RETRIEVER · 2013-12-19 · dato a questi cani fu Wavy Coated, cambiato poi nell’at-tuale Flat...

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RETRIEVER magazine Il flatcoad retriever: tipologia e funzionalità Dalla parte del giudice Alimentazione e cancro nel cane Endal e Allen: ritorno alla vita vissuta periodico di informazione on-line del RCI - anno 2 - numero 3

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RETRIEVERmagazine

Il flatcoad retriever:tipologia e funzionalità

Dalla partedel giudice

Alimentazionee cancro nel cane

Endal e Allen:ritorno alla vita vissuta

periodico di informazione on-line del RCI - anno 2 - numero 3

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Ogni articolo esprime in libertà le opinioni del suo autore, il RCI puo’ non condividere o sottoscrivere necessariamente quanto viene pubblicato.

Martino Salvocoordinatore di redazione

Alessandra Franchiredattore

Patty Fellowsredattore

Leonardo Langiuimpaginazione/grafica

l’editorialel’editoriale

Un sentito grazie a quanti hanno collaborato a questo numero, in particolare a Lucia Casini, Susan street e a Minna sihvonenper la foto di copertina

In un famoso discorso, a chi gli chiedeva che cosa lo Stato intendesse fare per i suoi cittadini, J. F. Kennedy rispose domandando a sua volta che cosa i cittadini fossero disposti a fare per lo Stato. Intendiamoci: la citazione è “alta” - e ai vertici del RCI nessuno si sente Kennedy - però mi dà il destro per porre anche ai nostri soci la stessa domanda: siete disposti a dare una mano?

Da sempre sento chiedere che cosa sta facendo il club per i soci, quasi si trattasse di due entità diverse e lontane - da un lato i “soci”, dall’altro “il club” - come se l’uno e l’altro non costituissero, insieme, la stessa realtà.

E qui arrivo a una seconda considerazione. E’ vero, nel corso della sua esistenza, e sono ormai trent’anni, il Club è passato da una dimensione familiare a una quasi imprenditoria-le. Un tempo tutti si conoscevano, bastava qualche telefonata ed ecco che erano pronti a condividere un evento, una giornata assieme, una colazione in campagna. Ora un raduno, una prova di lavoro o un’esposizione coinvogliano decine se non centinaia di cani e di relativi padroni. L’impegno dell’organizzazione è quindi pesante...

Sentirsi parte di una qualunque associazione è il prerequisito del suo buon funzionamento, spinge ad agire assieme nell’interesse comune; il sentimento di non appartenenza fa invece credere che, una volta versata una quota, tutto il resto, in fin dei conti, è dovuto.

Fare uno sforzo per sentirci tutti coinvolti, per il piacere di stare assieme e condividere una passione comune deve diventare il sale della nostra associazione: nell’interesse comune, chiediamo a tutti un coinvolgimento maggiore.

Laura Sgorbati Buosi - Consigliere RCI

in questo numero:

•Editoriale RCI - di Laura Sgorbati Buosi

•Il flatcoad retriever: tipologia e funzionalità - diEdward J. Atkins

•Il flat contro tutti - di Chiara Berzacola

•Dalla parte del giudice - Andrea Pandolfi

•Il pianto nei retriever - di Martino Salvo

•Mrs. Jennifer Hay Holywear golden retriever - di Alessandra Franchi

•Destinazione dual purpose: una giornata con Leospring Labrador - di Patty Fellows

•Alimentazione e cancro nel cane - di Patty Fellow e Alessandra Franchi

•Genetica del comportamento - di Denis Ferretti

•A scuola di gioco per crescere - di Cinzia Stefanini

•Endal e Allen: ritorno alla vita vissuta - di Alessandra Franchi

•Retriever e non solo – libri, tv, regali, notizie a cura di Patty Fellows e Alessandra Franchi

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cranio e fronte, che sono di uguale lunghezza. Lo stop è appena accennato, ma una faccia senza stop o una testa da collie vanno ritenute atipiche. La testa è portata da un lungo collo ben inserito sul dorso.Questo è essenziale per un anteriore corretto e fa apparire il posteriore ben squadrato, mentre il profilo globale mostra una lunga (dalla punta del petto fino all’ultima costola) e profonda gabbia toracica che si assottiglia verso il rene squadrato. Il torace non è molto ampio, e visto di fronte o di lato mostra ben visibile lo sterno. La scapola (dal garrese alla spalla), l’avambrac-cio (dalla spalla al gomito), ed il braccio (dal gomito fino al polso) sono circa della stessa lunghezza. La scapola e l’avambraccio sono posizionati a circa 90°. Questa struttura insieme con il piede ben arcuato e falangi forti ma inclinate di moderata lunghezza creano un sistema di assorbimento degli urti che protegge lo scheletro e gli organi interni.

Quando è fermo il peso è per circa il 65% sull’anteriore e in azione circa il 90% dell’urto con il terreno è assorbito dall’an-teriore. Un anteriore corretto consente in movimento di coprire il terreno con moto fluente; e le grandi falcate riducono il numero di impatti con il terreno e favoriscono la resistenza sui lunghi tempi.

La linea dorsale del flatcoat dovrebbe essere orizzontale, mai in pendenza o insellata. Se il collo è inserito correttamente e la spalla ben arretrata, ci sarà sempre un piccolo avvallamen-to al garrese. Sono da consi-

derarsi errori gravi un dorso cedevole e un rene men che quadrato, poiché tendono a rendere instabile in età avanzata un cane che lavori davvero . Da questo punto di vista spalle dritte , polsi verticali o deboli, schiena cedevole e rene lungo sono altrettanto dannosi per un cane che lavora che una moderata displasia dell’anca. Il posteriore di un flatcoated dovrebbe esser ben muscolato con angolazione proporzionata a quella della spalla. Il tratto dal ginocchio al garretto dovrebbe essere di buona lunghezza, almeno quanto la coscia (dall’anca al ginocchio), con garretti corti. Il modo ottimale di muoversi di un flatcoated retriever è di spingersi avanti usando il posteriore come una leva efficiente, e non come un attrezzo per spingere. Cani sovra-angolati devono costantemente spingere come in salita, sprecando così l’energia che dovrebbe invece andare in resistenza, e sottopondendo a maggiore sforzo le anche e la colonna vertebrale.

Riassumendo, il flatcoat è un cane forte ma elegante, di media statura, con buona ossatura e corporatura. Deve avere una cassa toracica profonda piuttosto che arrotondata, e deve mostrare una forma triangolare smussata formata da linea dorsale orizzontale, petto profondo con sterno prominente, che si rastrema verso l ‘ultima costola.

Un flatcoat non è mai compatto o tozzo e non è mai troppo lungo. Come aspetto generale la razza deve mostrare potenza senza esser massiccia e non deve avere ossatura troppo sottile. Ogni tentativo di migliorare o cambiare l’aspetto di un cane tagliando il pelo, o gonfiandolo ecc è biasimevole, e il più delle vote attira anziché distogliere l’attenzione sui difetti che cerca di nascondere. L’unica toelettatura necessaria dovrebbe essere una piccola pulizia dei bordi delle orecchie, del collo e delle frange.

Quando per i cacciatori si resero disponibili armi in grado di abbattere in poco tempo grandi quantità di selvaggina, si rese necessario sviluppare dei cani da caccia adatti al rapido recupero di molti capi. A metà del 1600, durante la rivoluzione inglese e fino alla Restaurazione, la famiglia Reale Inglese e molti nobili fuggendo dall’Inghilterra trovarono rifugio presso la nobiltà francese. I Reali di Francia avevano sviluppato come grande intrattenimento sociale un tipo di caccia che prevedeva l’abbattimento di moltissima selvaggina, e quando la nobiltà inglese rientrò in Inghilterra portò con sé questo gusto. Erano usati differenti tipi di cani per battere il terreno, per stanare e per recuperare la selvaggina. Stampe dell’epoca che illustrano scene di caccia in Francia ci fanno vedere molti spaniel, e qualche cane robusto di tipo setter che riportano la selvaggina.

Con il migliorare della tecnologia dei fucili da caccia, sorse il bisogno di un tipo di cane specializzato al recupero della selvaggina su terra e in acqua. Ogni famiglia con proprietà terriere o ogni regione sviluppò allora linee di “riportatori” (retriever) da qualunque cane che fosse capace di riportare. Il tipo di setter pesante visto nelle prime stampe dell’epoca sembra esser stato alla base di questa selezione. Questi tipo-setter vennero poi accoppiati con cani da fattoria che lavoravano (“collies”) per renderli più addestrabili, con i cani che erano stati portati da Terranova e dal Labrador per renderli più forti e adatti a lavorare in acqua, e in realtà con qualsiasi altro cane potesse sembre adatto.

A metà dell’800 il colore più di moda per un retriever era il nero totale e questo portò a una certa uniformità della morfologia più adatta per il lavoro che questi cani dovevano fare. Quanto detto può esere rilevato dalle stampe, dai quadri e dalle statue di cani di quel periodo.Quando nacquero le esposizioni, i cani che venivano esposti erano i cani più belli tra quelli che lavoravano.

di Edward J. Atkins

Il dottor Bond Moore era un medico di campagna nel Midland inglese ed era anche un cacciatore ed un giudice di esposizione. Egli diede un fortissimo contributo a standardizzare l’aspetto e la taglia dei flat coated retriever ed a fornire il “giusto esemplare” a acquirenti facoltosi, come S.E.Shirley, di Ettington, che fu poi per i seguenti 30 anni il grande benenefattore della razza e che fu anche fondatore del Kennel Club. L’evoluzione fu un cane forte, di media taglia, con un mantello folto e resistente all’acqua, normalmente liscio, in contrappo-sizione ad altri mantelli arricciati o ispidi. Il primo nome dato a questi cani fu Wavy Coated, cambiato poi nell’at-tuale Flat Coated. Questa denominazione non deve essere assolutamente confusa con la tendenza ad un eccessiva toelettatura per ottenere un mantello liscio per le esposizioni.

Ciò che differenzia un flatcoat di qualità dagli altri retriever è un aspetto molto caratteristico e funzionale. La testa è lunga e pulita, in grado di reggere ogni tipo di selvaggina. E’ una testa con pochissima distinzione tra

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IL FLATCOATED RETRIEVER:tipologia e funzionalità

Tipo e struttura scheletrica

di flatcoat corretti.

Flatcoat non corretto di tipo “labrador” con

struttura scheletricada Labrador.

Flatcoat non corretto di tipo “setter”con struttura

da setter.

Edward J. Atkinsha Flatcoated e Chesapeakes dal 1953, e alleva in USA con l’affisso Wyndham e in UK

con l’affisso Wyndhamian. Ha prodotto molti campioni in tutto il mondo anche se produce poche cucciolate, principalmente con lo scopo di fare cani da caccia per sé; vive in Nord Dakota, una regione nota per la quantità della selvaggina sia stanziale che acautica migratoria. Giudica anche cavalli e bestiame, così come Chesapeakes e Golden dal 1972.

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IL FLAT CONTRO TUTTI

Scheda tecnica comparativadel Flatcoated Retrievernell’addestramentoall’obbedienza, al riportoe alla caccia

di Chiara Berzacola

Nella mia esperienza di addestratrice sono quotidianamente a contatto con soggetti delle razze Retrievers. Negli ultimi anni ho avuto modo di approfondire la conoscenza del Chesapeake Bay e del Nova Scotia Duck Tolling, mentre quotidianamente mi occupo di quelle piu’ diffuse in Italia quali Labrador, Golden e Flat Coated.

Ognuna di esse ha sicuramente delle proprie carat-teristiche che ne differenziano il profilo caratteriale ed attitudinale. Nelle mie giornatedi addestramento il flat coated e’ sempre stato presente: quello che mi ha dato più soddisfazione è stato il mio Gamon, un flat che ha raggiunto traguardi veramente eccezionali, infatti, oltre ad aver conseguito il titolo di Campione Italiano Assoluto (Campione sia di Lavoro che di Bellezza) è stato premiato dal Retriever Club italiano come miglior soggetto assoluto tra tutte le razze retrievers per la stagione 2008 ripetendo il risultato gia’ ottenuto nel 2006. Inoltre ha partecipato alle più importanti compe-tizioni con ottimi risultati sia in Field Trial che in Working Test anche a livello internazionale ed Europeo, in rap-presentanza dei colori italiani.Iniziata con Gamon la grande passione per questa razza, a tutt’oggi seguo la preparazione di giovani flat coated. Il Flat Coated Retriever ha delle caratteristiche molto spiccate come la grande socievolezza nei confronti dell’essere umano sia conosciuto che sconosciuto, con atteggiamento sempre festoso ed ottimista. Il fortissimo istinto al riporto ha delle particolari componenti che possiamo osservare in modo molto tipico e radicato nella razza tanto nell’azione che precede il reperimento della preda, che in quella successiva: L’istinto predatorio molto marcato, il fortissimo impulso al gioco ed istinto di caccia, la notevole fiducia in se stesso e le doti di autonomia e determinazione nella ricerca, gli consentono di trovare sempre una preda da riportare, che sia un

vero selvatico od un oggetto di altro tipo. Pure quando non vi sia nessuna possibilità di trovare una preda vera e propria, il riporto del primo oggetto disponibile da potere essere preso in bocca è spesso un rituale di festeggia-mento irrinunciabile, dove il flat sfoggia il naturale atteg-giamento di consegna dell’oggetto a testa alta con il ca-ratteristico costante movimento frenetico della coda.

Nel lavoro di riporto il Flat Coated spicca per alcuni aspetti rispetto alle altre razze retrievers, infatti ha mantenute inalterate alcune caratteristiche tipiche della razza che risultano ancora oggi molto ben fissate:

1) Facilità di apprendimento di un eccellente obbedienza di base e condotta al piede.Il Flat è un cane sensibile e molto facile da gratificare, con un istintivo modo di porsi nei confronti dell’uomo tale da portarlo a cercare continuamente un contatto fisico ma in modo gentile e rispettoso. Tali caratteristiche lo rendono facilmente addestrabile per l’obbedienza di base, specialmente per quanto riguarda la condotta al piede, anche in contesti molto difficili come le situazioni di caccia in walk-up. A volte però il suo forte attaccamen-to nei confronti dell’uomo puo’ essere causa di fenomeni di ansia da separazione con distruttività ed autolesioni che il cane si infligge quando si sente isolato. Quindi e’ importante conoscere tali atteggiamenti per prevenirli creando un ambiente idoneo dove possa trascorre le ore in nostra assenza.

2) Eccellente marking e Memoria.E’ molto frequente trovare tra i soggetti della razza dei grandi marcatori in grado di arrivare immediatamente sul punto di caduta anche in condizioni di elevata difficoltà dovuta alla distanza o a condizioni di terreno molto difficile. Il Flat è generalmente in grado di memorizzare un elevatissimo numero di punti di caduta e tenerli a mente per un tempo molto lungo. Questa caratteristi-ca rappresenta un indiscutibile pregio per l’impiego in battuta “Drive Shooting” dove il cane viene usato per ripulire il terreno dove sono stati abbattuti una moltitudine di selvatici. Purtroppo ne diventa anche un notevole limite quando il cane debba essere inviato al recupero di un selvatico che non abbia potuto marcare, infatti in questo caso assisteremo alla “sindrome di San Tommaso”: se non ha visto cadere nulla in quella zona non sarà facile inviarcelo, mentre sarà molto semplice mandarlo ad una notevole distanza in una zona dove sia caduto un selvatico anche dopo che sia trascorso moltissimo tempo addirittura anni! Infatti capita sovente di essere invitati a distanza di un anno ad una battuta che si svolga sempre sui medesimi terreni dove i nostri cani vengono impiegati solo in tale occasione per il Piking Up, incredibile ma vero

come si possano ricordare i punti esatti dove abbiano effettuato i recuperi.

3) Eccellente copertura del terreno.Lo stile di razza è elegantissimo e molto efficace, coprendo il terreno con le caratteristiche “pennellate” che gli consentono di massimizzare le funzionalità olfattive. L’andatura è sempre adeguata alle condizioni ambientali in modo che raramente il flat sia troppo veloce rispetto alla consistenza delle emanazioni presenti sul terreno.

4) Eccellente iniziativa di caccia.Anche il folto, il rovo, il canneto e l’acqua profonda, sono tutti ambienti affrontati in modo da adeguare costante-mente la sua andatura alla portata del suo olfatto, con scelte di percorso mirate allo scopo di sfruttare sempre il vento nel migliore dei modi.

5) Eccellente naso. Il muso allungato, il tartufo ben dimensionato e l’innata abilità nel farne uso, sono garanzie di ottimo olfatto.

6) Eccellente consegna.Innata predisposizione alla consegna della preda nella mano del conduttore. L’emozione che prova il flat all’atto della consegna è altrettanto grande di quella che trasmette al suo conduttore esprimendo una gioia, un entusiasmo e una gentilezza che rimane inalterata dal primo al ultimo riporto della sua vita.

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ChiaraBerzacolaappassionata addestratrice di retriever è attualmente Presidente del Settore

Lavoro del RCI, partecipa attivamente alle gare di lavoro, sia in campo nazionale che all’estero.Ha fatto del suo Gamon (Multi Sh. Ch., Int. Ch., RCI Soc. Ch., It. Ft. Ch. Royal Silk Gamblerman)il più titolato flat-coated italiano.

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7) Difficoltà di mantenere una perfetta steadiness.Come nelle altre razze da riporto (specialmente nelle linee da bellezza), è abbastanza frequente incontrare soggetti che abbiano predisposizione al “pianto” in linea: uggiolio lamentoso come azione di scarico dello stress dell’attesa che il cane accumula mentre aspetta il suo turno per andare a riportare, specialmente in presenza di altri cani. Tale atteggiamento è dovuto alla forte competi-zione che il soggetto avverte nei confronti degli altri cani e all’impulso dovuto alla grande concentrazione e deter-minazione che lo spingerebbe ad andare a recuperare la preda prima del comando del conduttore: “Running in”. Per evitare problemi di questo tipo è consigliabile non sottoporre il giovane allievo a situazioni stressanti se non in modo molto graduale. Inoltre è consigliabile non lavorare mai in addestramento sul marking ma piuttosto su “memorie” ad esempio lasciando cadere un dummy sul terreno e poi allontanandosi con il cane fino a raggiungere una distanza sufficiente a finché il cane sia tranquillo per potere essere inviato al riporto. I problemi legati alla steadiness sono di provata predisposizione genetica, quindi sarebbe necessario che l’allevatore presti molta attenzione ai soggetti da impiegare in fase di riproduzione.

8) Difficoltà di apprendimento della conduzione a distanza.La distanza dal conduttore fa si che il flat tenda a fare uso delle sue caratteristiche di sicurezza in se stesso e di iniziativa personale. Tali qualità lo rendono meno disponibile rispetto ad altre razze quali il golden e il labrador ad apprendere i comandi di conduzione a distanza. Saremo costretti ad organizzare degli esercizi finalizzati a inibire un po’ la sicurezza in se stesso del nostro allievo ad esempio con l’aiuto di una persona che possa raccogliere la preda ed eventualmente spostarla, in una diversa zona rispetto a quella che il cane si aspetta, in modo da controllare e gestire l’insuccesso dell’iniziativa del cane e premiare invece l’obbedienza alle direttive del conduttore.

9) Difficoltà di apprendimento del rispetto della zona di caccia indicata dal conduttore in presenza di distrazioni.La cerca circoscritta in un area ristretta rappresenta sempre una difficoltà nell’apprendimento di qualsiasi retrievers di qualsiasi razza. Questo è anche il caso del “no bird” molto frequente nelle nostre competizioni: o sia quando il giudice chiede al conduttore di far cercare il cane in una determinata area dove però in realtà non si trova nessun selvatico, quindi dopo un tempo più o meno lungo il giudice chiederà al conduttore di richiamare il cane il quale dovrà tornare prontamente al piede senza recuperare alcun selvatico anche quando abbia visto cadere o fiutato altri selvatici in altre zone circostanti a quella richiesta.

10) Difficoltà di apprendimento del riporto “blind”.Per impostare il “blind” non potremo servirci esclusi-vamente delle memorie come potremmo fare per altre razze, ma dovremo cominciare con veri “Blind” anche se a distanze brevissime, con vento a favore e tanti dummies sparsi a terra in modo da favorire al massimo il cane e rendere sicura la riuscita dell’esercizio, poi cominciare gradualmente a complicare l’esercizio intervenendo su una sola alla volta delle componenti (vento, -distanza, numero di dummies) fino ad avere condizionato il cane al punto tale da ottenere un vero invio Blind.

Conclusioni

Il flat coated è un cane adatto a un proprietario-conduttore calmo e costante nell’addestramento che possa dedicargli tempo per fare adeguato esercizio fisico e mentale. Sarà facilissimo da educare rispetto ad altre razze retrievers, e rispetto ad esse raggiungerà più facilmente un livello base/intermedio di preparazione alla caccia e al riporto. Al contrario sarà più difficile raggiungere un addestra-mento avanzato necessario per le competizioni di livello più elevato. Ritengo senz’altro che le grandi qualità naturali giustificano pienamente anche la necessità di dovere impiegare un tempo superiore per raggiungere i livelli di perfezionamento nel addestramento avanzato al riporto ed il mio Gamon ne è stata la prova.La razza gode in Italia di ottima salute infatti alcune linee di sangue si distinguono per gli ottimi risultati sia dal punto di vista morfologico (esposizioni di bellezza) che attitudinale (field trial).In conclusione ritengo che il flat sia un cane dal fascino irresistibile.Approcciarsi al mondo del lavoro con un flat coated è un’esperienza alla quale nessuno dovrebbe rinunciare. Non esitate quindi a contattare la Sezione Lavoro del Retriever Club Italiano per avere qualsiasi informazione sull’addestramento e le prove.

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“esperti” - in nessuna considerazione e quindi tacciata come sbagliata.

Manca quindi ormai qualsiasi forma di umiltà e di voglia di confrontarsi. Certo, il giudice può sbagliare, visto che l’infallibilità non è di questo mondo. Forse però il suo punto di vista può anche aiutare a dare una scrollata a certe incrollabili certezze che abbiamo coltivato, e a farci comprendere che magari il nostro cane non è solo una somma di pregi ma che presenta anche qualche difetto su cui come allevatore faremmo bene a fare una riflessione.

Infine vorrei auspicare che gli espositori si ricordino sempre le elementari regole di comportamento: pre-sentarsi con puntualità al ring senza bisogno di essere chiamati, comportarsi con educazione e senso di spor-tività, tenere sempre a mente che il ring non è uno spazio di proprietà personale ma deve essere condiviso anche con gli altri, etc. Sembrerebbero cose scontate, ma purtroppo per molti espositori non è così.Come dicevano i nostri progenitori: repetita iuvant!! Speriamo che alla fine le esposizioni tornino ad essere veramente il luogo dove a farla da padrone sia sempre e soltanto il vero ed unico motivo della loro esistenza: la passione e l’amore per i nostri cani.

movimento. A me non è stato dato modo di apprezzarlo e quindi non posso che penalizzarlo.

Mutatis mutandis lo stesso discorso vale per le condizio-ni fisiche del cane. Chiunque abbia un minimo di pratica di esposizioni è perfettamente a conoscenza che nessun cane sarà sempre al top delle proprie condizioni in ogni momento dell’anno. E’ quindi inutile lamentarsi se il proprio cane, quel giorno non al massimo della forma, “ tre mesi fa ha fatto migliore di razza e oggi ha preso solo eccellente”. Probabilmente oggi la sua condizione meritava quella qualifica e non un’altra, o altri soggetti presentati erano in condizioni migliori delle sue.A questo punto mi sembra opportuno spendere qualche parola sui rapporti giudice –espositori. Da quando ho iniziato a frequentare il mondo della cinofilia devo dire che il rapporto tra giudici ed espositori si è piuttosto modificato , e sicuramente non in meglio.

L’esposizione canina è un momento molto importante dell’allevamento in quanto costituisce la riprova del lavoro svolto dall’allevatore. Nell’esposizione si sottopone ad un esperto (riconosciuto da Ente apposito come tale in base alla esperienza ed al superamento di esami) i propri soggetti per avere indicazioni sul livello di allevamento, sulla giustezza o meno di scelte alleva-mento operate, sull’eventuale opportunità di operare delle modifiche o di intervenire per togliere certi difetti. Oggi, sempre più spesso, si ha la percezione che questo non abbia per molti espositori nessuna impor-tanza. Qualsiasi opinione diversa dalla propria non viene tenuta – da una buona percentuale di espositori

mondo expo mondo expo

Giornata familiare a Montrichier del Retriever Club Svizzero.

Un giovane golden a giudizio.

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DALLA PARTE DEL GIUDICEdi Andrea Pandolfi

Ho accettato con piacere l’invito rivolto dalla rivista di scrivere qualcosa sul mondo delle esposizioni visto dalla parte, una volta tanto, del giudice e non dell’espositore. Colui che considero, dal punto di vista cinofilo, il mio nume tutelare e cioè il compianto Prof. Raffaello Mariotti alla vigilia del mio primo appun-tamento da giudice mi disse: “ E ora ti renderai conto cosa vuol dire giudicare dall’interno del ring e non dall’esterno !!!” Devo dire che più passa il tempo e più mi rendo conto di come aveva ragione. Giudicare è difficile, perché richiede attenzione, competenza e necessità di operare delle scelte in tempi ristretti. Come diceva una pubblicità di un po’ di anni fa “sembra facile!!”. Vi assicuro che non lo è, anche se sulla carta potrebbe sembrarlo.

Cominciamo a dire quali sono gli strumenti principali di un giudizio. In primis, l’anatomia generale del cane, e poi ovviamente lo standard. Questi due elementi confi-gurano il “quadro ideale” con il quale il soggetto da giu-dicarsi dovrà essere confrontato. Per quanto riguarda i retrievers, con l’eccezione del Nova Scotia e del Che-sapeake, gli standard sono redatti nella maniera anglo-sassone e quindi, a differenza per esempio degli standard per le razze italiane e tedesche redatti in maniera minuziosa, sono molto poco descrittivi e precisi. Lasciano quindi, diciamo, abbastanza spazio all’interpretazione soggettiva. Il giudice, in questo caso, deve quindi farsi carico di valutare la corrispondenza del soggetto allo standard anche avvalendosi della propria sensibilità ed esperienza. Come si può capire il margine di interpretazione è piuttosto ampio e da qui discende la notevole discrepanza che in qualche caso si può verificare tra un giudizio di un giudice e quello di un altro. Un errore da evitare, che talvolta capita se oltre che giudici si è anche allevatori della razza, è quello di giudicare in base al “tipo” preferito. Ciascun allevatore ha in testa una certa morfologia di cane, spesso legata a correnti di sangue usate negli anni che hanno fissato il “tipo” del proprio allevamento.

Quando si giudica si deve farlo con riferimento allo standard e alla conformazione dei soggetti presentati senza lasciarsi influenzare da quei soggetti che mag-giormente somigliano al proprio tipo.

Altro errore che a mio avviso è da evitare è quello di privilegiare un certo aspetto nei confronti di altri, per cui l’eventuale positività (o negatività) di quell’aspetto tende ad essere valutata in maniera più pesante rispetto ad altri fattori di giudizio. Nel giudizio nessun fattore deve essere predominante e ciascuno deve concorrere a fornire un giudizio obbiettivo, ovviamente fatti salvi i casi di difetti che comportino la squalifica. Prima accennavo alla ristrettezza dei tempi con cui il giudizio si svolge. Purtroppo l’analisi di un soggetto, per quanto accurata il giudice la cerchi di fare, è sempre operata in uno spazio temporale ristretto e questo ovviamente talvolta può incidere sulla valutazione. Faccio un esempio: se giudico un cane che quel giorno non ne vuole sapere di camminare correttamente, perché nervoso o disturbato da qualcosa, non posso che penalizzarlo perché in quei pochi minuti quella è l’obbiettività che mi si è mostrata. E potrebbe essere anche vero, come spesso gli esposi-tori dicono in questi casi, che quel cane ha un ottimo

AndreaPandolfiAlleva da anni per passione golden retriever. Giudice ENCI, è stato tra i primi a

importare in Italia soggetti di alta genealogia, con i quali ha prodotto diversi campioni italiani e sociali nel proprio allevamento.

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Volendo semplificare, si potrebbe dire che un percorso completo di addestramento può essere pensato come passaggio attraverso l’apprendimento di una singola abilità alla volta. Ciascuna di queste abilità può poi essere scomposta in tanti piccoli step: ad esempio prima di chiedere un doppio marking al mio cane devo aver ben consolidato il single marking, così come prima di insegnare il seduto a distanza, devo aver insegnato il seduto vicino al conduttore. In ogni caso non si potrà insegnare ad un cucciolo contemporaneamente il seduto ed il riporto.

Un aspetto però molto insidioso e che spesso è poco noto ai meno esperti (anche chi scrive ne ha pagato le conseguenze!) é che deve essere rispettato un ordine cronologico rigoroso nell’insegnamento delle abilità,

altrimenti si rischia quasi certamente di avere brutte sorprese, anche dopo aver investito molto tempo, danaro ed energie. Non basta cioè suddividere il percorso di addestramento in macro aree quali: riporto marcato, riporto blind, fermo al fischio, steadiness, sperando che dopo aver assemblato il tutto si ottenga il risultato voluto. Non vale quella che in matematica è chiamata “proprietà commutativa”, dove invertendo l’ordine degli addendi, il risultato non cambia.

Nell’addestramento del retriever se cambiamo l’ordine di insegnamento delle abilità, cioè non rispettiamo una opportuna sequenza, il risultato potrebbe essere molto diverso da quello sperato, anche a parità di tempo investito e impegno profuso.Le moderne tecniche di addestramento prevedono che esso cominci sin dai primi giorni che portiamo il cucciolo a casa, graduando il nostro comportamento a seconda del momento di crescita del cane: dall’educazione, si passa progressivamente all’addestramento formale.

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di Martino Salvo

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IL PIANTO NEI RETRIEVERPer partecipare ad un field trial, conduttore e cane devono aver completato un percorso di addestramento molto lungo e difficile (circa 2 anni di lavoro costante col proprio retriever): durante la gara vengono infatti testate contemporaneamente tutte le abilità del cane e tutte le sue doti naturali. Se ne manca anche solo una, il cane può essere eliminato o escluso dal prosieguo della gara.

Nel caso dei working test invece la gara è divisa per step (generalmente 4 esercizi) che testano una parte di queste qualità alla volta. Il giudizio è graduato su una scala di valori più ampia (da 0 a 10 per ogni riporto) rispetto al “corretto/scorretto” come avviene nei field trial. In più un errore commesso in un esercizio non compromette la possibilità di continuare la gara, ed il concorrente, a sua discrezione, può scegliere di mettere comunque alla prova negli altri step il proprio cane ed il livello di addestramento raggiunto. Come potrete capire una prova di field trial è molto più restrittiva in termini anche solo di possibilità di arrivare a finire una gara, a prescindere dal risultato finale: in ogni momento si può commettere un errore che spesso porta all’istantanea eliminazione.

In questo articolo parleremo di un argomento spinoso a cui la maggior parte degli autori di libri o video sono allergici, quasi una “no fly zone” dove le voci si abbassano, dove si preferisce ignorare l’argomento piuttosto che affrontarlo: “il pianto nei retriever che aspirano a competere nei field trial”. Molti di noi si sono imbattuti in quella fase dell’addestramento, specie con la selvaggina, dove il nostro cucciolone inaspettatamente si sovraeccita e incomincia a mugolare. Per chi fa gare questo è il segnale di pericolo rosso, in cui rischiamo di vedere mandare all’aria un anno o più di metodico addestramento, in cui il nostro retriever ha già imparato

Attesa durante una battuta alle anatre: l’acqua costituisce un elemento di attrazione in più per i cani e quindi lo stress può aumentare durante l’attesa.

Cani in attesa durante l’abbattimento osservano tranquilli e con attenzione: un perfetto bilanciamento delle qualità che vorremmo sviluppare in un retriever.

a prendere le direzioni, fermarsi al fischio, riportare correttamente, marcare, eseguire riporti blind…. E chi addestra personalmente il proprio cane sa quanto pazienza, passione, dedizione e costanza ci vuole per addestrare un retriever. Il pianto purtroppo, è un comportamento spesso molto difficile da correggere, alle volte impossibile (così dicono i più esperti), e la cattiva notizia è che se un retriever piange in linea, durante un field trial, viene immediatamente eliminato e pregato di allontanarsi perché disturba gli altri concorrenti. Come già accennato, la gara finisce prima ancora di cominciare.

Il pianto si manifesta generalmente in due momenti della gara: durante l’abbattimento della selvaggina, in cui i cani devono attendere pazientemente ed osservare per marcare i punti di caduta o durante l’attesa in linea del proprio turno di riporto, mentre un altro cane sta lavorando ed il suo conduttore usa il fischietto. In quel momento la sollecitazione a cui è sottoposto il retriever è massima: vorrebbe andare ed invece deve aspettare. La capacità di attendere corrisponde a ciò che in gergo tecnico viene definita “steadiness”. Si richiede che il cane non si muova, non si agiti e soprattutto che non abbai, non mugoli o pianga, per attirare l’attenzione del proprio conduttore. Essendo la steadiness l’abilità/qualità messa alla prova all’inizio della gara, è facile immaginare quale sia l’esito disastroso di una prova effettuata con un cane che piange.

ABBIAMO PIÙ VOLTE DETTO CHE:

QUALITA’ NATURALI + ABILITA’ AQUISITE = RETRIEVER DA FIELD TRIAL

Dando per scontate le qualità naturali che il cane ha o non ha (naso, senso del selvatico, voglia di cacciare, coraggio, tempra...ecc..), le numerose abilità da far acquisire comprendono tutti quei comportamenti che non sono innati in lui e che devono essere insegnati (steadiness, non scambiare la preda, seguire una direzione senza aver visto cadere il selvatico, fermo al fischio…).

*Per approfondire quanto appena detto consiglio di leggere l’articolo apparso sul numero uno della nostra rivista.

Un conduttore dà comandi con le mani, la voce, ed il fischietto al proprio cane che sta lavorando: un momento molto critico per gli altri cani che attendono il proprio turno.

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compromesso tra lo sviluppare nel cane una buona voglia di lavorare ed il controllo su di esso, così che il cane rimanga calmo e fermo finchè non viene inviato

a riportare con lo stesso entusiasmo. Alcuni cani imparano a piangere perché a contatto con cani che piangono. Addirittura un conduttore che corregge il cane che piange, può peggiorare la situazione perché il cane impara che in questo modo egli ha attirato la sua attenzione. Attirare l’attenzione può essere più importante per il cane della correzione che riceverà per il pianto”.

Stefano Martinoli: “Le cause sono molteplici. In alcuni casi sono rimediabili in altri no.-Addestramento errato. Se il pianto deriva da errori commessi nell’addestramento, esso può essere rimediato con un addestramento appropriato, ed intervenendo per tempo. Il cane deve abbandonare l’idea che ogni cosa che cade è sua. Un errato addestramento fa si che questo non avvenga. Il cane reagisce quando vede altri cani lavorare e non sa aspettare. Probabilmente nell’addestramen-to è prevalso il riporto a discapito della steadiness.-Ereditarietà. Il fattore genetico determina il modo

di reagire alle sollecitazioni e si tramanda attraverso le generazioni. E’ una tara genetica difficile da estirpare perchè è difficile individuare le linee di sangue che portano problemi. Se la causa del pianto è individuabile nell’ereditarietà, il problema può anche manifestarsi lentamente e progredisce inevitabilmente”.

3) Quali sono le cose da fare e da evitare nell’ad-destramento del giovane retriever per prevenire il pianto?

Gunilla Wedeen: “Penso che la cosa più importante sia ottenere una leadership positiva e incondiziona-ta, tale che il cane creda nel conduttore in ogni tipo di situazione. E’ necessario che il conduttore sia in grado

affrontano tale stato con un atteggiamento calmo e con attenzione, una eccessiva eccitazione nel cane va invece a scapito della lucidità nel lavoro”.

2) Quali possono essere le cause del pianto?(es.: errori nell’addestramento, ereditarietà...)

Gunilla Wedeen: “Vale quanto già detto prima”.Vic Barlow: “Le cause principali vanno individuate nella genetica e nel dare al cane troppo e troppo presto. Per esempio troppi esercizi di riporto e pochi esercizi di steadiness”.Martin Deeley: “Decisamente entrambi. In alcuni cani il pianto è ereditario e in questo caso semplicemente trovano difficile non piangere. In altri invece è stata sviluppata una spinta ed una voglia di riportare non bilanciata da un pari capacità di attendere ed essere sotto il controllo del conduttore. Ogni cane è diverso, e l’addestratore deve sempre trovare il giusto

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In questo modo possiamo incidere indelebilmente sulla mente vergine del cucciolo quei comportamenti positivi voluti, essendo egli completamente nuovo ad ogni tipo di esperienza di vita. Più comportamenti corretti avremo insegnato al cucciolo, meno vizi o errori dovremo correggere in futuro. Analogamente tutti i comportamenti sbagliati che dovessimo creare nel cucciolo si radicheranno molto profondamente se non corretti subito. Tra questi, la sovraeccitazione da riporto ed il pianto che ne è la diretta conseguenza sono quelli a cui dobbiamo porre maggiore attenzione, poiché renderebbero inutilizzabile il nostro retriever in gara.

Per capire cosa c’è all’origine del pianto di un retriever, quali sono le cause, cosa si può fare per correggerlo, ed in quale misura, abbiamo intervistato ponendo loro alcune domande alcuni fra i migliori addestratori nel mondo:•Gunilla Wedeen (Svezia), molto conosciuta sia nel nostro Paese che in Europa, come allevatrice ed addestratrice;•Vic Barlow (UK), addestratore, allevatore, autore di diversi libri tra i quali British Training for American Retrievers;•Martin Deeley (UK/USA), addestratore, allevatore, autore di numerosi libri sul tema retriever, tra i quali Working Gundogs e Advanced Gundog Training;•Stefano Martinoli (Italia), addestratore e allevatore molto conosciuto in Europa.

L’intervista

1) Che tipo di messaggio dà un retriever che piange in linea, durante un field trial (sovraeccitazione, richiesta di attenzione…)?

Gunilla Wedeen: “La mia opinione a riguardo è che un cane che piange in linea “ha il pieno controllo del proprio conduttore”. Qualche hanno fa avrei detto che

Gara alla Francese: giovani cani alle primeesperienze in linea - un test critico.

L’invio di un cane può essere molto stressante per gli altri che devono rimanere inattivi.

Concentrazione, attenzione, attesa, azione: le fasi di unperfetto invio al riporto. Notare quanta energia il canelibera nella corsa.

il cane piange perché freme per riportare, ma oggi ho cambiato completamente idea. Sono convinta che tutto dipenda da una carenza di leadership. Il cane è talmente abituato a prendere iniziative in tante situazioni della vita quotidiana, che in addestramento il padrone incomincia ad avere problemi non appena egli all’improvviso cerca di esercitare la propria dominanza. Quando un cane abituato a prendere l’iniziativa, all’im-provviso è costretto a trattenersi dal riportare quando e ciò che egli vuole, magari perché c’è un altro cane che sta lavorando, o perché son stati abbattuti più pezzi, allora sale la frustrazione e nasce il pianto. Indubbiamente alcuni cani sono predisposti al pianto, ma la frustrazione è comune a tutti in questa situazione: quello che cambia è il modo in cui essa si manifesta. Alcuni non ascoltano il fischietto, altri hanno la bocca dura e moltissimi perdono la concentrazione durante il lavoro. Ma tutti questi comportamenti derivano dalla stessa causa: stress per essere stati trattenuti”.Vic Barlow: “Quasi sempre è una reazione al guardare gli altri cani che lavorano, mentre egli è costretto a star fermo”.Martin Deeley: “Il pianto può dipendere da tante cause. Anche uno sbadiglio che può derivare da noia, stress, o semplicemente da una reazione ad una determinata situazione, può essere sufficiente per eliminare un cane in gara. Generalmente credo che significhi impazienza di lavorare, in alcuni casi una vera e propria richiesta al conduttore di essere lasciato andare a riportare, Il suo entusiasmo e la sua voglia raggiungono un livello tale che il cane non riesce a trattenersi più e da ciò scaturisce il pianto. In alcuni cani il pianto è talmente radicato che il cane non riesce in alcun modo a contenersi”.Stefano Martinoli: “E’ un atteggiamento di nervosismo dovuto al carattere del cane. Come avviene nelle persone che reagiscono in modo diverso a situazioni di stress… Il cane ha questa predisposizione nel proprio DNA. Ogni cane può manifestare e può reagire allo stato di stress in modo diverso. Alcuni cani infatti

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di gestire sempre l’iniziativa e trattare il cane come tale e non come un piccolo umano. Io addestro relativamente poco i miei cani da cuccioli sino ad un anno. Concedo loro di vivere naturalmente da cani, ma con due regole ferree: se ti chiamo torni e se ti parlo ascolti. Questo crea una forte leadership e un cane affidabile. Punto inoltre molto sull’addestramento passivo. Lego sempre il mio cucciolo ad un paletto quando addestro altri cani e durante quella sessione di addestramento non lo faccio mai lavorare. Fino ad un anno io addestro il mio cucciolo sempre da solo. Se siamo vicino ad altri cani che lavorano, il mio cane, sino a 9 mesi, è legato ad un paletto. Dopo tale età lo tengo legato a me, magari mentre aiuto altri conduttori, lanciando dummy o sparando o facendo qualsiasi altra cosa”.Vic Barlow: “Le priorità sono insegnare la calma e la steadiness, piuttosto che incoraggiare l’eccitazione in un cane giovane”. Martin Deeley: “Non creare nel cane una eccitazione per il riporto tale che sia poi lui a chiedere di riportare. Insistere sulla steadiness sino al punto in cui il cane ha il giusto entusiasmo ma può anche sopportare il controllo del padrone facilmente. Come già detto, il giusto compromesso tra voglia di lavorare e controllo. Non acquistare cuccioli nati da genitori che piangono. Tenere lontano il cucciolo da cani che piangono. Allenarlo all’attesa, non inviandolo su tutti i riporti lanciati, e facendogli osservare altri cani che lavorano. Iniziare a far conoscere al cane selvaggina fredda e calda in piccole sessioni e sotto controllo. Prestare attenzione a non introdurre runners (feriti che pedinano) troppo presto poiché possono sviluppare eccitazione nel cucciolo e determinare il pianto e mugolio”. Stefano Martinoli: “I miei consigli sono:- Addestrare il cane da solo sino a 17-18 mesi;-Prima consolidare le basi (richiamo, condotta, resta, seduto);- Non lavorare con i cuccioli sui marcati (danneggia la steadiness e favorisce i pianto);- Su 10 riporti concedere un riporto al cane;- Usare i riportelli più per aspettare che per riportare;- Dare prevalenza a riporti di “memoria”;- Dopo i 2 anni addestrare sui marcati intensamente”.

4) Se un retriever è l’unico cane in famiglia, è più predisposto a sviluppare il pianto rispetto ad uno che vive e viene addestrato insieme ad altri retriever?

Gunilla Wedeen: “Non credo che ci sia una connessione tra il pianto e la presenza di altri cani. Ho cambiato idea circa la trasmissibilità del pianto da cane a cane. Vic Barlow: Dipende da come il cane viene trattato in famiglia. Alcuni cani allevati in famiglia rimangono calmi e silenziosi perché la famiglia è calma e silenziosa. Altri sono eccitabili e sfrenati perché la famiglia ha gli stessi atteggiamenti”. Martin Deeley: “Dipende tutto da come sono gli altri cani che incontra e dal conduttore”. Stefano Martinoli: Non è detto. Se il proprietario è un buon psicologo del proprio cane, lo addestrerà nel modo corretto.

5) In quale misura è recuperabile un retriever che piange?

Gunilla Wedeen: “So che qualcuno ha risolto il problema del pianto con metodi forti, ma a parte che si deve possedere un cane dalla tempra estremamente forte, mi dissocio assolutamente da questi metodi, che non hanno nulla a che vedere col mio modo di addestrare”.Vic Barlow: “Bisogna far capire al cucciolo sin dai primi giorni che nessuna forma di pianto è accettata”.Martin Deeley: “Il pianto può essere risolto ma non facilmente, specie se il cane ha capito in quale contesto o non può piangere, può o non può essere corretto. Abituare il cane all’attesa, all’obbedienza, piuttosto che al riporto e alla caccia non controllata può funzionare. Ho lavorato con alcuni cani che non piangevano in battuta di caccia ma piangevano durante il field trial. Lo stress ed il nervosismo del conduttore possono essere percepiti dal cane e in generale credo che il cane capisca che in certe circostanze può piangere senza essere corretto. Se però il pianto è ereditario, c’è molto poco da fare”.Stefano Martinoli: “Non è facile correggere il pianto. La

coercizione non è la strada più utile. Non la consiglio. I cani piangerebbero comunque anche in presenza di una correzione coercitiva”.

6) Quali consigli per correggere un retriever che piange?

Gunilla Wedeen: “Bisogna cambiare il modo di relazionarsi col cane e dopo ciò lavorare in modo diverso quando si invia il cane. Il cane dovrebbe essere assolutamente tranquillo, in uno stato mentale calmo e sottomesso. Così egli impara ad essere calmo, silenzioso e concentrato”.Vic Barlow: “Si può mettere pressione su un cane giovane, ma su un cane adulto si può far poco una volta che il pianto è diventato un abitudine”.Martin Deeley: “Veloci correzioni senza alcun preavviso possono dare risultati. Anche molto lavoro in cui il non il cane ma il padrone raccoglie i riporti. Tornare indietro alle basi e ricostruire il percorso gradualmente. E’ necessario essere costanti e ottenere il rispetto del cane. Questi deve capire che il padrone è il capobranco e che solo lui decide quando è il momento di riportare o meno. Non inviare mai il cane o ricompensarlo dopo che ha pianto. Correggerlo e riportarlo in macchina (o canile), in ogni occasione che piange durante un addestramento”. Stefano Martinoli: “Nell’addestramento del cucciolo non lancio i riportelli ma li appoggio per terra, in modo da non sollecitare il cane. Ma mano che il cane diventa più grande, li lascio cadere di fronte, ed infine li lancio”.

7) Considerazioni personaliGunilla Wedeen: “Ho lavorato molto aiutando persone i cui cani avevano problemi di stress, ed ho provato che impegnandosi molto ci sono ottime possibilità di recuperare. Ma il modo migliore per ottenere buoni risultati è lavorare sui cuccioli, andando piano con l’addestramento, avendo un atteggiamento calmo, e lavorando molto sulla relazione padrone – cane. I nostri cani sono stati selezionati per riportare, non c’è bisogno di insegnare loro troppo nelle prime fasi. Quando il

cane sarà sufficientemente cresciuto, si potrà mettere pressione su di esso e chiedergli molto, ma tutto ciò dopo aver già costruito la parte più importante: aver un cane calmo e rilassato che non ha nessuna aspettativa di lavorare al di fuori di quando gli viene chiesto dal padrone. Ho molta stima degli inglesi che sembrano avere un rapporto molto naturale con i loro cani, che scaturisce da una loro predisposizione personale. Sembra che il posto migliore dove vorrebbero stare i loro cani sia proprio vicino al loro padrone, ed in questo stato mentale vengono fatti lavorare. Credo che il nostro problema sia che, al contrario, noi cerchiamo sempre di forzare i nostri cani a stare vicino a noi attraverso l’addestramento e le correzioni, e la maggior parte delle volte dobbiamo trattenerli, mentre essi vorrebbero lavorare. Ed in questo stato mentale li inviamo verso un riporto”.Vic Barlow: “Non acquistare cuccioli da linee che hanno prodotto cani che piangono. Addestrare metodicamente e senza andare troppo in fretta. Non esagerare con i riporti. Insegnare ad attendere e a concentrarsi”.Martin Deeley: “Alcuni conduttori non sono visti come i capi branco dal loro cane. Il conduttore deve essere calmo ma concentrato e deciso nel suo atteggiamento. Il cane deve capire che non è lui il leader e che non deve prendere lui l’iniziativa. La correzione deve essere proporzionata all’errore, al cane e alla situazione, e se il conduttore non è in grado di adattarsi a seconda del cane, il risultato può anche essere peggiore dell’errore che si vuole correggere”.Stefano Martinoli: “Nella riproduzione bisogna prestare attenzione ai cani che si scelgono non solo in funzione degli aspetti tecnici, ma anche in funzione di quelli caratteriali”.

Tiriamo dunque le somme:

•Tutti gli intervistati sono concordi nel fatto che il pianto va prevenuto piuttosto che corretto;•Questo si ottiene puntando più sulla costruzione del rapporto col proprio cucciolo, sulla steadiness, sulla costruzione di una attitudine alla calma e all’attesa, piuttosto che sul riporto. E questo direi che per molti di noi suona molto nuovo.•Una speranza di poter correggere il comportamento del pianto ci viene da Gunilla Wedeen e da Martin Deeley, attraverso l’addestramento passivo, ed esercitando la leadership sul nostro cane anche nelle attività della vita quotidiana.

Ho letto tanti libri e letto quasi tutti i forum su Internet per almeno due anni senza risultato, cercando le risposte che questi professionisti ci hanno dato così generosamente. Spero che questo lavoro di ricerca possa servire a tante persone che si accingono ad addestrare il loro cane in modo da evitare quegli errori nascosti e meno noti, e provare così la gioia di avere un retriever veramente “willing to please”.

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Mrs. JENNIFER HAYHolywear Golden Retrievers

di Alessandra Franchi

Ho incontrato Jennifer Hay a metà febbraio 2009. E’ arrivata in aereo a Milano Malpensa dopo un viaggio infernale, con il primo volo da Newcastle a Londra ritardato di ore causa neve e una lunga notte passata in sala d’aspetto all’aeroporto di Gatwick perché il volo verso l’Italia era stato annullato. “Deve avere un tempra d’acciaio” ho pensato vedendola sulla porta degli arrivi sorridente e all’apparenza per nulla stanca, pronta ad affrontare come giudice il suo weekend di prove per retriever organizzate presso l’Azienda Venatoria di Barengo dal Gruppo Cinofilo Novarese, in collaborazione con il Retrievers Club Italiano. Siamo rimaste in contatto dopo questa esperienza , e mi ha fatto piacere poterla intervistare dopo il Crufts, dove ha giudicato le famose “gamekeepers classes”.

Quando la ho ricontattata le ho chiesto innanzitutto il suo commento sui due giorni di field trial. Ecco la sua risposta: “I terreni erano magnifici, e abbiamo avuto la possibilità di testare i cani in molte condizioni e su diversi terreni: campi di mais con gli stocchi ancora in piedi, boschi – alcuni dei quali molto fitti- campi aperti. I cani hanno lavorato nello sporco, nel bosco, hanno avuto l’opportunità di fare lunghi marcati in campo aperto, di attraversare fossi e di far vedere la loro capacità di essere condotti.

Le ho chiesto se avesse qualche suggerimento su come migliorare le nostre gare e mi ha detto che il Club di cui è Field Trial Secretary (Golden Retriever Club di Northumbria) organizza ogni anno una simulazione di Field Trial (mock trial). “E’ utilissimo per dare ai cani e ai conduttori – specialmente ai neofiti- l’esperienza di cui hanno bisogno per partecipare con la scioltezza necessaria a una vera gara. In questo ‘mock trial’ I giudici sono ben contenti di parlare con i concorrenti e di suggerire loro come avrebbero dovuto condurre

il cane per avere la miglior prestazione in ogni situazione”.

Jennifer ha anche detto che un buon trucco, molto usato in Inghilterra, per aumentare le chances di reperire selvaggina in una gara in walkup è di posizionare richiami vivi (specialmente pernici) in piccoli recinti lungo il percorso dei cani. Naturalmente agli uccelli nei recinti vanno dati cibo ed acqua. Questi richiami attirano gli uccelli liberi e rendono più facile il lavoro dei fucili, visto che così c’è quasi sempre selvaggina nell’area intorno ai recinti. I cani che lavorano sono abituati a questa situazione e ne non vengono minimante disturbati.

Ha poi osservato che in alcuni casi si notava che i conduttori non erano cacciatori, e che sicuramente sarebbe stato positivo per loro poter fare esperienza di vera caccia. Per esempio, ha visto parecchi conduttori che, quando veniva loro richiesto il riporto di un ferito, inviavano il cane non sul punto di caduta, ma

verso dove pensavano che il selvatico fosse andato, rendendo così più difficile per il cane trovare la traccia del ferito.

Jennifer ha passato una vita con i Golden Retriever. Con suo marito Gordon ha comprato il primo Golden nel 1969, una golden da bellezza. “Tra il 1969 e il 1989 i nostri cani erano per lo più da esposizione, con ottimi successi, ne abbiamo anche qualificati due per il Crufts. Il primo Golden che ho addestrato è stato Gained Top Seale of Holywear, che ha avuto il suo ‘show gundogs certificate’. Il cane successivo, Gaineda Cantelope of Holywear, è stato il mio primo cane da lavoro, ed il suo miglior risultato è stato un quarto posto, ma non aveva lo stile o la velocità che piacciono ai giudici”.

“Poi da Abnalls Emannualle of Chadsmoor accoppiata con Willowric Andy è nato Lingholme Skree di Holywear, che è stato il mio primo cane completamente di linee da lavoro, e non sono più tornata indietro. Sei settimane dopo avemmo nuovamente la prima scelta in una cucciolata (Willowric Andy x Moncastle tessa), e mio marito Gordon ebbe così Tillwood Theseus of Holywear, che diventò Field Trial Champion, un cane eccezionale che si vede nel pedigree di molti cani con ottimi risultati”.

”Anche se ci siamo spostati sulle linee di lavoro, siamo ancora interessati alla morfologia dei cani, ed io in particolare amo che la struttura di un cane sia adatta alla sua funzione, ad esempio le femmine dovrebbero essere un po’ lunghe (devono aver spazio per i cuccioli!!) e i maschi più corti, per rendere facili gli accoppiamenti. Normalmente sono più gli allevatori di bellezza che guardano allo standard di razza, perché chi lavora con i cani naturalmente si concentra di più sulle capacità di lavoro. Però la morfologia è molto importante anche se si vuole lavorare con i cani: ad esempio la statura deve essere adeguata perché possano saltare gli steccati, che in Inghilterra sono così comuni. E’ sempre molto importante mantenere un cane ben allenato, ed i working test sono ottimi per tenere i cani in esercizio nel periodo tra due stagioni di caccia”. Jenifer Hay è anche giudice di bellezza, oltre che giudice di lavoro in panel B. Giudica i Golden in

esposizione fino a livello di Championship e, come omaggio ai suoi 40 anni con questa razza, quest’anno è stata invitata a giudicare le Gamekeeper Classes al Crufts. Sorride con il suo sorriso speciale quando ci racconta della sua esperianza al Crufts: “Mi sono sentita onorata quando Shiela Gussey del BASC mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere venir inviata a giudicare alcune delle classi dei Gamekeeper al Crufts. Se avessi accettato avrebbero poi sottoposto la mia candidatura al Comitato per il Crufts del Kennel

Club. Puoi immaginare come sono stata contenta quando ho saputo di esser stata accettata”!

”Quest’anno è stato introdotta una valutazione della capacità di lavoro oltre alla valutazione della conformità allo standard, ovviamente solo per le Gamekeepers Classes. Al giudice veniva richiesto di avere in finale non più di 5 cani e poi fare fare un riporto a ciascuno. Ogni cane doveva quindi stare seduto, aspettare l’invio al riporto e consegnare il dummy in mano al conduttore. Questa classe è pensata per padroni di cani da caccia che lavorano o hanno lavorato come guardiacaccia o battitori. I cani possono essere condotti da altri su richiesta dei proprietari”.

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anziano della squadra la sua risposta è stata ‘che insolente, il cane era di due ore più vecchio!!’”.

Gaynor Bailey ha giudicato le classi dei guardiacaccia e Geraldine O’Driscall le classi lavoro.

Grazie Jennifer per aver condiviso con noi il tuo amore per i Golden, per le esposizioni, per la caccia e per le gare. Speriamo di avere un’altra opportunità di intervistarti, magari per farci raccontare della vita di Club e del tuo ruolo come Field Trial Secretary per

il Golden retriever Club of Northumbria.

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”Ho giudicato femmine che hanno lavorato con regolarità nella stagione 2008/2009. Avevo un bel gruppo di English Springer Spaniel, e anche di altri Spaniel. Quest’ultima era una classe fantastica, e il vincitore, un Sussex Spaniel, era magnifica. Non appena è entrata nel ring il suo movimento mi ha incantata. Ho poi scoperto che era un Show Champion che aveva appena vinto la clase Veterani. Ho anche giudicato i Labrador, poi gli altri retriever, poi una classe di Pointer, Setter, HPR. Anche questa era una classe spendida, con alcuni magnifici Weimaraner, Vizla Ungheresi e German Pointers. Ho esaminato separatamente tutte le razze, e poi rivisto i migliori. Che peccato poter piazzare solo 5 cani, con tutta quella qualità eccezionale! Alla fine c’è stata la Team Competition (Gara a Squadre), che ho giudicato con uno dei miei co-giudici. La gara a squadre prevede squadre di tre cani (più una riserva). Ogni cane deve essere registrato al Kennel Club come di proprietà di un guardiacaccia, ma può essere condotto da altri su richiesta del proprietario”.

”Il personaggio della giornata è stato una ragazzina che conduceva un Flat Coated. L’avevo già vista quando giudicavo la classe di tutti i retriever insieme, ma quando è rientrata nel ring ho riesaminato automa-ticamente di nuovo tutti i cani. Quando le ho chiesto l’età del cane mi ha risposto ‘la stessa di quando me lo hai chiesto prima’. Non ho potuto trattenermi e mi sono messa a ridere e le ho risposto che avevo visto un sacco di cani e non potevo ricordare l’età di ciascuno , e che ero anche un po’ senile. La ragazzina si è messa a ridere, e quando ho raccontato tutto al componente

La Gamekeepers Class al Crufts

Da quando la BASC (Bri-tish Association for Sho-oting and Conservation, partita nel 1900 come Gamekeepers Associa-tion e approdata al nome odierno nel 1982) orga-nizza e conduce il “Ga-mekeepers ring” (ring dei guardiacaccia) al Crufts, questo avvenimento an-nuale non ha quasi più nulla a che fare con le esposizioni! Riguarda i

cani da caccia, e ogni cane è giudicato si secondo lo standard di razza, ma è data grande importanza al suo aspetto e alla sua condizione fisica di cane che ha appena finito una dura stagione venatoria. Questo fatto rende unica la classe gamekeepers. Dal punto di vista storico, il ring dei guardiacaccia è il più antico del Crufts. Nei primi anni era anche uno dei più frequentati, ed era riconosciuto dai guardiacaccia di tutto il paese come uno dei mo-menti principali dell’anno, che marcava la fine della stagione venatoria. Prima che partissero le scuole per gameepers, era il luogo in cui si facevano i col-loquii con i ragazzi che volevano diventare guar-diacaccia, dove si cambiavano posti di lavoro e si assumevano nuovi keeper. Ultimamente per ogni razza ci sono tre classi:a) la classe gamekeeper, in cui i cani devono esse-re intestati a un guardiacaccia ma possono essere presentati da altri; -b) la classe Working Gundogs maschi; -c) la classe Working Gundogs femmine.Per poter entrare nella classi a) e d) i cani devono aver lavorato regolarmente durante la precedente stagione di caccia e devono avere una certificazio-ne di questo fatta da un gamekeeper.

DESTINAZIONE:DUAL PURPOSE

una giornata conLeospring Labradors

di Patty Fellows

Mi faccio strada a tentoni in una rotonda trafficata tagliando la strada a una serie di macchine per prendere l’uscita giusta. Mi ero quasi scordata i piaceri perigliosi della guida “on the left hand side.” Presentandoci con un annuario RCI e una confezione di parmigiano, Laura ed io stiamo per conoscere Joy Venturi Rose, nota allevatrice di labrador dual purpose che vive nel sud ovest dell’Inghilterra. Missione: stabilire un contatto tra club (Joy è la field trial secretary per il Labrador Club di Kent, Surrey e Sussex) e visitare l’allevamento Leospring. L’allevamento, l’addestramento e la professione di infermiera veterinaria l’assorbono quasi totalmente, per questo è stata davvero gentile a concederci una intera giornata del suo, già così scarso, tempo libero.

L’incontro avviene alla Stubbs Farm Estate, non lontano da Lipshook, nell’Hampshire, dove Joy vive col marito Chris Rose, che è a sua volta giudice di field trial. Appena ci ritroviamo in cucina, tazzone di caffè a portata di mano, veniamo salutate dal dodicenne red fox Augustus Tuplady (padre o nonno di molti Leospring) e dalla nera e rotondeggiante Colhook Kalinka che è incinta del Ch. Carpenny Anchorman. Entrambi i cani sono gentili e amichevoli, senza essere invadenti, non tentano di saltarci addosso e i nostri caffé sono salvi. Joy spiega che, come allevatrice, mette al primo posto il carattere: “I miei cani devono essere a prova di bomba con i bambini; vivere con loro dev’essere un piacere. Le altre mie priorità sono poi l’attitudine al lavoro, la salute e i buoni risultati radiografici. Cerco anche di conformarmi allo standard: bella testa ma non troppo pesante, double coat corretto, bei piedi, bella coda, ossatura buona ma non esagerata, torace ben cerchiato e, in genere, ecco un super labrador.”

Joy prosegue spiegando che quando giudica in esposizione “guardo il livello di conformità allo standard e se la sua struttura fisica lo favorisce o lo

limita nel lavoro. In mente ho l’immagine del labrador perfetto. Non si discosta molto da una vecchia statuettadi porcellana Beswick che ho in casa e che raffigura un labrador; prima di andare a giudicare le dò sempre un’occhiata e mi rileggo lo standard. Lo stesso faccio quando guardo con occhio critico i miei cani. Con loro sono davvero severa, ancora più che con quelli degli altri.”

Leospring Atomic Man al riporto(foto Sharon Rogers)

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Le chiedo di raccontarmi la storia di Leospring e di cosa l’abbia influenzata nella ricerca del dual purpose. Joy, con orgoglio, accenna ad alcuni importanti stalloni dual purpose e di field trial che compaiono in uno dei suoi pedigree.

“La mia prima cucciolata è dei primi anni ‘80 e ciò che mi ha maggiormente influenzata è stata la lettura di testi come The Dual Purpose Labrador di Mary Roslin Williams, Gundog Training and Field Trials di PRA Moxon e Retriever Training di Susan Scales. Per le mie prime linee di sangue ho usato il FT Ch Spudtamson Berry of Mirstan e Ch Squire of Ballyduff. Con l’aiuto di Joan Harvey che, con l’affisso Treherne, allevava labrador da lavoro, ho alla fine ottenuto la capostipite delle mie linee attuali: Butsash Pollyflinders of Leospring. Le sue anche passarono tranquillamen-te i controlli radiografici (una rarità a quei tempi) e dimostrò poi di essere una buona riproduttrice dando alla luce diversi futuri FT winner.”

“Tutto quello che ho conservato nelle mie linee è stato importante perché sono state le componenti base del mio tipo di labrador. Ho cercato, in particolare, di conservare il dual purpose ideale ma non lo avrei potuto fare senza l’aiuto di altri allevamenti. I soggetti che avevano come base originale i Treherne lavoravano bene ed erano corretti morfologicamente, inoltre Joan Harvey aveva prestato particolare attenzione alle anche dei suoi cani e questo mi ha dato un buon punto da cui partire. La linea di sangue ottenuta dall’accop-piamento con lo stallone dual purpose Manymills Drake ha generato alcuni buoni cani da field trial in grado

sopra: Carpenny Arnie nell’acqua(foto ruralshots.com)a destra: Chris Rose e Carpenny Arnie of Leospring

a destra: J. Venturi Rose e Oakingham Monarch of Leospring (foto ruralshots.com)sotto: CH Carpenny Anchorman(foto ruralshots.com)

Carpenny Austin al riporto (foto Sharon Rogers)

di vincere anche qualche gara di bellezza, come i FT winner Treherne Fairly Game at Leospring e Treherne Game Fall at Leospring che adesso si trovano nelle linee di diversi campioni e FT winner inglesi.”

“Un altro maschio importante che ha generato eccellenti cani da lavoro dall’aspetto piacevole è stato Abbotsleigh Pluto. Suo figlio, Leospring Mars Marine, ha vinto un field trial di due giorni (two days stake) in classe open ed è il padre del FT winner Augustus Tuplady of Leospring che, a sua volta, è padre del Ch Carpenny Anchorman, l’unico attuale campione inglese che, dai tempi del Ch Squire of Ballyduff, sia riuscito a piazzarsi nei field trial e working test in classe open e a vincere il BOB al Crufts. La linea Kupros, sia del Ch Master Mariner che del Ch. Marfell

Seafarer, è stata importante per conservare le qualità del lavoro e migliorare l’aspetto, tramandando queste caratteristiche a figli e nipoti. Di recente ho usato le linee Carpenny e Warringah per migliorare l’aspetto delle mie femmine.”

Quando incrocia linee di lavoro con linee di bellezza, Mrs Venturi Rose cerca di mantenere nei propri pedigree una proporzione tra il 25 e il 50% di linee da lavoro, e per il resto usa linee da esposizione con attitudine al lavoro. Così facendo riesce a preservare le abilità nel lavoro, la conformazione e il temperamento che desidera. Di tanto in tanto reintroduce un cane di linee esclusivamen-te da lavoro per rivitalizzare e

rinforzare le attitudini al lavoro.

A questo punto chiediamo a Joy se può dare qualche consiglio agli allevatori che vogliono seguire la strada del dual purpose ed ecco la sua risposta:“Non richiudetevi su voi stessi, per andare avanti bisogna avere pelle dura e spalle larghe. Tenete a mente un certo ideale e cercate di perseguirlo. Sappiate che tutti vi diranno che non ce la potete fare. Incrociate e accoppiate le vostre linee per ottenere quel che volete e poi tornateci con il line breeding. Cercate d’aver vicino almeno due persone leali che vi aiutino, una che faccia parte del mondo del lavoro e l’altra di quello espositivo (siate convinti della vostra scelta ma non continuate a ribadirla perché si diventa noiosi e nella sostanza i fatti hanno più effetto delle parole) per poter disporre di tutti i suggerimenti professionali che vi aiutino a ottenere i migliori risultati sia nel mondo del lavoro sia in quello

dell’esposizione. Informatevi leggendo quanto più possibile su questo argomento. Divertitevi. E poi, di tanto in tanto, può capitare qualcosa che vi rafforza nel credere che quel che state facendo è importante: qualche giorno fa un noto giudice di field trial di panel A, che io pensavo fosse totalmente contrario ai cani da esposizione, mi ha telefonato così di punto in bianco, per chiedermi un cucciolo con la prospettiva di farne un campione di field trial. E’ stato gratificante.”

“In effetti ci sono molti più soggetti di quanti non si crede che posseggono linee sia da lavoro sia di bellezza, ad esempio alcuni partecipanti agli ultimi IGL Retriever Championships. Più sono le persone disposte a provare, più sarà facile trovare il tipo di stallone di cui si ha bisogno.”

Mentre usciamo sul retro siamo sorprese nel notare che non si sente abbaiare. Joy ci spiega che insegnare ai cani a non abbaiare è uno dei punti fondamentali del suo addestramento, in particolare se si vive, come nel suo caso, in una zona residenziale. Il suo metodo (che ironicamente si basa sull’insegnare ai cani ad abbaiare a comando) può essere consultato - assieme ad altri utili suggerimenti su addestramento, comportamento e allevamento - sul suo sito:www.leospring.moonfruit.com/

A questo punto Joy ci fa conoscere, uno alla volta, i suoi cani portandoli in un piccolo giardino adiacente ai canili. Messi in stand, i suoi cani, molti di quali partecipano alle esposizioni a livello “championship”, hanno l’aspetto e il comportamento dei labrador vivaci che si vedono nei ring. Quando poi Chris lancia qualche dummy, la loro attenzione è totale: sono concentrati nel marcare e riportano con la velocità e lo stile tipici dei cani da lavoro.

Pensiamo a un recente articolo di Joy Venturi Rose per un supplemento di Dog World nel quale descrive la strada verso il dual purpose ideale come un “remare controcorrente”. Joy rileva che sebbene la maggior parte degli allevatori scelga o la strada del lavoro o quella dell’esposizione è importante che tutti si rendano conto che “l’aspetto di un animale è qualcosa di più della mera esteriorità, ma riguarda la sua anatomia e conformazione che, se corrette, riducono le possibilità di infortuni, migliorano la resistenza e la velocità del cane permettendogli di lavorare al massimo dell’effi-cienza”. *

Dopo aver visto i cani chiacchieriamo con Chris e Joy sulle loro esperienze come giudici di field trial sia in

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individuare e ridurre problemi ereditari quali bocca dura e mugolii.”

Ormai è pomeriggio, Chris è tornato al lavoro e Joy ci ha accompagnate per un tratto così da istradarci verso l’aeroporto. Mentre guido lungo le stradine serpeggianti della campagna inglese (per sbaglio avevamo impostato il navigatore sulla via “più breve” invece che su quella “più veloce”) discuto ancora con Laura sulla strada avventurosa che Joy ed altri hanno intrapreso. Sicuramente non primeggiano per numero di campioni nel mondo del field trial o dell’esposizione, ma a lungo andare è possibile che ci porteranno dove vogliamo andare.*Can there ever be another dual champion Labrador?” by Joy Venturi Rose, Dog World supplement Labrador Showcase, April 11, 2008.

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persone e retriever salute e benessere

di Patty Fellows e Alessandra Franchi

Il Retrievers Club Italiano ha organizzato il 7 febbraio 2009 un seminario sul ruolo della alimentazione nella prevenzione e nel trattamento del cancro del cane. Moderatore e organizzatore della parte scientifica dell’evento era la Dott.ssa Lucia Casini, ex-consigliere del RCI, che ha invitato due veterinari nutrizionisti, il Prof Robert Elices Monguez dell’Università di Madrid e il Prof. Pierpaolo Mussa dell’Università di Torino. Ringraziamo anche Laura Sgorbati Buosi per l’organizzazione e anche il Dott. Achille Schiavone dell’Uni-versità di Torino, per la traduzione simultanea.

Nella prima parte del suo intervento il Dr Minguez ci ha dato alcune utili informazioni sul ruolo dell’alimen-tazione come coadiuvante della terapia del cancro. Ha evidenziato che finora ci sono davvero pochi dati sul ruolo della dieta nella prevenzione dei tumori, nonostante il fatto che circa il 40% dei cani in età avanzata presenta questa patologia. L’alta incidenza del cancro nel cane anziano è però certamente legata anche all’allungarsi della vita stessa dei cani, grazie soprattutto alle maggiori cure che dedichiamo loro oggi. In medicina veterinaria, i ricercatori non considerano la dieta come il fattore più importante per lo svilupparsi dei tumori, mentre riconoscono che abbia un ruolo determinante per migliorare le speranze di sopravvivenza e soprattutto per migliorare la qualità di vita dei cani malati.

La patologia tumorale, ossia la crescita incontrollata di cellule maligne, si manifesta nel cane con tre fasi distinte:1) la fase pretumorale e preclinica, priva di sintoma-tologia e rilevabile solamente con test di laboratorio

2)la fase tumorale, nella quale emergono i primi sintomi, anoressia e letargia3)la fase cachettica, fase caratterizzata dalla perdita di massa corporea e grave dimagramento

La fase preclinica è molto difficile da rilevare e può essere evidenziata solo per la presenza di modificazioni metaboliche. Nello stadio tumorale, il cane può sembrare più “vecchio”, le prominenze ossee della testa si fanno più evidenti e si nota un’iniziale perdita di peso. Man mano che la perdita di peso progredisce si manifesta la fase di cachessia (fase in cui di solito viene iniziata la chemioterapia) che è caratterizzata da una involontaria e massiva perdita di grasso corporeo e di massa muscolare. In questa fase il dimagramento avviene anche se l’assunzione di cibo e di energia rimane uguale o è addirittura aumentata. Durante questa fase la conoscenza dei processi metabolici coinvolti ci possono suggerire delle strategie alimentari che possono aiutarci a migliorare la qualità della vita del paziente o addirittura di rallentare la patologia tumorale.

Gran Bretagna sia nel resto d’Europa. Joy esprime la sua ammirazione per gli sforzi dei francesi “per assicurarsi che i loro cani siano ancora in grado di lavorare e che i soggetti da lavoro siano ragionevol-mente nello standard.” Continua – “Ci sono alcuni ottimi allevatori in tutti i Paesi e in diversi casi troviamo, almeno fino ai tempi più recenti, più dual purpose di quanti non ne vediamo in Inghilterra. Mi è capitato spesso di vedere cani con linee inglesi da esposizione che lavorano più all’estero che non nel nostro Paese. Ultimamente però ci siamo mossi in questa direzione e spero che lo stesso avvenga anche all’estero. Tuttavia, in alcuni Paesi, il regolamento che richiedeva ai cani da esposizione almeno una qualifica in field trial e vice versa, è stato annullato. Secondo me questo è un passo indietro.”

Le chiediamo se, nel corso degli anni, i field trial in Gran Bretagna sono molto cambiati. “Sono cambiati enormemente e il modo in cui sono cambiati dipende dal tipo di gara. L’aumentare del lavoro sulle linee e il diminuire della cerca renderanno difficile mantenere dei cani da caccia veramente validi. Vedo più controllo e conduzione rispetto ai tempi passati. La capacità di marcare è ancora buona, anzi, direi molto buona ed è mlto migliorata specialmente nelle gare in walkup.”“Bisogna non esagerare a richiedere di tenere i cani in una area specifica anziché lasciarli lavorare naturalmente -mettendoli in grado così di trovare la pista dei feriti- perché così facendo si può inibire la bravura del cane nel seguire una traccia e, di conseguenza, non facilitare il riporto dei capi feriti. Gli allevatori più attenti possono utilizzare i field trial per valutare le capacità di un soggetto nel trovare la selvaggina per poi mettere sulla bilancia i suoi punti di forza e di debolezza piuttosto di correre a utilizzare il campione di field trial in voga al momento. E, quel che più importa è che i field trial ci hanno aiutato a

Earl Harow of Leospring (foto ruralshots.com)

sopra: Earl Harow of Leospring (foto ruralshots.com)sotto: Colhook Dancing Bay at Leospring (foto Pat Spratt)

ALIMENTAZIONEE CANCRO NEL CANE

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salute e benessere

Le speranze di guarigione del cane aumentano quanto più precocemente si riconosce l’insorgenza del dimagramento, che potrebbe essere l’inizio della fase cachettica tumorale. Il dottor Minguez raccomanda di pesare il cane una volta al mese: una perdita di peso del 5% in un periodo di sei mesi (a parità di tutte le altre condizioni) può farci sospettare una cachessia; una perdita di peso del 10% nello stesso periodo rende il sospetto quasi una certezza.

La dieta ideale per un cane con diagnosi di cancro non è ancora stata formulata con certezza. Tuttavia, una corretta nutrizione può essere di supporto per la preparazione all’intervento chirurgico, per rallentare la crescita del tumore, per prevenire la cachessia e per migliorare la sua qualità di vita.La prima regola da seguire è quella di stimolare il cane a mangiare anche se questo può significare usare cibi che non sono il massimo dal punto di vista dietetico. Lo scopo è prevenire ulteriori perdite di peso.

I mangimi in commercio possono esser utili, ma dovrebbero:

•essere appetibili•avere un basso tenore in carboidrati semplici (le cellule tumorali utilizzano carboidrati per la loro crescita)•avere un elevato tenore di proteine di alta qualità (cercando di mantenere basso il contenuto degli aminoacidi arginina e glicina)•avere un tenore di grassi da moderato ad elevato•contenere poca fibra•essere ricco dei nutrienti essenziali.

La ricerca ha messo in evidenza come la composizione della dieta migliora la risposta alla chemioterapia mantenendo un buono stato generale dell’animale. L’effetto di alcune sostanze, come i “nutraceutici”, non hanno per il momento avuto un riscontro positivo provato scientificamente ma la loro azione in altre specie li rende utilizzabili anche nei cani.La composizione ideale di una dieta commerciale è come quella riportata in tabella 1.

La conseguenza di una dieta ad alto contenuto in grassi può essere l’insorgenza di diarrea o feci molli. Per evitare o ridurre questo inconveniente, la nuova dieta deve essere introdotta gradualmente, nell’arco di più giorni, mescolando il nuovo alimento con quello vecchio, ed eventualmente aggiungendo altra fibra insolubile, fino al 5-10%.

La pratica veterinaria ha dimostrato che una corretta gestione del rapporto tra gli acidi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6 può aiutare i cani malati di cancro. Il rapporto migliore Omega 3/Omega 6 è 0,5 a 1. Gli effetti positivi della somministrazione includono la diminuzione della perdita di proteine, la riduzione della crescita tumorale, la modulazione della produzione di citochine, il miglioramento della qualità di vita e della reazione alla chemioterapia. Le fonti principali di acidi grassi Omega 3 sono gli oli di pesce, di oliva, di semi di lino e di soia. E’ ancora da provare l’azione non positiva degli oli derivanti dal mais.

Altri “nutraceutici” (alimenti con effetti medicinali) includono aminoacidi come l’arginina, che in associazione con gli acidi grassi Omega 3 sembra prolungare il tempo di sopravvivenza, e la glutamina. Antiossidanti come le vitamine A, C ed E possono essere somministrati per ridurre il danno cellulare, sebbene sia stato osservato un effetto positivo anche nei confronti delle cellule tumorali. La vitamina B12 sembra dare buoni risultati sui ratti con la leucemia, e potrebbe funzionare anche con i cani, mentre l’acido folico pare avere un’azione protettiva contro il cancro del colon, della prostata e del retto. E’ interessante notare come alcune sostanze che sembrano impedire la moltiplicazione delle cellule tumorali nell’uomo, ad esempio l’aglio, sono tossiche per i cani. Molti altri rimedi popolari della medicina umana sono ancora in attesa di studi veterinari approfonditi.

E’ anche importante che i proprietari preparino piani a breve e lunga scadenza per tener sotto controllo l’appetito dei cani con diagnosi di cancro. E’ meglio -se possibile- non utilizzare antidolorifici che riducono l’appetito.Il cane deve essere inoltre sottoposto al minor stress possibile. E’ sempre preferibile effettuare la cura e la gestione del cane oncologico a casa piuttosto che in clinica.

Nella gestione del paziente ricordiamo:

•Incoraggiare il cane a mangiare il più possibile, anche se questo implica una dieta non corretta.•Ridurre lo stress, tenendolo in una zona tranquilla e confortevole.•Mantenere cicli giorno/notte il più naturali possibili (questo è importante negli ospedali, dove c’è una tendenza a lasciare sempre le luci accese).•Tenere le ciotole di cibo ed acqua in una zona accessibile e pulita.•Togliere le barriere che gli impediscono di mangiare-comodamente, ad esempio i collari “elisabettiani”.•Il cibo deve essere somministrato da personale gentile ed attento.

Per aumentare l’appetibilità, il cibo umido è preferibile rispetto a quello secco: per incoraggiare il cane a

dosaggio del cibo e il controllo mensile del peso stesso. In una dieta bilanciata sono importanti l’acqua, l’energia e l’equilibrio tra i principali nutrienti e i nutraceutici.

Le basi per una prevenzione dietetica del cancro sono perciò:

•Un corretto equilibrio dei principi nutritivi.•L’assenza di sostanze cancerogene.•La presenza di “fattori protettivi” come gli antiossidanti e gli acidi grassi Omega-3.

L’eccessiva produzione di “radicali liberi”, dovuta ai processi osssidativi, provoca un danno cellulare. La produzione di radicali liberi può essere dovuta a una dieta sbilanciata, stress, inquinamento ambientale o esercizio fisico intenso. I radicali liberi danneggiano sia il DNA che i mitocondri contribuendo alle disfunzioni cellulari dell’organismo.

Alcuni cibi ricchi di antiossidanti sono:

•Fegato, uova, nocciole, noccioline, semi e olio di oliva (vitamina E).•Vegetali come carote, broccoli e spinaci (vitamina C e beta-carotene).

In conclusione una dieta corretta e bilanciata, sia in termini di quantità che qualità, che contenga acidi grassi Omega 3 e antiossidanti, può certamente giocare un ruolo importante nella prevenzione del cancro anche se sono comunque necessari ulteriori studi in campo veterinario. E’ indubbio comunque che la dieta è di fondamentale importanza nel trattamento dei cani con patologia tumorale per favorire la tolleranza alla chemioterapia e migliorare la qualità della vita.

*Ringraziamo Lucia Casini che ha verificato la correttezza scientifica di questo articolo.

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salute e benessere

mangiare potete intiepidirlo, aggiungere sale o zucchero, rinnovarlo spesso e fornire scelte alternative. In genere, rispetto al cibo secco, il cibo umido contiene livelli più bassi di carboidrati che nutrono il cancro. Stimolanti chimici dell’appetito come le benzodiazepine e gli agenti antiserotonina e progestageni possono essere usati per brevi periodi e sotto la supervisione di un veterinario.

Sino ad ora sono stati condotti pochi studi sul ruolo della dieta nella prevenzione del cancro del cane, e i pochi risultati sono spesso contraddittori. Studi sull’uomo, comunque, evidenziano che l’obesità è un fattore che favorisce la malattia, diminuisce l’aspettativa di vita e porta a ridurre l’esercizio fisico.

Il Dr Elices-Minguez ha citato parecchi mangimi commerciali che possono essere valide scelte per il cane malato di cancro, specialmente in versione umida. Per chi preferisce impostare una dieta casalinga, ha fornito i seguenti limiti giornalieri evidenziati in tabella 2.

Il Dr Mussa nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di una dieta corretta e bilanciata. Fino al ‘900, l’idea di dieta bilanciata era basata su osservazioni empiriche. Tuttavia, negli ultimi 30 anni, numerosi studi ci hanno fatto meglio comprendere l’importanza di una corretta nutrizione.Per tenere sotto controllo la dieta, i proprietari devono conoscere come calcolare il fabbisogno energetico giornaliero e il valore nutrizionale dei cibi in modo da somministrare la giusta quantità di alimento, cosa a volte non facile. Una recente ricerca condotta in Italia su 1400 studi veterinari ha rivelato che circa il 35% di cani e il 45% dei gatti sono sovrappeso.

Per evitare gli effetti negativi, la somministrazione di cibo non dovrebbe superare il fabbisogno giornaliero massimo o essere al di sotto dei fabbisogni minimi. Bisogna anche ricordare che i fabbisogni energetici e nutrizionali variano da cane a cane. Importante quindi che la dieta rispecchi le caratteristiche individuali e il tipo di vita dell’animale.

Il Dr Mussa ha una idea personale che si ispira alla dieta del lupo in libertà: il lupi si nutrono di prede intere che forniscono carne e organi (come fonte di proteine e grassi), ossa (minerali), cartilagini (proteine meno digeribili), pelo e piume, grasso e contenuto intestinale (fibra).

Proteine, grassi e carboidrati forniscono energia in quantità differenti. Il fabbisogno energetico di ciascun cane, che viene determinato in base al peso ideale, dipende da numerosi fattori come il suo metabolismo basale, lo stato fisiologico, la temperatura ambientale, il livello di attività e la taglia.Mantenere il peso ideale richiede accuratezza nel

Proteine 30-40%Carboidrati semplici 25%Grassi 25-45%Acidi grassi Omega 3 5%Arginina 2,5%Fibra grezza 2,5%TA

BELL

A 1

TABE

LLA

2

Carne o pesce 250 – 500 gFormaggio (40% grasso) 250 – 400 gUova 1 al giornoPasta, cereali, patate 100 – 200 gVerdure 100 –150gOlio di oliva/semi dilino/semi di soia 25 gCarbonato di calcio 30 mg/kg di pesoVitamine e minerali 1 compressaNutraceutici Come richiesto

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unicamente donazioni, ma sempre più spesso cani allevati in seno alle associazioni stesse e linee di sangue selezionate appositamente allo scopo.Nel primo studio americano sulla selezione dei cani per ciechi, che risale al 1976, Barlett evidenziò negli oltre 1800 cani testati un’ereditabilità dei tratti caratteriali prossima allo zero.

Ma lo studio successivo condotto in Australia (Goddard e Beilharz) su 394 Labrador Retriever, pur confermando un alta incidenza di fattori non genetici, come socializzazione e stimoli ambientali, rilevò invece un certo grado di ereditabilità di certi tratti comportamentali, in particolare il poco coraggio, che risulta la principale causa di fallimento nell’addestra-mento dei cani guida.Significativi anche i valori di ereditabilità della sensibilità ai rumori e soprattutto dell’idoneità generale al lavoro. In poche parole al di là delle singole componenti caratteriali, le ricerche condotte evidenziarono che molto spesso i cani più bravi erano figli di genitori altrettanto bravi.

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genetica e selezione

di Denis Ferretti

La genetica del comportamento costituisce senza dubbio la branca più complessa e meno approfondita della genetica canina. La difficoltà principale sta senza dubbio nello scindere le componenti innate da quelle apprese e di conseguenza quelle trasmissibili da quelle non ereditarie. Di fronte a una popolazione di cani neri o biondi, siamo tutti inequivocabilmente in grado di classificare chi è nero e chi è biondo e non è difficile cercare di ricostruire una gerarchia di dominanza tra i due fenotipi: basta osservare un certo numero di cucciolate e verificare il colore dei cuccioli in ogni combinazione di accoppiamento tra colori.E’ molto difficile riproporre la stessa metodologia con riferimento all’aggressività, all’addestrabilità o all’attitudine al riporto. Oltre ai problemi di classifi-cazione, cioè alle difficoltà dovute al dover stabilire dei criteri per identificare chi è aggressivo da chi non lo è o chi ha attitudine al riporto o chi no, resta il dubbio su quanto possano influire l’ambiente e l’educazione nel comportamento del cane.Un cane può riportare meglio di un altro perché meglio addestrato da un proprietario più capace, perché più allenato o perché ha avuto modo di apprendere imitando altri cani più esperti.Le statistiche sulla trasmissibilità di molte componenti caratteriali, come vedremo tra poco nel dettaglio, portano a risultati che sono più vicini a una distribuzione casuale che non a uno schema preciso rispondente alle leggi della genetica tradizionale.

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genetica e selezionefo

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GENETICA DELCOMPORTAMENTO

Chi seleziona il carattere è in effetti esposto a due tipi distorsioni. Da un lato c’è chi attribuisce alla genetica qualità completamente apprese. E’ il caso dei cani che si rivelano emergenti in qualche specialità (es. bravi cacciatori, ottimi guardiani), e per questo motivo sono molto richiesti come riproduttori, nella speranza che possano trasmettere il loro talento alla progenie. Dall’altro c’è l’utilizzo in riproduzione di cani non testati per il carattere (cani da caccia che non hanno mai cacciato, cani da lavoro che conducono una vita da “pet”) ai quali si vorrebbero attribuire doti tutte da verificare.

Docilità ed ereditarietà

Che il comportamento abbia componenti ereditabili è comunque un fatto assodato. La prova più lampante la si ha paragonando il comportamento del cane a quello del lupo. Come è ormai risaputo, cane e lupo sono biologicamente lo stesso animale: hanno lo stesso numero di cromosomi, si incrociano tra loro e generano prole infinitamente fertile. Malgrado ciò non basta allevare un lupo tra le mura domestiche per farne un cane. Diversi ci hanno provato, affascinati

dall’idea di mettersi in casa un “supercane” con intelligenza e forza di gran lunga superiori alla norma.I tentativi di domesticazione a breve del lupo però hanno sempre condotto a risultati deludenti. I lupi nati in cattività, una volta divenuti adulti, devono essere custoditi perennemente in recinti a prova di fuga. Sono ladri, disobbedienti e inaffidabili. Dimostrano grande abilità nel risolvere problemi in modo autonomo, ma si mostrano del tutto incapaci di eseguire esercizi di obbedienza tra i più elementari, come mettersi seduti a comando. Non apprendono la pulizia e non di rado (soprattutto se maschi) si ribellano all’uomo arrivando ad attaccare lo stesso padrone.Evidentemente non basta nascere in cattività, avere contatti con l’uomo fin dalla prima infanzia, e a quanto pare nemmeno essere allevati da una balia, per essere cani. La componente genetica è fondamentale e il cane ha alle spalle secoli e secoli di selezione per la docilità , durante i quali solo i soggetti che meglio si sono adattati alla convivenza con l’uomo hanno potuto riprodursi.

Eredità comportamentale nei cani da lavoro

Tra gli studi più significativi riguardanti il carattere si possono innanzitutto citare quelli che riguardano i cani guida per ciechi. Questo importante compito è svolto dai cani solo in epoca piuttosto recente. La selezione dei cani guida è infatti avvenuta principal-mente nel ventesimo secolo. Inizialmente l’impiego riguardava esclusivamente pastori tedeschi che venivano donati dagli allevatori alle associazioni che si occupavano della loro formazione e del loro successivo affiancamento alla persona a cui erano assegnati, con un’altissima percentuale di scarti. In tempi più recenti la scelta si è estesa anche ad altre razze, prevalentemente Labrador e Golden Retriever, e allo stesso tempo è cambiata la politica in merito alla fonte di acquisizione dei cani impiegati. Non più

Oggi è in corso uno studio sui diversi modi di condurreil bestiame di diverse razze di cani da pastore.

Nell’ultimo secolo sono stati condotti numerosi studisull‘eredità di tratti comportamenti di cani da lavoro,riguardante cani guida per ciechi e cani di caccia.

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Altri studi interessanti sono stati compiuti in Germania per valutare l’ereditabilità dell’attitudine alla caccia nei Kurzhaar. Anche in questo caso, il primo studio (Geiger, 1972) valutando i quattro tratti caratteriali ritenuti più importanti (potenza olfattiva, abilità di seguire la traccia, obbedienza e cerca) riscontrò un’ereditabilità molto bassa e concentrata unicamente sulla linea materna. Quest’ultimo aspetto indurrebbe a considerare l’ipotesi di una significativa rilevanza dell’input che la madre trasmette ai cuccioli nel periodo precedente l’affidamento.Questi risultati furono confermati da un ulteriore analisi compiuta dai ricercatori scandinavi Vangen e Klemetsdal sedici anni più tardi su setter inglesi e spitz finnici.Nel 1998 Schmutz e Schmutz allargarono la ricerca a sette tratti caratteriali, aggiungendo le voci “ferma”, “attitudine al riporto in acqua”, “piacere di lavorare”. Gli studi, compiuti prevalentemente su razze da ferma tedesche, ancora una volta attestano una bassissima ereditabilità di tutti i tratti caratteriali esaminati, anche se i ricercatori sono propensi a imputare questo risultato principalmente all’ina-deguatezza dei criteri di attribuzione delle qualità caratteriali ai cani testati e si dicono convinti che una scelta migliore dei criteri di classifica-zione evidenzierebbe risultati più significativi e di conseguenza più utili in un programma di selezione di buoni cani da lavoro.

Più fortunato in termini di risultati lo studio relativo alla paura dello sparo (e in generale della sensibilità ai rumori) di interesse anche per i cani di utilità e i cani dell’esercito. Gli studi condotti nel corso del secolo scorso sono numerosi e hanno non solo comprovato l’ereditabilità della paura allo sparo, conducendo, in tempi più recenti, alla mappatura del gene responsabile dell’ipersensibilità uditiva.In un primo momento si formulò l’ipotesi di un

gene dominante: risultava infatti essere sufficiente un solo genitore con paura dello sparo perché il problema si ripresentasse almeno in parte dei cuccioli generati. Le ricerche più recenti confermano invece che si tratta di eredità intermedia (poligenica). Accanto ai cani con “ipersensibilità uditiva” che si manifesta con la paura dello sparo, ve ne sono altri con ipo-sensibilità uditiva che sopportano livelli di disturbo acustico maggiori. Differenziando le prove con cui si testano i cani e mettendoli di fronte a tipologie di rumori diversi e più forti, risultò che gran parte dei cani che superano il test di indifferenza allo sparo nelle prove di lavoro, oltre a certi livelli di frequenza, manifestano comunque reazioni di paura . Capita infatti che anche i migliori cani da caccia abituati allo sparo, vadano letteralmente in panico a seguito di raffiche molto forti ripetute e ravvicinate come possono essere certi botti di fine anno.

Ogni cane ha una propria soglia di sopportazione e questa ha una forte componente genetica.

Risultati analoghi a quelli relativi ai cani da caccia sono stati ottenuti nella ricerca dell’ereditabilità delle doti caratteriali dei cani da difesa. Un’analisi di Pfei-derer-Hogner condotta sui risultati di 2046 test SchH I, II e III su cani su pastori tedeschi nel 1973 riportava un’ereditabilità prossima allo zero. E però difficile credere che i risultati di questi test non abbiano valore genetico ed è più probabile che, come nel caso dei cani da caccia, i criteri di attribuzione siano da rivedere.

Un grande contributo per lo studio della trasmissibilità del comportamento potrebbe indubbiamente arrivare dai cani da pastore. Basta guardare il diverso modo di condurre delle diverse razze, per capire come certe caratteristiche che si ripresentano regolarmente in una e non nell’altra razza non possano che essere il frutto di trasmissione ereditaria. Ci sono razze che conducono in modo silenzioso a testa bassa, come il border collie, altre che tengono il collo alzato e abbaiano. Alcuni arrivano a mordere i garretti

del bestiame, altri non lo fanno mai. Alcuni come il pastore tedesco sembrano avere perso l’istinto di conduzione, se non in alcune linee di sangue selezionate per prove di sheepdog. Malgrado queste premesse non sono ancora noti studi che possano ricondurre in modo chiaro l’ereditarietà dei tratti caratteriali dei cani da pastore a un modello genetico preciso. Al momento è in corso uno studio su border collies e incroci condotto da Jasper Rine e colleghi e magari a breve avremo grandi novità. Stiamo parlando di argomenti che negli ultimissimi anni hanno avuto un tasso di crescita esponenziale.

Eredità comportamentale nei “pet”

Oltre ai numerosi studi indirizzati ai cani da lavoro, spesso finalizzati a massimizzare l’efficienza nell’attività utilitaristica svolta, ci sono anche studi condotti su diverse razze, che riguardano esclusiva-mente il cane nella sua funzione di “pet”, a volte con finalità principalmente accademiche.Già nel 1965 Jack e Fuller nel Jackson Laboratori di Bar Harbor (Maine) portarono a termine uno studio molto complesso per evidenziare le differenze di comportamento di cinque specifiche razze: Cocker Spaniel, Shetland Sheepdog, Beagle, Basenji e Fox terrier a pelo ruvido.

La selezione genetica per il colore di mantello e’ molto piu’ semplice della selezione per tratti comportamentali.

Anche se i cani e i lupi sono biologicamente lo stessoanimale, il cane ha dietro di se secoli di selezione per ladocilità. I tentativi di domesticazione del lupo hannoprodotto risultati deludenti. Anche se nati in cattività,i lupi hanno bisogno dei recinti.

Studi condotti sul cane nella sua funzione di “pet” includono quello di Jack e Fuller negli anni 60 e quello di Stanley Coren per il suo libro The Intelligence of Dogs

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Risultò per esempio che i Cocker imparavano più velocemente a eseguire il “seduto”. La condotta al guinzaglio era più facile con beagle e cocker, mentre i basenji si sono dimostrati gli allievi peggiori in questa disciplina. I basenji in compenso si mostrarono i più motivati alla ricompensa. Gli shetland quelli meno motivati al cibo.Ci furono anche test di “problem solving” che richiedevano per esempio di superare una barriera per raggiungere un piatto colmo di cibo oppure a estrarre un piatto tirandolo da sotto un cancello. Non ci furono particolari differenze nei risultati di questi test, anche se alla fine i risultati migliori li ebbero i cocker spaniel e i peggiori gli shetland sheepdog. I test di dominanza condotti sui cuccioli evidenziarono che fox terrier, shetland sheepdog e basenji mostravano una dominanza completa intorno all’anno di età al contrario di cocker spaniel e beagle.Questo test fu ovviamente interessantissimo all’epoca in cui fu condotto, anche se di fatto, ci dà conferme solo sulle differenze comportamentali fissate nelle razze, ma ci dice poco sulla loro trasmissione ereditaria.

Un po’ più interessanti gli studi successivi: quello condotto da Hart & Hart nel 1985 e quello analogo condotto da Bradshaw e colleghi nel 1996 nel Regno Unito.In questo caso furono messi sotto osservazione tredici tratti caratteriali allargando il numero delle razze testate.Anche in questo caso non ci furono risultati significativi riguardo ai meccanismi di trasmissione, ma i dati di maggior rilievo riguardano soprattutto la correlazione tra i vari tratti caratteriali. In sostanza ogni comportamento fu ricondotto a tre fattori base: reattività, aggressività e addestrabilità.Si notò per esempio che non tutti i fenomeni di aggressione erano correlati a un aggressività elevata, ma che in alcuni casi erano gli alti valori di reattività a determinare questo comportamento.

Lo studio più completo per quanto riguarda la valutazione caratteriale dei pet è sicuramente quello presentato da Coren (1994) i cui risultati sono raccolti nel libro “The intelligence of dogs” (trad. it. “l’intelligenza dei cani”) molto conosciuto dai cinofili di tutto il mondo.Si tratta di un’impresa molto impegnativa e costosa che comportò cinque anni di lavoro da parte di uno staff di almeno venticinque persone. Attraverso il monitoraggio di test e lavori di addestramento, Coren individuò diverse abilità utilitaristiche (cani da guardia, da caccia, terrier ecc.) e introdusse il concetto di diversi tipi di intelligenza: quella istintiva, che riguarda l’attitudine ai diversi compiti per i quali le razze sono state selezionate nel corso degli anni, quella adattiva che misura la capacità di apprendimento in generale anche tramite osservazione dell’ambiente e infine l’in-telligenza lavorativa che incorpora anche l’obbedienza, essendo calcolata sulla capacità dei cani di apprendere e eseguire determinati ordini impartiti dal proprietario.La parte più completa e innovativa, per l’accuratezza e il numero di dati acquisiti, riguarda sicuramente la valutazione dell’intelligenza lavorativa. Coren arrivò ad attribuire un punteggio a ciascuna razza determinando una classifica dei cani meglio predisposti all’obbedienza.Al di là della classifica generale, che è l’elemento su cui maggiormente si concentra l’attenzione dei lettori, dal lavoro esposto emergono anche altri aspetti molto interessanti per chi studia genetica. Con riferimento alla trasmissione ereditaria della personalità, per esempio, meritano attenzione i test di valutazione della disponibilità al lavoro condotti su genitori e figli. Da questi risulta infatti che i cuccioli ottengono un punteggio compreso tra i valori attribuiti ai genitori.Un’altra osservazione interessante riguarda la valutazione di meticci e ibridi. Gli addestratori hanno pareri unanimi nell’affermare che quanto più gli incroci somigliano fisicamente a una delle razze da cui sono stati generati, tanto più il loro carattere sarà assimilabile a quello della razza in questione. Si ipotizzerebbe quindi una correlazione tra comportamento e determinati tratti caratteriali: un argomento molto interessante che merita sicuramente di essere più approfondito.

Comportamento aggressivo ed ereditarietà Un notevole contributo agli studi di genetica com-portamentale ci arriva dal trattamento dei dati sulle aggressioni. E’ un tema per il quale veterinari e compor-tamentisti sono particolarmente sensibili e le ricerche condotte sono molteplici. Dai numerosi dati raccolti, risulta innanzitutto una significativa differenza tra le razze. In alcune il numero di casi di aggressioni riportato è decisamente più elevato rispetto ad altre, anche in proporzione al numero di registrazioni. Non sempre si tratta di razze da guardia, difesa o comunque oggetto di una selezione spinta verso comportamenti aggressivi. Casi significativi il cocker spaniel e lo springer spaniel che nonostante siano cani da caccia registrano (negli Stati Uniti) un’alta percentuale di aggressioni.Questi risultati hanno spinto i veterinari comportamenti-sti a indagare soprattutto sulle cause genetiche e hanno portato a individuare singoli geni responsabili di vere e proprie “patologie comportamentali” come per esempio l’ormai nota “springer rage sindrome”.

Borchelt (1983) analizzò i fenomeni di aggressione incasellandoli in otto gruppi divisi per motivazione: paura, dominanza, possessività, istinto di protezione, istinto predatorio, reazione alla punizione, reazione al dolore e aggressività intraspecifica. Askew (1996) individuò 11 categorie di motivazione: dominanza, possessività, istinto di protezione, istinto predatorio, paura, aggressività fra maschi, aggressività fra femmine, reazione al dolore, reazione alle punizioni, istinto materno e aggressività rediretta. Overall (1997) fece salire a tredici queste sottocate-gorie: istinto materno, gioco, paura, dolore, territoria-lità, istinto di protezione, aggressività intraspecifica, aggressività rediretta, difesa del cibo, possessività, istinto predatorio, dominanza e aggressività idiopatica.Tutte queste molteplici ricerche sempre più approfondite fecero emergere risultati analoghi tra i cani della stessa razza non più solamente per il

numero di aggressioni registrato, ma anche in base alle situazioni-tipo che scatenano l’aggressività. In tutti gli studi condotti risultò per esempio che barboni, springer spaniel e lhasa apso mostravano alti valori di aggressioni per dominanza, mentre pastori tedeschi cocker spaniel attaccavano più fre-quentemente per protettività o per paura.Landsberg nel 1991 condusse un’indagine sulle razze più frequentemente coinvolte in episodi di aggressione nei vari stati americani, comparando il punteggio di ogni razza con il numero di soggetti registrati in ogni singolo stato. Ne emerse ancora una volta una forte omogeneità tra le razze, ma furono altresì evidenti le differenze non trascurabili tra uno stato e l’altro, a testimoniare quanto ancor più dell’appartenenza a una razza sia significativo l’effettivo grado di parentela.Infine Willis (1998) verificò che dall’accoppiamen-to di genitori aggressivi nascono figli sempre più aggressivi. Questo sarebbe tipico di un tipo di eredità quantitativa poligenica e presumo che la cosa sia al più presto dimostrata.

Ricerche condotte sulle aggressioni hanno identificato gruppi di motivazione, come la paura

Questi studi hanno persino identificato singoli geni responsabili di patologie comportamentali come la nota “Springer rage syndrome”.

La difficoltà che ostacola questi studi sono i fattoriesterni come la socializzazione del cucciolo.

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Gli inglesi, grandi maestri, hanno un’antica regola d’oro: “breed the best to the best” ovvero “unisci il meglio al meglio”. Questa semplice e intuitiva regola dovrebbe essere sufficiente a garantire un rapido miglioramento delle abilità lavorative dei cani in-dipendentemente dai meccanismi di trasmissione genetica. L’importante però è che lo si faccia. Purtroppo negli ultimi decenni i risultati di ring per molte razze hanno costituito l’unico criterio selettivo a discapito di ogni altra variabile, carattere compreso. Questo alla lunga può condurre all’instaurarsi di problemi radicati e difficilmente correggibili.

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La mappatura del DNA

Senza dubbio la fenomenologia dell’aggressività è il campo che raccoglie il maggior numero di studi scientifici in linea con le conoscenze avanzate che caratterizzano le altre branche della genetica. E’ proprio questo settore che infatti registra i primi risultati per la mappatura di geni responsabili del comportamento canino. Questi vanno ad aggiungersi all’ormai lunghissimo elenco di geni catalogati ogni giorno, e la loro conoscenza rende ora possibili interventi sulla selezione rapidi ed efficaci.I geni mappati al momento non sono tra quelli responsabili di tratti caratteriali tipici di razza, ma rappresentano unicamente patologie e disturbi com-portamentali. Il test del DNA oggi può permetterci di individuare i soggetti portatori e non utilizzarli in riproduzione o accoppiarli esclusivamente con soggetti non portatori testando poi tutta la prole per debellare eventuali disturbi comportamentali gravi. Le conoscenze attuali e gli elevati costi di attuazione non ci permettono invece di poter utilizzare questa metodologia per perfezionare le abilità lavorative dei cani. E’ ancora presto per farlo, anche se il lavoro svolto negli undici decenni potrebbe far cambiare rapidamente la situazione.

Conclusioni Quasi cento anni di ricerche ed esperimenti in diversi campi, di fatto, hanno ampiamente dimostrato ciò che per molti sembra ovvio e scontato: i tratti caratteriali hanno una forte componente ereditaria. Rimane però deluso chi si aspetta una mappa dei geni coinvolti con relativo schema accoppiamenti/risultati come avviene per i colori del mantello e altri tratti somatici. Da questo punto di vista gli elementi forniti dai testi disponibili sono ancora veramente pochi. La difficoltà principale che ostacola questi studi è

principalmente data dalla fortissima influenza di fattori esterni. La componente ereditaria è solo un ingrediente del mix di elementi che determina il carattere. Fondamentali sono però le influenze ambientali, a partire dalla prima infanzia e con la prima impronta caratteriale trasmessa dal comportamento della madre, per seguire con la socializzazione e l’apprendimento per il quale un ruolo fondamentale è dato dal rapporto col proprietario.

Il DNA di una boxer chiamata Tasha e’ stata utilizzato per uno studio Americano sul genoma canino.

Per un buon lavoro di selezione sul carattere, usarebuonsenso e intuizione. Per un rapido miglioramento delle abilità lavorative, “breed the best to the best”.

Ma possiamo dire che ogni singola esperienza costituisce un tassello del puzzle che rappresenta la mente del cane. Addirittura è stata documentata una notevole rilevanza del sesso di appartenenza non solo del cane, ma anche del proprietario. Come dire che lo stesso cane potrebbe manifestare comportamenti diversi a seconda che abbia stretto un legame con un uomo o con una donna, come testimoniano numerosi studi condotti nel corso degli ultimi vent’anni in U.S.A, Regno Unito e Germania.Le statistiche che abbiamo a disposizione sono elaborate soprattutto su dati raccolti nei data base di veterinari e comportamentisti, negli archivi dei risultati delle prove di lavoro o su campioni precostituiti di cani di proprietà. I cani esaminati non hanno mai alle spalle una situazione ambientale o familiare omogenea, che sarebbe il presupposto principale per poter condurre un’analisi con valenza scientifica.Per avere gli elementi necessari a ipotizzare modelli precisi occorrerebbe invece disporre di un notevole numero di cani allevati nelle stesse identiche condizioni (stesse esperienze, stessi rapporti con l’uomo, stesso ambiente con stimoli identici) come animali da laboratorio. Tutto questo oltre ad avere costi altissimi avrebbe anche forti ripercussioni sul piano etico, in quanto i cani esaminati non potrebbero di fatto avere una vita “normale”, almeno fino alla conclusione dei test. Da un punto di vista prettamente pratico, il consiglio che si può dare agli allevatori che vogliano intraprendere un lavoro di selezione sul carattere è quello di usare soprattutto buonsenso e intuizione. Si dovrebbe per esempio evitare di accoppiare tra loro soggetti con gli stessi tratti caratteriali indesiderati ed eventualmente indagare sulle doti caratteriali di nonni e bisnonni tenendo presente però che il ruolo maggiore è sempre quello dei genitori.

DenisFerrettiDenis Ferretti vive a Reggio Emilia, possiede e alleva bolognesi ed è appassionato di

genetica. Da anni affianca giudici di varia nazionalità come commissario di ring e interprete. Ha all’attivo collaborazioni editoriali con diversi siti web e riviste cinofile. Suoi sono i capitoli sulla genetica dei colori nei libri “Il pastore tedesco” e “il libro dei setter” di Rossella di Palma, pubblicati dall’editoriale Olimpia.

Bibliografia:A. Ruvinsky & J. Sampson – The genetics of the dogStanley Coren – L’intelligenza dei caniBarbara Gallicchio – Lupi travestiti

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ENDAL E ALLEN:ritorno alla vita vissuta

di Alessandra Franchi

Nella sala stampa del Crufts 2009 sabato 8 marzo si assiepavano molte celebrità, ma una in particolare attirava l’attenzione di tutti i presenti: un anziano labrador giallo di nome Endal. Endal è famoso nel mondo perché ha compiuto un miracolo riportando alla vita normale (o quasi) il suo padrone Allen Parton: negli ultimi 13 anni Endal ha salvato la vita -e il matrimonio- del suo padrone, un ex-ufficiale della Marina Inglese, divenuto invalido in un incidente d’auto nel 1991, durante la Guerra del Golfo.

La storia di Endal

Endal è nato come un “incidente di percorso”, dal momento che i suoi genitori, di proprietà di un allevatore di Southampton, erano padre e figlia. Senza accorgersi che la femmina era ancora in calore, il proprietario li aveva lasciati insieme, per poi scoprire, qualche tempo dopo, che era in corso una gravidanza. Non potendo - a causa della consanguineità- fare avere un pedigree all’unico cucciolo nato da quell’accoppiamen-to a causa della consanguineità, l’allevatore pensava di tenerlo come cane di famiglia. Invece, quando Nina Bondarenk, direttore della associazione Canine Partners for Indipendence (organizzazione che prepara cani da assistenza) che era andata a Southampton per controllare un’altra cucciolata, lo vide, fu attratta da quel cucciolo tranquillo e attento e pensò di offrirgli la possibilità di diventare un cane da assistenza.Mentre Endal cresceva, i responsabili dal CPI si resero conto che avrebbe potuto diventare un ottimo cane, se fosse riuscito a sviluppare appieno il suo potenziale incontrando una persona a cui legarsi fortemente.

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salute e benessere persone e retriever

di Cinzia Stefanini

A SCUOLA DI GIOCOper crescere

Il cane è, insieme all’uomo, uno dei pochi mammiferi sociali che conserva nel tempo la voglia di giocare. Capita spesso infatti di osservare, ai giardini, cuccioli che giocano con cani adulti, ma anche cani anziani con in bocca la pallina o il bastoncino da riportare al proprietario.Perché è così importante, per un cane di qualsiasi età, giocare? Il gioco prepara alla vita. Il cucciolo impara così a confrontarsi con gli altri e a capire quali sono i suoi punti di forza e quali i suoi limiti fisici. Giocando con i fratelli, con la madre e, si spera, con il padre, il cucciolo impara regole sociali importanti: se infatti morde troppo forte la madre o i fratelli, il gioco si interrompe immedia-tamente il partner se ne va e lo lascia solo.Il cucciolo può imparare così il rispetto delle regole vigenti nel gruppo sociale e il valore della rinuncia, dato che spesso i “giocattoli” che ha conquistato gli vengono sottratti dagli altri fratelli e dagli adulti. Mi è capitato spesso di osservare cani adulti togliere un gioco ad un cucciolo e impedirgli con un mimica aggressiva di riprenderlo. Una volta che il cucciolo mostra di rinunciare, il gioco perde immediatamente valore e interesse anche per il cane adulto. La logica sottostante a questo comportamento, che a prima vista potrebbe sembrare solo un’inutile prepotenza, in realtà nasconde un grande insegnamento: non si può avere tutto subito quando lo si desidera! Il gioco prepara il cane agli aspetti meno piacevoli della vita: sopportare la frustrazione durante un gioco è immensamente più semplice che affrontarla in altre situazioni di maggior sfida e rappresenta un buon allenamento per le difficoltà che in futuro dovrà affrontareche in futuro dovrà affrontare.Giocattoli di forma e di materiali diversi insegnano al

cane la varietà della vita, evitano la fissità cognitiva, sviluppano capacità molteplici. Pensate quanto diversificate devono essere le capacità di un cane per rincorrere una pallina o cercare un oggetto che è stato nascosto.Il gioco rinforza i legami sociali perché è un confronto positivo e sereno. Il proprietario che gioca molto, rispettando regole e tempistiche, è per il suo cane un figura sociale divertente e interessante senza per questo perdere in autorevolezza e dunque gli sarà più semplice impostare anche esercizi meno piacevoli come il lascia o il vieni. Per il cane è immensamente più semplice abbandonare il gioco con altri cani se deve tornare da un proprietario divertente e che gli propone un gioco alternativo. Lasciare la propria pallina preferita è molto più facile se il cane sa di avere un altro gioco in cambio. Per il cane anziano, inoltre, il gioco rappresenta un momento di esercizio fisico e di vivacità mentale ottimi per contrastare i sintomi dell’invecchiamento. Il gioco è un modo per farlo sentire ancora parte integrante della famiglia, soprattutto se sono presenti cani giovani o cuccioli. La nostra fantasia, unita alla conoscenza profonda del nostro cane, rappresenta la migliore attivazione mentale possibile. Non solo l gioco sereno, vario, dinamico e non stereotipato con regole precise non solo è vero cibo per la mente (per citare Maria Montessori), ma anche il miglior collante sociale possibile, quello che ci permette di capire e di farci capire dal nostro cane con un solo sguardo.In fondo vorrà pur dire qualcosa se l’uomo ed il cane sono le uniche due specie che si entusiasmano nel rincorrere una cosa rotonda!

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Così per tredici anni Endal e Allen hanno vissuto e lavorato insieme aiutandosi ogni giorno. Endal imparò ad aprire le porte (grosse corde rosse vennero attaccate a tutte le porte della casa), a prendere gli oggetti dagli scaffali del supermercato quando facevano la spesa insieme, e ad aiutare Allen con gli sportelli bancomat.

La sua memoria è ancora molto debole, Allen normalmente ricorda le cose solo per 48 ore e dimentica nomi e facce delle persone. Prima dell’arrivo di Endal nella sua vita, Allen non riusciva ad affrontare gli incontri con amici di cui lui non ricordava assolutamente nulla. “Adesso invece si avvicinano e parlano con Endal, e anche se io non ricordo chi sono, Endal è un buon argomento di conversazione, le persone lo accarezzano e parlano di lui, e questo mi aiuta a socializzare”.

Endal ha ricevuto moltissimi premi: è stato nominato “Cane del Millennio” da Dogs Today, ha vinto la Medaglia d’oro PSDA (PSDA Gold Medal) e il Gold Blue Peter Badge. La Medaglia d’oro PSDA è assegnata ad animali che hanno dimostrato un eccezionale attaccamento al loro dovere in tempo di pace. E’ l’equivalente di una croce al merito civile. Questa onorificenza è stasta conferita ad Endal perché nel 2001, quando l’auto di Allen fu investita in un parcheggio da una altra auto che viaggiava a 60km/h , Endal fece in modo di sistemare Allen nella posizione di soccorso (coricato su un fianco), lo coprì con una coperta, tirò fuori dalla giacca di Allen il suo cellulare e glielo mise davanti al viso, poi corse all’albergo più vicino, abbaiando per chiedere aiuto. Endal è uno dei due cani che hanno ricevuto il Gold Blue Peter Badge (2003). Questo distintivo – una spilla dorata a forma di solcometro marino - è la massima onorificenza conferita a persone che si sono eccezionalmente distinte per atti di coraggio o hanno rappresentato la loro patria in un evento importante.Allen e Endal sono stati moltissime volte al Crufts, e ora Allen collabora con CPI (Canine Partners for Indipendence), aiutando altre persone ad avviare una nuova vita con il loro cane. E...Allen e Sandra hanno deciso di sposarsi di nuovo, in modo che Allen potesse avere un ricordo del proprio matrimonio.Negli ultimi tempi Allen e Sandra si sono messi alla ricerca di un cane giovane che potesse prendere il posto di Endal quando questi avesse dovuto andare in pensione. E così hanno trovato un Endal Junior, che ora è diventato quasi bravo quanto Endal.La settimana dopo essere stato al Crufts con Allen anche quest’anno, Endal ha avuto una ischemia, e la sua famiglia ha deciso per l’eutanasia. Endal si è addormentato tra le braccia del suo padrone, con l’intera famiglia intorno a lui per ringraziarlo dell’amore e della devozione che ha dato ad Allen in tutti questi anni.

*Ringraziamo Allen Parton per le foto e il materiale forniti per questo articolo.

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persone e retriever persone e retriever

La storia di Allen

La storia di Allen inizia nel 1991 quando Allen, ufficiale della Royal Navy e tecnico elettronico, lascia la moglie Sandra e i due figli Liam e Zoe di cinque e sei anni, per combattere nella prima Guerra del Golfo. Allen sapeva che secondo le statistiche “solo” il 15% dei militari partiti non sarebbe tornato a casa, e come tutti i coraggiosi, pensava che le statistiche non lo riguardassero davvero. Però, un mese dopo il suo arrivo in oriente, ebbe un grave incidente automobi-listico che fece a pezzi il suo corpo e il suo spirito. Il suo primo ricordo è di sei settimane dopo l’incidente, quando si risvegliò in un ospedale inglese: il lato destro del suo corpo aveva perso ogni sensibilità e la sua memoria era distrutta per il 50%.

Così Allen passò i primi cinque anni dopo l’incidente in ospedale, lottando contro una gravissima disabilità e contro una terribile depressione, la depressione di un uomo che aveva perso quasi tutto e soprattutto i ricordi più cari della sua famiglia. Aveva difficoltà ad articolare le parole e non riconosceva più le persone che conosceva prima dell’incidente, neppure sua moglie ed i suoi figli.“La paura e lo shock mi rendevano furioso -ammette Allen- mi rifiutavo di accettare che ero ormai un disabile e mi vergogno a ricordare come ero sgarbato

e aggressivo con tutti”. In più era sprofondato in una depressione da cui non pareva esistere via d’uscita. Tentò due volte di suicidarsi. Era l’unica cosa che gli rimaneva da fare, continuava a ripetersi.

Quando finalmente venne dimesso dall’ospedale e arrivò a casa, sua moglie Sandra dovette rinunciare al suo lavoro per poterlo seguire come necessario. La situazione era talmente pesante che Sandra decise di ritagliarsi un piccolo spazio per sé ed iniziò a collaborare con l’associazione Canine Partners for

Indipendence (CPI), portando a passeggio i cani che erano al centro in addestramento.

Endal e Allen si incontrano

Un giorno il bus che doveva portare Allen al centro diurno per disabili non arrivò e Sandra, che non voleva rinunciare al suo impegno con i cani, costrinse Allen ad accompagnarla al centro CPI. Lì Allen e Endal si incontrarono per la prima volta. Fu Endal a decidere che Allen era la persona giusta per lui, proprio quella che lui stava aspettando, e andandogli incontro diede inizio ad una collaborazione destinata a durare per i successivi tredici anni.Durante quel primo incontro Sandra notò che per la prima volta Allen aveva mostrato un piccolo interesse

per qualcosa e che addirittura si era mosso un pochino per cercare di accarezzarlo sulla testa.Allen racconta che fu lui a decidere di far domanda per ottenere Endal come cane da assistenza, e che per farlo, ricorda, “dovetti riempire un modulo descrivendo la mia disabilità, e quella fu la prima volta in cui ammettevo che c’era in me qualcosa che non andava. E’ stata una esperienza catartica, che finalmente mi ridiede la speranza di cui avevo così bisogno”.

Allen e Endal in una delle ultime immagini ufficiali scattate.a destra: Endal indossa orgoglioso la sua PDSA Gold Medal.sopra: Endal inserisce la tessera magnetica in un lettore.

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L’Enciclopedia del Golden Retriever di Andrea Pandolfi, De Vecchi Edizioni (marzo 2004).

Scritto da Andrea Pandolfi, socio del RCI e giudice ENCI, questo libro ben documentato illustra la storia e l’evoluzione del Golden Retriever, segnalando soggetti ed allevatori importanti in Gran Bretagna, Italia e nel resto d’Europa. Il libro tratta in modo accurato la morfologia e lo standard della razza e dà consigli pratici

su comportamento, educazione, addestramento, esposizioni, salute, riproduzione e dieta.

Lupi travestiti di Barbara Gallicchio, Edizioni Cinque (2001).

In questo libro, Babara Gallicchio cerca di ricostruire la storia della nostra amicizia con il lupo e di come questo si sia trasformato nella vastissima gamma dei cani. E’ la testimonianza di anni di studi, di osservazioni, di pratiche professionali, di efficaci consultazioni avute dai migliori esperti di tutto il mondo, ed è dedicato all’opportunità di ricostruire il percorso che ha indotto i lupi a condividere la propria esistenza con il genere umano. Lupi travestiti vi condurrà a riconoscere le ragioni e le modalità che hanno portato alcuni lupi a diventare cani, ma anche a capire come sono nate le razze, gli standard e quale potrà essere il futuro delle razze canine.Working Gundogs di Martin Deeley, The Crownwood Press (maggio 2009).

Questa edizione rivista ed ampliata copre tutti gli aspetti dell’addestramento con una scrittura gradevole e contiene molte foto ed illustrazioni nuove a colori. L’autore illustra i principi base dell’addestramento con una attenzione speciale al rapporto con il cane e alla

Retriever e non solo - libri, tv, regali, attualità, curiositàRetriever e non solo - libri, tv, regali, attualità, curiositàa cura di Patty Fellows and Alessandra Franchi

psicologia canina. In questo libro possiamo trovare consigli su come scegliere il cane giusto, sull’addestra-mento adeguato ad ogni stadio di crescita e su come introdurre la selvaggina. Martin Deeley è addestratore di fama internazionale e autore con più di 30 anni di esperienza.

The Modern Dog di Stanley Coren, hardcover ed. The Free Press (marzo 2009).

L’ultimo libro di Stanley Coren tratta la co-evoluzione negli ultimi 14000 anni dell’uomo e del suo compagno a quattro zampe. Il testo raccoglie informazioni da molte differenti fonti – scienza, folklore, religione e politica - ed esplora attraverso storie e ritratti questa relazione durata secoli. Stanley Coren è professore di psicologia all’Università di British Columbia in Canada, e ha scritto

sul cane alcuni bestseller, tra i quali l’ormai classico e recentemente ristampato L’intelligenza del cane.

La Socia Piera Zerbi ci ha suggerito due siti italiani dove si possono trovare molti libri sui cani:www.baubooks.com/ e www.neogea.it/

Molti di noi del mondo dei cani sono abituati a trasformare le proprie automobili per poter trasportare

i cani, ma Honda ha fatto un passo avanti che ha presentato quest’anno al New York Auto Show. La versione “Dog Friendly” della Honda Element presenta una quantità di soluzioni pensate per far

viaggiare in sicurezza e comfort Fido e la sua famiglia.

da leggereda leggere

notizienotizie

Nel ben noto SUV sono stati infatti incorporati accessori per delimitare lo spazio destinato al cane, una rampa pieghevole che consente facili ingresso e uscita dalla vettura, un lettino imbottito, una ciotola antirovescia-mento, un ventilatore elettrico e una separazione trasparente e amovibile tra il vano passeggeri e la “zona-cane”. Questo nuovo modello sarà in vendita dall’autunno 2009, e in Italia probabilmente sarà previsto come optional di modelli già in produzione.

Un’altra novità che ha di recente passato l’Atlantico è un nuovo sport per cani e proprietari, chiamato “doga”. Inventato sette anni fa da Suzy Teitelman, una istruttrice di yoga di Manhattan, il doga mette insieme massaggio e meditazione e uno stretching gentile pensati per cani e proprietari. Gli appassionati sostengono che doga può rafforzare

il legame tra cane e proprietario, può contribuire a calmare cani iperattivi e fare in qualche modo da terapia per cani con problemi ai legamenti. Nonostante le critiche degli scettici, il doga continua a diffondersi, e di recente è approdato anche in Giappone e in Gran Bretagna.

L’espressione “eye-wipe” è una espressione tecnica usata per descrivere quando in un field trial un cane, inviato al riporto di un capo abbattuto, non riesce a trovarlo e viene richiamato in linea e si manda un altro cane sullo stesso riporto; se il secondo cane trova il selvatico, il primo cane riceve un “eye-wipe”, considerato un errore grave nei regolamenti FCI, ed eliminatorio in UK. Questa espressione curiosa deriva dal fatto che il secondo cane ha “pulito gli occhi” del primo cane, che ha dimostrato di non vedere abbastanza bene da ritrovare il suo riporto.

Conosci altri modi di dire che riguardano i cani?Inviali a: [email protected]

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