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Nell’economia ultra liberista attuale che vanta strategie economiche ad alta intensità di capitali e a bassa intensità di lavoro unicamente incentrata sulla massima produttività e con la minima spesa, il lavoro ha perso il va-lore di creatore di capitale sociale ed è diventato unicamente una variabile non necessaria del sistema di impresa che va compresso il più possibile per garantire i margini di profitto più alti possibile. E così abbiamo situazioni di schiavismo come quella che venne alla luce nell’estate 2011, nella Masseria Boncuri a Nardò in provincia di Lecce, e che grazie al coraggio del giovane ingegnere camerunense Yvan Sa-gnet e dei suoi compagni e delle loro denunce e rivolte veniva portata all’attenzione pubblica …. In quei giorni scoppiò la Rivolta di Nardò contro il caporalato e tutte le forme di sfruttamento in agricoltura.Grazie a questa rivolta è partita l’inchiesta SABR della procura di Lecce che portò agli arresti e successivamente alla condanna in primo grado per riduzione in schiavitù ad 11 anni di reclusione ciascuno di 12 impu-tati tra caporali e agricoltori italiani. Inoltre grazie a quella rivolta si arrivò all’approvazione dell’articolo 603 bis del c.p contro il caporalato e di tante altre norme e leggi a tutela dei lavoratori stranieri e italiani in agricoltura e non solo.Il Dottor Yvan Sagnet è nato il 4 aprile del 1985 a Douala (Camerun), è giunto in Italia per motivi di studi nell’agosto 2008. Nel 2013 ha conseguito la Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso il Politecnico di To-rino. Ha lavorato come sindacalista per la FLAI-CGIL e ora è tra i fondatori dell’associazione internazionale anti caporalato NO-CAP.Ha scritto due libri editi da Fandango: il primo Ama il tuo sogno che rac-conta la sua esperienza come raccoglitore di pomodori e descrive il primo sciopero in Italia dei Braccianti migranti. Il secondo Ghetto Italia racconta la dura realtà dei ghetti in cui sono costretti a vivere i braccianti stranieri.

L’intera economia reale mondiale è asfissiata da un sistema finanziario speculativo che comprime diritti e benessere, attacca i beni comuni e toglie speran-za ai cittadini. In questo scenario di totale suprema-zia dell’economia finanziaria virtuale sull’economia reale, la vita dell’essere umano, la sua capacità di lavorare, di produrre diventano variabili spendibili di un’equazione finanziaria in cui non c’è più spazio per un approccio umano al lavoro.

PREMESSA - NO CAP LE RAGIONI DI UNA RIVOLTA.

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Jean Pierre Yvan Sagnet è Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Itali-ana con la seguente motivazione: “Per il suo contributo all’emersione e al con-trasto dello sfruttamento dei braccianti agricoli”. E’ stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana conferita Motu proprio dal Presidente della repubblica Sergio Mattarella, giovedì 02 febbraio 2017.

Un riconoscimento a coloro che si sono distinti mettendosi al servizio della comu-nità e diventando un esempio positivo per l’opinione pubblica sui temi della pace, del sociale, della legalità e del civismo. Il Premio Internazionale “Angelo della Pace”, opera del prof. Raimondo Rossi è stato consegnato il 6 Ottobre 2018 (Foto1) a Yvan Sagnet per l’impegno sociale e politico a difesa di tanti suoi fratelli africani, braccianti agricoli, che vengono sfruttati e privati dei diritti fondamentali in varie zone d’Italia.

Partigiani del Terzo Millennio: Yvan Sagnet insignito del prestigioso premio ANPI alla memoria di Renato Fabrizi, I partigiani del 1945 e quelli del nuovo millennio, ci dicono entrambi una parola di speranza: la lotta contro l’ingiustizia paga, e anche se comporta sofferenze umane, fisiche e morali indicibili, alla fine vince! Ieri con Renato Benedetto Fabrizi e oggi con Yvan Sagnet.

Premio Livatino-Saetta-Costa a “Ghetto Italia” miglior libro Antimafia 2016, Yvan Sagnet ha ricevuto a Catania, il 21 maggio il Premio Internazionale all’Impegno Sociale 2016 “Livatino-Saetta-Costa” per il suo coraggio e le sue denunce contro il fenomeno del caporalato operato attraverso il suo libro inchiesta “Ghetto Italia”.

Yvan Sagnet è stato insignito il 4 luglio 2019 del prestigioso premio antimafia intitolato a Don Peppino Diana “Per amore del mio popolo”. Si tratta di Ilaria Cuc-chi, Yvan Sagnet, Marco Puglia, Roberto Di Bella. La scelta dei premiati viene fatta dal “Comitato don Peppe Diana”, congiuntamente con la famiglia di don Diana e resa pubblica il 21 di marzo, il primo giorno di primavera, che corrisponde anche al giorno dei funerali del sacerdote ucciso dalla camorra il 19 marzo del 1994.

• Nel 2017 è stato insignito del prestigioso premio ANPI alla memoria di Renato Fabrizi.• Nel 2018 ha vinto il premio “Ho l’Africa nel cuore”.4- • Nel 2016 ha vinto il premio internazionale antimafia intitolato alla memoria dei giudici “Livatino-Saetta-Costa”.• Il 07 Luglio 2013 Vincitore del Premio “Lo Straniero 2013” dalla Rivista Lo Straniero, Via Nizza, 54 Roma (Italia)• A Febbraio 2013 Vincitore del premio “Migliore Straniero In Italia 2013” dall’Associazione Ismu, Milano (Italia)

Alcune referenze possiamo riassumerle in relazione ai premi vinti dal suo presidente Yvan Sagnet:

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Lo sciopero campeggiato da Yvan Sagnet e dai suoi compagni fu definito il primo sciopero della storia dei lavoratori stranieri impegnati in agricoltura e durò circa un mese.Quella protesta mise in moto una dinamica politica (impensabile prima!) e improvvisamente il mondo prendeva coscienza di una realtà vergognosa sulla quale per troppo tempo, troppe persone e istituzioni avevano preferito girare la testa dall’altra parte.

Il CETRI Circolo Europeo di Terza Rivoluzione Industriale ( www.cetri-tires.org DI CUI Yvan oggi è vicepresidente ) fu fra le prime organizzazioni a correre in soccorso dei rivoltosi di Boncuri, organizzando la manifes-tazione NO CAP in loro solidarietà, d’intesa con sindacalisti coraggiosi e con molti artisti locali e internazionali fra cui Eugenio Bennato. Superata l’emergenza del 2011 la manifestazione NO CAP fu ripetuta nel 2012, in condizioni più precarie in quanto, pur in presenza dell’inchiesta SABR della DDA di Lecce le istituzioni locali avevano inspiegabilmente deciso la chiu-sura del centro di accoglienza di Boncuri negando l’evidenza del persistere di forme di lavoro schiavistico nelle campagne del territorio, e lasciando così i lavoratori in totale balìa dei loro sfruttatori, senza neanche quella minima rete di protezione che l’associazione “Finis Terrae” di Gianluca Nigro era riuscita a garantire a Boncuri e che era stata indispensabile per il formarsi di quella coscienza dello sfruttamento che aveva portato alla rivolta del 2011.

Il Direttivo NoCap

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In questa seconda edizione di NO CAP, si fece però uno straordinario bal-zo in avanti verso l’identificazione di iniziative efficaci (da affiancarsi alla denuncia e alla lotta) per la rimozione delle cause profonde del caporalato, e non solo per la mitigazione dei suoi effetti più disumani. Si cominciò così a riflettere su modi di collaborazione e su come fare rete , integrando alla normale gestione agricola anche la trasformazione dei prodotti agricoli locali per conferire loro maggior valore e dunque un reddito aumentato ai produttori, portammo come esempio la gelatina di anguria, preparata da una gastronoma siciliana Anna Maria Vassallo su una vecchia ricetta araba, per un apposito laboratorio del gusto organizzato di concerto con lo Slow Food Puglia ed ebbe un successo enorme gettando le basi per delle riflessioni per rimuovere le cause reali del fenomeno del caporalato e i suoi effetti.

Continuare a parlare solo di caporalato rischia di spostare l’attenzione solo su un aspetto, importante ma solo accessorio al sistema di sfruttamento e sospensione dei diritti che conosce l’attuale configurazione del lavoro agricolo nelle campagne dell’Europa mediterranea e non solo. Il caporal-ato infatti altro non è che una forma estrema di sfruttamento del lavoro dell’essere umano che si manifesta in forme diverse su scala globale e che rappresenta all’incirca il 10% dell’economia globale. Ma, diversamente dalla produzione di scarpe da ginnastica di marca o dalla creazione di nuovi gadget elettronici, il cibo che si coltiva, dove lo si coltiva, e come vi-ene distribuito è una questione che ha un impatto su ognuno di noi: su ogni singola persona del pianeta. Ovviamente i maggiori protagonisti imprendi-toriali non sono gli unici responsabili della fame e della povertà globali.Tuttavia, come evidenziamo, la loro crescita è avvenuta anche grazie alla disponibilità di terreni e di lavoro a basso costo ottenuti a discapito delle comunità povere di tutto il mondo e dello sfruttamento dei lavoratori. Inoltre oggi hanno il potere di esercitare una grande influenza sui trader (interme-diari) e sui governi, ovvero su coloro che controllano e gestiscono la filiera alimentare globale.

Cominciava a prendere forma così l’idea che il caporalato sia un fenomeno le cui cause allignano molto lontano nel tempo e nello spazio dai posti dove il fenomeno si manifesta, e che per rimu-overle bisogni andare oltre la pur nec-essaria denuncia per la pur ineludibile difesa della legalità e dei diritti.

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Sono anche la parte più visibile dell’industria di settore e stanno mettendo a rischio la loro reputazione in quanto i consumatori manifestano sem-pre maggiore interesse su quello che comprano e su chi glielo vende. In questa battaglia dobbiamo essere coscienti che le regole del gioco sono dettate da pochi grandi gruppi commerciali che, in un mercato globale, appartengono a loro volta a pochi grandi gruppi finanziari che controllano aziende che a cascata ne controllano delle altre che alla fine della filiera si ritrovano a sfruttare il lavoro dei braccianti e a mettere l’asta alla gola alle aziende produttrici con prezzi ridicolmente bassi e il ricatto del prendere o lasciare che lascia l’impresa locale spesso senza alcun margine, mentre i loro prodotti vengono venduti al dettaglio per cifre decuplicate rispetto a quelle dell’acquisto. Il mercato dominato da modelli di distribuzione specu-lativa mira alla omologazione di tutti i processi produttivi e distributivi.

Oggi in Europa grazie alle tantissime conferenze, incontri e alla campagna di opinione della Rete No Cap e di tantissimi giornalisti bravissimi sono stati raggiunti importanti risultati nella lotta allo sfruttamento lavorativo come l’approvazione della legge anti caporalato 199/2016 approvata in Italia con le conseguenti condanne per riduzione in schiavitù dei caporali e degli imprenditori in tutta Italia, Purtroppo però le realtà che continuano a fare ricorso al caporalato rimangono moltissime e non necessariamente relegate nel settore dell’agricoltura. Le leggi e le sentenze da sole non possono garantire il superamento del modello economico ultraliberista in-centrato sulla logica del profitto che produce le condizioni per il ritorno allo schiavismo. Il passaggio da un modello economico a un altro infatti, è compito precipuo della politica, e questa viene influenzata dal grado di coscienza raggiunto dalla pubblica opinione.

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Dopo anni passati a denunciare le condizioni di lav-oro e di vita disumane e schiavistiche dei lavoratori della terra, immigrati e anche italiani, e dopo due libri (“Ama il tuo sogno” presentato su Rai 3 da Roberto Saviano e “Ghetto Italia” ) Yvan Sagnet ha deciso di mettere la sua esperienza di lotta e il suo patrimonio di conoscenze nella sua Associazi-one no profit che porta il nome di NO CAP , che raggruppa una rete di attivisti internazionale e che progetta sistemi virtuosi per contrastare il fenomeno del caporalato. NO Cap mira a promuovere una nuova idea di economia che sia basata sulle risorse naturali e umane del territorio eliminando le cause strutturali di ogni sfruttamento dell’essere umano sul piano lavorativo e su quello esistenziale.

DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA

L’agricoltura italiana rappresenta il modello diametralmente opposto a quello della globalizzazione del mercato, e sopravvivrà solo se riuscirà a manten-ersi fedele ai suoi principi: produrre e vendere grazie alla qualità delle sue eccellenze agroalimentari da una parte, contribuendo alla tutela del territo-rio, rispettando i diritti dei lavoratori, escludendo dai processi produttivi le organizzazioni criminali e favorendo la tracciabilità del prodotto e di gua-dagnare competitività tramite la modernizzazione dei processi produttivi, e non tramite la compressione dei diritti e del costo del lavoro. In altre parole bisogna far uscire l’agricoltura dal paradigma fossile verticistico centralizzato e speculativo della seconda rivoluzione industriale e farla entrare decisa-mente nella Terza Rivoluzione Industriale secondo i principi proposti da Jeremy Rifkin e declinati da Carlo Petrini con la formula secondo cui il prodotto agricolo deve essere non solo “buono” ma anche “pulito e giusto”.

Questo significa che non è più possibile ac-contentarsi della certificazione del biologico ignorando se ci sono infiltrazioni mafiose come richiesto tra l’altro dall’associazione LIBERA di Don Luigi Ciotti, se ci sono emissioni e rifiuti nel processo produttivo e nel sistema della distribuzione o se esso sia stato raccolto e trasformato con metodi schiavistici.

Yvan con il Responsabile dell’Ufficio Legale

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In altre parole un prodotto non deve essere solo buono (biologico) ma deve anche essere principalmente giusto, cioè pagato al prezzo giusto e rac-colto e lavorato da esseri umani liberi e in pieno godimento dei loro diritti e pulito e cioè abbassando emissioni e rifiuti zero secondo le linee guida suggerite dal Dott. Angelo Consoli nel suo libro/manifesto Territorio Zero. Bisogna insomma pensare a un nuovo tipo di impresa agricola che riesca a liberarsi dalle storture del mercato attuale, seguendo nuovi parametri fondamentali che abbiamo sintetizzato in un:

1) Rispetto per il lavoro. Niente sfruttamento di manodopera sottopagata o schiavizzata. Contratti di lavoro legali e soprattutto UMANI. Prezzo giusto dei prodotti riconosciuto al produttore.

2) Rispetto del benessere degli animali dell’ambiente e del paesaggio. Le attività economiche non devono distruggere le coste, i boschi, le montagne i laghi e le altre risorse naturali che sono la base dell’economia del turismo e generano PIL sostenibile per il Paese.

3) Rispetto per la salute dei cittadini. Produzione di cibo senza contami-nanti e nessuna immissione di sostanze nocive nell’ambiente che inqui-nano il suolo, avvelenano l’aria o l’acqua e causano malattie.

4) Produzione di energia senza emissioni. De carbonizzazione progres-siva dei processi produttivi innanzitutto in agricoltura e progressivamente anche in tutti i processi industriali, secondo il modello energetico distribuito e interattivo della Terza Rivoluzione Industriale, con la massima diffusione del “Prosumer”, e l’aggregazione di micro reti digitali di energia rinnovabile integrata nelle attività d’impresa.

5) Finanziamento etico delle attività di impresa. Anche i finanziamenti delle attività economiche devono seguire il modello democratico e distribuito dell’energia, con la massima diffusione del micro credito, dell’azionariato popolare (crowdfunding) e della finanza popolare tramite appositi pacchetti specifici delle banche cooperative e delle casse di credito locali.

DECALOGO NO CAP: UNA TRACCIABILITA’ ETICA E RISPETTOSA DELLA BIOSFERA;

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6) Ritorno al modello distribuito anche per la diffusione commerciale dei pro-dotti della terra, creazione di piattaforme on-line per vendita diretta produt-tore-consumatore, creazione di Gruppi di Acquisto Solidale, l’introduzione di Accordi di Rete per mettere sul mercato prodotti di filiere virtuose per una distribuzione commerciale dove il consumatore è protagonista di una rivoluzione del sistema nel rispetto dei diritti di tutti protagonisti del cibo.

7) Valorizzazione del prodotto agricolo con processi di trasformazione ad alto valore aggiunto realizzati il più vicino possibile ai terreni di produzione agricola e integrati nei processi aziendali

8) Adozione di pratiche a rifiuti zero sia nella produzione agricola che nella distribuzione. Diminuzione progressiva di imballaggi non riutilizzabili per i prodotti freschi e anche per i prodotti trasformati. Riutilizzazione di tutto l’organico risultante dai processi di lavorazione e di coltivazione sotto forma di carbonio organico nelle filiere del compostaggio integrato nelle attività aziendali.

9) Promozione di nuove proposte turistiche ispirate all’offerta di un “turis-mo esperienziale” che porti sotto la guida di contadini esperti, turisti prove-nienti da realtà urbane a conoscere tramite il lavoro nella coltivazione, rac-colta e trasformazione dei prodotti della terra, secondo la logica espressa da Carlo Petrini con la filosofia delle “Orto terapie”, secondo cui oltre a far viaggiare i prodotti della terra verso i consumatori, vanno fatti viaggiare anche i consumatori verso i prodotti della terra, inaugurando a seconda delle caratteristiche dell’agricoltura locale, l’olio terapia, la salsa terapia, la vino terapia, e così via.

10) Contratti di Rete, si tratta di un modello di collaborazione tra imprese che consente pur mantenendo la propria indipendenza, autonomia, e spe-cialità, di realizzare progetti ed obiettivi condivisi incrementando la capac-ità innovativa e limitando i costi di gestione.

Molte imprese sono già artefici di questo nuovo modello economico che elimina le cause del caporalato a monte, non limitandosi ad intervenire semplicemente sugli effetti. Queste aziende stanno costruendo il nostro fu-turo, e dare loro visibilità è parso all’associazione NO CAP, un modo molto intelligente di combattere tutte le forme di caporalato e da affiancare alle azioni di denuncia e di protesta contro le aziende che rimangono per scelta o per costrizione, prigioniere di questo regime schiavistico che mortifica l’essere umano e degrada il lavoro a pura merce spendibile.

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sostenibili, per questo è stata elaborata una matrice multi criteri in grado di valutare la virtuosità di una impresa e aiutarla nella promozione dei suoi prodotti, la Matrice NO CAP.

I criteri sono stati studiati dagli esperti di NO CAP e del CETRI secondo i canoni della nuova economia della condivisione di Terza Rivoluzione Industriale, e sono graduati da 1 a 5, secondo un disciplinare specifico per ogni criterio. L’insieme delle valutazioni per ogni criterio darà luogo al riconoscimento del bollino NO CAP, il quale non si sostituisce né intende intervenire nella legislazione corrente ma intende semplicemente stabilire un ulteriore riferimento specifico relativo all’aspetto sociale, etico e ambien-tale della vita economica.

Per qualsiasi aspetto e per qualsiasi campo di applicazione dunque val-gono le Leggi correnti e vigenti, senza esclusione alcuna, ed in particolare la specifica normativa prevista dallo standard di Certificazione di Respon-sabilità Sociale SA 8000 emessa da SAI (Social Accountability Interna-tional), la Dichiarazione Universale dei diritti umani, le convenzioni dell’ILO, le norme internazionali sui diritti umani e le leggi nazionali del lavoro.

Il bollino è rilasciato in accordo ai requisiti previsti dalla normativa vigente, ad imprese agricole di cui all’art. 2135 del codice civile, i cui sistemi di ges-tione siano stati riconosciuti conformi al sistema Multi criteri elaborato dalla rete NO CAP, che rappresenta un’indicazione in continua evoluzione, sog-getto a miglioramenti e sempre pubblicamente consultabile dal sito www.nocap.it. La valutazione per il rilascio del Bollino Etico viene effettuata dal team NO CAP, in possesso delle competenze per la compilazione dei mod-uli di verifica, per la valutazione dei criteri e per il successivo controllo sulle aziende a cui destinare il bollino.

L’associazione NO CAP nasce per favorire la diffusione dei principi di una cultura del ris-petto dei diritti umani e sociali, degli animali e dell’ambiente, che sono patrimonio comune di tutti, e per divulgare l’informazione sulle imprese virtuose che stanno già mettendo in pratica questi principi nella vita economica.NO CAP intende accompagnare gli imprendi-tori convenzionali nella conversione a modelli

LA MATRICE MULTICRITERI

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La rete NO CAP concorre a realizzare un nuovo spazio di mercato libero e consapevole, una rete empatica tra i diversi protagonisti della vita sociale ed economica, che si riconoscono nel rispetto della biosfera e dei diritti degli esseri umani contro ogni forma di sfruttamento.L’obiettivo che si vuole perseguire, pertanto, è quello di sviluppare un mod-ello etico, economico, energetico e sociale che consenta di fondare una nuova economia sociale di mercato basato sulla promozione dei diritti um-ani e sulla tutela del Suolo, con un passo deciso verso il futuro in senso innovativo, pulito e democratico.

a) Etica nei rapporti di lavoro:Questo criterio è fondamentale e preliminare per l’inserimento dell’impresa nella rete NO CAP e per il conseguente rilascio del marchio etico, per questo viene richiesta la piena soddisfazione di tutti i suoi requisiti (5 punti su 5). Solo un’azienda che assume regolarmente i suoi dipendenti potrà essere valutata anche per gli altri criteri, viceversa un’azienda che fa ricorso anche parzialmente al caporalato e non stipula contratti regolari e trasparenti non potrà aderire alla rete.

b) Decarbonizzazione dei processi produttivi:Il modello energetico NO CAP ha al centro il territorio, è innovativo, pu-lito e democratico. La produzione elettrica per i fabbisogni delle aziende agricole, deve provenire prevalentemente se non esclusivamente da fonti rinnovabili.

c) La filiera corta:Le aziende che privilegiano sistemi di vendita più vicini al consumatore, riescono a garantire ai consumatori non solo una connotazione di sos-tenibilità ambientale alla spesa alimentare ma anche prezzi più competitivi, ricavando al tempo stesso maggiori introiti per i loro prodotti.

d) modello di economia circolare e rifiuti zero:Oggi le aziende possono, attraverso un processo virtuoso verso l’obiettivo Rifiuti Zero basato sulle famose 3R. (Ridurre, Riutilizzare e Riciclare), ar-rivare a ridurre fino al 10% i rifiuti rappresentati da materiale non riciclabile da smaltire in discarica.

OBIETTIVO

METODO

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Le imprese che si distinguono per il raggiungimento dell’obiettivo Rifiuti Zero nelle diverse fasi di produzione, oltre a un risparmio notevole godono anche del vantaggio di riuscire a soddisfare le richieste dei consumatori per una maggiore sostenibilità ambientale.

e) Ottimizzazione dei processi produttivi:Promozione e diffusione dell’innovazione e aumento della competitività sono ormai fattori indispensabili per consolidare e sviluppare le aziende sul territorio e sui mercati di riferimento. Le imprese, singole o associate, svolgendo attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti ag-ricoli possono aggiungere valore più che proporzionale rispetto alla spesa supplementare dell’investimento richiesto per la trasformazione. É neces-sario per mantenere dinamico un settore che punta molto sulla qualità del prodotto, procedere ad investimenti strumentali, ma anche ad investimenti di tipo logistico che portino all’ottimizzazione dei processi produttivi, di tras-formazione e di vendita, aumentando il valore aggiunto dei prodotti e ac-crescendo la competitività delle aziende.

f) al benessere degli animali negli allevamenti:Gli allevatori, singoli o associati, che vogliono aderire al disciplinare devono prima iscriversi al Sistema integrato ClassyFarm realizzato dal Ministero della Salute al fine di innalzare non solo il livello di sanità animale e sicur-ezza alimentare, ma anche quello generale di salute pubblica.Questo sistema di certificazione garantisce il rispetto dei principi sanciti nel Brambell Report (uno dei primi documenti ufficiali relativi al benessere animale), ossia il rispetto delle cinque libertà per la tutela del benessere animale.

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L’esito positivo della procedura di verifica consente al produttore NO CAP di entrare a fare parte della rete NO CAP, a condizioni e termini disciplinati da un apposito contratto, L’utilizzo del marchio NO CAP sarà associato esclusivamente ai soli singoli prodotti rispondenti al disciplinare e non al logo dell’azienda nella sua totalità, a meno che l’azienda in questione (o il singolo brand che utilizza il marchio NO CAP) non abbia l’intera gamma dei propri prodotti rispondenti agli standard NO CAP.Per tutti e sei i criteri sono previsti dei parametri di attribuzione del punteg-gio da esprimere in etichetta. In particolare, il logo è costituito da sei mani colorate, una per ogni criterio della matrice. Per ogni criterio a sua volta sono stati individuati cinque REQUISITI, la somma dei REQUISITI sod-disfatti come da Disciplinari fornisce la valutazione delle dita da alzare per ogni mano presente nel logo. NO CAP, per rafforzare le garanzie del mar-chio, fornite ai concessionari e ai consumatori, si affida alla DQA S.r.l., un Ente terzo di certificazione, che soddisfa i requisiti della qualità conforme-mente alla Norma UNI CEI EN 17065 Ed. 2012 e ai documenti aggiuntivi di ACCREDIA, e che si occupa di svolgere l’esecuzione degli audit presso i concessionari del marchio. Inoltre l’attribuzione del Marchio prevede che vi siano dei controlli in azien-da durante la stagione della raccolta effettuati attraverso la sua rete territo-riale di professionisti incaricati del controllo.Stiamo lavorando per migliorare la qualità dei controlli alla creazione di Ap-plicazione chiamata APP NO CAP. L’idea è quella di consentire ad ogni cittadino o al lavoratore di denunciare in diretta e non, qualsiasi tipo di azi-one illegale relativa allo sfruttamento nel settore agricolo in Italia. Un uso sociale dei social network pensato per rendere la vita migliore a tanti lavoratori sfruttati e schiavi moderni delle nostre campagne agricole. Lo scopo è quello di fornire a Polizia, Magistratura, enti locali, regioni, prov-ince e comuni la vera situazione ed intervenire, pensata per conoscere più a fondo il territorio ed i suoi caporali e migliorare la qualità degli interventi e liberare il lavoro e i lavoratori dallo sfruttamento.

E’ qui che entra in gioco il “patto di rete” con tutti i cittadini interconnessi: necessita integrare questi strumenti con applicazioni web e mobile pensate per ottimizzare il passaggio dalla segnalazione all’intervento. Così facendo, si crea un circolo virtuoso in cui i dati sono a disposizione di tutti, i cittadini tramite funzione AppNoCAP possono presentare i loro esposti in via telem-atica e chi è chiamato a rispondere dovrà farlo, grazie al lavoro di società partner organizzate per questo servizio.

IL RILASCIO DI UN ATTESTATO DI RETE

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E’ qui che entra in gioco il “patto di rete” con tutti i cittadini interconnessi: necessita integrare questi strumenti con applicazioni web e mobile pensate per ottimizzare il passaggio dalla segnalazione all’intervento. Così facendo, si crea un circolo virtuoso in cui i dati sono a disposizione di tutti, i cittadini tramite funzione AppNoCAP possono presentare i loro esposti in via telemat-ica e chi è chiamato a rispondere dovrà farlo, grazie al lavoro di società part-ner organizzate per questo servizio. Da un lato tutti i cittadini in rete possono collaborare con estrema facilità e senza assumersi rischi diretti, dall’altro gli uffici competenti hanno la possibilità – e il dovere – di rispondere con più ef-ficienza e tempestività. Il cittadino può anche seguire gli sviluppi della propria denuncia per vedere se il problema è stato risolto o meno.

A decretare il successo di questi strumenti tra i cittadini non sono soltanto la facilità e l’immediatezza comunicativa offerte dalle nuove tecnologie. Serve infatti la presenza di un’amministrazione capace di rispondere ai problemi, anche perché una volta che ci si espone così Il cittadino che vede le proprie denunce risolte si sente molto più legato alla sua comunità ed è dunque più propenso a esporne i problemi. E’ un meccanismo che si autoalimenta. E se l’amministrazione si dovesse girare dall’altra parte? Per far fronte a questa eventualità, diversi strumenti chiamano in causa “la funzione watchdog” dei media: giornali, radio e televisioni locali.

Yvan Sagnet e Michele Blasi Direttore del Dipartimento Qualità Agroalimentare

Ente di certificazione sottoscrivono protocol-lo di Intesa per la gestione delle verifiche per il rilascio dell’attestazione di Rete coordinati dal Responsabile Tecnico Stefano Rosini e dai legali di No Cap Paola Pietradura e Angelo Consoli

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Questo impegno più inclusivo e partecipativo nel commercio, e nella vita sociale, reso possibile da una piattaforma di Terza Rivoluzione Industriale post carbon, distribuita e intelligente, è accompagnato da un passaggio dalla globalizzazione alla “glocalizzazione” mentre individui, imprese e comunità si connettono l’un con l’altro in tutto il paese e in tutto il mondo in piattaforme integrate digitalmente e con costi fissi molto bassi e costi marginali quasi nulli, consentendo loro di bypassare spesso la supervisione degli Stati nazi-onali e le società globali che hanno mediato il commercio e il commercio nel XX secolo.

La glocalizzazione rende possibile una vasta espansione dell’imprenditoria sociale con la proliferazione di piccole e medie imprese intelligenti collegate con “blockchain” in cooperative che operano in reti distribuite e laterali pre-senti dappertutto nel mondo. In breve, la terza rivoluzione industriale porta con sé la prospettiva di una democratizzazione del commercio e su una scala senza precedenti nella storia. Siamo arrivati a credere di essere i padroni del nostro destino e che una Terra fosse un soggetto passivo a nostra completa disposizione. Ci è sfuggito che esiste sempre la legge dell’entropia che ora ci presenta il conto per quello che abbiamo fatto su questo pianeta. Abbiamo chiamato questa era l’Età del Progresso. Poi è arrivato il conto sotto forma di cambiamento climatico. Stiamo ora entrando in una nuova era e in un nuovo viaggio. L’era della resilienza è ora davanti a noi. Il modo in cui ci adatteremo alla nuova realtà planetaria che ci sta di fronte determinerà il nostro destino futuro come specie. Ci stiamo avvicinando rapidamente a una coscienza biosferica. Speriamo di arrivarci in tempo. Questo è il New Deal verde in cui io credo.

I dati raccolti negli ultimi rivelano come milioni di persone abbiano speri-mentato una qualche forma di schiavitù e di profonde e radicate discrimi-nazioni e disuguaglianze nel mondo di oggi, combinate a una sconcertante tolleranza dello sfruttamento. Bisogna dire basta. Tutti abbiamo un ruolo da giocare nel porre fine a questa realtà – aziende, governo, società civile, og-nuno di noi”, in fondo Tutti abbiamo un Caporale da Abbattere.

L’ESSERE UMANO AL CENTRO, NON IL PROFITTO

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ESPERIENZE DI ATTESTAZIONE DI RETE E DI PRODOTTI NO CAP IN COMMERCIO :

“PASSATA DI POMODORO ETICO NOCAP” è un progetto pilota con il quale l’associazione No Cap ha voluto dare avvio alla prima esperienza di filiera etica finalizzata al rilascio del Bollino Etico NO CAP. Le prime aziende ad aver richiesto il certificato etico sono state l’azienda agricola Giuseppe Vignola e l’azienda conserviera Biologica Vignola di Gras-sano, in provincia di Potenza, che hanno prodotto la prima passata di po-modoro NoCap.Il progetto è iniziato il 26 settembre 2018. Luoghi: Ferran-dina e Grassano in provincia di Matera. Il Centro di Documentazione Associazione Michele Mancini presieduto da Gervasio Ungolo è stato il produttore delle passate nonché il datore di lavoro che assunto con contrat-ti regolari i braccianti agricolo. L’Associazione Arci Basilicata presieduta da Paolo Pesacane è quella che attraverso le sue strutture di accoglien-za ha ospitato i lavoratori dandogli una accoglienza dignitosa evitandogli l’inferno dei ghetti.

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L’azienda agricola “Giuseppe Vignola” è il proprietario del campo di po-modori in località Grassano dove si è svolto l’attività lavorativa. L’azienda “Biologica Vignola” è il conservificio dove i pomodori sono stati trasformati e imbottigliati.“IAMME- NO CAP- RETEPERLATERRA”.

Il progetto mira a contrastare il caporalato e, in generale, il lavoro irregolare nel settore agricolo, garantendo ai produttori un prezzo giusto per i loro pro-dotti e ai lavoratori il pieno rispetto dei loro diritti, a partire dall’applicazione dei contratti collettivi del lavoro. Nel protocollo firmato alcuni giorni fa, infatti, il Gruppo Megamark si è impegnato ad acquistare prodotti agricoli etici ga-rantiti dal bollino NoCap, rilasciato alle imprese agricole e di trasformazi-one dopo apposite verifiche effettuate dagli ispettori dell’Associazione NO CAP e, successivamente, dall’ente di certificazione DQA accreditato presso il Minpaf e Accredia.

Il progetto si sta svolgendo in tre aree d’Italia: in Capitanata (Puglia), dove si raccolgono pomodori che si trasformano in conserve (pelati e passate) coin-volgendo circa 60 lavoratori, nel Metapontino (Basilicata) in cui un centinaio di lavoratori raccolgono e confezionano prodotti freschi (tra cui finocchi, car-ciofi, peperoni, uva, insalata, ortaggi e frutta) e nel Ragusano (Sicilia), dove una quarantina di lavoratori coltivano alcune varietà di pomodoro (pachino, pomodori gialli, ciliegino).

Al momento il progetto coinvolge una ventina di aziende e circa 100 brac-cianti extracomunitari selezionati principalmente all’interno di ghetti e barac-copoli delle tre regioni, sottratti alla malavita e al ricatto dei caporali. A questi ragazzi, provenienti da Ghana, Senegal, Mali, Burkina Faso, Gambia e Cos-ta d’Avorio, sono stati garantiti alloggi dignitosi (al posto dei ghetti) e contratti di lavoro regolari, spostamenti con mezzi di trasporto adeguati (al posto dei furgoni “killer” dei caporali), visite mediche, dispositivi per la sicurezza sul lavoro (scarpe antinfortunistiche, tute, guanti, mascherine) e bagni chimici nei campi di raccolta.

Il Gruppo Megamark di Trani è la realtà leader del Mezzogiorno nella dis-tribuzione moderna con 1,6 miliardi di vendite alle casse nel 2018, oltre 5.500 addetti e più di 500 punti vendita serviti a insegna Dok, Famila, Iperfamila e A&O. Attraverso la Fondazione Megamark promuove iniziative in ambito sociale, culturale e ambientale nei territori in cui opera.

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I soggetti coinvolti in quest’esperienza sono stati: l’associazione NoCap, il gruppo Megamark, l’associazione ASA-Rete Perlaterra, la società Goodland, l’ente di certificazione DQA, l’associazione Ghetto Out - Casa Sankara, la IIPM, la diocesi di Matera, il centro per l’impiego di Foggia, la Regione Pug-lia, la Provincia di Foggia. E le imprese e aziende agricole: la Società Coop-erativa Prima Bio, la Società Cooperativa La Vita Bio, la OP Primo Sole, il conserve Rispoli.

- L’Associazione NoCap tramite i suoi esperti hanno condotto attività di controllo e verifiche presso le aziende e in generale lungo la filiera con l’intente di accertarsi che tutte le disposizioni e norme in materia di lavoro e sicurezza siano rispettate e applicate secondo le normative nazionali ed internazionali.- Il Gruppo Megamark è il gruppo della distribuzione che ha investito nell’acquisto dei prodotti a marchio IAMME-NOCAP pagando il giusto prezzo dei prodotti agli agricoltori. I prodotti verranno commercializzati nei suoi punti vendita ad insegna: A&O, DOK, FAMILA, IPERFAMILA. Il gruppo per questo progetto ha sviluppato un marchio ad hoc denominato IAMME certificato dal bollino etico NoCap.

- l’Associazione per la Sovranità Alimentare (ASA) presieduta dal dottor Gianni Fabbris, titolare del brand “Perlaterra”, attiva una Associazione di scopo denominata “Rete Perlaterra” con il compito esclusivo di selezion-are, assistere e coordinare le attività delle imprese agricole e di trasformazi-one che intervengono nella realizzazione del progetto. Conseguentemente tutte le imprese agricole e di trasformazione a diverso titolo impegnate nel ciclo produttivo definiscono il proprio rapporto con la Rete Perlaterra e sot-toscrivono il “Protocollo e disciplinare etico” fondato sulla proposta della Sovranità Alimentare.

- La Società GOODLAND fondata dal dottor Lucio Cavazzoni (ex presi-dente di gruppo Alce Nero) ha messo a disposizione la sua esperienza e espertise per certificare dal punto di vista qualitativo e della sicurezza ali-mentare i prodotti forniti dalle aziende coinvolte nel progetto.

- L’ente DQA è un ente di certificazione accreditato presso il Minpaf e Ac-credia. E’ stato scelto come soggetto terzo per certificare le attività di con-trollo e monitoraggio nelle aziende dell’associazione NO CAP.

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- L’Associazione Ghetto Out – Casa Sankara basata a San Severo (Foggia) è l’associazione che gestisce per conto della Regione Puglia la for-esteria destinata all’alloggio dei migranti. E’ presso quella struttura che sono stati ospitati i braccianti che hanno preso parte al progetto IAMME-NOCAP-RETEPERLATERRA.

- La IIPM (International Institute of Political Murder) è la Ong te-desca presieduto dal regista svizzero Milo Rau che ha finanziato l’acquisto di un van per il trasposto dei lavoratori e la ristrutturazione della struttura di Serra Marina (Matera) di proprietà della Chiesa che verrà destinata all’accoglienza dei migranti nell’area del Metapontino.

- La diocesi di Matera presieduta dall’arcivescovo Don Pino Caisso ha messo a disposizione del progetto una loro struttura a Serra Marina per l’ospitalità dei braccianti. La struttura è stata affidata in gestione alla chiesa di Scanzano presieduto da Don Antonio Polidoro.

- La Regione Puglia ha messo a disposizione del progetto la foresteria di San Severo che ha permesso di accogliere i lavoratori impegnati nel progetto nell’area di Foggia.

- Il Centro per l’Impiego di Foggia grazie al progetto ALTCaporalato gestito dal dottor Francesco Strippoli si è accertato se i migranti coinvolti nel progetto nell’area foggiano fossero dal punto di vista giuridico in grado di essere assunti.

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- La provincia di Foggia grazie al suo servizio di trasporto pubblico ha messo a diposizione del progetto i mezzi di trasporto che hanno permesso ai lavoratori di essere accompagnati nei luoghi di lavoro (campi raccolta). Il servizio di Trasporto è stato finanziato dalla Regione Puglia grazie ai fondi Fami dell’Ue.

- La Società Cooperativa Prima Bio situata in contrada Villanova nel comune di Rignano Garganico ha realizzato per conto del progetto IAMME le passate di pomodoro 400Gr.

- Il Conserve Rispoli di Battipaglia (Salerno) ha realizzato per conto del progetto IAMME le latte di pelato di pomodo 420Gr.

- La Societa Cooperativa La Vita Bio di Chiaramonte (Ragusano) ha realizzato per conte del progetto IAMME tre referenze di pomodoro: datterini, pomodoro giallo, ciliegine.

- La OP Primo Sole situata a Montescaglioso (Matera) ha realizzato per conto del progetto IAMME prodotti freschi (verdura e ortofrutta).

- L’azienda agricola NOVELLO (www.novelloec.com) situata a Maz-zarrone nel Catanese ha prodotto per conto del progetto Iamme l’Uva da tavola.

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