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MARIA Mensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani N° 9 - 10 Settembre - Ottobre 2005

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MARIAMensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani

N° 9 - 10 Settembre - Ottobre 2005

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Nella Roma del tempo, gli artisti piùcelebrati erano Cigoli, Reni, ilCavalier d’Arpino, artisti sempre

disponibili alle esigenze ideologiche delpotere temporale dei papi, che domanda-vano creazioni astoriche e neo-umanisti-che. Caravaggio1 seguiva altre strade. La sua arteè votata alla denuncia critica, all’empiri-smo, all’approfondimento esistenziale. Allagerarchia ecclesiastica contemporanea, chesotto lo zelo religioso nasconde il tentativodi affermazione dei prevalenti diritti terre-ni, l’etica ortodossa del linguaggio caravaggescoappare scomoda quanto e più dell’uomo stesso, chealterca con la giustizia in allarmante progressio-ne2. Nonostante non godesse buona fama,il Caravaggio ebbe importanti commissio-ni pubbliche grazie alla protezione e allastima accordatagli dalla potente famigliadei Borghese: sia da papa Paolo V (che dalui volle essere ritratto) sia dal nipote cardi-nale Scipione.Perché la tela della Madonna dei Palafrenieri(dipinta per la Confraternita deiPalafrenieri di S. Anna, che intendevanoporla su uno degli altari della rinnovataBasilica di San Pietro) fu rimossa3 doponeppure un mese dalla sua collocazione?Non sembra che l’iconografia caravagge-sca contenga deviazioni d’ordine agiografi-co ed è sostanzialmente conforme, nello

spirito, al noto passo della Genesi (chiama-to Protovangelo): Io porrò inimicizia tra te e ladonna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa tischiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gn3,15). Il lavoro sembra mutuato direttamente dauna preghiera composta dal contempora-neo carmelitano Lorenzo Cupero in cuisono invocate Maria e sua madre Anna: «OBeata Madre, cubicolo benedetto da cuiDio elesse quel seme che schiacciò il capodel serpente antico, intercedi per noi affin-ché il cubicolo del nostro cuore sia abita-zione dello Spirito Santo. O Beata Anna,purissimo palazzo della regina dei cieli incui per nove mesi riposò questa tua figlia,secondo il tuo nome - che significa grazia -impétraci la grazia, con la tua preghiera,che il serpente - che adesso insidia noi -venga allontanato»4.Lo storico c’informa sui motivi che dovet-tero causare la rimozione5 della tela cara-vaggesca: «Restano i dati inconfutabili diun’impostazione concettuale alquanto ano-mala. Non più la Grazia irradiante dalla S.Anna metterza tra i Santi Pietro e Paolo(come nel vecchio quadro d’altare deiPalafrenieri), ma il rapporto di correden-zione Madonna-Bambino, da cui la Santasembra estraniarsi in un atteggiamento dimesta contemplazione meditativa, che sot-tolinea inevitabilmente il carattere umano

iconografia mariana a cura di P. Gianni Colosio

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LA MADONNA DEI PALAFRENIERIDEL CARAVAGGIO

1605-1606, olio su tela, cm 292 x 211Galleria Borghese, Roma

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ed episodico della scena, con conseguentehabitus realistico e riflessi sul concetto cor-rente di decoro. Va ancora una volta ram-mentato il veto di rappresentare, in veste disanti, modelli riconoscibili (e la Vergine èplasmata sui tratti somatici della donna diCaravaggio), chiaramente espresso dalleindicazioni paleottiane sulla novità icono-grafica»6.Passi per la plebea figura di S. Anna, masenza dubbio alla critica di rigida osservan-za controriformata dovette sembrare bla-sfemo l’aspetto ritrattistico e carnale dellaVergine, col seno generosamente espostoe, ancor peggio, con la gonna sollevata, almodo di una lavandaia. In un periodo storicoin cui la funzione dell’arte era intesa comepura decorazione o commento celebrativo-agiografico, la strada imboccata daCaravaggio - un’inflessibile osmosi tra reli-giosità iconografica e natura - non potevache essere invisa alla società contempora-nea7.Il soggetto rappresenta dunque l’annienta-mento del serpente del peccato originale,operato da Cristo e dalla Vergine. Sul temateologico era divampata una polemica traCattolici e Protestanti tedeschi. I primiaffermavano che fu la Vergine - figura dellaChiesa che rimette i peccati - a schiacciarela testa del serpente. I Protestanti ribatte-vano che fu Gesù, intendendo in tal modoche è sufficiente, per la propria redenzione,il ricorso diretto alla divina benevolenza,senza bisogno della mediazione dellaChiesa romana. Per tutta risposta, unaBolla di papa Pio V (1569) decretava che il

serpente fu schiacciato dalla Vergine con l’aiutodel Figlio, e identificava nel serpente la stes-sa eresia protestante8. Non sappiamo con certezza se nell’impagi-nazione del Caravaggio vi sia un riferimen-to alla polemica teologica del tempo. Difatto, nessuno potrà negare che nei duepiedi scalzi sovrapposti sulla serpe, nell’in-difesa nudità del Dio fatto uomo, nellaruvida concretezza di Anna e nella pro-rompente vitalità popolana della Verginec’è più verità umana e dogmatica che nonnelle esangui e idealizzate (quindi conven-zionali!) raffigurazioni coeve del soggetto.

1 Michelangelo Merisi detto il Caravaggio(Milano 1571-Porto Ercole di Grosseto 1610),figlio di un architetto, apprende l’arte alla scuola diPeterzano. Trasferitosi a Roma (verso il 1592-93)dipinge nature morte nella bottega del Cavalierd’Arpino e trova un munifico protettore e commit-tente nel cardinale Francesco Maria dal Monte peril quale esegue alcuni capolavori (il Concerto delMetropolitan Museum di New York; i Giocatori dicarte del 1595; la Buona Ventura del 1596 circa; ilSuonatore di liuto del 1597; la Santa Caterina del 1598;il Canestro di frutta del 1599 circa). Tramite il cardi-nale entra in relazione e lavora per alcune delle piùinfluenti famiglie romane. Anche l’importante com-messa della Cappella Contarelli (1599-1602) in SanLuigi dei Francesi può ottenerla grazie all’interessa-mento del cardinale. Risalgono più o meno allostesso periodo di tempo le tele per la CappellaCerasi in Santa Maria del Popolo (1600-1601:Conversione di San Paolo e Martirio di San Pietro), laDeposizione (1603 circa), la Madonna della serpe(Galleria Borghese), la Madonna dei Pellegrini (1604:chiesa di S. Agostino) e la Morte della Vergine (1605,oggi al Louvre). Nel 1606 l’artista, che aveva giàsubito azioni penali per la sua vita turbolenta, ucci-de accidentalmente una persona giocando alla pal-lacorda. Costretto a fuggire, si rifugia prima nella

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campagna romana presso i Colonna e poi a Napoli(1607). Nel soggiorno napoletano crea altri capola-vori quali le Sette opere di misericordia (per il locale PioMonte della Misericordia), la Madonna del Rosario eDavide (oggi ambedue nel KunsthistorischesMusem di Vienna). Si sposta a Malta (1608) dovedipinge la Decollazione del Battista e altre opere; làviene imprigionato pare per un litigio. Riesce adevadere e a riparare a Siracusa (Seppellimento di SantaLucia), poi a Messina (Adorazione dei pastori eRisurrezione di Lazzaro), quindi a Palermo(Adorazione dei pastori). Nel 1609 lo ritroviamo aNapoli dove è aggredito e ferito seriamente.Sparsasi la notizia che il papa gli avrebbe perdona-to l’omicidio commesso a Roma, Caravaggio rag-giunge Porto Ercole per mare. Sbarcatovi, è arre-stato per errore e rilasciato alcuni giorni dopo.Disperato per il furto di tutti i suoi averi e còlto dafebbre malarica, si spegne sulla spiaggia laziale il 18luglio 1610.

2 Maurizio Marini, Caravaggio, Newton ComptonEditori, Roma 1989, p.53.

3 Si ricorda che il Caravaggio era già incorso nellacensura per l’impostazione di un soggetto sacrogiudicata eterodossa. Nel 1601, il dipinto dellaMorte della Vergine (commissionato dal giuristaLaerte Cherubini per la propria Cappella di SantaMaria della Scala in Trastevere) fu rimosso per ecces-so di verismo (il Caravaggio avrebbe usato, comemodella, una donna annegata nel Tevere). MaurizioCalvesi (1986) sottolinea il contesto misero e disador-no di quest’opera, nella quale è chiaro il rifiuto dellosfarzo e dell’ornamentazione, rifiuto che ilCaravaggio condivideva con la cerchia di Religiosiche frequentava. Lo stesso Calvesi (1986) ricordache Federico Borromeo prediligeva i poveri […] ospitavapresso di sé i mendicanti e ostentava di vivere parcamente,contentandosi di poco e rustico mobilio. Dalla sua cameracardinalizia, attraverso un uscio nascosto, si passava in unastanza nuda dove era soltanto una tavola rozza con un cro-cefisso, una seggiola impagliata e un saccone su due cavallet-ti per dormire. Viene in mente proprio l’interno spoglio eprofondamente suggestivo della Morte della Vergine (citin M. Marini, p.480). Si ricorda che, per motivi non

sempre chiari, altre opere caravaggesche furonooggetto di contestazione (la Conversione di San Paolo,San Matteo e l’Angelo, la Madonna di Loreto, ecc.)

4 O Beata Mater benedictum cubiculum ex quod Deuselegit illud semen quod contrivit caput serpentis antiqui,intercede pro nobis ut cubiculum cordis nostri fiatSpiritussancti domicilium. O purissimum reginae coelorumpalatium ubi novem mensibus requievit eadem haec tua filia,o Beata anna secundum nomen tuum, quod significat gra-tiam, gratiam nobis impetra ut serpens ille qui adhuc insi-diatur nobis, tuis praecibus procul a nobis expellatur.

5 La tela fu sostituita da un’altra eseguita dell’ar-tista caravaggesco Carlo Saraceni (Venezia 1579-1620).

6 M. Marini, o.c., p.54. Il cardinale bolognesePaleotti fu uno dei più attivi promotori del rinnova-mento dell’arte sacra in conformità ai decreti con-ciliari tridentini. In una celebre Lettera Pastorale sul-l’argomento, il prelato tra l’altro affermava che nonvanno rappresentati, in veste di santi, modelli rico-noscibili, come invece faceva Caravaggio, che per lesue Madonne usava come modella una donna dinome Lena, che per un certo tempo fu la sua com-pagna di vita.

7 Il quadro fu comprato, all’inizio del 1607(quando Caravaggio era già fuggito da Roma e sitrovava in Napoli), dal duca di Mantova Vincenzo IGonzaga, con la mediazione di Pier Paolo Rubens.Nel 1613 entrò in possesso del cardinal ScipioneBorghese.

8 Questa l’affermazione centrale della bolla: […]quae germine suo tortuosi serpentis caput obtribit, et cunctashaereses sola interemit, ac benedictu fructa eius ventris mun-dum primi parentis lapsu damnatum salvavit. Sarà papaPio IX che nella Bolla di definizione dogmatica(Ineffabilis Deus, 1854), preciserà così il ruolo dellaVergine: Come Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini,assunta la natura umana, distrusse il decreto di condannache c’era contro di noi, attaccandolo trionfalmente alla croce,così la Santissima Vergine, unita con lui da un legame stret-tissimo ed indissolubile, fu insieme con lui e per mezzo di luil’eterna nemica del velenoso serpente e ne schiacciò la testa colsuo piede verginale. n

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Per il Padre Fondatore, Maria è il sim-bolo archetipico della coscienzamarista. Egli non ha proposto nuove

devozioni mariane. Per Colin, Maria è unapersona, un cuore, una mentalità, unacoscienza da fare propria, un punto da cuiosservare il mondo e la Chiesa in tutti isuoi aspetti. È per questa ragione che la Società diMaria può definirsi una delle congregazionimeno mariane e una delle più totalmente mariane(Coste 1973). La meno mariana nel senso che non pro-muove alcuna devozione particolare, nonguarda a Maria come ad un modello daimitare; e, d’altro canto, la più mariana inquanto si accosta al mondo, alla Chiesa,assumendo la coscienza e la prospettiva diMaria. La preoccupazione di P. Colin nonè Maria, ma il mondo con le sue necessitàe il mistero della salvezza. Ascoltiamo una sua riflessione: «Guardatela Vergine santa: come affrettava la venutadi Dio con i suoi ardenti desideri! Quando seppe che era stata scelta per esse-re sua madre, quanta cura nel corrisponde-re! Nato Gesù, è lui l’oggetto di tutti i suoipensieri, di tutti i suoi affetti. Lui morto,l’unico pensiero di Maria è l’estensione e losviluppo del mistero dell’Incarnazione.

Ecco esattamente il segno con cui si puòriconoscere un Marista».

Se consideriamo il tempo in cui questeparole sono state pronunciate, bisognariconoscere che le intuizioni di P. Colin suMaria sono straordinariamente attuali.Maria è interamente assorbita dal misterodi Gesù e della Chiesa. Secondo il Fondatore, Maria è per suanatura il simbolo e la realtà di questacoscienza, che egli evoca in modo profeti-co.n

sullo spirito marista

LA SOCIETÀ DI MARIALA MENO MARIANA E LA PIÙ MARIANA

TRA LE CONGREGAZIONI RELIGIOSE

di P. Michael Fitzgerald

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L’uomo è intelligente? Certo che sì,rispondiamo. Nessuno mette indubbio che Dio sia intelligente (!), e

poiché Egli ha creato l’uomo a sua immagi-ne e somiglianza, vuol dire che anche l’uomolo è. Il termine intelligenza deriva dall’e-spressione latina intus legere, ossia vedere lecose dal di dentro, sapere come sono fatte ecome funzionano.

Davvero l’uomo sa vedere le cose dal di den-tro? Guardandoci attorno non si direbbe.Se così fosse, non crederebbe agli strilli ditanti imbonitori-imbonitrici del tubo cato-dico che vendono a peso d’oro stecchi dilegno o polverine, spacciandoli per elisir dilunga vita. Non darebbe credito ai nottambu-li che dicono di vedere dappertutto statuet-te sacre versare lacrime di sangue o di averricevuto dall’alto (improbabili) messaggisalvifici. Se l’uomo fosse intelligente, nonacquisterebbe giornali e riviste con donni-ne vestite solo dell’epidermide e con indi-screzioni pruriginose (non importa se vereo false) sulla coppia del momento. Molti silamentano della volgarità della stampa ingenere; pochi quelli che ammettono: Cioffre quel che cerchiamo; da furbi e opportuni-sti mercanti del tempio, i giornalisti altro nonfanno che foraggiare la curiosità bovinadella massa (mi scuso con la rispettabilecategoria dei preziosi animali, che sempli-cemente seguono le leggi di natura). A loro

interessa solo la tiratura.

L’uomo che guarda dentro le cose non tira acampare. Si chiede per quale ragione sia almondo e assume una condotta che soddi-sfi quelle ragioni. Persino l’ateo intelligente(una specie in aumento) lo fa e - seppurecon maggiore fatica rispetto al credente -s’impegna a vivere con dignità e ad aiutarecome può i propri simili. Il vero credente èper definizione intelligente (la specificazionein corsivo esclude quella fetta, ahimè note-vole, di persone che credono che il battesi-mo sia un vaccino per neonati o qualcosa disimile). È colui che sa di essere originatodall’amore divino prima che dall’umano. Sache gli è affidata una missione e che dispo-ne degli strumenti necessari per realizzarla.Per questo gli imbonitori non lo incantano.Va dritto al suo scopo, con impegno.

Apro una parentesi: non è che il credentedebba rigettare in toto gli aspetti piacevolidella vita (lasciamo ai buddisti questa pre-rogativa, anche se non so come sia possibi-le), ma farne un uso intelligente sì. Noningurgita un piatto speciale fino a starmale, ma, assaggiandolo, apprezza la periziadel cuoco e ringrazia chi ha creato l’infini-ta varietà di gusti e ha munito gli esseriumani delle facoltà sensoriali indispensabi-li per riconoscerli. Guarda una bella imma-gine (va da sé che l’intelligente non ha curio-

pagina del direttore

GUARDARE DENTRO LE COSE

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sità bovine), e nella sua armonia vederiflessa quella che governa l’universo. Unfilm serio (non quelli americani, zeppi dieffetti speciali e di rumori, che provoca-no solo cefalee), lo fa riflettere sullavarietà dei caratteri umani e l’aiuta a capi-re meglio il prossimo. Legge un buonlibro e s’abbandona all’immaginazionetraducendo le parole scritte in fisionomiee in luoghi… Giova ricordare che anche i Vangeli -nonostante l’austera essenzialità redazio-nale - ci mostrano dei (brevi, ma signifi-cativi) fotogrammi di Gesù ora a tavola,ora in conversazione con amici, ora apasseggio. Come uomo, ci è maestro

anche nell’apprezzare gli aspetti buonidella vita.

Ho detto più sopra che la persona intelli-gente non si lascia irretire dagli imbonitoriche infestano il pianeta. Da essi mette inguardia Cristo stesso attraverso il monitodell’apostolo: Non prestate fede ad ogni ispi-razione, ma mettete alla prova le ispirazioni, persaggiare se provengono da Dio, perché molti falsiprofeti sono comparsi nel mondo (1 Gv 4,1). Ilcristiano sa di essere da Dio e gli si affidasenza esitazioni: Voi siete da Dio, figli miei,e avete vinto questi falsi profeti, perché colui cheè in voi è più grande di colui che è nel mondo (1Gv 4,4). n

pagina del direttore

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LA PAROLA DI GIOVANNI PAOLO.La GMG di Colonia era stata pro-grammata da Giovanni Paolo II. È

toccato a Benedetto XVI animarla: unPapa tedesco nella sua terra di origine. Iltema scelto - Siamo venuti ad adorarlo (unriferimento al racconto matteano dellavenuta dei Magi) - era in linea col mottodella precedente Giornata Mondiale diToronto: Vogliamo vedere Gesù. Il cammino del milione di giovani allaricerca di Gesù ci fa ricordare la vibranteesortazione che Giovanni Paolo II rivolseloro il 6 agosto 2004: «Cari giovani, offriteanche voi al Signore l’oro della vostra esi-stenza, ossia la libertà di seguirlo peramore, rispondendo fedelmente alla suachiamata. Fate salire verso di lui l’incensodella vostra preghiera ardente, a lode dellasua gloria. Offritegli la mirra, cioè l’affettocioè pieno di gratitudine per lui, vero uomo, checi ha amato fino a morire come un malfat-tore, sul Golgota […]. L’idolatria è una ten-tazione costante dell’uomo. Giovani, noncedete a mendaci illusioni e a mode effimere chelasciano non di rado un tragico vuoto spi-rituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, delconsumismo e della subdola violenza cheesercitano talora i mass-media.L’adorazione del vero Dio costituisce unautentico atto di resistenza contro ogniforma di idolatria».

L’ECO DI BENEDETTO XVI. I suoi discor-si pronunciati in occasione della GMG diColonia sono un’eco fedele del suo prede-cessore. Nelle parole di benvenuto rivolte aigiovani presso la banchina del fiume Renoha detto: «A tutti vorrei dire con insisten-za: spalancate il vostro cuore a Dio, lascia-tevi sorprendere da Cristo! Concedetegli ildiritto di parlarvi durante questi giorni.Esponete le vostre pene a Cristo, lasciandoche egli illumini con la sua luce la vostramente e tocchi con la sua grazia il vostrocuore. In questi giorni benedetti di condi-visione e di gioia, fate l’esperienza liberatri-ce della Chiesa come luogo della miseri-cordia e della tenerezza di Dio verso gliuomini. Nella Chiesa e mediante la Chiesaraggiungerete Cristo che vi aspetta».Nella veglia di preghiera sulla spianata diMarienfeld ha detto loro (contro ogni ten-tazione di utilizzare la violenza nell’illusio-ne di cambiare il mondo) che il potere di Dio èdiverso da quello dei potenti della terra:Gesù ha voluto contrapporre al potere rumo-roso di questo mondo il potere dell’amore. Poiha così proseguito: «Nel secolo appenapassato abbiamo vissuto le rivoluzioni, ilcui programma comune era di fare a menodell’intervento di Dio, ma di prenderetotalmente nella proprie mani il destino delmondo […]. La rivoluzione vera, tuttavia,consiste unicamente nel volgersi senza

giornata mondiale della gioventù

COLONIA 2005SIAMO VENUTI AD ADORARLO

a cura della redazione

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riserve a Dio, che è la misura di ciò che ègiusto e, allo stesso tempo, è l’Amore eter-no. E che cosa mai potrebbe salvarci senon l’amore?». Ha poi affermato che èimportante scoprire il vero volto di Dio; sonomolti, putroppo, quelli che parlano di Lui eche nel Suo nome predicano l’odio edesercitano la violenza. Ha quindi messo inguardia dalla tentazione di costruirsi un dioprivato, esortando a credere e a prostrarsi«davanti a quel Gesù che ci viene mostratodalle Sacre Scritture e che nella grande pro-cessione dei fedeli, chiamata Chiesa, sirivela vivente, sempre con noi e al tempostesso sempre davanti a noi».

SO CHE ASPIRATE A COSE GRANDI: DIMO-STRATELO AL MONDO.Teologicamente densa e articolata l’omeliadella Messa conclusiva nella spianata diMarienfeld, incentrata ovviamentesull’Eucaristia. Riviviamola nei suoi puntinodali.

Ieri, davanti all’Ostia consacrata abbiamocominciato il cammino interioredell’Adorazione eucaristica. Oggi laCelebrazione Eucaristica ci trasporta nell’o-ra di Gesù di cui parla l’evangelistaGiovanni. L’Eucaristia diventa la nostraora, la presenza sua in mezzo a noi.Nell’Ultima Cena Gesù celebrò con i disce-poli il memoriale dell’azione liberatrice diDio, che ha guidato Israele dalla schiavitùalla libertà. Su quel rito Gesù opera unarealtà nuova. Ringrazia Dio per le operedel passato, ma anche per la propria esalta-zione, che avverrà con la Croce e laRisurrezione. Consacra pane e vino, li dis-tribuisce e comanda di ridire e rifare in suamemoria quello che sta dicendo e facendo.Col trasformare pane e vino nel suo Corpoe Sangue, Egli anticipa la sua morte, l’ac-cetta e la trasforma in un’azione d’amore.Ciò che dall’esterno è violenza brutale, dal-l’interno diviene un atto d’amore per tutti noi.Ecco la trasformazione sostanziale realiz-

Giovani in preghiera nella spianata di Marienfeld

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zata nel Cenacolo, destinata a «suscitare unprocesso di trasformazioni il cui termineultimo è la trasformazione del mondo finoa quella condizione in cui Dio sarà tutto intutti (1 Cor 15,28)». L’uomo attende dasempre una trasformazione del mondo:ebbene, questo è l’atto centrale di quellatrasformazione che, solo, è in grado di rin-novare veramente il mondo; la violenza sitrasforma in amore, la morte in vita. Lamorte, grazie a Cristo non ha più l’ultimaparola: «È questa, per usare un’immagine anoi oggi ben nota, la fissione nucleare portatanel più intimo dell’essere – la vittoria del-l’amore sull’odio, la vittoria dell’amoresulla morte».La trasformazione dell’odio in amore tra-scina con sé altre trasformazioni. Corpo esangue ci sono dati affinché anche noiveniamo trasformati. Dobbiamo divenireCorpo di Cristo, suoi consanguinei. In talmodo Dio è dentro di noi e noi siamo Lui.«La sua dinamica ci penetra e da noi vuolepropagarsi agli altri ed estendersi a tutto ilmondo, perché il suo amore diventi real-mente la misura dominante del mondo».Gesù ci ha lasciato il compito di entrarenella sua ora; vi entriamo in virtù del pote-re sacro della Consacrazione e dellaPreghiera di Lode che ci pone in continui-tà con tutta la Storia della Salvezza. LaPreghiera Eucaristica è parola che trasforma idoni della terra in modo del tutto nuovo nel donodi sé di Dio e ci coinvolge. Perché l’Eucaristiaci trasformi, deve diventare il centro dellanostra vita. Da qui l’importanza vitale dellaMessa domenicale. Può costare sacrificio

includerla nelle nostre attività festive, ma èproprio questo che dà il giusto centro al tempolibero. Perché sia efficace e da essa si spri-gioni la gioia di cui abbiamo bisogno, dob-biamo imparare a comprenderla nelle sueprofondità, imparare ad amarla. «Con l’a-more per l’Eucaristia riscoprirete anche ilsacramento della Riconciliazione, nel qualela bontà misericordiosa di Dio consente unnuovo inizio alla nostra vita». Chi ha scoperto Cristo deve portare glialtri verso di Lui. Non si può tenere solo per séuna grande gioia, ma va trasmessa. Nel mondovi è una strana dimenticanza di Dio e nellostesso tempo si sperimenta un sentimento difrustrazione e d’insoddisfazione di tutto e di tutti.Con la dimenticanza di Dio convive ancheun boom del religioso, uno scadimento dellareligione a prodotto di consumo; si sceglie ciòche piace. Si tratta di una religione cercata allamaniera del fai-da-te; è comoda, ma nell’oradella crisi ci abbandona a noi stessi. Aiutategli uomini a scoprire la vera stella che ci indi-ca la strada: Gesù Cristo! Per fare questo, ènecessario che in primo luogo lo conoscia-mo noi. Un modo per conoscerlo è la medi-tazione della Sacra Scrittura e di conseguenzala fede della Chiesa, che dischiude il sensodelle Scritture; sussidi preziosi a nostra dis-posizione sono il Catechismo della ChiesaCattolica e il Compendio di tale Catechismo:due libri fondamentali che vorrei raccomandare atutti voi. Naturalmente i libri non bastano:«Formate comunità sulla base della fede.Cercate la comunione nella fede comecompagni di cammino che insieme conti-

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nuano a seguire la strada del grande pelle-grinaggio che i Magi d’Oriente ci hannoindicato per primi». Siamo una sola cosaanche tra di noi, nella capacità di perdona-re, nella disponibilità a condividere, nel-l’impegno concreto per il prossimo vicinoe lontano. Se viviamo e pensiamo uniti aCristo, «non ci adatteremo più a vivacchia-re preoccupati solo di noi stessi, ma vedre-mo dove e come siamo necessari […]. Io

so che voi, come giovani, aspirate alle cosegrandi, che volete impegnarvi per unmondo migliore. Dimostratelo agli uomini,al mondo, che aspetta proprio questa testi-monianza dai discepoli di Gesù Cristo eche, soprattutto mediante il vostro amore,potrà scoprire la stella che noi seguiamo.Andiamo avanti con Cristo e viviamo lanostra vita da veri adoratori di Dio!». n

L’imponenente mole della Cattederale di Colonia

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PIÙ RICCHI E MATURI.(Massimiliano Galletti). Ecco che, carica didelizie e di sorprese, arriva l’estate, che permolti vuol dire mare, discoteca, diverti-mento e piacere ad ogni costo:…troppobanale e poco interessante; piuttosto que-st’anno vorrei profittare della pausa estivaper approfondire il mio rapporto con ilSignore e magari farlo in una cornice difesta assieme a tanti ragazzi: e quale trenomigliore se non il XX Incontro Mondialedella Gioventù? Così mi organizzo conalcuni amici e, presi zaino, sacco a pelo,vangelo e rosario, ci si muove alla volta diColonia. Il nostro mezzo di trasporto è iltreno(!!!). Si parte dalla stazione di RomaOstiense. La partenza è trionfale; degna diuna trasferta per la finale di coppa-campio-ni: fra i cori di festa, centinaia di bandierecolorate che sventolano dai finestrini; tuttosotto gli occhi di genitori e parenti, chesalutano dalla banchina, e delle televisioniche documentano il momento fatidico. Ilviaggio non si prospetta troppo piacevole:sono 24 - ma saranno 25 - le ore di trenoche ci attendono e, a quanto sembra, le car-rozze sono veramente poco confortevoli:si capisce subito che questa indulgenza ple-naria ce la dovremo proprio sudare! Se nonaltro questo lungo viaggio ci da modo diamalgamare un gruppo che tanto grupponon è, dal momento che non ci conoscia-mo tutti; e poi ci consente di fare amiciziacon tanti altri ragazzi. La preghiera ciaccompagna durante buona parte del viag-

gio e questo a mio avviso è stato necessa-rio per predisporre lo spirito e per nondimenticare il motivo per cui si stavanofacendo tutte quelle ore di treno! Nonmanca comunque chi si lamenta delle pre-ghiere che vengono diffuse nelle carrozzedai megafoni e c’è chi, di tanto in tanto,pensa bene di staccare i cavi che alla menopeggio collegano gli stessi. Per contro, suc-cede che un gruppo prenda di tanto intanto l’iniziativa di recitare un Rosariomagari coinvolgendo chi è in disparteannoiato. Quando è ora di mangiare quat-tro o cinque volontari per ogni carrozzaattraversano gli impervi corridoi del trenofino ad arrivare ad una carrozza appositadove si caricano grossi scatoloni contenen-ti i pasti; quindi si rifanno il tragitto al con-trario con l’ingombrante carico. Devo a talproposito rendere merito agli scouts che incasi del genere, dove sono richiesti tantaenergia e spirito di squadra, hanno da inse-gnare! Finalmente, nel pomeriggio arriviamo aBonn, la città dove soggiornano un po’tutti i pellegrini italiani. Il primo pensiero èposare le valigie e rilassarsi qualche minu-to, ma le nostre attese vengono subito tra-dite: fino a sera veniamo infatti sbattuti adestra e a sinistra; nessuno sa dirci quale siala nostra destinazione. Riusciamo, dopodiverso tempo, a sistemarci in una scuola,alla periferia di Bonn. Noi prendiamo let-teralmente possesso di un’aula sotto gliocchi dei poveri volontari che con le mani

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LA PAROLA AI GIOVANI

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nei capelli vedono la situazione sfuggirglidi mano a poco a poco! Nella scuola siamoin trecento circa; i bagni sono due, le doccetre e vanno condivise tra maschietti e fem-minuccie: come si può intuire i disagi nonmancano neanche qui! La sera stessa venia-mo a sapere che la cena alla quale abbiamodiritto non ci verrà distribuita e vai a capi-re il perché… Quel giorno il morale mio equello di molti è sotto le scarpe: si comin-cia male! Ben presto impariamo a conoscere la mili-taresca macchina organizzativa tedesca chein diverse occasioni non ci rende affatto lavita semplice. Grazie a Dio, nel nostrogruppo c’è una graziosa fanciulla di nomeEster, ex guida turistica, che conosce benetedesco ed inglese, la quale diventa cosìben presto un nostro punto di riferimentoin mezzo a quel marasma. Grande emozione ha suscitato a Colonia ilprimo incontro con il Santo Padre: perl’occasione fa il debutto il nostro mega-stendardo raffigurante un’icona russa diuna meravigliosa Madonna con Bambino;sopra, la bandiera europea con le dodicistelle. Con noi abbiamo anche un’incon-fondibile vessillo giallorosso… Ogni grup-po porta con sé un segno distintivo delpaese d’origine o dell’ordine religioso diappartenenza: ci sono statunitensi, cinesi,israeliani, iracheni, iraniani, turchi, polac-chi, brasiliani, peruviani, francesi, libane-si…è tutto uno sventolio di bandiere edun’ostentazione di colori vivacissimi. E sifinisce così tutti risucchiati da questo vor-ticoso ritmo incalzante che misteriosamen-

te ci unisce in una sola anima e in una solavoce che ora benedice ed inneggia al suc-cessore di Pietro all’ombra dell’imponenteDuomo.Ma chi pensa che in un simile evento nonci sia spazio per il raccoglimento indivi-duale, pensa male: ancora fortementeimpressa è nel mio ricordo una vibranteAdorazione Eucaristica in notturna, e lasuccessiva processione del Corpus Dominiper le strade di Bonn alla quale hanno par-tecipato tanti tanti giovani.Le emozioni non mancano il giorno del-l’incontro nella spianata di Marienfeld:stanchezza e disagi vengono dimenticatinei diversi momenti di aggregazione checaratterizzano la veglia. Alla sera tardi, arri-va il Santo Padre: gli animi di molti però sispengono presto; c’è delusione per un’ac-coglienza quanto meno freddina: il SantoPadre infatti non passa con l’automobilefra i pellegrini come di consueto.L’indomani veniamo a sapere che la causadi tutto è ancora l’inarrivabile organizza-zione tedesca che non ha previsto il pas-saggio del Papa tra i fedeli, probabilmenteanche per problemi legati alla sicurezza;ma non fa niente, il Papa è con noi! Ebastano pochi cenni in segno di affettuososaluto, che si levano i cori: BENEDET-TO… BENEDETTO!…. Cala l’oscuritàdella notte e la spianata si accende dimigliaia di tenui lumini: quella magicanotte stellata pare riflettersi sulla Terra aMarienfeld. Poco importa se una rana staattraversando il tuo sacco a pelo, o se ilfreddo umido ti penetra nelle ossa; lo spet-

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tacolo è grande, così come forte è la pre-senza di Gesù fra noi: perché se Egli è fradue persone riunite nel Suo nome, figuria-moci fra due milioni! La Sua presenzadiventa palpabile.Eccola tutta qui condensata, dunque, larisposta a chi voleva il Cristianesimo mortoe sepolto, in Europa come in tutto ilmondo; eccola qui la risposta a chi volevauna generazione senza valori, generazionedi dementi controllati dal sistema consumi-stico più selvaggio! Eccola la risposta all’o-dio scatenato in questi anni da Satana nelmondo. La mattina seguente la Provvidenza ci metteuna pezza - è il caso di dirlo - così da evita-

re che nuvoloni minacciosi rovinino la S.Messa con il Papa; la seconda funzionereligiosa più grande mai celebrata, ho sen-tito dire. Al termine, il congedo di rito el’arrivederci a Sidney! Dopo un’ultima disavventura ( quattroore e mezza di cammino per trovare unmezzo che ci riportasse a Bonn ), recupe-riamo i nostri bagagli e riprendiamo iltreno: negli occhi ancora quegli indimenti-cabili momenti di festa e di vicinanza conil Signore; malinconici ma sicuramenteconsapevoli di tornare a casa più ricchi ematuri. E quanti nuovi amici, ora, sullanostra strada! Adesso non ci rimane cheraccogliere i frutti di questa GMG eriprendere fiduciosi il cammino versoSidney guidati da quel faro che è la Crocedi Cristo perché milioni di giovani, guardandoa quella croce, hanno cambiato la loro esistenzaimpegnando

COLONIA UN MESE DOPO (BenedettoPaniccia). Una Via Crucis per le strade di unsobborgo di Bonn. Tedeschi alle finestreper curiosare: quando mai si sono viste tre-cento persone seguire il parroco, per di piùtutti ragazzi? La parrocchia conta in tuttoun centinaio di persone. E parlano linguestrane: polacco, francese, inglese, italiano. Poi arriva l’incontro con il Papa aMarienfeld e lì è tutto più distante e scon-tato: le immagini delle Giornate Mondialidella Gioventù precedenti hanno fatto il girodel mondo. Si sa già che quando la Chiesaraduna i ragazzi intorno al Pontefice, nearrivano a migliaia. Però stavolta si sente

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Il gruppo Giovani FamigliaMarista lungo il Reno

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un’aria diversa. In Germania, con unPapa tedesco. Tanti giovani: oltre otto-centomila da tutto il mondo. Nell’annodell’Adorazione Eucaristica, Siamo venutiper adorarlo, recita il motto. A Colonia,dove si conservano le reliquie dei Magi.Molti di noi hanno fatto migliaia di chilo-metri. Gli ultimi otto a piedi nei campi,per raggiungere un luogo dedicato allaVergine Maria, dove c’era il più anticoconvento della regione di Colonia.Nel suo discorso, il Papa è diretto. Diceche non si può incontrare Cristo e rima-nere uguali. Chi ha conosciuto Cristonon può continuare la vita che facevaprima d’incontrarlo. Che i Magi cambia-no strada, e non solo per evitare il reErode. Quello che hanno visto in unastalla li ha trasformati. Che il pane e ilvino, una volta consacrati, hanno cambia-to sostanza, come in una fissione nuclea-re. L’adorazione eucaristica è una cosaseria. E anche la Comunione. Poi finisce la S. Messa. La celeberrimaorganizzazione tedesca salta. Centomilaragazzi aspettano fino all’una di notte lenavette. Il programma prevedeva che iragazzi sarebbero rimasti fino a sera. Afesteggiare. A guardare uno spettacolo disaltimbanchi. Dopo più di trentasei oreall’aperto, tra topi, rospi e lepri: non erarealistico.

UN RICORDO INDELEBILE (PaoloDi Tota). Non è possibile fare un parago-ne con la mia prima GMG. Da allora tantecose sono cambiate: l’età, il luogo, ilPapa, ma soprattutto il mio cammino di

fede. Ho fatto molti passi avanti, tantoche posso urlare a gran voce che ilSignore è sempre con me, perché insiemeabbiamo costruito la casa sulla roccia. Inoltrequest’anno ho fatto una nuova esperien-za: l’ospitalità nelle famiglie… Ci hannotrattato come dei figli, senza mai stancar-si dei nostri orari sballati, ma soprattuttodelle enormi difficoltà che incontravamonel comunicare. Se dovessi dare un votoalla logistica dovrei quindi scinderlo: 3per l’organizzazione pubblica tedesca,ma 20 per l’ospitalità delle famiglie. Sequalcuno dovesse chiedermi una parolaper descrivere questa esperienza, direisubito: Amore a 360 gradi, perché nonsolo si respirava il solito clima di fraterni-tà e di amicizia che contraddistingue que-sti eventi, ma si sentiva l’affetto quasifiliale delle famiglie verso di noi, soprat-

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Marienfeld - In lontananza l’altare

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tutto quando la sera tardi tornavamo acasa, si faceva strage di abbracci, e cercava-no di sapere, con tutte le difficoltà della lin-gua (comunicavamo a gesti!) come eraandata la giornata, tra un bicchiere d’acquagasatissima e boccali di birra tedesca! Imomenti forti si sono susseguiti: la ceri-monia d’apertura, le catechesi in italiano, lafesta degli Italiani, l’arrivo del Papa, il pel-legrinaggio alla Cattedrale, la veglia aMarienfeld. Se dovessi fare una classifica,al primo posto metterei il pellegrinaggioalla Cattedrale di Colonia: un cammino dipreghiera che m’ha aiutato ad entrare nelclima giusto, per salutare coloro che, perprimi (i Magi, le cui presute reliquie sono là con-servate), si sono prostrati davanti alSignore… Siamo venuti per adorarlo: lì nellaCattedrale ho capito che non era questa lafrase che mi apparteneva, perché non devofare tanti chilometri per adorarlo: ilSignore è già nel mio cuore. Qual è il sen-tiero che il Signore mi apre? Da ora iniziala mia ricerca. Una cosa è certa: tante sonole strade che mi si aprono davanti, ma unasola è quella che non devo percorrere,quella che porta da Erode… (Paolo Di Tota)

IL MIRACOLO CONTINUA (RobertaStendardo). La morte di Giovanni Paolo IImi vide un po’ demotivata, il mio entusia-smo era diminuito insieme al desiderio dipartecipare al grande incontro della GMG.Avevo paura… Poi mi sono fatta coraggioe sono partita. A mano a mano che ci avvi-cinavamo alla meta il mio animo si rassere-nava. Giunti a Colonia, siamo stati affidatiad alcune famiglie che ci hanno riservato

un’accoglienza calorosa e inaspettata. Il 16agosto mattina, di buonora, siamo usciti ele strade erano già gremite di giovani daogni parte del mondo. Ogni gruppo sven-tolava la propria bandiera. Non riesco atrovare le parole per descrivere le emozio-ni provate. Ricordo bene d’aver pensatoche i grandi non muoiono e che GiovanniPaolo II era ancora in mezzo a noi.Quando è arrivato Benedetto XVI, il mira-colo si è ripetuto. Un oceano di giovani eragiunto in quel luogo per adorare il Figlio diDio. Giorni densi di emozioni. La mia fedesi è rafforzata e mi sono avvicinata alSignore come non mai. Consiglio a tutti igiovani di fare questa esperienza. Anche acoloro che non hanno nessun credo.

A COLONIA PER CAPIRE (Antonio DeNapoli). Quando il Signore chiede diincontrarLo, è difficile sottrarsi. E la GMGè una speciale occasione per incontrareColui che ci ha donato la vita. Lo si incon-tra nei nostri compagni di viaggio, nellemille bandiere delle strade di una cittàimpreparata ad accogliere i pellegrini, neiballi spontanei e improvvisati nelle piazze.Lo si incontra nella preghiera e in una pas-seggiata lungo il Reno, con un canto diTaizé che aiuta le riflessioni. Quando michiedono che vuol dire essere cristiano,non so mai da dove partire. Perché non èfacile descrivere un brivido; non è cosìsemplice trovare le parole giuste per dise-gnare un’emozione. E l’esperienza delgruppo Giovani Famiglia Marista a Colonia èstata proprio questo: un non capire, uncapire a tratti, ma un essere sicuri che quel-

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lo che si sta facendo è la cosa giusta.Unicamente perché il Signore ce lo chiede.Non so spiegarmi il mio fischiettare e can-ticchiare anche nei momenti di stanchezza,non c’è spiegazione razionale ai canti fattia squarciagola in un trenino trasformato inuna scatola di sardine… È pura e sempliceGrazia, gioia che il Signore ci permette dicondividere con il nostro prossimo. Lui hai suoi tempi e modi; ci farà capire tuttoquando lo riterrà opportuno.Personalmente, Colonia m’ha lasciato den-tro una grande serenità, frutto diretto diuna certezza: il Signore è con noi, sempre.Mi viene in mente il Salmo che recita: IlSignore è il mio pastore, non manco di nulla.Comprendo che è davvero così. Davanti anoi c’è un anno (tosto) di università, di pic-coli e grandi impegni in famiglia, di attivitànel sociale e di responsabilità da assolvere.Ci sono amici che hanno bisogno di noi.C’è una Parola da portare in giro, senzasosta. Colonia è servita a farci prenderecoscienza di ciò. È servita a farci capirequanto siamo importanti per noi, per glialtri, per il Signore. Siamo alle solite! Percapire le cose più grandi, basta farsi picco-li…

A COLONIA PER RITROVARLO(Livia Ventura). Nessuno ha detto chesarebbe stato facile partire, percorrere unastrada e tornare indietro per una diversa.La partenza non è stata facile, nonostantegli amici, il fascino di una città nuova e lavoglia d’incontrare il mondo al centrodell’Europa. Ci sono stare le ore di viaggio

con i consueti disagi, l’incontro con unanazione diversa, con gente diversa, le diffi-coltà create dalla cattiva organizzazione…Sono partita per ricercare una certezzapersa da tempo. Mi sono svegliata prestoogni giorno, pensando a chi me l’avevafatto fare. Semplice!... Dovevo ritrovarLo! Perdirgli che ho bisogno di Lui, per raccontar-

g l ii

miei segreti, per chiedergli di tornare acome eravamo, per ricomporre il puzzle acui mancavano troppi pezzi. DovevoritrovarLo per urlarGli tutta la mia rabbia.Per chiederGli di parlare forte al miocuore, per sentire che mi ama, che non miha lasciato sola (anche se è difficile pensa-re che davvero in quei momenti mi stavaportando in braccio). Posso dire di aver risali-to il primo gradino verso la strada del ritor-no. Non c’è più rabbia. Ho avuto la ricon-ciliazione? Credo di sì. Lo spero. Per oranon posso dire di sentirmi svuotata di unpeso che portavo da tempo; la strada delritorno è ancora lunga e soprattutto diffici-le. Per ora so che m’impegnerò a non cade-re nella tentazione di comprare la religione che

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Un giovane intrattiene i compagni

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più mi fa comodo. So che, come primacosa, la domenica andrò a Messa, anche senon è Natale o Pasqua. Spero di avere laforza e il coraggio di percorrere la stradadel ritorno, fino in fondo, senza caderenelle mille trappole …

UN RICCO BAGAGLIO (Antonio Spera).Sonto tornato stanco, affaticato, puzzolen-te e con un tremendo mal di schiena. Macon me ho riportato a Roma qualcosa dinuovo e di eccezionale. Il valore di questaesperienza non è quantificabile. Ricorderòsempre il sorriso con il quale ci hannoaccolto i membri della famiglia che ci ospi-tava e le lacrime con le quali ci hanno salu-tato alla partenza. La gioia con cui questepersone staordinarie ci hanno accolto, hariempito la permanenza in Germania diqualcosa di ineffabile. Senza di loro, laGMG sarebbe stata sicuramente diversa.Ci hanno trasmesso la felicità di accogliereuna persona, considerandola subito comeun amico, come un figlio. È stato il loromodo di vivere la GMG. Giorni stressanti,da un punto di vista fisico. Tutte le seretornavamo stanchi, ma coscienti di essercistancati per gustare in pieno il sapore di ciòche stavamo vivendo. Siamo andati aColonia per adorarLo: un minimo doveva-mo pur stancarci!!! Sono un tipo a cui piacestare in gruppo, fare casino con chiunqueabbia accanto. E la cosa più bella è statafare casino con giovani che non conoscevo!Ciò che più m’ha emozionato è stato il sen-tirsi tutt’uno con la folla, avere lo stessointento che muoveva tutti. Divertirmi con

la folla è stato il mio modo di adorarLo. Icori da stadio, le canzoni urlate per la stra-da, gli abbracci di gruppo, erano il segnodella felicità che il Signore vorrebbemostrassimo sempre, non solo in questeparticolari occasioni. Grazie alla GMG diColonia ho rivalutato la mia fede e l’ho raf-forzata. Tornato a Roma, nel mio pesantis-simo bagaglio non ho trovato solo magliet-te e calzini sporchi, ma anche gli insegna-menti che ogni catechesi, ogni incontro,ogni stretta di mano mi hanno lasciato intesta e soprattutto nel cuore. Spero tantoche, quando fra tre anni tornerò da Sidney,il mio bagaglio possa essere ancor più pesan-te e ricco di quello riportato da Colonia.

ESPERIENZE CHE SI RINNOVA-NO (Francesca Meacci). Finalmente oggiriesco a scrivere… Ho avuto bisogno didigerire, assimilare, fare completamente miequelle splendide ore trascorse in compa-gnia di amici di tante nazioni… Il momen-to (in cui sono veramente entrata nello spi-rito giusto) è stato durante il pellegrinaggiodalla riva del Reno alla Cattedrale. Giunti,ci siamo prostrati e abbiamo adorato ilSignore. In quei momenti di raccoglimentoho provato per la prima volta sollievo nelpregare in chiesa. Questo perché pregavocon il cuore, e non solo con le parole, eperché lo facevo con fiducia, certa dell’a-scolto del Signore… Tuttavia il momentoculminante di questa sorprendente espe-rienza è stata la veglia nella spianata diMarienfeld, nella quale ho aperto comple-tamente il mio cuore al Signore e ascoltato

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ciò che mi diceva. Ho sentito un grandesollievo; ho smesso di piangere e mi sonorivolta a Lui come nuova, perché ho sentitola sua presenza accanto a me. Ho vissutoquei momenti quasi distaccandomi dallemigliaia di persone che mi erano intorno,concentrandomi sulle parole del nostroamato Papa, che ci ha parlato con spiritopaterno annunciandoci che la rivoluzionevera consiste unicamente nel volgersi senza riservea Dio, che è la misura di ciò che è giusto e, allostesso tempo, è l’Amore eterno…Penso che per tutti i giovani sia non soloimportante, ma fondamentale vivere espe-rienze come questa…

IO, PECORA NERA (Maria Ughi). Èstata una cosa nuova, non avevo mai avutoun contatto così diretto con la Chiesa, conil Papa e con il Signore. Ho sempre credu-to in Dio e sono sempre stata fedele allamia religione; questo grazie anche ad unafamiglia che mi ha insegnato i valori dellavita attraverso gli insegnamenti di Cristo.Mi sono sempre definita un po’ la pecoranera della famiglia in quanto su alcune cosenon ero d’accordo e comunque non senti-vo mie e sulle quali tuttora faccio ancoraun po’ di fatica. La GMG non ha di certotolto tutte le mie incertezze accumulate neltempo, ma ha contribuito a farmi rifletteree a porre un po’ più d’attenzione su argo-menti che prima mi erano assurdi e noncondividevo… Insieme al gruppo GiovaniFamiglia Marista abbiamo vissuto in unospirito fraterno, dove nessuno voleva pre-varicare sull’altro; vi è stata molta sponta-

neità e naturalezza; ci davamo forza l’unl’altro quando eravamo stanchi, come nelleinterminabili camminate… Spero cheinsieme faremo altre esperienze, che nonfinisca tutto col rientro a casa… La GMGè un evento grande che non può esseredescritto o raccontato; va vissuto. In que-ste righe sono solo raccolte impressioni esensazioni mie personali. Ma la veraGiornata Mondiale della Gioventù è quella cheognuno di noi vive in prima persona.n

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Il Santo Padre Benedetto XVI a Colonia

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LE PERCENTUALI MANIPOLATE.Volevano la polemica estiva e l’hanno

creata! Ad hoc! I nuovi giacobini del gior-nale la Repubblica si sono attaccati all’ora direligione per consolarsi di aver perduto ilreferendum sulla procreazione assistita.Solo che non hanno seguito la regola fon-damentale del giornalista serio, di verifica-re cioè le fonti prima di informare il pub-blico; di conseguenza hanno messo i piedinella minestra! Per chi non conosce la querel-le riassumo quanto accaduto: la Repubblicainizia la polemica con un articolo, a firmadi Merlo, sulla crisi dell’ora di religionenelle scuole annunciando con enfasi e sod-disfazione che uno studente su tre scegliel’ora alternativa e sottolinea la notizia conpercentuali - seccamente smentite dalMinistero della Pubblica Istruzione - spac-ciandole per veritiere.

LA VERITÀ. Dopo ventiquattro ore ilDirettore di Avvenire, Dino Boffo, e LuigiAmicone sul Foglio contestano l’articolo diMerlo e il giornale cattolico pubblica levere statistiche del Ministero e delVicariato, facendo rilevare quindi che perl’ora di religione non vi è alcuna crisi (il91,8% degli studenti continua a sceglierla),anzi i dati de la Repubblica risultano lonta-nissimi dalla realtà.

A questo punto il cattolico elettore si chie-de perché tanto accanimento contro lapropria religione e trova la risposta nelfatto che i nuovi giacobini si sono resiconto, con la vittoria schiacciante dell’a-stensione nel referendum sulla procreazio-ne assistita, che la Chiesa cattolica è unfaro, nel buio del relativismo imperante,che guida con forza il popolo cristiano.Ergo, la Chiesa cattolica, il Crocifisso el’ora di religione sono nemici da attaccare esconfiggere per vincere le elezioni.

IL VERO SENSO DELL’ORA DI RELI-GIONE. L’ora di religione, in realtà, non èutilizzata per dare oppio alle menti (perparafrasare un vecchio adagio comunista),ma spiega quei fondamenti che formano lacoscienza dell’uomo di fronte a Dio e allaSocietà. Ricordiamoci che anche se le radi-ci cristiane non sono state riconosciutedalla Costituzione Europea, ilCristianesimo ha fondato l’Europa e lanostra civiltà, e questo i ragazzi lo sanno. Ineo giacobini nostrani e non, dovrebberoguardare l’esito di ogni Giornata Mondialedella Gioventù. Sicuramente brucia loro rico-noscere che i ragazzi che hanno partecipa-to, a migliaia, parlano solo con la loro atti-va, entusiastica presenza.

il commento

LE POLEMICHE GIACOBINEE LA RISPOSTA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

DI FRANCESCA CARACÒ

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I GIOVANI E LE FALSE STELLE COME-TE. L’Europa giacobina soffre di amnesieculturali e vorrebbe fare a meno delle radi-ci cristiane, come i giacobini all’amatricianavorrebbero fare a meno dell’ora di religio-ne e della Croce. I giovani hanno dato illoro segnale al mondo; essi sono una forzadi pace che offuscherà le false stelle cometeche inquinano le idee (le false stelle cometeche portano ai matrimoni gay, all’aborto eall’eutanasia, veri e propri omicidi, nonmeno distruttivi solo perché eseguiti inmodo legale). Cristo vincerà attraverso l’a-more che i giovani possono dare, perché,come ha detto Papa Benedetto, la Chiesanon è una minestra scaldata e riscaldata che civiene proposta da duemila anni e ilCristianesimo non è fatto di divieti reitera-ti, come i neogiacobini vogliono far crede-re!

LA LIBERTÀ NELLA CASA DELPADRE. L’Amore di Cristo, ha detto ilPapa, mette le ali, non è un fardello. Nellaprima intervista alla Radio Vaticana, anda-ta in onda il 14 agosto u.s., Benedetto XVIha paragonato il giovane moderno, chevuole essere padrone della propria vita evivere al massimo delle proprie possibilità,al Figliol Prodigo del Vangelo. Quest’ultimo,volendo vivere la vita, godendola fino infondo, scopre alla fine che, seguendo vieeffimere, la vita diventa vuota e che si èveramente liberi quando si vive nella casadel Padre. Benedetto XVI, prima della partecipazione

alla Giornata Mondiale della Gioventù, allafine di luglio, ad Introd in Val d’Aosta, haparagonato il 1968 ad un secondo illuminismo,per il quale il tempo della Chiesa era consi-derato finito. Da lì l’Europa ha sviluppatouna cultura che esclude Dio dalla coscien-za pubblica. Ciò vale sia per il marxismo siaper la cultura liberale e neoilluministica delliberalismo filosofico. Da qui deriva lo svi-samento della laicità, dove essere laicosignifica non occuparsi di Dio escludendo-lo dalla vita pubblica. Nel suo intervento aIntrod il Papa ha voluto sottolineare cheoggi il Cristianesimo non può essere sepa-rato dalla realtà e che deve essere suppor-tato da una formazione intellettuale.

LA CROCE, SEGNO DI MISERICOR-DIA. Inoltre in occasione dell’omelia dellamessa per l’Assunta, celebrata a CastelGandolfo, Benedetto XVI ha ribadito cheDio deve essere presente nella vita pubbli-ca con segni della Croce nelle case e negliedifici pubblici, perché dove scompare Diol’uomo perde la dignità divina e lo splen-dore di Dio nel suo volto, alla fine diventail prodotto di un’evoluzione cieca e puòessere usato e abusato come vediamo. Dionon toglie la libertà, ma la dona e il segnodella Croce indica un Dio misericordiosoche apre le sue braccia alla nostra debolez-za e crea la relazione della fraternità.Il Cristianesimo è l’incontro con la bellez-za e la libertà.

LA CARICA DEI CENTOVENTIMILA.La GMG di quest’anno ha avuto come

il commento

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tema Siamo venuti per adorarlo e attraversol’adorazione di Cristo si assisterà alla risco-perta delle radici cristiane. Colonia è diven-tata la capitale dei giovani. I neo giacobinisi sono resi conto che gli italiani formava-no una carica di centoventimila (centoventimi-la… cari neogiacobini delle false percen-tuali), e il Cardinale Meisner ha detto chesenza gli italiani ci sarebbe stato un grandevuoto a Colonia. Ha inoltre ribadito che èun vero peccato che nella Carta UE Dionon venga raccomandato come garanziaper un’Europa più umana.

I GIOVANI, SPERANZA DELL’ EUROPA.Alle voci delle nostre guide spirituali si è

aggiunta quella di un laico tedesco, uno deipadri della nuova Europa, il Prof.Tietmeyer (il padre dell’Euro), che ha dettoche la GMG a Colonia è un’iniezione disperanza per l’Europa ed ha auspicato chel’Europa e il mondo possano riscoprire lafede come forza che aiuta a superare i pro-blemi e a costruire un mondo migliore. IlPresidente della Repubblica ItalianaCiampi ha ribadito ai giovani la necessità diun impegno collettivo in nome della veritàumana, dell’uguaglianza, della giustizia edella solidarietà tra le persone e che questisono i valori fondanti della convivenzacivile e le radici umanistiche e cristianedell’Europa. Benedetto XVI, nel suo dis-corso di giovedì ha chiesto ai ragazzi di

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I ragazzi italiani della GMG nel raduno allo stadio

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dare a Dio la possibilità di parlare conloro, sottolineando che è Gesù la felici-tà che cercano, invitandoli ad impegnar-si a servirlo senza riserve, costi quelloche costi. Cristo non toglie nulla diquanto di bello i ragazzi hanno dentrodi loro, anzi, porta tutto a perfezione, agloria di Dio.

ANDARE OLTRE L’EFFIMERO.Come già sopra detto il tema dellaGiornata Mondiale della Gioventù èstato Siamo venuti per adorarlo. Come i ReMagi, nell’anno dell’Eucaristia Cristopuò essere adorato come presenza realenel Sacramento dell’altare, nelTabernacolo della Misericordia; soloLui dà pienezza di vita all’umanità.Questo si deve manifestare al mondo,dalla terra di Germania, posta al centrodell’Europa, che molto deve al Vangeloe ai suoi testimoni lungo i secoli. Il Papaha voluto, in sostanza, far capire ai gio-vani partecipanti e non, che la vita nonè fatta solo di tempo libero da occupa-re ad ogni costo con il divertimento oda tutto quello che abbiamo e che pos-siamo comprare, ma che esiste qualcosache va al di là dell’effimero.

FARE DI CRISTO IL CENTRO

DELLA VITA. Nella Messa conclusivadella GMG, Benedetto XVI ha chiama-to i ragazzi rivoluzionari, appello viventealla fede e alla speranza. Adorare Dioattraverso l’Eucaristia significa che l’oradi Cristo diventa la nostra ora, insieme ai

suoi discepoli Egli celebrò la Messapasquale di Israele, memoriale dell’azio-ne liberatrice di Dio dalla schiavitù;oggi, la nostra ora è adorare CristoEucaristia, attraverso il quale libertànon è godersi la vita, ma orientarsi adiventare noi stessi veri e buoni. Fare diCristo il centro della nostra vita signifi-ca scoprire che non si resta mai soli,non usando la religione come un fai date, perché alla fine nell’ora della crisiquesto modo di viverla ci abbandona anoi stessi. Nel tempo libero si può cer-care Cristo Eucaristico programmandola Messa domenicale, anche se qualchevolta può risultare scomodo, un sacrifi-cio, ma il tempo libero rimane vuotosenza Dio.

I GIOVANI, NUOVI MAGI. Infine ilPapa ha detto ai giovani, dando loro ilnuovo appuntamento a Sydney nel2008: So che aspirate a cose grandi: dimostra-telo al mondo. I giovani, nuovi magi, sal-pando da Colonia dimostrerannoall’Europa e al mondo intero che Dio fanuove tutte le cose. Il rinnovamento avver-rà attraverso lo Spirito Santo, che infon-derà nuovo entusiasmo e la gioia diessere cristiani. Assisteremo in futuro almiracolo di un nuovo slancio dellaChiesa e, attraverso la testimonianza,l’Europa riconoscerà Cristo e, forse, igiacobini si convertiranno…. D’altraparte…Nulla è impossibile a Dio!n

il commento

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DIVAGAZIONI A SFONDO STORICO

SUL LUOGO. Il secondo turno delRitiro annuale dei Padri e Fratelli

Maristi italiani ha avuto luogo dal 29 ago-sto al 3 settembre nel convento San Sosiodei Padri Passionisti, a Falvaterra.Il luogo, a prima vista, non dice molto.L’aspetto positivo che si coglie subito èche Falvaterra si trova in Ciociaria. Unaterra abitata da gente che per lungo tempoha portato le ciocie, una calzatura rusticacostituita da una suola di cuoio fissata connastri al piede e al polpaccio. Gente robu-sta, energica, religiosa, amante del lavoro edelle feste che vengono allietate da canzo-ni popolari e stornelli. Chi, però, ha la for-tuna di avere seguito, seppure in misuramodesta, studi letterari e storici, non tardaa rendersi conto, arrivando sul posto, ditrovarsi in un luogo ricco di richiami afatti e avvenimenti importanti del passato.Siamo innanzitutto nel centro del territo-rio dei Volsci. Un popolo, quello deiVolsci, piccolo ma estremamente fiero, diorigine osca, che risiedeva nella partemeridionale della pianura laziale, mentre laparte settentrionale delle medesima pianu-ra era occupata dal Latini con le loro cittàprincipali di Tibur (Tivoli), Praeneste(Paletrina), Tusculum (presso l’odiernaFrascati), Velitrae (Velletri). La Repubblicaromana, al suo inizio nel sec.V a.C., cac-ciati i re e infranto il dominio etrusco,

trovò subito in questo popolo dei Volsci,un ostacolo quasi insormontabile perestendere il suo dominio in tutto il Lazio eper percorrere l’antichissima Via Latinaverso la Campania. I Volsci, approfittandodelle lotte che erano sorte tra Roma e laLega delle città latine, dilagarono in tuttala pianura del Lazio. Per difendersi controquesta minacciosa aggressione fu conclu-sa un’alleanza tra Romani e Latini, e fuscelto come centro sacrale di questaalleanza il vetusto santuario di GioveLaziale sul Monte Cavo (Albano). Gliscontri con i Volsci dovettero tuttaviaessere molto duri e cruenti a giudicaredalle frequenti allusioni ad essi, contenutinella tradizione latina più antica e, soprat-tutto, in Livio. Tradizione, del resto, checollega alla guerra contro i Volsci la figuraleggendaria di Coriolano a cui s’ispirò W.Shakespeare nell’omonima tragedia. Unadelle più importanti piazzeforti dei Volsci,che portava il nome di Fregellae, è l’attua-le Ceprano. Affacciandomi alla finestradella mia camera, nel convento di San

IN MARGINE AL RITIRO SPIRITUALEA FALVATERRA (FR)

di P.Paolo Ballario

Il convento Passionista di Falvaterra

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Sosio, io vedevo verso sud, su uno speronedella montagna, Falvaterra; verso nord,proprio dirimpetto a Falvaterra e a pochichilometri da essa, Ceprano. Col tempo, lagrande Fregellae, una delle più cospicuecittà italiche dopo Roma e Capua, si tra-sformò in un piccolo e povero villaggio ecominciò ad essere designata col nome diCeparianum dal fondo della famigliaCeparia. La sua storia, tuttavia, non erafinita. L’importanza sua nel Medioevo nonvenne meno perché costituiva un puntonevralgico quale città fortificata ai confinidello Stato della Chiesa col Napoletano,passaggio obbligato tra il Centro e ilMeridione, alla confluenza del fiume Sacconel Liri. Fu luogo d’incontro, infatti, tra ilPapa Gregorio VII e Roberto il Guiscardo(29 giugno 1080). In quella circostanza ilpapa Gregorio VII, confermando quantoaveva già promesso il Papa Nicolò II aMelfi (1059), riconosceva l’autorità deiNormanni sull’Italia meridionale: una deci-sione d’enorme importanza politica. È aCeprano che Manfredi, figlio dell’impera-tore Federico II di Svevia, nel 1266, confiducia nelle proprie forze, attese Carlod’Angiò, invitato dai Papi a scendere inItalia contro di lui, ma tradito dai baronisiciliani, dovette retrocedere fino aBenevento e il 26 febbraio 1266 sul campocercò e trovò morte gloriosa, com’è a tuttinoto a causa dei famosi versi dedicatigli daDante nel canto III del Purgatorio.Al di là di Ceprano, sempre in direzionenord, io scorgevo il profilo delle colline sucui sorge Arpino, essa pure città volsca,

famosa per aver dato i natali a Gaio Mario,console romano, vincitore del re diNumidia Giugurta, celebre per aver porta-to a termine una riforma dell’esercitoromano, che doveva procurargli un postodurevole nella storia: la più terribile mac-china di guerra che il mondo avesse maiconosciuto, con la quale, insieme al collegaQuinto Lutezio Catulo, travolse i Teutoni ei Cimbri (102-101 a.C.). Di Arpino, è perfi-no inutile dirlo, è il grande oratoreCicerone. Spostando, invece, dal conventolo sguardo verso est, s’intravedevano, adistanza di alcuni chilometri, altre duelocalità che godono di un grande fascino.Aquino, patria del più eminente teologodel Medioevo, San Tommaso, e Cassinocon la sua celebre abbazia.Non ci mancavano, quindi, nei momenti disosta, le occasioni per evadere nel passatoe per ammirare sempre di più le glorie diquesta pianura laziale che si estende a sini-stra del Tevere con i suoi colli Albani,Lepini e Ausoni, dove si è andato forman-do, oltretutto, nel corso dei primi secolidella Repubblica romana, quel sistema divalori noto come mos maiorum (costumedegli antenati), vero e proprio fondamentodella civiltà romana, patrimonio e idealedella tradizione, con una spiccata tendenzaalla frugalità, all’austerità, all’onestà, allafiducia, alla forza d’animo, verso cui iRomani ebbero un atteggiamento dicostante venerazione.IL FONDATORE DEI PASSIONISTI

Ho già accennato al convento dei PadriPassionisti dove si sono svolti gli Esercizi

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Spirituali. Attualmente questo vasto edifi-cio, con annessa chiesa in stile barocco, èstato trasformato in Casa d’Accoglienza.Ma la sua storia non è così recente. Lacostruzione risale agli anni 1750-51 ed èstata voluta dal Fondatore dei Passionisti,San Paolo della Croce. L’ultimo biografo diquesto Santo, il Padre Gabriele Cingolani,afferma nel suo libro, pubblicato nel 1997,che San Paolo della Croce non è moltoconosciuto dal popolo cattolico e perfino isacerdoti lo confondono a volte con SanGiovanni della Croce. È vero! Io stessonon sapevo quasi nulla della vita di questoSanto e ignoravo che fosse nato nella pro-vincia di Alessandria in Piemonte, dove iopure sono nato. La sua famiglia, moltonumerosa, era di nobile origine ma ormaidecaduta e gravava, sotto l’aspetto econo-mico, sul lavoro del padre che esercitavaun’attività di carattere commerciale. Paolo,nato il 3 gennaio 1694 a Ovada da LucaDanei e Annamaria Massari, trascorreun’infanzia normale di cui mancano fonti.

Anche l’adolescenza, segnata da uno studiointenso, e la prima giovinezza, non sonocaratterizzate da fatti straordinari. Ma all’e-tà di 20 anni, tra il 1713 e il 1714, Dioirrompe, non si sa neppure come, nella suavita, ne prende in mano le redini e ne diri-ge la rotta. Egli avverte che Dio lo vuoletutto per sé e risponde col desiderio di unavita santa e perfetta, pur ignorando ancoraquale possa essere la volontà di Dio su dilui. Dapprima si dedica a vita eremitica. Ingenere gli eremiti a quell’epoca avevano incustodia una chiesa o un santuario e abita-vano nell’annesso oratorio. Paolo si con-vinse, però, che questa non era la sua voca-zione. La sua vera vocazione si manifeste-rà negli anni seguenti attraverso esperienzemistiche e con l’accesso al sacerdozio. Eglidefinirà, poi, il suo carisma personale conqueste parole: promuovere il ricordo della pas-sione di Cristo nella Chiesa e nel mondo attraver-so la predicazione di missioni popolari nei luoghipiù difficili, dove la gente è più abbandonata. Lanascita giuridica della congregazione dei

Passionisti avverrà il 15 maggio1741 con il rescritto dell’appro-vazione della Regola da parte delPapa Benedetto XIV. Il Santo,dandone notizia a sua madre,l’avverte che d’ora in poi non sichiamerà più Paolo Danei, maPaolo della Croce. E sarà lui a for-mare i primi duecento religiosidella Famiglia che ha fondato;predicherà duecentocinquantamissioni e aprirà quattordiciconventi, tra cui San Sosio di

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Momenti di dialogo e riflessione. Da sinistrai PP. Bucceleltti, Ballario e Cicalese

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Falvaterra. Muore il 18 ottobre 1775.Viene canonizzato da Pio IX nel giugnodel 1867. Le sue spoglie sono traslate nelnuovo tempio costruito sulla destra dellabasilica dei Santi Giovanni e Paolo sulCelio, a Roma, nel 1880.È consuetudine, nel corso dei nostri ritiri,di leggere un libro di spiritualità nellaprima parte del pranzo e della cena. Lascelta quest’anno era scontata: la Vita diPaolo della Croce di P. Gabriele Cingolani.Una pagina di questa vita mi ha particolar-mente colpito per il suo sapore d’attualità.Vale la pena di riprodurla:Dio non si può stare solo a contemplarlo.Quanto più ti accosti a lui, tanto più sentiil bisogno di fare qualcosa per gli altri nellastoria. Anche per reagire alle tentazionicontro la fede, Paolo crede di cogliereun’altra indicazione di Dio nel desiderioimprovviso di morire martire per la fede,partecipando all’ultima crociata. L’8dicembre 1714 i turchi dichiarano guerraalla repubblica di Venezia per la riconqui-sta del regno di Morea, odiernoPeloponneso in Grecia. È l’ennesimaminaccia dell’islam all’occidente, quindialla cristianità. Hanno già radunato cento-mila soldati sulla sinistra del Danubio aPancsova. I cristiani riescono ad aggregar-ne solo sessantamila, al comando del prin-cipe Eugenio di Savoia. Venezia cerca aiutiin Italia e in Europa, e il papa Clemente XIinvita i governanti cattolici a collaborare. Siricrea lo spirito delle crociate che coinvol-ge spiriti generosi. Paolo Danei è tra que-sti. Sente nell’intimo che arruolarsi puòessere un modo di rispondere a Dio che lo

chiama a spendersi per lui nella storia.Convince i familiari che è bene andare.Tutti ne condividono la motivazione difede. Turchi e musulmani sono ritenutinemici della Chiesa. Combatterli è consi-derata una testimonianza di fede cristianacapace di accendere l’idealità giovanile,come oggi marciare per la pace o farevolontariato per i più deboli. Nessunomette in discussione se sia cristiano omeno. Paolo confluisce a Crema, dove letruppe del nord si addestrano in attesa dipartire per il fronte […]. Non è quello cheDio vuole. Lo capisce pregando in unachiesa della città dove si fanno le quaran-t’ore […]. Ritorna a lavorare per l’aziendapaterna di commercio…Ho trovato questa pagina interessante per-ché fa comprendere come gli ideali cristia-ni siano sempre quelli indicati da Gesù nelVangelo: il Regno dei cieli, l’amore di Dioe dei fratelli. Il cammino per raggiungerequeste mete può, tuttavia, cambiare nelcorso dei secoli e assumere forme piùautentiche, più genuine. È quanto è avve-nuto in questi ultimi tempi.

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Una celebrazione

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STIMOLI DI RIFLESSIONE PER I RELIGIOSI

E GLI SPOSI CRISTIANI. In un RitiroSpirituale è la grazia di Dio che opera suglianimi attraverso l’ascolto della sua Parola,attraverso la riflessione, la liturgia, il canto,la preghiera, la confessione. Uno strumen-to fondamentale di cui si serve Dio in queigiorni è, però, anche il predicatore, coluiche riveste il ruolo di guida negli Esercizi.In questo campo il Padre Provinciale,Mauro Filippucci, ci ha riservato una sor-presa: un predicatore laico, Nello Dell’Agliche vive, tuttavia, in una piccola fraternità

a Ragusa. Dottore in teologia e psicotera-peuta, è docente di psicologia presso laFacoltà di Scienze della Formazione dellaLUMSA, di psicologia pastorale presso laFacoltà di Sicilia e il Pontificio AteneoAntoniano di Roma. Queste informazionipossono subito aiutarci a intuire qualesarebbe stato il taglio delle meditazioni:meditazioni brevi, seguite dal dialogo,basate sui contributi offerti dalle scopertepiù attuali di psicologia e psicoterapia,inseriti, però, in un contesto teologico disalvezza che tenga nel dovuto rilievo leradici ebraiche della fede cristiana, la tradi-

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I partecipanti al ritiro

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zione ascetica delle Chiese d’Oriente, leesperienze dei Padri del deserto.I risultati di questa impostazione, originalee nuova per noi, di portare avanti il discor-so spirituale e relazionale, mi sembra chesiano stati rilevanti. Diversi confratellisono intervenuti nel dialogo e molte ideeeespresse dal prof. Nello Dell’Agli - già svi-luppate da lui, del resto, in un libro dal tito-lo Lectio Divina e Lectio Humana (ed.Dehoniane, Bologna 2005) - ci sono parsepersuasive. Mi permetto di proporre due otre riferimenti concreti per consentire ailettori di comprendere quali fossero i con-tenuti e il tenore delle meditazioni. La con-statazione di fondo da cui egli parte, citan-do grandi personalità nel campo della psi-cologia, è la seguente: Stiamo vivendo un cambiamento epocale:siamo passati dalla cultura del noi alla cul-tura dell’io, viviamo in una società che èfiglia dell’antiautoritarismo e del narcisi-smo: in essa soggettività e frantumazionediventano, quindi, le idee chiave per com-prendere molti dei fenomeni che stiamovivendo ed in modo del tutto particolare ledifficoltà del vivere insieme. L’uomo con-temporaneo è segnato dal bisogno e dalladifficoltà tragica di costruire legami dura-turi e fedeli, dal bisogno e dalla difficoltàtragica di coniugare appartenenza e sog-gettività: in questo contesto, le categorie direlazionalità, crescita, guarigione interiore erelazionale stanno divenendo categoriefondamentali nella sua autocomprensionee impliciti appelli alla maternità della chie-sa perché le valorizzi come ponti di incon-

tro pastorale. In tale contesto, nella societàe nella chiesa, è necessario impegnarsipazientemente per riscrivere le regole delvivere insieme e per ricostruire lo sfondospirituale che permetta di dare senso erespiro ad un tale impegno. Qualsiasi invi-to ad una relazionalità matura o ad unaprassi di comunione rischia, tuttavia, diessere sterile se non si unisce ad un preci-so impegno formativo (e non solo infor-mativo) delle nostre chiese, il cui scopo siaquello di aiutare un numero sempre cre-scente di laici, religiosi e presbiteri a matu-rare un cuore sapienziale, capace di undiscernimento maturo, e a sviluppare quel-le competenze relazionali necessarie per-ché veramente le nostre comunità sianoesperte in umanità (Paolo VI), siano scuole dicomunione (Giovanni Paolo II) e si realizzi inesse l’auspicata circolarità tra Parola di Dioe vita concreta (pp.209-210).Molto incisiva ed efficace, poi, la riflessio-ne fatta a proposito del passo di Giuditta(8,26): «La vita relazionale - ha affermato -non è stata data a noi per pretendere ilcambiamento degli altri, ma per imparare aconoscere noi stessi e a lavorare su di noi».Con parole più esplicite il medesimo con-cetto viene ribadito a p. 54 del suo libro:Cominciare da se stessi significa rinunciare,nel conflitto, ad aspettare il cambiamentoaltrui («mio marito, mia moglie, il confra-tello, il Signore, etc. devono essere diver-si»), e cercare le radici del conflitto presen-ti nel proprio cuore: così, ad esempio, biso-gna imparare a vedere con lucidità che ilproblema non sono gli altri che mi trascu-

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rano, ma il mio sentirmi trascurato. Inaltri termini, si tratta di superare ogni ten-denza al vittimismo, alla colpevolizzazio-ne dell’altro e all’usargli violenza (direttao indiretta) per cambiarlo, per imparareinvece a lavorare su se stessi, per assume-re responsabilmente i propri bisogni, leproprie ferite, le proprie sofferenze eportarle nel rapporto trasformante con ilSignore: «il punto d’Archimede a partiredal quale posso da parte mia sollevare ilmondo è la trasformazione di me stesso».E ancora, sull’argomento dell’attenzionea se stessi e al lavoro su di sé: Non c’è crescita o guarigione senza dis-ponibilità ad uno sguardo limpido sulproprio mondo interiore e senza la dis-ponibilità a lavorare sui propri conflittiinteriori, lasciandosi mettere in discussio-ne nel concreto delle proprie vicenderelazionali. «Non volere che gli altri (perte) diventino cristiani migliori», ci ricordaSan Francesco, e lo stesso santo ci invitaa prenderci cura degli altri e ad affidarciagli altri come sono: all’interno delle ine-vitabili prove e degli inevitabili conflittiche la vita riserva, la crescita e la guari-gione viaggiano lungo il binario dellarinunzia al tentativo di cambiare gli altri,per imparare a conoscere se stessi (sop-prattutto la propria parte oscura) e alavorare sistematicamente sui propri vis-suti e sui propri conflitti. «Quale parte dime viene agganciata e rivelata dal com-portamento altrui?» diviene domandafondamentale per ogni cammino chevoglia essere di crescita e risanamento

(p.238).L’uomo tende a nascondersi a Dio e a sestesso (questa è la prima conseguenza delpeccato) e deve, invece, tornare a rivelar-si a Dio e a se stesso, riacquistare fiduciadi raccontarsi a Dio e a se stesso, assu-mendosi la responsabilità dei propri vis-suti (p.53).Un’ultima citazione, molto bella, con laquale intendo chiudere queste divagazio-ni su un Ritiro che a me, personalmente,è piaciuto molto. È la citazione di unpensiero del nostro predicatore sul temadell’apertura al mistero dell’Alterità inposizione d’ascolto, che trova riscontroanche nel suo libro (p.239), partendodalla parabola del Figlio Prodigo:«Il padre allora uscì a pregarlo…» (Lc15,28): la disponibilità ad ascoltare glialtri, le loro ragioni, i loro vissuti, i lorobisogni, le loro sofferenze e le loro criti-che (!) ed in particolare la disponibilità adascoltare il Signore, le Sue ragioni, i Suoivissuti, i Suoi bisogni, le Sue sofferenze ele Sue correzioni, ovvero la disponibilitàad accogliere l’appello che proviene dal-l’altro (anche dal suo stato dell’IoBambino), è via maestra, al di là di qualisiano state le vicende evolutive di unapersona, per uscire dall’egocentrismo edall’insensibilità, per andare verso un

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Mensile sulle operee sulle missioni

dei Padri Maristi italiani

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Direttore ResponsabileP. Giovanni B. Colosio

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Redazione:P. Giovanni B. Colosio

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Finito di stampare il1 Ottobre 2005

9-10 settembre - ottobre 2005

2 Iconografia mariana

a cura di P. Gianni Colosio

5 Sullo spirito Marista

di P. Michael Fitzgerald

6 La pagina del Direttore

8 Colonia 2005

a cura della redazione

12 La parola ai giovani

interventi di

Massimiliano GallettiBenedetto PanicciaPaolo Di TotaRoberta StendardoAntonio De NapoliLivia VenturaAntonio SperaFrancesca MeacciMaria Ughi

20 Il commento

di Francesca Caracò

24 In margine al ritiro spirituale

di P.Paolo Ballario

In questo numero

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Madonna di Port Lligat (dettaglio)

Salvador Dalì (1904-1989)