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Fabrizia Gianni Il Giardino Pubblico NATURALMENTE NATURALMENTE scienza Fatti e trame delle Scienze

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Fabrizia Gianni

Il Giardino Pubblico

NATURALMENTE

NATURALMENTEscienza

Fatti e trame delle Scienze

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NATURALMENTE Raccolta di articoli di Fabrizia Gianni

NATURALMENTEscienza

Indice

1. Storia di un contrastato rapporto tra Città e Naturada NAT n. 36 1998 maggio

10. Parigi e Londra: due diversi sistemi politici, duediversi modi di intendere il verde pubblico (secondaparte) da NAT n. 37 1998 settembre

20. Storia di un contrastato rapporto fra Città e Natura(terza parte) da NAT n. 38; 1998 dicembre

26. Storia di un contrastato rapporto tra Città e Natura(quarta parte) da NAT n. 39; 1999 febbraio

31. Storia di un contrastato rapporto tra Città e Natura(quinta parte) da NAT n. 40; 1999 maggio

39. Storia di un contrastato rapporto tra Città e Natura(sesta parte) da NAT n. 41; 1999 settembre

45. Storia di un contrastato rapporto fra Città e Natura(settima parte) da NAT n. 42; 1999 dicembre

51. Storia di un contrastato rapporto fra Città e Natura(ottava parte) da NAT n. 43; 2000 febbraio

55. Il Parco pubblico in Germania come elemento diriequilibrio tra città e campagna da NAT n. 44; 2000maggio

50. La Carta di Atene ed il nuovo ambiente-città daNAT n. 45; 2000 settembre

67. Un bosco in città da NAT n. 47; 2001 febbraio

72. Parc de la Villette da NAT n. 49; 2001 settembre

79. Come costruire la città da NAT n. 52; 2002 febbraio

87. Strategia del decentramento: garden-suburb daNAT n. 53; 2002 maggio

92. Howard e il destino del suo idealtipo da NAT n. 54;2002 settembre

96. New towns da NAT n. 55; 2002 dicembre

103. Come si trasforma il modello delle new townsnelle altre nazioni europee (1) da NAT n. 57; 2003maggio

109. Come si trasforma il modello delle new townsnelle altre nazioni europee (2) da NAT n. 59; 2003dicembre

Raccolte di NATURALMENTE Scienza

Fabrizia Gianni

Il Giardino Pubblico

NATURALMENTE ScienzaDirettore responsabile Luciano Luciani

Registrato il 25/02/1989 presso il Tribunale di Pisa al n. 6/89

[email protected]

In copertinaIl Museo di Storia Naturale ai Giardini Pubblici di Milano,opera di Giannino Grossi (1889-1969)

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e Natura

FABRIZIA GIANNI

una maggiore sensibilità nei confronti delle sofferenzedegli animali ed un�iniziale perplessità con la giàcollaudata tradizione utilitaristica per cui foreste edalberi, che non avessero alcun valore commerciale,dovessero essere distrutti. Certo il quadro che si ricavadalle letture che riportano il tipo di vita e il tipo diattività industriali che si svolgevano al centro dellecittà, in particolare di Londra, non lasciano alcundubbio sulla legittimità del desiderio che gli abitantidelle città provavano per le delizie della vita agreste. Ilcarbone, il combustibile più impiegato per usi indu-striali e per usi domestici, conteneva una quantità dizolfo doppia rispetto a quello utilizzato comunementeoggi ed i suoi effetti erano proporzionalmente letali. Alcentro di Londra operavano fabbriche di birra, dicoloranti, di amido, di mattoni che ponevano graviproblemi di inquinamento dell�aria e di smaltimentodei materiali di scarto. E�del 1657 un animato dibattitoparlamentare a proposito dell�odore emanato dallefornaci per mattoni situate nella città di Londra e nonsi può dimenticare che proprio in questa Nazione, findal tempi di Riccardo II, furono emanate, con una certaregolarità, delle leggi contro l�inquinamento del Tami-gi. Andando a ritroso nel tempo e fermandoci alRinascimento si vede quanto la situazione fosse diver-sa. La città era sinonimo di civiltà, la campagna dirusticità e di rozzezza. Portare gli uomini fuori dallaforesta e condurli nella città voleva dire incivilirli. Lacittà erano sede del sapere, delle buone maniere, delgusto, della raffinatezza, l�arena in cui l�uomo si realiz-zava. Per secoli le mura della città sono state il simbolodella sicurezza e delle realizzazioni umane e la lorovista ere sempre rassicurante per il viaggiatore. Sta difatto che quando le città incominciano a crescere inmodo smisurato l�Uomo si rivolge alla Natura anchequella molto prossima alla città. Si incomincia a entrarenell�ottica di conservare dei campi nei pressi della cittàa scopo ricreativo salvando quel pezzo d Natura cheesiste dalla costruzione di nuovi edifici. Anche lareligione ebbe un ruolo nella formazione di questonuovo gusto per la vita di campagna. La campagnaveniva descritta come un luogo più sacro che non lacittà, una sorta di porta spalancata sul paradiso terre-stre. Quando cammino per la campagna, dichiarava ilpoeta Henry Needler, �I miei pensieri prendono unapiega solenne e religiosa� e molti poeti del Seicentodicevano esplicitamente che la campagna era stata

Città o campagna. In una uggiosa giornata invernaledel 1667 i coniugi Pepys (1),comodamente seduti nelloro salotto davanti al caminetto acceso, con una caldatazza di tè in mano, chiacchieravano sulla opportunitàdi acquistare o meno una casa in campagna. Concluse-ro però che ciò avrebbe comportato dei nuovi fastidi eli avrebbe legati ad un luogo particolare. Decisero chesarebbe stato molto meglio comprare carrozza e cavallicosì da per poter raggiungere e vedere ogni week-endposti nuovi. Alla fine, più prosaicamente, affittarono,assieme ad un�altra coppia loro amica, una villa aPearson�s Green. Anche se ho voluto dare una perso-nale coloritura al quadretto famigliare di casa Pepys, ildato di fatto che può incuriosire: è rilevare comel�abitudine di trascorrere il week-end in campagnarisalga all�inizio dei tempi moderni. Tanto si era andatadivulgando questa moda in Inghilterra che uno deimotivi per cui l�incendio di Londra del 1666 fece tantidanni, fu che scoppiò nelle prime ore di una domenica,quando quasi tutti i più grandi mercanti erano incampagna per il fine settimana. Questa abitudine nonera però esclusiva delle classi agiate: anche chi, durantela settimana, viveva nelle stanze situate sopra la botte-ga, si ritirava per �1a fine ed il principio di ognisettimana� nelle villette da week-end, sottoponendosiperaltro a notevoli disagi come impiegare tutto ilsabato pomeriggio per impacchettare cibi e vestiti peril viaggio e quasi tutto il lunedì per �disfare, slegare,rinchiudere la biancheria sporca e sostituire le bottigliesporche in cantina�. � Alla base del desiderio di trascor-rere qualche ora a contatto con la natura sta il gradualee progressivo deterioramento dell�ambiente urbano.Penso che, a questo proposito, le vicende storico-sociali dell�Inghilterra siano quasi paradigmatiche epossano chiarire il modificato atteggiamento dell�Uo-mo verso la Natura, dal momento che questa Nazione,prima della fine del Settecento, era diventata di granlunga la più urbanizzata d�Europa e, proprio qui, conmaggiore crudezza, si veniva percependo la nettadistinzione tra la vita urbana e la vita rurale. Contem-poraneamente l�idea che il dominio dell�uomo sulmondo naturale fosse l�oggetto indiscusso delle fatichedell�umanità, cominciava ad essere messo in dubbio.Lo studio della storia naturale aveva demolito moltedelle antiche intuizioni antropocentriche e un senso dipiù stretta affinità con le creature animali aveva messoin dubbio l�idea di unicità dell�uomo. Da qui scaturiva

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrasto tra Città e Natura (seconda parte)Parigi e Londra: due diversi sistemi politici, due diversi modidi intendere il verde pubblico

FABRIZIA GIANNI

Nella prima parte dell�articolo (1) ho posto l�attenzionesulle vicende politiche-sociali che tanto hanno condi-zionato la presenza della Natura nel contesto urbano.Parigi e Londra rappresentano in modo esemplare duesituazioni, per alcuni versi, antitetiche e risultanoessere lo specchio di un diverso sistema politico:centralizzato quello francese, pluricentrico quello del-la società inglese. Nella Parigi di Napoleone III il verdepubblico acquista la valenza di facciata di un fortepotere politico accentrato nelle mani di una o piùpersone che sono indipendenti dal popolo stesso. Bendiversa è la situazione nella Inghilterra dell�iniziodell�Era Industriale dove il verde pubblico acquistauna impegnativa valenza sociale. In entrambi i casi e,con una visione che si stacca dal semplice arredo verdeurbano, la Natura incomincia a diventare essa stessa unimportantissimo elemento del processo storico ed unainsostituibile componente interna alla vita sociale del-l�uomo. Ricordo (1) che uno dei motivi che rendonooriginale l�esperienza inglese nell�ambito dei GP varicercato nei primi promotori della loro realizzazione.In questo caso il committente è un munifico e sensibilecittadino. Non si discosta troppo dal vero far notarecome la forma fisica della città risulti essere il luogo diuna regolata competizione fra privati. Così, mentre aquesti ultimi è demandata la responsabilità di assumereil ruolo di coscienti esecutori e realizzatori di unasocietà ordinata, al capitale è richiesta una coscienzamorale verso la società. Si può cercare di delineare lafigura-tipo di questi privati filantropi. Vengono abi-tualmente definiti come benefattori sorretti da sincereconvinzioni morali, ma a questa dote, sulla quale nonentro in merito, bisogna aggiungere, più prosaicamen-te, una salda pratica finanziaria e una inusuale attitudi-ne organizzativa che permette loro di promuovere erealizzare attrezzature pubbliche per le plebi urbane.Come mai la programmazione di spazi verdi in Inghil-terra risulta essere appalto dei privati? La risposta cheviene abitualmente data si focalizza sulla inadeguatez-za degli ordinamenti amministrativi. E� pur vero peral-tro che l�Inghilterra della prima metà del XIX secoloviene considerata come la nazione economicamente epoliticamente più avanzata del continente. E� la nazio-ne che anticipa l�identità moderna delle nazioni occi-

dentali tanto che la nascita del GP, tipica attrezzaturadella città attuale, è stata a volte vista come strettamen-te connessa alla nuova cultura sviluppatasi in quelpaese. Non bisogna però dimenticare che, paradossal-mente, proprio l�evoluzione in senso pluricentricodella società inglese risulta un effettivo impedimento aogni estensiva operazione di miglioramento della qua-lità urbana. Qualsivoglia iniziativa si scontra infatticon il caos amministrativo generato dalla pletora dicompetenze delle tante autorità locali. In Gran Breta-gna le autorità sono molte: le contee, i distretti, icommissari per i lavori pubblici e questa confusaframmentazione dei poteri impedisce la trasformazio-ne e il miglioramento del territorio. Nella civilissimaInghilterra è impossibile fare prevalere l�interesse co-mune sulla proprietà privata a meno che non si passiattraverso specifici provvedimenti legislativi dell�auto-rità centrale di governo. Sul continente, al contrario,negli stati che hanno costruito i propri ordinamentiamministrativi sul modello francese, il verde pubbliconasce per intervento diretto del potere centrale e deisuoi rappresentanti periferici. La situazione ingleseincomincerà a cambiare solo nel 1875 con una leggenota come Public Health Act., mediante la quale siconclude il periodo della progettazione del verdeurbano per sola iniziativa privata. Ormai è possibileinserire le spese relative alla acquisizione, alla sistema-zione e al mantenimento delle aree verdi nei bilancidelle municipalità e dei distretti. In alcuni casi èammesso l�esproprio forzoso di lotti di qualsiasi tipoallo scopo di usare tale terreno come pubbliche passeg-giate o aree per il gioco. Pur non volendo addentrarmiin un campo diverso dal mio, penso che l�esperienzainglese potrebbe essere uno spunto di riflessione sultema delle competenze decisionali nell�ambito dellapolitica dell�ambiente. Sono convinta dell�importanzadi affidare tutti i problemi inerenti la Natura ad ununico organo centralizzato sottraendo la tematica inquestione a qualsiasi forma di federalismo. Il fineultimo è quello di salvaguardare l�unicità degli inter-venti che devono tenere sempre presente lo status diricchezza non rinnovabile della Natura. In questaottica condivido l�assolutismo del prefetto di ParigiHaussmann che, per essere sicuro di portare a termine

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto fra Città e Natura (terza parte)

FABRIZIA GIANNI

I Giardini RicreativiParallelamente al Giardino Pubblico (GP), e di essocome sua ramificazione, si fa strada nel �700 un�altratipologia di Giardino (G) nota come Giardino Ricrea-tivo (GR).Molti sono i punti in comune tra i due G, ma fin dallasua origine il GR presenta dei connotati suoi propri chepermettono di porlo in una categoria a parte. I GRaprono alcune tematiche importanti per quel che ri-guarda l�accezione di opera d�arte applicata ad un benedi uso pubblico stretto dai lacci dell�utilitas. In essi, omeglio nella loro progettazione come già per il GP, sitrasferisce la querelle fra l�interpretazione di una Naturaordinata e sottomessa tipica del G formale -formalgarden- di stampo francese ed una Natura disordinata elibera tipica del G paesaggistico -landscape garden- distampo inglese: due modi interpretativi diversi cheincominciano ad essere affiancati.Se si prende alla lettera l�attributo ricreativo dei G inquestione, si realizza che il loro scopo primario è dioffrire ristoro e momenti di svago in modo più finaliz-zato di quanto fosse già offerto dal GP.Mettiamo il caso che a due passi da una popolosa efumosa grande città si trovi una fonte termale che abbiaproprietà terapeutiche prodigiose, mettiamo pure ilcaso di voler valorizzare il sito con il fine commercialedi richiamare un pubblico più numeroso. Non rimaneniente di meglio che progettare attorno alla fonte unpezzetto di Natura. Nascono così quei piccoli G termaliche si pongono all�origine dei GR.Ancora una volta dobbiamo spostarci nei dintorni diLondra dove, fin dalla fine del Seicento, nel raggio didue chilometri dal cuore della città, si contano ben ottosemplici giardini termali. Questi luoghi nel corso delXVIII secolo acquistano caratteristiche ricreative chetravalicano quelle puramente terapeutiche. Insiemeagli edifici dove si trovano le pompe che estraggonol�acqua, i visitatori hanno a disposizione un salone peri convivi, una casa da gioco e, per quanto ci riguarda,G organizzati in maniera formale segnati da una grigliadi alberi dalla folta chioma e di lunghi viali per ilpasseggio dove la società alla moda organizza festecampestri. Viene così enfatizzato il connubio fra atti-vità ricreative e romantica atmosfera di Arcadia cam-pestre secondo i dettami ideologici di successo ispiratiall�opera di Rousseau. Andando a ritroso nel tempo si

può vedere che questo connubio non è una novitàassoluta. Durante il Rinascimento nei G venivanoambientate rappresentazioni teatrali come nelle villemedicee, a Versailles e nelle residenze inglesi di cam-pagna. Nel caso dei G che sto trattando la differenza varicercata nel tipo di Pubblico a cui questi eventi sonorivolti, molto più vasto e meno aristocratico.L�assetto compositivo dei GR ha una tipologia formaleprecisa e ricorrente: una struttura regolare, per facilita-re il movimento dei gruppi, e una pianta articolata chepropone, anche in appezzamenti modesti, situazionispaziali diverse.Le situazioni spaziali diverse sono ottenute attraversol�uso di elementi di derivazione teatrale: esedre,anfiteatri, alcove, quinte, fondali, tutti creati con essenzeverdi e materiali effimeri. Soluzioni già viste nei teatriniall�aperto dei G e nei teatri di verzura della tradizioneitaliana (1). Nel caso però dei GR gli elementi sceniciintrodotti hanno perso il loro uso funzionale prevalendolo scopo puramente estetico.Per categorizzare le differenze tra i due tipi di G pensoche sia interessante focalizzare l�attenzione sul lorodiverso orario di frequentazione che, nel caso dei GRè prevalentemente serale, quando l�atmosfera è resamagica dalle centinaia di tremolanti lampade che liilluminano e sul tipo di proposte ludiche che offronocome musica, ballo, cibo e, ovviamente, belle donne.Ma, come si può intuire, nulla viene offerto gratis. I GRsono delle vere e proprie imprese economiche promos-se dalla intraprendenza di singoli imprenditori e comeimprese scompariranno quando cadranno in declinoevidenziando che l�arredo vegetale è stato utilizzatocome semplice pretesto e non per la sua intima pecu-liarità di materia vivente che porta a contatto con laNatura.Due città si contendono la fama di aver dato vita ai piùanimati GR: Londra e Parigi.Spetta a Londra lanciarne la moda nel XVIII secolo,spetta a Parigi mantenerne viva la tradizione nel XIXsecolo.

Opere teoriche fissano l�identità tipologica e for-male del Giardino PubblicoHo sopra accennato a come, nella progettazione delGP, si trasferisca la problematica della interpretazionedella Natura. Mi sembra quindi opportuno aprire una

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e Natura (quarta parte)

FABRIZIA GIANNI

Darwin in GiardinoNel corso del XIX secolo si delineano in Inghilterraalcune tematiche sociali e scientifiche che influirannoprofondamente sulla progettazione e sull�uso deglispazi verdi, pubblici e privati, nell�Isola e nel Con-tinente.L�Inghilterra vittoriana presenta al suo interno delleprofonde lacerazioni. Da una parte ha una grandefiducia e sicurezza nella sua proposta di una societàcivile dedita al progresso scientifico e tecnologico,dall�altra percepisce, con malcelata ansia, come le massesiano difficilmente domabili, preda di vizi e impregna-te di un profondo malessere.Il rimedio che viene proposto per migliorare questasituazione di fatto risulta essere il processo di civiliz-zazione nel quale si cerca di individuare una direzionegenerale dell�evoluzione umana che aveva mosso iprimi passi da una condizione arcaica ed era alla ricercadi valori sociali nuovi.Nel 1859 compare nelle librerie un testo assolutamenterivoluzionario On the Origin of Species by Means Naturalselection scritto da un naturalista di nome Charles Darwin.In questo libro, per la prima volta, viene proposto ilmeccanismo della selezione naturale come la chiave divolta delle modificazioni che si riscontrano negli orga-nismi. Gli organismi si trasformano rispetto ai lorogenitori per meglio adattarsi alle mutate condizioniambientali, ma non tutti sopravvivono perché devonolottare contro una cronica mancanza di spazi dalmomento che l�economia naturale contiene un numerolimitato di posti. Sopravvivenza del più adatto quindi,ma solo dopo una strenua competizione. Vediamocosa Darwin stesso scrive �Gli esseri viventi si battonoper conquistare un posto nell�economia della natura: ifratelli lottano tra loro per prendere il posto dei genitoriquando esso si renda vacante, se non addirittura prima,i conquistatori invadono un paese e cercano un postoper se stessi.� Nella ipotesi proposta da Darvin vienericonosciuto un ruolo dinamico alla lotta fra gli indivi-dui che richiama quella ancora più temuta fra le classisociali. Darwin, d�altro canto, aveva sperimentato su sestesso questo idea di lotta per il posto. Di ritorno dalSud America, dal suo viaggio intorno al mondo duratocinque anni, pensò di avere tutte le credenziali perentrare a far parte della comunità scientifica londinese.Così, subito dopo il suo rientro in patria, siamo nel

1836, si impegnò alacremente per riordinare le sueraccolte e per scrivere il resoconto del suo viaggio, nontrascurando una intensa vita mondana con gli intellet-tuali di quel periodo. Ma ben presto comprese chequesta vita non gli si confaceva e fin dal 1839 siavvicinò all�ideale vittoriano dell�isolamento con �unagraziosa, tenera moglie su un divano, con un buonfuoco e libri e magari musica�.Nel 1842 Darwin lascia Londra per ritirarsi a Down,nel Kent, a 20 miglia dalla città, con un forte senso della�guerra di tutti contro tutti�, sempre più convinto ditrovarsi ancora una volta di fronte al riaffermarsi dellainevitabile legge naturale che aveva già visto alleGalàpagos e in Sud America.�Solo nel mondo civilizzato l�uomo si sente onnipo-tente� affermava nel 1850 il critico sociale Edwin P.Hood, un mondo dove il potere, la forza, la combatti-vità e la determinazione risultano essere alcune dellequalità della civiltà tra le più apprezzate dai vittoriani.In ultima analisi il processo di civilizzazione stessopoteva essere considerato una sorta di sorta di guerrasanta per la conquista della Natura e del mondoselvaggio, nemico da snidare e incatenare, comerisultava anche dagli scritti di Darwin.Sul filone di queste idee si può leggere anche quantoaffermava nel 1860 l�ambientalista e geografo ameri-cano George Perkins Marsh: �Vi è una differenzasostanziale fra i rapporti dell�uomo selvaggio e dell�uo-mo civilizzato con la Natura; essa consiste nel fatto chementre l�uno si forma e cresce con caratteristichementali e fisiche determinate dal luogo di nascita e daaltre cause naturali esterne, l�altro è più o meno indi-pendente dalla loro azione e il suo sviluppo è, in misuracorrispondente, originale e autodeterminato�.Se è vero che questa è l�opinione più diffusa delperiodo è altrettanto vero che nello stesso momento sifa strada un nuovo atteggiamento, meno ostile e piùconciliante, nei confronti della Natura.Ormai l�idea stessa di evoluzione non poteva essere piùtrascurata e il processo di civilizzazione aveva assuntoil ruolo di una forza di redenzione, però, allo stessotempo, si cominciava a prendere coscienza della neces-sità di ricostruire un rapporto di consanguineità tral�uomo e l�animale. Si percepiva, inoltre, un senso diresponsabilità morale nei confronti dell�ambiente chedoveva essere protetto dagli abusi che venivano perpe-

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e Natura (quinta parte)

FABRIZIA GIANNI

La Window TaxNel 1845 ha luogo in Inghilterra la soppressione dellawindow tax, la tassa sul vetro.L�acquisita economicità di questo materiale abbinataalla sua duttilità lo rendono elemento strutturante perle esperienze più avanzate nel campo della architetturadel XIX secolo.Tra tutti i materiali che fanno ormai parte della vitaquotidiana il vetro rimane, a parer mio, sempre unelemento affascinante e misterioso. Mi riesce difficiledare per scontata la sua proprietà più peculiare: latrasparenza. Rivado col pensiero alla definizione chene danno i manuali di chimica. Si legge: �il vetro è unmateriale costituito da silicati di metalli alcalino terrosie di altri metalli bivalenti che trova numerosissimeapplicazioni per la sua trasparenza e la sua facilelavorazione�. La defìnizione, nel suo crudo tecnici-smo, non fa lontanamente pensare a quale ruolo abbiaassunto questo composto nella vita dell�Uomo. Lagraduale purificazione e chiarificazione del vetro dafinestra, secondo l�urbanista statunitense Lewis Mum-ford (1) è alla base della transizione dal pensieromedioevale a quello rinascimentale. Il simbolismomedioevale, rappresentato dal vetro fortemente colo-rato delle finestre delle cattedrali, inizia a dissolversinel vetro trasparente del Rinascimento che porta aduna visione precisa delle forme e dei colori dellaNatura.Le superfici trasparenti, che avvolgono lo spazio senzachiuderlo, vengono a dissolvere il contrasto tra il vuotoe il pieno del muro rinascimentale.La conoscenza del mondo che ci circonda subisce unradicale capovolgimento grazie al vetro del microsco-pio e del telescopio. La realtà acquista una dimensionenon finita ed in dinamica espansione e l�Uomo ècostretto a retrocedere dalla posizione privilegiatadove si era, con un certo orgoglio, collocato.

Joseph Paxton: da Botanico a ImprenditoreHo avuto modo, nel precedente articolo (2), di intro-durre brevemente la complessa personalità di Paxton.Considerato, per elezione, il continuatore delle idee diLoudon nel campo della progettazione dei G, vive larealtà che lo circonda con un tratto da tipico personag-gio di romanzo vittoriano. Egli spazia, con curiosità eimprenditorialità in tutti quei settori che lo mettono a

contatto con la società che sta profondamente mutan-do alla luce delle ultime scoperte tecnologiche.La sua vita incomincia a diversificarsi quando comecapo-giardiniere del duca di Devonshire, lo accompa-gna poco più che ventenne nei suoi viaggi in Europaalla ricerca di piante rare. Lo stesso duca lo introducenel business in campo ferroviario che allora risultavaessere uno dei fattori trainanti della nuova economia.In pochi anni, da autodidatta, consegue un successoeconomico e professionale senza paragoni nei campipiù disparati.Considerato uno dei maggiori esperti botanici del-l�epoca, progetta e realizza serre sperimentali giungen-do a brevettare un sistema di copertura applicabile aqualsiasi tipo di costruzione.Da azionista della Midland Railway Company, rete ferro-viaria che collega Birminghan con Londra, ne diventadirettore.Comprende l�importanza dei mass media ed acquista nel1846 il quotidiano Daily News, sopravvissuto alla disa-strosa gestione del padre di Dickens e dello stessoromanziere.Forte del solido patrimonio che si era costruito, diven-ta manager in proprio e rivolge i suoi interessi a tuttocampo passando dal settore immobiliare alle fornituremilitari per la guerra in Crimea (1855) dove va adirigere il montaggio delle baracche per i militari. Incampo urbanistico, oltre a realizzare parchi che pro-pongono delle soluzioni assolutamente innovative, sioccupa di igiene edilizia. Per ultimo come membro delParlamento, dove è eletto dal 1854 al 1864, si occupasoprattutto di attività in campo sanitario.

L�Edificio dell�Esposizione Universale di Londradel 1851: storia di un progettoLa vita di Paxton assomma in sé tutti i fermenti di unanazione che, oltre ad essere fortemente industrializza-ta, ha assunto, unica in Europa una vera e propriafilosofia industriale. La scoperta della macchina a vaporee la sua introduzione in campo industriale ha portatola produzione ad un tale incremento che si incomincia-no a porre problemi di consumo a livelli di massa.Nasce di conseguenza la necessità di trovare un modoelegante, ma anche convincente , di portare il pubblicoa conoscenza dei nuovi prodotti del nascente industrialdesign.

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e Natura(sesta parte)

FABRIZIA GIANNI

People�s park di BirkenheadL�affascinante vita di Joseph Paxton (1) è segnata daalcune opere che hanno avuto il pregio di rompere conla tradizione, introducendo, in ambiti assolutamentenuovi, alcune importanti tematiche sociali che avevanoincominciato ad affacciarsi nella dinamica società diquel periodo.In questo ambito è possibile inserire uno dei capolavo-ri di Paxton: il People�s Park di Birkenhead. Gli attributisi sprecano per questo autentico giardino per il popolo che,in una sorta di Guinness dei Primati viene definito, aseconda della chiave di lettura che si voglia dare, ocome �il primo parco moderno proiettato e pensato perl�uso pubblico�, o come �il primo parco il cui terrenoviene acquistato attraverso un mutuo concesso dalgoverno da ripagarsi attraverso la tassazione locale� ocome �il primo parco il cui criterio compositivo sfruttauna serie di innovative soluzioni che coniugano con-temporaneamente particolarità paesaggistiche, botani-che e funzionali�.Il Parco Pubblico di Birkenhead si pone cronologica-mente tra le prime opere alle quali Joseph Paxton dàforma.Birkenhead era la nuova cittadina costruita sulla rivaoccidentale del fiume Mersey, esattamente sulla spon-da opposta a quella su cui sorge Liverpool.Agli inizi degli anni Venti del XIX secolo alcuni gruppiimprenditoriali privati danno mano al progetto per larealizzazione della città satellite di Birkenhead. Questonuovo insediamento, portuale e manifatturiero, avreb-be dovuto mettersi in competizione con la vicina eormai poco vivibile Liverpool.Nel 1833 un provvedimento legislativo assegna ad unconsiglio di sessanta membri, la metà dei quali costituitada uomini di affari della città, la responsabilità dellosviluppo futuro dell�area. L�incremento dellapopolazione, circa 10.000 nuovi abitanti all�anno, portasolidi profitti nelle tasche dei promotori che decidonodi aumentare la fama di Birkenhead dando mano alprogetto di un parco pubblico. Questa attrezzaturainnovativa ben si inseriva nelle nuove modalità dicostruzione del sito le quali seguivano interamentel�avanzamento della scienza, del gusto e dello spiritod�iniziativa che si ritenevano tipiche del XIX secolo.

La prima novità che si delinea è la conduzione finan-ziaria dell�impresa. Secondo una differente visioneimprenditoriale il parco deve essere costruito e mante-nuto con gli introiti ottenuti dalla vendita di una seriedi lotti di terreno predisposti attorno all�area del parcoed utilizzabili per la edificazione di residenze di parti-colare valore.Lo spunto è preso da quello che si considera il primonuovo parco di Londra del XIX secolo, il Regents Parkopera dell�architetto John Nash (2).Vengono rilevati, mediante un mutuo concesso dalgoverno, 90 ettari di terreno e si stabilisce che l�esten-sione effettiva dell�area verde pubblica non avrebbedovuto essere inferiore ai 28 ettari, anche se in realtà nesaranno predisposti ben 50.Nell�aprile del 1843 è approvata la legge che promuovela realizzazione del parco e nell�agosto dello stessoanno è incaricato della progettazione Joseph Paxton,all�epoca già noto per le sue serre sperimentali (3).Paxton lavora insieme al suo protetto Edward Kemp,futuro sovrintendente allo stesso parco.I lavori hanno inizio nel 1844 e l�inaugurazione, il 7aprile del 1847, avviene in significativa contempora-neità con l�apertura delle nuove banchine del portodella città.Joseph Paxton introduce degli spunti destinati adessere ripresi e ritenuti indispensabili nella costruzionedei futuri Parchi Pubblici. Fra questi l�aspetto cheriscontra maggiore successo e che sarà più imitato, è loschema di circolazione adottato per la suddivisione deidiversi tipi di traffico: pedoni, carrozze e trafficopesante. Il perimetro del parco è delimitato dallacerchia di ville costruite sui vari lotti di terreno che,isolate o a schiera, fungono da elemento di mediazionetra il parco e la città e che con i loro giardini privatientrano a fare parte, almeno visivamente, dell�areaverde pubblica aumentandone l�estensione.Le carrozze si spostano lungo un viale serpeggiante, ilpark drive, che sottolinea la divisione tra la zona intera-mente pubblica e quella delle residenze private. Il vialeè precluso ai veicoli dei non residenti, mentre il colle-gamento con la viabilità esterna viene assicurato da unastrada che, attraversando l�intera area, ne evita l�isola-mento rispetto al centro urbano.

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Gazebo

Il Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto fra Città e Natura(settima parte)

FABRIZIA GIANNI

Olmsted e l�idea di riserva naturaleLa lunga vita lavorativa di Frederick Law Olmsted (O),iniziata ufficialmente nel 1858 con la progettazione delgrande parco pubblico di New York, il Central Park,dura quaranta anni e si svolge prevalentemente nelsecolo in cui l�America si costruisce come grandenazione unitaria e moderna.Questa situazione viene profondamente recepita da Oche, con i suoi interventi, si propone di diffondere lafunzione che possono svolgere i valori ambientali in unarmonioso sviluppo della società urbana e di metterein evidenza l�influenza positiva che tali valori possonoesercitare sui comportamenti dei singoli.Partendo da queste premesse, O affianca al concetto diambiente naturale come risorsa da proteggere quello diambiente come patrimonio da amministrare, ed indi-vidua nella educazione ambientale un elemento indi-spensabile per un�istruzione completa e integrata cheformi il carattere degli uomini. Come soleva dire loscenario naturale favorisce la salute ed il vigore dell�uomo e ancorapiù la salute ed il vigore del suo intelletto, più di ogni altracondizione che gli possa venire offerta....Alcune significative esperienze di vita lo aiutano adelineare il ruolo che, secondo lui, deve svolgere unagrande nazione democratica.Fa sua la crociata contro la schiavitù e parte, nel 1852,come inviato del New York Daily Times per gli stati delSud allo scopo di osservare gli effetti che questa avevaavuto sulla società e sull�ambiente fisico. Nel 1855diventa direttore e comproprietario della rivista Put-nam�s Monthly Magazine, foro nazionale del pensieroliberale ed infine nel 1861, durante la Guerra Civile,assume per due anni la carica di Executive Secretary dellaappena fondata United States Sanitary Commission lafutura Croce Rossa Americana.In tutti questi segmenti di vita l�impegno sociale fa daminimo comune denominatore. Anche se è difficilequantizzare gli effetti che queste esperienze gli lasciano,O prende con gradualità consapevolezza che tra idoveri dello stato rimangono ai primi posti una lungi-mirante progettazione dell�ambiente e la creazione diuguali opportunità sociali nell�ambito dell�uso di que-sto da parte di tutti. Secondo un�opinione che nonmodificò mai egli affermava che non è sufficiente sottrarre

alcuni scenari naturali al monopolio dei singoli, ma è necessarioche siano aperti all�uso di massa. La creazione da parte deigoverni di grandi parchi pubblici dove tutti, pure nel rispetto dialcune regole, possano liberamente ricrearsi, é dunque un obiettivopolitico non solo opportuno, ma anche necessario.Dopo la Guerra Civile, deluso dalle molte difficoltànella gestione del Central Park, sembra volere dare unindirizzo nuovo alla sua vita.Nel 1864 assume l�incarico di Sovrintendente dellaCompagnia Mineraria Mariposa nello stato della Cali-fornia. L�incarico lo mette a contatto con lo scenariospettacolare di Yosemite Valley caratterizzato da altemontagne incise da profonde gole ricche di vegetazio-ne e del vicino bosco di sequoie giganti Mariposa BigTree Grove.Le sequoie lo affascinano a tal punto da fargli scriverealla moglie che organismi viventi di questa grandezza emaestosità possono solo provenire da un altro mon-do. Rimane colpito inoltre dal colore della loro cortec-cia, un intenso rosso-bruno, che paragona al coloredella cannella, a cinnamon color very elegant. La chiavedell�unicità del paesaggio dello Yosemite, prosegue O,sta in una pregevole fusione di pittoresco, di pastoralee di sublime.La bellezza del sito rafforza in lui la convinzione che lagrandezza della nazione americana debba essere rap-presentata anche dal suo immenso patrimonio naturaleche deve essere sottratto alla speculazione privata.Sollecita così l�intervento della Pubblica Amministra-zione per l�acquisizione dell�area che, una volta com-prata, viene affidata ad una Commissione presiedutada lui stesso. Lo Yosemite Valley ed il Mariposa Big TreeGrove sono i primi parchi territoriali statali istituiti negliStati Uniti e segnano l�inizio del movimento per i parchistatali, lo State Park Movement.O in questa occasione ha l�opportunità di indicare le suelinee programmatiche per una corretta gestione deiparchi nazionali, linee che dovevano essere rivolte allaconservazione sia del paesaggio che delle risorse scien-tifiche. Indica come necessaria la collaborazione conesperti quali i paesaggisti, landscapes artists, e i naturalisti.Chiede così la consulenza di un eminente botanico,John Torrey. Questi, dopo avere studiato la vegetazio-ne del sito, fa presente come lungo un sentiero usato

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Gazebo

Il Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto fra Città e Natura(ottava parte)

FABRIZIA GIANNI

Il sognoNel 1888 viene dato alle stampe un libro fantascienti-fico che ha subito una grande risonanza.L�autore, l�americano Edward Bellamy nel suo roman-zo intitolato Looking Backward 2000-1887, fa fare alprotagonista principale un sogno nel quale viene pre-figurato il mondo del futuro. Il protagonista si addormenta nel 1887 e si sveglia nel2000 in una Boston completamente diversa da quellada lui conosciuta. La città è percorsa da miglia di ampiestrade, fiancheggiate da begli edifici e ombreggiate da alberi, frai quali scintillano statue e gorgogliano fontane al sole del tardopomeriggio. La spiegazione di questo miracoloso nuovoscenario urbano, secondo lo scrittore, va ricercato inun cambio radicale degli interessi della società. Seinfatti la fine dell�Ottocento vede il sistema economicobasato sullo sregolato individualismo che investe tutti i profittinel lusso privato, la nuova società incanala il surplus economiconel decoro della città, decoro che tutti possono apprezzare in ugualgrado. Il romanzo, definito di sapore social-utopista,costituisce una delle fonti di matrice teorico-letterariache incarnano il gusto e le esigenze della società delperiodo. Chiuse, anche se non in modo definitivo, leesperienze del secolo dei grandi parchi, nel primo decenniodel Novecento si assiste ad una svolta del significatoche il Giardino Pubblico (GP) assume nella progetta-zione dello spazio urbano, al quale è indissolubilmentelegato. Da rimedio locale di un disordinato sviluppoedilizio, il GP diviene elemento connaturato alla vitadella città moderna e tende a permeare capillarmentela struttura cittadina perdendo la funzione di luogoesclusivo di ambiente naturale che ha in questo ambito.Il GP mantiene ancora una sua specificità tipologica,ma la sua piena assunzione nella città ne accresce larichiesta di qualità funzionale e porta la sua pianificazio-ne a confrontarsi sempre più direttamente con i con-creti problemi posti dalla vita urbana.Seppure in un quadro storico radicalmente mutato, ilprocesso conduce il GP a recuperare quel senso dipraticità ed economia funzionale che lo aveva caratte-rizzato agli inizi.Così, andando indietro nel tempo, è possibile legarel�esperienza settecentesca del GP al segno della ritualitàaristocratica, quella ottocentesca alla formulazione di

una estetica del paesaggio urbano elaborata nellospirito del decoro borghese mentre quella dell�iniziodel Novecento al consenso sociale delle classi menoabbienti divenute ora numericamente preminenti.In questa ottica il GP assume una connotazione piùutilitaristica, legata alla affermazione di una culturaurbana di massa che porta ad accentuare soprattutto icontenuti igienici, sportivi e ricreativi connessi alle areeverdi.Nei primi due decenni del secolo procede quindi quelprogressivo mutamento compositivo che sfocerà inuna stagione basata su eclettismo, sperimentazione eriuso senza formule di modi compositivi diversi, nelsegno di un generale ritorno a giardini e parchi ordinati,dove i tracciati rettilinei sostituiscono a poco a poco lelinee fluenti e curve portando ad un senso di precisionee di funzionale pianificazione.Secondo alcuni autori, alla base di questo rinnovamen-to è possibile porre il tema letterario della Modernità(1).La Modernità scrive Baudelaire, nel Pittore della vitamoderna,(1863) è il transitorio, il fuggitivo, la metà dell�arte dicui l�altra metà è l�eterno e l�immutabile.Con una intuizione premonitrice il G viene consideratofigura eterna della forma relativa moderna che dobbiamo proget-tare, in cui c�è un elemento eterno (natura) ed uno relativo (arte) (2).Il tema stesso del G costituisce un tema poeticoestremamente significativo divenendo metafora di unpiù complesso rapporto fra arte e natura, fra spazioartificiale e spazio naturale, tra città e non città.Alla base di una delle contrapposizioni fondamentalitra atteggiamento romantico e atteggiamento moder-no nella progettazione del G sta la concezione secondocui non è la Natura a dettare le regole dell�arte, ma èl�arte a dettare le regole della Natura.La Natura acquista valore estetico quando viene inter-pretata dall�arte. Solo in quest�ultimo caso nella grandefigura del G è possibile la contemplazione della perfe-zione della Natura. D�altronde tornando al tema dellaModernità, possiamo notare che esso si intreccia anchecon altri due temi: quello della continua mutevolezza etrasformazione della condizione quotidiana e quellodella continua esigenza di superamento della propriacondizione storica precedente e contemporanea.

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Gazebo

Il Giardino Pubblico

Storia di un contrastato rapporto tra Città e NaturaIl Parco pubblico in Germania come elemento di riequilibrio tra città e campagna(nona parte)

FABRIZIA GIANNI

Nell�ultimo dei miei interventi, (1) introducendo i filoniche hanno contraddistinto la progettazione del parcourbano nel XX secolo, mi sono soffermata su duenazioni europee: la Germania e l�Austria. La scelta dipresentare quanto qui è avvenuto deriva dalla conside-razione che, in queste nazioni, si sviluppa un interessenaturalistico che porterà una ventata di novità nellaprogettazione del verde pubblico. Alla base dellanuova tendenza vengono poste due tematiche: da unaparte la sopravvivenza dell�ambiente naturale, dall�altrala necessità di conservare un rapporto diretto con laNatura, pur nelle difficili condizioni di vita che imponela città. Le soluzioni offerte sono la progettazione di ungiardino naturale dove vengono applicati i principi difitosociologia e l�introduzione del concetto di standarddimensionali riguardo al verde da mettere a disposizionedi ogni cittadino. Il dibattito presenta una forte auto-nomia culturale, ma le esperienze concretizzate hannoil grosso pregio di trasferire le nuove acquisizioni, dicarattere ambientale, ecologico e funzionale, nel vivacedibattito europeo inerente il parco urbano a cavallo trala fine dell�800 e l�inizio del �900.

Il Volkspark: il parco per il popoloIl compito che viene affrontato dalla cultura tedescanella seconda metà del XIX secolo non si presentafacile. Partendo da un pensiero di matrice naturalisticasi cerca di trovare una risposta che permetta la convi-venza di due realtà antitetiche: lo sviluppo industriale el�ambiente naturale. In quel periodo un medico igieni-sta, Daniel Schreber, fa una proposta destinata adaccogliere larghi consensi trovandosi in sintonia sia conl�ideologia socialista, sia con le linee cattoliche- integra-liste e che avrà purtroppo anche il supporto delnazismo. Si fa strada una nuova tipologia di giardinourbano, i Kleingarten, chiamati in modo più colloquialeSchrebergarten, che sono dei complessi di orti-giardino damettere a disposizione delle famiglie che non posseg-gono un proprio pezzetto di verde. La proposta, oltread avere un indubbio significato sociale, assume unimportante valore educativo. La cultura nazional-pa-triottica che investe la Germania in quel periodo è

fortemente sentita tanto che, in nome di una salvaguar-dia dei valori culturali più genuini della terra nataletedesca, nasce nel 1904 a Dresda un movimento,Deutscher Bund für Heimatschutz, (2) la cui filosofia siestrinseca tra l�altro nella conservazione dei caratteridell�ambiente naturale e del paesaggio costruito tradi-zionale.Il dibattito che ne deriva coinvolge in modo profondoil parco urbano.Grande importanza ha in questa direzione la diffusionedelle nuove pratiche mediche, igieniche e alimentari.Come risvolto, nel Giardino Pubblico (GP), gli aspettisociali e funzionali acquistano un ruolo crescente incontrasto con gli astratti ideali di bellezza.Nel 1913 viene costituita una Associazione per il parcopopolare, Deutscher Volkparkbund, che promuove avari livelli le caratteristiche che devono avere i nuoviparchi. Il punto di partenza è il superamento del GPottocentesco, pensato soprattutto per l�esibizione so-ciale, a favore di una ricerca di quelle condizioni dinaturalità che la vita urbana tende a negare.Il nuovo GP nasce così in un contesto permeato dinazionalismo naturalistico interclassista e si prefigge lacostruzione di un luogo dove il popolo possa ritrovarela propria socialità e le proprie origini nel contatto conla Natura. La tradizione del giardino paesaggistico,fortemente impiantata in Germania, non ha più signi-ficato e al suo posto si sviluppa invece l�idea di unospazio verde attrezzato dove vaste superfici a pratocalpestabile si affiancano ad ampie distese di acqua perla balneazione di massa ed a pendii dove praticare glisport invernali.Nasce il Volkspark, il parco per il popolo (fig. 1).Già dal primo decennio del secolo, ma con un incre-mento consistente negli anni che seguono la guerramondiale, nelle città tedesche si realizzano un numeroimpressionante di questi parchi. Gli spazi per la lororealizzazione vengono scelti ai margini delle zoneabitate, in alcuni casi si riutilizzano i terreni militari usatidurante il conflitto come campi di addestramento.Dal punto di vista compositivo ed estetico i nuoviparchi sono molto semplici. Prevale la linea retta, le

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GazeboIl Giardino PubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e NaturaLa Carta d�Atene ed il nuovo ambiente-città(decima parte)

FABRIZIA GIANNI

La velocità irrompe nel tessuto urbanoLe righe che seguono sono tratte da Manière de penserl�urbanisme di Le Corbusier (1887-1965) (L C) (1)pubblicata nel 1946 a Parigi:Con una violenta rottura, unica negli annali della storia, tuttala vita sociale dell�Occidente s�è staccata in questi ultimi tre quartidi secolo dalla sua cornice relativamente tradizionale e benarmonizzata con la geografia. L�esplosivo che ha prodotto questarottura è costituito dall�improvviso irrompere, in una vita finoallora scandita dal passo del cavallo, della velocità nella produ-zione e nei trasporti delle persone e delle cose. Al suo apparire legrandi città esplodono o si congestionano, la campagna si spopola,le province sono violate nella loro intimità. I due insediamentiumani tradizionali, la città e il villaggio, attraversano una crisidrammatica. I centri abitati si estendono senza forma, indefini-tamente. La città come organismo urbano coerente scompare (2).La prima città industriale, come afferma L C nellaintroduzione del saggio citato, non riesce più a rispon-dere alle esigenze dei suoi abitanti ed entra in crisi.Si pone con urgenza la necessità di una revisione ditutto il tessuto urbano e quindi del Giardino Pubblico(GP) ad esso strettamente connesso.Così, quando nei primi decenni di questo secolo, ilmodo stesso di intendere la costruzione della città ècontestato, muta anche, in maniera sostanziale, il ruoloche gli spazi verdi possono assolvere nell�ambienteurbano. Sono abbandonate le linee guida che li aveva-no giustificati fino a quel momento: non più statussymbol, non più polmone di verde con evidenti scopiigienici, non più spazio voluto per rivendicazioni cultu-rali e ideali, ma elemento di conquista sociale al fine direndere più vivibile l�ambiente città. Il nuovo ruoloacquisito dal verde pubblico ha, come conseguenza, laformulazione di una sua differente tipologia che diven-ta più essenziale e come scarnificata.Grande rilievo è dato alla scelta degli spazi doveposizionare le nuove aree verdi attribuendo a queste lacapacità di interferire con l�intera città.La tematica, in ultima analisi, si trasforma in unaquestione di urbanistica ed il problema prioritariodiviene quello di raccordare tra loro le aree verdi cosìda costruire una trama verde che permei l�intera città.

Per risolvere il problema si ricorre a metodologienuove come accurate analisi sociologiche, previsioni atavolino sul numero di persone che possono godere diquesti spazi e si analizza razionalmente il modo perfacilitare le vie di accesso allo scopo di rendere iltraffico più scorrevole. Perdono significato il singolospazio, lo specifico GP, la tipologia particolare, mentreacquista un ruolo determinante la globalità del proget-to. Il GP diviene verde urbano.Gli spazi verdi si distribuiscono capillarmente neltessuto urbano e si diversificano in base a criteri nuovicome per esempio quello degli usi che possono offrire:gioco, sport, riposo o dell�età delle persone che lifrequentano o in funzione della loro localizzazioneall�interno della città.Le valenze estetiche, che avevano caratterizzato i gran-di G nella metà del XIX secolo, sono subordinate allediverse esigenze funzionali di un pubblico in continuoaumento. La costruzione razionale della città costringela progettazione degli spazi verdi a dipendere dallapianificazione urbanistica.

Giardini istantaneiLe nuove problematiche che investono la tipologia edil ruolo degli spazi verdi in città sono affiancate, più omeno nello stesso periodo, da soluzioni assolutamenteinnovative e provocatorie realizzate nell�ambito dellaprogettazione del G privato.L�occasione è offerta dall�Esposizione internazionaledelle Arti Decorative Industriali di Parigi del 1925.Un architetto persiano nato in America, Gabriel Gue-vrekian, ed un rinomato designer di interni, PierreEmile Legrain, realizzano per l�esposizione due G chedevono durare poche settimane chiamati giardini istan-tanei.La proposta dei due G istantanei si può inquadrare piùfacilmente se si considerano le esperienze che le artifigurative andavano sperimentando proprio in queglianni, vedi Futurismo, Cubismo, Suprematismo, Da-daismo. Non potendo trattare questi movimentiartistici perché porterebbero il mio discorso troppolontano dal tema principale, mi sembra significativo

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GazeboIl giardino pubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e NaturaUn bosco in città (undicesima parte)

FABRIZIA GIANNI

Problemi apertiNel periodo successivo alla seconda guerra mondiale,la pianificazione del territorio urbano si adegua lenta-mente ai principi proposti nel documento conosciutocon il nome di Carta di Atene, Parigi 1943 (1).Il documento, che pone le basi della pianificazionedell�ambiente e delle risorse per il tempo libero, pro-muove un ambiente - città dove gli edifici e gli spaziverdi si integrano in modo armonico e funzionale, manon chiarisce la qualità che questi ultimi devono avere.Numerose sono le domande che rimangono senzarisposta.I lembi di Natura in città devono essere aree piccole efrequenti o superfici estese ed un poco decentrate?Possono limitarsi a cingere i quartieri residenziali odevono penetrare nel loro tessuto più intimo?Nel caso della realizzazione di un nuovo nucleo urba-no, quali sono le soluzioni per evitare l�eccessiva densitàabitativa?Potrebbe essere valida la proposta di impostare unospazio non aedificandi di giardini e di aree a bosco chedelimiti il luogo?A questa serie di problemi si aggiunge, non trascura-bile, quello inerente l�atteggiamento da tenere nellescelte operative riguardanti le aree verdi.La Natura, trasposta nel parco cittadino, deve essererispettata o, al contrario, manipolata?Tra gli esempi che possono chiarire come il concettodi verde pubblico si stia profondamente modificandoscelgo il progetto del Bosco di Amsterdam.La ideazione dell�Amsterdamse Bos, Bosco di Amster-dam, risale al 1935 e rientra nel piano generale diespansione della città. Il Piano stesso è considerato unpunto di riferimento nella storia della progettazioneurbana del movimento moderno.Si tratta dell�esempio di maggiore coerenza di applica-zione delle teorie dell�urbanistica moderna e anticipa diqualche anno i contenuti della Carta di Atene.Il Bosco costituisce la prima area di intervento effettivodello schema di costruzione della Grande Amsterdam.I risultati conseguiti sono di alto livello tecnico edartistico ed aprono prospettive nuove per la creazionedei grandi parchi pubblici.In questo parco la Natura è fortemente manipolata, maè la conseguenza di una realtà morfologica. Il terreno

utilizzato, come la maggior parte del territorio olande-se è sotto il livello del mare e necessita di imponentiopere idrauliche prima di poter accogliere un bosco.Si può dire che gli interventi attuati risentono dell�in-fluenza del pensiero di matrice naturalistica della vicinaGermania (2), sono condotti nel rispetto delle leggi cheregolano la Natura e si basano sui principi scientificidella ecologia.

Il Bosco di Amsterdam: studi preliminari di pro-gettoLa città di Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, agli inizidegli anni �30 è un centro densamente popolato.Gli spazi ricreativi che possiede sono limitati a dueparchi: il Vondel Park, aperto nel lontano 1869, ed ungiardino zoologico ad est della città, impiantato sulleantiche fortificazioni.Amsterdam si trova dunque nella necessità di sanareuna carenza di aree verdi rilevante sia dal punto di vistaquantitativo, sia dal punto di vista qualitativo.La soluzione prospettata coinvolge l�intero territoriocittadino, una vera e propria riorganizzazione urbani-stica a grande scala basata sulla separazione della cittàantica dalle nuove espansioni mediante vasti spazi liberiattrezzati. Il fine, che è quello di impedire ai diversiquartieri di saldarsi tra loro, è raggiunto attraverso lapianificazione di tre aree verdi: il Bosco a sud, ilWatergreatsmeer ad est ed il Rembrandt ad ovest. Succes-sivamente, con la previsione di sviluppo di nuove aree,il territorio si dilata e assume una caratteristica strutturaa stella, in cui trovano posto anche zone agricole, polders(3) e parchi. Come si vede il territorio urbano si aprealla Natura, la accoglie, in una parola, si naturalizzacome aveva fortemente sostenuto F. Olmsted (4) nelcorso della sua lunga vita di progettista, idea che avevamesso in pratica per la prima volta in modo canonicoin occasione della pianificazione del Central Park aNew York (1834).Il Bosco di Amsterdam è considerato come il proto-tipo del parco della città moderna; una città improntataa scelte di tipo funzionale dove le aree verdi sonoespresse sotto forma di standard necessario ad ognicittadino per una migliore qualità della vita, lasciando insecondo piano le qualità formali che queste aree devonoassumere per adattarsi a specifiche situazioni.

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Gazebo

Il giardino pubblico: storia di un contrastato rapporto tra

Città e NaturaParc de la Villette

FABRIZIA GIANNI

Parigi alla fine degli anni Settanta

Il disequilibrio di Parigi tra la sua parte Est e la sua parte Ovest

costituisce una caratteristica antica e permanente della Capitale.

(...) Non si tratta però di una fatalità ineluttabile.

Questo comunicato si inserisce in un discorso piùampio inerente il Piano Programma di Parigi. Si trattaspecificatamente della parte riguardante il Piano Pro-gramma dell’Est di Parigi presentato al Consiglio dellacittà nel novembre del 1983.Questo piano è considerato il primo passo utile al finedi rivalorizzare la parte Est del territorio comunaledella quale fanno parte sette arrondissements e il 45% delterritorio municipale.

Figura 1- Sviluppo storico dell’area de La Villette

L’interesse nei confronti dell’area sopradescritta rien-tra da tempo in un disegno innovativo riguardante lestrategie di espansione della città. E’ proprio in questo

settore che già negli anni Settanta gli urbanisti indivi-duano un importante punto di transizione fra il centrostorico ed i comuni della periferia.Fin dal dicembre del 1958 è stato approvato il progettodi modernizzazione dell’area degli antichi abattoirs

(macelli) de La Villette, un territorio di cinquantacin-que ettari a nord-est di Parigi: più tardi, tra il 1964 edil 1970, sono messe in servizio nuove strutture, daultimo, nel 1975, è presentato uno studio per la ricon-versione di tutta la zona de La Villette. Il Piano Programma, più in generale, è un significativodocumento nel quale sono individuati gli obiettividelle opere attuabili nel tessuto urbano di tutta la città.

Il suo fine è quello dilocalizzare gli interven-ti, di precisarne le diffe-renti tipologie e di coor-dinarli in modo che iprincipali spazi pubbli-ci, i servizi e le attrezza-ture siano disposti inmaniera coerente.A questa ricerca di coe-renza partecipano sia igrandi progetti intrapre-si dallo Stato nelle zonecome La Villette, la Ba-stiglia e Bercey, sia quellisu scala locale come leZAC (Zones d’Aménage-

ment Concerté). Tra questiultimi si possono inseri-re i piani di rehabilitation

di settori urbani, i lavoriinerenti attrezzature sa-nitarie, scolastiche, spor-tive e i disegni di siste-mazione di bacini, cana-li e viabilità.In particolare, nei nuovi

quartieri previsti all’interno delle ZAC, ogni area pub-blica assume un preciso ruolo nella composizionemorfologica dello spazio. Un parco non è più verdepubblico, a volte amorfo, ma diventa una figura urbanail cui significato si associa a quello funzionale (1).

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Dalla fine degli anni Settanta, sotto Mitterand, lastrategia di cambiamento di tutta la città si esprimeattraverso parziali piani esecutivi, che configurano unasorta di grande progetto urbanistico per punti.

Per la zona Est di Parigi si propone una scala di azioniprioritarie quali: l’organizzazione e il miglioramentodei nuovi quartieri, l’abbellimento dei principali spazipubblici, l’aumento dell’estensione degli spazi verdi,l’inizio di alcune realizzazioni di più ampio respiro perla circolazione. Tali azioni sono sintetizzate in cinquedocumenti grafici che illustrano e localizzano i princi-pali punti di applicazione.Come si vede, il quadro delle iniziative proposte dalPiano Programma costituisce uno strumento di orien-tamento estremamente articolato e ben calibrato, sulquale si poggiano alcune grandi operazioni pilota che,in seguito, sono diventate emblematiche per la culturadel progetto in generale e, in particolare, del progettodel parco come strumento di modernizzazione urbana.

Il Piano Programma, così come è presentato, descrivele operazioni che sembrano possibili e sostenibili per isei anni successivi fino al 1989. Non sono posti terminiper il suo completamento.

Concorso di idee per il Parc de La Villette

Le tematiche inerenti la strutturazione della zona Estdi Parigi sono affrontate in due concorsi di idee a livellointernazionale. Il primo è indetto nel 1976. Si chiede diridisegnare l’area degli abattoirs de La Villette con unaripartizione della superficie in uffici, in zona industria-le, in abitazioni, in attrezzature pubbliche ed in ungrande parco di quindici ettari.Si sollecitano inoltre soluzioni per il reimpiego dellaGrande Salle des ventes incompiuta dell’ex mattatoio, diuna delle tre halles (mercato coperto) di Baltard e di unafontana neoclassica. Dapprima si procede con la tra-sformazione della Grande Salle di vendita degli abatto-irs, lasciata incompleta nel decennio precedente. Que-st’ultima è una delle più grandi costruzioni di Parigi,misura duecentocinquanta metri di lunghezza percentoventi metri di larghezza ed ha una altezza di circaventi metri. Nel 1980 l’architetto Adrien Fainsilbervince il concorso relativo alla trasformazione di questoimponente edificio che diviene la futura Cité des Sciences

et de l’Industrie, Museo delle Scienze e delle Tecniche.Davanti ad esso si realizza, in un secondo tempo, unagrande sfera riflettente, La Géode, contenente un cine-ma emisferico unico in Europa.Il complesso, inaugurato nel 1986, è costituito di30.000 mq di esposizioni permanenti, numerose espo-sizioni temporanee, e l’inventorium per i ragazzi al disotto dei dodici anni.Il tutto è configurato in un vasto percorso didattico-

educativo e di divertimento attraverso il mondo dellescoperte scientifiche.

Nel 1985 Christian de Potzamparc vince il concorsoper la progettazione della Citè de La Musique, Città dellaMusica, nella zona sud del parco inaugurata dieci annidopo, nel gennaio del 1995. Nel 1983 è bandito ilsecondo concorso internazionale di idee che, a diffe-renza del primo, ha come tema prioritario la progetta-zione di un parco di nuova concezione.

Figura 2- Geometria del sito de La Villette

La tematica di un parco che rompe con i canoni dellatradizione discende dalla rivalutazione della città edella cultura urbana che si evidenzia negli anni Ottantae Novanta e che apre, come conseguenza, la strada ariflessioni diverse sul rapporto fra parco e città. Il semplice approccio funzionale proposto per le areeverdi, all’interno dei piani regolatori di pochi anniprima, non è più sufficiente. Si incomincia a diffonderel’idea che il parco costituisca la continuazione e l’esten-sione della città, quasi ne fosse una sua metafora. Nederivano grandi cambiamenti nell’approccio alla for-ma ed al significato stesso del parco urbano comeelemento specifico della città.Gli urbanisti entrano nell’ottica secondo la quale losviluppo della città non può procedere solo nelladirezione che conduce ad una costante espansione. Alcontrario, acquista nuovo valore la riqualificazione edil riuso di quanto già esistente.Nella coscienza di massa gli spazi verdi sono tradizio-nalmente legati alla tematica ecologico-ambientale.Quest’ultima comunque non porta a proposte innova-tive, ma promuove in modo più netto la già esistentelinea di equilibrio relativa alla conflittualità sviluppo-

conservazione dell’ambiente.Nella nuova condizione urbana si assiste ad una pro-gressiva perdita pratica del concetto di centralità siacome luogo fisico sia come luogo mentale che conducead una sempre più spinta frantumazione della realtà

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urbana: la conseguenza è la moltiplicazione di nuovicentri a scala locale. L’occasione del concorso per ilParco de La Villette rappresenta appunto la volontà dicreare uno di questi elementi di nuova centralità.Le richieste del bando mostrano quanto sia sentito ilproblema di cercare una strada innovativa per larealizzazione degli spazi verdi.Il punto di partenza è l’individuazione dei criteri diprogettazione più consoni ad un parco del XXI secoloche aderiscano peraltro alle tematiche, non ancora bendefinite, della nuova modernità, divenendo così essostesso un riferimento paradigmatico per i parchi futuri.Il parco deve essere perfettamente inserito nel quartie-re, ma anche presentare elementi di richiamo di interes-se nazionale e internazionale. La progettazione devesfociare in un insieme di strutture che celebrino lacondizione urbana contemporanea e non la fuga daquesta. Indispensabile è la possibilità che il parco siaun’opportunità di svago per tutti e con continuitàtemporale, indipendentemente dalle stagioni, dallecondizioni climatiche e dalle fasce orarie. La nuovatipologia di parco deve inoltre proporre opportunità ditipo culturale. Da ultimo si richiedono dei criteri chepermettano la convivenza tra paesaggio, architettura,urbanistica, parco e giardino.Molti dei progetti presentati non si staccano dallatradizione, due soli definiscono una nuova tipologia diparco, entrambi elaborati da architetti che sono statiposti nel novero dei magnifici sette della Deconstructivist

Architecture, Architettura Decostruttivista.La proposta vincente è quella di Bernard Tschumi(Zurigo 1944) che dà identità ad un complesso parcoarchitettonico, la seconda, di Rem Koolhaas (Rotter-dam 1944), riprende la collaudata valenza paesaggisti-co-naturalistica anche se configurata in modi architet-tonici.

Il progetto vincente: un progetto stratificato

Il progetto di Bernard Tschumi (BT) è originale perla sua concezione di struttura fondata sulla decompo-sizione degli elementi costruttivi classici.Il modo del tutto nuovo di trattare gli spazi verdi nonè di facile comprensione. Egli ha più volte ribaditocome questo parco non si trovi immerso nella natura,ma in un quartiere popolare e semi-industriale cheincorpora al suo interno alcuni edifici importanti comela Cité des Sciences et de l’Industrie, la Grande Halle, lo Zénith

e la Citè de La Musique. In un contesto di questo tipo,secondo BT, non si può pensare ad una zona verdenella quale annullarsi e scordare la città né ad un parcovisto come un polmone della città.BT elabora così uno spazio verde per la città di oggi,in perfetta coerenza con tutte le sue distorsioni: ilrumore, il sovraffollamento, la grande densità di uten-za e il caos. Il parco da lui pensato deve poteresopportare tutto questo. Non è più dunque proponibi-le una composizione basata sulla contrapposizione dimasse vegetali, sugli effetti prospettici e le riproduzio-ni romantiche. Il parco viene trattato come un immenso

edificio discontinuo, tenuto insieme da una struttura uni-taria, che si sovrappone ad una parte di città e si integracon essa. Il progetto si fonda sulla sovrapposizione ditre sistemi progettuali autonomi inerenti la circolazio-ne, le superfici, gli oggetti, (punti, luoghi, folies) distri-buiti nel parco. Il primo sistema è quello relativo allacircolazione. Due assi ortogonali, delineati da pensili-ne ondeggianti, definiscono la geometria generale delluogo dando forma a due percorsi primari nord-sud edest-ovest. L’uno attraversa longitudinalmente il parcolegando le due zone principali di accesso, mentre ilsecondo si affianca al preesistente canale, canal de

l’Ourcq (2) che taglia in due parti l’area. Questa struttu-razione geometrica è intersecata da una lunga passeg-

Figura 3. Tschumi, Parc de La Villette, schemi diagrammatici, 1983

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giata sinuosa che, descrivendo molte anse, percorre ilsito. Si tratta di un nastro pedonale segnalato da unasuperficie di calpestio colorata, da panchine e altrielementi di arredo (lampioni, segnali, cestini, tuttiattentamente disegnati), affiancato da una fascia largada dieci a trenta metri di alberi e arbusti. E’ la Promenade

cinématique che, con ampie volute e leggere pendenze,percorre l’area verde attraversando, secondo la miglio-re tradizione del giardino paesaggistico, i vari quadriche lo compongono e toccando nove giardini tematicidifferenti, il cui progetto è affidato ad architetti paesag-gisti e ad artisti diversi.

Figura 4. Tschumi, Parc de La Villette, schema assonome-

trico delle stratificazioni (linee, punti e superfici), 1982

Il secondo sistema è quello delle superfici: le estensioniinsabbiate si alternano con quelle pavimentate in ma-teriali e colori diversi e con prati di forma geometrica,arricchiti a loro volta con attrezzature di svago comeristoranti, chioschi, serre, strutture temporanee.L’ultimo sistema, che si sovrappone ai precedenti, èquello costituito dal reticolo cartesiano delle folies, leattrezzature diffuse del parco, poste ai punti di inter-

sezione di una griglia regolare di centoventi metri dilato, che, ben riconoscibili in quanto alloggiate instrutture metalliche di colore rosso vivo, ritmano lacomposizione, costruendo un ideale spazio astratto incui il parco è inserito.L’architetto svizzero BT, invece di costruire un unicogrande edificio, ha riempito il parco di strutture dalvivace colore rosso utilizzabili per il tempo libero:padiglioni per ristoranti, pronto soccorso, giochi per ibimbi. Prendendo spunto dal Costruttivismo russo (3),ogni folie da lui proposta nasce come modificazione diun cubo di dieci metri di spigolo costituito a sua volta

da ventisette parti di cubo,con un gioco continuo di sot-trazione ed addizione che nemovimenta la struttura visi-bile e che rende ogni padi-glione diverso dall’altro.Il parco si riconosce in unaserie di punti di aggregazionedall’apparenza disgregata.Il risultato che si ottiene èquello di un parco che, inve-ce di presentare una sequen-za gerarchica di percorsi edarchitetture, acquista la for-ma definita dalla folla che inquesto si muove e si spostafra una folie e l’altra.BT pone alla base della suaprogettazione non più le for-me e i paesaggi, ma il concet-to della dinamicità, che è l’es-senza stessa del comporta-mento degli uomini. Il movi-mento è appena sottolineatodagli alberi che sono posti sudirettrici geometriche cheservono da pretesto per defi-nire lo spazio.

Il supporto filosofico alla

Architettura decostruttivi-

sta

Il termine Deconstructivist Ar-

chitecture, Architettura Decostruttivista, compare per laprima volta come titolo di una mostra al MoMA , ilMuseum of Modern Art di New York. A proporlo èl’architetto Philip Johnson (1906) creatore della sezio-ne Architettura del MoMA che dà un nome ed unateoria sistematica a questa tendenza della architetturapost-moderna. Il termine post-moderno in architetturavuole significare il superamento dello stile moderno esi connota come uno stile eclettico, con libera citazionedel passato ed un’ironia che fa volutamente uso del

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cattivo gusto. Lo stile post-moderno nasce nell’ambitodella architettura verso la fine degli anni Sessanta,quando si incominciano a progettare edifici basatisull’assemblaggio degli stili più diversi, del passato edel presente, rifiutando di aderire a una sola delletendenze architettoniche codificate (neogotico, liberty,funzionalismo). Gli architetti iniziano ad utilizzaretutte queste tendenze nella progettazione di uno stessoedificio giustapponendo soluzioni classiche, barocche,primitive, moderne, folk…..All’unità di stile, uno dei criteri centrali delle estetichemoderne, si sostituisce così il pluralismo delle forme,la compresenza in una stessa opera di punti di vistadiversi e antagonisti.

Figura 5. Tschumi, piano per la composizione di una parte

della Promenade Cinématique, 1984

Il supporto filosofico alla Architettura Decostruttivi-sta viene fornito da uno dei maggiori esponenti del

pensiero filosofico francese del Novecento, JacquesDerrida, (1930) al quale si deve appunto il terminedecostruzione. Derrida fa propria l’idea di Platone secon-do cui il pensiero non può mai venire fissato una voltaper tutte in un testo scritto.Ciò significherebbe, infatti, tradire il carattere pereccellenza dinamico del pensiero stesso, che non siferma mai e procede continuamente verso conclusioninuove. Più che costruire un testo occorre allora de/

costruirlo, cioè smembrarlo nelle sue parti, proporlo noncome una asserzione definitiva, ma come una serie dipassaggi logici che possono sempre mutare.Di ogni testo o situazione interpretata non possiamo venire a

capo interamente. Anzi l’assoluta trasparenza li distruggerebbe,

sottraendo loro quell’eccesso di

senso che travalica l’immediata

presenza e travalica i confini

del logos.

(...) Prendendo congedo dalle

pretese di ricostruzione siste-

matica e unitaria del senso,

ogni testo può venire decostrui-

to, così da mostrare il fitto

tessuto di rimandi e differimen-

ti, che non conducono però ad

alcun originale, ad alcun essere

come pura presenza.

Derrida ha scelto la strada

della decostruzione, in cui l’uni-

tà di senso non si dissolve nel

vivo colloquio, ma nella trama

dei rapporti di senso che sta alla base di ogni parlare. Il termine

decostruzione non va però inteso come desiderio iconoclastico di

impossibile distruzione del logos quanto come volontà di di-

sarticolare il sistema dei rimandi, di slogare l’unità verbale in

Figura 6. Tschumi, Les Folies, 1982

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modo da renderla meno anchilosata e più consapevole dei propri

condizionamenti, cioè di quanto le impedisce di conseguire la

verità e l’autenticità assolute. (4)

Derrida nega che i diversi ambiti della realtà possanoessere spiegati da un unico punto di vista e afferma chenon esiste alcun fondamento ultimo della realtà e dellaconoscenza. All’idea di un pensiero forte si contrapponela necessità di un pensiero debole che accetti il carattereproblematico di ogni conoscenza e l’impossibilità dispiegazioni unitarie.Derrida sostiene che l’opera d’arte nella sua polisemia

costitutiva evidenzia quanto di caotico e frammentario vi sia

nell’essere, concepito come un insieme di differenze non ordinato

e privo di teleologia (5).

Figura 7. Tschumi Progetto del parco

L’esperienza de La Villette rispecchia appieno le teoriedel Decostruttivismo di Derrida. I problemi e le richie-ste del bando di concorso sono risolti dal vincitoreutilizzando la tecnica della scomposizione. In partico-lare assumono importanza significativa a questo scopole folies e la griglia quadrangolare che le pone tra loro inrelazione.Queste strutture divengono elementi fondamentali diorientamento all’interno di un sistema complesso,volutamente senza elementi predominanti ed attraver-

so i quali ognuno individua il proprio percorso varia-bile di volta in volta.Le attività di spettacolo, esposizione, sport libero,approccio didattico alla Natura si alternano e succedo-no su questa complessa rete di percorsi e relazionisecondo un progetto che permette la massima libertà dimovimento attraverso il luogo ed incoraggia le scoperte.Il programma progettuale, che individua nella poliva-lenza e nella plurifunzionalità le caratteristiche princi-pali richieste dal bando, lega al parco le importantiistituzioni pubbliche di nuova realizzazione in essopresenti: Cité des Sciences et de l’Industrie, La Géode, loZénith, la Citè de La Musique, ed i brani di archeologiaindustriale come la Grande Halle, il vecchio mattatoio

riconvertito che ospita varie attività culturali.Il parco de La Villette risulta così essere unparco di eventi, interattivo all’uso del pubblicodi massa che punta alla intensificazione, inquantità e qualità, delle relazioni della vitacollettiva all’interno della città.

Approcci differenti alla grande figura del

giardino

Non posso non concludere senza una breveriflessione su come sia cambiato il tipo diapproccio alla grande figura del giardino par-tendo dall’iniziale visione di tipo romantico,passando attraverso quella moderna per arri-vare alle attuali posizioni post-moderne.L’atteggiamento romantico porta la Natura adettare le regole dell’arte e nel giardino sicontempla la perfezione della Natura; al con-trario, secondo un atteggiamento moderno, èl’arte a dettare le regole della Natura. Ciò chesicuramente costituisce una sostanziale diffe-renza tra le posizioni dell’inizio secolo, moder-ne, e le posizioni attuali, post-moderne, è ladifferenza tra la fiducia illuministica nella pro-messa di libertà contenuta nel controllo scien-tifico della Natura, di una razionale organizza-zione sociale come presupposto all’idea stessadi progresso e, viceversa, la accettazione dellacaducità, della frammentazione, della disconti-

nuità e del caos; in una parola, della impossibilità dicontrollo come condizione necessaria ed etica. Lafiducia nella riduzione della molteplicità, delle indivi-dualità, delle condizioni spaziali, delle forme di orga-nizzazione sociale alla unicità sembra essere schema-ticamente la grande differenza di fondo fra Moderni-smo e Post-modernismo. Si possono intuire le grandidifferenze di traduzione spaziale che queste due oppo-ste condizioni di rapporto con la realtà definiscono:l’ordine e la razionalità nel primo caso; la caoticità e laframmentarietà nel secondo. Nella fiducia illuministi-ca della ragione progettuale esiste un presupposto non

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messo in discussione e che cioè al testo narrativo -lacittà, il progetto- corrisponda effettivamente un ogget-to, da esso separato, ma su cui esso è fondato, attraver-so l’attività interpretativa scientifica e poetica allostesso tempo. Alla accettazione della molteplicità edella caducità non direzionabili post-moderniste èconnessa, viceversa, la concezione della autoreferen-zialità delle azioni, e, in particolare, del testo (la città,il progetto), che appaiono ora senza possibilità enecessità di rapporto con una realtà oggettuale, mapiuttosto solo con altri testi altrettanto autoreferenzia-li, al cui interno è possibile ricostruire innumerevolipercorsi individuali. Tutto ciò ha delle conseguenzefondamentali nella trasformazione e nella concezionedel progetto della città contemporanea e del giardino,e rende esplicita anche una grande differenza traprogetti e realizzazioni che abbiano come riferimenticoncettuali (impliciti o espliciti, coscienti o incoscienti)la fiducia razionale del Modernismo o lo scetticismo a-razionale del Post-modernismo.Non è casuale che il concorso per il parco de la Villettesia considerato come una sorta di spartiacque, almenoprovvisorio, nella storia del Giardino Pubblico: l’in-fluenza che il pensiero di Derrida ha avuto sul progettovincitore di B. Tschumi segna infatti la prima realizza-

zione di un’opera pubblica i cui riferimenti ideologicisuperano il modernismo della prima metà del ‘900 erecepiscono appieno l’impostazione del decostruttivi-smo.In questa esperienza si è avuta una singolare conver-genza di attenzioni metodologiche ed operative, tale dafarla considerare uno dei più significativi banchi diprova per la verifica e l’approntamento di nuovestrutture logiche ed operative non solo per il problemadel parco urbano, ma della città contemporanea stessa.Il verde riconquista il ruolo significativo di definizionedella qualità urbana, che era stata una sua prerogativanell’Ottocento.Se la fonte di ispirazione è stata precedentemente ilrapporto città-campagna, da La Villette in poi lo sarà lacomplessità della cultura urbana stessa, con un’altraconseguenza di notevole portata, la non distinguibilitàda questo momento in poi, tra giardino e piazza, tranaturale ed artificiale, tra interno ed esterno.

Fabrizia Gianni

Note

(1) Giovanni Cerami Il giardino e la città Il progetto del parco

urbano in Europa Laterza 1996 pp.172

(2) Il canal de l’Ourcq un tempo forniva d’acqua

tutta la città di Parigi

(3) Tendenza artistica sviluppatasi in Russia 1915-

1917

(4) Remo Bodei La filosofia nel Novecento Universale

Donzelli 1997 pp.156-158

(5) Gillo Dorfles, Angela Vettese Il Novecento percor-

si tematici Atlas 2000 pp.45

Riferimenti Bibliografici

Remo Bodei La filosofia nel Novecento Universale

Donzelli, Donzelli Editore 1997

Lodewijk Baljon Designing Parks Architectura &

Natura Press Amsterdam 1995

Gillo Dorfles, Angela Vettese Il Novecento protagoni-

sti e movimenti Atlas 2000

Gillo Dorfles, Angela Vettese Il Novecento percorsi

tematici Atlas 2000

Giovanni Cerami Il giardino e la città Il progetto del

parco urbano in Europa Laterza 1996

Franco Panzini Per i piaceri del popolo. L’evoluzione del

giardino pubblico in Europa dalle origini al XX secolo

Zanichelli 1992

Mariella Zoppi Storia del Giardino Europeo Laterza

1995

Figura 8. Tschumi Progetto del parco, 1991

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GazeboIl giardino pubblico: storia di un contrastato rapporto traCittà e NaturaCome costruire la città (tredicesima parte)

FABRIZIA GIANNI

Giardino Pubblico e Città: quando diventano unbinomio indissolubile?Andrea Palladio nel suo trattato I quattro libri dellaarchitettura pubblicato a Venezia nel 1570, così sirivolge all�architetto che si vuole occupare della costru-zione della città: E sì come nella città si aggiogne bellezza allevie con le belle fabriche; così di fuori si accresce ornamento a quellecon gli arbori, i quali, essendo piantati dall�una e dall�altraparte loro, con la verdura allegrano gli animi nostri, e conl�ombra ne fanno commodo grandissimo. (1)Il pensiero di A. Palladio riassume il concetto guidadell� architettura antica: il verde, anche se reso artificia-le attraverso l�uso, non è riconosciuto come materiale piena-mente atto alla costruzione della città che è considerata essere ilpiù complesso dei prodotti della cultura, una vera violenzainferta dall�uomo all�ordine naturale. (2)La trattatistica rinascimentale puntualizza la diversitàdi approccio fra l�ambiente interno alla città e quello adessa esterno, e, anche se vede nel pubblico decoro il finecomune ai due ambienti, non considera indispensabileil ruolo che le aree verdi possono assumere nellacostruzione della scena urbana.Bernard Tschumi, l�architetto svizzero che ha vinto ilconcorso per la realizzazione del parco pubblico piùfamoso degli anni Ottanta, Parc de la Villette a Parigi,ha sempre messo in evidenza come il suo progettopromuova la costruzione di un giardino (G) comeluogo pubblico profondamente connesso alla vita cit-tadina, non più da considerarsi lo spazio dell�elementonaturale da contrapporsi a quello artificiale. (3)Un parco urbano per il XXI secolo, come richiede inanticipo sui tempi lo slogan del concorso, non puòessere dissociato dal concetto di città, ma ne devecostituire la sua caratterizzazione fisica e culturale.Le posizioni presentate da Andrea Palladio e da Ber-nard Tschumi bene riassumono il travaglio dellaprogettazione della città, ed è oltremodo significativoandando a ritroso nel tempo, individuare in qualemomento storico lo spazio dell�elemento naturale e lospazio dell�elemento culturale, da due realtà inteseideologicamente come diverse e separate dal punto divista spaziale e giuridico, siano diventate un binomioindissolubile.Come più sopra ho accennato, il GP recepito comeluogo organizzato dal punto di vista formale, non fa

parte di quel patrimonio di strutture pubbliche che, concontinuità, segna in Europa, la forma della città sindall�epoca antica.La nascita del GP si lega a quel complesso fenomenopolitico, giuridico e scientifico che, tra i secoli XVII eXVIII, trasforma i modi di vita e la struttura dei centriabitati.La sua affermazione nel contesto urbano è intimamen-te connessa ai processi d�evoluzione e di abbellimentoche si sviluppano nell�epoca dei Lumi quando fioriscela nuova arte pubblica che si occupa della costruzionedello spazio collettivo.

I primi spazi verdi formalmente organizzatiTra il XVI e il XVII secolo si affacciano sulla scenaeuropea i primi spazi verdi formalmente organizzati.Accenno brevemente ad alcune esperienze che, se pureeterogenee, hanno il pregio di chiarire come da esse siapoi derivato il GP nella forma in cui si presenta oggiattorno a noi. In Italia la città di Lucca promuove ilprogetto di alberare per intero il suo perimetro mura-rio, imitata subito dalla città di Anversa. Con questeprime esperienze inizia la consuetudine di abbellimentodei bastioni che avrà grande fortuna in Europa. ALondra, dal 1605, i prati comuni che sorgono a nord dellaCity , i Moorfields, sono sistemati per il passeggio conlunghi viali alberati ad olmi.Importanti orti botanici come quello reale di Parigi oquelli universitari di Leiden, Utrecht, Groningen siaprono al pubblico negli ultimi decenni del Seicento.Più o meno nello stesso periodo il pubblico di alcunecittà europee ha il permesso di accedere ai parchi realiinseriti nella struttura urbana come Hyde Park a Lon-dra, Tuileries a Parigi, Tiergarten a Berlino.Tutte queste tipologie di spazi verdi pubblici portanoin seguito al disegno di un brano di città completamen-te nuovo e fanno dire agli studiosi che il GP è unfenomeno intrinseco alla cultura europea.Fra tutte le grandi città Parigi diviene un luogo nodaleper comprendere il processo di formazione del GP.Nel XVIII secolo Parigi è una città che cresce senzasosta e gli spazi verdi sono un lusso riservato alleclassi sociali più abbienti. La città è ricca di G privatiche soddisfano le esigenze di intimità delle dimoresignorili.

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GazeboIl giardino pubblico: storia di un contrastato rapporto traCittà e NaturaStrategia del decentramento: garden-suburb (quattordicesima parte)

FABRIZIA GIANNI

Nuclei suburbani satellitiNel mio ultimo articolo Come costruire la città (1) hotrattato di alcuni problemi di urbanistica che riguarda-no la costruzione della città e, più specificamente, lacostruzione dei piccoli insediamenti urbani satellitidelle metropoli.Riprendo il filo del discorso proprio partendo daquesto ultimo punto. Siamo in Inghilterra e EbenezerHoward (E. H.) offre una soluzione che risulta esserela proposta più innovativa del XIX secolo (1).Egli non accetta completamente né la qualità di vitadella città né quella della campagna, così suggerisce lateoria del terzo magnete, proponendo un terzo polo diattrazione costituito da centri di insediamento chegravitano intorno alla città, ma da essa sufficientemen-te lontani in modo da offrire un distensivo habitatimmerso nel verde.Non ci troviamo più di fronte ad una crescita continuadel nucleo urbano, tipica della città ottocentesca, bensìad uno sviluppo del territorio per cellule che porta aduna serie di borghi satelliti che gravitano attorno ad unpolo urbano preesistente.E. H. parla di costellazione territoriale costituita da grappolidi città -giardino (fig. 1). Egli stesso, al fine di valutare quanto la sua propostasia attuabile, acquista nel 1902 alcuni terreni a 40 kma nord di Londra e progetta la prima città-giardino. Ilcentro, previsto per 30.000 abitanti, si chiama Letchwor-th ed è affidato, per la parte esecutiva, a RaymondUnwin e a Barry Parker.R. Unwin è un giovane ingegnere che inizia la suaesperienza lavorativa presso la fabbrica di carbone e diacciaio di Staveley vicino a Chesterfield. In quellaoccasione riceve l�incarico di progettare alcuni cottagesper i minatori con le annesse attrezzature collettivecome scuole, bagni pubblici, chiesa. Nel 1896 formaun sodalizio progettuale con l�architetto Barry Parker,del quale aveva sposato la sorella tre anni prima.R. Unwin non si limita ad una mera applicazione o aduna parziale rettifica della tesi di E. H., ma porta acompimento una sostanziale revisione teorica chesegna il trapasso dall�idea di garden-city all�idea di garden-suburb. La differenza tra le due proposte sembra di pocaimportanza, ma non è così.

Vista da vicino la prima città-giardino mostra unimpoverimento dello schema idealizzato da E. H (1).L�impianto è radiocentrico, i boulevards sono fiancheg-giati da grandi isolati che convergono in una piazzaquadrata, una square centrale. Gli spazi verdi sonomolto curati e un rigoroso rispetto delle norme regolala densità, le distanze e le altezze degli edifici. Eppurela forma urbis resta priva di quella forza di attrazionemagnetica capace di contrapporsi alle attrattive dellametropoli. Mancano le strutture produttive, mancanogli edifici-simbolo della comunità e le numerose caset-te unifamiliari creano l�immagine di una piccola citta-dina di provincia.Così la descrive Alessandro Schiavi, futuro direttoredegli Istituti autonomi di case popolari (IACP) diMilano, reduce da un suo viaggio in Inghilterra finaliz-zato alla visita delle garden-cities.

fig.1- L�albero che cresce- Manifesto pubblicitario delle città -giardino redatto dalla Co-partnership Tenanats LTD nel 1909

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GazeboIl giardino pubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e NaturaHoward e il destino del suo idealtipo

FABRIZIA GIANNI

Forma del terzo magnete in EuropaL’opera Garden City of Tomorrow di Ebenezer Howardpubblicata a Londra nel 1902, comunque la si vogliainterpretare, risulta essere il seme da cui germina unanuova e significativa linea teorica dell’urbanistica con-temporanea. Le critiche che vengono fatte alla propo-sta di Howard riguardano il modo con cui egli proponedi conciliare gli opposti magneti, città e campagna.Il suo progetto è considerato poco realizzabile soprat-tutto per la mancanza di concretezza che riguarda leincalzanti attese abitative di quel periodo storico (1).Proprio partendo da questo problema si sviluppa unapprofondito dibattito a livello nazionale e internazio-nale che ha il pregio di favorire un intenso scambio diesperienze e che conduce ai principi guida per un’equi-librata programmazione dei nuclei suburbani e dellepiccole città satelliti.In questa fase l’idea della città-giardino, pur fungendo dapunto di riferimento nei vari paesi che si stannocimentando con una progettazione urbana innovativa,perde i requisiti di fedeltà al modello howardiano.In altri termini, nel propagarsi su scala internazionale,l’idea della città-giardino si confonde con quella deisobborghi-satelliti dando luogo ad un movimento che, senon proprio unitario, gioca un ruolo di trait d’union travarie esperienze coeve.In Francia si assiste ad una sostanziale revisioneconcettuale dei contenuti dell’opera di Howard.Nel 1904 Georges Benoit-Lévy pubblica La Cité-jardinche, pur parafrasando il titolo del celebre libro diHoward, da questo si discosta ed espone una nuovalinea di pensiero basata sulla razionalizzazione deirapporti tra residenza e luoghi di produzione in basealla formula salubrità = produttività.Nei paesi di lingua francofona il concetto di cité-jardinviene considerato come uno strumento di pacificazio-ne sociale e una incentivazione dei ritmi lavorativi dellaclasse operaia.Diverso è il caso dell’Olanda dove le teorie di Howardincontrano notevoli difficoltà ad attecchire per il preva-lere, nel dibattito teorico, dei valori della grande città edel principio della continuità nello sviluppo urbano.Ciò non toglie che, sia pure in dimensione ridotta e conmorfologie regionali, vengano realizzati anche in que-sta nazione alcuni villaggi-giardino chiamati tuindorp.

In Finlandia si registrano alcune significative realizza-zioni di villaggi-giardino sia pure in forme episodiche econ relativo ritardo rispetto alle prime ricezioni delletesi howardiane. La vicenda più significativa è quellainerente il piano della Grande Helsinki impostato nel1918 da Eliel Saarinen (E. S.), ma rimasto sulla carta.Nel prefigurare l’espansione della città-capitale E. S.disegna una larga arteria che, insinuandosi nei declividel territorio circostante, funge da alveo di connessio-ne di una serie di nuclei-giardino immersi nel verde. Perla prima volta il principio howardiano è tradotto in unmetodo di pianificazione territoriale e anche se nonrealizzato, il programma di Saarisen finirà con l’in-fluenzare la successiva politica di decentramento urba-no promossa dalla amministrazione di Helsinki.La prima significativa realizzazione in Russia di quelloche è definito villaggio-giardino viene attuato da V. N.Semenov. Autore di un saggio, L’urbanistica delle città(1912), egli pone l’accento sull’importanza delle pro-poste legislative in questo campo tra le quali l’espro-prio e l’obbligatorietà del controllo territoriale e urba-nistico. Il villaggio-giardino da lui parzialmente costruitonel 1912 nei dintorni di Mosca è concepito fondamen-talmente come un’opera-manifesto delle potenzialitàriformatrici della borghesia progressista.Dagli esempi sopra riportati si realizza come il movi-mento della garden-city, mentre si diffonde in tuttaEuropa, si trasforma in una tecnica di disegno deisobborghi satelliti immersi nel verde e giocati sucalibrati effetti pittoreschi desunti dalle tradizioni locali.Anche negli Stati Uniti la tendenza allo svilupposuburbano trova un fertile terreno. Nel 1907 è fondatala Garden City Association of America e nel 1910 FredericLaw Olmsted jr. e Grosvenor Attenbury realizzano,nei pressi di New York, il sobborgo di Forest HillsGardens che diventa un caso esemplare per l’ampiadotazione delle attrezzature collettive e la qualità deldisegno urbano.

Il sobborgo-giardino in ItaliaIn Italia l’avvio per la costruzione dei primi quartieri abasso costo inizia solo dopo l’approvazione dellaLegge Luzzatti del 1903 e la formazione degli IstitutiAutonomi delle Case Popolari (IACP). La legge Luz-zatti introduce incentivi per la costruzione di case a

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GazeboIl giardino pubblicoStoria di un contrastato rapporto tra Città e NaturaNew towns

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Il nuovo corso del green movementLa costruzione di una città che riesca a fondere insiemei pregi della città storica e quelli della campagnaincontaminata, il famoso terzo magnete di EbenezerHoward (1), non riesce a decollare. Tutti i tentativiattuati in Inghilterra e in Europa dopo la pubblicazionedel saggio City of Tomorrow del 1902, manifestanoqualche cosa di non pienamente realizzato, così, alloscoppio della seconda guerra mondiale, si assiste ad unapparente abbandono della risoluzione pratica delproblema. In realtà leesperienze accumulate, pur con leloro deficienze, sono il fertile humus sul quale si innescail nuovo corso del green movement che, in Inghilterra,porta alla programmazione delle new towns.Ebenezer Howard, forte del successo delle sue idee enon pienamente convinto della irrealizzabilità dei prin-cipi guida che propone nella edificazione della città-giardino, decide di realizzare con i suoi più strettiproseliti un nuovo centro a 33 chilometri da Londra:Welwyn-garden-city. (Fig. 1) Lo scopo che si prefigge èquello di correggere i limiti di impostazione apparsi nelprimo esperimento di Letchworth del 1904.

Nel 1918 fonda l’ associazione New Town Group cheraccoglie il gruppo di lavoro del piano per la nuovacittà-giardino. I terreni dove edificarla sono acquistati,in parte privatamente ad un’asta pubblica, poi, pertappe successive, dalla neocostituita associazione.Nell’aprile del 1920 il terreno si estende per unasuperficie di 2.377 acri e si dà l’avvio ai lavori. Ladirezione è affidata all’architetto Louis de Soissons(LdS). Vari sono i fattori che concorrono, anche inquesta nuova esperienza, alla realizzazione di un sob-borgo satellite piuttosto che di una città -giardino.L’ubicazione di Welwyn risulta ottimale: non lontanoda Londra, è facilmente raggiungibile dalle grandi lineedi comunicazione quali la rete ferroviaria Great Nor-thern Railway e l’ importante asse stradale della NorthRoad. L’impianto è principalmente condizionato dallarete ferroviaria che incrocia due linee secondarie edivide la città in quattro zone pressoché equivalenti.Di queste zone due sono destinate ai quartieri residen-ziali, dove prevale la consueta tipologia dei villini a duepiani con giardino, alternati con case a schiera dispostea close (2) (Fig. 2). Le restanti zone riguardano l’areaindustriale ed il centro urbano.L’architetto capo LdS dedica particolare cura allaprogettazione del centro urbano, provando a ripropor-re quel senso urbano già prefigurato nell’originale ideo-gramma howardiano, ma che era venuto a mancare inmodo evidente nel primo esperimento di Letchworth.Per ottenere tali risultati LdS disegna un grande bou-levard alberato, una parkway larga 60 metri, che evocal’ottocentesco culto dell’asse. Al termine del percorsopredispone un ampio tracciato viario ad emiciclo a suavolta circondato da un’estesa area di verde.Purtroppo solo pochi edifici, con adeguate soluzionid’angolo, lasciano intuire la forza visiva che avrebbepotuto avere questo disegno prospettico se fosse statocompletato da una compatta cortina edilizia. Il verolimite è, ancora una volta, l’eccessiva predominanzadel verde sul costruito che trasforma il centro cittadinoin un parco: il tanto perseguito senso urbano sfuma in unidillio bucolico.La conferma del limite risulta, in modo indiretto, anchedal numero di abitanti che, invece di raggiungere ilprefissato tetto di 50 mila, restano al di sotto dei 19.000Fig. 1 L. de Soissons, Piano di Welwyn Garden City

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GazeboStoria di un contrastato rapporto tra Città e Natura Come si trasforma il modello delle new towns nelle altre nazioni europee

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La Francia importa il modello delle new townsLe new towns costruite in Inghilterra a partire dal 1946per un periodo che dura più di trenta anni, pur nei lororiconosciuti limiti, costituiscono per le altre nazionieuropee un modello a cui rifarsi.Ricordo brevemente che nella storia della edificazionedi questi centri urbani si evidenziano caratteri struttu-rali molto diversificati e che, proprio a causa di questo,gli esperti distinguono tre generazioni di new towns (1).La prima generazione o del romanticismo naif, consistein una sorta di subtopia, una condizione né di città né dicampagna, il mondo del disordine universale a bassa densità. Ilgruppo di architetti inglesi di Architectural Review cheetichetta questa fase come Subtopia conclude affer-mando che questa condizione rovina la campagna, senzafare la città: è un nemico amorfo.La seconda generazione, per ovviare agli errori dellaprima fase, promuove dei centri meno diluiti chehanno come scopo la costruzione di una città compatta.La terza generazione, definita della progettazione flessibi-le, sviluppa i nuovi orientamenti metodologici cheintroducono come principi guida le idee di piano-processo, di partecipazione dei cittadini alle scelte strategi-che e di progettazione flessibile, idee che da questo mo-mento entrano a fare parte della terminologia correnteche riguarda la progettazione dei centri urbani.La critica maggiormente rivolta alle new towns è lamancanza di una forma urbana causata dalla bassadensità, dalla mancanza di episodi che caratterizzano ilcentro cittadino e per ultimo, dalla massiccia presenzadi spazi verdi che creano un panorama così diluito daannullare ogni carattere urbano dei luoghi.Prescindendo dai valori e dalle irripetibili condizionisocio-politiche della nazione dalla quale è scaturital’esperienza delle new towns, si assiste, a metà degli anniSessanta, ad un tentativo di importazione del modelloin Francia.Le tematiche che questa esperienza trova nella nuovanazione si possono brevemente sintetizzare in trepunti: necessità di un riequilibrio territoriale, fortiinteressi imprenditoriali e una reale ed ingente doman-da di alloggi che investe l’intera area metropolitanaparigina che risale ai primi decenni del secolo.Fino dal 1910 infatti si avverte la necessità di definireun equilibrio tra la città storica di Parigi e la cinturaperiferica dei comuni suburbani.

Per risolvere il problema si formulano proposte e sisostengono alcune iniziative.Nel primo caso è significativo ricordare come alcuniesperti caldeggino lo smantellamento della linea dellefortificazioni realizzate tra il 1841 e 1845 al fine diattuare una fascia verde di mediazione con la banlieue(periferia).Riguardo alle iniziative è da sottolineare l’attività diHenri Sellier che, in qualità di direttore dell’Ufficiodipartimentale delle Habitations à Bon Marché, compra,a partire dal 1916, intere proprietà agricole destinatealla realizzazione di nuclei abitativi ispirati ai modelliinglesi con prevalenza di abitazioni unifamiliari peruna popolazione oscillante tra i 1000 e i 1500 abitanti.Nel 1919 viene indetto il concorso nazionale per ilpiano regolatore della Grande Parigi, nel cui bando èspecificatamente richiesta la realizzazione di città-giar-dino periferiche.Nonostante gli sforzi tesi alla risoluzione del problemadi un riequilibrio territoriale intorno a Parigi, si assisteimpotenti alla incontrollata espansione a macchia d’oliodella banlieue sia a causa dell’incremento demograficosia per la costante immigrazione, causata anche da unmovimento di popolazione interno alla città stessadagli îlots insalubres del centro storico verso i lotissementspavillonaires e i grandi ensambles della periferia.In una situazione di così poca chiarezza, interviene inmodo autoritario, con una proposta sia pure elementa-re, lo Schéma directeur de la Région Parisienne che definisceuna strategia per la regione parigina che si contrapponein maniera decisa alla tendenza a saturare il territoriocon edilizia estensiva disordinata.Nel piano regionale proposto, definito per la sua formaa dita di guanto, le grandi arterie dei trasporti ferroviarie del traffico veicolare a scorrimento veloce sonoassunte come assi portanti delle direttrici di sviluppo.Le quattro direttrici principali della città storica hannocome punti focali cinque villes nouvelles dislocate in unraggio di circa 30 km dal centro: Cergy-Pontoise anord-ovest, Marne-la-Vallée ad est, Evry e Melun-Sénart a sud-ovest e Trappes ad ovest.Le villes nouvelles sono, più che agglomerati satelliti, verecittà dove lo spazio naturale che affianca la strutturadell’insediamento vi penetra e partecipa, insieme allarete viaria, alla costruzione della ossatura urbana pri-maria.

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GazeboStoria di un contrastato rapporto tra Città e Natura(diciottesima parte)Come si trasforma il modello delle new towns nelle altre nazioni europee

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Il punto della situazioneCome ho avuto modo di scrivere nei precedentiinterventi (1) le new towns, in Inghilterra, e le ville nuovelle,in Francia, aprono un efficace dibattito, non soloteorico, sul ruolo della Natura nella costruzione del-l’ambiente urbano. Si concretizza una nuova categoriadi paesaggio: il paesaggio delle new towns. La città interasi struttura come un ambiente salubre e funzionaledove si accostano armoniosamente volumi edilizi,spazi liberi e masse vegetali che stabiliscono la continui-tà tra città e campagna. Ricordo in tale senso il validorisultato ottenuto nella costruzione della new town diHarlow (Inghilterra) nel 1947. Il gruppo di architettipaesaggisti impegnato nella progettazione (2) disegnaun piano che mira a portare nella città l’ambientenaturale del circostante territorio agricolo. Per otteneretale scopo non viene trascurato alcun aspetto naturali-stico e, al fine di minimizzare la transizione tra l’ambien-te rurale e quello urbano, si utilizzano per le alberaturecittadine essenze autoctone rustiche come querce, sico-mori, carpini, pioppi, pini di Scozia, betulle, agrifogli,biancospini.Anche nelle nuove città francesi, come Firminy-Vert, oTolouse le Mirail, entrambe realizzate fra gli anniCinquanta e Sessanta, lo spazio naturale segue la strut-tura dell’insediamento, vi penetra e partecipa alla co-struzione dell’ossatura urbana primaria.Ma accanto ad esempi nei quali si esprime felicementela concezione moderna dello spazio verde in città ce nesono altri decisamente mediocri. Mi riferisco ai nuoviquartieri edificati sotto le necessità imposte dalla rico-struzione del dopoguerra e dal boom demografico: inquesto caso l’identità dei luoghi è determinata dallapura applicazione degli standard urbanistici.La povertà figurativa di tanti spazi verdi realizzati neidue decenni che seguono la guerra, rende percepibilela crisi di qualità dell’ambiente urbano moderno.Paradossalmente la crisi avviene proprio quando siincominciano ad applicare dei rigorosi criteri scientificiper la programmazione del territorio al fine di superarela millenaria contrapposizione fra città e campagna.Proprio partendo dalla nuova visione di intenderel’ambiente urbano il verde in città è riconsiderato peril suo ruolo estetico in contrapposizione al modello diverde funzionalista. Come conseguenza si procede alla

realizzazione di parchi urbani, classificati ora comeparchi neo-paesaggistici, che presentano un ritorno alladefinizione dei caratteri scenici delle aree verdi al finedi costruire paesaggi naturali che riescano a coinvolgerel’interesse dei frequentatori. I segni che definiscono inuovi parchi si ricollegano alla tradizione, ma presen-tano alcune significative novità come la semplificazionedella trama dei percorsi, la scomparsa dei paesaggiminiaturizzati ed una ripartizione funzionale abbastan-za netta che prevede per es. un grande prato riservatoagli sport, un’area adibita alla passeggiata, una per leesposizioni floreali.

I movimenti ecologici e lo studio dell’ambienteurbano come ecosistemaLa riqualificazione dell’ambiente urbano rientra in unapiù generale sensibilità verso l’ambiente ed ha comepunto di riferimento la nascita, negli anni Settanta, delmovimento ecologico in Europa. Le nazioni guidasono la Germania (3) e l’Olanda.In queste nazioni il movimento del Sessantotto assumeun carattere di rivendicazione molto concreto chepunta alla qualità dell’ambiente urbano e territoriale.L’esperienza ecologista olandese moderna si muove inun contesto culturale che ha già sperimentato la crea-zione della grande foresta artificiale di Amsterdamse Bos,il Bosco di Amsterdam (4).Negli anni Trenta il biologo Jacob P. Thijsse promuo-ve un approccio ecologico al giardino e realizza alcunigiardini didattici in cui ricrea sequenze di paesaggidiversi. Proprio partendo da questa esperienza, adAmstelveen, un piccolo comune a sud di Amsterdam,si realizza il primo parco pubblico esplicitamenteecologico, il Thijssepark. composto da una sequenza diradure attraversate da corsi di acqua nelle quali sonoriprodotte le associazioni vegetali tipiche della zona.Il parco, che si distende linearmente per cinque ettari,viene progettato nel 1939 da C. P. Broerse e J.Landwehr, ma la sua realizzazione impegna i tecnici egli esperti fino al 1972.Ritornando ai movimenti di contestazione degli anniSessanta, in Olanda proprio da questi movimentiemerge un personaggio di spicco del filone ecologistaa nome Louis Le Roy di professione pittore edinsegnante. Egli si promuove progettista ecologico self-

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