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Questa terza edizione della "Strenna" non esce conla puntualità delle prime edizioni, e di questo ce nescusiamo.Lo sforzo che si sta compiendo è, con il passare deglianni, di mettere insieme una rivista annuale collegataalle esigenze culturali della nostra città.La ricerca di contenuti che possano renderla semprevicina alla gente ed alle aspirazioni di chi la costruiscerichiede attenzione e riflessione, anche perché ciriempie di soddisfazione sapere che viene inviata aglialberobellesi sparsi in tutto il mondo.L'edizione 2005 riesce in parte a raggiungere questoobiettivo.L'impegno è quello di rispettare la data del 27 maggio,in quanto compleanno della nostra città e festa civileinsieme al riconosciuto antico amore verso Santa Lucia,copatrona di Alberobello.

Opuscolo a cura dei Padri Guanellianidella Parrocchia di Sant'Antonio di Padova - Alberobello (Ba)

Prestampa & Stampa: Grafiche Spinosa - Alberobello

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LETTERA DEL SINDACOL'ISTAT, non più tardi di un mese fa, ha

reso pubblici i dati relativi al tasso di crescitadella nostra economia nel I quadrimestre diquest'anno.

Il risultato, come d'altronde ci si aspettava, èstato il seguente.

Nei primi quattro mesi del 2005, il P.I.L.dell'Italia è stato dello 0,5% inferiore ai primiquattro mesi del 2004. Dalla stagnazione si ècosi passati alla recessione.

Le avvisaglie, per la verità, erano stateabbastanza evidenti e anche nel nostro piccolo, nella nostra città, si avverte ormaida qualche tempo un incremento del disagio sociale, nonostante la tenuta delsettore turistico.

Noi abbiamo il dovere di prenderne atto e di porre in essere, come classedirìgente nel suo complesso, ogni opportuna strategia che possa mitigare gli effettidi una crisi che appare ormai strutturale.

Nel dibattito che si è aperto in quest'ultimo periodo fra le politiche di Welfaredel Comune di Bari e della Regione Puglia, io sto, per il momento, dalla parte diGuglielmo Epifani, Segretario nazionale della C.G.I.L., il quale, pur condividendola necessità di definire una politica che favorisca e faciliti l'ingresso dei giovani nelprocesso produttivo, sostiene che bisognerebbe, prioritariamente, tentare di frenareil processo di espulsione dai settori produttivi in crisi, dei lavoratori quarantenni,cinquantenni, spesso soli a sostenere la famiglia, per i quali la ricerca di un postodi lavoro, il reinserimento nel processo produttivo dopo il licenziamento, è senzadubbio molto difficoltoso se non, addirittura, impossibile.

Riflettere su questi temi non è certo piacevole ma è senz'altro doveroso conl'auspicio che, al più presto, i parametri dell'economia e le politiche di sviluppodel nostro paese e, soprattutto, del nostro mezzogiorno, possano migliorare grazieall'impegno profuso da ognuno di noi.

Bruno De Luca

s. 1 - luglio 2005

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VENTIQUATTRO ANNI ACCANTO A DON GIACOMOdi Nardino Ricci

Quando i capelli sono ormai bianchi e saiche la maggior parte della tua vita è passataè bello guardarsi indietro e ringraziare ilSignore per le persone significative che haiincontrato negli anni e che hanno lasciatoun segno nella tua esistenza e soprattuttonella tua spiritualità.

Mi tornano in mente gli anni dellafanciullezza, l'adesione immediata espontanea alla fede sull'esempio dellepersone care e sull'ammirazione di chivedevi spendersi per gli altri nel nome diCristo e nei ricordi si staglia un nome: donPietro Serva.

Fu lui a chiedermi se volessi entrare inSeminario e ne ebbe un netto rifiuto; purbambino sentivo che era una meta troppoalta per me.

Il mio diniego però non raffreddò irapporti, ma continuai, nel mio piccolo,a sentirmi impegnato, per esempio adaccompagnare don Pietro, che mi trattava

da "grande" e mi metteva a parte delledifficoltà economiche, nelle masserie checonoscevo per benedire ma anche perportare a casa uova, formaggio, salame.

Erano gli anni delle quattro "f" di donGuanella: fumo, e nella casa dove i primisacerdoti guanelliani abitavano ce n'eratanto a causa di una vecchia stufa, fastidi,fame e freddo.

Vennero poi gli anni della giovinezza:l'età delle grandi scelte sentimentali,culturali e politiche; quelle religiose eranoacquisite ma messe in discussione comeaccade a tutti i giovani. Il desiderio, infatti,di dare delle risposte razionali ai grandiinterrogativi dell'esistenza umana mi feceinnamorare della Filosofia, grazie anche almio docente del Liceo.

Nella mia ricerca spasmodica atratti angosciosa della verità faceva dacontrappunto e da sostegno la fede semplicema robusta di due mie guide spirituali diquegli anni, don Giuseppe Bellanova e donEmidio Di Nicola.

Negli anni della maturità e per benventiquattro anni ho avuto, come tanti,il grande dono dal Signore di avere comeparroco, amico, confessore e direttorespirituale don Giacomo Donnaloja.

Sono stati anni di grande arricchimentospirituale e culturale.

Ripensando, oggi, a don Giacomo, atre anni dalla sua scomparsa, emergepreponderante nel mio io la sua amabilità,quel suo essere profondamente umano ecapace di immedesimarsi nelle sofferenzee nelle gioie altrui. Il suo segno distintivo èstato sicuramente l'aver avuto il culto dellepersone e dell'amicizia.

Chi, avendo avuto un lutto in famiglia,non ha sentito la vicinanza di don Giacomonel dolore?

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Quando stava morendo mia madre il suoaffetto fu estremamente significativo perme, perché lui aveva capito quanto io fossilegato a lei, avendo perso mio padre all'etàdi quattro anni.

Non solo io, ma tanti hanno trovato inlui un amico vero, una guida, un padre, unmaestro di vita.

Don Giacomo aveva una grande culturama conservava l'animo di un fanciullo.

Nelle nostre lunge conversazioni spessonon programmate ma in coda ad unaconfessione o per un incontro casuale,venivano fuori le sue ansie, le suepreoccupazioni per il timore di non fareabbastanza per la comunità ed allora eccole strategie per rinverdire la PeregrinatioMariae, la Via Crucis nei quartieri, laConsacrazione dei bambini a Sant'Antonio,la Messa per i defunti dell'anno e poi ladomanda: "Cosa possiamo fare di più" ela risposta: "Andiamo avanti, il Signore ciaiuterà".

Nelle difficoltà la fiducia nellaProvvidenza di Dio era una certezza nonsolo per se stesso, ma la trasmetteva aglialtri con tanta convinzione che l'animo sirasserenava.

Nella sua umiltà non amava apparire ese l'attenzione fosse concentrata sulla suapersona si sentiva a disagio, ma se il tuttopotesse servire per il bene della comunitàera pronto a sacrificarsi.

Per i suoi settantenni, a sua insaputa,invitammo il nostro Vescovo; quando seppela notizia mi rimproverò aspramente, nonmi aveva mai trattato così male, ma la seraquando alcune persone lo ringraziaronofelici per quella serata, era felice anche luie mi abbracciò.

E poi la sua cultura, quante chiacchierateda Socrate a Kant, da Dante all'amatoManzoni, da Romano Guardini a GiuseppeDe Luca, teologi a lui cari, e le fotocopiedegli articoli di giornale che lui riteneva che

mi potessero interessare, anche in rispostao a completamento di qualche nostraconversazione.

Non era facile stargli dietro ma era ungodimento ascoltarlo.

La sua era vera cultura perché nonaveva nulla che sapesse di presunzione,di saccenteria, di ostentazione. Dietroun'apparente faccia di distratto donGiacomo amava l'ordine e lo custodiva:ordine dei libri, della carta, delle cose,degli ambienti, degli affetti e spessosi lamentava di non riuscire ad essereabbastanza ordinato.

E ancora il senso del dovere, anchequando era ormai molto malato, la domandache spesso ricorreva sulla sua bocca era:"Cosa abbiamo da fare?".

Dopo la sua morte e ripercorrendo conla mente le tante riflessioni sul sensodella vita, del dolore e della morte, fului a regalarmi il libro di Vittorio Messori"Scommessa sulla morte" e che spessocommentavamo insieme, oggi la morte mifa meno paura e posso affermare con SanFrancesco: "Laudato si, mi Signore, per soranostra morte corporale" idea che da giovanefacevo tanta fatica ad accettare.

Per tutto quello che è stato per me eper tanti, non ci stancheremo mai di dire,grazie don Giacomo!

g. 3 - luglio 2005

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IL MIO RICORDO DI DON GIACOMOdi don Fabio Palletta

Si poteva comporre un tema e spedirlo alDuce; in premio: una bicicletta.

Il tema Giacomino lo aveva spedito, arrivòpure la comunicazione che aveva vinto,ma la bicicletta non arrivò mai. "Fabio -midiceva- non ho mai vinto nulla...neppurea quelle somme da masticare balorde chesequestravamo ai ragazzi: sempre la solitascritta 'ritenta sarai più fortunato'. Peròfortunato lo sono stato davvero".

Più o meno la stessa cosa disse davanti alVescovo il giorno in cui io facevo l'ingressocome nuovo parroco, subentrandogli; prese ilmicrofono all'insaputa di tutti, e col suo solitofare accattivante e ricco, pieno di umorismoe di immediatezza: "Eccellenza, l'avverto pertempo; se alla fine ci sarà un piccolo applauso,non fraintenda: esso non andrà a quello chedirò, non al modo in cui lo dirò. Ma andrà, esarà una cosa nuova, esclusivamente al tempoche impiegherò per dirlo. Sarò brevissimo; equando mai don Giacomo è stato brevissimo?Quindi? Un applauso solo per i due minuti.

Tutto sommato posso considerarmi unuomo fortunato. Dalla vita, e quindi da Dioe dagli uomini, ho ottenuto tanto. Alle voltepiù di quello che meritavo, al di là di ognisperanza.

Prendete l'attuale vicenda-situazione. Colritardo di qualche anno è arrivato il "levaeius", cioè il momento di passare la mano.Allora: 'Don Giacomo vorresti restare adAlberobello?'. 'Si, mi piace il paese, mi piacela gente: incontrarla per strada...un saluto,una breve conversazione...ti rigenera'. 'Evorresti restare in parrocchia come servizio?''Assolutamente si. Altrove che altro potreifare?Ne//'era della tecnologia, del computer...io al massimo so battere due vecchi tastidella mia vecchia Olivetti. Lasciatemi gliammalati, lasciatemi i vecchi: il discorso èpiù facile, scorre meglio. Potremo parlarmale del governo, lamentarci che non c'è piùeducazione, che non c'è più religione, mentreai nostri tempi...Già ai nostri tempi tutto erameglio (Guido Cozzano: "il meglio d'altri

tempi non era che nostra giovinezza")....E' tutto! Beh? Sono passati due minuti?

Prendo l'eventuale applauso anche comeaugurio. "

Le orìgini: famiglia e primi passiII papa, Giovanni Donnaloja, era di Rasano

e governava una mandria di pecore, nella piùgrossa Masseria fuori Rasano; in giovane etàfu colpito da una paresi, quando Giacomo nonaveva ancora tredici anni e in breve tempomorì, lasciando sua moglie Luchina con cinquecreature, il più piccolo, Cosimo, di neppure3 anni. Luchina era una donna di culturadiscreta, e potè aiutare tutti i figli nei primianni della scuola; apparteneva alla famigliadei De Carolis, molto nota in Fasano. Di censodiscreto e di bell'impegno nel lavoro, colmarito, stavano costruendo un apprezzabilefuturo per i ragazzi, ma in pochi anni ci fu undolore dietro l'altro per la giovane mamma:prima la morte del primogenito Giuseppe, di

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appena cinque anni, poi la morte del marito;più tardi sarebbero state le varie partenze adallargare i vuoti, Giacomo per il seminario,Cosimo e Peppino a Milano per lavoro...

Giacomo era nato il 28 Gennaio 1920,alle 23 di notte; due settimane dopo, il 14Febbraio veniva battezzato nella ChiesaMadre di Rasano; a sei anni, come si usavaallora, ricevette la Cresima e fece la suaprima Comunione: il 4 Marzo del 1926.

Una presenza speciale va sottolineatain questi anni dell'infanzia: zio Antonio,fratello della mamma. Un fenomeno nato.Non avrebbe mai lasciato la sorella giovanee vedova, sola con cinque figli da allevare;così si stabilì in casa e fece da padre a tutti.Credo che zio Antonio fosse rimasto il ricordopiù bello, più stimolante e più decisivo perGiacomo, che ne parlava ogni giorno, anchenei mesi prima della morte. Un personaggioeccezionale: ex poliziotto a Torino, aveva uncuore più grande di lui; istruito per impegnopersonale e colto, amante del sapere,viaggiava sempre col vocabolario accanto e sivantava di averlo letto almeno tre volte perintero; era sempre andato avanti per meritidi servizio, però, perché non aveva gradiriconosciuti di istruzione. Battuta pronta, perstrada o in casa che fosse gli piaceva cantare.Giacomo ricordava: "mai una sberla. Era unoche ti faceva ragionare".

Credo davvero che avesse assorbito moltoda lui; era uno dei nomi che aveva sempre inbocca, ad ogni citazione: o zio Antonio o donBeria. I due incontri più importanti della sua

vita.Gli amici di scuola liquidano il giudizio su

Giacomo bambino in tre battute: buono, tra iragazzi dell'Azione cattolica, e poi sempre incasa a leggere, leggere, leggere.

In famiglia c'era anche uno zio prete,don Giuseppe Donnaloja, intimo amico econfidente; passeggiavano spesso con Giacomo,che ascoltava affascinato le vicende di questozio prima partito in guerra come soldato e alritorno, via la divisa, entrato in seminario.Fu un po' così anche per Giacomino: dopole scuole elementari aveva sospeso per dueanni, andando a fare il garzone come fabbronella bottega di mestr'Martumè (Bartolomeo);quindi aveva ripreso gli studi, 'le commerciali'come si diceva allora con indirizzo agrario. Epoi la scelta: prete.

Da don GuanellaErano appena arrivati i nostri al Sacro

Cuore di Fasano, per continuare l'opera didon Sante Perna; Giacomo entrò fra i primi,come postulante, già grandicello. Pochi mesi epartì per Farà Novarese, dove compì gli studiginnasiali, fino al Settembre 1941, quandoiniziò il noviziato a Barza d'Ispra, periodobello e ricco di incontri a parte il ricordo diun Maestro e di un'impostazione un po' rigidada cui volle sempre prendere le distanze "perfar osservare una legge basto un pizzardonequalunque -mi confidava- ma farsi capire ètutta un'altra cosa".

Fisico d'oro, don Giacomo, fino all'arrivo

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del male: ottima ala sinistra sui campi dicalcio: "ho il cuore di Boriali -ripetevaspesso- me lo disse il medico negli anni diBarza; con un po' di bradicardia, ideale per losport". Amò sempre lo sport, la Juve in cima;ma anche il ciclismo, l'automobilismo.

Il 12 Settembre 1943 emise i suoi votireligiosi e continuò a Barza liceo e filosofia.Fu sempre brillante negli studi, di memoriaproverbiale, più incline alle lettere che allescienze matematiche. Aveva ormai 25 anniquando arrivò nella terra del Fondatore,a Chiavenna, dove visse cinque anni; annisignificativi per lui: studio, assistenza airagazzi, incontri preziosi. Due più di altri:don Antonio Fontana, che Giacomo ricordavasempre come ottimo confratello e virtuosonell'ascesi, e don Attilio Beria, di cui sidovrebbe proprio trattare in un capitoloa parte. Giacomo ebbe a dirmi che fino aprima di conoscere don Attilio era semprestato un bambino, sottomesso a qualunquelegge, buono per ogni clima, docile a tutte ledirettive; fu don Beria "ad aprirci gli occhi;dopo di lui vedemmo le cose in un'altra luce.Si era più aperti, più intelligenti, capaci diconfronto e di critica. E poi: interessati,coinvolti, sobri nei giudizi. Il migliormaestro della mia vita". Forse le cose nonstavano proprio così, forse l'apertura eragià in fieri, ma questo era il ricordo di donGiacomo adulto. Stima assoluta, venerazionequasi: "Don -Atti/io non fu capito -Fabio- eraun'extra farge, un fuori misura".

Furono questi anche gli anni delle grandiamicizie; si costituì quello che poi fu detto'il Maggio fiorentino': don Olinto Garavaglia,don Mario Bellarini e il nostro. Cominciòproprio allora, Giacomo, ad addormentarsifacendo l'appello per tutti i suoi compagni,fino agli ultimi giorni, quando dormendonella stessa stanza gli ricordavo: "Dai,Giacomino, attacchiamo con le preghiere". Elui: "-Antonimi, Bellarini, Canosi, io, Erbetta,Garavaglia, Marta, Ottaviano, Piacente,Sangalli, Valente, Matteazzi,.... Serba eos innomine tuo..."

A quasi trent'anni, proprio nel periodochiavennasco, fu consacrato sacerdote in Casamadre a Como, il 26 Giugno 1949.

Quello dei ragazzi fu il primo mondo dellasua attività. Tutto studiava di loro: dati, date,atteggiamenti e tutto registrava nelle prezioseagendine-diario che abbiamo fra mano.Se si aggiungono al periodo di Chiavenna iventi anni passati tra Milano, Amalfi, Roma,Como, Ceglie e Bari...arriviamo a trentatreanni nei nostri istituti. Ragione per cui eranoto in Congregazione come 'il Prefetto',anche quando ormai non lo era più. Avevapassione per le gite, per l'organizzazione ditornei, gare, attività varie; si preparava, sidocumentava, intratteneva -anche a lungo-i suoi ragazzi col pensierino della sera acui era affezionato. Aveva pure mantenutocorrispondenza intensa con moltissimi dei suoiragazzi e telefonate continue. Di tutti, per laproverbiale memoria, ricostruiva con simpatiaeventi, mattate, sorrisi di quegli anni belli.

AlberobelloUn capitolo proprio a parte. Credo: l'amore

più grande della sua vita. "A Fasano sono nato,ad Alberobello rinato. La gente, sì la gentemi ha come rifatto...". Eppure vi era arrivatomalvolentieri, dopo una vita negli Istituti;si sentiva impreparato, fuori contesto, con

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un'eredità difficile perché don Anselmo erastato davvero benvoluto dagli alberobellesi.

Ma fu il suo campo di esplosione: vennefuori meglio la carica umana. Sì, l'uomo fattobene: simpatico, cordiale, generoso, discreto,arguto. Con la battuta adatta per tutti, inpochi anni aveva imparato i nomi dei suoiparrocchiani a memoria e di loro quasi tutto,anniversari, compleanni, ricorrenze, gusti...

Non fu uomo soggetto a complessi ocomplicatezze. Non si atteggiava mai amaestro, a capo: anche se, fissata un'idea,raramente la smontava; ecco un po' ostinato.Pacifico per natura non faceva mai battaglie;e quelle che -a volte- lo colpivano, le glissavacon l'indifferenza. "Non raccolgo mai leprovocazioni. Preferisco aspettare che l'altrosi ricreda". Di sé non aveva una grande idea:quando negli ultimi tempi gli confidavo i mieifiaschi e il nome di qualcuno che mi facevastar male, mi diceva sorridendo: "Vedineppure di questo sono capace, di averenemici. Eppure la storia lo dimostra; più unovale, più ha nemici. Ma io niente". In veritànon mancarono neppure per lui certi sassolininelle scarpe e qualche croce grossa lungo lastrada.

Difetti e originalità ne aveva tante: iniziavala Messa e al Gloria spariva per un librodimenticato in ufficio; la sposa già in chiesa datempo e lui ancora dietro a stendere tappetie accendere candele. Con calma, con infinitacalma. Ti segnava una Messa, tu andavi etrovavi che stava celebrando per un'altrafamiglia; un bel sorriso e ti smontava. Credoche non abbia mai cominciato puntualmenteuna Messa; gli avvisi finali della Domenicaerano una sorpresa da prendere a scatolachiusa: come andrà questa volta? Qualcunoarrivò a pensare che Famiglia cristiana loavesse pagato per la pubblicità continua edettagliata. Ti ritrovavi catechista o membrodi consigli e comitati senza mai saperlo; altelefono credo che non abbia mai iniziatodicendo "sono don Giacomo"; no subito loscherzo, un verso di poesia, un complimento...Stavi con lui a parlare per due ore, lo salutavi;poi andavi in ufficio o in camera o in refettorioe trovavi un biglietto: "Mi dici la messa delmattino? " Oppure: "Domani sono in ospedale,per l'intervento." Quale intervento? Boh..

La sua non era una pastorale organicae programmata. Piuttosto una pastoraledell'incontro, e attraverso l'incontrodell'annuncio: per ventidue volte fece tuttoil giro della Parrocchia con la visita dellefamiglie. Aveva anche i suoi 'santuari': aRoma, presso il Bambinello dell'Ara Coeli,dove consacrava tutti i bambini che andavabattezzando, e presso Santa Maria dellaPace considerata la Madonna delle coppie,da dove scriveva ai giovani appena sposatio ai coniugi in crisi. Da Padova pensava allepersone in difficoltà, con cartoline di unafantasia inedita, sprizzante, spassosa, anchein situazioni delicate.

Interessante sarebbe anche ricostruire ilsuo contributo come insegnante di religionenelle scuole pubbliche per lunghi anni,soprattutto nella stagione pugliese. Comecollega, come educatore, come sacerdote.

La gente di Alberobello ne apprezzaval'apertura di mente e di cuore; sembrava fuorietà, a suo agio tra i vecchi, assolutamente alivello coi giovani: colto e brillante, qualunquefosse il discorso sapeva farsi ascoltare. Unacultura davvero invidiabile ed enciclopedica

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la sua, dallo sport alla storia, dalla letteraturaall'arte. Tra i suoi autori più cari: Manzoni,Dante, Trilussa, Belli, e tutta la letteraturaclassica in genere; Mazzolari, Milani, PaoloVI, Rahner, Barth; e poi i giornalisti: Biagi,Montanelli, Messori, Torelli; molto amavai testimoni del secolo suo: Papa Giovanni,Madre Teresa, Gandhi, l'Abbè Pierre. Amavaraccogliere il meglio delle sue letture etrascriverle su agendine gustosissime aleggersi. Mi prendeva in giro per i miei 'duepunti, tre punti' della predica. Mi diceva chelui non li contava mai: "di solito parto con unpunto solo, mai poi mi perdo, Fabio".

Credo che molti si sentissero speciali perlui; pensavano davvero di essere i primi nelsuo affetto. So di tanti che hanno ripreso ilcammino di fede perché si sono sentiti proprioamati.

Un capitolo dettagliato meriterebbe lasua temperie spirituale; robusta anche sequalche moderno l'avrebbe considerato unpo' devozionale all'antica. Ogni sera faceva ilgiro del paese pregando il Rosario completo;regolare nella preghiera dell'Ufficio, lo vedevospesso, alla sera, inginocchiato davanti alCrocifisso del Rollo che campeggia sul nostroaltare. Chissà quante cose gli diceva, lui cosìattento ai particolari di ognuno.

FineArrivò quell'Ottobre penoso del 2001 e si

profilò da subito una cosa seria; all'inizio sipensava a qualche morbo della senescenza,poi le radiografie svelarono il mistero eaprirono la fase dolorosa. Ricca anch'essaperò, ancora di incontri, di racconti, diemozioni, di preghiera. "Guardo indietro,ormai: sono più i ricordi delle speranze".

Forse la stagione più feconda del suoservizio ad Alberobello, alla Congregazione,alla Chiesa. Il pastore che finalmente da lavita, proprio la vita; e proprio lui, fifone deldolore e di ogni malattia. Mi citava spessoMazzolari: "Soffrire passa; aver sofferto restae resta come la srande bontà"

Oggi il vuoto è evidente. Ma è strano:basta che ci si trovi in due a parlare di lui e

scappa il sorriso; perché era nel senso più altoe più bello che si può...simpatico. Cioè ilare,giocondo.

Poteva sembrava un improwisatore, donGiacomo, ma aveva iniziato il suo progetto dalontano; un'agendina ingiallita degli anni diRoma, quando era a Monte Sacro porta questoimpegno già chiaro, e parla già di morte: "Lamia preghiera di stasera alla Madonna: noisacerdoti siamo dei condannati alla santità-tu Madonna lo sai; io ho sempre volutodiventare un santo, lo non vorrei morire senzaarrivarvi. Non per me, ma per Gesù, poichéio sii negherei una gloria che egli ha dirittodi aspettare da me, ed io sarei inconsolabileper avergliela tolta". Accanto a lui, quel 30Giugno scorso, ho sentito che quei propositierano ormai un fatto.

Se c'è una cosa che non dimentico,Giacomo, fra le tante in cui ti ho avutofratello, amico e padre -sì più padre di miopadre- è quell'infinità di lacrime giovanisulla tua bara; di quei giovani che neppurealla morte di un parente ho visto così scossie sconsolati. Ti toccavano e ti guardavano,convinti di fotografare un disegno ben riuscitodi Dio, un santo. Ma di quei santi che amavadon Guanella, caserecci, domestici, che nondanno nell'occhio. "Sono prete -avevi scrittonel tuo diario- ed è sempre una cosa, che senon sei un santo, può essere pericolosa".

Forse pubblicheremo i tuoi scritti, donGiacomo. Forse ti dedicheranno una strada,un giardino quaggiù. Ma sarà un altro modoper farti sorridere e nascondere, come quandoper il tuo compleanno schivavi e dribblavi ognipiccolo riconoscimento. Perché in fondo eri untimido e allergico a ogni incenso, forse pure aqueste righe confuse e abborracciate. Ricordiquando ti presentai alla mia gente in Valled'Aosta? Dopo tante lodi mie, tu smontastitutto raccontando la favoletta di Fedro,dell'asino vestito con la pelle del leone: "Noncredete neppure a una parola di quello che hadetto Fabio; via la pelle-resta l'asino e sonocapace solo di qualche raglio".

Opera don Qua nel fa ,Congregazione dei Servi de/te Caritè

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IL MERCATO COPERTO HA 40 ANNI

di Franco LatartaraGià negli anni 60 l'Amministrazione

Comunale "prò tempore" (DC-LIPPOLIS)cominciava a "pensare" di dotare il paesedi una infrastruttura adeguata al commerciogiornaliero nonché settimanale. Molteistanze da più tempo, arrivavano al Comuneda parte di esercenti locali e di altripaesi viciniori, frequentatori del mercatosettimanale.

L'Amministrazione Comunale individuò lacollocazione di detta struttura nella zonaovest di Largo Martellotta. In quel tempoquell'area era costituita da una strada cheuniva via De Amicis a via don FrancescoGigante e parte del triangolo antistanteancora esistente. Subito accanto alla stradavi era un suolo di livello più basso di oltre4 metri. In previsione della struttura acostruirsi si iniziò a spianare il dislivellocon residui di sassi e di rifiuti soldi urbani.In effetti si era creata una discarica a cieloaperto in pieno centro urbano.

Costruire un immobile su materiale diriporto rappresentava un grosso rischio eduna tecnica di costruzione non tradizionaleper le nostre zone. Da noi si costruisce

cercando la roccia su cui poggiare lefondamenta. Fu dato incarico del progettoall'ingegner Egildo Greco di Martina Franca.Il professionista progettò la struttura a"gabbia", cioè pilastri portanti e pilastritrasversali tutti legati fra di loro. In talmodo la struttura a mo' di gabbia quasi"galleggiava" sul terreno non certo solido.Molte perplessità sorsero, ma il tempo(quasi quarant'anni) ha certamente datoragione al professionista ed al costruttoreOrlando Greco. Il progettista ha cercatodi "ambientare" l'estetica all'ambiente,ma credo che il difficile è proprio lì. Lo eraallora e lo sarà per sempre e più arduo nelnostro ambiente particolare.

Comunque la struttura "ideata" epurtroppo non realizzata da quellaAmministrazione fu messa in operanel quadriennio successivo conl'Amministrazione Dc-Colucci. QuindiAlberobello, prima di altri paesi vicinipossedeva un mercato coperto, certo piùcomodo per gli esercenti e di facile accessoper i fornitori. L'inaugurazione avvenne nel1968 con la visita ad Alberobello di AldoMoro Presidente del Consiglio.

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L'OSPEDALE DI ALBEROBELLOIntervista al Prof. Domenico Miccolis/ ° Commissario deli'istituendo Ospedale

di Domenico GilibertiNella capitale dei trulli, sin dai primi

anni del dopo guerra (ci riferiamo allaseconda guerra mondiale) e quindi diremmoin contemporanea con la nascita dellaprima repubblica, era in attività una casadi riposo per l'assistenza agli anziani, edai più bisognosi. Chi non ricorda (parlo aisessantenni) Andrea con le sue orecchieimmense e Pietro (per tutti Piet mbamba) molto spesso oggetto di scherno deiragazzini. La gestione di questa istituzionefu affidata all'Ente Comunale di Assistenza,ente morale che, nello specifico, affiancaval'amministrazione comunale. Agli inizidegli ani '50, più precisamente nel 1954,grazie al grande senso di abnegazione dialcuni medici locali, fu aperto l'ospedale,perché si prestassero le appropriate curealla popolazione di Alberobello e senza chequesta fosse costretta a peregrinare negliospedali vicini di Putignano, Martina Francae Monopoli. La gestione dell'istituendoospedale fu affidata allo stesso ECA ed alladirezione amministrativa fu chiamato, inqualità di commissario, il Prof. DomenicoMiccolis.

Al Prof. Miccolis, che, nonostante la nonpiù tenera età, è sempre sulla breccia, forseunico testimone di quegli anni di intensosviluppo economico e socio culturaledella città, per il quale egli stesso è statoartefice, abbiamo rivolto alcune domande.

D. Perché si è sentito il bisogno diaprire un ospedale?

R. In quei tempi uno dei medicigenerici più in vista, professionalmentee politicamente parlando, era il Dott.

Donato Giangrande, il quale coltivando lapassione per la chirurgia, voleva aprireun ospedale. Egli stesso era specializzatoin chirurgia ed era stato primo assistentepresso l'Università di Bologna. Questa suapassione la poneva in atto giornalmente nelsuo studio medico, dove effettuava, allabisogna, piccoli interventi chirurgici.

D. Perché fu intitolato a GiuseppeLeogrande?

R. In Alberobello un noto e facoltosocommerciante, tale Giuseppe Leogrande,era titolare di una rivendita di sale etabacchi, in Piazza del Popolo, proprio doveoggi vi è una oreficeria. Nel 1926 egli donòal Comune la somma di 600.000 lire (oggisarebbero stati parecchi milioni di euro)perché fosse data decorosa ospitalità ai piùbisognosi.

D. Per il suo impegno di commissariofu necessario seguire una strada politico-amministrativa?

R. Certamente si. Per far funzionareun ospedale, in quanto tale, fu necessariosciogliere il consiglio di amministrazioneesistente dell'ECA, e la mia nomina acommissario doveva servire a traghettarequesta istituenda ed impegnativa attivitàospedaliera, avendo cura di incamminarlasulla strada giusta.

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D. La parte più difficile fu reperire iprimari?

R. Non esisteva alcuna unità ospedaliere,per cui la struttura iniziò a funzionare grazieal senso di abnegazione dei medici genericilocali: Donato Giangrande, Aurelio Larocca,Vito Cucci, Giga Bellino, Francesco Panare, epoi Pietro Grassi e Vittorio Marraffa. Questi,a turno, compatibilmente con gli oraridegli ambulatori e delle visite domiciliari,prestavano la loro opera nella struttura, siaper le visite giornaliere in corsia che perl'assistenza al chirurgo in sala operatoria.Da subito pensammo alla istituzione diun poliambulatorio che doveva sopperirealla mancanza dei reparti ospedalieri edintervenire nelle discipline di chirurgia,otorino, oculistica, ostetricia, servizio diradiologia e laboratorio di analisi. Congrande abilità e, non nascondo un pizzicodi fortuna, incaricammo uno specialista perogni branca. Il primo chirurgo fu il prof.Edmondo Silvestri, otorino il prof. AntonioDe Candia, oculista il dott. DomenicoCollenza, radiologo il dott. Del Buono,mentre ostetrico il prof. Angelo De Palo.Per il laboratorio di analisi fu incaricatala dott.ssa Olga Bellino. Naturalmente la

collaborazione dei medici alberobellesicon questi specialisti fu intensa e totale,dando corpo a veri e propri reparti, doveera possibile ricoverarsi ed essere assistitiin maniera attenta ed amorevole. "Maestradi cerimonie" e donna tutto fare era SuorFilomena.

D. Come era il rapporto con gli ospedalivicini, notoriamente più efficienti.

R. Sempre ottimi ed improntati allamassima collaborazione. Non nascondo,però, e lo dico con orgoglio, che ilnostro ospedale era tenuto in debitaconsiderazione, per l'alta professionalitàdei nostri specialisti che rappresentavanoil meglio di quanto il territorio potesseoffrire.

Successivamente l'ospedale ebbe delletrasformazioni legislative. Si scorporòdell'ECA e divenne Ente Ospedaliere. Ilresto è storia recente che tutti sappiamoed abbiamo avuto modo di analizzare,approvando o disapprovando alcuniatteggiamenti che, comunque, hannoprovocato confusione e disagi allapopolazione.

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LA "CASA ROSSA"di Gin o An giù Ili

UN PO DI STORIA DELLA "CASAROSSA" DI ALBEROBELLO

II sacerdote don Francesco Gigante,nato ad Alberobello il 18 Settembre 1812e deceduto il 9 Gennaio 1888, avevaacquistato, per 7.000 ducati, la masseria"Albero della Croce", dove è ubicata la"Casa Rossa", in base ad un esproprio indanno di donna Teresa Spinelli, Contessa diConversano.

L'imponente edificio è una grandecostruzione a due piani, con 48 vani didiversa ampiezza, 3 corridoi, 10 accessori,ampi scantinati.

La sua edificazione, terminata il1887, tutta in pietra locale, fu decisa edattuata dal sacerdote che già pensava,evidentemente, di fondare un IstitutoAgrario.

Difatti nel suo testamento pubblico,redatto il 2 dicembre 1887, cioè circa unmese prima della sua morte, si legge:

...con questo otto cf; sua ultimavolontà il detto don Francesco Giganteha dichiarato volere istituire e fondareun Istituto Agrario, dotandolo di tutto il

suo patrimonio, comprendendo immobilie mobili di qualunque natura siano, niunoeccettuato, ed a compiere quest'opera dibeneficio sociale, egli ha fatto edificarein questa masseria Croce, tenimentodi Alberobello e di sua pertinenza, unfabbricato capace e valevole ad impiantarvitale Istituto che prenderà la ditta di IstitutoAgrario Gigante. ...vuole che l'esecutoredel presente testamento di unità al Sindacoed al Parroco di Alberobello, provochinodal Governo il Decreto di riconoscimento diquesto Istituto Agrario sul quale il Ministrodi Agricoltura e Commercio eserciteràla sua vigilanza per la retta ed onestaamministrazione, affinchè non vi sia sciupìodi rendita e vi escano alunni dotti edesercitati in fatti di agricoltura ed onestiamatori della Patria nella vita sociale...

e nel seguito ribadisce:....ora perché l'Istituto si abbia una

sola fondazione e proceda con tutt'ordinee cura di esso esecutore testamentario,del rev. Sac. Parroco don Domenico Mareae del sindaco prò-tempore, sarà redattoregolamento circostanziato, il quale serviràdi norma per il Governo dell'Istituto sì nella

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suo parte materiale che nella letteraria,morale e religiosa, affinchè dall'Istitutoescano allievi esperti e laboriosi inagricoltura, la quale forma ricchezza,potenza e gloria della Nazione, ed onesti epii cittadini...

Le liti giudiziarie di rivendicazione deifamiliari e di altri, interessati ai lasciti delsacerdote, compresi i finti rinvenimenti ditestamenti falsi, iniziati subito dopo la suamorte, terminarono definitivamente nel1919, trent'anni più tardi.

Il Regio Decreto che costituiva l'EnteMorale Scuola Agraria Gigante si ebbesolo nel 1896, otto anni dopo la morte delFondatore e ne trascorsero altri dieci pienidi controversie, fino al 1906, per poteredare inizio al funzionamento della ScuolaPratica di Agricoltura.

Nel Dicembre del 1896, subito dopo ilriconoscimento dell'Ente, viene approvatodal Consiglio di Amministrazione il primoprogetto di modifica dell'edificio destinatoa sede della Scuola e del convitto, redattodall'ing. Michele Sgobba.

L'impianto idrico consisteva di dueampie cisterne, annesse all'edificio,contenenti acqua piovana raccolta sultetto. Da queste cisterne l'acqua venivaimmessa giornalmente, con pompe a mano,in un capace serbatoio posto sull'edificiodal quale, per caduta, si alimentavano irubinetti dei servizi interni (cucina, bagni,ecc.).

Nel Marzo del 1905 si delibera di darcorso alle opere murarie riguardanti ilcompletamento dell'alloggio del Direttoree della Chiesa, facenti corpo unico colfabbricato principale.

Il 31 Gennaio 1906 si prende in esamel'illuminazione del vasto fabbricato,dovendosi provvedere con urgenza in vistadell'inizio dell'anno scolastico. Il Direttoreavrebbe preferito il sistema di illuminazione

a gas d'acetilene, ma si continua ad usare ilpetrolio.

Nel Settembre 1908 il Direttore fa vivepremure perché all'attuale sistema diilluminazione dei locali della scuola se nesostituisca uno più consono. Risultandoquella elettrica ancora molto costosa, si

valutano i prò e i contro delle varie formedi illuminazione, a gas di acetilene, a olio,a petrolio e si decide di continuare conquella a petrolio in attesa di impiantarel'illuminazione elettrica.

Ventuno anni dopo, nell'Agosto del 1929,fu deliberata l'introduzione nell'aziendadell'illuminazione elettrica con le relativeapplicazioni. Ma, risultando il preventivodi spesa troppo oneroso per il bilanciodell'Ente, la realizzazione fu, ancora unavolta, procrastinata.

Solo nel 1936 si decise di fornire la Scuoladi energia elettrica abolendo il sistemailluminante a petrolio e a gas acetilene inatto.

Dopo cinquant'anni, nel 1947, si realizzala diramazione idrica dell'AcquedottoPugliese per alimentare solo la Casa Rossadove alloggiano gli internati del Campodi Concentramento, e nel 1950 si attual'impianto al servizio degli edifici rurali edei terreni dell'azienda agraria.

Fino all'Aprile del 1940 l'edificio è statosede:

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dall'a.s. 1906/07 all'a.s. 1931/32: dellaScuola Pratica di Agricoltura;

dall'a.s. 1916/17 all'a.s. 1938/39: dellaScuola Elementare;

dall'a.s. 1932/33 all'a.s. 1938/39: dellaScuola Tecnica Agraria;

dall'anno 1906 al 1939: del Convittorelativo alle Scuole succitate.

Con due note, rispettivamente del 13Maggio 1940 e del 10 Aprile 1940, la RegiaPrefettura di Bari comunica, al CommissarioPrefettizio Dott. Donato Giangrande, ladecisione del Ministero dell'Interno diadibire a Campo di Concentramento perinternati o confinati i locali di proprietàdella Scuola Agraria "F. Gigante" in località"Albero delia Croce".

Quindici giorni dopo, il 26 Maggio 1940,la "Casa Rossa" viene ceduta in fitto alMinistero dell'Interno con il canone annuodi £ 15.000 e la clausola che le spese diadattamento sono a carico dello stessoMinistero.

Il Campo di Deportazione Ebraico diAlberobello inizia a funzionare il 28 Giugno1940 ed è attivo fino al 6 Settembre 1943data della sua prima chiusura;

Dall'8 Settembre 1943 al 30 Novembre1943 l'edificio viene occupato da duecompagnie del 1° battaglione del 235°Reggimento Fanteria "Piceno";

Fino all'8 Febbraio 1944 l'edificio restadisabitato e da quella data il Prefetto diBari dispone che vi vengano sistemati 20profughi di guerra;

Nel Marzo 1944 vi vengono alloggiatialcuni gerarchi fascisti, internati in regimedi confino libero per effetto dei primiprovvedimenti epurativi, per scontare unapena che duri fino a quando esiste lo stato diguerra. Ufficialmente la Colonia di ConfinePolitico viene riaperta il 28 Febbraio 1945 eresta funzionante fino al 7 Ottobre 1946;

II 28 Ottobre 1946 il Campo vieneriallestito per consentire di ricevere internatiper l'intera capienza e il 12 Gennaio 1947 ilMinistero dell'Interno dispone la traduzionedi 102 donne straniere;

II 19 Agosto 1947 tutte le internate sole,cioè senza familiari, vengono trasferitealtrove e da quel giorno arrivano alla CasoRossa famiglie intere di profughi stranieri ed

anche ebrei reduci dai lager nazisti;II Campo di Internamento della Scuola

Agraria di Alberobello, solo maschile fino al1946 e solo femminile fino al 1947 diventa,da questa data, campo misto fino alla suadefinitiva chiusura nel Novembre 1949.

Fino al 21 Aprile 1954 la Cosa Rossa rimanedisabitata. Da quella data viene ceduta infitto per 15 anni alle A.C.L.l. provinciali diBari ed è adibito a Scuola Permanente diStudi Sociali. Ma il 10 Ottobre 1956 vienerescissa la convenzione di locazione dellostabile con le A.C.L.l. per destinarlo a Casadi Rieducazione per Minorenni.

Nel Febbraio 1969 viene effettuatonell'edificio l'impianto di riscaldamento atermosifone.

La Casa di Rieducazione per minorennicessa di occupare l'edificio nel 1977.

Il 10 Gennaio 1979 l'Ente Meridionaledi Cultura Popolare di Bari chiede l'uso deilocali della Casa Rossa per ospitare gli allieviche frequentano il Corso per trullari.

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Il 20 Giugno 1990 si autorizza il sig. NicolaBenedetto ad installare temporaneamenteun'antenna TV come ripetitore per TeleMonte Sannace. Il 4 Dicembre 1992 si diffidail sig: Benedetto Nicola a non più occupare ilocali della Fondazione Gigante e di lasciarliliberi.

Il 26 Ottobre 1990 viene effettuata l'astagiudiziaria per la vendita dei quattro lotti,sul totale di cinque, in cui era stato divisoil patrimonio della Fondazione Gigante. Siricavano un miliardo e 95 milioni di lire.

Dalla vendita rimasero esclusi:lo stabile principale "Cosa Rosso";9.96.30 ettari di terreno circostantecoltivabile;6.15.55 ettari del "Bosco Mozzone" inContrada Carella.

Con la somma ricavata dalla prima venditanon è stato possibile saldare e tacitare tuttii creditori. Restavano scoperti, in queltempo, 360 milioni di lire.

Il 14 Giugno 1999 la Regione Puglianomina un Commissario Liquidatore e leaste indette finora sono andate sempredeserte.

Non è possibile quantificare a quantoammontano oggi i debiti per l'accumulo

degli interessi maturati in questi ultimi 15anni.

Attualmente l'edificio trovasi in statodi completo abbandono, alla mercé deivandali che hanno già asportato e trafugatole basole in pietra calcarea da diversi locali,continuano a scardinare e a trafugare gliinfissi interni, hanno devastato l'anticoarchivio, ivi conservato, hanno iniziatol'asportazione delle chiancole dei trulliadiacenti, hanno manomesso e asportato iquadri antichi e gli arredi sacri dalla annessacappella. A causa delle infiltrazioni di acquapiovana gli affreschi e il bellissimo falsomosaico sovrastante l'altare della cappella,realizzati durante il suo internamentodall'ebreo Cernon, sono in disfacimento.

Promotore il parroco di Sant'Antoniodon Fabio Palletta, e con il patrociniodell' Amministrazione comunale, è statocostituito recentemente ad Alberobello uncomitato promotore, denominato "Salviamola Casa Rossa", formato da cittadinivolenterosi che intendono adoperarsi pertentare di sottrarre all'oblìo e al completodisfacimento l'edificio che, per oltre unsecolo, è stato punto di riferimento eprotagonista della cultura e della storia,non solo alberobellese.

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LO STRANO CASO DELLA MONADE ALBEROBELLESEModeste osservazioni e proposte diun giovane del paesedi Agostino BimboNon è facile parlare del proprio paese,esprimere opinioni in merito alla realtàin cui si vive: è come guardare e giudicareun quadro facendone parte perciò,inevitabilmente, la propria prospettivanon collimerà mai perfettamente con lemille opinioni, storie e ragioni degli altripersonaggi del quadro: come mettered'accordo i vicini di casa in una riunionecondominiale. Allo stesso tempo nessunoè più indicato a esprimere le proprieimpressioni per descrivere una realtà, inmodo veritiero e sincero, come chi ne faparte, chi la vive tutti i giorni, specialmenteun giovane come me.Allora terrò conto di entrambi questielementi: non esprìmerò giudizi sullastoria, sulle persone e sui determinati fatti,ciò risulterebbe facilmente opinabile dalrelativismo dei punti di vista, ma allo stessotempo non mancherò di esprimere quantopiù sinceramente la mia opinione, la visualedella mia prospettiva. Dicesi «monade»-iniziamo a chiarire- un'entità a se stante,indivisibile e semplice, senza contatti conil mondo circostante, chiusa in sé e che hasolo un'idea vaga di ciò che le gira intorno,la monade è semplicemente un mondo aparte senza finestre.Cosi spesso io vedo l'abitante alberobellese,la monade alberobellese appunto: abitantedi uno dei più bei paesi del mondo,generoso e cordiale, ma spesso diffidente,guardingo nei confronti della realtà, quasifino a rendersi ottuso e cieco davanti adeterminati orizzonti che il nostro territorioha pienamente nelle sue potenzialità,visibili solo superando le separazioni e lelogiche del campanile.Credo sia questo il nostro maggiordifetto: la frazionarietà della vita sociale,associativa; attenzione, non dico ladiversità, la molteplicità dei gruppi ma

la loro incomunicabilità, la mancanzadi collaborazione, coesione. Partiamodalla monade Alberobello sul territorio:è abbastanza evidente la debolezza ( e inalcuni campi la mancanza) di associazionidi livello nazionale, non ci sono sedi, nonsiamo punto di convergenza di realtà piùgrandi, rimaniamo spesso periferici, epur possedendo uno dei più bei scenariitaliani non siamo spessissimo luogo dieventi, raduni, manifestazioni di rilievo.Ma la mancanza di collegamenti risulta piùdannosa all'interno del paese. Diamo unosguardo alla realtà giovanile. Il giovane hadi fronte una vasta scelta: monade piazza,monade parrocchia, numerose monadi diassociazioni sportive, per non parlare delleproposte, estive e non, per il ragazzinae il bambino alberobellese. Questa vastascelta non è affatto negativa, anzi, manon possiamo non riconoscere la mancanzadi uno spazio comune per tutti i nostrigiovani, un territorio di tutti e di nessuno,un'opportunità di ritrovo quotidianoche non debba appartenere a quella oquell'altra parte; lo stesso vale per lamancanza di incontri di approfondimento,di-dibattito, di confronto culturale.Soprattutto però, questo è di maggiorrilievo, non c'è una manifestazione, unmomento nel quale mettere di frontealla comunità tutte queste realtà, unavetrina prettamente giovanile; una vetrinae non una trincea, come spesso capita,ognuno nel suo ambiente, quando si lascialargo spazio ai fraintendimenti, e quindiall'incomprensione. Un collante importantepotrebbe rappresentarlo la formazioneturistica, e la proposta di questo temaalla classe giovanile: non è possibilelasciare che la nostra nuova identità-esicuramente futura- di paese turisticorimanga inesplorata, non delineata, vissutanon consapevolmente. Parliamo ai giovanidella nostra storia, del nostro territorio,delle risorse, delle idee, approfondiamo,studiamo il turismo, confrontiamoci;rendiamo i giovani e gli stessi cittadini più

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grondi esperti dei territorio, interessiamolialle nostre risorse.Il turismo infatti è un altro argomentospinoso; dove l'impianto monadistico sifa sentire. Hello mia breve esperienza hopotuto notare come spesso questa risorsasia ancora intesa come un grande Eldorado,una caccia all'oro. Nella maggior parte deicasi, basta prendere iniziativa, armare untrulletto nella zona monti e aspettare che lamarea estiva passi a consumare.Non ho nulla contro ciò, ma sfruttarela risorsa turismo in questo modo, esoprattutto progettare il futuro su diessa, senza consapevolezza, senza unapianificazione significa essere alla mercédel vento, delle andate e ritorni dellemigrazioni turistiche, significa limitarsialla scorza di questo frutto. Servecostruire una tradizione associazionistica,vera, efficiente, per pianificare l'offertaturistica. Da una parte si tutelerebbe ilpiccolo operatore del turismo, dall'altra cisi adopererebbe per rendere Alberobellouna vera e propria calamità turistica, unpolo, un centro di sosta e non di passaggio.Questo deve procedere parallelamente allacrescita culturale.Avere coscienza della propria storia, dellapropria identità è essenziale per progredire.Tante volte mi chiedo: che immagine restaal turista, non di Alberobello, ma deglialberobellesi, della nostra comunità? Unacomunità viva, partecipe, piena di fermentoo no? Purtroppo non abbiamo nemmeno ungiornale, un foglio da mettere in valigiaper chi arriva e se ne va. Va notato che laproposta culturale estiva va crescendo negliultimi anni: l'intrattenimento culturale-musica, teatro, folklore- è il punto dipartenza essenziale per prolungare emigliorare la permanenza del visitatore,ma l'origine e l'identità della nostrapropulsione culturale è ambigua.C'è bisogno di un gruppo, una reted'appoggio, un gruppo di propostae anche qui di fare fronte comune,stabilendo terreni e temi di ricercaunitari, di approfondimento, di studio

di tematiche, delincando un percorsoda seguire per la comunità, in modo daproporlo al visitatore per parlare di noi.Solo così possiamo formare un collanteche unisca la nostra gente. Questa unitàd'intenti ci permetterebbe la sinergiadell'associazionismo. Pensiamo al momentodel Natale alberobetlese, un momento nelquale più che in altri, la scelta di visitare ilpaesino dei trulli è merito dell'offerta chestiamo proponendo (intendiamoci, vogliodire che la gente a Natale viene a trovarci,non passa per caso come a Ferragosto,ovunque). Abbiamo delle manifestazioniche crescono, il presepe vivente ed altreda qualche anno; bisogna far si che quellemanifestazioni diventino eventi. Eventicon risonanza maggiore, che vada oltreil territorio locale, a cui collabori tuttal'offerta della città, nel pianificarel'accoglienza, gestirla, consorziando luoghidi pernottamento, ristorazione, spesa: nonpiù frazionarietà ma sinergia. Cosi non sitratterà più di acchiappare al volo il flussoturìstico, ma attirarlo e gestirlo nel modopiù efficiente. Così possiamo permettercidi trasmettere il valore della comunità,mandare dei messaggi, razionalizzare illavoro, e crescere.Alberobello è una grande piazza, nonpossiamo vociferare per farci ascoltaredalla moltitudine dei passanti, madobbiamo predisporre gli altoparlanti,l'amplificazione, per farci sentire.E tutto ciò è possibile, deve esser/o, e/'/ va/ore e le potenzialità della nostragente sono tante. Perciò che ci costa? Nonrimaniamo abbarbicati nelle piccole realtàche ci sono cresciute attorno, di cui forseabbiamo anche il merito, ma non possiamosoffocarle, immobilizzarle intorno a noistessi, chiuderle a riccio.I nostri padri contadini avevano il pesodi tante pietre inutili da buttare via, nehanno fatto un patrimonio mondiale; noiabbiamo semplicemente qualche sassolinoda toglierci, e potremo camminare meglio epiù veloci verso una Alberobello ancora piùunica.

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di Tommaso Galiani

Si decise di edificare questo tempio nelRione monti grazie all'interessamento delsacerdote don Antonio Lippolis (1886-1972), exfrancescano e rettore della chiesa di S. Luciain Alberobello dal 1924 al 1931. Fu deciso chela struttura sarebbe sorta su un terreno donatoda Antonia Cammisa, vedova Locorotondo. ilreligioso ottenne rapidamente da un nucleo dispontanei benefattori oblazioni per L. 27.000,con le quali formò un primo fondo di cassa. Il25 marzo 1925, sotto la presidenza dellostesso, si costituì un apposito Comitato che,in base alle disposizioni di legge concernentile nuove costruzioni della zona monumentale,ritenne necessario realizzare una struttura chepotesse armonizzarsi con lo stile del Rione.Ad interessarsi della progettazione furono ilprof. Giuseppe Notarnicola, Regio ispettoreai Monumenti, il prof. Michelangelo La Sorte,Tommaso Curri e il maestro d'arte MartinoDe Leonardis (1880-1969). Il progetto fugratuitamente realizzato da quest'ultimo, conun preventivo di spesa di L. 46.000, e subitoaffidato ai capomastri Tommaso Marzano e aifratelli Francesco e Cosmo Romano.

Il sacerdote aveva però, già da qualchetempo, intenzione di costruire il tempioindipendentemente dall'occasionaledonazione del suolo, come dimostra il fattoche i primi disegni preparatori e i bozzettiprogettuali fossero stati realizzati da DeLeonardis già dal 1923-24. Conservati dallafiglia Clemenza, i disegni pervenutici mostranodiverse ipotesi progettuali. Inizialmente ilcapomastro aveva ipotizzato una pianta acroce latina con cupola all'incrocio dei bracciche, in un caso, prevedeva sulla sommitàdel trullo la statua del Santo. Una secondaipotesi, forse ispirata ad edifici civili come ilTrullo Sovrano e religiosi come la chiesa di S.Maria di Barsento, mostra un edificio con lafacciata cuspidata, dotata di un'unica portad'ingresso inserita in una strombatura arcuatae sormontata da un dipinto, forse un affresco,

inserito nella lunetta. Nel 1925 prende corpol'ipotesi della pianta centrale, affiancataa destra da un campanile a base circolare,inserito in un ambiente di servizio adiacenteal luogo di culto e collegato a quest'ultimoda una porta interna. Compare, inoltre, lascala d'accesso che costeggia la profondastrombatura dell'ingresso.

Il Progetto per la chiesa di S. Antonioda costruirsi nella zona monumentale deitrulli, datato maggio 1925 e presentatocome decisivo, risulta, ovviamente, megliodefinito. I bracci della croce diventano ugualie sono fiancheggiati da quattro ambienti,i primi dei quali delimitati da archi a tuttosesto. La copertura centrale, dal tamburocircolare illuminato da otto finestre, èsorretta da quattro archi a pieno centro.L'area presbiterale, delimitata lateralmentedai due muri con porte d'accesso, è rialzatada quattro gradini. Sulla parte destradell'edificio, infine, si affiancano ambienti diservizio che costeggiano l'allora Via Cortello.Inserito nella pianta di questi ultimi, adiacentealla facciata, svetta il campanile a piantacircolare. Il prospetto presenta tipologiedi copertura differenti rispetto a quellepoi realizzate. Il campanile ha, nella parteterminale, una cella, delimitata in basso da unmarcapiano ad archetti pensili, caratterizzatada aperture a tutto sesto che ripetono latipologia di quelle presenti sul tamburo deltrullo centrale. Nell'arcata, centrale rispettoal prospetto, vi è la statua di S. Antonio. La

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copertura del campanile è anch'essa a trullo,ma dal profilo particolarmente allungato.

Risale al 1° gennaio 1926 la posa dellaprima pietra, «[...] essendo papa l'immortalePio XI - Vescovo di Conversano il dotto mons.Lancellotti - Regnando il saggio SabaudoVittorio Emanuele III - Col grande statistaBenito Mussolini - [...]». Lo storico Notarnicolascrive: «il progetto di massima, [...], risultòun tipico leggiadro tempietto a croce grecache fece assurgere l'umile volta trullescaall'imponenza di una cupola conica altam.21,50. Il progetto, nell'esecuzione, subìdelle varianti in meglio (per i due trullinisui lati del prospetto) ed in peggio (per ilcampanile sbilenco)». Sempre secondo lostesso, nonostante il successivo interventodell'ingegner Signorile Bianchi di Bari,«nell'insieme, le caratteristiche fondamentalidel trullo furono rispettate e sposate conbell'effetto a sobrie linee dello stile romanicopugliese».

La chiesa, edificata in appena quattordicimesi, fu aperta al culto il 13 giugno 1927,giorno dedicato a S. Antonio, nonostantela perizia di Vito Angiulli, datata 20 aprile1928, stilata a Putignano alla presenza delCancelliere Luigi Ingallati, elenchi una seriedi lavori da dover ancora portare a termine,dalla copertura esterna in pietra al pavimento,dall'intonaco agli infissi.

Risalgono allo stesso anno, infatti, larichiesta di finanziamenti inviata al Fondo peril Culto di Roma e la supplica che don AntonioLippolis inoltrò al Pontefice al fine di ricevereun obolo che consentisse di terminarel'edificio.

Oggi il prospetto, imbiancato con lattedi calce, si presenta suddiviso in tre corpi.Quello centrale, cuspidato, mostra ungrande arco strombato nel quale è inseritoil portale d'accesso, centinaio e sormontatoda un oculo, al quale si accede tramite unascalinata. Il corpo centrale è fiancheggiato daaltri due, più piccoli, sempre cuspidati, chepresentano centralmente altrettante finestrecon arco a tutto sesto. La copertura di questiavancorpi, i cui spioventi sono coronati dal

motivo degli archetti pensili d'ispirazioneromanica, è ricoperta con chiancole lavoratea mano. Anche la parte superiore, rientranterispetto alla precedente, è scandita da trediverse coperture a trullo. Centralmente,su un tamburo quadrangolare, dotato di unafinestra mediana sempre arcuata, è impostatala "cupola" a trullo, sormontata da un piccololucernario riproducente la stessa forma ecopertura della struttura su cui insiste, tranneche nel numero delle finestre. Il tamburo,lateralmente, è stretto da due piccoli corpiemergenti, sempre con finestra arcuatacentrale e copertura conica. Il fianco sinistrodella chiesa non è leggibile, così come il lato

opposto, a causa della sovrapposizione distrutture più tarde. La parete presbiterale,piatta, è invece inserita nell'adiacentestruttura alberghiera, ex seminario.

Il campanile, edificato in sostituzione diquello progettato da De Leonardis, posto inuna diversa posizione, fuoriesce parzialmentedal perimetro della chiesa e si eleva conslancio verticale grazie alla sovrapposizionedi due corpi segnati da un cornicione. Questodivide il primo corpo, arrotondato nella parteangolare, dalla cella campanaria, semprecoperta a trullo.

La chiesa, internamente a croce greca,presenta centralmente la citata copertura atrullo, terminante con lucernario. I quattropilastri centrali reggono archi a tutto sesto,sui quali poggiano anche le volte laterali.

I braccetti della croce mostrano voltead un livello più basso rispetto all'impostadella copertura centrale e, tranne che nella

. 19 -luglio 2005

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controfacciata, risultano privi di finestre.Sono, infatti, illuminati oltre che dalla portamaggiore dalle due finestre laterali. Questocontrasto luce-ombra consente di leggere conprontezza la centralità della pianta.

Il primo economo curato della chiesa fu lostesso fondatore sac. Antonio Lippolis che,durante i venticinque anni d'attività, cercò divalorizzare l'intera zona curando, tra l'altro,l'allargamento delle vie adiacenti, ampliandol'illuminazione e facendo sorgere una nuovafontana pubblica.

Nel 1928, sempre rispettando la medesimatipologia edilizia, lo stesso fece costruire,adiacente alla chiesa, un salone per l'AzioneCattolica e un teatrino il cui prospetto, in uncerto senso, prolunga quello della strutturaecclesiastica. Esso soffoca, però, il frontepreesistente stringendolo sul fianco sinistro esmorzando lo slancio verticale e l'imponenzache l'edificio, isolato, aveva avuto fino aquel momento. Due anni più tardi, inoltre,il sacerdote fece innalzare, rendendocieco il campanile da un lato, le aule peri Corsi professionali dì Disegno, Muratura,Falegnameria e Meccanica, dirigendolipersonalmente per 18 anni. Costruì, inoltre,una scuola Materna, affidandola all'EnteMeridionale di Cultura. Tutte queste operesociali furono inaugurate dal Prefetto Perezdi Bari nel 1933.

L'anno seguente fu realizzata la casaparrocchiale, vicino alla Chiesa di S. Antonioe due anni dopo don Antonio Lippolis donòla chiesa, l'asilo e le scuole professionali,il salone-teatro e la casa parrocchiale al

Seminario Diocesano.In seguito, fino alla metà degli anni

Sessanta, i lavori all'interno della chiesa,divenuta parrocchia il cinque gennaio del1945, si sono susseguiti con una certa intensità,soprattutto a seguito del sopraggiungeredei Padri guanelliani, nel 1952. Il tempio, inparticolare nel periodo compreso tra il 1954e il 1965, ha subito importanti cambiamenti.Notevole è risultato l'impatto dei lavori edelle opere commissionate all'artista AdolfoRollo (1898-1985), trasferitosi ad Alberobellonel 1949.

Nel 1959 la chiesa si arricchisce del grandeCristo in croce, a devozione di Dante Lippolis,circondato dal retrostante e successivo dipintomurario, L'albero della salvezza, entrambiopera del Rollo. Nel corso degli anni seguenti,oltre all'adattamento del vecchio altarecentrale alle esigenze di culto, si è procedutoall'innalzamento degli altari laterali trai quali quello di S. Antonio, sulla sinistra.Quest'ultimo altare, realizzato dal medesimoartista, presenta una serie di bassorilievi sullavita del santo, realizzati in pietra sintetica.Testimonianze fotografiche dimostranoche l'opera ha subito modifiche. Sono statieliminati, infatti, alcuni bassorilievi, purdi poter inserire all'interno della nicchia ilsimulacro del santo al naturale, raffiguratoinsieme con un povero vecchio al qualeporge del pane. L'opera, esposta alla MostraCampionaria di Milano del 1925, era statacomprata nel 1926 da don Antonio Lippolisdallo statuario Pasquale Errico di Lecce per lasomma di L. 27.000. Probabilmente cara allapopolazione locale, fu restaurata e rimessaal suo posto, eliminando quella realizzata daRollo, sicuramente più consona all'insiemedell'opera.

N.B. // seguente artìcolo è stato tratto da "Foglidi periferia - Periadico dì identità territoriale" -Numeri 1-2 luglio dicembre 2002 - Edizioni V. Radio(pi/tignano - Ba)Si ringraziano per la gentile concessione l'editore edel Direttore responsabile, Pietro Sisto.

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LA VETRATA ARTISTICA REALIZZATA DAL ROTARY

II 23 Febbraio 1905, a Chicago (Illinois,USA), l'avvocato Paul Harris e tre suoi amicifondarono II Rotary. In questo modo egli volleattuare un suo sogno: promuovere lo spiritodi amicizia tra persone che intrattengonorapporti professionali e rendersi utili agli altriperseguendo i principi di assoluta uguaglianza,di rifiuto di qualsiasi discriminazione di razza,nazionalità, religione e sesso, il culto dellalibertà e della giustizia sociale, il superamentodi interessi personali e di confini nazionali,per servire l'umanità intera.

Il disegno del fondatore ebbe ben prestoun insperato successo. Travalicati i confini diquella città, varcati gli oceani, con una corsafrenetica, il Rotary si insediò in tutti i paesidel mondo.

Sono trascorsi 100 anni e, attualmente,i rotariani nel mondo sono circa 1.300.000distribuiti in circa 32.000 Club di 166 Paesi.In Italia i soci rotariani effettivi sono circa40.000 in 675 Club.

I grandi services del Rotary in campointernazionale sono: le borse di studioper giovani studiosi, le campagne perl'alfabetizzazione nel mondo e, soprattutto,

la campagna Polio Plus, che ha operato econtinua a operare per l'eradicazione dellaPolio nel nostro pianeta; finora sono stativaccinati 2 miliardi di bambini.

Gino Angiulli, Presidente del RotaryClub Putignano nell'anno del Centenario,con il consenso unanime ed entusiasta delConsiglio Direttivo e di tutti i soci, ha volutoconcretizzare la ricorrenza del Centenario difondazione del Rotary Club Internazionale,sponsorizzando la realizzazione dellasplendida e preziosa vetrata artistica nellaChiesa di Santa Lucia, che è stata benedettadal parroco don Fabio Palletta, alla presenzadelle autorità religiose, civili e militari, il 20Febbraio u.s.

Ecco brevi cenni storici sulla originedi questo tipo di vetrate artistiche, sulsignificato e sulla tecnica di attuazionedella vetrata realizzata nella nostra chiesadal maestro vetraio Rosario Doria titolare,col padre Francesco, della Vetreria Norba diConversano.

Cenni storiciSi considera come primo esemplare di

vetrata artistica il ritrovamento, nel 1932 aLorsch (Darmstadt), di frammenti raffigurantiuna testa di Cristo, risalenti all'epocaCarolingia. Le più antiche vetrate, conservateintegre, sono quelle della cattedrale diAugusta, in Germania, del 1065.

Vanno ricordate, inoltre, quelle di pocoposteriori delle cattedrali gotiche di SaintDenis, di Le Mans, di Bourges, di Chartres inFrancia e di Canterbury in Inghilterra.

Agli inizi del '300 lo stile gotico si affermaanche nell'Italia centrale (Siena, Firenze,Assisi, Orvieto e Perugia), dove maestri francesie tedeschi realizzano vetrate progettate daimassimi pittori del momento. Oggi questanobile tecnica è custodita con molta cura dapochi maestri vetrai che hanno difficoltà nelcercare allievi a cui trasmetterla.

Significato della vetrataDopo uno studio preliminare ed accurato

dell'architettura della chiesa, il maestro

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realizzatore, è giunto alla determinazione chela vetrata avrebbe dovuto rispettare diverseprerogative:

conferire un gioioso aspetto cromatico;divenire lo sfondo del Crocifisso esistente

sull'altare;essere priva di soggetti figurativi;profondo significato cattolico;chiara lettura del disegno da qualsiasi

angolo di visuale;profondità e prospettive su più livelli.

Inoltre, l'autore, considerando cheil mondo attuale è saturo di messaggi (il piùdelle volte inutili) violentemente impressinell'uomo dai media, e che è rimastoben poco spazio nei cuori dell'umanità aimessaggi divini, ha voluto rappresentarequesto concetto con la vetrata insignandola:"Messaggio di Dio".

Nella vetrata ci sono due figuregeometriche:

i cerchi che rappresentano l'uomo;le frecce (raffigurate da due linee che

hanno il vertice in comune) che rappresentanoi messaggi di Dio.

Analizzando il disegno si rilevano quattrotipologie di uomini:

quelli timorati di Dio che comprendono isuoi messaggi;

quelli di fede diversa dalla nostra;quelli che si stanno avvicinando al Signore;quelli privi di fede.

I primi sono raffigurati dai cerchimonocolore attraversati dalle frecce; isecondi dai cerchi con più colori che sonointersecati dalle frecce; i terzi dai cerchi conpiù colori che sono attraversati dalle frecce;gli ultimi dai cerchi monocolore che non sonointersecati dalle frecce.

Tecnica di realizzazioneLa vetrata artistica è stata realizzata

con la tecnica della legatura a piombo e,per questo, viene chiamata vetrata legataa piombo o impiombata. Il metodo di

produzione parte dall'idea e si completa conla posa in opera.

Si inizia con la preparazione delle bozzein scala e a colori delle diverse soluzioni.Stabilito ed approvato il bozzetto da partedel committente, si tracciano su foglibianchi e spessi le linee dell'impiombatura,in dimensioni reali, che segnano la formasecondo la quale si tagliano i vetri giàspecificati nei colori sui cartoni.

La vetrata realizzata è compostada due tipologie di vetri: la prima è ilvetro cattedrale, riconoscibile dalla suacaratteristica superficie martellinata, chene conferisce l'aspetto sobrio ed elegante;fanno parte di questa categoria le tre tonalitàdi giallo e il celeste. La seconda tipologia è ilvetro rosso, autentico vetro soffiato a boccadalla superficie liscia con inclusioni di bollee striature, il suo colore così brillante è datodalla sua pregiata composizione, contieneinfatti ossidi di oro.

I vetri, una volta tagliati, vengonotutti molati rendendoli così privi di tensioniperimetrali, che sono la causa principaledella rottura nel tempo. Terminato il mosaicosi passa alla tessitura del piombo. Nel nostrocaso si è preferito utilizzare il profilo da 15mm di larghezza, che non solo dona allavetrata un aspetto severo ed imponente, mane aumenta anche, in maniera esponenziale,la robustezza.

Successivamente vengono saldate astagno tutte le giunture. Indi si passa allastuccatura con lo stucco preparato a mano,con ingredienti naturali, come ha imparato ilmaestro realizzatore dal suo antico maestrofiorentino. Il preparato ha la funzione dicolmare gli interstizi tra il piombo e il vetro,impedendolo così di tintinnare movendosie rende il pannello impermeabile, solidoe rigido ma allo stesso tempo elastico. Lavetrata è così pronta per essere montata sullasua struttura in metallo. Il maestro Doria harealizzato i 15 pannelli della vetrata senzal'utilizzo dell'energia elettrica e ciò le donaoriginalità e maggior prestigio.

Rotary InternationalClub di Puti%nano

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CAMPI ESTIVI 2005 DELLA PARROCCHIA DI SANT'ANTONIO

26 Luglio - 4 Luglio

3- 9 Luglio

10-16 Luglio

21-29 Luglio

31 Luglio-9 Agosto

20- 27 Agosto

Biennio superioreI SALMI: che cosa èPESCEGALLO

nati fra il 1989 e il 1990'uomo, perché te ne curi?

Albergo MezzalunaVia Pescegallo n. 1023010GEROLA(Sondrio)

3A media nati nel 1991STATE BUONI SE POTETEPRETORO Villa Liberata

Loca. Passo Lanciano66010 PRETORO (Chieti

1 A e 2 A media nati 1992 e 1993IL GABBIANO JONATHANFASANO Collinetta del Sacro Cuore

Via Maturano n. 172015 FASANO

triennio superiore nati 1986-1988CHE COSA DOBBIAMO FAREROLLIERES Casa Alpina Villa Edelweiss

fraz. di Rollieres10054 SAUZE DI CESANA (Torino)

Universitari e lavoratori età 19-30 anniLO INTERROGAVANO PER METTERLO ALLA PROVAKLAGENFURT Don Bosco House

Kirchengasse n. 319020 KLAGENFURT (Austria)

Giovani coppie campo estivo per le famiglieVIVERE INSIEME: FESTA,PERDONO, CRESCITAPRATO NEVOSO Albergo La Capanna

Frazione Prato Nevoso12082 FRABOSA SOTTANA (Cuneo)

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FESTEGGIAMENTI IN ONORE DI i

I SANT'ANTONIO IALBEROBELLO13 GIUGNO 2005

* PREGHIERA * = *Dal 31 Maggio al 12 Giugno \™

- ore 19.00 TREDICINA DEL SANTO, predicata da padre Andrea, monfortano VjyOgni sera una categorìa del paese farà V omaggio di carità al Santo. c*ii

Domenica 12 Giumo a?.̂ i i- ore 8-10-11-19 Sante Messe nella Chiesa di Sant'Antonio _ì«Lunedì 13 Giugno VA]

- ore 6-7-8-9-10-11: Ss. Messe e Confessioni - Banco di beneficenza, Pane e Gigji del Santo. ^ji- ore 17.30 PROCESSIONE per le vie di Alberobello con la statua del Santo. ^

Solenne CONCELEBRAZIONE in Villa \WPresiede il Vescovo di Conversano, S.E. mons. DOMENICO PADOVANO V^jServizio del Concerto Bandistico "CITTA' DI LOCOROTONDO" - S. Caramia v^y

* FESTA * ^ìSabato 11 Giugno VAI

- ore 21.00 Villa Comunale Don Giacomo Donnaloja vjyAssegnazione Premio cittadino ALBEROBELLO E LA SUA GENTE, 3> edizione =KEstrazione biglietti vincenti della Lotteria Sant'Antonio ^J,Spettacolo di Cabaret con UCCIO DE SANTIS del Mudù ^

Domenica 12 Giugno VjAI-ore21.00 LargoMartellotta^4M£Z>£0 MINGHIin COHCertO $M

Lunedì 13 Giugno ^J»- ore 22.00 Via Barsenta spettacolo pirotecnico "Batteria alla bolognese" Jj^j

Durante la festa: Luminarie artistiche della Ditta FANIUOLO di Putignano V/J

* CARITÀ', SPORT E CULTURA * ^CARITÀ' Vy

Domenica 5 Giugno -ore 8.00: GIORNATA DI DONAZIONE DEL SANGUE V/ySPORT V/(j

Sabato 4 Giugno - ore 16.00: 5a Corsa non competitiva "Sant'Antonio" ^ViSab. 4- Doni 5 Giugno - ore 16.00: 3" Maratona Sant'Antonio di Calcio (campi diMuscio) ^..Sabato 4- Domenica 5 Giugno 3° Trofeo Sant'Antonio di Bocce (Villa Comunale) 3»

^IL COMITATO IL PARROCO VJU^

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Festa di Sant'Antonio 11-12-13 Giugno 2005Premio cittadino adon Pietro Giannocaroper i suoi 50 annidi parrocchiain Coreggia

Premio cittadino aAlessandro Paiano

per lo spiritoimprenditoriale nelsettore del turismo

Mudù,di Uccio De Santis lospettacolo durante lafesta di Sant'Antonio

Amedeo Minghi.nell'intervista rilasciata ad Alberobello:

"Cantare e d'amore quando vita vite esperanze diventano i ricordi del cuore".

"Sono l'unico artista al mondo ad avere unvideoclip con Giovanni Paolo II attualmentein commercio per un progetto che il Sommo

Pontefice aveva voluto ed avallato".

(Mattina Zaccaria di Puglia Press)

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