Hughes Christensen).

strato di diamantepolicristallino PDC

substrato di carburodi tungsteno

fig. 22. Tipico tagliente per scalpelli PDC.

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I taglienti degli scalpelli PDC hanno un diametrocompreso tra 5 e oltre 10 mm, e sono disposti sulle lamecon precisi angoli di taglio; questi ultimi caratterizzanol’aggressività dello scalpello e l’efficacia della puliziadel fondo foro. Sulla testa dello scalpello sono realizza-ti gli alloggiamenti per le dusi, le cui funzioni sono ana-loghe a quelle degli scalpelli triconi; il loro numero varia,secondo il diametro dello scalpello, da un minimo di 3fino a più di 8.

Gli scalpelli PDC forniscono prestazioni eccellentiprincipalmente su formazioni tenere e poco abrasive. Ilfatto di essere caratterizzati da elevata velocità di avan-zamento (qualora sia stato scelto lo scalpello adatto a uncerto tipo di formazione, il che non è sempre facilmen-te prevedibile), unitamente alla lunga durata dei taglien-ti, li hanno resi estremamente competitivi rispetto ai tri-coni nelle formazioni argillose o sabbiose poco conso-lidate. L’utilizzo di scalpelli PDC nelle formazioni duree abrasive è tuttora un problema non completamente risol-to; infatti, i taglienti sono molto sensibili a urti, vibra-zioni e carichi termici. In generale, l’energia richiestaper il taglio della roccia cresce con l’aumentare delladurezza e dell’abrasività; in pratica però solo una pic-cola parte di essa è utilizzata per l’effettivo taglio dellaroccia, e la maggior parte si converte in calore sull’in-terfaccia tra roccia e tagliente. Ciò causa un surriscal-damento dei taglienti, che innesca la rapida degradazio-ne termica del diamante policristallino. Infatti, mentrela struttura cristallina del diamante naturale si trasformain grafite a temperature vicine ai 1.450 °C, quella delPDC si degrada molto prima, a circa 750 °C. Pertanto ilpunto chiave nella progettazione dei PDC è un correttostudio della distribuzione del flusso idraulico sulla fac-cia di taglio, che deve raffreddare in maniera precisa ognisingola lama e ogni singolo tagliente.

Anche gli scalpelli PDC sono classificati con un codi-ce IADC, composto da una lettera seguita da tre nume-ri: la lettera indica il materiale con cui è realizzata la testadello scalpello (acciaio o carburo di tungsteno), mentrei numeri indicano rispettivamente la densità dei taglien-ti (in 4 classi, da bassa ad alta densità), le loro dimen-sioni (altre 4 classi) e il tipo di profilo (a coda di pesce,piatto, doppio cono, ecc.). I criteri per la valutazione del-l’usura seguono le stesse procedure IADC viste per gliscalpelli triconi.

Scalpelli TSPCome si è visto, i taglienti PDC sono molto sensibi-

li alla temperatura, e mal si adattano alla perforazione dirocce dure. Una possibile alternativa al loro utilizzo ècostituita dal materiale diamantato detto diamante TSP(Thermally Stable Polycrystalline). La tecnica per laproduzione di questo tipo di materiale è simile a quel-la del PDC, con la differenza che non è costruito su unsupporto di carburo di tungsteno, e che al termine del

processo di fabbricazione si toglie il metallo catalizza-tore (cobalto), ottenendo delle pastiglie di diamante TSP.Il cobalto, infatti, ha una dilatazione termica superiorea quella del diamante, e riscaldandosi tende a distrug-gere la struttura policristallina. Il materiale TSP è ter-micamente più stabile del PDC (si mantiene integro sinoa circa 1.200 °C) e può essere prodotto con dimensionisuperiori, dell’ordine di diversi millimetri, a quelle deidiamanti naturali. I taglienti TSP sono realizzati in formacircolare o triangolare, e sono utilizzati per produrre uten-sili simili per concezione agli scalpelli a diamanti natu-rali (fig. 23). Essi sono incastonati sulle nervature di unatesta monoblocco, realizzata in carburo di tungsteno, ehanno il vantaggio di possedere una profondità di tagliosuperiore a quella degli scalpelli a diamanti naturali, mainferiore rispetto ai PDC. Sono adatti a perforare for-mazioni relativamente dure o intercalazioni di rocce tene-re e dure: nelle rocce tenere la loro azione di taglio èsimile a quella dei PDC, mentre nelle rocce dure si com-portano come diamanti naturali. Chiaramente, date lepiccole dimensioni dei taglienti, gli scalpelli TSP pos-siedono velocità di avanzamento minori rispetto ai PDC,ma possono perforare più a lungo. La loro idraulica èanaloga a quella degli scalpelli a diamanti naturali.

Scalpelli impregnatiQuesto tipo di scalpello è stato progettato per perfo-

rare formazioni particolarmente dure e abrasive, dovetutti gli altri tipi di scalpelli si usurano in tempo bre-vissimo, rendendo la perforazione estremamente costo-sa. La struttura tagliente degli scalpelli impregnati è

322 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

fig. 23. Scalpelli TSP (Hughes Christensen).

fig. 24. Scalpelli impregnati (Hughes Christensen).

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costituita da segmenti sagomati di matrice di carburo ditungsteno, al cui interno è dispersa della polvere di dia-mante sintetico di granulometria inferiore a 100 mm. Que-sti segmenti, generalmente di profilo arrotondato, sonosaldati al corpo dello scalpello con processi a elevata tem-peratura. Gli scalpelli impregnati non possiedono quin-di dei taglienti veri e propri, ma distruggono la roccia perabrasione, poiché i segmenti diamantati, usurandosi, garan-tiscono l’esposizione di una certa quantità di polvere didiamante sempre nuovo (fig. 24). Dal punto di vista idrau-lico anche questo tipo di scalpello non possiede dusi, maun’unica via centrale di flusso. Unico svantaggio degliscalpelli impregnati è che, vista la minima profondità ditaglio della polvere di diamante, non è sempre possibileraggiungere elevate velocità di avanzamento.

3.1.9 Rivestimento del pozzo

La perforazione di un pozzo provoca una perturbazionedell’equilibrio meccanico e idraulico delle formazionirocciose circostanti. Periodicamente questo equilibriodeve essere ripristinato con la messa in opera di unacolonna di rivestimento, o casing: si tratta di una tuba-zione in acciaio che parte dalla superficie e arriva a fondopozzo, ed è connessa rigidamente alla formazione roc-ciosa con una malta cementizia, che ha il compito di iso-lare idraulicamente le rocce perforate. Il casing trasfor-ma il pozzo in una struttura stabile e permanente, in gradodi ospitare le attrezzature per la produzione dei fluidi distrato. Esso sostiene le pareti del foro ed evita la migra-zione di fluidi dagli strati con pressione maggiore a quel-li con pressione minore. Inoltre, il casing permette di eli-minare le perdite di circolazione, protegge il foro daidanni provocati da urti e sfregamenti della batteria, fungeda ancoraggio per le apparecchiature di sicurezza (BOP,Blow Out Preventers, v. oltre) e, se il pozzo è produtti-vo, per la croce di produzione. Al termine della perfo-razione, un pozzo è composto di una serie di tubazioniconcentriche di diametro decrescente, ognuna delle qualiarriva a una profondità maggiore (fig. 25). I casing sonoformati da tubi in acciaio senza saldatura, con filettomaschio a entrambe le estremità, uniti tra loro da mani-cotti filettati. Le dimensioni dei tubi, dei tipi di filetto edi manicotto sono standardizzate dalle norme API. Esi-stono anche casing speciali a giunzione diretta, senzamanicotto. Le funzioni e le denominazioni dei vari casingvariano secondo la profondità; partendo da quello piùsuperficiale, si ha dapprima il tubo guida, poi la colon-na di ancoraggio, le colonne intermedie e infine la colon-na di produzione.

Come si è già visto, il primo rivestimento del pozzoè il tubo guida, inserito a percussione a profondità dinorma comprese tra 30 e 50 m. Il tubo guida permettela circolazione del fango durante la prima fase della

perforazione, proteggendo le formazioni superficialinon consolidate dall’erosione dovuta alla circolazionestessa, che potrebbe compromettere la stabilità dellefondazioni dell’impianto. Il tubo guida non è inseritoin un foro perforato e solitamente non è cementato,quindi spesso non è considerato una colonna di rive-stimento vera e propria. La prima colonna di rivesti-mento è quella successiva, che riveste il foro perfora-to all’interno del tubo guida; è detta anche colonna diancoraggio e le sue funzioni sono: proteggere le faldedi acqua dolce dal potenziale inquinamento da partedel fango, ancorare le successive colonne di rivesti-mento, supportare la testa pozzo. Per accrescere la suarigidezza e renderla adatta a sopportare i carichi di com-pressione conseguenti al posizionamento dei casingsuccessivi, la colonna di ancoraggio è cementata sinoin superficie. La sua lunghezza dipende dalla profon-dità degli acquiferi e dalla pressione prevista a testapozzo in seguito all’ingresso di fluidi di strato nel casing.Infatti, poiché la colonna di ancoraggio è il primo casingsu cui si montano i BOP, occorre posizionarla a unaprofondità in cui la pressione di fratturazione della

323VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

colonna di ancoraggio

tuboguida

colonna tecnicao intermedia

casingdi produzione

cemento

giacimento

scarpa di cementazionedel casing

fig. 25. Rivestimento del pozzo o casing.

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formazione sia sufficientemente elevata, tale da per-mettere di chiudere i BOP senza rischi (v. par. 3.1.13).

Le colonne di rivestimento successive sono dette colon-ne tecniche (o intermedie), e possono essere in numerovariabile secondo le esigenze specifiche del pozzo. Laquota di tubaggio delle colonne intermedie dipende dalprofilo di pressione dei fluidi di strato. Con l’approfon-dirsi del foro, quando la pressione idrostatica del fangonecessaria per perforare in sicurezza diventa pari alla pres-sione di fratturazione della formazione più debole pre-sente nel foro scoperto (il che provocherebbe l’inizio dellasua fratturazione idraulica), occorre rivestire il pozzo. Soli-tamente la formazione più debole è quella più superfi-ciale, subito sotto l’ultimo tratto di casing cementato. Inquesto modo è possibile perforare ogni fase del pozzo confluidi di perforazione a densità diverse. Le colonne inter-medie sono cementate per tutto il tratto di foro scoperto,sino a un centinaio di metri entro la colonna precedente.

Infine, si ha la colonna di produzione, che è l’ultimocasing messo in opera nel foro; esso giunge sino al tettodella formazione produttiva, se il completamento è a foroscoperto, oppure l’attraversa tutta, se il completamento èa foro rivestito. All’interno di questo casing sono allog-giate le attrezzature di completamento, che permettono larisalita a giorno dei fluidi di strato. Si tratta della colonnadi rivestimento più importante, e deve rimanere integra edefficiente per tutta la vita produttiva del pozzo. La suaprogettazione deve assicurare la resistenza alla pressio-ne massima prevista nei fluidi da produrre, e garantire

la resistenza alla corrosione eventualmente indotta dallacomposizione chimica dei fluidi stessi. L’ultimo casingpuò essere parziale: ossia può non arrivare in superficie apieno diametro, ma terminare ed essere ancorato all’e-stremità inferiore del casing precedente. In questo casonon si parla più di casing, bensì di liner, un rivestimentoagganciato al casing precedente per mezzo di un disposi-tivo (liner hanger) che garantisce la tenuta idraulica e mec-canica (fig. 26). Il liner e il suo hanger sono calati in pozzocon una batteria di aste, e la lunghezza del liner è dimen-sionata in modo che al termine del rivestimento l’hangersi trovi a circa 100 m entro il casing precedente. La sceltadi un liner rispetto a un casing è dettata da motivi econo-mici e da motivi tecnici, come per es. la diminuzione delpeso al gancio durante la discesa del liner in pozzo: que-sto fattore è importante soprattutto in pozzi profondi, oppu-re quando l’impianto ha capacità di sollevamento limita-ta. Inoltre, il liner permette anche di migliorare l’idraulicadel pozzo, poiché la diminuzione della lunghezza dell’an-nulus a piccolo diametro riduce le perdite di carico di cir-colazione. I liner possono essere, se necessario, reintegra-ti fino alla superficie con un casing inserito successiva-mente in un’apposita sede ricavata nella testa dell’hanger.

3.1.10 Cementazione

La cementazione è l’operazione di pompaggio di una maltacementizia tra casing e formazione, iniettata nell’annulusdall’interno del casing stesso. Come accennato, la cemen-tazione, detta in questo caso primaria, serve a connettererigidamente il casing alla formazione e a garantire l’iso-lamento idraulico delle varie formazioni, impedendo lamigrazione dei fluidi dagli strati con pressione maggioreverso quelli con pressione minore. La buona riuscita dellacementazione dipende dall’efficacia di spiazzamento dellamalta, che deve sostituire la maggior quantità possibile delfango presente nell’annulus. Ciò dipende da numerosi fat-tori, quali il regime di flusso nell’annulus, la densità eviscosità del fango e della malta, la centralizzazione delcasing, ecc. Quest’ultima è particolarmente importante,poiché raramente il pozzo ha una geometria verticale rego-lare, ma è relativamente tortuoso e con diametro variabi-le. Ogni altra cementazione eseguita successivamente allaprimaria, sia per riparare una precedente cementazionepoco efficace, sia per altri scopi (riparazione di un casingdanneggiato, esecuzione di tappi di cemento, operazionidi squeeze, ecc.), è definita cementazione secondaria, perla quale si rimanda al cap. 3.6. Dal punto di vista operati-vo, raggiunta la quota di tubaggio di un certo tratto di foro,si procede alla determinazione del diametro reale del pozzotramite log, da cui è possibile calcolare il volume di maltanecessaria per la cementazione. Nel frattempo si prepara-no i tubi di rivestimento, munendoli di centralizzatori eraschiatori: i primi servono a mantenere il casing centrato

324 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

colonna tecnica o intermedia

liner di produzione

fig. 26. Rivestimento del pozzo con liner.

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nel foro, mentre i secondi hanno la funzione di rimuove-re il pannello di fango dalla parete foro, migliorando lapresa del cemento sulla formazione. Sul primo spezzonedi casing si monta la scarpa di cementazione, un tubo dellostesso diametro del casing, con estremità arrotondata,munito di valvola di non ritorno, che impedisce il riflus-so nella colonna del fluido contenuto nell’annulus. A distan-za di uno o due tubi dalla scarpa si montano due collariper fermare i tappi di cementazione. La discesa del casingin pozzo si effettua avvitando i tubi sul piano sonda eimmettendoli in foro con l’ausilio del gancio, al pari diuna manovra di discesa della batteria di perforazione.

Malta cementiziaIl materiale utilizzato per la cementazione è la malta,

una miscela di cemento, acqua e additivi chimici. Unamalta cementizia si ottiene impastando del cemento Por-tland, ottenuto da opportune miscele di calce e materialiargillosi cotte in particolari forni rotativi, con acqua secon-do svariati rapporti. L’impasto dà luogo a una serie di rea-zioni chimiche che provocano un progressivo rapprendi-mento e indurimento della malta. La presa avviene alcu-ne ore dopo l’impasto, mentre l’indurimento è un processopiù lento, che si prolunga nel tempo anche per diversimesi. La composizione dei cementi di perforazione è rego-lata da norme API e ISO (International Standards Or-ganization); essi sono divisi in varie classi (indicate conle lettere da A a H) in funzione della profondità d’im-piego. Di solito si utilizzano cementi ad alta resistenza aisolfati e, per ovvie ragioni di logistica e contenimento deicosti, si adottano una o due tipologie di cementi (in gene-re, le classi G e H); questi, opportunamente additivati,possono essere impiegati in tutte le situazioni operative.In particolare, gli additivi servono per controllare la den-sità, il tempo di presa, le perdite di circolazione, la fil-trazione e la viscosità. Analogamente ai fanghi, anche lamalta è sottoposta al controllo delle caratteristiche fisi-che e reologiche quali densità, acqua libera, consistenza,tempo di presa, ecc., eseguite nelle condizioni di tempe-ratura e pressione di pozzo. Il cemento è scelto in modoche la malta sviluppi proprietà meccaniche adeguate inun tempo sufficientemente breve, in modo da ridurre lasosta dell’impianto al termine della cementazione (e cioèil tempo di attesa per la presa del cemento). Per contro,è necessario che la malta si mantenga fluida per il temposufficiente a completare il pompaggio, che è dell’ordinedi svariate ore in pozzi particolarmente profondi. È quin-di importante stimare con precisione il volume di maltacementizia necessaria, la temperatura di fondo pozzo e iltempo totale richiesto per la cementazione. Infatti, unavariazione anche modesta della temperatura causa unadiminuzione sensibile del tempo di presa (e ciò è verosoprattutto nel caso di pozzi con temperature elevate, supe-riori ai 100 °C) e, pertanto, si richiede una formulazionemolto precisa della malta di cemento e una sua verifica in

laboratorio. L’impiego di additivi ritardanti o acceleran-ti permette di raggiungere lo scopo, poiché essi consen-tono di regolare opportunamente il tempo di presa dellemalte; in questo modo è possibile utilizzare anche unasola tipologia di cemento nelle più svariate situazioni ope-rative. Analogamente ai fluidi di perforazione, la maltadeve avere una densità tale da contrastare l’ingresso difluidi di strato nel pozzo e non provocare la fratturazio-ne delle formazioni.

Cementazione a singolo stadioLa cementazione a singolo stadio si esegue pompan-

do all’interno del casing il volume calcolato di malta attra-verso una speciale testa di cementazione a tre vie, mon-tata sopra il casing, che permette di lanciare all’interno itappi di cementazione (fig. 27). Per lo spiazzamento dellamalta si usano pompe speciali che, rispetto a quelle per lacircolazione del fango, sono caratterizzate da maggioriprevalenze e minori portate. All’inizio dell’operazione ilpozzo è pieno di fango. Per migliorare lo spiazzamentonell’annulus, dove possono essere presenti cutting e bran-delli di pannello, dalla linea inferiore della testa di cemen-tazione si pompa nel casing dapprima un cuscino separa-

325VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

testa di cementazione

fluido dispiazzamento

fluido dispiazzamento

fango di perforazione

cemento

tappo superiore

tappo inferiore

collare

centralizzatore

scarpa di cementazione

maltacementizia

fig. 27. Attrezzature di cementazione.

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tore, costituito da acqua additivata o da gasolio, al fine difluidificare il fango e separarlo dalla malta pompata inseguito; successivamente si pompa la malta attraverso lalinea centrale della testa di cementazione, avendo cura diseparare il cuscino d’acqua dalla malta con il primo tappodi cementazione, un tappo in gomma dello stesso diame-tro interno del casing, internamente cavo e chiuso da undiaframma centrale facilmente squarciabile. Terminato ilpompaggio del volume di malta calcolato, si inserisce nelcasing il secondo tappo di cementazione, in gomma piena,e attraverso la linea superiore della testa di cementazionesi prosegue il pompaggio di normale fango, preceduto daun eventuale secondo cuscino d’acqua. Quando il primotappo arriva sul collare, la pressione di pompaggio aumen-ta, indicando che esso si è appoggiato sul collare e che allesue spalle è presente malta. Aumentando la pressione dipompaggio, si squarcia il diaframma del primo tappo, per-mettendo lo spiazzamento della malta nell’annulus. Infi-ne, quando anche il secondo tappo arriva su quello pre-cedente, si ha un altro aumento di pressione, che segnalache tutta la malta è stata pompata nell’annulus e che l’in-terno del casing è pieno di solo fango. La cementazioneprimaria è quindi terminata e inizia l’attesa per la presadel cemento, che è dell’ordine di qualche decina di ore,durante le quali si completano le operazioni di testa pozzo,dopodiché si riprende la perforazione. Chiaramente, i tappi,il collare e la scarpa devono essere realizzati con mate-riali facilmente fresabili, per proseguire la perforazionecon un normale scalpello. La cementazione a singolo sta-dio presenta incertezze nel calcolo dell’altezza di risalitadella malta, poiché nel pozzo possono essere presenti for-mazioni cavernose di cui non si è tenuto conto nel calco-lo del volume di malta. Con una tecnica analoga è possi-bile cementare anche i liner.

Cementazione a doppio stadioLa scelta della cementazione a singolo stadio è lega-

ta alla lunghezza del casing da cementare, alla pressio-ne di fratturazione della formazione e al tempo di pom-pabilità della malta. Questo metodo non è applicabile inpozzi molto profondi, dove i tempi di pompaggio sonoridotti dall’azione accelerante della temperatura, o inpozzi con lunghi tratti di formazione a basso gradientedi fratturazione. In questi casi si può procedere con cemen-tazioni multiple (solitamente a due stadi), iniettando lamalta nell’intercapedine attraverso speciali manicotti dicementazione ubicati a distanze opportune nella colon-na. La cementazione a doppio stadio prevede la cemen-tazione del tratto più profondo del casing con la tecnicaa singolo stadio; successivamente, si completa la cemen-tazione del tratto superiore facendo passare altra maltaattraverso una speciale valvola di circolazione, che pos-siede dei fori che possono essere aperti e chiusi da duemanicotti interni scorrevoli. I fori, chiusi durante il primostadio della cementazione, sono aperti con un tappo

speciale, posizionato all’interno del casing, che si bloc-ca su un manicotto realizzando una tenuta idraulica. Pres-surizzando l’interno del casing si provoca il tranciamentodelle spine di fermo e lo scorrimento del manicotto, cheapre la valvola di circolazione. Dopo aver fatto circola-re fango per spiazzare l’eventuale malta che fosse risa-lita al di sopra della valvola, si pompa la malta analoga-mente alla cementazione a singolo stadio; l’ultimo tappodi cementazione chiude anche i fori della valvola di cir-colazione, ponendo termine alla cementazione.

Al termine dell’attesa per la presa del cemento, primadi riprendere la perforazione, è bene controllare l’effi-cacia e la qualità della cementazione. Si ricorda che iltempo minimo di presa è definito come il tempo neces-sario affinché la malta, in condizioni di pozzo, raggiun-ga la viscosità di 10 Pa�s. Un primo test, eseguito dopoaver perforato tappi e scarpa, consiste nella pressurizza-zione del casing a un valore pari alla pressione idrosta-tica prevista per la perforazione della fase successiva,verificandone la tenuta. Un secondo test valuta la risali-ta del cemento nell’annulus mediante la registrazione diun profilo di temperatura del pozzo: se alle spalle delcasing è presente cemento, il calore generato dalla rea-zione di presa, fortemente esotermica, provoca un aumen-to della temperatura, il che non avviene se è presentefango. Un altro test più attendibile e preciso per la stimadella qualità dell’accoppiamento meccanico tra casing eforo è un log acustico, che misura l’attenuazione di unimpulso acustico generato all’interno del casing: l’atte-nuazione dell’onda sonora è tanto maggiore quanto miglio-re è la cementazione, ossia quanto più rigido è l’accop-piamento meccanico tra casing, cemento e roccia.

3.1.11 Fluidi di perforazione

Il fluido di perforazione, detto anche ‘fango’, è un flui-do a base di acqua, di olio o di gas. Esso rappresenta unodei fattori chiave per la buona riuscita di un pozzo e hauna forte incidenza sul costo totale delle operazioni,soprattutto a causa delle normative relative al suo smal-timento. La scelta del fluido di perforazione è dettataprincipalmente dalle caratteristiche delle formazioni daattraversare, dalla loro perforabilità e reattività all’acquae dai problemi di smaltimento del fluido esausto. Duran-te la perforazione il fango è sottoposto almeno quoti-dianamente ad analisi chimiche, fisiche e reologiche e,all’occorrenza, viene corretto, poiché il contatto con icutting può modificarne le caratteristiche, che vannosempre mantenute entro i limiti di progetto. I fluidi diperforazione, che circolano nel pozzo secondo lo sche-ma sintetico di fig. 28, devono svolgere, tra le altre, leseguenti funzioni.

Rimozione e trasporto a giorno dei cutting generatidallo scalpello. La capacità di trasporto è influenzata

326 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

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dalle caratteristiche del fluido (in particolare da visco-sità e densità) e dalla geometria dei cutting. Di solito èsufficiente una velocità minima di risalita dell’ordine di0,8-1 m/s, che deve essere verificata nella sezione dimaggior area di flusso (l’annulus tra l’ultimo casing e leaste normali). La rapidità con cui i cutting sono rimos-si dal fondo foro influenza la velocità d’avanzamento ela durata dello scalpello.

Bilanciamento della pressione di formazione. Que-sta funzione ha il fine di impedire l’ingresso in pozzo difluidi di strato. Ciò si ottiene mantenendo la pressioneidrostatica della colonna di fango sempre più alta dellapressione dei pori, regolando la densità del fango. Soli-tamente quest’ultima è mantenuta maggiore del 5-10%rispetto alla densità necessaria per controbilanciare lepressioni previste, creando una pressione differenzialetra foro e formazione; la pressione idrostatica non devecomunque mai superare la pressione di fratturazione delleformazioni già perforate.

Ostacolo al franamento delle pareti del pozzo. Lapressione idrostatica del fango costituisce una sorta disostegno temporaneo, poiché riequilibra parzialmente letensioni esistenti nelle rocce prima della perforazione.Inoltre, in corrispondenza di rocce permeabili il fango

crea il ‘pannello’, una sorta di intonaco sulle pareti delforo che stabilizza ulteriormente il pozzo. Il pannello siforma per separazione della parte colloidale del fangoda quella liquida (filtrato), che invece penetra nella for-mazione, a causa della pressione differenziale. Un buonpannello deve essere tenace, sottile e impermeabile, enon deve ridurre il diametro del foro, aumentando ilrischio di prese di batteria.

Blocco della ricaduta dei cutting quando si arrestala circolazione. Un buon fluido di perforazione, pas-sando dallo stato di moto alla quiete, deve gelificare rapi-damente per rallentare o bloccare la ricaduta dei cuttingin sospensione. Se ciò non avviene, la batteria di perfo-razione potrebbe incastrarsi per la sedimentazione deicutting a fondo foro. La proprietà di alcuni fluidi di for-mare un ammasso gelatinoso se in quiete, e di tornareallo stato liquido se in moto, è detta ‘forza di gel’, ed ètipica di numerosi fanghi a base di bentonite. Una geli-ficazione troppo veloce ostacola però l’efficacia di sepa-razione dei cutting sui vibrovagli in superficie.

Raffreddamento e lubrificazione delle attrezzature diperforazione. In particolare dello scalpello e della bat-teria di perforazione, che presentano fenomeni di stri-sciamento in numerosi punti del foro.

Limitazione del danneggiamento degli strati mine-ralizzati. Durante la creazione del pannello, il filtratopenetra radialmente nella formazione generando una‘zona invasa’, in cui la permeabilità relativa all’olio o algas diminuisce; qualora siano presenti minerali argillo-si, si può avere anche una diminuzione della permeabi-lità della formazione. Al fine di evitare invasioni troppoestese, è possibile regolare le proprietà del fango in modoche si formi rapidamente un pannello sottile e imper-meabile.

Fonte di informazioni geologiche e stratigrafiche. Ilcampionamento e l’analisi dei cutting separati al vibro-vaglio, il monitoraggio dei gas disciolti nel fango e ilcontrollo delle sue variazioni chimico-fisiche (tempera-tura, pH, contenuto in cloruri, ecc.) costituiscono unaparte fondamentale dell’indagine geologica di cantiere,che fornisce preziose indicazioni sull’andamento dellaperforazione.

Classificazione dei fluidi di perforazioneI fluidi di perforazione sono suddivisi in tre grandi

classi, secondo il tipo di fase continua che li costituisce.La prima classe è quella dei fanghi a base d’acqua: lafase continua è acqua (dolce o salata), alla quale si aggiun-gono argille naturali del gruppo della bentonite al finedi formare una sospensione omogenea e viscosa. I fan-ghi ad acqua sono stati i primi fluidi di perforazioneutilizzati e per il loro aspetto furono appunto denomi-nati ‘fanghi’, poiché sono costituiti solo da acqua e argil-la. Questo termine è stato poi esteso a tutti i fluidi diperforazione a base liquida. Le caratteristiche fisiche e

327VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

sistema di rimozionedei cutting dal fango

pozzo

batteria di perforazione

fluido di perforazione

aste pesanti

scalpello

fig. 28. Circuito di circolazione del fluido di perforazione.

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reologiche dei fanghi sono regolate con l’aggiunta diadditivi chimici e materiali d’appesantimento. Il filtra-to di un fango a base d’acqua è acqua con parte degliadditivi chimici in soluzione, ed è potenzialmente ingrado di danneggiare le formazioni mineralizzate. Laseconda classe è quella dei fanghi a base d’olio: la fasecontinua è olio, intendendo con questo termine prodot-ti naturali o sintetici a base di idrocarburi. Anche in que-sto caso sono necessari additivi chimici, materiali d’ap-pesantimento e viscosizzanti per regolare le caratteristi-che fisiche e reologiche del fango. Il filtrato di un fangoa base d’olio è olio, che non danneggia le formazioni.Infine, la terza classe è quella dei fluidi di perforazionea base gassosa, solitamente aria, eventualmente misce-lata con altri fluidi. Essi sono caratterizzati da bassa den-sità e non sono in grado di creare una pressione idrosta-tica adeguata a controbilanciare le pressioni di strato ela spinta delle formazioni; sono utilizzati per l’attraver-samento di formazioni a basso gradiente dei pori.

Oltre al fluido di base, i fluidi di perforazione sonocomposti da viscosizzanti, materiali di appesantimento,additivi chimici ed eventualmente materiali intasanti.

I viscosizzanti più comuni utilizzati per preparare ifanghi sono particolari minerali argillosi oppure dei poli-meri naturali o sintetici; essi sono necessari per miglio-rare la capacità di trasporto dei cutting. I minerali argil-losi più usati sono quelli del gruppo della bentonite, che,dispersi in acqua dolce, si idratano fortemente produ-cendo fanghi con buone caratteristiche di viscosità e forzadi gel, e con un pannello elastico e impermeabile. Altriagenti viscosizzanti sono i polimeri organici (naturali osintetici) e le argille organofile bagnabili all’olio.

I materiali d’appesantimento sono polveri mineralifini (10-40 mm), disperse nel fango per aumentarne ladensità. Devono avere densità elevata ed essere chimi-camente inerti, facilmente macinabili, poco abrasivi, noninquinanti ed economici. Il materiale più diffuso è la bari-te (solfato di bario naturale, densità di circa 4.250 kg/m3),che permette di raggiungere densità del fango dell’ordi-ne di 2.200 kg/m3. Proprietà analoghe sono tipiche anchedella siderite, della galena e dell’ematite. L’appesanti-mento può essere ottenuto anche con sali solubili, qualicloruro di sodio, di calcio o di potassio, oppure bromu-ro di potassio, di calcio o di zinco, impiegati in partico-lare per la preparazione dei fluidi per il completamentodel pozzo. Si tratta di fluidi limpidi, senza solidi in sospen-sione, che limitano il danneggiamento della formazione.

Gli additivi chimici sono molto numerosi. I più notisono i fluidificanti, utilizzati per controllare la viscositàe la gelificazione del fango. La viscosità di un fango puòessere infatti ridotta mediante diluizione, rimozione mec-canica dei solidi, oppure con l’aggiunta di fluidificanti(tannini, lignosulfonati, cromolignite, ecc.) che modifi-cano le interazioni chimiche e fisiche tra solidi e fluidi,in particolare tra argilla e acqua. Altri tipi di additivi sono

quelli utilizzati per ridurre il volume di filtrato (carbos-simetilcellulosa, amidi, ecc.); altri ancora sono i ten-sioattivi, usati come emulsionanti, gli antischiumogeni,per ridurre la schiuma che si forma nei fanghi salmastri,i lubrificanti (gasolio, oli sintetici, composti asfaltici) ei battericidi, per limitare lo sviluppo di batteri, alghe emuffe. Importante è la categoria degli anticorrosivi, perproteggere la batteria e le attrezzature di perforazione.Una particolare classe di additivi sono i polimeri, sostan-ze a struttura macromolecolare di origine naturale (guargum, xantan gum, tannini, amidi, ecc.) o sintetica (polia-crilati, poliacrilammidi, ecc.), che possono comportarsida viscosizzanti, flocculanti, deflocculanti, riduttori delfiltrato, stabilizzanti, ecc. Il loro utilizzo è particolar-mente diffuso per la preparazione dei moderni fluidi diperforazione. Un’altra importante classe di additivi sonoi materiali per stabilizzare le argille reattive delle forma-zioni: si tratta di polimeri, idrocarburi asfaltici, oppuresali di calcio e di potassio, che sono utilizzati per il con-fezionamento di fanghi detti ‘inibenti’; essi agiscono limi-tando l’idratazione e il rigonfiamento delle argille.

Infine, si hanno i materiali intasanti, utilizzati percontrastare le perdite di circolazione che possono veri-ficarsi in formazioni fratturate o, più raramente, in stra-ti molto permeabili. Si tratta di materiali solidi che ven-gono miscelati al fango in quantità massicce. Possonoessere fibrosi (residui di lavorazione di cotone, canapa,juta, setole animali, segatura), a scaglie (cellophane astrisce, lamelle di mica, trucioli di legno), oppure gra-nulari (gusci di noci macinati).

Caratteristiche e utilizzo dei fluidi di perforazioneI fanghi ad acqua sono i fluidi di perforazione più

semplici, in cui l’acqua è la fase continua e i solidi sonola fase dispersa. La fase solida è costituita prevalente-mente da argille, con eventuale aggiunta di polimeri peril controllo della filtrazione e delle proprietà reologiche,di materiali d’appesantimento per il controllo della den-sità e di soda caustica per il controllo del pH. L’utilizzodi additivi consente di realizzare diverse tipologie di fan-ghi ad acqua adatte alle varie condizioni di perforazio-ne; in generale, le formulazioni più complesse tentanodi avvicinare le proprietà dei fanghi ad acqua a quelledei fanghi a olio. I vantaggi dei fanghi ad acqua sono ilbasso costo, la buona pulizia del foro e il basso impattoambientale. Gli svantaggi sono invece l’interazione del-l’acqua con le argille di strato (che può provocare insta-bilità delle pareti del foro), la scarsa resistenza alle altetemperature e la difficoltà a mantenere la percentuale disolidi entro limiti accettabili: per questo sono necessa-rie frequenti diluizioni che fanno aumentare considere-volmente il volume del fango in circolazione. Molte for-mazioni perdono la loro stabilità meccanica quando ven-gono a contatto con un fango a base d’acqua, e viceversamolti fanghi si alterano in presenza di cutting argillosi.

328 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

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Per questo motivo sono stati introdotti i cosiddetti fan-ghi inibenti, che agiscono incapsulando i cutting e limi-tando l’espansione delle argille reattive. I materiali ini-benti maggiormente utilizzati sono il cloruro di potas-sio o di calcio, il glicol dietilenico o trietilenico, alcunisilicati, formiati o acetati di calcio o potassio, o partico-lari polimeri incapsulanti.

I fanghi a olio sono costituiti da un fluido di base chepuò essere solo olio, oppure una miscela di acqua e olio.In quest’ultimo caso si tratta di emulsioni di acqua inolio, in cui l’olio è la fase continua e l’acqua è quelladispersa, che talvolta sono denominate fanghi a emul-sione inversa. La fase liquida è costituita da acqua e olio(gasolio, oli bianchi a basso contenuto di aromatici, ecc.),a cui sono aggiunti emulsionanti (saponi di sodio o dicalcio), viscosizzanti (argille bagnabili all’olio), ridut-tori di filtrato e materiali di appesantimento. I rapportiolio/acqua più comuni sono 80/20, 85/15, 90/10, anchese si può arrivare a rapporti fino a 50/50 e oltre. Nei fan-ghi a olio la fase continua non è polare, e non provoca ilrigonfiamento delle argille. L’olio, inoltre, rende il siste-ma poco sensibile ai contaminanti (sale, anidrite, cemen-to, biossido di carbonio, solfuro di idrogeno, ecc.) e ilfiltrato, che è solo olio, non danneggia le formazioni pro-duttive. I vantaggi dei fanghi a olio sono legati alla mag-giore stabilità del foro (a causa della scarsa interazionecon le argille), alla formazione di un pannello sottile, ea una migliore azione lubrificante e anticorrosiva neiconfronti dell’acciaio. Gli svantaggi sono invece legatiall’alto costo iniziale del fluido di base, al maggioreimpatto ambientale in caso di versamenti accidentali odi perdita di circolazione in formazioni superficiali e aicosti per lo smaltimento del fluido esausto e dei cutting.Si ricorda infine che esistono anche fanghi che utilizza-no come fase continua dei fluidi oleosi sintetici non inqui-nanti, ancora estremamente costosi.

I fluidi di perforazione a base gassosa sono costitui-ti da aria o gas inerti compressi, eventualmente misce-lati con schiumogeni, e sono impiegati quando si vuoleridurre la pressione a fondo foro per evitare perdite dicircolazione in formazioni superficiali o per limitare ildanneggiamento delle formazioni produttive. A causadella loro bassa densità, questi fluidi non sono in gradodi creare la pressione idrostatica necessaria a controbi-lanciare le pressioni di strato e a sostenere le pareti delpozzo. Per il loro utilizzo è inoltre necessario installarein cantiere gli apparati di compressione, costosi e com-plessi. Il vantaggio dei fluidi a base gassosa è però l’in-cremento della velocità di avanzamento, dovuta alla faci-lità di rimozione dei cutting creati dallo scalpello, gra-zie alla pressione differenziale negativa (perforazioneunderbalance). Tuttavia, la perforazione ad aria ha losvantaggio di una difficile gestione dei cutting in super-ficie (in pratica, roccia polverizzata dispersa in aria), cheprovocano forti abrasioni sulla batteria: la velocità di

risalita necessaria per trasportare i cutting, infatti, puòarrivare fino a 900 m/min. Per ovviare a questo incon-veniente si può iniettare nel flusso di aria compressa unapiccola quantità di fango con schiumogeno, creando unaschiuma compatta e stabile, che ha migliori capacità ditrasporto. La velocità di risalita necessaria alle schiumeè circa 90 m/min. L’applicazione della schiuma è con-veniente fino a profondità modeste, tra 1.000 e 2.000 m:infatti, trattandosi di un sistema non riciclabile, il suoutilizzo è condizionato dall’aumento dei volumi di schiu-ma da smaltire. Se l’ingresso di fluidi della formazioneimpedisce l’utilizzo di aria o schiume, si può passare alfango aerato, che non è propriamente un fluido a basegassosa, ma è un comune fango miscelato con aria com-pressa per diminuirne la densità. Esso presenta vantag-gi sia per l’avanzamento, sia per la riduzione delle per-dite di circolazione. Il fango aerato può essere utilizza-to a ciclo continuo, come un normale fango, ed è moltoimpiegato nella perforazione underbalance, una tecnicabasata sull’impiego di un fluido di perforazione che man-tenga a fondo pozzo una pressione inferiore rispetto aquella dei fluidi di strato, ponendo il giacimento in unacondizione di lenta erogazione. Tale tecnica permette siadi realizzare più alte velocità di avanzamento, sia di impe-dire il danneggiamento delle formazioni produttive, aspet-to, quest’ultimo, di maggiore importanza.

La tendenza attuale nello sviluppo di sistemi inno-vativi nel campo dei fluidi di perforazione è rivolta prin-cipalmente a garantire il rispetto delle norme sulla tute-la dell’ambiente, sulla sicurezza e sulla riduzione deldanneggiamento delle formazioni produttive. Infatti, isistemi tradizionali (specialmente i fanghi a olio, spes-so fortemente tossici) forniscono ottime prestazioni inmolte condizioni operative, tuttavia i vincoli relativiall’impatto ambientale e alla sicurezza impongono losviluppo di fluidi di base e di additivi a basso impattoche possano eguagliare le prestazioni dei sistemi tradi-zionali mantenendo dei costi accettabili. Inoltre, oggi èmolto attiva anche la ricerca nel campo dei fluidi nondanneggianti, formulati per la perforazione delle for-mazioni produttive e caratterizzati da una limitata inte-razione tra fluido e formazione. Nel campo dei fanghi aolio le innovazioni sono invece orientate a impiegare flui-di di base meno tossici degli oli tradizionali, quali ole-fine, oli sintetici, esteri, ecc.

3.1.12 Testa pozzo

La testa pozzo e le apparecchiature di sicurezza sono deidispositivi muniti di valvole che permettono di isolare ilpozzo dall’ambiente esterno. In questo modo è possibi-le controllare in maniera efficace e sicura le pressioniche si sviluppano all’interno del pozzo quando esso èmesso in comunicazione idraulica con le formazioni del

329VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

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sottosuolo. Infatti, i fluidi contenuti in tali formazionihanno molto spesso una pressione maggiore della pres-sione idrostatica normale. La testa pozzo è una struttu-ra fissa che connette i vari casing che escono dal pozzo;se questo è produttivo, essa rimane in loco fino al ter-mine della perforazione, ed è completata con la croce diproduzione. Le apparecchiature di sicurezza sono inve-ce dispositivi montati direttamente sulla testa pozzo eutilizzati soltanto in fase di perforazione.

Tradizionalmente, le teste pozzo si classificano in duegrandi categorie, quelle di superficie e quelle sottomari-ne. La testa pozzo di superficie è caratterizzata dal fattodi essere accessibile. Nei pozzi a terra è posizionata sulfondo della cantina ed è solidale al casing di ancoraggio.Nella perforazione in mare è utilizzata in tutti i pozziperforati da impianti che poggiano stabilmente sul fon-dale (per es., piattaforme fisse o jack-up). La testa pozzosottomarina è invece utilizzata in pozzi perforati conimpianti offshore per acque profonde (semisommergibi-li o navi da perforazione), è collocata sul fondo del mareed è progettata per non prevedere l’accesso diretto né infase di montaggio, né in fase di esercizio (v. cap. 3.4).

Gli elementi che compongono una testa pozzo disuperficie sono: la flangia base, i corpi intermedi, i cunei

d’ancoraggio, i gruppi di tenuta e il corpo superiore(fig. 29). La flangia base è l’elemento posto più in basso,poggia sul terreno ed è montata sulla colonna di anco-raggio per saldatura o avvitamento. I corpi intermedisono elementi cilindrici flangiati alle estremità che hannolo scopo di coprire la testa del casing precedente e disostenere il peso del casing successivo. All’interno delcorpo intermedio vi è la sede per il gruppo di tenuta, unaparte tronco-conica in cui si alloggiano i cunei per l’an-coraggio della colonna, e la sede delle guarnizioni ditenuta. L’accoppiamento meccanico di due corpi inter-medi sovrapposti è realizzato con flange imbullonate ocon clampe, garantendo la tenuta idraulica con una guar-nizione metallica ad anello. La flangia base e i corpiintermedi sono corredati da uscite laterali, munite di dop-pia valvola, per il controllo della pressione nelle inter-capedini e per eventuali interventi di pompaggio di flui-do in pozzo. I cunei d’ancoraggio sono gli elementi chepermettono di ancorare la parte terminale del casing allatesta pozzo. Il loro profilo interno è cilindrico, mentrequello esterno è a tronco di cono, e si incunea sulla cor-rispondente parte tronco-conica all’interno del corpointermedio. Sulla superficie cilindrica interna dei cunei

330 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

flangiabase

corpointermedio

ancoraggiodel tubing

hanger

cuneidi ancoraggio

guarnizionidi tenuta

principali

guarnizionidi tenuta principali

fig. 29. Testa pozzo di superficie.

crocedi produzione

o alberodi Natale

testa del tubing

hanger

testapozzo

fig. 30. Testa pozzo completa di croce di produzione.

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sono ricavati dei denti che fanno presa sul corpo ester-no del casing, ancorandolo stabilmente alla testa pozzo.I gruppi di tenuta, solitamente uno primario e uno secon-dario, sono formati da anelli in acciaio con guarnizionein gomma: comprimendo gli anelli la gomma si dilata,assicurando la tenuta idraulica. L’incuneamento del casingnel corpo intermedio si esegue dopo aver sottoposto ilcasing a una trazione opportunamente calcolata, resa per-manente dall’incuneamento. Tale trazione ha lo scopo dievitare fenomeni di inflessione delle colonne durante lavita produttiva del pozzo, che possono essere causati dal-l’aumento della temperatura durante la fase di produ-zione; infatti, viste le profondità oggi raggiunte nella col-tivazione dei giacimenti di idrocarburi, i fluidi di stratopossono essere molto caldi anche in aree a gradiente geo-termico normale. Poiché il casing è vincolato in due punti,a fondo pozzo (al termine della cementazione) e a testapozzo, la dilatazione termica conseguente alla messa inproduzione di fluidi ad alta temperatura tende a solleci-tare il casing a pressoflessione, potendo provocarne larottura per carico di punta. Nel caso in cui il pozzo siaproduttivo, è necessario installare al suo interno delleattrezzature (il cosiddetto ‘completamento del pozzo’)per produrre i fluidi del sottosuolo, e montare sulla testapozzo la croce di produzione (fig. 30). Dopo la discesadel casing di produzione, si collega mediante flangia l’ul-timo corpo superiore, che permette la sospensione deitubini di produzione e l’isolamento dell’intercapedinetra tubini e casing di produzione. Sulla testa pozzo è infi-ne montata la croce di produzione, un sistema di valvo-le che permette di regolare il flusso dei fluidi prodotti atesta pozzo.

3.1.13 Apparecchiature di sicurezza

Le apparecchiature di sicurezza, dette anche BOP (BlowOut Preventers), sono grosse valvole collocate sulla testapozzo durante le operazioni di perforazione (fig. 31). Essesono in grado di chiudere completamente il pozzo inpoche decine di secondi e in qualsiasi condizione ope-rativa. I BOP degli impianti a terra e degli impianti amare fissi (piattaforme, jack-up) sono installati sulla testapozzo in superficie, mentre negli impianti marini gal-leggianti si trovano sul fondo del mare, sulla testa pozzosottomarina; ciò consente di poter sempre svincolare incondizioni di sicurezza l’impianto galleggiante dalla testapozzo, per es. in seguito a emergenze meteomarine acausa di avarie delle linee di ormeggio, ecc. La sovrap-posizione di diversi BOP costituisce il gruppo dei BOP,ossia l’insieme delle attrezzature per effettuare in situa-zioni di emergenza la chiusura del pozzo, e poi per ripor-tarlo in condizioni di sicurezza. La chiusura del pozzo ènecessaria quando si perde il suo controllo idraulico, cioèquando la pressione dei fluidi di strato è maggiore della

pressione del fango a fondo pozzo. In questo caso, i flui-di di strato possono entrare incontrollatamente in foro.La chiusura del pozzo può rendersi necessaria in qual-siasi situazione operativa (a foro libero, oppure quandoè presente una batteria di perforazione, un casing, uncavo, ecc.), pertanto è indispensabile disporre di valvo-le in grado di chiudere il pozzo in ogni momento. Ungruppo di BOP standard è composto, partendo dal basso,da: a) uno o più rocchetti per la connessione alla testapozzo; b) BOP a ganasce sagomate a due funzioni; c)BOP a ganasce sagomate a una funzione; d) BOP anu-lare; e) tubo pipa, che convoglia il fango in uscita dalpozzo verso il vibrovaglio. Sono inoltre presenti alcuneconnessioni laterali (kill line e choke line), necessarieper le operazioni di ripristino dell’equilibrio idraulico inseguito a problemi di controllo pozzo. Il gruppo dei BOPha le seguenti funzioni: chiudere la luce del pozzo attor-no a qualsiasi tipo di attrezzatura; permettere il pom-paggio di fango, con il pozzo chiuso, attraverso la killline; consentire lo scarico, attraverso la choke line, deifluidi di strato entrati incidentalmente nel pozzo; per-mettere la movimentazione, in direzione verticale e inentrambi i versi, della batteria quando il pozzo è chiuso(stripping).

La composizione del gruppo dei BOP, ovvero la scel-ta dei singoli elementi, dipende dalla pressione massi-ma prevista a testa pozzo, desumibile dalle indagini geo-logiche effettuate in fase di progettazione. I singoli BOPsono caratterizzati dalla pressione massima d’esercizio,dal diametro interno, dal tipo di sezione su cui fannotenuta e dalla presenza di gas acidi. Ne esistono due tipiprincipali, anulari e a ganasce, descritti nel seguito.

Il BOP anulare, detto anche ‘a sacco’per la forma geo-metrica dell’elemento di chiusura, è sempre installato in

331VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

pannellodi controlloremoto

BOP anulare

BOP a ganasce

fig. 31. Apparecchiature di sicurezza (BOP).

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testa (fig. 32) ed è caratterizzato da un elemento di tenu-ta in gomma di forma toroidale, rinforzato con inserti diacciaio. L’elemento di tenuta è attivato da un pistone,comandato idraulicamente, che lo comprime obbligan-dolo a espandersi radialmente, in modo tale da stringersiattorno a qualsiasi attrezzo si trovi in sua corrispondenza.Se nella luce del pozzo non vi è nulla, il BOP anulare per-mette la chiusura totale del foro, anche se ciò è sconsi-gliato perché si sollecita in modo anomalo la gomma del-l’elemento di tenuta. Esso può anche essere attivato a bassapressione di chiusura per effettuare operazioni di strip-ping, necessarie per alcune particolari procedure di con-trollo pozzo. Nella procedura di chiusura del pozzo nor-malmente si aziona prima il BOP anulare, poiché il suomeccanismo di chiusura permette un arresto graduale delflusso di fango, evitando ‘colpi di ariete’.

I BOP a ganasce (fig. 33) sono costituiti da valvole adue ganasce simmetriche e contrapposte che chiudonoil pozzo scorrendo orizzontalmente fino a battuta. Pos-sono essere a diametro fisso o variabile; in quest’ultimo

caso l’elemento di tenuta è contenuto in un anello seg-mentato che lo obbliga a conformarsi intorno alla sezio-ne su cui far tenuta. Vi sono poi ganasce trancianti, pro-gettate per chiudere il pozzo in situazioni di emergenzatranciando i materiali tubolari in esso presenti. Infine cisono anche ganasce ‘cieche’, ossia non sagomate, chechiudono il pozzo quando non è presente alcun mate-riale tubolare. Le caratteristiche peculiari dei BOP a gana-sce sono la rapidità di chiusura, effettuata idraulicamentein pochi secondi, la possibilità di azionamento manualein situazione di emergenza, e la presenza di un disposi-tivo che mantiene le ganasce chiuse sotto carico anchein caso di perdita di pressione nel circuito di aziona-mento. Il corpo di un BOP a ganasce può alloggiare unao due coppie di ganasce sovrapposte (BOP doppio), per-mettendo diverse funzioni di chiusura.

I BOP sono comandati e attuati idraulicamente tra-mite un sistema oleodinamico che riceve energia da ungruppo di accumulatori di pressione ubicati sul piazza-le a distanza dalla testa pozzo. Ogni BOP può essereazionato separatamente. Per garantire l’operatività anchein situazioni di emergenza, il sistema di azionamento ecomando dei BOP è realizzato in modo da funzionareindipendentemente dall’energia disponibile nell’impianto.Il sistema accumulatore è costituito da una serie di ser-batoi in pressione in cui si immagazzinano olio idrauli-co e gas inerte (azoto) a pressioni di esercizio dell’ordi-ne di 20 MPa. Sono inoltre presenti i serbatoi per lo stoc-caggio del fluido di riserva e di ritorno dai BOP, un gruppodi pompe per la pressurizzazione dell’olio idraulico, e lecondotte di distribuzione dell’olio in pressione. I BOPsi possono azionare tramite due pannelli di comando:uno principale, posto sul piano sonda, e uno a distanza,ubicato nei pressi dell’accumulatore. A volte può esse-re installato anche un terzo pannello, collocato nella zonadegli uffici. I BOP, come tutte le attrezzature di sicurez-za, devono essere testati a intervalli regolari per verifi-carne il funzionamento e l’integrità.

332 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

elementodi tenuta

asta normale

corpo del BOP

camera idraulicadi chiusura

pistone

camera idraulicadi apertura

fig. 32. BOP anulare, o a sacco: A, l’elemento di tenuta sigilla l’annulus tra l’asta quadra, un’asta normale o un’asta pesante; B, in assenza di materiale tubolare in foro, il BOP anulare chiude ugualmente la luce del foro.

fig. 33. BOP a ganasce.

A B

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Si accenna infine al diverter, un’ulteriore apparec-chiatura di sicurezza impiegata nei casi in cui non è pos-sibile montare il gruppo dei BOP, il che avviene solonella fase di perforazione superficiale, quando non è stataancora cementata la colonna di ancoraggio. Il divertergarantisce un sistema di controllo del gas proveniente dasacche superficiali, normalmente caratterizzate da bassapressione ed elevata portata. Esso non arresta il flussodi gas, ma lo dirige in sicurezza fuori dell’area di lavo-ro fino al suo naturale esaurimento, che solitamente –visto lo scarso volume di queste sacche – è abbastanzarapido. L’utilizzo di un BOP tradizionale, che chiudecompletamente il pozzo, non è consigliabile durante laperforazione della fase superficiale, poiché la contro-pressione trasmessa al fondo in caso di chiusura potreb-be portare alla fratturazione del terreno superficiale, chepossiede un basso gradiente di fratturazione, e potrebbecausare l’erogazione incontrollata di gas alle spalle delpozzo. Ciò è particolarmente rischioso nella perforazio-ne in mare, dove l’erogazione incontrollata di gas nellacolonna d’acqua sottostante un impianto galleggiantepotrebbe provocare una diminuzione della spinta di gal-leggiamento, con pericolose conseguenze sulla stabilitàdel natante stesso.

3.1.14 Controllo del pozzo

Durante la perforazione è necessario monitorare atten-tamente la conduzione di qualsiasi operazione, soprat-tutto per evitare l’insorgere di blowout (eruzioni), vale adire la fuoriuscita incontrollata di fluidi di strato (olio,acqua, gas) dalla testa pozzo, entrati nel foro attraversouna delle formazioni perforate. I blowout sono eventipiuttosto rari, ma quando succedono sono tanto spetta-colari quanto deleteri per il personale, l’ambiente circo-stante, l’impianto di perforazione e hanno ripercussioninegative sull’opinione pubblica. Pertanto devono essereaccuratamente evitati. A questo scopo, tutto il persona-le di sonda è specificamente addestrato al riconoscimentodell’insorgere di possibili problemi e alle misure da adot-tare per ogni specifico caso. La chiave per il controllodel pozzo risiede nella comprensione dei meccanismiche regolano le pressioni a fondo foro. Lungo il foro esi-ste la pressione idrostatica del fango, funzione linearedella sua densità: fanghi leggeri esercitano lungo le pare-ti e a fondo pozzo una pressione minore di quella di unfango pesante. Il pozzo è sotto controllo idraulico quan-do la pressione del fango è maggiore della pressione distrato esercitata dai fluidi contenuti nelle formazioniporose e permeabili perforate (in questo caso la pres-sione differenziale è positiva, e il pozzo è in condizionidi overbalance). In questo modo, il fango mantiene con-finati i fluidi di strato entro le formazioni, esercitando ilcosiddetto controllo primario, o idraulico. La pressione

di strato dipende dalla densità dei fluidi di formazione,dalla profondità e dalla geologia del sottosuolo. Si diceche il pozzo è in kick, ossia che il pozzo ‘scarica’, quan-do i fluidi di formazione incominciano a entrare in pozzoa causa di una diminuzione della pressione idrostatica(cioè quando la pressione differenziale è negativa, e ilpozzo è in condizioni di underbalance). Uno dei compi-ti fondamentali del personale di sonda è di accertarsi chedurante qualsiasi operazione il pozzo sia sempre pienodi un fango con densità tale da esercitare una pressioneidrostatica al fondo che eviti il kick. Talora però, nono-stante tutti gli accorgimenti presi, il pozzo può iniziarea scaricare per ragioni naturali od operative. Le causeche possono determinare un kick sono: a) l’insufficien-te densità del fango; b) l’attraversamento di una forma-zione in sovrappressione non prontamente rilevata; c) ilpistonaggio, cioè la depressione dovuta all’effetto pisto-ne durante una manovra di sollevamento troppo veloce;d) il mancato riempimento del pozzo durante la mano-vra di estrazione; e) le perdite di circolazione, che pos-sono provocare una diminuzione improvvisa del livellodi fango nel pozzo e quindi della pressione idrostatica.Le formazioni che possono originare perdite di circola-zione sono quelle fratturate, carsiche, oppure con pres-sione minore di quella prevista. Si ricorda che una mano-vra di discesa troppo veloce può far aumentare la pres-sione al fondo, con conseguente possibilità di fratturazionedella formazione che provoca a sua volta perdite di cir-colazione, la caduta del battente di fango e quindi l’in-nesco di un kick.

Un kick può essere riconosciuto in vari modi. Il meto-do più sicuro è il monitoraggio del comportamento delfango in uscita dal pozzo. Gli indicatori di kick più comu-ni sono l’aumento della portata di fango in uscita, l’au-mento del livello nelle vasche di accumulo del fango,l’aumento della velocità di avanzamento, il pozzo chescarica fango a pompe ferme, la presenza anomala di gasnel fango in uscita, ecc. Qualunque sia la ragione, in tuttiquesti casi il personale di sonda deve intraprendere azio-ni appropriate e rapide per fermare il kick, impedendoche possa evolversi in un blowout vero e proprio. Tuttigli impianti sono dotati di sistemi di rilevamento e con-trollo incrociato, che aiutano a riconoscere l’insorgeredi un kick. Tali sistemi, spesso automatizzati in modo dafar suonare un allarme, sono sempre sotto l’occhio delperforatore sul piano sonda, e spesso sono replicati nellacabina di controllo geologico e negli uffici del respon-sabile dell’impianto e dell’assistente di perforazione.

Quando si verifica un kick, il personale di sonda atti-va le procedure di sicurezza per riportare il pozzo sottocontrollo, detto controllo secondario. La prima opera-zione consiste nel chiudere il pozzo tramite i BOP, impe-dendo l’ulteriore ingresso di fluidi di strato. Una voltache il pozzo è stato chiuso, si ha un transitorio in cui ilfluido di strato continua a entrare in pozzo. In superficie

333VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

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si nota un graduale aumento delle pressioni all’internodelle aste e nell’annulus, fino all’esaurimento del tran-sitorio e alla stabilizzazione delle pressioni, il che indi-ca l’avvenuto riequilibrio idraulico del pozzo. Il valoredi pressione stabilizzata nelle aste e nell’annulus è uti-lizzato per calcolare la densità del fango che, pompatoin pozzo, riesce a controllare la nuova pressione di for-mazione. Inoltre, da considerazioni di equilibrio idrau-lico sulle pressioni stabilizzate si riesce anche a stimarela densità del fluido entrato e quindi la sua natura. Inquesta situazione, cioè con il pozzo chiuso, non è pos-sibile continuare la perforazione poiché la testa pozzo èin pressione. Occorre allora mettere in atto delle proce-dure volte a raggiungere due obiettivi: portare a giorno,in condizioni di sicurezza operativa, i fluidi in pressio-ne entrati nel foro, tramite una circolazione controllatadel fango; ripristinare le condizioni di equilibrio idro-statico nel pozzo, sostituendo il fango originario con altrofango di densità tale da riportare il pozzo sotto control-lo idraulico. I due metodi standard più noti e utilizzatisono il Driller’s method e il Wait and weight method, chesi differenziano principalmente per le modalità con cuisono raggiunti gli obiettivi suddetti.

3.1.15 Problemi di perforazione

Con l’espressione generica di problemi di perforazionesi intende una serie di situazioni operative anomale chedevono essere risolte adeguatamente per poter effettua-re la perforazione in condizioni di sicurezza. In partico-lare, si esamineranno i problemi relativi alle perdite dicircolazione e alle prese di batteria, concludendo con unbreve cenno alle tecniche di ‘pescaggio’ e di fresaggiodel materiale di perforazione perso, caduto o comunquerimasto a fondo foro.

Le perdite di circolazione indicano gli assorbimentianomali o le perdite complete della circolazione del fango;esse possono essere parziali, se si ha comunque il ritornoa giorno del fango, oppure totali, quando non si ha piùil ritorno della circolazione. Le perdite di circolazionepossono manifestarsi in rocce a elevata permeabilità, informazioni in sottopressione, in rocce fratturate o carsi-che, oppure in formazioni fratturate dall’eccessiva den-sità del fango. Gli effetti negativi di una perdita di cir-colazione sono molteplici. Il più pericoloso è sicura-mente legato all’abbassamento del livello del fango inpozzo, che può innescare un kick. Inoltre, se la circola-zione non torna a giorno non è possibile analizzare i cut-ting, per cui si perdono le informazioni stratigrafiche,mentre consistenti perdite di circolazione in formazionisuperficiali possono contaminare le falde acquifere. Infi-ne, si ricorda che le perdite di circolazione incidono for-temente anche sui costi del pozzo poiché il prezzo mediodi un fango per la perforazione petrolifera è dell’ordine

di 1.000 euro/m3, fino anche al doppio o al triplo perfanghi a olio sintetico. Per fermare le perdite di circola-zione si inietta nel foro fango miscelato con materialeintasante, che solitamente riesce a chiudere piccole frat-ture dell’ordine del millimetro. L’utilizzo di questa tec-nica non è però sempre possibile a causa di restrizionipresenti nella batteria (motori di fondo, MWD, dusi delloscalpello); in tal caso è necessario estrarre la batteria epompare il materiale intasante attraverso una batteriasenza scalpello, o con scalpello senza dusi. Se questointervento è inefficace, occorre procedere all’esecuzio-ne di un tappo di cemento in corrispondenza della for-mazione beante.

La presa di batteria indica qualunque tipo di batteriadi aste che, per motivi vari, resta bloccata nel pozzo eche non è più possibile ruotare, discendere o sollevare.In altri termini, la batteria è presa quando il tiro massi-mo esercitato dall’argano non è più in grado di sollevarlaa causa di attriti o per l’incastro del materiale tubolareentro il foro. Uno dei meccanismi di presa più diffusi èla presa a chiave: la rotazione delle aste in trazione, chestrisciano contro la parete in corrispondenza di varia-zioni della curvatura del foro, può creare un recesso didiametro minore del foro stesso, entro cui possono inca-strarsi le aste pesanti durante la manovra di estrazione.Un ulteriore meccanismo è la presa per pressione diffe-renziale: quando le aste pesanti, in condizioni di forteoverbalance, rimangono a lungo ferme di fronte a for-mazioni permeabili, tra asta e parete può crearsi un pan-nello così robusto da bloccare la batteria. La presa di bat-teria può inoltre avvenire calando nel pozzo uno scal-pello nuovo nella porzione terminale di un foro perforatocon uno scalpello usurato sottodiametro. Si ricorda chela riduzione di diametro del foro può anche essere cau-sata dal rigonfiamento di formazioni plastiche (argilla,sale, ecc.). Infine, altri possibili meccanismi di presasono il collasso del foro in formazioni instabili, la sedi-mentazione dei cutting o frane vere e proprie; queste ulti-me sono particolarmente perniciose, poiché bloccano labatteria e interrompono la circolazione.

Il primo intervento in caso di presa è l’applicazionedi forti tiri con l’argano e l’azionamento del jar, se pre-sente. Inoltre, se la circolazione non è interrotta si puòpompare un fluido lubrificante o una soluzione acidaper favorire la rimozione del pannello. Questi interven-ti, che possono durare anche parecchie ore, sono spes-so risolutivi per prese di media entità. Se non si è ingrado di liberare la batteria in questo modo, per potercontinuare la perforazione occorre dapprima discon-nettere le aste in corrispondenza del tool joint più vici-no al punto di presa. La determinazione del punto dipresa si esegue con il metodo dei tiri differenziali ocon un log specifico registrato all’interno delle aste.Esistono tre metodi per disconnettere la batteria: persvitamento con torsione sinistra; per svitamento con

334 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PERFORAZIONE E COMPLETAMENTO DEI POZZI

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torsione sinistra e detonazione di una carica esplosivaall’interno dell’ultimo giunto libero (back-off); per tagliocon sistemi meccanici o chimici. Una volta svincolatala batteria libera, si tenta di recuperare la parte rimastanel foro (‘pesce’) con tecniche di ‘pescaggio’, che nonsono però sempre efficaci. Se il pesce rimane nel pozzosi procede al suo fresaggio, oppure, se è eccessivamen-te lungo, si esegue un sidetrack, cioè si perfora un nuovotratto di foro a fianco del precedente utilizzando tecni-che tipiche della perforazione direzionata. In fase diperforazione il pescaggio è eseguito abbastanza rara-mente: infatti, mentre è facile stimare i tempi di esecu-zione (e quindi i costi) di un sidetrack, molto più diffi-cile è stimare la durata di un pescaggio, che può anchenon andare a buon fine.

Il termine pescaggio indica in generale tutte le tec-niche utilizzate per il recupero all’interno del foro diattrezzature metalliche perse o incastrate, ed effettuatecon una serie di attrezzature manovrate da una batteriadi aste che possiedono parti meccaniche sagomate inmodo da afferrare i vari profili di pesce presenti nelpozzo. Casi tipici sono, per es., il pescaggio della batte-ria di perforazione in seguito alla sua rottura o al suoaccidentale svitamento in fase di perforazione. Il pescag-gio di materiale tubolare si esegue con campane o maschifilettanti, oppure con attrezzi più raffinati, denominatiovershot e releasing spear (fig. 34). L’overshot è una sortadi campana che fa presa sull’esterno di un pesce tubo-lare verticale, permettendo la circolazione. Esso è com-posto da una parte superiore, per il collegamento alla

batteria, e da una camicia centrale sagomata all’internoper accogliere l’elemento di presa, che ha forma di spi-rale in acciaio o di cestello dilatabile. Il pesce, entrandoall’interno dell’overshot, allarga gli elementi di presa,che lo afferrano tramite un meccanismo a cuneo, ser-randosi intorno a esso quando l’attrezzo è sollevato. Ilreleasing spear ha un meccanismo di funzionamento con-trario, che fa presa sul diametro interno di un pesce tubo-lare. Il suo impiego è limitato a materiale di grande dia-metro interno. Se invece il pesce è costituito da un lungotratto di aste prese per frana, è possibile ripulire l’annu-lus con appositi tubi di lavaggio, una sorta di carotieremolto lungo e robusto. L’operazione si esegue in duetempi, pulendo un centinaio di metri di aste alla volta, esuccessivamente calando una batteria di pescaggio conovershot. Il recupero di frammenti metallici persi o cadu-ti nel pozzo, normalmente difficili da fresare, si esegueinvece con pescatori magnetici o con particolari caro-tieri detti junk basket. Esistono pescatori con magnetipermanenti, discesi con un cavo o con le aste (che quin-di permettono la circolazione per la pulizia della testapesce), oppure pescatori elettromagnetici, discesi insie-me a un cavo elettrico e attivati solo a fondo foro. Que-sti ultimi sono dotati di una maggiore forza di attrazio-ne rispetto ai magneti permanenti, ma, a causa del cavoelettrico, non possono essere ruotati e non permettonola circolazione. Il junk basket carotiere, a circolazionediretta o inversa, serve per pescare rottami di ogni tipo.Il suo utilizzo è possibile solo su formazioni facilmenteperforabili. L’attrezzo è costituito da una parte superio-re per il collegamento alla batteria, da un corpo centra-le e da una scarpa tagliente terminale che ha lo scopo ditagliare e prelevare una carota di roccia. La scarpa delcarotiere taglia la formazione, formando una carota di60-80 cm di lunghezza. In seguito, sollevando la batte-ria, un meccanismo a cuneo (detto ‘strappacarote’) sistringe intorno alla carota, staccandola dal fondo e per-mettendo il recupero della carota e della ferraglia rima-sta intrappolata sopra di essa.

Se le operazioni di pescaggio non riescono, per libe-rare il foro si può ricorrere al fresaggio, ossia alla distru-zione del pesce tramite riduzione in truciolo, realizza-to per mezzo di apposite frese a faccia tagliente. Puntochiave per la riuscita di un fresaggio è lo studio dellecaratteristiche di trasporto idraulico dei trucioli median-te il fango. Infatti, il truciolo di acciaio fresato ha formalamellare liscia e sottile, più o meno arricciata, è moltopesante, e tende a ricadere e ad accumularsi nei puntidi allargamento dell’area della sezione dell’annulus,formando matasse inestricabili. Le frese sono attrezzimolto simili a uno scalpello diamantato, che posseg-gono una testa sagomata in varie forme, a seconda delpesce da fresare. La faccia tagliente di una fresa con-tiene grossi grani di carburo di tungsteno sinterizzatolegati da una matrice metallica, che agiscono come

335VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI E TECNOLOGIE DI PERFORAZIONE

elemento di presa

pesce

overshot

posizionedi ingresso

posizione di presa

pesce

releasingspear

pesce

fig. 34. Attrezzature di pescaggio:A, overshot; B, releasing spear.

A B

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taglienti veri e propri. Sulla faccia tagliente della fresasono naturalmente realizzati dei fori che permettono lacircolazione del fango.

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Paolo Macini

Dipartimento di Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali

Università degli Studi di BolognaBologna, Italia

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