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Il ritratto negato (Powidoki)

Regia: Andrzej Wajda.Con:  Boguslaw Linda, Aleksandra Justa, Bronislawa Zamachowska, Zofia Wichlacz, Krzysztof Pieczynski. Durata: 1h38’ - Polonia 2016 – Biografico

Capita così spesso che tendiamo a non farci più caso. Il titolo italiano è fuorviante. Non c’è un ritratto che sia negato, in quest’ultimo film di Andrzej Wajda. Anzi, il film riesce a esserlo in maniera convincente, e paradossale,  un ritratto, del pittore e professore  Władysław Strzemiński, affidato all’incarnazione magnetica offerta dall’attore protagonista, Bogusław Linda; lo è proprio perché evita la prevedibilità drammaturgica di tanti biopic, la tentazione di spezzare la progressione con flash-back o digressioni didascaliche, di comprimere una vita intera in una un paio d’ore.È il ritratto di un resistente e resiliente, in un momento preciso, negli ultimi quattro anni della sua vita; un ritratto del suo continuo cadere e rialzarsi, in un contesto sempre più ostile. Siamo nella Polonia del 1948 l’artista e teorico dell’arte Władysław Strzemiński gode di fama e rispetto sia in patria che all’estero. Nella città natale di Łódź è docente all’Accademia di Belle Arti, membro dell’Unione degli Artisti e fondatore del Museo cittadino di Arte Moderna. Ha una figlia ancora bambina

ma sveglia, una moglie gravemente malata in ospedale e una squadra di allievi adoranti. Il destino gli ha regalato un immenso talento artistico e uno spirito libero, ma gli ha portato via sia una gamba che un braccio. L’infermità non gli impedisce comunque la produzione di tele, così come il perfezionamento della teoria dell’Unionismo, di cui è il cofondatore. «L’immagine deve essere soprattutto quello che si assorbe, da questo e da quello. Quando noi guardiamo un oggetto, ci rimane il suo riflesso nell’occhio, quando smettiamo di guardarlo e spostiamo lo sguardo altrove,

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un’immagine residua dell’oggetto rimane nell’occhio, una traccia dell’oggetto con forma uguale, ma stranamente di colore opposto. Un’immagine residua [powidoki, che è, appunto il titolo originale], le immagini residue sono i colori dentro l’occhio che guarda un oggetto, perché noi vediamo solo quello di cui siamo veramente consapevoli».Ad ostacolarlo senza tregua è invece la radicalizzazione del comunismo, alla quale l’artista si oppone fino alla morte.L’artista che celebra l’artista. L’opera del compianto Andrzej Wajda è diventata involontariamente il suo testamento spirituale.Wajda considerava Strzemiński “uno degli artisti polacchi di maggior talento”. Il biopic che gli dedica è il condensato di un’esistenza devota all’arte e alla sua “protezione”, ma anche un inno al perseguimento della libertà creativa ad ogni costo. Attraverso il racconto il regista ripropone dunque i temi a lui cari “confezionati” in una rappresentazione coerente all’estetica formale del pittore celebrato.

Regia: Quentin Tarantino. Con: Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Margaret Qualley.Durata: 2h41’ - USA 2019 - Drammatico

Cambiare il corso degli eventi attraverso il cinema. È ormai divenuta una costante nella filmografia di Quentin Tarantino.In epoca di intermedialità diffusa e di volatilizzazione dei contenuti,  Tarantino  rimane fieramente aggrappato al cinema e alla sua materialità: attori, provini, set cinematografici, studi di produzione, sale di proiezione. Le stesse, insistenti preghiere rivolte ai critici circa la necessità/opportunità di non rivelare il finale rimanda a un’epoca passata, nella quale lo spettatore in sala era depositario di un sapere, circa il film e i suoi contenuti, esclusivo ed elitario. Quanto più i film finiscono nel frullatore della multimedialità, triturati da svariate esigenze di promozione, fruizione e rimediazione, tanto più  Tarantino  si sforza di innalzare una trincea a difesa di quello che il cinema è stato e potrebbe continuare ad essere. Per farlo, è necessario però guardare indietro, al passato, evocando una dimensione spazio-temporale quasi magica, come evidenzia il titolo, dove sia ancora possibile celebrare la favola della sua magniloquenza e onnipotenza.Anche in questo caso, come già in Bastardi senza gloria, per essere credibile questa favola deve incontrare la storia e mescolarsi a essa. Qui lo fa in maniera più diretta e pertinente, poiché siamo non solo nella terra d’elezione del cinema, Hollywood, ma anche in una congiuntura storica particolare, quella del suo declino, alla fine degli anni Sessanta. I due protagonisti – Rick (Leonardo DiCaprio), una star di telefilm il cui approdo al grande schermo non ha dato gli esiti sperati e Cliff (Brad Pitt), la sua controfigura, che nel frattempo è stata riciclata come autista e tuttofare – sono, simili a Gloria Swanson in Sunset Boulevard, emblemi di un mondo che si sta lentamente sgretolando sotto i colpi dell’evoluzione culturale e sociale. I loro incontri – da un produttore che spiega a Rick perché i western ora non si girano più a Hollywood ma in Italia sino a una comunità di ragazze stordite dalle droghe e dal libero amore – rappresentano altrettante tappe sulla strada della marginalità, del declino e dell’anacronismo. Per  Tarantino, il riscatto può avvenire soltanto sul piano della  riscrittura della storia, depositaria di un’autenticità al contatto con la quale la finzione hollywoodiana ritrova improvvisamente una sua ragione d’essere. In modo ancora più lucido che in Bastardi senza gloria, viene così a essere spazzata via ogni pretesa di attendibilità del cinema agli eventi documentati, alla verità dei manuali e delle cronache, in favore di un potere di affabulazione immaginaria che non conosce confini.

Martedì 5 novembre ore 17.30 - 20.30 Mercoledì 6 novembre ore 15.00 - 18.00 - 21.00 Giovedì 7 novembre ore 17.30 - 20.30

(Intero € 7,00 - Mercoledì 4,50 Tesserati Cineforum € 4,00)

Film d’Essai C’era una volta a Hollywood

(Once Upon a Time in Hollywood)

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Lunedì 11 novembre ore 16.00 - 18.30 - 21.00Martedì 12 novembre ore 15.30 - 18.00 - 20.30Mercoledì 13 novembre ore 16.00 - 18.30 - 21.00 Giovedì 14 novembre ore 16.30 - 19.00 - 21.30

Regia: Chloé Zhao.Con: Brady Jandreau, Mooney, Tim Jandreau, Lilly Jandreau, Leroy Pourier. Durata: 1h45’ - USA 2017 – Drammatico

L’idea di cowboy, ancor più se idea non americana di cowboy, si lega da sempre ai film western: corse a cavallo, revolver e indiani. Tutti elementi che ricorrono, nel film di Chloe Zao, ma decontestualizzati rispetto a quell’immaginario.È voluto, la regista è determinata nell’ambientare The rider in un’America odierna e decadente. Il sogno si è infranto contro una realtà inclemente, per lo stesso Brady che, sì, si definisce cowboy, ma fatica a crederci.Dopo una brutta caduta, ha subito un trauma cranico con conseguenze neurologiche. Ciò gli impedirebbe di addestrare cavalli ma soprattutto di partecipare a rodei, dei quali era un astro nascente. La sua vita è, in proporzione,  allegoria di una cultura nazionale costretta suo malgrado a ridefinirsi, riconcepirsi. Brady deve farlo, per sopravvivere, o morirà vivendo un’ultima volta il suo sogno.È  una scelta senza vittorie, affrontata da qualcuno a lui vicino (con risultati ancora peggiori) ma ignorata dai più, amici cui voler bene nonostante la rabbia e l’invidia. L’occhio della regista è maestro nel cogliere i colori di un tramonto spento in South Dakota, un falò di ricordi e malinconie, una roulotte in affitto da chissà quanto e per chissà quanto ancora.Gli attori sono persone comuni, soluzione eastwoodiana che premia, quando il contenuto è forte di per sé. Tratto da una storia vera, non si distinguono più i confini di cinema e verità.Senza forzare la mano sulla drammaturgia e muovendosi intorno a un materiale documentario,  The Rider  è una lenta presa di coscienza di un ragazzo in simbiosi con la natura e con la storia di una terra marcata dal massacro dei Sioux (1890) sulle rive di ‘un altro Sand Creek’.Brady Jandreau, che incarna le illusioni perdute come i tormenti del suo popolo, esita, persevera e poi rinuncia in un western del XXI secolo che a dispetto del titolo non contempla mai una scena di galoppo, a parte quella onirica dell’epilogo. Le cavalcate eroiche non sono ormai che vecchie storie da raccontarsi

intorno al fuoco o bravate di un passato prossimo da riguardare in rete. Il western, che ha ceduto armi e redini negli anni Settanta, si fa epopea rovesciata nel film di Chloé Zhao, un affresco di zoppi esistenziali, l’evocazione di un continente mitologico in pieno naufragio.Dichiarazione politica, soffio artistico e gesto d’amore, The Rider è un western di cavalieri a terra che si rialzano, meno performanti ma più accaniti nel provare a riprendersi in mano il proprio destino e a definire cosa significhi essere un uomo nel cuore dell’America.

The Rider - Il sogno di un cowboy (The Rider)

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(* proiezione in lingua originale con i sottotitoli in italiano)INGRESSO: intero € 7 - ridotto tesserati Cineforum Alcione € 4

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Dopo aver celebrato a Roma la sua 12ª edizione, il Festival del Cinema Spagnolo si trasforma come sempre in manifestazione itinerante, con un ricco programma di titoli e ospiti che percorrono la penisola da nord a sud. Il Festival, fondato 12 anni fa da EXIT med!a, torna a VERONA con una selezione dei film tra i più amati e premiati dell’ultima stagione cinematografica spagnola: titoli che riflettono al meglio modelli produttivi totalmente diversi tra loro, uniti da un preciso filo rosso fatto di qualità e libertà espressiva al servizio del racconto filmico.

Regia: Arantxa Echevarria. | Con: Zaira Morales, Rosie Rodriguez, Carolina Yuste, Moreno Borja, Rafaela León.Durata: 1h43’ - Spagna 2018 – Drammatico

Premio Goya come Miglior opera prima l’esordio alla regia di Arantxa Echevarría è la storia di Carmen, una ragazza che appartiene a una comunità di gitani nei sobborghi di Madrid. Come tutte le giovani donne della comunità, è destinata a riprodurre uno schema che si ripete di generazione in generazione: sposarsi presto e crescere il maggior numero di bambini possibile. Fino al giorno in cui incontra Lola, gitana come lei, ma per nulla rassegnata a quel destino. Tra le due ragazze sboccia una complicità che le proietta in un mondo proibito. Potente favola gitana, applauditissima al Festival di Cannes 2018.

Lunedì 4 novembre ore 18.30* - 21.00* Carmen y Lola (Carmen y Lola)

Regia: Elena Trapé. | Con: Alexandra Jiménez, Isak Férriz, Miki Esparbé, Bruno Sevilla, Maria Ribera.Durata: 1h39’- Spagna 2018 – Drammatico

“Las distancias”, ovvero il tentativo di recuperare un’amicizia, un’intimità che appare lontana. Da questa necessità è mossa Olivia che convince alcuni amici a fare una visita a sorpresa a Comas, il loro compagno all’università che da qualche mese si è trasferito a Berlino con il sogno di diventare attore. Che ne è di lui? È letteralmente sparito! A prima vista sembra che le cose gli vadano a gonfie vele. Ma il fatto è che la distanza tra loro e il vecchio amico non è solo geografica: è lo scarto tra quel che si pensa di conoscere di una persona e quel che ci si trova davanti. Acuto ritratto generazionale di Elena Trapé che trionfa al Festival di Malaga 2018.

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Venerdì 15 novembre ore 18.45* - 21.00* Las distancias