25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

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In coincidenza col 25° anniversario del Congresso di Unificazione tenutosi il 29-30 Giugno ed il 1° Luglio 1984, è stato pubblicato questo volume che intende fare un viaggio attraverso la storia recente della CGT spagnola

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Proviamo a ricordare su queste pagine gli aspetti più importanti

di ciò che è stata la ricostruzione di questo progetto, le nostre

iniziative, le nostre discussioni, i nostri dubbi. Le ragioni? Molte, ma

sopra tutte quella di trasmettere la nostra storia ai nuovi militanti, ai

simpatizzanti, agli amici e amiche che lottano con noi o,

semplicemente, che ci guardano con stima, magari senza conoscere

esattamente quali sono stati i singoli passi e, soprattutto, quali sono

state le motivazioni e i percorsi seguiti per arrivare fin qui.

Abbiamo percorso tanta strada, però rimane molto da fare.

Soprattutto, conquistare il nostro obiettivo finale, il nostro sogno:

rendere possibile il cambiamento sociale per una umanità basata sulla

giustizia e l'uguaglianza. Per realizzare ciò, il nostro modello sindacale

contiene implicitamente una proposta di lotta coerente a conseguire

questo profondo cambiamento sociale che trascende dal rigoroso

quadro del «mondo del lavoro».

Facendo in modo che la CGT, l'organizzazione che costruiamo

con il nostro impegno quotidiano, sia simile alla società che noi

cerchiamo di raggiungere e applicando i criteri e la logica con cui

intendiamo sviluppare il nostro modello di società futura. Mantenendo

coerenza tra ciò che facciamo quotidianamente e quello che vogliamo

essere un giorno.

In queste pagine cercheremo di dare forma organica a ciò che

ancora non era stato stato riunito: descrivere e riflettere sugli aspetti e

le ragioni fondamentali della nostra storia, sui quali si è costruita la

nostra realtà attuale, senza dimenticare di rendere omaggio a quelle

migliaia di donne e uomini che con costanza e in silenzio, senza

medaglie né riconoscimenti, hanno contribuito allo sviluppo del nostro

progetto. In particolare a tutti coloro la cui tenacia nel corso della

storia, nei decenni d’esilio, di carcere e di repressione, ci sono serviti

da punto di riferimento, da guida, da esempio di dignità e di speranza.

E’ pensando a loro che volgiamo questo sguardo sul nostro

passato recente e apriamo le porte al futuro, per non dimenticare tutto

il bagaglio, che ci precede, di lotte ed esperienze libertarie

sviluppatesi con oltre un secolo di presenza organizzata in queste

terre iberiche, ed essendo consapevoli del fatto che lavoriamo per un

futuro in cui i principi di uguaglianza, giustizia e libertà, dovranno

essere i termini entro i quali sarà definita l'evoluzione della vita

sociale.

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Non mi importa di ciò che diconose ciò che ho detto è certo

Non mi importa quello che faranno, bensì di ciò che stato fatto.Le parole a poco servono, ciò che serve sono i fatti.

Sara Guillén “Berenguer”

No me importa lo que digansi lo que he dicho es cierto.

No me importa lo que harán,sino lo que quedó hecho.Las palabra poco sirven,

lo que sirven son los hechos.

Sara Guillén “Berenguer”

“In ricordo degli incontri annuali di Bréziers e dei compagni e delle compagne del Gruppo Confederale dell’Emigrazione”

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nniversario è parola che può essere messa in relazione con

illecite pratiche di revisionismo o con una vanitosa autocon-

templazione; o anche con la nostalgia, gli eroici ricordi e le

sconfitte affrontate con orgoglio. Vogliamo, in questo caso, che non sia

nulla di tutto ciò: la celebrazione di questi 25 anni di sforzo collettivo

nella promozione dell’idea libertaria, di una società autogestionaria e

antiautoritaria, di un progetto di convivenza in libertà, al di fuori del po-

tere e dello stato, deve invece rappresentare un momento di riflessione

e di sintesi, e, soprattutto, un punto di svolta delle strategie sul futuro

immediato, chiaramente critica e di confronto, sia dal punto di vista del-

le lotte dei lavoratori, quanto da quello dei movimenti alternativi che, su

fronti diversi e sparsi (dalla ribellione dei precari, al movimento per la

pace senza aggettivi, fino a coloro che coltivano la passione rivoluzio-

naria senza se e senza ma), provano, riprovano e riprovano ancora a

darsi una fisionomia...

E’ chiaro: esistono radici, tradizioni, percorsi storici e militanze all'inter-

no della CGT. E’ altrettanto chiaro che il contributo dell’anarcosindacali-

smo alla lotta dei lavoratori e rivoluzionaria in queste terre è stato fon-

damentale e decisivo... ma noi, la Confederación General del Trabajo

(e implicitamente tutto il mondo della disoccupazione), sappiamo anche,

guardando indietro, in questo secolo e oltre che si è accumulato sulle

nostre spalle, che ci sono state troppe inutili disquisizioni sulla legittimi-

tà dell’una o dell’altra proposta organizzativa, con un eccesso di storici-

smo in alcune occasioni e con troppo sradicamento in altre, troppi

sguardi all’ideologia (per non dire di peggio) e, in alcuni momenti dolo-

rosi, anche approcci inadeguati di fronte a problemi che avrebbero ri-

chiesto una immediata risposta.

6 ANNIVERSARIO

ANNIVERSARIO

t

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Perciò, pur riconoscendo i nostri legami con la tradizione anarcosindacalista

iberica (centenaria, memorabile e talvolta contraddittoria), dobbiamo anche

affrontare le questioni concrete: il rafforzamento dello Stato autoritario, neoli-

berista e informatizzato, il taglio progressivo delle libertà, anche se sappiamo

essere soltanto formali; la nuova cultura legata alla produttività, dall'economia

sommersa al problema strutturale di una disoccupazione che aumenta e col-

pisce sempre più i giovani; l'impero del consumo su scala planetaria; il riflusso

della lotta operaia e il “bizzarro pattismo” messo in atto per salvare la “bizzar-

ra crisi” mediante una non meno "bizzarra eliminazione" delle “dignità” sinda-

cali; il controllo soffocante della vita quotidiana, il ricatto di una permanente

minaccia nucleare rappresentato dalla belligeranza competitiva tra gli Stati... Il

progetto di distruzione, in poche parole, di ogni speranza materiale di cam-

biamento per centinaia di generazioni future.

Affrontiamo le questioni più evidenti, ma anche quelle che lo sembrano meno,

con nuovi metodi operativi, con nuove forme di protesta e di lotta, con progetti

originali, accentuandone la partecipazione e l’autogestione, la nostra capacità

di condizionare e modificare le diverse realtà, nel rifiuto della gerarchia e del

leaderismo, nel supporto per tutti quei movimenti che, purché non siano fine a

se stessi, segnalino e mobilitino nella direzione di obiettivi concreti che pos-

sano essere anche nostri, accettando la nostra presenza insieme ai movi-

menti alternativi, e canalizzando il potenziale di resistenza che si annida ai

margini del sistema.

E questa lotta, che può essere nel segno di un militante sacrificio nel vecchio

e rispettabile uso del termine, deve essere anche gratificazione personale,

gioco e festa. Così la maturazione di questo 25° anniversario, deve esserlo

soprattutto da un punto di vista giovane.

Continuità e rottura. La CGT esiste non solo nella storia, non solo incarna una

tradizione e prospetta una utopia, ma la vive qui e ora nella sua possibilità

concreta.

Questo “volantino”, che ha l'anonimato necessario per rappresentare qualsia-

si lavoro collettivo, è un invito senza firma e senza data per il compleanno

della CGT. Continueremo a crescere, continueremo a raccogliere forze, con-

tinueremo ancora ad aprire brecce contro il potere.

Celebriamolo. Ingrandiamola.

ANNIVERSARIO 7

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n coincidenza col 25° anniversario del Congresso di Unificazione tenutosi il 29-30 Giugno ed il 1° Luglio 1984, abbiamo pubblicato questo volume

che intende fare un viaggio attraverso la storia recen-te del nostro sindacato, la CGT, che da più di due decenni e mezzo sta lavorando per tornare a dare al-l’anarcosindacalismo organizzato il vigore e la forza che ebbe -come aspirazione e progetto integrale di cambiamento sociale- nel corso del secolo passato, sia nello stato spagnolo quanto sulla scena interna-zionale, fornendo alla classe operaia uno strumento utile per rispondere alle situazioni attuali.

Un viaggio che in se stesso, anche, desidera servire da omaggio chiaro ed inequivocabile a tutte le compagne e compagni che, in un modo o nell'al-tro, hanno contribuito a che il progetto, iniziato sotto la sigla della CNT, e che dovettero trasformare per imperativo legale in quello di CGT, sia ora una real-tà tangibile che plasma il presente e il futuro. Uno strumento utile per la classe operaia, appunto.

Partiamo dal Congresso di Unificazione e, pertanto, i giorni 29 e 30 giugno e il 1° luglio 1984 rappresentano il minuto «zero» nella nostra storia recente. Un punto di partenza per individuare l'esatto inizio della fase attuale della nostra organizzazione.

Questo è quanto abbiamo vissuto in questi 25 anni, in particolare nei primi giorni. Allora le dispute e le differenze erano fresche e recenti. Rapidamente, però, abbiamo imparato a dimenticare le rispettive provenienze e i rispettivi percorsi di scontro avvenuti nei momenti più duri del confronto, per integrarci in un progetto comune che faceva rinascere il sogno e ci riempiva di speranza. A partire dalla «carta bian-ca» che rappresenta ogni nuova opportunità e che saremmo pienamente disposti a sottoscrivere nuova-mente nel presente.

I

INTRODUZIONE 9

1INTRODUZIONE

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Chiaramente noi non siamo osservatori im-parziali, né intendiamo esserlo. Questo libro nasce da esperienze di vita, da implicazioni dirette e dalla valutazione dello sforzo che ha richiesto il costruire una organizzazione, non da niente, ma dalle ceneri di quello che avremmo potuto essere e non siamo stati. Ricostruendo tutto sulla base dell’entusia-smo e dell’abnegazione.

Proviamo a ricordare su queste pagine gli aspetti più importanti di ciò che è stata la ricostruzione di questo progetto, le nostre iniziative, le nostre discussioni, i no-stri dubbi. Le ragioni? Molte, ma sopra tutte quella di trasmettere la nostra storia ai nuovi militanti, ai simpatizzanti, agli amici e ami-che che lottano con noi o, semplicemente, che ci guardano con stima, magari senza conoscere esattamente quali sono stati i sin-goli passi e, soprattutto, quali sono state le motivazioni e i percorsi seguiti per arrivare fin qui.

Abbiamo percorso tanta strada, però rimane molto da fare. Soprattutto, con-quistare il nostro obiettivo finale, il nostro

sogno: rendere possibile il cambiamento sociale per una umanità basata sulla giustizia e l'uguaglianza. Per rea-lizzare ciò, il nostro modello sindacale contiene impli-citamente una proposta di lotta coerente a conseguire questo profondo cambiamento sociale che trascende dal rigoroso quadro del «mondo del lavoro».

Per descrivere ciò, allora, parliamo semplice-mente di azione sindacale quando ci riferiamo agli aspetti concernenti la nostra attività lavorativa. Quando, invece, facciamo riferimento al resto degli aspetti della nostra vita, ciò è quello che noi definiamo come la no-stra azione sociale.

Questa pratica è organizzativamente consolidata con lo sviluppo di due aree di coordinamento interno che sono state i pilastri della nostra attività, la Segrete-ria di Azione Sindacale e quella di Azione Sociale, alle quali si è aggiunta, con uno speciale carattere trasversa-le, la Segreteria della Donna, cercando di ap-

10 INTRODUZIONE

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le, la Segreteria della Donna, cercando di approfondire la nostra visione egualitaria all’interno e fuori dell'or-ganizzazione, insieme con altre aree di lavoro come l'immigrazione, i giovani...

Questa è una divisione funzionale per il coordi-namento, ma è anche parte di una concezione non ge-rarchica delle strutture interne, dal momento che ten-diamo sempre ad aggiungere spazi di azione e diversi livelli di rivendicazione. Intendiamo accentuare, così, l'insieme delle aspirazioni e delle esigenze, a partire da un criterio fondamentale di solidarietà e di sostegno reciproco, per far entrare in ogni attività nel concreto questo impulso trasformatore che perseguiamo.

Un impulso la cui efficacia sarà determinata a sua volta dal consolidamento della coscienza partecipa-tiva e dalla capacità collettiva di decidere, lavorando in modo autonomo e coerente. Questa è l'azione diretta sviluppata nella sua forma più completa e senza altre delimitazioni che gli accordi assunti volontariamente e nei quali consideriamo l'organizzazione quale strumen-to imprescindibile alla concretizzazione dell'utopia e alla materializzazione della «Idea», che abita nei nostri cuori.

Riserviamo in questo libro commemorativo uno spazio separato a quelli che noi chiamiamo «il grande impegno Confederale», cioè tutte quelle iniziative con le quali meglio abbiamo plasmato questo crogiolo ri-vendicativo che è l'essenza stessa della nostra organiz-zazione. Questi impegni che abbiamo deciso e attuato sono quegli stessi che sono serviti di riferimento nella lotta contro il capitalismo sfruttatore, genocida, guerra-fondaio ed ecocida che ci sta conducendo alla distru-zione.

Abbiamo detto all'inizio di questa introduzione che è molto quello che abbiamo fatto, ma è molto di più quello che dobbiamo ancora fare. Vogliamo continuare ad essere una voce critica in un mondo dove le dissi-denze sono sempre più necessarie. Un'organizzazione di lavoratrici e di lavoratori che intende ricostruire il messaggio di classe e di unità tra tutti coloro che sono sopravvissuti in ambienti di lavoro e sociali, sempre più

opprimenti e sempre più frammendal

INTRODUZIONE 11

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12 INTRODUZIONE

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opprimenti e sempre più frammentati dal capitale.Una organizzazione sempre più forte per aiutare

il consolidamento di uno spazio sociale anticapitalista e antiautoritario in confluenza aperta con coloro che, in-dipendentemente della loro origine, colore, o costumi, riconoscano se stessi in queste aspirazioni. Un impulso visibile e un costante impegno per la lotta contro il mo-dello globale capitalista.

All'interno della CGT siamo molto consapevoli dei nostri contributi e proposte, così come dei nostri squilibri ed errori. Poche organizzazioni sono in grado di mantenere in modo tanto costante e abituale un con-fronto così permanente ed intenso. E i nostri dibattiti organici sono la prova di ciò. Proprio per queste ragioni siamo abbastanza convinti che ciò che stiamo costruen-do abbia bisogno di uno sguardo riflessivo sulla realtà più che di una autocelebrazione.

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Proprio come veniva attribuito alla CGT nel film “Il Principio di Archimede”, facciamo nostra la frase «ACCENDE LA FIAMMA DELLA RIBEL-LIONE» a cui aggiungiamo il nostro desiderio di co-struire, giorno per giorno, l’UTOPIA per completare il senso della nostra attività.

Quello che vogliamo sottolineare è qualcosa che abbiamo doppiamente appreso nella teoria classica e nello sviluppo della pratica quotidiana: non vi è nulla di più libertario, e quindi di più libero, in una società ed in una organizzazione, come la tolleranza e il consenso al momento di condividere spazi, accordi e differenze.

La società libertaria non può essere uniforme né chiusa ed ermetica; si deve partire dalla accettazione delle differenze e da una regola basilare di rapporti che inizino dal garantire il rispetto uguale per tutte le per-sone e la realizzazione delle decisioni assunte in modo collettivo. Una cosa che dobbiamo considerare in via prioritaria -e non potremmo fare nulla di meglio per la classe operaia, per gli oppressi e gli sfruttati, per noi stessi in definitiva- è quella di lanciare qui e subito il nostro progetto.

Facendo in modo che la CGT, l'organizzazione che costruiamo con il nostro impegno quotidiano, sia simile alla società che noi cerchiamo di raggiungere e applicando i criteri e la logica con cui intendiamo svi-luppare il nostro modello di società futura. Mantenendo coerenza tra ciò che facciamo quotidianamente e quello che vogliamo essere un giorno.

In queste pagine cercheremo di dare forma or-ganica a ciò che ancora non era stato stato riunito: de-scrivere e riflettere sugli aspetti e le ragioni fondamen-tali della nostra storia, sui quali si è costruita la nostra realtà attuale, senza dimenticare di rendere omaggio a quelle migliaia di donne e uomini che con costanza e in silenzio, senza medaglie né riconoscimenti, hanno con-tribuito allo sviluppo del nostro progetto. In particolare a tutti coloro la cui tenacia nel corso della storia, nei decenni d’esilio, di carcere e di repressione, ci sono serviti da punto di riferimento, da guida, da esempio di dignità e di speranza.

14 INTRODUZIONE

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A tutte le donne e a tutti gli uomini che hanno lottato e dedicato la loro vita, con il loro profondo im-pegno e sacrificio, perché l’anarcosindacalismo potesse rimanere vivo. Ad essi, così come alle tante amiche e amici che hanno accompagnato il nostro viaggio, per-mettendoci di godere in ogni momento di un margine sempre più ampio di analisi e di azione.

E’ pensando a loro che volgiamo questo sguar-do sul nostro passato recente e apriamo le porte al futu-ro, per non dimenticare tutto il bagaglio, che ci prece-de, di lotte ed esperienze libertarie sviluppatesi con ol-tre un secolo di presenza organizzata in queste terre iberiche, ed essendo consapevoli del fatto che lavoria-mo per un futuro in cui i principi di uguaglianza, giu-stizia e libertà, dovranno essere i termini entro i quali sarà definita l'evoluzione della vita sociale.

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al momento in cui si costituì a Londra nel

1864, l'Associazione Internazionale del La-

voro - AIT - (la Prima Internazionale), le organizza-

zioni dei lavoratori spagnoli che si sono succedute

nel corso del tempo, e delle quali la CGT si conside-

ra l'erede naturale, sono le seguenti:

Dal 1870 al 1881, la Federazione Regiona-

le Spagnola.

Dal 1881 al 1888, la Federazione dei La-

voratori della Regione Spagnola

Dal 1889 al 1896, il Patto di Unione e di

Solidarietà della Regione Spagnola.

Dal 1900 al 1906, la Federazione Regiona-

le delle Società di Resistenza della Re-

gione Spagnola.

Fino al 1907, l'Unione Locale delle Socie-

tà Operaie di Barcellona.

Dal 1907 al 1910, la Federazione Solidari-

dad Obrera. Dapprima a livello locale

(Barcellona), e poi regionale (Catalogna).

Dal 1910 al 1989, la Confederazione Na-

zionale del Lavoro (CNT).

E, a partire dal 1989, la Confederazione

Generale del Lavoro, CGT.

Per seguire questo processo storico, dob-

biamo fare riferimento ai seguenti Congressi:

II° CONGRESSO di Solidarietà Operaia

di Catalogna

Barcellona (Sala delle Belle Arti), 30 Ottobre

- 1 Novembre 1910. Come risoluzione, il Congresso

convenne:

"... che si costituisce una Confederazione

Generale del Lavoro spagnola, integrandola,

temporaneamente, con tutte quelle società che

non aderiscono alla UGT, a condizione che, una

volta costituita la CGT spagnola, si cercherà di

raggiungere un accordo tra le due Federazioni,

per unire tutta la classe operaia in una unica

organizzazione."

Fu eletto Segretario Generale della nuova

organizzazione colui che lo era già stato di Solidari-

dad Obrera di Catalogna: José Negre.

I° CONGRESSO della CNT

Barcellona (Sala delle Belle Arti), 8-10 Set-

tembre 1911

Nel mese di Aprile 1913 fu celebrato a Cor-

doba un Congresso della Federazione Nazionale

degli Agricoltori, una associazione indipendente, che

apprezzò i principi dell'anarchismo agrario e preparò

una rinascita in Andalusia.

Alla fine del 1917 si creò la Federazione

Operaia Regionale Andalusa (FORA), che ricoprì le

funzioni di Comitato Regionale di Andalusia della

CNT.

Allegato 1Le Radici storiche della CGT

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D

ALLEGATO 1LE RADICI STORICHE DELLA CGT

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II° CONGRESSO della CNT:

Madrid (Teatro de la Comedia). 10-18 Di-

cembre 1919.

III° CONGRESSO della CNT:

Madrid (Teatro del Conservatorio). 11-16

Giugno del 1931.

In questo Congresso si approvano le Fede-

razioni Nazionali dell’Industria, come complemento

delle strutture classiche dei sindacati, e le federa-

zioni settoriali. Poiché vi sono due tendenze all'in-

terno della CNT, si verifica una spaccatura al suo

interno.

IV° CONGRESSO della CNT

Saragozza. 1 - 11 Maggio 1936

In questo Congresso partecipano 988 sin-

dacati, che rappresentano 559.294 iscritti. Dopo la

rottura del 1931, si ritorna all'unità.

Nel contesto della transizione politica spa-

gnola, e della morte del dittatore (20 Novembre

1975), la CNT viene legalizzata, come organizza-

zione sindacale, il 7 Maggio 1977 con Juan Gomez

Casas, come Segretario Generale.

Nell'Assemblea Nazionale Regionale del

22-23 Aprile 1978 viene scelto come nuovo Segreta-

rio Generale della CNT Enrique Marcos.

V° CONGRESSO della CNT

Madrid (Casa de Campo). 8-16 Dicembre

1979.

Dopo il V° Congresso si verifica una spac-

catura nel movimento anarcosindacalista tra i due

settori: la CNT-AIT, e il settore CNT-Congresso di

Valencia. Cinque anni dopo il Congresso di Unifica-

zione getta le basi della nostra organizzazione at-

tuale, anche se una decisione politica confermata

dalla Corte Suprema nel 1989 ha concesso l'uso

della sigla storica ad una piccola sezione che resta

al di fuori dei luoghi di lavoro.

ALLEGATO 1

LE RADICI STORICHE DELLA CGT 17

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nalizzando il nostro sviluppo a partire proprio dal Congresso di Unificazione (29-30 Giugno e 1° Luglio del 1984), possiamo facilmente

dedurne che tutto è stato straordinariamente difficile, senza tregua né respiro nelle nostre lotte. Non potrebbe essere altrimenti. Nessuno di noi si poteva diversamen-te illudere in circostanze tanto rapidamente mutevoli per la società spagnola, visti gli straordinari mutamenti che, dopo la morte di Franco, si sono verificati nello Stato Spagnolo.

Il Congresso di Unificazione tra i settori mag-gioritari dell’anarcosindacalismo, giunse in un momen-to in cui si era esaurito il cammino iniziato nel 1976, e c’era dunque bisogno di un impulso diverso. Tutto era cambiato intorno a noi, il lavoro, la società, il mondo sindacale e la politica. Tutto era cambiato in modo che tutto seguitasse a rimanere uguale. Le mobilitazioni so-ciali del decennio precedente erano scomparse. Le in-numerevoli sigle (partiti, sindacati, gruppi giovanili, associazioni...) che erano comparse all’inizio del tanto desiderato cambiamento sociale languivano e morivano una ad una.

Lo spazio sindacale era occupato quasi intera-mente dal sindacalismo «istituzionale» di UGT-CC.OO (aiutato in aree specifiche dal sindacalismo simile, co-me quello di CIG, ELA, USO, CSIF...); ciò diede origi-ne ad un nuovo modello di gestione burocratica che rompeva con la tradizione assemblearista e combattiva degli anni ‘60 e ‘70 per istituzionalizzarsi nell’egemo-nia totale di entrambe le organizzazioni. Le persone, i lavoratori soprattutto, cessarono di sentirsi protagonisti dei cambiamenti e delle lotte, dal momento che si ri-produceva un modello politico di delega, che liquidava la coscienza di classe e sociale.

Eravamo negli anni ‘80. Gli anni delle leggi di Riconversione e dei regi decreti di Ristrutturazione che avvieranno il processo di smantellamento del settore industriale.

A

IL CONTESTO SOCIALE 19

2IL CONTESTO SOCIALE

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Processo che distrusse milioni di posti di lavoro stabili, riorganizzando i sistemi produttivi e causando il passaggio di migliaia di lavoratrici e lavoratori al settore dei servizi, alla disoccupazione o al prepensionamento. Tutto questo fu concordato e firmato da UGT-CC.OO provocando una disillusione enorme nel movimento dei

lavoratori che, disorientati, delusi e disor-ganizzati, non furono in grado di reagire. Un cambiamento che mutò la speranza nella possibilità di una nuova società, e nell’accettazione dell’inevitabile introdu-zione del modello politico ed economico della democrazia capitalista occidentale.

Nel 1984 si verificarono eventi di grande importanza nel mondo sindacale. Si trattò di un momento di svolta nel qua-le le CC.OO, con feroci discussioni inter-ne e grande emorragia di militanti, decise-ro di non firmare l'Accordo Economico e Sociale, detto AES (nel 1981 avevano firmato l'Accordo Nazionale per l'Occu-pazione e nel 1983 l’Accordo Interconfe-derale per la negoziazione collettiva), di-stanziandosi dal governo del PSOE. Que-sto confronto, più formale che reale, portò alla dichiarazione l’anno successivo, nel 1985, del primo Sciopero Generale dopo la transizione.

Sul piano politico e sociale il 1984 fu un anno fondamentale per la società spagnola. Il 30° Congresso del PSOE si impegnò a sostenere l'ingresso della Spa-gna nella struttura militare della NATO. Due anni prima, nel 1982, l'ultimo gover-no della UDC aveva firmato l'ingresso del

paese nella sua struttura politica. Il PSOE vinse le elezioni generali quello stesso anno con una cam-pagna elettorale nella quale coniò l’ambiguo slogan «OTAN de entrada NO», dopo aver promessa la indizione di un referendum prima di accettare tale integrazione.

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L'anno seguente, nel 1985, il PSOE ed il gover-no, in una campagna per il SI con il supporto di media sempre più potenti che monopolizzarono le informazio-ni a senso unico, ottennero la sconfitta del NO e degli ultimi residui dell’impulso radicale della transizione.

Nel 1984, inoltre, si intensificarono i negoziati che avrebbero portato, un anno dopo, lo stato spagnolo nell'Unione Europea, un processo che l'Europa, in par-ticolare attraverso la collaborazione francese su que-stioni di carattere economico e di «sicurezza» con il governo spagnolo, stimolò e accelerò.

Le prospettive per l'anarcosindacalismo non erano incoraggianti ed è proprio in queste circostanze che prese forma il nostro progetto rigeneratore: una scossa nel processo di esaurimento organico della CNT che si era posta in una posizione di emarginazione vo-lontaria rispetto al mondo del lavoro. Noi eravamo ciò che, in quel momento, rimaneva di un movimento liber-tario con una splendida storia e che pochi anni prima era riuscito a brillare con forza e luce propria, ma che ora si era sciolto come neve al sole lasciando ben poco nella realtà.

Anche l’insieme delle organizzazioni combatti-ve e rivoluzionarie aveva perso peso ed esse pratica-mente scomparvero. La sinistra istituzionale, una volta installata al potere, modificò radicalmente il suo discor-so sociale, e il movimento operaio venne annichilito proprio mentre i sindacati «istituzionali» si burocratiz-zavano sempre più attraverso privilegi, sovvenzioni e nepotismo.

Il sindacalismo diventava così un ingranaggio in più del sistema politico ed economico assimilandone completamente i criteri. Il tessuto industriale scompari-va e cominciavano i contratti temporanei, le riforme delle pensioni, gli accordi interconfederali con perdita di potere d'acquisto...

Questo era il contesto e questa è stata la sfida che decise di affrontare la nostra organizzazione che, pur continuando a denominarsi CNT, era altresì total-mente convinta che vi fossero molte cose da cambiare.

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I contorni del dibattito che ne seguì non sono semplici e certamente non è utile sprecare troppe energie per raccontare uno sterile dibattito che non importa pro-prio a nessuno. Resta il fatto che l'impegno profuso in direzione del Congresso di Unificazione si prospettava come l’ultima possibilità di uscire dalla battuta d'arresto.

Non bisogna dimenticare che il deterioramento delle condizioni di lavoro e sociali si produsse a causa della caduta di partecipazione dei lavoratori in termini generali, senza sviluppo di assemblee e senza mobilita-zioni collettive. Si trattava di un momento di cambia-mento generazionale nel quale scomparivano la militan-za e le motivazioni che alimentarono le lotte della transi-zione. E’ allora che iniziarono ad apparire nuove forme di confronto sociale alternative al sistema, e forme di impegno basate su formule altrettanto nuove che delinea-rono un quadro dissidente che sfuggiva ai canoni classici delle lotte dei lavoratori.

La società venne normalizzata nel quadro della democrazia borghese, come abbiamo già detto. Aumentò la smobilitazione sociale e la istituzionalizzazione della sinistra politica. Non c'è dubbio che in questa situazione la grande nota stonata era la nostra rinascita che portava avanti un progetto sindacale rinnovato. Aperta a coloro che volevano continuare a combattere contro il sistema capitalista e in rapporto con una nuova generazione di lotte basate sul concetto di resistenza di piccoli gruppi di auto-affermazione militante in assenza di una mobilita-zione di massa e di un movimento operaio trasformatore.

Ora, quasi senza rendercene conto, sono passati 25 anni dal Congresso di Unificazione ed il processo so-ciale è evoluto proprio sulle linee già allora definite. Co-sì si può osservare come l'integrazione nella NATO e nell'Unione europea abbiano consolidato un modello po-litico e relazioni internazionali perfettamente omologati all'egemonia americana, benedetti dalle multinazionali e dalle altre organizzazioni del capitale: BM, FMI, UE, BCE... che ci governano con arroganza assoluta. Un mo-stro senza testa, invisibile, che limita i nostri diritti e do-ve i governi di turno non rappresentano altro che dei manichini messi lì per annullare ogni nostro potere di decisione.

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Un modello che apparve in tutta la sua evidenza con il coinvolgimento del governo di Aznar nell'invasione dell’Iraq, e che oggi mantiene un profilo più discreto con il governo Zapa-tero e la presenza delle truppe in Afganistan. Alla fine, nono-stante gli slogan contro la NATO, l’insubordinazione all'eserci-to e la mobilitazione contro la guerra in Iraq o l'invasione di Gaza da parte di Israele, ci è stato imposto il modello guerra-fondaio della globalizzazione economica e armata.

Dalla ristrutturazione industriale, con le sue prime re-strizioni economiche, si è passati alle successive riforme del lavoro. Disoccupazione, tempo determinato, precarietà, flessibi-lità e competitività sono state le parole che hanno caratterizzato questi anni. Competitività benedetta dall'Unione Europea, dalla Confindustria europea, dalla Confederazione Europea dei Sin-dacati e da coloro che realmente comandano in Europa: i ban-chieri e le multinazionali. Ora c'è una nuova parola: «flessicu-rezza», che potrebbe riassumersi come «ognuna di esse e tutte insieme».

In parallelo si sviluppavano le privatizzazioni, il disin-vestimento sociale, lo smantellamento del settore pubblico, e tutto ciò con la collaborazione essenziale del sindacalismo «isti-tuzionale» di UGT-CC.OO e dell’annesso sindacalismo buro-cratico e corporativo.

I meccanismi del bellicismo, della precarizzazione del lavoro e della sicurezza sociale, sono stati accompagnati da un aumento della repressione, della distruzione dell’ambiente e della disuguaglianza il cui risultato è la società in cui viviamo e nella quale veniamo intorpiditi dal consumismo, dal ricorso al credito, dalle fluttuazioni finanziarie e dalla possibilità quasi infinita dell’impiego delle nuove tecnologie. E tutto senza più bisogno di pensare. Fino a quando tutto esploderà nuovamente e ci toccherà entrare in un'altra crisi, l’ennesima, del sistema capitalistico.

Noi, prima come CNT e dal 1989 come CGT, non ab-biamo rinunciato alla lotta. Abbiamo continuato ad erigere un muro di coscienza, di risposte, di lotte e di solidarietà lungo 25 anni di azione continua in tutti i settori nei quali ci è stato pos-sibile. Siamo andati controcorrente, mettendo in discussione il sistema e la logica del Capitale. Abbiamo difeso il lavoro e la sua ricchezza. Abbiamo lottato contro la militarizzazione, con-tro il degrado ambientale e contro la disuguaglianza.

24 IL CONTESTO SOCIALE

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A partire dalle assemblee nelle più piccole offici-

ne fino allo Sciopero Generale, siamo rimasti sulla brec-cia. Questo sforzo, questa resistenza, ci ha condotti ora ad affrontare un momento storico nel quale riaffermiamo il nostro impegno a consolidare i risultati già raggiunti.

Mentre il processo sociale ha fatto il suo corso all'interno della deriva neo-liberista, molte altre cose so-no cambiate intorno a noi, poiché ci sono giunti molti sostegni e molta solidarietà dall'interno dei movimenti sociali nuovi e vecchi che contribuiscono in modo deci-sivo alla amplificazione dei nostri messaggi. Ora pos-siamo contare su una nostra accumulata esperienza e su una militanza giunta alla CGT con una molteplicità di motivazioni, cementando una organizzazione dinamica in permanente evoluzione.

Si tratta di una militanza giovane che giunge con la rinnovata energia necessaria per iniziare una nuova fase e che lascia poche opzioni alla passività o alla illu-sione nelle istituzioni; una militanza che è frutto di una realtà che, puntando a condannare le generazioni più re-centi alla precarietà, alla sottomissione e alla impotenza, configura invece una nuova presenza di uomini e donne che si formano nella lotta e con la mobilitazione.

Le contraddizioni stesse del sistema capitalistico sono responsabili delle nuove risposte alle ingiustizie che essa genera. La disoccupazione, la violenza, la re-pressione, la corruzione, la speculazione, il degrado so-ciale... Una catena di sfruttamento che colpisce partico-larmente l'immigrazione, le donne, i giovani..., mettendo lavoratrici e lavoratori di diverse origini in una concor-renza fratricida.

Questo accumulo di esperienza, questa militanza a cui non cessano di aderire sempre più nuove compagne e nuovi compagni, insieme a questa interazione con i movimenti sociali nei quali siamo immersi, fanno sì che la CGT costituisca una indiscutibile realtà in molti luo-ghi di lavoro e nell’insieme della società. È da qui che solleveremo il prossimo impulso per tracciare il nostro cammino dall'utopia alla realtà. Perché l’Utopia ci serve per continuare a fare nuova strada.

IL CONTESTO SOCIALE 25

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Allegato 2Riforme del lavoro e patto sociale1984-2009

1976 Legge 16/1976, dell 8 Aprile, sulle Relazioni nel mondo del Lavoro

1977 Regio Decreto-Legge 17/1977, del 4 Marzo sulle Relazioni Industriali

1977 Patti della Moncloa

1979 Accordo di Base Interconfederale UGT-CEOE (ABI)

1980 Accordo Quadro Interconfederale UGT-CEOE (AMI)

1980 Legge 8/1980, del 10 Marzo, Statuto dei Lavoratori

1981 Regio Decreto-Legge 9/1981, del 5 Giugno sulle Misure per la Riconversione Industriale

1981 Accordo Nazionale sull Occupazione (ANE) CEOE-UGT-CCOO

1983 Accordo Interconfederale per la contrattazione collettiva CEOE-CEPYME-UGT-CC.OO (AI)

1983 RD 2317/1983, attraverso il quale si regolano i contratti sull apprendistato e i contratti a tempo parziale

1984 Legge 27/1984, del 26 Luglio, su Riconversione e Reindustrializzazione

1984 Accordo Economico e Sociale (AES) UGT-CEOE-CEPYME-Governo

1984 Riforma dello Statuto dei Lavoratori

1984 Legge della Funzione Pubblica

1985 Legge 26/1985 sulle Misure Urgenti per la Razionalizzazione della Struttura e della Copertura della Sicurezza Sociale

1986 Ingresso dello Stato spagnolo nella Comunità Economica Europea (CEE)

1987 Legge dei Piani e Fondi delle Pensioni

1988 Piano sull Impiego Giovanile

1992 Legge 22/1992 del 30 Luglio, sulle misure urgenti a favore dell occupazione e sulla protezione della disoccupazione

1993 Legge 22/1993, del 29 Dicembre, sulle misure fiscali, di riforma del regime giuridico della funzione pubblica e di prote-zione della disoccupazione

1994 Legge 10/1994 sulle Misure Urgenti per la Promozione dell Occupazione

1994 Legge 11/1994, del 19 Maggio, di Riforma dello Statuto dei Lavoratori, della Legge di Procedura del Lavoro e della Legge sulle Infrazioni e Sanzioni a difesa dell Ordine Pubblico

1994 Legge 14/1994 del 1 Giugno, con la quale si regolano le Imprese di Lavoro Temporaneo

1995 Legge 31/1995 sulla Prevenzione dei Rischi di Lavoro

1995 Patto di Toledo

26 ALLEGATO 2RIFORME DEL LAVORO...

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1996 Legge di Razionalizzazione delle Pensioni

1996 Accordo sulla Risoluzione Extragiudiziaria dei Conflitti (ASEC) UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME

1997 Accordo Interconfederale per la Stabilità dell Impiego UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME

1997 Accordo Interconfederale sulla Negoziazione Collettiva UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME

1997 Accordo sul Ripianamento del Deficit UGT-CC.OO-CEOE (AMI)

1997 Legge 24/1997, di Consolidamento e Razionalizzazione della Sicurezza Sociale

1999 Legge 39/1999, del 5 Novembre, Legge di Conciliazione della vita lavorativa e familiare dei lavoratori

2000 Legge Organica 8/2000, del 22 Dicembre, “Legge sugli Stranieri”

2001 Accordo (Governo, CC.OO, CEOE-CEPYME) per il Miglioramento e il Potenziamento del Sistema di Protezione So-ciale

2001 Legge 12/2001, riguardante misure urgenti per la riforma del mercato del lavoro per l incremento dell occupazione e il miglioramento della sua qualità

2002 Regio Decreto-Legge 5/2002, riguardante misure urgenti per la riforma del sistema di protezione della disoccupazione e agevolazione dell occupazione

2002 Accordo Interconfederale per la Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO, CEOE-CEPYME)

2003 Legge 22/2003, sul Fallimento

2003 Accordo Interconfederale sulla Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME)

2004 Legge 1/2004 sulle Misure di Protezione Integrale contro la Violenza Sessuale

2004 Patto Sociale “Competitività, Impiego stabile e Coesione sociale” (Governo, UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME)

2005 Accordo Interconfederale per la Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO, CEOE-CEPYME)

2006 RDL 5/2006 del 9 Giugno per il miglioramento della crescita occupazionale

2006 Legge 39/2006 del 14 Dicembre, di Promozione dell Autonomia Personale e Attenzione alle persone in situazioni di dipendenza

2006 Legge 43/2006 del 29 Dicembre, per il miglioramento della crescita occupazionale

2007 Accordo Interconfederale per la Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO, CEOE-CEPYME)

2007 Statuto Fondamentale dell Impiegato Pubblico

2007 Legge Organica 3/2007, per l eguaglianza effettiva donna-uomo

2008 Misure economiche del Governo contro la Crisi

2009 Misure Urgenti contro la Disoccupazione

2009 Negoziazione di un nuovo Patto Sociale

ALLEGATO 2RIFORME DEL LAVORO... 27

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a storia è un succedersi continuo di fatti in dire-zione della liberazione dell’umanità. L'origine del nostro ideale è tanto antico quanto le lotte

popolari, anche se è solo nella seconda metà del XIX se-colo, che iniziano a vedersi le forme di un movimento contadino e operaio organizzato. Ai moti spontanei del popolo contro la fame, l'ingiustizia e la miseria seguirono i primi embrioni di organizzazione operaia.

Per quanto riguarda l'anarcosindacalismo spagno-lo, l'origine della formulazione del sindacalismo rivolu-zionario organizzato si potrebbe far coincidere con l'arri-vo nella penisola iberica, nel 1868, dell’italiano Giusep-pe Fanelli, collaboratore di Bakunin. La sua diffusione portò ad una prima generazione di militanti internaziona-listi che espansero le idee dell'associazionismo interna-zionalista per gran parte della penisola, soprattutto in Ca-talogna, Madrid e Andalusia. Tra gli altri, ricordiamo Anselmo Lorenzo, Rafael Farga Pellicer, Fermín Salvo-chea, Francisco Mora...

Per limitarci ai precedenti storici diretti, dobbia-mo situarci nell'espansione della 1° Internazionale e nella creazione della sua sezione in Spagna con la fondazione della Federazione Regionale Spagnola nel 1870. Si aprì allora un periodo di organizzazione, di lotta, di repres-sione, di clandestinità e di riorganizzazione che portaro-no al Secondo Congresso della Confederazione Regiona-le delle Società di Resistenza «Solidaridad Obrera» (or-ganizzato in Catalogna), tenutosi a Barcellona nel 1910 (dal 30 Ottobre al 1° Novembre) con lo scopo di dare forma organizzata, a livello iberico, ad un sindacalismo rivoluzionario che già era vivo in strada, nei campi, nelle fabbriche e nelle officine.

In quel Congresso del 1910, lavoratrici e lavora-tori di tutto lo stato si accordarono per creare «...una Confederazione Generale del Lavoro...». Questa orga-nizzazione, finalmente sarebbe stata legalizzata come CNT e avrebbe portato ad un periodo di lotte e di con-quiste rivoluzionarie già abbastanza conosciute e descrit-te, iniziando un ciclo di crescita del movimento

L

I PRECEDENTI 29

3I PRECEDENTI

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te, iniziando un ciclo di crescita del movimento

operaio interrotto solo dalla sconfitta nella guerra civile

e dai successivi 40 anni di dittatura. Un regime che massacrò e decimò la militanza

libertaria la quale, più di una volta, aveva tentato di ri-

lanciare la lotta popolare per il rovesciamento della dit-

tatura e la ricostruzione dei sindacati...; migliaia di

compagne e di compagni furono vittime dell’esilio, del-la tortura, della prigionia e dell'assassinio. Dopo i 40

anni di repressione franchista, fu finalmente durante la

transizione che si ricostruì la nuova CNT.

L'organizzazione che era rinata nel 1976 riuniva

un’amalgama di gruppi anarchici, antiautoritari, sinda-calisti e anarcosindacalisti che erano già stati costituiti

in precedenza. E nasceva dall'illusione di poter ripro-

porre i discorsi e le conquiste rivoluzionarie realizzate

40 anni prima in una società che nel frattempo era pro-

fondamente cambiata e lanciata in un processo accele-

rato di trasformazione. La società e la classe operaia

30 I PRECEDENTI

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rato di trasformazione. La società e la classe operaia

erano fortemente motivati, con una infinità di organiz-

zazioni e grandi speranze di poter cambiare tutto. C’era una energia che traboccava. C’erano idee, ma, in realtà,

non avevamo nessuna organizzazione coordinata né un

progetto definito per offrire risposte adeguate alla situa-

zione.

La legalizzazione dell’organizzazione nel 1977 diede un alito di speranza che portò all'apertura di loca-

li, a una inaspettata crescita numerica e a una capacità

di mobilitazione che fu dimostrata contro i patti della

Moncloa, i conflitti di Cavatori, Petrolieri.... Ma la re-

pressione selettiva da parte dello Stato verso il movi-mento libertario, gli errori strategici, l’autoemargina-

zione volontaria e le successive liti interne, vanificaro-

no la possibilità di dare all’anarcosindacalismo una ra-

dicazione effettiva spegnendo la volontà di lotta di mi-

gliaia di compagne e di compagni.

I PRECEDENTI 31

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La perdita progressiva di presenza e di impulso non si ve-rificò da un giorno all'altro. Si sviluppò gradualmente accele-rando in specifici momenti, sia a causa di montature poliziesche (Caso Scala,...) sia per una serie di «caccia alle streghe» interne (espulsioni, chiusura dei locali, abbandoni,...). In queste circo-stanze si giunse al V° Congresso, nel 1979.

Le divergenze interne pre-cedenti non erano state nulla in confronto al processo di scontro e di persecuzione svolti da picco-li gruppi che si eressero a custodi della ortodossia e che operarono strutturalmente contro tutti colo-ro che mostravano pubblicamen-te il loro disaccordo con gli svi-luppi del Congresso. All'interno di un ambiente che nulla aveva a che fare con una organizzazione libertaria, si verificò così una scissione all'inizio del 1980, ma-terializzata poi attraverso un Congresso che ebbe luogo tra il 25 e il 27 Luglio dello stesso an-no, dando origine alla CNT-Con-gresso di Valenza, con un nuovo approccio di attualizzazione della strategia sindacale e come alter-

nativa pratica agli ambienti del settore CNT-AIT. Nel settore della CNT-AIT continuarono gli in-

finiti dibattiti, le tensioni e l’intolleranza che avevano causato la prima divisione. Tra il 12 ed il 16 Gennaio 1983, in un Congresso tenutosi a Barcellona, si decise di modificare le linee d'azione seguite fino ad allora e scommettere sulla partecipazione alle successive ele-zioni sindacali. Si continuò il dibattito nel Congresso Straordinario tenutosi a Torrejón (Madrid) alcuni mesi dopo, dal 31 Marzo al 3 Aprile, modificando gli accor-di raggiunti in materia di elezioni sindacali, tra un

32 I PRECEDENTI

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di raggiunti in materia di elezioni sinda-cali, tra un vistoso depauperamento di militanti causato dalla volontaria assenza a questo incontro di molti sindacati e la rottura definitiva tra i due settori.

Quando c'è un sentiero che termi-na occorre iniziarne un altro, e l'occasione si ebbe nella forma di Congresso di Uni-ficazione. Tra il 29 Giugno e il 1° Luglio 1984, si celebrò quel Congresso che uni-ficò la maggior parte dell’anarcosindaca-lismo attivo e gli permise di iniziare un nuovo percorso. Il settore CNT-Congres-so di Valenza e la maggior parte del setto-re CNT-AIT si unificarono e guidarono questa nuova fase di recupero. Si formò la «nuova CNT», mentre un piccolo gruppo distante dalla realtà dei luoghi di lavoro si appropriò burocraticamente dell’apparato della CNT-AIT, e restò appiccicato alle sue sigle e ai suoi incarichi.

L'organizzazione che nel Con-gresso di Unificazione del 1984 iniziava il suo viaggio riponeva le sue energie su qualche migliaio di affiliati e alcune cen-tinaia di militanti incombustibili i quali avrebbero saputo ricostruire una proposta sindacale presentandosi alle elezioni sindacali. Deci-demmo come idea tattica, non come principio, di parte-cipare ai Comitati di impresa, rinnovarli, ed avviare un percorso atto a rompere l'emarginazione e l'isolamento, smettendola con lo sterile dibattito interno ma svilup-pando un'attività volta ad integrare i nostri criteri parte-cipativi alla dinamica sindacale dei luoghi di lavoro. Tut-to ciò senza gettar via le nostre radici.

Durante questo periodo le condizioni circostanti stavano velocemente cambiando. La società si era im-pantanata nella delusione enorme seguita alla transizione e, conseguentemente, aveva persa l'energia e la volontà necessarie per il cambiamento sociale. Era stata sospinta, con disincanto, tra i comodi meandri di una democrazia formale la cui principale forza era la normalizzazione delle ingiustizie in cambio della promessa effimera di garantire a tutti l'accesso a maggior benessere e consu-mo.

I PRECEDENTI 33

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La nostra organizza-zione attuale non è più quella del 1976 né quella del 1984. La nostra realtà organizzativa è avanzata moltiplicando sia iscritti e militanti che simpa-tie e sostegni in un difficile processo di impegno sociale e sindacale. Ci siamo espansi sul territorio, anche nelle aree in cui l’anarcosindacalismo era ormai in stato di torpore o quasi scomparso, e abbiamo mantenuto la presenza dove la crisi fratricida ci aveva arre-cato tanti danni. Ci siamo consolidati e allargati nei ter-ritori che non avevano cessato di essere attivi e, oggi, ci tro-viamo in una situazione otti-male per un ulteriore sviluppo del nostro progetto.

Ma la cosa più impor-tante è che la nostra organiz-zazione, nel prendere le deci-sioni che assunse, ha iniziato ad accumulare un grande ba-gaglio di esperienze nella sto-ria delle recenti lotte. Un ba-gaglio autodidatta sviluppato in oltre due decenni di pre-senza nei comitati di impresa,

nelle commissioni negoziali, nei comitati di sciopero, nelle mobilitazioni set-toriali, nelle lotte sociali, nelle campagne di «so-lidarietà» attiva e negli scioperi generali.

Dando forma e corpo ad una strategia sin-dacale originale che non era contenuta nei libri ereditati dalla nostra storia, e con un’azione mili-tante e impegnata, fatta di lotte, fallimenti, vitto-rie, insuccessi e successi, siamo tornati ad essere un punto di riferimento vivo per la classe lavora-trice.

34 I PRECEDENTI

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I PRECEDENTI 35

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Allegato 3Cronologia del processo di divisione

36 ALLEGATO 3CRONOLOGIA DEL PROCESSO...

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ALLEGATO 3CRONOLOGIA DEL PROCESSO... 37

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è, ai sensi dell'articolo 1° del proprio statuto, «una associa-zione di lavoratori e di lavora-

trici che si definisce anarcosindacalista, e quindi: di classe, autonoma, autogestionaria, federalista, interna-zionalista e libertaria». Definizione che riassume la pro-pria carta di identità e rappresenta la base su cui costruire il nostro presente, collegandolo con il bagaglio storico ereditato da quelli che ci hanno preceduti con le loro lot-te.

Preservare il contesto storico ed essere uno stru-mento che incide sul presente, sono due condizioni che determinano il processo evolutivo che abbiamo seguito come organizzazione mantenendo al contempo la nostra fisionomia di spazio aperto a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici in applicazione pratica dei principi dell’anar-cosindacalismo. Questo è il duplice obiettivo che nel corso degli anni ha determinato le successive rotture al-l'interno della CNT ricostruita negli anni '70 e, in ultima analisi, rappresenta il percorso del Congresso di Unifica-zione nel 1984 e del cambiamento di sigla nel 1989 che dovette fare la maggioranza anarcosindacalista «per im-posizione politica», trasformando la denominazione da CNT a quella di CGT, e recuperando lo storico nome che era stato concordato originariamente nel 1910.

Ricordiamo che l'origine diretta della nostra or-ganizzazione risale infatti al 1910. Convocati su richiesta dell’organizzazione catalana Solidaridad Obrera, che rea-lizzava il suo 2° Congresso, i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni operaie di tutto lo stato decidevano:

«Che si costituisce una Confederazione Gene-rale del Lavoro spagnola, integrando tempo-raneamente tutte quelle Società che non aderi-scono alla UGT, a condizione che una volta costituita la CGT spagnola, si cercherà un ac

CGT

LA CARTA DI IDENTITÀ 39

4LA CARTA DI IDENTITÀ:LE SIGLE E I SIMBOLI

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costituita la CGT spagnola, si cercherà un accordo tra le due Federazioni, allo scopo di unificare l’intera classe operaia in un’unica organizzazione...»

Questa Confederazione nacque come CGT, fu legalizzata formalmente pochi mesi dopo come CNT e dopo una lunga serie di rotture e riunificazioni, fu fi-nalmente ricostruita intorno alla sigla decisa in un pri-mo momento.

Da allora, la CNT, raggruppò la parte più com-battiva e impegnata della classe operaia, guidando la rivoluzione spagnola del 1936 e alcuni degli eventi fondamentali per il movimento operaio nella penisola iberica e in Europa, con una generosità senza confini, con una dedizione cieca ma mai settaria, assumendo a volte anche posizioni controverse e rischiose in difesa della classe operaia.

Una sigla storica che abbiamo difeso «con fede e con valore» fino a quando il governo spagnolo, trami-te la Corte Suprema, si è pronunciato contro di noi. Una sentenza politica con una spiegazione chiara. Quella CNT «unificata», liberata dai vecchi schematismi e ran-cori, rinnovata, viva, dinamica nei luoghi di lavoro, creatrice di vitalità nella società e con tutto il suo baga-glio storico, non era ciò che più conveniva al potere istituzionale durante il processo di degrado della vita sociale, economica e politica che era stato progettato negli anni ‘80 allo scopo di soffocare l'impulso di tra-sformazione e portare la società all’apatia e alla delu-sione.

Non convenivamo né al governo né ai datori di lavoro, e la Corte Suprema si impegnò a chiudere una situazione in cui le lavoratrici e i lavoratori avevano già dato il loro verdetto, legandosi progressivamente a un'organizzazione che ha rappresentato la storia, ma lotta nel presente e propone di conquistare il futuro.

Anche se non ha più molto senso perdersi in domande come «cosa sarebbe successo se...?», ciò che è certo è che la decisione politica della Corte Suprema ha rappresentato per la nostra organizzazione la fine di un'era e l'inizio un altra, vista l’impossibilità di una uni-tà anarcosindacalista in Spagna e, per estensione, a livel-lo internazionale.

40 LA CARTA DI IDENTITÀ

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tà anarcosindacalista in Spagna e, per estensione, a livello internazionale.

Quattro diverse organizzazioni, oggi, si dico-no eredi della stessa storia. E purtroppo è pratica-mente impossibile sedersi a discutere attorno allo stesso tavolo. Si tratta di un evento senza precedenti, anche se tutta la storia dell’anarcosindacalismo è piena di divisioni e riunificazioni. Fino ad oggi il settore denominato «storico», è in «possesso e godi-mento» della sigla CNT per «ver-detto politico-giudiziario», e si è mantenuto assolutamente negativo ad ogni tentativo di dialogo o col-laborazione con uno zelo intransi-gente tale da apparire quasi come parte della sentenza giudiziaria.

La verità è che l’immenso patrimonio storico confederate ha subito la stessa sorte, cioè dilapi-dato da parte dello Stato e conse-gnato a una minoranza il cui più grande impegno sembra essere quello di opporsi all’evidenza e di ignorare coloro che rappresentano la realtà vivente dell’anarcosinda-calismo nei luoghi di lavoro. Comportandosi in numerose occa-sioni come se l’esercizio di nega-zione della nostra esistenza, fosse la loro unica giustificazione ad esistere.

Nel momento storico in cui il governo di Felipe Gonzalez rag-giunse una decisione attraverso la Corte Suprema, ci colse un grande dilemma. Avremmo dovuto pren-dere la decisione di ottemperare alla sentenza imposta dal Tribuna-le Supremo secondo la quale «tutti i sindacati legalizzati si denominano CNT» e convivono nello stesso invo-

lucro biologico e quale "tutti i

LA CARTA DI IDENTITÀ 41

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cro biologico euale "tutti i

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CNT» e convivono nello stesso involucro biologico e quindi restano nel limbo delle battaglie in cui ci aveva costretto il settore «storico»? La minaccia costituita da questa ipotesi avrebbe significato chiudere con l'entu-siasmo e l'impegno che si stavano sviluppando, rinun-ciando a compiere le nostre scelte di lotta sul posto di lavoro. Ciò non potevamo permettercelo.

Abbiamo cercato vari modi e fatte diverse pro-poste per continuare ad operare, nonostante le precarie condizioni in cui si sviluppava la nostra Azione Sinda-cale, ma fummo costretti a rifiutare di perderci nelle sterili e viscerali polemiche con determinate persone insediate nel settore “storico”, che avevano già dato prova sufficiente di intransigenza e di autoritarismo. Questi, tra gli altri, furono i motivi che alla fine ci fece-ro decidere irreversibilmente di continuare sotto la sigla della CGT.

E diciamo «continuare come CGT» perché i sindacati che si coagularono attorno alla sigla CGT non emersero dal nulla. Erano la parte più consistente dei sindacati costituenti la CNT che, uno per uno, nelle as-semblee degli iscritti, senza rinunciare né al proprio

bagaglio né alla propria identità, hanno accett

42 LA CARTA DI IDENTITÀ

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bagaglio né alla propria identità, hanno accettato la modifica statutaria del nome. Mantenendo la stessa ori-gine, la stessa identità e la continuità statutaria.

A proposito di questo fatto, cioè della frase ri-portata nella sentenza relativa all’uso delle «sigle» che ci esclude esplicitamente in materia patrimoniale, so-steniamo il diritto della CGT a rivendicare il nostro patrimonio storico. Un diritto che si basa tanto sui sim-boli, dato il nostro collegamento diretto con la storia, quanto sui fatti, data la nostra realtà sindacale. Un dirit-to sul quale la CGT è ferma, perché ciò è storicamente e moralmente giusto e perché non possiamo consentire ad una decisione dello Stato di bloccare assurdamente l’immenso patrimonio storico dell’anarcosindacalismo.

Un passo che in quel momento provocò un do-loroso dibattito, ma che ha aperto una strada che fortu-natamente ora possiamo iniziare a considerare soddi-sfacente. In questo percorso abbiamo recuperato l’a-crol’cro-

LA CARTA DI IDENTITÀ 43

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cronimo originale della CGT (quello approvato nel 1910), che ci consente di continuare a rivendicare il no-stro passato, il nostro presente e un futuro libero e egualitario.

La CGT si definisce anarcosindacalista. Noi manteniamo lo storico «A las barricadas» (Alle barrica-te), come inno assolutamente universale e la stessa bandiera rossonera della nostra origine. Continueremo a chiedere, dunque, che venga adeguatamente quantifica-to e restituito il patrimonio storico perché possa essere utile alle lotte attuali del movimento operaio.

Noi integriamo alla simbologia della nostra or-ganizzazione un simbolo che ci identifichi maggior-mente ed in modo esclusivo: le mani allacciate del mo-vimento libertario che è ora presente in quasi tutte le lotte che avvengono nello stato spagnolo. Siamo l'espressione vivente delle lotte storiche del movimento operaio, guidate dall'idea che l'emancipazione sarà ope-ra dei lavoratori e delle lavoratrici stesse e oggi rappre-sentiamo una nuova possibilità per la realizzazione di questa stessa emancipazione.

Una organizzazione per le lavoratrici e per i la-voratori, che rivendica il suo passato e impara giorno dopo giorno a trasformare il futuro. Un compito in cui il protagonismo, la discussione, le decisioni... devono essere assunti da tutti attraverso le assemblee dei sinda-cati, senza influenze esterne né avanguardie dirigenti. Saremo ciò che vogliamo: uomini e donne liberi.

44 LA CARTA DI IDENTITÀ

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LA CARTA DI IDENTITÀ 45 LA CARTA DI IDENTITÀ 45

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Allegato 4La carta di identità

Nessuno può dubitare seriamente del fatto che la CGT esista: ha statuti, affiliati e partecipa alla vita sociale di questo paese, in particolare alla vita

economica dal momento che è una organizzazione di salariati, di lavoratori e lavoratrici, come indica il nome stesso." ... "l’impegno per evidenziare questa identità rappresenta un criterio guida per definire la nostra azione. Ciò è confermato direttamente quando l'analisi del nostro operato ci indica che effettiva-mente stiamo rispettando questi criteri."

ORGANIZZAZIONE ANARCOSINDACALlSTA

"Il punto di partenza ... è molto chiaro: un insieme di persone percepisce la sua condizione soggettiva di lavoratori di un'impresa come fatto molto negativo. Si considerano oppressi e sfruttati e ritengono anche che le loro condizioni di lavoro non sono affatto giustificate." "Il primo passo, quindi, è quello di istituire una organizzazione per difendere i diritti dei lavora-tori" ... "la scelta è chiara quando si sviluppa in modo molto concreto la forma organizzativa anarco-sindacalista. Senza l'organizzazione dei lavoratori non è possibile lottare contro l'oppressione e lo sfruttamento ". "La grande sfida dell’anarcosindacalismo oggi, come alle sue origini, è quella di costruire una organizzazione che non cada nei difetti intrinseci

che sembrano minare tutte le organizzazioni rivolu-zionarie."

DI CLASSE

"Ci sono, pertanto, i datori di lavoro che hanno la proprietà dei mezzi di produzione, e i lavo-ratori che hanno solo la loro forza-lavoro che metto-no in vendita sul mercato del lavoro." "Ma non basta raggruppare coloro che rice-vono un salario per essere definiti come sindacato di classe, ... È soprattutto necessario che vi sia co-scienza di classe, ... occorre che i lavoratori dipen-denti, come si è detto, diventino consapevoli della loro ingiusta situazione sociale e la considerino qua-le realmente è, cioè come un valore negativo." "... per un sindacato che si considera "di classe" ... uno degli obiettivi a medio e a lungo ter-mine è la rivoluzione sociale ... cioè la trasformazio-ne radicale dei rapporti sociali di produzione".

AUTONOMA

"... deve essere chiara l'autonomia del sin-dacato nei confronti di qualsiasi partito politico, svin-colandolo, in particolare, dalle lotte elettorali per la costituzione di parlamenti rappresentativi". "Il problema centrale è, quindi, quello di rendere impossibile la manipolazione e la strumen-talizzazione da parte di entità esterne al sindacali-smo stesso, ...”

46

ALLEGATO 4LA CARTA DI IDENTITÀ

Page 49: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

"... il rifiuto di accettare questo tipo di divisione del

mondo del lavoro che è stata imposta in altre realtà

sindacali. Si deve respingere frontalmente qualsiasi

concezione di trasformazione o di rivoluzione socia-

le che si articoli su un duplice livello di intervento.

Da un lato ci sarebbero gli attivisti politici che si pre-

sentano in processi elettorali per difendere i pro-

grammi elettorali progressisti, nella migliore tradi-

zione del socialismo o della socialdemocrazia ...

Sull’altro lato ci sarebbero invece gli attivisti sinda-

cali, che devono limitare le loro azioni entro i limiti

ristretti delle fabbriche e alle condizioni di lavoro

nelle stesse."

AUTOGESTIONARIA

"L’essenza dell’autogestione è relativamen-

te semplice da comprendere; consiste nell’affermare

che gli esseri umani devono diventare protagonisti

delle loro stesse vite, cosa che si traduce nella ne-

cessità di assumere decisioni su tutte le questioni

che ci riguardano. ... il popolo prende il potere diret-

tamente, senza intermediari."

"Si tratta di garantire la partecipazione di

tutti gli interessati al processo decisionale. Il princi-

pio di base di un sistema di autogestione è la parte-

cipazione effettiva e costante di tutti gli interessati a

tutti i processi di discussione e di decisione.”

FEDERALISTA

"Il principio federativo è uno dei pilastri della

tradizione del socialismo libertario. Anzi, in alcuni

casi si potrebbe interpretare la pratica libertaria co-

me una radicalizzazione del federalismo, che non è

limitato alla vita politica ma diventa un principio re-

golatore della vita sociale in generale ... significa

sostanzialmente la risoluzione di tutte le questioni

per mezzo di accordi liberamente elaborati, libera-

mente assunti e liberamente sciolti."

"D'altra parte partiamo dalla convinzione

profonda che il sostegno reciproco, il mutuo appog-

gio, rappresenti il motore del progresso sociale e

che solo attraverso la solidarietà gli esseri umani

saranno in grado di risolvere i loro problemi."

"Ciò è quanto si intende per affiliazione di

una persona in un sindacato, perché quando si en-

tra a far parte di un sindacato la prima cosa che si fa

è di accordarsi con gli altri per lottare in difesa dei

propri interessi con l'intenzione di modificare l'ordine

prestabilito."

"L’elezione di delegati, significherà che essi

sono soltanto mandatari revocabili nel momento in

cui superino il compito loro affidato e per il quale

sono stati nominati."

"Dal momento in cui il sindacato viene costi-

tuito, esso si federa con altri sindacati perché consi-

derano che la lotta sociale ed economica che inten-

dono portare avanti non può essere limitata al solo

47ALLEGATO 4LA CARTA DI IDENTITÀ

Page 50: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

derano che la lotta sociale ed economica che inten-

dono portare avanti non può essere limitata al solo

ambito economico ma deve abbracciare il comples-

so della vita economica e della vita sociale.”

"L'equilibrio tra le esigenze che impone il

coordinamento tra i diversi sindacati e la libertà che

ciascun sindacato reclama per sé non ha una solu-

zione semplice e definitiva.”

“L’equilibrio si manifesta in un altro tratto

caratteristico importante ... Si tratta della solidarietà

che deve esistere tra tutti i sindacati federati.”

INTERNAZIONALISTA

"Fin dalle origini stesse del movimento ope-

raio si è sostenuto che la lotta avrebbe dovuto esse-

re internazionale e che sarebbe stata vittoriosa sol-

tanto se avesse avuto come obiettivo una società

senza classi e avesse dato un profondo senso in-

ternazionalista a tutte le lotte sindacali. "

"Sembra, tuttavia, un compito non semplice

quello di superare il nazionalismo, integrando l’inte-

ra classe lavoratrice in un unico progetto di portata

globale. La internazionalizzazione dei processi di

lavoro e della produzione di ricchezza sono in que-

sto momento assolutamente generalizzati e ciò ren-

de ben evidente che certo “internazionalismo” è

l’essenza stessa del blocco dominante e della clas-

se egemone, per la quale ben vale il detto che "il

capitale non ha patria ".

"La risposta all’attuale situazione dei pro-

cessi di globalizzazione, dunque, non può mai anda-

re nel senso di difendere le conquiste raggiunte a

livello locale, dopo decenni di dure lotte sindacali,

prescindendo totalmente dal quadro generale nel

quale sono inserite queste stesse condizioni."

"Ed è per questo motivo che oggi come allo-

ra, ma più di allora, l'internazionalismo è una esi-

genza ineludibile dei lavoratori."

LIBERTARIA

"E’ stata la tradizione libertaria ad imporre

che questioni come l'autogestione e il federalismo

diventassero pietre angolari dell’edificio sindacale.

Al di là della analogia nella definizione degli orien-

tamenti generali, il rapporto tra anarchismo e anar-

co-sindacalismo non è mai stato molto semplice."

"E’ evidente il rischio di cadere in varianti

del concetto di avanguardia, tanto estraneo al pen-

siero libertario, e ciò ha contribuito da sempre al

fatto che gli anarchici considerassero negativamen-

te tale modo di impostare le relazioni.”

"... occorre prestare comunque attenzione a

mantenere tale coerenza perché i mezzi usati non

finiscano per portarci ad obiettivi ben diversi da

quelli prefissati."

"Inoltre, questa enfasi sulla dimensione eti-

ca riguarda nello stesso modo la pratica sindacale di

tutti gli affiliati, singolarmente e collettivamente.”

48 ALLEGATO 4LA CARTA DI IDENTITÀ

Page 51: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

"È qualcosa di più di un semplice sindacato, nel senso che all’interno della sua lotta sindacale si preoccupa di introdurre rivendicazioni che vanno al di là delle mere rivendicazioni incentrate su aumenti salariali e riduzione dell'orario di lavoro, anche se queste esigenze sono ben presenti e portate avan-ti." "Di qui il ricorso costante all’azione diretta come asse su cui si articola tutto ciò che intendiamo fare."

fare.” "La nostra possibilità di forzare una trattati-va negli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici non è in funzione del numero di delegati che abbiamo o della percentuale che abbiamo ottenuto alle elezioni sindacali. Piuttosto, questa capacità sarà diretta-mente proporzionale a quella di mobilitare i lavorato-ri perché lottino in difesa di ciò che legittimamente loro appartiene.”

49ALLEGATO 4LA CARTA DI IDENTITÀ

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Page 53: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

è una Confederazione di Sindacati che articolano la loro vita organica quotidiana

attraverso le rispettive Confederazioni Territoriali. Al-l'interno di ciascuna Confederazione Territoriale, i diversi Sindacati sono raggruppati nelle varie entità locali che costituiscono, così, le Federazioni Locali, Zonali o Provinciali.

Il Sindacato locale, categoriale, interaziendale o unico, è la base organizzativa della Confederazione Generale del Lavoro, e il massimo organo decisionale del sindacato è l’Assemblea Generale dei suoi iscritti. Al di sopra del Sindacato si sviluppa la doppia struttu-ra, territoriale e settoriale, in cui si articola l'organiz-zazione.

La struttura territoriale sviluppa le proposta della CGT per il territorio e modula l'azione del lavo-ro locale. La struttura settoriale promuove e articola l'Azione Sindacale sui temi rivendicativi settoriali.

Questa doppia struttura su cui si basa il nostro lavoro è stata definita dopo un lungo dibattito e qual-che controversia nel corso degli anni, soprattutto nei dibattiti congressuali. Tale divisione funzionale, oltre al fatto che l’insieme della confederazione si presenti come una Confederazione di Sindacati locali, rappre-senta il punto di partenza per comprendere i meccani-smi del funzionamento interno e di quelli relativi ai processi decisionali.

Tanto le Confederazioni Territoriali quanto le Federazioni Settoriali, ossia la Federazione Nazionale dei Sindacati della stessa categoria, fanno parte del Comitato Confederale della CGT. Attraverso le As-semblee Plenarie Confederali che si svolgono ogni due mesi si coordina il funzionamento dell'organizza-zione tra un Congresso e l’altro.

CGT

LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE 51

5LA STRUTTURA

TERRITORIALE E SETTORIALE

Page 54: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Nelle Plenarie sono i territori quelli che eserci-tano il diritto di voto. Per dare voce e partecipazione alle Federazioni di categoria, queste hanno a disposi-zione un voto che può essere usato solo per questioni di Azione Sindacale. Il risultato di tutto ciò è che, nell’in-sieme, debba essere la struttura territoriale, e pertanto i sindacati federati attraverso il territorio, quelli che han-no un peso determinante in qualsiasi decisione che as-suma l’organizzazione.

Attualmente, la struttura territoriale si basa su un totale di 185 sindacati di categoria, costituiti e fede-rati. Questi Sindacati sono raggruppati in un totale di 85 Federazioni Locali, che formano a loro volta 12 Confe-derazioni Territoriali geograficamente definite che oc-cupano praticamente l'intero territorio dello stato spa-gnolo e mantengono un continuo processo di espansio-ne. Le Confederazioni territoriali costituite al momento sono:

Galizia (5 federazioni locali) Asturie (2 federazioni locali) Cantabria (2 federazioni locali, oggi organi-camente legate alla Castiglia y Leon) Euskadi (4 federazioni locali) Aragona / Rioja (5 federazioni locali) Catalonia (21 federazioni locali) Baleari (2 federazioni locali) Pais Valencia / Murcia (9 federazioni locali) Andalusia (14 federazioni locali) Madrid / Castiglia-La Mancha / Estremadura (7 federazioni locali) Castiglia y Leon (12 federazioni locali) Isole Canarie (in via di costituzione con 2 fe-derazioni locali)

Il consolidamento della nostra organizzazione è stato accompagnato dalla progressiva apertura di nuovi locali che sono stati fondamentali al momento di riunir-ci e rafforzare la nostra presenza in un numero crescen-te di contesti sociali. Questa strada non è stata facile, ma fin dal primo momento l’insieme dell'organizzazio-ne ha mostrato la sua volontà di consolidare le strutture

52 LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE

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stabili e ricostruire il patrimonio che ci è stato nega-to e sottratto più volte.

L'enorme e condiviso sforzo, che è un chiaro esempio dei nostri principi di solidarietà e di reci-proco sostegno (Sindacati, Federazioni Locali,..), ci ha permesso di dotarci di locali propri nel maggior numero possibile di territori. Delle 90 sedi aperte di cui dispone attualmente l'organizzazione, oltre la metà rappresentano già un nuovo patrimonio confe-derale.

Questo consolidamento di infrastrutture nostre, realizza-to col principio della condivisio-ne delle risorse attraverso la so-lidarietà interterritoriale, ha so-stenuto la costituzione di nuovi nuclei, ci ha consentito di esten-dere l'organizzazione e portare le nostre proposte in modo sempre più diretto e vicino a tutto l’in-sieme del movimento operaio e dei movimenti sociali.

Il processo di consolida-mento ha facilitato lo sviluppo di una azione sociale, a partire dal livello locale, che ha permesso di promuovere mobilitazioni di vasta portata e di confluire con molti movimenti sociali attraver-so il lavoro orizzontale e l’anti-capitalismo. Esempio di tutto ciò è stata l’azione sindacale contro la precarietà e il collegamento con movimenti quali quelli dei «senza lavoro» o dei «Sans-pa-piers», guidati dai comitati di lotta contro la disoccupazione, contro la precarietà, di interven-to, gruppi di solidarietà, di azio-ne sociale, o direttamente da parte delle segreterie di azione sindacale.

LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE 53

Page 56: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

parte delle segreterie di azione sindacale. La struttura settoriale, le federazioni

di categoria, pur se può sembrare che ab-biano meno capacità di decidere per non avere, sulla carta, lo stesso ruolo delle Con-federazioni Territoriali nel Comitato Con-federale, sono essenziali nello sviluppo della organizzazione e del suo lavoro quo-tidiano.

La struttura settoriale inizia dalla organizzazione federata dei sindacati di categoria, quelli di una stessa o simile atti-vità professionale, allo scopo di coordinare e rendere più efficace l'azione sindacale della CGT. Queste sono denominate Fede-razioni Settoriali o di Ramo.

Il nostro statuto limita ad un massi-mo di 13 le possibili Federazioni Settoriali (art. 23 dello Statuto Confederale, vedi Al-legato 5), elenco che, a sua volta, definisce il numero massimo di Sindacati di Ramo in ogni singola Federazione Locale. Questo stesso modello può essere seguito per for-mare Federazioni Settoriali nell’ambito delle Confederazioni Territoriali. Tuttavia una federazione settoriale nazionale è composta direttamente da tutti i Sindacati

della categoria corrispondente e non dalle Federazioni Set-toriali di ambito territoriale inferiore.

Sebbene la creazione e il ruolo delle Federazioni Settoriali abbia portato ad un dibattito durato decenni, al-l'interno della CGT nessuno contesta la loro necessità, mantenendo aperto un processo di approfondimento e di adeguamento di nuovi meccanismi per migliorare il lavoro sindacale.

Nei Sindacati di ciascuna località si sviluppano i dibattiti più importanti della vita confederale, si materia-lizzano le affiliazioni e si risolve il primo livello di reci-proco sostegno e solidarietà, essendo i Sindacati di catego-ria quelli che decidono e avallano la costituzione delle Se-zioni Sindacali a livello d’impresa.

54 LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE

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Attorno a questo schema di base si trova una com-plessa realtà di necessità e di lavoro. Sono queste esigenze di attività sindacale che ci hanno portato a dire che la CGT, in ogni settore, ha una voce sola e diventa essenzia-le, quindi, dotarsi in ogni circostanza di meccanismi chiari per prendere decisioni che garantiscano che ciò che viene fatto in nome della CGT è davvero la volontà di tutti gli iscritti alla CGT in ogni specifica area di interlocuzione, di rivendicazione o di azione.

Data la continua crescita dell'organizzazione, alla realtà delle diverse Sezioni Sindacali d’impresa operanti a livello locale, si è aggiunta la costituzione di Sezioni Sin-dacali Nazionali, in corrispondenza con imprese di ambito multiprovinciale.

LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE 55

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56 LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE

Queste Sezioni Nazio-nali hanno acquisito in alcuni casi il nome di Sindacati Fe-derali nella loro iniziativa pubblica, anche se, all’interno della struttura organizzativa, in realtà sono analoghe a delle “sezioni nazionali”.

La possibilità di contrat-tare ed influire sempre più negli spazi di negoziazione, di dialogo o di rivendicazione oltre il livello locale o di una singola impresa, ci ha portati anche a costituire coordina-menti settoriali che combina-

no e guidano l'azione sindacale nell’ambito ogni volta appropriato.

Questa forma di lavoro settoriale si sta anche mostrando adeguato per includere lavoratori e lavo-ratrici che si trovano in situazioni più precarie, le-gandoli ai nuclei che hanno migliori condizioni di lavoro e migliori opportunità sindacali. In tal modo sarà anche possibile ricercare e sviluppare forme di lotta e di azione sindacale al di là dell’appartenenza a uno o ad un altro settore produttivo in funzione della compresenza in un medesimo luogo di lavoro.

Lo sviluppo di tutte le possibilità e dei piani di azione all’interno del rispetto per le strutture e per gli accordi confederali, permette di migliorarci come strumento di lotta e di consolidarci come al-ternativa reale.

Vogliamo sottolineare che nel corso di tutti questi anni hanno lavorato nell'organizzazione un buon numero di compagni e compagne dell’esilio che, attraverso il Gruppo Confederale della Emigra-zione, hanno partecipato a dibattiti e comizi. La lo-ro presenza è sempre stata positiva e anche se, lo-gicamente per via dell’età, a poco a poco sono cala-ti di numero, essi ci hanno accompagnato e ci ac-compagnano ancora in ogni momento.

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LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE 57

Page 60: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

rticolo 9. La CGT è una Confederazione di

sindacati che è strutturata nelle aree geogra-

fiche di cui all'articolo 3 della Statuto. I sinda-

cati, tra loro federati, formano le varie Federazioni

Locali, Distrettuali, Zonali o Provinciali e le Confede-

razioni Territoriali. I sindacati sono federati all'interno

della Confederación General del Trabajo (CGT),

attraverso le loro rispettive Confederazioni Territoria-

li.

Articolo 10. I Sindacati appartenenti ad una

medesima o simile attività professionale si federano

tra loro, al fine di costituire le denominate Federa-

zioni Settoriali o di Ramo. A queste Federazioni si

aggregheranno anche le corrispondenti Sezioni o

Nuclei di settore integrati nei vari sindacati Unici e/o

Mestieri Vari o Attività Diverse della CGT.

Articolo 11. Il Sindacato è la base organiz-

zativa della Confederazione Generale del Lavoro.

Per costituire un sindacato settoriale è richiesto un

numero minimo di 75 iscritti. Se non si potesse rag-

giungere tale numero, essi costruiranno una sezione

nel sindacato dei Mestieri Vari o delle Attività Diver-

se. Questi, in quanto tali, saranno gli unici che pos-

sono costituirsi con un numero di affiliati inferiore a

75 e non minore di 10.

I sindacati possono costituirsi in ambito lo-

cale, distrettuale, zonale o provinciale.

Tuttavia, se un gruppo di iscritti del settore corri-

spondente e in numero non inferiore a 75 decides-

sero di formare un sindacato settoriale di livello infe-

riore a quello cui appartengono al momento, ciò

immediatamente e automaticamente andrà a modi-

ficare statutariamente il suo ambito di attuazione

secondo la nuova situazione territoriale. In ogni ca-

so, non potranno esistere in uno stesso ambito terri-

toriale due sindacati dello stesso settore né due sin-

dacati di Mestieri Vari o Attività Diverse.

Articolo 12. I Sindacati possono costituire

sezioni sindacali di impresa, di settore e/o di posto

di lavoro.

Articolo 23. Le Federazioni Settoriali o di

Ramo avranno una struttura simile a quella della

CGT, adattandola ai rispettivi ambiti professionali,

sviluppando una propria normativa di funzionamento

che, comunque, in nessun caso potrà essere in con-

traddizione con la normativa generale e gli accordi

vigenti nella Confederación General del Trabajo.

Queste federazioni sono strutturate nei rami

di produzione o di servizio che sono elencati di se-

guito:

Pubblica Amministrazione.

Alimentazione, Commercio, Ristorazione.

Banche, Borsa, Risparmio, Assicurazioni,Enti di

credito, Poste e telegrafi.

Coltivazione, Agricoltura, Allevamento e Pesca.

58

Allegato 5Struttura della CGT secondo i suoi Statuti

A

ALLEGATO 5STRUTTURA DELLA CGT...

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Costruzione, Legno, Ceramica e Sughero

Energia, Mineraria e Chimica e affini.

Istruzione.

Spettacolo, Informazione, Stampa e Arti Grafiche

Pensionati e Disoccupati.

Pulizia e Mantenimento.

Metallurgia.

Sanità.

Trasporti e Comunicazioni.

Tessile, Pelli e derivati.

Di fronte alla possibilità che emerga un

nuovo settore o ramo non inquadrato tra quelli men-

zionati, sarà il Comitato Confederale riunito in ses-

sione ordinaria che deciderà in merito al riconosci-

mento del nuovo settore in quanto tale, e/o alla co-

stituzione della Federazione corrispondente, in

modo provvisoria fino al successivo Congresso or-

dinario.

Articolo 25. Nelle imprese di ambito nazio-

nale, senza violare l'accordo di cui agli articoli di cui

sopra, possono essere costituiti sindacati federali o

sezioni sindacali nazionali per il lavoro di coordina-

mento o organizzativo d’impresa e per la difesa de-

gli interessi concreti del lavoro. I sindacati federali

esistenti saranno integrati nelle Federazioni corri-

spondenti.

59 ALLEGATO 5

STRUTTURA DELLA CGT...

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a configurazione di una nuova azione sindacale che risultasse efficace rispetto ai problemi at-tuali della classe lavoratrice e di chiaro stampo

anarcosindacalista, è stata condizionata da una serie di circostanze su cui dobbiamo riflettere per poter com-prendere il nostro processo evolutivo.

Anzitutto, abbiamo dovuto affrontare i cambia-menti politici ed economici avvenuti nello Stato spa-gnolo, in Europa e nel mondo; poi le mutazioni fatte dal capitale allo scopo di continuare a sopravvivere e a ri-programmarsi, per imporre i suoi obiettivi; e infine il nostro processo di ricomposizione per una alternativa che abbiamo rincorsa dopo anni di "traversata nel de-serto" e iniziata col Congresso di Unificazione, per ri-costruire l’ingranaggio organizzativo sindacale e le ri-sposte strategiche che abbiamo saputo dare.

Nell'analizzare il contesto sociale e lavorativo in cui si è riorganizzato il nostro progetto, abbiamo visto come alla forte e generalizzata smobilitazione è seguito il processo di ristrutturazione industriale e le prime ri-forme sul lavoro flessibilizzato, all'interno di un con-senso sociale avvallato dai sindacati «istituzionali». Tutto questo sullo sfondo della integrazione nell'Unione Europea e nella NATO. Le caratteristiche di questa si-tuazione sono state costanti nel corso di questi due de-cenni e mezzo, facendola diventare sempre più com-plessa e acuta col passare del tempo.

Il capitalismo, nella seconda metà del secolo scorso, ha fondato la sua legittimità sulla capacità di promettere un futuro di benessere basato sulla ridistri-buzione della ricchezza e su un benessere economico che si traduceva in consumi, rendendo il proletariato un produttore/consumatore con prospettive di stabilità economica e ampie prospettive di lavoro.

Le trasformazioni avvenute in questi ultimi anni - la globalizzazione neoliberista - hanno fatto saltare per aria queste illusioni. Il nuovo capitalismo non si basa

L

L’AZIONE SINDACALE 61

6L’AZIONE SINDACALE

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basa più sulla stabilità delle sue strutture, ma sulla co-stante minaccia di crisi sistemiche in nome del massimo profitto basato sulla speculazione, la deregolamentazio-ne dei rapporti di lavoro e la loro flessibilizzazione tota-le, la precarietà e la distruzione dei diritti del lavoro e sociali. Tutto questo in nome della competitività più accentuata, espressione diretta del darwinismo sociale neoliberista. L'impatto sulla classe lavoratrice e sulla società è stato brutale.

La terminologia tipica dell'ideologia capitalista è stata introdotta in modo chiaro nella società attraverso nozioni gestite e divulgate dai media informativi del potere e dagli «agenti sociali». Si parla sempre più di competitività, valore, flessibilità, I+D+i (Ricerca + Svi-luppo + Innovazione tecnologica), produttività e lotta contro l'inflazione...; e sempre meno di investimenti sociali, occupazione stabile e miglioramenti salariali.

62 L’AZIONE SINDACALE

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Vi è stato un cambiamento qualitativo in ciò che tradizionalmente è chiamato il «bilanciamento delle forze» allorché le burocrazie dei grandi sindacati si so-no di fatto poste al fianco del neoliberismo, accettando il declino delle condizioni di lavoro. Accompagnandolo ad un monopolio di rappresentanza e di meccanismi di negoziazione. Il risultato finale è stato, come abbiamo già detto in precedenza, il disincanto, la smobilitazione e l'individualismo.

Arginare la ristrutturazione del mercato del la-voro (riforme del lavoro, meccanismi di regolazione dell’impiego, licenziamenti individuali, esternalizza-zioni, delocalizzazioni, ecc.) e difendere i diritti sociali e le libertà civili richiede una volontà sindacale capace di confrontarsi con la logica del mercato capitalistico, al fine di cambiarla con un’altra logica che privilegi la ridistribuzione della ricchezze e il lavoro, lungo un per-corso di autogestione. La fermezza della no-stra azione è determinata dalla necessità di mostrare alla società la gravità delle politi-che che, in nome della libera concorrenza e del mercato, distruggono le relazioni sociali, le relazioni basate sulla solidarietà, il rispet-to per una vera democrazia e i diritti di tutti.

Negli interventi e nelle azioni contro queste politiche, la CGT sta prendendo for-ma giorno dopo giorno, attraverso processi costanti di lotta e di conflitto, che sono di-ventati nel corso degli anni il nostro miglior corso di formazione e il nostro miglior bi-glietto da visita. Sono stati la coerenza sin-dacale, il nostro lavoro sui tavoli negoziali, le mobilitazioni e, in ultima analisi, il nostro impegno continuo contro l'ingiustizia, lo sfruttamento e la repressione, ciò che ha da-to il necessario equilibrio alla progressiva crescita sul terreno della presenza organizza-ta e del continuo radicamento nei posti di lavoro.

Il processo ha richiesto un lavoro pianificato costante, fermo e coerente. Il primo passo fu quello di presentarci alle

L’AZIONE SINDACALE 63

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primo passo fu quello di presentarci alle elezioni sinda-cali, assumendoci il rischio di una marginalizzazione che però non lasciava altre opzioni. Poi venne l'assimi-lazione del lavoro «all'interno dei comitati», imparando a mantenere fermezza in uno spazio che abbiamo trova-to confuso, disordinato e ostile. In queste circostanze, la successiva battaglia è stata quella della trasparenza, ga-rantire che le riunioni fossero reali; che gli atti trascri-vessero davvero ciò che era accaduto; che i lavoratori e le lavoratrici conoscessero il contenuto del contratto; che fossero coinvolti nei conflitti, trasformando ogni situazione in una spinta alla partecipazione.

Abbiamo posto il nostro ruolo correttamente e non ci siamo lasciati catturare dai giochi di potere svi-luppati dal sindacalismo «istituzionale» ormai tutt’uno con le direzioni delle imprese. Abbiamo unito i tavoli di contrattazione collettiva con le parallele assemblee. Diffondere informazioni e favorire la partecipazione ha cominciato ad essere parte della nostra identità operati-va e il lavoro che ci ha permesso di sviluppare le nostre rivendicazioni, motivando i lavoratori e le lavoratrici a lottare per i loro interessi. Questa

64 L’AZIONE SINDACALE

cominciato ad essere parte della nostra identità operati-va e il lavoro che ci ha permesso di sviluppare le nostrerivendicazioni, motivando i lavoratori e le lavoratrici alottare per i loro interessi. Questa

à opare le no

e le lavoratric

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lottare per i loro interessi. Questa fase è quella che ci ha permesso di evidenziare le nette differenze tra i nego-ziati con o senza la presenza della CGT.

L'ingresso ai tavoli dei negoziati ha rappresenta-to per la nostra organizzazione un cambiamento di pro-spettiva ancora maggiore di quanto di per sé aveva si-gnificato il lavoro quotidiano nei comitati di impresa. La forza, ai tavoli di negoziazione, dipende dalla credi-bilità delle proposte che si rappresentano e dal sostegno reale su cui si può contare nei luoghi di lavoro. Abbia-mo dimostrato che siamo in grado di influenzare i ne-goziati quando le nostre proposte rivendicative diventa-no abbastanza forti, anche in quei casi nei quali non siamo direttamente rappresentati a detti tavoli.

Abbiamo avanzate richieste esigendo tutto il possibile con l’appoggio dalle manifestazioni svolte dai lavoratori e dalle lavoratrici, ottenendo miglioramenti concreti che ci hanno consentito successivamente di superare i limiti contrattuali imposti dai datori di lavoro e dai sindacati istituzionali creando speranza e possibi-lità di nuove richieste e nuove lotte.

Abbiamo dato un nuovo impulso alle sezioni sindacali come soggetto prioritario e strumento orga-nizzativo nell’impresa, a differenza della segretezza e del collaborazionismo espressi dagli altri modelli sin-dacali, e come meccanismo di partecipazione al fine di aumentare la nostra efficacia di fronte ai problemi im-mediati.

Abbiamo iniziato con mobilitazioni promosse dalla CGT di propria iniziativa, allo scopo di consoli-dare il lavoro sindacale nelle prime manifestazioni svi-luppate dalla CGT quando si trovava completamente sola nell’ambito di imprese e settori in cui le nostre proposte incontravano un sufficiente sostegno.

Finalmente arrivarono i primi successi contro la precarizzazione delle condizioni di lavoro e i licenzia-menti repressivi, praticando quel «fatti valere» che ab-biamo difeso allora come un messaggio, uno slogan, e che è rimasto nel nostro linguaggio come un segno di identità in qualsiasi occasione.

L’AZIONE SINDACALE 65

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Infine, la elaborazione di strutture di coordina-mento più grandi e con più capacità di lavoro organiz-zato ha permesso di sviluppare rivendicazioni e spazi di azione al di là della realtà di ciascuna singola impresa, proiettandosi su un numero maggiore di realtà settoriali in cui, a poco a poco, stiamo introducendo le nostre proposte di concretezza rivendicativa sui luoghi di la-voro e sui tavoli di negoziazione.

Durante questo processo vi è stata una apertura decisa alle nuove realtà e alle generazioni più giovani. Lavorare sulla precarietà, come paradigma del deterio-ramento del lavoro e del sociale, e dare costanza all'im-pegno del nostro sindacato con coloro che sono più di-sagiati, ha facilitato l’ingresso di lavoratori e di lavora-trici giovani, ed ha accresciuto il prestigio e la credibili-tà della nostra organizzazione.

La configurazione di questa strategia sindacale, fortemente dibattuta e consolidata, ha definito criteri concreti di funzionamento.

L'azione sindacale è una applicazione pratica del nostro modello, in modo che tutte le caratteristiche e le peculiarità della nostra organizzazione (trasparen-za, partecipazione, azione diretta...) devono essere pre-senti in tutte le fasi del suo sviluppo.

Il radicamento delle nostre proposte è stata sen-za dubbio la prima sfida che abbiamo dovuto affrontare in questi ultimi decenni, seguito da costanti e successivi piani di crescita e di espansione degli spazi per le nostre idee, sapendo perfettamente che la crescita migliore è quella che si basa sul consolidamento delle nostre pro-poste sindacali e sociali.

Essere «una sola voce in ciascuna impresa» ci ha permesso di crescere su posizioni condivise e di sta-bilire meccanismi per raggiungere accordi, a volte, prima ancora di qualsiasi interlocuzione o tentativo di negoziazione.

Il saper mobilitare, quando la consegna imposta sui luoghi di lavoro dai sindacati «istituzionali» era «patteggiare e non muoversi», ci ha permesso di distin-guerci dalle parole vuote di chi avrebbe voluto mante-nere la forma senza alcuna sostanza.

66 L’AZIONE SINDACALE

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I progressi nel coordinamento delle azioni sin-dacali, superando il giorno per giorno e affrontando la sfida continua di andare «oltre» ha permesso di aumen-tare l'influenza dei nostri metodi, facendo della CGT uno spazio per lottare, partecipare e decidere.

Assicurare il sostegno e la solidarietà con i mezzi tecnici ed economici adeguati, ma soprattutto l’appoggio dell'organizzazione a ciascuna delle lotte intraprese, ci ha dato la forza di chi affronta i problemi sapendo ciò che fa e la fiducia di chi sa di essere ap-poggiato.

Mantenere una azione sindacale di natura con-federale, sommando rivendicazioni, lotte e proposte, ci ha presentati in chiave rivendicativa, combattiva e par-tecipativa, di fronte ai problemi di fondo, rendendoci credibili agli occhi della classe lavoratrice e della socie-tà.

A fronte dell’invasione delle proposte neoliberi-ste e delle divisioni imposte alla classe lavoratrice at-traverso i nuovi modelli di produzione, la nostra sfida è stata quella di mantenere l'unità nei messaggi e nelle risposte della CGT alla classe lavoratrice, divenendo così una organizzazione che non cessa di crescere e non si esime dal confronto con i problemi del lavoro e con le lotte per la risoluzione dei conflitti specifici.

Abbiamo optato per trovare un equilibrio tra l'essere una organizzazione di rappresentanza nei luoghi di lavoro, rispondendo alle esigenze quotidiane che tale responsabilità impone, e il fatto di essere una organiz-zazione trasformatrice che vuole proporre, rivendicare e mobilitare per la globalità delle situazioni e dei proble-mi che interessano la classe lavoratrice e la società nel loro insieme.

In questo modo siamo passati dalla mera attività sindacale nei luoghi di lavoro allo svolgimento di un lavoro capace di incidere su tutta la società. Siamo co-scienti del fatto che non possiamo permetterci in questo processo di costruzione di limitarci alla sola struttura-zione di coordinamento delle sezioni sindacali sotto la sigla della CGT, né dedicarci a realizzare esperimenti discorsivi o avventuristici, evitando la connessione or-ganizzativa diretta con le lotte reali di ogni giorno nei luoghi di lavoro.

L’AZIONE SINDACALE 67

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ganizzativa diretta con le lotte reali di ogni giorno nei luoghi di lavoro.

Nella CGT abbiamo un grande compito davanti a noi. La ridistribuzione della ricchezza e del lavoro è stato uno degli scopi fondamentali della nostra organiz-zazione negli ultimi decenni, ed è su tale rivendicazione di fondo che dobbiamo ancora lavorare, senza però ri-nunciare a nessun progresso concreto rappresentato dal-la volontà di rivendicazione, di mobilitazione e di mi-glioramento, attraverso la partecipazione e il processo decisionale.

La sfida è di migliorare le condizioni di lavoro ed economiche dei lavoratori ponendo l'accento su altre focalizzazioni rivendicative, pur mantenendo una pro-spettiva globale sul miglioramento degli altri fattori che influenzano direttamente la nostra vita (pensioni, sanità, istruzione, assistenza...), sulla sostenibilità delle risorse e sul rispetto dell'ambiente, generando sui luoghi di la-voro una coscienza forte ed estesa in questa direzione.

La CGT è un'organizzazione di lavoratori e di lavoratrici che assumono le proprie decisioni, e che mantengono coerentemente una lotta sociale antagoni-sta e di trasformazione contro il modello collaborazio-nista dei sindacati «istituzionali»; contro il modello di cinghia di trasmissione in cui sono altri che decidono; contro il modello incoerente di chi firma manifesti e fa proclami ma accetta la logica della competitività e del capitale nelle imprese.

Abbiamo dimostrato la nostra capacità di co-struire un più ampio quadro di rivendicazioni e di mo-bilitazione, fornendo un accesso diretto al nostro pro-getto ad una sempre crescente quantità di lavoratori e attuando, in modo organizzato, la lotta contro un mon-do imprenditoriale che utilizza la dispersione delle im-prese e la deregolamentazione permanente delle condi-zioni di lavoro per degradare e flessibilizzare l'occupa-zione, distruggendo i diritti e le garanzie, sia del lavoro che sociali.

Stiamo portando la nostra organizzazione fino all'ultimo angolo dove si annida la precarietà, rompen-do, con rivendicazioni e lotte unificanti, la divisione che vorrebbero imporci allo scopo di indebolirci. Noi siamo coscienti dei cambiamenti che si sono prodotti nella

68 L’AZIONE SINDACALE

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Abbiamo coscienza in ogni momento dei cam-biamenti che si sono prodotti nella classe lavoratrice, e di quali sono i settori più colpiti dalla precarietà e dalla perdita di diritti all’interno di un processo socio-eco-nomico del tutto negativo. E’ per questo che la CGT, che si è impegnata contro l'ingiustizia, tenterà in ogni modo di sviluppare un’azione sindacale sempre ade-guata alle circostanze col fine di abbattere la tirannia del capitale.

L’AZIONE SINDACALE 69

Page 72: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

delegati e le delegate dei lavoratori, del comitato

di impresa o del consiglio dei delegati eletti dai

lavoratori dell’impresa o di un settore su proposta

della sezione sindacale (che predispone preventi-

vamente la lista) devono rispondere alla loro duplice

condizione di rappresentanti della CGT e dei lavora-

tori della loro impresa o settore.

Le duplice qualità di rappresentante dell’or-

ganizzazione e di difensore dei diritti legittimi dei

lavoratori che rappresenta presuppone un forte im-

pegno dalla Confederazione in termini di relazioni,

formazione ed informazione.

Tutti i membri della Confederazione devono

essere in grado di accedere a questi elementi che

devono essere forniti con sollecitudine a tutti coloro

che ci rappresentano e sono l'immagine della CGT

di fronte sia all’impresa che ai lavoratori. Analoga-

mente ciò vale anche per coloro che decidono di

rappresentare la CGT a titolo individuale o pensano,

essendo autosufficienti, di non stabilire ancora alcun

vincolo con l'Organizzazione.

Per tutti questi motivi e per una migliore

rappresentanza della CGT nelle varie imprese e nei

diversi settori e un migliore coordinamento e coin-

volgimento dei nostri delegati con e nella Organiz-

zazione è

zazione è necessario stabilire un codice di diritti e

doveri allo scopo di:

Ampliare il rapporto organizzativo diretto at-

traverso successive conferenze settoriali e

territoriali, realizzare riunioni periodiche nei

sindacati, ...

Rafforzare l'attività formativa con iniziative

territoriali e settoriali in grado di fornire cono-

scenze più specifiche ed esperienze più diret-

te che li aiutino nell’adempimento delle loro

funzioni ed in un maggiore e migliore coinvol-

gimento nelle attività confederali.

Potenziare la trasmissione di informazioni,

tanto a livello confederale che settoriale e ter-

ritoriale per facilitarne gli interventi sindacali e

nel sociale.

Impegnare nelle iniziative organiche più gene-

rali i delegati e le delegate.

Creare coscienza sull’utilizzo di tutte le ore

sindacali e riaffermare che una parte di esse

deve servire a stabilire i necessari collega-

menti con l’Organizzazione: attraverso la co-

municazione, la consultazione, le riunioni, le

conferenze, l'attività formativa e l'assunzione

di responsabilità organiche.

Stabilire una condotta etica rigorosa, sia nel-

l'utilizzo delle ore sindacali a livello aziendale,

di sezione sindacale, di sindacato o di struttura

territoriale o settoriale, quanto in rappresentanza

del sindacato che gli ha dato fiducia.

70

Allegato 6Lo statuto dei delegati della CGT

I

ALLEGATO 6LO STATUTO DEI DELEGATI...

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di sezione sindacale, di sindacato o di struttura

territoriale o settoriale, quanto in rappresentan-

za del sindacato che ha dato loro fiducia.

In questo senso occorre insistere su varie

questioni su cui è sempre bene riflettere specifica-

mente nei nostri accordi di ambito e di applicazione

generale.

Le ore sindacali sono uno spazio di tempo li-

bero che serve a rappresentare i lavoratori o,

su designazione diretta, l’Organizzazione.

Le ore sindacali non sono patrimonio persona-

le di qualcuno, ma appartengono all’Organiz-

zazione, in quanto vengono ottenute sotto la

sua sigla... E i diritti acquisiti parallelamente

derivano anche dalle medesime circostanze.

Le Sezioni Sindacali e/o il Sindacato devono

ottenere informazioni tempestive e regolari sul

computo delle ore sindacali che attengono ai

suoi delegati, per ottenere da esse il rendi-

mento ottimale

Nessun delegato della CGT può fare utilizzo

di ore sindacali per questioni private o diverse

dall’attività organizzativa o sindacale.

Nessun delegato della CGT può trasferire (o

accumulare) ore sindacali ad altri attraverso

accordi individuali indipendentemente o contro

la decisione della corrispondente Sezione

Sindacale o, in sua mancanza, del Sindacato.

71 ALLEGATO 6

LO STATUTO DEI DELEGATI...

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onvertire la nostra attività sul posto di lavoro in un progetto di trasformazione sociale esige una collaborazione comune tra Azione Sindacale e

Azione Sociale. Azione Sociale non è un elemento ac-cessorio e secondario della nostra attività. Risulta im-possibile sviluppare completamente il nostro modello sindacale senza una proiezione sociale profonda e senza una relazione stabile con i movimenti sociali.

La CGT è una organizzazione sindacale di lavo-ratori e di lavoratrici con la volontà di essere uno stru-mento di emancipazione. Da questa premessa preten-diamo di agire con criteri trasformatori, cercando di mettere insieme una nuova maggioranza sociale che possa permetterci di cambiare il modello di società. A fianco delle rivendicazioni nell’ambito delle relazioni produttive nelle piccole imprese e nell'industria, abbia-mo permanentemente mantenuto un campo rivendicati-vo ed attivo nell'ambito del sociale.

Così, quando è iniziato il nostro cammino dopo il Congresso di Unificazione le nostre attività nel socia-le si sono incentrate attorno alla lotta contro l'adesione alla NATO e sulla mobilitazione contro l'espansione dell’energia nucleare, mentre in tempi più recenti le nostre azioni sociali si sono sviluppate in molti altri campi, con un particolare protagonismo nella mobilita-zione contro la guerra, la richiesta di alloggi degni ed accessibili o il sostegno della lotta degli gli immigrati di fronte all’illegalità e allo sfruttamento, incorporando azioni di tipo ecologista, l’obiezione fiscale, l'occupa-zione, e la gioventù con le sue numerose problemati-che...

Cronologicamente l’azione nel sociale della CGT inizia il suo percorso con il supporto alle lotte antimilitariste in un itinerario di continuità con la cam-pagna contro la NATO ed allacciandosi con il movi-mento di insubordinazione all'esercito.

C

L'INIZIATIVA SOCIALE 73

7L' INIZ IATIVA SOCIALE

E I MOVIMENTI SOCIALI

3

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mento di insubordinazione all'esercito. Mentre in un primo momento è stata sostenuta la obiezione di co-scienza, successivamente la CGT si è impegnata nella strategia di insubordinazione rispetto al servizio alter-nativo (PSS).

Questa azione di radicalizzazione contro l’eser-cito e il militarismo, ha avuto un’eco di particolare im-portanza sociale perché era ed è un sentimento radicato di generazione in generazione e continua latente anche nella nostra società. Lo dimostra il numero impressio-nante delle campagne: contro la guerra in Bosnia, in Iraq, il traffico di armi, le spese militari...; per l'obie-zione fiscale..; attraverso successive iniziative: pubbli-cazioni, marce a Rota o a Torrejón, occupazioni di aree militari, convocazione di uno sciopero generale contro la guerra nel 2004...

L’ecologismo e la lotta contro l’energia nucleare è stato un altro dei temi di cui si è occupata continua-mente la nostra organizzazione, e questo si è riflesso sui nostri accordi, pubblicazioni e campagne. A volte come attività di carattere generale ed altre in risposta a fatti concreti: il cavo di Tarifa, la discarica di Nerva, la chiu-sura di Garoña, l'ILP contro l’energia nucleare nell’an-no 1988, l'incidente della petroliera Prestige e il para-digma del NUNCA MAIS, il Piano Idrologico Naziona-le (PHN), le lotte contro gli inceneritori, i poligoni di tiro, la speculazione paesaggistica ed ambientale, gli OGM, la sovranità alimentare...

La situazione in materia di immigrazione e la quantità di problematiche che hanno vissuto e vivono gli immigrati, è stato un altro campo di attività, lungo tutti questi anni, diventando in alcuni momenti specifici una delle priorità della CGT.

Il cinismo inonda la nostra società di fronte a realtà come quella dello Stretto di Gibilterra, le recin-zioni di Ceuta o Melilla, i CIE (Centri di Detenzione per gli stranieri), lo sfruttamento del lavoro al limite della schiavitù, il progressivo inasprimento delle leggi sull'immigrazione (come la recente Direttiva Europea, nota come quella «della vergogna»), le molestie e le discriminazioni in generale, la mancanza di diritti di cui soffrono quelli che sono arrivati in questa «civilizzata» Europa in cerca di un nuovo orizzonte per la loro vita.

74 L'ATTIVITÀ SOCIALE

Page 77: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Europa in cerca di un nuovo orizzonte per la loro vita.

Perché non vengano dimenticate, dobbiamo mantenere nella nostra memoria le immagini delle autoreclusioni di immi-granti avvenute a partire dal 1997 (simili a quelle avvenute per 300 famiglie a Parigi il 18.3.1996, da cui hanno copiato il mo-dello) a Barcellona, Madrid, Palma, Huel-va, Murcia, Almeria, Malaga, Valencia...

L’autoreclusione nell'Università Pablo de Olavide di Siviglia (UPO) nel 2002: 400 immigrati rinchiusi in risposta al vertice dei capi di stato europei convo-cato da Aznar per rafforzare le leggi in materia di immigrazione. Il confinamento di solidarietà di El Salvador (al controvertice di Siviglia per sostenere la chiusura dell’UPO), le marce che hanno raggiunto i campi di Huelva (2001), Cuenca (2002), Murcia (2002) e Jaén (2004), le migliaia di azioni e di manifestazioni,... Il confino volontario nella sede della CGT di Barcellona (giugno 2004) con un protagonismo singolare: perseguitati dalla polizia in tutta la città, 350 immigrati privi di documenti si rifugiarono lì per oltre un mese, con il sostegno continuo della organizzazione.

La CGT si è impegnata a fornire supporto e so-stegno a praticamente tutte le mobilitazione sull’immi-grazione; pubblicando fogli informativi, attuando cam-pagne di sensibilizzazione, editando guide e manuali di consigli utili, convocando conferenze e incontri (il primo di carattere confederale dal 3 al 5 maggio 1985 presso l'Ateneo di Madrid, proprio dopo il Congresso di Unifi-cazione), aprendo i locali a una lunga lotta che condivi-diamo pienamente per il riconoscimento e la dignità di tutti gli esseri umani.

Negli ultimi dieci anni abbiamo visto la nascita del cosiddetto movimento antiglobalizzazione che, senza definire qualcosa di preciso, canalizza e rende visibile un rifiuto del processo di globalizzazione capitalista, svilup-pando una pratica di azione orizzontale con una buona dose di immaginazione e spontaneità che ha spinto mi-lioni di persone in tutto il mondo a mobilitarsi.

L'ATTIVITÀ SOCIALE 75 5

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La CGT, che può essere considerata un pioniere del Movimento Antiglobalizzazione date le nostre ri-vendicazioni, gli obiettivi e le pratiche, ha partecipato attivamente promuovendo manifestazioni di grandi di-mensioni, da un lato, e dall’altro molti coordinamenti locali con altri movimenti sociali che hanno contribuito in modo decisivo a configurare una realtà sociale di ba-se e combattiva chiaramente differenziata da coloro che, autodichiarandosi in collegamento col movimento no-global, hanno invece creato strutture gerarchiche, dipendenti dal finanziamento di determinate Ammini-strazioni, e che sono invece collegati politicamente con alcuni governi oppure pretendono di riformare il siste-ma capitalista dando copertura e giustificazione al sin-dacalismo «istituzionale» (CES) più sottomesso.

Ciò è stato causa di una diminuita capacità di mobilitazione del cosiddetto movimento no-global, ma non ha impedito che le idee anticapitaliste e antiautori-tarie abbiano avuto un forte impulso che continua oggi

76 L'ATTIVITÀ SOCIALE

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tarie abbiano avuto un forte impulso che continua oggi con una molteplicità di nomi e di forme e, soprattutto, ha generato una globale coscienza critica.

Ma questo elenco dovrebbe includere anche il supporto al movimento delle radio libere, all'occupa-zione dei centri sociali, alla lotta per un alloggio decen-te, contro la repressione e per la libertà, per l'abolizione del debito estero, il software libero...; la denuncia delle varie leggi sull'istruzione, della precarietà, della situa-zione generale della gioventù...

Per esemplificare questo tipo di lavoro, detta-gliamo alcune iniziative che, pur rappresentando un elenco incompleto, non devono essere dimenticate:

La campagna per il NO alla NATO (1985-1986). L'ILP contro l'energia nucleare (1988). Gli uffici di informazione per l’Obiezio-ne Fiscale (la prima nella sezione sindaca-le della CGT nella Agenzia Tributaria di Madrid). La rivista di azione sociale «Agitaciòn», della quale sono stati pubblicati quattro numeri in formato murale (1988/1989) e che per problemi economici cessò le pub-blicazioni quando il progetto ancora non era stato sviluppato, raccogliendosi però come testata all’interno delle pagine di azione sociale di Rojo y Negro. Il collegamento con i movimenti sociali attraverso manifestazioni e marce convo-cate contro la disoccupazione. La campagna «Joven explotado ¡explo-ta!» (Giovane sfruttato, esplodi!) (1998) con la quale si diede una spinta alla parte-cipazione di giovani nella CGT. La campagna Contro l'Europa del Capita-le nella prima metà del 2002. Le giornate «Pensar en precario» (2003), che sono servite come punto di incontro per l’insieme delle situazioni che danno forma alla precarietà .

L'ATTIVITÀ SOCIALE 77 7

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I 6 «Tintos de Verano» svoltisi dopo il 2003, luoghi di incontro e di coordina-mento estivi per i movimenti sociali. Il lavoro continuo sulle questioni del-l’immigrazione lungo l'intero percorso della vertenza. L’edizione di materiale comune tra CGT, Baladre e Ecologistas en Acción, e della comune rivista pubblicata tra Libre Pen-samiento, Ecologistas e Lletra A: «La Co-stituzione dell'Europa del Capitale» (in-verno 2004-2005), «Vivere con dignità è un diritto» (inverno 2006-2007), «Eco-nomia sociale, economia verde» (prima-vera 2008) e «Tempo di crisi: un momen-to di lotta» (primavera 2009). La notevole presenza di contenuto socia-le nelle piattaforme rivendicative della CGT nella sua contrattazione collettiva.

I movimenti sociali soffrono di una repres-sione costante, qualitativamente diversa in alcuni aspetti, rispetto alla repressione che avviene nel mondo del lavoro e con la quale, come sindacato, abbiamo più familiarità. Ciò ha motivato un lavoro specifico promosso con la realizzazione di varie ri-unioni confederali, l’edizione di guide orientative per diffondere le necessarie conoscenze e facilitare le risposte adeguate di fronte alle molteplici situa-zioni di repressione nelle quali i militanti della CGT e dei movimenti sociali vengono via via coin-volti.

Le azioni effettuate in difesa dell’amplia-mento degli spazi di libertà individuale e collettiva, e la rottura con modelli di non-solidarietà e di mo-delli consumistici generano un attacco immediato da parte delle istituzioni. Ciò implica un maggiore livello di responsabilità, impegno e solidarietà di fronte alle misure coercitive. Per ricercare un livel-lo più alto di libertà individuale e una completa au-togestione della società e delle nostre vite.

78 L'ATTIVITÀ SOCIALE

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Sulle esperienze di interazione tra so-ciale e sindacale, la CGT ha elaborato una Carta dei Diritti Sociali, con la quale abbiamo messe insieme la totalità delle realtà rivendica-tive e dei piani di azione che sono nella pro-spettiva dei diritti: cioè «il diritto di avere dei diritti».

La Carta dei Diritti Sociali rappresenta uno strumento rivendicativo per il raggiungi-mento della piena libertà degli individui, a pre-scindere della loro origine, etnia, cultura, ses-so, orientamento sessuale, età, reddito o forma-zione. Questi sono diritti per tutti.

I diritti sociali, nella loro conquista e nella loro definizione, devono essere il risultato di un processo di democrazia partecipativa e di autogestione orientato alla soddisfazione pro-gressiva delle necessità umane e di sostenibili-tà della vita. Devono vincolare le società e le persone nel loro riconoscimento ed esercizio. Ogni diritto riconosciuto deve essere difeso e salvaguardato contro il predominio della com-petitività, contro la ricerca esclusiva della pro-duttività, contro il criterio del massimo rendi-mento, contro la minaccia di delocalizzazione e di se-gregazione delle attività produttive, contro gli espedien-ti nella regolazione dell’impiego, contro la privatizza-zione dei servizi sociali, contro la crescente e costante precarizzazione della vita umana.

E dobbiamo discutere in modo approfondito della necessità di avanzare proposte di decrescita che, a partire dalla denuncia delle disuguaglianze sociali e del saccheggio capitalista sull’ambiente, permettano di eliminare il consumismo e le sue conseguenze. Scom-mettendo su uno sviluppo sostenibile, sulle energie rin-novabili e non distruttive, sulla sovranità alimentare contro le multinazionali, sul commercio e sul trasporto di prossimità, le cooperative di consumo.., per la agroe-cologia come modello di produzione, in ultima analisi, allo scopo di cambiare l’attuale crescita produttivisti-

L'ATTIVITÀ SOCIALE 79 9

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ca per la soddisfazione piena dei bisogni reali del-l’umanità. Per incoraggiare spazi di autogestione capaci di superare gli stretti margini del capitale attraverso la creazione di nuove realtà.

La CGT è presente nel nascente e ampio movi-mento della cultura libera, nello sviluppo di iniziative culturali di base, in cui l'autogestione e la cooperazione tra uguali rappresentano aspetti fondamentali utili a co-struire una nuova identità culturale, diversa e plurale, che sappia rispondere con nuove linee guida alla mer-cificazione generalizzata della cultura e dell'innovazio-ne scientifica e tecnologia.

Siamo una organizzazione che ha l'obiettivo di diventare maggioranza consapevole, che si muove ver-so un cambiamento profondo e radicale. Su questa stra-da rivolta verso i nostri obiettivi finali, abbiamo scelto di estendere una coscienza critica ed ampliare le nostre visioni in un processo di coerenza, a partire dalle lotte condivise con l’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori

80 L'ATTIVITÀ SOCIALE

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a fronte dei problemi e delle situazioni che ogni giorno si ripropongono.

Il nostro lavoro rivendicativo non si può fermare davanti alle porte delle imprese, perché siamo una or-ganizzazione trasformatrice che pretende un cambia-mento sociale in profondità, e perché le nostre rivendi-cazioni di migliori condizioni di lavoro e di vita, coin-volgono numerose questioni che vanno oltre il semplice lavoro. Durante questi 25 anni con la nostra attività, al di là dei limiti imposti dall’ambito strettamente lavora-tivo, abbiamo cercato di sviluppare una coscienza so-ciale critica e antiautoritaria, da diversi punti di vista:

Discutendo, facendo accordi e, di conse-guenza, mettendo la nostra organizzazione davanti a tutti i problemi della società mo-derna. Movimentando e dibattendo nei posti di la-voro sui problemi di carattere sociale parten-do dalle nostre posizioni e dal nostro impe-gno. Sostenendo e mobilitando, sia all'interno che all’esterno delle imprese, sulla base di un criterio di condivisione, di solidarietà e di giustizia. Portando ai movimenti sociali il nostro modo di vedere e le nostre posizioni pratica-te quotidianamente sul posto di lavoro e ne-gli impegni assunti giorno per giorno, contro la dittatura del capitale. Formulando un nostro discorso verso la pubblica opinione sui diversi problemi e ri-vendicazioni di carattere sociale che si sono succeduti. Contribuendo a creare spazi di fiducia, col-laborazione e confluenza con quei movimen-ti sociali che operano con analoghi criteri di anticapitalismo e orizzontalità. Partecipando a larghe intese per difendere posizioni in situazioni che hanno richiesto da noi risposte sociali massicce e urgenti.

L'ATTIVITÀ SOCIALE 81

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Tutti questi piani, sviluppati in maniera organi-ca, ci hanno portato ad una vasta serie di connessioni, di radicamenti e di nuove realtà. Aggiungendo, soprat-tutto, nuovi criteri di analisi e nuove prospettive di lotta a un movimento operaio in costante cambiamento ed evoluzione.

Dobbiamo considerare che ora i contributi della nostra organizzazione sono più necessari che mai per-ché, lentamente ma inesorabilmente, siamo diventati il referente della sinistra reale e l’organizzazione avente concreti obiettivi di trasformazione con maggiori capa-cità di offrire risposte di mobilitazione ed influenza so-ciale. Il che rappresenta una grande responsabilità in un momento come questo.

Dobbiamo difendere e promuovere l’uguaglian-za, i servizi pubblici, alloggi decenti, l’assistenza inte-grale, le prestazioni sociali, i trasporti, le pensioni, la sanità, l'istruzione pubblica e molti altri aspetti che so-no fondamentali nella vita di qualsiasi lavoratore. Dob-biamo rafforzare e ampliare la carta dei diritti sociali universali ed egualitari della quali ci siamo dotati come segno distintivo in un intervento senza sosta a favore dell’uguaglianza effettiva per tutti.

Se facciamo un esame completo dei fatti speci-fici, analizzandoli uno ad uno, ci accorgeremo imme-diatamente che la storia della nostra azione sociale è una radiografia delle inquietudini sociali succedutesi nella nostra storia recente e delle attività più rilevanti dei movimenti sociali avvenute nell’arco di questi 25 anni. Basti, per ora, la breve elencazione che abbiamo dato in questo capitolo ad evidenziare l'importanza del-la nostra azione sociale, sia per l’ insieme dei movimen-ti sociali che per la società nel suo complesso.

82 L'ATTIVITÀ SOCIALE

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Poiché la prima misura della rivoluzione liber-

taria consisterà nell’assicurare l'indipendenza econo-mica degli esseri umani, senza distinzione di sesso, l'in-terdipendenza creatasi tra l'uomo e la donna con essa sparirà. S’intende, pertanto, che i due sessi saranno uguali, tanto in diritti come in doveri...

Congresso della CNT a Saragozza, 1936 Accordo su «famiglia e relazioni sociali»

o sforzo compiuto dal movimento libertario nel-la lotta per l’uguaglianza reale tra uomini e donne e per l'integrazione della donna nella sfe-

ra pubblica e collettiva è storicamente documentato. Gli Atenei, le scuole razionaliste, i collettivi, la militanza nei sindacati, il nuovo modo di intendere la famiglia e le relazioni di coppia... fino alla legislazione sui diritti della donna, nei discussi mesi della partecipazione della CNT nel governo della repubblica durante la guerra ci-vile. Possiamo citare il decreto firmato da Juan García Oliver nel quale si concedeva alle donne piena capacità giuridica, diritto che non si sarebbe riconquistato fino all'epoca «democratica» attuale; o il fatto aneddotico che il primo ministro donna nella storia della Spagna fosse Federica Montseny. Egualmente dobbiamo citare i progressi sugli aspetti ginecologici e sanitari, l’aborto, la prostituzione...

L’universo libertario è affollato di pensatrici e pensatori, di donne e di uomini che segnarono profon-damente col loro esempio, durante tutto il suo percorso, la liberazione della donna, ed ancora oggi molte di quelle giuste rivendicazioni derivano dalla filosofia anarchica. Ma evidentemente questa strada era piena di immense difficoltà perfino dentro il mondo anarcosin-dacalista, dove la organizzazione Mujeres Libres (

L

DONNA 85

8DONNA

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dacalista, dove la organizzazione Mujeres Libres (Don-ne Libere) ebbe un protagonismo singolare di fronte alla cultura dell'oppressione maschilista.

Il franchismo riportò tutte quelle conquiste al-l’epoca delle caverne ed una repressione politica, cultu-rale e sociale atroce sommerse la società spagnola con la retrocessione della donna alla schiavitù del lavoro domestico, la dominazione patriarcale ed il giogo della emarginazione. Doppiamente depredata, in qualità di lavoratrice e nella sua condizione di donna, fu converti-ta in anello fondamentale della catena di sfruttamento capitalista.

Col passare degli anni molte cose sono cambiate ma, nonostante la lotta storica delle donne e dei risultati ottenuti, la situazione di oppressione continua a mante-

nersi,

86 DONNA

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ottenuti, la situazione di oppressione continua a mante-nersi, nonostante i cambiamenti, nelle forme concrete della discriminazione. È necessario rivendicare l'ugua-glianza assoluta, come discorso radicale ed anticapitali-sta, sia dentro la nostra organizzazione che fuori, nei confronti dell’intera società, in ogni proposta che lan-ciamo e, soprattutto, nella pratica della costruzione di quei mondi distinti che desideriamo.

Continuiamo a vivere in una so-cietà che è basata sulla disuguale riparti-zione dei lavori e delle ricchezze, dove le disuguaglianze lavorative e familiari si retroalimentano. Le donne assumono i lavori domestici non rimunerati, invisibi-li e socialmente poco stimati. Ed il «mercato» offre alla donna, maggiorita-riamente, lavori altamente precarizzati e mal rimunerati, discriminandole in ma-niera generalizzata sia in materia salaria-le che di promozione sociale.

Viviamo un momento storico per l’emancipazione, ma i progressi ottenuti possono diluirsi in un mare di valori tra-dizionalisti e con una grande debolezza nella difesa dei diritti e degli spazi con-quistati. Ci sono, dall'altra parte, la sof-focante campagna di informazione e le imposizioni da parte dal potere nelle quale il successo del femminismo viene misurato solo attraverso il suo processo di istituzionalizzazione.

Non ci si può liberare dall’alto. La liberazione e la ricerca di uguaglianza devono realizzarsi all’interno della so-cietà e da parte della società stessa, e non da una élite economica e politica che riproduce i ruoli maschilisti. Non si ottiene la parità nei ministeri e nei consigli di amministrazione, si conquista l’uguaglianza in tutti gli ambiti, soprattutto nelle realtà sociali delle lavoratrici.

La CGT è e deve essere protagonista attiva nel-la mobilitazione di

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la mobilitazione di un femminismo fondamentalmente anticapitalista, antipatriarcale ed antiautoritario, capace di integrare la lotta contro gli altri assi di potere e di dominazione sociale che appaiono intrecciati: l’orien-tamento sessuale, l'identità di genere, ecc., ricostruendo un discorso proprio su questi assi e sulla nostra espe-rienza storica.

Non è facile quello che ci proponiamo, perché ci troviamo di fronte ad un mondo piagato dalle disugua-glianze, dove le basi dell’oppressione sociale si incro-ciano e si rinforzano mutuamente. In questo panorama, il genere sessuale è un fattore di vulnerabilità che non può in nessun caso essere distinto in forma isolata dagli altri fattori di dominazione sociale.

L'incorporazione della donna nella sfera pubbli-ca, collettiva ed economica ha evidenziato che stiamo per essere testimoni di un momento di crisi dei ruoli nei quali il sistema socioeconomico si sta riorganizzando e sta lasciando intravedere tale conflitto di logiche socia-li. È un periodo che dobbiamo utilizzare per avanzare critiche profonde, interrelazionando la nostra critica egualitaria ed anticapitalista. Pertanto, la sfida è quella di dare a questo problema la dimensione che merita, approfondendo il concetto di «cura della famiglia e del-la casa», evitando la mercificazione e l'approccio eco-nomicistico di questi lavori fondamentali nella vita umana, sul piano sociale e su quello economico.

La lotta della donna per l'uguaglianza reale non è qualcosa del passato. Per questo motivo la CGT ha appoggiato in ogni sua istanza tutte quelle rivendica-zioni che hanno sempre continuato a porre e riproporre l'eterna aspirazione per l'uguaglianza, comprese le rela-zioni tra donne ed uomini all’interno del sindacato. Co-sì, certamente, l'hanno inteso quei gruppi di compagne che hanno adottato distinti modi di presentarsi: Muje-res Libres, Mujeres Libertarias, Grupos de Mujeres de CGT (Donne Libere, Donne Libertarie, Gruppi Fem-minili della CGT)... sviluppando un costante ed intenso lavoro durante tutti i 25 anni della nostra storia.

Al di là della specificità del lavoro dei Gruppi di Donne o della costituzione della Segreteria della Donna e delle diverse visioni esistenti nel campo del femmini-smo libertario, la lotta per l'uguaglianza reale è trasver

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smo libertario, la lotta per l'uguaglianza reale è trasver-sale alla totalità dei campi di attività e deve rimanere presente nelle differenti aree di attività tanto sindacali come sociali. E ci riguarda in tutta l'organizzazione.

Del lavoro realizzato durante questi due decenni e mezzo, vogliamo offrire una panoramica sintetica su alcuni dei fatti fondamentali soprattutto per quanto ri-guarda la loro influenza nello sviluppo degli avveni-menti.

8 Marzo:

Tutti gli 8 marzo, Giorno Internazionale della Donna, puntualmente la CGT partecipa alla celebra-zione dei diritti conquistati attraverso le lotte e continua a rivendicare tutti quelli che rimangono da ottenere, presentando la sua campagna ogni anno, stando presen-te e animando i cortei. I messaggi approfondiscono sempre i concetti di uguaglianza e diritti, lavorando perché la concretezza vada oltre gli enunciati ufficiali, agendo per trasformare la realtà.

25 Novembre:

Progressivamente, mano a mano che cresce la sensibilità sociale contro la violenza sessuale, acquisi-sce maggiore eco la data del 25 Novembre. Anche la CGT è presente in questa giornata coi suoi messaggi e i suoi cortei. Di fronte ad una malattia sociale, che riflet-te la parte più sordida dello sfruttamento e della domi-nazione, dobbiamo essere assolutamente inflessibili agendo contro la violenza sessuale, appoggiando chi ne soffre e combattendo chi la esercita.

Incontri dei Gruppi Femminili

A partire dallo stesso Congresso di Unificazione sono stati stabiliti differenti livelli di connessione tra i gruppi di donne organizzati intorno alla CGT. Questi gruppi di donne hanno funzionato in certe occasioni con totale autonomia dall'organizzazione ed altre volte con un chiaro vincolo organico attraverso la Segreteria di Azione Sociale o la Segreteria della Donna

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di Azione Sociale o la Segreteria della Donna.In un primo momento l'organizzazione

appoggiò gli incontri celebrati dai collettivi di Donne Libertarie. La prima volta i giorni 2 e 3 Marzo del 1985 sotto lo slogan «Donna e La-voro», ed il secondo i giorni 12 e 13 Ottobre dello stesso anno a Valencia. In quella occa-sione parteciparono i gruppi costituiti a Barcel-lona, Alicante, Burgos, Granada, Malaga, Ma-drid, Valencia, Siviglia e Saragozza. Da allora si è stabilito, attraverso il contatto permanente e la periodicità degli incontri, un funzionamen-to che, oltre ai gruppi organizzati specifica-mente come «Donne Libertarie», andava este-so all'insieme di donne che partecipano alla CGT.

Come continuazione diretta di questa esperienza, ed a partire dall'anno 1997 ad ini-ziativa dell’«area della donna» della Segreteria Confederale di Azione Sociale, si sono convo-cati periodici «Incontri di Donne della CGT». Nel Giugno di quell'anno si formalizzò il pri-mo incontro di questo percorso ed il secondo in Ottobre, per poi continuare in maniera rego-lare. Quando, nell'anno 2001, si creò la Segre-teria Confederale della Donna si intensificò la dinamica di campagne, pubblicazioni ed incon-

tri.

Rivista Mujeres Libertarias (Donne Libertarie):

Come iniziativa propria del gruppo di Mujeres Libertarias di Madrid, e con la partecipazione di nume-rose affiliate della CGT, si iniziò a pubblicare la rivista «Mujeres Libertarias». Il numero 0 uscì nell'estate del 1985. Questa rivista pubblicò 15 numeri, con l'ultimo in corrispondenza col primo trimestre del 1993. La pub-blicazione ebbe una significativa influenza nell'ambito del femminismo, specialmente in campo libertario e, ovviamente, all’interno della nostra organizzazione, nonostante le difficoltà della sua distribuzione dovuta agli scarsi mezzi di cui si disponeva in quel momento.

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Edizione della rivista Mujer Trabajadora (Donna Lavoratrice):

A partire dal XI° Congresso si considerò necessario coprire il vuoto costituito dal non poter contare, come CGT, su un portavoce pubblico che trasmettesse la visio-ne femminile dell'organizzazione. Dalla Segreteria di Azione Sociale fu deciso di pubblicare la rivista «Mujer Trabajadora». Il numero 1 si pubblicò nel Dicembre del 1990. Di questa rivista si pubblicarono sette numeri, di cui l'ultimo nell'estate del 1993.

Campagna donna, guerra, rivoluzione:

In coincidenza con l'esordio del film «Libertarias» del regista Vicente Aranda nella primavera del 1996, la CGT organizzò una campagna sotto il titolo «Donna, Guerra Civile e Rivoluzione Sociale (1936-1996)». Questa iniziativa, attraverso l’affissione di manifesti, servì come filo conduttore per la celebrazione e il tributo alle donne che parteciparono alla lotta contro il franchismo. Le cele-brazioni cominciarono i giorni 17 e 18 Aprile a Valencia e continuarono per Madrid, Valladolid, Saragozza...

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Conferenza internazionale delle donne anarcosindacaliste

Durante questi due decenni e mezzo si sono prodotti numerosi incontri internazionali nei quali ci sono state riunioni di donne e si è andata tessendo, a poco a poco, una rete di contatti parallelamente allo stabilimento dell'estesa rete di relazioni internazionali della CGT. Vogliamo ricordare in maniera speciale un'iniziativa della nostra organizzazione gemella, la SAC della Svezia, che approvò in un Congresso della sua organizzazione la celebrazione di una Conferenza Internazionale di Donne Anarcosindacaliste che si cele-brò, poi, nell'estate del 1997 a Stoccolma, costituendo una pietra miliare nella proiezione delle nostre relazioni internazionali.

Vertenza della CGT contro Renault per discriminazione di genere

Alla lotta quotidiana nelle imprese contro la di-scriminazione della donna e per l’uguaglianza effettiva si sommano importanti iniziative giudiziarie quali, tra le altre, sottolineiamo quella realizzata nella FASA-RENAULT. Si tratta di una lotta sindacale che durò dal 1992 fino all'anno 2000 per discriminazioni compiute verso le donne nelle contrattazioni interne alle officine. Detto procedimento, con risultato finale favorevole alla tesi difesa dalla CGT, suppose 7 sentenze consecutive. Tre del Tribunale Superiore della Castiglia e Leone, tre della Corte Suprema ed uno del Tribunale Costituziona-le.

Il nostro lavoro ottenne non solo la vittoria giu-diziale, ma anche la vittoria sociale agli occhi dell'opi-nione pubblica. La Corte Suprema nella sua terza sen-tenza, dopo i chiarimenti della Corte Costituzionale, sentenziò che l'impresa aveva discriminato le donne, dando ragione alla CGT. Il passo successivo fu la con-trattazione per l’assunzione immediata di donne a tem-po indeterminato. Questa fu la prima sentenza a ricono-scere una discriminazione per ragioni di genere nell'ac-cesso all'impiego, in funzione della esclusione delle

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cesso all'impiego, in funzione della esclusione delle donne da posti di lavoro a tempo pieno e a rapporto contrattuale fisso.

Creazione della Segreteria della Donna - CGT

Nel XIV° Congresso celebrato a Valladolid nel-l’Aprile del 2001, dopo una lunga ed intensa discussio-ne circa le differenti visioni su come realizzare l’impe-gno organico delle rivendicazioni sulla situazione della donna, si optò per creare la Segreteria Confederale del-la Donna. Questa innovazione suppose anche la defini-zione di una nuova cornice organica per i gruppi di donne dell'organizzazione, dove continuano a coesistere varie forme e formule di concepire la lotta della donna contro la discriminazione e per l'uguaglianza.

La Cuidadanía: (vedi nota *)

L’insieme di prospettive che rappresentò il lavo-ro della Commissione Confederale Contro la Precarietà a partire dall'anno 2003, intrecciando le analisi del mo-vimento femminista con la pratica sindacale della lotta contro la precarietà, hanno concretizzato nuovi modi di vedere per l'insieme dell'organizzazione.

Così, a metà strada tra la pratica giornaliera e la teoria economica, la CGT concorda di difendere e dif-fondere il concetto di «cuidadanía», legando tra loro criteri classici della nostre idee con nuove valutazioni. In definitiva: che l'economia venga posta al servizio delle necessità umane, che venga riconosciuto il lavoro di chi cura e che il produttivismo non ci derubi della vita.

Omaggio a Mujeres Libres:

Con l’occasione del settantesimo anniversario del primo congresso di «Mujeres Libres» si è voluta ricordare la sua visione dei problemi delle lavoratrici e la singolarità di essere il primo movimento organizzato a lottare per l'uguaglianza dei diritti da una prospettiva

di classe. La sua lotta fu condotta per mettere in condizioni di uguaglianza

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* Cuidadanía: un neologismo che combina

le parole ed i concetti del curare (cuidar) e di

cittadinanza (ciudadanía) e presuppone il diritto

fondamentale di curare e ad essere curati a

carico della società. In italiano estende il concet-

to di “badante” e del suo status.

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di classe. La sua lotta fu condotta per mettere in condi-zioni di uguaglianza la donna e l'uomo nella lotta glo-bale del movimento libertario per la trasformazione so-ciale.

L'omaggio, che si celebrò a Saragozza dal 15 al 20 Ottobre del 2007, è consistito in cinque giornate di dibattito ed una manifestazione finale. I temi delle gior-nate ruotarono intorno ai temi dell'educazione non ses-sista, delle donne nella rivoluzione, su donna e repres-sione, su donna e precarietà e sul ruolo della donna nel-l'anarchismo spagnolo. La manifestazione finale, che si concretizzò nell'omaggio di tutta la CGT a «Mujeres Libres», contò sulla presenza di militanti femministe libertarie di tutte le epoche, da alcune delle fondatrici fino alle compagne entrate nel Sindacato più recente-mente.

Lo slogan di queste giornate, «Proiettando illu-sioni e facendo storia», rimane, insieme all'emotività degli abbracci finali, come inizio di una nuova epoca di lotta e di speranza.

Critica all'attuale quadro legale.

Oggi dobbiamo continuare ad avanzare. Senza fare un passo indietro. Osserviamo, invece, un rischio di regresso nelle conquiste realizzate oppure uno scolo-rimento di immagine su temi come l'aborto, l'ugua-glianza effettiva, la dipendenza...

Le leggi promulgate dal governo del PSOE - legge sulla Parità, legge contro la Violenza Sessuale, legge di Dipendenza - sebbene costituiscano un pro-gresso, hanno una componente propagandistica attra-verso la quale si manifesta la pretesa, da parte del legi-slatore, di erigersi come il più alto difensore dei diritti sociali. Scommettere su un'economia liberale ad oltran-za, con la sua sequela di precarietà e distruzione di di-ritti a tutti i livelli, e tentare di farci credere che tutto ciò non è incompatibile con l'esistenza dei diritti socia-li, è un esercizio di mera ipocrisia.

La legge sulla Parità (2007), nasce per inserirsi in un sistema disuguale. Non rea-lizza una messa in discussione del resto delle disuguaglianze sociali, ma il suo

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delle disuguaglianze sociali, ma il suo obiettivo è quello di equiparare donne ed uomini nel seno di una struttura gerarchica. Intende l'uguaglianza come incastonatura in una cornice di normalizza-zione dell'inserimento nel lavoro delle donne sot-to i paradigmi della flessibilizzazione e della competitività.La legge di Dipendenza (2006) appare in un con-testo di inesistenza di una responsabilità sociale nella custodia delle persone non autosufficienti, derivata dalla preponderanza della logica del-l’accumulazione. La legge non risolve il profon-do deficit di diritti, non lo riconosce come un di-ritto universale. Istituzionalizza la figura della persona che cura in famiglia, perpetuandone il ruolo di genere. Subordina anche le necessità della popolazione alle necessità mercantili (im-prese private), non garantendo il diritto a vivere dignitosamente in una situazione di dipendenza.La legge Integrale contro la Violenza Sessuale (2004), offrì una risposta urgente ad una situa-zione di emergenza e di allarme sociale provoca-to dall’elevato numero di violenze di uomini contro le donne, con un carattere protezionistico ed assistenziale. Lo stato, attraverso questa leg-ge, si assegna il ruolo di «salvatore», quando in-vece la violenza è intrinsecamente relazionata con la gerarchia, il patriarcato, l'educazione do-minante e l’atavica disuguaglianza culturale. Manca la coscienza educativa per essere davvero inflessibili nella denuncia di atteggiamenti e si-tuazioni che generano quella stessa violenza. Mancano anche i presupposti che assegnino le risorse di ogni tipo necessarie a favorire l’uscita da situazioni di sfruttamento e violenza.

L'unica conclusione logica su tutto ciò è che la lotta deve continuare e che, finché si mantengono livelli di disuguaglianza e discriminazione, la CGT deve essere impegnata in tutte le battaglie affinché vadano in quella direzione, vincolando l'insieme della nostra attività a questo obiettivo.

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n questo capitolo raccogliamo quelle iniziative che meglio han saputo rappresentare tutte le nostre pro-spettive, inserendole in un discorso unitario. Inizia-

tive che possiamo considerare come le «Grandi Lotte» che hanno dato complessivamente una spinta al lavoro della CGT incentrato sul miglioramento delle condi-zioni di vita e di lavoro della classe operaia, delineando i momenti più alti della nostra attività come organizza-zione e della nostra connessione con la società. Ivi compreso un numero elevato di mobilitazioni che costi-tuiscono un magnifico viaggio attraverso l'evoluzione della nostra storia.

1° Maggio

Ogni 1° di Maggio, la CGT è scesa nelle strade ed ha promosso manifestazioni destinate a mantenere un atteggiamento di protesta, costantemente aggiornato con i più gravi problemi che hanno investito, in ogni circostanza, la classe lavoratrice. Il 1° di Maggio non è solo una vacanza, ma è un giorno collettivo di mobilita-zione, di lotta e di memoria.

La celebrazione del giorno internazionale dei lavoratori ha la sua origine nello sciopero per il conse-guimento delle 8 ore di lavoro giornaliero che iniziò a Chicago il 1° Maggio 1886. Vi fu una brutale repres-sione in cui la polizia aprì il fuoco sui manifestanti cau-sando un numero imprecisato di morti, feriti e centinaia di arresti. Seguì un processo-farsa che emise la condan-na a morte e l'esecuzione per cinque lavoratori anarchi-ci. Un chiaro esempio di terrorismo di stato che la clas-se operaia di tutto il mondo sta ancora celebrando.

Le manifestazioni indette dalla CGT per il 1° Maggio 2009, l’ultimo celebrato, hanno avuto come parola d’ordine «Basta con gli scioperi addomesticati e i licenziamenti selvaggi ", oltre ad un appello allo uno Sciopero Generale, chiu

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i licenziamenti selvaggi», oltre ad un appello allo Sciopero Generale, chiudendo il cerchio iniziato durante la «Transizione» con il primo appello del 1° Maggio 1978, dopo la legalizza-zione del 1977. Mantenendo la stessa forza ri-vendicativa, il medesimo spirito combattivo e la stessa parola d’ordine, 31 anni dopo, davanti ad una situazione che continua a richiedere sforzi, impegno e lavoro organizzativo.

Rappresentatività

Abbiamo detto nel capitolo relativo al-l’Azione Sindacale, che il grande salto di qualità compiuto dalla nostra organizzazione nel suo impegno con gli interessi della classe lavoratrice è rappresentato dall'ingresso ai tavoli di contrat-tazione collettiva; e qui vogliamo ribadirlo.

E’ l'impegno di ciascuno dei militanti della CGT ciò che costituisce il lavoro quoti-diano della nostra organizzazione nel raggiun-gimento degli obiettivi che raccogliamo nei no-

stri accordi. L'esercizio di influire e di migliorare le si-tuazioni specifiche, proseguendo nel lavoro rivendicati-vo partendo da una visione molto ampia, è ciò che dà forma tangibile a tali accordi.

Noi non vendiamo fumo con delle teorie, non incoraggiamo scelte puramente individualistiche, e non lanciamo proclami, senza appoggiarli con il nostro im-pegno organizzato. Lavoriamo pensando al futuro, ma dando risposte a ciascuno dei problemi immediati, per-seguendo chiari miglioramenti che permettano di anti-cipare progressi di carattere generale in ogni situazione, e facendolo a partire dalla partecipazione e dalla presa di coscienza collettiva. Tutto viene realizzato perché siamo effettivamente nei luoghi lavoro con una visione globale della trasformazione sociale.

Negoziando e mobilitando con una visione am-pia ed integrale di ciò che stiamo chiedendo in ogni momento, inquadrando le rivendicazioni lavorative e salariali in una cornice nella quale la riduzione della giornata lavorativa, il conseguimento dell'uguaglianza o la solidarietà siano aspetti fondamentali di una prospet

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giornata lavorativa, il conseguimento dell'uguaglianza o la solidarietà siano aspetti fondamentali di una prospetti-va di ripartizione del lavoro e della ricchezza.

A volte i nostri metodi e il no-stro modo di procedere ci sono sem-brati un po’ lenti, ma è anche impor-tante che il processo si realizzi in modo cosciente e sappia raccogliere i nostri concetti partecipativi ed orga-nizzativi. Vogliamo arrivare più lon-tano, migliorando le condizioni im-mediate, e vogliamo farlo tra tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici.

Contro la Riforma del Lavoro

L'evoluzione delle condizioni di lavoro ha subito un graduale decli-no proporzionato all’avanzata delle posizioni del capitale e i postulati neoliberisti. I diritti hanno subito una regressione con un'imposizione gra-duale della precarizzazione lavorativa che si è concretizzata sotto forma di diminuzioni salariali, instaurazione della flessibilità a tutti i livelli, incre-menti della produttività senza control-lo, modalità precarie di contrattazio-ne, perdita di diritti... L'introduzione della competitività come criterio egemonico ha forzato la moltiplicazio-ne solo dei profitti imprenditoriali.

Durante questi due decenni e mezzo si è mante-nuta costantemente una situazione di patto sociale per-manente, a volte in modo attivo, con la firma di accordi a livello globale tra i datori di lavoro, i sindacati e il governo, e altre volte passivamente, semplicemente la-sciando fare ai governi.

Si sono succeduti vari cicli di riforme a cascata, sia nella legislazione del lavoro come della previdenza sociale. Abbiamo visto come progressivamente si è im-piantata la temporalità, si sono legalizzate le ETT (Im-prese di Lavoro Temporaneo), si sono moltiplica te le formule di

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prese di Lavoro Temporaneo), si sono moltiplicate le formule di contrattazione e, contemporaneamente, si sono abbassati gli obblighi a carico degli imprenditori, facilitando il licenziamento, incentivando la mobilità geografica e funzionale, deregolando la giornata di la-voro, allungando gli anni di calcolo per le pensioni...

A volte come «decretazas» (decretacci) o iter parlamentari di nuove leggi, altre sotto forma di patti sociali o accordi interconfederali, e quasi sempre col consenso di quelli che si sono arricchiti in tutti questi anni con l'introduzione legale dei criteri neoliberisti. I risultati di questo processo sono la deregolamentazione delle condizioni di lavoro a beneficio del capitale ed una classe operaia frazionata, divisa e smobilitata a fronte delle migliaia di milioni di Euro, diritti e preben-de accumulati da chi ha avallato questo modello con la sua lealtà ai criteri del capitale.

Ognuna delle riforme del lavoro, e ciascuno dei tagli alla sicurezza sociale, sono stati contestati dalla CGT con tutta la nostra forza e sempre. Anche le ri-forme del lavoro, la distruzione dei diritti ed il Patto di Toledo stesso, punto di svolta sul taglio alle pensioni. Le ETT, l’ASEC (Accordo sulla risoluzione extra-giu-diziaria dei conflitti di lavoro), gli accordi nazionali per la contrattazione collettiva, i successivi progetti e le direttive europee, ... hanno ricevuto da noi una risposta.

Contro gli Infortuni sul Lavoro

In tutti questi anni è stato costante l’impegno della CGT contro gli infortuni, uno dei problemi più gravi che dobbiamo affrontare nel mondo del lavoro e nei suoi risvolti sociali. La incidentalità è direttamente in relazione alla precarietà, all'occupazione temporanea nel lavoro, alla mancanza di regolamentazione in mate-ria di subappalto, alla diffusa inosservanza della legi-slazione in vigore e alla mancanza di volontà governa-tiva di guidare una vera politica di prevenzione.

E’ fuor di dubbio che le autorità preposte non si sono impegnate in una sola azione per migliorare la stabilità in materia di occupazione e sicurezza del lavo-ro. Il 90% dei nuovi contratti sono stati temporanei, ac

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ro. Il 90% dei nuovi contratti sono stati temporanei, accumulando il triplo di incidenti rispetto ad altre forme di contratto. Oltre il 90% delle imprese non ottempera-no sistematicamente alle regole di base per la preven-zione dei rischi e rimaniamo in cima alla lista dei paesi europei con il tasso più elevato di incidenti, con quasi il doppio dei decessi rispetto alla media UE.

Si conoscono le cause di tale carneficina, ma coloro che potrebbero e dovrebbero interromperla guardano altrove e si limitano a condurre costose cam-pagne mediatiche che responsabilizzano le vittime piut-tosto che i colpevoli, ripartendo i soldi destinati alla Sicurezza Sociale tra Mutue del Lavoro, organizzazioni imprenditoriali e sindacati istituzionali.

L’impegno contro gli infortuni è stato sviluppato con la stessa intensità in tutta l'organizzazione in un'at-tività quotidiana che, al di là della normativa di riferi-mento del «28 Aprile» e della creazione di una Segrete-ria della Sicurezza del Lavoro dal 1997, ha permeato tutti i gruppi di lavoro in tutte le attività.

NO alla NATO

Riflettevamo, nella valutazione del contesto so-ciale durante il Congresso di Unificazione del 1984, che uno degli aspetti che creava maggiore preoccupazione era l'entrata dello stato spagnolo nella NATO. La nostra organizzazione, in quel momento ancora CNT, ebbe una posizione chiara e molto precisa rispetto a questa questione.

Così «Solidaridad Obrera», portavoce dell'orga-nizzazione, nel suo numero 2 del Giugno 1985, diceva che:

«La CNT, ribadendo la propria posizione di base contro la guerra ed il militarismo in tutte le sue forme, posizione che ha mantenuta in tutte le sue manifestazioni sin dalla sua creazione, dichiara il suo rifiuto dei blocchi militari (NATO e Patto di Varsavia) e del militarismo crescente spagnolo e internazionale oltre che all'esercito (braccio arma-to dello Stato) e allo Stato stesso, essendo en-trambi i principali nemici della libertà e della ri

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to dello Stato) e allo Stato stesso, essendo en-trambi i principali nemici della libertà e della ri-voluzione sociale. Pertanto, dobbiamo continuare a dire non solo No alla NATO, ma anche a tutti i blocchi militari e al militarismo in generale».

Lo stesso numero di Solidaridad Obrera del Giugno 1985 preannunciava già la possibilità che future consultazioni sarebbero state un inganno. Prima della convocazione di un referendum circa la permanenza dello Stato spagnolo nella NATO, abbiamo lanciato una campagna attiva di informa-zione e di mobilitazione favorevole al voto per l’uscita immediata. Si stabilì anche che la nostra lotta doveva passare attraverso la partecipazione attiva ai gruppi antimilitaristi, ai comitati anti-NATO e ai collettivi pacifisti.

Quando finalmente il governo socialista in-disse un referendum, che si tenne il 12 Marzo 1986, con l’ambigua e manipolata domanda «È opportuno per la Spagna rimanere in seno all'Al-leanza Atlantica alle condizioni concordate dal Governo della Nazione?» la nostra organizzazione sviluppò una campagna chiedendo alla gente di votare NO, puntando decisamente per l’uscita dal-la NATO.

Alla fine il referendum fu vinto dal «SI», che cadde come un’autentica mazzata sul morale dei movimenti sociali che si erano opposti attiva-mente alla NATO. La rabbia provata davanti alla poderosa campagna referendaria truccata e mani-polata dal PSOE, che ottenne di far capovolgere i pronostici, poté essere compensata solo dall'enor-me impulso che pochi anni più tardi acquisì il Mo-vimento per l'Insubordinazione.

Per il nostro sindacato, a parte il colpo mo-rale, questa significò la nostra prima grande cam-pagna realizzata come organizzazione davanti al-l'insieme della società. Una campagna nella quale dissipammo davvero tanta speranza e sforzo mili-tante.

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Contro l'integrazione nell’Europa del Capitale

Dopo il nostro Congresso di Unificazione, ab-biamo lavorato contro l'integrazione spagnola nel-l'Unione Europea «del capitale e delle multinazionali». Così osserviamo che nel numero 1 di Solidaridad Obre-ra, del Maggio 1985, ci ponevamo già una visione criti-ca e lungimirante su ciò che ci si poteva aspettare. L’in-tegrazione nella Comunità Europea pretendeva di pre-sentarsi come un fatto di grande novità, quando in real-tà l'adesione alla CEE è stato solo il culmine di un pro-cesso che, già dagli anni '60, con i primi movimenti di apertura del regime di Franco all'esterno, derivati dal

Piano di Stabilizzazione, ha avuto come obiettivo l'adeguamento progressivo dell'economia spagnola al capitalismo internazionale.

L'allora CEE (oggi UE) rappre-sentava un mercato comune basato su norme e politiche economiche più o meno standard per i suoi membri. Que-ste regole del mercato partivano da quattro tipi di libertà: di circolazione delle merci, di circolazione dei capitali, di circolazione della mano d’opera e di definizione di prestazioni e di servizi. Quattro regole che tradizionalmente il capitalismo ha utilizzato come forma per massimizzare i profitti e ottimizzare lo sfruttamento.

A quel tempo prevedevamo le conseguenze che sarebbero derivate da quella integrazione, sulla base degli effetti negativi che il mercato comune stava già producendo su determinati gruppi sociali, regioni e industrie, e degli effetti della liberalizzazione in-trapresa nel corso del decennio 1974-1984, nello stato spagnolo. Il risultato prevedibile era una nuova riconversio-ne industriale ed un indebolimento del-le capacità di difesa delle persone sog

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le capacità di difesa delle persone soggette al predomi-nio delle forze del mercato nei rapporti sociali ed eco-nomici.

Da allora fino ad oggi, la CGT si è opposta alle fasi successive del progetto di integrazione europea aderendo al coordinamento dei movimenti sociali che lottano contro questa «Europa dei mercanti». Questa opposizione ha le sue radici nello squilibrio esistente tra l'Europa del Capitale, così come l’hanno progettata, e l’Europa sociale, praticamente inesistente.

Abbiamo partecipato ai contro-vertice convocati in opposizione ai vertici dei Capi di Stato, al movimen-to anti-Maastricht, al coordinamento delle Euro-marce, alla campagna «UE ¿pa' qué?» e, in generale, a tutte le ma-nifestazioni che sono state organizzate contro l'Europa del Capitale.

La campagna della CGT «Contro i tagli sociali», del 1996, venne iniziata e realizza-ta insieme ad altre organizza-zioni sociali, sindacali e politi-che per denunciare le crescenti ingiustizie e l'esclusione socia-le, prodotto dell'immenso pote-re delle multinazionali e delle politiche neoliberiste imposte in tutto il mondo dal capitale come la «unica economia pos-sibile». Tra le politiche contro le lavoratrici e i lavoratori è compresa la recente firma del-l’Accordo sulle pensioni, che faceva parte degli impegni del Patto di Toledo. Questa campa-gna unitaria è stata coordinata attraverso il Movimento contro l'Europa di Maastricht. Il 15 dicembre 1996, 10.000 persone hanno partecipato a Madrid alla manifestazione contro l'Europa del Capitale e le ingiustizie che essa rappre-senta. E’ stata convocata dal

movimen

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senta. Fu convocata dal movimento anti-Maastricht e sostenuta dalla CGT. Nel comizio finale intervennero rappresentanti dell’ambito sindacale, della lotta contro la disoccupazione ed ecologista. In modo coerente con la nostra posizione, iniziò la campagna attiva per il «NO» al referendum del Febbraio 2005, concer-nente il Trattato definito come «Costitu-zione europea» che pretendeva di dare un aspetto democratico alle decisioni prese in precedenza dalla élite politica e dai po-teri economici e militari, e vendere come «sicurezza» dei cittadini la loro sottomis-sione ai dettami del capitale, facendo loro optare per il neoliberismo competitivo antisociale ed anti-ecologico, e ponendo le basi per una società autoritaria e poli-ziesca all’interno e militarista ed oppres-siva verso l'esterno. Allo stesso modo è stato anche respinto il nuovo trattato dell’Unione Europea, fir-mato a Lisbona nel Dicembre 2007 con l’intento di sostituire la fallita accettazio-ne della Costituzione Europea. Questo trattato ha messo in moto le strategie de-finite nel Consiglio Europeo di Lisbona del 2000, basato sulla competitività e as-sunto dalla Confederazione Europea dei Sindacati.

Pertanto, nel corso di questi avvenimenti è stato messo in discussione ad alta voce il ruolo di assoluta complicità giocato in tale processo da parte dei sindaca-ti «istituzionali» integrati nel CES, che hanno accettato tutte le misure definite dal processo di costruzione eu-ropea: il Trattato di Maastricht, l'accordo di Lisbona, la Costituzione Europea, il Trattato per l’Unione, ... così come tutti i criteri ivi difesi: la competitività, la libera-lizzazione, la privatizzazione, le delocalizzazioni, e, ora, la «flessicurezza».

Attualmente la CGT ha avviato con diversi

gruppi sociali la campagna «UE ¿pa qué?,

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Attualmente la CGT ha avviato con di-versi gruppi sociali la campagna «UE ¿pa qué?, ¿pa quién?» (UE, perché? per chi?) in opposizione alla costruzione di una Unione di Stati su un modello socialmen-te ingiusto, militarista, ambientalmente insostenibile e non democratico, le cui politiche producono occupazione preca-ria, ostacolano l'accesso alla casa, priva-tizzano l’istruzione e la salute, promuo-vono la mobilità motorizzata aggravando i problemi ambientali ed energetici.

In tempi di «crisi», la UE ribadisce la sua scommessa di dare ulteriore impulso alla liberalizza-zione, cercando di utilizzare gli stessi meccanismi che hanno portato a questa stessa crisi. I piani di salvatag-gio, le misure politiche messe in atto dal capitalismo per cercare di salvare il salvabile, così come l'atto vio-lentemente antidemocratico di ripetere il referendum in Irlanda, confermano l'interesse zero della UE a «salva-re» le persone e il pianeta. Di noi, e dei nostri diritti, non le importa nulla. E per noi, dunque, deve continua-re l’impegno di lotta contro l'Europa del Capitale.

Marce contro la Disoccupazione

Fino alla metà degli anni '90, la CGT ha parte-cipato e promosso decisamente una serie di iniziative che, a partire della grave situazione di disoccupazione che esisteva a quel tempo, sviluppavano una critica pro-fonda del sistema capitalista e formulavano una serie di richieste:

Settimana di 35 ore lavorative regolata per legge Pensionamento a 55 anni con il 100% dello stipendio Eliminazione del lavoro straordinario Espansione dei posti di lavoro nel settore pubblico Occupazione stabile

Difesa del servizio pub

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Difesa del servizio pubblico e rifiuto della privatizzazione Rimozione delle Imprese di Lavoro Tem-poraneo Riduzione delle prebende ai privilegiati della politica Prestazioni sociali e pensioni decenti Aiuti sociali per alleviare situazioni estreme Pieni diritti per gli immigrati Sanità e istruzione pubblica, gratuita e universale Abitazioni dignitose di promozione pub-blica Uguaglianza giuridica e reale per le don-ne Controllo sociale degli utili societari e loro reinvestimento in creazione di posti di lavoro

La questione è, ancora una volta, che queste ri-vendicazioni restano in vigore a pieno titolo nella situa-zione creatasi con l'ennesima crisi del capitalismo.

La prima di queste Marce ebbe luogo nel 1993 su iniziativa di diversi movimenti sociali nei quali confluì la CGT. Si iniziò il 24 Giugno a Valencia, e i trecentocin-quanta km di percorso furono divisi in dieci tappe. Durante l'ultimo giorno, il 3 Luglio, si riunirono alle porte di Madrid centinaia di manifestanti giunti da diversi territori e paesi per un ingresso congiunto in città che concluse la Marcia con un concerto di rock ad Arganda. La seconda, con il nome di "Marcia con-tro la disoccupazione e l'esclusione socia-le” fu un'iniziativa assunta dalla CGT al-l’interno delle campagne guidate dal mo-vimento contro la UE e costituita da tre colonne che partirono da Vitoria il 1° Di-cembre e il 2 da Jerez e Valenza, arrivan-do a Madrid il giorno 11 dicembre 1996,

collegandosi con la dimostrazione anti-

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do a Madrid il giorno 11 dicembre 1996, collegandosi con la dimostrazione anti-Maastricht. Al loro arrivo a Madrid le tre colonne consegnarono, sia nel Palazzo della Mon-cloa come al Congresso dei Deputati, una lettera di denuncia delle politiche econo-miche e nella quale venivano proposte di-verse misure per combattere la disoccupa-zione, per poi organizzare un raduno di 2.000 partecipanti alla Puerta del Sol, che è stato il primo atto del Forum Alternativo Contro l'Europa del Capitale. La terza marcia contro la disoccupazione fu organizzata con quattro colonne, in co-ordinamento con la «Marcia Europea con-tro la disoccupazione, la precarietà e l'esclusione sociale» nel mese di Aprile del 1997. Le quattro colonne che percor-sero il territorio dello Stato spagnolo par-tirono da Tangeri (il giorno 11), Almería (il giorno 14), Vigo (il giorno 19) e Sara-gozza (il giorno 25), e attraversarono la frontiera a Irun, Somport e La Jonquera il giorno 30, per unirsi ai manifestanti fran-cesi a Bayona e Perpignan il 1° Maggio. Le varie colonne convergenti da tutta l’Europa confluirono il 14 Giugno ad Am-sterdam, dove si sarebbe riunita una Con-ferenza Intergovernativa nei giorni 16 e 17.

Inoltre furono indette Marce contro la Disoccu-pazione in Catalogna, Galizia e Andalusia.

In Catalogna, la marcia contro la disoc-cupazione e per un lavoro dignitoso, che fu organizzata dal Forum Civico per i di-ritti sociali in partecipazione con la CGT, percorse 100 chilometri tra il 15 e il 19 Aprile 1996, visitando 23 città di cinque

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zone della cintura industriale e a Barcel-lona, chiedendo soluzioni urgenti contro la disoccupazione. In Galizia, più di 500 persone iniziarono a Vigo, il 1° Maggio 1998, la «Marcia Ga-liziana contro la disoccupazione», che in 9 tappe raggiunse Santiago il 9 Maggio, dove avvenne una manifestazione. Questa marcia era organizzata dalla Assemblea dei Disoccupati, a cui partecipava la CGT. Come parte delle azioni del contro-vertice di Siviglia, nel 2002 si realizzò con il supporto della Euromarcia e una presenza internazionale una marcia (che si denomi-nò di resistenza sociale) che, partendo da Almería il 15 Giugno, entrò il 21 Giugno a Siviglia nella tappa finale protetta da diverse centinaia di persone,

In difesa dei Servizi Pubblici

Un'altra attività che è stata sviluppata in modo continuo, durante tutti questi anni, è stata la difesa del settore pubblico e degli utenti. Que-sto impegno è stato realizzato in campagne e azioni successive focalizzate tanto sui lavoratori e sulle lavoratrici degli stessi settori pubblici, quanto sull’intera società che deve essere la vera fruitrice e custode della risorse che generiamo con il nostro lavoro.

La CGT ha agito in modo permanente a difesa della gestione e della titolarità pubblica di tutti i servizi di base, considerando che la priva-tizzazione rappresenta un attacco al nostro diritto di poter disporre di servizi essenziali pubblici, universali e di qualità.

Le amministrazioni di tutti i colori politi-ci, in combutta con i datori di lavoro e i sindacati istituzionali patteggiano ogni giorno, alle spalle della società e contro i suoi interessi, la privatiz-zazione di tutti questi servizi alla ricerca di bene-fici, trasformandoli in

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zazione di tutti questi servizi alla ricerca di profitti, tra-sformandoli in un commercio e facendoli cessare dal-l’essere un diritto. Questa è la norma del neoliberali-smo: i servizi pubblici sono soltanto un settore col qua-le fare soldi alle spese delle nostre tasche ed in detri-mento dei nostri diritti.

L'integrazione nell'Unione Europea impone di assumere politiche neoliberiste che incidono diretta-mente sul mantenimento dei servizi pubblici quali, per esempio, la direttiva Bolkestein, in base alla quale essi devono essere liberalizzati e soggetti alle regole del mercato capitalista, al criterio della competitività e del profitto.

Tra tutte le azioni intraprese, che costituiscono solo alcuni esempi di enorme lavoro, ci sono:

La campagna in difesa delle «Imprese Pub-bliche a beneficio di tutti» lungo tutto il 1994. La campagna «in difesa delle Imprese e del Settore Pubblico» nell'autunno-inverno del 1995-96 che si concluse con la manifesta-zione del 23 Marzo 1996 che, indetta dalla sola CGT, riunì 5.000 persone a Madrid. Le manifestazioni continue in difesa della Sanità Pubblica e dei Servizi Pubblici e le successive campagne in difesa della Pubblica Istruzione che si sono sviluppate continua-mente in tutti questi anni. Le mobilitazioni indette nell’autunno del 1998, contro lo Statuto Fondamentale della Funzione Pubblica. Le proteste contro la legge sulle Poste, con-tro la privatizzazione di tutte e quante le im-prese pubbliche e per la difesa di un sistema ferroviario pubblico e sociale. La manifestazione del 10 Marzo 2004, da-vanti al Ministero dello Sviluppo, su iniziati-va della Federazioni dei Trasporti e delle Comunicazioni, e della Pubblica Ammini-strazione.

Le campagne in difesa dei servizi pubblici svi-luppate nel 2006, prima della manifestazione

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Le campagne in difesa dei servizi pubblici sviluppate nel 2006, prima della manifesta-zione del 10 Luglio nel 2008, parallelamente alla campagna contro la crisi.

Contro la precarietà

Abbiamo parlato, con intensità crescente, di precarietà e di precarizzazione. Questi termini si riferi-scono al degrado dei diritti fondamentali degli indivi-dui, delle lavoratrici e dei lavoratori in particolare, e la difficoltà sempre maggiore nell’accesso ad essi. Sebbe-ne i vocaboli possano sembrare nuovi, il fatto è che noi da più di un decennio utilizziamo questi termini, e i concetti che inglobano, come una continuazione o una diretta estensione delle proteste contro la disoccupazio-ne.

È essenziale evidenziare l'alto livello di connes-sione tra i vari aspetti del lavoro e delle questioni socia-li con quelli del sesso, dell’età, dell'origine... per defini-re le diverse facce della precarietà e per tener conto del fatto che il processo funziona come una catena che si sa dove inizia ma nella quale è difficile prevedere dove sarà ubicato l’ultimo anello.

Per citare alcune tappe importanti di questo lun-go e protratto impegno della CGT contro la precarietà basterebbe citare:

La campagna «Per i nostri Diritti e contro l'Esclusione sociale». Lanciata all'inizio di Settembre del 1996, ha iniziato a materializ-zarsi concretamente il 29, con la manifesta-zione convocata a Madrid contro il Bilancio Generale dello Stato per il 1997 e con mani-festazioni e occupazioni delle Delegazioni Aziendali nel giorno successivo. Nella primavera del 1998, la CGT lanciò la campagna «Azione diretta contro la disoccu-pazione» (manifestazioni presso gli uffici di INEM, occupazioni di ETT, accesso orga-nizzato agli autobus senza pagare...), per esi-gere la riduzione dell'orario di lavoro e il

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nizzato agli autobus senza pagare...), per esi-gere la riduzione dell'orario di lavoro e il reddito di base per i disoccupati che ne sono privi. La CGT si è battuta ed ha lottato per la ri-partizione del lavoro e della ricchezza, la riduzione dell’orario di lavoro, il salario so-ciale e servizi pubblici universali e gratuiti. La "Relazione sulla Precarietà Sociale" pub-blicato dalla Confederazione nel 1998 come supporto informativo per la campagna ILP per le 35 ore. La campagna contro le ETT, che ha compor-tato un ampio lavoro sviluppato da tutta la CGT attraverso numerose iniziative tra il 1995 e il 2000, e che ancora rimane all'inter-no della nostra piattaforma rivendicativa come richiesta di messa al bando delle stesse e del loro utilizzo da parte delle imprese. La manifestazione contro l'esternalizzazione del lavoro e la precarietà il 29 Luglio 2000 a Madrid, che finì per essere violentemente attaccata da parte della polizia. La campagna «Contro la Precarietà e la Glo-balizzazione», tenutasi nel corso dell’autun-no del 2000, che denunciò il degrado delle condizioni sociali e di lavoro e richiese poli-tiche economiche volte a realizzare una di-stribuzione reale ed effettiva della ricchezza. La campagna collegata con il contro-vertice di Nizza contro il vertice dei capi di Stato della UE. La campagna iniziò «simbolica-mente» a Tangeri, in collegamento con l'As-sociazione dei Laureati Disoccupati del Ma-rocco (ANDC) il giorno 11 Novembre, ed è proseguita con dimostrazioni fino al 23 No-vembre e, ancora nel mese di dicembre, a Madrid, Siviglia, Valladolid (il giorno 27), Barcellona, Palencia, Maiorca, Parla, Sara-gozza, Tarragona, ...

Le iniziative sviluppate attorno alla alla serie di manifestazioni «Pensare in precario», avve

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Le iniziative sviluppate attorno alla manifestazione «Pensare in precario», a partire delle giorna-te del 24, 25 e 26 Gennaio 2003. L’insieme di manifestazioni del 1° Maggio 2003 con lo slogan «Contro la globalizzazione della precarietà e delle guerre». Il lavoro di documentazione e formazione predisposto dalla Commissione Confederale con-tro la Precarietà, costituita alla fine del 2003 attraverso la prepa-razione e la pubblicazione dei Materiali per la Riflessione.La campagna «Contro la preca-rietà e per i Diritti Sociali» che è stata sviluppata nel corso della prima metà del 2004, ebbe come obiettivo visibile e simbolico il Forum delle Culture, e culminò con la manifestazione tenutasi a Barcellona il 19 Giugno con la partecipazione di 5.000 persone. Il Forum delle Culture, organizzato a Barcel-lona dal Comune, dalla Regione Catalana e dallo Stato, effettivamente fu la vetrina degli speculatori, dei violatori dei diritti umani e, soprattutto, una bottega generatrice di sem-pre maggiore precarietà. La campagna «Che non te l'attacchino» nel 2005, come supporto propagandistico per un lavoro di formazione intorno a ETT, subap-palto, cessione illecita, successione di impre-se,... campagna che culminò con la giornata del 10 Giugno del 2006 a Madrid.La denuncia costante della precarizzazione del lavoro e del sociale in atto con iniziative di ogni tipo sviluppate dall'organizzazione nel suo insieme.

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I Contro-Vertici

Dalla metà degli anni '90 è stato sviluppato, da parte dei movimenti sociali, un calendario di mobilita-zioni parallele agli incontri organizzati dai capi di Sta-to, dalle organizzazioni finanziarie internazionali, dalle strutture militari o dai gruppi di paesi ricchi. Alcune di queste manifestazioni sono state coordinate su iniziati-va delle Marce Europee Contro la Disoccupazione, nel-le cui strutture e coordinamenti la CGT è stata una del-le organizzazioni più attive, avendo promosse anche, durante quegli stessi anni, proprie iniziative e cortei, man mano che il movimento antiglobalizzazione diven-tava più ampio e diffuso.

«No al 92». Nel 1992, si concentrarono nel-lo Stato spagnolo una serie di eventi e cele-brazioni. L'Expo di Siviglia, le Olimpiadi di Barcellona, Madrid capitale europea della cultura e il 5° centenario della scoperta delle Americhe. Nel complesso il 1992 rappresen-tò una operazione di grande sfoggio e un po-deroso impulso nel consolidamento del pro-getto neoliberista, scommettendo su uno svi-luppo centralizzatore, privatizzato, produtti-vista, disuguale e depredatore, incarnato per-fettamente dall’inaugurazione del treno AVE (Alta Velocità) Madrid-Siviglia. Tutto questo con il vertice di Maastricht e il «Piano di Convergenza con la UE» varato dal governo come sfondo. Nonostante il dispiegamento propagandistico e repressivo, furono svilup-pate manifestazioni e campagne di ogni ge-nere da parte dei movimenti sociali di base, come la campagna «No al 92» a Barcellona o il Meeting Internazionale della Solidarietà a Siviglia dal 18 al 22 Aprile. La CGT, che partecipò a molte azioni unitarie, avviò di-verse iniziative, come una grande assemblea confederale di delegate e delegati il 14 Feb-braio a Madrid, una Conferenza alternativa sul disarmo e la solidarietà nel Mediterraneo,

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sul disarmo e la solidarietà nel Mediterra-neo, che si tenne a Malaga nel mese di Giugno, o le Giornate della Solidarietà con l'America Latina che ebbero luogo nei giorni 1, 2 e 3 Ottobre a Madrid. La CGT contribuì anche a rafforzare lo Sciopero Generale del 28 Maggio. Madrid 1994. «Le altre voci del piane-ta». Nell'ottobre 1994 si tenne a Madrid la Assemblea del Fondo Monetario Interna-zionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM), che celebravano il 50° anniversario della loro creazione. In segno di protesta contro queste istituzioni e contro la politi-ca che avevano sviluppato per mezzo se-colo, si tenne a Madrid un forum alterna-tivo, mobilitazioni popolari e azioni in-corniciate nella campagna «50 anni basta-no», per far conoscere le altre voci del pianeta. Le istituzioni finanziarie non so-no centri di potere unico, ma operano in-terconnesse tra loro e con altre agenzie e strutture che garantiscono, ad esempio, la difesa militare del sistema. «Le altre voci del pianeta» è stata la voce dei deboli, degli emarginati, della stragrande maggio-ranza delle popolazioni condannate dalle loro politiche... Lione 1996. Un importante gruppo di mi-litanti della CGT partecipò alla massiccia dimostrazione che contestò il vertice dei paesi più ricchi del mondo, il G-7, svilup-patasi nei giorni 27-29 Giugno. Si accusa-rono i rappresentanti del potere politico di essere gli esecutori delle politiche eco-nomiche disegnate dalla BM e dal FMI. Il forum alternativo si tenne con un buon livello di partecipazione e azioni di de-nuncia contro il vertice ufficiale e contro degli organismi arroganti, impuniti e oscurantisti.

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Madrid 1996. Il Forum Alternativo al Verti-ce Europeo si riunì a Madrid nei giorni 11-17 Dicembre con la partecipazione di più di 80 organizzazioni di tutto lo stato spagnolo e oltre 40 di altri paesi. Il Forum richiamò l'at-tenzione sulla trasformazione dell'Europa in uno stato mercantile, centralizzato e burocra-tico. Su questo Forum confluirono la seconda marcia contro la disoccupazione e la manife-stazione indetta il 15 Dicembre dal Movi-mento anti-Maastricht. Amsterdam 1997. Dal 12 al 17 Giugno si celebrò nella capitale dei Paesi Bassi un Fo-rum alternativo alla Conferenza intergover-nativa che doveva discutere la riforma del Trattato di Maastricht. Con lo slogan «Per un'Europa diversa», Amsterdam fu il punto di arrivo delle Marce Europee contro la Di-soccupazione, l'Esclusione e la Precarietà, che venivano da tutte le parti d'Europa, dopo oltre due mesi di viaggio, per convergere in una grande manifestazione. Colonia 1999. Per coordinare l'azione contro il Vertice dei Capi di Stato (3-4 Giugno) e la riunione del G8 (19 Giugno) che si sarebbero dovuti tenere a Colonia, si celebrò in questa città tedesca, il 23 e 24 Gennaio, una Confe-renza Europea contro la disoccupazione, l'esclusione e il razzismo, alla quale parteci-pò una delegazione della CGT insieme ad altri 600 delegati provenienti da 14 paesi, in rappresentanza di 90 organizzazioni. Le ma-nifestazioni ebbero inizio il 25 Maggio con un corteo, composto da 300 persone, che partì da Bruxelles per muoversi verso il Con-siglio Europeo, attraversando Vilvoorde, Lo-vanio e Liegi, ed arrivò il giorno 25 a Colo-nia, dove si tenne una manifestazione che raccolse le rivendicazioni e gli obiettivi della mobilitazione, a cui era stato aggiunto il ri-fiuto della guerra, in funzione della quale la NATO si trovava allora in Iugoslavia. Il 29 maggio la manifestazione si tenne con la par

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Maggio la manifestazione si tenne con la par-tecipazione di 40.000 persone giunte da tutta Europa e da altri continenti. Praga 2000. Tra il 21 e il 28 Settembre si celebrò il 55° vertice del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, nel quale le due agenzie proponevano un nuovo programma di liberalizzazione dell’econo-mia mondiale. Dopo le mobilitazioni di suc-cesso di Seattle, Washington, Londra e Mel-bourne, la strategia seguita dalle autorità ce-che fu quella di criminalizzare i partecipanti al contro-vertice, definendoli «terroristi». Quattro giorni prima della manifestazione, il governo ceco revocò le autorizzazioni delle iniziative previste e coordinate attraverso il INPEG (Iniziativa Contro la Globalizzazione Economica). Nonostante la forte repressione, Praga fu un successo contro il Fondo Mone-tario Internazionale, la Banca Mondiale e la loro globalizzazione economica che il giorno 27, un giorno prima del previsto, dovettero chiudere l'incontro. Nizza 2000. Dal 7 al 12 Dicembre, si cele-brò il Vertice dei Capi di Stato della UE, do-ve sarebbe stata proposta l'adozione di una Carta Europea dei Diritti Fondamentali re-gressiva, che definiva una Europa restrittiva e repressiva con le libertà e i diritti degli in-dividui e altamente compiacente con i com-merci, dove tutto ha un prezzo. Il 6 Dicem-bre, vigilia del vertice, in coda alla «sfilata» organizzata dalla CES, ci fu la manifestazio-ne dei sindacati e delle organizzazioni alter-native. Il giorno dopo fu raggiunto un grande aumento di partecipazione in mezzo ad un muro di polizia che bloccò e caricò i manife-stanti con un uso spropositato di gas lacri-mogeni. Barcellona 2001. Nel mese di Giugno fu annunciata una riunione della Banca Mon-diale a Barcellona. Da parte dei movimenti sociali antiglobalizzazione venne

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sociali antiglobalizzazione venne convocato un contro-vertice dal giorno 22 al 25 nel quadro di una campagna contro la BM. Que-sto fatto motivò, da parte della stessa Banca Mondiale, l’annullamento dell'appuntamento per evitare le manifestazioni.Nonostante ciò, il 22 Giugno si procedé al-l'apertura della campagna Barcellona 2001 contro la Banca Mondiale, nel viale della Rambla del Raval in un clima internazionali-sta, solidale e disteso. Domenica 24 si cele-brò l'atto centrale della campagna. Più di 30.000 persone manifestarono per la Paseo de Gracia. Era palpabile nell'aria la grande soddisfazione per essere stati in grado di or-ganizzare questa mobilitazione nonostante le difficoltà e l'apparente interesse a smobilitare dopo la decisione della Banca mondiale di non tenere il suo vertice. Dopo la lettura del manifesto finale, quando la maggior parte dei partecipanti si stava ormai disperdendo per dirigersi all'assemblea del pomeriggio, poli-ziotti infiltrati tentarono di incitare i presenti e «misero in scena» una provocazione alle forze dell’ordine: immediatamente iniziarono cariche poliziesche massicce, con manganel-li, fucili a pallottole di gomma e sale, così come arresti indiscriminati; questi fatti si prolungarono durante tutto il pomeriggio in differenti luoghi della città.Genova 2001. Il G-8 celebrò un Vertice dal 20 al 22 di Luglio. Analogamente alle prece-denti mobilitazioni contro la globalizzazione capitalista, le autorità italiane, assistite dai mezzi di comunicazione molti dei quali sotto il controllo di Berlusconi, crearono un clima tendente allo scoraggiamento della parteci-pazione della popolazione alle manifestazio-ni. S’arrivò perfino a chiedere agli abitanti di abbandonare la loro città durante la celebra-zione del Vertice dei Capi di Stato dei paesi più ricchi.

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Il 20 luglio, mentre i membri del G-8 stavano arrivando, più di 50.000 manifestanti decise-ro di avvicinarsi alla zona in cui il Vertice si sarebbe svolto, uno spazio di molti chilometri quadrati, che fu fortificato con alte reti di contenimento e dove l'accesso era vietato. In queste circostanze, il giovane genovese Carlo Giuliani, di 23 anni, fu ucciso da un poliziot-to con un colpo a bruciapelo alla testa. Il giorno successivo, 21 Luglio, circa 200.000 manifestanti scesero per le strade di Genova per denunciare le politiche economiche del G-8, e di nuovo fu ordinato alla polizia di attaccare con cattiveria sorprendente i mani-festanti. Alcune ore dopo la manifestazione, le forze anti-guerriglia si introdussero con incredibile violenza nel centro di coordina-mento e della stampa del Genova Social Fo-rum e in una scuola vicina dove alloggiavano un centinaio di giornalisti della stampa alter-nativa. Il 24 Luglio, circa 300.000 persone manifestarono per le strade d'Italia per prote-stare contro la violenza della polizia. Madrid 2008. «Meeting Sociale Alternativo al Petrolio». La CGT partecipò alla convo-cazione di questo Incontro, che ebbe luogo a Madrid dal 30 Giugno fino al 4 Luglio del 2008, organizzato contro il 19° Congresso Mondiale del Petrolio che si celebrava nelle stesse date, sia per smascherare il rifacimen-to d’immagine che si voleva portare a termi-ne con il vertice, sia per dibattere sugli im-patti e le politiche di queste compagnie transnazionali, e cercare alternative alla di-pendenza dal petrolio che sta al centro di un modello di consumo irresponsabile ed inso-stenibile. Il momento centrale del Meeting Sociale Alternativo al Petrolio fu la manife-stazione del 28 Giugno, convocata con lo slogan «Niente sangue per il petrolio».

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Genova segnò il momento più alto del movi-mento antiglobalizzazione in Europa. A partire da quel momento incominciarono a decadere le grandi manife-stazioni internazionali ed a svilupparsi un calendario più fitto di manifestazioni e mobilitazioni di carattere nazionale e/o regionale. D'altra parte molte delle inizia-tive intraprese finirono per essere assorbite dalla strut-tura complessa ed abbastanza istituzionalizzata del Fo-rum Sociale Europeo che vincola le organizzazioni alle quali dà copertura col sindacalismo istituzionale e ri-formista della Confederazione Europea di Sindacati, cosa che ha influito anche a sfumare tanto lo spazio quanto il senso delle mobilitazioni stesse.

Anche così, la CGT ha continuato ad essere presente in praticamente tutte le mobilitazioni interna-zionali convocate in Europa a fronte delle differenti si-tuazioni od eventi: Gothemburg 2001; Bruxelles 2001; Firenze 2002; Annemass 2003; Parigi 2003; Atene 2006...

ILP per la legge sulle 35 ore

Tra il Dicembre 1998 ed il Giugno 1999, una piattaforma composta da CGT, IU, USO, STES, Aede-nat e movimento anti-Maastricht, lanciò una raccolta di oltre 500.000 firme per presentare al Parlamento una Iniziativa Legislativa Popolare (ILP) con la quale si ri-chiedeva una legge per attuare le 35 ore settimanali.

La raccolta di firme iniziò il 14 Dicembre 1998, contemporaneamente in tutto il paese, accompagnata da tutta una serie di iniziative con le quali la CGT accele-rò il suo impegno per la ridistribuzione del lavoro e del reddito, chiedendo la riduzione dell'orario di lavoro senza perdita di diritti e salario, la messa al bando del lavoro straordinario, la chiusura delle ETT e per un sa-lario sociale, senza controprestazioni.

La manifestazione del 20 Giugno 1999, convo-cata da tutte le organizzazioni che avevano sostenuta la raccolta di firme, riunì a Madrid circa 20.000 persone. L’appello all'unità e la necessità di mobilitazione, di confronto e l'internazionalismo per fermare la dittatura

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confronto e di internazionalismo per fermare la dittatu-ra del capitale e ottenere la ridistribuzione di lavoro e ricchezza, furono una costante del dibattito.

Nel novembre 1999 ebbe luogo in Parlamento il dibattito sulla Iniziativa Legislativa Popolare, per la quale erano state consegnate 700.000 firme, e che, co-me ci aspettavamo, fu respinta.

Contro l'Europa del Capitale

Questo è il nome dato ad una serie di iniziative e manifestazioni, sviluppate congiuntamente dai movi-menti sociali e sindacali più combattivi e di base, che fu iniziata nella prima metà del 2002 (dal Dicembre 2001 al Giugno 2002), periodo in cui la Presidenza UE spet-tava al Governo spagnolo

La CGT si impegnò fin dall'inizio in queste ma-nifestazioni, e fu una delle principali protagoniste di questa campagna, che iniziò il 24 e 25 Novembre 2001 con una assemblea aperta del movimento antiglobaliz-zazione, a Saragozza, alla quale parteciparono diverse centinaia di militanti. Alcune di queste iniziative furo-no:

Manifestazione contro la LOU (Legge Orga-nica sull’Università), il giorno 1° Dicembre 2001. Più di 10.000 studenti provenienti da tutto lo stato parteciparono alla dimostrazio-ne promossa dal Coordinamento delle As-semblee di Scuole e Facoltà (CAEF) di Ma-drid e legalizzata dalla CGT. L'oggetto fu quello di opporsi a una legge che pretendeva di sottoporre l’insegnamento e la ricerca a criteri di redditività economica, favorire la concorrenza fra università e precarizzare le condizioni di lavoro dei docenti. Manifestazione del 2 dicembre 2001. Si ri-unirono 15.000 persone a Madrid sotto la denominazione generica di «lavoratori con-tro la globalizzazione capitalista», per mo-strare la loro insoddisfazione verso le condi-zioni di lavoro e sociali, contro le ingiustizie

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introdotte dalle successive riforme del lavoro, i rinnovati tagli alla spesa so-ciale e le politiche di privatizzazione. Manifestazione a Barcellona. Il 14, 15 e 16 Marzo 2002, ebbe luogo a Barcel-lona il primo appuntamento dei capi di Stato dell'Unione Europea sotto la pre-sidenza spagnola. Il giorno 16, il mo-vimento antiglobalizzazione aveva lanciato un appello per andare a Bar-cellona, «Contro l'Europa del capita-le», e contro questa iniziativa fu effet-tuato un imponente dispiegamento di polizia, venne sospeso il trattato di Schengen durante il periodo del verti-ce, e vi furono numerose provocazioni da parte di poliziotti infiltrati. L'evento riunì comunque mezzo milione di per-sone e rappresentò la più ampia mani-festazione antiglobalizzazione a livello mondiale. Autosegregazione degli immigrati presso l'Università di Siviglia. Il 10 Giugno iniziò la protesta di più di 400 immigrati, presso l'Università di Sivi-glia «Pablo de Olavide», con la quale essi reclamavano dalla amministrazio-ne l’apertura di un nuovo processo di regolarizzazione, per conseguire in tal modo la stabilizzazione della loro si-tuazione. Non va dimenticato che il tema dell'immigrazione era la parte più importante all'ordine del giorno del Vertice dei Capi di Governo che dove-va tenersi a Siviglia. Marcia-carovana della resistenza so-ciale, del Giugno 2002. Il segnale di partenza per il contro-vertice di Sivi-glia fu dato dalla marcia-carovana di resistenza sociale, che attraversò l’An-dalusia partendo da Almeria, il 15 Giugno, fino a Siviglia dove arrivò il giorno 21, passando per Malaga, Gra-

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giorno 21, passando per Malaga, Gra-nada e Jerez. Sciopero generale del 20 Giugno. La CGT, che aveva iniziato già un anno prima la campagna a favore dello Sciopero Generale, contemporanea-mente aveva indirizzato ogni mobilita-zione in questa direzione e, alla fine, riuscì a forzare le altre centrali sinda-cali ad indire unitariamente uno scio-pero generale nell'ambito delle azioni previste per il semestre e come con-trappunto all'apertura del vertice dei Capi di Stato a Siviglia. Auto-confinamento all’interno di «el Salvador». Il 22 Giugno, un centinaio di persone si rinchiusero nella chiesa di el Salvador di Siviglia, per mostrare la loro solidarietà con i braccianti immi-grati che si erano invece rinchiusi nel-l’Università, dal 10 giugno, per esigere la regolarizzazione. Contro-vertice del 21 e 22 Giugno 2002 a Siviglia. Durante il vertice del Consiglio Europeo che terminò il se-mestre della presidenza spagnola della UE, la CGT si impegnò ad organizzare ed a partecipare alle manifestazioni progettate per protestare contro la bar-barie del capitalismo globale. Più di 40.000 persone parteciparono alla ma-nifestazione unitaria del giorno 22, in cui la presenza rosso-nera rappresentò uno dei blocchi più numerosi, più attivi e più combattivi.

Questi sono gli eventi più significativi occor-si nell’arco di un semestre durato in realtà 7 mesi; tuttavia, occorre dire che furono effettuate molte al-tre manifestazioni a vari livelli, con un grande im-patto sociale, mano a mano che si svolgeva la Presi-denza spagnola, con eventi in diverse città: Burgos, Salamanca, Caceres, Murcia, Saragozza, Valencia...

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No alla guerra

Dopo l'invasione dell'Afghanistan, gli Stati Uni-ti spostarono il loro obiettivo militare in Iraq, con il pretesto dell’appoggio di Saddam Hussein al terrori-smo, l'esistenza di armi di distruzione di massa che non sono mai apparse e, anche, con quella più sfacciata di «liberare» il popolo iracheno dalla tirannia, Bush iniziò a preparare una guerra il cui vero obiettivo era quello di controllare le riserve di petrolio.

Davanti all'evidenza delle intenzioni belliche degli USA, il 15 febbraio del 2003 si levò un clamore internazionale contro la prevedibile guerra dell'Iraq. Milioni di persone manifestarono ovunque, su tutta la faccia del pianeta. Nello stato spagnolo, le mobilitazio-ni più importanti furono le seguenti:

Albacete 25.000; Algeciras 15.000; Almeria 15.000; Ávila 6.000; Badajoz 2.000;Barcellona 1.300.000; Bilbao 100.000; Burgos 20.000; Cádiz 100.000; Ceuta 500; Ciudad Real 20.000; Córdoba 75.000; Cuenca 5.000; Ferrol 15.000; Girona 30.000; Granada 150.000; Guadalajara 6.000; Huelva 20.000; Huesca 5000; Jaén 25.000; La Coruña 35.000;Las Palmas 100.000; Leon 20.000;

Lleida 30.000; •

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Lleida 30.000; Logroño 55.000; Lugo 12.000; • Madrid 1.500.000; Málaga 50.000; Melilla 5.000; Murcia 60.000; Ourense 25.000; Oviedo 140.000; Palencia 15.000; Palma 50.000; Pamplona 25.000; Ponferrada 6.500; Pontevedra 35.000; Puertollano 4.000; Salamanca 20.000; San Sebastián 15.000; Santa Cruz de Tenerife 50.000; Santander 35.000; Saragozza 400.000. S. Compostela 35.000; Segovia 10.000; Siviglia 200.000;

Soria 2500; Talavera 2.000; Tarragona 30.000; Toledo 15.000; Tortosa 600; Tudela 3.000; Valencia 500.000; Valladolid 30.000; Vigo 200.000; Vitoria 5.000; Zamora 6.500.

00;

Zamora 6.500.

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Occorre evidenziare le manifestazioni di Roma (3.000.000), di Londra (1.000.000), di Berlino (500.000) e quelle che hanno avuto luogo in 250 cit-tà degli Stati Uniti. Circa dieci milioni di persone, in sessanta paesi e seicento città, il 15 Febbraio dimo-strarono contro la guerra.

Il 20 Marzo 2003, il Governo degli USA, sot-to la presidenza di George W. Bush e il sostegno in-condizionato dei governi di Tony Blair e José María Aznar, avviarono l'occupazione dell'Iraq: alle 4 del mattino, ora spagnola, iniziò il bombardamento della città di Baghdad e della sua popolazione.

La CGT partecipò fin dal primo momento di mobilitazione alle manifestazioni contro la guerra, sostenendo tutte le manifestazioni e le mobilitazioni di ogni genere che si svolsero in ogni territorio, im-pegnandosi nella lotta per la la fine dell'invasione al punto di essere l'unico sindacato a proclamare 24 ore di Sciopero Generale contro la guerra.

Per i diritti sociali

e la ridistribuzione della ricchezza

Durante i primi sei mesi del 2006, la CGT ha sviluppato in tutto lo stato una campagna con questo slogan che intendeva unire la lotta contro la riforma del lavoro, la cui attuazione avrebbe avuto inizio il seguente 1° Luglio, con la lotta contro la direttiva Bolkestein, rendendo visibile anche ognuno dei pro-blemi che stavamo affrontando sia a livello del lavo-ro che a livello sociale.

La giornata di lotta del 10 Giugno aveva co-me obiettivo quello di unire tutte queste lotte in un unico atto, facendo risaltare che l’insieme delle ag-gressioni di cui soffriamo provengono dall’Unione Europea, influenzata nelle sue politiche dalle deci-sioni delle organizzazioni finanziarie, e dal Governo, che protegge gli interessi dei datori di lavoro, e ri-spondono tutte alla stessa logica. La giornata volle anche essere un giorno di solidarietà tra i tesserati.

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Nelle due settimane precedenti a Sabato 10 Giugno la CGT fu co-stantemente in strada, rendendo ben visibile ovunque il clima di lotta. Il 27 maggio militanti della CGT si concentrarono davanti alla por-ta del Salone dell’Automobile, per sensibilizzare sulle problema-tiche del settore (gli ERE, la de-localizzazione, la repressione sindacale, i subappalti,...) e sulle posizioni della CGT. Il 6 Giugno ci fu una concentra-zione davanti alla sede della France Telecom in segno di pro-testa per le delocalizzazioni di servizi telefonici da Amena verso Cile e Argentina. Il 7 Giugno ebbero luogo con-centrazioni davanti ai rivenditori autorizzati della Volkswagen contro le decisioni del gruppo (gli ERE, i licenziamenti, la re-pressione sindacale, la delocalizzazione) e il sostegno ai compagni della fabbrica di Landaben (Navarra). Il 7 giugno, due militanti si appesero sul viadotto di Madrid, portando uno striscio-ne contro la repressione e i licenziamenti alla VW-SEAT. L'8 giugno vi fu una concentrazione al-l’esterno del Ministero delle Politiche Agricole contro la chiusura dello zucche-rificio di Linares e in difesa del settore pubblico. L'8 giugno, due militanti della CGT si appesero per quattro ore alla pensilina vetrata della stazione di Atocha, mostran-do uno striscione contro la riforma del lavoro, la direttiva Bolkestein e in difesa del servizio pubblico.

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La Giornata di Lotta del 10 Giugno riunì 20.000 persone provenienti da tutti i punti dello stato e rappresentò la più grande manifestazione realizzata dalla CGT da sola. Alla fine ci fu un incontro al quale parteciparono molti gruppi e movimenti sociali, chiuso poi con un concerto finale durato fino all'alba.

La Giornata di Lotta Confederale tracciò il bi-lancio di un anno di duro lavoro, organizzando la rispo-sta da parte di un ampio spettro di popolazione che non condivide una politica economica e sociale gravemente lesiva dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Campagna contro la crisi

Durante gli ultimi mesi (2008/2009), la CGT ha convocato numerose manifestazioni in tutti i territori contro la crisi, a volte da sola, e a volte integrata in piattaforme più ampie con movimenti sociali e sindaca-ti. L'idea base della campagna della CGT è che, come lavoratrici e lavoratori, non siamo responsabili della crisi, che si tratta in realtà di una riorganizzazione in-terna del sistema capitalista, e che non siamo disposti ad essere quelli che ne pagano le conseguenze, per cui è necessario articolare una risposta globale.

A questo scopo, la CGT ha organizzato una se-rie di iniziative con l'idea di continuare a preparare il clima propizio per un possibile sciopero generale, cer-cando la confluenza con altre organizzazioni sindacali e con i movimenti sociali. Per incominciare, nei giorni 26 e 27 Settembre del 2008 si tennero alcune Giornate di dibattito sotto il titolo «Una realtà di lotta e di impegno contro la crisi del capitale» durante le quali si affrontò il problema da distinti punti di vista: quello finanziario, quello dei diritti, quello lavorativo e quello delle mi-gliori risposte da dare.

Il 3 Dicembre del 2008, la CGT convocò una Assemblea di delegati e delegate, alla quale partecipa-rono circa 2.000 militanti, davanti al Ministero del La-voro, per esprimere la nostra richiesta che la crisi non venga pagata con i licenziamenti e la perdita dei diritti.

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venga pagata con i licenziamenti e la perdita dei diritti. La nostra posizione, espressa nella risoluzione del 3 Dicembre, è un fermo rifiuto verso:

L’uso di denaro pubblico per «nazionalizzare» le perdite nel settore bancario e dei datori di lavoro. La direttiva europea di 65 ore. La privatizzazione dei servizi pubblici, la direttiva Bolkestein e la direttiva sulle Imprese di Lavoro Temporaneo (ETT). La direttiva europea sulla migrazione di ritorno. Gli Espedienti di Regolazione del Lavoro (ERE), le chiusure, le delocalizzazioni, la disoccupazione, la pauperizzazione sociale, gli infortuni sul lavoro, La repressione del sindacalismo militante e dei movimenti sociali.

Dobbiamo evidenziare che, in questi mesi, sono state portate a termine un’infinità di azioni e mobilita-zioni in tutti i territori, per far conoscere le posizioni della CGT e consapevolizzare la gente sulla necessità di una risposta dura e ferma contro le nuove aggressioni che intendono imporci per uscire dalla loro crisi.

Verso lo Sciopero Generale

In questo momento, dopo aver sviluppata la par-te più importante della campagna contro la crisi, con la quale si è inteso dare maggiore consapevolezza alla po-polazione sulle sue cause reali e le sue conseguenze, si stanno mettendo in marcia una serie di iniziative mirate a sviluppare maggiori impegno ed atteggiamento riven-dicativo finalizzati alla proclamazione dello Sciopero Generale. A questo appello il nostro recente XVI° Con-gresso Confederale ha affidato una importanza fonda-mentale e dato un notevole impulso.

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CHE COSA SUCCEDE QUI?

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CHE COSA SUCCEDE QUI?

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evoluzione del carattere rivendicativo e della volontà di progresso della nostra società può essere valutato attraverso la sequenza degli

scioperi generali convocati in questi anni. Benché sprovvisti del carattere di trasformazione radicale, essi hanno tuttavia espresso i momenti di maggiore rifiuto sociale alle politiche dei governi che si sono via via succeduti.

Tutte le proclamazioni di sciopero generale sono state effettuate con il coinvolgimento diretto di uno o di entrambi i sindacati «ufficiali» (la prima nel 1985, sen-za l'UGT e l'ultima nel 2003, senza le CC.OO), autenti-ci artefici della pace sociale che ha permesso i processi di riforme lavorative, privatizzazioni, accordi... e, per-tanto, responsabili anche di tutti i regressi e gli impove-rimenti sofferti attraverso queste stesse riforme.

Sebbene nessuno degli scioperi generali abbia avuto contenuti rivoluzionari, né abbia supposto una mobilitazione sostenuta nel tempo con un obiettivo di trasformazione sociale, bisogna valutarli positivamente all’interno di un contesto generalizzato di regresso dei diritti e come dimostrazione che il sindacalismo orga-nizzato è uno strumento valido, nonostante le circostan-ze politiche, per frenare i tentativi di ridurre le conqui-ste acquisite in anni di lotte.

Tutti gli scioperi generali indetti in questi anni hanno avuto un impatto positivo sulle politiche in vigo-re. In totale, durante questi 25 anni, sono stati convocati otto scioperi generali, cinque dei quali sono stati contro i governi del PSOE e tre contro i governi del PP.

Essi sono stati motivati da diffusi rifiuti sociali a determinate politiche economiche, lavorative o sociali, contando su un ampio appoggio e seguito. La nostra organizzazione (nei due primi come CNT, nel 1985 e nel 1988, e nei seguenti come CGT) ha giocato in tutti un importante ruolo dinamico. Le proclamazioni di Scioperi Generali si sono sempre riferite a rivendica-zioni ed esigenze sulle quali nel nostro sindacato si stava già riflettendo, dibattendo ed agendo. Ed è per c

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zioni ed esigenze sulle quali nel nostro sindacato si sta-va già riflettendo, dibattendo ed agendo. Ed è per ciò che ci siamo impegnati ad organizzare e a dare spessore alla mobilitazione nelle varie occasioni con più convin-zione, sforzo e lavoro del sindacalismo «filogovernati-vo» che pure li «certificava».

I cambiamenti avvenuti nel sistema produttivo, con uno spostamento di posti di lavoro dal settore indu-striale verso i settori dei servizi e delle costruzioni, hanno modificato sostanzialmente il modo di realizzare l'azione sindacale.

Stiamo parlando della scomparsa dei grandi centri di lavoro industriali e pertanto di un sindacalismo combattivo e fortemente organizzato con la sua struttu-ra riconosciuta in termini di diritti sindacali. Si sono incrementati in modo molto significativo la temporalità e l'insieme di formule della precarizzazione. Tutto ciò ha inciso sul modo di sviluppare il lavoro sindacale, ma non ha limitato l'effetto degli scioperi generali che sempre, quando sono stati convocati, hanno raggiunto il loro obiettivo. Di tutto ciò dobbiamo essere soddisfat-ti anche nella CGT.

1°.- Lo Sciopero Generale del 20 Giugno 1985 (di 24 ore, convocato da CC.OO, USO e CNT (prima del cambiamento della sigla in CGT) contro il decreto-legge di Riforma della Previdenza Sociale ed il taglio delle pensioni, quando erano ministri dell’Economia e Finanze Miguel Boyer e del Lavoro Joaquín Almunia. La principale misura consisteva nell’estendere da due ad otto anni il periodo per calcolare le pensioni e si am-pliava da 10 a 15 anni il periodo minimo di calcolo per percepirla, rappresentando quindi il primo attacco fron-tale al sistema delle pensioni. Questo Sciopero Genera-le non fu assecondato dalla UGT.

La nostra organizzazione denunciò la frode rap-presentata dalla politica preventiva e fiscale del gover-no che, con un aumento del 16,6 % delle spese per gli Interni e la riduzione delle aliquote imprenditoriali, di-minuiva notevolmente le spese di Educazione, Sanità, Abitazione e Previdenza Sociale. Le nostre rivendica-zioni consistevano nella richiesta del ritiro del disegno di legge, della riduzione delle spese militare, della lot-taotta contro l’evasione fiscale imprenditoriale e di una Previdenza Sociale pubblica, giusta e solidale.

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ta contro l’evasione fiscale imprenditoriale e di una Previdenza Sociale pubblica, giusta e solidale.

Questo Sciopero Generale avvenne un anno do-po il Congresso di Unificazione, e rappresentò per noi la prima opportunità di agire nel quadro di un’ampia mobilitazione, rivolta verso l'insieme della classe lavo-ratrice. Questa opportunità, sommata all'enorme impul-so sindacale che ci aveva dato la riunificazione confe-derale, provocò una risposta molto dinamica da parte delle diverse strutture locali ed una presenza, agli occhi dell’opinione pubblica, che oltrepassò ampiamente i limiti che apparentemente imponeva la nostra presenza reale.

2°.- Senza dubbio lo Sciopero Generale di più profondo significato fu quello del 14 dicembre 1988, di 24 ore, mentre il Governo socialista esercitava la sua seconda maggioranza assoluta. Quel 14 dicembre tutto il paese rimase paralizzato, infliggendo al Governo una lezione di umiltà.

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Lo sciopero venne indetto da tutti i sindacati, contro un'importante riforma del lavoro che supponeva di abbassare le tutele contro il licenziamento ed intro-durre, attraverso il Piano di Impiego Giovanile, un mo-dello di contratto temporale speciale per i giovani. Da-vanti a questi fatti, esigevamo:

Il ritiro del citato Piano di Impiego Giovani-leL'avviamento di un Piano Generale di Im-piego Il recupero del Potere di Acquisto perso per l’inflazioneL'incremento della copertura di disoccupa-zioneL’equiparazione delle pensioni minime al Salario Minimo InterprofessionaleIl diritto pieno di Negoziazione Collettiva per i Funzionari.

Lo sciopero si trasformò in un'espressione gene-ralizzata dello scontento per la politica economica del governo di Felipe González, perfino tra la sua stessa base sociale. Si calcolò che ad incrociare le braccia il 14 Dicembre fu più del 90 % della popolazione attiva, il che suppone che quasi otto milioni di persone raccol-sero l'appello alla protesta contro la politica economica ed il piano di impiego giovanile. La riforma prevista fu ritirata e si incrementò la spesa sociale. L’anno succes-sivo il PSOE confermò la sua maggioranza assoluta, anche se perse un numero importante di voti e di depu-tati.

La convocazione di altre mobilitazioni di porta-ta generale era una necessità che andavamo reclaman-do, vista la risposta offerta dal Governo al precedente Sciopero Generale del 20 Giugno 1985, che approfon-diva il contenuto antisociale ed antisindacale della sua politica socioeconomica. Si trattava di trasformare quello che ad alcuni sembrava essere solamente una «riverniciatura di facciata», nel punto di partenza di un processo che avrebbe dovuto continuare con 48 o 72 ore di blocco produttivo ed altre mobilitazioni più dure, se il Governo non avesse modificato la sua politica economica e sociale.

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3°.- Di minore portata e riper-cussione, ma di grande importanza simbolica, fu lo Sciopero Generale del 18 gennaio 1991 indetto da CC.OO, USO e CGT, già con la nostra attuale sigla, contro la prima Guerra del Golfo. Fu uno sciopero di 2 ore che esigeva la sospensione della guerra ed il ritorno a casa immediato delle truppe spagnole. Alle imponenti manifestazioni che si celebrarono durante tutta la giornata si unì poi anche la UGT, che pur non ave-va indetto lo sciopero.

4°.- Il 28 Maggio 1992 fu indet-to da CGT, UGT e CC.OO lo Sciopero Generale di 8 ore contro il cosiddetto «Decretazo». Nello stesso anno in cui tutti i politici volgevano i loro sguardi sull'Esposizione Universale di Siviglia e alle Olimpiadi di Barcellona, il Go-verno socialista approvava il decreto-legge che tagliava le prestazioni per la disoccupazione.

Il «Decretazo» consisteva in un taglio delle prestazioni, oltre che un irrigidimento delle condizioni per acce-dere alla loro percezione. Inoltre si sta-vano preparando nuove aggressioni alle condizioni di lavoro e ai diritti lavorativi con il cosiddetto «piano di convergenza con l'Europa»: mobilità funzionale e geo-grafica, ed eliminazione dei pochi intoppi che ancora aveva la Confindustria nella disponibilità completa ed economica dei suoi dipendenti.

L’opposizione della CGT a queste misure si univa al rifiuto delle politiche del Governo che include-vano il patto di competitività, la privatizzazione della sanità e la riconversione industriale. Esigevamo una svolta sociale con proposte concrete: un contratto del settore pubblico con la creazione di nuovi settori indu-striali, maggiore copertura del sistema di protezione sociale, controllo e reinvestimento dei benefici impren-ditoriali, creazione di impiego stabile, ecc.

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ditoriali, creazione di impiego stabile, ecc.La campagna preventiva della CGT a favore di

uno sciopero generale in tutto il paese, come unica for-ma per far «riflettere» i responsabili governativi ed im-prenditoriali, si sviluppò sotto lo slogan «Recuperiamo il 14-D» (riferito allo Sciopero Generale del 14 Dicem-bre 1988).

La convocazione dello Sciopero Generale fu limitata tuttavia, già nel suo stesso progetto, dal fatto di rap-presentare una risposta parziale rispet-to alle misure ed all'atteggiamento del Governo e della Confindustria, e non poté raggiungere la dimensione e l'ef-fetto di risposta ferma e decisa che avrebbe dovuto avere. Anche così, pe-rò, ottenne un notevole seguito, spe-cialmente nella grande impresa, quella che esprimeva una maggiore volontà di opposizione a queste politiche eco-nomiche. Alla fine la legge che aveva sollevato le proteste non fu ratificata per lo scioglimento delle Camere del 12 aprile del 1993.

5°.- 27 Gennaio 1994, 24 ore. Il successivo Sciopero Generale venne indetto, dopo sei mesi di negoziati tra imprenditori, UGT-CC.OO e Governo, dopo che il governo del PSOE aveva approvata una riforma del lavoro che colpiva soprattutto i giovani. Con più del 20 % della popolazione attiva sen-za lavoro, lo Sciopero Generale del 27 Gennaio del 1994 fu un punto di svol-ta per il Governo socialista che perse quello stesso anno le elezioni al Par-lamento Europeo.

Ognuna delle misure che il Governo voleva im-porre era una pesante ragione per appoggiare lo sciope-ro: i nuovi contratti di apprendistato, la legalizzazione delle imprese di lavoro in affitto (ETT), la flessibilità oraria, la mobilità funzionale e geografica, la diminu-zione delle tutele e le facilitazioni al licenziamento... supponevano un attacco contro la classe lavoratrice che doveva trovare risposte a tutto tondo.

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doveva trovare risposte a tutto tondo.Lo sciopero fu un successo che però non garan-

tiva il risultato del suo obiettivo: il ritiro delle misure proposte dal Governo. Sarebbe stato necessario tradurre il trionfo dello sciopero in un conseguimento di obietti-vi, in modo che non si vedessero defraudati gli sforzi e le speranze in esso riposti da milioni di persone. E, la cosa più importante, si sarebbe dovuto mantenere il clima che aveva reso possibile lo sciopero e la decisio-ne di continuare nuove mobilitazioni se la situazione l’avesse richiesto.

La CGT uscì rafforzata da quello Sciopero Ge-nerale. L'unità di azione per questa convocazione, nella maggior parte dei posti di lavoro, con UGT e CC.OO, servì per convincere un maggior numero di lavoratori e lavoratrici. Ed ovunque rimase chiaro il nostro messag-gio differenziato.

La guerra di cifre fu un aspetto centrale della campagna antisciopero. Imprenditori, politici, mezzi di comunicazione ed intellettuali fedeli al regime arri-schiarono tutta la loro credibilità per far fallire in primo luogo lo sciopero e, dopo, per farlo apparire come un fallimento. Tuttavia, l'evidenza del suo successo, supe-riore a tutte le previsioni, non impedì che si creasse la giusta e necessaria sensazione di trionfo. Forse la cre-dibilità dei politici e dei mezzi di comunicazione non era mai scesa tanto in basso, perfino tra i settori sociali che non avevano aderito allo sciopero.

Questo Sciopero si inquadrava nella fase finale del governo del PSOE con Felipe González come lea-der, che approvò con qualche modifica le riforme già decise, stabilendo «a posteriori» tutta una politica di concertazione coi sindacati maggioritari che finì per liquidare l'anima stessa delle mobilitazioni.

6°.- Il giorno 11 Dicembre 1996 si realizzò quello che possiamo considerare il primo Sciopero Ge-nerale contro il governo del PP. Le organizzazioni UGT, CC.OO e CSIF convocarono un Sciopero Gene-rale di tutta la Funzione Pubblica contro il congelamen-to salariale decretato dal governo. I sindacati CGT, CATAC-USTEC, CIG, ELA-STV, IC, LAB STEs e STIB realizzarono un vertice sindacale alternativo e indissero un loro Sciopero Generale, basato su una piat-taforma rivendicativa unitaria che abbracciava tutta la problematica della Funzione Pubblica e che fu presen-

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taforma rivendicativa unitaria che abbracciava tutta la problematica della Funzione Pubblica e che fu presentata al settore.

Il risultato di questo Scio-pero contro il blocco salariale si tradusse in una guerra di cifre tra il governo del PP e le organizzazioni sindacali. Benché con differenze di seguito variabili da una ammini-strazione all’altra, nella Funzione Pubblica lo sciopero avvenne in forma maggioritaria.

Le manifestazioni che si tennero in praticamente tutte le principali capitali di regione furono il fatto più esaltante della giornata.

7°.- Lo Sciopero Generale del 20 giugno 2002, di 24 ore, fu uno sciopero molto speciale, poi-ché si realizzò in coda ad una serie di mobilitazioni iniziate già un an-no prima contro le politiche del Governo del PP che, con una mag-gioranza assoluta, mostrava il suo aspetto più autoritario e selvaggio.

I fatti che precedettero questo Sciopero Generale furono l'accordo del Congresso della CGT a Valladolid (Aprile del 2001), la manifestazione dei «lavoratori con-tro la globalizzazione capitalista»

il 2 Dicembre 2001 e, soprattutto, la campagna «Contro l'Europa del Capitale» che si cele-brò in parallelo al semestre di presidenza spagnola alla UE, durante i primi sei mesi dell'anno 2002.

Le mobilitazioni sviluppate da questa campa-gna, della quale la CGT era stato un chiaro propulsore, superarono qualsiasi previsione e, sullo sfondo delle auto-reclusioni di immigranti e della crescita indiscri-minata della precarietà, imposero ad UGT-CC.OO la convocazione di uno Sciopero Generale che già si era trasformato in un clamore generalizzato.

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La disoccupazione aveva duplicato la media eu-ropea, colpendo specialmente le donne, e si pretendeva di continuare a tagliare le prestazioni e a privatizzare gli uffici di collocamento. Il 92 % dei nuovi contratti erano ormai temporanei, e questa modalità colpiva già il 33 % della classe lavoratrice. Assistevamo ad un'in-cessante pressione per facilitare i licenziamenti e per ridurre i livelli occupazionali.

Si produsse una flessibilizzazione delle condi-zioni di lavoro ed un'estensione del subappalto il cui primo risultato fu l'incessante aumento di incidenti sul lavoro, con un bilancio di 1.800.000 infortuni e 1.200 morti all'anno. Il sindacato CC.OO firmò in solitario l'Accordo sulle Pensioni e, insieme alla UGT, l'Accordo Interconfederale per la Negoziazione Collettiva.

Le richieste della CGT furono:

Il ritiro dell'ultima riforma del lavoro, l’elimi-nazione del subappalto e delle ETT, e l'adozione di misure che garantissero più stabilità nell'im-piego.Una riduzione della giornata lavorativa, miglio-ramenti concreti in tema di sicurezza, salute e condizioni di lavoro per eliminare una così alta incidentalità lavorativa.Un salario sociale individuale, incondizionato e sufficiente; garanzie di futuro per il sistema pub-blico delle pensioni e di tutti i servizi pubblici; impulso e sviluppo della sanità e dell'insegnamento pubblici.Il ritiro della legge sulla Condizione di straniero, delle successive riforme del lavoro, della privatiz-zazione dei servizi pub-blici (LOU, Legge di Qualità), il piano idrolo-gico nazionale, il taglio delle libertà...

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Quello del 20 Giugno fu uno sciopero sul quale il sindacalismo istituzionale non si impegnò, realizzan-do una campagna mediocre ed in larga misura interna ai centri di lavoro, senza cercare la partecipazione, lo sti-molo del dibattito sociale e una adeguata preparazione. Con un occhio allo sciopero ed un altro nel governo, senza smettere di aver fiducia nel recupero del «dialo-go» e senza scommettere con forza sulla lotta.

Lo sciopero del 20 Giugno fu molto più proprie-tà della classe lavoratrice che del sindacalismo istitu-zionale. Fu la responsabilità dei lavoratori a facilitare il successo della mobilitazione al di là del tiepido impe-gno delle burocrazie sindacali.

L'intensa campagna mediatica di manipolazione dell'informazione condotta dai mezzi di comunicazione controllati dal PP non poté nascondere la realtà. Nono-stante l'allarmismo generato dal governo, nonostante la repressione poliziesca, lo sciopero ebbe un'importante ripercussione, con un seguito generalizzato, in partico-lare nella grande industria e nei trasporti.

Il successo della giornata si dovette, in gran par-te, alla convocazione che la CGT condusse in maniera differenziata, grazie alla mobilitazione fondamentale di migliaia di militanti tanto ai picchetti come nelle mani-festazioni. Il seguito dello sciopero fu del 93 % nel set-tore industriale e del 84 % in media nel resto dei settori. Il 26 % delle persone che parteciparono a quello scio-pero lo fece come conseguenza della convocazione e dell’informazione realizzata dalla CGT.

8°.- Fu tuttavia lo Sciopero Generale del 10 Aprile 2003, contro la Guerra in Iraq, lo sciopero che meglio riflesse la forza e la generosità della nostra or-ganizzazione.

L'invasione dell'Iraq, decisa dagli Stati Uniti con l'appoggio dei governi inglese e spagnolo, riuscì a suscitare un rifiuto generalizzato e la maggior mobilita-zione sociale mai prodotta dopo la dittatura. Furono milioni le persone che occuparono le strade in segno di protesta contro la barbarie della guerra. Le finestre si riempirono di striscioni e molte persone non iscritte ad alcuna organizzazione sentirono la necessità di rendere visibile il loro rifiuto pur proseguendo una vita abituale (con adesivi, striscioni alle finestre...).

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Tuttavia, appena il movimento sindacale decise di partecipare a quella risposta in maniera organizzata assumendo il ruolo di accompagnatore dei movimenti sociali, la pressione dell'ambiente lo obbligò a realizza-re una convocazione di sciopero e, anche così, preten-dendo di farne una cosa simbolica. Le CC.OO indissero uno sciopero di 15 minuti il giorno 10 Aprile 2003, la UGT ampliò lo sciopero a 2 ore e la CGT si assunse la responsabilità di convocare uno Sciopero Generale di 24 ore, con lo slogan «fermiamo il mondo per fermare la guerra», che fu condiviso da migliaia e migliaia di persone desiderose di mostrare il proprio impegno con il rifiuto della guerra.

GLI SCIOPERI GENERALI 149

In conclusione, possiamo dire che durante lo sviluppo degli 8 Scioperi Generali descritti il nostro impegno ci ha fatto apparire sempre con più forza e risonanza di quanto indicassero i nostri livelli di rappresentatività. La ragione sta nel fatto che i criteri che difendiamo e le lotte che avalliamo inglobano una buona parte della classe lavoratrice, desiderosa di altre forme di sindacalismo, di altre politiche e di un'altra logica per la sua qualità di vita.

Il momento della mobilitazione è quando meglio sappiamo collegarci con un ampio volume di coincidenze ideali. Così è stato certamente negli Scioperi Generali, dove il nostro impegno disinteressato ha pagato in termini di risultato, dove meglio abbiamo potuto esprimere tutto il nostro potenziale organizzativo e dove più chiaro è giunto il nostro messaggio di lotta al cuore dei lavoratori.

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Allegato 8Cronologia degli Scioperi Generali

ANNO DATA DURATA (h)

INDETTO DA MOTIVI GOVERNO

1985 20--Giugno 24 CNT(C.Unif.), USO, CC.OO Riforma Sicurezza Sociale e taglio pensioni PSOE

1988 14--Dicembre 24 CNT(C.Unif.), CC.OO, UGT Politica socio-economica, Piano di Impiego Giovanile PSOE

1991 18--Gennaio 2 CGT, CC.OO, USO Prima Guerra del Golfo PSOE

1992 28--Maggio 8 CGT, CC.OO, UGT «Decretazo», Tagli della disoccupazione PSOE

1994 27--Gennaio 24 CGT, CC.OO, UGT Riforma del Lavoro PSOE

199611--Dicembre

24

24

UGT, CC.OO, CSIF

CGT, CATAC-USTES, CIG, ELA, IC, LAB, STEs, STIB

Funzione Pubblica. Blocco salariale

Blocco Salariale e condizioni di lavoroPP

200220--Giugno

24

24

CC.OO, UGT

CGT

Riforma del Lavoro. Norme sul licenziamento. Riforma della protezione della disoccupazione«CI SONO TROPPI MOTIVI»

PP

200310--Aprile

2

24

UGT

CGT

Guerra dell Iraq

«FERMIAMO IL MONDO PER FERMARE LA GUERRA»PP

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CRONOLOGIA DEGLI SCIOPERI GENERALI 151

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l Congresso Confederale è il massimo organo deci-sionale della CGT e la sua espressione incondizio-nata di decisione democratica. Vi partecipano i rap-

presentanti diretti dei sindacati, eletti nelle loro assem-blee. Vengono convocati ogni 4 anni in forma ordinaria, adottano le linee generali di funzionamento interno e di azione sindacale e sociale.

I Congressi hanno rappresentato nel loro insie-me la ricerca della concretizzazione delle proposte e la definizione delle responsabilità per lo sviluppo della nostra alternativa sindacale, accumulando un ricco e vario bagaglio di dibattiti, con un importante sviluppo ideologico in tutti i campi. Non solo hanno definito il nostro lavoro interno, ma anche l’iniziativa da sviluppa-re nell'attività pubblica dall'organizzazione.

A volte non siamo coscienti, e perciò è un buon motivo per rifletterci sopra, di quanto sia stato oneroso e difficile continuare a configurare e a far progredire un'organizzazione che desidera continuare ad essere federale, di base e rivoluzionaria, coniugandola con la necessità di dotarsi di meccanismi che garantiscano e migliorino le risposte dell'organizzazione, appoggiando la solidarietà e l'appoggio reciproco con la pratica del-l'azione diretta ed il desiderio radicale di trasformazio-ne sociale.

I dibattiti che maggiormente hanno reso tesi i nostri congressi si sono prodotti attorno al modello di crescita. A volte siamo stati fortemente divisi tra chi voleva cambiare totalmente l'organizzazione per riusci-re ad avanzare con maggiore visibilità sul terreno della rappresentatività e chi si opponeva a qualunque cam-biamento o strategia innovativa. Oppure tra chi mostra-va una maggiore determinazione ed aggressività allo scopo di ricercare un incremento delle adesioni e chi, invece, considerava che solo una lenta maturazione del nostro progetto può permetterci il consolidamento. O, ancora, tra chi intendeva promuovere un'incorporazione massiccia di lavoratrici e di lavoratori e chi sospettava di una crescita troppo rapida.

I

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11I CONGRESSI

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In definitiva, l'obiettivo comune è stato quello di man-tenere il nostro spirito liberta-rio e coniugarlo con le circo-stanze, orientandolo al perse-guimento delle nostre aspira-zioni ed obiettivi, evitando di riprodurre i meccanismi che hanno portato altre organizza-zioni a trasformarsi in difensori di un sistema che dicono di combattere. La cosa difficile è capire dov’è il punto esatto d’equilibrio, considerando che i dibattiti continui e le opinioni maggioritarie ad ogni istante, all’interno dell'organizzazione, sono la nostra unica bilancia obiettiva.

In questi dibattiti permanenti, la CGT ha trova-to la propria strada, il proprio modo di agire, ritrovan-dosi, ancora una volta, davanti alle basi ideologiche del nostro progetto: la necessità permanente di dialogare, di comparare esperienze e di cercare quei consensi mag-gioritari che ci permettano di avanzare alla velocità che vogliamo.

I Congressi hanno disegnato le linee generali del nostro percorso, benché contiamo anche su altri spazi di dibattito e decisione. Le Conferenze Sindacali, dove si stabiliscono le linee basilari del programma rivendica-tivo della CGT e l'attività sindacale. I Plenum Confede-rali che sono il massimo organo di decisione tra un congresso e l’altro, e che ci servono per dibattere quegli aspetti economici, organizzativi o di attualità che lo ri-chiedano.

Oltre a questi momenti d’incontro, possiamo contare sulle Assemblee Plenarie del Comitato Confe-derale che sono l'organo collegiale di gestione e coordi-namento della CGT tra i rinnovi delle cariche, e le Conferenze Sindacali ed i Plenum Confederali, che per la loro configurazione organica avrebbero bisogno di un capitolo a parte ma ora ci accontenteremo di dire che hanno il compito di raccogliere i dibattiti congressuali, i quali, in definitiva, rappresentano ciò che serve da rife-rimento per l'insieme dei nostri accordi.

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1984 - Il Congresso di Unificazione

Tra i giorni 29 Giugno e 1° Luglio del 1984, nel Palazzo dei Congressi ed Esposizioni di Madrid, si ce-lebrò il Congresso Straordinario di Unificazione di due settori: il primo, conosciuto come «Congresso di Valen-za», raggruppava i sindacati che avevano abbandonato la CNT-AIT durante il V° Congresso; l'altro, formato dalla maggioranza dei sindacati della CNT-AIT che, in una Conferenza di sindacati «per l'unificazione confe-derale», celebrata nel Marzo del 1984, aveva iniziato il processo per l’unificazione con la parte proveniente dal Congresso di Valenza.

In un Plenaria delle due organizzazioni, prepara-toria dell'imminente Congresso, tenutasi i giorni 9 e 10 Giugno a Madrid, dopo successivi appelli alla «unità confederale» realizzati da entrambi i settori, si esplicitò l'opinione di tutti riguardo ai temi principali e ciò servì da base per lavorare al conseguimento di un consenso che sarebbe giunto concretamente due settimane dopo.

Il Congresso non fu esente da pro-blemi e tensioni. Al particolare momento che vivevamo si sommò il fatto che membri della CNT-AIT, contrari all'unificazione, presero posto nei paraggi del Palazzo dei Congressi e inveirono contro le delegazioni. All'interno della sala i dibattiti evolsero verso un accor-do con più rapidità ancora di quanto non fos-se abituale nei nostri incontri, compendian-dosi in una «Dichiarazione di Unità Confede-rale» approvata per acclamazione.

Tra gli accordi di questo Congresso si considerò che il boicottaggio delle elezioni sindacali non era risultato positivo ed aveva eliminati i settori confederali dall'ambito del-la negoziazione collettiva e della rappresen-tanza sindacale. Si avanzava, dunque, l'inten-zione di partecipare alle elezioni sindacali, considerando la stessa una questione strategi-ca, in modo da potersi presentare alle succes-sive, con l'intenzione di «potenziare l'adesio-ne e la coscienza organizzativa dei lavoratori e delle lavoratrici».

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L'obiettivo era ed è, come tattica, quello di «svuotare di contenuto i comitati di impresa», agendo dal loro interno ma derivando l’essenziale dall'azione sindacale dalle Sezioni Sindacali e mantenendo come strategia fondamentale l'Azione Diretta per la risolu-zione dei conflitti.

L'accordo si completava con un appello alla li-bertà personale degli associati non sostenitori di questo cambiamento strategico. Ci fu anche un riferimento al controllo dell'atteggiamento conseguente dei futuri de-legati e delegate ed all'intenzione di continuare ad avanzare verso l’obiettivo di essere rappresentativi e decisivi nella negoziazione collettiva.

Con il raggiungimento dei nuovi accordi, si rea-lizzava un'interessante valutazione di quelli che avreb-bero dovuto essere i modelli da seguire affinché la no-stra azione sindacale ci permettesse di mantenere la coerenza davanti al cambiamento in questo nuovo spa-zio all’interno dei comitati di impresa.

La «nuova CNT» scommetteva sul «rinnova-mento e l’attualizzazione dell'anarcosindacalismo, sen-za rinunciare alla sua storia». E neppure si rinunciava ai principi ideologici, ma si affermava la necessità di ade-guarli alle necessità del tempo presente, augurando an-che un'evoluzione strategica a medio termine. La storia assunta senza titubanze ed i principi sottoposti a valuta-zione furono le caratteristiche più sintomatiche di quel-l'evento.

Lo scontro contro la realtà aveva portato a quel Congresso, dove si riconosceva che «un sindacalismo privo di soluzioni per la realtà presente», unito a divi-sioni e tensioni interne ed aggressioni esterne, avrebbe condotto l'anarcosindacalismo alla «atomizzazione» e alla irreversibile perdita di posizioni.

Il Congresso respinse anche la legge organica sulle Libertà Sindacali (LOLS), ratificò l'accordo stori-co (1931) per dare impulso alla costituzione delle Fede-razioni dell’Industria e si stabilirono nuovi criteri per le relazioni internazionali. Si puntò anche sulla futura ri-costruzione dell'AIT stabilendo una serie di relazioni differenziate che ancora oggi si mantengono.

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1987: X° Congresso

Il X° Congresso, celebrato a Madrid tra il 2 ed il 5 Luglio del 1987, cercò di assestare gli accordi, soprat-tutto di tipo interno, che si erano andati improvvisando durante i Plenum Confederali, ma ci riuscì solo in ma-niera parziale, dando forma a due grandi visioni dell'or-ganizzazione: quella di chi pensava che si stesse andan-do troppo lentamente e che la nuova entità aveva bisogno di cambiamenti che, se non si fos-sero portati a termine, avrebbero reso impossibile il suo sviluppo, e quella di chi pensava che tali trasformazioni fossero eccessive e che, attuandole, si sarebbe po-tuta realizzare una crescita al prezzo e col rischio di sfigurare il carattere della Confederazio-ne.

Alla fine si impose un'opzione intermedia che defi-niva a malapena la strada da se-guire, confinando tutto il dibatti-to sulla strategia sindacale per una successiva Conferenza Sin-dacale, dato significativo del-l'enorme difficoltà nella quale ci dibattevamo per stabilire le nuo-ve direttrici dell’organizzazione in un momento tanto cruciale.

Il X° Congresso si carat-terizzò per alcuni accordi ecces-sivamente elaborati in relazione all’analisi della situazione e tut-tavia lontani delle necessità im-mediate della Confederazione, come la definizione di una Fede-razione nazionale di Cooperati-ve, delle assemblee di pensionati o delle reti di coordinamento di alternative educative, accordi che non arrivarono mai a com-piere i loro primi passi.

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1989: I° Congresso Straordinario

Il 29 Aprile del 1989 si celebrò nella Casa de Campo madrilena un Congresso Straordinario il cui obiettivo era ricomporre la situazione dopo la sentenza sulle sigle. Il Congresso ratificò le decisioni precedenti e confermò la sigla CGT per il futuro. Tuttavia, ci fu molta tensione su tale decisione, sulla possibilità di un ricorso al Tribunale Costituzionale e sull'ipotesi di con-tinuarsi a chiamare CNT.

Alla fine si giunse ad un accordo intermedio, in modo che legalmente si sarebbe usata la sigla CGT, ma chi l’avesse desiderato avrebbe potuto farla seguire con quella di CNT, ponendola tra parentesi, fino a che non si fosse definito il tema del ricorso. La decisione, dun-que, fu quella di assumere la sigla CGT (CNT), nella speranza che il tempo avrebbe finito col restituirci la sigla, cosa che non avvenne. Di fatto, con la perdita al ricorso, si normalizzò l'uso esclusivo della sigla CGT.

Il Congresso Straordinario fu indicativo di tre realtà: che l'organizzazione era capace di rispondere efficacemente e rapidamente a fatti esterni che richie-devano decisioni radicali; che la sua scommessa sul nuovo nome supponeva già che la nuova CGT si giu-stificasse più nel progetto futuro che realmente costitui-va che nel «riflesso storico» del passato che l'aveva po-tuta sostenere fino a quel momento; e che era dimostra-to, davanti all'opinione pubblica, che la maggioranza dell'anarcosindacalismo nello stato spagnolo si trovava già, in quel momento, nella CGT, e non nel settore de-nominato «storico».

1989: XI° Congresso

L’ XI° Congresso, celebrato a Madrid tra i giorni 1 e 3 Dicembre del 1989, 6 mesi dopo il «Congresso delle Sigle», evidenziò che essenzialmente continuava-no a confrontarsi due grandi visioni differenti sull'orga-nizzazione: i sostenitori dell’accelerazione del processo di rafforzamento e strutturazione organizzativa, per aprire un periodo di sviluppo ed ampliamento degli spazi della CGT, e quelli che erano per una crescita meno impetuosa, con un'organizzazione meno struttura-ta, ma con una personalità ben definita nel sociale e molto più omogenea sulle questioni ideologiche.

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ta, ma con una personalità ben definita nel sociale e molto più omogenea sulle questioni ideologiche.

Il punto d’incontro furono gli Statuti dell'orga-nizzazione, un tema sempre controverso frutto della nostra forte coscienza di libertà individuale e contraria a «governi» interni. Un altro punto di frizione aveva a che vedere con la strategia di crescita: aggressiva in un caso e molto più dosata nell'al-tro. Qualcosa che, come vedia-mo, è ricorrente nel nostro svi-luppo.

I simpatizzante delle «tesi per avanzare» erano deci-samente a favore dell'incorpo-razione dei collettivi sindacali autonomi, avvicinandosi in questo alle posizioni di settori della sinistra politica e sindaca-le, e pensavano che la crescita avrebbe dovuto vedere la CGTcome coagulatrice di questi spazi. Altri preferivano una cre-scita decantata a partire dal la-voro quotidiano dei militanti dell'organizzazione nei centri di lavoro, senza focalizzarsi esclu-sivamente su collettivi che avrebbero potuto anche genera-re dinamiche divergenti.

Fu un Congresso che finì senza risolvere queste que-stioni, polarizzando il dibattito attorno a posizioni che non po-terono esprimere maggioranze qualificate all’interno della Confederazione. Tuttavia, quel-la stessa stagnazione obbligò l'organizzazione ad una reazio-ne interna che permise di dare al progetto la sua configurazio-ne aperta di rinnovamento, la-voro e mobilitazione che si sa-rebbe definita negli accordi dei seguenti dibattiti.

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1991: II° Congresso Straordinario

Il II° Congresso Straordinario, celebrato a Co-slada (Madrid) dal 30 Maggio al 1° di Giugno, servì per ricomporre alcuni accordi precedenti, chiudendo vecchi

dissapori e creando una certa tranquillità interna.

L'accordo era nell’aria grazie al consenso ritrovato su temi chiave quali la forma di applicazione del voto propor-zionale nelle assemblee Plena-rie, che veniva accettato ma con la condizione di usarlo solo a determinate condizioni. La Commissione di Garanzie perdeva qualunque capacità esecutiva. Le persone affiliate a partiti politici non avrebbero potuto essere membri del Co-mitato Confederale. Si intro-dusse il criterio dei due terzi per poter modificare gli statu-ti, ostacolando così decisioni arrangiate o congiunturali, e si manteneva esplicitamente la definizione anarcosindacalista dell'organizzazione.

Ma senza dubbio la cosa più importante di questo con-gresso fu superare la delusio-ne causata dalla perdita della sigla e dalla mancanza di dia-logo interno nella quale era-vamo caduti, dando un primo impulso di consenso attorno alla sigla CGT ed al recupero del patto confederale.

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1993: XII° Congresso

Il XII° Congresso, che ebbe luogo a Madrid nel-l’Ottobre del 1993, fu molto chiaro nell'analisi della situazione interna negativa, in un momento di grande rilassatezza in tema di statuti ed ac-cordi vigenti. Come alternativa si propose una serie di raccomanda-zioni racchiuse nella frase «recu-perare la fiducia e la speranza». Questo progetto si concretizzò in una sfumatura degli accordi di funzionamento interno ed in una nuova redazione degli Statuti, as-sumendo una trascrizione di mi-nima come norma comune per tut-ta l'organizzazione.

Si affermava anche, nelle risoluzioni, «che la CGT non ha mai avuto tanta realtà quanto oggi, né tanti aderenti e tanta capacità di negoziazione e di rappresentanza come ora» e, significativamente, il dibattito sulla situazione interna e sugli Statuti diede luogo ad un accordo praticamente all'unanimi-tà sottoscritto, a favore, da 66 sin-dacati con 244 voti, e contro da 4 sindacati con 30 voti e l’astensio-ne di 6 sindacati con 10 voti: qualcosa di insolito nella nostra organizzazione, il prodotto di un maggior senso di responsabilità e del riconoscimento della necessità di dover superare il passato.

In quanto al resto dei pun-ti, l’iniziativa sindacale prese in esame la possibilità di unità di azione con altre organizzazioni sindacali. Risultarono particolar-mente significative le posizioni raggiunte in relazione alla prospet-tiva ecologica del sindacalismo ed all'immigrazione.

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1997: XIII° Congresso

All'inizio del 1997 (dal 31 Gennaio al 2 Febbraio) ebbe luogo il XIII° Congresso, cele-brato a Madrid, caratterizzatosi per la ricerca di accordi su un linguaggio differente, più incen-trato sulla denuncia della situa-zione globale della società che su proposte di carattere organiz-zativo.

Il congresso approvò un significativo giudizio su Azione Sociale, 70 pagine, ma non ri-uscì a raggiungere nessun ac-cordo su Azione Sindacale, ag-giornando questo punto ad un nuovo congresso straordinario. Tra le risoluzioni più importanti del congresso dobbiamo citare la decisa scommessa per la dife-sa del settore pubblico e la de-nuncia del Patto di Toledo, ap-poggiato dal sindacalismo mag-gioritario, dalle organizzazioni imprenditoriali e dalla totalità dei gruppi parlamentari, punto di

partenza per lo smantellamento della Previdenza socia-le.

Allo stesso modo il congresso raggiunse accordi per rivitalizzare alcune delle caratteristiche più peculia-ri della nostra organizzazione: la trasparenza, l’etica, la solidarietà, definendo espressamente il regolamento per i delegati e le delegate sui posti di lavoro.

1999: III° Congresso Straordinario

Celebrato a Tarragona nel Novembre del 1999, questo Congresso Straordinario fu convocato per af-frontare il lavoro sindacale della CGT, punto non risol-to nel Congresso Ordinario. In linea generale significò un importante passo avanti nel coordinamento del-l'azione sindacale confederale.

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Si fece una panoramica che metteva in relazione il lavoro sindacale di ogni impresa col resto dell'attività confederale, assumendo la priorità che implica la rappre-sentatività nei centri di lavoro e la necessità di inquadrare la nostra attività sindacale in funzione degli accordi glo-bali della CGT con la volontà di costruire organizzazio-ne e coscienza a partire dalle iniziative nei centri di lavo-ro, implicando direttamente le lavoratrici e i lavoratori in un progetto socialmente trasformatore.

2001: XIV° Congresso

Celebrato a Valladolid tra i giorni 5 e 8 di Aprile, il XIV° Congresso si caratterizzò per mantenere il mo-dello di crescita nell’adesione, per una particolare atten-zione alle nuove realtà, come l'emigrazione extracomunitaria, per continuare con una dimensione sociale molto peculiare della tradizione anarcosindacalista e che pone la CGT in una posizione distinta davanti all'opinione pubblica, e per un rafforza-mento delle strutture e delle risorse del-l'organizzazione. Per il resto, non manca-rono alcuni ricorrenti conflitti interni.

Si espressero due importanti opi-nioni: una sul tema della coesione inter-na, spingendo il funzionamento organico in funzione dei successivi accordi assunti al riguardo dall'organizzazione, ed un'al-tra relativa al quadro rivendicativo, per legare tra loro i diversi aspetti del lavoro della CGT nei differenti ambiti di lotta e di espressione.

Questo congresso concordò, con molto dibattito in entrambi i casi, la crea-zione della Segreteria della Donna da una parte, e dall’altra la ratifica del diniego di affiliazione ai funzionari carcerari e ai membri di qualunque corpo armato. Du-rante la celebrazione del Congresso si realizzò una manifestazione pubblica, dando luogo ad un ulteriore accordo sul fatto che la cosa avrebbe dovuto ripetersi ad ogni successivo analogo evento.

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2005: XV° Congresso

Si celebrò a Valencia tra il 30 Giugno ed il 3 Luglio, dopo il periodo più lungo di tranquil-lità tra un congresso e l’altro: quattro anni dal

precedente e senza nessun congresso straordinario. Un fatto da sottolineare per un'organizzazione che ha con-vocato 11 Congressi, 6 ordinari e 5 straordinari, in un lasso di 25 anni.

In questo Congresso si tentò una revisione di fondo degli statuti che non condusse, però, ad alcun cambiamento. Tuttavia, i suoi risultati fanno di questo un Congresso trascendentale,

introducendo nel bagaglio confederale tre aspetti di carattere strategico e rivendicativo di grande portata.

Da una parte si concretizzò l'azione sin-dacale di fronte alla precarietà come insieme di

situazioni degradate di lavoro in una chiara pro-spettiva di incorporare la gioventù ed i settori

più deboli al nostro progetto, e nello stesso tempo si ampliò il nostro concetto di precarietà agli altri aspet-ti della vita.

Si approvò il concetto di «Cuidadanía» (neolo-gismo che fonde due concetti: quello del diritto a curare e ad essere curati, e quello del diritto di cittadinanza) che implica di aggiungere una pro-

spettiva di genere ed egualitaria all’analisi del-la società e di radicale trasformazione sociale ed economica in funzione delle necessità reali

delle persone.E, infine, si adottò la Carta dei Diritti Sociali

come componente coagulatore per l'insieme delle ri-vendicazioni fatte sotto la bandiera della CGT e come elemento di sintesi per il dibattito aperto con l'insieme della società.

2008: IV° Congresso Straordinario

Celebrato a Bilbao il 29 Febbraio, questo Con-gresso Straordinario rispose alla necessità di sostituire il Segretario Generale che si era dimesso per ragioni personali. Si sarebbe potuto convocare un Plenum Con-federale, ma dato che tutti i Sindacati stavano tenendo una Conferenza Sindacale già convocata per quelle

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stesse date, si approfittò per realizzare un Congresso Straordinario con detta sostituzione come unico punto dell'ordine del giorno, e dare così alle due convocazioni maggiore visibilità.

2009: XVI° Congresso

Convocato per i giorni 4, 5, 6 e 7 di Giugno, l'ordine del giorno contemplava tre grandi temi: l’attivi-tà sindacale, le proposte di trasformazione sociale e gli statuti.

L’argomento dell’attività sindacale conteneva due aspetti particolarmente polemici che furono final-mente risolti con distinti voti: il rifiuto a firmare le ERE (Expediente de Regulación de Empleo) e la convoca-zione di un Plenum straordinario per la preparazione di uno sciopero generale. L'accordo dotò l'organizzazione di una diagnosi completa di fronte alla crisi del capitale e di un chiaro quadro rivendicativo nel quale risaltava-no gli aspetti che sono in relazione col perseguimento dell'uguaglianza reale, intensificando la settorializza-zione e l'internazionalizzazione dell'azione sindacale.

Rispetto alle proposte per il conseguimento di una società libertaria, si aprirono nuove prospettive ri-vendicative per l'organizzazione, poiché insieme al re-cupero dell'autogestione nel suo senso più profondo, si realizzò una scommessa sulla decrescita economica e l'agroecologia, e si approfondì il dibattito sulla prostitu-zione. In quanto agli statuti, il congresso si limitò ad introdurre alcune sfumature di carattere tecnico, senza giungere a cambiamenti profondi.

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giungere a cambiamenti profondi.

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Allegato 9I congressi confederali

ANNO DATA LUOGO CONGRESSO SEGRETARIO GENERALE

1984 29-30 Giugno e 1 Luglio Madrid IX° Congresso di Unificazione Pepe March

1987 2-5 Luglio Madrid X° Congresso Pepe March

1989 29 Aprile Madrid I° Congresso Straordinario

1989 1-3 Dicembre Madrid XI° Congresso Emilio Lindosa

1991 30-31 Maggio e 1 Giugno Coslada (Madrid) II° Congresso Straordinario Pepe March

1993 Plenum Confederale del 27 Febbraio a Madrid Chema Berro

1993 9-12 Ottobre Madrid XII° Congresso José Ma Olaizola

1997 31 Gennaio e 1-2 Febbraio Madrid (Colmenar) XIII° Congresso José Ma Olaizola

1999 Novembre Tarragona III° Congresso Straordinario

2001 5-8 Aprile Valladolid XIV° Congresso Eladio Villanueva

2005 30 Giugno e 1-3 Luglio Valenza XV° Congresso Eladio Villanueva

2008 29 Febbraio Bilbao IV Congresso straordinario Jacinto Ceacero

2009 4-7 Giugno Malaga Jacinto Ceacero XVI° Congresso

166 ALLEGATO 9

I CONGRESSI CONFEDERALI 167

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e qualcosa è rimasto inalterabile durante la sto-ria è la repressione del movimento operaio da parte del potere. La repressione può adottare

diverse forme, più rozze o più sottili, ma è sempre stata presente, e lo sarà fino a che non riusciremo a cambiare la società. Il monopolio della violenza da parte dello Stato ha consentito che, anche rinunciando al controllo di altri aspetti economici e sociali che ha consegnato al capitale, si sia assicurato i meccanismi coercitivi per metterli, in ultima istanza, al servizio dei potenti.

Non si deve, né si può, comparare la durezza di alcuni periodi con altri, né i meccanismi di tale repres-sione, né le rispettive circostanze storiche o le coordi-nate geografiche. Semplicemente dobbiamo constatare che alla classe lavoratrice (agli sfruttati e alle sfruttate), non è mai stato regalato niente, che la repressione è sta-ta parallela alla nostra attività e che solo quando lottia-mo riusciamo a migliorare le nostre situazioni contin-genti.

Attualmente non affrontiamo situazioni tanto drammatiche come lo sono state, invece, le sofferenze della militanza confederale nella prima metà del secolo scorso. Ma continuano ad esistere repressione, esclu-sione, rappresaglie e vendette contro chi mette in di-scussione il sistema cercando più libertà, giustizia ed uguaglianza. Non è men certo che, spesso, i moderni metodi di repressione, calati su una società frammentata fino all'individualismo e disarmata ideologicamente di fronte allo smisurato consumismo, sono molto più dif-ficili da notare e da contrastare.

Attualmente, la CGT e la sua militanza subi-scono una persecuzione permanente da parte delle im-prese o per strada. Non è vittimismo, è una realtà. Giorno per giorno vediamo come siamo ogni volta pe-nalizzati davanti alle opportunità di promozione, come si tenti di emarginarci in qualunque processo di forma-zione, o, più direttamente,

S

LA REPRESSIONE 169

12LA REPRESSIONE

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zione o, più direttamente, ci si accompagni alla porta non appena l’imprenditore viene a conoscenza del no-stro legame con la CGT, soprattutto nei casi di com-pagni e compagne meno protetti e isolati. Senza di-menticare la repressione ai picchetti informativi, alle concentrazioni, alle manife-stazioni sciolte dalla vio-lenza poliziesca, i tentativi di esclusione dalle riunioni

dove si decidono le nostre condizioni di lavoro e di vita per screditarci davanti alle lavoratrici e ai lavoratori o neutralizzarci nelle nostre iniziative.

Le sanzioni ingiustificate quando si rivendica, i licenziamenti quando si cerca di organizzare sezioni sindacali, le minacce, la diffamazione, la repressione dei nostri diritti lavorativi, sindacali, di manifestazione o di sciopero, sono realtà quotidiane con le quali dob-biamo confrontarci costantemente. Le denunce false o le accuse penali rivolteci con la complicità dei poteri pubblici, sono angherie che, anche riconoscendone la quotidianità, non devono portarci ad assumerle come qualcosa di connaturato alla nostra attività, bensì come barriere da eliminare, da combattere con tutte le nostre energie.

La molteplice militanza nelle lotte e nell’impe-gno sociale di molti compagni e compagne confederali ci rende oggetto della repressione per la partecipazione alle dinamiche della lotta sociale: l’appoggio agli im-migranti, l’occupazione di immobili, la denuncia di ar-bitrî del potere, le lotte studentesche, le rivendicazioni nei quartieri... Una repressione a volte sottile ed a volte brutale e rozza che tenta di distruggere persone ed idee con aggressioni, torture o prigione.

Parte di questa repressione è costituita anche dagli assalti e dalle aggressioni fasciste di cui hanno sofferto i locali confederali durante questi anni: Sego-via, Madrid, Gijón, Palma di Maiorca, Valladolid...

170 LA REPRESSIONE

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In questi 25 anni di cui ci occupiamo si è prodotta una tale quantità di situazioni suscettibili di essere qualificate come re-pressive che diventa difficile, per il loro numero, riferire in questa sede la totalità dei casi di cui è stata oggetto la CGT, diretta-mente come organizzazione o attraverso la sua militanza.

Le più immediate sono quelle che derivano dalla nostra attività sindacale quotidiana. Quelle che ci colpiscono perché rivendichiamo, pensiamo o sem-plicemente per la nostra adesione alla CGT. Situazioni che forma-no un elenco che si estende fino all'infinito e con le quali ci con-frontiamo tutti i giorni, perché la coercizione e la persecuzione sindacale è una delle caratteristi-che che definiscono le attuali re-lazioni lavorative.

Volendo comunque elen-care, in modo obbligatoriamente incompleto, i casi più emblema-tici, si potrebbe iniziare col caso dell'impresa pubblici-taria Avenir di Siviglia, che licenziò tutti gli aderenti della CGT (1987), e che ha il suo analogo più recente (almeno al momento di finire questo testo), nel caso di SITEL-Valladolid (2009). In mezzo, c’è una lista in-terminabile di casi analoghi.

Date le sue particolari implicazioni sociali, bi-sognerebbe citare come esempio la repressione al CIEMAT (1991), e, più recentemente, nel depuratore "la China", per le denunce delle nostre sezioni sindacali in difesa della salute pubblica, che hanno anteposto l'in-teresse dei cittadini ed il concetto di servizio pubblico alla propria comodità. La lotta degli autobus interurbani dell'Andalusia in difesa della sicurezza nel trasporto; l'attacco diretto subito dai compagni e dalle compagne della Sanità

LA REPRESSIONE 171

resa pubblici-ti gli aderenti go più recente o), nel caso di

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LA REPRESSIONE 171

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l'in-o

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della Sanità madrilena da parte dei mezzi di comunicazione sottomessi alla presidenza regionale; gli scioperi, le sanzioni e le perse-cuzioni a Telemadrid a causa delle denunce fatte per la manipolazione informativa del-l'ente audiovisivo autonomistico...

La lista completa sarebbe interminabile e bisognerebbe raccogliere i casi praticamente dalla totalità delle sezioni sindacali. Servano questi emblematici esempi per la totalità.

Comunque non si tratta solo di licenzia-menti. Quando parliamo di repressione sin-dacale dobbiamo tenere in conto situazioni come quelle vissute alla Ford, dove il solo fatto di appartenere alla CGT suppone una emarginazione automatica per l'accesso ad un complemento economico mensile, di po-testà dell'impresa secondo l'accordo firmato da UGT-CC.OO, e che questa utilizza per premiare o punire la fedeltà. O in SEAT, do-ve si è considerata provata una proporzione ingiustificata di licenziamenti di tesserati della CGT nell'ERE (Expediente de Regula-cion de Empleo) dei 660 e dove, oltre ad ot-tenere una catena di sentenze di nullità dei licenziamenti, con questa causa abbiamo an-che conseguito che il TSJ (Tribunal Superior de Justicia) di Catalogna condannasse la SEAT per discriminazione sindacale nei con-

fronti della CGT.In tutti i casi, a queste aggressioni si è risposto

con campagne di solidarietà e mobilitazione. Dobbiamo aggiungere, a queste campagne, altre iniziative di soli-darietà quale è stata la marcia «per la libertà di espres-sione» (2000) che partì da Vigo ed arrivò a Madrid per continuare fino a Strasburgo contro l'ingiusta sanzione - un anno di sospensione dall’impiego - ad un compagno dell'Amministrazione Pubblica, o la campagna «per la dignità nelle telecomunicazioni» (2006-2007) che riflet-teva una dolorosa realtà in tutto un settore di attività particolarmente precarizzato e sottomesso ad angherie ed arbitrî.

172 LA REPRESSIONE

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Facendo una panoramica sulla repressione nel mondo del lavoro, in molte occasioni ci siamo dovuti confrontare anche col tentativo di criminalizzare il sin-dacalismo e sottomettere la militanza della CGT alla persecuzione penale e poliziesca. Dobbiamo ricordare il processo intentato contro diversi aderenti della sezione sindacale della Michelín di Vitoria (1984) che furono accusati di formare un «gruppo armato» nel bel mezzo delle mobilitazioni per il miglioramento delle condizio-ni lavorative, con l'obiettivo di distruggere il nostro la-voro sindacale. Dopo una dura lotta e dopo un lungo processo giudiziario, tutti furono assolti e la CGT con-tinua ad essere la prima forza sindacale nella suddetta fabbrica.

Metro di Barcellona (1995). Nel bel mezzo di un lungo conflitto con successive giornate di sciopero furono arrestati vari compagni della sezione sindacale della CGT, e tra essi il presidente del comitato di im-presa, accusandoli di aggressione a diversi poliziotti municipali e sottoponendoli ad un complicato processo giudiziario.

Aeroporto di El Prat a Barcellona, Autobus Da-mas (Siviglia)... con l’intento di criminalizzare vari tes-serati della CGT furono avviati, anche da parte delle imprese, processi di denuncia penale. Il caso «Luisito» il cui impegno solidale lo mise nel mirino della polizia e dei giudici: a causa della sua partecipazione ad una riunione pacifica contro i licenziamenti alla Airtel (2000) fu perseguito fino alla fine del processo giudizia-rio (2007).

In tutti questi casi che raccogliamo a mo’ di esempio, e dicendo chiaramente che se ne potrebbero citare molti altri, l'organizzazione ha reagito immedia-tamente con campagne chiare di solidarietà e di denun-cia. Nonostante la manipolazione e la repressione, si è sempre dimostrata l'innocenza delle persone coinvolte, facendo in modo che nessuno venisse imprigionato.

Ma non bisogna solo parlare del livello lavorati-vo: la repressione giunge anche per il nostro impegno sociale. Dobbiamo riferire qui le situazioni sofferte da compagni e compagne a seguito dell’impegno profuso nelle lotte per il diritti all’occupazione, per il diritto al-l’aborto,

LA REPRESSIONE 173

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l’aborto, contro la rapina ambientale, per l'insubordinazione all'Esercito... o per la so-lidarietà con gli oppressi di tutto il mondo. Serva come esempio la situazione della compagna Laura, in prigione per la sua par-tecipazione ai movimenti sociali di Terrassa, e la campagna di solidarietà sostenuta dalla CGT.

La nostra azione di fronte alla repressio-ne si è mantenuta durante gli anni in maniera continua, così come la nostra memoria ri-spetto a coloro che lasciarono la loro vita nella lotta per la giustizia e la libertà. Vo-gliamo ricordare il compagno Agustín Rue-da, assassinato nel 1978 nei locali della poli-zia; il decimo anniversario della sua morte, coincidente con una sentenza assolutoria per i suoi boia, motivò un'estesa campagna della nostra organizzazione e, successivamente, varie commemorazioni nelle quali la CGT ha direttamente partecipato.

Ugualmente dobbiamo ricordare il com-pagno Valentín González, assassinato duran-te uno sciopero nel 1979 da una palla di

gomma sparata a bruciapelo e che è stato ricordato dal-la nostra organizzazione con manifestazioni successive, dal 1989 al 2008, e specialmente nel 30° anniversario, nel 2009.

Pedro Álvarez, assassinato 16 anni fa a Hospita-let da un poliziotto che continua a non rispondere per questo assassinio. Pedro è ricordato puntualmente tutti gli anni in diverse manifestazioni promosse e partecipa-te dalla CGT.

Né dimentichiamo, né vogliamo dimenticare. Così come vogliamo ricordare i compagni che si trova-vano nelle prigioni con dure condanne per fatti accaduti durante la transizione e che, grazie al lavoro realizzato dalla confederazione, poterono uscire in libertà prima di concludere le loro condanne (1989).

Il fatto repressivo è giornaliero e quotidiano. Costituisce il meccanismo di respirazione del sistema: sfruttamento, alienazione, manipolazione... ; se, inoltre, pensiamo che

174 LA REPRESSIONE

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pensiamo che accanto a noi abbiamo milioni di compagni e compagne in tutto il mondo che soffrono e lottano quotidianamente contro condizioni inaccettabili di ingiustizia, conclu-deremo sulla impossibilità di riferire compiutamente, in queste pagine, su una lista che si estende davvero al-l'infinito.

Non possiamo offrire una conclusione positiva di questo pro-cesso repressivo, perché esso impli-ca sempre una grande quantità di ingiustizia e sofferenza per compa-gni e compagne. Ma vogliamo an-che sottolineare che in tutti questi casi e situazioni, come in migliaia di altri che ci si sono presentati durante questi 25 anni, abbiamo sempre risposto in maniera collettiva dimo-strando, ogni volta, che siamo un'organizzazione che fa della solidarietà e del reciproco appoggio la sua arma fondamentale.

Non lo ripeteremo mai abbastanza, poiché que-sti sono i nostri apporti fondamentali al movimento operaio: organizzazione coesiva, coordinazione per la lotta, solidarietà effettiva e mutuo appoggio come crite-rio indiscutibile.

Tutto ciò con l'appoggio di un'infrastruttura consolidata e di alcuni strumenti: fondi di solidarietà, supporti giuridici propri, iniziative unitarie, partecipa-zione organica... ognuno finalizzato a garantire un ap-poggio adeguato a chi soffre di un maggior grado di repressione. In ogni momento e a chi ne ha più bisogno, con l’impegno della solidarietà garantita da tutta l'orga-nizzazione.

Infine, vogliamo inviare un messaggio di corag-gio a coloro che lottano, che soffrono la repressione diretta del sistema, e, in modo speciale, a tutti i nostri compagni e compagne che hanno sofferto queste espe-rienze, chiedendo scusa alle persone la cui esperienza non ha potuto essere raccolta in questa, necessariamen-te breve, esposizione.

LA REPRESSIONE 175

amo e in ano ioni clu-rire , su al-

una pro-pli-

à di mpa-

an-esti a di urante questi 25 anni,

aniera collettiva dimo-n'organizzazione che fa

Page 176: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

li studi storici ed archeologici hanno confer-

mato che la nascita di quello che abbiamo

chiamato Stato è parallela all'apparizione

dello sfruttamento di classe. Lo Stato, come struttu-

ra politica creata da chi detiene il Potere per appro-

priarsi del lavoro della maggioranza, monopolizza

ed istituzionalizza l'uso della violenza per usarla in

funzione dei suoi interessi. Ciò implica, da un lato,

che sia lo Stato a definire cos’è “violenza”, tanto

mediante meccanismi giuridici come attraverso i

suoi mezzi per creare ideologia. Ovviamente, in un

contesto come l’attuale dove il termine implica un

carico di valutazione negativa, la definizione di vio-

lenza rimette esclusivamente a quelle condotte che

non sono prodotte dallo Stato né dagli interessi che

esso difende ma, in molte occasioni, le confonde più

o meno apertamente. Col risultato che, dall'ideolo-

gia del Potere, la violenza, spesso, viene assimilata

a termini come ribellione, rivoluzione o, più recen-

temente, antisistema. Una dimostrazione di ciò è

l'opposizione tante volte espressa tra i termini "de-

mocratico" e "violento".

D'altra parte, l'esistenza dello Stato pretende di de-

tenere in esclusiva la capacità di uso della violenza

come espressione del "Potere per”, cioè per condi-

zionare in difesa della sua propria esistenza le prati-

che dell'insieme della società. Questa capacità si

traduce nella dimensione repressiva dello Stato,

inerente alla sua propria essenza. Già nei primi stati

della storia fu centrale la creazione di un ordinamen-

to giuridico che prescrivesse che cosa fare e,

della storia fu centrale la creazione di un ordinamen-

to giuridico che prescrivesse che cosa fare e, paral-

lelamente, di corpi armati che servissero da dissua-

sione per il compimento di quell'ordinamento me-

diante la forza e, quando fosse necessario, repri-

messero le pratiche dissidenti da quell'ordinamento.

Tanto l'ordinamento giuridico come la polizia e

l'esercito rappresentano i principali apparati repres-

sivi dello Stato, ai quali possono esserne sommati

altri, qualcosa di più diffuso, come i differenti mezzi

di formazione delle opinioni e delle ideologie: i mez-

zi di comunicazione, la religione, ecc.

Lo Stato, allora, si dota della repressione

come meccanismo per difendere i suoi interessi, per

disarticolare e fare sparire quelle condotte o indivi-

dui dissidenti. Da questa affermazione si ricava che

qualunque soggetto sociale che sia capace di rap-

presentare alternative pratiche o realtà esterne al-

l'ordine stabilito dovrà affrontare un insieme di inizia-

tive dello Stato dirette a neutralizzarlo.

Questa repressione può manifestarsi in diverse di-

rezioni. In uno degli estremi si situano i processi di

assimilazione delle pratiche “dissidenti” nella stessa

struttura dello Stato, disarticolandoli del loro potere

emancipatore e critico. La cosiddetta Transizione,

nello Stato Spagnolo, è ricca in esempi di ciò. Nel-

l'altro esistono diverse misure dirette alla sparizione

sociale degli individui dissidenti, mediante forme di

repressione molto più evidenti.

176

Allegato 10La repressione, una tesi di Stato

G

ALLEGATO 10LA REPRESSIONE...

Page 177: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Di queste ultime ci occupiamo qui perché sono quel-

le che devono affrontare i movimenti sociali, politici

e sindacali che, in diversi modi, pretendono di co-

struire realtà alternative allo sfruttamento capitalista

e che, supponiamo, dispongono della capacità di

sfuggire ai tentativi di assimilazione da parte dello

Stato.

Le lotte per l'emancipazione collettiva ed

individuale e per la giustizia sociale affrontano una

repressione politica intrapresa dal Potere dominan-

te, ed eseguita in gran parte dallo Stato stesso, con

l'obiettivo di ottenere la sottomissione di coloro che

le promuovono e rinforzare gli attuali processi di

sfruttamento. Per questa ragione, i movimenti sociali

e politici emancipatori che sviluppano una prassi di

scontro con lo Stato, per loro propria natura, gli so-

no esterni (ed opposti). Questo implica che queste

lotte in principio si situano fuori dalla cornice che lo

Stato ha definito, in larga misura come mezzo di

integrazione delle condotte sociali, e che l'accetta-

zione di queste cornici non deve cessare di porsi

come opzione strategica puntuale. In definitiva,

l'esistenza stessa di progetti e pratiche di dissidenza

sociale, sindacale o politica implica l'applicazione di

mezzi repressivi su di esse col fine di neutralizzarle.

Questa dialettica si rafforza necessariamente con

l'incremento dell'intensità e del potenziale trasforma-

tore delle lotte come parte del battere stesso del

cuore dello Stato e del sistema capitalista attuale.

Da parte dei movimenti dissidenti e rivoluzionari, il

riconoscimento di questa situazione rappresenta un

vantaggio per mantenere la loro specifica ed auto-

noma capacità di azione e di organizzazione.

La repressione è consustanziale alla nostra esisten-

za e, pertanto, dobbiamo imparare a convivere con

lei, a resisterle, mediante il processo di costruzione

di spazi di contropotere dove, in definitiva, finiremo

per neutralizzarla.

Meccanismi ed effetti della repressione

La repressione con fini politici può darsi di-

verse forme, in funzione del contesto, del livello del-

la sfida in atto, del soggetto da reprimere, della cor-

relazione di forze esistente in un dato momento,

ecc. Le forme di repressione di alta intensità pre-

tendono di annullare in modo immediato la dissi-

denza mettendola fuorigioco. Tra gli altri metodi ri-

corre alle sparizioni forzose e ad altre forme di terro-

rismo di stato, quali la tortura, l'incarceramento o la

dispersione dei prigionieri, non sempre al riparo del-

l'ordinamento giuridico dello Stato stesso. In alcune

occasioni si dota della copertura di legislazioni e

tribunali speciali, come sono l’Audiencia Nacional e i

cambiamenti della Legge di Procedura Penale pro-

gettati per le imputazioni di "terrorismo" e "ribellione"

(conosciuti comunemente come legislazione antiter-

rorista). In caso di iniziative illegali, lo Stato stesso

garantisce la propria impunità o un atteggiamento

magnanime verso chi le porta a termine. D'altra par-

te, questa repressione implica anche una politica

informativa diretta a nasconderne o negarne l’inten-

sità e, perfino, l’esistenza. Eccetto in fasi di elevata

conflittualità, questa modalità viene impiegata in

modo discontinuo.

177 ALLEGATO 10LA REPRESSIONE...

Page 178: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Tuttavia, nella maggior parte dei casi la re-

pressione più quotidiana è di un'intensità note-

volmente minore. Si manifesta, da un lato, in di-verse forme di pressione poliziesca, dalle identifica-zioni per strada agli inseguimenti, confische di mate-riali, blocco di manifestazioni e di altre iniziative pubbliche, cariche dei corpi di polizia e perfino de-tenzioni che non implicano un ingresso carcerario immediato. Le portano principalmente a termine membri ed unità specializzate dei corpi di sicurezza dello Stato come, per esempio nello Stato Spagno-lo, i gruppi speciali delle brigate di informazione del-la Polizia Nazionale, e sono dipendenti direttamente da figure politiche che ordinano e progettano i tratti generali di tali azioni. Questa repressione si visua-lizza anche in iniziative giudiziarie, innumerevoli processi e procedimenti, principalmente montati. I successivi irrigidimenti delle leggi e delle normative e l'invenzione di nuove formule come le pene pecu-niarie, tutte decisioni squisitamente politiche, favori-scono l’inizio di procedimenti multipli e sommari contro i militanti dissidenti.Nella maggioranza dei casi questi atti repressivi non arrivano a supporre il pericolo di entrata in carcere per se stessi, ma il sovraccarico di giudizi, di pene pecuniarie ed i costi che questi processi implicano determinano spesso l'asfissia dei movimenti sociali e politici trasformatori. In questi casi l'ambito giuridi-co esegue questa repressione, di nuovo orchestrata politicamente. Così come vi contribuisce quando derubrica o archivia pressoché sistematicamente le denunce delle vittime contro questa stessa repres-sione, per esempio per maltrattamenti ed altri ec-cessi polizieschi. Dietro i versanti poliziesco e giudi-ziario della repressione, i

ziario della repressione, i mezzi di comunicazione e le dichiarazioni pubbliche di molte istanze politiche e dei loro rappresentanti contribuiscono anche alle iniziative dello Stato per sradicare la dissidenza. Le informazioni tendenziose di gran parte della stampa ed i suoi silenzi complici costruiscono la versione dominante della realtà, negando generalmente ciò che realmente è vero. Le dichiarazioni reiterate dei politici, per esempio associando la "inciviltà" o la "violenza" ai collettivi alternativi, definiscono i mo-delli sui quali questi stessi mezzi di informazione contribuiranno a creare un'ideologia dominante, utile per la perpetuazione dello Stato e degli interessi che lo sostengono. Queste forme di repressione, meno trauma-tiche all’apparenza, si caratterizzano per essere più insistenti nel tempo, arrivando a fare parte della quotidianità dei settori che lottano e, perfino, dell'in-sieme della società. È precisamente questa quoti-dianità acquisita quella che arriva a far sì che diver-se di queste situazioni vengano assunte come parte della "normalità", perdano il loro carattere di ecce-zionalità nella consapevolezza e, pertanto, riman-gano nascoste come forme di repressione politica premeditata e latente. Tuttavia, tanto la repressione di alta intensità come le sue forme più quotidiane ed impercettibili condividono gli stessi obiettivi e gene-ralmente agiscono in forma combinata. Come concretizzazione dell'obiettivo di rin-forzare il sistema capitalista e lo Stato, la repressio-ne politica cerca l'eliminazione del rivale che, in par-te, si incentra sulle persone specifiche che fanno parte di questi fronti di lotta contro lo sfruttamento. A parte le sparizioni, la prigione è uno dei mezzi im-piegati dato che l'isolamento che essa presuppone per chi la soffre rende molto difficile che si possa

178 ALLEGATO 10LA REPRESSIONE...

Page 179: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

piegati dato che l'isolamento che essa presuppone

per chi la soffre rende molto difficile che si possa

mantenere un determinato livello di militanza effica-

ce nella lotta quotidiana. Sebbene questo sia il fine

aperto e pubblico della repressione che non sfugge

agli occhi di chi lotta contro l'attuale sistema politico

ed economico, ci sono altre finalità che si nascon-

dono dietro l'applicazione dalla repressione politica.

Questi obiettivi spesso non li abbiamo presenti co-

me meriterebbero, fatto che, invece di sottrar loro

importanza e centralità, li trasforma perfino in ancor

più pericolosi e, inoltre, spiega anche alcune delle

caratteristiche delle iniziative repressive.

Un primo scopo è la rottura del tessuto col-

lettivo e solidale. La repressione costante e soste-

nuta cerca di spezzare le convinzioni personali ed i

processi di unità dei differenti collettivi. Può avveni-

re, ciò, in contesti di repressione di alta intensità,

dove lo stress che suppone una situazione eccezio-

nale alla quale si accompagna la sensazione che

occorra rispondere in forma rapida, fa affiorare di-

verse opinioni e criteri, in settori diversi dello stesso

movimento, che possono produrre un distacco pub-

blico dalle circostanze stesse che motivarono il fatto

repressivo. Anche la repressione di minore intensità

implica un’usura smobilitante. La stanchezza di vi-

vere sotto tensione costante, la sensazione di mar-

ginalità rispetto al grosso della società che spesso,

invece, subisce la stessa repressione, la successio-

ne di piccoli fatti come multe, identificazioni, ecc.

contribuisce, anche in modo importante, all'esauri-

mento del militante ed all'abbandono delle lotte.

In queste circostanze, è possibile anche che

la sensazione di repressione subita contribuisca

all'isolamento dell’insieme di persone vicine a chi la

vive direttamente. La repressione la soffrono anche

in modo secondario gli amici, i familiari, i vicini... Si

esercita anche contro di loro. In questo modo, si

espande da chi la soffre direttamente fino ad ampi

settori sociali che normalmente la soffrono e l'inte-

riorizzano in forme molto diverse. Queste situazioni

possono determinare che, in alcuni ambienti vicini ai

membri delle lotte sotto rappresaglia, si esercitino

pressioni affinché queste persone abbandonino

un'attività che viene giudicata pericolosa tanto per

lui o lei come per questi stessi ambienti vicini. Un

altro aspetto nel quale si traducono è in una mag-

giore sconnessione con l'insieme della società.

La paura di soffrire le stesse condizioni di

chi lotta può frenare le simpatie o le complicità di chi

li circonda o può impedire che si concretizzino in

una compartecipazione. Detto in un'altra forma, la

repressione cerca di instaurare anche la paura nel-

l'ambiente dei movimenti dissidenti, tanto per frena-

re la sua crescita come, anche, per limitare la capa-

cità che questi hanno di farsi ascoltare in determina-

ti settori sociali. Questa specie di repressione pre-

ventiva costituisce uno dei meccanismi di controllo

sociale con la ripercussione più ampia e, pertanto, è

centrale e basilare per il mantenimento dell'ordine

stabilito. Inoltre, in modo complementare, diventa un

fattore di smobilitazione dei gruppi dissidenti davanti

alla sensazione di stagnazione e di incapacità di

rompere l'isolamento che impone lo Stato alle “voci

fuori dal coro”.

179 ALLEGATO 10LA REPRESSIONE...

Page 180: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Un quarto obiettivo della repressione è for-nire l'impunità per chi la esercita.Questo aspetto, ovviamente, persegue in primo luo-go l'esigenza di evitare responsabilità sia per chi la promuove che per chi la esegue. Un'infinità di esempi illustrano questo fatto nello Stato Spagnolo, il più drammatico dei quali è il continuo disprezzo politico e giudiziario verso le frequenti denunce per torture nel quadro della legislazione antiterrorista da parte di numerosi organismi ed associazioni, alcuni tanto poco sovversivi come le stesse Nazioni Unite. Tuttavia, non dobbiamo trascurare che l'introduzione di un sentimento generalizzato di impunità intorno alla repressione costituisce anche uno strumento per instaurare il terrore e dimostrare il potere di uno Stato che è capace, perfino, di schivare i suoi stessi codici normativi e valori quando e con chi lo consi-dera necessario. La punizione, e l'impunità di una repressione che non sempre rispetta la stessa lega-lità del sistema, hanno anche questo strumento per spaventare la popolazione. Per questa ragione non deve sorprenderci come lo Stato capitalista (di nuo-vo qui lo Stato Spagnolo è l’ennesima dimostrazione di ciò) permetta regolarmente che si conoscano una parte delle sue iniziative repressive al margine della legge, sia mostrando persone detenute con segni di tortura, sia non ottemperando ai termini o alle forme nei procedimenti di polizia e giudiziari, ecc., in defi-nitiva, lasciando trasparire alcune delle sue azioni che contravvengono direttamente perfino il proprio ordinamento giuridico. Quando ciò succede, più che ad un errore nell'esecuzione della repressione, ci troviamo davanti ad una esibizione pubblica del po-tere dello Stato e della sua capacità per mantenere impunite

tere dello Stato e della sua capacità per mantenere impunite azioni chiaramente ed apertamente illegit-time anche per l'insieme della popolazione.

Repressione e lotta

La repressione, sotto le sue diverse forme, cerca di frenare il cambiamento sociale. E precisa-mente il cambiamento sociale è quello che pretende chi, dal sindacalismo realmente anticapitalista ai movimenti sociali e politici emancipatori, quotidia-namente tenta di costruire alternative al capitalismo e allo Stato che lo difende. La nostra stessa esi-stenza come soggetti vivi, immaginativi e creativi comporta l'applicazione di mezzi repressivi da parte del Potere dominante. L'assenza di questa repres-sione implicherebbe la nostra integrazione nel si-stema che pretendiamo di trasformare. In definitiva, finché la nostra esistenza è lotta per la trasforma-zione, finché il nostro sindacalismo e la nostra mili-tanza sociale e politica mantengono la loro opposi-zione alle ingiustizie e allo sfruttamento, il potere minacciato utilizzerà le sue capacità per neutraliz-zarci. L'analisi della repressione è, dunque, uno strumento indispensabile per qualunque movimento dissidente che deve assumere la consapevolezza che questo non è, in nessun caso, un fatto isolato e puntuale, bensì un elemento strutturale del sistema stesso. Non dipende dalla legalità o dal tono delle lotte portate avanti né dal loro incastro nei piccoli spazi che il sistema offre. È certo che lotte all’inizio "illegali" siano suscettibili di ricevere direttamente la spinta repressiva, benché non sia inusuale

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spinta repressiva, benché non sia inusuale che la

loro forza e capacità di influenza possano determi-

nare la soglia di intolleranza dello Stato e possano

condizionarne la modalità di risposta. La stesso ac-

cade con le vertenze "legali", che accettano e si

limitano agli spazi permessi. Sebbene sulla carta

siano tollerate, spesso esse sono ridotte all'anoni-

mato attraverso il silenzio mediatico e delle stesse

istituzioni dello Stato che sarebbero chiamate a ri-

solverle.

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er qualsiasi organizzazione, movimento, collet-tivo... è fondamentale trasmettere le proprie proposte e le proprie idee, soprattutto in una

società come l'attuale, dove l'informazione si accumula e richiede un sovrasforzo enorme far arrivare i messag-gi e le alternative a coloro cui vanno diretti.

Il movimento anarcosindacalista è stato stori-camente prodigo in numero di testate, edizioni ed orga-ni di espressione. L'interesse e l’impegno per comuni-care cultura, informazione e trasparenza è stato qualco-sa di inerente al movimento libertario. L'alta specializ-zazione tecnologica, oggi, e lo sviluppo di mezzi e pos-sibilità di comunicazione hanno aggiunto maggiore complessità all'obiettivo di trasmettere informazione e creare opinione. Dall'altra parte, il controllo dei mezzi di comunicazione da parte dei poteri istituzionali e del-l'oligarchia capitalista, è sempre maggiore, e rende an-cora più difficile il nostro lavoro in questa direzione.

La istituzionalizzazione di un modello sindacale burocratizzato e collaborativo coi dettati del capitale, il quale tenta di neutralizzare qualunque spazio di opposi-zione combattiva, e l’appoggio a questa opzione da par-te dei mezzi di comunicazione convenzionali, viene ad aggiungere altre complicazioni al problema.

Di fronte a questa realtà che pretende di con-dannare all'ostracismo tutto quello che diverge dal di-scorso ufficiale, e di fronte alle enormi difficoltà di tra-smettere ciò che pensiamo, giorno per giorno, la CGT ha lavorato, dal Congresso di Unificazione, per conso-lidare alcuni mezzi di comunicazione propri che faces-sero fronte alla sfida di trasferire informazione ed opi-nione agli aderenti e di come fare arrivare i nostri mes-saggi al resto della società.

Questo compito si è realizzato, con più o meno risorse, secondo le differenti tappe vissute in questi an-ni. La cosa certa è che si tratta di una linea di lavoro aperta, sempre più importante e che nel futuro imme-diato avrà bisogno di acquisire maggiori attenzioni,

P

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diato avrà bisogno di acquisire maggiori attenzioni, sforzi e coordinamento da parte di tutta l’organizzazio-ne.

Solidaridad Obrera

La prima testata che la nostra organizzazione mise in marcia dopo il Congresso di Unificazione del 1984 fu Solidaridad Obrera (Solidarietà Operaia). Si tratta di una testata classica all’interno del movimento anarcosindacalista che, storicamente vincolato alla Ca-talogna, faceva così un salto in ambito nazionale.

Di questo portavoce, si pubblicarono sei numeri tra gli anni 1985 e 1986 che raccoglievano le inquietu-dini, l’attività ed i progetti di un'organizzazione rinno-vata che incominciava a fare i suoi primi passi. In quel-l’epoca, dal n° 0 (marzo del 1985) fino all'ultimo (gen-naio del 1986), venne pubblicato a Madrid. La testata del n° 0 fu quella classica rappresentante il «Sole», (senza «AIT»), ma a partire dal n° 1 poté contare su una testata propria ed innovativa.

Vecchie liti già commentate tra i differenti rami dell'anarcosindacalismo, e che riguardavano anche la proprietà della testata, motivarono il fatto che alla fine non potesse più aver continuità come portavoce della nostra organizzazione.

Rojo y Negro

Subito dopo il X° Congresso, nel Gennaio del 1988, si mise in moto il numero 1 di un nuovo organo di espressione, Rojo y Negro (Rosso e Nero), utilizzan-do il nome di un giornale pubblicato precedentemente dal Sindacato della Sanità di Malaga (appartenente al settore «pro-unificazione» della CNT-AIT) nei mesi precedenti il Congresso di Unificazione.

Durante questi 21 anni di cammino come porta-voce ufficiale della Confederazione, ha raccolto, mese dopo mese, le cose fondamentali delle nostre iniziative ed attività, cercando di essere tanto un elemento di coe-sione interna quanto un veicolo di espressione indiriz-zato all'insieme della classe lavoratrice. Per l'organizza-zione, Rojo y Negro si è trasformato nel mezzo infor-mativo di riferimento e con le cui posizioni tutti si sen-tono pienamente concordi.

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tono pienamente concordi. Rojo y Negro ha continua-

to a subire cambiamenti durante questi 21 anni in formato, testata (7 differenti), volume, tipografia e colore (che «entra» nei numeri 100 e 101 in maniera provvisoria e, a partire dal n° 136, in maniera definitiva), mantenendo un'evolu-zione parallela a quella della stes-sa organizzazione, ed affrontando ora nuove sfide che continuano ad esigere innovazioni.

Libre Pensamiento

In parallelo al lavoro rea-lizzato con Rojo y Negro, ma con un'impostazione completamente differente, abbiamo potuto conta-re sull'edizione della rivista Libre Pensamiento (Libero Pensiero) come a un organo permanente di divulgazione di idee e proposte, focalizzato ad approfondire di-stinti temi e permettendo così di migliorare in diversi aspetti le condizioni del dibattito e dell'at-tività che sviluppiamo.

Libre Pensamiento ha raggiunto oggi il suo numero 61. Iniziò il suo percorso nel 1988 e naturalmente ha subito diverse modificazioni, tanto negli aspetti formali (tipografia, volume, colore...) come nella messa a fuoco dei temi del dibattito che raccoglie. In questo momento possia-mo considerarla come una rivista consolidata non solo dentro il mondo confederale, bensì accettata negli am-biti del pensiero critico e del dibattito sociale.

La sua attuale periodicità è di quattro numeri all'anno, ai quali bisogna aggiungere l'edizione di qual-che «speciale» monografico che occasionalmente si rea-lizza in maniera condivisa con altre testate (Ecologista, La Lletra A,...).

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Le pagine WEB

I nuovi tempi sono ormai qui e le nuove tecno-logie dell'informazione si fanno largo e si impongono in tutti gli ambiti. In questo senso la Confederazione ha varie pagine funzionanti già da anni. I più importanti siti Web sono www.cgt.org.es e www.rojoynegro.info, come pagina dell'organizzazione la prima e come gior-nale di aggiornamento permanente la seconda.

Benché questi due mezzi siano i più caratteristi-ci della nostra diffusione nella rete, dobbiamo ricordare che l'organizzazione conta attualmente su otto pagine web:

www.cgt.es. pagina ufficiale dell'organizza-zione e direttamente vincolata alla Segreteria di Comunicazione.www.rojoynegro.info. pagina di aggiorna-mento giornaliero vincolato al Rojo y Negro cartaceo attraverso il suo Direttore che è co-mune ad entrambi i mezzi e la Segreteria di Comunicazione.www.librepensamiento.org, pagina che rac-coglie i contenuti dei successivi numeri della rivista e che pretende di essere un veicolo di avvicinamento alla stessa, condividendo con l'edizione in carta, il suo Direttore ed il vin-colo con la Segreteria di Comunicazione.www.cgtchiapas.es. pagina specializzata sul Chiapas e lo zapatismo, vincolata alla Com-missione di Solidarietà con il Chiapas ed alla Segreteria delle Relazioni Internazionali.www.memorialibertaria.org, pagina dell'or-ganizzazione per tutta l’argomentazione rife-rita con la memoria storica, vincolata al co-ordinamento del Gruppo di Memoria Liber-taria ed il Segretariato Permanente.www.lsqueluchan.org, pagina che ha il com-pito di comunicare l'insieme delle lotte popo-lari sociali e sindacali dell’America Latina, da un punto di vista di base e combattivo, vincolata alla Segreteria delle Relazioni In-ternazionali.

www.ruesta.es. pagina legata a questo progetto nei suoi differenti aspetti e vincolata al Coor-dinamento di Ruesta e, attraverso

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www.ruesta.es. pagina legata a questo pro-getto nei suoi differenti aspetti e vincolata al Coordinamento di Ruesta e, attraverso esso, alla Segreteria di Organizzazione.www.in-formacioncgt.info. pagina web di recente creazione che cerca di essere uno strumento per coagulare l'insieme dei mate-riali elaborati dalla CGT sulle problematiche relative alla formazione e alla documenta-zione per la militanza confederale, vincolata alla responsabilità della Scuola di Formazio-ne ed alla Segreteria di Formazione e Giuridi-ca.

Nel loro insieme, queste pagine ricevono una media supe-riore a 200.000 visite mensili, e rappresentano una magnifica let-tera di presentazione a livello na-zionale ed internazionale per la CGT. Ad esse si sommano quelle che hanno creato in questi anni le distinte Confederazioni, Federa-zioni Locali, dell’Industria, ed altri enti confederali.

Taller de imágenes

Con il Taller de imágenes (Officina delle Immagini) si è preteso di dotare l'organizzazione di un archivio di riprese cinema-tografiche che raccolga lavori di interesse per la militanza e di do-cumentazione visuale per la dif-fusione delle nostre iniziative. Questa Officina è passata per dif-ferenti vicissitudini, funzionando in alcuni momenti ed in altri no, dipendendo sempre dalla volontà e buona disposizione delle perso-ne che l'hanno composta insieme alla Segreteria di Comunicazione.

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Le più importanti registrazioni prodotte da questa Officina di Immagini sono stati:

Marcia contro la Disoccupazione (1993),

Foro alternativo Le altre voci del pianeta (1994),

Marcia contro la Disoccupazione (1996),

Chiapas: parlano i ribelli (1996),Siviglia Rossa e Nera (2002), L'oro delle Californie (2003), 20 e10. Il fuoco e la parola (2004),

Crisi?, che crisi? (2008), 25° anniversario della CGT (2009),

I mezzi di comunicazione

territoriali

Sarebbe interminabile riportare tutte le testate pubblicate dalle Sezioni Sindacali, Federazioni Locali, Sindacati... Ma almeno faremo un ripasso dei mezzi di comunicazione permanenti delle Confederazioni Terri-toriali:

Catalogna: la sua testata si denomina Cata-lunya; benché inizialmente, dopo il Congres-so di Unificazione, si pubblicarono i primi numeri come Catalunya Libertaria, alla fine si optò per usare la testata dello storico gior-nale del pomeriggio della CNT (1936 -1939) che porta nella sua fase attuale 108 numeri (1987-2009). Durante gli anni ‘85-90 si pub-blicò anche Alternativa Llibertaria, diretta-mente focalizzato sull’Azione Sociale.País Valencià: Dopo il Congresso di Unifica-zione, la CGT-PV sentì la necessità di torna-re a dotarsi di una testata propria, e scelse Noticia Confederal che si pubblica dall'anno 1987 con periodicità trimestrale; è diretta a far conoscere agli iscritti di quella Confede-razione le attività della Confederazione terri-toriale

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piùOffi

Le

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e delle sue sezioni; tratta anche temi so-ciali, politici, economici e culturali. Edito inizialmente in castigliano, il valenzano ha continuato a guadagnare terreno nei suoi contenuti. È strettamente vincolato al programma settimanale che mantiene l'or-ganizzazione "Radio Chiara", decano del-le Radio Libere a livello statale Paesi Baschi-Euskadi: dall'autunno del 2004 questa Confederazione pubblica Beltza che è arrivato al numero 15 mante-nendo in tutto questo tempo una tiratura di 5.000 esemplari. Con uno stile colorito nel quale l'umorismo ha uno spazio parti-colare, il suo obiettivo è servire come elemento di unificazione e di integrazione della CGT in Euskadi, facendo conoscere i progetti dell'organizzazione rispetto agli avvenimenti sociali, politici, lavorativi, sindacali e culturali più importanti.

I MEZZI DI COMUNICAZIONE 189

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Galizia: Dall'anno 2005 la Confederazio-ne della Galizia pubblica El Mallón la cui sede è a Vigo. Si pubblica in castigliano ed in galiziano, raccogliendo temi in rela-zione con l'attualità sia in Galizia che a livello nazionale, oltre che della vita or-ganica confederale; le proprie attività, il dibattito interno e tutti gli altri aspetti che possono essere di interesse in relazione al pensiero critico e libertario Aragona: dall'autunno del 2005 si pubbli-ca Cierzo Libertario, pubblicazione della Confederazione di Aragona e La Rioja la cui periodicità è quadrimestrale. Anche sulla radio libera Radio Topo, durante i suoi 15 anni di esistenza, la CGT del-l’Aragona ha mantenuto il programma Onda Negra il cui nome in precedenza era Dinamita Cerebral.Baleari: nella primavera del 2005 apparve Papers che ha già pubblicato 18 numeri, con periodicità trimestrale ed una tirata di 2.000 esemplari. Il nome proviene della pubblicazione che nel 1993 mise in moto il Sindacato dei Bancari delle Baleari. La filosofia si riassumeva nell’editoriale del primo numero: «Vogliamo fare di Papers uno spazio di libera espressione di punti di vista, un vivaio di iniziative di promo-zione delle libertà e dei diritti delle perso-ne».Andalusia: Per molto tempo venne pub-blicato Barrikada de Papel, giornale che ottenne un'eco significativa, date le circo-stanze con cui si sviluppava l'organizza-zione in quei momenti. Il primo numero apparve nel novembre del 1987 e l'ultimo, il numero 18, si pubblicò nell’ottobre del 1990.

Le confederazioni territoriali compendiano i mezzi di comunicazione scritti con l'utilizzo di pagine web. Con dette pagine si completa il contatto diretto, e ciò vale anche per le confederazioni che non dispongo-no in questo momento di pubblicazioni cartacee:

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• Galizia (www.cgtgalicia.org) • Asturie (www.cgt.es/asturies) • Cantabria, http://cgtcantabria.org, • Basco, www.cgt-lkn.org, • Aragón/Rioja (www.cgtaragon.org) • Catalunya (www.cgtcatalunya.cat) • Balears (www.cgtbalears.org) • País Valencia/Murcia (www.cgtpv.org) • Andalusia (www.cgtandalucia.org) • Madrid/Castilla-la Mancha/Extremadura, www.cgt-mclm.org,

• Castiglia e Leone, www.cgt-cyl.org, • Canarie, www.cgt.esicgtlaspalmas / www.cgttenerife.org,

Infine

Menzione speciale meritano per la loro costanza quelli che si possono considerarsi i «decani» degli or-gani di espressione delle nostre Federazioni Locali: El Hilo Negro (Il Filo Nero), pubblicato dalla Federazione Locale di Burgos che ha superato già i 300 numeri, e El Alakrant, pubblicato dalla Federazione Locale di Ali-cante e riconvertito recentemente in bollettino digitale.

A livello settoriale occorre sottolineare le pub-blicazioni dell’Insegnamento Aula Libre e L'Esquerda, pubblicato in Catalogna dagli anni 80. Negli ultimi tempi si è iniziato a pubblicare la rivista Asamblea da parte della Federazione del Metallo che condivide il nome con Asamblea, giornale pubblicato dalla Federa-zione delle Arti Grafiche.

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Nel mondo dove ci è toccato di vivere quello che non si comunica non esiste; arrivare con un messaggio nitido e chiaro ai collettivi a cui ci rivolgiamo non è ormai più un'opzione, bensì una necessità. Nella misura in cui saremo capaci su questo obiettivo riusciremo anche a gettare le basi delle iniziative che intendiamo intraprendere, perché solo attraverso la co-municazione si possono sviluppare le fondamenta del dibattito, la creazione di opinione, la consapevolezza e la mobilitazione.

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in dalle sue origini il movimento operaio ha avuto vocazione internazionalista. L'anarcosin-dacalismo ha mantenuto e mantiene tuttora

quella vocazione. L'internazionalismo è parte organica dei nostri Statuti e non lo consideriamo solo un procla-ma, bensì una necessità della classe lavoratrice per co-ordinare lotte e sforzi in un mondo globalizzato dalla dittatura del capitale.

Le successive rotture interne nella CNT ci isola-rono di fronte a quella che era stata storicamente la no-stra specifica internazionale, l'AIT, che rimase vincolata al settore «storico» dell'organizzazione nella regione spagnola.

Ciò nonostante, nel nostro Congresso di Unifi-cazione contavamo già sull’appoggio internazionale di alcune organizzazioni e collettivi che vedevano nella nostra iniziativa l'opportunità di avviare una nuova fase di collaborazione, a fronte dell’attuale paralisi della de-nominata «AIT» rimasta deplorevolmente, col passare degli anni, una struttura con scarso contenuto reale.

Al Congresso di Unificazione era presente la SAC, espulsa dall'AIT alla fine degli anni ‘50, organiz-zazione gemella che aveva appoggiato decisamente la ricostruzione della CNT sullo stato spagnolo negli anni ‘70 e che appoggiò il nostro processo di unificazione e rilancio. Erano anche presenti Alternative Libertaire dalla Francia ed OSL dalla Svizzera, due organizzazioni libertarie con le quali abbiamo sempre mantenuto una buona relazione durante tutto questo tempo.

Queste presenze determinarono il clima nel qua-le iniziavamo a sviluppare i nostri sforzi per allacciarci con altre organizzazioni e creare un nuovo quadro di coordinamento internazionale: da una parte le organiz-zazioni dell’area dell'anarcosindacalismo (anarcosinda-calismo / sindacalismo rivoluzionario / sindacalismo libertario), e dall'altra parte la relazione con gruppi anarchici «specifici» inseriti nelle correnti critiche al-l’interno dei grandi apparati sindacali, con i quali ci collegavamo.

F

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collegavamo. Queste correnti antiburocratiche, a poco a poco, si sono andate trasformando in nuovi sindacati di carattere alternativo (Solidaires in Francia, SUD in Svizzera...). Anche così hanno partecipato a numerose riunioni, ed abbiamo mantenuto il contatto per tutti questi anni, coi compagni e compagne del collettivo editoriale del giornale «A Batalha», del Portogallo.

È significativo che la prima grande riunione in-ternazionale nella quale il nostro sindacato si sia trovato fu una «Conferenza Internazionale Europea di Sindacati e Gruppi Sindacali Libertari» che si celebrò a Parigi nei giorni 16 e 17 Aprile del 1988.

Attraverso differenti «vie» di relazione, abbia-mo spinto ed organizzato successive iniziative per dare forma al nostro internazionalismo, effettuando lavori ed azioni importanti con quell'obiettivo. Senza pretendere di elencarli tutti, dobbiamo segnalarne alcuni tra i più importanti:

Nel Febbraio del 1991, a Madrid, l'Incon-tro Sindacale Settoriale al quale parteci-parono sindacalisti appartenenti a poste, insegnamento, ferrovie e telecomunica-zioni.Incontro del sindacalismo alternativo eu-ropeo, celebrato i giorni 29, 30 Novembre e 1° Dicembre del 1991 a Barcellona, con la partecipazione di SISM dalla Russia, KAS-KOR dalla Russia, SAC dalla Sve-zia, Hull TUC dalla Gran Bretagna, Anco-ra in Marcia ferrovieri dall'Italia, AS-CP ferrovieri dall'Italia, UNICOBAS dall'Ita-lia, UFT ferrovieri dall'Italia, COMAD ferrovieri dall'Italia, SUD poste dalla Francia, CFDT ferrovieri dalla Francia, CGT correttori dalla Francia ed ESK-CUIS dai Paesi Baschi.La CGT si impegnò direttamente nella preparazione del «Secondo Incontro per l'Umanità e Contro il Neoliberalismo», convocato in Spagna dall'EZLN (Messi-co) e che si celebrò dal 26 Luglio al 3 Agosto del 1997. Questo incontro contò su cinque sedi, e Ruesta era una di esse.

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Tra i giorni 7 e 10 Giugno del 1999, la CGT organizzò a Malaga un nuovo incontro del Sindacali-smo Alternativo Europeo, paralle-lamente alla inaugurazione della Scuola dei Militanti, al quale par-teciparono UNICOBAS e CUB dall'Italia, SUD educazione, SUD-PTT e SUD ferrovieri dalla Fran-cia, SUD dalla Svizzera, SAC dal-la Svezia, Via Democratica dal Marocco, STE's e CGT dalla Spa-gna. Partecipò anche la CNT della Francia in qualità di osservatore Nei giorni immediatamente prece-denti al XIV° Congresso Confede-rale, nell'anno 2001, si convocò un incontro internazionale nel quale furono presenti le organizzazioni: SAC, FAU, FAG, CNT-F, OSL, UNICOBAS, A.L., dal quale sorse il tentativo di avviamento del co-ordinamento SIL.I giorni 3, 4 e 5 Ottobre del 2003 si organizzò, di nuovo a Barcello-na, il III° Incontro del Sindacali-smo Alternativo Europeo, con la presenza di organizzazioni sinda-cali della Francia (CNT, Solidaires: SUD-rail, SUD-education, SUD-PTT, Ecole Emancipée e CGT-OSR), dall’Italia (CUB, USI, ORSA, SULT, Unicobas e SI-PUO), dalla Svezia (SAC), dalla Grecia (PAME), dalla Svizzera (SUD-educazione, SUD-ser-vizi pubblici), dalla Turchia (KESK), e l’area spagnola (CGT, LAB, ESK, IAC e SU).Durante gli ultimi anni abbiamo fatto da an-fitrioni, ospitando vari incontri del coordi-namento rosso e nero il cui avviamento si era prodotto nel Giugno 2001 a Goteborg, e nel quale hanno partecipato, insieme alla CGT: CNT (Francia), USI (Italia), IWW (ambito anglosassone), IP (Polonia), SAC (Svezia), SKT, Siberia, e ESE (Grecia).

LE RELAZIONI INTERNAZIONALI 195

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I giorni 28, 29 e 30 Settembre del 2007, si celebrò a Malaga il primo incontro del Coordinamento Sindacale Euromagrebino per procedere verso una coordinazione tra organizzazioni sindacali con una pratica autonoma, orizzontale e combattiva, la-sciando aperta la partecipazione ai mo-vimenti sociali del Magreb.

Come frutto di queste linee di lavoro si è andato sviluppando un quadro significativo di contatti e di relazioni che ci ha permesso di condividere, diretta-mente come organizzazione promotrice, il processo del coordinamento delle Eu-romarce, collegando un'attività sviluppata a livello dello stato spagnolo, le «Marce contro la disoccupazione», con altre ini-ziative europee di caratteristiche simili.

Le Euromarce come quadro di coordinamento e i Controvertici organiz-zati in parallelo alle riunioni dei Capi di Stato dell'Unione Europea, in piena ef-fervescenza del Movimento Antimaa-stricht, furono un anticipo chiaro e diretto di quello che poi fu il movimento anti-globalizzazione.

L’ulteriore svi-luppo del «nuovo» movi-mento antiglobalizzazione, la progressiva smobilitazio-ne delle Euromarce ed il fat-to che determinati settori che avevano scommesso su questa strategia si integras-sero nelle iniziative del Foro Sociale Mondiale, ed in concreto nel Foro Sociale Europeo, insieme ad orga-nizzazioni apertamente pro-sistema ed ai sindacati bu-rocratici, interruppe un pro-cesso che avrebbe potuto avere una maggiore utilità.

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Un simile percorso si è andato pro-ducendo in parallelo sul terreno del cosid-detto «sindacalismo alternativo». Un esteso spazio al quale si sono via via aggregate organizzazioni con ogni tipo di strategie e vincoli (col Foro Sociale Europeo, con la Conferenza Europea dei Sindacati...) fino a complicare enormemente qualunque possi-bilità concreta di lotta o di solidarietà reale.

Un altro processo non concluso è stato quello del coordinamento SIL (Solida-rietà Internazionale Libertaria) che, avviato nel 2001, cercava di riunire in uno stesso spazio i gruppi di carattere anarchico-spe-cifici (OSL della Svizzera, Alternative Li-bertaire della Francia, FAU dell'Uruguay, FAG del Brasile, NEFAC degli USA, OSL dell'Argentina...) con organizzazioni anar-cosindacaliste (CGT dello stato spagnolo, SAC della Svezia, CNT-Francia...).

Tuttavia la non ratifica di questa proposta da parte di alcune organizzazioni ed il distanziamento tra altre all’interno dei singoli paesi, ha rallentato questo tentativo fino a paralizzarlo. Ciò, comunque, non ha ostacolato il mantenimento dei contatti coi gruppi libertari che fecero parte di questo progetto, sia in maniera bilaterale come partecipando agli incontri che si convocano specialmente nel Cono Sud (ELAOPA - En-cuentro Latinoamericano de Organizaciones Populares Autonoma...).

Successive iniziative, come il «blocco rosso e nero» e gli incontri internazionali ai quali abbiamo par-tecipato negli ultimi mesi (Coordinamento Rossonero, Coordinamento Euromagrebí, Sindacalismo Alternati-vo, Rete di Fratellanza e Solidarietà con la Colombia, Incontro Latinoamericano delle Organizzazioni Popola-ri Autonome, Festival della Digna Rabia...) o gli stessi gemellaggi sottoscritti dall'organizzazione in latitudini tanto lontane come Messico o Marocco, delineano uno scenario nel quale la CGT si dimostra capace di man-tenere una relazione di collaborazione con organizza-zioni differenti, attraverso diverse attività, ma senza arrivare a concretizzarle in un'unica iniziativa.

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Tutto questo processo, unito all'appoggio ad al-tre cause e ad altre lotte che ci hanno impegnati in di-verse parti del mondo, ha configurato una rete interna-zionale che abbraccia un complesso di 30 paesi, nei quali le particolarità delle differenti organizzazioni e collettivi, come le diverse circostanze e culture, rendo-no molto complicato tracciare un quadro definito di col-laborazione. Frutto diretto di questo lavoro è la defini-zione da parte dell'organizzazione di alcune linee gene-rali di attuazione.

Coordinamento Rosso e Nero

Date le nostre affinità storiche ed ideologiche, abbiamo mantenuto una relazione stabile con la SAC - Svezia e la CNT - Francia. Attorno a questo lavoro e a queste relazioni, si è andata costruendo nella pratica una rete di organizzazioni anarcosindacaliste, sindacali-ste libertarie e sindacaliste rivoluzionarie che a poco a poco hanno continuato ad ampliare e configurare uno spazio di incontro, scambio e collaborazione.

Con questo gruppo di organizzazioni si manten-gono riunioni costanti ed uno scambio abituale di in-formazioni e proposte. La volontà immediata potrebbe essere quella di cercare di costituire un'alternativa, strut

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strutturata e stabile, all'AIT; un progetto che, dibattuto dentro lo stesso coordinamento in alcuni incontri, anco-ra si vede più come un desiderio a medio-lungo termine che come un obiettivo immediato in un momento stori-co come l'attuale, nel quale l'influenza diretta dell'anar-cosindacalismo nell'insieme del pianeta è molto limita-ta.

Sindacalismo Alternativo

La CGT sta partecipando in modo attivo, da almeno venti anni, al coordinamento del sindacalismo alternativo europeo (organizzazioni che stanno al mar-gine, o in posizioni critiche verso le centrali maggiori-tarie di CES e CSI).

Questa definizione di sindacalismo alternativo abbraccia ogni tipo di itinerari che confluiscono in uno spazio comune, contrapposto al sindacalismo riunito nella Confederazione Europea di Sindacati come refe-rente più immediato. Occorre sottolineare che nel primo incontro del sindacalismo alternativo, nell'anno 1991, c'era una realtà ridotta con volontà di costruire qualcosa di opposto al sistema, poiché partecipavano a detto in-contro, soprattutto, settori antiburocratici articolati den-tro le organizzazioni sindacali istituzionalizzate di cui non condividevano le pratiche.

Negli ultimi anni si è andato consolidando in numerosi paesi uno spazio frammentato, ma sempre più visibile ed ampio, di organizzazioni sindacali che si de-lineano autonomamente e crescono ai margini dei sin-dacati ufficiali.

Questo spazio sindacale autodefinitosi «al-ternativo», e che rivendica il funzionamento dalla base con diversi livelli di combattivi-tà, è uno spazio eterogeneo nel quale convivono differenti strategie, tenden-ze, proposte ed obiettivi. Per tutti la cosa più importante è rappresentata dalla costruzione di meccanismi di ri-sposta ai problemi concreti con i quali si devono confrontare le lavoratrici e i lavoratori, e l’approfondimento del di-battito verte fondamentalmente su conte-nuti rivendicativi e richieste di mobilitazione.

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Coordinamento settoriale

Tanto dall’area anarcosindacalista come da quella del sindacalismo alternativo, si sono sviluppate iniziative per costruire vincoli di collaborazione in am-biti settoriali che ci permettano di dare risposta a pro-blemi che ci sono comuni.

Gli spazi più consolidati sono stati quelli del-l’educazione, che mantiene una lunga tradizione di in-contri e collaborazioni, e quello ferroviario, con anni di cooperazione abituale. Come risultato di questo lavoro nacque la prima convocazione di una giornata di lotta da parte del sindacalismo alternativo nell'ambito euro-peo, tenutasi il giorno 8 Marzo 2002, comprendendo azioni e astensioni dal lavoro contro la privatizzazione, e che fu convocata dal settore ferroviario in Spagna (CGT), Francia (SUD), Svezia (SAC), Inghilterra (RMT), e Italia, (CUB, Orsa ed UCL).

Questa stessa esperienza di coordinamento si è tentata in diversi momenti in altri settori come Poste, Telecomunicazioni, Industria automobilistica, Pulizie, Finanziario... benché non si siano stabiliti ancora mec-canismi di relazioni stabili. Sono molti i problemi da affrontare e le risposte da dare in forma unitaria: conte-stare le direttive comunitarie, affrontare processi di de-

localizzazione, di libera-lizzazione di vari settori, licenziamenti generaliz-zati... Per tutto ciò dob-biamo continuare a ten-tarne la costruzione.

Su questa linea di lavoro, ed oltre l'ambito europeo, dobbiamo sot-tolineare l'importanza che può avere la struttu-razione di un lavoro di azione sindacale svilup-pato nell'ambito interna-zionale in collaborazione con le sezioni sindacali di imprese multinaziona-li, specialmente quelle che si sono andate esten-dendo dal territorio spa

200 LE RELAZIONI INTERNAZIONALI

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dendo dal territorio spa-gnolo verso altri paesi: Iberia, Telefónica, Gas Na-tural, Repsol, BBVA, BSCH...

Gruppi Libertari

All’interno del-l'ambito libertario esiste una molteplicità di tenden-ze e proposte, tanto ideo-logiche come organizzati-ve, oltre all'anarcosindaca-lismo, ed una varietà di piccoli gruppi che si identificano in forma chiara con la definizione anarchica o, in distinti modi, col pensiero libertario. Con molti di essi, nell'insieme dei paesi del mondo, si mantengono scambi di informazione, solida-rietà...

A questo proposito dobbiamo segnalare che è importante comprendere come il pensiero anarcosinda-calista non sia definito come tale nella maggior parte dei paesi, ma esiste una doppia prospettiva anticapitali-sta ed antiautoritaria che si sta sviluppando in molte organizzazioni e movimenti che non si autodefiniscono necessariamente anarchici o libertari.

Ugualmente, in alcuni paesi l'anarcosindacali-smo è conosciuto attraverso i gruppi libertari, mentre in altri ci sono confronti aperti tra collettivi anarchici ed anarcosindacalisti, derivati delle distinte visioni su me-todi, organizzazione o strategia.

Zapatismo e gemellaggio con il Municipio Autonomo Ribelle Ricardo Flores Magón

Concepito dopo un lavoro lento e profondo che culminò con una insurrezione armata nell'anno 1994, il movimento zapatista sorse con forza e si impegnò da subito per formare una società indigeno-insorgente ca-pace di vivere fuori dai limiti dello stato e con un pro-getto chiaramente anticapitalista.

Immediatamente la CGT incominciò a mostrare la sua solidarietà con questa nuova disubbidienza, for-malizzando il nostro appoggio con la costituzione della Commissione di Solidarietà con il Chiapas e sottoscri

LE RELAZIONI INTERNAZIONALI 201

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malizzando il nostro appoggio con la costituzione della Commissione di Solidarietà con il Chiapas e sottoscri-vendo un gemellaggio con uno dei municipi autonomi ribelli, quello di «Ricardo Flores Magón», partecipando anche a quante iniziative ci è stato possibile in appog-gio alla causa zapatista, tanto in Messico come nello stato spagnolo e negli incontri internazionali ai quali siamo stati invitati.

Frutto del lavoro di oltre un decennio fu la ri-unione che si tenne nel gennaio dell'anno 2007, ospitata in «La Realidad», tra una delegazione della nostra or-ganizzazione col Comando Rivoluzionario Insorto del-l'EZLN, e con la quale stringemmo ancor più i legami che già esistevano, come si poté vedere nelle dichiara-zioni pubbliche che realizzò Marcos nell’estate del 2008.

Da quando, a partire dall'anno 1998 concretiz-ziamo il nostro appoggio al Movimento Zapatista attra-

verso il gemellaggio col Municipio Autonomo Ribelle Ricardo Flores Magón, è stato

mantenuto un contatto permanente che ha configurato un quadro di fiducia

e collaborazione attraverso l'ap-poggio della CGT a diverse

iniziative e progetti che si sono andati via via crean-

do.Questa collabora-

zione è stata rafforzata dalla presenza della CGT e dalla sua rispo-sta di fronte alle varie aggressioni che il mu-nicipio ha sofferto du-rante questi anni. At-

tualmente manteniamo il nostro impegno col Mu-

nicipio fratello, anche at-traverso una relazione più

ampia con l'EZLN ed i diver-si movimenti ribelli del Messi-

co, sviluppando in questo momen-to una campagna antirepressiva e di

appoggio all'insieme dei carcerati politi-ci messicani.

202 LE RELAZIONI INTERNAZIONALI

verso il gemellaggio col MRibelle Ricardo Flore

mantenuto un contha configurato

e collaborazpoppppppppppppppppppp ggio de

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appoggio all'insiemeci messicani.

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Il Magreb ed il gemellaggio con l'ANDCM

Grazie alla prossimità geografica, lungo tutti questi anni si sono mantenuti numerosi contatti con le lotte sviluppatesi in Marocco, in seguito alle quali, nell'anno 2001, fu siglato il gemellaggio della CGT con l'Associazione Nazionale dei Diplomati Disoc-cupati del Marocco coi quali, nonostante le enormi difficoltà, si sono condivise vicissitudini e lotte, am-pliando notevolmente in questi anni la nostra con-nessione con organizzazioni sindacali e sociali del-l’area magrebina.

Questo vincolo si è potenziato con iniziative concrete come l’appoggio internazionale alla manife-stazione annuale del 16 Maggio, data in cui si com-memora l’uccisione di un militante dell'ANDCM per mano della polizia; la campagna a favore dei carcera-ti del 1° Maggio 2007; o la raccolta di firme per il diritto alla libertà di associazione. La nostra presenza costante in diverse azioni e conflitti rappresenta la migliore lettera di presentazione nel vicino Magreb.

LE RELAZIONI INTERNAZIONALI 203

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Solidarietà internazionale

La solidarietà è consustanziale alla lotta operaia. E questa solidarietà deve essere presente soprattutto in quelle aree geografiche nelle quali, per una ragione o per l’altra, le popolazioni sono più suscettibili di essere sfruttate, depredate, assassinate...

Prendere contatto con le differenti tradizioni e forme di resistenza e di lotta diventa sempre più diffici-le man mano che aumentano le distanze geografiche e culturali; tuttavia, di tutta questa molteplicità di paesi e di culture, dobbiamo avere sempre presenti quelli che soffrono di più, per condividere la solidarietà e l'appog-gio coi popoli e le collettività che maggiormente sono colpiti dall'ingiustizia.

All’interno di questo lavoro dobbiamo sottoli-neare la presenza della CGT all’interno della Rete di Fratellanza e Solidarietà per la Colombia, così come l'impulso dato alla collaborazione tra organizzazioni delle due sponde del Mediterraneo con l'avviamento del Coordinamento Sindacale Euromagrebí la cui presenta-zione pubblica, nel Settembre del 2007 a Malaga, contò sulla presenza di organizzazioni del Marocco, Algeria, Francia, Italia e Spagna.

È imprescindibile affron-tare a livello internazionale la lotta contro il capitalismo globale che cerca di inghiottirci. Il pensiero unico, auspicato dal potere diffuso ed onnipresente delle multinazio-nali, si estende sempre di più at-traverso mezzi di comunicazione sempre più uniformati, invadenti e allineati.

Unificare dentro una stra-tegia internazionale tutti gli aspetti che dobbiamo affrontare, unire tutte le realtà di lotta: Movimento Operaio, Indigeno, Emigrante, Senza Terra, Sociale, Ecologista, Femminista, Antimilitarista... fa parte di una risposta necessaria, unica e globale all'aggressione del capitalismo.

204 LE RELAZIONI INTERNAZIONALI

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Come CGT, questo lavoro anticapitalista dob-biamo assumerlo in modo prioritario con tutti i movi-menti che si possano identificare come orizzontali ed antiautoritari. Senza dimenticare di costruire un punto di riferimento chiaro e stabile di solidarietà con tutti coloro che lottano.

La CGT ha potuto continuare a sviluppare la sua capacità di relazioni internazionali in forma struttu-rata nelle differenti prospettive dalle quali abbiamo pre-teso di lavorare, avanzando in modo lento, ma visibile e costante, con le nostre risorse sempre limitate ma con grande sforzo militante.

Molti dei membri di questa organizzazione si sono preoccupati di mantenere il contatto nelle situa-zioni di conflitto di molti paesi, arrivando a recarvisi di persona quando la situazione lo richiedeva: violazione di diritti umani in Colombia, guerra preventiva in Iraq, Chiapas, Sahara, Brasile, Bosnia, Ruanda, Nuova Cale-donia, Nicaragua, Oaxaca, Cono Meridionale, Palesti-na... col fine non solo di mostrare una volta di più la solidarietà, ma anche di frenare l’incrudimento delle situazioni e collaborando nel dare eco internazionale ai conflitti stessi.

Non è facile costruire alternative valide di lotta e solidarietà di fronte al capitale, ma non c'è un'altra strada, per la CGT, che l'internazionalismo attivo; quel-lo che implica un impegno permanente di lavoro, pas-sione e solidarietà internazionale.

LE RELAZIONI INTERNAZIONALI 205

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o sviluppo della formazione, la cultura ed il pensiero critico è stato, e continua ad essere, uno dei pilastri basilari del movimento liberta-

rio. Tant’è così che il Titolo I°, Articolo 2 del nostro statuto raccoglie vari argomenti che definiscono chia-ramente come scopo della CGT sia quello di diffondere il pensiero libertario e farlo conoscere in seno alla so-cietà, contribuire ad una formazione integrale delle la-voratrici e dei lavoratori e diffondere ogni tipo di in-formazione su qualunque tema che interessi la classe lavoratrice. Include inoltre lo stimolo, lo studio e la ri-cerca nell'ambito delle scienze economiche e sociali per il migliore compimento del fine che ci prefiggiamo.

Il progredire di questa attività, tanto negli stessi livelli confederali come nei differenti ambiti settoriali o territoriali, si è sviluppato spesso al di là della disponi-bilità di mezzi, e si è realizzato uno sforzo titanico che ci ha permesso di costruire meccanismi adatti allo sco-po, facendoci disporre ora di tutta una serie di elementi chiave per la formazione a tutti i livelli.

Tralasciando tutta l’argomentazione relativa al-l’impegno per il mantenimento ed il recupero della sto-ria e della memoria, che merita un capitolo a parte, vo-gliamo ora riferirci a tutto il lavoro richiesto da una quantità colossale di Giornate di studio, Settimane di riflessione, Incontri, Conferenze... che durante questi 25 anni sono stati indetti dalla totalità degli enti della Con-federazione. Raccogliere tutte le iniziative effettuate, così come l’elenco completo degli enti della CGT che hanno messo in moto questa mole di impegno, sarebbe un’impresa smisurata.

A livello confederale, benché lo sviluppo di questi compiti sia stato lento e disuguale, sono state portate a termine una serie di iniziative sul terreno «del-le idee», tra le quali si distinguono particolarmente:

La rivista Libero Pensiero. Benché l'ab-biamo già analizzata nel capitolo relativo

L

FORMAZIONE E CULTURA 207

15FORMAZIONE E CULTURA

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biamo già analizzata nel capitolo relativo ai mezzi di comunicazione, crediamo che la sua costanza ed il suo lavoro a favore di un pensiero critico, ed il suo alto livello riconosciuto perfino fuori dagli ambiti strettamente libertari o anarcosindacalisti, fa sì che, anche in questa sede, la dobbia-mo sicuramente menzionare.La coedizione di libri con la Casa editrice La Catarata (1994). Si è partecipato al-l'edizione di 4 libri (Manifesto Ecosocia-lista; Sindacalismo e Trasformazione So-ciale; Un nuovo ordine internazionale?; America Latina: dominazione e resisten-za).Le Giornate Libertarie, celebrate a Ma-drid nel giugno del 2001, con il suggesti-vo titolo di «Guadagnare il Futuro», in collaborazione con la Fondazione Salva-dor Seguí. L’Esposizione «L'Idea». Nell'anno 2001, in coincidenza col XIV° Congresso cele-brato a Valladolid, iniziò il suo itinerario questa esposizione realizzata per offrire una visione moderna e attuale del movi-mento libertario. Collegato a questa espo-sizione, venne pubblicato il libro Sentieri di Libertà che continua ad avere grande attualità.L'Ateneo Confederale. La sua creazione fu promossa come dimostrazione dell’im-pegno confederale all'impulso per la crea-zione di Atenei nei differenti ambiti terri-toriali, e il suo avviamento nell'ultimo anno ci permette già di vantare un risulta-to iniziale soddisfacente.Di grande importanza è il lavoro formati-vo-informativo iniziato dall'Ateneo Con-federale attraverso i Materiali di Rifles-sione, relativamente alla cultura e alle nuove forme di comunicazione. Bisogna anche evidenziare la serie di materiali so-pra e contro la Crisi del Capitale che col-legano, su un piano di utilità pratica, gli apporti teorici col lavoro sindacale quoti-diano.

208 FORMAZIONE E CULTURA

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diano.

Se ci riferiamo specificamente ai compiti di formazione in maniera più specifica, possiamo osserva-re uno sviluppo analogo che si è andato incrementando man mano che l'organizzazione ha avuto maggiori ne-cessità e maggiori possibilità. Come in altri capitoli, non possiamo raccogliere l’ingente lavoro dell’intera CGT nei suoi differenti enti territoriali e settoriali, ma segnaliamo alcune iniziative che ci sembrano più rap-presentative:

Pubblicazione (1992) di cinque numeri di un primo Bollettino di Analisi e Studi, nel quale si analizzarono i distinti parametri economici del momento e si stimavano le politiche economiche in vigore, dalla pro-spettiva della critica sociale ad un inci-piente processo di trasformazioni che col-piva negativamente la classe lavoratrice.Incontro Formativo di Malaga (1999). Frutto di queste Giornate di Formazione fu la pubblicazione della libro Scuola di Militanti (2000) che raccoglieva le distin-te relazioni presentate.

FORMAZIONE E CULTURA 209

Page 210: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Guida di Iniziativa Sindacale (2000). Pubblicato dalla Segreteria di Azione Sindacale, si presentava in forma di Ma-nuale, includeva commenti e valutazioni, l'insieme degli accordi organizzativi, stra-tegici e sindacali vigenti in quel momen-to, ed era uno strumento formativo di fronte alla iniziativa quotidiana.Elaborazione ed avviamento di un Pro-gramma di Formazione. Benché il Con-gresso di Valladolid del 2001 avesse pro-posta un'attività formativa confederale, i primi passi furono lenti e molto distanzia-ti nel tempo, poiché la spinta definitiva avvenne al Congresso di Valencia del 2005, dove si profilò definitivamente il progetto ed un presupposto importante per detta attività.I Quaderni di Formazione. Come primo tentativo di materializzare gli accordi del XIV° Congresso, e vincolato ai Materiali di Riflessione pubblicati mensilmente e distribuiti attraverso Rojo y Negro, si ela-borò e distribuì una serie di Quaderni di Formazione tra gli anni 2003-2005 che servirono per dare supporto alla realizza-zione di diversi dibattiti formativi di di-verso tipo: Discussioni, Incontri, Giorna-te di dibattito...Nel Plenum Confederale del 2006 si in-cominciò a concretare il progetto di una Scuola di Formazione Confederale con la realizzazione di corsi centrali e la loro successiva espansione in differenti ambiti confederali, tanto territoriali come setto-riali.La concretizzazione di questa Scuola di Formazione ha predisposto la realizzazio-ne regolare di corsi di carattere confedera-le, accompagnati dall'edizione dei propri corrispondenti manuali formativi, dando impulso alle iniziative formative degli enti territoriali e settoriali.

210 FORMAZIONE E CULTURA

Page 211: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Sull’onda dell'impulso al tema della formazione dato dal XIV° e dal XV° Con-gresso, a poco a poco, ma in maniera visi-bilmente estensiva, i differenti enti territo-riali e settoriali hanno continuato a mettere in moto i loro specifici piani di formazione, adeguandoli alle necessità reali di ogni momento.

Come attività formativa dobbiamo citare anche la convocazione delle due giornate confederali di discussione sulla crisi, nei mesi di Settembre e Dicembre di quello stesso 2008. La prima, in relazione diretta con i movimenti sociali, e la secon-da, per iniziare un dibattito intorno alle ri-sposte da offrire.

L'edizione di Guide e Manuali è sta-ta prioritaria e di un'importanza essenziale. In maniera costante nel tempo, e via via crescendo durante il percorso, il lavoro si è ingrandito proprio a partire dal consolida-mento degli Uffici Confederali Giuridico e degli Studi. In questo senso dobbiamo se-gnalare la Guida alle Tossicodipendenze (1993), la Guida del Delegato (1994), la Guida alla Salute Lavorativa (1999), la Guida sulle ETT (1999), la Guida Giovanile (2000), la Guida alla Salute Lavorativa per la Contrattazione Collettiva (2003), la Gui-da Giuridico Sindacale (2005), ed il costan-te lavoro incanalato attraverso i Bollettini Informativi Giuridico Sindacali, dall'anno 1995, che incominciarono ad essere pubbli-cati dalla Federazione dei Trasporti, a parti-re dal 1997 per la Segreteria di Azione Sin-dacale, ed a partire dal 2001 dall’insieme del Segretariato Permanente Confederale.

In tempi più recenti, e conservando piena validità, si è pubblicata la nuova Gui-da Giuridico-Sindacale (2009), la Guida sull’Immigrazione (2006), e la Guida Anti-repressione (2009). In quanto ai manuali di formazione, ne è disponibile un numero crescente che abbraccia la totalità dei corsi sviluppati fino ad ora, includendo temi di carattere giuridico, eco che

FORMAZIONE E CULTURA 211

Page 212: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

sviluppati fino ad ora, includendo temi di carattere giu-ridico, economico, sindacale, di attualità ed ideologico.

Nel suo insieme, la formazione è passata ad es-sere una delle priorità fondamentali per tutta l'organiz-zazione, rivolta ad un lavoro che avvicina la militanza alle conoscenze e agli strumenti necessari per sviluppa-re gli accordi e le linee di iniziativa della CGT di fronte ai problemi quotidiani nei luoghi di lavoro. Garantendo, con ciò, le possibilità ottimali e la maggiore efficacia nel momento di compiere con responsabilità il nostro lavoro sindacale.

212 FORMAZIONE E CULTURA

Page 213: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

FORMAZIONE E CULTURA 213 FORMAZIONE E CULTURA 213

Page 214: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

APPROVATA AL PUNTO 2.7 DELLA CON-

FERENZA SINDACALE NEL NOVEMBRE DEL

2004

Per una Carta fondamentale dei Diritti

Sociali delle persone, vincolante, universale ed

egualitaria.

I diritti sociali devono essere rivendicati co-

me fondamentali nella promozione della dignità

umana, pertanto devono essere intesi come uni-

versali.

I diritti sociali devono essere egualitari,

perché la loro ragione di essere sta nella loro capa-

cità di "strappare" risorse al potere del capitale.

I diritti sociali devono vincolare le società e

le persone nel loro riconoscimento, accesso ed

esercizio. Ogni diritto riconosciuto deve essere di-

feso e salvaguardato contro il predominio della

competitività, contro la ricerca esclusiva della pro-

duttività, contro il criterio del massimo rendimento,

contro la minaccia di delocalizzazione e di segrega-

zione delle attività produttive, contro gli espedienti di

regolazione dell’impiego, contro la privatizzazione

dei servizi sociali, contro la crescente e costante

precarizzazione della vita umana.

I diritti sociali, nella loro conquista e nella

loro definizione, devono essere il risultato di un

processo di democrazia partecipativa e di auto-

gestione orientato alla soddisfazione progressiva

delle necessità umane e della sostenibilità della vita.

delle necessità umane e della sostenibilità della vita.

La Carta dei Diritti Sociali deve rappresen-

tare uno strumento rivendicativo per la libertà piena

delle persone indipendentemente della loro origine,

etnia, cultura, sesso, orientamento sessuale, età,

identità di genere, reddito o formazione. Sono diritti

per tutti e per tutte.

I diritti qui formulati si dividono in 7 grandi

blocchi, su ognuno dei quali è necessario aprire un

dibattito dentro la nostra organizzazione e nella so-

cietà per arrivare ad un consenso rivendicativo am-

pio nella loro formulazione, nelle esigenze per la

loro accessibilità, nelle strategie di mobilitazione e

nelle garanzie per il loro esercizio. Di seguito segna-

liamo in forma riassunta il contenuto di questi sette

punti:

a) Diritti alla propria identità: Abbracciano tutto il

ventaglio di diritti individuali alla non discriminazione

ed alla libera espressione personale. Qualunque

persona ha diritto a manifestarsi come è senza sof-

frire perciò alcun tipo di discriminazione in ragione

del suo sesso, etnia, paese di origine, orientamento

sessuale, identità di genere, cultura, ideologia, for-

ma di vita, ecc.

b) Diritti ad una vita degna: Sono quelli relativi

alla soddisfazione delle necessità basilari delle per-

sone per quel che riguarda prevenzione della salute,

sanità, trasporto, abitazione, vestiario ed alimenta-

zione.

214

Allegato 11Carta dei Diritti Sociali

ALLEGATO 11CARTA DEI DIRITTI SOCIALI

Page 215: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

zione.

c) Diritti lavorativi: Come il loro stesso nome indi-

ca sono i diritti che devono assistere la persona in

quanto soggetto ed oggetto del mercato del lavoro.

La nostra lotta sindacale quotidiana conosce molto

bene l'importanza di questo ambito di diritti, ma è

necessario contemplarli specificamente, comunque

e sempre relazionati con gli altri gruppi di diritti che

in maggiore o minor misura incidono sul mondo del-

l'impiego. Bisogna aggiungere che nella relazione

lavorativa si vulnerano quotidianamente molti più

diritti di quelli che si intravedono esclusivamente con

questa relazione.

d) Diritti a curare e ad essere curati: Intendiamo

per cure numerose attività che realizziamo giornal-

mente per la nostra sostenibilità e per quella delle

persone che ci circondano. Le cure devono essere

una responsabilità collettiva la cui risoluzione deve

porsi socialmente. Qualunque persona deve avere il

diritto ad essere curata al margine della sua situa-

zione personale o familiare. Qualunque persona

deve avere diritto a curare le persone del suo am-

biente, familiari, amici, vicini. Nessuno può essere

obbligato a curare altre persone se quello non è il

suo desiderio. Le cure sono la forma nella quale si

concretizzano nel quotidiano i diritti sociali.

e) Diritti culturali, educativi, di accesso all'infor-

mazione, all'espressione e all'opinione: Sono

diritti relativi alla produzione, sociale ed individuale,

di conoscenze e cultura. Abbracciano l'insegnamen-

to e l'educazione, la produzione tecnico-scientifica,

artistica e culturale, così come i mezzi per il loro

mantenimento e diffusione. Questi diritti si articolano

in ultima istanza intorno alla produzione e alla distri-

buzione dell'informazione e delle idee, come un be-

ne sociale basilare.

la creazione artistica e culturale, così come i mezzi

per il loro mantenimento e diffusione. Questi diritti si

articolano in ultima istanza intorno alla produzione e

alla distribuzione dell'informazione e delle idee, co-

me un bene sociale basilare.

f) Diritti Ecologici ed Ambientali: Sono tutti i nuovi

diritti che dobbiamo fare nostri davanti alla proble-

matica creata dal supersfruttamento del pianeta da

parte di un sistema capitalista che tratta l'ambiente

con lo stesso disprezzo che ha per le persone che vi

vivono. Sono diritti che visibilizzano le sensibili in-

terconnessioni tra l’attività umana predatrice e l’am-

biente naturale nel quali si inseriscono, con conse-

guenze incidenti a breve, medio e lungo termine da

parte dell’attuale modello produttivo del capitalismo

globalizzato.

g) Diritti all'autogestione sociale: L'autogestione

è la gestione democratica della società, a tutti i suoi

livelli (imprese, servizi, quartieri, municipi... ) ed in

tutti i suoi aspetti (economia, cultura... ). L'autoge-

stione implica, necessariamente, il rifiuto di ogni

autorità gerarchizzata e suppone l'applicazione pra-

tica della democrazia diretta, nella quale i processi

di deliberazione e assunzione delle decisioni vedo-

no protagonisti, in modo orizzontale, le persone,

donne ed uomini, direttamente implicate nei proble-

mi che li riguardano. Consideriamo, pertanto, che

deve essere contemplato come un diritto sociale il

rivendicarla in forma permanente, e il mantenere

sempre aperte le vie di appoggio alle possibili espe-

rienze di autogestione che possiamo sviluppare.

215 ALLEGATO 11CARTA DEI DIRITTI SOCIALI

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Page 217: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

La dimenticanza è piena di memoria

ma di fronte a quelli che preferirono di scegliere la dimenticanza, noi scegliamo la memoria.

a vittoria del fascismo in Spagna e la notte nella quale sprofondò la penisola iberica durante 40 anni di illegalità imposta con le armi, unita ad

una transizione vergognosamente concordata, suppose-ro la certificazione di un genocidio di persone e di idee.Una dittatura lunga 40 anni ed una transizione che ser-virono per cercare di strappare dalla coscienza colletti-va il germe stesso dei criteri di giustizia e di libertà.

La persecuzione e il tentativo di annichilazione del nostro movimento organizzato e la distruzione della rivoluzione sociale che in maniera incipiente, ma deci-sa, era incominciata nell'anno 1936, furono le conse-guenze più trascendentali del colpo di stato militare compiuto dal generale Franco.

Anni di dittatura ma anche di resistenza, di pri-gione ed esilio, di torture e morte. La lotta fu lunga e dolorosa. Il movimento libertario pagò il prezzo della sua fiera coerenza con una presenza decimata dalla re-pressione.

Nonostante la durezza di tutto il processo di op-posizione al franchismo, e nonostante l'infinità di prio-rità che si sono succedute durante questi 25 anni che ora celebriamo, per noi che abbiamo portato avanti il progetto confederale (CNT, CGT-CNT e finalmente CGT), la forza della memoria, il ricordo delle proposte, dei risultati e dei sacrifici, è stata costante.

La lotta per mantenere e recuperare la memoria è stata, ed è, una lotta permanente. Senza dimenticare che la memoria costituisce un diritto in sé stessa che si trasforma in diritto collettivo per rendere i popoli più coscienti.

L

IL DIRITTO ALLA MEMORIA 217

16IL DIRITTO ALLA MEMORIA

Page 218: 25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

Attività

In difesa della nostra memoria e della sua vali-dità, in difesa di noi stessi e della nostra storia, e in omaggio a tutti coloro che hanno permesso che oggi continuiamo ad esistere, durante gli anni le attività si sono moltiplicate, benché tanta sofferenza e tante lotte non potranno mai avere il sufficiente riconoscimento. Passiamo a riferire alcune iniziative realizzate.

L’Esposizione del 75° anniversario (1985)La commemorazione del 50° anniversario della guerra civile (1986) L’esposizione Durruti (1995) La campagna «Donna, guerra e rivoluzione sociale» (1996)L’Atto di omaggio «A tutti gli uomini e don-ne protagonisti dell'utopia, seminatori del-l'Idea», Barcellona, 29-11-1996L’appoggio all'avviamento e alle iniziative del comitato pro-revisione del caso Delgado e Granado (1999) L’inaugurazione della Casa della Cultura «Ramón Acín» a Ruesta (2001) La campagna di appoggio al caso Delgado e Granado (2003), esposizione itinerante e ini-ziativa del 6 dicembre alla Puerta del Sol di Madrid (2004) La costituzione del Gruppo di Memoria Li-bertaria (2004) e l’edizione degli speciali di Rojo y Negro sulla memoria storica (Dicem-bre 2004, Maggio 2005, Dicembre 2005, Luglio 2006, Febbraio 2007, Novembre 2007, Ottobre 2008) e delle pagine mensili di Memoria Libertaria sul Rojo y NegroL’Avvio della pagina web Memoria Liberta-ria (2006)L’Esposizione «La Rivoluzione Libertaria» (2006)La campagna della CGT contro la Legge sulla Memoria Storica (2007) L’appoggio all'esposizione «Pedagogie Li-bertarie» (2009)

L’esposizione «La Repressione franchista» (2009)e fatte sparire dal franchismo.

218 IL DIRITTO ALLA MEMORIA

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L’esposizione «La Repressione franchista» (2009)L’Appoggio alle iniziative locali in relazione al centenario (2009) della fucilazione di Francisco Ferrer i Guardia, fondatore della Scuola ModernaL’Avviamento del progetto e della commis-sione per il centenario (2009)L’Appoggio all'edizione del libro su Melchor Rodríguez L'angelo rosso (2009)Il vincolo e il coordinamento con le Asso-ciazioni per il Recupero della Memoria Sto-rica (ARMHs) a livello nazionale, la compa-rizione nel processo davanti all'Udienza Na-zionale per esigere la ricerca delle migliaia di vittime fatte sparire dal franchismo.

Altre iniziative

Durante questi anni, dall’interno della CGT ab-biamo agito come canale di distribuzione dei materiali pubblicati da numerosi compagni e da coloro che hanno voluto condividere la stessa inquietudine e la stessa lot-ta per mantenere il ricordo e la validità delle nostre idee. Benché in questo libro stiamo raccogliendo la no-stra storia dalla prospettiva Confederale, vogliamo in questo capitolo, per la sua particolare emotività, fare menzione espressa di altre iniziative che, nonostante il loro carattere più lo-cale, sono state molto significative.

Le attività dell'Associazione per il Recupero della Memo-ria di CGT Andalusia (a partire dal 1998):

L’edizione di libri: Me-morie di Pedro Vallina (1999), La giornata di 6 ore (2001), Il gessetto, l'inchiostro e la parola (2003), Memoriale dei Merinales (2009) ...Il progetto Banca delle Immagini (1999).

La Campagna del Canale dei Carcerati: manifesti,

IL DIRITTO ALLA MEMORIA 219

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220 IL DIRITTO ALLA MEMORIA

La Campagna del Canale dei Carcerati: manifesti, esposizione, libro, videocasset-ta... (2001)Il progetto «Tutti i nomi»: libro, web... (2005)L’ iniziativa recupero Melchor Rodríguez (2009)

L’edizione del libro Orobón Fernández da parte della Federazione locale di Valladolid (2002)L’esposizione del "Anarchismo ad Alicante", con la partecipazione dela F.L. di Alicante (2003)Le iniziative «pietra commemorativa» e «alito» Durruti in Leo da parte della F.L. di Leon (2002-2009)L’esposizione sulle Collettività da parte della F.L. di Barcellona (2007)L’esposizione e l’opuscolo su Pedagogie Libertarie da parte della F.L. di Burgos (2009), con l’appoggio confederale e della Federazione dell’InsegnamentoL’esposizione e l’edizione di materiali su Ferrer i Guardia da parte della F.L. di Bar-cellona (2009) con l’appoggio confederaleL’appoggio alle associazioni locali che lavo-rano per il recupero della memoriaI convegni, conferenze, omaggi, incontri, dibattiti, settimane culturali, conferenze stampa, cartelli, adesivi... ; ed ogni tipo di attività realizzati dalla CGT nel suo insieme ad iniziativa dei differenti enti.

Il nostro riconoscimento a questo ingente lavoro.

Caso Delgado e Granado: Annullamento delle sentenze franchiste

Il caso Delgado e Granado è paradigmatico di quanto accaduto col movimento libertario e la sua lotta contro la dittatura franchista. Erano membri della Fede-razione Iberica delle Gioventù Libertarie (FIJL) e, co-me conseguenza dell'esplosione di due ordigni nel cen-tro di Madrid, furono fermati.

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tro di Madrid, furono arrestati.Dopo essere stati selvaggiamente torturati per

sei giorni nella Direzione Generale di Sicurezza di Puerta del Sol, di infausta memoria, fu applicata loro la pena di morte prevista per un delitto di terrorismo. No-nostante le condizioni della detenzione, continuarono sempre ad affermare la loro innocenza e l’estraneità nei fatti incriminati. Passato il tempo, morto il dittatore e restaurata la democrazia, in un programma della catena televisiva franco-tedesca Arte, nel 1996, e dopo una dichiarazione preventiva davanti al notaio, gli anarchici Martin e Hernández dichiararono di essere stati i veri autori dell'installazione degli esplosivi nel 1963.

Questa stessa rivelazione fu ripetuta in un pro-gramma della TVE nel 1997 ed in altri mezzi di comu-nicazione. Ugualmente comparve davanti al Tribunale Supremo Ottavio Alberola, responsabile del denomina-to organismo clandestino Defensa Interior, che rico-nobbe di aver dato l'ordine a Martin e Hernández di eseguire gli attentati per i quali Delgado e Granado fu-rono condannati a morte. Fino ad ora, la giustizia non ha ritenuto opportuno considerare come elementi di prova sufficienti le attestazioni fatte dai due attivisti che dichiararono pubblicamente di essere stati gli autori materiali degli attentati, e neanche quella del responsa-bile che li incaricò.

È inaccettabile che si argomenti sulla validità legale delle sentenze politiche franchiste. La garanzia dei diritti umani e la persecuzione dei delitti contro l'umanità non si prescrivono.

I parenti di Francisco Granado e Joaquín Delga-do, sono ricorsi al Tribunale Costituzionale chiedendo di essere difesi di fronte alle decisioni dei diversi tribu-nali. Ed esigono giustizia. La CGT è con loro.

La CGT contro la legge della Memoria storica

La CGT manifestò in quel momento (Ottobre del 2007), e continua a manifestare pubblicamente, il suo più assoluto rifiuto a questa legge, denunciando che si pretende di chiudere e considerare saldato il debito che la democrazia ha ancora pendente con le vittime del regime franchista e che questo ha con la Storia.

Questa legge rappresenta un ennesimo cedimen-to delle forze politiche democratiche, e specialmente del governo socialista che, trenta anni dopo la transi

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Questa legge rappresenta un ennesimo cedimen-to delle forze politiche democratiche, e specialmente del governo socialista, che - trenta anni dopo la transi-zione e con due generazioni di mezzo - non hanno osato fare ciò che da tempo sta sollecitando il Consiglio d’Europa e che costituisce una realtà civica normalizza-ta in altri paesi che hanno attraversato situazioni analo-ghe: la dichiarazione della nullità radicale dei tribunali e delle sentenze della dittatura e l'imprescrittibilità dei delitti contro i diritti umani commessi in quel periodo, come contempla l'ONU in ripetute risoluzioni.

La democrazia attuale ha il dovere di dire alla gioventù che il colpo militare franchista suppose la rot-tura traumatica col sistema democratico nel 1936, la distruzione dell'opera sociale della rivoluzione, la per-secuzione e l'assassinio di milioni di lavoratori e lavo-ratrici, l'isolamento della Spagna, l'oscurantismo, il ri-tardo sociale a tutti i livelli e,

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tardo sociale a tutti i livelli e, tutto ciò, a costo della violazione dei diritti umani più elementari e perpetran-do crimini contro l'umanità.

La legge rinuncia al recupero della memoria collettiva e sociale, dimenticando che la lotta del paese spagnolo per la libertà fu un progetto collettivo. È ne-cessario che accanto al diritto alla riparazione morale ed al recupero della memoria individuale e familiare delle vittime del franchismo (recupero delle persone assassinate, imprigionate, esiliate, torturate, scomparse, schiavizzate, epurate, condannate...), si recuperino le idee sociali, economiche, culturali, educative ed orga-nizzative difese da concezioni repubblicane ed anarco-sindacaliste e che configurano la memoria collettiva e sociale.

Per la CGT è inammissibile che la legge non annulli le sentenze franchiste. Così si continuano a convalidare le sentenze repressive imposte dalla dittatu-ra. Non basta dichiarare il carattere radicalmente ingiu-sto delle condanne e delle sanzioni durante e dopo la guerra civile, non basta privare della legittimità i tribu-nali, giurie, organi penali che li dettarono e le loro riso-luzioni, non basta dichiarare illegittime per «vizi di forma e di fondo» le condanne franchiste, non basta riconoscere la carenza attuale di validità giuridica delle sentenze...

È assolutamente necessario annullare in forma chiara, contundente, nell'articolato della legge, le sen-tenze franchiste. I processi ingiusti e criminali eseguiti contro Delgado e Granado, Joan Peiró, Puig Antich e tante migliaia di altri, continueranno a non avere alcuna riparazione, essi continueranno ad essere colpevoli per il franchismo ed anche per la democrazia.

Non si stabilisce una politica chiara di recupero, riabilitazione ed accesso agli archivi, non si menziona niente sull'impossibilità di iscrizioni di morti nei regi-stri civili o la possibilità di modificare le cause di mor-te. La Valle de los Caidos continuerà ad essere il mau-soleo dei leader del golpismo e della repressione. Si ovvierà al riconoscimento e alla riparazione del lavoro forzato al quale furono sottomessi migliaia di carcerati politici in edificazioni di opere realizzate dal franchi-smo.

In conclusione, con questa legge non si fa Giu-stizia, non si indicano gli assassini, non si avvia la ri-cerca dei desaparecidos, non si ricostruisce la memoria

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cerca dei desaparecidos, non si ricostruisce la memoria colletti-va e sociale, non si assume il ri-conoscimento dei crimini contro l'umanità perpetrati dal franchi-smo, non c'è una rottura definiti-va col regime della dittatura. Questa legge sta avallando nuo-vamente una memoria storica scritta e rivista dai vincitori.

La legge non compra il silenzio della CGT migliorando alcune delle indennità che pos-sano ricevere le vittime del fran-chismo, in alcuni casi ridicole, ed in altri apertamente discrimi-natorie.

La CGT non si rassegna e continuerà a lottare per il recupe-ro della memoria storica delle vittime. Per queste ragioni ab-biamo formulato un appello a tutte le organizzazioni sociali, sindacali, politiche... affinché si schierino contro questa legge e perché partecipino a tutte le ini-ziative che possano ostacolare quello che sta per rappresentare una seconda auto-amnistia che permetterà di avallare definiti-vamente la revisione storica fatta dai vincitori.

La Fondazione Salvador Seguí

Questo capitolo non sa-rebbe completo se non raccogliessimo l'enorme lavoro sviluppato dalla Fondazione Salvador Seguí, tanto in maniera autonoma come in collaborazione con la CGT.

La Fondazione Salvador Seguí si costituì nel 1986 su iniziativa di un gruppo di militanti che intesero recuperare i materiali dell'organizzazione di tutti i tem-pi, con speciale attenzione ai documenti prodotti a par-tire dal 1975 e che, per diverse circostanze, si stavano disperdendo in qualche modo in altri centri non legati al

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tire dal 1975 e che, per diverse circostanze, si stavano disperdendo in qualche modo in altri centri non legati alla CGT.

Durante i suoi 22 anni, la FSS ha sviluppato il suo lavoro intorno alle sue sedi di Barcellona, Madrid, Valencia e, per un breve tempo, di una delegazione in Andalusia. I suoi archivi costituiscono uno dei fondi documentali fondamentali di riferimento per storiografi e documentaristi, così come di consultazione per le per-sone che desiderano conoscere il mondo libertario.

La sua collaborazione è stata imprescindibile nella preparazione ed esibizione di molte delle iniziati-ve che si sono portate a termine insieme alla CGT; non ne sottolineeremo in modo particolare nessuna, perché tutte quante sono state programmate per finalizzare il mantenimento con la CGT di una linea diretta e prefe-renziale di collaborazione costante.

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1. PER COSTRUIRE ALTERNATIVE

ANTICAPITALlSTE

Elaborare alternative alla crisi globale attuale è necessariamente un esercizio di pensiero utopico, perché delle utopie si nu-trono i sogni di altri mondi possibili. Mondi che non possono essere se non divergenti dal Capitalismo a causa del caos socioeconomico di cui soffre il pianeta in ogni parte dei suoi continenti e degli oceani. Mondi che costrui-scono modi diversi di fare le cose: di produr-re beni e servizi, di distribuirli e ripartirli, di rispetto ai cicli geo-ecologici e all'evoluzione naturale degli ecosistemi e della loro biodi-versità, di relazioni sociali non autoritarie, di riconoscimento delle differenze culturali come ricchezza della diversità umana, della libertà di ogni essere umano a costruire la sua felici-tà senza essere sottomesso alla dominazione di pochi, alla sfruttamento produttivista di al-cuni ricchi, all'alienazione di un pensiero uni-co e conformista, alla coercizione di chi ha il monopolio della violenza. Ma elaborare alternative non può ri-dursi neppure ad una mera formulazione uto-pistica, perché quelle desiderate ed immagi-nate entrerebbero nella categoria autorefe-renziale delle fantasie letterarie, se non si ancorano al contesto della cosa reale, nello spazio-tempo concreto che situa e condiziona le vite finite quali siamo noi umani. Solo dalle sofferenze del passato e del presente ha qualche senso costruire alternative allo stato di cose attuale,

cose attuale, facendo in modo che si incarni-no, siano qui ed ora, come azione interprete e, insieme, prodotto dell’emancipazione e del-la libertà. Tuttavia, di fronte alla crisi globale, non esistono altro che risposte globali, idee-forza e valori che, partendo dalle condizioni attuali, si sappiano accreditare come vitali e si convalidino come alternative affidabili, orientatrici di una pratica sociale ed individua-le capace di rispondere nei suoi particolari alla soddisfazione piena delle necessità uma-ne, tanto basilari come relazionali e culturali. Non è la libertà virtuale del mercato ciò che soddisfa per magia i bisogni ma, al contrario, è l'uguaglianza sostenibile e solidale di tutte le necessità l'unica che può facilitare l'espan-sione della libertà come autorealizzazione umana.

2. SODDISFARE LE NECESSITÀ

E AUTOGESTIRLE.

Qualunque alternativa è possibile e vitale purché risponda positivamente a due domande: si orienta a coprire e soddisfare ogni necessità reale per la sostenibilità della vita umana?, la sua costruzione e il suo svi-luppo sono legati strettamente ad un processo democratico di deliberazione, decisione e ge-stione? La prima domanda garantisce che le alternative proposte non servano i complessi giochi di interessi di minoranze che si presentino come "traduzioni" o "illuminazioni" degli interessi generali. Allo stesso tempo esige una presa di coscienza di

quello che realmente è utile per la vita. Una ne

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Allegato 12Autogestione dei Diritti:Egualitari, sostenibili e solidali

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di interessi di minoranze che si presentino co-me "traduzioni" o "illuminazioni" degli interessi generali. Allo stesso tempo esige una presa di coscienza di quello che realmente è utile per la vita. Una necessità realmente tale è quella che coopera al miglior sviluppo di ognuno dei membri della specie umana. E l'alternativa proposta sarà vitale nella misura in cui contri-buisca a che tali necessità si coprano col mino-re flusso di materia-energia possibile. Colui che cura e presta le sue attenzioni, nelle sue diverse espressioni (personale, domestico, dei bambini, dei malati e degli anziani), sarebbe una vera necessità, mentre “possedere” indivi-dualmente un’automobile o tutta la discografia di un gruppo qualunque di jazz non lo è. La seconda domanda ci porta nello spazio politico-economico nel quale si determi-na sul chi e come si prendono le decisioni e sul chi e come si procede alla sua gestione-esecu-zione. La democrazia formale e dimezzata del-la quale si dota il capitalismo dei paesi ricchi si fonda sullo iato intransitabile tra la mera parte-cipazione popolare al voto, la decisione ap-pannaggio delle élite elette, la gestione buro-cratica e la valutazione attraverso istanze di esperti. Da ciò risulta che le persone carenti di qualsiasi peso mancano in realtà di legittimità per partecipare attivamente ai processi reali di decisione, gestione e perseguimento delle ri-sorse disponibili e delle politiche adottate. Più che rappresentativo il potere politico del capi-talismo globalizzato è quello di una democrazia intermediata da istanze tecnocratiche (lobbies) che rispondono agli interessi di chi le finanzia (multinazionali, transnazionali e stati), e dalle quali si

quali si sentono -e sono- materialmente esclu-se le classi sociali popolari, salariate o disoc-cupate, e le minoranze emarginate. Di fronte a questa democrazia professionalizzata e lobbi-sta, non resta altro che reinventare ed applica-re la democrazia nelle sue forme dirette, as-sembleari, decentrate, locali, settoriali, zonali, federative; in una parola: autogestita. In questa democrazia reale i processi di deliberazione, decisione, gestione e valutazione non funzio-nano come compartimenti stagni ma, piuttosto, come vasi comunicanti dove le persone diret-tamente implicate ed interessate assumono cioè i ruoli politici che gli competono, cioè quelli di poter dire e fare e cambiare colletti-vamente la rotta.

3. I DIRITTI SI ESERCITANO INDIVIDUALMENTE

iiiiMA SI ESIGONO, SI GARANTISCONO

iiiiE SI GESTISCONO COLLETTIVAMENTE.

Proporre, disporre e gestire collettiva-mente le risorse per soddisfare le necessità, significa esercitare il potere per agire secondo valori condivisi, principi sostenibili, e diritti egua-litari per tutte e per tutti. Potere per soddisfare le necessità equivale a potere per garantire il diritto ad avere diritti, il diritto a reclamare, fon-dare, sostenere, ed esercitare tutti e ciascuno dei diritti che sono alla base del sostegno della vita e sviluppare una esistenza degna. Quando si acquisiscono diritti è perché c'è una massa critica di persone che, sia in modo individuale sia socialmente mediante reti, raggruppamenti o associazioni, li esercitano, li reclamano, li praticano e li esigono in modo abiabituale o periodicamente.

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abituale o periodicamente. L'esercizio individuale dei diritti presup-pone che questi siano soggettivamente, cioè, li-beramente individuali ed opzionali, ma solo nella misura in cui la società, autogestionariamente organizzata, è capace di garantirli. Godere del diritto alla cura e all’attenzione quando ci vedia-mo ostacolati per qualunque circostanza della vita (infanzia, malattia, diversità funzionale o vec-chiaia), è possibile solo se la società ci protegge e ci sostiene. E la società non è qualcosa di di-stinto rispetto a chiunque di noi individualmente considerati, ma l'insieme di gruppi sociali, di as-sociazioni, di comuni o collettività socialmente create con l'incarico di procurare quelle risorse, servizi e mezzi che servono alla cura e all'atten-zione sostenibile, alle reali necessità in ogni mo-mento e situazione.

4. NON CI SONO DIRITTI SENZA DOVERI, i

iiiiMA MOLTI MENO DOVERI SENZA DIRITTI.

Il capitalismo ha sempre preteso di svuo-tare di contenuto i diritti, mediante le sue dichia-razione formali mascherate da costituzioni, carte magne ed accordi internazionali. Salvo poi a farle seguire da norme, regolamenti, direttive, o decreti allo scopo di posporre il loro effettivo esercizio, restringerlo a circostanze o momenti, limitarlo nel tempo e nello spazio, gerarchizzare il proprio sfruttamento secondo il potere d'acquisto, mer-canteggiarne l’accesso, simbolizzare la sua esi-stenza nella pubblicità (si chiami religione, ideo-logia o cultura dominante), od ostacolare la loro ricerca mediante la coercizione e la violenza. È un inganno affermare che abbiamo di-ritdiritti solo in funzione del fatto che abbiamo doveri verso noi stessi e verso gli altri. Invece per la nostra condizione di specie politica, sociale, ragio-nante abbiamo il diritti di pensare, dire, relazionarci, unirci o separarci, e per la nostra precoce invalidità

e vulnerabilità abbiamo diritto a che ci curino, ci a l i-

mentino e ci trattino con dolcezza.

ritti solo in funzione del fatto che abbiamo doveri verso noi stessi e verso gli altri. Invece per la nostra condizione di specie politica, sociale e ragionante abbiamo il diritti di pensare, dire, relazionarci, unirci o separarci, e, in caso di una nostra precoce invali-dità o vulnerabilità, abbiamo diritto a che ci curino, ci alimentino e ci trattino con dolcezza. Semplicemen-te ciascun essere umano per la sua condizione di individuo storico in lotta permanente per la cono-scenza, contro le avversità della natura e contro i suoi simili detentori del potere, ha i diritti conquistati per la sopravvivenza effettiva e sempre negata, ha i diritti alle libertà politiche e sempre limitate, ha i dirit-ti a curare e ad essere curato e sempre reso invisi-bile, ha il diritto a formulare nuovi diritti. E ciò prima di configurare i doveri che li completano, perché da sempre i doveri furono promulgati per negare diritti che dovevano essere solo attributo esclusivo di po-chi. I diritti sono un tipo speciale di azioni, sono pro-priamente esigenze, a volte urgenti, di soddisfare necessità individuali che si proiettano socialmente, perché solo tra individui attivi possono reclamarsi diritti. Ed ogni richiesta si risolve in uno scambio di diritti e doveri mutuamente ponderati e reciproci. I diritti non sono cosa per pochi, perché sarebbero allora privilegi. I diritti si conquistano nella lotta contro i privilegi di alcuni. Ma ciò non significa che ogni privilegio si possa tradurre in un qualche diritto. I privilegi, come qualunque tipo di discriminazione, semplicemente bisogna abolir-li. E nel processo di abolizione, alcuni privilegi non possono trasformarsi in diritti, perché la per-sona privilegiata ed il suo privilegio sono sempre al costo di una maggioranza carente non già di quegli stessi privilegi, ma dei diritti minimi per resistergli.

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5. I DIRITTI SONO COSA DI TUTTE E TUTTI,

iiiiNON QUESTIONE DI LEGGI.

Ogni processo di conquista ed estensione di diritti si produce mediante il conflitto sociale, aperto o latente, mediante la lotta delle classi dise-redate contro le classi dominanti, sfruttatrici e coat-tive, contro la loro cultura ed il loro pensiero, con-tro le loro istituzioni, credenze e privilegi. Nel mon-do contemporaneo la lotta reale per i diritti è una lotta contro i privilegi patrimoniali della proprietà privata, delle immense fortune, contro la concen-trazione del potere economico in un numero sem-pre più ristretto di banche ed imprese. I diritti per la ripartizione del lavoro e delle ricchezze sono diritti per l'uguaglianza materiale effettiva. I diritti di uguaglianza di genere e per la libera opzione ses-suale sono diritti contro il dominio patriarcale di cui si serve il capitalismo per generare ricchezza sen-za ridistribuirla. E a poco servono le leggi, le di-chiarazioni, ed i regolamenti, se la richiesta di questi diritti non è socialmente protetta, se i movi-menti per quei diritti non si organizzano per esiger-li, vigilarne la tutela e promuoverli. Promuovere diritti equivale a rivendicarli per la via dei fatti, interiorizzarli come propri, ag-giornarli nella quotidianità della vita. E questo è più prezioso delle leggi che pretendono di proteggerli. Quasi tutte le leggi che regolano i diritti contengo-no trappole per non lasciarli esercitare, perché sottintendono che al di sopra della ragione della persona libera stia la ragione dello stato e del capi-tale proprio per ostacolarne lo sviluppo e lo svol-gimento. Esigere, difendere, esercitare diritti sta più in qua (in prossimità dell’uomo), e più in là (nel-le loro finalità di emancipazione), di quello che le leggi dettano zione),

leggi dettano, e di quanto abitualmente il siste-ma giudiziario coarta. Assumere quel “più in qua” e quel “oltre” dei diritti è lottare per alterna-tive trasformatrici della realtà. E ciò che è più importante è mettere al centro del pensiero e dell'azione la sostenibilità della vita, la dignità di ogni donna e di ogni uomo di essere liberi, la capacità collettiva di poter fare le cose in bene-ficio di tutte e tutti... più in qua dei mezzi di con-formazione di massa, degli interessi inconfessa-bili dei centri di potere internazionale, delle avanguardie populiste, delle dittature delle maggioranze manipolate... ed oltre il povero orizzonte della rifondazione del capitalismo, del-l'espogliazione delle ricchezze minerali e vege-tali del pianeta, della ricerca incessante del pro-fitto e della competitività, dell'indebitamento in-giusto delle regioni sempre più impoverite, del consumismo convulsivo.

6. PER L'AUTOGESTIONE DEI DIRITTI.

Scommettere sull'espansione e l’appro-fondimento dei diritti per tutte e tutti, è scom-mettere sulla ripartizione del lavoro, sulla distri-buzione equa della ricchezza, su servizi pubblici efficienti e di qualità, per la sostenibilità ambien-tale e la decrescita progressiva, e come mezzo e fine per raggiungere questi obiettivi... non c'è altra strada che l'autogestione: delle lotte, delle organizzazioni sociali, dei movimenti di conte-stazione, dei quartieri, di paesi e città, dei servi-zi pubblici, dei centri culturali, dell'educazione, di imprese e fabbriche, delle infrastrutture, delle istituzioni ed amministrazioni, della società nel suo insieme. Mediante modelli aperti, flessibili, sperimentali e vari di autogestione, anche delle con-traddizioni, a favore di uguali diritti per tutti.

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sperimentali e vari di autogestione, anche delle contraddizioni, a favore di uguali diritti per tutti. Con l'orizzonte posto nella costru-zione di forme autogestionarie della società e dell’economia. Questa costruzione di alterna-tive reali al capitalismo si può fare solo dal basso verso l’alto, in modo decentrato e fede-rativo. In questo processo tutti siamo impe-gnati a partecipare attivamente, trasformando le contraddizioni in processi di apprendistato, gli errori in fonti di innovazione, le complessi-tà in nuove comprensioni, le difficoltà in nuo-ve sfide. Senza dottrine né dogmi aprioristici, ma elaborando teoria da ogni pratica, e so-prattutto ed innanzitutto parlando, dibattendo, riflettendo, comparando esperienze concrete di lotta e di autogestione. Questa è la scom-messa e la sfida: fare autogestione per rag-giungere l'autogestione.

7. PRINCIPI METODOLOGICI

I principi metodologici suggeriscono modelli per elaborare teorie sull'autogestione, nell'ipotesi che ogni contesto e situazione esiga di implementare forme di autogestione specifiche, possibilmente non applicate pre-cedentemente né applicabili in qualunque spazio o ambito suscettibile di essere autoge-stito:

Le teorie autogestionarie non possono avere altro carattere che quello indut-tivo e naturale, cioè, devono sorgere dalla riflessione sull'azione e la prati-ca di autogestione concre autogestione concreta, condizionata solo da chi vi parte-cipa, da come lo fa e da che cosa cerca di raggiungere. zione),

ca di autogestione concreta, condizionata solo da chi vi partecipa, da come lo fa e da che cosa cerca di raggiungere.Devono essere sensibili al contesto, cioè, sono teorie non suscettibile di generalizza-zioni artificiose, perché attengono alle si-tuazioni socioculturali, storiche e spa-zio-temporali specifiche, così come all'am-bito che abbraccia il fatto autogestionario: produzione - di che cosa e come -, distri-buzione, consumo, servizi, cultura, territo-rio, etc...I modelli di autogestione risultanti da que-ste teorie non possono considerarsi mai chiusi o completi, ma al contrario devono essere aperti all'innovazione e a nuove risposte davanti a qualsiasi nuova situa-zione.Gli indicatori valutativi delle distinte espe-rienze autogestionarie devono emergere dalle valutazioni stesse delle persone co-involte in tali esperienze.I meta-valori di queste teorie non possono essere altri che il conseguimento del mas-simo di libertà individuale congiuntamente col massimo di uguaglianza reale tra le persone, così come la indipendenza dei mezzi dal fine.Assumere il fatto che l'autogestione è un esperimento sociale permanente, di lunga portata, diverso nelle sue strutture e rami-ficato nella sua estensione. Non si presen-ta come la futura panacea per la completa risoluzione dei problemi del mondo, ma come uno dei suoi strumenti più ricchi.

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8. CRITERI DI ORIENTAMENTO.

Sono le caratteristiche peculiari che nel loro insieme, o in modo parziale, possono giungere a definire un'esperienza come autogestionaria:

Si fonda sempre sulla capacità decisionale della base sociale, le quale definisce e pro-getta in ogni momento tutti gli aspetti del-l'attività sociale considerata oggetto di au-togestione.Si orienta attraverso principi di democrazia diretta o completa, cioè: rotazione degli incarichi e delle mansioni, revocabilità per-manente, assamblearismo decisionale e assunzione degli accordi attraverso il con-senso.Si appoggia sulla proprietà collettiva e/o condivisa dei mezzi tecnici, materiali e cul-turali per soddisfare le necessità e sostene-re la vita.Si articola secondo regole, norme e proce-dure sempre rivedibili tanto per l’assunzio-ne delle decisioni quanto per la ripartizione di compiti, organizzazione del lavoro, ge-stione delle cure, distribuzione di tempi, beni e servizi.Si costruisce e si estende in reti permeabili, per federazione delle sue unità che si coor-dinano, con sviluppo di solidarietà effettiva tra gli enti o persone federate.Si costituisce come garanzia per la gestio-ne di una società complessa, diversa, plu-rale e libera da intoppi autoritari, benché non senza conflitti né differenze, nella quale si avversa ogni relazione di potere asimme-trica che potesse sorgere o esistere.

Come messa in discussione del dominio del capitale e dello stato, e delle loro relazioni di potere, l'autogestione si allontana sostanzialmente dalla razionalità produttivistica e competitiva, dallo sfrut-tamento indiscriminato delle risorse naturali, dallo sperpero energetico e di materie prime, dalle logi-che del mercato e del consumismo individualista, dal lavoro alienante salariato. Al contrario, punta alla rivalutazione della cosa umana e della sua dignità, alla riconsiderazione delle cure come responsabilità collettiva per la soddisfazione piena delle necessità (vitali, intellettuali, affettive), alla sostenibilità della vita e alla sua biodiversità, alla ricerca del piacere e alla felicità nel lavoro condiviso, alla promozione della creatività, alla difesa dell'idiosincrasia indivi-duale, alla decentralizzazione delle decisioni, alla semplificazione delle relazioni sociali, alla riappro-priazione dell'uguaglianza come sostegno e ragione della libertà. L'autogestione non può essere altro, nell’attuale contesto, che anticapitalista e antigerar-chica allo stesso modo L'autogestione continua ad essere la sfida permanente per modificare radicalmente le relazioni di potere, e per poterle cambiare. Uno strumento senza dubbio imperfetto ed a volte carente di obiet-tivi certi, ma generatore di sogni collettivi che muo-vono e commuovono vite e società. Occorre molti-plicare all'infinito le esperienze di autogestione, ri-cordando ed imparando da quelle che già vi furono nel passato, per trasformare collettivamente il mon-do e farlo rinascere degnamente vivibile per l’umani-tà. La CGT, darà priorità alla formazione dell'anar-cosindacalismo tra i suoi aderenti, perché anarco-sindacalismo è autogestione. La formazione ideale è basilare se pretendiamo di cambiare la società e progredire verso una SOCIETÀ’ LIBERTARIA E VERSO LA LIBERTÀ.

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uesta si trova nella provincia di Saragozza, a cavallo delle regioni delle Cinco Villas e la Jacetania, corridoio naturale attraverso il quale

passa il Camino de Santiago nella variante chiamata strada francese.

Nel 1962, il Camino de Santiago fu dichiarato Insieme Storico Artistico, includendovi «i luoghi, gli edifici e i dintorni conosciuti, così come quelli che si dovessero determinare nel futuro». Nel Dicembre del 1993, l'UNESCO iscrisse il Camino de Santiago nella lista dei Beni Culturali di Interesse Mondiale e, pertan-to, Patrimonio dell'Umanità. Questa iscrizione implica la protezione della stessa strada fisica, oltre agli ele-menti considerati Beni di Interesse Culturale, come i villaggi, i paesi e le città che attraversa, e del paesaggio circostante.

La storia recente di Ruesta è unita alla costru-zione del bacino artificiale di Yesa e alla successiva inondazione della maggior parte dei terreni a orto che suppose anche lo smantellamento della rete urbana ed uno spopolamento massiccio. Ruesta sparì nel 1965 (368 abitanti), Esco nel 1966 (253 abitanti), e Tiermas nel 1962 (756 abitanti). La rete viaria fu modificata, e si materializzò la possibilità della rottura di una gestione integrata del territorio con alcune unità ambientali ed agricole tra loro diverse e complementari; le coltivazio-ni ad orto nel fondo valle erano la chiave di questo equilibrio.

Vent’anni dopo la sparizione del confine muni-cipale di Ruesta, incominciò una politica di cessione dei paesi abbandonati a diverse organizzazioni sindaca-li, col fine di portare a termine un'attività sociale, oltre che di lavorare al recupero dei nuclei urbani abbando-nati. In questo contesto, nel 1988 la Confederazione Idrografica dell'Ebro (CHE) cedette il paese e parte del territorio di Ruesta alla CGT.

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In un primo momento, si valutò il recupero co-me un progetto a lungo termine, poiché l'investimento necessario supponeva uno sforzo economico difficile da sostenere per un sindacato con le nostre possibilità. Perciò si iniziò con l’abilitare un campeggio come area di insediamento base. In quel periodo vennero promossi aiuti economici da parte di varie istituzioni per recupe-rare il Camino de Santiago ed i nuclei per i quali passa. Dall'altra parte si stabilì una strategia di bonus di aiuto e di collaborazioni economiche dei sindacati della CGT per affrontare in migliori condizioni economiche il pro-getto di recupero. Così si facilitò l'esecuzione dei pro-getti di costruzione dell’albergo in Casa Valentín nel 1993 e Casa Alifonso nel 1996. Attualmente, i servizi di ospitalità sono gestiti da una piccola cooperativa.

Nell'anno 2000 fu terminata la Casa della Cultu-ra Ramón Acín dove, da allora, si tengono conferenze, riunioni, incontri e gior-nate di contenuto so-ciale e sindacale, oltre a corsi e seminari di vari tipi riferiti anche all'arte e alla natura.

Negli ultimi anni si è introdotta una nuova prospettiva nella zona. Il recente ripopo-lamento, la costruzione di un'autostrada e gli investimenti turistici realizzati nell'ambiente di Jaca/Canfranc stan-no aprendo nuove pro-spettive nella zona.

Dove c'era ab-bandono, ora c'è inte-resse o, per meglio di-re, interessi. Si preten-de, cioè, di aprire la via alla speculazione e alla depredazione ecologica che abbiamo già visto in altri contesti.

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Le terre si rivalu-tano, si fanno piani per nuove infrastrutture. Si muovono in-fluenze, si fanno valere risorse politiche ed am-ministrative.

Siamo in terreni ceduti dalla CHE i quali dipendono diret-tamente dal Mi-nistero dell’Am-biente e pertanto dagli equilibri politici dei suc-cessivi governi. Dipendiamo da alcuni municipi i

cui consigli comunali sono legati a chi esercita i poteri reali in quell'ambiente. Dipendiamo da una Deputazio-ne Provinciale di Saragozza e da una Deputazione Ge-nerale di Aragona che rappresentano gli stessi equilibri politici e gli stessi particolari interessi.

Tutto ciò va a detrimento delle nostre possibilità reali di costruire un futuro socialmente accettabile per Ruesta. Per il momento resistiamo, ma i «contrattempi» con i quali la CGT si deve confrontare in questa ragna-tela, sono molto, molto grandi. Che il progetto si possa realizzare dipende da tutta l'organizzazione.

La volontà del sindacato a Ruesta continua, e si potrebbe ben definire come intenzione di costruire uno spazio sociale creativo, autoregolato e sostenibile, di scambio culturale e di turismo nella natura, dove far risaltare valori di stile umanista, tutti sintetizzabili nel-l'idea libertaria.

Attualmente, ispirandoci agli Accordi Confede-rali sull’ecologia e l’economia sociale, e parallelamente al lavoro di rivitalizzazione del paese, stiamo cercando di elaborare una nuova strategia che ci relazioni con il concetto di «ecoaldea», un modello di economia basata sulla produzione ed il consumo di energia sostenibile, in

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integrata nell'ambiente naturale, con progetti di vita che si stanzino in Ruesta in modo permanente e che abbia-no o prevedano di acquisire la capacità per potere vive-re con le risorse dell’orticoltura, con l'artigianato o con l'industria alberghiera.

Ruesta deve rappresentare un esempio di meta-morfosi, dove confluiscano aspetti socio-umanistici ed eco-tecnici con l'obiettivo di rivitalizzare il nucleo ab-bandonato, trasformandosi in un «eco-villaggio socio-culturale».

Perciò sarà anche necessario l'utilizzo generoso di quelle risorse umane di cui la CGT abbonda tra il vario e crescente numero dei suoi aderenti, presentando progetti, anche esecutivi; coinvolgendo e facilitando i lavori delle Giunte di Ruesta, arricchendo e orientando i compiti.

Ruesta è un progetto di tutta l'organizzazione, ed essa tutta deve partecipare ed impegnarsi. Si tratta di t r a s p o r t a r e modi di ope-rare dall'azio-ne sindacale all'azione so-ciale, nella direzione su cui si sviluppa il progetto; mettere in-sieme persone e capacità. E, soprattutto, ci consente di contribuire a recuperare e d i f f o n d e r e l ' i m m e n s a cultura eredi-tata, benché ancora in par-te nascosta, della ricchis-sima tradizio-ne libertaria.

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Allegato 13Schema delle strutture di coordinamento

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SCHEMA DELLE STRUTTURE

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SCHEMA DELLE STRUTTURE

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er terminare questo percorso, occorre ancora parlare di quello che non è successo in que-sti 25 anni. Parliamo dunque del futuro. Un

futuro che vogliamo costruire con volontà e corag-gio, senza abdicare alle nostre idee, ai nostri diritti come lavoratrici e lavoratori, ai nostri desideri co-me donne ed uomini che vogliono essere liberi, in-dividualmente e collettivamente.

Questo futuro passa attraverso il consolida-mento della nostra organizzazione, la sua apertura a lavoratori e lavoratrici di ogni condizione, facendo della pratica anarcosindacalista il pilastro fonda-mentale che ci permetta di potenziare la formazione di uomini e donne liberi e padroni del loro futuro, con una coscienza critica, individualmente liberatri-ce e socialmente libertaria.

A partire da una messa in discussione inte-grale del sistema economico e facendo valere le no-stre alternative. Lanciando attacchi continui alla logica capitalista di accumulazione progressiva, di sfruttamento dei popoli e delle risorse naturali. Mettendola di fronte alle logiche della ripartizione delle ricchezze e dell'attenzione alla vita, della soli-darietà e dell'appoggio reciproco che vanno diret-tamente a soddisfare necessità ed a generare benes-sere. Perché è lì che si garantisce la vita, in quelle sfere invisibili dell'economia. Per questo motivo, la nostra e la “loro”, sono due logiche inconciliabili, dal momento che una società capitalista non sta mai «al servizio» delle persone e, crisi dopo crisi, lo sta dimostrando.

I mercati si sono inseriti nel cuore della no-stra organizzazione sociale, determinano i tempi, gli spazi, il che, il come e il quanto produrre. In una società che si organizza intorno ai mercati, le per-sone saranno sempre minacciate. Come si garanti-ranno le necessità umane (le cure, le relazioni so-ciali, le opzioni individuali, la capacità di pensa-re...) da qui in avanti?

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La storia ed il contenuto della nozione di cittadinanza sono dominati dal predominio dei mercati capitalisti e dall’esclusione e dall'invisibilità di chi, la maggioranza, vede i suoi diritti negati per permettere l'accumulazione di ric-chezza e privilegi da parte di altri, la minoranza.

Ora si vuole impone sempre più il mondo dell'esclusione e delle frontie-re, dei privilegi e del controllo del pen-siero. Questa idea della società non ci serve come orizzonte, e allora puntiamo su un riferimento diverso nel momento di reclamare i diritti sociali; perciò par-liamo di «Cittadinanza», come forma per rivendicarci individui in una società basata sulla sostenibilità della vita, co-me un modo di pensare e fare collettivo, centrato sulle necessità delle persone, come una scommessa per l'attenzione reciproca non gerarchica e senza privi-legi, come una piattaforma chiara, senza confusione, dalla quale rivendicare vec-chi e nuovi diritti.

Senza dimenticare che i diritti devono essere sviluppati all’interno di una società laica. La laicità è garanzia di pluralità e tolleranza, base di qualun-que democrazia diretta ed autogestiona-ria della quale parliamo, cornice basila-

re di riferimento per lo sviluppo dei diritti sociali.Sistematicamente ci poniamo domande critiche

in quanto al conseguimento dei nostri obiettivi e alla forma per ottenerli. Dobbiamo essere coscienti che non siamo estranei al divenire storico e che saremo soggetti del cambiamento in funzione di molteplici fattori. È per ciò che dobbiamo essere pronti in ogni momento ed in allerta per approfittare di ogni situazione, ogni crepa che ci presenti il sistema per aprire nuove vie di critica e risposte concrete. Ciò che davvero accadrà, ben diffi-cilmente lo possiamo prevedere con esattezza, ma è certo che il nostro lavoro getterà le basi affinché lo si possa affrontare.

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Soprattutto dobbiamo tenere in debito conto che, alla velocità della società attuale, si succedono nuove circostanze e momenti nei quali nuovi protagoni-sti dovranno percorrere la loro strada ed imparare dai propri errori. Speriamo, ed è proprio per questo che la-voriamo, che questi nuovi protagonisti si specchino nel riflesso della storia e conservino l’essenziale del nostro alito. Esse ed essi saranno coloro che dovranno decide-re e realizzare.

Quello che possiamo fare, e che continueremo a fare, è di sforzarci per completare la nostra opera di co-struzione ed offrire «al futuro» il meglio della nostra capacità di pensiero e di organizzazione. In questo sen-so, e pensando al breve termine, consideriamo prioritari i seguenti criteri:

Consolidare e rendere più unita un'orga-nizzazione, la CGT, che si riconosca in se stessa con tutte le sue particolarità e sfu-mature, elaborando e realizzando i suoi accordi.Spingere il pensiero critico ed antiautori-tario per farlo maturare in funzione del momento attuale e per offrirlo all'insieme della società come prospettiva insostitui-bile di analisi ed obiettività.Mantenerci attivi per concretizzare nuove presenze, nuclei, apertura di sedi, ed estendere la nostra presenza in tutti gli ambiti dove ci sia possibile farlo.Fare dell'internazionalismo e della solida-rietà uno strumento reale al servizio del-l'umanità lavoratrice.Mantenere un'azione sindacale coordina-ta, definita ed identificabile in una visione di classe, come nostra migliore proposta.Cercare l’appoggio e la complicità della classe lavoratrice nell'introduzione dei nostri criteri, con proposte assunte attra-verso il dibattito.Migliorare le condizioni economiche e di sicurezza nel lavoro focalizzando l'accen-to rivendicativo, destinato al migliora-mento e alla garanzia dei Diritti Sociali da una prospettiva di ridistribuzione della ricchezza.

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mento e alla garanzia dei Diritti Sociali da una prospettiva di ridistribuzione della ricchezza.Trasformare l'appoggio reciproco in una dinamica pratica, verso l'interno e verso l'esterno, come criterio basilare della fi-sionomia della nostra organizzazione.Certificare l'obiettivo dell'uguaglianza di uomini e donne assolutamente in tutti gli ambiti interni ed esterni della nostra orga-nizzazione.Mantenere le nostre peculiarità di fondo in quanto a criteri, etica e dignità, facendo in modo, con continuità, che un numero sempre più ampio di lavoratori e di lavo-ratrici ci senta al suo fianco.Consolidare le nostre strutture di inter-vento per allargare le nostre relazioni ver-so altri nuclei di lavoratori coi quali sia-mo in contatto proprio a partire dall'attivi-tà lavorativa o dallo spazio fisico del po-sto di lavoro.Ampliare la capacità di influenza e di ini-ziativa che continueremo ad acquisire sui posti di lavoro indirizzandola su una ca-pacità altrettanto chiara di influenzare tut-ti gli altri aspetti della vita, trasportando la nostra esperienza di mobilitazioni lavo-rative verso la mobilitazione sociale.Stabilire, a partire dalle affinità, il quadro di confluenze capace di ampliare le nostre lotte, riunendo chiari livelli di iniziativa.Allargare costantemente il numero dei militanti con la minor burocrazia possibi-le, senza generare strutture che ci condi-zionino e col maggior numero di ricambi possibile nelle responsabilità organiche.Continuare a predisporre un numero suf-ficiente di equipes decentrate che garanti-scano una formazione vicina, immediata e sufficiente all'insieme dell'organizzazione.Completare la definizione e il consolida-mento dei differenti strumenti e meccani-smi dei quali ci siamo già dotati per in-crementare la nostra efficienza.

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Non smettere di misurarci il polso e con-servare un livello adeguato di insoddisfa-zione per la nostra realtà, come autocritica sufficiente e permanente intesa come im-pulso vitale per continuare a spingere e dibattere, anche con animosità, per cerca-re di arrivare più lontano.Superare la barriera del silenzio che ci impone il sistema, generando veicoli no-stri di comunicazione e facendo arrivare i nostri messaggi all'insieme della società.Svilupparci senza riprodurre i vizi che genera il regime socioeconomico contro il quale lottiamo.

In definitiva, la nostra scommessa immediata deve essere quella di completare il compito avviato in questi 25 anni, approfondendo quelle linee di la-voro che si sono mostrate positive con contenuti e forme proprie. Tutto ciò senza ignorare che ci tro-viamo in un momento vertiginoso nel quale accado-no cose le cui conseguenze non si possono misurare con esattezza, mettendo in conto che il capitali-smo sta cercando di reinventare se stesso e che ci troviamo davanti al pericolo reale di andare verso una società sempre più pola-rizzata, con maggiore accumulazione di ricchezza e potere nelle mani di pochi, più autoritaria e repressiva.

Siamo all’inizio di una nuova tappa «globale», di fronte ad un nuo-vo capitalismo più potente - se pos-sibile - e molto più efficiente; con una socializzazione più estensiva della povertà, della precarietà e della repressione.

Senza dubbio questa è la mag-giore sfida con la quale ci dovremo confrontare e, senza dubbio, è lì che do-vrà trovarsi la CGT, superando tensioni e sfumature interne per dare la risposta che esige da noi questa prospettiva. Lottando per l'uguaglianza, la giustizia e la libertà in maniera ferma e generosa. L'emancipazione sarà opera dei lavoratori stessi o non sarà.

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Lavorare su queste linee generali ed ap-profondire ognuna delle sfide che in esse andranno definite, so-no i punti da cui parti-re per consolidare un'organizzazione uti-le ad affrontare i pro-blemi contemporanei della classe lavoratrice e seminare il germe della rivoluzione so-ciale, alla quale non intendiamo rinunciare.

Occorre aprire l'organizzazione al futuro e per-mettere che generazioni nuove di lottatori e lottatrici possano progredire nel conseguimento di un mondo più giusto e libero, sulla strada che abbiamo già compiuta, ma con la fiducia riposta nelle loro stesse decisioni.

Per noi, ricercatori infaticabili di una società giusta e libera, le nostre idee e i nostri sforzi costitui-scono il filo di speranza che ci mantiene uniti al futuro.

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Le seguenti proposte hanno 3 premesse:

Che tutti i diritti qui rivendicati siano uguali per uomini e donne, persone occupate e disoccupa-te, immigranti ed autoctoni, eterosessuali, bisessua-li, gay e lesbiche, diversamente abili fisici e psichici, giovani e anziani.

Che questo insieme di proposte possano svilupparsi solamente in forma effettiva e in deroga di tutte le direttive europee, leggi e giurisprudenza varia che le possano contravvenire.

Che solo mediante il dibattito, la delibera-zione ed il consenso nella mobilitazione e nella lotta di tutte e di tutti si possa fare in modo che l’insieme o parte di queste proposte possano giungere a rea-lizzarsi.

I.- Ripartire il Lavoro:

Ridurre la giornata lavorativa. Inizialmente a 35 ore settimanali, senza diminuzione salariale. Ri-duzione graduale fino al tempo che si consideri ne-cessario in rapporto alla popolazione attiva stimata. Eliminazione totale delle ore straordinarie e dei cottimi. Abolizione di ogni legislazione e giurispru-denza che permette il licenziamento libero per cau-se della storia fu centrale la creazione di un ordina-mento giuridico che prescrivesse che cosa fare e,

se obiettive, specialmente l'articolo 52 e 56 dello

Statuto dei Lavoratori.

Opzione a carico del lavoratore o della lavo-ratrice, e non dell'imprenditore, tra riammissione o indennità, nel caso di licenziamenti inopportuni. Eliminazione degli “Espedienti di Regola-zione dell’Impiego”. Eliminazione dei subappalti e di tutte le mo-dalità di contratto temporaneo. Impedire che alle imprese, straniere o no, siano concesse condizioni di favore. In tal caso le condizioni di miglior favore saranno applicate a tutte le imprese, lavoratori e lavoratrici che prestano i loro servizi (in quell'ambito di applicazione), indipenden-temente della loro nazionalità, contrattazione o ca-tegoria professionale, fatta eccezione solo nel caso che esista già una clausola più vantaggiosa, appli-cata anteriormente al lavoratore, sia per accordo che per norma convenzionale. Internalizzazione degli organici esternalizza-ti o subappaltati da parte delle imprese madri e con-solidamento dell’impiego temporaneo in fisso. La temporalità nell'impiego deve portarsi a termine me-diante contrattazione certa ed indefinita. Diritto al tempo libero per chi lavora. Sono i lavoratori che devono controllare ed autogestire, in ogni impresa o settore, i tempi di impiego e di riposo per il tempo libero e le cure. Inclusione del tempo di viaggio al posto di lavoro all’interno della giornata lavorativa..

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Allegato 14Quadro rivendicativo globale

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Eliminazione delle ETT, con integrazione delle loro infrastrutture e logistica in una rete pubbli-ca e sociale per l'impiego, la ricollocazione e la pro-fessionalizzazione delle persone disoccupate. Integrazione delle reti e delle infrastrutture formative occupazionali e continue nel sistema della educazione pubblica. Eliminazione delle strutture formative tripartite, e delle competenze in campo formativo delle organizzazioni sindacali. Ripartizione egualitaria dei lavori domestici e di cura e attenzione tra donne ed uomini. Ricono-scimento pubblico del lavoro di cura e attenzione delle donne non salariate, e creazione di una rete pubblica di assistenza per le donne e gli uomini senza compagno con carichi familiari e per le donne lavoratrici. Qualunque impresa prima di essere chiusa deve facilitare la sua cessione in usufrutto al colletti-vo di lavoratori disposto a farsi carico della stessa, della sua ripresa e produzione, con aiuto pubblico per suo riavvio ed assistenza.

II.-Ripartire la ricchezza

Instaurare gradualmente un salario sociale per le persone senza altre risorse economiche. Pri-ma alle donne con carichi domestici e familiari cura-ti, successivamente a tutte le persone disoccupate ed escluse e, infine, a giovani e studenti.

Nel frattempo l'ammontare del sussidio di disoccupazione non potrà mai essere inferiore al SMI (Salario Minimo Interprofessionale), elevando lo stesso SMI e le pensioni minime all'ammontare sti-mato di un salario degno. Incremento minimo auto-matico dei salari all'IPC (Indice dei Prezzi al Con-sumo) annuale. Contenere i salari più alti riducendo le scale salariali attraverso curve parametrali lineari. Eliminazione delle doppie scale salariali. Eliminare l’applicazione dell'interesse nei prestiti ai lavoratori. Creare una Banca Pubblica che faciliti i crediti a chi realmente ne ha bisogno, che serva in primo luogo a soddisfare le necessità basi-lari e di cura delle persone, ed in secondo luogo i progetti produttivi e/o cooperativi di interesse socia-le, culturale ed ambientale. I prezzi medi di abitazione, trasporto, ener-gia, vestiario, medicine ed alimenti, non devono mai superare congiuntamente il 60 % del SMI o del sala-rio sociale garantito. Calo progressivo, fino alla loro possibile gratuità, delle medicine generiche e del materiale scolastico. Il trasporto pubblico deve ave-re tariffe accessibili. Promuovere ed esigere una legge che esi-ma da imposte (0 %) l'acquisto della prima abitazio-ne per i redditi bassi, (per esempio fino a 21.000 euro/anno), aumentando le percentuali di tassazio-ne in base al reddito (proporzionalità fiscale), facili-tando così il diritto all'abitazione della classe lavora-

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trice. Si intende che a partire dalla seconda abita-zione si devono gravare gli oneri, giacché può con-siderarsi un lusso. Promuovere ed esigere una legge che ridu-ca l'IVA, le imposte sulle necessità basilari (luce, acqua, gas... ) ad un’aliquota super ridotta (4 %), e non al 16 % attuale - equiparandoli ad articoli di lus-so -, poiché avere luce, acqua e riscaldamento non è qualcosa di superfluo. Elevare la pressione fiscale sulle fortune milionarie, sulle grandi eredità patrimoniali e sui plusvalori non produttivi (rendite parassitarie). Gra-vare i profitti imprenditoriali e patrimoniali e le ope-razioni speculative e destinare il 50 % degli utili netti (detratti da imposte e reinvestimenti), ad obiettivi sociali. Imporre alle multinazionali spagnole che almeno il 50 % degli utili netti ottenuti in un paese, vengano versati per spese sociali e produttive in quel paese stesso. Allo stesso modo esigere analo-ga cosa dalle multinazionali presenti nello Stato spagnolo. Destinare le abitazioni nuove vuote a chi ne ha bisogno. Espropriare gli spazi immobiliari inutiliz-zati sollecitati dai vicini come abitazione o dai gio-vani come spazi sociali di autogestione.

III.-Diritti e Servizi Sociali per tutte e tutti:

Blocco immediato di tutti i processi di priva-tizzazione dei servizi pubblici ed incremento dell'in-vestimento in Sanità, Educazione, Ecosistema, Ri-cerca scientifica e Trasporto pubblico, mediante la riduzione progressiva delle quote gonfiate destinate alle spese militari e di «sicurezza».

alle spese militari e di «sicurezza». Diritto a curare e ad essere curato/a. Le cure sono una responsabilità collettiva la cui risolu-zione deve porsi socialmente. Qualunque persona deve avere diritto ad essere curata al margine della sua situazione personale o familiare. Diritto alla Libera Circolazione di tutte le persone attraverso le frontiere. Uguali diritti sociali, civili e politici per tutti i lavoratori immigrati e chiusu-ra dei Centri di Internamento per Stranieri (CIE). No alla criminalizzazione del libero scambio di archivi elettronici e di beni culturali, introduzione in tutte le amministrazioni pubbliche di software, documentazione e formati standard, liberi e non esclusivi e garanzie di accesso gratuito ad Internet per tutti. Stabilire e proteggere il diritto alle libertà sindacali, di espressione, riunione e manifestazione in tutti i luoghi: piazze e strade, spazi pubblici, im-prese, fabbriche, scuole, università ed istituzioni. Reiterazione del diritto di ogni persona a definire e a manifestare il proprio orientamento ses-suale. Lotta contro ogni discriminazione che abbia la sua origine nell'orientamento sessuale. Il sistema educativo esige, sempre più, un contatto fluido e permanente tra le famiglie ed i do-centi. Perciò, è necessario trovare formule di conci-liazione tra la vita familiare e quella professionale che permettano di seguire in modo appropriato l'evoluzione educativa degli studenti e, in questo senso, diventa urgente la creazione di un permesso lavorativo, di carattere non ricuperabile, per adem-piere alle tutele e assistere alle riunioni nei centri educativi.

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educativi

IV.- Sostenibilità

Incrementare gli investimenti nelle reti di trasporto pubblico e di breve percorso. Potenziare le infrastrutture di prossimità invece che quelle a lungo percorso, ed il trasporto privato. Promozione del mondo rurale basato sul-l'agroecologia e della sua industria derivata. Eliminazione progressiva delle industrie inquinanti e loro riconversione in industrie sosteni-bili e di prodotti duraturi, non rapidamente obsoleti. Produzioni pulite, inquinamento zero, riduzione graduale delle emissioni e recupero dei residui. Riorganizzazione, gestione democratica ed autogestione dei sistemi di produzione e consumo in scala locale, con investimento in energie rinno-vabili e disinvestimento delle energie fossili e nu-cleari. Eliminazione della pubblicità abusiva e dei contenitori inquinanti. Promozione di economie locali e regionali diversificate e di città compatte (modello mediter-raneo), multifunzionali ed economicamente con-nesse al loro ambiente rurale e locale. Promuovere forti oneri al commercio inter-nazionale allo scopo di localizzare l'economia. Fare della sostenibilità e dell'austerità nel consumo valori prioritari da diffondere: Meno per vivere meglio. Promuovere una società solidale e sostenibile.

V. - L'Autogestione come mezzo e fine:

La CGT difenderà nei confronti con lo Stato lo stimolo a progetti di economia cooperativa ed autogestionaria, per i quale si dovranno facilitare i mezzi materiali e si dovranno offrire le garanzie giu-ridiche necessaria. Progressiva instaurazione dell'autogestione in tutti i servizi pubblici. L'Autogestione come mezzo e fine affinché la società, a tutti i suoi livelli, si organizzi in un altro modo, partecipativo e democratico, dai paesi, quar-tieri e città fino alle istituzioni, le imprese, la distribu-zione, il commercio, mettendo l'economia al servizio delle persone e della sostenibilità della vita umana e del pianeta.

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Negras tormentas agitan los aires,

nubes oscuras nos impiden ver,

aunque nos esperge el dolor y la muerte,

contra el enemigo nos llama el deber.

El bien más preciado es la libertad,

Luchemos por ella con fe y con valor.

Alza la bandera revolucionaria,

que llevará al pueblo a la emancipación.

En pie pueblo obrero, a la batalla,

Hay que derrocar a la reacción,

A las barricadas, a las barricadas,

Por el triunfo de la confederación

A las barricadas, a las barricadas,

Por el triunfo de la confederación

Nere tormente agitano l'aria

Nubi oscure ci impediscono di vedere.

Anche se ci aspettassero il dolore e la morte

Contro il nemico ci chiama il dovere.

Il bene più prezioso è la libertà

Bisogna difenderla con fede e con valore.

Alza la bandiera rivoluzionaria

Che porterà il popolo all'emancipazione.

In piedi popolo operaio, alla battaglia

Bisogna abbattere la reazione.

Alle barricate! Alle barricate!

Per il trionfo della Confederazione!

Alle barricate! Alle barricate!

Per il trionfo della Confederazione!

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