2dicembre Convegno dicembre...
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Il Golfo di Trieste: un sito di ricerche oceanografiche inserito nella rete LTER (Long Term Ecological Research)
B. Cataletto1, A. Pugnetti2, M. Ravaioli2, M. Bastianini2
1OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia Biologica Trieste, 2CNR ‐ Istituto di Scienze Marine, Venezia e Bologna
Lo studio delle comunità planctoniche del Golfo di Trieste vanta un’importante tradizione
che, per alcune componenti, risale all’inizio degli anni ‘70. L’analisi delle fluttuazioni dei
popolamenti ha giustificato la necessità di seguirne l’evoluzione temporale in relazione alle
modificazioni dei parametri ambientali. Per questo motivo è stata individuata una stazione
fissa in cui raccogliere informazioni sequenziali nel tempo. Il sito (stazione C1) è localizzato
nei pressi della Riserva Naturale Marina di Miramare (45°42’03’’N, 13°42’36’’E) e rappresenta
l’area di studio in cui si sono concentrate la maggior parte delle ricerche ecologiche sul
plancton del Nord Adriatico. Alla componente zooplanctonica, che storicamente ha
caratterizzato gli studi svolti nelle acque del Golfo, si sono aggiunte osservazioni sulle frazioni
dimensionali femto, pico, nano e micro sia autotrofe che eterotrofe. Oggi, il Dipartimento di
Oceanografia Biologica dell’OGS prosegue la raccolta di informazioni nella stazione C1 e
continua la ricerca ecologica sul plancton per comprendere i meccanismi alla base delle
osservate fluttuazioni delle popolazioni sottoposte a forzanti naturali (cambiamenti climatici)
e antropici (impatto). Non viene trascurata, inoltre, la raccolta di informazioni dirette
sull’autoecologia delle specie (ciclo vitale, interazioni intra‐ e inter‐specifiche) che
rappresentano la base per capire la struttura, il funzionamento e quindi l’evoluzione
temporale delle comunità biologiche. L’importanza degli studi storici e la continuazione ed
implementazione della ricerca ha consentito al sito Golfo di Trieste di entrare a far parte della
rete Rete italiana di ricerca ecologica a lungo termine (LTER‐Italia), basata sugli obiettivi della
Rete LTER internazionale (ILTER, International Long Term Ecological Research Network) che
si propone di promuovere le ricerche ecologiche a lungo termine in tutti gli ambienti e
soprattutto nell’ambiente marino.
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Variazioni climatiche regionali e loro influenza sullo stato del mare nell'alto Adriatico
Arturo Pucillo, Andrea Cicogna, Stefano Micheletti, Marcellino Salvador
OSMER ARPA FVG
Nella comunicazione dell'OSMER, che è la Struttura della Regione deputata al
monitoraggio e all'osservazione del Climate Change in Friuli Venezia Giulia, verranno
presentate le grandezze meteorologiche che possono influenzare lo stato del mare e le loro
variazioni negli ultimi decenni. Innanzitutto verrà sommariamente illustrato l'apporto idrico
del Friuli Venezia Giulia all'Adriatico negli ultimi 70 anni sia come totale annuo di pioggia
caduta che come episodi più intensi. Successivamente verrà indagato l'aumento della
temperatura dell'aria in alcune località della costa ed infine la variazione in frequenza ed
intensità delle raffiche di Bora nel Golfo di Trieste.
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170 anni di precipitazioni a Trieste
Renato R. Colucci, Fabio Raicich
CNR‐ISMAR, Trieste
Le prime raccolte di dati pluviometrici a Triste risalgono al 1787. Interrotte all’inizio del
1800, riprendono poi nel 1841 e proseguono con continuità fino ai nostri giorni. I dati si
riferiscono a semplici totali mensili per il periodo più antico, diventando poi osservazioni
giornaliere, o tri‐giornaliere, in seguito. Dal 1896 si dispone dei primi dati orari. Il regime
pluviometrico della Venezia Giulia differisce da quello del Friuli sia per la diversa disposizione
dei rilievi rispetto alle direttrici dei flussi perturbati principali, sia per la vicinanza delle acque
del Golfo di Trieste. Questi due aspetti generano un gradiente pluviometrico ovest‐est molto
marcato che caratterizza la zona compresa tra la costa ed i rilievi carsici interni.
Durante l’intervento saranno descritte le caratteristiche pluviometriche della zona di
Trieste per evidenziare eventuali tendenze di lungo periodo. Una attenzione specifica sarà
rivolta alla caratterizzazione delle “piogge intense” per delinearne caratteristiche ed estremi.
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La temperatura del mare nel Golfo di Trieste in relazione al forzante atmosferico
Fabio Raicich, Renato Roberto Colucci
CNR‐ISMAR, Trieste
La serie temporale delle osservazioni di temperatura del mare nel Golfo di Trieste risale
alla fine dell’’800. Una certa regolarità è presente a partire dall’inizio del ’900, tuttavia solo nel
1934 le misure divengono quotidiane.
La variabilità della temperatura del Golfo di Trieste risente non solo dello scambio di
calore con l’atmosfera soprastante, ma anche del trasporto di calore determinato dalla
circolazione generale dell’Adriatico, a sua volta collegata con quella del Mediterraneo.
Essendo il Golfo di Trieste un bacino poco profondo e soggetto a forte continentalità, le
interazioni locali prevalgono sulla scala temporale sinottica e coinvolgono soprattutto la
temperatura dell’aria e il vento, mentre la circolazione dell’Adriatico gioca un ruolo sulle
temporali più lunghe, dalla stagionale in su.
Vengono qui descritte le caratteristiche della variabilità della temperatura del mare e dei
parametri atmosferici rilevanti, ponendo l’accento soprattutto sulle fluttuazioni interannuali e
a più lungo periodo.
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Variazioni temporali delle caratteristiche termoaline del Golfo di Trieste
Celio Massimo1, Dario Giaiotti2, Oriana Blasutto1, Cinzia Comici3
1 Osservatorio Alto Adriatico – Arpa FVG
2 Centro Regionale Modellistica Ambientale – Arpa FVG 3 Dipartimento di Oceanografia Biologica, OGS, Trieste
Le caratteristiche termoaline e l’evoluzione delle masse d’acqua del Golfo di Trieste sono
influenzate da diversi forzanti ambientali quali, i venti del I e II quadrante, l’elevata
escursione termica tra il periodo invernale ed estivo, gli apporti di acque dolci del fiume
Isonzo, l’influenza delle masse d’acqua che fluiscono lungo la costa istro‐dalmata e le
dinamiche mareali. In questo studio sono state analizzate le caratteristiche termoaline delle
acque marine in una stazione costiera (St. C1) per evidenziare le variazioni di temperatura e
salinità dal 1995 al 2010. La serie storica dei dati di temperatura e salinità, acquisiti con
frequenza quindicinale e mensile, è stata suddivisa nei periodi 1995‐1999, 2001‐2004, 2004‐
2007 e 2007‐2010. I dati sono stati interpolati mediante funzioni trigonometriche di periodo
annuale e semiannuale allo scopo di evidenziare la distribuzione dei parametri nei quattro
diversi periodi. Si sono analizzate le variazioni interannuali dei valori medi stagionali dei due
parametri per mettere in evidenza un’eventuale evoluzione temporale. Sono state, inoltre,
confrontate le caratteristiche stagionali della temperatura delle masse d’acqua al largo site a
profondità superiore a 15 m con quelle descritte per il periodo 1991‐2003 da Malačič et al.
(2006).
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Variabilità spazio temporale della clorofilla e temperatura superficiale del mare telerilevate nelle Golfo di Trieste
Elena Mauri, PierreMarie Poulain, Giulio Notarstefano e Marina Lipizer
Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale ‐ OGS, Sgonico, Trieste
La variabilità spazio temporale della clorofilla e temperatura nel Golfo di Trieste è stata
analizzata attraverso l’uso di dati satellitari. Nel caso della temperatura i dati derivanti dal
AVHRR (Advanced Very High Resolution Radiometer) sono stati validati con i dati in situ
raccolti dall’OSMER‐ARPA. I dati di temperatura superficiale satellitari sono stati utilizzati per
vari calcoli statistici: medie annuali e mensili e l’analisi EOF (Empirical Orthogonal Functions).
Sono stati calcolati anche i flussi di calore all’interfaccia aria‐mare per meglio interpretare i
trend ottenuti. I dati radiometrici misurati da SeaWiFS (Sea‐viewing Wide Field‐of‐view
Sensor), opportunamente corretti atmosfericamente, sono stati processati con un algoritmo
per il calcolo della clorofilla costruito ad hoc per il Mar Adriatico. Dop il confronto con i dati in
situ si è proceduto all’analisi statistica simile ai dati di temperatura.
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La situazione dell'ozono lungo le coste del Friuli Venezia Giulia: concentrazioni tipiche e problemi di trasporto
Fulvio Stel1, Stefania Del Frate1, Francesco Montanari1, Dario Giaiotti1, Massimo Celio2
1 CRMA‐ ARPA FVG 2 OAT ‐ ARPA FVG
L'ozono è uno dei principali inquinati dell'aria. L'attenzione sulle concentrazioni di
ozono nella bassa troposfera è aumentata considerevolmente nell'ultimo decennio, a seguito
della consapevolezza acquisita sugli effetti che tale gas produce sulla salute umana e sugli
ecosistemi. L'ARPA FVG ha eseguito delle recenti campagne di misura e delle simulazioni
numeriche aventi per oggetto le concentrazioni di ozono sull'intero dominio regionale, ma in
particolare la zona costiera ed il mare aperto. I risultati modellistici hanno messo in evidenza
un importante gradiente nel campo di concentrazione del gas dal quale vi deduce che l'ozono
è particolarmente presente sull'alto Adriatico, rispetto all'entroterra regionale. Inoltre è stata
verificata l'importanza dell'avvezione verso le zone interne del Friuli durante episodi di
elevato inquinamento da ozono sui rilievi montani. Con questo lavoro saranno presentati sia i
risultati della modellistica numerica che della recente campagna di misure, svolta tramite
campionatori passivi. Considerazioni di sintesi sugli effetti dell'ozono sull'ambiente saranno
presentate, oltre che al confronto dei valori rilevati rispetto i limiti di legge. Le interazioni tra
ozono e le caratteristiche chimiche delle acque marine superficiali saranno utilizzate quale
spunto di discussione interdisciplinare.
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Fluctuation of physical, chemical and biological oceanographic conditions offshore Rovinj in the period 19722009
Robert Precali, Tamara Djakovac, Nastjenka Supić, Danilo Degobbis
Center for Marine Research, Rudjer Bošković Institute, Rovinj, Croatia
Long‐term changes of temperature, salinity, geostrophic currents, chlorophyll a and
nutrient concentrations in the eastern northern Adriatic coastal zone off Rovinj (up to 13 Nm)
during the period 1972‐2009 were analysed. Time intervals of different patterns and duration
were identified. Alternatively the region was dominated by inflow of more saline southern
waters or freshened waters from the area of the Po River delta. The last decade was marked
by a strong increase in temperature and salinity, decrease of orthophosphate and chlorophyll
a concentrations and inflow of southern more saline waters. Fluctuations of the investigated
parameters values and circulation patterns were sinergically controlled by changes in air‐sea
fluxes, Po River discharges and large scale circulation patterns. However, changes in the last
decade seem to be primarily driven by extreme reductions of the Po River discharge rate.
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Tendenze evolutive dei parametri indicatori dello stato trofico in EmiliaRomagna
Attilio Rinaldi, Carla Rita Ferrari, Giuseppe Montanari
ARPA Emilia‐Romagna. Struttura Oceanografica Daphne, Cesenatico
La letteratura scientifica riguardante l’Adriatico nord‐occidentale è ricca di riferimenti
sulle sue condizioni trofiche e sugli effetti indesiderati che ricorrentemente si manifestano. I
più consistenti apporti di sostanze ad effetto eutrofizzante (fosfati, nitrati e silicati) sono da
attribuire agli apporti del fiume Po anche se, non sono da considerare trascurabili, quelli
immessi dai fiumi minori del sistema drenante compreso tra Trieste e Cattolica. La stessa
distribuzione delle aree che possono manifestare condizioni ascrivibili allo stato eutrofico‐
mesotrofico rappresentano in maniera speculare tale condizione e sono in genere distribuite
nell’arco di costa nord‐occidentale dell’Adriatico. I fenomeni indesiderati sono per lo più
ascrivibili a condizioni di sottosaturazione di ossigeno nelle acque di fondo con stati di
sofferenza e morie degli organismi bentonici, anomale colorazioni delle acque, cattivi odori
delle stesse e favorevoli condizioni di specie microlgali tossiche (per l’uomo e per gli
organismi marini). Dal 1990 si è registrata una riduzione degli eventi eutrofici accompagnata
da una netta diminuzione delle concentrazioni della componente fosfatica. I motivi di tali
mutamenti vanno attribuiti agli interventi attuati negli anni ’80 volti a ridurre la componente
fosfatica da sempre considerata il fattore limitante la crescita microalgale. La stabilità nel
tempo delle concentrazioni del DIN va attribuita al fatto di non avere attuato misure
“strutturali” di contenimento sulle fonti di generazione di questa componente. La riduzione
dei processi eutrofici ha portato ad una regressione delle condizioni di ipossia e anossia delle
acque bentiche sia come estensione che come frequenza e durata. Negli ultimi anni lo stato di
ipossia e anossia degli strati prossimi al fondale sono risultati localizzati nella zona
settentrionale della costa emiliano‐romagnola, a ridosso del delta del fiume Po e con limitati
impatti sull’ecosistema bentonico.
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Apporti di acqua dolce e nutrienti di origine continentale nel golfo di Trieste
Cozzi S.1, Giani M.2, Falconi C.F. 2 , Comici C. 2, Turk V. 3, Cermelj B. 3, Kovac N.3
1 CNR – ISMAR, Istituto di Scienze Marine, Sede di Trieste, Trieste, ITALIA. 2 OGS, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – Dip. Oceanografia
Biologica, S. Croce ,Trieste, Italia 3 NIB ‐ National Institute of Biology, Marine Biology Station, Piran, Slovenia
Il golfo di Trieste è una zona costiera semichiusa e poco profonda che riceve consistenti
apporti di acqua continentale, principalmente veicolata dai fiumi che si trovano lungo la sua
costa italiana (Isonzo e Timavo) e slovena (Rižana, Badaševica, Drnica e Dragonja). Tali
apporti influenzano significativamente la circolazione, l’idrologia, il bilancio dei nutrienti ed i
processi di produzione nel bacino.
Durante il decennio 1998–2008, la quantità media annuale di acqua fluviale immessa nel
golfo è stata pari a 3.766 km3 y‐1. Essa ha però evidenziato un’elevata variabilità
interannuale, caratterizzata da valori minimi nel 2007 (1.802 km3 y‐1) e massimi nel 2000
(6.051 km3 y‐1). Tale apporto è localizzato per il 93‐97% nella parte settentrionale del golfo,
ad opera dei fiumi Isonzo e Timavo, e per il 3‐7% nella sua parte meridionale, ad opera dei
fiumi Rižana, Badaševica, Drnica e Dragonja. Gli apporti fluviali presentano anche un
significativo andamento stagionale determinato dal ciclo pluvio‐nivo‐meteorologico nell’area,
nonostante gli alvei fluviali siano stati fortemente modificati in passato da opere artificiali
tese al controllo dei flussi d’acqua.
Gli apporti fluviali nel golfo sono anche caratterizzati da un consistente trasporto di
sostanze nutritive. Le concentrazioni mediane osservate di azoto totale (124‐515 mol‐N dm‐
3) sono costituite da frazioni di azoto inorganico disciolto (45‐73%), principalmente in forma
di nitrato, che variano significativamente a seconda dei diversi fiumi. Il fosforo totale disciolto
(0.44‐5.11 mol‐P dm‐3) è costituito per il 35‐75% da ortofosfato. Concentrazioni elevate
sono osservate anche per il silicato reattivo (65‐136 mol‐Si dm‐3). Questi valori indicano
una forte prevalenza dell’apporto di azoto sia rispetto al fosforo sia rispetto al silicato
reattivo.
L’analisi della dinamica degli apporti dei nutrienti di origine fluviale immessi nel golfo
costituisce un importante punto nello studio del funzionamento di questo ecosistema marino,
e di quanto esso possa essere esposto ad effetti negativi dovuti alla pressione antropica.
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Flushing time in the Gulf of Trieste from the ADCP measurements at the Gulf's entrance
Branko Bogunović 1 and Vlado Malačič2
1 Harpha Sea, NIB‐MBP
1 NIB ‐ National Institute of Biology, Marine Biology Station, Piran, Slovenia
During 2004 and 2005 four complete (25 h) ADCP (acoustic Doppler current profiler )
measurements were conducted at the entrance to the Gulf of Trieste. The ADCP cruises were
performed at the entrance to the Gulf by crossing it along the idealized line that connects the
southern part of the Gulf (the lighthouse at Piran, Slovenia), with the northern part (the
lighthouse in front of Grado, Italy).
One of the goals of the study was to estimate (evaluate) flushing times from the ADCP
measurements. Flushing time concept is often used in estuarine (coastal) management for
estimation of the dynamics of water masses, as well for pollution issues (potentially harmful
substance entering the gulf). Flushing times is defined as the ratio between the volume of the
basin and volumetric flow through the system, where the latter is calculated from the ADCP
measurements in our case.
The results showed that flushing times in the Gulf for all four cruises were less than 30
days and were ranging between 10 to 22 days. During October 2004 the flushing time was 10
days and was significantly lower than in March 2005, when in reached 22 days. In June 2005
and October 2005 flushing times were 14 and 15 days, respectively. Therefore, every fortnight
CTD (conductivity, temperature, depth) measurements should be performed for capturing
hydrographic characteristics in the Gulf.
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È possibile correlare l’alta variabilità idrodinamica e biogeochimica del Golfo di Trieste ai cambiamenti climatici? Individuazione e analisi numerica delle condizioni ambientali tipiche e della loro frequenza.
Gianpiero Cossarini, Stefano Querin, Cosimo Solidoro
OGS, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – Dip. Oceanografia,
Trieste
Il golfo di Trieste è un ambiente molto dinamico, soggetto all’influenza di diversi
forzanti: gli input di acqua dolce dall’Isonzo e dal Timavo, il vivace regime dei venti (con
frequenti episodi di Bora e Scirocco), il ciclo stagionale dei flussi superficiali (termici e di
massa) e la circolazione generale del Nord Adriatico, che condiziona il confine aperto
occidentale del bacino.
L’interazione degli effetti di questi forzanti determina un’intensa variabilità sia spaziale
che temporale delle condizioni idrodinamiche e, conseguentemente, anche delle condizioni
biogeochimiche.
In questo lavoro ci proponiamo di individuare, attraverso l’implementazione e l’analisi
dei risultati di un modello accoppiato fisico‐biogeochimico, un insieme di situazioni
ambientali tipiche (scenari) che sono correlate ad una specifica combinazione dei forzanti.
Lo strumento numerico utilizzato è composto dal modello fisico MITgcm (Querin et al.,
2006) e da un modello biologico di media complessità a 13 comparti funzionali (Cossarini &
Solidoro, 2008).
L’individuazione degli scenari può essere fatta sia a priori (scelta delle combinazioni dei
forzanti) che a posteriori (analisi statistica di raggruppamento sui risultati delle simulazioni).
Le condizioni medie (stagionali, annuali) possono essere pensate come la somma pesata
di queste situazioni tipiche, dove appunto il peso è la frequenza e l’intensità degli scenari.
Analogamente, le variazioni a medio‐lungo termine delle proprietà oceanografiche del Golfo
possono essere evidenziate dall’analisi della frequenza ed intensità di questi scenari nell’arco
degli anni.
Querin, S., A. Crise, D. Deponte, and C. Solidoro (2006), Numerical study of the role of wind forcing and freshwater buoyancy input on the circulation n a shallow embayment (Gulf of Trieste, northern Adriatic Sea), J. Geophys. Res., 111, C03S16, doi:10.1029/2006JC003611. [printed112(C3), 2007] Cossarini G., Solidoro C., 2008. Global sensitivity analysis of a trophodynamic model of the Gulf of Trieste. Ecological Modelling, 212( 1‐2), pp. doi:10.1016/j.ecolmodel.2007.10.009
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Ciclo stagionale di pHT e sistema carbonato nel Golfo di Trieste: può essere un sito sensibile all’”Ocean Acidification”?
Carolina Cantoni1, Anna Luchetta1, Massimo Celio2, Francesco Cumani3, Stefano Cozzi1, Fabio Raicich1, Fulvia Bradassi3, Giulio Catalano1.
1 CNR ISMAR – Istituto di Scienze Marine, Trieste, Italy
2 Osservatorio Alto Adriatico, ARPA Friuli Venezia Giulia, Palmanova, Italy 3 Università di Trieste, Dipartimento di Scienze della Vita, Trieste, Italy
Nel gennaio 2008 è stata avviata un’attività di monitoraggio del sistema del carbonio
inorganico marino nelle acque costiere del Golfo di Trieste, indirizzando l’attenzione
specialmente ad una stima dell’eventuale vulnerabilità di quest’area al processo graduale
acidificazione dei mari, noto come “Ocean Acidification”.
Il monitoraggio mensile presso la stazione PALOMA, situata nel centro del golfo in
un’area corrispondente alla sua massima profondità (25 m), sta raccogliendo una notevole
serie di dati di pHT e alcalinità totale (ad alta precisione) oltre a quelli dei principali parametri
fisici e biogeochimici.
L’analisi della serie temporale relativa ai primi due anni (2008‐2009) ha permesso di
descrivere non solo le variazioni di pHT, pCO2 ed il loro ciclo stagionale, ma anche le variazioni
stagionali degli stati di saturazione di calcite e aragonite, parametri chiave per la valutazione
dell’impatto dell’acidificazione sugli organismi calcificatori. Si sono potuti individuare i
periodi dell’anno con la maggior criticità potenziale ed il ruolo giocato dai principali forzanti
ambientali nel determinarli.
Nell’ottica di valutare la vulnerabilità della componente biogenica dei carbonati, i dati
ottenuti in situ sono stati confrontati con i risultati di sperimentazioni in microcosmo su fasi
riproduttive di alghe rosse calcaree incrostanti provenienti dal Golfo di Trieste
.
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Variazione della concentrazione dei nutrienti nelle acque superficiali del golfo di Trieste: analisi dei dati relativi al periodo 19982008.
Sergio Predonzani1, Alessandro Acquavita2, Stefano Cozzi3 , Claus Falconi4, Carolina Cantoni3
1 ARPA FVG‐Laboratorio di Trieste
2 ARPA FVG‐Osservatorio Alto Adriatico 3 CNR ISMAR
4 OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia Biologica, Trieste
L’area marino‐costiera della regione Friuli Venezia Giulia, geograficamente la più
settentrionale del Mare Adriatico, si estende dal confine con la Repubblica Slovena alle foci del
fiume Tagliamento, per un totale di circa 100 Km di linea di costa. L’apporto d’acque
continentali ricche di sostanze nutritive provenienti dai fiumi presenti nella Regione possono
indurre, in linea di principio, fenomeni di eutrofizzazione delle acque marine superficiali; allo
stesso modo altre sorgenti puntuali o diffuse, sebbene quantitativamente meno importanti,
sono in grado di contribuire a tali eventi. Allo scopo di valutare l’andamento temporale
relativo al periodo 1998‐2008 della concentrazione dei sali nutrienti nel bacino marino
regionale, sono stati elaborati i dati di azoto ammoniacale, nitrico e nitroso, di ortofosfato e
silice reattiva, di azoto e fosforo totale. Il data set utilizzato è costituito da circa 3000
campioni per un totale di quasi 20000 dati. Nel presente lavoro si è deciso di considerare
l’andamento temporale della concentrazione dei singoli nutrienti in due fasi; nella prima
vengono esaminati i dati compresi tra il 25° e 75° percentile quali indicatori dell’evoluzione di
“fondo” del sistema marino, nella seconda sono considerati i dati compresi tra il 75° e 90°
percentile per rilevare delle situazioni anomali importanti.
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Decrease of surfaceactive substances concentration during last decade in the northern Adriatic Sea
Blaženka Gašparović
Center for Marine and Environmental Research, Ruđer Bošković Institute, Zagreb, Croatia
Surface‐active substances (SAS) were studied monthly since 1998 in the eastern part of
the northern Adriatic Sea. The SAS pool decreased in the last decade by 15. Comparing SAS
data from the late 1990ies and late 2000ies it is observed that the production of biogenic SAS,
as an indicator of phytoplankton activity, was both lower in surface waters and furthermore
was shifted deeper in the water column. We deduce that this change was caused by a decrease
in inflow from the Po River leading to a reduced nutrient supply to the basin. In addition we
suggest the production of biogenic SAS by phytoplankton shifted to deeper water in response
to the vertical distribution of nutrients which had been more derived from regenerative
processes. The timing of the increase in the particulate SAS fraction, indicating blooming
conditions, has shifted over the last decade from early spring to early/mid winter indicating
earlier blooming. SAS are mainly present in the dissolved fraction and this fraction
contributes on average more than 90% of the total SAS.
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Variazioni interannuali della sostanza organica disciolta
Cinzia De Vittor1, Claus Falconi1, Marina Lipizer1, Michele Giani1, Cosimo Solidoro2, Serena Fonda Umani3
1OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia Biologica, Trieste
2OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia, Trieste 3Dipartimento di Scienze della Vita ‐ Università degli Studi di Trieste di Trieste
Negli ultimi decenni, i processi biogeochimici che regolano la produzione e il consumo
del carbonio organico disciolto (DOC) negli ambienti marini, sono stati ampiamente studiati
da parte della comunità scientifica internazionale, a causa del loro ruolo nel ciclo globale del
carbonio e, conseguentemente, nei cambiamenti climatici. Le forme organiche disciolte di
azoto (DON) e fosforo (DOP), che storicamente sono state in parte ignorate in quanto ritenute
“biologicamente non disponibili”, stanno attualmente ricevendo sempre maggiore attenzione
per la loro importanza nel ciclo dei nutrienti, soprattutto negli ecosistemi oligotrofici.
La sostanza organica disciolta (DOM), negli ambienti costieri, deriva da fonti alloctone e
autoctone diverse e il suo ciclo è controllato da processi fisici, chimici e biologici. Sebbene, i
batteri siano stati a lungo considerati i principali “controllori” del ciclo della sostanza organica
disciolta, è stato recentemente dimostrato che anche effetti fotochimici possono avere un
ruolo importante nello stimolare o inibire il turnover del DOM.
Nel presente lavoro vengono descritte le dinamiche temporali di DOC, DON e DOP nella
stazione costiera C1, inserita nel sito dell’Adriatico Settentrionale della rete italiana LTER,
durante il periodo novembre 1998 ‐ dicembre 2009.
I risultati ottenuti confermano che la sostanza organica disciolta rappresenta la componente
prevalente rispetto a quella particellata e che le frazioni organiche di azoto e fosforo
prevalgono su quelle inorganiche. Il DOC presenta un tipico andamento stagionale con minimi
invernali e massimi estivi con differenze di concentrazione molto più marcate tra il 1999 e il
2005. Dal 2006 al 2009 le variazioni stagionali risultano estremamente ridotte. I minimi
relativi per tutto il periodo d’indagine sono associati all’ingressione di acque ad alta salinità.
Le variazioni di DON e DOP non sono strettamente correlate con quelle del DOC e presentano
una maggior variabilità a scala mensile dovuta alla dinamica più complessa delle frazioni
organiche più labili.
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Dinamica temporale di carbonio, azoto e fosforo nel particellato del Golfo di Trieste
Marina Lipizer, Claus Falconi, Cinzia Comici, Michele Giani, Cinzia De Vittor
OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia Biologica, Trieste
Il Golfo di Trieste è un sistema molto dinamico a causa dell’interazione tra diversi
forzanti meteorologici (intensità dei venti da Nord‐est, raffreddamento invernale,
mescolamento verticale della colonna d’acqua) ed idrologici (apporti fluviali, risorgive
carsiche lungo la costa, ingresso della corrente orientale adriatica, apporti di origine
antropica) che determinano un’elevata variabilità interannuale, stagionale e a breve scala
temporale nelle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche dell’ecosistema. Nonostante la
presenza di consistenti apporti continentali, il Golfo di Trieste sembra essere caratterizzato da
generale carenza di fosforo nella fase inorganica disciolta, che è considerato il principale
fattore limitante per la produttività del sistema.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare gli effetti di alcuni fattori ambientali
sulla dinamica temporale di carbonio, azoto e fosforo particellati utilizzando una serie
temporale di 11 anni dati acquisiti nella stazione costiera C1, inserita nel sito dell’Adriatico
Settentrionale della rete italiana di ricerche ecologiche a lungo termine (LTER). I fattori
considerati sono stati le intense fioriture fitoplanctoniche, gli elevati apporti continentali e i
periodi di elevata intensità del vento.
I risultati di questo lavoro indicano che le dinamiche temporali di carbonio, azoto e
fosforo nel comparto particellato sono disaccoppiate, soprattutto nello strato superficiale, in
quanto i diversi pool sono influenzati da forzanti ambientali diversi. Il disaccoppiamento
determina una forte variabilità temporale nei rapporti stechiometrici e indica una generale
carenza di fosforo nel sistema.
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Processi di degradazione del materiale organico nelle acque del Golfo di Trieste
Paola Del Negro1, Mauro Celussi1, Erica Crevatin1, Serena Fonda Umani2
1 Dipartimento di Oceanografia Biologica, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica
Sperimentale‐OGS, Trieste 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste
L’idrolisi enzimatica delle macromolecole costituisce il passaggio fondamentale nel
processo di rimineralizzazione della sostanza organica e svolge un ruolo chiave nel controllo
dell’equilibrio dinamico che si instaura tra la frazione disciolta e quella particellata, alla base
del meccanismo di aggregazione. Rappresentando, inoltre, il fattore necessario e limitante la
crescita batterica, l’attività degli enzimi idrolitici concorre al funzionamento dell’ecosistema
marino.
Dal 2000 al 2005 sono stati stimati, con frequenza mensile o bimensile, i tassi di idrolisi
a carico di diverse classi di composti organici (polisaccaridi, proteine, molecole fosforilate e
lipidi), nella stazione C1 del Golfo di Trieste.
La maggior parte degli enzimi studiati ha evidenziato tassi di idrolisi variabili
stagionalmente con minimi invernali e massimi da aprile a ottobre. In particolare, nel periodo
estivo sono risultate più spinte le attività proteasiche, fosfatasiche e lipasiche, mentre la
degradazione degli zuccheri complessi è risultata prevalente in primavera e autunno. La
variabilità interannuale è stata, invece, piuttosto contenuta per tutti gli enzimi, come
evidenziato da mediane annuali molto simili. Tuttavia, gli spettri di degradazione del pool di
organico hanno mostrato modificazioni interannuali considerevoli. L’analisi multivariata,
applicata all’intero dataset, ha infatti evidenziato 5 diverse situazioni, caratterizzate dal
prevalere della degradazione di uno specifico substrato. La predominanza primaverile della
fosfatasi, ad esempio, è stata sostituita nell’ultimo periodo da una più spinta degradazione dei
polisaccaridi. Similmente, l’attività proteasica, che caratterizza i periodi estivi, è stata
fortemente contenuta nel 2003, probabilmente in seguito a modificazioni nel pool di organico
causate delle elevate temperature del periodo.
La disponibilità di un dataset così ampio a scala temporale, inconsueto e quasi unico a
livello internazionale, contribuirà a comprendere i complessi meccanismi che regolano i
processi di degradazione e trasformazione della sostanza organica che, nel Golfo di Trieste,
hanno portato ad eventi anomali con forti ripercussioni anche economiche come le
mucillagini.
20
Segnali di cambiamento nelle classi dimensionali più piccole: dai virus ai batteri
Ana Karuza1, Mauro Celussi1, Erica Crevatin1, Serena Fonda Umani2, Cosimo Solidoro3, Paola
Del Negro1
1 Dipartimento di Oceanografia Biologica, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, Trieste
2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste 3 Dipartimento di Oceanografia, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale
OGS, Trieste
Virus e batteri rappresentano le entità biologiche più abbondanti nella biosfera. La
maggior parte dei virus, in mare, è costituita da batteriofagi che, attraverso l’infezione dei
procarioti e la conseguente trasformazione del loro contenuto cellulare in detrito, influenzano e
controllano il trasferimento di energia ai livelli trofici superiori. Tra i procarioti prevalgono i
batteri nelle aree costiere e nelle masse d’acqua superficiali mentre gli archei aumentano
percentualmente in ambienti profondi e in condizioni estreme. Nelle acque del Golfo di Trieste
lo studio dei procarioti inizia nel 1993 con l’osservazione della loro distribuzione lungo la
colonna d’acqua della stazione C1. L’analisi dei virus inizia a gennaio del 2000 e si protrae per
10 anni, fino a dicembre 2009 nella stessa stazione.
Entrambe le componenti planctoniche seguono una distribuzione ciclica pressoché
annuale. A scala intrannuale, le fluttuazioni della componente procariotica, sia eterotrofa che
autotrofa, si inseriscono, in maniera più o meno evidente, nelle successioni stagionali delle altre
comunità planctoniche, con alcuni scostamenti imputabili a variazioni dei parametri ambientali.
L’oscillazione temporale della componente virale, invece, risulta più marcata ed è caratterizzata
da un’elevata variabilità interannuale scarsamente controllata da parametri ambientali. Alcuni
incrementi sporadici delle abbondanze virali sembrano essere legati alle fioriture
fitoplanctoniche autunnali, sulle quali potrebbero agire da controllori, contribuendo alla fine
della fioritura stessa. La lunga serie temporale della componente procariota evidenzia diverse
inversioni di tendenza nel periodo 1995‐1998 e a tutt’oggi segue un andamento piuttosto
omogeneo. Il più forte segnale di cambiamento di tendenza nella serie temporale dei virus è
stato osservato in aprile 2006 preceduto e seguito da due eventi di minor intensità e di segno
contrario nel luglio del 2001 e in gennaio 2009.
21
Il microzooplancton in una stazione del Golfo di Trieste
Marina Monti, Marco Minocci, Luisella Milani, Serena Fonda Umani
OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia Biologica, Trieste
Nei due periodi compresi tra il 1986 e il 1990 e tra il 1998 e il 2010 è stato analizzato il
popolamento microzooplanctonico in una stazione del Golfo di Trieste. I campioni sono stati
raccolti mensilmente in una stazione posta a circa 200 m dalla costa (C1) con un fondale di 18
m. Vengono qui analizzati i risultati relativi alla sola quota superficiale. I ciliate aloricati hanno
dominato il popolamento in entrambi i periodi, mentre i tintinnidi sono risultati più
abbondanti nel primo periodo rispetto al secondo. I dinoflagellati eterotrofi, analizzati
soltanto nel secondo periodo, sono risultati il secondo gruppo maggiormente rappresentato. I
micrometazoi non hanno evidenziato differenze nell’arco di tempo considerato. Nel primo
periodo tutti i gruppi appartenenti al microzooplancton hanno presentato un massimo in
aprile mentre, nel secondo periodo, i massimi sono risultati due, uno meno marcato in
febbraio e uno più pronunciato in ottobre. I tintinnidi nel primo periodo sono risultati
costituiti da 26 specie e dominati dai generi Tintinnopsis, Stenosemella e Salpingella. Negli
ultimi 10 anni le specie dominanti sono rimaste le stesse, sono state segnalate alcune specie
nuove e il genere Helicostomella ha subito una marcata diminuzione. Al decremento osservato
nell’ultimo periodo è seguita una lenta ma continua ripresa. In conclusione i cambiamenti
osservati nel periodo considerato potrebbero essere legati sia ai cambiamenti climatici che
alle caratteristiche trofiche dell’intero nord Adriatico.
22
Serie temporali nel golfo di Venezia
Fabrizio Bernardi Aubry, Giorgio Socal, Francesco Acri, Mauro Bastianini, Franco Bianchi, Elisa Camatti, Amelia De Lazzari, Alessandra Pugnetti
ISMAR – CNR, Venezia
Da molti anni le comunità fito e zooplanctoniche del Golfo di Venezia sono state studiate
con vari impulsi di campionamento più o meno intensivi, legati a progetti internazionali,
nazionali e regionali. Lavori su riviste internazionali sono stati scritti soprattutto a partire
dagli anni 90 e una gran parte di attività non è stata pubblicata se non sotto forma di
letteratura grigia (riviste minori, atti di congressi, report e dati rimasti nei cassetti). Dal 2006
la rete internazionale LTER (Long Term Ecological Research) ha individuato l’Adriatico
settentrionale come sito marino dove dedicare attività per le serie temporali a lungo termine;
per questa ragione nonostante i gap finanziari che spesso inficiano l’attuazione delle attività
c’è stato e continua tuttora un grosso sforzo da parte di ISMAR per conservare un piano di
campionamenti in alcuni punti definiti dell’Adriatico Settentrionale: due di questi, il primo
presso la piattaforma CNR Acqua Alta ed il secondo in un punto stazione a 20 miglia ad Est di
Chioggia, vengono visitati mensilmente con campionamenti idrochimici e planctonici. Nella
presente comunicazione si affronta questo problema e se ne discutono le strategie in una
ottica di sorveglianza e controllo dello stato del mare.
23
Fluctuations in the abundance and composition of microphytoplankton off shore Rovinj (the northern Adriatic Sea) in the period 19722009
Daniela Marić, Jelena Godrijan, Romina Kraus, Robert Precali
Center for Marine Research, Rudjer Bošković Institute, Rovinj, Croatia
Microphytoplankton as a primary producer plays a major role in the marine food web and can
reflect the ecosystems response to long‐ and short‐term changes of external pressures
(mainly climatic and anthropogenic). Fluctuations of the microphytoplankton community
composition and abundance at two eastern coastal stations of the profile Po Delta ‐ Rovinj
(RV001 and SJ107, 1 and 15 nautical miles off Rovinj, respectively) were investigated using
the 1972‐2009 data series.
Analyses of the yearly cycle of phytoplankton groups showed the dominance of dinoflagellates
in summer, while during the rest of the year diatoms dominated. A significant variability of
the seasonal cycle indicated evident differences among various time intervals of the
investigated period. In the interval of 1972‐79 three phytoplankton blooms often occurred
(February, May‐June and September‐November). The period 1980‐87 was characterized by a
single yearly bloom maximum (February‐April), while during 1987‐1992 two blooms often
occurred in period February to June. After 1993, there were 2 blooms per year (February‐
April and September‐November).
The data analysis performed on a seasonal base showed an increased appearance of diatom
blooms (spring, 1986‐2000). At station SJ107 in the 1980’s increased abundances of
dinoflagellates were observed during summer. Whereas the group of prymnesiophyceae
showed an increasing trend in the period after 1983‐1986.
24
Phytoplankton longterm series in the Gulf of Trieste: Trends and community changes
Patricija Mozetič and Janja Francé
Marine Biology Station Piran, National Institute of Biology, Piran, Slovenia
A negative trend in concentrations of Chlorophyll a has been observed in the Gulf of
Trieste, as well as over the whole northern Adriatic, during the last 10 years of the study
period 1984‐2007. This trend is more distinctive in certain areas (in the proximity of the Po
River mouth) than in others, being in the Gulf of Trieste ‐0.09 µg Chl a l‐1 year‐1. In contrast to
biomass behaviour there has been an increase of phytoplankton abundance due to an increase
in small flagellates and the reduction of massive diatom blooms in the same period. Changes
are also recorded in the pattern of succession of phytoplankton species; the once late spring‐
early summer community characterised by large dinoflagellate species was replaced by
diatoms at the beginning of this century. Several suggestions have been proposed for this
scenario. A substantial decline of freshwater discharges over the recent decade, having
consequences on nutrient concentrations (coefficients of trend up to ‐0.97 µM y‐1 and ‐1.21
µM y‐1 for nitrate and silicate, respectively) in seawater in an already phosphorus‐limited
environment, seems the most plausible. Other factors, such as an increase in temperature and
salinity in certain seasons and changes in the grazer community, however shouldn’t be
ignored.
25
Temporal dynamic and biodiversity of phytoplankton in the Gulf of Trieste
M. Cabrini1, D. Virgilio2, D. Fornasaro1, M. Lipizer1, F. Cerino1, C. Comici1, C. Falconi1
1 Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, Trieste 2Agenzia Regionale per l’Ambiente del Friuli Venezia Giulia, Udine
The biodiversity and temporal variability of phytoplankton was considered at a coastal
site in the gulf of Trieste over 24 years, from March 1986 to September 2010. The aim was to
assess the interannual variability and seasonal pattern and to identify the representative taxa
of the phytoplankton community. Water samples were collected monthly or bimonthly at the
surface to determine phytoplankton abundances; at the same time, temperature and salinity
profiles were also acquired. From autumn 1998 data on nutrients and chlorophyll were also
available. The seasonal phytoplankton cycle presents peaks in abundance from February to
April due to spring diatom blooms. Skeletonema marinoi regularly caused monospecific spring
blooms until 1993; in the following years blooms were due occasionally to Pseudonitzschia
spp. and Thalassiosira spp., while from 2000 blooms were due to Chaetoceros spp. A second,
lower, peak is usually observed in autumn, always sustained by different species of diatoms.
During the whole year, flagellates are the most significant fraction; dinoflagellates are always
scarce and occurr in summer, they include HAB species such as Dinophysis sacculus and D.
caudata which show a clear seasonality (summer and autumn). With regard to interannual
variability, phytoplankton abundances show a decrease from 1994 to 2008. In more recent
years, an increase in abundance has been observed and it is due to small diatoms and
coccolithophores. These results support the importance of long term ecosystem research
(LTER) on plankton dynamics, although in a limited coastal area, in order to understand the
natural functioning of the system which enables to recognise anomalies which may be a signal
of a larger scale process. Moreover LTER allows to recognise events of introduction of non
indigenous species (NIS) with possible economic and social impacts.
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Risposta delle diatomee bentoniche alle variazioni climatiche a breve termine
Tamara Cibic, Cinzia Comici, Paola Del Negro
OGS ‐ Dipartimento di Oceanografia Biologica, Trieste
Nel Golfo di Trieste l’andamento della comunità delle diatomee bentoniche è stato
studiato per un periodo di sette anni in due stazioni sublitorali e messo in relazione con le
variazioni di temperatura, salinità, concentrazione di nutrienti, apporti di acqua dolce e la
comparsa di mucillagini. La correlazione tra temperatura mediata e abbondanza mediata dei
generi dominanti (bin‐average analysis) ha messo in evidenza un trend positivo tra
temperatura ‐ Nitzschia e Navicula, mentre Pleurosigma ha presentato un trend negativo, con
un decremento calcolato di circa 140 ± 60 cellule per cm3 per °C. Una relazione negativa tra
Diploneis e temperatura è stato osservato solamente nella stazione costiera, influenzata
maggiormente dalle variazioni di temperature. Un’abbondanza molto elevata del genere
ticopelagico Cylindrotheca è stata osservata in corrispondenza ad un’elevata salinità.
Correlazioni significativamente negative sono state ottenute tra l’abbondanza mediata del
genere Pleurosigma e SiO32ˉ e NO3ˉ nella stazione centrale del golfo, e tra l’abbondanza
mediata di Gyrosigma e NH4+ nella stazione costiera. Successivamente ad un evento
mucillaginoso, Navicula e Nitzschia hanno diminuito la loro abbondanza, mentre il genere
Diploneis sembra aver tratto vantaggio dalla presenza di un “falso fondo” occupando la nicchia
ecologica rimasta temporaneamente scoperta da Navicula e Nitzschia. Una portata eccezionale
dell’Isonzo, con elevati apporti terrigeni in novembre 2000, ha completamente ricoperto la
comunità delle diatomee bentoniche, causando una diminuzione dell’abbondanza totale
nell’inverno 2000‐01. Solamente in estate del 2001 le abbondanza di Navicula, Nitzschia e
Diploneis sono ritornate a valori paragonabili a quelli osservati prima della plume. Viceversa,
la presenza di un substrato sabbioso sembra aver favorito il genere epipsammico Amphora
che ha raggiunto l’abbondanza più elevata di tutto il periodo di studio. Il golfo di Trieste è
poco profondo e qualsiasi evento di disturbo può essere amplificato e perdurare nel tempo,
portando a conseguenze maggiori all’ecosistema bentonico.
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Cambiamenti della flora algale bentonica dell’Adriatico: variazioni climatiche o impatti antropici?
Annalisa Falace e Ranieri Urbani
Dipartimento Scienze della Vita – Università di Trieste
Il macrofitobenthos, ampiamente utilizzato per caratterizzare e monitorare la fascia
costiera in base anche alle più recenti Direttive europee in materia di qualità delle acque
costiere, è considerato un buon descrittore delle caratteristiche ambientali.
Nel Nord Adriatico negli ultimi decenni sono stati segnalati profondi cambiamenti sia in
termini di biodiversità che di associazioni algali dominanti. La comparazione dello stato
attuale della flora algale con dati pregressi ha evidenziato in molte aree una significativa
riduzione/scomparsa di specie sensibili soprattutto di quelle caratterizzanti i popolamenti
fotofili di substrato duro, come ad esempio Cystoseira spp. e Sargassum spp.
Le alterazioni evidenziate sono la risultante di complesse interazioni tra fattori antropici
e ambientali (nutrienti, sedimentazione, contaminazione) o biotici (grazing), a loro volta
correlati a cambiamenti climatici generali, che possono risultare particolarmente severi in un
ambiente instabile come il Nord Adriatico. In ambiente costiero, in particolare, la
contaminazione da metalli pesanti e organici può costituire un fattore determinante nella
selezione di specie macroalgali che evidenziano meccanismi di difesa e di adattamento di
particolare efficienza.
In aggiunta a ciò va sottolineata la naturale periodicità di alcuni popolamenti, che può
contribuire a spiegare le fluttuazioni segnalate in Adriatico su lunghi periodi di tempo.
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Variazioni nelle risorse biologiche dell’Area Marina Protetta di Miramare
Roberto Odorico, Saul Ciriaco, Milena Tempesta, Enrico Vinzi, Marzia Piron, Maurizio Spoto
Area Marina Protetta di Miramare , Trieste
L’attività di monitoraggio dell’AMP di Miramare ed i dati raccolti riguardanti le risorse
biologiche tutelate riguardano un lasso di tempo che supera il ventennio. Tecniche di visual
census associate allo studio su stazioni fisse del medio ed infralitorale hanno permesso di
seguire significative variazioni in presenza e copertura supportate dal monitoraggio in
continuo della temperatura dell’ambiente di osservazione. L’Osservatorio del Litorale
realizzato in collaborazione con il NIB ‐ Laboratorio Nazionale di Biologia di Pirano, ha
portato alla condivisione di una serie di studi sulla biodiversità, segnalazioni ed indagini sulle
dinamiche che in questi anni hanno caratterizzato questo tratto di costa. Oltre ad evidenziare
la distribuzione di specie ed habitat in un’area più vasta, sono stati rilevati cicli di regressione
e ricomparsa per i prati a Cymodocea nodosa e Nanozostera noltii, regressione della specie
endemica Fucus virsoides, regressione degli areali di distribuzione di Paracentrotus lividus,
diffusione di Pinna nobilis. La condivisione delle segnalazioni con altri ricercatori impegnati
nella medesima attività di monitoraggio, ha permesso in particolare si seguire la comparsa di
nuove specie, quasi sempre con le stesse modalità di diffusione dal golfo di Pirano dove
venivano registrate per la prima volta, ad arrivare negli anni seguenti al promontorio di
Miramare. Tra queste Haliclona mediterranea (1998), Tripterygion delaisii (1997), Coris julis
(2007), Siganus luridus (2010), primo avvistamento adriatico per questa specie Lessepsiana.
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Long Term Ecological Research (LTER): che cosa possiamo imparare?
Serena Fonda Umani
Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Trieste
Il Golfo di Trieste è entrato a far parte del sito nord adriatico della rete italiana LTER
(Long Term Ecological Research) che, per definizione, è “a collaborative effort involving more
than 1100 scientists and students investigating ecological processes over long temporal and
broad spatial scales”. Le serie storiche esistenti per il Golfo comprendono un’ampia gamma di
parametri abiotici e abiotici. Quest’ultimi, in particolare, comprendono tutte le componenti
dimensionali del plancton e gran parte di quelle bentoniche ed hanno una valenza notevole
anche se analizzate singolarmente, in quanto consentono di descrivere le climatologie per
ciascun parametro e di evidenziarne eventuali anomalie annuali o trend evolutivi. Acquistano
però un enorme valore aggiunto se integrate tra loro, attraverso lo studio dei rapporti trofici
tra le varie componenti mediante studi di processo. Infine, e soprattutto per le serie a maggior
durata, il trattamento statistico dei dati e l’eventuale comparazione con indici climatici può
portare all’identificazione di modificazioni improvvise (shift) delle componenti biologiche in
risposta a rapidi mutamenti climatici che possono interessare scale geografiche a livello di
bacino ed oltre.