2003-12-24 Il dono

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LA REPUBBLICA 41 MERCOLEDÌ 24 DICEMBRE 2003 del nostro mondo, dall’econo- mia all’amministrazione, dai servizi alla scienza, si è costitui- to al di fuori della tradizione del dono. Oggi però la situazione sta evolvendo e il dono ritorna in forze, e non solo nella società pri- maria, quella del- le relazioni affet- tive, familiari e amicali, che è l’e- rede diretta della società arcaica fondata sul dono. L’obbligo di do- nare, ricevere e restituire compare anche lad- dove prima era stato bandito, dall’economia alla politica, con tutti i rischi che ne derivano, le derive pericolose, le clientele, la corruzione, ecc». Il consumismo perverte lo spirito del dono o è un semplice moltiplicatore? «E’ difficile dare una risposta univoca. La nostra è certo una società sempre più cinica e mer- cantile, dove l’interesse prevale su tutto. Paradossalmente però in essa si sviluppa anche una crescente aspirazione di se- gno opposto che auspi- ca una forma di dono puro e disinteressa- to Lo dimostrano le trasmissioni tele- visive che fanno appello alla gene- rosità pubblica op- pure, sul piano filo- sofico, anche alcune riflessioni di un intel- lettuale come Jacques Derrida. Insomma, viviamo una situazione schizofrenica, dove le due aspirazioni coesi- stono e, in certe occasioni, si raggiungono. A Natale ad esem- pio, la spinta consumistica del mercato incoraggia il rito del dono, nel quale convivono l’a- spirazione al disinteresse ma anche la volontà più o meno conscia di creare obblighi e le- gami». Parigi O sservando la frenesia na- talizia che ci spinge tutti nei negozi a fare incetta di regali da offrire ad amici e fa- miliari, Alain Caillé non può fa- re a meno di pen- sare al famoso Saggio sul dono che Marcel Mauss pubblicò nel 1924. Lo stu- dioso francese, autore di un ap- prezzato volume intitolato Il terzo paradigma: an- tropologia filosofica del dono, è convinto che il rito moderno dei regali non sia altro che un deri- vato di quella cultura del dono presente nelle società arcaiche e che Mauss aveva ampiamente analizzato nel suo celebre stu- dio: «In tutto il mondo arcaico», spiega Caillé, «le relazioni tra gli uomini si realizzavano con mo- dalità radicalmente diverse da quelle dominanti la società con- temporanea, la quale fonda le relazioni sociali sugli scambi e sui contratti, e quindi di fatto sul mercato. Nelle società pri- mitive il dono svolgeva un ruolo fondamen- tale e per gli uomini vigeva l’obbligo di donare, ricevere e restituire. Essi do- vevano mostrarsi generosi, anche se ciò non significava che lo fossero real- mente». Qual era la logica che regolava lo scambio di do- ni? «Secondo Mauss, chi fa un re- galo prima o poi ne riceverà un altro. Di conseguenza, ciò che viene donato, in un modo o nel- l’altro, ritorna sempre, ma più tardi e di solito in una forma di- versa da quella originaria. La lo- gica che presiede al dono in cambio di un altro dono è quel- la di non abolire mai il debito. Di D IA R IO di dono in dono, infatti, c’è sem- pre qualcuno in debito con qualcun’altro, perché il dono fatto non è mai esattamente quello ricevuto. Insomma, non si crea mai una vera equivalen- za tra i regali, il che rende la logi- ca del dono diversa da quella del mercato, quello sì tutto costrui- to sulle equivalenze di valore. Insomma, nella società del do- no il debito circola, ma non si estingue mai». Si tratta di regali disinteres- sati? «No, il dono non è mai ca- rità. Testimonia della generosità e dello splendore del dona- tore, ma non pre- tende di essere gra- tuito e disinteres- sato. Al contrario, i doni implicano l’obbligo della re- stituzione, creando così dei legami tra gli individui. Da questo punto di vista, si può dire che si tratta anche di una forma di guerra attraverso la genero- sità. Anzi, è la continuazione della guerra con i mezzi della pace, perché affermando la pro- pria generosità si afferma al contempo la propria superio- rità. Se il dono non può essere restituito, la generosità del do- natore si trasforma in potere sull’altro. Così, proprio perché nelle società arcaiche c’è sempre una stretta correla- zione tra dono e potere, il più generoso di- venta il capo». L’avvento delle grandi religioni monoteistiche ha tra- sformato il nostro atteggia- mento nei confronti del dona- re? «Certamente, perché innan- zitutto esse hanno prodotto l’u- niversalizzazione del sistema del dono, che nella società pri- mitive era locale e rivolto sem- pre a persone concrete e cono- sciute. La religione, invece, ha creato una vasta comunità uni- versale e impersonale dove oc- corre donare a tutti, aldilà della cerchia delle persone più vicine. Inoltre, le religioni hanno favo- rito la radicalizzazione del do- no, visto che diventa persino possibile donare se stessi e la propria vita. Infine, va ricordata anche una sorta d’interiorizza- zione del gesto che presiede al dono. Il dono primitivo, in- fatti, doveva essere mo- strato perché rappre- sentava la messin- scena della genero- sità del donatore. Al contrario, il do- no religioso, specie quello cristiano, non deve essere ostentato. Il para- dosso però è che più ci si mostra disinteressati e più si merita la ricompensa divina. Quindi, anche il dono cristiano alla fine ‘ritorna’, co- me il dono primitivo. Solo che non ritorna nella maniera oriz- zontale delle società arcaiche, dove lo scambio avveniva tra pari, ma ritorna in maniera ver- ticale, da dio all’uomo». Nella nostra società, come sopravvive il sistema del dono? «La modernità si è costruita quasi sempre contro il dono, alla cui logica ha sostituito quella del mer- cato o dello stato. Il nemi- co dei filosofi liberali era proprio il do- no, sia quello aristocratico dell’ “Ancien régime”, sempre asso- ciato all’orgoglio regale e al di- sprezzo per i poveri, sia il dono religioso, che esprimeva un re- sto di trascendenza divina. Di conseguenza, tutta una parte “L’adorazione dei magi” di Andrea Mantegna è conservata al museo Getty di Los Angeles L’ORGIA materialistica dei regali natalizi non deve coprire l’ aspetto spirituale del dono. Né il suo carattere equivoco. Perché se nel suo significato pri- mo la parola evoca la generosità, non si può non avvertire in essa an- che il rinvio all’ idea di un legame simbolico, di uno scambio differito e tanto più vincolante. Per questo, presso tutti i popoli, il dono è un’ istituzione ambigua. E non a caso nelle lingue germaniche la parola si sdoppia in dono e veleno. Certo che dietro i doni, come dietro i pian- ti funebri, si nascondono calcoli di interesse. Certo che il gesto del do- no è propiziatorio, un gesto insieme furbo e gentile. E ancora più cer- to che difficile è riceverlo, perché impegna a rendere di più di quel che si è avuto. Il dono è anche una capacità, una dote; come quando si di- ce di una creatura umana - ha il dono della parola. Risuona in questa dizione una sfumatura mistica, che ci rimanda al dono più grande e più ambiguo, quello della vita. Che fa la madre. NADIA FUSINI DONO. Le nostre società moderne sono state costruite quasi sempre contro il dono e a favore del mercato. Oggi però la situazione sta cambiando Il dono non è mai carità. Testimonia della generosità del donatore, ma non pretende di essere gratuito. Esso crea un legame fra gli individui Il ruolo delle società primitive, la forza della religione, il modo odierno del donare e il suo senso Che cosa significa fare un regalo o riceverlo Intervista a Alain Caillé antropologo francese DONO DONO FABIO GAMBARO Ilnostroritoequellodegliantichi

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LA REPUBBLICA 41MERCOLEDÌ 24 DICEMBRE 2003

del nostro mondo, dall’econo-mia all’amministrazione, daiservizi alla scienza, si è costitui-to al di fuori della tradizione deldono. Oggi però la situazionesta evolvendo e il dono ritorna in

forze, e non solonella società pri-maria, quella del-le relazioni affet-tive, familiari eamicali, che è l’e-rede diretta dellasocietà arcaicafondata sul dono.L’obbligo di do-nare, ricevere e

restituire compare anche lad-dove prima era stato bandito,dall’economia alla politica, contutti i rischi che ne derivano, lederive pericolose, le clientele, lacorruzione, ecc».

Il consumismo perverte lospirito del dono o è un semplicemoltiplicatore?

«E’ difficile dare una rispostaunivoca. La nostra è certo unasocietà sempre più cinica e mer-cantile, dove l’interesse prevalesu tutto. Paradossalmente peròin essa si sviluppa anche una

crescente aspirazione di se-gno opposto che auspi-

ca una forma di donopuro e disinteressa-to Lo dimostrano letrasmissioni tele-visive che fannoappello alla gene-rosità pubblica op-

pure, sul piano filo-sofico, anche alcune

riflessioni di un intel-lettuale come Jacques

Derrida. Insomma, viviamouna situazione schizofrenica,dove le due aspirazioni coesi-stono e, in certe occasioni, siraggiungono. A Natale ad esem-pio, la spinta consumistica delmercato incoraggia il rito deldono, nel quale convivono l’a-spirazione al disinteresse maanche la volontà più o menoconscia di creare obblighi e le-gami».

Parigi

Osservando la frenesia na-talizia che ci spinge tuttinei negozi a fare incetta

di regali da offrire ad amici e fa-miliari, Alain Caillé non può fa-re a meno di pen-sare al famosoSaggio sul donoche MarcelMauss pubblicònel 1924. Lo stu-dioso francese,autore di un ap-prezzato volumeintitolato Il terzoparadigma: an-tropologia filosofica del dono, èconvinto che il rito moderno deiregali non sia altro che un deri-vato di quella cultura del donopresente nelle società arcaichee che Mauss aveva ampiamenteanalizzato nel suo celebre stu-dio: «In tutto il mondo arcaico»,spiega Caillé, «le relazioni tra gliuomini si realizzavano con mo-dalità radicalmente diverse daquelle dominanti la società con-temporanea, la quale fonda lerelazioni sociali sugli scambi esui contratti, e quindi di fatto sulmercato. Nelle società pri-mitive il dono svolgevaun ruolo fondamen-tale e per gli uominivigeva l’obbligo didonare, ricevere erestituire. Essi do-vevano mostrarsigenerosi, anche seciò non significavache lo fossero real-mente».

Qual era la logica cheregolava lo scambio di do-ni?

«Secondo Mauss, chi fa un re-galo prima o poi ne riceverà unaltro. Di conseguenza, ciò cheviene donato, in un modo o nel-l’altro, ritorna sempre, ma piùtardi e di solito in una forma di-versa da quella originaria. La lo-gica che presiede al dono incambio di un altro dono è quel-la di non abolire mai il debito. Di

DIARIOdi

dono in dono, infatti, c’è sem-pre qualcuno in debito conqualcun’altro, perché il donofatto non è mai esattamentequello ricevuto. Insomma, nonsi crea mai una vera equivalen-za tra i regali, il che rende la logi-ca del dono diversa da quella delmercato, quello sì tutto costrui-to sulle equivalenze di valore.Insomma, nella società del do-no il debito circola, ma non siestingue mai».

Si tratta di regali disinteres-sati?

«No, il dono non è mai ca-rità. Testimonia della

generosità e dellosplendore del dona-tore, ma non pre-tende di essere gra-tuito e disinteres-sato. Al contrario, idoni implicano

l’obbligo della re-stituzione, creando

così dei legami tra gliindividui. Da questo

punto di vista, si può direche si tratta anche di una formadi guerra attraverso la genero-sità. Anzi, è la continuazionedella guerra con i mezzi dellapace, perché affermando la pro-pria generosità si afferma alcontempo la propria superio-rità. Se il dono non può essererestituito, la generosità del do-natore si trasforma in poteresull’altro. Così, proprio perché

nelle societàarcaiche c’èsempre unastretta correla-zione tra donoe potere, il piùgeneroso di-venta il capo».

L ’ a v v e n t odelle grandi

religioni monoteistiche ha tra-sformato il nostro atteggia-mento nei confronti del dona-re?

«Certamente, perché innan-zitutto esse hanno prodotto l’u-niversalizzazione del sistema

del dono, che nella società pri-mitive era locale e rivolto sem-pre a persone concrete e cono-sciute. La religione, invece, hacreato una vasta comunità uni-versale e impersonale dove oc-corre donare a tutti, aldilà dellacerchia delle persone più vicine.Inoltre, le religioni hanno favo-rito la radicalizzazione del do-no, visto che diventa persinopossibile donare se stessi e lapropria vita. Infine, va ricordataanche una sorta d’interiorizza-zione del gesto che presiede aldono. Il dono primitivo, in-fatti, doveva essere mo-strato perché rappre-sentava la messin-scena della genero-sità del donatore.Al contrario, il do-no religioso, speciequello cristiano,non deve essereostentato. Il para-dosso però è che più cisi mostra disinteressati epiù si merita la ricompensadivina. Quindi, anche il donocristiano alla fine ‘ritorna’, co-me il dono primitivo. Solo chenon ritorna nella maniera oriz-zontale delle società arcaiche,dove lo scambio avveniva trapari, ma ritorna in maniera ver-ticale, da dio all’uomo».

Nella nostra società, comesopravvive il sistema del dono?

«La modernità si è costruitaquasi semprecontro il dono,alla cui logicaha sostituitoquella del mer-cato o dellostato. Il nemi-co dei filosofil iberali eraproprio il do-no, sia quello aristocratico dell’“Ancien régime”, sempre asso-ciato all’orgoglio regale e al di-sprezzo per i poveri, sia il donoreligioso, che esprimeva un re-sto di trascendenza divina. Diconseguenza, tutta una parte

“L’adorazione deimagi” di AndreaMantegna èconservata almuseo Getty diLos Angeles

L’ORGIA materialistica dei regali natalizi nondeve coprire l’ aspetto spirituale del dono.

Né il suo carattere equivoco. Perché se nel suo significato pri-mo la parola evoca la generosità, non si può non avvertire in essa an-che il rinvio all’ idea di un legame simbolico, di uno scambio differitoe tanto più vincolante. Per questo, presso tutti i popoli, il dono è un’istituzione ambigua. E non a caso nelle lingue germaniche la parola sisdoppia in dono e veleno. Certo che dietro i doni, come dietro i pian-ti funebri, si nascondono calcoli di interesse. Certo che il gesto del do-no è propiziatorio, un gesto insieme furbo e gentile. E ancora più cer-to che difficile è riceverlo, perché impegna a rendere di più di quel chesi è avuto. Il dono è anche una capacità, una dote; come quando si di-ce di una creatura umana - ha il dono della parola. Risuona inquesta dizione una sfumatura mistica, che ci rimanda al donopiù grande e più ambiguo, quello della vita. Che fa la madre.

NADIA FUSINI

DONO.

Le nostre società moderne sonostate costruite quasi sempre contro ildono e a favore del mercato. Oggiperò la situazione sta cambiando

Il dono non è mai carità. Testimoniadella generosità del donatore, ma

non pretende di essere gratuito. Essocrea un legame fra gli individui

Il ruolodelle societàprimitive, laforza dellareligione,il modoodierno deldonare e ilsuo senso

Che cosasignificafare un

regalo oriceverlo

Intervista aAlain Cailléantropologo

francese

DONODONOFABIO GAMBARO

Il nostro rito e quello degli antichi

42 LA REPUBBLICA MERCOLEDÌ 24 DICEMBRE 2003D I A R I O

I LIBRI

MITI

E RITI

ALAIN

CAILLÉ

Critica dellaragioneutilitaria, BollatiBoringhieri1991

Il terzoparadigma.Antropologiafilosofica deldono, BollatiBoringhieri1998

JEAN

STAROBINSKI

A piene mani.Dono fastoso edono perverso,Einaudi 1995

Il rimedio del male, Einaudi 1990

JACQUES

GODBOUT

Il linguaggiodel dono,BollatiBoringhieri1998

Lo spirito del dono,BollatiBoringhieri1993 (incollaborazionecon A. Caillé)

GEORGES

BATAILLE

La partemaledettaprecedutadalla Nozionedi dépense(1967), BollatiBoringhieri1992

La sovranità(1976), ilMulino 1990

JEAN

BAUDRILLARD

Lo scambiosimbolico e la morte, Feltrinelli 1984

BERTHOUD,

GODBOUT,

NICOLAS,

SALSANO,

Il dono perduto eritrovato,manifestolibri1994

MAURICE

BLANCHOT

La comunitàinconfessabile,Feltrinelli 1984

Ormai da qualche tempo, anche all’in-terno del discorso economico ha co-minciato a circolare, con intensità cre-

scente, il tema del dono e dell’azione gratui-ta. Ciò è avvenuto sull’onda della ripresa diinteresse ai temi del settore “non profit” e delvolontariato, per un verso, e della responsa-bilità sociale dell’impresa, per l’altro verso.Eppure, un tale profluvio di studi non è servi-to a chiarire la questione di fondo e cioè chedue sono le nozioni di dono che si d anno nel-la pratica. Una prima è quella tipica della pre-modernità, che però continua a sussistereancor’oggi, secondo cui il dono va ricondottosempre ad una soggiacente struttura di scam-bio. Lo stabilimento di un legame. E’ questo ilconnotato specifico della seconda nozione didono: il dono come reciprocità. Mentre il do-no come munus genera quasi sempre dipen-

denza in chi riceve e talvolta addirittura sot-tomissione, il dono-reciprocità libera il desti-natario dell’azione donativa da quella «ver-gogna» di cui parla Seneca nella X Lettera aLucilio.

La forza del dono come reciprocità non stanella cosa donata o nel quantum donato, manella speciale qualità umana che il dono rap-presenta per il fatto di essere relazione. E’dunque l’esistenza di uno specifico interessea dar vita alla relazione tra donante e donata-rio a costituire l’essenza del dono come reci-procità. E’ in ciò il valore di legame, vera e pro-pria terza categoria di valore che va aggiuntaalle due categorie che da sempre la scienzaeconomica ha preso in considerazione: il va-lore d’uso e il valore di scambio. Dilatare l’o-rizzonte della ricerca fino ad includervi il va-lore di legame è oggi una vera sfida intellet-

E ORA ANCHE NELL’ECONOMIA

L’AZIONE GRATUITA VA DI MODA

DAL “NON PROFIT” AL VOLONTARIATO

Gli uomini disapprendonol’arte del dono… Incompenso si esercita la“charity”, la beneficenzaamministrata, che tamponale ferite visibili della società

Minima moralia. Meditazionidella vita offesa (1951)

THEODOR W. ADORNO

Le società hannoprogredito in quantoesse, i loro individui, hannosaputo rendere stabili i lororapporti, donare, ricevere e,infine, ricambiare

Teoria generale della magiae altri saggi (1950)

MARCEL MAUSS

IL FUOCO DI PROMETEO

Nel mito Prometeo ruba il fuoco agli deiper farne dono agli uomini, ma Zeus lopunisce e lo fa inchiodare a una rupe.Dopo trent’anni di atroce sofferenza ilTitano sarà finalmente liberato da Ercole

I RE MAGI

Oro, incenso e mirra sono i doni chefondano la tradizione cristiana del regalo. Idoni portati dall’Oriente sono l’offerta fattadai re Magi a Gesù Bambino nellamangiatoia

IL MANTELLO DI SAN MARTINO

Martino di Tours è il santo più popolaredella Francia medievale. Narra la leggendache il santo abbia donato a un mendicantemetà del suo mantello per permettergli diripararsi dal freddo

DONI ESOTICINella

miniaturatratta dal

“Libro dellemeraviglie oil Milione”, ifratelli Polo

raffigurati conle masserizie

che servivanoda doni e

scambio nelletappe del

loro viaggio

tutti i nostri padri. I nostri giorni sul-la Terra sono come ombra passeg-gera, nudi non ci potremmo attar-dare (nulla est mora)». Ciò su cui quisi insiste è il rapporto nei confrontidi un signore assoluto, che ha dona-to ogni cosa e che non può riceveredagli uomini altro, qualora essi vo-gliano testimoniargli riconoscenzain modo tangibile, se non una pic-cola parte soltanto di quello che eglistesso ha donato. L’immane sacrifi-cio imposto da Davide non è che larestituzione parziale di un debitoassoluto. Questo rapporto rigoro-samente verticale si esprime in di-verso modo nell’Antico Testamento(Isaia, 55.1: «Venite, prendete delvino e del latte, senza soldi, senzapagare nulla») e nel Nuovo Testa-mento (Matteo 10.8 «Voi che avetericevuto disinteressatamente, do-nate disinteressatamente»). Ritro-viamo questo rapporto anche inPaolo, nella Prima lettera ai Corinti,

DALL’UOMO A DIO

I MODI DEL DONARE

UN GESTO ANTICO MA TUTT’ALTRO CHE SPECIFICO DELL’ESSERE UMANO

(segue dalla prima pagina)

Questo succede perché dona-re e parlare hanno in comu-ne il fatto di appartenere al-

la stessa vasta categoria della comu-nicazione. Noi diciamo che gli uc-celli «danno l’imbeccata» alla loroprole, e i mammiferi porgono lamammella o offrono il latte ai loropiccoli. Alcuni animali destinano leloro prede ad un altro animale, tal-volta all’uomo. Tutti i cacciatori losanno. Il nostro gatto, un tempo, ciportava dei topolini o degli uccelli-ni. Dobbiamo ammettere che, ingran parte del regno vivente, ciò chenoi definiamo dono è una delle con-dizioni necessarie al perpetuarsidella vita. Nel dono materno — ildono della vita e del sostentamento— è lecito vedere un lontano ante-cedente di quello che sarà il dononel pensiero e nella società umana.La tipologia del dono alimentare,umanizzato, ritualizzato, codifica-to, si è tramandata fino a noi, affin-ché si mantengano i rapporti di di-pendenza reale tra adulti e bambi-ni, o di dipendenza simbolica tra in-vitati ed ospiti. Capita poi di rivolge-re il pensiero ad altri ancora, a colo-ro che vivono e soffrono lontano danoi: è proprio alla loro malnutrizio-ne che noi pensiamo prima di tutto.Ma quando la fame e la condizionedi indigenza alimentare ci interpel-lano da così lontano, non più nellaprossimità parentale e famigliare,la nostra risposta si fa più pondera-ta, meno biologicamente determi-nata, meno tempestiva, meno mar-cata dalla sensazione di impellen-za. Per gli affamati lontani dalla no-stra vista, occorrerà che ci sia mo-strata alla televisione un’immaginedella loro indigenza, e soprattuttoche ci sia ricordato un dovere, l’im-perativo a compiere «un’opera dimisericordia» (Isaia 58, 6-7; Matteo34-40): dar da mangiare agli affa-mati.

Ce ne corre, in verità, dai doniistintivi della sussistenza ai doni de-gli uomini che, a quanto pare sin da-gli esordi stessi dell’umanità, si as-sociano al matrimonio, alla nascita,alla morte. Il mio intento non èquello di ripercorrerne la genesi,l’evoluzione, la tipologia. Quanti visi sono dedicati — Marcel Mauss,Bronislaw Malinowski, Claude Lé-vi-Strauss, Jack Goody — hannoraccolto dei documenti molto inte-ressanti, che hanno messo in rilievoi rituali e le regole di questo gesto,facendoci comprendere tutto ciòche in questi tempi ci separa dalleantiche società imperniate su gran-di cerimoniali nei quali la «magia»aveva il suo peso. I loro studi hannoavuto, al contrario, il grande meritodi renderci consapevoli di ciò che dinuovo è accaduto nel sistema degliscambi delle società di mercato, neiquali è stato applicato il saperescientifico.

Sovranità e reciprocità Prendospunto dall’eccelsa preghiera chel’autore biblico del primo libro del-le Cronache (i Paralipomena dellatraduzione latina, 29.12 e seguenti)fa recitare a Davide: «E’ da Te cheprovengono la ricchezza e la gloria,perché sei Tu che domini su tutto.Nelle Tue mani si trovano forza epotenza, ed è Tuo potere concederea tutte le cose grandezza e stabilità[...]. Chi sono infatti io, chi è mai ilpopolo mio da poterti porgere que-ste offerte di nostra spontanea vo-lontà? Ogni cosa da Te proviene, noiriceviamo dalle Tue stesse mani tut-to ciò che Ti offriamo. Noi siamo da-vanti a Te forestieri e ospiti, come

quadro de La raccolta della mannadi Poussin, che avrebbe apportatol’idea della generosità divina, asso-luta e gratuita, così come viene de-scritta nei testi biblici. In quella telasi vede tutto un popolo intento araccogliere con zelo il dono che gliconsentirà di sopravvivere. Vi pro-pongo quindi il superbo quadro delTintoretto che si trova nella chiesavicina. Il dono divino è la libera so-vrabbondanza di un potere in sé giàassoluto: una bontà aggiuntiva, co-me già è nel libro della Genesi lacreazione nel suo complesso. Maciò che in questo passaggio dell’E-sodo si deve assolutamente notare èche al concetto di sovranità, di donoproveniente dall’ “alto”, se ne ag-giunge un altro, completamente di-verso, il concetto di eguaglianza. Ilcomandamento, venuto da Dio, peril tramite della voce di Mosé, ovverodi un capo umano, è indirizzato alpopolo che Dio ha prescelto affin-ché diventi il «suo sacrificatore»(Esodo, 19.6). Ebbene, Mosé impo-ne la reciprocità, il rispetto per il bi-sogno altrui: «Mosé disse loro: Que-sto è il pane che l’Eterno vi ha dona-to perché ve ne cibiate» [...].

***Nel mio libro A piene maniho ini-

zialmente accordato un posto di ri-lievo a Rousseau. Non sono un di-scepolo di Rousseau. Se mi sono ap-passionato a lui è perché egli è unostraordinario testimone di quelloche nella cultura occidentale, allavigilia della Rivoluzione francese,va trasformandosi. Egli è un annun-ciatore, una sorta di sismografo. E’consapevole di cose molto impor-tanti. Persino i suoi errori e i suoismarrimenti sono rivelatori. Non sideve provarne soggezione, bensìprestargli ascolto e grande atten-zione.

Prendo spunto da un episodioraccontato nella nona Rêverie diRousseau. Vi si descrive una festa al-la quale egli ha assistito nella tenu-ta di una sua ricca protettrice. Ini-zialmente egli assiste e prende per-sino parte ad un passatempo nelcorso del quale la buona società sidivertiva a lanciare del pane spezia-to a dei giovani contadini. Si tratta

del gesto, diventato popolare, della“sparsio”. I giovani contadini si bat-tono, le leccornie sono ridotte inpolvere. Ben presto, però, «tediatodi svuotare il portafoglio per far az-zuffare la gente», Rousseau si allon-tana e in un altro angolo della sagrascorge cinque o sei poveri ragazziniraccolti accanto ad una bambinache vende mele. Rousseau acquistaquei frutti e li fa distribuire ai bam-bini che per essi fremevano. «Vidiallora uno degli spettacoli più dolciche può colmare di contentezza ilcuore di un uomo, quello di vedersipropagare intorno a me la gioia in-sieme all’innocenza della giovaneetà. Poiché gli spettatori col solo fat-to di assistervi vi prendono parte, io,che condividevo quella gioia in sìsomma misura, ne provavo in so-vrappiù poiché ne ero stato l’artefi-ce». Prendiamo atto che ancora unavolta si tratta del dono di un alimen-to. Due immagini del dono ci ven-

4.7: «Cosa c’è che tu non abbia rice-vuto? E visto che l’hai ricevuto, per-ché te ne vanti come se non ti fossestato dato?»; e nella Lettera ai Ro-mani, 11.35-36: «Chi gli ha donatoper primo, affinché potesse da lui ri-cevere a sua volta?» La nostra rispo-sta, secondo Paolo, non può esserealtro che il dono di noi stessi, la fede.La più bella delle immagini del do-no supremo compare nell’Esodo(16.4): la mano di Dio dispensa lamanna al popolo che vaga nel de-serto. «L’Eterno disse a Mosé: ecco,io farò piovere per voi del pane dal-l’alto dei cieli»... In questo caso il do-no di origine suprema è al tempostesso per chi lo riceve il dono dellasussistenza. Preso alla lettera si trat-ta di un dono alimentare, ma inter-pretato figurativamente allude allegrazie ricevute. Mi è dispiaciutonon aver potuto aggiungere ai dise-gni del Louvre presentati per l’espo-sizione A piene mani lo splendido

JEAN STAROBINSKI

STEFANO ZAMAGNI

Alain Caillé è sociologoed economista con spic-cati interessi antropolo-gici. Insegna all’univer-sità di Parigi. I suoi librisono pubblicati in Italiaprevalentemente da Bol-lati Boringhieri. Ricordia-mo: Il terzo paradigma,Critica della ragione utili-taria, e Mitologia dellescienze sociali. Dirige dal1981 La revue de Mauss, dicui i nquesti giorni esce ilprimo numero in ita-liano.

Jean Staro-binski è unodei più gran-

di critici letterari europei.Celebri e importanti lesue interpretazioni diRousseau e di Montaigne.Il testo che in parte antici-piamo uscirà il prossimoanno su Lettere italiane.

Stefano Zamagni inse-gna Economia Politica al-l’Università di Bologna.Con P. Sacco ha pubbli-cato Complessità relazio-nale e comportamentoeconomico. E con Luigi

Bruni sta per pubbli-care Economia

Civile, entram-bi editi da ilMulino.

GLI AUTORI

LA REPUBBLICA 43MERCOLEDÌ 24 DICEMBRE 2003 D I A R I O

CON il dono ci si sfida l’unl’altro. Sotto l’apparente

bontà degli animi e sotto l’in-nocenza dei doni scambiati ciòche davvero si celebra è la po-tenza delle sfide simboliche.

In ogni dono che diamo o ri-ceviamo c’è infatti qualcosa diinquietante, perché quando èdonata, una cosa non è più so-lo quella certa cosa, ma portacon sé lo spirito del donatore,quello che iprimitivi chia-mavano “ma-na”. Ed è que-sto spirito chesi scambia neidoni, non lecose. Per que-sto quando ri-ceviamo undono spropor-zionato allaqualità dellarelazione cheabbiamo conl’altro ci risultadifficile accet-tarlo e imba-razzante rifiu-tarlo, così co-me quando cimettono tra le mani un regali-no di poco conto. Chi lo dà e chilo riceve convengono nel direche: «Basta il pensiero». Ma co-s’è questo «pensiero» se non lospirito del donatore, la sua sog-gettività che, attraverso il do-no, ci viene imposta e ci co-stringe per un attimo a fare iconti con lei?

I doni non sono una cosa in-nocente. Sotto la loro appa-rente semplicità essi infrango-no la legge economica che re-gola la circolazione degli “og-getti” che si acquistano e sivendono, per porre a confron-to le “soggettività” che, attra-verso il dono, si fronteggiano,ponendo sul tavolo quel pezzoda novanta che non si può névendere né acquistare, ma so-lo accettare o rifiutare: l’amo-re.

Ma anche l’amore non è una

gnificenza del dono c’era la ce-lebrazione del proprio potere el’umiliazione dell’altro. Mar-cel Mauss nel suo Saggio suldono (1923), Georges Bataillene La parte maledetta (1943),Jean Baudrillard ne Lo scambiosimbolico e la morte (1976) ciinformano come l’oggetto discambio simbolico (il dono)non era per i primitivi una co-sa, non era ridotto all’inerzia e

all’assenza divita del mondodelle merci,ma era il veico-lo del “mana”di colui che do-nava e nel do-no esprimevail suo poterecome misuradelle sue pos-sibilità e comeu m i l i a z i o n edell’altro.

Il dono e lap r o d i g a l i t àdella ricchezzaspinta fino allospreco (“po-tlac”) avevaper i primitivi

la funzione di scongiurare quelpotere che noi conosciamofondato sull’accumulo dellaricchezza, che i primitivi teme-vano come la “parte maledet-ta”. Di qui l’obbligo di donare,ma anche l’obbligo di ricevere,che non consentiva a nessunodi porsi nella condizione di da-re senza ricevere e quindi diesprimere un potere irreversi-bile.

Tale è per Nietzsche il poteredel Dio cristiano, anzi: «Il col-po di genio del cristianesimo»il cui Dio esprime il rifiuto del-lo scambio simbolico, del con-tro-dono dell’uomo, perchéaltrimenti ne andrebbe dellasua onnipotenza che consistenel dare senza ricevere, quindinell’irreversibilità del dono incui si esprime la non recipro-cità dei rapporti e quindi l’es-senza del potere. Per questo, inquella religione, i sacrifici of-ferti dagli uomini sono inade-guati per riparare la colpa chepuò essere rimessa solo con unaltro dono di Dio: l’invio e il sa-crificio di suo figlio. Tutto ciònon è una prova d’amore, scri-ve Nietzsche, ma una prova dionnipotenza, come è nella lo-gica di ogni dono che non sipuò ricambiare.

Per questo avvertiamo tuttiun sottile senso di costrizionenel dare e nel ricevere un donoperché, sotto l’apparenza del-la gratuità, in quel gesto, asso-lutamente non innocente, av-vertiamo la trama segreta dellesfide che le soggettività, quan-do si fronteggiano, inevitabil-mente si scambiano.

E così ciò verso cui la gratuitàmunifica si scatena gronda dellimite che la incatena, per cui ildono, pur nella sua apparenteinfrazione della legge (in que-sto caso “di mercato”) finisceper ribadirla a usura. In questaripresa legislativa, sotto l’ap-parenza della sua infrazione, sinasconde il segreto del donoche è poi il segreto del potere edell’amore che, nella sua inti-ma essenza, non è mai di-sgiunto dal diritto e dal potereche, in forza dell’amore, siesercita sull’altro.

MARCELMAUSSTeoriagenerale dellamagia e altrisaggi, Einaudi1965

MARCELGRANET, M.MAUSSIl linguaggiodei sentimenti,Adelphi 1975

JACQUESDERRIDADonare iltempo. Lamoneta falsaRaffaelloCortinaeditore 1996

Donare lamorte, JacaBook 2002

CLAUDELEVI-STRAUSS, Babbo Natalegiustiziato,Sellerio 1995

Le struttureelementaridellaparentela,Feltrinelli 1984

M. KLEINInvidia egratitudine,Martinelli1969

BRONISLAWMALINOWSKIDiritto ecostume nellasocietàprimitiva,NewtonCompton1972

THOMASNAGELLa possibilitàdell’altruismo,il Mulino 1994

KARLPOLANYIEconomieprimitive,arcaiche emoderne,Einaudi 1980

TZVETANTODOROVLa conquistadell’America,Einaudi 1992

I LIBRI

tuale, per l’economia e ciò per la fondamen-tale ragione che la relazione tra persone è diper sé un bene che, in quanto tale, genera va-lore.

Una lettura, anche superficiale, dell’attua-le passaggio d’epoca ci obbliga a prendere at-to che i tratti antisociali del comportamentoeconomico hanno raggiunto, oggi, livelli diintensità preoccupanti. E’ ormai ampiamen-te ammesso che lo star-bene (well-being) del-le persone è associato non solamente al sod-

disfacimento dei bisogni materiali e immate-riali, ma anche a quello dei bisogni relaziona-li. Ed è altresì noto che, mentre le nostre eco-nomie avanzate sono diventate “macchine”straordinariamente efficienti per soddisfarebisogni della prima categoria, non altrettan-to si può dire di esse per quanto attiene i biso-gni relazionali. E questi richiedono beni rela-zionali, beni cioè la cui utilità per il soggettoche lo consuma dipende, oltre che dalle suecaratteristiche intrinseche e oggettive, dallemodalità di fruizione con altri soggetti.

Ecco perché se si vogliono scongiurare i ri-schi devastanti di trappole di povertà sociale,dovute alla crescita ipertrofica della sfera“privata” dell’economia, le nostre societàhanno bisogno di far posto a soggetti capacidi fare il «salto della gratuità» suscitando cosìrapporti nuovi, rapporti di reciprocità.

Un’altra illustrazionetratta dal “Milione”,il Gran Kahn affidai suoi doni ai Poloin partenzaper tornarea Venezia

Interroghiamoci su BabboNatale. Al fondo di noi nonveglia sempre il desideriodi credere in una generositàsenza limiti, in un altruismosenza secondi fini?

Babbo Natalegiustiziato (1995)

CLAUDE LEVI-STRAUSS

IL POTLÀCÈ lo scambio rituale dei doni praticatopresso alcune tribù americane delPacifico. Famiglie e tribù, rappresentatedai propri capi, si sfidano gareggiando indoni e dilapidando intere ricchezze

IL KULAÈ un sistema di doni e controdonipraticato dagli abitanti di alcune isolemelanesiane. Nel Kula il primo dono, unavolta accettato, impegna a ricambiare. Sitratta di una pratica orientata al prestigio

DONARE GLI ORGANICon la legge del 1999 è da considerarsidonatore d’organi chiunque non abbiaespresso preventivamente parerecontrario. Così l’Italia si è uniformata allanormativa europea in materia di trapianti

cosa innocente perché è il mo-do più intransigente con cui siesprime il proprio diritto e ilproprio potere sull’altro. Pa-gare in due una cena o una va-canza significa rivendicarequella libertà che si annullaquando invece ci si fa pagareuna cena o una vacanza. Farsirisarcire la fine di una storiad’amore o di un matrimoniosignifica avviarsi in quella spi-rale distruttiva dove intere for-tune, per chi le ha vengono dis-solte, perché i beni, un giornosimboli di un sentimento, di-ventano le contropartite sem-pre inadeguate di un risenti-mento equivalente. Ancorauna volta in gioco non sono glioggetti, ma le soggettività dicui gli oggetti sono i simboli.Ben lo sapevano i primitivi chesi sfidavano a colpi di doni econtro-doni, perché nella ma-

LA FANCIULLAL’incisioneraffigura untema classicodella“Conquista”:“Una fanciullaviene donataa CristoforoColombo eHernanCortèz”

gono presentate antiteticamente:vediamo riproporsi, su scala più ri-dotta, la critica stoico-cristiana del-la munificenza fastosa e del piacereperverso che le appartiene. Rous-seau sostituisce ad esso una caritàdistributiva, l’acquisto e la condivi-sione delle mele. Da ciò deriva unagioia che diventa anch’essa oggettodi condivisione generalizzata. E’ in-dubitabile che, nella scena così co-me ci è stata descritta, Rousseau as-sapora la momentanea esultanzadella sovranità: si sente il moventeprimario di una felicità che il piace-re aiuta a propagare. L’edonismodella beneficenza è qui troppo mar-cato perché possa trattarsi di un pu-ro gesto di carità. L’individuo Rous-seau, sottolineando la propria sin-golarità, dissociandosi dai piacericolpevoli della buona società, nonresiste tuttavia alla tentazione diauto-celebrarsi. Egli distribuisceuna sorta di piccola manna (...).

Rousseau nei suoi rapporti per-sonali rifiutò ostinatamente i regalie i doni. In essi vedeva, non senzaqualche eccesso, la volontà di asser-virlo con la riconoscenza. A suo giu-dizio accettare un dono significacrearsi un obbligo, e desiderandoaccanitamente preservare la pro-pria indipendenza, non intese maisentirsi in obbligo verso chicches-sia. Ciò nonostante il dono e il sen-so di obbligo rivestono un ruolofondamentale nel suo pensiero, enon un ruolo qualsiasi. Rousseau èil filosofo di un genere di dono e diobbligo molto particolari: quelliche, generalizzando, si definisconopropri di tutti gli individui, e chehanno per effetto l’istituzione dellasocietà civile, la creazione di un le-game politico, il passaggio degli in-dividui dalla «libertà naturale» alla«libertà frutto di convenzione»(Contrat social, I, VI).

Traduzione di Anna Bissanti

Dare significa obbligarel’altro a mettersi sul pianodel bisogno e nonpotersene affrancare…Così il dono diventaun’impresa d’alienazione

Quaderni per una morale(1983)

JEAN-PAUL SARTRE

LE VIE SIMBOLICHEDELLA GENEROSITÀ

SI DÀ E SI RICEVE A VOLTE PER OBBLIGARE L’ALTRO O PER RENDERLO PIÙ LIBERO

UMBERTO GALIMBERTI

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SCAMBIOI doni non sono una cosa innocenteSotto la loro apparente semplicitàinfrangono la legge economica cheregola la circolazione delle merci

ALVOHXEBbahaajA9 770390 107009

31224

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€ 1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna€ 1,20 (Canarie € 1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr.2,5 (con il Venerdì Fr. 2,80); Ungheria Ft. 300; U.S.A $ 1. Concessionaria di pubblicità: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941

Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

Anno 28 - Numero 300 € 0,90 in Italia mercoledì 24 dicembre 2003

■INTERNET

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Dall’interrogatorio di Tonna un quadro impressionante di contraffazioni: agivo su ordini superiori. Decreto per salvare l’azienda

Fazio: non ho colpe per i cracParmalat, un ex manager confessa: “I falsi durano da 15 anni”

ROMA — Nel giorno dell’interroga-torio da parte dei magistrati dell’exdirettore finanziario Parmalat Fau-sto Tonna che ha spiegato comedall’88 i bilanci venissero contraf-fatti e ha sostenuto le responsabilitàdi Calisto Tanzi, la società parmen-se si avvia all’amministrazionestraordinaria. Il consiglio d’ammi-nistrazione Parmalat rimane in atte-sa della pubblicazione in Gazzettadel decreto deciso dal governo cheha chiesto l’intervento della Ue, espera nel Prodi-ter, lasciando peròaperta la possibilità d’aderire “alter-nativamente” alla Prodi-bis. SaràEnrico Bondi il commissario straor-dinario nominato dall’esecutivo peril piano di salvataggio.

FEDRIZZI, GALBIATIPOLIDORI e PONS

ALLE PAGINE 2, 3, 4 e 5

Antonio Fazio

Il Governatore della Banca d’Italia

“Poteri alla Consobper sconfiggere

chi trucca i conti”

MASSIMO GIANNINI

«SONO sereno. Sereno sul piano per-sonale, sereno per l’attività dell’Isti-tuto, e sereno anche per la tenuta del

mercato...». In questa burrascosa vigilia dellefeste di fine d’anno, Antonio Fazio non siscompone. Si tiene accuratamente fuori dal-la folta schiera di quelli che «lanciano allar-mi». Il governatore della Banca d’Italia prefe-risce lanciare messaggi rassicuranti: «C’è per-sino chi ha detto che starei per dimettermi.Ma certe voci non mi toccano proprio, sonosolo manovre destabilizzanti...». E ci tiene alanciare un appello: «Nessuno sottovaluta lecrisi Cirio e Parmalat. Tuttavia, è dovere di tut-ti noi cercare di mantenere la calma e la ragio-nevolezza. Solo così sarà possibile, e auspica-bile, tirar fuori qualcosa di buono da questevicende...». «Queste vicende» sono quelle cheil ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha ri-battezzato come le «Enron italiane».

SEGUE A PAGINA 4

IL COLLOQUIO

LE IDEE

La tv salva per 5 mesi, poi deciderà l’Authority. Il Quirinale verso il sì al provvedimento

Via libera al decreto per Rete4Berlusconi esce al momento del voto, l’Ulivo protesta

Forti disagi nei collegamentiCapri, un morto nel mare in tempesta

Feste al gelofreddo record

e nevicateè emergenzaal Centro-sud

A PAGINA 25

LA SEDIA VUOTADEL CAVALIERE

FRANCESCO MERLO

SICURAMENTE Berlusconi non losa, ma anche Luciano Liggio prefe-riva ritirarsi nella stanza accanto a

comporre poesie bucoliche per lasciareai picciotti la “libertà” di emettere le suesentenze di morte e, subito dopo, di ese-guirle. Al suo posto lasciava una sediavuota e, sul tavolo, la lupara. Lo ricordia-mo subito, non perché siamo convintiche Berlusconi abbia la stessa voglia difuoco di Luciano Liggio; non gli somi-glia, né l’Italia somiglia alle cantine diCorleone.

SEGUE A PAGINA 14SERVIZI ALLE PAGINE 6 e 7

Il Giappone blocca le importazioni

Allarme mucca pazzaprimo caso negli Usa

A PAGINA 18Silvio Berlusconi CLAUDIO TITO A PAGINA 3

Parla Berlusconi. “La responsabilità è di alcune banche, non della mia legge”

Il premier: ma a gennaio si cambiala riforma dei controlli si deve fare

Il romanzodell’Ottocento

per Hugoè una cattedrale

OGNI discorso su VictorHugo di solito inizia conun’affermazione di Gide,

quando gli era stato chiesto chifosse il maggior poeta francese:Hugo, helas! (Hugo, ahimè!).Volendo infierire, si continuacon la citazione di Cocteau:«Victor Hugo era un pazzo checredeva di essere Victor Hugo».Cerchiamo di chiosare questedue affermazioni, che possonoessere applicate anche a Hugoromanziere. Il grido di dolore diGide significava molte cose, masi tende ormai a interpretarlonel senso che Hugo è un grandescrittore malgrado i suoi innu-merevoli difetti, la sua magnilo-quenza, la sua retorica talora in-sopportabile. La battuta sarca-stica di Cocteau credo si possaintenderla, anch’essa, in moltimodi, ma ci rinvia anzitutto alfatto che in Hugo prevale sem-pre l’eccesso nel descrivere gliavvenimenti terrestri, e l’indo-mita volontà di vederli sempredal punto di vista di Dio.

Il gusto dell’eccesso lo porta adescrizioni che procedono perelenchi interminabili, a crearepersonaggi la cui psicologia vie-ne sempre giudicata insosteni-bile, squadrata con l’accetta,ma le cui passioni sono portatea tali livelli di parossismo da di-ventare memorabili, segno diforze che muovono la storia. Lavolontà di sostituirsi a Dio glipermette di vedere sempre, al disotto e al di sopra degli eventiche travolgono i suoi eroi, legrandi forze che muovono la vi-cenda umana, e se non Dio, ilFato, un Destino che talora sipresenta come provvidenza etalora come una sorta di proget-to quasi hegeliano che domina edirige le volontà individuali(…).

SEGUE A PAGINA 37

Oggi in regalo con Repubblica“Notre-Dame de Paris”

La pace di NataleCARLO MARIA MARTINI

MI SONO sempre sen-tito a disagio con lafacilità con cui a Na-

tale e poi a Capodanno si fan-no gli auguri di beni grandio-si e risolutivi, auspicandoche le feste che celebriamoportino pace, salute, giusti-zia, concordia. Quando di-ciamo queste parole sappia-mo bene che per lo più non siavvereranno e passatal’euforia delle feste ci trove-remo più o meno con gli stes-si problemi. Non è questal’intenzione della Chiesa nelcelebrare la festa di Natale.

SEGUE A PAGINA 15

DIARIO

Il mistero del donoJEAN STAROBINSKI

IL DONO è un tratto spe-cifico dell’essere uma-no? Si è indotti a creder-

lo, in un primo tempo, ma ègiocoforza constatare chel’atto di donare, nella suaforma più elementare, nonè una caratteristica dellasola specie umana. Ci si èposti lo stesso interrogati-vo in merito all’uso dei se-gni e del linguaggio, del lo-ro utilizzo consapevole.Non è dunque un caso sequesti due quesiti si pre-sentano in parallelo, senzatuttavia confondersi.

SEGUE A PAGINA 42

AI LETTORIDomani e dopodomani Repubblica

non uscirà per le feste natalizieTornerà in edicola sabato 27

Su repubblica.it le notizie aggiornateAuguri di Buon Natale

ALL’INTERNOgli articoli

di UMBERTO GALIMBERTIFABIO GAMBARO

e STEFANO ZAMAGNIALLE PAGINE 41, 42 e 43

UMBERTO ECO