2004-03-31 Week End

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LA REPUBBLICA 35 MERCOLEDÌ 31 MARZO 2004 Dalle “bank holidays” alle ferie, la storia di una conquista È stata accolta con stupore, imbarazzo, rassegnazione, la proposta del premier di tagliare qualche festività, eliminare qualche “ponte”, nel nome della produzione e della ripresa economica. La storia dell’industria conosce lunghe battaglie per la riduzione della settimana lavorativa e del relativo sorgere del fatidico “weekend”. Quello che il Diario vi offre è un approfondimento di un tema che coinvolge aspetti nevralgici della società, sul piano della storia, dell’antropologia e del costume. RIDURRE LE FESTIVITÀ E TAGLIARE QUALCHE PONTE? D IA R IO di Felicità. Gli anni 50 videro le ferie estendersi per legge o per contratto a tre settimane in quasi tutti i paesi europei. Esse diventarono quattro negli anni ’60, per salire a cinque in alcuni paesi – ancora la Francia – nei primi anni 80. Il prolungamento delle ferie fu un aspetto complementare della riduzione generalizza- ta degli orari annui di lavoro, che in tutti i paesi europei diminui- rono di circa 200 ore in un solo decennio, tra il 1970 e il 1980. Un risultato ottenuto a mez- zo sia di aspre lotte sindacali, sia di interventi da parte di governi – non libertà. E’ una parola grossa, libertà. Ma per coloro che sperimentarono di persona il passaggio prima al mezzo sabato libero, poi al sabato intero, l’idea che uscendo dall’offi- cina o dall’ufficio alle 18 del venerdì, si poteva fare qualsiasi cosa uno o una avesse voglia di fare fino alle 8 del lunedì successivo, compatibil- mente con i propri mezzi, parve davvero che un pezzo in più di li- bertà si potesse finalmente toccare, godere, dividere con altri. Si era ot- tenuto il pane, lavorando; ora si sen- tiva che si potevano cogliere anche le rose, come avevano chiesto nel 1912 i 10.000 operai immigrati del Massachusets. Che in concreto chiedevano giusto un po’ meno di fatica, un po’ più di riposo. Poi è arrivata la globalizzazione, con le sue esigenze in parte reali in parte pretestuose, l’ideologia che ne legittima la inesorabilità, la con- vinzione che alle crisi economiche non c’è via d’uscita se non quella di subordinare alle esigenze dei mer- cati ogni aspetto dell’esistenza. Di- sturbano la produzione le festività, tanto quelle dedicate ai santi che agli eventi bellici, e ancor più lo fan- no le ferie, i fine settimana di due giorni, i ponti che permettono di al- lungarli a quattro o cinque. Non tanto per il numero dei giorni im- produttivi che insieme formano, ma soprattutto per il fatto di essere giorni e periodi malamente colloca- ti a date fisse, simili ad altrettanti cu- nei nocivi conficcati nel flusso con- tinuo della produzione. La lotta contro i giorni di festa ha già dato, in Italia, come in altri paesi, i suoi frut- ti. Mai un numero così grande di persone ha lavorato alla domenica, o in blocchi di giornate che a rota- zione includono la domenica come giorno lavorativo, o ha dovuto spez- zare le ferie in periodi più brevi e di- scontinui su richiesta dell’azienda, o non gode affatto di ferie perché svolge un lavoro precario. Per molti le rose rischiano di appassire, pro- prio mentre anche il pane sta diven- tando incerto. Che invidia fanno, gli impiegati della Banca d’Inghilterra ante 1830. tutti certo di sinistra – i quali si ren- devano conto, in questo d’accordo con i sindacati, che dinanzi al pro- rompere dell’automazione nell’in- dustria e nei servizi il mezzo più ef- ficace per combattere la disoccupazione consisteva precisa- mente nella riduzione degli orari di lavoro. Allo stesso senso co- mune economico e imprenditoriale rispo- se, già negli anni 50, l’introduzione del sa- bato interamente festivo. Fin dagli anni 30 esisteva il “sabato inglese”, il sabato con il pomeriggio festivo, istituito in vari settori produttivi del Regno Unito, poi importato in Italia come “sabato fascista”. Con una differenza: che nel loro pomeriggio libero gli inglesi andavano al pub o curavano il giardino, mentre gli ita- liani, in specie i giovani, dovevano partecipare a marce, adunate e le- zioni di dottrina politica. Il sabato tutto festivo fu adottato tra le prime imprese italiane dalla Olivetti, nel 1957, e rapidamente da molte altre. L’orario di lavoro effettivo, già sceso da 48 ore a 44, scendeva così a 40. Nasceva il fine settimana tutto libe- ro, e con esso, per molti che sapeva- no cosa voleva dire lavorare sei gior- ni la settimana, la sensazione eufo- rica di spazi più ampi, di un’aria più leggera, di un senso mai provato di sava la durata di tale periodo, tale clausola, in assenza della possibi- lità di stipulare liberi contratti col- lettivi, fu fonte di notevoli disugua- glianze nelle ferie godute da lavora- tori di differenti settori produttivi. Un punto di svolta nel consolida- mento istituzionale delle ferie retri- buite si ebbe nel 1936, quando il go- verno francese sortito dal Fronte popolare introdusse a favore di tut- ti i lavoratori dipendenti l’obbligo di due settimane di ferie. Il ministro Leo Lagrange, che fu forse il primo al mondo a dirigere un ministero del Tempo libero (Loisir), istituito da quel governo, decretò niente- meno che il 1936 doveva essere ce- lebrato come l’Anno Primo della Q UARANTA giorni feriali in cui non si lavora al fine di commemorare santi e ri- correnze varie paiono davvero un eccesso, oltre che un primato inav- vicinabile anche per i più festaioli dei paesi contemporanei, tra i quali – ci è stato appena detto – si colloca l’Italia. Ma il timore di compromet- tere il Pil con troppe festività non ebbe a toccare né la Banca d’Inghil- terra né il governo del Regno Unito per un lungo periodo anteriore al 1830, periodo in cui detta banca chiudeva gli sportelli, lasciando li- beri i suoi dipendenti, appunto per quaranta giorni l’anno, domeniche a parte. Quell’anno, e poi nei de- cenni successivi, il numero delle “vacanze bancarie” (bank holidays) venne drasticamente ridotto. In compenso esse furono estese, con due apposite leggi del 1871 e del 1903, a tutte le banche, e – con qual- che variazione nella collocazione delle festività - a tutte le parti del paese: Inghilterra, Galles, Scozia, e Irlanda del Nord. Inoltre il titolo onorifico di “vacanza bancaria” venne esteso, e così vale ancor oggi, ad altri tipi di festività che non ave- vano nulla a che fare con le banche. Le altre categorie di lavoratori di- pendenti, nel Regno Unito come al- trove, dovettero aspettare parec- chio tempo prima di veder ricono- sciuto il diritto ad apprezzabili pe- riodi di riposo, non limitati a giorni staccati di feste patronali o di anni- versari politico-militari. In Francia, nei primi anni del secolo, il riposo consentito era di un solo giorno al- la settimana, sebbene già esistesse- ro aziende che offrivano otto giorni di ferie retribuite agli operai con ol- tre 25 anni di anzianità. Le ferie, in- tese come un periodo di più giorni di riposo, ininterrotto e retribuito, si diffondono verso la fine degli an- ni 20. In Italia la Carta del Lavoro emanata dal governo Mussolini il 21 aprile 1927 stabiliva, all’art. XVI, che «Dopo un anno di ininterrotto servizio il prestatore d’opera, nelle imprese a lavoro continuo, ha dirit- to ad un periodo annuo di riposo fe- riale retribuito». Poiché non preci- Iduegiornichecambiaronoilmondo LUCIANO GALLINO WEEKEND WEEKEND ESPRESSIONE inglese che sta a indicare quei due giorni di fi- ne settimana in cui uno smette di essere funzionario di un apparato per trovarsi, gioiosamen- te o spaventosamente, di fronte a se stesso. L'incontro non è sempre facile dopo che per cinque giorni abbiamo sospeso il rapporto con noi stessi per eseguire, con scrupolo ed efficien- za, le azioni previste e prescritte dall'apparato lavorativo che ci coinvolge e ci dà in cambio, oltre al salario, quell'identità so- ciale che non sempre coincide con l'identità personale, ma in compenso ci consente di abbozzare una risposta decente a chi ci chiede: «Cosa fai?». L'altra domanda: «Chi sei?» grazie a Dio non ce la rivolge più nessuno, ma, quando insorge pre- potente nel weekend, meglio infilarsi in un cinema, uno stadio, una coda sull'autostrada, e in mancanza di meglio in un letto, per occupare il tempo libero, per evitare l'incontro con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso. Do- po il weekend tutto ricomincia, e la domanda minacciosa, che gira intorno alla nostra identità, s'acqueta. UMBERTO GALIMBERTI WEEKEND. IL SABATO INTERAMENTE FESTIVO NASCE NEGLI ANNI 50

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LA REPUBBLICA 35MERCOLEDÌ 31 MARZO 2004

Dalle “bankholidays” alle

ferie, la storia diuna conquista

È stata accolta con stupore,imbarazzo, rassegnazione,la proposta del premier ditagliare qualche festività,

eliminare qualche“ponte”, nel nome della

produzione e della ripresaeconomica. La storia

dell’industria conoscelunghe battaglie per la

riduzione della settimanalavorativa e del relativo

sorgere del fatidico“weekend”. Quello che il

Diario vi offre è unapprofondimento di un

tema che coinvolge aspettinevralgici della società,

sul piano della storia,dell’antropologia e del

costume.

RIDURRE LE FESTIVITÀ E TAGLIARE QUALCHE PONTE?

DIARIOdi

Felicità. Gli anni 50 videro le ferieestendersi per legge o per contrattoa tre settimane in quasi tutti i paesieuropei. Esse diventarono quattronegli anni ’60, per salire a cinque inalcuni paesi – ancora laFrancia – nei primi anni80. Il prolungamentodelle ferie fu un aspettocomplementare dellariduzione generalizza-ta degli orari annui dilavoro, che in tutti ipaesi europei diminui-rono di circa 200 ore inun solo decennio, tra il 1970 e il1980. Un risultato ottenuto a mez-zo sia di aspre lotte sindacali, sia diinterventi da parte di governi – non

libertà. E’ una parola grossa, libertà.Ma per coloro che sperimentaronodi persona il passaggio prima almezzo sabato libero, poi al sabatointero, l’idea che uscendo dall’offi-cina o dall’ufficio alle 18 del venerdì,si poteva fare qualsiasi cosa uno ouna avesse voglia di fare fino alle 8del lunedì successivo, compatibil-mente con i propri mezzi, parvedavvero che un pezzo in più di li-bertà si potesse finalmente toccare,godere, dividere con altri. Si era ot-tenuto il pane, lavorando; ora si sen-tiva che si potevano cogliere anchele rose, come avevano chiesto nel1912 i 10.000 operai immigrati delMassachusets. Che in concretochiedevano giusto un po’ meno difatica, un po’ più di riposo.

Poi è arrivata la globalizzazione,con le sue esigenze in parte reali inparte pretestuose, l’ideologia chene legittima la inesorabilità, la con-vinzione che alle crisi economichenon c’è via d’uscita se non quella disubordinare alle esigenze dei mer-cati ogni aspetto dell’esistenza. Di-sturbano la produzione le festività,tanto quelle dedicate ai santi cheagli eventi bellici, e ancor più lo fan-no le ferie, i fine settimana di duegiorni, i ponti che permettono di al-lungarli a quattro o cinque. Nontanto per il numero dei giorni im-produttivi che insieme formano,ma soprattutto per il fatto di esseregiorni e periodi malamente colloca-ti a date fisse, simili ad altrettanti cu-nei nocivi conficcati nel flusso con-tinuo della produzione. La lottacontro i giorni di festa ha già dato, inItalia, come in altri paesi, i suoi frut-ti. Mai un numero così grande dipersone ha lavorato alla domenica,o in blocchi di giornate che a rota-zione includono la domenica comegiorno lavorativo, o ha dovuto spez-zare le ferie in periodi più brevi e di-scontinui su richiesta dell’azienda,o non gode affatto di ferie perchésvolge un lavoro precario. Per moltile rose rischiano di appassire, pro-prio mentre anche il pane sta diven-tando incerto. Che invidia fanno, gliimpiegati della Banca d’Inghilterraante 1830.

tutti certo di sinistra – i quali si ren-devano conto, in questo d’accordocon i sindacati, che dinanzi al pro-rompere dell’automazione nell’in-dustria e nei servizi il mezzo più ef-

ficace per combatterela disoccupazioneconsisteva precisa-mente nella riduzionedegli orari di lavoro.

Allo stesso senso co-mune economico eimprenditoriale rispo-se, già negli anni 50,l’introduzione del sa-

bato interamente festivo. Fin daglianni 30 esisteva il “sabato inglese”,il sabato con il pomeriggio festivo,istituito in vari settori produttivi del

Regno Unito, poi importato in Italiacome “sabato fascista”. Con unadifferenza: che nel loro pomeriggiolibero gli inglesi andavano al pub ocuravano il giardino, mentre gli ita-liani, in specie i giovani, dovevanopartecipare a marce, adunate e le-zioni di dottrina politica. Il sabatotutto festivo fu adottato tra le primeimprese italiane dalla Olivetti, nel1957, e rapidamente da molte altre.L’orario di lavoro effettivo, già scesoda 48 ore a 44, scendeva così a 40.Nasceva il fine settimana tutto libe-ro, e con esso, per molti che sapeva-no cosa voleva dire lavorare sei gior-ni la settimana, la sensazione eufo-rica di spazi più ampi, di un’aria piùleggera, di un senso mai provato di

sava la durata di tale periodo, taleclausola, in assenza della possibi-lità di stipulare liberi contratti col-lettivi, fu fonte di notevoli disugua-glianze nelle ferie godute da lavora-tori di differenti settori produttivi.

Un punto di svolta nel consolida-mento istituzionale delle ferie retri-buite si ebbe nel 1936, quando il go-verno francese sortito dal Frontepopolare introdusse a favore di tut-ti i lavoratori dipendenti l’obbligodi due settimane di ferie. Il ministroLeo Lagrange, che fu forse il primoal mondo a dirigere un ministerodel Tempo libero (Loisir), istituitoda quel governo, decretò niente-meno che il 1936 doveva essere ce-lebrato come l’Anno Primo della

QUARANTA giorni feriali incui non si lavora al fine dicommemorare santi e ri-

correnze varie paiono davvero uneccesso, oltre che un primato inav-vicinabile anche per i più festaiolidei paesi contemporanei, tra i quali– ci è stato appena detto – si collocal’Italia. Ma il timore di compromet-tere il Pil con troppe festività nonebbe a toccare né la Banca d’Inghil-terra né il governo del Regno Unitoper un lungo periodo anteriore al1830, periodo in cui detta bancachiudeva gli sportelli, lasciando li-beri i suoi dipendenti, appunto perquaranta giorni l’anno, domenichea parte. Quell’anno, e poi nei de-cenni successivi, il numero delle“vacanze bancarie” (bank holidays)venne drasticamente ridotto. Incompenso esse furono estese, condue apposite leggi del 1871 e del1903, a tutte le banche, e – con qual-che variazione nella collocazionedelle festività - a tutte le parti delpaese: Inghilterra, Galles, Scozia, eIrlanda del Nord. Inoltre il titoloonorifico di “vacanza bancaria”venne esteso, e così vale ancor oggi,ad altri tipi di festività che non ave-vano nulla a che fare con le banche.

Le altre categorie di lavoratori di-pendenti, nel Regno Unito come al-trove, dovettero aspettare parec-chio tempo prima di veder ricono-sciuto il diritto ad apprezzabili pe-riodi di riposo, non limitati a giornistaccati di feste patronali o di anni-versari politico-militari. In Francia,nei primi anni del secolo, il riposoconsentito era di un solo giorno al-la settimana, sebbene già esistesse-ro aziende che offrivano otto giornidi ferie retribuite agli operai con ol-tre 25 anni di anzianità. Le ferie, in-tese come un periodo di più giornidi riposo, ininterrotto e retribuito,si diffondono verso la fine degli an-ni 20. In Italia la Carta del Lavoroemanata dal governo Mussolini il21 aprile 1927 stabiliva, all’art. XVI,che «Dopo un anno di ininterrottoservizio il prestatore d’opera, nelleimprese a lavoro continuo, ha dirit-to ad un periodo annuo di riposo fe-riale retribuito». Poiché non preci-

I due giorni che cambiarono il mondoLUCIANO GALLINO

WEEKENDWEEKEND

ESPRESSIONE inglese che staa indicare quei due giorni di fi-ne settimana in cui uno smette

di essere funzionario di un apparato per trovarsi, gioiosamen-te o spaventosamente, di fronte a se stesso. L'incontro non èsempre facile dopo che per cinque giorni abbiamo sospeso ilrapporto con noi stessi per eseguire, con scrupolo ed efficien-za, le azioni previste e prescritte dall'apparato lavorativo che cicoinvolge e ci dà in cambio, oltre al salario, quell'identità so-ciale che non sempre coincide con l'identità personale, ma incompenso ci consente di abbozzare una risposta decente achi ci chiede: «Cosa fai?». L'altra domanda: «Chi sei?» graziea Dio non ce la rivolge più nessuno, ma, quando insorge pre-potente nel weekend, meglio infilarsi in un cinema, uno stadio,una coda sull'autostrada, e in mancanza di meglio in un letto,per occupare il tempo libero, per evitare l'incontro con quellosconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso. Do-po il weekend tutto ricomincia, e la domanda minacciosa,che gira intorno alla nostra identità, s'acqueta.

UMBERTO GALIMBERTI

WEEKEND.

IL SABATOINTERAMENTEFESTIVO NASCENEGLI ANNI 50

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Terre…Per i condannati alla città,

sono apparse le cattedrali con-sumiste, gli ipermercati coop enon coop: “non luoghi”, se-condo la celebre definizione diMarc Augé, con aperture do-menicali sempre meno saltua-

(segue dalla prima pagina)

L’Italia ha cominciato asecolarizzarsi nonappena le quaran-

tott’ore di tempo libero hannoinvaso il tempo e lo spazio del-la comunità di fede. Santifica-re il fine settimana, ecco il co-mandamento alternativo. Du-rante i giorni feriali c’era ilbianco e nero della televisio-ne, prima vissuta insieme, neisalotti, nelle canoniche, neibar e nei cinema, e poi consu-mata nei tinelli atomizzati dalprimo boom.

Il weekendsi è costruitolentamente, inquanto istitu-zione sociale,e r o d e n d oc o m p o r t a -menti sedi-mentati dallatradizione. Inquegli anniSessanta si èassistito a unafuga che eracontempora-neamente dimassa e indi-vidualistica.La folla solita-ria si è messain macchina eogni Cinque-cento si è ritro-vata isolata nelflusso ancoras o s t e n i b i l edell’andata edel ritorno. I nuovi“fratelli d’Italia” nonerano solo i miracolatisulle Triumph, le Mg ele Alfa Romeo decapot-tabili, all’inseguimentodi mostre, film, regieteatrali ed eventi mon-dan-letterari; erano anche ipadri di famiglia neopatentatiche sfidavano il traffico con lafamiglia, staccato il cordoneombelicale con la comunità,pionieri di una nuova frontie-ra ludica e laicizzata.

Dopo di che, è stato necessa-rio superare d’un balzo loshock petrolifero con le dome-niche a piedi del 1973, inoltrar-si avventurosamente negli an-ni Ottanta dei ceti rampanti,per consolidare l’esperienzadel weekend come parentesiprotetta, luogo del non lavoro,approfittare della ricchezzaestemporanea portata agliyuppie dal boom di borsa pri-ma del “bloody tuesday” a WallStreet, o della disponibilità ga-rantita dagli interessi sui Botall’epoca dell’inflazione al 20per cento: e l’adozione delweekend è diventata definiti-va. Per i grandi programmato-ri, le mostre con code chilome-triche, dai vecchi Bronzi diRiace ai Futuristi a PalazzoGrassi: ovvero cultura consu-mata dal popolo di non lettoriche vuole invece la partecipa-zione diretta, anche senzal’acquisto pro memoria del ca-talogo nel bookstore. Per i neo-edonisti, una competenza ine-dita su alberghi, alberghetti,agriturismi, ristoranti, canti-ne, santuari dello slow food.Trekking nostrani sulle Dolo-miti. Una puntata sulla costie-ra amalfitana, nell’Oltrepò,nel Delta, nelle Langhe, alla sa-gra del tartufo, o un buen reti-ro nel Monferrato, alle Cinque

fermata al MacDonald’s. Tutti a loro modo surrogati

della grande vacanza famiglia-re, delle tre settimane in Rivie-ra: meglio un anno punteggia-to da evasioni continue. Tan-to, per i più giovani, ci sonosempre, estate e inverno, «cer-

te notti», quando secondo Lu-ciano Ligabue «la macchina ècalda e dove ti porta lo decidelei». Deciderà di portarti in unaRimini non troppo diversa daquella catastrofica di Pier Vit-torio Tondelli, in un discotecadal suono furibondo, discjockey e cubiste, pasticche emojitos per tirare le sei di mat-tina. Infilati dentro una Golfnera, simbolo del male giova-nile secondo Michele Serra,con l’impianto a palla chepompa nell’abitacolo un qual-che «siamo solo noi», noi sbal-

rie, dove comunque si dannoappuntamenti, incontri, flirt,eventi spettacolari con un so-sia tatuato del Grande Fratello.In alternativa, una proiezionein un outlet sotto Mantova, al-l’Ikea di Bologna, in uno spac-cio di scarpe delle Marche, una

GITA FUORIPORTAUna famigliaitaliana neglianni 60 sigode una gitain roulotte. Asinistra duemanifesti,inglese efrancese, checelebrano ilweekend

36 LA REPUBBLICA MERCOLEDÌ 31 MARZO 2004

LO SHABBAT EBRAICO

Le origini del giorno di riposo dal lavoroaffondano nella Bibbia. Nel libro dell’Esodo Dio dice: “Per sei giorni lavorerai e ilsettimo ti riposerai”. Per gli ebrei loshabbat è un precetto tra i più osservati

LA DOMENICA 321 D.C.

E’ per volere dell’imperatore Costantinoche nel 321 d.C per la prima volta vieneistituita per legge il riposo domenicale. Lanorma stabilì che in quel giorno tutti icittadini dovessero astenersi dal lavoro

LA PAROLA WEEK END 1879

E’ sulla rivista londinese “Notes andqueries” che nel 1879 compare per laprima volta l’espressione “week end” (finesettimana). Il termine sarà destinato a unagrande fortuna in tutto il mondo

I LIBRI

WITOLD

RYBCZYNSKI

Aspettando ilweekend,Instar libri2003

JEREMY

RIFKIN

La fine dellavoro. Ildeclino dellaforza lavoroe l’avventodell’era post-mercato,BaldiniCastaldiDalai 1995

PAUL

LAFARGUE

Il diritto allapigrizia, ErreEmme Ed.1996(Feltrinelli1971)

ALAIN

CORBIN

(a cura di)L’invenzionedel tempolibero,Laterza 1996

STEFANO

PIVATO,

ANNA

TONELLI

Italiavagabonda.Il tempolibero degliitaliani,Carocci2004

PATRIZIA

BATTILANI

Vacanze dipochi,vacanze dimolti, IlMulino 2001

GIOVANNI

GASPARINI

Tempo e vitaquotidiana,Laterza 2001

MAURIZIO

RIDOLFI

Festenazionali, IlMulino 2003

DOMENICO

DE MASI

Oziocreativo,Rizzoli 2002

BERTRAND

RUSSELL

Elogiodell’ozio,Longanesi1984

QUANDO L’ITALIA IN FILASCOPRÌ IL MORDI E FUGGI

DAL SABATO FASCISTA ALLA MESSA DOMENICALE, ALLA GITA FUORI PORTA

EDMONDO BERSELLI

LE IMMAGINIGli italiani scoprirono il weekend con il“boom”, tra la fine degli anni ’50 e l’ini-zio dei ’60. Non solo grazie all’evoluzio-ne degli orari di lavoro, ma con il contri-buto fondamentale della motorizzazio-ne di massa, come simboleggia l’imma-gine di copertina di questo Diario

Nei paesi industrializzati larealtà genera le feriepagate, la civiltà del tempolibero. Le vacanze… sonola versione laica della festa,del ritorno al caos

L’ordine del giorno1982

JEAN STAROBINSKI

Il più delle volte è propriol’ozio a creare nella societàborghese momenti cherendono drastica la suaaffinità col processoeconomico di produzione

Parigi capitale del XIX secolo1927-1940

WALTER BENJAMIN

«La nozione di tempo libero si è impo-sta in epoca moderna quasi in ma-niera naturale. Tra la fine del XIX e la

metà del XX secolo, l’idea di avere del tempo adisposizione per riposarsi dalla fatica del la-voro è diventata un diritto irrinunciabile».Alain Corbin, che in passato ha dedicato di-versi studi alla storia del tempo libero e dellevacanze, coordinando tra l’altro L’invenzionedel tempo libero (Laterza), sottolinea comequesto processo sia andato di pari passo allaridefinizione dell’impalcatura temporale del-la nostra società: «In passato, la distinzione tratempo del lavoro e tempo del riposo era menonetta. Un lavoratore poteva tranquillamentesmettere di lavorare e andare a bere un bic-chiere di vino senza turbare nessuno. A poco apoco però il tempo è diventato sempre più cro-nometrato, gli uomini hanno imparato a con-

tare i minuti e hanno dovuto adattarsi ai ritmimartellanti dell’industrializzazione e del tay-lorismo. Più il tempo del lavoro diventava pie-no e intenso, più si diffondeva l’esigenza di untempo di riposo altrettanto pieno e intenso».

Secondo lo storico francese, l’idea di untempo particolare dedicato allo svago e al ri-poso risale addirittura all’antichità: «La nostraidea di tempo libero nasce alla confluenza didue modelli complementari e in parte antago-nisti. Il primo è legato all’idea dell’otium lati-no, che indica un periodo più o meno lungo incui ci si ritira dalla vita collettiva per dedicarsisolo a se stessi. E’ un tempo fatto di medita-zione, conversazione e ospitalità. In Italia,questo modello ha conosciuto momenti digloria all’epoca del Rinascimento. In Francianel XVIII e XIX secolo, i borghesi che dispone-vano di tempo libero frequentavano le acca-

DALL’OZIO DEGLI ANTICHIAL GODIMENTO DEI MODERNI

INTERVISTA ALLO STORICO FRANCESE ALAIN CORBIN

FABIO GAMBARO

‘‘

,,

Il weekend, in quanto istituzionesociale, da noi si è costruito

lentamente, erodendocomportamenti sedimentati

della tradizione

LE TAPPE

PRINCIPALI

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lati, noi pronti al prossimo flu-viale concerto di Vasco.

D’altronde, anche se l’eco-nomista Fiorella Kostoris sug-gerisce di rinunciare a una set-timana di ferie, e Silvio Berlu-sconi di tagliare le festività, èimpossibile riplasmare la do-menica secondo gli auspici delcardinale Ruini, santificandomodestamente le feste. Almassimo si può sacrificareuna giornata a una colossalemanifestazione del sindacato,a un Primo Maggio romano insan Giovanni. Perché i consu-

mi che continuano a evolversi,televisione satellitare, foto-grafie digitali, connessioneadsl, downloading del porno,hanno bisogno di una sola ri-sorsa. Il tempo. E per chi insi-ste nell’unire tradizione e in-novazione, tipo un fine setti-mana a Parigi, o a Londra, an-che in periodi di bassa con-giuntura economica e di cetimedi impoveriti, c’è semprel’ultima chance, l’ultima dea,l’ultima fede: il salvataggiodella santità del weekend conun “last minute”.

LA REPUBBLICA 37MERCOLEDÌ 31 MARZO 2004

LA PRIMA FABBRICA 1908I tentativi di andare incontro alle esigenzedei lavoratori fanno registrare importanticonquiste. La prima fabbrica ad adottarela settimana di cinque giorni è una filandadel New England

IL SABATO FASCISTA 1935Il regme istituisce il cosiddetto “sabatofascista”. Si tratta di un giorno durante ilquale i cittadini, e soprattutto i giovani,erano tenuti a partecipare a varie attività,specialmente di tipo paramilitare

LE DOMENICHE DEL BOOME’ nell’Italia degli anni Sessanta chel’abitudine dei week end fuori porta si facostume sociale. Anche l’operaio, come ilpiccolo borghese può portare finito illavoro la famiglia al mare

DOMENICA

D’AGOSTO

Storie epersonaggiche siincrocianodurante unagitadomenicalea Ostia.Di LucianoEmmer(1950)Mastroianniè doppiatoda Sordi

UN

TRANQUILLO

WEEK-END

DI PAURA

Un finesettimanasui montiAppalachiperun’escursio-ne in canoasi trasformain un terribileincuboDi JohnBoorman(1972)

WEEK-END

UN UOMO E

UNA

DONNA

DAL

SABATO

ALLA

DOMENICA

Una coppiadi borghesia caccia dieredità parteper un weekend inautomobile:dopo aversgozzato lasuoceravengonocatturati daterroristihippie.Di Jean-LucGodard(1967)

LA FEBBRE

DEL

SABATO

SERA

Commessoin unnegozio divernici TonyManeroaspetta soloil finesettimanaperprendersiuna rivincitae esibirsi indiscoteca.Di JohnBadham(1977)

I FILMGLI AUTORILuciano Gallino esperto di sociologiaindustriale, insegna all’Università diTorino, il libro più recente La scompar-sa dell’Italia industriale (Einaudi). Ed-

mondo Berselli dirige la rivista il muli-no. Alain Corbin è storico. Ha scrittoL’invenzione del tempo libero (Laterza).

Durante il XIX secolosaranno adottate una seriedi misure che mirano asopprimere le feste, unatecnica sottile elaborata percontrollare gli operai

Verità e forme giuridiche1973

MICHEL FOUCAULT

Il Sabato è figlio dellaSapienza;il week-end è figlio dellaDisperazione

La carta è stanca1976

GUIDO CERONETTI

Il tempo in cui ci si augurava«buongiorno» e «buonasera» èsostanzialmente finito. Ora tra

i «salve» e i «ciao», si sono fattestrada due formule di saluto e au-gurio complementari, e tristissi-me. Non è solo lo strepitosoAdriano Galliani parodiato daTeo Teocoli, ad augurare «buonlavoro» a chiunque gli rivolga laparola. E’ tutto un genere di per-sone che ritiene conveniente ri-cordarci che siamo al mondo perfaticare: questo fino alla sera pri-ma del dì di festa, quando il salu-to feriale viene sostituito da unpiù ammiccante «buonweekend».

Il venerdì è il breve scivolotemporale in cui alcune azien-de suggeriscono abbiglia-mento informale ai dipen-denti, in cui non si prendo-no appuntamenti impor-tanti, e in cui la tonalitàgenerale degli eventi, de-gli sguardi, degli atteg-giamenti pare volta allesupposte gioie del sabatoe della domenica. Graziea Dio è Venerdì, esclama-va al cinema non Robin-son Crosue bensì DonnaSummer, nel fatale 1978; ri-spondeva al John Travoltadella Febbre del sabato sera,uscito l’anno prima, mentrecon un’altra esclamazioneFrançois Truffaut avrebbe chiusola propria filmografia: Finalmen-te Domenica. Cosa si esclami il lu-nedì non c’è bisogno di andare alcinema per saperlo.

Il fine settimana era ancora unperiodo tendenzialmente aper-to, senza identità precisa. Ilweekend invece è una cosa in sé,un tutt’uno. «Programmi per ilweekend?» ci si chiede l’un l’altro,e la domanda significa «cosa faiquando fai quel che vuoi?». Alla fi-ne: «cosa vuoi dalla vita?» Dimmicome passi il weekend e ti dirò chisei. A meno di non essere un odia-tore del weekend, specie non co-sì rara di cui il santo patrono è l’A-mante Clandestino: «neanche unweekend assieme!» La recrimina-zione è unanime, ma nella coppiaclandestina almeno un elemento

quadrimestre) il telefono squillamolto meno e di e-mail ne arriva-no poche. Gli interlocutori stan-no «staccando», come dicono:«staccano mentalmente». Del-l’avvenuto riattacco ce ne si ac-corge dal lunedì, verso le undici,quando molte inezie prendonoforme di incubi da Fuessli e Goyanei diktat telefonici e telematicidei disperati delle aziende. Il ve-nerdì pomeriggio, invece, silen-zio: dalle diciotto alle ventuno,per chi collabora ai giornali, c’è lazona cesarini, il thrilling del pez-zo dell’ultimo momento, chiestoal primo telefonino in funzionedopo una serie di tentativi presso

utenti al momento non raggiun-gibili. Se si passa quella ri-

schiosa fase, è fatta. «Il weekend per me è sa-

cro», bestemmiano incon-sapevolmente i più: nonsentono più lo shabbathdietro al sabato e il «giornodel Signore (dominus)»dietro alla domenica.«Sacro» significa non pro-fanabile da incombenze,doveri, gerarchie, orari. Ilweekend sta al fine setti-

mana come il «relax» sta alriposo: mi devo rilassare, se

non mi rilasso muoio, mi so-no rilassato per tutta la dome-

nica. Rilassarsi è la laicissimaforma di sacralità incarnata nel

weekend, e non significa una co-sa sola. E’ il dolce far niente, ma èanche il contingentamento stre-nuo dei tempi, fra attività sporti-ve e parasportive, culturali e pa-raculturali, sociali e parasociali. Iljogging, lo shopping, l’happyhour, il brunch, lo zapping, ilbookcrossing, lo shampooing, ilpetting, il fucking... il weekend di-venta tutto un weekending, unasomma di gerundi che si fannosostantivi, durate che diventanocose: da fare.

Ogni weekend risulta da unacomposizione peculiare di pienie vuoti. C’è un vuoto-pieno: il re-cupero del sonno perduto e deitempi sociali ferialmente fram-mentati fra «pause pranzo» e altricoriandoli di minuti, la bellezzadel far niente e del pensare a nien-te, del perdere tempo con fami-liari, amici, figli trascurati nellasettimana. Ma c’è anche un pie-no-vuoto: la coazione al cinema,al turismo, alla mostra, al diverti-mento nei locali dove si balla e sibeve. In cosa differirà la coda delsabato sera alla spina della birra oal ticket office del museo dalla co-da del lunedì mattina alla posta?

E’ il problema ben più anticodel tempo libero, e della libertàsenza tempo, dove l’alternativanon è tanto fra tempo di lavoro etempo libero, quanto fra tempoalienato e tempo per sé. Del «tem-po per sé» può fare tranquilla-mente parte il lavoro, lo studio eanche lo spreco di tempo, se è de-liberato e consapevole: in ognicaso è un tempo di dedizione, incui il comando è passato nellemani del soggetto. Il weekend èquesta possibilità, ma è anche latentazione di negarsela abban-donando il comando non più aldatore di lavoro, ma al datore didistrazione — quando i due noncoincidano. Il «weekend postmo-derno» a cui si riferiva il titolo diTondelli è dunque un campo ditensioni fra l’illusoria negazionedel lavoro e dei vincoli che chiun-que sopporta e la possibilità di vi-vere i vuoti e i pieni del tempo de-dicandoli il più possibile a sé: per-sino di lunedì.

ha famiglia, e l’altro elemento ro-sica molto di più, con gelosie in-crociate e complementari. E’ so-lo/a, che farà? E’ con la moglie/ilmarito, che faranno? Il lunedì,sollievo generale.

Basta svolgere una di quelleprofessioni in cui le distinzioni frai giorni non sono poi tanto impor-tanti, per accorgersi di alcune al-tre particolarità. Per esempio,dalla pausa pranzo del venerdì(quando molte pizzerie si riem-piono per il rituale della marghe-rita con birretta assieme a tuttol’ufficio, o alla classe, nelle fini di

ALL’ARIAAPERTAGiovaniitaliane(sopra) neglianni ’30.Andare fuoricittà allaricerca dell’“aria buona”,resta un“classico”del weekend

IL TEMPO LIBEROPRESO PER LA CODA

QUANTE COSE SI CONCENTRANO NEL FATIDICO FINE SETTIMANA

STEFANO BARTEZZAGHI

demie e i circoli scientifici. Non a caso, la defi-nizione della borghesia del XIX secolo è spes-so legata alla disponibilità di tempo, più anco-ra che alla ricchezza. Era borghese chi dispo-neva di tempo libero».

Accanto al modello laico, spiega Corbin,agisce poi un altro modello di derivazione bi-blica: «E’ quello della ‘ricreazione’ della forzalavoro. E’ il riposo domenicale annunciatodalla Bibbia, quando, nel settimo giorno, Diosi riposò dopo le fatiche della creazione. Lachiesa ha sempre cercato di mantenere il mo-nopolio della domenica, organizzando atti-

vità rituali e festive di tipo collettivo. La messaal mattino, le distrazioni al pomeriggio. In se-guito, il riposo domenicale si è laicizzato, gra-zie alle leggi che lo hanno codificato». Questidue modelli coesistono ancora oggi e spesso siconfondono, anche se, aggiunge lo storico,«l’idea di meditazione è oggi in declino, per-ché gli uomini hanno sempre più paura dellasolitudine. In una società dominata dal pro-duttivismo, anche il tempo libero deve diven-tare una fucina di attività socialmente ricono-sciute. E’ nata allora un’industria che spingeverso pratiche ben precise, dal viaggio allosport, proponendo strutture e attrezzature apagamento. Il tempo libero è diventato cosìuna fonte di profitto. Ciò implica anche un’or-ganizzazione e una programmazione semprepiù marcata, il che finisce per limitare la libertàdel tempo libero».

Il “tempo di riposo”,concetto che ha radiciantiche, ma che rischiadi essere snaturato

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Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

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Anno 29 - Numero 76 mercoledì 31 marzo 2004€ 0,90 in Italia (con “MADAME BOVARY” € 8,80)

Il premier: se non riesco a ridurre l’Irpef non mi ripresento. Condono edilizio: la scadenza prorogata al 31 luglio

Berlusconi: taglio le tasse subito“Meno 6 miliardi di euro entro aprile”. Ma è scontro con Fini

La classifica 2003 degli stipendi dei vertici delle aziende italiane: è Croff il più pagato

La lista dei manager più ricchiMILANO — Davide Croff, grazie al-la superliquidazione incassatadalla Bnl, è il manager più pagatodi Piazza Affari nel 2003, con unostipendio di 16,3 milioni di euro.Croff, che ha lasciato l’istituto ban-cario dopo 14 anni, precede tre uo-mini del gruppo Pirelli-Telecom:Carlo Buora (7,6 milioni), MarcoTronchetti Provera (7,1) e CarloPuri Negri (6), il vincitore dellaclassifica 2002 dei dirigenti più ric-chi. Alessandro Profumo (5,5 mi-lioni) guida la graduatoria tra ibanchieri mentre nella top ten en-tra per la prima volta una donna,Jonella Ligresti di Fondiaria-Saicon una busta paga da 3,6 milioni.

GALBIATI e LIVINIA PAGINA 26

Un turno di squalifica alla Romaalla Lazio una megamulta

Niente stangataper il derby“La partita

sarà rigiocata”MARRESE e SANNUCCI

A PAGINA 47

Il pericolo che arrivadal contagio dei kamikaze

“Mi faccio esplodere contro la guerra in Iraq”Prima di uccidersi il marocchino di Brescia aveva inviato una lettera alla Questura: “Non faccio parte di Al Qaeda, ho voluto punire l’intervento militare italiano”

L’esplosione dell’auto con il kamikaze a Brescia ALLE PAGINE 2 e 3

Pisanu: “Il rischio è gravissimo”

Genova, un supertesteha visto il commando

piazzare le bombeGli “anarchici”

rivendicano l’attentatoCALANDRI e PREVE

A PAGINA 5

RENZO GUOLO

IL SUICIDIO “emulativo” di Mostafà apre un nuo-vo, terribile scenario. La possibile diffusione delmicroterrorismo – nelle forme non certo nelle

conseguenze che può provocare, come dimostra lamancata strage di Brescia – rende più insicuro unpaese che già teme attacchi terroristici da parte del-la galassia polverizzata di Al Qaeda. A quel concretorischio si somma ora il timore di gesti individuali daparte di immigrati musulmani che sedano ansia edepressione nella politicizzazione della morte; nellanobilitazione postuma d’una “vita offesa” che sem-bra trovare riscatto solo nel “sacrificio per la causa”.

SEGUE A PAGINA 15

IL CASO

L’Occidentesenza forzae l’esercitodel terrore

PIETRO CITATI

QUANDO pensiamo ai ter-roristi che da quasi tre an-ni insanguinano l’Ameri-

ca, l’Islam e l’Europa, li chiamia-mo fondamentalisti religiosi.Pensiamo che in un mondo mi-nacciato dalla volgarità e dal da-naro (dal danaro e dalla volgaritàoccidentali), Osama Bin Laden,Ayman Al Zawahiri e i loro com-pagni vogliano far rivivere l’Anti-co Islam. Gli anni in cui l’angeloGabriele dettava a Maometto iversetti del Corano, sorsero leprime moschee di mattoni essic-cati e di rami di palma, comin-ciarono i pellegrinaggi verso laMecca, le truppe arabe conqui-starono rapidissimamente laPersia, la Siria, l’Africa setten-trionale, la Spagna, i primi asce-ti si raccolsero vicino al deserto,nacque una nuova teologia, ven-nero decorati meravigliosi Cora-ni e costruite le grandi moscheedi Damasco e di Gerusalemme.Era il fondamento: un tempo ar-dente, austero, guerriero, mobi-lissimo, genialissimo; un oceanodi fuoco, che in pochi anni arse etrasformò il mondo. Milletre-cento anni dopo, per recuperarequesto fondamento, i terroristi(così pretendono) salgono sugliaerei, distruggono i grattacieli diNew York, si uccidono, sconvol-gono Costantinopoli, Casablan-ca e Madrid. È un sacrificio im-mane: un massacro illimitato disé e degli altri; ma alla fine delmassacro dovrebbe rinascere ilprofumo del settimo secolo –Maometto che, in un attimo sen-za tempo, lascia il suolo di Geru-salemme e raggiunge il cielo conla sua cavalcatura volante.

Niente potrebbe essere menovero. Il settimo secolo non ritor-na. Maometto non sale verso ilcielo. I terroristi del 2001, del2002, del 2003, del 2004 e deglianni futuri hanno spezzato vio-lentemente qualsiasi rapportocol Corano. La guerra che essicombattono contraddice in tuttii punti le parole della tradizioneislamica.

SEGUE A PAGINA 40

LE IDEE

I weekendche cambiarono

l’ItaliaEDMONDO BERSELLI

PRIMA di mandare giù il“meno weekend per tut-ti” come sintesi di un

programma di governo del-l’economia, vale la pena di ri-cordare che nella memoriadell’Italia novecentesca lascansione settimanale deltempo libero è stata segnata

da due istitu-zioni: il “saba-to fascista”,sotto il Duce,e la messa do-menicale. Fi-nito il Venten-nio, eliminatifasci e corpo-razioni, è ri-masta l’as-semblea festi-va dei fedeli.

Ma il primo veicolo della se-colarizzazione, prendendoalla lettera la parola veicolo,sono state le utilitarie di mas-sa, la Seicento e Cinquecento.

Vespa e Lambretta avevanodischiuso qualche opportu-nità. Ma lo scooter era il vet-tore della scampagnata, dellagita fuori porta, di qualcheora di sole ai castelli. Le utili-tarie del professor Vallettahanno spalancato un territo-rio inesplorato. L’Autostradadel Sole ha fornito la via perl’evasione settimanale col-lettiva, e un paradigma dellamobilità automobilistica esociale. Il centrosinistra “sto-rico”, quello di Moro, Nenni eFanfani, un’idea di economiafondata sul neocapitalismo,ossia lo schema modernistasecondo cui i lavoratori dove-vano entrare in un circuito dibenessere redistribuito equindi di consumi in evolu-zione.

SEGUE A PAGINA 36BARTEZZAGHI, GALIMBERTI

GALLINO e GAMBAROALLE PAGINE 35, 36 e 37

DIARIO

I funerali di Annalisa a Napoli ALLE PAGINE 10 e 11

Salvatore Giuliano arrestato nega: non l’ho uccisa io. Ma gli inquirenti non gli credono

Tutta Forcella ai funerali di Annalisala folla grida “assassini” ai camorristi

LE FAVOLEDELL’ALIENO

CURZIO MALTESE

L’ULTIMOBerlusconi si spiega soltan-to con la furia autodistruttiva cheprende alla fine tutti i grandi narcisi.

Il governo è sull’orlo di una crisi, almeno dinervi, e il premier ha fatto tutto da solo. In po-chi giorni ha presentato un piano di rinasci-ta economica già seppellito dalle risate deisuoi alleati, prima che dalle critiche dell’op-posizione. Non contento, il premier è anda-to ieri sera dal suo Marzullo, Mario Giorda-no, a raccontare ancora una volta la favoladelle tasse che stanno per diminuire, anzi so-no già diminuite ma presto quasi spariranno.

SEGUE A PAGINA 15

ROMA — «Entro aprile taglieremo 6miliardi di tasse». Lo ha annunciatoieri sera Silvio Berlusconi, aggiun-gendo che se non riuscirà a varare lariforma fiscale imperniata su due so-le aliquote (23% e 33%) non si ripre-senterà alle elezioni del 2006. Ma ilvicepremier Fini lo frena: «Bisognariflettere. È giusto iniziare con l’Irpefo con l’Irap sulle piccole imprese?».Varata la proroga del condono edili-zio fino al 31 luglio.

JERKOV, LUZI, MANIA e TITOALLE PAGINE 7 e 9

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