Premessa 2012. 4. 17. · dal filologo svizzero Reto Bezzola e poi ripresa e discussa da Brinkmann,...

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Premessa Una fra le tesi che sono state proposte per spiegare le origi- ni della fin’amor cantata dai trovatori occitani è quella che la ricollega in qualche misura alle epistole “amorose” o “ga- lanti” composte in versi latini, a cavallo tra XI e XII secolo, da alcuni poeti operanti nella regione di Angers; in particolare da tre di questi, tutti alti prelati o religiosi: Balderico di Bour- gueil, Marbodo di Rennes e Ildeberto di Lavardin. Secondo questa tesi – ampiamente illustrata nei primi anni Sessanta dal filologo svizzero Reto Bezzola e poi ripresa e discussa da Brinkmann, von Moos, Marrou e altri – uno dei principali modelli, se non proprio il solo, della fin’amor sarebbe rap- presentato da quel sentimento di dilectio, di affettuosa ami- cizia venata di galanteria e talvolta infiammata di un casto ar- dore, che i poeti della “scuola della Loira” – come è talora chiamata – manifestano nelle lettere poetiche inviate a gran- di signore o a giovani monache divise tra fervore religioso e passione per la letteratura. Quando per esempio Ildeberto di Lavardin, dopo aver elogiato le alte qualità femminili di Cecilia, figlia di Gugliel- mo il Conquistatore, la chiama mea domina, «mia signora», o quando Balderico di Bourgueil loda la «grazia straordina- ria», la «impareggiabile bellezza» e l’«amabile conversazio- ne» di un’altra figlia di Guglielmo, Adele contessa di Blois, si direbbe di trovarsi già in quel clima cortese di adorazione e di vagheggiamento della signora che è tipico della poesia trobadorica. Così, nei versi in cui lo stesso Balderico dichia- ra alla giovane monaca Costanza che il suo desiderio erotico non tende al piacere carnale ma alimenta un amore perfetta- mente puro («La carne e le viscere non si eccitano davanti a

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  • Premessa

    Una fra le tesi che sono state proposte per spiegare le origi-ni della fin’amor cantata dai trovatori occitani è quella che laricollega in qualche misura alle epistole “amorose” o “ga-lanti” composte in versi latini, a cavallo tra XI e XII secolo, daalcuni poeti operanti nella regione di Angers; in particolareda tre di questi, tutti alti prelati o religiosi: Balderico di Bour-gueil, Marbodo di Rennes e Ildeberto di Lavardin. Secondoquesta tesi – ampiamente illustrata nei primi anni Sessantadal filologo svizzero Reto Bezzola e poi ripresa e discussa daBrinkmann, von Moos, Marrou e altri – uno dei principalimodelli, se non proprio il solo, della fin’amor sarebbe rap-presentato da quel sentimento di dilectio, di affettuosa ami-cizia venata di galanteria e talvolta infiammata di un casto ar-dore, che i poeti della “scuola della Loira” – come è talorachiamata – manifestano nelle lettere poetiche inviate a gran-di signore o a giovani monache divise tra fervore religioso epassione per la letteratura.

    Quando per esempio Ildeberto di Lavardin, dopo averelogiato le alte qualità femminili di Cecilia, figlia di Gugliel-mo il Conquistatore, la chiama mea domina, «mia signora»,o quando Balderico di Bourgueil loda la «grazia straordina-ria», la «impareggiabile bellezza» e l’«amabile conversazio-ne» di un’altra figlia di Guglielmo, Adele contessa di Blois,si direbbe di trovarsi già in quel clima cortese di adorazionee di vagheggiamento della signora che è tipico della poesiatrobadorica. Così, nei versi in cui lo stesso Balderico dichia-ra alla giovane monaca Costanza che il suo desiderio eroticonon tende al piacere carnale ma alimenta un amore perfetta-mente puro («La carne e le viscere non si eccitano davanti a

  • te, / ma senza inganno ti amo appassionatamente. / Con pas-sione ti amo, tutto intero amerò te tutta intera, / te sola strin-go nel profondo della mia anima. / [...] / È un amore ecce-zionale, non accompagnato da lascivia / e non offuscato dapassione illecita. / Continuo a prediligere la tua verginità, /amo la purezza del tuo corpo»), non si può fare a meno dicogliere almeno una prefigurazione di quello che sarà il «pa-radosso amoroso» cantato da Jaufré Rudel e da altri trova-tori. Non mancano, del resto, gli esempi di un contatto di-retto fra gli ambienti in cui maturarono queste due espe-rienze poetiche: Balderico indirizzò una lettera poetica an-che a Ermengarda, la prima moglie ripudiata da GuglielmoIX d’Aquitania e ormai ritiratasi, dopo un secondo matrimo-nio fallito, nel convento di Fontevrault fondato da Robertd’Arbrissel.

    Certo non si possono nascondere nemmeno le sostanzialidifferenze che le separano: diverse sono le lingue usate (latinoe volgare), diversi i riferimenti letterari e culturali (la mitolo-gia classica continuamente evocata nella poesia mediolatina èpraticamente assente nei trovatori), diversi, anche se non in-comunicabili, gli ambienti sociali (quello dell’alto clero e quel-lo delle corti signorili), addirittura inverso il rapporto fraamante-poeta e domina (nel primo caso con supremazia delmonaco o del prelato, nel secondo con quella della domna).Malgrado queste differenze, si può comunque ritenere che ipoeti della «scuola di Angers» abbiano almeno «aperto la via»ai trovatori; come ha osservato Marrou, essi hanno mostrato«che in poesia era possibile fare qualcosa di diverso dalla cru-da esibizione di brutali exploits, che si potevano esprimerecon delicatezza sentimenti più raffinati; hanno certamentecreato e affinato quell’elemento, forse secondario ma costitu-tivo, della cortesia che si chiama la galanteria» .

    Ma l’interesse di questo volume – nel quale è per la pri-ma volta riunito e tradotto in italiano l’intero corpus delle let-

    . H.-I. Marrou, Les troubadours, Seuil, Paris , p. .

  • tere amorose e galanti di Balderico di Bourgueil, Marbododi Rennes e Ildeberto di Lavardin – va oltre i possibili rap-porti fra lirica mediolatina e lirica trobadorica. I testi che visono raccolti, sempre raffinati e talora non privi d’incanto,aprono uno spiraglio su una esperienza remota e quasi se-greta: le affettuose consuetudini, le schermaglie maliziose, lesoffocate passioni coltivate – tra preghiere e batticuori – nelsilenzio delle celle e dei chiostri.

    FRANCESCO ZAMBON

  • . La metafora è di G. Duby, L’Anno Mille. Storia religiosa e psicologiacollettiva, Einaudi, Torino , p. .

    Introduzione

    Nonostante la mia lentezza e le inevitabilidistrazioni, la raccolta era ormai termina-ta quando è giunta felicemente la tua let-tera a prolungarla, e vedendola così brevemi meraviglio di come il tuo cuore ha sa-puto dirmi tante cose in così breve spazio.No, sostengo che non c’è lettura così deli-ziosa, persino per chi non ti conosce, pur-ché abbia un’anima simile alle nostre.

    Jean-Jacques Rousseau, Giulia o la nuova Eloisa

    Il piacere procurato dallo scambio epistolare, l’intimità cheunisce anime simili, la condivisione di ciò che si ama, si pen-sa, si scrive: tutto questo trova espressione nelle lettere inversi di Balderico di Bourgueil, Marbodo di Rennes e Ilde-berto di Lavardin. Con questi testi ci troviamo di fronte aifrutti maturi della rinascita letteraria avvenuta in Francia traXI e XII secolo, quando, contemporaneamente al sorgere del-la poesia occitanica, una nuova primavera fiorisce sul vec-chio stelo latino piantato trecento anni prima dagli uominidi cultura di Carlo Magno . Nelle scuole cattedrali della val-le della Loira e di città circostanti (Angers, Tours, Orléans,Poitiers, Rennes, Chartres) chierici, sacerdoti, vescovi stu-diano le arti liberali e la filosofia e compongono versi di ar-gomento profano, delineando temi e pubblico della nascen-te poesia cortese.

  • Balderico di Bourgueil, Marbodo di Rennes e Ildeberto diLavardin sono uomini di Chiesa negli anni della riforma vo-luta da papa Gregorio VII, le cui linee generali sono il raffor-zamento dell’autorità pontificia rispetto al potere dei feuda-tari, la netta separazione tra lo stato dei chierici e quello deilaici, la disciplina di entrambe le condizioni di vita. Oltre chenelle problematiche legate alla riforma gregoriana, lo statusecclesiastico dei nostri poeti li vede coinvolti in dispute poli-tico-religiose (anche con danno personale: si pensi all’esilio la-mentato da Ildeberto, novello Ovidio) e impegnati, in quan-to vescovi, nella cura delle rispettive diocesi. Ma i loro inte-ressi vanno al di là dell’ambito pastorale. Essi amano l’anti-chità romana e i piaceri della vita, lo studio e la poesia. La lo-ro padronanza del latino è talmente raffinata che alcune poe-sie di Ildeberto potrebbero essere state scritte nell’età augu-stea o antoniniana ; Balderico scrive scambi di lettere in ver-si tra Elena e Paride e tra Ovidio e Floro imitando le Heroi-des; Marbodo passa da uno stile tipicamente medievale a unoclassicheggiante con la massima consapevolezza. I testi quitradotti sono epistole scritte da questi letterati a nobildonne,badesse, monache. A volte i corrispondenti non si conosconodi persona, ma basta a unirli il comune amore per la poesia.Balderico si rivolge al proprio poemetto indirizzato alla con-tessa Adele di Blois con queste parole: «Io la conosco ma leinon conosce me; / a lei mi ha nascosto la mia rustica sempli-cità. / Non oserei inviarle una poesia, / ma ella ha voluto, in-viandomi una poesia, averne una di mia». Spesso sono lette-re d’occasione e di circostanza, leggendo le quali si possonoimmaginare reciproche attestazioni di stima e apprezzamen-to, richieste e successive risposte, scambi di versi. Le testimo-nianze di questa comunicazione sono però incomplete: dovesono le poesie di Adele, di Muriel, di Emma? Manca la voce

    . Ildeberto di Lavardin, . Muriel, divina poetessa.. È il giudizio espresso da J. de Ghellinck, L’essor de la littérature latine

    au XII siècle, L’Edition Universelle, Bruxelles-Paris .. Balderico di Bourgueil, . Lode alla contessa Adele, -.

  • . S. Richardson, Clarissa, vol. I, trad. it. M. d’Amico, Frassinelli, Mila-no , p. .

    . E. Pulcini, Introduzione, in J. J. Rousseau, Giulia o la nuova Eloisa,trad. it. P. Bianconi, Rizzoli, Milano , p. XIII.

    femminile; sono gli uomini a parlarci delle donne. Anche l’u-nica apparente eccezione, la poesia di Costanza in risposta aBalderico, è quasi sicuramente dello stesso Balderico, che se-gue il modello delle Heroides ovidiane. Dobbiamo dunqueconcludere che ci troviamo di fronte a un puro esercizio let-terario? La letterarietà è un elemento molto forte in questi te-sti, non bisogna dimenticarlo. Il genere epistolare è conside-rato oggi l’espressione immediata della soggettività dello scri-vente. La concezione moderna che vede nella spontaneità unvalore è già presente nei romanzi epistolari settecenteschi; co-sì, per esempio, si legge nella prefazione a Clarissa di Ri-chardson: «le lettere da entrambe le parti sono scritte mentresi deve ritenere che il cuore di chi scrive è totalmente impe-gnato nel suo argomento» . Nelle epistole medievali, invece,la spontaneità del sentimento è filtrata attraverso le rationesdictandi insegnate nelle scuole e i modelli letterari, Ovidio intesta. Come nella Francia del Settecento la fortuna del ro-manzo epistolare, dalla Nouvelle Héloïse di Rousseau alleLiaisons dangereuses di Choderlos de Laclos, «risponde a quelbisogno di autenticità e di espressione di sé con cui il sogget-to, alle soglie dell’età moderna, cerca una ridefinizione di séin un mondo attraversato dalla crisi dei valori aristocratici»,così intorno al la comunicazione dei sentimenti che lega-no i poeti alle dame è possibile innanzitutto all’interno dei co-dici espressivi condivisi nel mondo aristocratico feudale.

    Diverse lettere di Balderico di Bourgueil, Marbodo di Ren-nes e Ildeberto di Lavardin sono indirizzate a personaggidella nobiltà normanna: la regina Matilde è la sposa di Enri-co I d’Inghilterra, figlio e successore di Guglielmo il Con-quistatore; anche Adele contessa di Blois e Cecilia badessadi Caen sono figlie del re Guglielmo.

  • A partire da testi ecclesiastici di età carolingia, la struttu-ra gerarchica della società feudale è spiegata con la teoria deitre ordini, che nella patria dei nostri poeti hanno continuatoa vivere fino alla rivoluzione francese con i nomi di clero, no-biltà e terzo stato. La formulazione classica è espressa all’ini-zio dell’XI secolo da Adalberone di Laon in questi termini:oratores, bellatores, laboratores (coloro che pregano, coloroche combattono, coloro che lavorano). Georges Duby ha poiraccolto e studiato altre terminologie e altre classificazioniusate in Francia tra l’età carolingia e il XII secolo . Il concettodi bellatores è peraltro assai indicato per la nobiltà normanna,rappresentata da Guglielmo il Conquistatore e dai suoi figli:come osserva Jacques Le Goff, «dal secolo IX al XII, la com-parsa dei bellatores nello schema tripartito corrisponde allaformazione di una nuova nobiltà e – in questa età di profon-da trasformazione della tecnica militare – alla preponderanzadella funzione guerriera presso questa nuova aristocrazia». Ilfatto che i nobili siano dei guerrieri riguarda ovviamente sologli uomini, per i quali le figlie, le sorelle e le mogli sono sem-plici strumenti da usare nella gestione del potere. Così Adelesposa Stefano conte di Blois nell’ambito della politica nor-manna di alleanza con questa potente famiglia, di volta in vol-ta rivale o amica degli altri protagonisti dei conflitti dell’epo-ca: il re di Francia e il conte di Angiò. Le nozze di Matilde, fi-glia del re Malcolm Canmore, con Enrico I permettono a que-st’ultimo di allearsi con la Scozia. Ma i poeti trovano le paro-le per caratterizzare in modo assai positivo il contributo datodalle nobildonne alla vita del loro tempo, integrando così il si-lenzio dei tre ordini sulla realtà femminile. Nel poemetto de-dicato ad Adele di Blois, Balderico afferma che Guglielmo il

    . Carmen ad Robertum regem, in J. P. Migne (éd.), Patrologiae cursuscompletus. Series Latina, voll., Garnier, Paris - (d’ora in poi PL),CXLI, -.

    . G. Duby, Lo specchio del feudalesimo: sacerdoti, guerrieri e lavorato-ri, Laterza, Roma-Bari .

    . J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. E altri saggi sullavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino , pp. -.

  • . Cfr. K. Lo Prete, Adela of Blois, Countess and Lord, Four CourtsPress, Dublin .

    . In R. R. Bezzola, Les origines et la formation de la littérature courtoi-se en Occident (-), vol. II, t. , Champion, Paris , p. .

    . Bezzola, Les origines et la formation, cit., p. : «L’immagine cheBalderico dà della contessa di Blois come protettrice dei poeti, come arbi-tro competente per giudicare le loro poesie e come autrice ella stessa, è qual-cosa di assolutamente nuovo».

    Conquistatore si è distinto per le eccezionali imprese belliche;il valore militare non si addice ad Adele, in quanto donna, malei spicca per l’impegno in favore della poesia.

    Questa affermazione è importante da un punto di vistaduplice, sia storico sia letterario. Dopo il matrimonio, la con-tessa è impegnata nel ruolo di moglie, di reggente, di madredell’erede Teobaldo IV. Donna energica e decisa, è lei a con-vincere Stefano a non abbandonare la veste di crociato, e adappoggiare un’intesa tra il figlio e il re di Francia Luigi VI .Adele è ben nota agli storici della letteratura anche per la suaopera di promozione culturale: grazie a lei, la corte di Bloissviluppa una rete di contatti con i principali uomini di lette-re della regione, che ricambiano la generosità della contessalodandola nei loro scritti. Un esempio è la dedica della Hi-storia ecclesiastica di Ugo di Fleury-sur-Loire, che definisceAdele «superiore a molte persone importanti del nostro tem-po, famosissima per generosità, insigne per rettitudine, eru-dita nelle lettere, ciò che è nobiltà e grande civiltà» .

    Oltre a corrispondere a un dato storico, la lode di Balde-rico per l’impegno culturale della contessa di Blois è interes-sante sul piano letterario. Mentre le altre doti elogiate nelpoemetto (la bellezza, la grazia, la fedeltà coniugale) sonoquanto ci si aspetta da una nobildonna e la loro celebrazioneha alle spalle una lunghissima tradizione letteraria, la sensibi-lità per la poesia e la generosità verso i poeti appartengono al-la personalità di Adele, al di là degli stereotipi. Secondo Re-to Bezzola, che ha studiato le origini e la formazione della let-teratura cortese, questo elemento costituisce una novità asso-luta . Nella lode della signora i poeti di Angers «non esalta-

  • no più solamente la condizione elevata, le virtù e la bellezza,come facevano i poeti di corte carolingi, soprattutto SedulioScoto, ma la cortesia. Questa cortesia presso Balderico con-siste soprattutto nella cultura spirituale della dama da lui ce-lebrata» . Anche il modo in cui Balderico evidenzia la fedeltàconiugale della contessa è oggetto della massima attenzioneda parte di Bezzola. Ai versi - sono citati «molti uominidotati di prestigio, di valore e di bellezza» che avrebbero po-tuto cercare di sedurla, ma invano; essi «la contemplano sen-za ricompensa» e «reputano un grande favore nutrirsi di va-ne speranze, si consumano gli occhi a forza di rimirarla».Questo passaggio «getta una luce inattesa sulla nuova posi-zione che alcune grandi dame della società feudale hanno ac-quisito agli inizi del XII secolo e sull’importanza di ciò per lanascita della cortesia, dell’amore cortese e della poesia che vidarà espressione» . Esso ci presenta una nobildonna che tro-neggia in mezzo a schiere di ammiratori e di poeti, per i qua-li è punto di riferimento e oggetto di elegantissimi omaggi.

    Del tutto analogo è il tono dei versi indirizzati a Cecilia,che è sorella di Agnese e badessa dell’abbazia femminile diCaen, fondata, insieme a quella maschile, da sua madre Ma-tilde di Fiandra in cambio del consenso papale al matrimo-nio con Guglielmo di Normandia. Le poesie che Balderico eIldeberto scrivono per Cecilia hanno una struttura assai si-mile a quelle dedicate ad Agnese e a Matilde d’Inghilterra.Anzitutto l’elogio della nobiltà e dell’eccellenza personale,con un linguaggio classicheggiante: Balderico ricorda il «pa-ter augustus» di Cecilia, così come Agnese è chiamata «Au-gusti suboles» da Ildeberto, il quale paragona entrambe lesorelle a dee (afferma di Adele «eris mihi prima dearum» ,

    . Ivi, p. .. Ivi, p. .. Balderico, . La verginità di Cecilia, .. Ildeberto, . Un piccolo dono per te, . Anche Matilde in . Matilde,

    vorrei lodarti in tutte le lingue, è «augustis patris augustior orta».. Ildeberto, . Adele, sei la prima tra le dee, .

  • . Ildeberto, . A Cecilia, più eloquente di Cicerone, .. Ivi, -.. Ivi, .. Balderico, . Lode alla contessa Adele, -.. Balderico, . La verginità di Cecilia, .. Ildeberto, . A Cecilia, più eloquente di Cicerone, .. In Bezzola, Les origines et la formation, cit., p. .. Ildeberto, . Matilde, vorrei lodarti in tutte le lingue, .

    di Cecilia «sum ratus esse deam» ). In simile contesto, laverginità di Cecilia diventa motivo per un ulteriore e più pre-zioso elogio: poiché non c’era uomo degno di tale moglie,Dio stesso l’ha sposata . Davanti alla maestà di una similedonna Ildeberto rimane stordito ; analogamente Baldericoafferma che il proprio sguardo non ha potuto sostenere labellezza di Adele e che ricorda di averla vista come in un so-gno . Anche a Cecilia i poeti offrono il loro devoto omag-gio: Balderico si offre di fare quanto è in suo potere o anchedi più , Ildeberto vuole chiamarla sua signora .

    Un’altra corte prestigiosa è quella della cognata di Agnesee Cecilia, ossia la regina Matilde d’Inghilterra. Dopo aver ri-cevuto un’educazione raffinata, la figlia del re di Scozia sposaEnrico I e si segnala nella corte normanna come donna moltoreligiosa e al tempo stesso liberale con i poeti e i musicisti. Di-ce di lei Guglielmo di Malmesbury nelle Gesta Regum Anglo-rum: «Provava un piacere unico nell’ascoltare il servizio divi-no e per questo era estremamente generosa nei confronti deichierici che cantavano bene; si rivolgeva a tutti con dolcezza,molto donava e più ancora prometteva. E così, diffusasi nelmondo la notizia della sua liberalità, si precipitavano qui frot-te di celebri compositori di musiche e versi; e si riteneva feli-ce chi riusciva a dilettare le orecchie della signora con la no-vità del canto». Tra i poeti famosi che le rendono omaggio cisono Ildeberto di Lavardin e Marbodo di Rennes. La lode sifocalizza su due virtù di Matilde, la bellezza e la purezza, le-gandole tra loro: come termine di paragone Ildeberto ricorrequesta volta non alle dee pagane, ma a santa Sabina; Mar-bodo esorta la regina a non essere così pudica da vergognarsi

  • della propria bellezza . Osserva Bezzola: «Dall’antichità inpoi, non si erano più sentiti simili omaggi alla bellezza femmi-nile, i quali, come in Fortunato e in Sedulio Scoto, si tingonodi una venerazione tutta cristiana per la purezza virginale del-la donna; essi sono confrontabili con gli omaggi indirizzati daitrovatori alla dama oggetto del loro pensiero». Nella formadell’omaggio poetico questi versi testimoniano dunque la po-sizione privilegiata che la nobildonna sta acquistando nella vi-ta di corte grazie al suo impegno in favore della cultura.

    La stima, l’ammirazione e a volte l’amore per donne belle, no-bili e colte sono il filo conduttore anche delle liriche le cui de-stinatarie vivono non a corte bensì in un monastero. Nella ve-ste di insegnanti o di vescovi, Marbodo, Ildeberto e Balderi-co hanno contatti con abbazie femminili e intrattengono cor-rispondenza epistolare con le religiose più raffinate, comeMuriel, Costanza, Emma, Agnese. Ma chi sono queste don-ne? Su di loro non ci soccorrono i riscontri storici che inveceabbondano per le figlie dei re. Dai testi si evince che Costan-za vive nello stesso convento di Emma , la quale è ritratta co-me maestra in una poesia che cita altre due consorelle, Go-dehilde e Orielde. Ora, i nomi di Constantia, Emma gram-matica o magistra, Godehildis e Orieldis sono attestati nel car-

    . Se è lei la regina d’Inghilterra cui è indirizzata la poesia di Marbodocosì intitolata.

    . Bezzola, Les origines et la formation, cit., p. . Bezzola proseguecitando altre testimonianze sulla devozione della regina: «Matilde dovevadare davvero questa doppia impressione di grande bellezza e piacevolezzada un lato, di purezza e religiosità dall’altro. Guglielmo di Malmesbury, chece la presenta come protettrice dei poeti e dei musicisti, insiste molto sullasua pietà esemplare. Aelredo, abate di Rievaulx, nella sua Genealogia regumAngliae parla anche della sua pietà e la mostra mentre fa l’elemosina ai po-veri, come la sua santa madre, e visita coraggiosamente i lebbrosi. Educatadalle religiose, indossava anche lei prima del matrimonio l’abito monasticoe sant’Anselmo diede il consenso alle nozze solo quando fu sicuro che nonavesse pronunciato i voti».

    . Balderico, . Costanza, una carne intatta è cara a Cristo, .. Balderico, . Emma, vorrei venire a scuola da te.

  • . Cfr. D. Barthélemy, Eléments d’anthroponymie féminine d’après lecartulaire du Ronceray d’Angers (- environ), in M. Bourin, P. Cha-reille (éd.), Genèse médiévale de l’anthroponymie moderne, vol. II, t. , Pu-blications de l’Université de Tours, Tours , pp. -.

    . W. Bulst, Liebesbriefgedichte Marbods, in B. Bischoff (hrsg.), LiberFloridus. Mélanges Paul Lehmann, Eos, St. Ottilien , p. .

    . È la tesi di P. Dronke, affermata in Medieval Latin and the Rise ofEuropean Love-Lyric, vol. I, Clarendon Press, Oxford , p. e ribaditain Donne e cultura nel medioevo. Scrittrici medievali dal II al XIV secolo, IlSaggiatore, Milano , p. .

    . Cfr. A. B. Scott, Hildeberti Cenomannensis Episcopi Carmina mino-ra Editio altera, Teubner, Leipzig , p. XXVIII.

    tulario di Notre-Dame-de-la-Charité a Le Ronceray tra la fi-ne dell’XI secolo e i primi vent’anni del XII . La prossimità adAngers fa di questa abbazia un luogo privilegiato di ispira-zione per i “poeti della Loira”: anche Ilario d’Orléans, attivoad Angers intorno al , scrive liriche in latino per le reli-giose di Le Ronceray. Osserva a questo proposito WaltherBulst che «una storia della lettera d’amor profano in versi la-tini, come pure della poesia d’amore latina nel Medioevo, do-vrà dedicare un capitolo importante a Le Ronceray» . Quan-to a Muriel, potrebbe trovarsi anche lei qui oppure essereuna monaca inglese, la Murier inclyta versificatrix sepolta nel-l’abbazia di Wilton accanto al Venerabile Beda secondo la te-stimonianza di alcuni pellegrini del .

    Se l’identificazione delle singole destinatarie di questepoesie è incerta, è sicuramente più agevole delineare le coor-dinate della loro vita di donne consacrate. Anzitutto esse ap-partengono all’ordine benedettino, che, nato in Italia nel VIsecolo, dopo poche centinaia d’anni diventa la forma di vitamonastica prevalente nell’Europa occidentale, con centinaiadi abbazie e migliaia di persone consacrate di entrambi i ses-si. Agli inizi del IX secolo, per volere di Ludovico il Pio e inseguito al sinodo di Aquisgrana, la regola di san Benedetto di-venta l’unico testo normativo per tutte le comunità monasti-che dell’Impero. Nell’ambito della missione evangelizzatricecompiuta da sant’Agostino di Canterbury, i benedettini arri-

  • vano in Inghilterra alla fine del VI secolo e qui si espandonorapidamente. Sono di fondazione sassone il monastero fem-minile di Wilton, nato nell’, e, nel , quello di Romsey,voluto dal re del Wessex Edoardo il Vecchio per sua figlia, laprincipessa Aelflaed, monaca a Wilton e prima badessa diRomsey. Notre-Dame di Le Ronceray, istituita nel daFolco III Nerra conte d’Angiò, nel giro di alcuni decenni di-venta una delle abbazie più influenti della Francia medieva-le, con molti territori e altri priorati sotto la propria giurisdi-zione. Infine, negli anni e nella regione dei nostri poeti la vi-ta religiosa è attraversata da fermenti nuovi per opera di Ro-berto d’Arbrissel. Prima chierico vagante, poi arciprete aRennes, dove si distingue per il suo zelo riformatore, ad An-gers segue le proprie tendenze ascetiche in modo ancor piùradicale e nel si ritira dal mondo. Divenuto eremita, at-tira presto molti discepoli, finché la sua fama giunge a papaUrbano II che l’anno successivo lo nomina predicatore apo-stolico. Da allora l’ascendente di Roberto sui fedeli non fa cheaumentare: sempre più persone seguono questo asceta itine-rante, che accetta chiunque, uomini e donne di ogni condi-zione, con i quali è accusato di vivere in promiscuità. Il pre-dicatore molto amato è anche oggetto di critiche; per esem-pio Marbodo gli scrive una lettera rinfacciandogli irregolaritàed eccessi . Nel decide di dare un tetto stabile ai suoiseguaci e stabilisce la nuova congregazione, costituita da unacomunità maschile e una femminile, a Fontevrault, tra Poitoue Angiò. Roberto, che nella sua predicazione ha sempre mo-strato un’attenzione di riguardo per le donne, anche in que-sta circostanza assegna loro un ruolo speciale: entrambe le co-munità sono sotto la guida di una badessa. Ecco come un bio-grafo dell’epoca, Andrea, riferisce questo precetto dato daRoberto: «Voi sapete, miei carissimi, che tutto ciò che ho co-struito in questo mondo, l’ho fatto per le nostre monache; aloro ho offerto tutte le mie capacità e, ciò che è ancora più

    . La lettera si trova in PL CLXXI .

  • . Vita Beati Roberti de Arbrissello auctore Andrea, in PL CLXII .. Bezzola, Les origines et la formation, cit., pp. -.. Vita Beati Roberti de Arbrissello, in PL CLXII -.. Si può trovarne un elenco in Bezzola, Les origines et la formation,

    cit., p. .. Poiché Roberto d’Arbrissel vuole che la badessa non sia troppo gio-

    vane e inesperta, in genere sono donne nobili, che provengono dal mondoe hanno conosciuto il matrimonio, a dirigere la comunità.

    . Il legame tra la spiritualità benedettina e l’amore per le lettere è ap-profondito da J. Leclercq, Cultura umanistica e desiderio di Dio. Studio sul-la letteratura monastica del Medioevo, Sansoni, Firenze .

    grande, ho sottomesso al loro servizio sia me sia i miei disce-poli per la salvezza delle anime nostre» .

    Come si vede, non solo la vita di corte, ma anche le nuo-ve esperienze religiose hanno in questi anni una considera-zione particolare per la donna. Giustamente Bezzola, nell’a-nalisi del contesto storico in cui è nato il sistema di valori cor-tese, si sofferma a lungo su Roberto d’Arbrissel , ben notoa poeti quali Balderico, che ne ha scritto una biografia , eGuglielmo IX d’Aquitania, le cui due mogli ripudiate hannopreso il velo a Fontevrault. La prima è la contessa Ermen-garda d’Angiò, destinataria della poesia di Marbodo qui tra-dotta. Come lei, sono molte le persone di famiglia nobile, so-prattutto donne, che entrano nella congregazione di Rober-to d’Arbrissel , a volte diventandone la badessa . Esse dun-que rinunciano al mondo per seguire l’unico Bene eterno:ecco il senso della consacrazione religiosa nelle parole diMarbodo a Ermengarda.

    Il fine della vita monastica è l’amore per Dio e per il pros-simo; il mezzo privilegiato è la preghiera, sia personale sia co-munitaria, che si nutre della parola di Dio. La lectio divinaoccupa diverse ore della giornata delle persone consacrate,che dunque devono saper leggere: ecco perché è stato pro-prio il monachesimo a permettere la trasmissione e lo studiodei testi latini anche pagani con le proprie scuole, bibliote-che e scriptoria . Sempre ai tempi di san Benedetto risale latradizione di aprire le scuole monastiche a giovani di fami-

  • glia nobile che una volta terminati gli studi ritornano nelmondo; per esempio Matilde di Scozia fu educata nelle ab-bazie di Wilton e Romsey.

    Secondo Bulst potrebbe essere questa la condizione delleanonime destinatarie di alcune poesie d’amore di Marbodorimaste escluse dalla Patrologia Latina e pubblicate dallo stes-so Bulst. Da un lato l’assenza di riferimenti alla consacrazio-ne religiosa, dall’altro il fatto che le colte fanciulle vivano nel-lo stesso luogo del poeta (c’è pure un’«amica che si accinge atornare a casa», verosimilmente perché ha finito gli studi), in-dicherebbero che le puellae e le amicae di Marbodo, primastudente e poi arcidiacono presso la scuola cattedrale di An-gers fino all’insediamento a Rennes come vescovo nel ,sono educande a Notre-Dame di Le Ronceray . In questiversi è esplicito un contesto erotico ritenuto a lungo disdice-vole per il vescovo di Rennes: come spiegare altrimenti il si-lenzio editoriale che è gravato su di loro per secoli? In effettile nove poesie qui tradotte possono essere considerate unapiccola summa delle situazioni topiche e del lessico d’amore:passione e desiderio, gioia, sofferenza, lacrime e sospiri, in-ganni e pentimenti, fedeltà, gelosia, timore, speranza, pro-messe, doni e lettere d’amore. Il poeta innamorato si defini-sce miser, bruciato (uror, ardeo) dalla flamma della passione,ferito dal vulnus infertogli da Venere e Cupido. È quasi uncompendio dell’elegia latina, in cui tratti soprattutto ovidia-ni incontrano elementi di gusto tipicamente medievale, dalmomento che sia i distici elegiaci sia le poesie in esametri dat-tilici sono in versi leonini, ossia con la rima in corrisponden-za della cesura e della fine di ciascun verso. Il fatto che que-sti testi si conformino a modelli codificati non significa ne-cessariamente che la situazione comunicativa, la relazione trai due amanti e i riferimenti a episodi concreti siano fittizi. Mail valore normativo della tradizione caratterizza fortemente lepoetiche preromantiche; così, anche quando esprime i suoi

    . Cfr. Bulst, Liebesbriefgedichte Marbods, cit., p. .. Cfr. Dronke, Medieval Latin, cit., p. .

  • . E. Wolff (éd.), La lettre d’amour au Moyen Age. Textes présentés, tra-duits du latin et commentés, NiL éditions, Paris , pp. -.

    sentimenti più personali, uno scrittore li affida alle forme e al-le regole della comunicazione letteraria.

    Fra l’XI e il XII secolo si vanno strutturando le artes dictami-nis che fissano le regole del genere epistolare. Tali regole val-gono sia per le lettere ufficiali, amministrative e commerciali(epistulae negotiales), sia per le lettere private (epistulae fami-liares) e prescrivono di articolare la struttura del testo secon-do quest’ordine: salutatio, exordium o captatio benevolentiae,narratio, petitio, conclusio. Spesso i manuali esemplificano lateoria con testi appositamente costruiti. Per esempio, «eccocome si presenta la lettera di un uomo che cerca di sedurreuna donna: formula di saluto appropriata (salutatio), elogiodella dama e descrizione obbligatoria della sua bellezza (cap-tatio benevolentiae), effetti del suo fascino sull’autore dellalettera ed evocazione delle sofferenze di quest’ultimo (narra-tio), il quale chiede alla dama di accordargli in cambio i suoifavori o almeno il suo amore, cosa che lei può fare perché eglinon è privo di meriti (petitio); egli spera fiducioso che lei avràpietà di lui, ricorda che un dono accordato rapidamente ot-tiene una riconoscenza maggiore, sgombra il campo da even-tuali obiezioni, aspetta in ogni caso una risposta, promette diamarla sempre anche se lei rifiuta, ecc. (conclusio)». È faci-le osservare la presenza di queste cinque parti nelle lettere inversi dei nostri autori. Dopo la salutatio non manca mai l’e-logio della destinataria e le qualità che vengono evidenziatesono spesso le stesse sia per le dame di corte che per le sposedi Cristo: nobiltà, grazia, cultura e virtù. Anche per la descri-zione della donna esiste uno schema topico nei trattati discrittura, che prevede che la descriptio parta dal volto per poipassare al corpo e alle vesti. È l’ordine seguito da Marbodoin . Dimmi quando, dove e in che modo (vv. -) e . Pas-sione d’amore (vv. -) per lodare la bellezza della fanciullaamata (che peraltro non è la stessa, essendo la prima mora e

  • la seconda bionda) e da Balderico in . Costanza, ti amo ap-passionatamente (vv. -). L’esaltazione del fascino femmi-nile, che è normale nei versi per un’amica o una dama di cor-te, può suonare insolita se rivolta a donne che vivono den-tro le mura di un convento. L’accento sulle loro qualità rive-la dunque il vivo senso di humanitas dei poeti, che apprezza-no nelle loro corrispondenti l’eleganza, la dolcezza e la cultu-ra. Per il fatto di essere consacrate a Dio esse non devono ri-nunciare alla propria femminilità: l’esempio negativo è datoda Beatrice, che usa il velo per nascondersi e si sottrae agli in-viti di Balderico.

    Quali sono le richieste del poeta di Bourgueil alle suoredi Le Ronceray? Alcune sono conformi alla tradizione deipadri della Chiesa e della spiritualità benedettina. Nell’epi-stola ad Agnese l’importanza della verginità è rimarcata pa-rafrasando la lettera di san Girolamo a Eustochio e l’invito apregare e a leggere i testi sacri è un’eco della regola di sanBenedetto . Altre petitiones riflettono l’ideale di vita mona-stica del loro autore, per il quale il chiostro è il luogo piùadatto per dedicarsi a Dio ma anche ai libri. «Esiste un ge-nere di vita che possiamo amare onestamente? / Ne esisteuno che amo e che consiglio alle persone care: / mi piaccio-no la povertà nella sicurezza e un letto casto, / il disprezzodel mondo e la disciplina della volontà. / Ma c’è un altro ele-mento che mi ha attirato: / desidero conoscere, insieme aimiei amici, i segreti dei libri» . Così Balderico scrive a unchierico esortandolo a entrare in convento perché solo qui è

    . Cfr. E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuo-va Italia, Firenze , p. : «Per il panegirico in lode dei sovrani, fin dal-l’epoca ellenistica, l’epideixis era stata elaborata in schemi fissi: si elencanodoti in serie, ad es. bellezza, nobile stirpe, valore (forma, genus, virtus).Un’altra formulazione più estesa associa quattro privilegi “naturali” (no-biltà, forza, bellezza, ricchezza) e quattro virtù. La bellezza fisica non man-ca mai e passa anche al Medio Evo».

    . Tra i precetti da osservare troviamo nella Regola di san Benedetto, ,-: «Ascoltare volentieri le sante letture, applicarsi frequentemente allapreghiera».

    . Balderico, Ad Gerardum ut monachus fiat (), -.

  • . Ivi, -.. Essa è oggetto del saggio di J.-Y. Tilliette, Culture classique et hu-

    manisme monastique: les poèmes de Baudri de Bourgueil, in La littérature an-gevine médiévale. Actes du colloque du samedi mars , Hérault, Maulé-vrier , pp. -.

    . Musa iocosa è una iunctura ovidiana: «vita verecunda est, Musa io-cosa mea» (Tristia II, , ).

    . Balderico, Marbodo poetarum optimo (), -.. . Costanza, una carne intatta è cara a Cristo, .. . Costanza, ti amo appassionatamente, -.

    possibile dedicarsi agli studi in tutta tranquillità. Gli descri-ve quindi San Pietro di Bourgueil, dove il poeta è stato mo-naco e abate: «Io conosco un luogo fiorente che offre quie-te, / libri, carte e tutto ciò che serve a chi studia» . Da di-chiarazioni come questa traspare assai chiaramente una sen-sibilità che potremmo già definire umanistica. Il monacoamante dell’otium letterario vuole coinvolgere gli amici inquesta sua passione, mandando loro versi dal tono per lo piùfaceto e invitandoli a partecipare al gioco. È una Musa ioco-sa a ispirarlo, come confessa nella conclusio della poesia aMarbodo: «Rispondimi in versi per scherzare con me in ver-si. / Mi piace la vita giocosa e dunque la Musa giocosa» .

    I toni di un’amicizia cordiale che trova alimento nellacorrispondenza in versi impregnano anche le poesie di Bal-derico indirizzate alle donne, che, con l’unica eccezione del-la contessa Adele di Blois, vivono tutte in convento. Ciò chele accomuna a lui è la consacrazione religiosa, che nell’uma-nesimo monastico di Balderico significa anche passione let-teraria: «da una parte la poesia, dall’altra il Padre comune» .Un’assidua frequentazione dei libri è oggetto di calde racco-mandazioni: «non ci venga mai meno l’arte della lettura; tut-to ciò che esiste sia per noi lettura e libro» . Se poi la mo-naca è poetessa o maestra come Muriel ed Emma, tanto me-glio: Balderico affida i propri scritti al suo giudizio, esten-dendo all’ambito estetico il precetto evangelico della corre-zione fraterna. In ogni caso, con la stessa sollecitudine di undirettore spirituale, egli segue l’educazione letteraria delle

  • sue corrispondenti e vuole che anche loro gli mandino versi.Le Ronceray sembrerebbe diventare una sorta di laboratoriodi poesia sotto lo sguardo vigile di Balderico.

    Se la petitio è incentrata sulle destinatarie, che l’autorevuole pure e letterate, nella narratio egli dà voce ai sentimentiche prova per loro. A quanto pare, l’amicizia non è solo epi-stolare e gli scambi di versi accompagnano e prolungano ilpiacere degli incontri personali. Le allusioni a dolci colloqui,confidenze reciproche, scambi di segreti evocano una com-plicità che a volte usa le parole dell’amore. Pur con l’im-mancabile precisazione della purezza di questo sentimento,«un amore però che si compia in Cristo» , non mancano di-chiarazioni fervide e sensuali. A questo proposito va tenutopresente che a chi si vota alla lectio divina i testi cristiani of-frono numerosi esempi del linguaggio degli innamorati. Inprimo luogo c’è il Cantico dei cantici, il libro dell’Antico Te-stamento che celebra l’unione tra l’uomo e la donna; rilettocristianamente come la storia d’amore tra Cristo e la Chiesasua sposa, per i mistici che cantano l’unione con Dio questotesto diventa una fonte di espressioni ardite. C’è poi la tra-dizione dell’amicitia spiritalis, che già a partire dai padri del-la Chiesa indulge in effusioni appassionate verso i fratelli e lesorelle nella fede . Tuttavia gli echi della tradizione biblicae patristica non cancellano l’ambiguità di alcune poesie, so-prattutto dello scambio di versi con Costanza. Il modellodelle Heroides, che codificano la varietà degli appelli femmi-nili all’amato lontano, arricchisce ulteriormente di tinte unquadro che si configura come un gioco ambiguo e sottile trasensualità e letterarietà – il gioco è ancora più forte se, comele voci femminili delle lettere ovidiane, anche la risposta diCostanza è di pugno di Balderico .

    . . Agnese, mantieniti pura, .. Se ne possono trovare esempi in Dronke, Medieval Latin, cit., pp.

    -.. Anche chi, tra gli studiosi, propende per l’autenticità della lettera di

    Costanza, ammette che la forte influenza ovidiana complica la questione del-

  • la sincerità dei sentimenti. Così Dronke, Donne e cultura, cit., pp. -: «Lalettera di Costanza è tramata di elementi ovidiani ancor più che di elementibiblico-cristiani. Costanza sta coscientemente scrivendo una moderna lette-ra nello stile delle Heroides. E ciò pone un problema vivo quasi come per laSymphonia di Ildegarda: come distinguere le vere emozioni – che, come Ma-nitius, io credo vi siano – dal mestiere e dall’elaborazione letteraria».

    . Marbodo, . Alla regina d’Inghilterra, .. Balderico, . Adele, mi avevi promesso un mantello..., .. Ildeberto, . Muriel, divina poetessa, - e Balderico, . Muriel, scri-

    viamoci versi, -.. È un’ipotesi formulata da Tilliette nella sua edizione critica dei car-

    mi di Balderico (vol. II, p. ).

    Questa ipotesi si caricherebbe di una valenza ulteriore per-ché quello che la donna afferma del suo amico sarebbe allo-ra un autoritratto letterario, l’immagine del poeta ideale. Maanche rinunciando a questa suggestione, negli omaggi e nel-le confidenze in versi di Ildeberto, Marbodo e Balderico sipossono individuare testimonianze sulla loro autoconsape-volezza di scrittori.

    La fede nella letteratura si traduce nell’affermazione chei carmi espanderanno la fama delle dedicatarie nel tempo enello spazio: «vivrà la tua fama quanto vivranno i miei ver-si» ; «grazie al mio canto la tua fama si diffonderà per il va-sto mondo» . L’alta stima del talento proprio e altrui siestende alla scelta dei vocaboli riferiti ai poeti e alle poetes-se; infatti Ildeberto paragona Muriel alle sibille, Costanzadefinisce Balderico propheta e vates. Un ingenium e un elo-quium così speciali si manifestano sicuramente anche nellaforma, ma le indicazioni in proposito sono assai scarne. Lelettere che Ildeberto e Balderico indirizzano a Muriel con-tengono ciascuna un distico che loda lo stile della poetes-sa, facendo riferimento il primo alla dispositio, il secondo,forse, alla metrica ; più di questo non ci è dato sapere. Evi-dentemente sono altre le sedi per soffermarsi sugli aspettitecnici, la cui importanza certo non sfugge ai nostri scritto-ri, dal momento che l’elocutio delle loro opere è curatissimae Marbodo è autore di uno dei primi trattati medievali sul-l’ornatus, il De ornamentis verborum. In queste poesie di

  • omaggio, d’amore e d’amicizia interessa di più delineare lastatura culturale e morale delle poetesse e dei poeti coinvol-ti negli scambi di versi; infatti Costanza insiste sul contenu-to di sapienza delle parole di Balderico («Quis sapor in dic-tis! O quae sapientia verbi!») e le stesse qualità dello scrit-tore le ritrova nell’uomo. A chi può paragonare un simileprofeta? Ai grandi dell’antichità che si sono distinti pervirtù, eloquenza e sapienza: Catone, Cicerone, Aristotele,Omero. Questi exempla sono in linea con la concezione me-dievale secondo cui la competenza del poeta non è circo-scritta all’ambito estetico, ma egli è considerato un sapientenel senso più ampio; si pensi solo all’interpretazione di unclassico come Virgilio, che per Dante è sì maestro di stile, maanche «famoso saggio» . L’elenco dei nomi scelti da Co-stanza testimonia un altro aspetto importante della culturamedievale: lo scrittore si sente di casa tra gli autori antichi etrova qui i suoi riferimenti e i suoi termini di confronto; ilche, se è vero in generale, vale ancora di più per i nostri poe-ti “umanisti”. Il senso di continuità con i classici e di appar-tenenza alla stessa cultura, rafforzato dall’uso della stessa lin-gua e degli stessi generi letterari, prevale sulle apparenti in-compatibilità a livello di contenuto. Il problema più serioper il Medioevo cristiano, cioè il fatto che la cultura classicasia pagana, trova presto una soluzione nell’impiego dell’alle-goria. Gli Ebrei poterono fare un buon uso delle ricchezzedegli Egizi perché queste, pur in mani pagane, erano una ma-nifestazione parziale dell’unico Dio: allo stesso modo, scrivesant’Agostino, i cristiani possono trarre dai testi pagani le

    . Balderico, . Se potesse essermi concesso un breve incontro, -.. Inferno, I, .. Agostino, De doctrina christiana, II, : «Gli Egiziani non solo ve-

    neravano gli dèi e imponevano a Israele oneri gravosi che il popolo dete-stava fino a fuggirne, ma diedero loro vasi e gioielli d’oro e d’argento e an-che delle vesti. Il popolo ebraico all’uscita dall’Egitto di nascosto se li ri-vendicò come propri, per farne – diciamo così – un uso migliore. Non fe-cero ciò di loro arbitrio ma per comando di Dio, e gli Egiziani a loro insa-puta glieli prestarono: ed effettivamente erano cose delle quali essi non fa-

  • cevano buon uso! Lo stesso si deve dire di tutte le scienze dei pagani. Esseracchiudono invenzioni simulate e superstiziose come pure gravi pesi checostringono a un lavoro superfluo, cose tutte che ciascuno di noi, uscendodal mondo pagano al seguito di Cristo, deve detestare ed evitare. Conten-gono però insieme a questo anche arti liberali, più consone con il serviziodella verità, e alcuni utilissimi precetti morali; presso di loro si trovano an-che alcune verità sul culto dell’unico Dio. Tutto questo è come il loro oro eargento, che essi non inventarono ma estrassero da certe – chiamiamole co-sì – miniere della divina Provvidenza, che si espande dovunque» (traduzio-ne di V. Tarulli).

    . Balderico, . Costanza, ti amo appassionatamente, .. Ivi, .. Catullo, Carmina, , .. Cfr. Curtius, Letteratura europea, cit., p. : «L’autore si scusa per-

    ché il suo stile (sermo) o il suo ingegno (ingenium), o ambedue, sarebberoaridi, secchi, scarni [...]. Volentieri ci si incolpa anche di rusticitas, cioè diusare un modo di parlare rozzo, da contadini, pieno di errori. L’uso ecces-sivo di tali espressioni stereotipate si diffonde largamente solo nel V e nel VIsecolo; ma proprio i rètori di quest’epoca (e prima di tutti Sidonio e Fortu-

    arti liberali e alcuni precetti morali. Questa modalità di rice-zione dei classici diventa comune in tutta l’età di mezzo; sipuò ancora una volta fare riferimento a Dante, con la teoriadei quattro sensi delle scritture (letterale, allegorico, morale,anagogico) illustrata nel Convivio e con l’introduzione di fi-gure esemplari pagane nel Purgatorio. Il ricorso all’interpre-tazione allegorica è uno degli argomenti della lettera di Bal-derico a Costanza e della risposta di lei. Creato dall’unicoDio, per gli uomini del Medioevo «il mondo intero parla co-me un’unica lingua» per chi è capace di comprenderla; ec-co dunque perché il poeta, che conosce i miti greci e li sa in-terpretare, è ritenuto un propheta.

    Le lettere di Balderico contengono altre indicazioni di ca-rattere letterario. Anzitutto egli definisce i carmi alle amichecon il termine nugae, che, da Catullo in avanti, significapoesia breve di argomento amoroso o giocoso; la giocosità deipropri scritti è ricondotta da Balderico a un dato biografico,la giovialità di carattere. Altrove egli si definisce rozzo e por-tato a uno stile altrettanto rozzo. L’accento sulla rusticitas, chepure rientra nelle usuali affettazioni di modestia, diventa in

  • Balderico una dichiarazione di poetica, perché la campagnaè quella di Bourgueil, luogo ideale per una vita tranquilla eper l’otium tra i libri. Essa viene descritta nella poesia . Em-ma, mi correggi i versi? come locus amoenus, ma qui le va-lenze del topos sono molteplici : è uno schema letterario,una rappresentazione della realtà di Bourgueil, un’espressio-ne della concezione di vita claustrale di Balderico e anche delmodo in cui egli intende la cultura e la produzione letteraria,legate ai monasteri. E invece, si lamenta con Emma, i poeti silasciano attirare dalla città e dalle corti.

    Eppure è proprio questo il decorso inarrestabile nel pas-saggio dall’XI al XII secolo. Le scholae monastiche, punta didiamante della vecchia tradizione culturale carolingia, cedo-no il passo alle scuole episcopali urbane, dove insegnanopersonalità come Marbodo e Ildeberto. In un contesto di ac-cresciuto benessere economico e di stabilità politica e mili-tare, la cultura si diffonde e si secolarizza. Lo studio delle let-tere non è più finalizzato solo alla lectio divina e il mecenati-smo dei nobili determina sempre di più la scelta degli argo-menti e l’uso della lingua volgare.

    Senza essere poeti di corte e senza scrivere in francese,Balderico, Marbodo e Ildeberto partecipano attivamente al-la vita culturale del loro tempo. Le innovazioni che intornoal attraversano la società feudale e la concezione delladonna, influenzando la nascente lirica occitanica, trovanodei testimoni attenti e preziosi in questi elegantissimi maestridi poesia latina.

    CLAUDIA CREMONINI

    nato) vennero considerati per tutto il Medio Evo dei modelli di stile e dili-gentemente imitati».

    . Ivi, p. : «Il luogo ameno [...] è un angolo di natura, bello e om-broso; in esso si trovano almeno un albero (o parecchi alberi), un prato e unafonte o un ruscello; vi si possono aggiungere, talvolta, anche il canto degli uc-celli e i fiori; la descrizione più ricca comprende anche una tenue brezza».

    . Cfr. lo schema del locus amoenus nelle poesie di Balderico delinea-to da Tilliette, Culture classique, cit., p. .