26 triangolo aprile 2005 - Associazione Nonunodimeno · te il viaggio il gruppo rock dei Modena...

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4 Portare i g Una scommessa Una mole impressionante di lavoro. Un compito da affrontare da diversi punti di vista La prima difficoltà: reperire i finanziamenti, scegliere il tempo, orientarsi nelle diverse opportunità Come trovare, tra le scuole, i ragazzi che vogliono conoscere la storia, con i loro insegnanti Portare i g Una scommessa

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Portare i g

Una scommessa

Una mole impressionante di lavoro.Un compito da affrontare da diversi punti di vista

La prima difficoltà: reperire i finanziamenti, scegliere il tempo,orientarsi nelle diverse opportunità

Come trovare, tra le scuole,i ragazzi che vogliono conoscerela storia, con i loro insegnanti

Portare i g

Una scommessa

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giovani ad Auschwitz

vinta con la fiducia

Il viaggio non solo come trasferimento,ma come valenza simbolica:è lo stesso percorso verso la deportazione

Gli studenti, presi da mille suggestioniavrebbero avuto il tempo di “comprendere”? Ebbene sì

L’emozione degli studenti al loro ingresso al campo di sterminio

giovani ad Auschwitz

vinta con la fiducia

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Quando nel luglio dello scor-so anno Lorena Pasquini, ar-chivista presso l’Archiviostorico della Cgil di Brescia,mi ha contattato per proporreche, come Fondazione Me-moria della Deportazione,promuovessimo un viaggioad Auschwitz in occasionedel sessantesimo della libe-razione del campo per sei-cento studenti, sono rima-sta molto perplessa. Non era una perplessità so-lo mia, anche le altre asso-ciazioni presenti a questoprimo incontro si doman-davano in che modo riusci-re in una simile impresa. Ledifficoltà erano molte: in-nanzi tutto reperire i finan-ziamenti ad hoc almeno perpagare agli studenti il viag-gio in treno, un costo di cir-ca 150 euro ciascuno, poitrovare le scuole sensibili egli insegnanti disponibili adaccompagnare le classi e,infine, avviare un program-ma di formazione per gli in-segnanti e le classi che avreb-bero aderito.Si trattava di una mole di im-pegni e di lavoro davveronotevole. Era luglio e ci la-

sciammo con l’idea di rive-derci a settembre.Soprattutto per me la que-stione del reperimento deifondi era un ostacolo non dapoco: a chi rivolgermi?Infatti né l’Insmli né laFondazione avrebbero po-tuto accollarsi un impegno dispesa simile e gli enti loca-

li non ci erano propriamen-te amici…Il primo di settembre ci rin-contrammo. L’entusiasmodi Lorena era contagioso ecosì resa audace provai a ri-volgermi al nuovo assesso-re all’Istruzione dellaProvincia di Milano, GianSandro Barzaghi, che si di-mostrò immediatamente di-sponibile, così come gli ami-ci del Centro Coop di NovateMilanese. Grazie alla gene-

rosità di questi due sponsoranche Milano poteva avereun suo vagone: l’avrebberoriempito alcune classi del li-ceo Russell di Milano e ungruppo di studenti dell’is-tituto Erasmo da Rotterdamdi Bollate. Superato lo sco-glio più difficile, trovare glisponsor, si è dato avvio adun capillare lavoro di for-mazione: personalmente misono recata a Carpi, aBollate, al liceo Russell. Perme, infatti, era importanteche gli studenti e gli inse-gnanti avessero un’idea diche cosa era Auschwitz e ri-cevessero una adeguatainformazione sul tema del-la deportazione, nelle suevarie sfaccettature. Oltre ame ha curato l’aspetto for-mativo Raffaele Mantegazzadell’Università Bicocca. Lorena e Silvia Mantovanidella Fondazione Fossolisi sono mosse per fare inmodo che ci fossero con-tatti con i treni che, rispet-tivamente, sono partiti dal-la Toscana e dal Piemontee per avere con noi duran-te il viaggio il gruppo rockdei Modena City Ramblers,assai popolare fra gli stu-denti. Insomma, il nostroprogetto assumeva propor-zioni sempre più vaste e l’at-

di Alessandra Chiappano

Portare i giovaniad Auschwitz

I nostriragazzi

Oggi sparuti gruppi si aggirano, in silenzio,tra le baracche superstiti del campo

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tesa era grande. Eppure den-tro di me continuava ad al-bergare un dubbio: come tra-sformare un evento che sipreannunciava ricco da unpunto di vista emotivo in unmomento anche formativo?Mi spaventava l’idea delgrandissimo numero di stu-denti e temevo che si per-desse il senso di dove si an-dava e perché. Certo, il viag-gio in treno aveva una suaforte valenza simbolica: inun certo senso avremmo ri-percorso il tragitto seguitodai vagoni piombati ses-sant’anni prima, ma i ragazziavrebbero colto questo aspet-to? Oppure tutto si sarebbetrasformato in nulla più cheuna gita scolastica come tan-te altre? Come rendere si-gnificativa la visita al Museodi Auschwitz e a Birkenauvisto il numero così eleva-to di ragazzi? Queste eranole domande che mi frulla-vano in testa nei giorni pri-ma della partenza.Ovviamente avevamo con-venuto di usare il vagone ri-storo per fare dei momenti diriflessione e per questo ave-vo coinvolto un filosofo,Fabio Minazzi, che già datempo seguiva un suo per-corso sulla filosofia dellaShoah. Tuttavia ero inquie-

ta e questa inquietudine na-sceva dal fatto che a mio giu-dizio ai luoghi di memoria cisi deve accostare tenendo inmente alcuni elementi: in-nanzi tutto le trasformazio-ni che essi subiscono, sia peril tempo inevitabilmente tra-scorso, sia per la mano del-l’uomo che di fatto, con iltrasformare questi luoghi inmusei, vi ha impresso unprofondo mutamento. Inoltrenel luogo occorre immer-

gersi, destrutturarlo con l’im-maginazione per compren-derlo in tutta la sua com-plessità. Affinché i testimo-ni di pietra ci parlino è ne-cessario che all’emozioneche provocano in noi si af-fianchi la conoscenza. A mioparere infatti la visita ai cam-pi di sterminio non produ-ce quell’apprendimento chesi vorrebbe se non si tengo-no in considerazione questidue poli: l’emozione che ine-

vitabilmente essi produco-no e la conoscenza che diessi occorre possedere. Èovvio infatti che Auschwitznon si presenta affatto ai no-stri occhi come era al tempoin cui ha rappresentato, perun enorme numero di pri-gionieri, l’anus mundi, comeebbe a scrivere un mediconazista di stanza nel campo.Auschwitz uno o campo ma-dre oggi è un museo ed è ne-cessario quindi compren-dere che le baracche non sipresentano ai nostri occhi,curiosi e desiderosi di capi-re l’indicibile, come eranoal tempo in cui il campo eraabitato da una folla di schia-vi senza nome. E infine l’im-mensa vastità di Birkenauha bisogno anch’essa di es-sere compresa: soltanto tren-ta baracche sono rimaste in-tatte, ma allora erano 300 ei forni sono stati distrutti…Forse le mie considerazio-ni possono sembrare bana-li, ma studenti presi da mil-le suggestioni avrebberoavuto il tempo e la pazienzadi comprendere quello chequesti luoghi così intrisi dimemoria avevano da dire lo-ro? O si sarebbero fermatidi fronte ad impressioni im-mediate? Si tenga conto poiche la struttura museale di

Una scommessa vinta con la fiducia

Come “far apparire”ai ragazzi la moltitudine di schiaviche sciamava tra le urla

La celebrazione nel campo di sterminio di fronte a centinaia di giovani.

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Portare i giovaniad Auschwitz

I nostriragazzi

I promotori e i partecipanti

Auschwitz non aiuta: si trat-ta di una esposizione vec-chia come impianto narra-tivo, molto spesso le dida-scalie sono solo in polacco,lingua, ai più, sconosciu-ta….Considerato il numero cosìconsistente di studenti devodire che è stato fatto un la-voro egregio: gli studentimi sono sembrati consape-voli e complessivamentepreparati, le guide e l’orga-nizzazione a cura dell’a-genzia Fabello, espertissi-ma, ha fatto sì che tutto sisia svolto in modo soddi-sfacente. Certo, forse alcu-ne baracche avrebbero po-tuto essere visitate con mag-giore cura, ma, nel com-

plesso, credo che lo scopodel viaggio sia stato rag-giunto: gli studenti, comegli insegnanti, una volta sultreno di ritorno hanno chie-sto di ripetere l’iniziativa,di farla diventare un ap-puntamento annuale e que-sto mi sembra un risultatonotevole. Credo inoltre chei momenti comuni, vissutiinsieme agli studenti pro-venienti dalla Toscana e dalPiemonte, al Palazzetto del-lo sport di Cracovia, segnatidalle splendide e coinvol-genti musiche di Settimellie di Fink così come dai rit-mi travolgenti dei ModenaCity Ramblers, abbiano co-stituito una tappa impor-tante, un momento di vitavissuta intensamente insie-me a moltissimi altri coe-tanei.Sebbene resti convinta cheun viaggio simile possa es-sere assai più proficuo da unpunto di vista strettamenteconoscitivo se i partecipan-ti sono pochi, tuttavia devoconvenire che la scommes-sa fatta in un lontano giornodi luglio è stata vinta e mipare di poter dire che ab-biamo offerto a questi gio-vani un’esperienza vera eprofonda.

L’Archivio storico dellaCgil di Brescia, la Fon-dazione Fossoli, il Comunedi Borgo San Dalmazzo, laFondazione Memoria del-la Deportazione, con il pa-trocinio di altri enti nonchédel Presidente della Re-pubblica Ciampi, hanno or-ganizzato un viaggio adAuschwitz con partenza il27 gennaio e ritorno il 1o

febbraio 2005. Al viaggiohanno partecipato 600 stu-denti (provenienti dallescuole superiori di Bresciae provincia, Carpi, Milanoe provincia, Borgo San Dal-mazzo) con i loro inse-gnanti, numerosi esperti,rappresentanti degli enti lo-cali, testimoni e rappresen-tanti delle associazioni.Alessandra Chiappano hacurato la formazione avve-nuta nei mesi precedenti alviaggio delle classi dellaprovincia di Milano, il liceoRussell e l’istituto Erasmoda Rotterdam di Bollate edegli insegnanti di Carpi.

Fabio Minazzi, professo-re di filosofia teoreticaall’Università di Lecce, hacurato insieme ad Ales-sandra Chiappano nume-rosi volumi sulla Shoah, tracui l’ultimo Pagine di sto-ria della Shoah, edito daKaos nel gennaio 2005 edurante il viaggio in trenoe i trasferimenti in pulmannha tenuto una serie di bre-vi lezioni sul problema delmale e di Dio dopo Au-schwitz.

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Una scommessa vinta con la fiducia

Arriviamo alla stazione con le nostre valigie, zaini, bor-se, sciarpe, berretti e guanti lieti del viaggio che ci atten-de. L’assistente ci consegna scompartimento e cuccetta.Ci scaricano alla stazione, non so se ho portato le scar-pe giuste, non ho avuto tempo di segnare il mio nomesulla valigia. Ecco, ci caricano su un carro bestiame,senza finestre: di piombo cadono i chiavistelli.C’è una curiosa allegria sul treno.È terribile ascoltare le parole dei deportati/scampati cheviaggiano con noi. Ci sentiamo strani. Fuori del treno c’èil sole tutto è bianchissimo di neve.Non possiamo distenderci né sederci. Non sappiamo do-ve ci porteranno. Abbiamo fatto un buco – spostandodue assi – per eliminare le feci. La puzza è tremendacome il freddo. L’acqua e il cibo sono finiti. Da sei gior-ni siamo su questo carro. Due bambini malati sonomorti. Quando il treno si ferma per caricare l’acquadella locomotiva, qualcuno, da fuori ci passa del paneattraverso le feritoie. La sete è tale che beviamo la no-stra stessa urina. Sentiamo gli urli d’ortica dei tede-schi ma non comprendiamo nulla.Ci siamo alzati tutti intorpiditi. C’è chi si lamenta paten-temente. Non ha inteso lo spirito del viaggio. Meglio ta-cere. Meglio tacere. Andiamo ad ascoltare i Modena CityRamblers nella carrozza bar.Miryam sta partorendo. Speriamo che nasca morto. No,è vivo. Rebecca spezza coi denti il cordone. Il treno siferma per l’acqua. Urliamo “aiuto”. Arriva un con-tadino, gli affidiamo il bambino attraverso l’improv-visato bugliolo. Vivrà.

Arriviamo ad Auschwitz. Parliamo poco. Ci aggiriamoper le stanze dell’ex caserma polacca. Anche se siamostati ad Auschwitz tante volte, proviamo – lo stesso –un’emozione nuova: lo stesso sgomento.Arriviamo ad Auschwitz. Ci dividono. Ci denudano. Citatuano un numero. Siamo numeri. Siamo meno di unnumero. È come se non percepissimo più la violenza del-le vessazioni. Abbiamo solo un desiderio: morire. Leparole come dignità e decenza non esistono a Birkenau.Siamo abbruttiti; siamo rifiuti.Tutto è indegno, ignobile, vile, misero, degradato, spor-co, abbietto. Non viviamo: siamo morti sofferenti.Invidiamo chi cade durante l’appello o chi – di notte– si affida al filo spinato e ai suoi 500 volt. Non ci è permesso neppure defecare.Ora accendiamo le candele.Ci guardiamo tutti negli occhi come avessimo paura. Paurache questa follia possa essere dimenticata. Che possa tor-nare. Pensiamo al colpevole silenzio della Chiesa Romana,alle blande denunce della Croce Rossa.Caterina posa isassi della memoria accanto al lume e – intanto – lungol’ultima ferrovia sulle traversine innevate fissiamo le no-stre candele. Siamo seguiti da giovani con le loro torce.Svolgiamo indietro lo sguardo. La visione ci mette i bri-vidi: la profluvie di ombre e faville – nel secondo crepu-scolo – pare quella dei prigionieri finalmente liberi. Noi siamo dunque crepuscolo. Vediamo nel nostro buio gior-no il sole che tramonta infuocato che ci promette – oltre l’ul-tima nuvola – la silenziosa e serena domenica. Ma i nostri di-scendenti attraverseranno ancora una notte di daghe di ven-to. E una nebbia viperina – prima che una molle brezza –piena di spiriti in fiore, passando davanti al sole, dissolveràtutte le nubi, soffiando su uomini senza sospiri. Aspetteremocon la forza d’Anteo, la distruzione delle tenebre.

Bernardo Barbata

Un insegnante del liceo “Russell” di Milano: viaggio reale e viaggio virtuale

Oggi e sessant’anni fadue treni per Auschwitz

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Sergio Detomasi ha rac-contato ad una assem-blea di attentissimi ra-

gazzi, la drammatica espe-rienza nel lager di Mau-thausen dove era stato tra-sferito dal campo di Fossoli,dopo una breve detenzionenel carcere di San Vittore aMilano.L’avevano catturato a Varese,rientrato dalla Svizzera do-ve si era rifugiato, con altri

combattenti del gruppo“Cinque Giornate” del mon-te San Martino, dopo la bat-taglia - la prima in Italia -che un reparto dell’esercito(comandato dal colonnelloCarlo Croce, che in seguitocadde fucilato) sostenne dal13 al 15 novembre 1943 con-tro forze preponderanti na-zifasciste. Gruppi di ragaz-zi gli hanno scritto le lette-re che pubblichiamo.

Sergio Detomasi nella scuola media di Villa Valerio per la “Giornata della memoria”.

I nostriragazzi

Casciago (Varese)Io c’ero:un ex deportatodi 84 anni raccontaMauthausen

Caro signor Sergio,siamo alcuni alunni della classe 3ªB della scuolamedia “Villa Valerio” di Casciago, nella quale è ve-nuto recentemente per parlarci della sua tragicaesperienza nei lager di sterminio.Vorremmo ringraziarla per le emozioni che ha sa-puto suscitare in noi, raccontando la sua storia.Sarebbe impossibile provare ciò che ha provato lei,ma possiamo immaginare ciò che ha dovuto sop-portare nei campi di sterminio. Noi l’ammiriamo perciò che ha saputo perdonare, ma come ha detto lei,si può perdonare ma non si può dimenticare.Capiamo che è stata duramente messa alla prova lasua voglia di vivere, ma lei è stato forte e pensandoalla sua famiglia, alla sua casa, ha voluto resisteree noi, per questo, la stimiamo molto.L’emozione che ha suscitato in noi è stata quella diuna grande tristezza per quando è stato portato neicampi. Inoltre ci hanno colpito le foto dei suoi com-pagni e dei morti, erano delle immagini veramenteangoscianti.Dopo questo incontro, ci siamo resi conto di quan-to l’uomo possa essere crudele versi i suoi simili.L’uomo non sempre capisce che nonostante possaavere un colore della pelle, degli occhi e dei capel-li diversi, tuttavia è sempre un uomo!

Grazie mille, un abbraccioGiovanni

RacheleSebastiano

Stefano

Uomini diversi? Sì,ma sempre uomini

Anche quest’anno, in occasione della Giornata dellaMemoria, un ex deportato di 84 anni, SergioDetomasi, ha incontrato la terza media B di VillaValerio a Casciago (Varese). All’iniziativa ripropostadal dirigente scolastico professor Antonio Antonellis e dalla sua collaboratrice professoressa GabriellaRusso, ha preso parte anche il presidente provincialedell’Anpi di Varese, Angelo Chiesa, che ha portato lasua testimonianza di giovanissimo partigiano.

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Caro signor Sergio,siamo alcuni ragazzi della scuola media di Casciago. Noi siamorimasti talmente colpiti dall’incontro di pochi giorni fa con lei,che abbiamo deciso di scriverle per ringraziarla delle emozioniche ci ha fatto vivere con il suo racconto. Tutti noi ammiriamo ilcoraggio che lo ha portato a non cedere anche nei momenti piùdifficili e, pur di non tradire i suoi compagni di viaggio, a ri-schiare anche la morte.Grazie alla sua testimonianza, ora guardiamo i fatti avvenuti nelperiodo del fascismo con occhi diversi, pieni di amarezza per gliavvenimenti terribili. Non riusciamo a capire con che forza d’a-nimo è riuscito a perdonare i tedeschi dopo tutte le cattiverie chele hanno fatto. Tuttavia condividiamo le parole che ha detto: “Sipuò perdonare, ma non dimenticare.” E proprio con queste pa-role: “Non dimenticare”, vogliamo ringraziarla e dirle che pernoi è un vero eroe. La ringraziamo inoltre per i momenti di gran-de commozione e di forti sentimenti che ci ha dato.Rimarrà sempre nei nostri cuori.Con affetto Francesco, Maxim, Pietro

Perdonare è possibile,ma senza dimenticare

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Era stato catturato dai fascisti a Varese, dopo la battaglia partigiana sul San Martino

Caro Sergio,siamo quattro ragazzi della 3ªB diCasciago.Inizialmente non pensavamo fosse sta-ta una cosa così tragica, ma seguen-do i suoi discorsi, siamo rimasti sen-za parole per la cattiveria che degliesseri umani in tutto simili a noi sonoriusciti a dimostrare, sacrificando lavita di migliaia di persone che rite-nevano inferiori. Ascoltando i rac-conti della sua vita nei campi di ster-minio abbiamo compreso che il suounico scopo di vita era di tornare acasa per riabbracciare i suoi cari; eper questo l’ammiriamo.Abbiamo avuto una grande fortuna apoter parlare con lei per conoscere ilati positivi che ogni uomo sa tirarefuori in mezzo a tanta cattiveria.Volevamo farle una domanda che ciassilla e alla quale non troviamo ri-sposta: “Durante quei momenti vis-suti nel dolore e tristezza non si è sen-tito angosciato dalla paura di morire?”“Che forza ha avuto per superare que-sta paura, se l’ha provata?”Qualche volta pensiamo di mettercinei suoi panni, ma è difficile immagi-nare questa terribile tragedia che hasegnato la storia. Inoltre la stimiamoper la forza che ha avuto di riuscire adandare avanti.Speriamo in una risposta e la ringra-ziamo per le cose positive della vita cheha trasmesso.Un forte abbraccio come quello di unnipote verso il nonno!

Davide, Erica, Federica, Sofia

È stata una fortunaparlare con lei

Gentilissimo signor Sergio,noi ragazzi della 3ªB vorremmo, con queste poche masignificative parole, dimostrarle la nostra più profondagratitudine per averci donato un giorno speciale.Grazie al suo obbiettivo racconto, siamo riusciti a com-prendere meglio le sensazioni, le paure che molte per-sone hanno vissuto. Come lei, percepiamo il dolore e latristezza che si provano ricordando quegli anni di ter-rore, colmi di odio e sofferenza.

Ora pensiamo alle molte persone innocenti deportatecome animali in grandi “recinti” di morte. Alcuni dinoi ora si commuovono e sono amareggiati dagli even-ti accaduti solo cinquantacinque anni fa: avvenimentiche hanno sconvolto la vita e la mente di molte perso-ne. Noi non lo dimenticheremo, mai.Grazie di nuovo.

Fabiola, Federico, Francesco

Ci ha donato davvero una giornata speciale

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La lezione-progetto nasceda una richiesta fatta alladottoressa Elisa Godino, delGruppo giovani della Fon-dazione Memoria della De-portazione, da parte dell’as-sessore alla cultura del Co-mune di Morbegno GiovanniPeyronel, di Paolo Sironi,collaboratore dell’Istitutosondriese per la storia dellaResistenza e della societàcontemporanea, dell’Anpidi Sondrio, con lo scopo diillustrare i contenuti sul te-ma degli Internati militariitaliani (Imi). Nuove forme di comunicazioneL’idea che ha dato vita alprogetto è stata quella di spe-rimentare una nuova formadi comunicazione, dai gio-vani ai giovanissimi, che po-trebbe offrire, attraverso uncontatto più diretto, mag-giori spunti e motivi di in-teresse rispetto alla tradi-zionale lezione cattedratica.Si è cercato, pertanto, di vi-vacizzare l’incontro con lapresentazione di materialeaudiovisivo, opportunamentemontato con intenti evoca-tivi, e con letture tratte datestimonianze Imi nonchédalla realtà descritta daPrimo Levi.

Un video sulla gioventù hitlerianaVolendo ora entrare nel det-taglio della lezione-progetto,si parte dalla breve introdu-zione del dirigente scolasti-co ai 150 alunni dell’ultimoanno di scuola media infe-riori, destinatari delle quat-tro relazioni che hanno scan-dito l’incontro. La prima, adopera di Leonardo Tummillo,è stata aperta da un video sul-la gioventù hitleriana duranteun discorso del Führer in oc-casione di un consueto ra-duno oceanico, esempio siadi inquadramento delle mas-se sia di propaganda nazista.In seguito è stata illustrata,con rapidi cenni accompa-gnati da proiezioni, l’ascesadel nazismo.Con le foto d’epoca l’ascesa del fascismoQuindi, Oscar Brambani,con altrettanta sinteticità emediante l’apporto di foto-grafie d’epoca, ha cercato diricostruire un percorso pa-rallelo, trattando l’ascesa delregime in Italia. Per poi pas-sare alla seconda guerramondiale fino all’armistiziodell’8 settembre. Una lettura sulla vita dei lagerDa questa data si è articola-

to il monografico interven-to della dottoressa ElisaGodino sugli internati mili-tari italiani. Si sono ripercorse le tappecominciando dalla cattura edal trasporto nei campi diconcentramento tedeschi. Cisi è quindi soffermati, in unsecondo e più ampio mo-mento, sulla vita nei lagercolta nei suoi vari aspetti eben evocata sia dalla lettu-ra, ad opera di VanessaMatta, di un passo tratto dauna testimonianza del dot-tor Claudio Sommaruga, siadalle preziosissime testi-monianze fotografiche rea-lizzate all’epoca dall’ ImiVittorio Vialli.La selezione panoramica dei lager e del loro scempioL’intervento di GiovanniVenegoni ha concluso la le-zione-progetto presentandouna corposa e minuziosa se-lezione panoramica foto-grafica sulle principali realtàconcentrazionarie, dandospazio nella sezione finalealla forza descrittiva delleimmagini ritraenti gli scem-pi venuti alla luce solo in se-guito alla scoperta del realeruolo dei lager. La lettura, sempre ad operadi Vanessa Matta, di un bra-no da Il difficile camminodella verità è servita a fo-calizzare ancor più l’atten-zione sulla tematica trattatasenza retorica ma con l’at-tenzione che lo scorrere deltempo non deve scemare.

L’iniziativa rivolta a centocinquanta allievi delle terze classi delle scuole medie

I nostriragazzi

Morbegno (Sondrio)Lezioni sulla deportazionedai giovani ai giovanissimi

Il 29 gennaio scorso presso l’aula magna della scuolamedia “Vanoni” di Morbegno (Sondrio),si è tenuto un incontro per prospettare ai 150 ragazzi del terzo anno le principali problematiche all’internodello sconfinato argomento della deportazione.

Costituito il Gruppo giovani della FondazioneMemoria della Deportazione

Si è costituito lo scorsodicembre il Gruppo gio-vani della FondazioneMemoria della Depor-tazione, con i seguenti sco-pi e obiettivi: collabora-zione nella gestione del-l’attività archivistica e bi-bliotecaria ordinaria estraordinaria della Fonda-zione al fine di renderesempre più accurato l’in-ventario del nostro mate-riale ed assicurare unaconsultazione sempre piùfacile ed efficiente; coor-dinamento, attivazione,progettazione e valoriz-zazione di attività cultu-rali attraverso lavori digruppo diretti in varie di-rezioni: mostre, pubbli-cazioni, CD, conferenze,proiezioni.L’organizzazione delle at-tività e dei lavori, che sa-ranno diretti dalla SezioneBiblioteca Archivio di cuiè responsabile la dottoressaSusanna Massari, saràcoordinata dal gruppo fon-datore, composto da: OscarBrambani, Elisa Godino,Vanessa Matta, FilippoMassari, Eleonora Melato,Elisabetta Ruffini, Leo-nardo Tummillo, GiovanniVenegoni.

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Dall’inizio dell’anno sco-lastico 2004 la figura diOndina è stata studiata nel-l’intreccio delle vicende checulminarono con la segre-gazione nel lager simbolo.Nell’occasione, GianniPeteani, figlio di Ondina,ha presentato l’idea di ungemellaggio fra la città diTrieste e quel-la di Cassinoche ha riscos-so entusiasticonsensi.Entrambe cittàmartiri dellaseconda guer-ra mondiale,l’una macchia-ta dalla pre-senza nell’uni-co lager di ster-minio d’Italia e dell’Euro-pa meridionale, l’altra rasaal suolo, letteralmente pol-verizzata.Per ricordare Ondina i ra-gazzi di terza della scuolamedia “Gaetano Di Biasio”stanno studiando appro-fonditamente la secondaguerra mondiale, la trage-dia dell’Olocausto e i valo-ri della Resistenza. Hannorealizzato numerose ricer-che, cartelloni e un ballettoavente per tema “La pace e

la guerra”. Ondina, sorret-ta dall’amore per la libertàè stata vittima di orrori, maha avuto la forza di andareavanti, anche nei momentipiù estremi quando avevapaura di non farcela, ma lasua giovinezza, la sua vita-lità, la combattività, il suospirito libero sono riusciti

a salvarla dalla ca-mera a gas, e datante atrocità: me-dici che facevanoesperimenti dia-bolici, come steri-lizzazioni e ricer-che genetiche, iforni che crema-vano 22.000 vitti-me al giorno. Non era mai suc-cesso, neppure nei

secoli più scuri della storia,che milioni di persone in-nocenti venissero conside-rate insetti dannosi e ster-minati. Nonostante questoviviamo ancora in un mon-do dove esistono le distin-zioni e c’è chi cerca di di-menticare un eccidio chedovrà essere ricordato nel-la storia e non dovrà esseremai e poi mai dimenticato,anzi dovrà essere traman-dato di generazione in ge-nerazione.

La sua scuola “Gaetano Di Biasio” ha dedicato a lei il 27 gennaio

I nostriragazzi

Cassino (Frosinone)RicordataOndina Peteani,la prima staffettapartigiana d’Italia

La malattia provocatadal lager di AuschwitzOndina Peteani, prima staffetta partigiana d’Italia, nac-que a Trieste nel 1925, entrò all’età di 18 anni nel mo-vimento di liberazione. Venne arrestata due volte, la pri-ma riuscì a scappare, ma venne ripresa l’11 febbraio1944 e segregata nel comando delle SS di piazza Oberdana Trieste. Da qui fu poi trasferita al carcere di Coroneoe deportata dapprima ad Auschwitz con il numero 81672e successivamente nel campo di Ravensbrück. È mortail 3 gennaio 2003 per una malattia contratta durante la per-manenza nei lager, che l’ha tormentata per l’intera esi-stenza. Per tutta la sua vita è stata segnata fisicamente epsicologicamente da questa tremenda esperienza.

La città di Cassino ha dedicato il 27 gennaio a Ondina Peteani prima staffetta partigiana d’Italia deportata ad Auschwitz (n. 81672) la Giornata dellamemoria, presente il figlio Gianni che,nell’occasione, ha proposto il gemellagio con Trieste.

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L’iniziativa è stata realizzata graziesoprattutto alla presenza dell’amicoFranco Busetto, sempre attento e di-sponibile quando si tratta di parlareai ragazzi della sua tragedia di in-ternato di Mauthausen.L’attenzione è stata totale ed ha su-scitato molte domande di grande ri-levanza e importanza, a dimostra-zione che gli insegnanti avevano pre-disposto un percorso sulla storia con-temporanea. Percorso che, come èproposto nel programma, non si èfermato a questo intervento ma è con-

tinuato con la visita alla Risiera diSan Sabba a Trieste e proseguirà conun incontro con Maria Cervi (figliadi Antenore, uno dei sette fratelliCervi fucilati dai fascisti nel poli-gono di tiro di Reggio Emilia il 28 di-cembre ‘43) e, l’anno prossimo, conuna visita guidata alla Casa-museo deiCervi, a Campegine, nel Reggiano.Un programma molto interessanteche i ragazzi hanno deciso di realiz-zare anche grazie alla collaborazio-ne del dirigente scolastico.

Gigi Pavan

Provincia di VicenzaIncontri in tre scuole con la testimonianza di Italo Busettosui campi di sterminio

Gli incontri scolastici fanno parte di un percorso storico che prevede altre iniziative, fra cui la vis

Sabato 29 gennaio abbiamoassistito ad un incontro or-ganizzato dalla scuola diMarola con un reduce delcampo di concentramento diMauthausen: l’ingegnerFranco Busetto. Egli è unuomo anziano, ma con i ri-cordi ben vividi nella men-te: le atrocità che gli sonostate riservate a Mauthausennon si dimenticano facil-mente. Oggi la sua missioneè raccontare a tutti, soprat-

tutto a noi ragazzi, la sua ter-ribile esperienza.Appena ha avuto la parola, ciha ringraziati per essere lìad ascoltarlo, poi è passatoal racconto.Nell’ottobre 1943, quandonon aveva ancora superatola soglia dei vent’anni e giàfrequentava l’università, ven-ne arrestato e deportato neicampi di concentramentocome avversario politico,con l’accusa di far parte di un

movimento partigiano. Il tragitto si compiva in tre-no e man mano che s’avan-zava c’erano delle tappe; ini-zialmente, egli sostò perqualche tempo al campo diBolzano, per poi ripartire al-la volta di Mauthausen.Durante questi lunghi viag-gi si veniva lentamente spo-gliati di tutto: inizialmentedelle valigie, per finire poiagli orecchini, agli anelli, aivestiti, i quali erano sosti-tuiti con degli indumenti si-mili a pigiami molto legge-ri; ognuno era contrassegnatocon un triangolo che a se-conda del colore indicava la“razza” di appartenenza:Busetto ebbe il triangolo ros-so, perché era un prigionie-ro politico.Arrivati al campo, la primacosa che i nazisti facevanoera distruggere la psiche deidetenuti; essi cambiavano il

nome delle persone con unnumero, come se fossero de-gli animali: Busetto era ilnumero 113.922. Quando si entrava all’inter-no di un campo di concen-tramento come quello diMauthausen si perdevano ilnome, la famiglia e la vita;ma è proprio in questo luo-go che il signor Busetto haimparato alcune cose fon-damentali: avere fede neipropri simili, poiché l’esse-re umano ha risorse che glipermettono di resistere; l’im-portanza della cultura, delricordo, della memoria in-tellettuale che aiutano a rea-gire, la speranza negli idea-li e nei valori della vita, co-me la pace. Ci ha raccontato che il cam-po di concentramento era di-viso in tre settori: il settoreA era costituito da trenta ba-racche; il settore B dalla cu-

Il resoconto dei ragazzi della scuola media di Marola di Torri di Quartesolo

“Gli evasi uccisi e trascinati in catene per darel’esempio”

I nostriragazzi

In occasione della Giornata della Memoria “l’Osservatorio europeosulla legalità e la questione morale” ha realizzato,su richiesta di alcuni insegnanti,tre incontri con i ragazzi delle scuolemedie di Villaverla,di Marola di Torri di Quartesolo e Grumolo delle Abbadesse in provincia di Vicenza.

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ita alla Risiera di San Sabba e alla Casa-museo dei fratelli Cervi a Campegine di Reggio Emilia

cina e l’ultimo, il settore C,era il più terrificante, perchécostituito da camere a gas eforni crematori, funzionan-ti giorno e notte. Nel cam-po di Mauthausen furono in-ternate 156.000 persone, dicui solo 37.000 vennero sal-vate. Le condizioni di vitaerano disumane: i prigionierimangiavano pochissimo, unpiccolo pezzo di pane e avolte una minestra che erapraticamente acqua.L’ingegnere ci disse che ciòche distruggeva maggior-mente gli uomini era propriola fame, perché è terribile eimplacabile, è una compa-gna che non lascia mai soli,non fa pensare più a niente,non permette di andare avan-ti; l’unico pensiero quandosi ha fame è quello di man-giare o morire e il cervellonon ragiona più. Ed era pro-prio a questo che i nazisti

puntavano: annientare la psi-che. Tutto questo portava iprigionieri ad assomigliaresempre più a larve umane:molti arrivarono a pesaremeno di 30 kg, e lui stessoscese al di sotto dei 40.Ci raccontò che un giornoarrivò un nuovo convogliodi deportati che avevanoviaggiato a lungo e in con-dizioni disumane. A lui e adaltri prigionieri un capo del-le SS ordinò di far portaredel pane nero; dovevano sbri-ciolarlo e gettarlo addossoai nuovi venuti, che si av-ventarono simili ad animalisulle briciole. Purtroppo non fu l’unico epi-sodio deplorevole a cui do-vette assistere, a partire daquelli che vide mentre svol-geva le sue mansioni all’in-terno del campo di concen-tramento. Egli svolse tre la-vori e tutti furono molto du-

ri. Il primo fu all’interno diuna cava: doveva tagliarepietre per una società delleSS e trasportarle in spallalungo una scalinata costi-tuita da 856 gradini, detta la“scala della morte”; chi ca-deva veniva ucciso con uncolpo alla nuca. Era un la-voro duro, ma quello che do-vette fare in un secondo mo-mento fu sicuramente più di-sumano. Doveva recarsi nel-le baracche di sterminio perraccogliere e spogliare i ca-daveri per poi portarli neiforni crematori o nelle fos-se comuni. Insieme a lui c’e-rano altre persone che ave-vano dichiarato d’essere bar-bieri o dentisti; a questi ve-niva dato il compito di ra-dere coloro che entravanonel campo o di estrarre i den-ti d’oro dalle bocche dei mor-ti, che venivano consideratibottini di guerra. Il suo ter-

zo lavoro consistette nel co-struire capanne per amplia-re il campo.La stagione più dura che iprigionieri dovevano af-frontare era l’inverno per-ché erano vestiti di straccie, a temperature polari, do-vevano lavorare nella neve.La notte di Natale del 1944,gli ebrei erano stati costret-ti a fare ginnastica nella ne-ve, a petto nudo. Busetto e al-tri suoi amici uscirono dal-la loro baracca e dissero ai te-deschi che intendevano con-dividere la sorte dei poveriebrei; così si spogliarono ecorsero con loro. Quella vol-ta le SS non reagirono, mafu un caso, perché la loro fe-rocia era davvero implaca-bile. Infatti nel marzo del1945, molti ufficiali russiprigionieri riuscirono a scap-pare, buttando delle copertesul filo spinato percorso dal-

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Nella scuola media di Grumolo delle Abbadesse

“È stata una fortuna conoscere questa esperienza”

Il racconto dell’ex deportato Franco Busetto in tre scuole in provincia di Vicenza

l’elettricità che delimitavail campo; vennero rincorsidai cani e dalle SS che riu-scirono a catturarli quasi tut-ti e li uccisero sul posto (sene salvarono 17, grazie allabontà e al coraggio dei con-tadini che vivevano nei pres-si del campo e che li nasco-sero). I morti vennero poi le-gati con catene di metallo adun carro e trascinati per duechilometri intorno al cam-po, mentre gli altoparlanticomunicavano ai prigionie-ri: “Attenzione! Se tentatedi fuggire, farete la stessa fi-ne!”.Busetto venne liberato nel1945 dagli alleati. Due cosegli rimasero impresse: quan-do arrivarono gli americanili videro piangere per le atro-cità di cui erano testimoni eper questo cominciarono ascattare molte fotografie, af-finché ci fosse una docu-mentazione di ciò che eraaccaduto nei campi; poi ciraccontò che la prima cosache fecero i deportati, fuquella di avventarsi sul ci-bo.Uno di loro cominciò a man-giare, ma subito dopo morìperché lo stomaco cedette.Erano stati per troppo tem-po con razioni di cibo dav-vero misere, quindi ora po-tevano morire anche solo in-gerendo una pagnotta. Cosìlui, insieme ad altri prigio-nieri, si offrì per fare la guar-dia ai magazzini, in mododa evitare gli assalti dei po-veri affamati.Prima di rientrare in Italia, fuportato sul lago di Costanzaper riprendersi fisicamente.Alla fine del suo racconto,il signor Busetto ci ha chie-sto di fargli delle domande.

“Lei sapeva a cosa anda-va incontro quando l’han-no fatta salire sul treno?”“Assolutamente no. Ci era

stato detto che dovevamo an-dare in Germania per sosti-tuire il lavoro dei soldati te-deschi impegnati al fronte. Cidissero anche che potevamo

portare degli effetti perso-nali.”

“Come ha fatto a ritorna-re alla vita normale?”“Sicuramente grazie all’af-fetto familiare; poi mi è ser-vito moltissimo riprenderegli studi e in due anni ho da-to quindici esami e mi sonolaureato in ingegneria. È sta-to molto importante svolge-re anche un’attiva vita poli-tica”.

“È mai ritornato a Mau-thausen?”“Sì, tre volte, sia per parte-cipare alle commemorazio-ni, sia per accompagnare de-gli studenti universitari e fa-re loro da Cicerone.”

L’ incontro è stato davverointeressante perché ci ha per-messo di sapere, da chi havissuto questa terribile espe-rienza, ciò che è realmenteaccaduto, coinvolgendocimoralmente. Sembra dav-vero impossibile che per lafollia di un solo uomo sianomorti milioni di ebrei, soloperché di una religione dif-ferente, milioni di personeche politicamente avversa-vano il nazismo e il fasci-smo, professori e preti chesi erano opposti a delle re-gole assurde dettate dal re-gime. Eppure tutto questoc’è stato e noi abbiamo ilcompito di ricordarlo ai po-steri. Ciò che ci ha veramente col-pito è stato un pensiero diBusetto che ci ha fatto capi-re quanto l’ignoranza, l’in-tolleranza, la sete di poterepossano rendere l’uomo ilpeggiore nemico di se stes-so, ma allo stesso tempo ci hadetto che non dobbiamo ser-bare rancore verso i tedeschidi oggi, perché essi non han-no colpe di ciò che è statocompiuto dai loro prede-cessori.Un incontro, un ricordo, unesempio di vita.

I ragazzi della 3°A dellascuola media di Marola

I nostriragazzi

Il 27 gennaio si ricorda la li-berazione dei prigionieri dellager di Auschwitz. In oc-casione di questa comme-morazione il 29 gennaio2005, nella scuola media diGrumolo delle Abbadesse èvenuto a parlarci della suaesperienza Franco Busetto,sopravissuto all’orrore na-zista dei campi di concen-tramento. La sua testimonianza, pernoi ragazzi, è stata utile perconoscere la tragedia vissu-ta da lui e da molte altre per-sone. Il signor Busetto venne ar-restato dalle SS nell’estatedel ‘44 perché era un co-mandante della Resistenzapartigiana. Fu torturato, ma dimostròun grande valore non rive-lando le informazioni segretesui partigiani.Fu poi trasferito nel lager diMauthausen, dove rimaseper un anno e svolse tre la-

vori molto pesanti, sia fisi-camente che moralmente.Dapprima il suo compito fuquello di trasportare le pie-tre (le quali potevano pesa-re anche mezzo quintale),poi i cadaveri e infine di co-struire baracche destinate ad“accogliere” i nuovi inter-nati.Dalla sua testimonianza ab-biamo potuto apprenderequanto fosse importante lasolidarietà tra deportati, di-mostrata in tante situazioni:aiutando i compagni cadutia rialzarsi, offrendo il pococibo a chi ne aveva bisogno,procurando di nascosto lemedicine ai più fragili ecc.Per noi è stata una fortunapoter ascoltare una personache ha vissuto questa espe-rienza e che ha il coraggiodi raccontarla e di lottare contutte le proprie forze perchénon accada più.

Gli alunni della 3° A

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Gli alunni delle classi ter-ze della scuola media diVillaverla, nell’ambito del-le attività per la “Giornatadella Memoria”, hanno avu-to la possibilità il 22 gen-naio di parlare con uno deiprotagonisti della storia, in-contrando l’ingegner FrancoBusetto, che ha vissuto vi-cende straordinarie.All’incontro hanno parte-cipato il sindaco di Villa-verla, Enrico Storti, e di-versi componenti dellaGiunta e del Consiglio co-munale.Franco Busetto è nato aNapoli nel 1921, ha studia-to a Padova dove si è lau-reato in ingegneria. Durantela seconda guerra mondia-le era ufficiale degli Alpininella divisione Julia. Dopol’8 settembre 1943 ha par-tecipato alla Resistenza ope-rando nel Comando tri-veneto delle Brigate gari-baldine. Arrestato a Padova

nell’agosto del 1944 dalleSS e dalla polizia fascista,fu prima tradotto nel cam-po di concentramento diBolzano e poi trasferito nellager di Mauthausen, doverimase fino alla liberazio-ne nel maggio del 1945.Franco Busetto, dopo unabreve presentazione da par-te del dirigente dell’Istitutocomprensivo ed un salutodel sindaco, ha ripercorsoalcuni momenti significa-tivi della sua vita di studenteuniversitario, di soldato pri-ma e di ufficiale di colle-gamento della Resistenzadopo l’8 settembre, fino adarrivare alla cattura, alle tor-ture e all’internamento neicampi di concentramentodi Bolzano prima e Mau-thausen poi.Il racconto delle condizio-ni di vita nel campo di con-centramento, che costitui-sce la parte centrale del li-bro Tracce di memoria di

Franco Busetto che l’am-ministrazione comunale diVillaverla ha donato a tuttigli studenti delle classi ter-ze, è stato anche il puntocentrale dell’incontro congli alunni. Franco Busettoha ripercorso alcuni mo-menti significativi della suavita, a cominciare dallaResistenza, ricordando poii luoghi ed i linguaggi del-la deportazione, le leggi ita-liane contro gli ebrei, i ri-cordi di Mauthausen, perarrivare alla tanto sospirataliberazione. Gli alunni chelo hanno ascoltato in silen-zio sono poi intervenuti connumerose domande per-mettendo così al relatore diapprofondire alcuni aspet-ti della sua straordinariaesperienza di vita.Al termine dell’incontro,durato quasi due ore, FrancoBusetto ha ricevuto un lun-go e caloroso applauso ditutti gli intervenuti, oltreche espressioni di ringra-ziamento da parte del diri-gente scolastico dell’Isti-tuto comprensivo e del sin-daco di Villaverla, che han-no sottolineato come la suatestimonianza meriti di es-sere divulgata e conosciu-ta, per non cancellare la me-moria storica di un periodoa noi vicino e fare in modoche non possa succederenuovamente.

Nella scuola media di Villaverla

“Tracce di memoria”il libro donato dal Comune ai giovani

La storia di Settimia,

“nata due volte”,

in un documentarioper le scuole

Il 16 ottobre 1943 i tede-schi effettuarono unagrande retata nel ghettoebraico di Roma. Un mi-gliaio di persone fu cat-turato e deportato neicampi di concentramen-to. Ne tornarono a casaquindici, fra cui una soladonna: Settimia Spiz-zichino.Da quel giorno Settimiaha consacrato la sua vitaalla conservazione dellamemoria della Shoah, ac-compagnando i visitato-ri del campo di Auschwitz(specialmente i ragazzi)eandando nelle scuole aportare la sua testimo-nianza.Recentemente è stato rea-lizzato un documentario:“Nata due volte. Storiadi Settimia Spizzichino,ebrea romana”.Dall’inizio del 2005 l’o-pera viene portata nellescuole italiane su richie-sta delle scuole stesse.

Aned -via Palestro 3 00185 Roma Tel/fax 06 42870733

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Il nostro periodico dedicaampio spazio alle iniziativevolte alla conservazione del-la memoria e alla formazio-ne, nelle nuove generazio-ni, di una coscienza controogni razzismo.Ne sono prova le nostre re-lazioni di incontri dei ragazzicon i deportati, leproiezioni di filmsull’Olocausto, iviaggi in visita neicampi, le attivitàdi ricerca e studioche insegnanti edirigenti organiz-zano nelle scuoledi ogni grado.È raro poterci oc-cupare di uno stru-mento fondamen-tale per l’informa-zione e la forma-zione dei futuri cit-tadini come il li-bro di testo.Sarà la difficoltà di affrontareil tema, darne una valuta-zione, semmai questa fossepossibile, semplicemente il-lustrarne gli spaventosi mec-canismi, che hanno tenutosu una posizione prudentegli editori, preoccupati an-che di raggiungere una pla-tea, la più vasta possibile, diacquirenti (gli insegnanti cheadottano il libro) che spessonon erano in grado di af-frontare un tema così diffi-

cile. Per gli educatori nonsono mancati comunque op-portunità, soprattutto affi-date ai libri di narrativa, pri-mi fra tutti le testimonianzedirette: dal Diario di AnnaFrank a quello, meno noto,di David Rubinowitz, di cuiabbiamo dato notizia sul no-stro giornale. I libri di PrimoLevi, diffusissimi, i raccon-ti sui Ragazzi di villa Emma,

il dramma narrato in Arrive-derci ragazzi i romanzi diJudith Kerr, Joseph Joffo eFred Uhlman hanno costi-tuito una lodevole base perpiù di una generazione discolari.Nei sussidiari per le ele-mentari sono comparsi ac-cenni all’Olocausto solo nel-l’ultimo decennio, mentre imanuali delle medie dedi-cavano poche pagine, per lopiù in forma di notizia, allo

Nuove proposte per gli insegnanti nei libri per la scuola: una risposta seria e pacata

Un testo scolastico con un laboratorioche “prende per mano”gli allievi nel viaggio attraverso la tragedia della Shoah

di Franco Malaguti

Edizioni il Capitello, Torino 2005.Cinque volumi base più tre volumi di laboratorio.Il laboratorio con la sezione dedicata allaShoah è stato curato da Doriana Goglio,Roberto Audisio e Bruno Dainese.

Giovanna Delbello,Marco Lesanna,I SEGRETI DEL TEMPO

Corso di storia per la scuola secondariadi primo grado.

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all’isteria del revisionismo storico

I nostriragazzi

sterminio. Nelle scuole su-periori la lettura dell’Olocau-sto nel più ampio contestodella seconda guerra mon-diale ha inquadrato il tema inuna dinamica “politica” piùche razziale, provocando ne-gli ultimi anni gli strali iste-rici dei revisionisti apparsiallo scoperto al seguito del“nuovo corso storico”.Ma torniamo ad occuparcidegli adolescenti che fre-quentano le scuole medie,già in età di valutare il pesodelle vicende storiche masoprattutto le proposte po-sitive o negative che, dalmondo esterno, possono in-fluenzare in modo determi-nante la formazione.A loro è dedicato un labo-ratorio di ben 36 pagine in-tegrato in un manuale di sto-ria, già in linea con i pro-grammi della riforma Mo-ratti, completato per il nuo-vo anno scolastico. Ci è stato presentato, per co-sì dire, in anteprima per l’im-pegno profuso da Triangolorosso e dalla nostra Fonda-zione nell’informazionepresso le scuole.L’impianto didattico partedalla visione in classe di trefilm sull’Olocausto, sceltitra quelli facilmente rin-tracciabili nelle videotechescolastiche e non. Ecco i tretitoli, tra i meno visti sulgrande schermo, per avereun panorama anche incon-sueto, che non avesse l’idea

del “già visto”: Arrivederciragazzi, Jona che visse nel-la balena e Monsieur Bati-gnole.La visione delle pellicole,opportunamente scagliona-ta nel tempo dagli insegnanti,è già un’occasione di dibat-tito che i giovani allievi pos-sono completare da soli o ingruppo, con riflessioni su al-tri “strumenti”.Particolarmente coinvolgentile analogie con i disegni deipiccoli deportati a Terezín, ilconfronto tra i dialoghi delfilm e i brani della lettera-tura e delle fonti scritte, l’a-nalisi delle immagini foto-grafiche che senza toccarelimiti raccappriccianti sonodosate con una documenta-zione più che sufficiente adare un’idea reale dell’ac-caduto.Ne scaturisce una “presa permano” dei giovani lettori peraccompagnarli alla com-prensione in modo sicuro,cosa che, ne siamo certi, la-scerà un segno positivo sul-la loro formazione. Ben trentasei pagine (maiviste così tante sul tema)che iniziano con l’avverti-mento: “in questo labora-torio la difficoltà non è ese-guire gli esercizi. È crede-re che tutto ciò sia succes-so davvero” e si chiudonocon “hai compiuto un per-corso nel tempo molto tristee spesso angoscioso. Ma ne-cessario”.

Le pagine del volumeI segreti del temporiprodotte quiaccanto sono trattedal laboratoriodedicato alla Shoah.Sono scritte in unlinguaggio adattoall’età dei lettori,comprensibile,coinvolgente.

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Il cancelliere Schroeder ad Auschwitz:“Provo vergogna per l’Olocausto”A noi tedeschi si addice il silenzio davanti a questomassimo crimine contro l’umanità. A fronte della to-tale immoralità dell’assassinio di milioni di esseriumani, il linguaggio politico rischia di apparire deltutto inadeguato.Vorremmo riuscire a comprendere questa realtà in-concepibile, che travalica ogni capacità di immagi-nazione umana. E inutilmente cerchiamo le risposte ul-time. Ciò che resta, sono le testimonianze dei pochisuperstiti e dei loro discendenti. Restano i documen-ti storici, le vestigia dei luoghi del crimine. E restainoltre una certezza: quello che ha mostrato il suo vol-to nei campi di sterminio è il male nella sua stessa es-senza.

Il male non è più una categoria politica e scientifica. Madopo Auschwitz, nessuno più può dubitare che esista néche si sia manifestato nel genocidio commesso dal na-zionalsocialismo sotto la spinta dell’odio.

Dire questo non significa evadere nel vecchio discorsodi un “Hitler demoniaco”. Il male dell’ideologia nazi-sta non è nato dal nulla. La durezza delle mentalità, la ca-duta delle inibizioni hanno avuto i loro precedenti. Mac’è da dire soprattutto una cosa: l’ideologia nazista èstata voluta e attuata dagli uomini.

Nel 60° anniversario della Liberazione di Auschwitz daparte dell’Armata Rossa vi parlo come rappresentantedella Germania democratica. E dichiaro di provare ver-gogna davanti alle vittime del genocidio, e davanti a voi,superstiti dell’inferno dei campi di concentramento.Chelmno, Belzec, Sobibor, Treblinka, Maidanek eAuschwitz-Birkenau sono nomi che resteranno legatiper sempre alla storia delle vittime, così come alla sto-ria europea, e a quella della Germania. Questo, noi losappiamo. Portiamo questo peso gravoso con sentimen-ti di lutto, ma anche di seria responsabilità.

Milioni di bambini, donne e uomini sono stati soffocaticol gas, sfiniti dalla fame, fucilati dalle SS tedesche e dailoro complici. Ebrei, zingari Sinti e Rom, omosessuali,avversari politici e combattenti della Resistenza di tuttal’Europa sono stati schiavizzati fino alla morte o massa-crati con metodi industriali, con freddo perfezionismo. Maiin passato si era prodotta una così profonda lacerazione,

attraverso millenni di cultura e civiltà europea. C’è sta-to bisogno di tempo, dopo la fine della guerra, per misu-rare tutta la portata di questa lacerazione storica. Noi laconosciamo, anche se dubito che riusciremo mai a com-prenderla.

Il passato non può essere “superato”, come si suol dire.Le sue tracce, e soprattutto i suoi insegnamenti si pro-traggono nel presente. Non vi potrà essere mai un com-penso per l’immensità dell’orrore, dei tormenti, dei pa-timenti delle vittime dei campi di concentramento. Ma èalmeno possibile dare una qualche soddisfazione aglieredi delle vittime e ai sopravvissuti. Di questa respon-sabilità, la Repubblica federale si è fatta carico da tem-po, attraverso atti politici e giudiziari sostenuti dalla con-sapevolezza e dal senso di giustizia dei suoi cittadini.

Nelle foto vediamo giovani prigionieri dei campi che sitengono stretti l’un l’altro. Molti di loro, come la mag-gioranza dei superstiti, si sono dispersi in varie direzio-ni, ma alcuni sono rimasti in Germania. Di questo siamograti. Oggi la comunità ebraica tedesca è la terza in Europa:una comunità vitale e in crescita. Nuove sinagoghe stan-no sorgendo. La comunità ebraica rimarrà sempre unaparte insostituibile della nostra cultura e della nostra so-cietà. La sua storia, così piena di splendore e di dolore,è a un tempo un impegno e una promessa.

Per proteggerla, i poteri dello stato vigileranno control’antisemitismo degli incorreggibili. Non si può negareche l’antisemitismo esista tuttora. Combatterlo è com-pito di tutta la società. Mai più permetteremo all’antise-mitismo di perseguitare e ferire questi cittadini, né di co-prire di vergogna la nostra nazione.

Le forze di estrema destra, i loro scarabocchi e i loroslogan truculenti, dovranno essere oggetto di particola-re attenzione da parte della polizia e delle forze di dife-sa della Costituzione.

Ma noi tutti dobbiamo affrontare anche politicamente ilproblema del nazismo vecchio e nuovo. È doveroso perogni democratico contrastare con decisione le ripugnantiprovocazioni dei neonazisti e i continui, insistenti ten-tativi di minimizzare i crimini del nazismo. In una de-mocrazia forte e vigile non vi può essere tolleranza per

IL DISCORSO IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI PER IL 60° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

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i nemici della democrazia. I superstiti di Auschwitz ci in-vitano alla vigilanza, ci chiedono di non distrarci, di nonessere sordi e ciechi, di chiamare con il loro nome i cri-mini contro l’umanità e di combatterli. E la loro vocetrova ascolto, in particolare presso i giovani che ora im-parano a conoscere con i loro occhi i luoghi della memoriadi Auschwitz.

Ci aiuteranno anche a parlare alle generazioni future, arenderle consapevoli dei crimini del nazionalsocialismo.La grande maggioranza dei cittadini che vivono nellaGermania di oggi non ha colpe per l’Olocausto. Ma ognitedesco è portatore di una particolare responsabilità. Ilricordo della guerra e del genocidio perpetrato dal na-zionalsocialismo è divenuto parte della nostraCostituzione. E anche se per molti ciò non è facile dasopportare, questo ricordo è inseparabile dalla nostraidentità nazionale. Rammentare l’epoca del nazional-socialismo e i suoi crimini è per noi un impegno mora-le. Lo dobbiamo non solo alle vittime, ai superstiti e ailoro familiari, ma anche a noi stessi.

È vero: grande è la tentazione di dimenticare e di rimuo-vere; ma noi non cederemo a questa tentazione. Il mo-numento all’Olocausto, nel cuore di Berlino, non può re-stituire la vita e la dignità alle vittime. Ma per i superstitie per i loro discendenti può avere forse il valore di unsimbolo delle loro sofferenze e per noi tutti è un monito,un invito a non dimenticare. C’è una cosa che sappiamo: non potrebbe esistere per noiné libertà, né dignità umana, né giustizia se dimenticas-simo quanto è potuto accadere quando i poteri dello Statohanno calpestato la libertà, la giustizia e la dignità uma-na. La Germania guarda in faccia il suo passato. A parti-re dalla Shoah, dal terrore nazionalsocialista è nata e cre-sciuta in noi una certezza che si riassume nelle parole“Mai più”. Questa certezza, noi la vogliamo custodire.Noi tutti, tedeschi ma anche europei, e l’intera comunitàdegli Stati, dobbiamo imparare sempre di nuovo a conviverecon umanità, nel rispetto e nella pace.

La Convenzione per la prevenzione del genocidio, che èl’espressione diretta di una dottrina del diritto dei popo-li nata dall’Olocausto, impegna tutti gli esseri umani, in-dipendentemente dall’origine, cultura, religione o colo-re della pelle, a rispettare e a proteggere in tutto il mon-do la vita e la dignità umana. Anche per questo, voi lot-tate attraverso l’insostituibile opera del Comitato inter-nazionale per Auschwitz, nell’interesse di tutta l’uma-nità.Insieme con voi, io mi inchino davanti alle vittime deicampi di sterminio. Se anche un giorno i nomi delle vit-time dovessero sbiadire nella memoria dell’umanità, laloro sorte non sarà mai dimenticata. Esse riposeranno nelcuore della storia..

DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO NAZISTA

Un museo sui campirealizzato da un sopravvissutoSolenne inaugurazione, loscorso 17 febbraio, del Museodella deportazione voluto daCalogero Sparacino, super-stite del campo di Dora, nel-la sua casa di Ribera(Agrigento), in viale Crispi35/37. La cerimonia è stataorganizzata nel quadro del-le manifestazioni previste peril Giorno della Memoria nel-la provincia siciliana.Calogero Sparacino ha scrit-to Diario di prigionia sullasua esperienza nel lager, cheè stato letto da decine di mi-gliaia di persone sul nostrosito, e che è giunto alla se-conda edizione. In questi an-ni non ha cessato di scriveree di testimoniare la sua dram-matica esperienza e quelladei suoi compagni. Da diversianni inseguiva il sogno diaprire un Museo della de-portazione nella sua città. Aquesto scopo ha riattato unimmobile di sua proprietà,nel quale ha collocato ungrande plastico da lui stessocostruito in lunghi anni di la-voro, riproducente il campodi Dora. Una mostra fornitadall’Aned aiuta i visitatori a“collocare” il campo diSparacino e dei suoi compa-gni all’interno del sistemaconcentrazionario nazista. IlMuseo è già stato visitato damolte scolaresche, e ogget-to di numerosi servizi sullastampa siciliana.

All’inaugurazione ha fattoseguito un incontro presso lapalestra “A. Tornambè” diRibera, con la partecipazio-ne dello stesso Sparacino, delsindaco Giuseppe Cortese,di rappresentanti della pro-vincia di Agrigento e del di-rigente scolastico dell’isti-tuto “Crispi” di Ribera,Giovanni Puma.La relazione è stata svolta daMaria Antonietta Ancona,presidente dell’Istituto sici-liano di studi ebraici. Hannoportato la loro testimonianzail partigiano Gino Nicosia el’ex sindaco Santo Tortorici.È seguita infine la lettura dialcune lettere dal carcere diGioacchino Matinella, par-tigiano riberese condannatoa morte. A Sparacino le con-gratulazioni dell’Aned e del-la Fondazione Memoria del-la Deportazione.

Già visitato da molte scolaresche a Ribera (Agrigento)