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Novembre - Dicembre 2008 UNITRE UNITRE DARWIN DARWIN E NON SOLO O O O O E NON SOLO 2

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Novembre - Dicembre 2008

UNITREUNITRE

DARWINDARWIN

……E NON SOLOE NON SOLOE NON SOLOE NON SOLOE NON SOLOE NON SOLO

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Se questa è evoluzione, grazie per il regalo, Mr. Darwin!

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Darwin, dal nonno paterno al Viaggio intorno al mondo.

Da quanto visto in precedenza, l’idea di una lenta trasformazione delle specie era apparsa spesso nei secoli trascorsi, consolidandosi poi sul finire del 1700 e all’inizio del 1800, in particolare per l’opera degli enciclopedisti e di Maupertuis, Buffon, Lamarck e Etienne Ge-offroy Saint – Hilaire, i quali portarono alla dottrina il contributo del-le prime prove di ordine biologico e geologico, cercando nel contem-po di interpretare il fenomeno.

Tuttavia per buona parte della prima metà dell’ottocento la conce-zione evoluzionistica non fece praticamente alcun passo in avanti, ostacolata com’era dall’autorità del Cuvier, che aveva fatto del fissi-smo un vero e proprio dogma. Ricordiamo che per i fissisti tutte le specie presenti sul pianeta, e anche quelle estinte nelle ere geologi-che trascorse, sono immutabili, furono create così come esse ci ap-paiono, non hanno alcuna possibilità di trasmutazione l’una nell’altra.

In questo clima rigido e dogmatico toccò a uno studioso – non ap-partenente al mondo universitario, pressoché autodidatta, formatosi nel corso di una lunga esperienza, libero da qualsiasi preoccupazione di carattere economico – un figlio dell’Inghilterra liberale della prima metà dell’ottocento, Charles Darwin, riprendere la via dell’evoluzione e raggiungervi traguardi fondamentali. Egli definisce infatti chiara-mente il concetto di evoluzione e ne propone un’interpretazione ca-ratterizzata da notevole aderenza alla realtà naturale e da facile com-prensione, un’interpretazione ritenuta valida ancora, nelle sue linee generali, dalla maggioranza dei biologi moderni.

I parenti. Charles Robert Darwin nacque il 12 febbraio del 1809 da Robert

Waring Darwin e da Susannah Wedgwood e, dal momento che non fu proprio quello che si dice “un uomo che si è fatto da sé”, vale la pena soffermarci sulla sua ascendenza, iniziando dal nonno pater-no, Erasmus Darwin, medico, scienziato, inventore e letterato, uomo

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decisamente brillante, estroso, estremamente attivo sia dal punto di vista intellettuale che pratico.

Erasmus ebbe dalla prima moglie Mary cinque figli, tra i quali Robert Waring, il padre di Charles Darwin; degli altri quat-tro, due morirono durante l’infanzia, il terzo, Charles, studente in medicina, con-trasse un’infezione mortale durante un’autopsia, mentre il quarto, Erasmus, avvocato quarantenne oppresso da gravis-

simi problemi finanziari, si suicidò affogandosi in un fiume in preda a una profonda depressione. La moglie morì a 30 anni (quando Ro-bert Waring, il futuro padre del nostro Charles, ne aveva solo quat-tro) e allora nonno Erasmus si risposò ed ebbe altri sette figli, senza contare qualche figlio illegittimo avuto qua e là nell’intervallo tra i due matrimoni. D’altra parte Erasmus Darwin decantava l’attività sessuale sia dal punto di vista scientifico, sia da quello letterario, al-ludendo a essa come al “capolavoro della natura”. Fu talmente auto-ritario da essere considerato quasi tirannico e Robert, il padre del nostro Charles, praticamente costretto a intraprendere gli studi di medicina, si ripromise di non comportarsi mai con i propri figli come il padre aveva fatto con lui. E fu un bene per Charles Darwin che, come vedremo, compicciò ben poco in quell’età nella quale i bravi rampolli delle facoltose famiglie dell’Inghilterra vittoriana venivano avviati a conseguire splendidi successi nelle prestigiose università del Regno Unito.

Erasmus e il futuro consuocero, Josiah Wedgwood, si conobbero dapprima come medico e paziente, ma ben presto scoprirono comuni interessi per la tecnologia e le invenzioni (Josiah aveva creato una del-le principali fabbriche di ceramiche e vasellami della Gran Bretagna) ed entrambi fecero parte, insieme a illustri rappresentanti della classe imprenditoriale come John Wilkinson e James Watt e a scienziati co-me John Priestley, della Lunar Society, la Società lunare, così deno-minata perché i suoi membri, i “Lunatici”, si riunivano nelle sere di luna piena per poter far ritorno a casa di notte più tranquillamente.

Il nonno Erasmus Darwin

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Questo nonno decisamente ingom-brante, corpulento e balbuziente, me-dico presso Derby, coltivava quindi in-numerevoli interessi: si dedicava all’osservazione delle piante e degli a-nimali, leggeva di filosofi come Adamo Smith e David Hume, visitava i musei di Londra dove si andavano accumu-lando ricche collezioni di animali e piante esotiche, nutriva profonda pas-

sione per le scienze naturali. Egli scrisse due opere, Il giardino botanico e la Zoonomia, e di

quest’ultima è necessario parlare.

Nella Zoonomia, poema didascalico dedica-to agli animali, l’iperattivo Erasmus spese 17 anni di lavoro e, in aperta critica al fissismo, espone alcuni concetti di chiara intonazione evoluzionistica. Tra l’altro scrive: “Ogni esse-re vivente possiede la facoltà di trasformarsi in relazione alle esigenze del mondo esterno. Gli animali assumono il colore che meglio ser-ve a nasconderli; le piante si proteggono con spine, asperità e succhi irritanti (…). Nel corso

di numerose generazioni tutti gli organi, in virtù dei quali le creature si procurano gli alimenti, sono andati perfezionandosi. Inoltre la lotta per la femmina ha spinto all’affinamento delle armi”. Sono parole che mo-strano una chiara impostazione evoluzionistica della successione biologica e ne propongono, inoltre, un’interpretazione razionale ba-sata sulla selezione sessuale. Erasmus Darwin appartiene quindi alla schiera di quegli uomini di scienza che contribuirono in vario modo alla teoria evoluzionistica, quali, in particolare, Maupertuis, Buffon e Lamarck, ma che Charles Darwin, probabilmente a torto, non considerò riferimenti importanti nell’elaborazione della sua dot-trina.

I “Lunatici”

La Zoonomia

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Il giovane Robert Waring Darwin, intanto, ad appena venti anni aveva preso possesso della condotta medica di Shrewsbury, situata a poca distanza dalla casa dei Wedgwood a Maer, casa che fu invita-to a frequentare e dove ben presto si invaghì di Susannah, figlia di Josiah, che sposò nel 1796 (anno in cui la Zoonomia fu data alle stampe). Da quel matrimonio nacquero sette figli, tra i quali, il 12 febbraio 1809, come si è visto, Charles.

Tra virgolette Che elemento! Prima di sposarsi lo scrupoloso Robert Waring chiese notizie al padre Erasmus sul-

le ragioni, un po’ misteriose, della morte di sua madre Mary. La lettera di risposta è interessante sia sotto il profilo personale e caratteriale (illustra benissimo il suo stile di comunicazione diretto e senza scrupoli con il figlio), sia sotto quello scientifico. Erasmus si dimostra convinto che Mary avesse ereditato dal padre, che “si ubriacava in pubblico e in privato”, una malattia di fegato che le provocava violente crisi con-vulsive “dalle quali poteva essere sollevata con grandi dosi di oppio e un po’ di vino, che determinò l’intossicazione”. Erasmus sosteneva che “tutte le malattie dovute all’alcolismo sono in parte ereditarie … ma che una generazione di persone sobrie basta spesso a interrompere la serie di ubriaconi nati da un alcolizzato”. Nonostante la sua convinzione dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti riteneva dunque di poter tranquillizzare Robert Waring, a patto che si fosse mantenuto sobrio; e in effetti quest’ultimo ebbe, con Susannah, sei figli tutti sostanzialmente sani.

Occorre fare due considerazioni, una di tipo scientifico, una di carattere umano. Sembra sostanzialmente accertato che l’alcolismo abbia anche una base geneti-

ca. Quindi Erasmus Darwin, pur non conoscendo nulla, come d’altra parte suo figlio Robert e suo nipote Charles, della trasmissibilità attraverso i geni dell’informazione genetica dai genitori alla prole, aveva intuito che una relazione di consanguineità poteva in qualche modo favorire l’alcolismo in figli nati da genitori alcolisti. Per la verità lui parla più precisamente di “malattie dovute all’alcolismo “ che, acquisite durante la vita, vengono ereditate dai figli; la possibilità da parte dei genitori di trasmettere ai figli i caratteri acquisiti in vita era infatti una convinzione scientifica allora consolidata (ereditarietà dei caratteri acquisiti di Lamarckiana memoria).

Dal punto di vista umano però siamo portati a ritenere che l’ambiente nel quale questa giovanissima donna viveva spossata dalle gravidanze dei suoi cinque figli, con un padre ubriacone e con un tal marito, non fosse né gradevole né sereno e che forse il suo animo fragile volle cercar rifugio e pace nell’oppio e nell’alcool che la condussero a morte a soli trent’anni.

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Se Robert Waring fu un uomo sano (un omone alto più di un me-tro e ottanta e molto grosso, arrivando a pesare fino a 150 chili; “ … era molto corpulento, era l’uomo più grosso che abbia mai veduto” ci narra Charles nella sua Autobiografia) non fu così per la mamma Susannah, che morì dopo una lunga sofferenza nel 1817, quando Charles aveva solo otto anni. Di lei poco rimase nella memoria del figlio, che nella Autobiografia scrive “è strano che non ricordi quasi nulla di lei, a eccezione del letto di morte, della sua lunga veste di vel-luto nero e del suo tavolo da lavoro … “ e che attribuisce la propria dimenticanza alla infermità che la afflisse in vita e al silenzio che le sue sorelle osservarono sempre in seguito, incapaci anche di pro-nunciarne il nome. Susannah aveva portato in matrimonio una co-spicua dote che, insieme alle rendite del marito, medico affermato e ottimo amministratore dei suoi beni, garantirono alla famiglia un e-levato livello di vita nella grande casa, The Mount, che acquistarono a Shrewsbury.

Robert Waring Darwin

Susannah Wedgwood

Quanto il padre fosse diverso dal nonno Erasmus ce lo dice Charles ancora nell’autobiografia: “Le sue doti principali erano la capacità di osservazione e la comprensione, che in nessun altro ho trovato mai su-periori o uguali (…) Compiva molte azioni generose (…) Credo che fosse la sua comprensione a dargli un’illimitata capacità di ispirare fiducia (…) Nella sua professione ebbe grandissima fiducia, sebbene da prin-cipio la odiasse: tanto, mi disse, che se avesse potuto contare su un

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minimo assegno o se suo padre gli avesse consentito una scelta, nulla al mondo lo avrebbe indotto a seguirla. Fino agli ultimi anni il pensiero di un’operazione lo faceva quasi star male e non sopportava la vista di una persona sanguinante. Questo orrore si è trasmesso a me.” Robert Waring era un ottimo parlatore, dotato di grande memoria, di solito di buon umore e gioviale con tutti, ma capace di farsi obbedire e an-che di farsi temere. Fu abile e prudente negli affari, estremamente gentile ma anche facile all’ira, e così si rivolse furibondo al giovane Charles quando decise di avviarlo alla carriera ecclesiastica, dopo il fallimento del figlio negli studi in medicina, e dopo che questi aveva compiuto un viaggio a Parigi e goduto di una lunga e non meritata vacanza durante la quale la sua occupazione prediletta fu la caccia: “Non ti preoccupi di nulla se non della caccia, dei cani e di acchiappare topi e sarai una disgrazia per te e per la tua famiglia!”. Chiudiamo questa breve descrizione del padre di Charles Darwin ancora con le parole del figlio: “Mio padre non aveva un intelletto scientifico e non cercava di sistemare le sue conoscenze secondo leggi generali; però formulava una teoria su quasi tutti gli avvenimenti. Non credo di esser-mi avvantaggiato molto, intellettualmente, dalla sua vicinanza; ma dal punto di vista morale ha certo insegnato molto a tutti noi figli”.

Dobbiamo registrare però che il bravo Charles riconobbe al genito-re anche un altro grande merito, quando dichiarò che suo padre: “gli avrebbe lasciato una fortuna bastante a vivere con agiatezza”. A ciò si adeguò facendo quello che più lo interessava, senza darsi la pena di progettare qualcosa nel mondo del lavoro professionale, oppure di intraprendere una prestigiosa ma impegnativa carriera accademica.

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The Mount House a Shrewsbury

Gli studi di Charles Darwin.I primi anni di Charles, chiamato nell’infanzia “Bobby” e sopran-

nominato anche ”Gas” in un periodo della sua adolescenza durante il quale progettò e attuò disastrosi esperimenti chimici nei ripostigli di Mount House, scorsero nella quiete della ricca dimora di Shre-wsbury. I biografi, tra i quali il figlio Francis, che doveva divenire professore di botanica a Cambridge, ce lo mostrano come un bam-bino normale, un po’ irrequieto, dedito – come molti bambini –all’osservazione minuziosa degli esseri viventi che lo circondavano. A scuola non era certo fra i migliori e il suo primo maestro, il dottor Butler, poi vescovo a Linchfield, lo rimproverava spesso in quanto poco attento. Darwin stesso, nell’autobiografia, parlando di quel pe-riodo si definisce “d’intelligenza inferiore alla media”.

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La scuola del dr. Butler a Shrewsbury

Il padre Robert Waring, visti gli insoddisfacenti risultati scolastici del figlio, decise di iscriverlo a sedici anni alla facoltà di medicina di Edimburgo, ma la sua frequenza ai corsi fu di breve durata.

Effettivamente l’ambiente non era dei più esaltanti. L’Università di Edimburgo, benché la migliore della Gran Bretagna, viveva anni di crisi anche a causa di professori che, grazie ad appoggi politici ed ecclesiastici, gestivano le cattedre come beni familiari deteriorando sempre più la qualità dell’insegnamento. Emblematico il caso di Ale-xander Monro, terza generazione della sua famiglia a occupare la cattedra di anatomia, che trascinava svogliatamente le lezioni con indolenza, trasandato anche nell’aspetto e sporco del sangue dei ca-daveri sezionati e che Darwin trovava semplicemente ripugnante.

Università di Edimburgo

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Inoltre Darwin aveva una profonda avversione per la vista del sangue e non sopportava il dolore altrui. Trascorsi quindi due anni dall’inizio della frequenza dei corsi e dopo aver presenziato a opera-zioni chirurgiche effettuate senza anestesia e assistito alle lezioni nel macabro teatro anatomico, convintosi come già detto che “il padre gli avrebbe lasciato una fortuna bastante a vivere con agiatezza”, chiese di essere tolto dalla facoltà di medicina. Abbiamo visto come reagì, a proposito della sua scarsa volontà di applicarsi agli studi e alle cose serie, il severo genitore, che tentò ancora di far intraprendere al fi-glio un regolare corso di studi degno di un facoltoso rampollo dell’Inghilterra vittoriana iscrivendolo al Christ’s College di Cambri-dge per avviarlo alla carriera ecclesiastica.

Christ’s College di Cambridge

Anche questa fu un’esperienza senza conclusione. Charles si sen-tiva, è vero, invaso dallo spirito liberale della borghesia dell’epoca; era convinto antischiavista e avrebbe voluto combattere quella abo-minevole pratica; gli sarebbe piaciuto fare il missionario, però lo studio degli animali e delle piante e l’osservazione della natura lo at-traevano sempre più.

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Nell’Autobiografia sono riferite alcune note non proprio edificanti, ma simpatiche, sul comportamento del futuro grande naturalista Darwin a Cambridge: “Mi imbarcai con un gruppo di perdigiorno che comprendeva anche alcuni giovanotti dissipati e di scarsa moralità. Spesso ci trovavamo a cena insieme, eccedevamo talvolta nel bere, cantavamo gaiamente, e infine giocavamo a carte. So che dovrei vergo-gnarmi dei giorni e delle serate sprecate in quel modo, ma siccome al-cuni dei miei amici erano molto divertenti ed eravamo tutti molto allegri non mi riesce di ripensare a quei tempi senza provare un senso di pia-cere.” All’anima della sobrietà predicata da nonno Erasmus e da babbo Robert Waring!

Ma i tre anni passati a Cambridge, anche se “ sprecati per quanto ri-guarda gli studi accademici, …come …i due anni passati a Edimburgo o quelli della scuola media” furono decisivi per il suo futuro. In particola-re ebbero grande importanza le discussioni con il reverendo dottor Henslow, professore di botanica, e le partite di caccia compiute senza risparmio con gli amici dell’Università o con lo zio Josiah Wedgwood, padre della cugina che doveva divenire sua moglie, il quale, affeziona-tissimo al nipote di cui aveva compreso le grandi doti e che sarebbe stato suo genero, ebbe una parte rilevante nella vita di Darwin.

Nel 1831, a 22 anni, consegue finalmente la laurea in teologia ma nella stessa estate se ne va in giro nelle contee del Midland con il professore di geologia Adam Sedgwick per compiervi escursioni geo-logiche e quando torna a Shrewsbury nella casa paterna lo attende una lettera del reverendo dottor Henslow, con il quale si era intrat-tenuto tante volte nei viali dell’università a Cambridge, e che nutriva per il suo allievo simpatia e stima. Questa lettera doveva cambiare drasticamente il corso della vita a Charles e imprimere una svolta decisiva al cammino delle Scienze Naturali.

Il Viaggio. Era accaduto che la nave di sua maestà britannica Beagle, un pic-

colo brigantino a palo al comando del capitano venticinquenne Ro-bert Fitz Roy, aveva compiuto un lungo viaggio di esplorazione e studio nei mari dell’America meridionale e il suo comandante aveva

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portato con sé quattro indigeni della Terra del Fuoco, uno come ri-torsione per il furto di una scialuppa e gli altri tre, fra i quali una giovane donna, acquistati con baratto di merce varia. Va detto che scopo del capitano, personalità quanto mai complessa e tormentata, era anche quello di educare quei nativi ai modi di vita e alla coltura inglese ospitandoli in casa propria, ma Fitz Roy, che mancava da va-ri anni dall’Inghilterra, non era a conoscenza delle violente campa-gne antischiaviste che nel frattempo si erano sviluppate al suo pae-se, ove la schiavitù stava per essere abolita.

Nel frattempo l’Ammiragliato inglese aveva in progetto di effettuare con i propri bastimenti ulteriori importanti campagne oceanografi-che lungo il continente sud americano, al fine di aprire nuove rotte nel perseguimento di politiche di insediamenti commerciali in quelle zone, in concorrenza e in contrasto con quelli spagnoli, portoghesi, argentini e brasiliani. In questo disegno era compreso anche quello di piantare sulle isole Falkland, o Malvine, la bandiera inglese, ap-profittando del fatto che la vicina Argentina era occupata in torbidi interni.

La crociera oceanografica e di esplorazione (il Viaggio) del Beagle (1831 -1836)

Fu ordinato quindi a Fitz Roy di affrontare in quei mari un viaggio che doveva durare circa due anni per compiere i rilievi di cui si è detto e per riportare nella terra di origine i tre indigeni (uno dei

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quattro era nel frattempo morto) anche al fine di acquistare simpatia verso le altre nazioni.

Dietro interessamento diretto del comandante fu inoltre deciso, per dare maggior risalto internazionale alla spedizione, di farvi par-tecipare anche un giovane e ben preparato naturalista per raccoglie-re e descrivere materiale biologico e geologico. Fitz Roy scrisse allora a Henslow pregandolo di trovare un naturalista che volesse (a pro-prie spese, s’intende) partecipare al viaggio e il professor Henslow, il 29 agosto 1931, propose a Darwin di imbarcarsi sul Beagle.

Per il giovane Darwin, ormai orientato verso le scienze naturali, non poteva esservi occasione migliore, ma fu necessario superare l’opposizione del severo Robert Waring che vedeva nell’idea del viag-gio l’ennesima scappatoia architettata dal figlio per sottrarsi ai pro-pri doveri e che era anche francamente preoccupato per i pericoli e per i disagi di una tale impresa. Per fortuna venne in suo aiuto lo zio Josiah Wedgwood, dal momento che a Charles il padre aveva lascia-to un’opportunità: “Se riuscirai a trovare un uomo assennato che ti consigli di andare, allora avrai il mio consenso”. Quell’uomo fu lo zio Jos che si adoperò per convincere Robert rispondendo punto per punto alle sue dettagliate obiezioni, che il nipote gli aveva scrupolo-samente e pignolescamente elencate partendo difilato per Maer il primo settembre. Robert Waring fu costretto a capitolare, dando al figlio anche un generoso appannaggio per rendere possibile la sua partecipazione alla crociera.

Il Beagle partì da Devenport il 27 dicembre del 1831, in una neb-biosa e fredda mattina. Aveva a bordo un giovane capitano abile e autoritario, un gruppo di giovanissimi ed eccellenti ufficiali, una ciurma ben addestrata, tre indigeni spauriti, un missionario inge-nuo e un inesperto naturalista che salutava una dolce ed esile figura di donna sul molo.

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Il Beagle

La nave era un brigantino a palo di 240 tonnellate armato con die-ci cannoni. Fitz Roy, che l’aveva preferita ad altre navi, diresse e sorvegliò meticolosamente i lavori di risistemazione della nave e il suo armamento e curò attentamente anche il reclutamento dell’equipaggio, che era molto numeroso (settanta persone in una nave così piccola) e composto da uomini sceltissimi e molto giovani, il più anziano, il quartiermastro Rowlett, avendo 35 anni.

Il Viaggio iniziò definitivamente il 27 dicembre, dopo vari dramma-tici tentativi di partenza contro un violento libeccio, un incaglio per il maltempo davanti al porto e severe punizioni comminate a diversi membri dell’equipaggio resisi irreperibili e ubriachi per le taverne di Devenport in quei giorni festivi. Esso comprendeva ora il giro del mondo e l’esplorazione, per la durata di cinque anni, dei mari più tempestosi e si concluse felicemente solo grazie alla perizia del gio-vane capitano e alla collaborazione di un gruppo di ufficiali e aspi-ranti dotati di stupende qualità.

Descrivendolo per sommi capi diremo che dopo un anno e mezzo il Beagle è fermo alla foci del Rio Negro in Patagonia, da dove Darwin, come aveva fatto in precedenti soste, organizza lunghe escursioni verso l’interno e verso nord nella Pampa, escursioni non scevre da pericoli in quanto i coloni e i gauchos sono in continua lotta con le ultime tribù indigene. Alla fine del 1833 il Beagle è a Buenos Aires impegnato in rilievi di carattere oceanografico e Darwin a terra or-

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ganizza lunghe escursioni a Santa Fé, a Montevideo, nelle steppe pampeane e fino alle pendici delle Ande. A ogni ritorno sulla nave non mancano discussioni con Fitz Roy, la cui cabina condivide: le casse dei suoi esemplari, anche se molto materiale viene spedito a Londra, sono sempre più numerose e occupano molti spazi sulla na-ve … “accidenti a te, filosofo!…” lo apostrofano scherzosamente e bo-nariamente i giovani ufficiali di bordo.

Finalmente nei primi mesi del 1834 la nave, dopo aver piantato la bandiera inglese nella maggiore delle isole Falkland, fa vela verso la Terra del Fuoco, da dove erano stati prelevati i tre fuegini la cui re-stituzione era lo scopo ufficiale del viaggio. L’incontro con gli abitan-ti della Terra del Fuoco costituisce uno degli episodi più emozionanti che Darwin ricordi, anche perché li aveva immaginati non molto di-versi da Jemmy, York e Fuegia, i tre prigionieri che dovevano essere rimpatriati, indubbiamente primitivi ma con un sentore di umanità, mentre si trovò di fronte esseri privi di pudore, animaleschi, abietti e miserabili, promiscuamente nudi, maschi, femmine e bambini, nella pioggia e nel nevischio della gelida estremità del continente sud a-mericano.

Abietti e miserabili, sporchi e dipinti a strisce bianche si, ma Darwin non si fe-ce trascinare nella corrente di pensiero che voleva gli abitanti indigeni di terre selvagge quali animaleschi uomini infe-riori. Erano esseri umani in tutto e per tutto simili a lui e ai componenti l’equipaggio del Beagle, perfettamente adattati al rigido e duro ambiente nel quale vivevano. Scrisse: “La natura, po-tenziando le abitudini e rendendone ere-ditari gli effetti, ha adeguato i Fuegini al clima e alle condizioni del loro desolato paese”. Ma in che modo? Fu forse lì, di-nanzi allo spettacolo di quei selvaggi nudi ma insensibili al freddo sotto la

Abitante della Terra del Fuoco all’epoca del Viaggio

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neve, che Darwin intuì quel principio della selezione naturale sul quale doveva basarsi tutta la sua interpretazione dell’evoluzione?

Tra virgolette I tre fuegini “inciviliti”. Furono tre quelli che, arrivati con il precedente viaggio (uno era morto appena

sbarcato in Inghilterra, in seguito alla vaccinazione contro il vaiolo) furono riportati indietro con il Beagle; ospitati e istruiti a spese di Fitz Roy dovevano essere rimpa-triati in una sorta di esperimento di civilizzazione e di evangelizzazione.

Essi erano: un uomo di circa 27 anni, a cui fu dato il nome di York Minster; un ragazzo sui 15 anni, chiamato Jemmy Button e una ragazzina di pressappoco 10 anni, Fuegia Basket. Sentiamo che cosa ci racconta di loro Darwin nel suo “Viaggio di un naturalista intorno al mondo”.

“York Minster era un uomo fatto, basso, tozzo e molto robusto; era riservato, taci-turno e di umore cupo e quando si irritava la sua collera era molto violenta; nutriva un fortissimo affetto per pochi amici che aveva a bordo; la sua intelligenza era buo-na. Jemmy Button era il beniamino di tutti, ma anche lui era irascibile (…) era alle-gro e ridanciano e partecipava molto alle pene altrui: quando il mare era agitato io soffrivo spesso un po’ di mal di mare (in realtà ne soffrì sempre e assai!!) ed egli so-leva allora venirmi vicino e ripetere con voce lamentosa: - Povero, povero amico mio -. Ma per lui, nato e vissuto sull’acqua, l’idea che un uomo potesse soffrire il mal di mare era troppo buffa e quindi doveva spesso girarsi da parte per nascondere un ri-solino o una risata (…). Aveva sentimenti patriottici e usava vantare la propria tribù e il proprio paese (…) e vituperava tutte le altre tribù; affermava categoricamente che nel suo paese non c’era il diavolo. Jemmy era basso, tarchiato e grasso, ma molto vanitoso del proprio aspetto; calzava sempre guanti, portava i capelli ben ta-gliati e si affliggeva molto se le sue scarpe nere si insudiciavano.” Nei riguardi di un ragazzetto indiano del Rio Negro che lo prendeva in giro per questo e del quale era un po’ geloso, ripeteva, scuotendo la testa: “troppo allodola”.

Ci dice ancora Darwin a proposito di Jemmy: “Se penso a tutte le sue buone qualità, mi sembra quasi incredibile che appartenesse alla stessa razza (…) di quei selvaggi miserabili e degradati che incontrammo qui (nella Terra del Fuoco) per la prima volta”. E per quanto riguarda la ragazzina:

“Per ultimo dirò di Fuegia Basket, una giovane ragazza graziosa, riservata e mo-desta dall’espressione piuttosto piacevole, anche se talvolta un po’ torva; imparava presto qualsiasi cosa e specialmente le lingue. Dette prova di queste sue capacità coll’imparare un po’ di spagnolo e di portoghese durante le brevi soste a Rio de Ja-neiro e a Montevideo e con la sua discreta conoscenza dell’inglese. York Minster

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era gelosissimo d’ogni attenzione che le usassimo perché era chiaro che si propo-neva di sposarla non appena si fossero stabiliti a terra. Sebbene tutti e tre parlas-sero e capissero discretamente l’inglese era singolarmente difficile ottener da loro molte informazioni sui costumi dei loro compaesani (…) la loro vista era eccezio-nalmente acuta (…) sia York che Jemmy erano molto superiori a qualsiasi marinaio (…) Essi erano ben consapevoli di questa loro dote, e quando Jemmy aveva qual-che questioncella con l’ufficiale di guardia minacciava: - Io vedo nave, io non dico. “

Sarebbe oltremodo interessante e divertente continuare a leggere ciò che ci nar-ra Darwin sui suoi compagni di ciurma fuegini. Abbiamo visto che nel corso del vi-aggio egli aveva immaginato i nativi fuegini non molto diversi da quei tre presenti a bordo, invece si trovò dinanzi esseri molto primitivi, privi di pudore, sporchi e inde-centi. Per quanto ancora rozzi fossero Jemmy, York e Fuegia, era tale l’abisso che li separava dai loro simili, anche solo dopo una breve parentesi nel mondo civilizzato, che si sarebbe stentato a credere che quelle fossero le loro origini. Sembra che es-si stessi (come dice Fitz Roy) abbiano avuto reazioni di ripugnanza: Fuegia si na-scondeva e non voleva guardare. I tre furono comunque lasciati a terra insieme al giovane e volenteroso missionario che era a bordo. Risultato, riscontrato quando il Beagle ripassò dopo qualche mese: il missionario era stato completamente deruba-to e rinunciò all’impresa di evangelizzazione; Fuegia e York Minster, dopo essersi sposati, erano fuggiti portando via a Jemmy Button tutto quanto egli possedeva; quest’ultimo, come ci descrive Darwin, era ormai diventato un magro e stralunato selvaggio, nudo e coi capelli lunghi e arruffati. Così racconta Darwin sull’ultimo in-contro con i fuegini “inglesi”: “una canoa (…) fu vista avvicinarsi a noi e a bordo vi era un uomo che si levava le pitture dalla faccia. Quest’uomo era il povero Jemmy (…) nudo salvo un brandello di coperta intorno alla vita. Non lo riconoscemmo fin-ché non ci fu vicino, perché si vergognava e voltava le spalle alla nave. (…) Tutta-via (…) Pranzò col capitano Fitz Roy (…) ci disse che aveva abbastanza da mangia-re, che non aveva freddo, che i suoi parenti erano brava gente e che non deside-rava tornare in Inghilterra.

La causa di questo grande cambiamento nei sentimenti di Jemmy la scoprimmo soltanto a sera, quando arrivò la sua giovane e piacente moglie. (…) Disse che si era costruito una canoa e si vantò di poter parlare un po’ il natio linguaggio! Ma la cosa più buffa fu che aveva insegnato a tutta la sua tribù un po’ di inglese (…) Rin-cresceva a tutti di stringergli la mano per l’ultima volta”.

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Jemmy Button

York Minster

Fuegia Basket

in un disegno del Capitano Fitz Roy

Nel settembre del 1835, dopo circa quattro anni dalla partenza, il Beagle attraccava alle isole Galapagos, di fronte alle coste dell’Ecuador, e già si incomincia a parlare del ritorno; ma questa so-sta nelle solitarie isole del Pacifico doveva avere un’importanza ecce-zionale per Darwin e per lo sviluppo della sua teoria (my theory).

Qui, anche se altre osservazioni fatte durante il viaggio l’avevano convinto sulla possibilità della suc-cessione delle forme vegetali e ani-mali nel tempo, l’importanza dell’ambiente come elemento atto a delineare e a isolare le specie gli apparve chiara: “Non ho finora fatto menzione del carattere più notevole della storia naturale di questo arcipe-

Isole Galapagos

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lago; ed è che le differenti isole sono abitate da una serie differente di esseri”. Il vice governatore delle isole dichiarò a Darwin che: “le te-stuggini differivano nelle varie isole e che avrebbe potuto dire con cer-tezza, al solo vederne una, a quale isola appartenesse”. Vedremo in seguito quanto queste osservazioni sulle testuggini, insieme a quelle sui fringuelli presenti nelle varie isole dell’arcipelago, abbiano avuto importanza nell’elaborazione della sua interpretazione dell’evoluzione: egli comprese che dal vicino continente americano gli esseri viventi erano pervenuti alle Galapagos, ma qui l’ambiente presentava aspetti diversi da quelli continentali, e anche diversi – se pure in minor grado – da isola a isola: ecco quindi gli esseri più ido-nei ai nuovi ambienti affermarsi, là dove i non idonei dovettero vero-similmente soccombere. L’isolamento dei vari ambienti insulari fece il resto e ogni isola ebbe la sua specie di testuggine o di fringuello.

Alcuni fringuelli delle varie isole dell’arcipelago delle Galapagos

Dalle Galapagos il Beagle puntò su Tahiti; quindi ai primi del 1836 l’Australia, poi le Keeling e le Maldive nell’Oceano Indiano, dove Darwin elaborò la sua nota teoria sull’origine degli atolli corallini. Capo di Buona Speranza, Sant’Elena, di nuovo la costa brasiliana con scalo a Porto Praya come all’inizio del viaggio. Il 2 ottobre 1836, a quasi 5 anni dalla partenza, il Beagle ormeggiava a Falmouth, in

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acque inglesi. Le stive erano piene di casse. “Vostro figlio – disse sir Sedgwich, professore di geologia a Cambridge, al dottor Robert Wa-ring – prenderà posto fra i maggiori scienziati del mondo”.

Darwin era partito con un leggero baga-

glio di conoscenze scientifiche, ma posse-deva doti del tutto eccezionali di osservato-re ed era animato da un entusiasmo e una volontà fuori del comune. Durante le este-nuanti peregrinazioni che lo portarono at-torno al globo raccolse ovunque una quan-tità enorme di materiali e notizie intorno al-la geologia, alla paleontologia, alla zoologia, alla botanica, alle popolazioni umane pri-mitive; tornato in patria era un naturalista completo e ormai anche piuttosto celebre grazie ai materiali inviati e alle dotte intui-zioni scientifiche elaborate.

Ma non aveva solo raccolto materiali e notizie: si era anche posto innumerevoli problemi che riguardavano la distribuzione degli ani-mali e delle piante, gli equilibri biologici negli ambienti più diversi, la sopravvivenza delle popolazioni umane negli ambienti più vari e osti-li. Su tutti questi problemi continuò a riflettere a lungo, anche quan-do le sensazioni violente di quella vita randagia cominciarono ad af-fievolirsi e furono sostituite da quelle della stimolante vita di Londra, dove intanto si era stabilito.

Il Viaggio era stato coronato da un eccezionale successo grazie alla grande bravura dell’equipaggio, all’impareggiabile perizia dei giovani ufficiali e alle straordinarie doti del comandante dell’HMS Beagle, capitano Robert Fitz Roy. Della crociera oceanografica e di esplora-zione del Beagle ci rimane a perenne memoria un racconto scritto dallo stesso Darwin, un libro che costituisce un luminoso esempio di narrazione circa le grandi esplorazioni geografiche e scientifiche del tempo passato: si tratta del “Viaggio di un naturalista intorno al mondo”, o, se si preferisce, del “Journal of Researches into the Natu-

Charles Darwin all’epoca del suo ritorno dal Viaggio

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ral History and Geology of the countries visited during the voyage of H. M. S. Beagle round the world under the command of Capt. Fitz Roy R.N.”

Tra virgolette Il capitano Fitz Roy. Nato il 5 luglio 1805, di nobile famiglia in quanto discendente, come quarto ere-

de da parte di padre – lord Charles Fitz Roy - direttamente da Carlo II d’Inghilterra, era rimasto strettamente legato alle prerogative aristocratiche in un’epoca in cui tali prerogative andavano sempre più riducendosi. A 12 anni fu ammesso al Royal Naval College e l’anno seguente entrò nella Royal Navy, la mari-na reale britannica, dove nel 1824 fu promosso luogotenente col massimo punteg-gio. Dopo aver prestato servizio sul HMS Thetis, nel 1828 è luogotenente di ban-diera all’ammiraglio Otway, proprio nell’anno in cui il Beagle stava effettuando rile-vamenti idrografici nella Terra del Fuoco al comando del capitano Springle Stokes che, colpito da violente crisi depressive, si suicidò sparandosi. La nave, orfana del proprio capitano, salpò per Rio de Janeiro dove, il 15 dicembre del 1828, l’ammiraglio Otway nominò Robert Fitz Roy quale capitano provvisorio e nel 1830 capitano effettivo del Beagle. La nave intanto continuava la propria crociera ocea-nografica nella Terra del Fuoco sotto il nuovo comandante che, come ritorsione per un attacco subìto e in cambio di alcune merci, prelevò una ragazzina, un ragazzo e due uomini per portarli in Inghilterra, allo scopo di civilizzarli e di convertirli alla dottrina cristiana. Con questi passeggeri fuegini il brigantino era tornato in patria.

Quando l’Ammiragliato dette a Fitz Roy l’incarico di organizzare una nuova cro-ciera oceanografica con lo scopo ufficiale di riportare i fuegini nella loro terra, egli preferì utilizzare ancora il Beagle, nave che conosceva bene e di cui si fidava.

Ben consapevole della stressante solitudine del comando nelle condizioni che lo attendevano, ricordando il suicidio del capitano Stokes sul Beagle e anche quello di suo zio Castlereagh che si era tagliato la gola mentre era Governatore, chiese di avere con sé a bordo un gentiluomo come compagno con cui condividere i suoi in-teressi scientifici e le opportunità di ricerca che la spedizione avrebbe offerto e an-che allo scopo di pranzare insieme a un suo pari (neppure gli ufficiali della nave potevano essere considerati tali, compreso il medico di bordo). Charles Darwin fu così presentato a Fitz Roy, che approvò la scelta e gli regalò anche una copia del primo volume dei “Principi di Geologia” di Charles Lyell, libro che il capitano aveva letto e che doveva esercitare un’influenza grandissima sul pensiero di Darwin.

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Il Beagle in sezione mediana e visto dall’alto

Fitz Roy nutriva anche la speranza che l’esplorazione procurasse notizie e docu-menti a conferma del racconto della creazione contenuto nel Genesi. Su questo ar-gomento subì invece un’amara delusione poiché Darwin, invece di confermare la narrazione mosaica, raccolse durante il viaggio i materiali e le idee che lo portaro-no a scrivere l’Origine delle specie; il capitano, così profondamente offeso nei pro-pri sentimenti religiosi, non perse poi occasione per rendere pubblico il proprio dis-senso da Darwin.

Tuttavia si deve proprio a Darwin se la straordinaria personalità di questo intre-pido e abilissimo uomo di mare è stata tramandata ai posteri. Così egli lo descrive in una lettera: “Mai prima d’ora mi sono imbattuto in un uomo che potessi immagi-nare nel ruolo di Napoleone o di Nelson. Non lo posso chiamare intelligente, eppu-re sono convinto che nulla è troppo grande o troppo alto per lui”. Nel 1831, all’epoca del Viaggio, Fitz Roy aveva ventisei anni!

Coerentemente con il suo atteggiamento aristocratico Fitz Roy era uno strenuo sostenitore del sistema schiavistico, anche quando ormai la schiavitù stava per es-sere abolita in tutto l’Impero britannico, ma era anche animato da sentimenti pro-fondamente umani nei riguardi delle popolazioni selvagge e così, quando fu gover-natore della Nuova Zelanda, protesse gli indigeni contro le sopraffazioni e gli abusi dei coloni bianchi, finendo col provocare le vivissime proteste degli immigrati e col perdere la carica.

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Il Beagle incontra i nativi della Terra del Fuoco

Fu infatti nominato Governatore della Nuova Zelanda come successore del primo Governatore morto alla fine del 1842, e rimase in carica dal 1843 al 1845. Anche il suo fratellastro Sir Charles Fitz Roy ricoprì simili incarichi nel Nuovo Galles del Sud, nell’isola Principe Edoardo e ad Antigua.

Il compito affidatogli, nel quale era compresa anche la protezione degli indigeni Maori, si rivelò gravosissimo e divenne subito chiaro che egli non disponeva dei mezzi necessari per sostenere l’impresa; infine alla Camera dei Comuni, in patria, la Compagnia della Nuova Zelanda presentò il suo Governatorato sotto una luce così misera che nel 1845, dopo due anni di funzione, si giunse alla sua destituzio-ne; al suo successore fu fornito tutto il supporto che a lui era stato negato.

Il suo atteggiamento donchisciottesco rende simpatica e affascinante la persona-lità di Fitz Roy e non si può non ammirarne la generosità, la scioltezza dagli schemi convenzionali, l’entusiasmo, doti che però furono causa dei costanti conflitti che ebbe con l’Ammiragliato di Londra durante il Viaggio con Darwin. Le limitazioni bu-rocratiche, più che comprensibili, erano a lui del tutto estranee; sentiva la crociera e l’impresa come un fatto personale e non ammetteva di ritornare in patria senza aver fatto il massimo; sopportava a stento le ingerenze dei diretti superiori della base navale del Sud America e non ammetteva assolutamente che lo si contraddi-cesse. La perizia nell’arte nautica, l’ascendente immenso sull’equipaggio, l’audacia straordinaria ed equilibrata, l’assoluta indipendenza ne avrebbero fatto un magnifi-co pirata. Ma ciò non gli impediva di essere incredibilmente premuroso con i su-bordinati.

Quando, molti anni dopo il ritorno dal Viaggio, egli si accingeva a lasciare l’Inghilterra per un lungo periodo, Darwin, che pure tanti contrasti intellettuali ave-

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va avuto con lui, così gli scriveva: “mi è intollerabile il pensiero di non poterla rive-dere prima della sua partenza; il passato è spesso vivo nella mia memoria e sento di doverle molte delle gioie provate e l’intero destino della mia vita … Arrivederci caro Fitz Roy, penso spesso alle tante premure che ha avuto per me, e non di rado mi torna alla mente un episodio che lei avrà certamente dimenticato: si stava per raggiungere Madeira, quando venne nella mia cabina e con le sue mani mi rincalzò l’amaca, un gesto che – come seppi dopo – fece inumidire di commozione gli occhi a mio padre.

Robert Fitz Roy in uniforme da vice Ammiraglio

Il carattere, l’essere tanto fuori dal suo tempo, il temperamento impulsivo e la pro-digalità dovevano rendergli la vita molto difficile. Darwin lo intuì e così scriveva alla sorella: “Spesso mi chiedo quale riuscita farà: per molti aspetti mi sento sicuro che avrà un avvenire molto brillante, per molti altri aspetti ne temo uno molto infelice.”

Dopo la terribile burrasca del 1859 che causò la perdita in mare del Royal Char-ter, Fitz Roy sviluppò un apposito sistema cartografico atto a rappresentare e pre-vedere lo stato del tempo, introducendo così la dizione “previsioni del tempo”, eprogettò e fece installare 15 stazioni terrestri che gli trasmettevano telegraficamen-te, a intervalli regolari, rapporti giornalieri sulle condizioni meteorologiche. Le pri-me previsioni del tempo giornaliere furono pubblicate nel 1860 nel Times e negli anni successivi fu introdotto un sistema ottico di allarme delle burrasche nei princi-pali porti britannici.

In effetti comunque, malgrado la bravura marinaresca, malgrado la straordinaria abilità come cartografo e la competenza in meteorologia, rimane il fatto che egli non fece una grande carriera e, dopo la parentesi in Nuova Zelanda, ebbe vari ma

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modesti incarichi presso l’Ammiragliato, l’ultimo dei quali - da Vice Ammiraglio – ri-guardava l’organizzazione delle scialuppe di salvataggio.

A poco a poco dette fondo al cospicuo patrimonio e, come ci dice ancora Darwin, si coprì di debiti: “Verso la fine della sua vita divenne, temo, molto povero, e ciò in gran parte a causa della sua generosità. Sta di fatto che, dopo la sua morte, gli amici fecero una colletta per pagare i debiti che aveva lasciato.”

Affetto da una grave forma depressiva aveva lasciato il servizio nel 1863 col gra-do di vice Ammiraglio; la mattina del 30 aprile del 1865, come scrisse sua moglie, si alzò da letto per andare nella stanza da bagno e lì si suicidò con un rasoio, così come aveva fatto suo zio il Governatore Castlereagh tanti anni prima.

Conoscendone la modestia, le parole di Darwin ci permettono di dire che egli stesso contribuì personalmente a pagare i debiti dell’uomo che aveva tanto ammi-rato, col quale si era drammaticamente scontrato più volte e che non aveva mai cessato di amare profondamente.