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1 Egi M-Z 2012/13 http://www.sharenotes.it EGI Economia e Gestione delle Imprese 2012/13 gruppo M-Z docente prof. Lara Penco a cura di Ilaria Tranquillo

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1 Egi M-Z 2012/13 http://www.sharenotes.it

EGI Economia e Gestione delle Imprese

2012/13

gruppo M-Z

docente prof. Lara Penco

a cura di Ilaria Tranquillo

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Che cos’è un’impresa, diverse tipologie d’imprese, schemi concettuali

che la rappresentano. Azienda Complesso di beni utilizzati dall’imprenditore per svolgere la sua attività � definizione giuridica Qualsiasi entità produttiva, sia profit sia no profit � definizione economica usata in questo corso Impresa Istituzione economico-sociale che svolge la funzione di produzione e scambio di beni e servizi rivolti al mercato. Il concetto di produzione è inteso in senso economico, trasformare alcuni input in output con valori più elevati. L’impresa è un tipo di azienda con finalità di conseguire un profitto: sono profit oriented nel lungo periodo, l’attività è svolta per ottenere un tasso soddisfacente di ritorno del capitale investito. L’impresa è finalizzata a perdurare nel tempo e persegue questo fine attraverso la realizzazione di una molteplicità di obiettivi di gestione. Classificazione delle imprese Secondo l’oggetto sociale

� Settore primario: agricoltura, pesca, silvicoltura, attività estrattive; sono attività legate alla terra e al mare.

� Settore secondario: trasformazione fisica, chimica, di combinazione di input per ottenere un output tangibile, fisico

� Settore terziario: tutto ciò che non è realizzato da agricoltura e industria, generalmente mediante input materiali e immateriali si generano output immateriali, i servizi.

Servizio: prestazione che crea un cambiamento di stato nel ricevente o su un bene fisico posseduto da un individuo. La trasformazione è risultante dall’attività dell’agente economico esercitata su domanda e con accordo del primo. I servizi sono intangibili: ciò causa numerose ripercussioni dal punto di vista della gestione, ad esempio nella gestione dei rapporti di mercato. Un’impresa industriale produce un bene e lo immette nel circuito di distribuzione, mentre per l’impresa dei servizi la produzione, distribuzione e consumo del servizio avvengono nello stesso momento. La contestualità tra produzione, distribuzione e consumi è tipica delle imprese di servizi e apre diverse problematiche: ad esempio la gestione delle risorse umane è molto importante perchè c’è un contatto face to face col cliente che in un impresa industriale è relegato all’area di vendita. Secondo le dimensioni Nell’ambito dello stesso settore possono essere presenti realtà imprenditoriali di diverse dimensioni, che operano in modo diverso e affrontano diverse problematiche di gestione e organizzazione delle risorse, traggono vantaggio competitivo da elementi diversi. Per classificare dal punto di vista dimensionale un’impresa si utilizzano variabili quantitative, come ad esempio

- Numero di dipendenti: se l’impresa ha più di 250 dipendenti, si reputa grande - Fatturato: magari un numero contenuto di dipendenti genera un elevato fatturato (alto

fatturato pro capite) - Capitale: rappresenta le dimensioni aziendali sotto il profilo degli assets - Valore aggiunto: un’impresa con elevato valore aggiunto è più integrata, esternalizza di

meno quindi avrà dimensioni maggiori. Possono essere utilizzati anche parametri qualitativi come la coincidenza tra proprietà e controllo, struttura organizzativa più o meno complessa, presenza o meno di strategie formalizzate.

Problematiche gestionali molto diverse

caratteristiche • Immaterialità • Produzione e consumo avvengono

nello stesso momento e solitamente nello stesso luogo

• Proprietà non trasferibile • Output non mostrabile prima

dell’uso • Non immagazzinabili • Non trasportabili • Partecipazione dell’utente

all’erogazione del servizio • Contatto diretto tra utente e

erogatore

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La commissione Europea ha determinato una classificazione basata su parametri quantitativi e qualitativi per dare agevolazioni a piccole e medie imprese (pmi). Discriminante qualitativa: l’impresa deve essere indipendente, non deve essere partecipata in maniera significativa da altre imprese (meno del 25% del suo capitale deve appartenere ad altre imprese). Parametri quantitativi:

n di dipendenti Volume di affari Totale attivo Micro <10 ≤ 2.000.000 € ≤ 2.000.000 € Piccole ≤50 ≤ 10.000.000 € ≤ 10.000.000 € Medie ≤250 ≤ 50.000.000 € ≤ 43.000.000 € Grandi > 250 > 50.000.000 € > 43.000.000 €

Le divergenze nell’aspetto organizzativo sono decisamente rilevanti. Le grandi imprese hanno un impatto sociale molto rilevante (elevato numero di dipendenti, indotto significativo): sono un osservato speciale da parte di stato e parti sociali. La struttura della grande impresa è spesso rigida e si contraddistingue per la sua complessità. Nelle grandi imprese proprietà e governance possono coincidere come no e avere un rapporto molto diverso:

a) Proprietà familiare e gestione guidata da un manager che da importanti orientamenti strategici � fiat

b) Proprietà molto frazionata, public company; il manager non è influenzato dalla proprietà c) Proprietà organizzata guidata da manager: è il caso delle compagnie la cui proprietà è in

mano a fondi cui partecipano soggetti che hanno investito nelle imprese con lo scopo di remunerare il capitale. Lo scopo del manager è soddisfare gli investitori.

Le grandi imprese possono spesso avere una struttura a gruppo: molte imprese giuridicamente autonome, sono caratterizzate da un governo unitario mantenuto mediante un sistema di partecipazioni con cui l’impresa capogruppo controlla le imprese specializzate (ad essa subordinate). Le piccole imprese hanno un numero di dipendenti contenuto e un impatto minore sulla società. Sono caratterizzate da un forte accentramento del potere: l’imprenditore o la famiglia che detiene la proprietà detta gli orientamenti strategici. Non hanno strutture complesse. Mirano a sopravvivere nel tempo: l’obiettivo è una sostenibilità duratura, non elevatissimi profitti. Il problema di queste imprese è la dipendenza stretta dalle capacità dell’imprenditore: è lui che compie le scelte strategiche e sceglie i suoi collaboratori, è l’elemento peculiare. Le medie imprese hanno più di 50 dipendenti. Presentano un dualismo caratteristico: sono piccole nel settore ma molto rilevanti nel segmento in cui operano. L’imprenditore è colui che prende la decisione finale, ma delega alcune attività specifiche ai manager.

Nel nostro corso facciamo riferimento a un’impresa manifatturiera di medie dimensioni

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L’impresa come sistema Si definisce un sistema come un insieme ordinato (non sconnesso) di parti e di relazioni di parti, che tende naturalmente o è programmato al raggiungimento di un determinato fine. La finalizzazione delle parti distingue il sistema da un semplice aggregato: gli elementi costitutivi instaurano flussi di comunicazione e interazione spesso biunivoci, tali per cui la somma del valore degli elementi del sistema è minore al valore del sistema stesso per effetto delle sinergie che si creano tra i componenti dello stesso. La visione dell’impresa come sistema è frutto di un’astrazione concettuale, non di una visione oggettiva, e richiama a “un insieme o un raggruppamento che la nostra mente riesce a concepire in modo unitario e ordinato, in virtù delle connessioni e interdipendenze che, direttamente, legano tutte le parti o componenti separate, costituenti l'insieme”

(Saraceno, 1960, pag. 59).

L’impresa quindi può essere visto come un sistema finalizzato alla creazione di valore, caratterizzato da alcuni elementi. Possiamo dire che l’impresa è un sistema

• Complesso: coinvolge diversi elementi eterogenei con caratteristiche diverse, che svolgono funzioni specifiche e interagiscono gli uni con gli altri. L’organizzazione aziendale si occupa di coordinare e combinare gli elementi facenti parte del sistema. Tutti i componenti sono elementi finalizzati che instaurano elementi tra loro. Ci sono sistemi minori che interagiscono e formano il sistema aziendale finalizzato alla creazione del valore.

• Relazionale e aperto: l’impresa opera in una realtà complessa, interagisce coi mercati di approvvigionamento e sbocco: ottiene gli input dall’esterno e commercializza gli output all’esterno. L’impresa è influenzata da questi rapporti con l’esterno e li influenza a sua volta. Oltre che da questi rapporti, l’impresa è influenzata anche da elementi più generali, macroeconomici. A sua volta le imprese hanno ripercussioni sull’esterno: soprattutto le imprese innovatrici impattano in modo significativo sull’esterno introducendo innovazioni, ma più in generale possiamo dire che tutte le imprese impattano sulla realtà locale su cui operano. Le imprese sono quindi influenzate dall’ambiente esterno, sia da elementi macroeconomici sia da elementi microeconomici. L’impresa è permeabile alla cultura nazionale, è influenzata dal contesto in cui è nata.

• Di trasformazione: l’impresa combina input per produrre output. L’impresa deve mantenere un certo equilibrio in modo tale che gli output siano di valore superiore agli input utilizzati Efficienza: capacità aziendale di ottenere un corretto bilanciamento tra input e output, è il rapporto tra le risorse utilizzate e i risultati ottenuti. È un concetto che riguarda tutte le realtà aziendali. Per misurare l’efficienza tecnica di un processo produttivo utilizziamo indicatori come il rapporto output/input, n di prodotti/ore lavorate, n di prodotti/ n di lavoratori. Per misurare l’efficienza economica si mettono a confronto ricavi e costi. L’obiettivo aziendale riguardo all’efficienza tecnica è, a parità d’input, massimizzare gli output. Riguardo all’efficienza tecnica, l’obiettivo è di abbassare i costi o incrementare i ricavi. Efficacia: capacità aziendale di raggiungere obiettivi di qualità, etc. La misura di efficacia è il raggiungimento di un obiettivo preposto. Non è detto che efficienza ed efficacia coincidano: un’impresa può essere efficace senza essere efficiente ad esempio. Questi due concetti sono fondamentali nella valutazione della competitività: l’impresa deve essere efficiente ed efficace.

• Dotato di un meccanismo di feedback: ogni sistema è dotato da meccanismi di autocontrollo. Le imprese, di fronte ad alcuni errori hanno meccanismi idonei a fermare il comportamento errato e mettere in atto correttivi. L’impresa necessita di meccanismi interni di controllo e indicatori che ricoprono le funzioni di controllo di gestione. Dal momento in cui un’impresa intraprende la strada per raggiungere un obiettivo di miglioramento della profittabilità occorre valutare se l’obiettivo finale è attuabile con controlli periodici, che permettano di ritoccare gli obiettivi in caso di cambiamenti del quadro generale.

• Cognitivo: l’impresa apprende e utilizza la conoscenza appresa con l’esperienza nella sua attività. Un esempio sono le risorse umane: con le risorse umane l’impresa si relaziona con l’esterno e sulla base di analisi sull’esterno si elaborano previsioni. Le risorse umane apprendono e portano le loro conoscenze nella realtà aziendale. L’impresa deve far sì che le conoscenze dei singoli entrino a far parte del patrimonio di conoscenze dell’impresa.

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• Finalizzato e tecnologico: l’impresa è orientata al raggiungimento di un fine specializzato. Il fine ultimo di un’impresa è la sopravvivenza nel tempo. Quest’obiettivo è legato al fine di profittabilità: se un’impresa non ha una redditività soddisfacente, l’impresa non sopravvivrà a lungo. Tuttavia dire che il fine dell’impresa è il profitto non è corretto perchè tale concetto è legato a una prospettiva di breve termine: l’obiettivo è di mantenere condizioni solide e una redditività soddisfacente nel lungo termine. Da questo fine deriva l’ultima caratteristica

• Vitale: sopravvive nel tempo. Quando un sistema è orientato alla prospettiva di lungo periodo, necessita di un organo decisionale e di una struttura operativa

Indipendentemente dall’attività produttiva svolta o dalla dimensione dell’attività, tutte le imprese

possono essere osservate in modo astratto per evidenziare alcune problematiche. Di certo l’impresa presenta criticità tali da non potere sopravvivere nel lungo termine senza un

governo/management/organo di gestione. Un sistema privo di governo è destinato alla sua dissoluzione.

Organo di governo = governa, gestisce, compie scelte, assume decisioni Diversi tipi di decisioni, per importanza, oggetto, responsabilità, soggetto che le prende, ordinabili gerarchicamente

1) Decisioni strategiche - volte ad armonizzare il rapporto tra impresa e ambiente - fortemente centralizzate: sono assunte da un numero esiguo

di persone detto soggetto economico - si adottano in condizioni di incertezza, impattano su un

orizzonte temporale di medio - lungo termine - non sono ripetitive perchè si riferiscono al medio - lungo

periodo; non si può fare affidamento sull’esperienza passata - non sono evidenti allo stato dei fatti, non s’impongono di

fronte al decisore, sono volte alla ricerca di nuove opportunità, basandosi su segnali colti dal decisore

- incidono positivamente o negativamente sulle performance aziendali

- costituiscono il vertice delle responsabilità a livello organizzativo

- per prendere buone decisioni strategiche occorre ascoltare i responsabili delle decisioni organizzative per valutare la realizzabilità della scelta.

2) Decisioni organizzative/amministrative - Sono finalizzate alla combinazione ottimale delle risorse a

disposizione dell’impresa, ottenere la massima produttività compatibilmente col massimo grado di economicità. Per realizzare le decisioni strategiche l’impresa dovrà organizzare al meglio le risorse necessarie

- Finalizzate a mantenere un equilibrio contraddistinto da efficienza, efficacia e economicità.

- Ogni decisione strategica porta a prendere una serie di decisioni organizzative e amministrative finalizzate alla gestione e al reperimento delle risorse

- Assunte dai responsabili di ogni funzione aziendale 3) Decisioni operative

- Utilizzo ottimale delle risorse nell’area funzionale considerata. - Sono ricorrenti, assunte quotidianamente - Riguardano il come produrre - Sono assunte da tutti i livelli di governance

• Su quale mercato operare?

• Internazionalizzazione • Scelta del portafoglio

(varietà gamma di prodotti), diversificazione

• Gestione di marchi e brand (influenza i rapporti coi mercati di sbocco)

• Scelte di ricerca e sviluppo

• Scelte ubicazionali: dove collocare l’attività o parte di essa? Delocalizzare dove il lavoro costa meno?

• Organigramma e divisione delle responsabilità

• Layout di fabbrica: come disporre gli impianti

• Gestione del budget pubblicitario

• Acquisizione di finanziamenti: quale fonte utilizzare?

• Scelte in termini di politica delle scorte

• Gestire i turni e l’orario di lavoro

• Mettere l’annuncio su stampa o secolo?

• Ogni quanto prelevare le scorte dal magazzino?

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Governare un impresa vuol dire determinare e assumere decisioni di tipo strategico che condizionano la vita stessa dell’attività e ne determinano il suo corso. Queste decisioni, collocandosi a un livello gerarchicamente superiore influenzano tutte le altre scelte (da compiersi in tempi e sedi diverse) gerarchicamente inferiori. � l’impresa si governa con le decisioni strategiche.

Le scelte strategiche e la strategia di impresa LA STRATEGIA DI IMPRESA è l’insieme delle DECISIONI STRATEGICHE ���� il comportamento dell’impresa, la sua strategia, è in realtà un insieme di decisioni strategiche rilevanti. Non esiste una definizione univoca di strategia aziendale. “La strategia rappresenta lo schema o il modello decisionale atto a coordinare gli obiettivi, le linee di comportamento e l’allocazione delle risorse dell’impresa,in una visione unitaria e coerente” � si definiscono gli obiettivi e i comportamenti idonei a raggiungerli: l’impresa non solo deve prefiggersi un obiettivo ma definire anche il percorso per raggiungerli. L’impresa a volte può sbagliare il modo di mettere in pratica l’obiettivo, o ambire ad attuare un obiettivo non realizzabile con le linee stabilite e le risorse disponibili e necessarie. Queste informazioni sono contenute nel business plan: alcune imprese rendono noto agli investitori il business plan, per permettere loro di valutare se investire nell’impresa o no. Requisito essenziale per una strategia di successo è la coerenza:

• con gli obiettivi e i valori: gli obiettivi devono essere ben definiti nelle loro coordinate quantitative e temporali ed essere espressione della cultura dell’organizzazione. � ben definiti e temporalmente scadenzati. Questo è per verificare che gli obiettivi possono essere raggiunti sfruttando i meccanismo di feedback. Un’impresa ben governata è un impresa ben controllata. Gli obiettivi devono essere coerenti con la cultura organizzativa. Le imprese sono permeabili all’orientamento dell’imprenditore e dell’organizzazione. Spesso alcune aziende si rivolgono a consulenti per definire le strategie: se il consulente non coglie la cultura aziendale non potrà mai elaborare una strategia corretta

• con l’ambiente: (Ambiente = insieme delle forze con cui l’impresa si relaziona) la strategia deve rapportarsi efficacemente alle caratteristiche dell’ambiente esterno, ed in particolare dell’ambiente specifico; presuppone quindi una comprensione minuziosa di tutte le sue componenti. L’analisi dell’ambiente esterno infatti è molto importante per evitare di definire obiettivi non perseguibili o optare per linee guida obsolete o non idonee. Questo deriva dall’impresa come sistema aperto e relazionale.

• con le risorse e l’organizzazione: il contenuto della strategia deve essere compatibile con l’insieme delle risorse interne (risorse e competenze), oltre che con le caratteristiche degli assetti organizzativi e gestionali dell’impresa. Spesso le imprese sbagliano definendo strategie troppo ambiziose, non compatibili con le risorse e le competenze dell’impresa o non coerenti con l’organizzazione aziendale. La struttura organizzativa generalmente segue la strategia aziendale

scopo della strategia � battere i concorrenti � creare un vantaggio competitivo duraturo e

difendibile vantaggio competitivo: un’impresa può contare su una posizione di vantaggio competitivo quando nel medio - lungo termine ha una redditività superiore a quella dei concorrenti Il vantaggio competitivo rappresenta la capacità dell’impresa di superare i concorrenti nel raggiungimento della redditività.

“Quando due o più imprese competono all’interno dello stesso mercato, un’impresa possiede un vantaggio competitivo se ottiene in maniera continuativa una redditività superiore”. (Porter)

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Il vantaggio competitivo non deriva da un aumento effimero, temporaneo di redditività, magari congiunturale: è basato su specifiche fonti di vantaggio competitivo, non su accadimenti che influenzano positivamente la redditività. Deve essere duraturo. Esso inoltre deve essere difendibile: la concorrenza può erodere il vantaggio competitivo, perchè alcune imprese adottano comportamenti aggressivi e/o imitativi. L’impresa deve saper difendere la propria posizione dall’atteggiamento aggressivo o imitativo dei concorrenti. L’impresa acquisisce redditività se riesce a creare un prodotto a cui i clienti attribuiscono un valore superiore al valore delle risorse impiegate. Il vantaggio competitivo dipende dal valore che l’impresa riesce a creare per il suo cliente, dal rapporto che riesce a instaurare col suo cliente. Il prezzo, dal punto di vista del consumatore, rappresenta il valore attribuito al prodotto: se un paio di jeans costa 200€, è perchè i consumatori attribuiscono al prodotto tale valore. Tipi di vantaggio competitivo:

- Vantaggio competitivo di costo: per aumentare la redditività e conseguire vantaggio competitivo l’impresa può cercare di abbassare il COSTO MEDIO DEL PRODOTTO, aumentando il margine, ovvero il differenziale tra il prezzo e il costo medio di produzione.

Quota di mercato: è il rapporto tra il fatturato dell’impresa e il fatturato del settore. L’impresa, grazie al miglioramento dei margini riesce ad abbassare il prezzo guadagnando quote di mercato (vende di più). Ciò consente di ampliare la propria dimensione, sfrutta le economie di scala e beneficia di ulteriori riduzioni di costo di produzione. Si innescano circoli virtuosi che portano a ulteriori riduzioni del costo medio. FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO:

� le economie di scala: le economie di scala sono una riduzione del costo medio quando aumenta la scala produttiva per una migliore ripartizione dei costi fissi.

� economie di apprendimento: riduzione dei costi medi dovuta all’esperienza accumulata che consente di ottimizzare i processi aziendali

� tecniche di produzione che consentono un utilizzo efficiente dei fattori produttivi: gestione risorse umane, layout produttivo, gestione magazzino

� contratti a lungo termine nell’approvvigionamento di fattori della produzione:se i contratti sono a lungo termine aumenta il potere contrattuale dell’impresa, che può spuntare condizioni migliori.

� vantaggi di localizzazione. � uso di tecnologie digitali.

Stessa identica situazione iniziale: A e B sono imprese analoghe che producono

un prodotto analogo.

L’impresa B attua politiche di

riduzione dei costi

B abbassa il prezzo perchè ottiene margini soddisfacenti anche

riducendo il prezzo dato il ridursi dei costi. B riesce ad ampliare la sua

quota di mercato.

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- Vantaggio competitivo di differenziazione: per aumentare il margine l’impresa non interviene sul costo medio ma tenta di creare un valore superiore per far sì che i clienti paghino un prezzo superiore per il suo prodotto rispetto al prezzo praticato dai concorrenti

FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO DI DIFFERENZIAZIONE:

� le caratteristiche e le prestazioni del prodotto/servizio: caratteristiche tecniche superiori, migliori servizi collaterali (assistenza tecnica, formazione per gli utenti). Essi aumentano sia il valore dei prodotti, sia il costo medio.

� la pubblicità: accresce la notorietà del prodotto, crea un marchio e ne accresce l’identità. Riguarda soprattutto prodotti business to consumer

� l’attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti: l’innovazione è una fortissima forte di differenziazione.

� il marchio affermato. � l’orientamento alla customer satisfaction, che si estrinseca nella realizzazione di

prodotti/servizi che seguono le esigenze dei consumatori, sia riguardo al singolo prodotto, sia per la consegna, distribuzione, assistenza, ecc.

Il vantaggio competitivo trae origine dall’individuazione, esplicitazione e sfruttamento di

opportunità potenzialmente esistenti nell’ambiente esterno in cui si trova l’impresa, che gli altri operatori non sono in grado di cogliere o, comunque, di sviluppare in

maniera efficace. Una volta acquisito, però, il vantaggio competitivo è soggetto all’erosione da parte della concorrenza. Per rendere tale vantaggio duraturo e

difendibile occorre, quindi, creare delle “barriere all’imitazione”.

Stessa identica situazione iniziale: A e B sono imprese analoghe che producono un prodotto

analogo.

L’impresa B attua politiche per aumentare il valore del suo prodotto: cambia il design, valorizza la

marca, introduce innovazioni. Cresce il prezzo di vendita, ma anche i costi medi: la strategia paga se il differenziale ottenuto è più elevato, ovvero se l’incremento dei costi medi è minore del prezzo di

vendita. Importa aumenti il margine.

L’impresa ha saputo sfruttare una variabile esterna e ha saputo

sfruttarla.

L’impresa ha determinate risorse o tecnologie

VANTAGGIO COMPETITIVO

Deve essere duraturo e difendibile dall’erosione della

concorrenza

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Nello stabilire una strategia volta al raggiungimento/consolidamento del vantaggio competitivo, occorre osservare l’ambiente esterno in modo da trasformare le situazioni in opportunità.

Nel modello di concorrenza perfetta non esiste il vantaggio competitivo perchè non ci sono extraprofitti. In un contesto più vicino alla realtà ogni impresa ha fattori differenziali in cui risiedono eventuali fonti di vantaggio competitivo. La posizione di vantaggio competitivo è tuttavia molto instabile perchè aggredibile dai concorrenti: per questo le imprese adottano meccanismi di difesa del vantaggio competitivo, detti barriere all’imitazione (espedienti messi in atto per mantenere la posizione di vantaggio). Esempi:

� occultamento dei risultati eccellenti: le imprese medio - piccole riescono a diventare leader nel mercato di nicchia in cui operano maturando la crescita pian piano, senza scatenare corse all’imitazione.

� dissuasione attraverso segnali aggressivi ai concorrenti: abbassando il prezzo si rende più difficile la rincorsa dei concorrenti, e si difende il vantaggio di differenziazione accrescendo l’appetibilità e il valore del prodotto (design, pubblicità).

� anticipazione, attraverso lo sfruttamento di tutte le opportunità di investimento disponibili: ad esempio registrando molti brevetti.

� ambiguità causale (dissimulare le fonti del vantaggio competitivo): l’impresa cerca di non rivelare, di dissimulare le fonti del vantaggio competitivo attraverso il segreto industriale. Ad esempio la Coca - cola non rivela l’ingrediente segreto.

� basare il vantaggio competitivo su risorse e capacità non trasferibili e difficili da replicare: spesso il vantaggio competitivo è frutto di una serie di fattori interconnessi difficilmente imitabili (organizzazione, gestione delle risorse interne) Un esempio è il modello Mc Donald’s.

Ci sono due livelli decisionali nell’ambito delle scelte strategiche:

1) scelte strategiche a livello corporate Determina il campo di azione dell’impresa, attraverso la scelta dei settori e dei mercati in cui competere. Risponde alla domanda: “in quali settori/mercati dovremmo operare?”. A questo livello quindi:

- si valuta l’attrattività del business: si considera il business analizzando la domanda, la concorrenza, le prospettive di profittabilità

si attuano le scelte strategiche di sviluppo, si determinano le modalità di attuazione e l’allocazione delle risorse tra le diverse attività di business: in questo campo rientrano i problemi di gestione dei diversi business che compongono il portafoglio strategico.

2) scelte strategiche a livello business Risponde alla domanda: “in che modo dobbiamo competere? Perseguire un vantaggio di costo o di differenziazione?”. A questo livello afferiscono le scelte strategiche per il perseguimento del vantaggio competitivo in un determinato settore o mercato. E quindi vengono definite le fonti del vantaggio competitivo e le modalità della competizione. (vantaggio di differenziazione � puntare sul marchio, sul design?). si scelgono le barriere all’imitazione da mettere in campo.

Esempio: tipo di scelta Il manager sceglie di investire nel business A: una volta scelto si elabora il business plan: si valuta l’attrattività e si considera l’ingresso come un investimento e se ne valuta il ritorno

corporate

Il manager decide di diversificare il portafoglio strategico e operare anche nei business B e C corporate Il manager decide di dismettere l’attività A corporate Il manager acquista un’impresa funzionante corporate Potenziare B o C Corporate: influenza il

potenziale strategico Quale vantaggio competitivo perseguire? business Come sviluppare C? business

Articolazione del

portafoglio, operazioni

straordinarie, allocazione delle risorse tra diversi

business in cui si opera

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Le scelte corporate dipendono molto dall’analisi dell’ambiente esterno: le scelte business richiedono anche attente valutazioni dell’ambiente interno circa le risorse disponibili per comprendere come acquisire vantaggio competitivo. Le due strategie di corporate e di business sono fortemente interconnesse in quanto:

� il campo di attività di un’impresa ha implicazioni sulle fonti del vantaggio competitivo: se scelgo un particolare ambito, esso richiederà particolari scelte perchè esso ha implicazioni sulle fonti del vantaggio competitivo. Infatti, ciascun settore ha caratteristiche strategiche diverse in termini di strategie per le diverse problematiche affrontate.

� la natura del vantaggio competitivo di un’impresa influisce sull’estensione delle attività e dei mercati nei quali l’impresa può avere successo: ad esempio le imprese che puntano su ricerca e sviluppo diversificheranno il portafoglio strategico in business in cui quest’attività della catena del valore è molto importante (es: Canon, imprese che puntano sul brand e fanno numerosi prodotti “di marca”).

Tutte le imprese perseguono una strategia? Si, ma non tutte la esplicitano in un documento scritto. La scelta strategica è connaturata alla natura e alla sopravvivenza dell’impresa. La nascita stessa dell’impresa è frutto di scelte strategiche. Ogni impresa ha una strategia più o meno spontanea, una linea di comportamento, di scelta nell’allocazione delle risorse:

• alcune imprese mantengono le strategie implicite. Vi sono casi in cui l’impresa persegue una strategia inconsapevolmente, ovvero opera in un ambito ben definito, vincendo la concorrenza con una chiara fonte di vantaggio competitivo senza aver mai analizzato le ragioni del proprio successo. Altre imprese, invece, decidono di non esplicitare la propria strategia per non rivelarla ai concorrenti.

• altre imprese esplicitano le strategie per attrarre finanziamenti, render noti gli obiettivi per consentire un migliore coordinamento organizzativo, per sfruttare meglio i meccanismi di feedback.

In ogni caso, la strategia rappresenta un percorso di apprendimento che l’organizzazione compie, aperto alla creatività e al confronto e condizionato dal comportamento e dalle azioni di chi è chiamato a realizzarle. Come si forma la strategia? Dalla strategia deliberata alla strategia realizzata

Il reale processo di formazione della strategia nasce dalla combinazione tra strategia deliberata + strategia emergente

Nel momento in cui l’impresa vuole prendere una decisione strategica, effettua delle attente analisi elabora una strategia deliberata, una manifestazione d’intenti per il futuro. Tuttavia in corso d’opera subentrano elementi che emergono nel quotidiano e che portano a modificare la strategia. L’incidenza di fattori interni ed esterni causa modifiche, porta ad abbandonare alcune parti e all’adozione di adattamenti al quadro che emerge

NOTA TERMINOLOGICA: non si parla di strategie di prezzo, di ricerca e sviluppo, organizzazione aziendale, ma di POLITICHE. Strategia � scelte corporate e business Politica � scelte di natura organizzativa e amministrativa.

Per raggiungere il vantaggio competitivo individuato dalle strategie corporate e secondo modalità definite e sfruttando i fattori cruciali definiti nelle strategie business si mettono in atto le politiche

opportune

Le strategie vengono articolate all’interno delle singole funzioni aziendali (politiche funzionali) all’interno delle quali si mobilitano le risorse e le competenze distintive necessarie

al perseguimento del vantaggio competitivo.

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Esempio: impresa monobusiness settore abbigliamento

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Dallo schema appare chiaramente che possono emergere scostamenti più o meno rilevanti tra le diverse fasi del processo strategico. Lo scostamento fra strategia decisa e realizzata è imputabile al combinarsi, da un lato, dell’abbandono di una parte dei contenuti del piano strategico per il manifestarsi nella fase di realizzazione di circostanze negative non previste e, dall’altro, per l’emergere di spinte strategiche da parte dell’ambiente. Talvolta alcuni corsi d’azione fortemente voluti semplicemente non si realizzano del tutto, così come accade che corsi d’azione non pianificati, di fatto, si realizzino. FORUMULAZIONE DELLA STRATEGIA: si assumono decisioni strategiche IMPLEMENTAZIONE DELLA STRATEGIA: realizzare, attuare la strategia con azioni appropriate In questo contesto emerge l’importanza della funzione aziendale di controllo nel monitorare le strategie e i mutamenti e le opportunità, soprattutto se l’ambiente è turbolento, il quadro economico è complesso e mutevole. La decisione strategica è un processo dinamico e le decisioni partono da intenzioni aziendali e portano a decisioni di strategie ponderate con analisi ex ante che mutano in corso d’opera. Diversi approcci gestionali Approccio del management razionalistico: si costruisce un quadro d’informazioni preciso e ricco in modo da costituire una scelta ritenuta la migliore possibile. In quest’ambito siamo focalizzati sulla formulazione della strategia e le decisioni sono imposte in modo imperativo dal vertice basandosi su modelli matematici per elaborare previsioni, e seguite a cascata da tutta l’organizzazione. Questo metodo era adottato dalle grandi imprese del boom economico degli anni 50. Questo sistema è fallito non appena il quadro economico non è stato più stabile e affidabile. Negli anni 70 la domanda è diventata più sofisticata, è necessaria la segmentazione e la differenziazione per affrontare la crisi. Approccio del management comportamentale: la strategia è frutto dell’intuito del management. Le decisioni vengono implementate in corso di attuazione. È un approccio appropriato ad affrontare l’evoluzione dell’ambiente esterno che richiede intuito. Il grosso inconveniente è la difficoltà nel verificare i risultati in corso di attuazione. Approccio del management strategico: si cerca di valorizzare l’intuito e la creatività, seguendo piccoli passi che permettono di controllare i risultati usando modelli razionali. Nel corso di economia e gestione dell’impresa verrà adottato l’approccio del management strategico. Che cosa è il management strategico? A cosa serve? Quali sono le fasi dell’approccio “management strategico”?

non possono essere slegate: la strategia è portata avanti da persone che lavorano giorno per giorno. Dall’aspetto relazionistico cogliamo la separazione dei compiti specifici e il controllo durante l’implementazione delle strategie; dall’aspetto comportamentale prendiamo l’interconnessione, la volontà di stimolare la creatività col dialogo.

Queste fasi sono collegate, nel momento dell’implementazione emergono spunti interessanti per correggere/modificare le decisioni strategiche. Le strategie vengono rivedute e corrette periodicamente

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dall’ambiente esterno cogliamo minacce e opportunità. Dall’ambiente interno punti di forza e debolezze. Con l’analisi strategica emergono informazioni provenienti dall’interno e dall’esterno che permettono l’adozione di strategie vincenti. Formulare una strategia comporta definire gli obiettivi identificando opportunità e minacce (ambiente esterno) e punti di forza e debolezza (ambiente interno.)

Le fasi del management strategico

I parametri comportamentali: cultura aziendale, vision, mission, obiettivi strategici I parametri comportamentali sono dettati da caratteristiche intrinseche dell’imprenditore o del management. La cultura aziendale: è data da un insieme di principi e visioni del mondo assunti dall’istituzione economica-sociale. L’impresa è un gruppo di persone che maturano principi che influenzano le decisioni. La cultura aziendale influenza notevolmente la strategia e si può intuire l’importanza della coerenza tra decisione strategica e cultura aziendale. È influenzata dai rapporti con l’ambiente esterno; esempi di elementi che influenzano la cultura sono

- Cultura nazionale, luogo in cui è nata l’impresa - Esperienza dell’imprenditore, della famiglia, del manager visto come leader, fondatore.

La vision aziendale: identifica la visione che guida l’impresa sul futuro, l’ambizione futura. Definisce lo strategic intent, l’intento strategico, ciò a cui ambisce . è importante esplicitare la vision per dar modo a tutta l’organizzazione di avere chiaro le ambizioni future. La portata organizzativa della vision diventa importantissima in caso di aziende fortemente innovative come Apple. La mission aziendale: è la ragion d’essere dell’impresa, il tipo di attività che svolge, il suo compito. Descrive il ruolo sociale che l’impresa ricopre, con riferimento ai valori su cui essa si fonda. I valori sono principi che guidano il comportamento dell’impresa (benessere del cliente, dipendenti come risorse). La mission è influenzata dalla natura dell’impresa: la mission delle public companies deve contenere la soddisfazione degli stake holders Gli obiettivi strategici: La strategia è diretta al raggiungimento di obiettivi di lungo termine. Sulla base di cultura aziendale, vision e mission si definisco gli obiettivi strategici, un punto di riferimento che definisce la posizione che l’impresa vuole conseguire sul mercato, lo status che intende raggiungere. Essi hanno un’enunciazione precisa, definita in termini quantitativi e rispetto a un orizzonte temporale per definire la posizione e mettere in piedi un idoneo meccanismo di controllo.

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Fasi del management strategico: le analisi strategiche

1.ANALISI DELL’AMBIENTE ESTERNO

L’ambiente esterno costituisce uno dei fattori di condizionamento dello sviluppo dell’impresa e per questo è un elemento fondamentale per comprendere il problema strategico delle imprese. L’ambiente, infatti, condiziona la scelta delle imprese e sanziona, con il successo o l’insuccesso, la strategia perseguita. Infatti, dato che l’impresa è un sistema aperto e relazionale, le sue prospettive dipendono da come fronteggiano le minacce e colgono le opportunità dell’ambiente esterno. Il legame tra impresa e ambiente esterno è biunivoco:

� L’impresa attinge risorse dall’ambiente e riceve input che condizionano il proprio operato � l’ambiente condiziona l’impresa

� L’impresa influenza l’ambiente con la sua attività: l’impresa ha un ruolo sociale, condiziona le persone che vivono nell’area in cui opera.

L’analisi strategica dell’ambiente esterno è un’attività volta a raccogliere, selezionare, elaborare informazioni che consentano al decisore di disporre di un quadro attuale e prospettico dell’ambiente esterno rilevante per l’impresa. In quest’ambito utilizziamo due livelli di analisi: consideriamo l’ambiente generale, o macroambiente e l’ambiente competitivo, altresì detto microambiente.

a. ANALISI DEL MACROAMBIENTE (AMBIENTE GENERALE) è un insieme di forze, tendenze di carattere generale che condizionano tutte le imprese del sistema competitivo. A volte queste tendenze possono riversarsi su imprese di settori diversi (immaginiamo gli effetti dell’aumento del prezzo del petrolio). Osservare le forze del macroambiente per realizzare possibili scenari futuri. Una volta individuate le variabili più rilevanti bisogna comprendere come esse impattano sulle decisioni. Le variabili possono essere classificate in 7 sotto-ambienti:

1. ambiente economico: prospettive di sviluppo del sistema economico. Siamo in espansione o in recessione? Quale fase del ciclo economico stiamo attraversando? Com’è l’andamento della produzione? È più elevata la propensione al consumo o al risparmio? com’è il reddito delle famiglie? Come sono i consumi delle famiglie? Che tipo di prodotto prediligono i consumatori in base all’area in cui vivono? Come sono gli investimenti nel settore? Come è ripartito il PIL tra primario, secondario e terziario? I sistemi economici più avanzati tendono alla terziarizzazione, una parte preponderante del PIL è prodotta dal settore dei servizi; andamento dei tassi di cambio: se la moneta si svaluta le esportazioni, aumentano; tassi d’inflazione: come cambiano i prezzi di vendita e delle materie prime? Costo del denaro: quanto costa indebitarsi?

2. Ambiente demografico: struttura e caratteristiche della popolazione, trend demografici � questi elementi possono incidere sull’impresa o sulle imprese del settore competitivo Flussi migratori in entrata, invecchiamento della popolazione. Le aziende hanno capito che gli anziani sono un importante segmento di mercato su cui puntare, sono un bacino di consumatori ampio e a reddito fisso.

3. Ambiente politico- istituzionale: insieme di normative che influenzano il comportamento delle imprese. Normative fiscali e disciplina del mondo del lavoro, regole a tutela del consumatore � riguardano trasversalmente tutti i settori Settori regolamentati: per alcuni settori servono autorizzazioni specifiche, ci sono regole specifiche Cooperazione internazionale per gli scambi commerciali Infrastrutture disponibili: la disponibilità d’infrastrutture influenza la competitività delle imprese

4. Variabili di natura socio-culturale: stili di vita, modelli comportamentali, principi condivisi, trend e implicazioni che essi hanno sull’impresa. Esempio: tendenza all’individualismo, standardizzazione dei modelli di consumo, influenze globali su gusti, cultura, conoscenze, tendenze, valorizzazione del tempo libero

5. Variabili dell’ambiente tecnologico di base: fenomeni di carattere generale che riguardano l’evoluzione tecnologica. Scoperta di nuovi materiali che consentono di oltrepassare limiti tecnici, biotecnologie, informatica

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6. Risorse dell’ambiente naturale: esistenza di risorse utili in natura, una carenza comporta manacce, l’abbondanza rappresenta al contrario un’opportunità. La disponibilità è influenzata dall’ambiente politico-istituzionale e dalla più o meno ampia tutela ambientale.

7. Ambiente strutturale e nazionale � sistema paese: ogni sistema paese presenta le 6 variabili sopra elencate in modo differenziato, che interagiscono tra loro. Valutare queste variabili è importante per cogliere opportunità ed evitare minacce. La focalizzazione dell’analisi al sistema paese è utile per scelte di localizzazione e internazionalizzazione.

L’analisi dell’ambiente generale non è agevole a causa della sua complessità. Esso, infatti, è caratterizzato da varietà (molti elementi eterogenei) e variabilità (variano molto nel tempo, anche nel breve termine) degli elementi che lo compongono. Inoltre presenta situazioni particolari che appaiono irripetibili, non riconducibili a schemi predefiniti, non risolvibili facendo ricorso all’esperienza. Inoltre nell’ultimo ventennio sono emerse ulteriori variabili che aumentano la complessità dell’analisi:

� Il progresso scientifico e tecnologico è sempre più rapido: l’ambiente muta più velocemente, il ciclo di vita dei prodotti si accorcia; ci sono molte minacce di obsolescenza precoce ma anche molte opportunità per le imprese capaci di cavalcare l’onda del profitto.

� Varietà, variabilità e autospecificazione della domanda: varietà: differenze marcate tra i vari tipi di domanda, la domanda si è sofisticata (settore dell’auto) Variabilità: la domanda è soggetta a repentini cambiamenti nel tempo

� Dematerializzazione dell’economia: progressiva importanza del fattore conoscenza, degli aspetti immateriali per la competitività dell’impresa. Questo elemento è collegato al processo di terziarizzazione. È causa di complessità perchè sposta gli assi della concorrenza, cambiano le fonti del vantaggio competitivo. Gli aspetti immateriali assumono una crescente importanza nella società e nel processo produttivo. Molto spesso i consumatori compiono scelte di consumo basandosi su elementi immateriali come il marchio, i servizi post vendita.

� Globalizzazione: è l’evoluzione dell’ambente esterno di natura socio-economica tale per cui ogni fenomeno assume portata globale; nel momento in cui un fenomeno si manifesta in un paese si ripercuote su tutti gli altri paesi

� Reti globali telematiche: internet rende più complessa l’analisi perchè l’informazione viaggia a una velocità incontrollabile. Le opinioni su prodotti e imprese si diffondono molto rapidamente (tripadvisor, blogger)

b. ANALISI DEL MICROAMBIENTE (AMBIENTE COMPETITIVO) viene definito dall’insieme delle forze che determinano l’intensità della concorrenza e influenzano le prospettive di redditività dell’area strategica d’affari in cui l’impresa opera. Un esempio possono essere le decisioni strategiche di altre imprese che attraverso un meccanismo di azione-reazione influenzano le prospettive di redditività dell’ASA in cui l’impresa opera. È composto da un insieme di forze che operano nello stesso ambiente in cui l’impresa opera. L’ambiente competitivo influenza l’impresa nella strategie e nei risultati conseguibili. L'ambiente competitivo è a sua volta influenzato dal comportamento delle imprese definito mediante strategie appropriate. I soggetti da analizzare sono coloro che tramite il loro operato possono condizionare la profittabilità aziendale. Sotto il profilo metodologico ed operativo, un problema centrale è l’individuazione delle variabili che costituiscono le SPECIFICITÀ’ DELL’AMBIENTE COMPETITIVO per la singola impresa. Fasi di analisi dell’ambiente esterno: esso avviene in più fasi � Definizione del campo d’indagine: ci sono diversi criteri per individuare i soggetti da includere

nell’analisi o Settore: utilizziamo il concetto di settore come discriminante per individuare le imprese che

svolgono la stessa attività. Il settore è costituito da un insieme d’imprese che riforniscono lo stesso mercato. Esistono due criteri per identificare il settore:

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� Criterio dell’omogeneità rispetto all’offerta: le imprese appartengono allo stesso settore se possiedono le stesse caratteristiche dal punto di vista tecnologico/produttivo. I parametri ISTAT si basano su questo criterio.

� Criterio della sostituibilità rispetto alla domanda: le imprese appartengono allo stesso settore se i prodotti sono diversi ma sostituibili dal lato del consumatore. Per capire se due imprese appartengono al medesimo settore secondo questo parametro, si considera l’elasticità incrociata (una variazione % del prezzo del prodotto A causa una variazione di % di quantità acquistate del prodotto B: se aumenta il prezzo di A lo sostituisco con B). Ma quanto deve essere elevato il rapporto di sostituibilità per considerare l’impresa concorrente? Entrambi questi criteri portano all’individuazione di un gruppo sterminato d’imprese che si rivolgono a clienti diversi. Sono criteri molto generici, che portano a includere nell’analisi imprese che in realtà non sono concorrenti. Ad esempio fiat e Maserati producono entrambe automobili ma non sono concorrenti, percorrono diversi vantaggi competitivi.

o Area strategica d’affari (ASA): si individuano le imprese concorrenti come quelle imprese

che si rivolgono allo stesso target di clienti, soddisfano lo stesso bisogno con tecnologie analoghe. Si definisce l’ambiente competitivo in base alle scelte strategiche di target e tecnologia per soddisfare lo stesso bisogno. L’ASA è definita dalla mission, dalla scelta corporate “cosa vado a fare?”. I confini dell’ASA sono i clienti, i bisogni da loro espressi e le tecnologie utilizzate per soddisfarli.

L’ASA è un incrocio a tre dimensioni. Considerando un settore più ampio, dall’incrocio di queste tre dimensioni individuiamo l’area strategica d’affari. Imprese operanti nello stesso settore possono collocarsi in diverse ASA. Esse non sono indipendenti l’una dall’altra: possono verificarsi processi di sostituibilità. Analizzando le ASA possiamo trovarci davanti a settori frammentati in molteplici aree di affari.

Bisogni: funzione d’uso che il bene è chiamato a soddisfare

Tecnologia: modalità attraverso le quali l’impresa può soddisfare il bisogno

Clienti: tipologie omogenee di clienti raggruppati con diversi clienti. Deriva dall’analisi macroeconomica di profili demografici socio-culturali

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Una volta definita l’ASA, ovvero il campo di attività, dobbiamo analizzare le forze che determinano la concorrenza in quel settore. Tale intensità è molto rilevante in quanto è funzionale sia alle scelte corporate (livello di attrattività dell’ASA, dell’area in cui vorrebbe operare l’impresa: incide sulla scelta del dove operare; per comprendere l’attrattività del business occorre comprendere il livello di concorrenza e se è opportuno entrare in quel business, se le forze garantiscono soddisfacenti livelli di redditività), sia alle scelte business (studiando il tipo di forze possiamo capire come operare al meglio nel business, comprendendo opportunità e minacce che possono divenire driver del vantaggio competitivo)

IL MODELLO DI CONCORRENZA ALLARGATA DI PORTER

L’analisi dell’ambiente competitivo può essere condotta sulla base del modello di concorrenza allargata di Porter, che propone una pluralità di soggetti che esercitano specifiche forze competitive nell’ASA di riferimento, incidendo sull’intensità della concorrenza e sulle prospettive di profittabilità. la concorrenza agisce entro alcuni ambiti, su alcune “forze”, illustrati nel modello di concorrenza allargata di Porter :

l’analisi della situazione concorrenziale dell’ASA, effettuata attraverso lo schema della concorrenza allargata, è utile per definire l’attrattività dell’ASA , al fine di prevederne la redditività e fare emergere, sulla base delle caratteristiche dell’ASA, le modalità attraverso cui le imprese possono conseguire il successo (i fattori critici di successo). Analizzeremo una a una le forze che intervengono in questo modello per comprendere le azioni, le reazioni e i loro effetti sulla profittabilità.

� i concorrenti effettivi � concorrenza diretta: producono prodotti analoghi con categorie simili. A parità di condizioni, se vi è un’elevata concorrenza le prospettive di redditività sono meno elevate

intensa concorrenza � minore profittabilità per o guerre di prezzo o aumento di prezzo per essere più competitivi

nella soddisfazione dei clienti: abbatte la profittabilità media settoriale

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tornando alla microeconomia, ricordiamo, infatti, che in concorrenza perfetta, caratterizzata da un numero elevatissimo di operatori, prodotto omogeneo, nessuna barriera in entrata in cui non c’è extraprofitto. Da questo modello teorico possiamo quindi comprendere come incidono gli elementi analizzati in seguito.

� Fattore di concentrazione: è il rapporto tra fatturato dell’impresa e fatturato del business (o somma del fatturato delle imprese leader), esplicativo di quote di mercato in un business (dato il fatturato di un business, la quota di mercato è l’incidenza del fatturato dell’impresa sul fatturato del business). I business caratterizzati da forte concentrazione presentano il fatturato concentrato per la maggior parte tra grandi imprese. Non è rilevante il numero di operatori del settore, ma il fatturato prodotto da esse. Un business frammentato è più instabile e soggetto alla price competition (guerra di prezzi) che erode la profittabilità. A parità di condizioni è più attrattivo un business ad alta concentrazione perchè più stabile.

� Fattore di differenziazione: fare in modo che il prodotto assuma connotati di unicità, si contraddistingua dai competitors: se riescono in questo intento, le imprese ottengono un premium price. In alcuni business la differenziazione diventa la sua principale fonte di vantaggio competitivo. Un business in cui la competizione si basa sulla differenziazione, è più attrattivo perchè la differenziazione è meno replicabile, c’è più fedeltà da parte del cliente e la sostituzione con prodotti di imprese concorrenti è minore; inoltre non ci sono guerre di prezzo, la competizione è basata su caratteristiche di unicità.

� Barriere all’uscita: le barriere all’uscita sono costi economici e sociali e difficoltà che l’impresa sostiene per uscire dal business. Nel momento in cui un’impresa avvia un’attività, effettua investimenti, assume personale: i capitali non sono facilmente smobilizzabili, ci sono resistenze psicologiche - sociali per la perdita di posti di lavoro. Inoltre l’imprenditore/manager ha resistenze psicologiche ad abbandonare il business. Problema: se c’è capacità produttiva in eccesso, le barriere all’uscita possono causare difficoltà nel dismettere tale capacità in eccesso. La capacità produttiva in eccesso e le forti barriere all’uscita portano a una guerra di prezzo che erode la profittabilità (piuttosto che dismettere, vendo sottocosto).

Il business è attrattivo se le barriere all’uscita sono basse, � Condizioni di costo: un business può avere elevati costi fissi o variabili; se un business

ha elevate quote di costi fissi a fronte di un calo della domanda è un problema pesante. Le imprese con una rilevante quota di costi fissi, in caso di cali della domanda abbasseranno il prezzo pur di vendere e coprire almeno i costi variabili, dato che i costi fissi sarebbero stati sostenuti comunque anche non producendo. Questa politica viene applicata soprattutto nel settore dei servizi. Se i costi fissi incidono molto il business sarà molto instabile. Elevati costi fissi riducono l’attrattività del business

� Diversità tra i concorrenti: gli avversari nell’ASA possono essere simili o profondamente diversi. È più pericoloso competere con imprese diverse. È più attrattivo un business con imprese simili. Affrontare competitors radicalmente diversi è più difficile

� i concorrenti potenziali o nuovi entranti � concorrenza potenziale: bisogna comprendere se l’ASA è contendibile (non esistono barriere all’ingresso) oppure no (elevate barriere all’ingresso). Essere presenti in un business contendibile non è positivo per l’impresa perchè i potenziali nuovi entranti potrebbero divenire concorrenti effettivi e abbassare la profittabilità del business (livellarla verso il basso). All’impresa conviene un business non contendibile, dove il pericolo di nuovi ingressi è molto basso: l’incremento di nuovi competitors porta a una diminuzione della concentrazione del business. Inoltre le imprese già presenti possono attuare comportamenti dissuasivi tenendo bassi i prezzi o investendo in pubblicità: entrambe queste azioni erodono la profittabilità. I nuovi ingressi fanno pressioni sulla profittabilità, perchè col loro ingresso cambiano scenari e se le imprese si sentono minacciate, mettono in atto strumenti di difesa.

Un business quindi è più attrattivo, perchè c’è meno concorrenza e quindi più profittabilità se - C’è alta concentrazione - alta differenziazione punta sulla differenziazione piuttosto che sul vantaggio di costo - poche barriere all’uscita - pochi costi fissi, prevalgono i costi variabili - i concorrenti dell’ASA sono tutti simili

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Ma i nuovi ingressi sono così minacciosi? Dobbiamo valutare le barriere all’entrata: maggiori costi che i potenziali nuovi entranti devono sostenere; sono costi maggiori che le nuove imprese devono sostenere rispetto alle imprese già operanti nel settore, differenziali di costo patiti dalle imprese per investimenti addizionali e funzionali all’ingresso. Sono fonti di barriere all’entrata:

1) barriere istituzionali: sono legate a leggi, regolamenti, autorizzazioni che rendono costo l’ingresso dell’impresa nel business, brevetti, fattori abilitanti.

2) Barriere di natura strategica: sono azioni dissuasive che rendono difficile l’ingresso, sono reazioni da parte delle imprese esistenti che innalzano un muro di difesa.

3) Barriere di natura strutturali: discendono da caratteristiche del business. Sono più numerose

� Vantaggi assoluti di costo: sono le riduzioni di costo medio unitario che le imprese già esistenti nel business possono avere rispetto a chi entra ora; non sono legati alla scala produttiva. esempi: Contratti di fornitura a lungo termine, ubicazione migliore, economie di esperienza. Più sono elevati i vantaggi di costo più sono elevate le barriere all’ingresso.

� Fabbisogno di capitale: l’impresa deve reperire il capitale di rischio necessario per avviare l’attività. Si può reperire tramite capitale proprio o ricorrendo a capitale di terzi. Gli operatori storici non hanno questo problema. Inoltre la banca valuta i nuovi operatori con un livello di rischio più elevato. Più è elevato il capitale necessario più sono elevate le barriere all’ingresso.

� Differenziazione del prodotto: l’alta differenziazione diventa una barriera all’entrata. Sicuramente creare un prodotto differenziato costa di più; inoltre la differenziazione è legata a un concetto di fedeltà: il cliente è poco propenso a spostarsi da un’impresa all’altra. La nuova impresa dovrà investire pesantemente per distruggere la fedeltà dei clienti. Più il prodotto è differenziato, più ci sono barriere all’ingresso.

� Accesso ai canali di distribuzione: un’impresa nuova entrante avrà difficoltà a inserirsi nei canali di distribuzione. Il distributore è avverso a posizionare nuovi prodotti all’interno della sua area commerciale perchè ha a disposizione spazi limitati e il successo non è certo. Spesso le imprese di nuova costituzione sfruttano canali distributivi alternativi. Se la commercializzazione dipende molto dai canali di distribuzione, le barriere all’ingresso saranno più elevate.

� Economie di scala: le economie di scala sono una riduzione del costo medio unitario che deriva dall’adozione di una scala superiore, ovvero passando a un impianto di dimensioni superiori. Ciò è dovuto a una migliore ripartizione dei costi fissi, che sarebbero sostenuti comunque, e al fatto che gli impianti più grandi sono tecnologicamente più avanzati (risparmio energetico, elevata automazione, ecc) e comportano risparmi di costo. I costi fissi crescono meno che proporzionalmente alla dimensione dell’impianto. In alcuni business le economie di scala sono molto importanti, diventano una fonte di vantaggio competitivo. Le economie di scala possono essere applicate sia durante la produzione, sia ad altre funzioni tipo la logistica. Da cosa dipendono? Sicuramente dalla dimensione ottima minima. La DOM è la dimensione che permette di minimizzare i costi medi di produzione, la dimensione più efficiente. Se la DOM è elevata le economie di scala, diventano una forte barriera all’entrata: un’impresa nuova entrante dovrà dotarsi d’impianti di dimensioni elevate (con tutti i problemi di finanziamento del caso). È inoltre molto difficile che l’impresa nuova entrante riesca a saturare subito la capacità produttiva: l’impresa dovrà sostenere elevati costi dovuti, all’inutilizzo dell’impianto. L’impresa può optare per un ingresso con un impianto di una dimensione inferiore alla DOM e scontare la minore efficienza. Le economie di scala risultano una forte barriera all’entrata soprattutto per le imprese di nuova costituzione, perdono efficacia come barriera in caso di elevato aumento della domanda.

Le barriere di natura strutturale dipendono da alcuni elementi -Più sono elevati i vantaggi di costo più sono elevate le barriere all’ingresso. - Più è elevato il capitale necessario più sono elevate le barriere all’ingresso. - Più il prodotto è differenziato, più ci sono barriere all’ingresso. - Se la commercializzazione dipende molto dai canali di distribuzione le barriere all’ingresso saranno più elevate. - Se le economie di scala hanno molto peso

Perdono importanza se l’impresa non è di nuova costituzione e/o se c’è un forte incremento della domanda

Economie di scala

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Se l’impresa non è di nuova costituzione, ma è un’impresa già esistente che intende ampliare il portafoglio strategico nel business in oggetto: essa avrà un marchio conosciuto, rapporti coi canali di distribuzione, meno problemi per il reperimento dei capitali. Ecco perchè occorre valutare come potenziali entranti anche imprese operanti con successo in altri settori. Soltanto le barriere legali/istituzionali sono insormontabili.

� i prodotti sostituitivi � concorrenza indiretta: la presenza di prodotti sostitutivi rappresenta una minaccia per l’ASA. Anche se l’impresa è la più importante, può contare sulla maggioranza delle quote di mercato, può subire flessioni nel suo fatturato qualora prendano piede prodotti sostitutivi. Consideriamo due prodotti come “sostitutivi” quando la loro elasticità incrociata è positiva e elevata: all’aumentare del prezzo di A cresce la domanda di B. La concorrenza indiretta per prodotti sostitutivi è tanto più elevata quanto è elevata anche la propensione alla sostituzione dei clienti. Anche il prezzo influisce: tanto è migliore il rapporto qualità prezzo del prodotto sostitutivo, tanto maggiore sarà la propensione alla sostituzione.

� i clienti � concorrenza verticale a valle: i clienti dell’impresa possono essere consumatori finali o altre imprese; sono definiti come tutti coloro che hanno rapporti commerciali con l’impresa in quanto utilizzatori del prodotto. Quando si parla di potere contrattuale, si fa riferimento a imprese che hanno per clienti, altre imprese. Ciascuna delle imprese cerca di imporre le proprie condizioni per difendere la profittabilità. Le fonti del potere negoziale del cliente sono

o sensibilità al prezzo: i clienti potrebbero avere una sensibilità al prezzo talmente elevata per cui il prezzo fornito dal fornitore diventa un elemento determinante nella decisione. Se il prezzo non risponde alle aspettative dell’acquirente, egli può rimandare l’acquisto perché non ha reale necessità urgente del prodotto. Se l’utente è sensibile al prezzo, contratterà e richiederà sconti (che incidono negativamente sulla profittabilità). La sensibilità al prezzo dipende

� costo del prodotto rispetto al costo totale � più è elevato più è elevata la sensibilità: se il macchinario ad esempio ha un costo molto elevato rispetto al costo totale dell’impianto

� differenziazione del prodotto � più è elevata più diminuisce la sensibilità: se il prodotto è differenziato il prezzo, non è una determinante importante

� concorrenza tra gli acquirenti � più concorrenza, minore sensibilità: se gli acquirenti sono in concorrenza tra loro per l’acquisto del bene, diventano meno sensibili al prezzo

o potere contrattuale: il potere contrattuale consente a una parte, in sede di trattativa di imporre le sue condizioni. È influenzata da

� dimensione e concentrazione degli acquirenti pochi acquirenti � elevato potere contrattuale nei confronti dell’impresa. Se il business dei clienti è più concentrato rispetto al business dell’impresa, a monte i clienti avranno un potere contrattuale più elevato. Pochi clienti compongono il fatturato dell’impresa � minore potere contrattuale dell’impresa nei confronti dei clienti. Più l’impresa è dipendente da pochi clienti, più perderà potere contrattuale

� costi di sostituzione per gli acquirenti: i costi di sostituzione sono i costi monetari e psicologici dello spostarsi da un fornitore all’altro sostenuti dai clienti più sono elevati i costi di sostituzione � più è elevato il potere contrattuale dell’impresa. L’impresa cerca di accrescerli per guadagnare potere contrattuale

Minaccia di nuovi ingressi ���� business meno attraente Elevate barriere rendono il business meno contendibile e quindi più attrattivo

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� informazione degli acquirenti: oggi l’informazione è un’arma importante, chi ha informazioni ha potere. Il cliente informato riesce a confrontare meglio le offerte e aumenta il suo potere contrattuale. Più informazioni ha il cliente � più potere contrattuale del cliente

� Capacità d’integrazione a monte degli acquirenti: INTEGRAZIONE VERTICALE: espansione dell’impresa in business che si collocano a monte o a valle del business originario, considerando la filiera produttiva. (è una scelta corporate). Se i clienti hanno possibilità di integrarsi a monte � hanno più potere contrattuale. L’integrazione a monte dei clienti è una minaccia per l’impresa che si troverà con un cliente in meno e un concorrente in più.

� i fornitori ���� concorrenza verticale a monte: l’impresa deve comprendere il suo potere contrattuale/negoziale, ovvero se e in che misura l’impresa può riuscire a imporre le sue condizioni in trattativa. Se l’impresa ha un ampio potere contrattuale, può ottenere sconti, approvvigionamenti regolari, benefici, tutti elementi che danno solidità e vantaggio all’impresa. Se i fornitori hanno ampio potere contrattuale, dettano loro le competizioni a scapito della profittabilità dell’impresa. Tra fornitori e impresa c’è una concorrenza verticale dato che la profittabilità dipende dal potere contrattuale. Per analizzare il potere contrattuale dei fornitori consideriamo specularmente cosa elencato per i clienti:

o sensibilità al prezzo: più l’impresa è sensibile al prezzo, minore sarà il potere contrattuale dei fornitori.

o potere contrattuale: il potere contrattuale consente a una parte, in sede di trattativa di imporre le sue condizioni. È influenzata da

� dimensione e concentrazione degli acquirenti pochi fornitori� elevato potere contrattuale nei confronti dell’impresa. Se il business dei fornitori è più concentrato rispetto al business dell’impresa a valle, i fornitori avranno un potere contrattuale più elevato. Pochi clienti compongono il fatturato del fornitore � maggiore potere contrattuale dell’impresa nei confronti del fornitore.

� costi di sostituzione per l’impresa: più sono elevati i costi di sostituzione � più è elevato il potere contrattuale del fornitore.

� informazione degli acquirenti: oggi l’informazione è un’arma importante, chi ha informazioni ha potere. Il cliente informato riesce a confrontare meglio le offerte e aumenta il suo potere contrattuale.

� Capacità di integrazione a valle dei fornitori: Se i fornitori hanno possibilità di integrarsi a valle � hanno più potere contrattuale. L’integrazione a valle dei fornitori è una minaccia per l’impresa che si troverà con un fornitore in meno e un concorrente in più.

� Osservare le caratteristiche dei soggetti da analizzare: comprendere le capacità, le attitudini, le caratteristiche dei soggetti considerati entro i confini delimitati. Il vantaggio competitivo esiste per i fattori differenziali coi concorrenti. Occorre comprendere come valorizzare queste differenze, e individuare i fattori critici di successo. Ci si concentra sull’analisi delle tendenze future che più probabilmente interesseranno dette forze; da cosa discendono i fattori critici di successo?

� Da caratteristiche economiche e tecnologiche dei business (segmentazione più o meno accentuata, modello di acquisto, grado di differenziazione)

� Strumenti competitivi utilizzati dai concorrenti (organizzazione di vendita del prodotto, livello quantitativo, vantaggi offerti ai clienti)

I fattori critici di successo si individuano rispondendo a due domande: � Cosa desiderano i clienti? � analisi della domanda

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� Come affrontare la concorrenza � quali fattori determinano la concorrenza? Qual è la sua intensità? Quali sono le forze che la determinano? Come raggiungere una posizione competitiva superiore?

� sono diversi per ogni business, esempi business fattore business fattore business fattore

Prodotto maturo Buon prezzo Prodotto emergente

Prodotto più innovativo

Business emergente basato sulla tecnologia

Differenziazione legata all’innovazione

Beni di lusso Esclusività, unicità, differenziazione

Grande distribuzione

Controllo della filiera, qualità, convenienza

Impresa farmaceutica Efficacia, innovazione, offrire nuove soluzioni

� Analizzare i profili particolari, i raggruppamenti strategici.

Fino a questo momento abbiamo trovato un campo di analisi, osservato la concorrenza e determinato i fattori critici di successo per formulare una strategia. Ora ci focalizzeremo sui concorrenti diretti dato che il vantaggio competitivo risiede nella posizione di vantaggio rispetto ad essi. L’analisi condotta da Porter non ci indica la specificità dei concorrenti diretti: all’interno dell’ASA troviamo concorrenti differenziati da diverse decisioni strategiche intraprese (diverso grado di integrazione verticale, diverse dimensioni, diversa gamma di prodotto, diverse proiezioni internazionali). Per formulare una strategia vincente per il raggiungimento del vantaggio competitivo occorre individuare i potenziali concorrenti chiave e analizzarli. Consideriamo quindi i RAGGRUPPAMENTI STRATEGICI � schema concettuale utilizzato per mappare gruppi omogenei di imprese. Consideriamo due variabili sugli assi cartesiani, corrispondenti ai fattori critici di successo del business (tra loro non correlati questi due fattori, devono essere discriminanti e rappresentare barriere alla mobilità da un raggruppamento all’altro), e procediamo alla mappatura, che ci permetterà di individuare il concorrente più simile, che ha adottato le strategie più vicine a quelle della nostra impresa. Questa analisi inoltre permette di cogliere vuoti di offerta colmabili o fattori di successo non sfruttati da altri. Con questa metodologia individuiamo quindi:

� Imprese più simili alla nostra impresa � Altre imprese che hanno adottato strategie diverse: hanno avuto più successo? � Imprese che potrebbero spostarsi da un raggruppamento all’altro: in questo caso

esse devono fronteggiare barriere alla mobilità ovvero costi per passare da un raggruppamento strategico all’altro. Possono essere costi di ingresso nel nuovo raggruppamento (nuovi macchinari, investimenti) o costi di abbandono del vecchio raggruppamento (anche psicologici).

� Barriere alla mobilità

multinazionale

Impresa nazionale

Fattore rilevante 1: ad esempio ampiezza della gamma

Fattore rilevante 2: ampiezza geografica del mercato

Poco ampia Molto ampia

Impresa locale

Impresa A

Impresa B

c

L’area della bolla è pari alla quota di mercato

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� Vuoti di offerta � Tendenze in atto � Modalità competitive in atto secondo le strategie prescelte, rispetto alle dimensioni

dell’impresa � Grado di vulnerabilità in relazione alle 5 forze

Come analizzare i concorrenti? Approccio per analizzare i concorrenti: acquisizione di informazioni sul concorrente per arrivare a una previsione del loro comportamento. 1. Raccolta e analisi sistematica delle informazioni: aspetti strutturali, produttivi, economici,

finanziari dei concorrenti per individuare punti di forza e di debolezza. o Identificazione strategia attuale

Quali sono le caratteristiche della strategia? Chi sono i suoi clienti strategici? Sono pochi o numerosi? Stanno cambiando? Sono in corso cambiamenti nella struttura e nei criteri di gestione?

o Identificazione degli obiettivi Obiettivi: tendono alla crescita o al mantenimento della posizione? I risultati sono in linea con gli obiettivi? Possono variare? Sta cercando di allargare il numero dei suoi clienti (copertura) o le vendite per cliente (penetrazione)?

o Idee dei concorrenti sul settore Valutazioni sul settore e su sé stesso Ruolo assunto dall’immagine aziendale: si identifica in prodotti particolari? Deriva dai clienti posseduti? Si collega a specifiche capacità funzionali (forte capacità finanziaria, forza della distribuzione, validità del servizio, ecc.)?

o Identificazione delle competenze dei concorrenti: punti di forza e di debolezza

2. Prevedere il comportamento dei concorrenti, prevedere le reazioni future dei concorrenti: ogni azione dell’impresa provoca una reazione nei concorrenti, è importante prevedere tale reazione

Utilizziamo alcuni modelli per analizzare le potenzialità dei concorrenti: ANALISI DI QUOTE DI MERCATO: si analizzano le quote di mercato delle imprese appartenenti al raggruppamento strategico per capire l’importanza relativa dell’impresa rispetto ai concorrenti che hanno adottato strategie simili. Quota di mercato: fatturato impresa/ fatturato business o imprese ritenute rappresentative

si analizzano i bilanci e le relazioni ad essi allegati, i piani strategici resi pubblici. Non sempre queste informazioni sono disponibili: nel caso di piccole imprese inserite nella realtà locale si ricavano le informazioni osservando il concorrente per desumere obiettivi e aspettative.

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ANALISI DEL POSIZIONAMENTO DELLE MARCHE: è una matrice simile a quella dei raggruppamenti strategici, ma focalizzata sulle marche dei concorrenti del raggruppamento strategico per capirne il posizionamento e i punti di forza e di debolezza (delle marche).

CONFRONTO DEGLI ATTRIBUTI DI PRODOTTO: è una matrice. Ogni prodotto è un insieme di attributi, le funzioni assolte dal prodotto sono molteplici. Consideriamo l’importanza dell’attributo e il giudizio degli utilizzatori

Si vogliono osservare le quote di mercato nei 3 business

Dimensioni totali del business

Se elevata business innovativo,se bassa siamo in un business maturo

c/il secondo dato che C è leader

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PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA: questa scheda permette di capire quanto è forte l’impresa rispetto al concorrente considerando parametri oggettivi e soggettivi; permette di individuare i fattori di debolezza (cerchiati)

SCHEDA DI VALUTAZIONE DELLA CAPACITA’ DIFENSIVA E DI RITORSIONE DEI CONCORRENTI: il gioco concorrenziale è dinamico, a ciascuna azione corrisponde una reazione. Analizziamo tali reazioni al variare di variabili del macroambiente e del microambiente

VALUTAZIONE DELLE FORZE COMPETITIVE VALUTAZ. AGGREDIBILITA’ DEL BUSINESS

Noi

Sono pochi rispetto agli anni di attività

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1.ANALISI DELL’AMBIENTE INTERNO

L’analisi dell’ambiente interno è finalizzata a stimare il patrimonio di risorse e competenze aziendali, fattori utili che influenzano la scelta. Si valutano i punti di forza e di debolezza sui concorrenti individuando e valutando risorse e competenze distintive. È un’analisi strettamente collegata all’analisi dell’ambiente esterno. L’analisi strategica si è concentrata prevalentemente sull’ambiente esterno, con particolare riferimento allo studio del contesto settoriale e della posizione competitiva dell’impresa rispetto AI CONCORRENTI. L’analisi dell’ambiente interno all’impresa è invece rimasta per lungo tempo focalizzata sui problemi relativi all’allocazione delle risorse ed alla massimizzazione della performance delle funzioni aziendali in termini di efficienza/efficacia. Le risorse aziendali venivano ad essere valutate solo ed esclusivamente nella fase di attuazione della strategia. Se, tuttavia, si considera la definizione di strategia come mediazione tra opportunità e minacce che si generano nell’ambiente esterno e la capacità di risposta che l’impresa possiede in funzione della dotazione attuale e potenziale di risorse e di competenze distintive appare evidente la crucialità dell’ambiente interno per la formulazione della strategia aziendale. L’analisi dell’ambiente interno diventa una fase fondamentale per la formulazione della strategia. Facendo leva sulla valenza strategica di alcune risorse e competenze si possono costituire le premesse per il successo strategico dell’impresa.

QUANTO PIU’ IL TASSO DI CAMBIAMENTO DELL’AMBIENTE ESTERNO E’ ELEVATO, TANTO PIU’ E’ PROBABILE CHE L’AMBIENTE INTERNO DIVENTI UNA SOLIDA BASE PER LA DEFINZIONE DI UNA

STRATEGIA A LUNGO TERMINE (Grant, 2006). Le risorse e le competenze concorrono alla profittabilità dell’impresa, vale a dire l’attitudine dell’impresa di guadagnare un tasso di profitto superiore al costo del capitale. La profittabilità dell’impresa può dipendere da:

� l’attrattività del business in cui l’impresa è collocata; essa dipende in ultima analisi, da risorse e competenze (Grant, 1991, pag, 118). Alcune risorse e competenze contribuiscono ad innalzare le barriere all’entrata (economie di scala, brevetti, vantaggi connessi all’esperienza, reputazione, capacità tecnologiche);

� il raggiungimento di un vantaggio competitivo sui competitors nel business di riferimento: il tipo di vantaggio competitivo perseguito (leadership di costo di differenziazione) dipende dalla dotazione delle risorse e delle competenze

individuare punti di forza e debolezza analizzando l’ambiente esterno considerando risorse e competenze. � Proprio a questi due elementi sono legate le fonti del vantaggio competitivo

� Una seconda fonte di profittabilità per l’impresa è il raggiungimento di vantaggi concorrenziali rispetto ai concorrenti.

o il vantaggio di costo, per esempio, dipende dal possesso di impianti che raggiungano una dimensione di scala efficiente, da tecnologie di processo più avanzate, dall’accesso privilegiato agli input necessari, dalla localizzazione delle attività e dalla vicinanza dei mercati;

o la differenziazione dipende dal possesso o dal controllo di brevetti, di marchi, di reti di distribuzione, dalla reputazione

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L’analisi delle forze/debolezze dell’impresa deve essere integrata con l’analisi dell’ambiente esterno. I vantaggi competitivi si formano per l’azione congiunta di un duplice processo strategico:

� l’impresa interagisce con l’ambiente esterno al fine di selezionare ASA o posizionamenti nell’ASA caratterizzati da una favorevole struttura delle forze competitive

� l’impresa tenta di migliorare il posizionamento all’interno dell’ASA con l’adozione e lo sviluppo di risorse e competenze interne, difficilmente trasferibili o imitabili

Le risorse dell’impresa Le risorse sono gli asset specifici di un’impresa. Esse sono costituite da tutto ciò che un’impresa utilizza al fine di creare, produrre e/o offrire i suoi prodotti sul mercato, sono elementi fondamentali per l’attività produttiva, fattori essenziali. Le risorse sono diverse dai fattori produttivi (input disponibili in forma disaggregata): sono risorse durature, presenti in impresa. Gli input invece sono disponibili in forma disaggregata e si esauriscono durante il processo produttivo: essi non sono oggetto di valutazione dell’ambiente interno. In base alla natura delle risorse distinguiamo in risorse tecnologiche, umane, finanziarie, fisiche, ecc. Per comprendere meglio le problematiche di valutazione e gestione delle risorse distinguiamo invece tra risorse

a. tangibili: hanno un riscontro quantitativo e immediato nel patrimonio dell’impresa - risorse finanziarie: crediti e capitale proprio - risorse fisiche: impianti, macchinari, immobili

b. intangibili: non hanno un riscontro quantitativo e immediato nel patrimonio dell’impresa - risorse tecnologiche: brevetti, copyright. Difficile quantificarne il valore - risorse di reputazione: marchio, immagine aziendale. Non trovano facile

rappresentazione � risorse umane: a cavallo tra le due categorie; sono quantificabili, classificabili, stimate nel costo. Tuttavia il loro valore prescinde però il costo del lavoro, danno competenze, attitudini, esperienze, difficilmente quantificabili Per l’impresa assumono molta importanza le risorse intangibili, per effetto della dematerializzazione del vantaggio competitivo (essa rende centrale i fattori immateriali). Esse infatti sono:

� accumulabili: tendono a sedimentarsi nell’impresa nel corso della sua attività (impresa come sistema cognitivo)

� il loro valore aumenta con l’utilizzo, a differenza di ciò che è meramente fisico e patisce l’usura (marchio: la sua conoscibilità aumenta con l’utilizzo)

� tendono a deperire se non sono adeguatamente gestite � non sono immediatamente trasferibili da impresa a impresa: la conoscenza insita in un

lavoratore che è perfettamente efficiente in un’organizzazione, non è detto che se cambia l’organizzazione le performance restino inalterate. Inoltre c’è una conoscenza tacita, non codificata, quindi non trasferibile.

Le risorse intangibili non sono facilmente quantificabili, presentano una differenza tra valore contabile (book value) e valore di mercato (market value) � il market to book ratio è il rapporto tra queste due grandezze esprime do quante volte il valore di mercato supera il valore contabile. È molto ampio ad esempio in imprese di progettazione software che basano il loro valore sulle competenze delle risorse umane. una delle principali cause della scarsa competitività delle imprese italiane è la carenza di risorse intangibili di tipo tecnologico. Esempi di risorse intangibili Conoscenza (ris. Umane) Capacità innovativa Accesso alle informazioni Immagine Reputazione Identità percepita

Fedeltà dei clienti Relazioni con gli stakeholders Professionalità e motivazione (ris. Umane) Imprenditorialità diffusa (ris. Umane) Brand

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Le risorse intangibili son definite anche capitale intellettuale 1) Capitale umano: conoscenze possedute dalle persone operanti nell’impresa (risorse umane

intangibili) - Di proprietà delle persone - Tacito e inconsapevole - Può essere diffuso tramite l’organizzazione

2) Capitale organizzativo: attività e procedure che permettono un funzionamento ottimale dell’organizzazione (creazione di database per codificare la conoscenza tacita, riunioni periodiche per condividere conoscenze, stimolare la brevettazione). Riguarda:

- Complesso di interazioni, procedure e strumenti di comunicazione - Beni immateriali come database, database clienti, sistemi informativi - Assets intangibili protetti come brevetti, diritti d’autore,marchi

3) capitale relazionale: rapporti attivati dall’impresa con il contesto esterno - Relazioni attivate con i clienti - Relazioni attivate con i fornitori - Alleanze con altri soggetti (altre imprese, università, centri di ricerca)

Dalle risorse alle competenze Il possesso di risorse in sé può non avere alcun effetto sul vantaggio competitivo e sulle performance dell’impresa che le controlla. Se fosse così, per le imprese sarebbe sufficiente acquisire le risorse che non possiedono per avere un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. È frequente osservare imprese con dotazioni di risorse minori che ottenevano migliori risultati di altre imprese che dispongono di più risorse. Ai fini del vantaggio competitivo è, infatti, importante, oltre alla qualità delle risorse, il modo in cui queste vengono coordinate e integrate. Il valore di ogni singola risorsa dipende dagli effetti di complementarietà e sinergia derivanti dalla combinazione con altre risorse. È importante come le risorse vengono combinate e integrate. È importante acquisire una capacità organizzativa, condizione essenziale per lo sviluppo dell’impresa: La capacità di integrare e coordinare le risorse viene chiamata “capacità organizzativa” e rappresenta una condizione essenziale per lo sviluppo dell’impresa. Esempio: nell’area della produzione si possono trovare capacità relative alla gestione del flusso di materiali. Nella ricerca, possiamo invece trovare la capacità di tradurre i risultati della ricerca di base in prototipi per lo sviluppo di nuovi prodotti.

risorse + capacità organizzative = competenze ���� fonti del vantaggio competitivo Dall’utilizzo congiunto delle risorse emergono le competenze, individuabili nelle conoscenze e capacità operative formatesi nell’impresa come il risultato di un processo di apprendimento interno. Le competenze sono un prodotto interno e caratteristico di una particolare struttura di impresa e, in quanto tali, sono difficilmente trasferibili al di fuori del contesto in cui si sono formate. La difficoltà di trasferimento delle competenze le rende fonti di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile. Le competenze possono essere:

- Tacite, ossia incorporate nelle persone o nelle routines aziendali ed applicate in modo spesso inconsapevole come frutto di un processo di apprendimento (learning by doing)

- Esplicite, espresse in codici, norme e regole di comportamento e quindi acquisibili da chiunque possa avere accesso alla documentazione in cui sono state registrate

Non tutte le competenze sono fonte del vantaggio competitivo: esse non devono essere diffuse, devono assicurare un buon valore per il cliente (Non tutte le competenze sono in grado di assicurare al cliente un maggior valore. Quelle che riescono ad assicurare tale risultato sono quelle su cui occorre puntare per il raggiungimento del successo.) � COMPETENZE DISTINTIVE � punta di eccellenza, devono essere uniche ed esclusive, sono il complesso di conoscenze, esperienze attività, in cui l’impresa eccelle. Si rafforzano quando applicate e condivise all’’interno dell’impresa. Possono rappresentare una forte barriera all’ingresso.

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Le competenze trascendono dalle risorse e perdono significato se portate in un’altra impresa: Il successo di Gillette è da ricondurre alla gestione del brand e al possesso di superiori competenze a livello di processo. Quando la Gilette è stata costretta dall’antitrust a rendere disponibili 22 dei propri brevetti relativi al rasoio Sensor ai concorrenti questi non hanno nemmeno tentato di imitare il prodotto a causa del divario di competenze. Le competenze distintive (Hamel, Prahalad, 1995) devono:

- contribuire in maniera determinante al valore che l’impresa crea per il cliente: creare un prodotto differenziato che vale il premium price o offrire un prodotto a un prezzo più basso per il vantaggio di costo.

- non essere facilmente imitabili dai concorrenti: se imitabili diventano conoscenze diffuse e non sono più fondi del vantaggio competitivo

- rappresentare il fattore competitivo determinante per entrare in nuove aree di business impresa Competenza distintiva NEC integrazione tra tecnologia dell’elaborazione elettronica e delle

telecomunicazioni Philips competenza nel campo dei mezzi ottici Casio

fusione di know‐how nella miniaturizzazione, nella progettazione di

microprocessori, nella scienza dei materiali e nelle fusioni ultrasottili di precisione.

Sony miniaturizzare l’elettronica di consumo Canon integrazione delle tecnologie ottiche, microelettroniche e meccaniche di

precisione che costituiscono la base del successo nel campo delle macchine fotocopiatrici, fotografiche e delle apparecchiature fax

Black & Decker progettare e produrre motori elettrici di piccole dimensioni 3m Competenza in adesivi e pellicole avvolgenti Coca - cola Marketing Nike approvvigionamento Elementi chiave delle competenze distintive:

- sostengono più di un prodotto o attività - hanno un ascendente temporale sui prodotti, nel senso che si esauriscono più lentamente

dei prodotti. La durata temporale deve superare il ciclo di vita del prodotto, il vantaggio non sta nel prodotto ma nelle competenze.

- emergono dall’apprendimento collettivo dell’impresa e si accrescono con l’uso. Le routine fanno nascere competenze mediante l’esperienza. Si sedimentano con l’esperienza, accrescono con l’uso.

- essendo critiche, occorre che le imprese investano per svilupparle, necessitano di interventi per la loro valorizzazione: l’impresa deve individuare le competenze distintive e realizzare gli investimenti per valorizzarle � area in cui dirigere gli investimenti

Le competenze distintive hanno una durata temporale. La durata non è riferita alla competenza in sé, ma alla sua “distintività”, ossia agli aspetti che sono fonte di vantaggio competitivo. Tra i fattori che influenzano la durata, troviamo:

o condizioni intrinseche delle risorse: se sono vecchie e obsolete potrebbero causare la perdita della distintività

o comportamento dell’impresa: diversificare il business può rafforzare la competenza applicata in diversi settori

o evoluzione dei fattori ambientali o comportamento dei concorrenti: le imprese concorrenti cercano di

imitare le fonti del vantaggio competitivo. Se la competenza si diffonde non è più distintiva.

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Dalle competenze al vantaggio competitivo Le competenze distintive possono concorrere alla creazione di un vantaggio competitivo devono essere

o scarse: non diffuse, altrimenti non sarebbero distintive o devono essere rilevanti, significative: la competenza deve essere coerente ai fattori

critici di successo previste nel business di riferimenti o coerenti ai fattori critici di successo del business

Le competenze distintive possono concorrere al mantenimento di un vantaggio competitivo (durabilità e difendibilità del vantaggio competitivo) se sono contraddistinte da

� durabilità: La durata del potere distintivo di una competenza dipende dalle azioni che

un’impresa pone in essere per mantenere o rafforzare tale competenza. Ci sono fattori interni e esterni che incidono

� difficile trasferibilità: Il secondo requisito è la difficile trasferibilità delle competenze: le competenze meno trasferibili sono quelle firm-specific, cioè sviluppate e radicate all’interno dell’azienda perché derivanti dall’internazione tra individui diversi, influenzati, nel loro agire, dai credi e dai valori presenti all’interno dell’organizzazione. Tali competenze, caratterizzate da un’elevata contestualità, sono quindi proprie degli individui, e quanto più derivano dalla collaborazione tra individui diversi, tanto più difficilmente potranno essere trasferite all’esterno, anche qualora siano gli stessi individui a trasferirsi in altre imprese.

� non riproducibilità (inimitabilità del vantaggio competitivo): La non imitabilità deriva in primo luogo dall’ambiguità causale, cioè dalla difficoltà di una precisa individuazione dei fattori su cui si basano le competenze distintive. Non tutte le conoscenze aziendali sono infatti scritte, codificabili, imitabili. L’ambiguità causale ha due determinanti:

o la complessità delle strutture, delle routine aziendali e degli elementi distintivi che, combinandosi, produce il vantaggio competitivo;

o la conoscenza tacita, non codificata, alla base del vantaggio competitivo. Lo sfruttamento delle competenze: l’appropriabilità � Occorre a questo proposito sottolineare il problema dell’effettiva appropriabilità da parte delle imprese (capacità dell’impresa di mantenere il controllo sulle competenze distintive di cui dispone) L’appropriabilità è funzione sia della facilità di riproduzione delle conoscenze dell’impresa, sia dell’efficacia dei diritti di proprietà intellettuale posti a protezione dei rischi di imitazione. Le competenze sono così radicate ad esempio nelle persone che diventa difficile per l’impresa appropriarsene. Essa deve sapere appropriarsene in modo in modo da non perderle in caso di perdita della risorsa che le apporta. L’impresa deve incardinare nella struttura tali competenze, appropriarsene, deve essere capace di mantenere il controllo sulle competenze distintive. L’appropriabilità è una funzione che dipende sia dalla facilità di riproduzione delle conoscenze dell’impresa, sia dall’efficacia dei diritti di proprietà posti a protezione dei rischi di imitazione.

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ANALISI DELLE RISORSE E DELLE COMPETENZE L’analisi dell’ambiente interno non deve risolversi in un auditing delle risorse e delle competenze presenti nell’impresa. Può essere utile effettuare:

� l’analisi storica (diacronica), confronto nel tempo di parametri e indici chiave dell’impresa: l’impresa confronta il suo stato di salute al tempo x col suo stato al tempo x+1

� la comparazione con indici medi dell’ASA o, ancor meglio, del raggruppamento strategico cui l’impresa appartiene: deriva dal confronto

� l’analisi di benchmarking, confronto con la best practice dell’ASA: il confronto si fa coi parametri eccellenti, anche di imprese appartenenti ad altre ASA

Lo strumento per individuare e analizzare le risorse e le competenze è La catena del valore,

uno strumento di analisi che consente, tramite una scomposizione del sistema‐azienda nelle sue

unità elementari che lo compongono, di individuare: � i punti di forza, vale a dire la base per il conseguimento di unvantaggio competitivo

sostenibile � i punti di debolezza, cioè le aree che, essendo contraddistinte da livelli insoddisfacenti di

efficienza/efficacia, spiegano una posizione competitiva debole o che potrebbero determinarla in futuro.

Valenza strategica � l’impresa può individuare punti di forza e di debolezza e valutare le risorse

Punti di forza: alla base di un vantaggio competitivo sostenibile Punti di debolezza: aree con livelli di efficienza/efficacia insoddisfacenti

Processo di analisi interna attraverso la catena del valore:

1) costruzione della catena del valore dell’impresa oggetto d’esame 2) articolazione di ogni attività in attività elementari e in operazioni elementari 3) confronto tra la catena del valore dell’impresa e quelle dei concorrenti 4) evidenza delle attività e dei processi che più incidono sulla posizione competitiva rispetto ai

concorrenti

Logistica in entrata: riceve gli output e li inoltra alla produzione dopo averli immagazzinati e predisposti

produzione: combina gli input per ottenere il prodotto finito

Logistica in uscita: render il prodotto disponibile al cliente

vendita: il prodotto assume valore quando va sul mercato. Il marketing stabilisce i criteri di distribuzione

Servizi post vendita: l’impresa può fornire servizi post vendita

infrastrutture: attività di monitoraggio dell’impresa, finanza, ecc

Risorse umane: gestione delle risorse umane

Ricerca e sviluppo (R&D) : sviluppo di nuovi prodotti

approvvigionamenti: gestioni acquisti

Attività di supporto: non hanno immediato riscontro nell’attività di produzione ma sono importanti, sono di supporto nella creazione del valore

Attività primarie: costituiscono il processo di produzione del prodotto

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5) individuazione delle competenze distintive nell’ambito delle analisi strategiche si fa la SWOP analysis (strengt, weakness, opportunities, threats) che mette in unico quadro punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce delineando le opzioni strategiche possibili. La sintesi dell’analisi strategica Sulla base dei risultati dell’analisi dell’ambiente interno e dell’analisi dell’ambiente esterno, l’impresa può giungere alla formulazione di una strategia che faccia leva sulle sue forze e ponga rimedio alle sue debolezze, in modo da sfruttare le opportunità offerte dai processi evolutivi dell’ambiente esterno e tutelare l’impresa dalle minacce che questa evoluzione propone. La strategia competitiva è volta ad utilizzare nel modo migliore le risorse e le competenze distintive disponibili al fine di ottenere una posizione di vantaggio. La sostenibilità del vantaggio competitivo è, infatti, legata alla durabilità delle competenze distintive di un’impresa e alla capacità di far evolvere tali competenze chiave in modo coerente con il modificarsi delle caratteristiche dell’ambiente esterno.

La catena del valore È un modo di rappresentare l’impresa per funzioni. Funzione = unità organizzativa che raccoglie operazioni simili, omogenee. Come è fatta l’impresa? L’IMPRESA E’ COMPOSTA DA DIVERSE FUNZIONI O AREE FUNZIONALI, VALE A DIRE DA GRUPPI DI OPERAZIONI OMOGENEE ALLA FUNZIONE IN SENSO “TECNICO” CORRISPONDE SPESSO UN ORGANO DELL’IMPRESA (DIREZIONE, UFFICIO, DIPARTIMENTO, ECC.) Una diffusa tassonomia individua le seguenti 3 classi di funzioni:

� Caratteristiche (produzione, mktg, R&S). � Integrative (finanza, amministrazione e controllo): ausiliarie al buon funzionamento

dell’impresa � Organizzative (organizzazione e personale): si occupano di ripartire responsabilità e risorse

nel sistema impresa. Le funzioni si concretizzano in una struttura e diventano tasselli del sistema impresa. Le attività, nella catena del valore, non sono tra loro indipendenti ma concorrono tutte insieme a generare valore per i clienti e vantaggio competitivo per l’impresa. L’obiettivo finale di tali attività è, oltre ai suddetti, la creazione di un “margine” per l’impresa. I collegamenti interfunzionali sono fondamentali per la creazione di valore per il consumatore.

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La catena del valore. A che cosa serve?

� Valenza descrittiva: Rappresentazione impresa, illustrare il funzionamento dell’impresa � Valenza analitica: Fonti vantaggio competitivo, Punti di forza e di debolezza, Supporto alla

definizione delle strategie È detta “catena” perchè tutte le attività si collocano e si realizzano per creare valore. Per mettere in campo le funzioni si sostengono costi funzionali alla creazione del valore. La catena del valore mette in fila le attività necessarie per creare valore. OGNI ATTIVITA’ DELLA CATENA:

� SI SERVE DI INPUT ACQUISTATI, DI RISORSE UMANE E DI TECNOLOGIA: sistema aperto � USA E CREA INFORMAZIONI: sistema cognitivo, ogni attività utilizza le informazioni ricavate

da altre attività o dall’esterno e produce a sua volta informazioni. � CREA ATTIVO E PASSIVO PATRIMONIALE: ogni attività ha un riflesso in bilancio, sia dal punto

di vista patrimoniale, sia dal punto di vista di costi e ricavi � E’ VALUTATA IN TERMINI DI “COSTI E RICAVI DIRETTI”

costi diretti = costi da utilizzo dell’attività ricavi diretti = non connessi alla produzione aziendale, magari si da in affitto un camion del parco mezzi quando non utilizzato. Le attività vanno quindi considerate nel loro costo al netto dei ricavi diretti

Descrizione delle attività della catena del valore e costi connessi: Attività primarie: flusso materiale di trasformazione produttiva

� Logistica in entrata: insieme di attività connesse al ricevimento, magazzinaggio e movimentazione interna degli input;

o Costi gestione depositi: fitti passivi/ammortamenti, spese di manutenzione e riparazione (al netto dei ricavi per fitto dei locali a terzi)

o costi gestione materiali: gestione scorte, gestione ordini, layout di magazzino, programmazione uscite dal magazzino

o Costi di distribuzione: trasporto, ammortamento/fitti passivi automezzi, spese di riparazione e di manutenzione (al netto dei ricavi per trasporti c/terzi)

o costo del personale � Produzione: attività di trasformazione degli input in prodotti finali, assemblaggio,

manutenzione, collaudo, gestione degli impianti; o costi variabili di produzione (compreso i costi di acquisto dei semilavorati ) o costi di collaudo e di controllo qualità (personale, materiali, procedure informatiche,

servizi acquisiti da terzi)

Valore creato (prezzo) – costi sostenuti nelle attività

=margine

Obiettivo dell’impresa è massimizzare questa forbice

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o costi di gestione e manutenzione impianti (compreso i costi di acquisto di licenze, brevetti,...)

o � Logistica in uscita: distribuzione fisica, cioè gestione magazzini prodotti finiti, controllo delle

scorte, evasione ordini o I costi sono analoghi a quelli elencati per la logistica in entrata

� Marketing e vendite: attività di gestione del prodotto e delle politiche di prezzo, scelta dei canali distributivi, politiche di vendita e gestione delle forze di vendita; 1

o I costi comprendono i costi relativi alla gestione delle forme distributive � Servizi: installazione, riparazione, ricambi, assistenza tecnica

o Costi per Installazioni e riparazioni o costo del personale o costi gestione scorte dei pezzi di ricambio

� vanno considerati al netto dei ricavi conseguibili dall’assistenza postvendita e dalle riparazioni effettuate

Attività di supporto: attività di management finalizzata allo sviluppo di attività più complesse

� Approvvigionamento: acquisizione degli input destinati alle attività primarie, di servizi di consulenza, brevetti, tecnologie; riguarda i rapporti coi fornitori, a differenza della logistica in entrata che riguarda invece i flussi fisici in entrata.

o Costi per ricerche di mercato o spese relative ai contatti con fornitori (di beni, servizi e tecnologie) o costo del personale

� Ricerca e sviluppo: componenti tecnologiche inserite nelle attività generatrici di valore; o Costi per materiali, attrezzature e impianti dei laboratori o spese per consulenze esterne di r&s o costo del personale addetto alla r&s

� al netto dei ricavi per vendita a terzi di know how sviluppato all’interno � Risorse umane: insieme delle attività inerenti il reclutamento, la selezione, l’addestramento,

la formazione, la retribuzione, la pianificazione delle carriere e lo sviluppo delle risorse umane; i costi di questa attività sono i costi per i dipendenti impiegati nell’ufficio risorse umane, non per gli impiegati di tutta l’azienda (i costi per gli operai addetti alla produzione rientrano tra i costi della funzione produzione.)

o Costi per selezione, assunzione e addestramento del personale o costi delle ricerche sullo sviluppo delle carriere e sulla mobilità

� Infrastrutture: direzione generale, pianificazione, finanza, ufficio legale, contabilità, gestione della qualità. Sono l’ossatura dell’impresa

o Costi per la gestione degli uffici amministrativi finanziari legali della pianificazione della direzione generale

1 il marketing: il marketing è inserito tra le attività primarie perchè interagisce col prodotto, creando valore. Le scelte della politica di prezzo, di produzione, di distribuzione, di promozione sono effettuate dal marketing operativo e interagiscono sul prodotto. Le attività di marketing di natura strategica invece rientrano tra le attività di supporto perchè a supporto della strategia. Ogni impresa ha la propria catena del valore: le differenze sono dovute

� Al settore: ogni settore ha le sue peculiarità � Strategia perseguita (leadership di costo o differenziazione), scelte di esternalizzazione.

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Caso concreto: impresa TIN spa Azienda familiare, ubicata in Campania, che opera nel settore degli imballaggi, in particolare nella produzione di imballaggi in banda stagnata, grezzi o litografati. Accanto a tale produzione, viene realizzata anche la produzione di chiusure. Tappi e, soprattutto, coperchi ad apertura facilitata (easy open). L’impresa nasce nel 1956 con l’intento di servire l’industria locale di trasformazione del pomodoro. È attrattivo il business? NO Barriere all’entrata � poche, acquisto macchinario, poche economie di scala Rapporti di concorrenza � business frammentato date le poche barriere all’entrata e la non eccessiva rilevanza delle economie di scala. Prodotti sostitutivi � ne esistono moltissimi Clienti � elevato potere contrattuale, sono pochi e possono scegliere tra una miriade di imprese Fornitori � hanno elevato potere contrattuale All’inizio degli anni ‘90 decide di sviluppare la propria attività e si trova davanti a molte alternative: entrare in nuovi mercati con gli stessi prodotti, diversificare la produzione, ampliare la gamma offerta, differenziare il prodotto, ecc.). Dopo lunghi studi, la Tin S.p.A. decise di attuare una strategia basata sul vantaggio competitivo di costo (il prodotto appare poco differenziabile). Si cercano i driver di costo per capire come agire e ridurre i costi totali

La parte più rilevante del costo è rappresentata dalla produzione, con un’incidenza per la Tin di circa l’84% sul fatturato, contro un valore dell’80% per il miglior concorrente. La Tin S.p.A. decise così di intraprendere una serie di programmi per migliorare la propria posizione competitiva:

� ricerca di fonti di approvvigionamento competitive; � diminuzione dello spessore dei barattoli;

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� automazione del ciclo produttivo; � miglioramento della produttività.

Tali programmi hanno consentito di migliorare la posizione competitiva della Tin S.p.A., riducendo il costo delle attività produttive a valori prossimi del miglior concorrente, ottenendo così un margine più elevato (circa il 7% del fatturato).

IL SISTEMA DEL VALORE La catena del valore dell’impresa si inserisce in una sequenza comprendente le catene dei fornitori, degli operatori coinvolti nelle attività distributive, dei clienti finali. I collegamenti verticali risultano essere importanti ai fini della costruzione del valore per il cliente finale: in ottica di catena del valore osservo semplicemente l’impresa e le sue attività; tuttavia l’impresa può conseguire vantaggi scegliendo i fornitori in chiave collaborativa (la R&D collabora con la funzione produzione dei fornitori) oppure conseguire un vantaggio di differenziazione instaurando rapporto di collaborazione col distributore, curando corner espositivi in negozi multimarca. Anche le imprese della stessa ASA possono cooperare con join venture. Quindi è opportuno , per comprendere le origini del vantaggio competitivo, le relazioni che le imprese hanno con soggetti a valle , a monte e con i competitors.

ANALISI DI FUNZIONI DELLA CATENA DEL VALORE

Finanza aziendale (Satta)

L’attività di finanza è un’attività infrastrutturale (di supporto), volta al reperimento delle risorse finanziarie necessarie a coprire gli investimenti che assolve inoltre una duplice valenza strategica:

- Collegamento tra impresa e mercati dei capitali. - Supporto alle decisioni aziendali. - Funzione responsabile dell’assolvimento di una pluralità di compiti, i cui confini sono mutati

sensibilmente nel tempo. Definizione di finanza: “La funzione finanziaria rappresenta il luogo delle competente e delle conoscenze strumentali alla

gestione dei rapporti che si instaurano tra l’impresa e il mercato dei capitali.” La definizione si basa sul concetto di competenza e tiene presente il dinamismo dei contenuti; facilita l’individuazione della funzione finanza nell’impresa moderna.

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EVOLUZIONE DEI CONFINI DELLA FUNZIONE “FINANZA” Finanza subordinata (accezione tradizionale): reperimento delle risorse finanziarie sul mercato dei capitali per il soddisfacimento dei fabbisogni finanziari (di natura straordinaria o operativa) . Si occupava della ricerca di mezzi finanziari sufficienti al minimo costo, scegliendo il mix migliore per ridurre il costo del capitale di debito. La funzione aveva un ridotto ambito di autonomia e si occupava solo del lato passivo. Finanza allargata: oltre al reperimento, attenzione rivolta anche all’efficace impiego delle risorse finanziarie. Le competenze si ampliano: la funzione ora si occupa della gestione delle fonti, della tesoreria e degli investimenti di natura finanziaria; è necessario coordinamento con le altre funzioni aziendali. Finanza strategica: cresce l’importanza della funzione, che diviene supporto alle decisioni aziendali, emerge una stretta relazione strategia – finanza. Si applica il modello del valore: ogni decisione strategica viene presa in considerazione del valore che crea per gli azionisti. Nuova finanza: l’oggetto delle decisioni di competenza della funzione “Finanza” resta inalterato, ma emergono nuovi modelli e strumenti a supporto delle decisioni stesse, metodologie matematiche e statistiche. Spesso assume una valenza negativa, le imprese iniziano a occuparsi troppo di finanza e poco del core business. COMPITI DELLA FUNZIONE FINANZA (le analizzeremo una a una)

a) Supporto alle decisioni dell’impresa. b) Decisioni relative alla struttura finanziaria e al reperimento delle fonti di finanziamento. c) Programmazione e controllo dei flussi finanziari. d) Gestione della tesoreria (e gestione speculativa dei flussi finanziari). e) Gestione dei rischi (risk management).

a) Supporto alle decisioni dell’impresa. Definiamo cos’è un investimento. Da un punto di vista finanziario, un investimento può essere inteso come un impiego di mezzi finanziari allo scopo di ottenere una serie di risultati futuri, distribuiti su un periodo temporale più o meno esteso. Un investimento è quindi una decisione caratterizza da alcune peculiarità:

• opzione strategica che consiste nell’acquisizione di immobilizzazioni tecniche. • acquisizione di immobilizzazioni tecniche (materiali o immateriali); • rischio e aleatorietà: uscita certa, ritorni futuri incerti nel loro importo e manifestazioni • ciclo finanziario:gap temporale tra uscite ed entrate, periodo che intercorre

l’investimento è frutto di una decisione strategica valutata col metodo del CAPITAL BUDGETING, ovvero valutando in via preventiva le decisioni ripercorrendo le fasi sotto elencate:

1) Produzione di proposte di investimento (connesse alle opzioni strategiche). Possono pervenire dal management (top-down) o da numerosi soggetti a capo di divisioni corrispondenti alle funzioni (bottom-down) a seconda della struttura.

2) Definizione dell’orizzonte temporale di analisi vita economica: periodo in cui l’investimento è in grado di generare flussi. Si considera il numero di anni più breve tra quando il bene raggiunge la senescenza (vecchio) o l’obsolescenza (inadeguato rispetto alle innovazioni tecnologiche)

3) Stima dei flussi di cassa (importi e scadenze): stimare tutti i flussi di cassa connessi all’investimento quantitativamente e tra quanto tempo. Ci occupiamo del cash flow. Flussi di cassa (cash flows): differenza tra ricavi e costi monetari; saldo liquido della gestione che rimane in azienda per il recupero degli investimenti in immobilizzazioni.

4) Valutazione dei flussi di cassa attualizzati: Applicazione della discounted cash flow analysis, consiste nell’attualizzare i flussi di cash flow perchè il valore finanziario si abbassa nel tempo: più è lungo l’intervallo temporale, più è probabile che succeda qualcosa e non riceva ritorno economico. il Fattore di attualizzazione considera il valore finanziario del tempo, il costo dei capitali impiegati, il grado di rischio della nuova iniziativa.

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I Flussi incrementali di cassa considerati sono riconducibili a 4 categorie: • flussi generati dall’acquisto dell’oggetto di investimento; • flussi generati dalla gestione caratteristica; • flussi generati dall’impiego del capitale circolante netto operativo (scorte, portafoglio

crediti, ecc.); • flussi derivanti dalla cessione dell’oggetto di investimento (alla fine della vita

economica potrei avere un valore residuo maggiore di zero). 5) Selezione delle proposte sulla base di un criterio di accettazione/valutazione. Si applicano i

criteri finanziari di valutazione per decidere se fare o no l’investimento

� i criteri finanziari

descrizione del criterio e valutazione

Formule Problematiche e osservazioni

VAN Il Valore Annuale Netto (VAN) di un investimento (I) corrisponde al valore attualizzato dei flussi di cassa prodotti dall’investimento al netto del costo monetario necessario per produrli.

Van > 0 investimento conveniente Van < 0 brucia valore per gli azionisti Van = 0 indifferente farlo come no

n = durata investimento r = considera il fattore temporale, il costo dell’investimento e il rischio. È un tasso soglia di sopportazione. È pari al WACC di solito.

È sensibile al tasso soglia di sopportazione/costo soglia del capitale � è importante calcolare il tasso r in modo corretto. Dato che consideriamo valori attualizzati, per il confronto occorre considerare orizzonti di investimento uguali e investimento iniziale uguale. Dividere le risorse per il VAN non è sufficiente per valutare un investimento: bisogna considerare la grandezza di capitali mobilitata. I tassi del VAN sono influenzati dalla lontananza dell’investimento

IL WACC Il costo medio ponderato del capitale o WACC (weighted average cost of capital): rappresenta la media ponderata tra il costo del capitale proprio e il costo del capitale di debito; è il tasso minimo che l’impresa deve generare come rendimento degli investimenti per remunerare creditori e azionisti.

D = ammontare capitale di debito. l’impresa si impegna alla restituzione e a corrispondere un interesse che ha natura fissa o variabile. Il creditore viene remunerato indipendentemente dall’andamento della società. E = ammontare capitale proprio. Non c’è promessa di restituzione e la remunerazione non è fissa; il costo di questo capitale è quindi più elevato per remunerare il maggiore rischio sopportato dal soggetto. D+E = K = capitale complessivamente investito. CD = costo del capitale di debito. Si usa un andamento medio fatto con dati storici. CE= costo del capitale proprio. Con riferimento all’autofinanziamento e al patrimonio netto preesistente in azienda si utilizza il costo opportunità. Per il nuovo capitale richiesto, specie nelle società quotate, si ricorre al metodo del CAPM (Capital Asset Pricing Model): E(Ri) = rendimento atteso dell’investimento i, inteso nel nostro caso come rendimento richiesto per investire nell’attività i. E(Ri) = CE Rf = rendimento di un’attività priva di rischio. E(Rm) = rendimento atteso dal portafoglio azionario di mercato. βi = misura il rischio sistematico dell’impresa, non diversificabile

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descrizione del criterio e valutazione

Formule Problematiche e osservazioni

Il TIR (Tasso Interno di Rendimento) di un investimento è il tasso che rende uguale a zero il valore attuale netto dell’investimento, ovvero il saggio che rende equivalenti da un punto di vista finanziario i flussi positivi e negativi di un’operazione di investimento. Se TIR > WACC (o del tasso di accettazione), l’investimento è conveniente. Tra investimenti alternativi si preferisce quello con TIR più elevato

Un investimento può non avere TIR (nessuna soluzione o Soluzioni multiple accettabili entrambe, entrambe maggiori di -1). È un criterio migliore del VAN ma non sempre utilizzabile

Il Pay Back Period: stima il tempo necessario affinché il flusso di cassa cumulato imputabile al progetto eguagli il valore del capitale investito; è la prima scadenza in cui si verifica un'inversione di segno nei saldi di cassa. Nella pratica viene talvolta calcolato come rapporto tra il capitale investito e la media annuale degli incassi. Interpretazione: si preferisce l’investimento con un pay back inferiore. Tanto più il payback period si sposta in avanti nel tempo tanto più sarà elevato il rischio

- non considera il valore finanziario del tempo; - non fornisce una valutazione quantitativa della redditività - non tiene conto dei flussi finanziari successivi alla scadenza del tempo di ritorno in forma liquida dell’investimento.

Metodologie analoghe possono essere applicate alla misurazione del valore creato dalle strategie nell’arco di tempo in cui le stesse assicurano all’impresa un vantaggio competitivo, nonostante la complessità e ampiezza degli effetti di una decisione strategica, l’orizzonte temporale di lungo periodo e l’incertezza e opportunità (o opzioni) future (cresce l’aleatorietà nella valutazione). La valutazione della strategia, passo fondamentale del management strategico, è utile a prendere decisioni migliori. Ogni decisione strategica può essere stimata in base al contributo che fornisce alla creazione di valore per l’azionista (shareholder value approach).

• Ex ante: metodo del valore azionario. Considero i dividendi ipotetici attualizzati • Ex post: somma dei dividendi percepiti e del capital gain. È la differenza tra il prezzo di

vendita sul mercato e il prezzo di acquisto della partecipazione Stimare in termini numerici investimenti e strategie presenta difficoltà nel cogliere aspetti che non hanno un’immediata manifestazione: le strategie incorporano opzioni reali, esercitabili in diversi momenti da parte della direzione. I metodi di valutazione basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa non considerano tale componente (e sottovalutano le strategiche caratterizzati da alti investimenti in R&S e pubblicità).

+ 30

3 1 2 - 2000

Payback

period

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per questo utilizziamo il l’Extended NPV, o VAN Esteso = VANbase + OP (opzioni reali connesse alla strategia) VANbase = Valore Attuale netto del progetto in assenza di opportunità strategiche future OP = Valore delle azioni reali connesse all’alternativa strategica TIPOLOGIE DI OPZIONI REALI

b)Decisioni relative alla struttura finanziaria e al reperimento delle fonti di finanziamento

riguarda: • Decisioni relative alla struttura del capitale(proprio e di terzi): Determina il costo del capitale

(WACC), Influenza la redditività del capitale investito. • Decisioni relative alla struttura finanziaria: Decisioni, fabbisogno finanziario e cicli finanziari.,

Analisi degli impieghi, Scelta delle fonti ed equilibrio finanziario. • Effettivo reperimento delle fonti di copertura degli investimenti

La struttura del capitale: scelta tra capitale proprio e capitale di terzi. Scelta tra capitale proprio e capitale di credito: consideriamo il vincolo temporale del capitale, le modalità di retribuzione, i diritti conferiti in sede di liquidazione, i diritti conferiti in occasione di altri eventi rilevanti. La struttura del capitale influenza la redditività del capitale proprio attraverso l’effetto della leva finanziaria: Formula semplificata Formula che tiene conto della tassazione la leva finanziaria D/E: migliora le performance se ROI > costo del capitale di debito, peggiora le performance se ROI < costo del capitale di debito. Più la leva è elevata più aumenta l’aleatorietà dei risultati, cresce la pericolosità della gestione. Ogni decisione implica un fabbisogno finanziario � è necessario considerare il CICLO FINANZIARIO, che ha inizio nel momento in cui l’impresa spende e termina nel momento in cui rientra al tempo x+1 (ritardo temporale tra investimento e ritorno dell’investimento). Ogni risorsa dell’A.P. presenta un ciclo finanziario definibile (per semplicità) come tempo “t” che intercorre tra il

ROI: reddito op/cap investito ROE: utile / patrimonio netto D/E: cap proprio/cap di debito 1-tc : imposizione fiscale

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momento “x” in cui l’impresa sostiene l’uscita monetaria e momento “x+t” in cui la risorsa in forma liquida. La funzione finanza analizza la durata del ciclo finanziario: per ogni asset valuta quanto tempo richiede ogni asset a ritornare in forma liquida e riclassifica il bilancio opportunamente. Esigibilità delle fonti di finanziamento:

1. Debiti a breve 2. Debiti a medio e lungo termine 3. Capitale netto

Equilibrio finanziario: Scelta delle fonti per conservare sempre una situazione di liquidità in prospettiva. La funzione finanza deve impostare una struttura finanziaria tale per cui le fonti abbiano un’esigibilità più lenta rispetto ai tempi di ritorno in forma liquida degli impieghi. Può mantenerla con

1. Monitoraggio del Capitale Circolante Netto:

ccn = ccl – debiti a breve deve essere superiore di zero. Se è negativo c’è il rischio che l’impresa non riesca a fronteggiare gli impegni di pagamento

2. Tecnica dell’hedging (Van Horne, 1984). Per ciascuna attività patrimoniale posseduta

cerco sul mercato una fonte di finanziamento che ha la stessa tempistica di esigibilità rispetto al ciclo finanziario dell’attività in questione.

L’andamento oscilla a causa dei cicli finanziari

Non scendono mai sotto questa quota

È crescente

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Effettivo reperimento delle fonti di copertura degli investimenti Distinguiamo tra

� Fonti Interne (autofinanziamento e disinvestimenti) Capitale proprio (a rischio): emissione di varie tipologie di azioni (ordinarie, privilegiate, di risparmio, ecc.) o altri titoli: con diversi diritti patrimoniali (partecipazione agli utili, distribuzione patrimonio in sede liquidazione) amministrativi (partecipazione assemblee ord. e straod., diritto di voto, convocazione assemblea, ecc: consentono al titolare di esprimere il proprio giudizio in merito ad alcune scelte riguardante la vita di impresa). non c’è obbligo formale di rimborso e di remunerazione, di remunerazione residuale e variabile (ma attesa dal mercato). Per l’impresa comporta flussi negativi di minor consistenza media, non implica l’obbligo formale di rimborso.

� fonti Esterne (capitale proprio o di terzi) Capitale di terzi (a credito): differenti forme di raccolta di capitale attraverso l’indebitamento. Le Uscite sono rigide (nel tempo e/o nell’ammontare)e di maggiore entità (interessi + quota rimborso capitale.) Possono essere distinte in base a:

Modalità di utilizzo per cassa: l’impresa ottiene fisicamente la disponibilità liquida per firma: l’impresa ottiene il diritto a usare le risorse, se si accorge di non averne bisogno può non usarle

Garanzie associate presti garantiti: con mutuo ipotecario in bianco: senza garanzie richieste

Scadenza: breve e medio - lungo termine Modalità di negoziazione

diretta, es. obbligazioni; indiretta, es. mutuo contratto con istituto finanziario. La banca assolve la funzione di intermediario. Questa fonte sarà più esosa

� Strumenti ibridi: es. obbligazioni convertibili in azioni.

c)programmazione e controllo dei flussi finanziari La Pianificazione finanziaria è l’attività di previsione dei fabbisogni finanziari prodotti dalla realizzazione delle attività di investimento e di gestione ordinaria, finalizzata all’attivazione di fonti di capitale compatibili per tempi, quantità e forma. In questa fase analizziamo i flussi, grandezze di tipo flow. Ci si occupa di effettuare un’analisi nel medio - lungo termine. Il Rendiconto finanziario è uno strumento per rappresentare la dinamica dei flussi finanziari (complementare rispetto a CE e SP). Indica l’ammontare dei flussi generati (positivi) e assorbiti (negativi), la provenienza e la destinazione (per capire in quali aree intervenire) Può avere ad oggetto diversi aggregati (CCNfin; CCNop o CCNc; flussi di liquidità, ecc.). Può avere Natura consuntiva (con riferimento a un periodo già trascorso) o previsionale (per un orizzonte temporale futuro).

Genero liquidità Assorbo liquidità

Il flusso della gestione corrente può essere positivo o negativo

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può essere positivo o negativo Si guarda la variazione perchè ci occupiamo di un flusso, non di uno stock. Si considerano crediti commerciali e scorte. Se è aumentato ho impiegato liquidità, se diminuisce genero liquidità

d)gestione della tesoreria gestione della tesoreria:

� Elementare: controllo incassi e pagamenti, sorveglianza del saldo di cassa. È presente in tutte le imprese

� Strategica: mantenere la liquidità o investire a breve/brevissimo termine. Si sceglie quanta liquidità detenere. Le determinanti sono l’andamento dei tassi (tanto più è alto, tanto più l’impresa sarà invogliata a usare la liquidità e terrà meno contante possibile) e delle uscite (se i pagamenti sono cadenzati con regolarità è facilmente investire tenendo al minimo il denaro in cassa), gestione degli imprevisti (conviene vendere i BOT e pagare le commissioni investiti oppure attivare una nuova fonte e pagare interessi?)

e)gestione del rischio

Trends: la crescente volatilità dei beni ha portato al realizzo di nuovi strumenti finanziari pensati per gestire il rischio Tipologie di rischio

- tassi di interesse (es. tasso fisso vs. variabile): rischio legato alle variazioni del rischio - mercati reali (es. variazione prezzo m.p. ed effetti): i prezzi delle materie prime possono

subire oscillazioni. - tassi di cambio (es. moneta di acquisto diversa da vendita): incide sulle imprese che hanno

rapporti con l’estero. Dipende dalle diverse monete nei mercati di approvvigionamento e sbocco.

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- portafoglio clienti (es. clienti insolventi; peso elevato cliente): rischi connessi alla tipologia dei clienti e dei crediti nei loro confronti. Se ho molti clienti che pagano in contanti il rischio tende a zero.

Principali determinanti:

- dimensione; - settore; alcuni comparti sono più stabili - modello di business / config. Produttiva: se localizzo la produzione in più paesi aumentano i

rischi di cambio e incidenti di vario tipo. - copertura geografica delle attività; - rapporti contrattuali; tanto è più elevato il potere contrattuale, tanto più è possibile

scaricare una parte di rischio su essi. - ecc.

LA COPERTURA DEL RISCHIO: La funzione Finanza ha un duplice ruolo:

� identificazione dei rischi; � riduzione dei rischi attraverso la predisposizione di adeguati strumenti di copertura.

Strumento di copertura: l’impresa sostiene un costo per ridurre l’aleatorietà e facilitare la pianificazione finanziaria. Sono:

� assicurazioni: si certifica il rischio e si stipula un’assicurazione. La gestione del rischio è affidata al terzo assicuratore

� tecniche basate su strumenti derivati: o contratti forward : due controparti si impegnano a scambiarsi a una certa scadenza

e a un prezzo stabilito oggi un certo bene x. o futures: è un contratto standardizzato analogo al contratto forward, che viene

utilizzato per speculazione e trading. o Swaps: due soggetti si impegnano a scambiarsi flussi finanziari a determinate

scadenze con segni opposti o Options: il soggetto acquista il diritto di comprare (call) o vendere (pull) un

determinato bene o attività finanziaria a un determinato prezzo a una certa data o entro una certa data. Il costo d’acquisto dell’option viene sostenuto indipendentemente dal fatto che venga o no esercitata la facoltà.

� factoring (per i crediti): si cedono i crediti a un intermediario in cambio di liquidità ed egli si occupa della riscossione e si accolla il rischio se la cessione avviene pro soluto.

La logistica aziendale (Satta)

Esistono numerose definizioni di logistica: “Insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano nelle aziende il flusso dei materiali dall’acquisto delle materie prime presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita” (AILOG – Associazione Italiana di logistica e Supply Chain Management). “L’organizzazione, la pianificazione, l’esecuzione e il controllo delle relative informazioni dallo sviluppo e dall’approvvigionamento attraverso la produzione e la distribuzione fino al cliente finale, con l’obiettivo di soddisfare le richieste del mercato al minimo costo e con il minor impiego di capitale” (ELA - European Logistics Association). “Quella parte nell’ambito del processo di gestione della supply chain che pianifica, implementa e controlla l’efficiente e l’efficace flusso e immagazzinamento dei beni commerciali, dei servizi e delle relative informazioni, dal punto di origine al punto di consumo al fine di soddisfare le esigenze dei clienti” (CLM – Council of Logistics Management)

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QUINDI la logistica in entrata e in uscita � pianifica, implementa, gestisce e controlla il flusso e lo stoccaggio di materie prime, semilavorati e prodotti finiti, nonché i flussi informativi connessi alle attività da svolgere. E’ riconducibile ad attività ascrivibili a 2 flussi principali (fisico e informativo); permette il collegamento tra l’impresa e l’ambiente esterno; ha l’obiettivo di rendere disponibili al costo totale più basso possibile i prodotti, i materiali in lavorazione e le m.p. nel punto e nel momento in cui sono richiesti, nelle quantità domandate e in condizioni da essere efficientemente ed efficacemente utilizzati; ha effetti sul raggiungimento e il mantenimento di un Vantaggio Competitivo da parte dell’impresa e concorre alla creazione di valore

1- assicurare una distribuzione fisica dei prodotti, la disponibilità dei prodotti sul mercato di sbocco. 2- fino ai primi anni 60 l’attenzione si sposta dai mercati di sbocco a quelli di approvvigionamento. Si focalizza sulla gestione dei materiali 3- logistica integrata: acquista una rilevanza crescente l’attività di coordinamento tra le varie funzioni. Coinvolge l’intera organizzazione. 4- supply chain management: la logica con cui si affronta la logistica supera i confini della singola impresa e si occupa della

gestione di tutti i rapporti che esistono tra i diversi soggetti che operano all’interno del sistema del valore in cui l’impresa è inserita. 3 flussi:

1. Flusso fisico: da fornitore a cliente

2. Flusso informativo: parte dal cliente che manifesta le volontà d’acquisto e arriva al fornitore cui farò le richieste

3. Flusso finanziario: dei pagamenti, si muove nella stessa direzione del flusso informativo

LE PRINCIPALI ATTIVITÀ CONNESSE AI FLUSSI � Programmazione degli acquisti di materie

prime e di componenti. � Trasporto dei materiali dai magazzini del

fornitore allo stabilimento dell’impresa. � Ricevimento delle merci e verifiche. � Stoccaggio e movimentazione dei

materiali nei magazzini a monte del processo di fabbricazione.

� Gestione della movimentazione interna dei materiali tra le varie unità produttive (secondo il piano di produzione).

� Stoccaggio dei prodotti in corso di lavorazione nei magazzini “intermedi” (o dei semilavorati).

� Stoccaggio dei prodotti finiti. � Ricezione ed evasione degli ordini dei

clienti.

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� Programmazione delle consegne e trasporto dei prodotti finiti dallo stabilimento di produzione ai depositi intermedi degli intermediari o dei clienti.

Le componenti del sistema logistico complessivo:

� Infrastrutturale (punti nodali e canali logistici): punti nodali: costituita da stabilimenti produttivi di fabbricazione e assemblaggio, dai vari magazzini. Possono assolvere 3 diverse funzioni

1. Trasformazione 2. Stoccaggio e movimentazione 3. Smistamento dei flussi (svolta dal magazino)

canali logistici: dai mezzi di trasporto e sistemi informatici e informativi che consentono flussi di materie e informazioni

� Informativa: insieme di informazioni attinenti al ciclo di evasione. Riguarda o Gestione di materiali o Programmazione di produzione e gestione delle scorte o Distribuzione fisica dei prodotti ai clienti

� Organizzativa: in relazione alle diverse attività l’impresa stabilisce un sistema di compiti e ruoli identificando il responsabile di ciascuna di queste attività. Si studia l’organigramma e si fanno scelte di make or buy

La complessità dipende da decisioni strategiche inerenti a:

� Selezione delle fonti di approvvigionamento (inbound logistics): � Caratteristiche del processo produttivo (logistica della produzione): � Selezione e configurazione del canale distributivo (outbound logistics):

Importanza della funzione logistica:

come migliora il livello di servizio per il cliente(migliorarlo è coerente con la persecuzione di un vantaggio di differenziazione)? La logistica può incrementare la soddisfazione del cliente (fattori

temporali, prestazionali, relazionali, edonistici). Disponibilità del prodotto: il cliente trova il prodotto nel momento in cui lo desidera � evitare rotture di stock. Si misura il rapporto tra ordini evasi e ordini totali per valutare l’efficienza. tempestività delle consegne: la tempestività delle consegne è il lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui il cliente effettua l’ordine e il momento in cui lo riceve. Per valutare le performance si studiano i tempi di leadtime (tempi impiegati per ciascuna fase della catena del valore) affidabilità e regolarità delle consegne: renderlo disponibile alla scadenza concordata. Se sono veloce ma inaffidabile non creo valore per il cliente. Si calcola il numero di resi e si valutano i ritardi di consegna. rispondenza del prodotto alle specifiche: devono avere tutte le caratteristiche richieste flessibilità del sistema logistico rispetto a variazioni nei tempi e nelle quantità: capacità del sistema logistico di venir incontro ai mutamenti delle richieste dei clienti. Si considera come indicatore delle performance il numero di volte in cui sono stato in grado di variare il tempo, il luogo, la quantità, la tipologia di bene, ecc. sempre più spesso anche altri fattori (tempi e modi di pagamento, ecc.), connessi ad aspetti finanziari e amministrativi: facilitare clienti e fornitori nella realizzazione delle pratiche documentali che seguono il flusso fisico dei beni, facilitare la trasmissione di informazioni

come influenza positivamente una leadership di costo?come ridurre i costi logistici? I costi logistici sono scorte (dimensione, quantità, valore, costi di capitale, ecc.): mantenere una scorta costa. I costi aumentano se aumenta la dimensione del prodotto , le quantità, il valore del bene immagazzinamento :dipende dal tipo e numero di magazzini

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trasporto: dipende dalla distanza dei trasferimenti, dai volumi, dalle caratteristiche del bene acquisti :numero e volume degli ordini, cfr. sconti evasione ordini :modalità di predisposizione, livello di informatizzazione. Sono i costi sostenuti x inviare il prodotto al cliente COSTO LOGISTICO TOTALE = costi diretti + costi indiretti + costi nascosti Comprende anche Costi finanziari, Costi delle risorse umane e dei mezzi del sistema logistico, Costi delle opportunità perdute (penali per ritardata consegna, mancate vendite, resi, ecc.), Costi associati agli investimenti. Esiste un tradeoff tra servizio eccellente e costi sostenuti per offrire tale servizio. Nel medio termine, con adeguati approcci si può migliorare il tradeoff (spostamento della curva verso l’alto) � ciò consente di percorrere tre strade

1. Mantenere la stessa differenziazione e abbassare i costi

2. Mantenere gli stessi costo e migliorare la differenziazione

3. Raggiungere l’eccellenza logistica migliorando la differenziazione e riducendo i costi

LOGISTICA E RITORNO DEGLI INVESTIMENTI La logistica può incidere su macrograndezze che influenzano la redditività. In particolare influenza il ROI � la logistica infatti può incrementare i ricavi di vendita soddisfacendo i clienti e ridurre i costi complessivi riducendo i costi complessivi. Entrambe questa variabili accrescono il reddito operativo e quindi il ROI.

CRITICITA’ DELLE ATTIVITA’ LOGISTICHE La criticità e la rilevanza delle attività logistiche per l’impresa discendono essenzialmente da:

1. Scelte strategiche dell’impresa: tanto più l’impresa adotta un sistema complesso tanto più sarà critica la gestione della logistica

2. Caratteristiche dei mercati

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3. Caratteristiche dei prodotti

LA GESTIONE DELLE SCORTE le scorte sono materiali di diversa natura che si trovano fisicamente nei locali di produzione e stoccaggio dell’impresa.

Cuscinetto, per sicurezza

Se mi aspetto incrementi di prezzo

Non tutti gli impianti usano lotti delle stesse dimensioni

Evitare che ogni reparto dipenda dal precedente

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La Programmazione e il controllo delle scorte impongono decisioni in merito al trade-off tra disponibilità della scorta e Scorta “non troppo elevata” e “non troppo presto”. � Costi connessi alle scorte:

CCN , “immobilizzazione di risorse”, oneri finanziari. Costo di mantenimento dei locali, delle attrezzature e delle persone per lo stoccaggio delle merci. Obsolescenza e senescenza.

Valutare l’efficienza nella gestione delle scorte:

Indice di rotazione: Giorni di copertura: cosa succederebbe se le forniture venissero interrotte? Per quanto può proseguire la produzione?

LA GESTIONE DELLE SCORTE Decisioni fondamentali da assumere:

1. Livello massimo di scorta da programmare (incide sul dimensionamento di magazzini e depositi).

2. Quando ordinare: posto il livello massimo di scorte, ogni quanto rifornirsi? 3. Quanto ordinare: di quanto rifornirsi ogni volta?

Principali criteri/logiche adottabili:

- Stock control (look back): si basa su dati storici pregressi. Si reintegra la scorta sulla base dei dati storici, precedendo il fabbisogno. È un sistema più semplice del flow control, richiede meno competenze, i dati storici sono meno incerti. Può essere gestita in due modi

• RIORDINO A QUANTITA’ FISSA: l’impresa è chiamata a controllare il proprio magazzino costantemente; ordina sempre la stessa quantità, ottimale. Varia la cadenza in cui avvengono gli ordini. nella realtà il tasso d’assorbimento varia. Il livello di riordino è pari a scorte di sicurezza + fabbisogno di approvvigionamento (FA). Q è il lotto economico di approvvigionamento cui l’impresa ha convenienza a effettuare l’ordine per minimizzare il costo totale di gestione delle scorte. La quantità ottimale (Q*) è quella in corrispondenza della quale si rende minimo il costo totale di gestione delle scorte (CT). Per determinare tale quantità si applica il metodo EOQ (Economic Order Quantity) che si basa su alcune ipotesi semplificatrici: la Domanda è nota e costante; no sconti per quantità acquistate; costo unitario di emissione ordine noto e costante; tempo di approvvigionamento noto e costante.

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Secondo il metodo economic order quantity, CT è dato dalla seguente formula: CT = CM (Costo annuo di mantenimento, è direttamente proporzionale alla giacenza media, viene calcolato come costo unitario di mantenimento per la giacenza media, include il costo del capitale immobilizzato nelle scorte, il costo dei locali, delle attrezzature e del personale impiegato nello stoccaggio dei materiali, il costo dell’obsolescenza, cresce quando cresce la dimensione del lotto di acquisto/produzione ) � costo unitario di mantenimento * periodo di giacenza media + CO (costo di emissione ordini: è proporzionale al numero di ordini emessi; si calcola come numero degli ordini per costo unitario di ordinazione; include: costi per attrezzare i macchinari e programmare la produzione (se è un ordine di produzione); costi amministrativi di emissione e gestione ordine di acquisto (se è un ordine di approvvigionamento.)) � costo unitario di emissione ordine * numero di ordini Comprendendo l’andamento di CM e CO si può trovare il costo totale e individuare il suo punto di minimo, la quantità ottimale Q* che ordino.

• RIORDINO A SCADENZA FISSA/REINTEGRO: gli ordini si fanno a intervalli costanti, varia la quantità ordinata. Servono meno controllo di magazzino. La quantità ordinata in ogni periodo è variabile ed è pari alla differenza tra un “livello di scorta obiettivo” (LO), detto anche “livello di reintegro” e il livello di scorte presenti nel magazzino al momento del controllo e dipende da Fabbisogno di materiale (o prodotti) nell’intervallo di reintegro e durante il periodo di approvvigionamento; Livello di sicurezza delle scorte. L’intervallo costante di reintegro (ti – ti-1) viene calcolato arbitrariamente o in funzione del lotto economico. si sceglie un livello di scorte di sicurezza

- Flow control (look ahead): si basa sulla previsione futura con la tecnica del MRP (material requirement budget), finalizzata a predisporre la scorta solo nello specifico momento in cui si verifica il fabbisogno di quel materiale. Permette di ridurre drasticamente le scorte e quindi i costi connessi all’immobilizzazione del capitale. Cresce la sensibilità del sistema produzione rispetto alla domanda di mercato, c’è più sincronizzazione tra produzione e mercato, che riduce anche il rischio di obsolescenza dei prodotti. Il funzionamento richiede le seguenti fasi operative: 1.Determinazione quantità da produrre e date di consegna di ciascun prodotto (secondo il Piano Principale di Produzione o Master Production Schedule – MPS). 2.Calcolo della quantità di ciascun materiale richiesto per realizzare il programma di produzione (secondo la distinta base). 3.Determinazione del momento in cui inviare gli ordini di acquisto e di produzione per i quantitativi sopra calcolati. Bisogna conoscere il leadtime di ogni materiale e componente. L’applicazione della tecnica MRP richiede infatti

• Conoscenza del lead time di produzione: durata di ogni fase della lavorazione (per calcolare entro quando lanciare l’ordine di produzione).

• Conoscenza del lead time di approvvigionamento: lasso di tempo tra emissione dell’ordine e consegna del materiale da ciascun fornitore/unità produttiva (per stimare di quanto occorre anticipare l’acquisto rispetto al momento dell’utilizzo).

• Condizioni di contesto: correttezza della previsione della domanda; rispetto dei tempi di consegna e degli standard di qualità da parte dei reparti interni e dei fornitori.

Possibili correttivi sono la Predisposizione scorte di sicurezza e di Predisposizione di lead time di sicurezza

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LE OPERAZIONI DI MAGAZINAGGIO:

1. Ricevimento delle merci:gli addetti controllano la bolla di accompagnamento e ne verificano la coerenza con l’ordine.

2. Operazioni di stoccaggio e movimentazione interna: scelte riguardo il posizionamento dei materiali in specifiche strutture per identificare il modo migliore dove allocare ciascuno dei materiali. Si procede a Mappatura delle aree: si identificano il numero di magazzini disponibili e il tipo di magazzino; si suddivide la superficie del magazzino in aree a sua volta suddivise in celle. Ogni area contiene celle con caratteristiche simili.

a. Criteri di allocazione: Allocazione dedicata i. singolo prodotto (dedicated storage): stesso codice nella stessa cella ii. classe di prodotti (class-based storage): mettiamo vicini prodotti con

caratteristiche di compatibilità ottimizzando il tasso di utilizzo dei magazzini iii. casuale (random storage): più semplice e veloce ma difficoltà nel processo

di prelevamento. 3. Operazioni di picking: prelievo frazionato dall’impianto di stoccaggio al fine di soddisfare le

richieste provenienti dai sistemi esterni al magazzino. a. Materiali vs operatori: l’operatore resta fermo si muovono i materiali con sistemi

automatizzati b. operatori vs materiali: l’operatore va verso le celle dove sono contenuti i codici c. Picking per ordine: prendere cosa chiede il reparto. Si gestisce un ordine alla volta d. picking per lotti: tutti gli ordini giungono in magazzino, si sommano i codici uguali si

preleva il quantitativo e poi si smista in base agli ordinativi. e. picking a zone:prelievo per aggregati più ampi f. Paperless picking: sistemi di rilevamento automatico del codice

4. Spedizione: operazioni analoghe a quelle in entrata, ridurre i resi per aumentare la soddisfazione del cliente.

La funzione approvvigionamenti (ADACI) Definizione L’area Acquisti e Logistica sovrintende: - l’acquisizione di beni, prodotti e servizi - la gestione dei flussi fisici delle merci in entrata e la distribuzione del prodotto finito. La Logistica presidia come obiettivo chiave il livello di servizio logistico (disponibilità del prodotto, tempestività ed affidabilità della consegna); e si suddivide tra: - logistica in entrata o gestione materiali - logistica interna o di stabilimento - logistica in uscita o distribuzione fisica. Gli Acquisti sovrintendono il costo globale delle Forniture �materia prima + costi per renderla disponibile (trasporto ecc)

Evoluzione del processo di acquisto: indicare i cambiamenti Il compito della Funzione Acquisti diventa oggi strategico per una PMI che voglia in qualche modo “esserci” e crearsi una nicchia di mercato, dove far valere la propria competitività e dimostrare le proprie capacità aziendali. Il processo d’acquisto oggi quindi assume valenza strategica e diventa più articolato, non si limita più alle sole attività tradizionali diventando un fattore importante che influenza la permanenza dell’impresa sul mercato e le sue perfomance. Prima delle attività tradizionali di acquisto (gestione ordini,

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contratti, albo fornitori, calendari, merci) vengono messe in piedi una serie di attività strategiche: • PIANIFICAZIONE E BUDGET • MARKETING ACQUISTI • BENCHMARKING: discutere del posizionamento degli altri, si mettono a confronto i fornitori e i prezzi • CONTRATTI E ACCORDI QUADRO • CONCURRENT PROCUREMENT • INGEGNERIA ACQUISTI: occuparsi di problematiche interne al progetto • ALBO FORNITORI

A cui sono affiancate anche attività di controllo (controllo sulle forniture, reporting, vendor rating) ABC-Pareto: quali implicazioni La spesa dell’azienda viene analizzata secondo varie dimensioni: cosa acquista, da chi acquista, tipologia di ordini e volumi, per chi acquista. Il diagramma di Pareto o legge ABC È un diagramma che permette di definire una scala di importanza tra eventi sulla base della loro frequenza. Con parole semplici afferma e ci conferma che “tra tutte le cause che determinano un certo effetto, una parte minima di esse ha la maggiore influenza sull’effetto determinato dall’insieme delle cause stesse.” � posto un fenomeno, ci sono alcune cause primarie, alcune cause mediamente rilevanti e il resto di cause scarsamente importanti. Tra tutte le cause che determinano un certo effetto, una parte minima di esse, ne determina la maggior parte. Il principio di Pareto è lo stesso della cosiddetta "legge 80/20", estrapolato per la prima volta da J. M. Juran nel campo della qualità: Esprime il principio che dedicandosi al 20% delle cause, si ottiene l’80% dei risultati attesi Esempi in altri contesti: • il 20% dei prodotti di un'azienda manifatturiera multiprodotto realizza l'80% del fatturato

• il 20% dei componenti di un prodotto costituisce l'80% del suo valore • il 20% dei clienti produce l'80% del fatturato • il 20% dei venditori procura l'80% dei nuovi clienti

Le implicazioni quindi sono facilmente intuibili: dato che il 20% dei fornitori fa circa l’80% del fatturato, concentrandosi su questi fornitori cruciali, consente di affrontare l’80% delle criticità, perchè nel 20% di ciò che il buyer compra sta l’80% del valore creato. È possibile ordinare i propri fornitori in ordine di importanza (e così i clienti) Kraljic. Quali implicazioni? La matrice di Kraljic, posto il diagramma di pereto, ci permette di mappare i fornitori e analizzare le criticità: Basso rischio di fornitura: ho molti

fornitori tra cui scegliere Alto rischio di fornitura: mercato dei fornitori con pochi operatori al suo interno, monopolio o oligopolio

Alto valore aggiunto alla produzione: molto potere contrattuale

FORNITORI LEVA: ho un discreto numero di fornitori e un buon potere contrattuale. Conviene trattare. Ci sono molti fornitori potenziali tra cui scegliere

Strategici: il fornitore deciderà se reputarmi un cliente di serie A o di serie B. Se il prodotto è critico si cercheranno partnership. È cruciale essere importanti per il fornitore

Basso valore aggiunto alla produzione, poco potere contrattuale

QUADRANTE TATTICO: ci investo poco tempo e impegno

COLLI DI BOTTIGLIA: tutti quei fornitori di classi merceologiche di cui compro poco. Il fornitore è quasi un monopolista, fa quello che vuole.

Costo totale della fornitura Per valutare il prezzo a cui si effettua un approvvigionamento non consideriamo il prezzo d’acquisto ma il costo globale di fornitura: esso è pari al prezzo di acquisto più altri oneri e corrisponde al reale prezzo pagato per quella fornitura. I costi che sommiamo al prezzo di vendita sono:

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• Costi accessori: legati a specifiche condizioni di fornitura costi d’imballo (e se il packaging…) costi derivanti dalle modalità di pagamento (e per le società dei buoni pasto…) costi per garanzia, per ispezioni e collaudi, costi per rischio di cambio, costi da oneri doganali (….)

• Costi logistici: costi di trasporto costi derivanti da inaffidabilità delle date di consegna (costi per scorte di sicurezza, costi per acquisto da fornitori sostitutivi, costi per mancata vendita) costi derivanti dall’entità del lotto di consegna (lotti di maggiore entità rispetto ai bisogni hanno una più lunga permanenza a magazzino con conseguenti maggiori costi)

• Costi di struttura e gestione degli acquisti: personale, controllo qualità sugli acquisti, contabilità, sistema informativo. Sono tanto maggiori tanto maggiore è il numero di fornitori con cui mi interfaccio

• Costi della qualità: problemi derivanti dalla materia che utilizzo. Riguardano l’accertamento e prevenzione e gli scarti, rilavorazioni e declassamenti

Ruolo del buyer Il Responsabile Acquisti non può più accontentarsi di “ben praticare” e di far svolgere ai collaboratori esclusivamente le competenze tradizionali (ricevere le richieste di acquisto dai tecnici o dagli utenti, ricevere i preventivi dei fornitori, negoziare un prezzo, predisporre un buon ordine od un contratto, verificare che le varie pratiche amministrative si svolgano secondo le procedure previste, richiedere il controllo delle merci e dei servizi

acquistati,controllare documenti/ pagamenti), ma deve specializzarsi e far specializzare chi lavora con lui anche nelle altre attività della supply chain: da negoziatore il buyer diventa un gestore della catena del valore. Oggi al buyer delle aziende private si chiede soprattutto di: stimolare tecnici ed utenti proponendo quanto di nuovo offre il mercato, richiedere ai Partner/Fornitori di proporsi con prodotti/servizi d’interesse costruire col settore tecnico e con gli utenti i progetti da vagliare, contattare i fornitori affinché realizzino quanto pensato o richiesto, predisporre le basi tecnico/economiche per la negoziazione col fornitore, Gestire e coordinare la supply chain, catena del valore che dà l’impronta alla gestione della logistica e degli acquisti, creando la base del successo aziendale. L'evoluzione del marketing - descrivere particolarità e differenze nelle diverse epoche Il Marketing di acquisto è l’insieme delle azioni che mira ad ottenere dal proprio sistema di acquisizione delle risorse, vantaggi tali da mettere la propria impresa in condizioni di competitività rispetto alle imprese concorrenti. L’evoluzione si può così schematizzare

Quale schema deve essere approfondito nel processo del MKTG d'acquisto ? 1.assessment situazione esistente: Analisi dell’ambiente di fornitura. Ogni settore è il risultato dell’equilibrio tra diverse forze che agiscono su: -prezzi; -costi:

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-investimenti il cui mutamento nel tempo determina il profitto del settore. L’Analisi dei rischi e delle opportunità consiste nel valutare i rapporti di forza esistenti tra AZIENDA e FORNITORE e descrivere l'iter necessario per un'efficace selezione del fornitore. E’ richiesto, inoltre di garantire curve di miglioramento sempre più ripide allo scopo di migliorare l’efficienza dei processi di approvvigionamento per garantire da un lato il livello di servizio, la flessibilità e l’affidabilità richiesti dal mercato e dall’altro l’efficienza ed il miglioramento continuo necessari per lo sviluppo. Una piccola riduzione nel costo di acquisto di un prodotto/servizio può incidere sull’utile dell’azienda. 2.definizione obiettivi: Ogni azienda, per svolgere le proprie attività, ha bisogno di acquistare continuamente, beni e servizi. Si effettuano acquisti:DIRETTI, ad esempio materie prime per la produzione di prodotti o per i servizi che la stessa azienda offre ai propri clienti e INDIRETTI necessari per la manutenzione, per le riparazioni o per le operazioni di routine giornaliere. Lo scenario è quindi dominato dai temi sulla redditività economica, della sostenibilità finanziaria e della soddisfazione del mercato di riferimento. Le leve decisionali di acquisto (procurement mix) derivano dalle leve di marketing definite 4P : - PRICE – prezzo; PLACE – localizzazione; PRODUCT – prodotto/servizio; PROMOTION – comunicazione. La leva prodotto può essere definita in termini di materiale o di tecnologia. Uno stesso prodotto può presentarsi sul mercato costituito da diverse tipologie di materiale, cui corrispondono diverse prestazioni, diverso livello qualitativo, differente facilità di lavorazione, più o meno rendimento. Il prodotto è pertanto una leva di acquisto che impatta direttamente sulla qualità del finito, sulla lavorabilità e sui costi di produzione. Allo stesso modo la tecnologia con la quale è stato realizzato il prodotto di acquisto impatta sul processo produttivo, sulla qualità del processo e del prodotto, nonché sul livello tecnologico del prodotto finito. Quest’ultimo ha una particolare rilevanza strategica se si persegue una strategia di differenziazione di prodotto volta all’innovazione del prodotto o al miglioramento delle sue prestazioni. La leva del prezzo ha un impatto diretto sul costo del prodotto. Nel caso dell’acquisto nel campo industriale il meccanismo è l’opposto del marketing tradizionale: conviene acquistare al minor prezzo possibile. Gli approcci che si possono seguire per la definizione del prezzo, sono i più diversi a seconda della tipologia del prodotto d’acquistare. Prodotti Generici–sono quotati dal mercato (grano,benzina,zucchero,...), mentre prodotti specifici richiedono una quotazione da parte del fornitore che può variare in relazione alla quantità acquistata o alla difficoltà di reperimento sul mercato. I Prodotti Standard sono gestiti dal venditore con cataloghi o listini. Diversa è la determinazione del prezzo nel caso il fornitore sia unico o ci siano più di un fornitore; nel primo caso si ricorre alla negoziazione, nel secondo all’offerta competitiva, cioè all’esame di più offerte tra i diversi fornitori con la scelta della più conveniente. Le fonti di acquisto sono la leva corrispondente al canale distributivo del marketing tradizionale: quale è il canale più idoneo da utilizzare per poter approvvigionare il prodotto? Per prima cosa bisogna valutare il numero dei fornitori, se utilizzare un fornitore unico, se conviene ridurre il parco attuale dei fornitori, o determinare il numero ottimale di fornitori alternativi. L’analisi dei mercati di riferimento ci può dare indicazioni in merito sulla base dell’analisi del rischio di fornitura e all’utilizzo della matrice di Kraljic, che incrocia il risultato con l’impatto del prodotto di acquisto in azienda. Una volta identificato il numero dei fornitori, per classe di prodotto e in relazione al rischio di fornitura, la selezione è effettuata tramite una valutazione dei fornitori basata su criteri di valutazione e su specifici parametri di misura delle prestazioni. Scelte le fonti di acquisto, si determina l’ultima leva del marketing di acquisto: Quale tipo di relazione instaurare con il fornitore. Il rapporto si riassume in tre tipologie o classi: - Tradizionale, ovvero basata sul rapporto di mercato; - Integrato, con accordi che considerano i flussi di fornitura ed i relativi tempi di fornitura; - Evoluto, quando si formalizza un accordo di partnership. Le tre tipologie di cui sopra, definiscono tipologie contrattuali quali, contratti tradizionali o contratti aperti, concordare procedure che definiscono variazioni del prezzo o variazioni dei volumi da

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fornire e procedure di controllo per il rispetto dei requisiti contrattuali (controlli autocertificati dal fornitore, VQ). 3.scelta del fornitore: I Fornitori devono essere selezionati e valutati sulla base della loro capacità di fornire servizi/prodotti ai requisiti tecnico / contrattuali del committente. 4.omologazione dei fornitori Cosa si intende per VENDOR RATING e quali prestazioni valutare? L’obiettivo di un progetto di Vendor Rating è la riduzione del rischio sulle decisioni strategiche dell’azienda ed una corretta evidenziazione dei fattori chiave dell’acquisto attraverso l’ideazione di uno strumento che consenta l’identificazione di indici di performance atti a: • Valutare il singolo fornitore sulla base degli scostamenti tra performance attese e reali • Monitorare l’andamento delle prestazioni nel tempo • Confrontare i propri fornitori secondo parametri omogenei Si considerano INDICATORI DI PRESTAZIONE: Qualità – Prezzo – Consegna – Assistenza Tecnica e INDICATORI DI CAPACITA’: Costi Totali – Flessibilità – Innovazione e Sviluppo – Tecnologia – Stabilità economica-finanziaria. Possiamo indicare almeno TRE livelli di VR. 1°LIVELLO Si valutano le prestazioni - PREZZO e TEMPI di consegna 2°LIVELLO Valutazione a Costi Totali -

Si considerano: Prezzo di Acquisto Costi di Controllo Qualità (ispezioni, collaudi) Costi della non-qualità (resi, contenziosi, rilavorazioni, sostituzione, immagine fornitore) Costi mancanza affidabilità di consegna e produzione (scorte, ritardi mancata produzione e vendita)

Costi lotti (giacenza media, obsolescenza) Costi mancato miglioramento (perdita competitività, perdita posizioni mercato) A questo livello di vendor rating la valutazione comprende anche la capacità del fornitore su: assicurazione qualità, innovazione tecnologica, flessibilità dell’organizzazione.

3°LIVELLO Si considera una più stretta integrazione con il fornitore e quindi una valutazione che consideri le capacità di sviluppo tecnologico ed innovazione del fornitore. Questo passaggio ad un livello più sofisticato di VR delinea una relazione di partnership tra acquirente e fornitore. I fattori critici che si considerano nella partnership sono: PREZZO - QUALITA’ - TEMPO DI CONSEGNA - LIVELLO DI SERVIZIO – CAPACITA’ DI PROCESSO – ASSICURAZIONE QUALITA’ – CAPACITA’ DI MIGLIORAMENTO – TECNOLOGIA – COERENZA STRATEGICA. Quindi i criteri di valutazione hanno ampiezza crescente in funzione del rapporto che si instaura con il fornitore.

La funzione PRODUZIONE L’attività di produzione consiste nell’Attività’ di acquisizione, di aggregazione e di impiego di risorse disponibili in natura in quantità limitata al fine di ottenere altre risorse (output) in quantità limitata.

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L’attività di produzione non riguarda solo la trasformazione industriale, ma anche la produzione di servizi. I fattori di produzione si combinano diversamente: nella produzione industriale l’output è frutto di interazione di fattori aziendali come illustrato nello schema a lato � Nella produzione di servizi nell’interazione rientra anche il cliente: la procedura di produzione del servizio è detta servuction. Il cliente, colui che consuma il servizio contribuisce alla creazione del prodotto. Senza di lui il servizio non esisterebbe si occupa di controllo della qualità, instaura rapporti col personale fondamentali: si occupa di specificare il servizio, partecipa alla sua produzione, ha ruoli nel marketing dello stesso. Il personale di servizio è molto importante perchè oltre al ruolo operativo di erogazione del servizio ricopre anche un ruolo relazionale che crea valore nel servizio (immagine, gesto, comportamento, parola) e si occupa della vendita. Il supporto fisico sono magazzini, locali. L’ambientazione è importante come vetrina e può accrescere il valore del servizio prodotto. Gli altri clienti fungono anche da segnalatori di qualità del servizio. Il servizio è l’obiettivo del sistema. LE SCELTE DELLA PRODUZIONE: diverse tipologie, riguardano

L’assetto infra‐strutturale (scelte di progettazione)

∗ Tipologia di processi

∗ Dimensione - capacità

∗ Lay out

∗ Localizzazione impianti

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La produzione in senso stretto (scelte di gestione)

∗ Grado di automazione

∗ Grado di integrazione delle apparecchiature

∗ Sistemi di programmazione e controllo della produzione

∗ Sistemi di qualità

L’assetto organizzativo

∗ Competenze delle risorse umane

∗ Struttura organizzativa e meccanismi di coordinamento

I fattori di competitività nella funzione di produzione Riduzione dei costi della trasformazione per perseguire un vantaggio di costo

- Standardizzando la Produzione - Alti volumi � sfruttare le economie di scale e ottenere una riduzione di costi - Continuità dei flussi: le interruzioni del processo di produzione i costi aumentano, quindi la

continuità è importante - Bassa intensità del lavoro: più macchine meno operatori (il lavoro costa) - Specializzazione degli impianti: diventano più veloci e meno costosi - Bilanciamento delle capacità produttive: è importante bilanciare le diverse capacità

produttive dei macchinari che si susseguono nel processo di produzione, riducendo i tempi morti, dato che gli impianti non producono tutti con la stessa velocità.

Flessibilità del sistema produttivo e elasticità del sistema produttivo e qualità: vantaggio di differenziazione. Flessibilità comporta variare i mix produttivi senza un eccessivo aggravio di costi. L’elasticità è un concetto che riguarda le variazioni di tipo quantitativo, variare le quantità prodotte senza subire eccessivi aggravi di costi

- La prestazione del prodotto - La qualità dei materiali e delle lavorazioni - La personalizzazione della produzione: creando moduli che diversamente combinati (si

combinano pezzi standardizzati) creano prodotti che si avvicinano il più possibile alle esigenze del cliente

- La rapidità di innovazione ed introduzione di nuovi prodotti: flessibilità qualitativa - Capacità di variare i mix produttivi

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- Capacità di variare i volumi di produzione - Riduzione e certezza dei tempi di consegna - Qualità della produzione: Prestazioni, Affidabilità, Conformità a standard, Durata, Livello del

servizio, Estetica, Qualità percepita SCELTE DI PROGETTAZIONE il processo di produzione impone tecnologie non improvvisate e attuabili nel lungo periodo. Processo di produzione di montaggio: assemblare diversi input Processo di trasformazione: si trasformano gli input Processo di produzione industriale � complesso delle attività di trasformazione La produzione può essere artigianale: basata sulla specializzazione delle risorse, sul lavoro di soggetti specializzati. Caratteristiche:

a. prevalenza del costo della manodopera rispetto al capitale b. incidenza elevata del costo della materia prima c. scarsa rilevanza del costo degli strumenti d. flessibilità produttiva: sia in senso quantitativo sia qualitativo e. variabilità dei costi: il costo fisso deriva in genere dagli impianti. I costi sono spesso legati alla

produzione (si lavora spesso su commessa, no ammortamento) produzione industriale. caratteristiche:

a. svolgimento dei processi per fasi omogenee di lavorazione: processo diviso in fasi di cui si occupano macchinari e persone diverse

b. specializzazione della macchina per fasi e elevati volumi di produzione c. intercambiabilità e standardizzazione delle parti componenti: effetto lego d. incidenza della macchina rispetto al lavoro umano: costi e prevalenza e. scarsa variabilità rispetto alle esigenze del mercato: sia in termini quantitativi (se vario le

quantità subisco aggravi di costi) che qualitativi (variabili limitate) progettazione del processo produttivo Alla base delle scelte di progettazione del processo produttivo sta la scelta della combinazione più conveniente dei fattori produttivi, cioè quella che:

- dato il valore complessivo del prodotto da ottenere ne minimizzi il costo; - dato il costo complessivo da sostenere massimizzi il valore del prodotto. - per migliorare la produttività è possibile agire sulla riduzione dei costi medi unitari di

produzione - per aumentare il valore percepito del prodotto, il processo produttivo deve avere

caratteristiche di flessibilità e di elasticità tipologie di sistemi produttivi industriali MATRICE DI WOODWARD: illustra le caratteristiche dei diversi processi produttivi. Considera due dimensioni: prodotto unico (una sola variante) e molteplicità di prodotti (più varianti), prodotto standardizzato e prodotto su specifica. Processo continuo:

- prodotto unico, standardizzato. Permette di sfruttare le economie di scala.

- Non è possibile interrompere il processo produttivo. - Flusso ininterrotto di materiali fino al prodotto finito

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- (assenza di scorte di semilavorati intermedi) – ciclo - tecnico-produttivo vincolato - Programmazione produzione predefinita e stabile - Poca manodopera (importanza del fattore capitale): la rilevanza della manodopera è

scarsa - Mancanza di flessibilità - Elevata efficienza - Integrazione verticale a monte (rapporto con i fornitori): spesso hanno partecipazioni nelle

società dei fornitori per evitare interruzioni e fornitura.

- esempio: raffinerie, impianti chimici, alimentare A volte è una scelta strategica optare per questo processo perchè le macchine in continuità consentono buoni guadagni. Altre volte non è una scelta: negli impianti di trasformazione chimico-fisica non è possibile dividere i processi produttivi, in alcuni casi il processo continuo è più appropriato data la tipologia di prodotto. Vi sono impianti che sono il risultato di concezioni tecniche strettamente unitarie o sono a ciclo tecnicamente obbligato (si presentano come un solo grande impianto unitario e non come il complesso di più macchine variamente collegate tra loro: impianti siderurgici, petrolchimici, le cementerie, i mulini, le cartiere ecc.). Vi sono impianti che, pur caratterizzati da una serie di macchinari tecnicamente distinti, eseguono dei processi nei quali le macchine di ciascun tipo danno il loro contributo alla produzione finale in una sequenza non modificabile (industria tessile integrata con operazioni di filatura, tessitura, tintoria, cucitura, ecc, industria alimentare, ecc.) Vi sono processi in cui concorre spesso una varietà di grandi macchine, che potrebbero svolgere contemporaneamente anche diversi cicli di produzione e realizzare anche altri tipi di prodotti, ma che in relazione alla capacità di assorbimento del mercato sono destinati alla fabbricazione di un solo prodotto per ottimizzare l’efficienza del ciclo produttivo principale – macchine disposte a catena, o in linea o per prodotto.

Processo su progetto (job shop): ha caratteristiche tipiche dell’artigianalità (prodotto unico, flessibilità), ma si occupa di grandi progetti tipici di un’industria. Si produce una variante di prodotto con bassa standardizzazione dei processi: si crea un processo ad hoc per il progetto (a volte si creano società temporanee apposite)

- flessibilità - poca programmazione della produzione - cicli lavorazione instabili e transitori - macchinari polivalenti, devono essere funzionali a progetti diversi nell’ambito della stessa

tipologia - poche scorte materie prime - personalizzazione prodotto (grande varietà) - importanza affidabilità consegne - esempio: produzioni cinematografiche – sartoria, oggettistica – opere di ingegneria civile, ecc.

Processo intermittente Il processo produttivo è interrotto consentendo alle macchine lavorazioni particolari per avere la varietà del prodotto. Macchinari e operazioni omogenee per funzioni, gamma produttiva nota (poca varietà), programmazione della produzione.

� Grandi lotti: creazione di grandi serie, prodotti standardizzati e poi personalizzati nella fase di assemblaggio. I componenti sono stabili.

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� Piccoli lotti: maggiore flessibilità delle risorse impiegate, produzioni adattate “su modello” Nella fase iniziale del ciclo di vita del prodotto il processo produttivo avrà una struttura elastica e flessibile, la qualità è importante per superare le resistenze che il consumatore ha nei confronti del nuovo prodotto. È necessaria Flessibilità Quantitativa � per rispondere meglio al mercato Qualitativo � il prodotto potrebbe necessitare di modifiche In un mercato maturo Se si può differenziare il prodotto � processo intermittente

Se non si può differenziare il prodotto � processo continuo

Il layout di produzione Il layout è la disposizione planimetrica degli impianti nell’ottica di contribuire ad ottimizzare le “4M” (men,materials, machines,

money). L’obiettivo della progettazione del lay‐out è

massimizzare la produttività del sistema, in quanto: sono scelte in parte irreversibili (non immediatamente reversibili almeno), che

incidono sulla gestione. I fattori che incidono sulla scelta di

lay‐out sono il rapporto con il mercato e con la domanda, la segmentazione (n. prodotti, n. di

varianti), il volume e la sua variabilità (V/n. prodotti o n. varianti), il tipo di processo produttivo. Tipi di layout

Lay‐out transitori: disposizioni laddove esiste il progetto

lay‐ out stabili:

o Unità di produzione: ad alta produttività � Layout a catena/ Layout in linea /Layout per

prodotto. Caratterizzata da una disposizione sequenziale in base alla successione di operazioni. L’obiettivo è ottenere la massima produttività. Per massimizzare l’efficienza le macchine sono in linea, non ci sono magazzini intermedi. Il meccanismo tuttavia è molto rigido, se si interrompe una fase si interrompe tutto. È un processo a produzione continua, gli impianti sono molto specializzati. Un’inefficienza in una fase si riversa nelle soggettive. I pezzi di lavorazioni si trasferiscono da una macchina a un’altra. L’obiettivo della programmazione della produzione è quello di ottenere e mantenere un certo flusso produttivo in una data unità di tempo. Ci sono Forti legami di capacità e di rendimento fra le macchine (che precedono e

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che seguono) che formano la catena. Solitamente più veloce di quello “per reparti” (disposizione in linea, maggiore velocità movimentazioni interne di materiali e componenti)

o a reparto o funzionale (versioni intermedie): ad elevata flessibilità: minore efficienza maggiore differenziazione. Le macchine sono raggruppate in reparti specializzati, sono disposte per funzione, in diverse sezioni tra loro scollegate; sono unite da movimentazioni di semilavorati da un reparto all’altro. Lo svolgimento delle operazioni è indipendente – diversi cicli produttivi che vengono svolti contemporaneamente. Un Esempio classico: stabilimento meccanico con reparto collaudo, assemblaggio, montaggio, ecc... I pezzi di lavorazioni sono “trasportati” in lotti da un reparto all’altro. È importante il monitoraggio dei tempi di lavorazioni in ciascun reparto. La capacità produttiva delle macchine di un reparto non influisce su quella delle macchine degli altri reparti (il sistema produttivo non è molto integrato -indipendenza dei singoli reparti). L’impresa gioca sui passaggi dai magazzini intermedi per riassettare la produzione. L’impresa può sfruttare le economie di varietà: il costo medio dei tre prodotti è inferiore a quello che so otterrebbe dedicando a ogni prodotto una linea dedicata. L’impresa è più flessibile.

o A catena con funzionamento per cicli intermittenti – tipico delle realtà “capital intensive”, con macchine ad elevata capacità produttiva. La linea viene spezzata per consentire la produzione di diversi modelli. Si creano interruzioni per consentire la differenziazione.

o Reparti in linea: posizionamento a catena di gruppi di macchine uguali che vanno a costituire veri e propri reparti (casi in cui è possibile suddividere il ciclo in fasi “tecnologicamente simili”). Si riducono le movimentazioni.

o a Isole o Group Technology: macchine disposte a gruppi ciascuno dei quali viene costituito in base alla sequenza delle fasi più complesse. La figura umana si occupa di più fasi. Si dà più responsabilità alle risorse umane e si consente loro di dare spunti per ottimizzare il processo, vedere l’integrazione e notare anomalie. Si preserva la specializzazione con reparti fondati su piccole linee.

o A posto fisso (per alcune produzioni job shop)

L’IMPIANTO E LA SCELTA DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA

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IMPIANTO = Insieme di beni materiali (edifici, macchinari, materiali…) e immateriali (brevetti, ricerche…) di uso durevole, per lo svolgimento dell’attività di trasformazione, che richiede investimenti ad hoc (immobilizzazioni tecniche) LA CAPACITA’ PRODUTTIVA DELL’IMPIANTO è il numero di unità di prodotto che l’impianto può fornire in un’unità di tempo:

� Capacità produttiva teorica: la prestazione che un impianto è in grado di dare in un’unità temporale ridotta (giorno, ora), senza arresti

� Capacità produttiva effettiva: tiene conto delle interruzioni, della qualità della materia prima, della capacità professionale

� Capacità produttiva economica: è la produzione effettiva economicamente utilizzabile Quanto deve essere grande l’impianto? La decisione sul dimensionamento della capacità produttiva dell’impianto si lega ai concetti di: economicità dell’investimento (minimizzare il costo unitario di produzione); rischiosità dell’investimento (massimizzare lo sfruttamento del sistema produttivo) � L’economicità dell’investimento è connessa alle economie legate alla dimensione dell’impianto o dell’impresa e dalle ECONOMIE DI SCALA; � La rischiosità dell’investimento è valutabile in rapporto alla struttura dei costi PUNTO DI PAREGGIO. FATTORI DI INFLUENZA DELLA SCELTA: La domanda, La concorrenza, L’efficienza che deriva dalla tecnologia e dai metodi di gestione. ECONOMIE DI SCALA TECNOLOGICHE: Passando da un tipo di processo ad un altro che viene svolto con un impianto di maggiore capacità produttiva, il costo medio minimo di produzione diminuisce per effetto dei rendimenti di scala crescenti.

Diminuzioni di costo medio unitario di produzione all’aumentare della dimensione di impianto. Le economie di scala si verificano spesso in concomitanza di rendimenti di scala crescenti (relazione esistente tra la variazione degli input di produzione e la variazione del suo output.

∗ I rendimenti di scala si definiscono:

∗ Costanti: se ad un aumento (diminuzione) degli input segue un aumento (diminuzione)

proporzionale dell'output;

∗ decrescenti : se ad un aumento (diminuzione) degli input segue un aumento (diminuzione) meno

che proporzionale dell'output;

∗ Crescenti: se ad un aumento (diminuzione) degli input segue un aumento (diminuzione) più che

proporzionale dell'output; � dipendono da � I costi di costruzione di impianti di maggiori dimensioni crescono meno che

proporzionalmente alla capacità produttiva (es. radar per le navi)

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� relazioni area/volume (costi “quadratici” e rendimenti “cubici”: per es. il costo di un magazzino varia in relazione ai mq ma ottengo un aumento di capacità di magazzinaggio in termini di volume)

� le immobilizzazioni immateriali (progettazione, sviluppo,...) hanno un costo rilevante che può essere ripartito più efficacemente impianti con elevata capacità produttiva. I costi di progettazione non variano al crescere delle dimensioni dell’impianto

� al crescere del volume di produzione, il fattore lavoro diventa più specializzato e quindi più produttivo

� il controllo di processo può essere automatizzato e standardizzato e quindi risulta più efficiente

impianti di grandi dimensioni � costi medi più bassi

l’impresa non può cambiare impianto, il costo medio unitario è riconducibile con l’aumento del volume prodotto, sfruttando al meglio la capacità produttiva. Superato il punto ottimale i costi crescono rapidamente a causa del sovraccarico e dei conseguenti costi di manutenzione.

Nel lungo periodo i costi fissi hanno questo andamento. I costi fissi aumentano in modo meno che proporzionale � presupposto economico delle economie di scala. La scelta dell’impianto è una scelta di progettazione di medio - lungo periodo: in tale orizzonte il costo fisso può cambiare e varia in modo meno che proporzionale all’aumento della quantità. Problema: individuare la soluzione che permette di sfruttare tutte le economie di scala, quell’impianto operativo ai costi medi più bassi quindi è economicamente più efficiente dal punto di vista delle economie di scala. L’individuazione della capacità produttiva più conveniente da dare all’impianto è una scelta che dipende da:

• dimensione e variabilità della domanda • andamento delle economie di scala tecnologiche, in base alle quali si individua la DOM

(dimensione ottima minima = Qe) dell’impianto, cioè quella cui corrisponde il minimo costo medio unitario di lungo periodo

Dimensione Ottima Minima (DOM): è Ia dimensione ottimale minima, quella che segna l'inizio del tratto di curva parallelo Dimensione Efficiente Massima (DEM): rappresenta il punto a partire dal quale Ia curva ricomincia a risalire, cioè Ia dimensione oltre Ia quale non si è più efficienti da un punto di vista economico perché il costo medio unitario di produzione tende ad aumentare. La tendenza dell'impresa a non andare oltre una determinata dimensione deriva da almeno due cause fondamentali: 1) il vincolo imposto dal mercato: l'impresa deve valutare il tasso di crescita della domanda;

2) il vincolo tecnico‐economico che impone di non superare una certa soglia dimensionale

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Fin qui abbiamo analizzato le economie di scala relative all’attività di produzione. Esse si trovano anche nelle altre attività della catena del valore, e possono essere sfruttate considerando il costo medio complessivo globale nella nostra analisi. riduzione del costo medio di produzione complessivo, Un’impresa di grandi dimensioni può conseguire, in aggiunta alle economie di scala tecnologiche, altre economie di scala quando ripartisce i compiti, meccanizza alcuni processi, suddivide le spese generali (economie di direzione) compra e vende su vasta scala (economie nel marketing e negli approvv.), acquista capitale a vasta scala (economie nella finanza), svolge ricerche su vasta scala (economie nella R&S). Se la DOM è troppo ridotta per sfruttare tutte le economie di scala si utilizzano più impianti di dimensione DOM (impresa multiplant): Se le dimensioni ottime “di gestione” sono superiori alla dimensione ottima tecnologica, le imprese sono indotte a svolgere la propria attività con una capacità produttiva che consenta di sfruttare , oltre alle economie di scala tecnologiche, tutte le economie di gestione. � IMPRESA MULTIPLANT. Più impianti di DOM ECONOMIE DI VARIETA’ economie che risultano dalla produzione congiunta di differenti prodotti all’interno di un’unica impresa piuttosto che disgiunta tra più imprese. Vi sono quindi economie di varietà quando il costo totale della produzione congiunta di X1 e X2 è minore della somma dei costi totali sostenuti producendoli separatamente. Come tarare la capacità produttiva in base alla domanda e alle sue variazioni di tipo quantitativo

Tipi di variazioni: variazioni di lungo periodo: trend della domanda in orizzonti di medio - lungo termine e sono legati a cicli economici ma soprattutto a cambiamenti nei gusti del consumatore o della tecnologia come affrontare un trend di crescita? Si definisce la capacità produttiva, investendo in due fasi per evitare eccessivi costi di inutilizzo. Si predispone la capacità produttiva in modo da poter ampliare nel modo più semplice la capacità produttiva variazioni stagionali: si ripetono, sono cicliche, hanno picchi e cadute che si ripetono. Se il prodotto non è stoccabile l’impresa fissa la capacità produttiva al picco di domanda (se troppo onerosa fissa una capacità più bassa e cerca di attenuare la stagionalità con sconti e promozioni), se stoccabile si predispone una capacità intermedia e si fronteggiano i picchi con le scorte. variazioni congiunturali: non prevedibili Elasticità e flessibilità dell’impianto: ELASTICITA’: Possibilità di sottoutilizzo dell’impianto, senza che il costo unitario del prodotto aumenti in misura tale da non essere più competitivo. � Il problema è connesso con il rapporto cf e cv, con la struttura dei costi. È una flessibilità di tipo quantitativo. All’inizio dell’attività si preferisce sacrificare leggermente l’efficienza per una via più elastica. FLESSIBILITA’: Facoltà dell’impianto di essere utilizzato per ottenere prodotti differenti tra loro senza costi di trasformazione incompatibili con la situazione economica e concorrenziale. C’è un trade-off tra investimento per l’impianto e flessibilità: gli impianti flessibili costano di più. Gli impianti non flessibili modificati successivamente causano aggravi di costo. In particolare la scelta del livello di flessibilità comporta una scelta tra: maggiore investimento iniziale, che consente di abbattere i costi di trasformazione o minore investimento iniziale, con eventuali elevati costi di trasformazione.

Ricerca & Sviluppo: Lo sviluppo della tecnologia

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L’attività di sviluppo della tecnologia viene inserita tra le attività di supporto, perché: � deve fornire le conoscenze a tutte le attività della catena del valore; � deve continuamente dialogare con queste ultime per determinare quali sono le innovazioni

necessarie all’impresa per il raggiungimento di un vantaggio competitivo. Lo sviluppo dell’innovazione non può seguire un modello lineare o a cascata secondo cui l’innovazione prima viene progettata, poi realizzata e, infine, commercializzata. L’innovazione segue un modello di sviluppo “concatenato” che richiede la costante integrazione tra le attività di Sviluppo della Tecnologia, Marketing e Produzione. (Kline-Rosenberg, 1986). � innovazione come frutto di un processo concatenato Con innovazione tecnologica si intende l’utilizzo della tecnologia per lo sviluppo di nuovi prodotti o di nuovi processi, o il miglioramento di prodotti o di processi esistenti per fini commerciali Nella definizione dell’innovazione tecnologica è importante sottolineare l’aspetto relativo al collegamento con il mercato: se non c’è valore di scambio, un fine commerciale, parliamo di innovazione (idea, applicazione della tecnologia che non trova sbocco sul mercato) La semplice modifica del prodotto o del processo non è sufficiente per garantire il successo dell’innovazione, che è invece strettamente connesso alla capacità commerciale dell’impresa innovatrice, e soprattutto a quella di soddisfare le esigenze che il cliente manifesta in modo più o meno evidente Distinguiamo: a seconda del campo di applicazione

� innovazione tecnologica di prodotto: si crea/modifica un prodotto e si ottiene un prodotto nuovo o se ne migliora uno esistente. Le innovazioni di prodotto costituiscono barriere all’entrata per i concorrenti e degli elevati costi di sostituzione per i clienti.

� innovazione tecnologica di processo: si applicano nuove soluzioni tecnologiche ai processi produttivi. Cambia il modo per ottenere il prodotto. Le innovazioni relative ai processi, che hanno il compito di ridurre i costi, sono spesso difficilmente imitabili dai concorrenti, perchè la loro replicazione richiederebbe una riorganizzazione dell’intera catena del valore.

A seconda del livello di originalità

� innovazione tecnologica radicale: completamente nuova � innovazione tecnologica incrementale: modifica, miglioria apportata. Innovazioni

successive possono portare scatti veramente consistenti tra un prodotto di 1 generazione un prodotto di ultima generazione

l’impresa gestisce l’innovazione tecnologica attraverso la funzione di Ricerca e Sviluppo. L’innovazione è positiva se

� crea fonti di vantaggio competitivo agendo sulla catena del valore sul versante dei costi o della differenziazione; La tecnologia può contribuire a generare un vantaggio di costo sia attraverso innovazioni mirate alla modifica dei processi produttivi e gestionali che mediante innovazioni che coinvolgono direttamente la realizzazione dei prodotti. Lo sviluppo della tecnologia può anche garantire il raggiungimento di un vantaggio di differenziazione agendo sulle fonti che fanno percepire come unico il prodotto al consumatore, attraverso la riduzione dei costi che esso sostiene o attraverso il miglioramento delle prestazioni del prodotto.

� rende più efficace il rapporto con una delle cinque forze competitive, rendendo quindi il settore di appetenza più attrattivo. Possono migliorare i rapporti coi clienti tecnologie di e-commerce. Adaci ha illustrato come le innovazioni influiscano sulla funzione approvvigionamenti

fasi della ricerca e sviluppo

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Le decisioni di prodotto saranno poste sotto la responsabilità della funzione di marketing (strategico), in stretto legame con la funzione di produzione e R&S.

Le fonti dell’innovazione

� APPROCCIO DEMAND PULL: riconoscimento dei fabbisogni (espressi o inespressi) del mercato. La domanda spinge l’impresa a innovare. In generale le migliorie sono frutto di questo approccio.

� APPROCCIO TECHNLOGY PUSH: importanza dell’ambiente scientifico-tecnologico che da impulso alla creazione di nuovi prodotti. In generale le innovazioni radicali sono frutto di questo approccio

� APPROCCIO INTERMEDIO: DI “INTERDIPENDENZA TRA AMBIENTE SCIENTIFICO E QUELLO SOCIO-ECONOMICO

Non tutte le imprese hanno la funzione Ricerca & Sviluppo o gestiscono l’innovazione attraverso a questa funzione: possono ad esempio acquisirla dall’esterno. Il secondo volto della funzione Ricerca & Sviluppo Investire in RS consente di meglio cogliere le nuove conoscenze che si producono all’esterno. Infatti non tutte le innovazioni tecnologiche provengono dall’interno della funzione: non sempre la tecnologia proviene dall’interno dell’impresa. Spesso il produttore dell’innovazione non è l’utilizzatore dell’innovazione stessa. Abbiamo infatti:

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� Sviluppo interno � Azioni organizzative interne di innovazione diffusa (job rotation e lavoro di

gruppo) –caso giapponese, applicano la group tecnology per migliorare il prodotto.

� Dipartimento ricerca e sviluppo � Sviluppo esterno: avviene mediante la collaborazione con soggetti esterni, la

funzione serve per cogliere le innovazioni e acquisire i brevetti. Per acquisire conoscenze tecnologiche dall’ambiente esterno si ricorre a

� Contratti di licenza: contratto tra l’impresa detentrice del brevetto e impresa utilizzatrice, che sfrutta questa innovazione pagando royalities. Hanno durata definita e le licenze possono essere concesse limitatamente ad alcune aree geografiche. È una soluzione molto veloce e comoda ma porta a una pericolosa dipendenza da licenze e brevetti: cosa succede a scadenza del contratto? L’impresa rischia di trovarsi priva di tecnologia

� Acquisto tecnologie: l’impresa non affitta la conoscenza tecnologica ma la acquista. Con questo metodo si elimina la precarietà dovuta al contratto di licenza. Il problema qui è interiorizzare la conoscenza, l’impresa deve avere all’interno la tecnologia necessaria a sfruttare la conoscenza.

� Acquisto aziende con tecnologie proprie: acquisizione della struttura organizzativa che ha generato la conoscenza. Presenta un rischio comune a tutte le attività di fusione: il pericolo che le due realtà non si riescano a integrare bene

� Reverse engineering: l’impresa prende un prodotto innovativo, lo smonta, lo analizza e prova a imitarlo

� Interno ed esterno: è uno sviluppo intermedio � Contratti esterni di ricerca (spin-off): collaborazioni tra impresa e un soggetto

che si occupa di ricerca. C’è un rapporto tra committente e ricercatore; l’impresa deve avere le competenze necessarie per collaborare con l’ente ricercatore.

� Contratti esterni con partnership con altre imprese: collaborazione tra imprese, sviluppo di una tecnologia comune. Queste a volte possono originare join venture e consorzi.

� Joint venture e consorzi

Distinguiamo, in base al POSIZIONAMENTO TECNOLOGICO tra � l’impresa leader tecnologico (o first mover):

impresa che sfrutta per prima l’innovazione (es. GLAXO - Zantac). Vantaggi: Monopolio, apprendimento, reputazione. Svantaggi: Investimento, organizzazione, rischio.

� fast second, imprese follower tecnologici per le PMI è spesso una necessità per le grandi imprese è spesso una scelta invece. Non è detto che la prima impresa innovatrice sarà quella che avrà più successo. Vantaggi: minor rischio e costi Svantaggi: reputazione

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LE OPZIONI STRATEGICHE Le opzioni strategiche possono essere ricondotte a tre diverse tipologie:

a) STRATEGIE PER IL VANTAGGIO COMPETITIVO b) STRATEGIE DI CRESCITA c) STRATEGIE DI SOPRAVVIVIENZA

a) STRATEGIE PER IL VANTAGGIO COMPETITIVO Individuano le modalità attraverso cui conferire ai prodotti e ai servizi un vantaggio competitivo efficace, difendibile e duraturo. Comprendono: 1) leadership di costo:

Se l’impresa persegue una strategia centrata sui costi, essa si propone di diventare il produttore a più basso costo. Ciò implica la capacità dell’impresa di organizzare e gestire al meglio le attività ai fini della qualità del prodotto, mantenendo nel contempo i costi al di sotto di quelli “medi” degli altri produttori. Se un’impresa detiene un vantaggio di costo, può:

1) ottenere una redditività superiore alla media dell’ASA, applicando prezzi uguali o vicini a quelli dei concorrenti;

2) ampliare la quota di mercato praticando prezzi più bassi rispetto ai concorrenti. Il vantaggio di costo rappresenta una difesa efficace contro le cinque forze competitive, in quanto:

- nei confronti dei concorrenti diretti, l’impresa non deve temere le conseguenze di un’eventuale guerra di prezzo (ha una resistenza maggiore), essendo in grado di realizzare un profitto anche ad un livello di prezzo che per la concorrenza è il minimo praticabile;

� i clienti, per quanto forti, non riescono ad ottenere un ribasso del prezzo al di sotto di quello praticato dal diretto concorrente che gode della migliore posizione;

� nei confronti dei fornitori l’impresa resiste bene a un eventuale aumento dei costi di fornitura: i bassi costi di gestione delle attività difendono l’impresa dagli effetti di aumenti nei costi di approvvigionamento.

� i bassi costi consentono di praticare bassi prezzi,tali da rappresentare una barriera contro l’entrata di eventuali nuovi concorrenti: se l’impresa trasferisce il suo vantaggio sul prezzo abbassandolo crea una forte barriera dato che i potenziali nuovi entranti sono impossibilitati a praticare un prezzo così basso che deriva da economie di scala, di esperienza e da contratti di fornitura a lungo termine. Inoltre la nostra impresa può applicare un prezzo deterrente per scoraggiare gli ingressi.

� Rispetto ai prodotti sostitutivi guadagna forza rappresentando una situazione appetibile perchè economicamente conveniente.

Può derivare 1) la migliore utilizzazione delle risorse o delle attività generatrici del valore dell’impresa

(impianti di produzione, strutture distributive e logistiche, strutture di R&S) 2) lo sfruttamento di economie di scala e di esperienza 3) la sistematica innovazione delle tecnologie di processo e di prodotto che consente

all’impresa di operare con maggiori livelli di efficienza rispetto ai concorrenti

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4) lo sfruttamento degli effetti esperienza l’adozione di migliori tecniche di progettazione

5) il costo degli input 6) l’adozione di sistemi di management delle attività produttive e degli

approvvigionamenti basati su filosofie che riducono i costi specifici.

esempi Samsung è il leader sul mercato mondiale dei telefoni cellulari. Dispone di economie di scala (di impianto e di esercizio) ingenti, sfruttate grazie alla sua quota di mercato. Ha un elevato potere contrattuale nei confronti dei fornitori, che lo porta ad avere prezzi competitivi per le forniture. Utilizza a costi inferiori dei concorrenti, circuiti integrati di nuova concezione, poiché è in grado di acquistarne grandi quantità. Trasporto marittimo con container: In questo settore, le imprese di shipping sono orientate ad incrementare la capacità ricettiva delle navi, al fine di conseguire economie di scala che permettano di ridurre i costi medi unitari del servizio offerto (vedi esempio seguente su navi con una capacità di 4.000, 6.000 e 10.000 TEUs).

2) differenziazione:

L’impresa persegue una strategia di differenziazione, offrendo ai propri clienti un prodotto con una o più caratteristiche di esclusività che, nella percezione del cliente stesso, risultano meglio in grado di soddisfare un determinato bisogno. Ad esse il cliente attribuisce un valore tale da accettare di pagare un prezzo più elevato (premium price). La differenziazione, infatti, consente all’impresa di imporre prezzi più alti o comunque di creare preferenza e fedeltà per i propri prodotti o servizi. Secondo Porter , per avere successo questo tipo di strategia deve avere tre caratteristiche:

1) Deve creare valore per il compratore. Il modo migliore per farlo è porsi nella sua prospettiva: capire se la differenziazione riduce i costi di uso del prodotto, oppure offre prestazioni superiori;

2) Deve essere percepita, nel senso che il compratore deve percepire un valore aggiunto. Se non lo percepisce non è disposto a pagare un premium price. La business unit deve dunque comunicare attraverso i segnali giusti.

3) Deve essere difficile da imitare. Se la differenziazione è basata sull’impegno di un’intera organizzazione e se evolve costantemente, per i rivali è difficile imitarla. Altrettanto difficile quando la differenziazione comporta forti investimenti in impianti e quando scaturisce dall’immagine del prodotto e dell’impresa.

Il vantaggio di differenziazione rappresenta una difesa efficace contro le cinque forze competitive, in quanto:

� nei confronti dei concorrenti diretti, la differenziazione riduce la sostituibilità del prodotto, accresce la fedeltà dei clienti, diminuisce la sensibilità al prezzo; non c’è concorrenza sul prezzo.

� i clienti, per quanto forti, non riechiedono sconti e non cambiano prodotto

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� nei confronti dei fornitori il margine elevato consente di sopportare bene gli aumenti di prezzo: addirittura l’aumento può essere traslato sul prezzo senza comportare perdite di quote di mercato.

� L’ingresso di nuovi concorrenti è reso più difficile dalla fedeltà dei clienti. La differenziazione accresce le barriere all’entrata

� Rispetto ai prodotti sostitutivi guadagna forza per la fedeltà del cliente e le caratteristiche distintive del prodotto.

Le scelte di differenziazione sono influenzate anche dal livello di maturità del prodotto e del settore (Mathur, 1984):

� Durante i primi stadi di sviluppo, le imprese sono obbligate ad offrire un alto livello di assistenza alla clientela, generalmente attraverso la fornitura di sistemi che prevedono la differenziazione dei prodotti e dei servizi di supporto; Con lo sviluppo del mercato, emergono fornitori specializzati in particolari tipologie di prodotti e servizi;

� Quando il mercato raggiunge la maturità, avviene un processo che rende progressivamente indifferenziati i beni offerti; la differenziazione di prodotti e servizi cede il passo a una maggiore standardizzazione finalizzata alla riduzione di costi e prezzi;

� Le imprese, di fronte alla forte concorrenza sui prezzi dei beni indifferenziati, cercano nuovi approcci alla differenziazione, offrendo prodotti con nuove funzionalità e sviluppando nuovi sistemi di prodotti e servizi orientati a soddisfare i bisogni di particolari gruppi di clienti.

Fattori che influenzano la differenziazione: 1) le caratteristiche e le prestazioni dei prodotti 2) i servizi (consegna, credito, riparazioni) 3) l’intensità delle specifiche attività di marketing (livello degli investimenti pubblicitari) 4) le tecnologie impiegate nello svolgimento di un’attività (accuratezza di

realizzazione del prodotto, elaborazione degli ordini computerizzata) 5) Competenze dei dipendenti 6) Collocazione geografica 7) Livello di integrazione verticale 8) il livello di qualità degli input 9) le procedure di gestione e di controllo di attività specifiche (frequenza dei controlli

di qualità, frequenza delle visite ai clienti)

esempi Algida- Magnum: la differenziazione si basa sulla brand equity, sull’univocità del brand stesso, sulla qualità, sulla capacità di rinnovare costantemente il prodotto.

3) focalizzazione e segmentazione

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La strategia di focalizzazione corrisponde all’esigenza di concentrare l’attenzione dell’impresa sui segmenti di domanda più promettenti. Il vantaggio competitivo che ne deriva dipende dal fatto che “la segmentazione può contribuire a selezionare territori meno vulnerabili rispetto a nuovi concorrenti ovvero territori dove i concorrenti sono più deboli”. L’impresa seleziona ambiti ristretti dove i concorrenti non operano o operano marginalmente. Ci si focalizza in aree, in segmenti di domanda più promettenti. Una volta stabilita la segmentazione si decide al suo interno se perseguire un vantaggio di costo o di differenziazione Le variabili della segmentazione sono:

� la varietà del prodotto; � il tipo di acquirente; � il canale di distribuzione; � la collocazione geografica dell’acquirente

Nella strategia di segmentazione, cruciale è la scelta del segmento. La scelta del segmento deve basarsi:

� sulla valutazione dell’attrattività del segmento: è attrattivo? Si considerano alcune variabili:

• la dimensione (attrattività della dimensione del segmento ). La dimensione assoluta, il potenziale di mercato del segmento e il potere di acquisto dei clienti devono consentire il raggiungimento dei livelli di redditività ritenuti accettabili dall’impresa;

• l’intensità e la dinamica competitiva interna al segmento di mercato. I segmenti di mercato più attrattivi sono quelli in cui l’intensità e la dinamica competitiva interna lasciano intravedere nel lungo periodo prospettive di redditività elevata;

• le prospettive di crescita futura. I segmenti di mercato maggiormente attrattivi sono quelli che in prospettiva evidenziano elevati tassi di sviluppo;

• variabilità della risposta del segmento all’azione di marketing dell’impresa. Un segmento di mercato è attrattivo quando è chiaramente individuabile e prevedibile una correlazione tra la domanda dei clienti e le azioni di marketing dell’impresa.

• l’accessibilità o raggiungibilità. L’attrattività di un segmento di mercato deve essere anche valutata in relazione al grado di difficoltà con cui può essere raggiunto. Le difficoltà possono essere sia materiali ( localizzazione, dispersione geografica ) sia immateriali (resistenza al cambiamento );

• le potenzialità di sviluppo ad ampio raggio. Alcuni segmenti sono più attrattivi rispetto ad altri, perché la domanda dei clienti che li compongono può estendersi al di là del prodotto specifico originario determinando un’estensione della linea o del portafoglio prodotti nel suo complesso.

� Sulla ricerca della coerenza con l’ambiente interno: è coerente con le risorse interne? La scelta di competere in uno o più segmenti di mercato non dipende soltanto dal loro grado di attrattività, ma anche dalla disponibilità del bagaglio delle risorse e delle competenze “ interne” ed “esterne”, necessarie per competere con successo

Strategie di integrazione tra vantaggio di costo e vantaggio di differenziazione

I recenti progressi della tecnologia hanno però reso meno netta la distinzione tra vantaggio di costo e vantaggio di differenziazione. Innovazioni tecnologiche e organizzative consentono alle imprese di realizzare contemporaneamente la leadership di costo e la differenziazione. Le tecnologie di produzione flessibile danno alle imprese la possibilità di realizzare strategie di differenziazione, sostenendo costi minori e rendendo convenienti anche le piccole serie. Combinando costi bassi e differenziazione, l’impresa ottiene dei vantaggi anche sui volumi. Nel breve periodo i costi aumentano per effetto della differenziazione ma, superato un certo livello, le economie di scala e di scopo e gli effetti delle curve di esperienza riducono i costi unitari e quindi possono contribuire ad allargare la quota di mercato. Conciliare le esigenze della standardizzazione, attraverso le economie di scala, con quelle della differenziazione è possibile

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mediante: lo spostamento della differenziazione nelle fasi terminali del processo (customizzazione) oppure la Standardizzazione a monte dei prodotti e processi (fordismo). Automazione flessibile Le nuove tecnologie offrono la possibilità di produrre in piccole serie, senza violare i vincoli di economicità. Ciò consente di soddisfare, in tempi e a costi contenuti, la crescente varietà e variabilità della domanda. La forza lavoro è sostituita con la macchina e il software si occupa delle differenziazioni Qualità totale Le imprese giapponesi operanti nel settore dell’elettronica di consumo (Matsushita, Sony) e nel settore dell’automobile (Toyota, Honda) hanno dimostrato che l’applicazione dei principi della Qualità Totale rappresenta il migliore veicolo per la riduzione dei costi di lungo periodo. Questi principi portano a miglioramenti della qualità del prodotto correlatamente a riduzioni dei costi. Si utilizzano economie di scala e a basso costo per le componenti standard e si ottiene differenziazione variando il mix in fase di assemblaggio delle componenti.

b) STRATEGIE DI CREDITA La crescita è un obiettivo fondamentale dell’impresa. Essa rappresenta un modo per acquisire, mantenere e sviluppare il vantaggio competitivo. Le strategie di crescita possono seguire diversi percorsi:

• strategie di crescita basate sulla diversificazione – ovvero basate sull’estensione dell’attività di impresa in nuove ASA - realizzate con nuove linee

• strategie di crescita di tipo intensivo - ovvero basate sull’espansione del core business -realizzate nell’ambito della linea e delle linee esistenti

Le strategie di crescita possono essere classificate come segue: a) con la linea o le linee di prodotti esistenti b) con nuove linee di prodotto c) internazionalizzazione

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STRATEGIE DI CRESCITA CON LE LINEA/LE LINEE ESISTENTI

♥ penetrazione del mercato: Consiste nell’aumentare il volume delle vendite e/o della quota di mercato senza apportare alcune modifiche alle attuali combinazioni funzioni-tecnologie di prodotti e continuando ad avere rapporti di scambio con gli attuali clienti. La strategia di penetrazione del mercato può realizzarsi mediante:

� forzatura del mercato � Strategia di sviluppo delle vendite presso la clientela già acquisita attraverso: l’incremento della frequenza d’uso (spazzolini), l’incremento dei volumi di utilizzo (campagne pubblicitarie a sostegno del consumo di determinati prodotti, quali il latte, la birra, il vino) l’estensione dell’utilizzo a nuovi impieghi (Amuchina, da medicinale a antibiotico per alimenti). Per ottenere questi esiti la funzione marketing svolge un ruolo fondamentale attraverso politiche promozionali, distributive e di prezzo tra loro coordinate. La forzatura del mercato comporta l’esistenza di un potenziale di domanda ancora da sviluppare. L’attività dell’impresa avvantaggia l’intero settore.

� aumento della quota di mercato � Quando il business in cui opera l’impresa si trova vicino alla saturazione della domanda (non esistono potenziali di domanda da sviluppare), la crescita di un’impresa fondata sui prodotti e mercati esistenti non può che essere perseguita sottraendo quota di mercato alle imprese rivali. L’azione di marketing fondata su manovre di prezzo, sforzo promozionale e pubblicitario svolge anche in questo caso un ruolo fondamentale. La situazione concorrenziale tenderà ad essere più aspra rispetto alla forzatura di mercato.

♥ sviluppo del mercato: Le strategie di sviluppo del mercato si propongono di sviluppare le vendite introducendo i prodotti su nuovi mercati.

� estensione dell’uso del prodotto a nuove categorie di utilizzatori: Strategia basata sulla ricerca di nuove categorie di utilizzatori per i prodotti esistenti di un’impresa. Necessita l’individuazione di nuovi segmenti di utenza sulla base di variabili diverse da quella geografica (es. classi di reddito, tipologia di bisogno, etc.). Richiede attente valutazioni sui caratteri economici e comportamentali dei nuovi segmenti di domanda.

� ricerca di nuovi mercati geografici in cui inserire il prodotto: L’entrata in nuovi mercati può avvenire:

• con l’estensione della presenza dell’impresa a nuove regioni di uno stesso paese, mediante una distribuzione più capillare e diffusa sul territorio (sviluppo domestico): con l’estensione in nuove aree dello stesso Paese l’impresa è chiamata a misurarsi con fattori del macro-ambiente e dell’ambiente competitivo consueti, affrontabili con l’esperienza acquisita sul mercato nazionale;

• con l’entrata in uno o più mercati esteri o nell’intero mercato mondiale (N.B. L’internazionalizzazione è anche un’opzione strategica autonoma): con l’entrata in mercati esteri l’impresa deve affrontare problemi più complessi quali: scarsa conoscenza dell’ambiente economico, sociale e culturale, non familiarità con la lingua, normative amministrative, commerciali e fiscali diverse, etc.

♥ sviluppo del prodotto � modernizzazione della linea: produrre generazioni successive di prodotti.

Inserimento nelle proprie linee di nuovi prodotti in sostituzione di altri dei quali costituiscono un’evoluzione. L’impresa crea generazioni successive di

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prodotti che rimangono affini tra di loro, anche se ogni generazione presenta, nelle percezioni degli acquirenti, qualche vantaggio preferenziale rispetto alla precedente. L’obiettivo è quello di avvicinarsi il più possibile alle esigenze, ai gusti e alle preferenze della clientela attuale e potenziale. Esempi La prima versione della Fiat 500 venne sostituita da una versione che non presentava più l’apertura delle porte contro vento. Nell’industria dell’abbigliamento la modificazione del prodotto avviene con ritmo stagionale (collezioni primaverili e autunnali). Le macchine da scrivere elettriche sostituirono quelle meccaniche.

� approfondimento della linea: si affiancano nuovi prodotti che completano la linea (differenze per colore, dimensioni, ecc) Espansione della linea o delle linee esistenti con prodotti aggiuntivi che ampliano o completano la gamma all’interno della medesima categoria di bisogni e di tipologie di clientela. Una linea più completa fornisce all’impresa maggiori opportunità di vendita, permette di soddisfare più segmenti di mercato, consente un miglior sfruttamento delle capacità commerciali. Se i prodotti sono complementari questa mossa ha effetti positivi Attenzione a: - effetti reciproci - positivi o negativi - di immagine del nuovo prodotto su quelli esistenti e viceversa; - la possibilità che il nuovo prodotto inserito sostituisca un prodotto preesistente (cannibalismo).

Altre opzioni strategiche di crescita con nuove linee di prodotti : definizioni Integrazione verticale: Espansione dell’impresa in altri stadi della filiera tecnico produttiva (attività precedentemente svolte da fornitori o clienti). Diversificazione: Strategia di crescita basata sull’introduzione di una o più linee di prodotto che affiancano quelle esistenti e danno avvio all’entrata in nuovi business. Internazionalizzazione: La strategia di internazionalizzazione fa riferimento al coinvolgimento esplicito e riconosciuto dell’impresa nella gestione strategica dei mercati esteri

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CONCETTI di Economia Aziendale per EGI Attività patrimoniali, Passività patrimoniali e Capitale netto. Le Attività Patrimoniali (o anche Capitale Lordo di Funzionamento) sono il capitale monetario, i beni e i diritti in cui si trova impiegato il capitale aziendale (da cui anche il termine impieghi) per effetto della gestione. Le Passività Patrimoniali ed il Capitale Netto rappresentano le fonti del capitale che si trova impiegato sotto forma di Attività Patrimoniali. In particolare le Passività Patrimoniali sono le fonti la cui attivazione comporta per l'impresa la formazione di obbligazioni; il Capitale Netto è l'espressione contabile del capitale proprio dell'impresa, formato dal capitale apportato direttamente dai titolari, dalle riserve di utile e dall'utile in attesa di destinazione. Autofinanziamento e Cash Flow. Rappresentano misure delle risorse finanziarie generate dalla gestione. L'Autofinanziamento è la misura delle risorse finanziarie generate nel periodo dalla gestione corrente e temporaneamente o permanentemente disponibili; corrisponde da questo punto di vista alla variazione del Capitale Circolante Netto derivante dalla gestione corrente. Il Cash Flow è una misura della variazione di liquidità determinata dalla gestione del periodo; si distingue: tra Cash Flow totale (cassa finale meno cassa iniziale), Cash Flow generato dalla gestione corrente (è la componente liquida dell'Autofinanziamento), Cash Flow extra gestione corrente (determinato dalle operazioni di investimento, disinvestimento, indebitamento, rimborso, distribuzione di utili). Break even Point (BEP). È la quantità prodotta e venduta in corrispondenza della quale i Ricavi ed i Costi pareggiano (punto di pareggio). L'esistenza di una soglia di questo genere, critica dal punto di vista della redditività, deriva dalla presenza nella struttura dei costi di Costi Fissi. Capitale circolante netto (CCN:) in senso stretto e in senso finanziario. Il Capitale Circolante Netto è un valore astratto di natura finanziaria, calcolato come differenza tra una parte degli impieghi ed una parte delle fonti rappresentati nello Stato Patrimoniale. In particolare, a seconda degli impieghi e delle fonti presi in considerazione si possono ottenere due diverse configurazioni di CCN: il CCN in senso stretto ed il CCN in senso finanziario. Il CCN in senso stretto segnala l'entità delle risorse finanziarie dell’impresa, rappresentato dal capitale già disponibile in forma liquida e da quello destinato a tornare in tale forma attraverso il realizzo e l'estinzione dei componenti di capitale legati al ciclo operativo (il CCN in senso stretto si calcola quindi come differenza tra il Capitale circolante lordo, ovvero la liquidità, i crediti commerciali, le rimanenze di materiali e di prodotti, ed il Passivo corrente, ovvero i debiti commerciali). Il CCN in senso finanziario invece è un indicatore della posizione di equilibrio finanziario di breve termine dell'impresa e si calcola come differenza tra gli impieghi e le fonti effettivamente realizzabili o esigibili entro l'anno. Capitale circolante netto operativo (CCNop). E' la misura delle risorse finanziarie incorporate nel capitale aziendale in forma non liquida; corrisponde al Capitale Circolante Netto al netto della liquidità. Costo fisso, costo variabile e costo totale, unitari e globali. Il costo di produzione (globale) di un prodotto è il valore dei fattori produttivi utilizzati per produrlo. Ai fini dell'analisi del suo andamento al variare della quantità prodotta e venduta si fa l'ipotesi semplificata che esso sia composto da una parte fissa e da una parte variabile (e variabile in modo direttamente proporzionale al variare della quantità). In questo modo il Costo Fisso è quella parte del costo di produzione che non varia al variare della quantità prodotta e venduta; esso può derivare dall'allestimento della capacità produttiva (ed allora corrisponde a costi di ammortamento o a costi di affitto relativi a contratti pluriennali su fattori a fecondità ripetuta) o da spese relative a progetti di innovazione, di pubblicità, di formazione del personale e simili. In entrambi i casi si tratta di costi sostenuti per poter produrre o per migliorare la competitività, che non variano una volta sostenuti quale che sia la quantità effettivamente prodotta e venduta.

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Il Costo Variabile invece è quella parte del costo che varia al variare della quantità prodotta e venduta; esso deriva dal consumo dei fattori produttivi a fecondità semplice che alimentano la produzione, quali materie prime, mano d'opera diretta, servizi di trasporto, ecc. Se invece che al costo di produzione globale si fa riferimento al costo unitario, cioè al costo sostenuto per la produzione di una singola unità di prodotto, e se ne analizza la variazione al variare della quantità prodotta e venduta, si può notare che: il Costo Fisso unitario decresce al crescere della quantità perché si ripartisce su di una quantità crescente di prodotti, il Costo Variabile unitario rimane costante perché è determinato dal valore della dose costante di fattori produttivi a fecondità semplice necessari per produrre la singola unità di prodotto, il Costo Totale unitario decresce al crescere della produzione per effetto del decrescere del Costo Fisso unitario. Costi/valori rilevanti e costi opportunità. Sono concetti legati alle valutazioni di convenienza, di breve termine, relative all'utilizzo della capacità produttiva. Sono valori rilevanti quelli che variano al variare della scelta, concorrendo quindi a determinarne la convenienza, mentre quelli non rilevanti sono indifferenti alla scelta operata. I costi opportunità invece sono vantaggi conseguibili grazie ad una scelta alternativa rispetto a quella praticata, ed ai quali quindi si rinuncia mantenendo quest'ultima invariata. Economicità. E’ la capacità dell'impresa di produrre beni o servizi cui il mercato riconosca un valore superiore al valore dei fattori produttivi consumati, ovvero di utilizzare fattori produttivi di valore dato per produrre beni o servizi dal valore superiore. Efficienza, efficacia, flessibilità. Sono caratteristiche della gestione da cui dipende la Redditività Operativa. L'Efficienza è la capacità di ottimizzare il rapporto tra la quantità dei prodotti ottenuti e la quantità dei fattori produttivi utilizzati. L'Efficacia è la capacità di ottimizzare da un lato il rapporto con i clienti in termini di appropriatezza dell'offerta e dall'altro il rapporto con i fornitori in termini di convenienza dei fattori approvvigionati. La flessibilità è la capacità di adattamento alle modificazioni nella domanda di prodotti e nell'offerta dei fattori produttivi, grazie ad una corrispondente capacità di variare le proprie risposte produttive sul piano sia quantitativo sia qualitativo. Equilibrio economico e equilibrio finanziario. Sono le fondamentali condizioni di funzionamento dell'impresa (senza di esse l'impresa non ha la possibilità di continuare ad operare). L'equilibrio economico è la condizione in cui si trova l'impresa quando le operazioni di gestione permettono di ottenere un flusso di ricavi capace di coprire i costi dei fattori produttivi e di corrispondere un'adeguata remunerazione al capitale di rischio. L'equilibrio finanziario è la condizione in cui si trova l'impresa quando è in grado di far fronte regolarmente alle uscite connesse agli impegni finanziari con le entrate derivanti dalle vendite e se necessario con nuovi finanziamenti economicamente sostenibili. Fabbisogni finanziari. Rappresentano l'entità del capitale che è necessaria acquisire per far fronte agli investimenti. Come fabbisogno assoluto corrispondono al valore del capitale investito; come fabbisogno residuale corrispondono alla variazione degli investimenti che occorre coprire attivando nuove fonti. Gestione corrente. E' l'insieme di operazioni di gestione con le quali si utilizza una capacità produttiva già finanziata e predisposta. Essa da luogo alla formazione di risorse finanziarie in senso ampio (Autofinanziamento) o stretto (Cash Flow della gestione corrente). Impresa come azienda di produzione per il mercato. L'impresa è un’azienda (cioè un soggetto che produce beni o servizi per soddisfare bisogni individuali o collettivi, operando in condizioni di autonomia, durabilità ed economicità) che produce beni o servizi destinati ad essere scambiati sul mercato.

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Leva finanziaria. E' il meccanismo per cui il ROE viene amplificato in positivo (se ROI è maggiore di i) o in negativo (se ROI è minore di i) in funzione del livello del debito. Margini di contribuzione lordi e netti. Sono risultati calcolati, con riferimento ad un singolo prodotto, come differenza tra i Ricavi ed i Costi Variabili. In altri termini rappresentano la quantità di Ricavi che dopo aver coperto i Costi Variabili rimane disponibile per coprire i Costi Fissi; da questo punto di vista nelle imprese multi - prodotto con capacità produttive dedicate si distingue poi tra il Margine di Contribuzione Lordo, che deve coprire i Costi Fissi Diretti ed i Costi Fissi Indiretti imputati al prodotto, ed il Margine di Contribuzione Netto, che è la parte del Margine di Contribuzione Lordo che rimane a disposizione dopo aver coperto i Costi Fissi Diretti per coprire anche i costi Fissi indiretti imputati al prodotto. Redditività. É la capacità, più o meno intensa, dei ricavi di remunerare i portatori dei fattori produttivi utilizzati nella produzione, verificata tipicamente attraverso la capacità di generare utile dopo aver coperto congruamente il costo dei fattori a remunerazione contrattuale. Reddito operativo e reddito netto. Il Reddito Operativo è il risultato economico generato dalle attività operative, caratteristiche (Reddito Operativo caratteristico) o anche extra-caratteristiche (Reddito Operativo globale); da esso dipendono la remunerazione del capitale di credito e di rischio e la copertura delle imposte. Il Reddito Netto è il risultato economico finale della gestione del periodo e misura la remunerazione del capitale proprio. Rischio generale d’impresa. E' la possibilità, connaturata alla natura dell'impresa e della sua attività, che cambiamenti nelle condizioni operative e ambientali determinino un peggioramento dei risultati economici (riduzione degli utili o formazione di perdite). ROI, ROE e i. ROI (Return on Investments) è l'indice di Redditività Operativa: segnala il rendimento delle attività operative (solitamente di quelle caratteristiche ) in termini di rapporto tra Reddito Operativo e capitale investito nelle attività caratteristiche. ROE (Return on Equities) è l'indice di Redditività Netta: segnala il rendimento del capitale proprio in termini di rapporto tra il Reddito Netto e Capitale Netto. L'indice i segnala l'onerosità delle passività onerose, in termini di rapporto tra il totale degli oneri finanziari ed il totale dei debiti che li hanno generati (corrisponde al tasso di interesse medio ponderato). Valore aggiunto. E' la differenza tra il valore della produzione ed il costo dei materiali e servizi acquistati esternamente, e misura il valore che l'impresa aggiunge a tali materiali e servizi col lavoro e le capacità produttive interne. Corrisponde anche alla ricchezza disponibile per essere ridistribuita al lavoro ed ai portatori di capitale di credito e di rischio, per mantenere il valore del capitale investito facendo fronte ad ammortamenti ed accantonamenti e per far fronte alle imposte. Valore d'uso e di scambio. Il Valore d'uso di un prodotto è l'apprezzamento soggettivo, di un singolo consumatore o condiviso da gruppi di consumatori, su di un prodotto in rapporto alle sue caratteristiche ed alla sua capacità di corrispondere alle attese. Il Valore di scambio è il prezzo che si forma sul mercato, in rapporto alla domanda ed all'offerta, al quale un prodotto può essere acquistato dai consumatori e venduto dai produttori.

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Domande orali prof Penco Preappello dicembre 2012 - Scritto Nello scritto c'erano due pagine con crocette (v f) e una domanda aperta sulle 15 righe (c'era da fare anche il grafico).Le domande erano abbastanza puntuali su tutto il programma di finanza e logistica Riordino scorte a periodo fisso e a quantità fissa. criteri di confronto delle operazioni finanziarie (VAN TIR WACC PAY BACK PERIOD) Diverse operazioni finanziarie: quale preferire secondo il criterio del VAN,TIR, WACC Orale con la prof Penco Ambiente interno Ambiente esterno Cultura Vision Mission Le diverse decisioni Strategia Quali sono le strategie di vantaggio competitivo? Quale le strategie di crescita? (penetrazione del mercato, sviluppo del mercato,sviluppo del prodotto) cosa sono i raggruppamenti strategici? cosa i fattori critici di successo? cosa vuol dire appropriabilità del mercato? confini del settore e confini ASA le diverse innovazioni tecnologiche Che relazione c'è tra economie di scala e la capacità produttiva? Flessibilità ed elasticità dell'impianto, che relazione c'è tra costi fissi costi variabili e flessibilità? La segmentazione Come è strutturata e la funzione della catena del valore? Alcune domande fatte il 20/12/12 Leadership di costo Quali sono le problematiche delle economie di scala? Dove le abbiamo riscontrate? Qual è il presupposto economico delle economie di scala? Perchè si verifica la diminuzione di costo? ( Fattori legati ai costi) Che cos'è il layout? Modalità di acquisizione delle innovazioni tecnologiche Definizione del business Perchè si è analizzata l'area strategica di affari e non il settore? Che differenza c'è? Cos'è il raggruppamento strategico? A cosa servono? Valutazione dell'elasticità di un impianto Determinazione della capacità produttiva rispetto a quella della domanda Determinazione della capacità produttiva rispetto alla stagionalità della domanda (con grafico) Determinazione della capacità produttiva rispetto alle variazioni di domanda nel lungo termine Settore ASA Penetrazione del mercato Che cos'è la missione aziendale? Quali sono gli elementi costitutivi? Strategie del vantaggio competitivo

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Collegamento tra vantaggio competitivo ed efficienza Collegamento tra vantaggio competitivo e produzione Tipologie di processi produttivi Strategie di leadership di costo: quali processi produttivi lo avvantaggiano? Che politiche si avrebbero se la funzione acquisti volesse avere un vantaggio di costo? Matrice di kralijic Competenze necessarie per fare il buyer Cos'è la forzatura del mercato? Definizione di strategia e tipologie, elementi e scopo Che cosa sono il micro e il macro ambiente? Le cause della complessità del macroambiente ricerca e sviluppo L'innovazione può essere un vantaggio competitivo? barriera all'entrata e concorrenza diretta per la differenziazione Differenziazione come vantaggio competitivo Strumenti usati per l'analisi della concorrenza Come sono individuati i criteri per l'ASA I processi produttivi e i loro vantaggi Missione e visione dell'impresa La variabile della concorrenza diretta Costo globale di fornitura Che cosa sono le economie di scala? Primo appello 14.01.13 Solo orale con una domanda di finanza abbastanza facile (appunti piu che suff, e 3 o 4 domande di egi più o meno dettagliate come quelle elencate sopra. Ha chiesto la produzione e innovazione.