20 MAGGIO 2019 n.200 19 MAGAZINE Windows 10: anche Onkyo ...

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MAGAZINE n.200 / 19 20 MAGGIO 2019 Sound United compra anche Onkyo e Pioneer 02 25 Honor 20 Lite Best buy sotto la lente Sony 75” XG95 Effetto cinema IN PROVA IN QUESTO NUMERO 07 Nella sede Dolby con Panasonic. Vision e Atmos per tutti 04 16 Smartphone Huawei senza futuro Stop ai chip e alla licenza Android È ufficiale: dopo il bando di Trump a Huawei negli USA, Google toglie la licenza Android all’azienda cinese. Interrotti i rapporti anche con Intel e Qualcomm 02 Google Pixel 3a La nostra anteprima 30 Samsung QLED Q90R Non è “il solito” LCD Sony lascia il digitale terrestre. Addio a Cine Sony e Pop 20 14 31 28 23 DJI Osmo Action La rivale della GoPro che sembra una GoPro 33 Renault Zoe 10 anni dell’elettrica più popolare OnePlus 7 Pro è ufficiale Luci e ombre in anteprima Ben rifinito, solido e con fotocamera frontale a scomparsa, l’atteso top di OnePlus ha anche alcuni aspetti che non convincono. La nostra analisi Apple TV, rivoluzione a metà La prova sui TV Samsung Completamente rivista nel design, l’app in Italia non è però come Apple aveva promesso. L’abbiamo provata sugli ultimi modelli di TV Samsung insieme ad AirPlay Windows 10: Microsoft dice addio alle app universali

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

Sound United compra anche Onkyo e Pioneer02

25

Honor 20 Lite Best buy sotto la lente

Sony 75” XG95 Effetto cinema

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

07

Nella sede Dolby con Panasonic. Vision e Atmos per tutti04 16

Smartphone Huawei senza futuro Stop ai chip e alla licenza AndroidÈ ufficiale: dopo il bando di Trump a Huawei negli USA, Google toglie la licenza Android all’azienda cinese. Interrotti i rapporti anche con Intel e Qualcomm

02

Google Pixel 3a La nostra anteprima

30

Samsung QLED Q90R Non è “il solito” LCD

Sony lascia il digitale terrestre. Addio a Cine Sony e Pop 20

14

3128

23

DJI Osmo Action La rivale della GoPro che sembra una GoPro

33

Renault Zoe 10 anni dell’elettrica più popolare

OnePlus 7 Pro è ufficiale Luci e ombre in anteprima Ben rifinito, solido e con fotocamera frontale a scomparsa, l’atteso top di OnePlus ha anche alcuni aspetti che non convincono. La nostra analisi

Apple TV, rivoluzione a metà La prova sui TV SamsungCompletamente rivista nel design, l’app in Italia non è però come Apple aveva promesso. L’abbiamo provata sugli ultimi modelli di TV Samsung insieme ad AirPlay

Windows 10: Microsoft dice addio alle app universali

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

Diritti Champions, Rai porta Sky in tribunaleCome prevedibile, la Rai ha deciso di passare ai propri avvocati la decisione di Sky di non voler rinnovare l’opzione per la trasmissione in chiaro della partita del mercoledì di Champions League per le prossime due stagioni. L’accordo dello scorso anno prevedeva la cessione dei diritti “free” alla Rai per la stagione in corso, con l’opzione del rinnovo per gli anni successivi. Al momento del rinnovo dell’accordo però Sky si è opposta e ha di fatto riaperto l’asta tra Rai e Mediaset. Sempre secondo Sky, l’azione è corretta perché l’accordo stipulato prevedeva condizioni di mercato che sono cambiate dopo l’ingresso di DAZN nel mondo dei diritti tv calcistici. La Rai contesta questa decisione, specie dopo le voci giunte su un accordo in pratica già fatto tra Sky e Mediaset per la prossima stagione e ha presentato un decreto d’urgenza in tribunale. Mediaset le ha prontamente smentite, ma era una mossa inevitabile proprio in previsione di uno scontro legale tra Sky e la Rai, con cui non vuole avere nulla a che fare.

di Roberto FAGGIANO

Sony Pictures aveva iniziato la sua

avventura di broadcaster in Italia

solo due anni fa, acquistando due

posizioni LCN e lanciando il canale di ci-

nema Cine Sony e il canale per ragazzi

POP. I risultati sperati non sono arrivati e

si è giunti alla decisione di abbandonare il

settore. Le due interessanti posizioni LCN

45 e 55 sono state poste in vendita e a

breve forse già dal 1 giugno, le trasmissio-

ni su quelle posizioni saranno gestite da

un nuovo soggetto. Anche se non ci sono

notizie ufficiali, le trattative si sarebbero

già concluse con Mediaset. Tra l’altro la

data del 1° giugno coinciderebbe con la

conclusione delle trasmissioni di Media-

set Premium e lascerebbe quindi spazio

libero su uno dei mux Mediaset. Mancan-

do l’ufficialità della notizia non possono

esserci certezze nemmeno sui nuovi ca-

nali, ma in compenso le voci di corridoio

sono molte. Per il 45 dovrebbe arrivare

un canale per ragazzi, forse realizzato

in collaborazione con altri produttori di

contenuti. Sul 55 invece ci sono varie ipo-

tesi perché la numerazione in quell’area

è meno definita: difficile arrivi un canale

generalista perchè Mediaset ne ha già

fin troppi, difficile anche un canale dedi-

cato solo al cinema come era Cine Sony

perchè Mediaset ha già Iris; più probabile

invece l’arrivo di un canale cosiddetto “ra-

dio”, settore nel quale Mediaset ha fatto

molte acquisizioni importanti nell’ultimo

periodo. I due canali sono trasmessi an-

che nella piattaforma Tivùsat, ma non è

automatico il subentro dei nuovi canali

che arriveranno sul digitale terrestre.

MERCATO Dopo nemmeno due anni di attività Sony Pictures lascia il digitale terrestre italiano

Chiudono Cine Sony e Pop. Sony lascia il digitale terrestreLe due posizioni LCN 45 e 55 vengono cedute e Mediaset dovrebbe essere l’acquirente

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

L a notizia che arriva dagli States lascia

increduli: a seguito del ban da parte

di Trump di Huawei negli Usa, Goo-gle avrebbe deciso di togliere la licenza Android a Huawei.

Google ha ufficializzato la decisione di

togliere la licenza a Huawei per la versio-

ne commerciale di Android, quella da lei

supportata con le applicazioni e gli ag-

giornamenti più recenti. Non è stata ov-

viamente una scelta di Google, ma una

decisione dettata dalle decisioni prese

dall’amministrazione Trump nei confronti

delle aziende di telecomunicazioni cine-

si. Ad essere colpite al momento pare

saranno solo Huawei, e anche il suo

b-brand Honor, e ZTE, mentre le altre

aziende cinesi non sembrano essere sul-

l’elenco. In attesa che si chiarisca meglio

come e con che modalità questa decisio-

ne impatterà Huawei anche in Europa,

Google ha confermato che per ora Goo-

gle Play e i servizi di sicurezza di Google

Play Protect continueranno a funzionare

sugli attuali smartphone Huawei, ma po-

trebbero esserci problemi per gli aggior-

namenti e sicuramente questa decisione

impatterà i prossimi modelli. Ricordiamo

che Android esiste in due versioni: una

commerciale, che Google vende ai part-

MERCATO Google ha deciso, dopo la mossa di Trump, di revocare la licenza Android a Huawei

Google toglie la licenza Android a Huawei Rapporti interrotti anche da Intel e QualcommHuawei ora dovrà usare la versione opensource del sistema operativo senza le Google app

ner con una licenza d’uso che prevede

l’accesso a tutte le app come Gmail,

Youtube, Chrome, Google Play Store

etc, oltre a una serie di servizi legati ad

aggiornamenti e a sicurezza, e una open

source, priva di tutti questi elementi.

Huawei ora sarà costretta ad utilizzare

questa versione, quella opensource, la

stessa che utilizza già in Cina dove Goo-

gle è bandito: al suo posto ci sono app e

servizi cinesi che ovviamente non sono

pronti per l’Europa. Per quanto il ramo

opensource sia comunque Android, è

molto meno aggiornato di quello che

viene mantenuto da Google: le patch di

sicurezza, ad esempio, arrivano con un

po’ di ritardo. Partire con un nuovo siste-

ma operativo o con un fork, unico piano

B al momento, non sembra affatto facile,

soprattutto se ad essere colpite saranno

solo Honor e Huawei. La faccenda è in

sviluppo, quindi mancano ulteriori detta-

gli: potrebbe a breve arrivare anche una

dichiarazione del produttore cinese.

Nel frattempo a Google dovrebbero

unirsi anche altre aziende americane: il

“ban” di Huawei imposto da Trump vale

anche per loro. Stiamo parlando di Intel

e di Qualcomm, che fornivano chip a

Huawei: anche loro starebbero interrom-

pendo i rapporti. Ricordiamo che Huawei

ha un’eccellente linea di notebook che

senza “USA” resterebbe praticamente

priva di CPU, prodotte in tutto il mondo

da Intel e AMD. Non solo: pare che an-

che Infineon Technologies avrebbe so-

speso le forniture a Huawei, come anche

Micron Technology e Western Digital.

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

Agire da attivatore dei diritti degli utenti regola-

mentati dal GDPR europeo e, allo stesso tempo,

permettere alle persone di guadagnare soldi dalle

offerte personalizzate. Weople è la piattaforma italiana,

disponibile per Android e web, che si pone questo du-

plice obiettivo. Partendo da una semplice premessa,

ossia che gli utenti facciano dei propri dati ciò che più

ritengono opportuno. Gli utenti possono sfruttare Weo-

ple, come prima cosa, come “banca” dei dati dei propri

account, che essi siano legati a un social network, a una

piattaforma di commercio elettronico oppure alle carte

fedeltà dei supermercati; sarà Weople, poi, a fungere

da intermediario per contattare le singole aziende e far

rispettare i diritti riservati agli utenti dal GDPR. Un’inter-

mediazione che non sempre è facile né va a buon fine:

talvolta l’azienda è disponibile; in altri casi, al contrario,

si è arrivati ad esposti alle Autorità Garanti contro Weo-

ple. “Alcune hanno anche scritto ai nostri iscritti affer-

mando che abbiamo problemi di sicurezza” racconta il

fondatore di Weople, Silvio Siliprandi. “Non ci hanno mai

parlato, lo hanno deciso loro. Altre aziende ci hanno ri-

sposto con grande ritardo. Per Facebook abbiamo an-

che dovuto scomodare il Garante irlandese. È una bella

battaglia. Altre ancora hanno risposto prontamente e

hanno anche voluto incontrarci; hanno capito che coin-

volgere le persone può essere il futuro del marketing”.

Perché da qui parte Weople: raccogliere un gruppo di

persone che gestiscano i dati in modo cosciente e con-

temporaneamente rappresentino anche un bacino da

raggiungere con pub-

blicità mirate. Ma sen-

za “vendere” i profili

di questi consumato-

ri. “Non vendiamo e

non compriamo dati

da nessuno” chiari-

sce Siliprandi. “Ogni

persona è totalmen-

te tutelata. Quando

noi veicoliamo delle

offerte personaliz-

zate attraverso la

piattaforma Weople,

noi lavoriamo come

editore. L’azienda

terza conosce tali

persone solo come

gruppo. Poi gli uten-

ti sono liberi di fare

ciò che vogliono,

possono guardare

le offerte e appro-

fittarne. Al massimo

noi replichiamo de-

MERCATO Weople si pone come “banca” dati per gli utenti, ma anche come piattaforma per guadagnare tramite offerte personalizzate

Weople sfida Facebook: protegge i dati e promette guadagni. Ecco come funzionaGli utenti sfruttano Weople come “banca” dei dati dei propri account, Weople contatta le aziende per far rispettare i diritti previsti dal GDPR

gli indici di efficacia all’azienda”. Nemmeno Facebook

“vende” i profili: aggrega i dati e propone alle aziende

un bacino di utenti con interessi simili. La differenza sta

nel fatto che dai ricavi pubblicitari Facebook trattiene il

100% per se stessa; l’utente non riceve nessun valore in

denaro. Weople propone, così, un meccanismo diverso:

di quanto speso dall’azienda terza che fa pubblicità tra-

mite la piattaforma, distribuisce - al netto delle spese di

gestione della piattaforma - il 90% agli utenti in denaro o

sotto forma di premi; il restante 10% se lo tiene.

Guadagno? “Fino a centinaia di euro l’anno” per gli utenti più attivi entro 4 anniA conti fatti, quanto si può guadagnare in questo modo?

“Dipende dal momento e dal mercato. La prima rispo-

sta è: comunque più di adesso, perché ora nessuno

guadagna niente dai propri dati, che però tutti usano”

constata Siliprandi. “Noi abbiamo fatto delle stime ab-

bastanza prudenziali. Possiamo arrivare in 4 anni, nel-

la parte collettiva che distribuiamo attraverso premi, a

circa un milione di euro al mese. Un utente ‘Gold’ può

arrivare a guadagnare individualmente qualche cen-

tinaio di euro all’anno, tranquillamente”. In ogni caso,

non c’è alcun obbligo: gli utenti possono usare Weople

solo come “banca dati” senza voler badare alle offerte

personalizzate. Tale formula commerciale non è ancora

attiva: Weople sta aspettando di arrivare a 100mila iscrit-

ti; oggi sono 37mila. “C’è una bella crescita” evidenzia

Siliprandi. “In poco più di un mese abbiamo avuto una

crescita di quasi 25-27 mila persone”. A tale risultato ha

sicuramente giovato la recente campagna pubblicitaria

in TV. “Una persona non ha obblighi. Quando ci saran-

no offerte personalizzate, se la persona va a vedere e si

interessa, allora scatta la remunerazione per la visualiz-

zazione. Non deve fare altro” spiega Siliprandi. “Se ac-

quista, ci sarà la restituzione della mediazione digitale

sull’acquisto. Questa è variabile, ne beneficiano tutte le

piattaforme di e-commerce (ancora una volta solo per

se stesse, cioè senza restituire nulla alle persone) e può

andare dal 2/3% in su. A seconda di cosa viene acqui-

stato, quindi, si può andare dai pochi euro a decine di

euro. Questi soldi si aggiungono alla quota di guada-

gno di cui abbiamo parlato prima”. Una piccola somma

di quanto speso, quindi, viene restituita all’utente quan-

do e se acquista un bene fisico (non ci sono obblighi per

l’iscritto a Weople). Società come Google o Facebook

potrebbero rispondere che gli utenti già ora ricevono

qualcosa in cambio dei dati che forniscono volontaria-

mente: il servizio stesso, che sia un social network, una

casella di posta elettronica oppure un software di navi-

gazione. “Se c’è uno scambio, devono essere chiari i ter-

mini dello scambio fin da subito” risponde Siliprandi. “Io

devo poter valutare se lo scambio è equo, per esempio.

Magari tu fai miliardi e tieni 100 per te e 0 per me, chi ha

deciso che è giusto così?”. A ragione di tale aspetto del-

la questione c’è la recente multa dell’Antitrust italiano,

perché ha considerato Facebook poco chiara riguardo

alle finalità commerciali della sua raccolta di dati.

La vita dopo il GDPRIl vero problema è la “vita dopo il GDPR”, ossia dopo

che a livello europeo sono stati garantiti agli utenti nuovi

diritti; tanti non conosco queste nuove regole. Una si-

tuazione che, secondo Siliprandi, può creare “un brutto

paradosso” perché, dopo il 25 maggio dell’anno scorso,

l’utente ha ricevuto numerosissime email con la richiesta

di rinnovare i consensi in termini di privacy e trattamen-

to dati; queste sono state inviate dalle aziende proprio

per adeguarsi a questa legge, più severa per loro e più

tutelante per l’individuo; tuttavia, il paradosso sta nel

fatto che, rinnovando senza troppa consapevolezza i

consensi, l’individuo non ha di fatto potuto godere dei

nuovi diritti garantiti dal GDPR e le aziende, formalmente

in regola, hanno potuto continuare ad agire come pri-

ma. “Il problema - conclude Siliprandi - è che nessuno

ha spiegato alle persone che il GDPR è una legge che

va usata in modo attivo dalle persone stesse, se no va

solo a favore delle aziende, che potranno dire di esse-

re in regola. Perché le persone la usino in modo attivo

serve una piattaforma come Weople. Noi vogliamo che

le persone, attraverso il GDPR, siano soggetti attivi del

marketing e dei diritti”.

Il caveau di Weople, dove gli utenti possono con-trollare i dati concessi alla piattaforma

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto FAGGIANO

Il gruppo americano Sound United ha

annunciato il protocollo d’intesa per l’ac-

quisizione di Onkyo e Pioneer, diventan-

do un vero colosso del settore dopo aver

già preso il controllo di importanti marchi

come Denon, Marantz, Polk Audio, Classè,

Definitive Technology e Boston Acoustics.

Il CEO di Sound United Kevin Duffy si è det-

to entusiasta di avere i due storici marchi

nella propria azienda. A breve ci sarà il per-

fezionamento dell’accordo per far entrare

tutti i collaboratori del gruppo Onkyo nella

nuova società, Onkyo manterrà il marchio

per i prodotti della divisione Digital Life,

cioè cuffie, auricolari e dispositivi portatili.

L’accordo dovrebbe essere completato e

ratificato in occasione dell’assemblea degli

azionisti Onkyo, in programma il prossimo

26 giugno. Nell’accordo si precisa che per

quanto riguarda la distribuzione dei due

marchi sul mercato europeo, recentemen-

te affidata ad Aqipa, non ci sono cambia-

menti e la società austriaca continuerà

nella sua attività.

Dopo varie tribolazioni, Onkyo e Pioneer

sembrano poter ritrovare una casa più

sicura e tranquilla per proseguire la loro

avventura nel non facile mondo dell’elet-

tronica di consumo. In particolare Onkyo si

era slegata senza danni dal fallimento Gi-

bson, del quale era partecipata in piccola

parte, e sembrava poter proseguire la pro-

pria corsa con Pioneer, ma evidentemente

è stata ritenuta più opportuna la cessione.

Rimangono i dubbi sul futuro dei marchi di

Sound United, ora sempre più in concor-

renza tra loro e senza una apparente po-

litica di sviluppo. Già ora i marchi Denon e

Marantz propongono spesso vestiti diversi

per apparecchi identici tra loro, specie nel

settore home theater. Il marchio Heos per

l’audio multiroom sembra, invece, quasi

abbandonato a se stesso mentre i concor-

renti marciano a velocità doppia.

Situazione molto simile verrà ora scoperta

per i marchi Onkyo e Pioneer, con quest’ul-

timo che pare messo in secondo piano e

con novità di Onkyo più focalizzate sull’ho-

me theater, dove va a combattere proprio

con Denon. Speriamo che la nuova pro-

prietà abbia le idee chiare per dare una

propria identità a ogni marchio ed evitare

dannose guerre intestine.

MERCATO Un altro colpo di mercato per aggiungere un portafoglio di aziende sempre più importanti

Sound United compra anche Onkyo e Pioneer Il gruppo aveva già acquisito marchi importanti come Denon, Marantz, Polk Audio e Classè

di Massimiliano DI MARCO

D opo internet anche il servizio voce

di Vodafone è stato “liberato”.

L’operatore ha comunicato di aver

completato l’adeguamento della sua rete

come richiesto dalla delibera 348/18/

CONS dell’AGCOM, comunemente nota

come la delibera del “modem libero”. Di

fatto, la delibera è attiva, ancora soltanto

per i nuovi clienti, già dal 1 dicembre, ma

Vodafone aveva anticipato che avrebbe

impiegato più tempo e che soltanto al-

l’inizio del 2019 avrebbe messo a punto

la propria infrastruttura di rete. Il totale

adempimento alla delibera dell’AGCOM

da parte di tutti gli operatori, in verità, è

stato messo in discussione da indagini

recenti di Altroconsumo, specialmente

quando si parla di fornire informazioni

complete e chiare ai potenziali clienti

all’interno dei punti vendita.

MERCATO Completato l’adeguamento della rete Vodafone all’uso di apparecchi di terze parti

Vodafone “libera”anche le telefonate Non è più obbligatoria la Vodafone StationOra i nuovi clienti possono sfruttare un apparecchio di terze parti per internet e per le telefonate

“Vodafone ha provve-

duto ad adeguare la

propria infrastruttura

di rete per consentire

al cliente di navigare

in Internet e utilizzare

il servizio voce anche

con un modem diver-

so dalla Vodafone

Station” ha notificato

l’azienda attraverso il suo sito ufficiale.

Il servizio internet era già disponibile

attraverso modem di terze parti; per le

chiamate, invece, era necessario richie-

dere la Vodafone Station, fornita, però,

senza costi aggiuntivi. A oltre cinque

mesi dall’entrata in vigore della delibe-

ra AGCOM, ora i nuovi clienti possono

sfruttare interamente un apparecchio di

terze parti tanto per internet quanto per

le telefonate.

I parametri di configurazione per usufrui-

re del servizio voce, disponibili sul sito di

Vodafone, sono i seguenti:

- SIP Domain: ims.vodafone.it

- SIP Protocol : UDP Port 5060

- Codec voce (in ordine di priorità):

o G.711 A-law

o G.729

- Codec Fax e POS (in alternativa)

o G.711 A-law

o T.38

Il pacco Amazon? Lo ritiri in negozio. Arriva in Italia il servizio CounterAmazon amplia la gamma di servizi di spedizione. Dopo gli Amazon Lockers lancia Counter. La spedizione presso i punti di ritiro è disponibile da oggi, sia per utenti Prime sia per non abbonati di Pasquale AGIZZA

Una nuova rete di punti di ritiro, che permetterà ai clienti di riceve-re i propri ordini presso migliaia di punti vendita fisici italiani. È questo Amazon Counter, il nuovo servizio dell’azienda disponibile per tutti gli utenti, che si affianca a quello già rodato degli Amazon Lockers. Dopo aver completato l’ordine, i clienti potranno selezionare il pun-to di ritiro Counter più comodo. Non appena l’ordine sarà conse-gnato presso il punto selezionato, riceveranno una mail di notifica con un codice a barre univoco. Da quel momento, avranno quattordici giorni di tempo per ritirare l’ordine. Una volta giunti in negozio, i clienti mostreranno il codice a barre rice-vuto al personale del punto ven-dita che lo scansionerà e provve-derà alla consegna del pacco. La rete Counter, a seguito dell’ottima risposta ottenuta dai test effettuati prima del lancio, è attiva su milioni di articoli in vendita e sarà progres-sivamente estesa nel 2019, fino a comprendere tutti i punti vendita Giunti, Fermopoint e SisalPay in Italia. Si potrà usufruire del servizio Counter sia per le spedizioni stan-dard sia per quelle con consegna in un giorno. Servizio senza costi aggiuntivi per i clienti Prime

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

Reddito di cittadinanza, l’appello di Aires: “Presto il decreto per chiarire i beni acquistabili”L’associazione che rappresenta i rivenditori di elettronica in Italia chiede di accelerare sul decreto che chiarisce i beni acquistabili di Pasquale AGIZZA

C’è bisogno di un decreto legge che stabilisca senza ambiguità quali sono le categorie di beni e servizi acquistabili col reddito di cit-tadinanza. E fra questi, dovrebbero essere incluse alcune tipologie di elettrodomestici e beni di elettroni-ca di prima necessità. A dichiararlo è l’AIRES, Associazione Italiana Re-tailers Elettrodomestici Specializ-zati. L’unico riferimento normativo che disciplina il reddito di cittadi-nanza circoscrive l’ambito di utiliz-zo del reddito di cittadinanza ai soli prodotti alimentari, medicinali e al pagamento delle utenze. Per ora sembrerebbero essere escluse spese di altro genere e l’AIRES ha diramato una circolare a tutte le imprese del settore dell’elettronica invitandole ad astenersi dall’accet-tare la card per acquisti di prodotti diversi da alimentari e medicinali. Allo studio del governo, però, ci sarebbe un decreto che potrebbe estendere l’ambito di applicazione del reddito di cittadinanza ad altre categorie di beni ritenuti essenzia-li, fra cui alcune tipologie di elettro-domestici e beni elettronici di pri-ma necessità. Il direttore generale Davide Rossi ha dichiarato: “Si fac-cia presto; comprendiamo le dif-ficoltà e il fatto che il primo mese sia stato considerato di rodaggio del sistema ma, in vista della ero-gazione della seconda mensilità, ogni ritardo nella definizione dei beni crea delusione negli aventi diritto, sconcerto nelle imprese e presta il fianco a fenomeni di abu-so e malversazione delle risorse”.

di Massimiliano DI MARCO

Sviluppo condiviso di future solu-

zioni cloud in Microsoft Azure per

“supportare i rispettivi servizi di

contenuti e videogiochi in streaming”.

Con tale obiettivo Microsoft e Sony han-

no annunciato un memorandum d’intesa

inaspettato. Le due società collaboreran-

no su innovazioni per “migliorare l’espe-

rienza dei consumatori nelle piattaforme

di intrattenimento per i consumatori e

soluzioni di IA”. Le specifiche dell’accordo

saranno divulgate nel dettaglio in futuro,

ma in una nota di Microsoft si legge che

le aziende “esploreranno l’uso delle at-

tuali soluzioni basate sui data center di

Microsoft Azure per i servizi di contenuti

e giochi in streaming di Sony”. Leggasi:

PlayStation Now sfrutterà l’infrastruttura

cloud di Azure. “Questi sforzi include-

ranno anche un ambiente di sviluppo

migliore per la comunità di creatori di

contenuti”. Il che fa pensare che i rispettivi

servizi di streaming possano condividere

la loro struttura in modo che sviluppare

sia per PlayStation Now sia per xCloud, il

servizio di streaming di Microsoft, possa

essere semplice per gli svi-

luppatori. Difficile non leg-

gere l’accordo all’ombra

di Stadia, il cloud gaming

di Google che promette

lo streaming fino in 4K già dalla fine dell’anno. Microsoft e Sony valute-

ranno anche collabora-

zioni nei semiconduttori,

soprattutto “nuove solu-

zioni intelligenti dei sen-

sori d’immagine” e nell’in-

telligenza artificiale. Integrare i sensori

di Sony e il cloud di Microsoft permette-

rà di “offrire avanzate capacità ai clienti

aziendali”. “La nostra collaborazione

- ha detto l’AD di Microsoft Nadella - por-

terà la potenza di Azure e l’IA di Azure

a Sony per offrire nuove esperienze di

gioco e intrattenimento per i consuma-

tori”. Da parte sua Yoshida, presidente

di Sony, auspica che l’unione di alcune

rispettive tecnologie possa portare alla

creazione di “valore aggiunto per la

società”. Yoshida ha anche sottolinea-

to che “Microsoft è sempre stata un

partner d’affari chiave per noi, sebbene

ovviamente le due società siano anche

state concorrenti in alcune aree”. Al di

là degli effetti che tale intesa avrà sui

consumatori (cioè se i due servizi di

streaming condivideranno altro oltre

che l’infrastruttura cloud sottostante),

avere Sony come partner cloud è per

Microsoft un grosso colpo nei confronti

di un altro giocatore attivo: Amazon. Per

ora, niente lascia intendere che tale me-

morandum possa portare all’unione di

PlayStation Now e Project xCloud. Sony

aveva bisogno di un’infrastruttura cloud

che le mancava per competere in prima

fila nel mondo dello streaming videolu-

dico; Microsoft aveva ciò che serviva.

MERCATO Microsoft e Sony, annuncio di una collaborazione inaspettata. Più avanti si saprà di più

Google Stadia fa paura: lo streaming di PlayStation userà il cloud di Microsoft L’intesa sarà su cloud, streaming di videogiochi, intelligenza artificiale e sensori d’immagine

di Massimiliano DI MARCO

L a multa è illegittima e va ridimensio-

nata. Così ha stabilito il TAR del Lazio,

accogliendo il ricorso che TIM ha pre-

sentato riguardo alla multa di 1,16 milioni

di euro che l’Autorità per le Garanzie nelle

Comunicazioni (AGCOM) aveva imposto

agli operatori per la fatturazione a 28 gior-

ni. Il ricorso è stato parzialmente accolto:

l’attuale multa è stata annullata; l’AGCOM,

però, dovrà riformularne un’altra, seguen-

do quanto specificato dalla normativa

vigente precedentemente all’entrata in

vigore della legge del 4 dicembre 2017.

Nel ricorso TIM parla di “illegittimità de-

rivata dalla nullità e/o illegittimità della

delibera 121/17/CONS” si legge nel testo

MERCATO ll Tar del Lazio accoglie il ricorso e decide che la multa dell’AGCOM a TIM “va annullata”

Fatturazione a 28 giorni, annullata multa milionaria a TIM: illegittima. Sarà ridimensionataSecondo la motivazione, l’importo è stato stabilito con una normativa successiva alla violazione

della sentenza. Secondo TIM, AGCOM

non avrebbe avuto la potestà di “determi-

nare i contenuti dei contratti tra operatori

ed utenti” e nella sua difesa ha definito

la sanzione di AGCOM “del tutto spopor-

zionata”. Per il Tar la normativa introdotta

nel dicembre 2017 “non comporta alcuna

abrogazione della delibera 121/2017, di cui

conferma anzi i contenuti, esplicitandoli

ed estendendoli ad un contesto più ampio

delle comunicazioni elettroniche”. Il Tar

evidenzia però che “nessuno può essere

assoggettato a sanzioni amministrative se

non in forza di una legge che sia entrata

in vigore prima della commissione della

violazione”. Poiché la violazione è stata

perfezionata a giugno 2017, “quindi prima

dell’entrata in vigore della predetta mo-

difica normativa” che aveva raddoppiato

il massimo edittale fino a 1.160.000 euro,

il Tar stabilito che la multa “va annullata

con conseguente obbligo dell’Autorità di

procedere alla rideterminazione dell’im-

porto”. Riassumendo, il ricorso principale

viene dichiarato in parte improcedibile

mentre, in parte, è da accogliere limitata-

mente alla sanzione dell’AGCOM.

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

D ati alla mano, gli esport in Italia sono ancora una

nicchia. Fedele e appassionata, ma il quadro parla

ancora di un movimento embrionale, sebbene in

rapida crescita. L’Associazione Editori Sviluppatori Vi-

deogiochi Italiani ha fotografato lo stato del settore nel

2018. Una situazione che può essere riassunta con po-

chi numeri: 1,2 milioni di persone seguono i videogiochi

competitivi più volte alla settimana; 350mila di questi lo

fanno quotidianamente (definiti nella ricerca “avid fan”).

Numeri che, insomma, ci dicono che il 2% dei videogio-

catori italiani (contati in 16,3 milioni proprio da AESVI)

legge, guarda o parla di esport ogni giorno. La quota

sale verso un più interessante 7% considerando tutti gli

appassionati e non soltanto quelli più fedeli.

Per vedere il bicchiere mezzo pieno bisogna spostarsi

su un altro dato: la crescita. Le persone che hanno ini-

ziato a seguire gli esport nell’ultimo anno sono salite del

25% in Italia. Molto più della Germania (17%), ma anche

della Francia e degli Stati Uniti (entrambi al 23%) e del

Regno Unito (21%). Crescono più velocemente di tanti

Paesi europei e non solo; regioni dove, però, gli sport

elettronici sono più affermati.

Da buoni italiani è FIFA il videogioco più seguito dagli

“avid fan”. L’amore del calcio, insomma, sta formando

questa prima fase degli sport elettronici, trasferendosi

anche sul virtuale. Dietro a FIFA ci sono Call of Duty, Lea-

gue of Legends, Rainbow Six Siege e Hearthstone. La

classifica cambia se invece dei singoli giochi vengono

considerate le leghe esportive: in prima posizione c’è

la Call of Duty World League, seguita dall’Italian Esports

Open di Gran Turismo e dalle FIFA Global Series. League

of Legends chiude la Top 5 con la European Champion-

ship (LEC) e la World Championship. Un dato interessan-

te: il 24% degli intervistati (2.330 in totale tra i 16 e i 40

anni) si è detto disposto a pagare per un abbonamento

televisivo o in streaming che parlino soltanto di sport

elettronici. Un canale tematico, insomma, che 24 ore al

giorno racconti questo mondo, intervisti i protagonisti

e sveli qualche retroscena. Numeri simili per l’accesso

senza pubblicità a trasmissioni di eventi esportivi in di-

retta o pre-registrati (23%), mentre sale al 29% la quo-

ta di chi pagherebbe per poter godere di simili eventi

attraverso un visore di realtà virtuale. Per evidenziare il

ruolo che gli esport hanno ora e avranno maggiormente

in futuro, AESVI ha annunciato che modificherà il proprio

statuto per coinvolgere nel proprio assetto organizzativo

anche “gli organizzatori di eventi e i professionisti che

contribuiscono al fenomeno esport in Italia” ha anticipa-

to il presidente dell’associazione Marco Saletta.

Un mercato da oltre un miliardo di dollariL’Italia è soltanto un puntino di un mercato estremamen-

te più vasto e che, secondo le stime di mercato, arriverà

a superare per la prima volta il miliardo di dollari que-

st’anno e che sarà seguito da 453 milioni di spettatori

in tutto il mondo. Gli investimenti rappresenteranno il

39% di tale traguardo (cioè 456,7 milioni di dollari), con

MERCATO L’Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani ha fotografato lo stato del settore nel 2018 in Italia

Esport, l’Italia è ancora un puntino di un mercato miliardarioI numeri ci dicono che il 2% dei videogiocatori italiani (contati in 16,3 milioni) legge, guarda o parla di esport ogni giorno

una forte crescita da parte dei diritti televisivi

concessi dai singoli produttori (Activision Bliz-

zard per la Overwatch League, per esempio).

Se la Cina è la principale lingua dell’industria

videoludica complessiva (un mercato da oltre

31 miliardi di dollari, destinato a salire a 43 mi-

liardi nel 2023), è il Nord America la terra più

fertile per gli esport con 409 milioni di dollari.

Gli esport rappresentano un settore intrigante

per le aziende per un motivo molto semplice:

chi segue gli sport elettronici su Twitch o You-

Tube spesso non guarda la TV. Ciò significa

che attraverso i videogiochi competitivi la

pubblicità può raggiungere una fetta di pub-

blico - composta soprattutto da giovanissimi

- che non è raggiungibile tramite il mezzo te-

levisivo. “Il 61% degli appassionati di esport

su Twitch non guarda la TV” ha specificato

Michael Heina, head of esports europe per

Nielsen Entertainment, snocciolando alcuni dati europei.

Un puntino, abbiamo detto. Gli atleti italiani hanno però

già conosciuto molte vittorie. È il caso di Ettore Gian-

nuzzi, campione mondiale di Pro Evolution Soccer, e di

Lorenzo Daretti, due volte campione del mondo di Mo-

toGP e ora parte del team Yamaha; di Giorgio Mangano,

vincitore al primo Gran Turismo World Tour e oggi pilota

virtuale per la Williams. Senza scordare il campione eu-

ropeo di FIFA 17 Daniele Paolucci dei Mkers, il 17enne

Riccardo Romiti, promessa di Starcraft 2 oggi militante

nei Gamers Origin, e Daniele Di Mauro, giocatore della

squadra di League of Legends di Team Vitality, che com-

pete nella LEC.

Il futuro: franchigie locali ed eventi offlineIl fondatore di ESL e di Bitkraft, fondo di investimento

dedicato agli esport, Jens Hilgers ha le idee chiare su

dove andranno gli sport elettronici. Il legame tra offline e

online sarà più forte, soprattutto perché sta prendendo

piede il sistema delle franchigie: le società “comprano”

un posto all’interno di una lega, pagandolo anche milioni

di dollari. Un sistema che in Nord America è particolar-

mente diffuso; pensiamo alla NBA. Non c’è un sistema

di promozione o retrocessione come accade nel calcio;

il posto nella lega viene comprato, legando a doppio filo

una realtà con una specifica città. La Overwatch Lea-

gue è stata la prima ad adottare questo sistema. Ecco

la nascita, quindi, dei London Spitfire, Boston Uprising

o Los Angeles Gladiators. Questo tipo di meccanismo,

secondo Hilgers, “forma una comunità di appassionati

più solida” e lega gli esport al mondo reale. Per tenere

costante la crescita degli sport elettronici serve capire

come e perché nascano. I principali giochi oggi prota-

gonisti del panorama competitivi (Dota 2, League of Le-

gends o Counter-Strike, per esempio) “lo sono diventati

per caso”, secondo Hilgers. Un gioco che nasca dal prin-

cipio per essere anche esport deve essere tanto bello

da giocare quanto bello da guardare; deve “funzionare

bene anche come spettacolo”. “Ancora pochi lo capisco-

no. League of Legends, Overwatch: nessuno di loro è

stato pensato per essere anche guardato; è capitato per

caso” ha sottolineato Hilgers.

Il 5G sarà un catalizzatore specialmente nei mercati

emergenti, come America Latina e il Sud Est Asiatico,

perché garantire una migliore esperienza di fruizione

dei contenuti mobile in streaming.

L’amore per il calcio attraversa il virtuale: è FIFA il videogioco pi+ seguito dai “fedelissimi” degli sport elettronici.

torna al sommario 7

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di R. PEZZALI, V.R. BARASSI

Anche quest’anno OnePlus ha voluto fare le cose in

grande e dopo una lunga marcia di avvicinamento

fatta di indiscrezioni, dichiarazioni, proclami e an-

ticipazioni ufficiali su specifiche e design è finalmente

arrivato il momento di scoprire le carte e capire di cosa

è realmente capace il nuovissimo OnePlus 7 Pro, smar-

tphone di punta della nuova gamma di prodotti del-

l’azienda cinese, che per la prima volta in assoluto (tra-

lasciando l’ottimo OnePlus X di qualche anno addietro)

sarà affiancato da un OnePlus 7 “base”, ovvero equipag-

giato con specifiche - e prezzo - leggermente inferiori.

Estratto dalla confezione di vendita, caratterizzata dalla

solita colorazione bianco-rossa cui sono ormai abituati

gli utenti, OnePlus 7 Pro mostra subito i muscoli e, nono-

stante forme e design che di originale hanno ben poco,

riesce comunque a farsi apprezzare. Display arrotonda-

to di bordi e cornici sottili sono gli ingredienti prin-

cipali del menù ma quello che certamente spicca su

tutto è la bellissima colorazione Nebula Blue donata

alla porzione posteriore della scocca, realizzata sfrut-

tando le proprietà di rifrazione di più materiali, vetrosi

e non. (sul mercato saranno disponibili anche le colo-

razioni Mirror Gray e Almond). Questa sarà una ante-

prima, in attesa della recensione: è impossibile fare

una recensione seria in così poco tempo, soprattutto

con un software che forse non è neppure il definitivo.

Solido, ben rifinito e con fotocamera frontale a scomparsaIl peso di oltre 200 grammi - 206 per l’esattezza - non

dà poi così fastidio e dona quella sensazione di solidi-

tà che cerca chi è disposto a spendere certe cifre per

uno smartphone; non manca il pratico slider laterale

per la selezione delle modalità silenzioso, vibrazione e

suoneria mentre assente è la porta jack da 3.5mm che

OnePlus ha deciso di abbandonare già dal precedente

6T. Lo sportellino per le due nanoSIM è posto in basso a

sinistra al fianco della porta USB Type-C 3.1, il bilanciere

del volume è sul lato sinistro mentre il tasto di blocco/

MOBILE Annunciato ufficialmente il nuovo smartphone dell’azienda cinese. Abbiamo già avuto modo di testare il tanto atteso prodotto

OnePlus 7 Pro, ecco le prime impressioni Dalle fotocamere allo schermo curvo, vi raccontiamo quello che non ci è piaciutoOnePlus 7 è un ottimo smartphone, che fa della velocità il suo punto di forza. Ma ci sono aspetti da considerare prima dell’acquisto

sblocco è posizionato sul lato dello slider, quello destro.

OnePlus è riuscita sapientemente a nascondere la cap-

sula auricolare nella piccola cornice superiore (quella in

basso è leggermente più grande) mentre per far spa-

zio alla fotocamera frontale - sensore Sony IMX471 da

16 megapixel, con lente f/2.0 coperta da vetro zaffiro -

ha deciso di affidarsi ad un meccanismo a scomparsa

(in alto a sinistra) su cui l’azienda assicura la massima

longevità: è stato realizzato per resistere fino a 300.000

cicli di apertura e chiusura, il che significa che anche

utilizzando la fotocamera anteriore 150 volte al giorno

questa emergerà e rientrerà senza problemi nella scoc-

ca per oltre 5 anni. È chiaro che il “mondo reale” è tutta

un’altra cosa rispetto all’ambiente di laboratorio (dove

vengono effettuati i test) e non saremmo così sicuri nel

mettere la mano sul fuoco parlando di certi meccanismi.

Chi è abituato al Face Unlock - e non ne vorrà fare a

meno - dovrà mettere in conto decine e decine di aper-

ture e chiusure dello sportellino; il sistema è rapidissimo

ed estremamente preciso, ma ci sentiamo di consigliare

l’attivazione del sistema di riconoscimento di impronte

digitali: il sensore è stato posizionato al disotto del di-

splay e, dopo un minimo periodo di “adattamento” (qual-

che ora), risulta essere molto veloce (circa due decimi di

secondo per lo sblocco) e affidabile.

Il display HDR10+ a 90Hz è un valore aggiuntoA dominare la scena vi è un sontuoso display da ben

6,67 pollici di diagonale (6,46” considerando le “roton-

dità” degli angoli) in formato 19.5:9 e con risoluzione

QHD+ da 3120x1440 pixel (516 ppi); il pannello, in gra-

do di districarsi anche in campo HDR10+, è basato sulla

tecnologia Fluid AMOLED, nient’altro che la denomina-

zione che OnePlus ha voluto donare a questo display

per sottolineare come esso sia in grado di proporre un

refresh rate pari a 90 Hz. Nell’utilizzo di tutti i giorni que-

sto si traduce in una sensazione di maggiore fluidità in

ogni ambito, ben apprezzabile in un primo momento e

soprattutto quando si torna ad utilizzare prodotti di pre-

cedente generazione. I colori offerti dalle impostazioni

di default sono abbastanza realistici e si discostano dagli

eccessi di saturazione di altri prodotti; molto interessan-

te la modalità notte 2.0, la quale permette una lumino-

sità minima pari a 0,27 nits. Molto buona la luminosità

massima che assicura un’ottima visione anche sotto la

forte luce del sole e rapido e preciso è il sensore che

regola l’impostazione in base alla luminosità ambientale.

Il display curvo ai lati è un elemento di design che a molti

piacerà, ma qualcun altro potrà lamentarsi dei “riflessi” o

di qualche piccola limitazione nell’utilizzo causata pro-

prio dall’abbinamento curve/UI non ottimizzata. (alcune

applicazioni presenti sullo store male si sposano con

questo tipo di dispositivi).

Potenza in abbondanza e OxygenOSOnePlus 7 Pro nasconde sotto la scocca un SoC Qual-

comm Snapdragon 855 con processore da otto core

capaci di velocità fino a 2,84 GHz; la GPU è una Adre-

no 640, il quantitativo di memoria RAM LPDDR4X cui è

segue a pagina 08

torna al sommario 8

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

equipaggiato il dispositivo inviatoci per la prova è pari a

12 GB mentre la memoria fisica - UFS 3.0 2-LANE - è di

256GB. OnePlus 7 Pro arriverà sul mercato anche nelle

versioni 6/128GB e 8/256GB. Per quanto riguarda le pre-

stazioni è chiaro che si è al cospetto di uno smartphone

fulmineo, ma ci riserviamo di approfondire l’argomento

in sede di recensione.

Il sistema operativo è Android 9.0 Pie con i soliti accor-

gimenti della UI Oxygen, qui presente in versione 9.5:

l’interfaccia è chiara, intuitiva, minimal e sembra sempre

che non manchi nulla di quello di cui si ha bisogno. Gli

utenti provenienti da Samsung o, ancor più, Huawei/

Honor potrebbero rimanere un po’ spiazzati dal primo

contatto ma una volta apprezzata la bontà di OxygenOS

sarà difficile tornare indietro. Molto ben congegnate le

gestures pensate per sostituire i tasti di navigazione a

schermo: ci si abitua velocemente e si guadagna spa-

zio sul display. Completo è il comparto connettività e

OnePlus ha già comunicato che annuncerà una versio-

ne 5G del dispositivo in questione, destinata però solo

a Gran Bretagna e Finlandia (esclusive di operatore). La

batteria è da 4000mAh e la ricarica del prodotto è af-

fidata al nuovo sistema di Warp Charge 30, nient’altro

che un’evoluzione del già ottimo sistema Dash Charge,

in grado di assicurare una ricarica dallo 0 al 50% in soli

20 minuti; il tutto si basa su un caricatore realizzato ad

hoc da 5V/6A, che grazie pure ad un cavo dedicato, evi-

ta anche il surriscaldamento dello smartphone in carica.

Zoom ottico 3x e grandangolo, tre fotocamere per 48 megapixel. Ma…Per soddisfare le esigenze di tutti coloro che senza una

buona fotocamera proprio non possono stare OnePlus

ha deciso di equipaggiare il nuovo 7 Pro con un modulo

composto da ben tre fotocamere: la fotocamera princi-

pale di ha un sensore Sony IMX586 da 48 megapixel

(da mezzo pollice, con pixel da 1,6µm e con lente a sette

elementi f/1.6) provvisto di stabilizzatore ottico d’immagi-

ne, un teleobiettivo con lunghezza focale da 78 mm e 8

megapixel con apertura focale f/2.4 e dimensione pixel

fino a 1µm (anch’esso stabilizzato da OIS), e un obiettivo

ultra grandangolare con un sensore da 16 megapixel

con una lente - f/2.2 - che arriva ad un angolo di 117°.

OnePlus ha messo a punto un nuovo sistema di autofo-

cus capace di mescolare sapientemente PDAF, CAF e

Laser che dalle primissime impressioni sembra lavorare

molto bene, così come pare abbastanza convincente la

modalità notte. Continueremo a testare a fondo le po-

tenzialità fotografiche di OnePlus 7 Pro e ne riparleremo

in sede di recensione completa, ma possiamo già affer-

mare con certezza che, purtroppo, in modalità notte e

in quella video (registrazione 4K fino a 2160/60p) non è

possibile sfruttare tutte le potenzialità delle fotocamere

poiché a lavorare è sempre e solo una fotocamera. In-

somma, niente zoom ottico (ma quello digitale è sempre

disponibile) né grandangolo.

Si parte da 709 euro per la versione 6/128GB Mirror GrayOnePlus 7 Pro sarà in vendita da martedì 21 maggio ma

sarà possibile acquistarlo in anteprima presso i pop-up

store che saranno allestiti dal 16 maggio in 21 città euro-

pee. In Italia, lo store sarà a Roma in via di Torre Argen-

tina 72 nella giornata di sabato 18 maggio e sarà aperto

dalle ore 12.00 alle ore 17.00. Per tutti ci sarà una preven-

dita limitata sul sito di OnePlus nella giornata del 15 mag-

gio, con consegna dello smartphone entro il 22 maggio.

OnePlus 7 Pro nella colorazione Mirror Gray arriverà sul

mercato da martedì 21 maggio al prezzo di 709 euro per

la versione con 6GB di RAM e 128GB di storage, oppure

a 759 euro con 8GB di RAM e 256GB storage. La va-

riante nella colorazione Nebula Blue partirà da 759 euro

con 8GB RAM e 256GB storage, oppure a 829 euro con

12GB di RAM e 256GB di storage. OnePlus 7 Pro nella

colorazione Almond, infine, sarà disponibile da giugno

con 8GB di RAM e 256GB storage a 759 euro. OnePlus

ha anche annunciato le nuove cuffie Bullets Wireless 2,

ldisponibili a 99 euro a partire da martedì 21 maggio.

Ecco cosa non ci è piaciuto del nuovo OnePlusAbbiamo OnePlus 7 Pro da poco: è troppo presto per

una vera recensione. Spesso la prima impressione è

quello che conta, e come in ogni rosa ci sono anche le

spine. Ecco cosa non ci è piaciuto del nuovo OnePlus.

1 - È grosso e pesa tantoOnePlus 7 è “plus”, inteso come taglia. Solo chi ha mani

grosse può trovarlo maneggevole, per gli altri è decisa-

mente oversize. E non è solo questione di dimensioni,

ma anche di peso: rispetto alla media degli smartphone

si colloca tra i più pesanti. Qualche grammo e qualche

millimetro in meno non guastavano.

2 - Lo schermo curvo ai bordi è tanto bello quanto poco praticoLo schermo curvo ai bordi è una moda che dev’essere

gestita. E quando diciamo gestita ci riferiamo alla pro-

porzione della tastiera e alla collocazione degli elementi

grafici dell’interfaccia. In alcuni frangenti i bordi molto

curvi dell’One Plus 7 Pro rendono alcune operazioni

comuni abbastanza difficili. Una tra tutte? Mandare un

vocale con Whatsapp: il tasto del microfono è nel mezzo

della piega.

3 -Niente waterproof per colpa della camera a scom-parsa La fotocamera frontale a scomparsa è una buona solu-

zione per raggiungere un ottimo rapporto corpo scher-

mo, ma oltre ad essere una parte meccanica, quindi più

delicata di una soluzione tradizionale, ha anche impedito

a OnePlus di certificare OnePlus 7 Plus IP68. Abbiamo

già parlato della questione certificazione - waterproof,

ma qui si tratta di fisica: ad un metro di profondità, con

MOBILE

OnePlus 7 Prosegue Da pagina 07

una fotocamera estraibile, è impossibile impedire l’en-

trata dell’acqua anche con una guarnizione.

4 - Le tre fotocamere non sono sfruttabili a pienoNonostante OnePlus 7 Pro possa contare su tre modu-

li fotografici, gli scatti notturni ad oggi si possono fare

solo usando la camera principale mentre i video solo

principale ma con zoom digitale. Un peccato, perché,

soprattutto sui video, il grandangolo darebbe un grande

valore aggiunto. Si spera che la funziona possa essere

aggiunta in futuro tramite update software.

5 - Manca il Wi-fi 6. Eppure il processore lo supportaLo Snapdragon 855 è il primo processore a supportare

il wi-fi di nuova generazione, il Wi-fi 6. Eppure al momen-

to questa funzionalità sembra non essere presente su

questo smartphone.

6 - La carica veloce resta proprietaria, e non c’è la ca-rica wirelessManca la carica wireless, non è fondamentale ma inizia

ad essere davvero comoda e pratica. OnePlus elogia

tuttavia il sistema di ricarica veloce del nuovo 7 Pro,

Warp Charge 30, che in 20 minuti porta la batteria dello

smartphone al 50%. Purtroppo, come in altri casi, è un

sistema proprietario che richiede non solo il suo carica-

batterie ma anche quello specifico cavo, pensato per

trasferire la corrente ad elevato amperaggio richiesta

per la carica veloce. E questo vuol dire portarsi sempre

appresso cavo e carica batteria.

7 - Il prezzo è poco “OnePlus”OnePlus ha sempre abituato a prezzi ottimi, ma con que-

sto 7 Pro entra di diritto nella soglia degli smartphone

“premium” costosi. 759 euro e 829 euro per la versione

da 12 GB sono allineati al mercato, ma non a OnePlus. A

800 euro la versione 5G sarebbe stata perfetta: è vero

che ancora non ci sono le reti, ma il pubblico di OnePlus

è un utente appassionato, attento e capace di guardare

avanti. Il 5G sarebbe stato ben accetto, anche in previ-

sione della rete che verrà accesa in Italia entro l’anno.

torna al sommario 9

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano PEZZALI

I l lancio dei nuovi OnePlus 7 e 7 Pro

non ha fatto sorridere l’enorme fan

base della startup cinese: c’è chi, di

fronte al prezzo che su alcuni model-

li ha superato gli 800 euro, si è sentito

un po’ tradito. OnePlus era una sorta di

“robin hood” della tecnologia: non ruba-

va niente, ma dava le migliori tecnologie

solitamente presenti sugli smartphone

per “ricchi” a tutti. Il rapporto qualità prez-

zo era la vera anima di OnePlus, quella

promessa di avere prestazioni, qualità e

affidabilità ad un prezzo decisamente più

abbordabile. Una manna negli anni della

salita vertiginosa dei prezzi degli smar-

tphone: quando gli altri andavano verso

i mille OnePlus riusciva a costare la metà.

Una startup che non si è mai piegata né

alle mode e neppure alle dure leggi del

marketing, anzi, alcune scelte sono sem-

pre state rinnegate perché viste come un

costo non necessario che poi sarebbe

stato pagato dai clienti. Lo stesso Pete

Lau, di recente, ha spiegato che i nuovi

OnePlus non sarebbero stati waterproof

proprio perché questo avrebbe avuto un

costo addizionale che avrebbero dovuto

riversare poi sull’utente finale. Un costo

però lo hanno avuto (difficile pensare il

contrario) gli elogi e i premi di DisplayMa-

te e DXOMark, eppure non si è pensato

di risparmiare anche su questi aspetti. La

valutazione di DisplayMate o DXOMark

non porta nessun vantaggio tangibile

all’utente, contribuisce solo a trasforma-

re l’immagine di OnePlus da azienda un

tempo ribelle a anticonformista a azienda

di smartphone “come tutte le altre”. One-

Plus è cambiata, lo dimostra la presenta-

zione di ieri, lo dimostrano i prezzi e lo

dimostrano i prodotti, ma sono cambiati

anche i tempi. La start-up, un tempo con

le spalle coperte dal colosso BKK, po-

teva permettersi di voltare le spalle alle

mode e ai trend del momento ma oggi,

essendo una entità totalmente separata,

oltre agli appassionati bisogna guardare

anche ai conti. Con un modello di vendita

solo online, basato sul passaparola e con

investimenti ridottissimi lato marketing,

la start up OnePlus non avrebbe fatto

molta strada in un mercato che diventa

sempre più difficile. OnePlus si è dovuta

così adattare ad un mercato che spesso

guarda più all’apparenza che alla sostan-

za: schermi grandissimi e curvi, tanto belli

quanto scomodi, tante fotocamere, che

paradossalmente il OnePlus 7 non usa

neppure al meglio, tanti GB di RAM, tanto

tutto. E anche tanto prezzo, perché inevi-

tabilmente quando prendi certe soluzioni

progettuali, quando investi per portare lo

smartphone anche nei negozi, quando

devi avere visibilità e quindi fare un po’ di

pubblicità i costi salgono.

La OnePlus che molti “nerd” hanno

amato per la sua semplicità e il suo vo-

ler essere fuori dagli schemi non ci sarà

più. La start up dello smartphone top da

269 euro è diventata azienda con tut-

to quello che ne consegue: smartpho-

ne wow, prezzo premium e una buona

dose di marketing. Chi ha sempre se-

guito OnePlus continuerà a farlo, i più

delusi cercheranno altrove, ma difficil-

mente troveranno quello che cercano.

MOBILE La startup che faceva sognare con prezzi bassi e smartphone top è un ricordo del passato

C’era una volta OnePlus. La start-up con smartphone top a 269 euro resterà un ricordo Prodotti sempre top ma prezzi più alti e scelte legate più ad esigenze di marketing che reali

MOBILE Fire 7 è già disponibile per il pre-ordine anche in Italia

Amazon rinnova il tablet Fire 7 Archivio fino a 32 GB, stesso prezzo

di Sergio DONATO

Amazon apre il sipario sulla nona ge-

nerazione dei suoi tablet con il nuovo

Fire 7 già disponibile per il pre-ordine

anche in Italia e soprattutto senza aumen-

tarne il prezzo, che resta a 69,99 euro per

la versione da 16 GB. L’ultima versione del

Fire 7 risaliva al 2017 e la nuova non pre-

senta differenze considerevoli nell’hardwa-

re. Lo schermo è un 7” IPS 1024 x 600 pixel a 171 dpi e il processore è un quad-core

da 1,3 GHz, ma che Amazon garantisce con prestazioni migliorate. La RAM si conferma

con 1 GB. Lo spazio di archiviazione passa invece dagli 8 o 16 GB del 2017 ai 16 o 32 GB

del Fire 7 2019. Lo slot per la microSD adesso accetta schede fino a 512 GB, invece che

fino a 256. La fotocamera frontale passa dalla risoluzione VGA a HD 720p. Nulla è stato

comunicato circa la fotocamera posteriore, la cui risoluzione potrebbe essere ancora di

2 MP. Amazon promette una ricarica completa in 4 ore usando il caricabatterie fornito;

l’autonomia complessiva è accreditata per 7 ore di uso continuo. Il Fire 7 è disponibile

in pre-ordine con chassis nero a 69,99 euro con 16 GB di archiviazione, e a 79,99 euro

per la versione da 32 GB. Questi sono i prezzi per i dispositivi con le Offerte Speciali,

cioè con salvaschermo sponsorizzati e annunci personalizzati da Amazon, non disat-

tivabili. I dispositivi senza Offerte Speciali costano rispettivamente 84,99 euro per la

versione da 16 GB e 94,99 euro per quella da 32 GB. Per tutti i modelli, la spedizione è

stata fissata per il 6 giugno.

Google metterà la pubblicità ovunque Anche in Maps durante la navigazione La prima reazione di Google a una trimestrale non entusiasmante è l’aumento degli annunci pubblicitari nelle sue app. Nel programma rientrano Maps, il feed dell’app Google e la sezione delle notizie di Pasquale AGIZZA

Fra trecento metri girare a destra. Ma prima, consigli per gli acqui-sti. È questa la situazione in cui potrebbero trovarsi gli utilizzatori di Maps, dal momento che Goo-gle ha annunciato un aumento degli annunci pubblicitari nelle sue app più utilizzate. Avevamo già parlato di come il business di Google si regga quasi tutto sulla pubblicità. Dopo una trimestra-le al di sotto delle aspettative, la risposta del gigante californiano non si è fatta attendere. La nuova strategia prevede l’inserimento di più annunci pubblicitari su Maps, nel feed dell’app Google e nelle notizie. Al centro della strategia di Google ci sarà la funzione “galle-ria”, che creerà una vera e propria galleria di annunci da sfogliare in base alle nostre ricerche e attività. Le gallerie di annunci arriveranno all’interno del feed dell’applicazio-ne Google, nella sezione notizie e nella schermata iniziale di Google su smartphone. L’aumento degli annunci toccherà anche Google Maps e Google Shopping. Per quel che riguarda l’app di navigazione, Google inserirà dei banner pub-blicitari all’interno della sezione di ricerca dell’indirizzo, nelle pagine di routing e durante la navigazio-ne. Google Shopping accoglierà, invece, la nuova funzione galleria e provvederà a mostrare contenuti personalizzati in base ai nostri ac-quisti nella pagina iniziale, al posto della casella di ricerca semplice presente sull’attuale home page.

torna al sommario 10

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

U na batteria gigante, e quindi la

promessa di tanta autonomia. Si

è concluso il lancio dello ZenFone

6, e nella striscia di smartphone pratica-

mente identici degli ultimi mesi Asus pro-

va a fare qualcosa di diverso, offrendo

una batteria da 5.000 mAh in un corpo

che però non è molto sottile. Manca il

wireless charging, e questa non è cosa

da poco. Alla batteria sopra la media si

aggiunge anche una camera che ruota,

una flip camera, che per la particolare

conformazione può essere usata sia

come fotocamera principale sia come

camera frontale, per i selfie. Sistema si-

mile a quello di Samsung, ma meccani-

camente quello di Asus sembra più sem-

plice e robusto. L’obiettivo è eliminare il

notch e avere una superficie full screen,

e questo ZenFone 6 ci riesce, con uno

schermo LCD IPS da 6.3” da 1080 x 2340

pixel protetto da Gorilla Glass 6. Certo, ri-

mane la parte bassa che è decisamente

pronunciata. Con camere che ruotano,

camere popup e elementi mobili non si

può certo proteggere lo smartphone da

una eventuale caduta in acqua, e Zen-

fone 6 non fa eccezione: niente certifi-

cazione IP67 o IP68. Asus è stata però

più intelligente degli altri. Mancando la

protezione contro l’immersione, tanto

vale lasciare il jack audio, che è quindi

presente. Il processore è lo Snapdragon

855 di Qualcomm, scesa ormai obbligata

per un prodotto di questa fascia di prez-

zo; per i tagli di RAM si va da 6 GB a 8 GB

e per lo storage da 64 GB a 256 GB. Le

fotocamere, come abbiamo detto, sono

inserite nella flip camera: qui Asus ha te-

nuto un approccio abbastanza standard,

la camera principale è la Sony IMX586

da 48 megapixel affiancata da un gran-

dangolo da 13 megapixel. I 48 megapixel

sono più virtuali che reali: il sensore può

effettivamente scattare a questa risolu-

zione, ma per non avere foto “giganti” i

produttori scelgono di far scattare in au-

tomatico a 12 megapixel, i 48 devono es-

sere una scelta specifica degli utenti. Tra

le scelte particolari anche il sensore di

impronte posteriori, che con l’arrivo del-

le soluzione sotto lo schermo ha un po’ il

sapore di passato. Il sistema operativo è

Android 9, una versione quasi stock che

prevede solo alcune modifiche date

dalla ZenUI. La versione da 6GB di RAM

con 64 GB costerà 499, quella da 6GB

di RAM con 128 GB di storage 559,00€

mentre quella da 8 GB di RAM con 256

GB di storage 599,00€.

MOBILE Asus ha ufficializzato il nuovo Zenfone 6, con cui Asus prova a offrire qualcosa di diverso

ZenFone 6 ufficiale: fotocamera rotante e batteria gigante a partire da 499 euro La flip cam può essere usata sia come fotocamera principale sia come camera frontale per i selfie

Translatotron di Google rivoluziona le traduzioni vocali facendosi più umanoTranslatotron è il sistema di traduzione vocale di Google che sfrutta le reti neurali e mantiene il tono della voce della persona straniera che ci sta parlando di Sergio DONATO

Google sta lavorando a un sistema di traduzione speech-to-speech cioè “da parlato a parlato”, chiama-to Translatotron, senza un’interme-diazione testuale e senza la divi-sione del processo in sottosistemi.Per farlo, dal 2016 Google si sta servendo delle reti neurali, e Tran-slatotron è basato su una rete sequence-to-sequence (da se-quenza a sequenza) che usa come input lo spettrogramma della voce da tradurre e per output lo spet-trogramma della voce tradotta. Lo spettrogramma è una rappresen-tazione visuale delle frequenza di un segnale, in questo caso audio, e che, nel caso specifico, si può im-maginare così: mentre ora Google Translate deve ascoltare la frase, scriverla tradotta su un pezzo di carta e poi rileggerla; Translatotron osserva lo spettrogramma della fase da tradurre e ne produce un altro che rappresenta la frase tra-dotta. Fa uso di un vocoder neura-le che converte lo spettrogramma tradotto in forme d’onda audio e con l’opzione di un encoder del parlato che mantiene intatto il ca-rattere della voce sorgente. Attra-verso questa pagina del blog di Google dedicato all’intelligenza artificiale è possibile ascoltare i progressi del team di sviluppatori.

MOBILE La pellicola sarà integrata all’interno dello schermo

Samsung avrebbe risolto i problemi di Galaxy Fold. Il lancio a giugno

di Pasquale AGIZZA

R isolti tutti i problemi del Galaxy Fold e

lancio programmato per inizio giugno.

Sono queste le indiscrezioni che arri-

vano dai media sudcoreani, che svelano in

anteprima alcune delle soluzioni che Sam-

sung avrebbe progettato per risolvere i pro-

blemi dello smartphone pieghevole.

Ricordiamo che i problemi evidenziati dai re-

censori e dal noto sito iFixit erano sostanzialmente due. Il primo riguardava gli spazi fra

schermi e cerniera, da cui potevano entrare sporco e corpi estranei che andavano ad

accumularsi fino a rompere i delicatissimi schermi OLED. Il secondo riguardava, invece,

la pellicola protettiva apposta sullo schermo, che non andava rimossa per nessuna

ragione. Le rotture evidenziate da più di qualche giornalista e la grande eco mediatica

scatenatasi in seguito a queste avevano portato Samsung a rinviare a data da desti-

narsi il lancio dello smartphone pieghevole. Secondo le fonti coreane, dopo appena un

mese Samsung avrebbe risolto entrambi i problemi. Il nuovo progetto avrebbe azzera-

to lo spazio fra schermo e cerniera, andando a risolvere quello che era sicuramente il

più pericoloso dei problemi. La pellicola, fondamentale per il funzionamento del Fold,

sarà invece integrata nello schermo eliminando così la possibilità di rimuoverla. Oltre a

comunicare la risoluzione dei gravi problemi del Fold, la stampa sudcoreana anticipa

anche la data del lancio dello smartphone: i primi giorni di giugno. Vedremo se Sam-

sung riuscirà ad organizzare il tutto in tempi così stretti.

torna al sommario 11

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

Android Q, tutti i dispositivi compatibili con la beta. Nessun Samsung in listaAumentano sempre più i telefoni su cui può essere installato in anteprima Android Q. Ci sono modelli di Huawei, Sony, LG e Nokia, ma a sorpresa nessun Samsung o Motorola di Pasquale AGIZZA

La conferenza Google I/O ha fat-to da cornice all’ufficializzazione di Android Q, con Google che ha mostrato alcune delle più impor-tanti novità. E, come da tradizione, ha distribuito una nuova beta del sistema operativo che può essere installata su alcuni specifici modelli. Oltre, ovviamente, ai modelli com-mercializzati da Google stessa, la Beta 3 di Android Q raggiungerà altri 15 modelli, portando a 23 il nu-mero complessivo di smartphone abilitati a provare Android 10. La beta 3 potrà essere installata, fra gli altri, sul Huawei Mate 20 Pro, sull’LG G8, sul Sony Xperia XZ3 e sul Nokia 8.1. Possibilità di installazione anche per gli utenti possessori di OnePlus 6T e Xiaomi Mi 9 e Mi Mix 3. È possibile trovare la lista completa dei dispositivi a questo indirizzo. Se la lista di tele-foni supportati si allunga sempre più, ci sono alcune assenze piut-tosto rumorose. È il caso dei Sam-sung, visto che Android Q non potrà essere provato in anteprima su nessun modello della casa co-reana. Possibilità negata anche agli utenti Motorola. La beta 3 di Android Q è la prima a portare sui dispositivi supportati tutte le novità che Google ha annunciato. Arriva, ad esempio, il tema scuro molto richiesto dagli utenti. Arrivano anche Smart Reply e Suggested Actions, un insieme di risposte predefinite ed azioni automatiche da utilizzare in risposta ad ogni no-tifica. Arriva, infine, anche il nuovo menu privacy per facilitare il con-trollo sui propri dati..

di Pasquale AGIZZA

L’annuale conferenza di Google, oltre

all’annuncio dei nuovi Pixel 3a ed

una prima panoramica su Android Q,

si è focalizzata su temi molto importanti

per gli utenti quali la privacy e l’integra-

zione delle tecnologie di realtà aumen-

tata ed intelligenza artificiale. Il tema del

controllo dei propri dati è stato uno dei

temi centrali della presentazione, e Go-

ogle ha delineato alcuni capisaldi della

propria strategia in tema di privacy e

sicurezza. Il primo di questi riguarda la

possibilità di accedere al proprio ac-

count con un solo clic, da tutti i più im-

portanti prodotti della casa californiana.

n tutti i prodotti di Google, infatti, com-

parirà in alto a destra l’immagine profilo

dell’utente. Cliccandoci sopra si aprirà

un menu dal quale sarà possibile andare

alle impostazioni del proprio profilo. L’u-

tilizzo dell’immagine profilo, poi, renderà

più facile ca-

pire quando

si è collegati

col proprio

profilo Goo-

gle e quando

no. La secon-

da grossa

novità è rap-

p r e s e n t a t a

dalla moda-

lità in inco-

gnito nei più

i m p o r t a n t i

servizi di Go-

ogle. Accedendo a questa modalità, in

modo molto simile a quello che succe-

de nel nostro browser, l’app non salverà

nessuna delle nostre attività e nessun

nostro dato. Già arrivata su YouTube, la

modalità in incognito arriverà presto an-

che su Maps e nel motore di ricerca.

La realtà aumentata fa da padrona...Oltre al tema della privacy, un altro

argomento molto importante è stato

quello della realtà aumentata e del

machine-learning. La realtà aumentata

arriva con forza all’interno del motore

di ricerca, promettendo di cambiare il

paradigma delle nostre prossime ricer-

che.

Col motto “A volte, il modo più sempli-

ce per comprendere le nuove informa-

zioni è guardarle”, Google annuncia,

infatti, la possibilità per gli utenti di vi-

sualizzare ed interagire con gli oggetti

3D. L’oggetto ricercato potrà essere

posizionato nell’inquadratura del cel-

lulare, dando inoltre la possibilità all’u-

tente di vederlo in scala. Molto simpa-

tico l’esempio utilizzato sul palco, che

ha visto come protagonista un enorme

squalo.

Importanti novità anche per quel che ri-

guarda Assistant, che grazie alle nuove

tecnologie di compressione potrà es-

sere eseguito in tutto e per tutto dallo

smartphone, senza dover più utilizza-

re la connessione.

Un cambiamento

che secondo Goo-

gle ridurrà i tempi

di elaborazione di

addirittura 10 vol-

te. L’esecuzione in

locale di Assistant

darà la possibilità

all’utente, inoltre, di

concatenare vari co-

mandi senza dover

richiamare ogni vol-

ta l’assistente con la

frase “Ok Google”.

Google Lens, poi, diventa sempre più

centrale nella strategia di Google, gra-

zie alle nuove opzioni rese possibili

dall’uso della realtà aumentata e del

machine learning. Fra quelle mostrate

sul palco, particolarmente interessante

la possibilità di effettuare la traduzione

simultanea di un testo inquadrato dalla

fotocamera o la possibilità,

inquadrando il menù di un

ristorante, di ottenere in au-

tomatico le recensioni degli

altri utenti e una selezione

dei piatti più ordinati.

In chiusura Google ha sve-

lato alcune delle nuove

funzioni di accessibilità

che arriveranno presto

nei prodotti della casa

californiana. Parliamo in

particolare di Live Tran-

scibe, un’applicazione che

permette di “tradurre” in

testo, in tempo reale, le conversazioni

per venire incontro agli utenti con pro-

blemi di udito. In accoppiata con Live

Transcribe arriva anche Live Relay, che

si occuperà dell’opposto, cioè tradurre

in voce il testo scritto.

MOBILE Sono molte le novità presentate da Google in tema di privacy alla conferenza annuale

Google I/O: nel segno di privacy e realtà aumentata Accesso all’account Google da qualunque app, modalità incognito e più controllo dei propri dati

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

Iliad vende tutte le sue torri a Cellnex. Utenti salgono a 3,3 milioniIl valore dell’accordo è di 600 milioni di euro e prevede la vendita del 100% delle infrastrutture di Iliad a Cellnex per permettere alla società francese di investire in 4G e 5G di Sergio DONATO

A conferma della buona accoglien-za ricevuta da Iliad, la società di telecomunicazioni francese ha an-nunciato un accordo per la vendita del 100% delle proprie infrastruttu-re, che comprendono circa 2.200 siti, a Cellnex, uno dei principali at-tori del mercato delle torri in Euro-pa. In dieci mesi, Iliad ha superato in Italia una quota di 3,3 milioni di abbonati; la vendita delle proprie infrastrutture di telecomunicazioni, per un’operazione complessiva di 600 milioni di euro, è da osserva-re in una logica industriale a lungo termine che permetterà a Iliad di accelerare lo sviluppo della sua rete 4G e 5G e rafforzare la sua capacità di investimento.In aggiunta alla vendita, nell’ac-cordo con la spagnola Cellnex si aggiunge infatti il programma “build-to-suit”, che in pratica si traduce in un contratto di svi-luppo e costruzione di nuove infrastrutture da parte di Cellnex e delle quali Iliad diventerà lo-cataria. Il programma dovrebbe generare 150 milioni di euro sup-plementari per Iliad nel corso dei prossimi sei anni. La collaborazio-ne tra Iliad e Cellnex viene così rafforzata, dato che la stessa ha portato all’accordo quadro tra le due società nel 2017. La nuova intesa permetterà a Iliad di svi-luppare i suoi siti mobili con più velocità e a condizioni industriali e finanziarie vantaggiose e che, a dispetto della vendita, le porterà entro fine anno ad avere più di 3.500 siti radio installati.

di Sergio DONATO

L ’Autorità Garante della Concorren-

za e del Mercato (AGCM) ha avvia-

to un procedimento istruttorio nei

confronti di Google poiché avrebbe

sfruttato la sua posizione dominante

di mercato rifiutando di integrare in

Android Auto l’app “Enel X Recharge”,

sviluppata da Enel X Italia per fornire

agli utenti informazioni e servizi per la

ricarica delle batterie delle auto elet-

triche. L’app è comunque presente sul

Play Store di Google (come nell’App Sto-

re di iOS) da maggio 2018 e consen-

te di visualizzare su una mappa del

territorio le colonnine di ricarica Enel

e degli altri operatori che abbiano

sottoscritto accordi con Enel. L’app

offre varie informazioni, tra cui le

indicazioni sul tipo di presa della co-

lonnina, la potenza massima eroga-

bile, la disponibilità della colonnina,

e anche il servizio di prenotazione

della ricarica. Trattandosi di un’app

dedicata prettamente all’uso in auto,

Enel ha sviluppato il software secon-

do le linee guida fornite da Google

per le app compatibili con Android Auto.

Tuttavia, tra il settembre e il novembre

del 2018 Google ha comunicato l’impos-

sibilità di integrare Enel X Recharge per-

ché le uniche categorie di app ammes-

se in Android Auto sono quelle media e

messaggistica.

Nonostante Enel abbia sviluppato l’app

per il suo utilizzo con i comandi vocali,

Google ha poi cambiato il motivo del

suo rifiuto nel dicembre 2018, afferman-

do che l’app non rispettava le esigenze

di sicurezza dell’utente. Al rifiuto ha fatto

seguire due proposte: integrare l’app in

Google Maps con le informazioni sulle

colonnine contenute in Enel X Recharge

e affidarsi ai comandi vocali di Google

Assistant; oppure sviluppare l’app per i

vari infotainment dei costruttori di auto-

mobili utilizzando i kit di programmazio-

ne forniti dalla stessa Google. La prima

soluzione di Google permetterebbe a

Google Maps di godere del flusso dati

di Enel X Recharge, escludendo però

la possibilità di prenotare le colonnine.

La seconda soluzione invece rappre-

senterebbe un costo di sviluppo e di

transizione, oltre che di manutenzione,

che Enel dovrebbe sostenere per gli

infotainment di ogni casa automobili-

stica. Negli ultimi scambi di email avuti

a gennaio con Enel, Google ha ribadito

che, “per ragioni di sicurezza e per altre

ragioni tecniche, le categorie ammesse

in Android Auto sono quelli di media

e messaggistica”, ma questa volta ha

aggiunto anche quella di navigazione;

mentre Enel X Recharge è anche un’app

di prenotazione di servizi.

Google vuole darsi alla mobilità elettrica?Enel ha fatto notare che le informazioni

di localizzazione delle colonnine di ri-

carica sono già presenti in

Google Maps dalla metà di

ottobre 2018 e che l’esclu-

sione dell’app da Android

Auto dipende dal ruolo che

Google vorrebbe giocare

nei servizi per la mobilità

elettrica.

L’AGCM ha colto nei rifiuti di

Google dei modi per restrin-

gere in maniera sostanziale

la concorrenza. Nel detta-

glio, la proposta di integrare i contenu-

ti di Enel X Recharge in Google Maps

avvantaggerebbe Google, alterando

le dinamiche competitive ed elimine-

rebbe un concorrente, vanificandone

anche gli investimenti in tecnologia.

Inoltre, qualora l’app fosse integrata in

Google Maps, si perderebbe la pos-

sibilità di prenotazione della ricarica,

influendo negativamente anche sulla

fruibilità delle auto elettriche da parte

degli utenti. “Android Auto è progettato

pensando alla sicurezza, per ridurre al

minimo le distrazioni e garantire che le

app possano essere utilizzate in modo

sicuro durante la guida” riferisce Goo-

gle in una nota. “Stiamo rivedendo il

provvedimento, continueremo a colla-

borare con le autorità per risolvere le

loro preoccupazioni”. Dunque, secondo

l’AGCM, Google starebbe abusando

della posizione dominante che detie-

ne nel mercato dei sistemi operativi

per dispositivi mobili per proteggere il

suo modello di affari, per cui l’Autorità

ha aperto un’istruttoria nei confronti di

Google per accertare l’esistenza di vio-

lazioni della concorrenza.

MOBILE Google rifiuta di integrare l’app Enel in Android Auto, anzi, chiede l’annessione a Google Maps

Google non vuole l’app di Enel in Android Auto L’Antitrust avvia un procedimento istruttorioSecondo l’AGCM, Google sta abusando della sua posizione dominante sul mercato e apre un’inchiesta

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

L a rivoluzione TV di Apple è iniziata,

ma per ora l’Italia è ai margini. La nuo-

va app Apple TV, annunciata a marzo

nel corso dell’evento dedicato ai servizi,

è ora disponibile con l’aggiornamento a

iOS 12.3 e TvOS 12.3. Chi ha aggiornato la

Apple TV, l’iPad o l’iPhone, si è trovato tra

le app disponibili anche la nuova applica-

zione dedicata allo streaming video.

Completamente rivista nel design, l’app

nel nostro Paese non è esattamente

quella che Apple ha descritto nel corso

dell’evento del 29 marzo.

Dove sono i canali TV? Dov’è l’integrazio-

ne con le app di terze parti, come Ama-

zon Prime Video?

Di quelle che dovevano

essere le vere novità

della rinnovata app Ap-

ple TV ad oggi da noi

non c’è traccia. Apple

sta ancora finalizzando

gli accordi sui contenuti

con i vari provider, e pro-

babilmente ci sarà da at-

tendere ancora qualche

mese. Nella sua forma at-

tuale, la nuova app Apple TV sembra più

una rivisitazione dello store di contenuti

video, gli stessi che si possono acquista-

re o noleggiare tramite iTunes. La grafica

è molto più accattivante, le schede sono

fatte meglio così come le sezioni tema-

tiche, e c’è pure un’ottima sezione HDR

con alcuni film di ottima qualità, tra i quali

segnaliamo The Matrix in Dolby Vision

e Dolby Atmos a 7.99 euro. Ma oltre a

questo nulla di

più. Su Apple

TV, ad esem-

pio, l’app TV

vive di fianco

a iTunes Mo-

vies, una sorta

di doppione.

Se guardiamo

però a cosa

hanno a di-

sposizione in

Francia, in Germania o nel Regno Unito,

possiamo anche capire la scelta di Ap-

ple. Per ogni paese europeo ci sono al-

meno 20 app, dove di fianco ad alcune

app globali ci sono una serie di applica-

zioni locali. Apple sicuramente non vole-

va lanciare in Italia un servizio strategico

senza avere a bordo alme-

no tre piattaforme di un cer-

to spessore, ci riferiamo ad

esempio a La 7, alla Rai, a

Mediaset, a DPlay e a Now

TV, atteso da mesi e mai ar-

rivato. E’ tutta questione di

accordi, e quando si parla

di diritti, licenze e spartizio-

ne di guadagni non è facile

trovare una quadra. DAZN,

paradossalmente, c’è solo

in Canada e Usa mentre

DPlay solo in Svezia, nono-

stante entrambe le app ci

siano anche in Germania,

in Francia e in Inghilterra.

Amazon Prime Video e Ap-

ple Music sono le uniche

presenti quasi ovunque.

Nella sua forma più completa Apple TV

dovrebbe offrire l’integrazione con de-

cine di applicazioni per offrire canali in

diretta, la visione dei contenuti offline su

iPad e iPhone, suggerimenti curati da un

team editoriale e una ricerca multipiat-

taforma. La sottoscrizione ai servizi di

streaming direttamente dall’app Apple,

senza dover quindi passare dal fornitore

originale dei contenuti, sarà disponibile

solo in America e solo per una serie di

provider selezionati: in questo caso Ap-

ple non si limita a fare da aggregatore,

ma gestisce anche l’encoding e la di-

stribuzione dei contenuti. Portarla fuori

dagli “States”, anche per la complessità

tecnica, non sembra facile.

L’app per iOS e TvOS non è però l’unica

novità: Samsung dovrebbe aver rilascia-

to l’aggiornamento che porta finalmente

iTunes e AirPlay 2 sui suoi televisori. I TV

che verranno aggiornati sono i Samsung

FHD / HD Serie 4 e 5 del 2018, i QLED 4K

Q6, Q7, Q8, Q9 del 2018 e 2019, i QLED

8K Q9 del 2019, i Frame del 2018 e 2019,

i Serif del 2019 e le serie 6, 7 e 8 del 2018

e 2019, praticamente tutti i TV prodotti

da Samsung negli ultimi due anni.

iTunes per Samsung dovrebbe permet-

tere la visione dei contenuti acquistati o

noleggiati, senza però gestire acquisti,

abbonamenti o sottoscrizioni ai canali. Al

momento i TV che abbiamo in redazione

non si sono aggiornati, quindi tornere-

mo il prima possibile con una anteprima

per capire quali sono effettivamente le

possibilità dell’app TV sui televisori. Gli

aggiornamenti per i TV Sony e LG arri-

veranno più avanti. Apple TV+, il servizio

di streaming video in abbonamento di

Apple, sarà disponibile invece nell’app

Apple TV a partire dall’autunno.

TV E VIDEO Nuova app Apple TV per Apple TV e dispositivi iOS. Con aggiornamento per TV Samsung

Servizio Apple TV, rivoluzione a metà La nuova app arriva in Italia senza le novitàL’integrazione con le app di terze parti non c’è. È una rivisitazione grafica del negozio di film

Basta Mediatek Google ha fatto un processore per Android TV. Vuol ridurre la frammentazioneGoogle ha annunciato l’arrivo di una piattaforma unica per le smart TV Android che ridurrà la frammentazione e renderà più veloci gli aggiornamenti di Roberto PEZZALI

Android TV migliora, ma è ancora lontano dall’essere la piattaforma TV perfetta che tutti vorrebbero. Crescono le app, aumentano le prestazioni, ma non sono scom-parsi i problemi che da sempre hanno toccato il mondo Android, primo tra tutti la frammentazione. Aggiornare la piattaforma non è semplice, anche perché un te-levisore non è uno smartphone e non deve neppure passare la certificazione degli operatori. Per questo motivo Google ha deci-so di creare quello che chiama Reference +, una piattaforma, o meglio un SoC. per Android TV che integra Assistant e che ren-de più facile lo sviluppo, toglien-do gli elementi di diversità che oggi accomunano le smart TV. Con l’arrivo di un chip certificato e creato da Google il mercato, almeno quello dei TV, dovreb-be convergere verso quella che dovrebbe essere la piattaforma supportata dalle prossime ver-sioni di Android. Google parla di reference design, quindi non è escluso che i produttori di chip possano creare e vendere la loro versione realizzata però su spe-cifiche di Google. In arrivo anche qualche novità a livello software, come la possibilità di sottoscrive-re con un tasto del telecomando l’abbonamento ai vari servizi di streaming. Google con il lancio di Reference+ vuole rifondare il progetto partendo da una nuova piattaforma comune.

torna al sommario 15

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

Apple e Samsung, da nemici ad amici: mai avrem-

mo pensato di trovare una così perfetta integra-

zione tra i servizi Apple e l’hardware Samsung,

eppure guardando a come funziona la nuova Apple

TV sui TV dell’azienda coreana si capisce subito che

è stato fatto un grandissimo lavoro.

Riassumendo, ma poi andremo nel dettaglio, è come

avere una Apple TV 4K integrata nel televisore, senza

però la parte di app: per quelle si deve attingere allo

store di Tizen, decisamente più povero di quello che

offre oggi l’Apple Store per Apple TV.

L’aggiornamento firmware, nel video poi si può ve-

dere tutto nel dettaglio, porta due novità sostanziali:

AirPlay e Apple TV. La prima è una integrazione del

protocollo AirPlay 2 all’interno del software del televi-

sore: si possono inviare da iPhone e da iPad contenuti

al TV, sia audio che video.

Una sorta di Chromecast, ma con sistema chiuso

Apple. Nei televisori compare un menu aggiuntivo

dedicato ad AirPlay che permette la configurazioni di

qualche opzione legata alla sicurezza, come la richie-

sta del codice necessario per trasmettere.

L’aspetto grafico di questo menù restituisce l’idea del

potere che ha oggi Apple nel mondo dell’elettronica

di consumo: nonostante sia un menu insignificante,

Apple ha sicuramente preteso di averlo con la sua

interfaccia grafica e le sue font, e Samsung l’ha ac-

contentata. All’interno di un menu coerente nello stile

e nel design, solo quando si seleziona “AirPlay” la gra-

fica passa da stile Samsung a stile Apple.

La seconda grande integrazione riguarda la parte Ap-

TV E VIDEO Finalmente disponibile l’aggiornamento software per i TV Samsung, che porta AirPlay ed Apple TV sugli ultimi modelli

AirPlay ed Apple TV sui televisori Samsung Ecco come funziona. La prova e il videoOsservando come funziona la nuova Apple TV sui TV dell’azienda coreana si capisce subito che è stato fatto un grande lavoro

ple TV: al CES era stata annunciata come iTunes, ma

iTunes ha lasciato posto alla nuova app per la fruizio-

ne di video. Quest’ultima ricalca esattamente quella

presente sul set top box Apple, stessa grafica e stes-

se impostazioni. Per l’Italia mancano ovviamente tutte

le funzioni aggiuntive, ne abbiamo già parlato, ma è

comunque possibile vedere i film acquistati, anche

quelli della famiglia, e acquistare nuovi contenuti.

Per farli serve l’autenticazione ed è possibile o tramite

username e password o tramite scansione di un codi-

ce QR, con autenticazione a due fattori.

C’è un aspetto da considerare in questo: anche chi

oggi non è utente Apple può creare un account e

quindi autenticarsi al servizio, fruendo dei contenuti

di Apple TV. Tra i quali c’è una sezione davvero ampia

di film in 4K e HDR, con una qualità davvero buona e

audio Atmos, anche se solo per la lingua originale.

L’unica considerazione da fare è la scomparsa del

Dolby Vision: Samsung non supporta questo tipo di

HDR, quindi i film che sulla Apple TV 4K possono es-

sere visti in Dolby Vision sul TV Samsung saranno o in

4K o in HDR10 dove presente.

Dalla grafica Samsung, sopra, si passa a quella Apple, sotto

Apple TV sui TV SamsungCome funziona

lab

video

torna al sommario 16

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

I prezzi italiani degli OLED Panasonic 2019: il GZ2000 parte da 3.499 euroAbbiamo ottenuto i prezzi dei nuovi OLED Panasonic, tutti con supporto a HDR10+ e Dolby Vision. Il top di gamma GZ2000 può arrivare a 4.499 euro, ma il più piccolo dei GZ950 si porta a casa con 1.999 euro di Sergio DONATO

Dopo la nostra visita alla sede Dol-by di Londra grazie a Panasonic, siamo riusciti a entrare in possesso dei prezzi italiani di tre delle quat-tro serie di nuovi OLED della casa giapponese. Quello del GZ1000 per il momento è latitante, e il TV non compare nemmeno nel sito italiano di Panasonic. Ricordiamo che tutte le nuove serie GZ offro-no la compatibilità con gli standard HDR10+ e Dolby Vision. Si parte dal top di gamma, il GZ2000, che nel taglio da 65” viene offerto al pubblico a 4.499,99 euro, mentre il 55” scende di mille e si presenta con un cartellino del prezzo che riporta 3.499,99 euro. Il pannello è stato messo a punto dal colorist Stefan Sonnenfeld, che ha lavorato a Jurassic Park e Star Wars, mentre l’audio è stato affidato a Technics che ha pensato a una soundbar integrata a emissione frontale a 3 canali e di due speaker rivolti ver-so l’alto con ricostruzione spaziale Dolby Atmos.Il GZ1500 ha un prezzo di 3.499,99 euro per il taglio da 65” e 2.499,99 euro per quello da 55”. La sound-bar è sempre a emissione frontale, ma a due canali, e questa volta non si tratta di un progetto a cura di Te-chnics. Il GZ950 perde la soundbar e si affida a una riproduzione audio più tradizionale, e i prezzi calano di conseguenza. Servono 2.999,99 euro per portarsi a casa il taglio da 65” e 1.999.99 euro per la diago-nale da 55”.

di Roberto PEZZALI

S i parte da 699 euro per il modello

da 40”, e si arriva a 1499 euro per

la versione da 65”: fascia media,

tecnologia LCD LED, ma una grandis-

sima ambizione, quella di portare le

tecnologie che solitamente vengono

usate per promuovere le serie di pun-

ta anche su televisori che non sono

necessariamente al top della gamma.

Abbiamo avuto modo di osservare da

vicino i nuovi modelli della gamma

GX810 a Londra, nella sede di Dolby,

dove l’azienda insieme al partner tec-

nologico, che ha creato i due formati

audio e video di nuova generazione, ha

cercato di spiegarci come è possibile

che un TV non necessariamente pen-

sato per offrire le prestazioni massime

possa comunque soddisfare i requisiti

necessari per offrire una esperienza

Dolby Vision di qualità e una resa au-

dio altrettanto buona. Effettivamente un

po’ di scetticismo c’era, perché senza

un pannello con un vero local dimming,

senza una luminosità di picco elevata,

senza un sistema di altoparlanti ester-

no è difficile pensare che Dolby Vision

e Dolby Atmos possano rendere allo

stesso modo su un TV LCD da 699 euro

come su un OLED da 4.999. Ma Pana-

sonic ha lavorato bene, perché il GX810

da quanto abbiamo visto e sentito è

davvero un buon TV: il contrasto non è

eccezionale, così come la luminosità di

picco, ma riesce ad avere un buon nero

e soprattutto riesce ad essere decisa-

mente convincente sui colori. Dolby ha

abbassato un po’ le pretese: se vuole

vincere la sfida con HDR10+ deve arri-

vare anche su televisori di fascia media,

per convincere chi crea contenuti che

esiste una platea ampia di possibili frui-

tori. Non potevamo esimerci da far qual-

che domanda un po’ scomoda a Dolby:

“Siete partiti con tantissime ambizioni,

TV E VIDEO Panasonic ci ha portati a Londra, alla sede di Dolby, per mostrare la nuova serie GX810

Nella sede di Dolby con Panasonic GX810 Dolby Vision e Dolby Atmos per tutti Ecco spiegato come un tv di fascia media soddisfi i requisiti di un’esperienza Dolby Vision di qualità

luminosità da 4.000 a 10.000 nits, 12 bit

di segnale, e ora avete il Dolby Vision

su un TV da 699 euro che non riesce ad

arrivare nemmeno a 1000 nits. Non è un

controsenso?” Dolby spiega che non è

solo questione di luminosità, e per con-

vincerci ci mostra come la versione Dol-

by Vision, fianco a fianco con lo stesso

contenuto HDR10, riesce ad avere molti

più dettagli.

Una serie di fotogrammi e sequenze

side by side, stesso TV e diversa resa:

il Dolby Vision ha qualcosa in più, ma

lo stiamo comunque confrontando con

l’HDR10 e non con la versione 10+ a me-

tadati dinamici che il TV Panasonic sup-

porta. Ricordiamo infatti che Panasonic

insieme a Philips è l’unica che supporta

tutti i formati HDR esistenti. Dolby ci

spiega anche che non deve stupire se

spingono il Dolby Vision sui TV LCD,

come in questo caso con il GX800, per-

ché per quello che serve a loro la tec-

nologia LCD è ancora superiore rispetto

all’OLED. E ci portano nella sala dove

viene fatto il “grading” dei contenuti in

Dolby Vision per farci vedere come ci

sono LCD che sono su un altro piane-

ta e che hanno prestazioni oggi irrag-

giungibili. Effettivamente nella sala di

Dolby come monitor di riferimento per

la qualità c’è un LCD da 42” full HD,

ma non è certo un normale televisore,

è il Pulsar. Un monitor LCD che Dolby

ha prodotto circa 8 anni fa, con raffred-

damento a liquido e pannello a 12 bit:

bastano pochi minuti di una sequenza,

mostrata di fianco al nuovo OLED top

di gamma, per lasciare tutti i presenti a

bocca aperta. L’OLED è sempre l’OLED,

ma la scena del Pulsar è talmente reale

che quella mostrata dal 65” Panasonic

sembra una brutta copia.

Purtroppo il Pulsar non potrà mai diven-

tare un prodotto consumer, ma di fianco

a noi quasi tutti i giornalisti di settore

concordano che non hanno mai visto

nulla di simile, probabilmente il miglior

monitor al mondo.

Non deve quindi stupire di vedere il Dol-

by Vision su un GX810: costa il giusto,

non ha una luminosità da record ma ha

comunque diverse frecce al suo arco,

soprattutto per quanto riguarda la resa

cromatica e il volume colore.

Notevole anche la resa audio del

GX810: Dolby spiega che avere l’Atmos

su un TV non è semplice, perché gli

speaker usati sono piccoli e posiziona-

ti anche male, ma grazie ad un attento

tuning e ad uno studio accurato delle

riflessioni sono riusciti a raggiungere

un buon risultato. L’ascolto non delu-

de, effettivamente è più ampio, ma una

soundbar come la HTB510 sempre di

Panasonic ha tutta un’altra resa.

torna al sommario 17

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

L a differenza tra HDR10 e Dolby Vision / HDR10+ è

nota a tutti: nel primo caso i metadati sono statici,

negli altri due casi sono dinamici. Non tutti però

sanno esattamente cosa voglia dire, e la convinzione

generale è che nel caso dei metadati dinamici la lumi-

nosità possa essere adattata scena per scena. Ma non

è proprio così, e anche in un recente viaggio con alcuni

colleghi ci siamo resi conto che sulla questione dei me-

tadati HDR c’è un po’ di confusione. Abbiamo deciso

così di fare questa guida, molto semplice e basilare,

per far capire qual è la differenza tra i due e perché è

importante avere metadati dinamici.

L’obiettivo di un televisore, lo sappiamo, è riprodurre un

contenuto come questo viene pensato: un televisore

deve riprodurre gli stessi rossi, le stesse sfumature e le

stesse tinte volute in fase di “color grading” dal diretto-

re della fotografia di un film. Per farlo serve ovviamente

un riferimento, e questo riferimento è lo spazio colore.

Quando si parla di spazio colore spesso si semplifica,

e si pensa a quel grafico a ferro di cavallo che si vede

nelle misure dei televisori, in realtà quello è un grafico

bidimensionale basato su un livello fisso di luminanza.

La rappresentazione reale è un grafico tridimensionale

che mostra tutti i colori al variare dell’intensità.

Se restiamo in ambito HD tutti i televisori moderni

sono capaci di riprodurre i colori all’interno di questo

“solido”, questo volume di colore, perché la luminan-

za è contenuta e lo spazio colore, il Rec709nel caso

dell’HD, non troppo ampio. Quando viene fatto il color

grading di contenuti HD, chi si siede davanti al monitor

e decide per ogni scena i livelli dei vari colori è con-

sapevole che qualsiasi sfumatura, a qualsiasi livello di

luminosità, può essere riprodotto senza problemi da un

televisore moderno e quindi le persone vedranno (se il

TV è calibrato) quello che vede lui.

TV E VIDEO I nuovi standard HDR hanno metadati dinamici. A cosa servono e perché sono importanti? Cerchiamo di capire

Guida all’HDR, ecco a cosa servono i metadati e che differenza c’è tra quelli statici e dinamiciLa differenza tra HDR10 e Dolby Vision / HDR10+ è nota a tutti. Ma sulla questione dei metadati HDR c’è un po’ di confusione

segue a pagina 18

Se guardiamo al Rec709, lo spazio colore dell’HD, tutti i display oggi sono in grado di gestire senza problemi i colori all’interno di questo solido.

Dall’HD all’HDR è cambiato tuttoCon il passaggio all’HDR è cambiato però tutto: quando

l’HDR è stato pensato si è scelto di adottare come ri-

ferimenti alcuni parametri che vanno oltre le possibilità

dei display di oggi. Nessun televisore ad esempio è in

grado di mostrare lo spazio colore BT2020, e nessun

televisore può arrivare ai famosi (e fastidiosi) 10.000

nits. Eppure, essendo il segnale digitale, in fase di color

grading si può infatti decidere di spingere un rosso su

livelli che oggi i TV non riescono a visualizzare. Magari

ci riusciranno in futuro, oggi sicuramente no.

Da adesso in poi parleremo di nits, ma come abbiamo

visto lo spazio colore è un solido tridimensionale quin-

di più è alto il valore di luminanza più è ampio questo

solido: un master con grading a 4000 nits equivale ad

un solido che contiene un numero di colori molto più

ampio di un master a 100 nits HD. Un master a 10.000

nits in spazio colore BT2020 è un solido “enorme”. La

foto sotto mostra come si rapporta il volume colore che

equivale a 10.000 nits in BT2020 rispetto a 100 nits in

BT709 (Rec709).

Se con l’HD il contenuto stava nel contenitore, e il con-

tenitore è ovviamente il display, con l’HDR il contenuto

può essere molto più ampio del contenitore, spesso è

così. E ogni contenitore è diverso: ci sono display che

arrivano a 2.000 nits, altri a solo 500 nits, alcuni han-

no un volume colore molto ampio altri lo hanno molto

stretto.

Ecco che quindi si è reso necessario un adattamento:

il TV deve in qualche modo trasformare il segnale in

ingresso, che ha troppe informazioni, in un qualcosa

che può rappresentare.

Pensiamo infatti ad un TV HDR che arriva a 500 nits:

cosa succederebbe se venisse riprodotto su questo

TV un contenuto HDR masterizzato a 4000 nits, ov-

vero con picchi di luminosità a 4000 nits, senza ria-

dattamento? Tutto quello che il TV non può riprodurre

verrebbe perso.

L’adattamento è quindi necessario e si chiama Tone

Mapping, che come dice il nome stesso è quella pro-

cedura con la quale il televisore rimappa i toni del con-

tenuto adattandoli alle sue capacità di riproduzione.

Torniamo ad un esempio pratico: per un determina-

to film viene fatto un grading a 2000 nits, e questo

film viene riprodotto da due TV, uno che gestisce

fino a 2000 nits e uno che arriva a 500 nits. Il primo

torna al sommario 18

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

TV E VIDEO

HDR, a cosa servono i metadatisegue Da pagina 17

TV riesce a gestire il segnale senza bisogno di tone

mapping, quindi riproduce il contenuto come è stato

fatto senza riadattarlo. Questo TV arriva fino a 2000

nits, e iun questo caso il contenitore è ampio quanto

il contenuto. Il secondo TV non può gestire un livello

superiore ai 500 nits, quindi effettua il tone mapping e

sposta sui 500 nits il riferimento che era di 2000 nits.

Tutte le informazioni del master contenute tra i 500 e i

2000 nits vengono adattate per fare in modo che nulla

si perda. Il massimo, ovvero il limite, sono ovviamente

i 500 nits che il TV riesce ad esprimere. Grazie al tone

mapping evitiamo quindi di perdere informazioni, ma

questa “compressione” ovviamente comporta anche

una riduzione del volume colore: l’immagine non sarà

esattamente quella voluta da chi ha fatto il grading del

contenuto, parte dei colori non riproducibili sono stati

sostituiti con altri che il TV può riprodurre.

Il display non ha le possibilità fisiche per riprodurre cer-

ti colori, il suo volume è ridotto, quindi un rosso super

saturo ad alta luminosità verrà reso come un rosso sa-

turo ad una luminosità inferiore.

Nel processo di tone mapping entrano in gioco i me-

tadati: sono loro che dicono al display come è stato

fatto il contenuto e quindi guidano il processo di tone

mapping. Nel caso dell’HDR10, che ha metadati statici,

questi parametri sono identici per tutto il film e sono

essenzialmente due: MaxCLL (Maximum Content Light

Level) e Max FALL (Maximum Frame-Average Light Le-

vel). Il primo indica la luminanza del pixel più luminoso

del contenuto espressa in nits, il secondo è un valore

ricavato con un calcolo leggermente più complesso:

per ogni fotogramma viene infatti calcolata la luminan-

za media dei pixel in nits, e il valore più alto tra tutti

i fotogrammi viene preso come riferimento. Usando

questi due valori il televisore capisce come fare il tone

mapping: ha la media e il massimo livello raggiunto.

Questi riferimenti, MaxCLL e MaxFall, nel caso di HDR a

metadati statici sono identici per tutto il film, e per capi-

re cosa questo comporta usiamo un altro esempio.

Abbiamo due film, uno è un bel film sulla neve, l’altro

è un film girato di notte. Entrambi sono HDR10 e per

entrambi è stato fatto un grading a 4.000 nits. Nono-

stante le scene siano totalmente diverse, in entram-

bi i casi MaxCLL è pari a 4.000: nel primo film c’è un

fotogramma con il sole che arriva a 4.000 mentre nel

secondo c’è una esplosione nel buio con un pixel che

tocca i 4.000.

Questi due film vengono visti su un TV che arriva al

massimo a 500 nits, quindi il TV legge i metadati ed

effettua il tone mapping. In entrambi i casi la curva di

tone mapping sposterà il riferimento su 500, il limite

del TV, ma il risultato sarà diverso e la foto 1 ci aiuta a

capire perché.

Tutto quello che nel master originale è distribuito da 0

a 4000 nits viene compresso e portato su un range da

0 a 500 nits. Nel caso del film luminoso viene compres-

so tutto, la scena apparirà meno brillante e con meno

sfumature cromatiche ma egualmente bilanciata.

Nel caso del film buio invece la scena apparirà meno

brillante, ma si perderanno anche moltissimi dettagli.

Questo perché la maggior parte delle scene, nono-

stante il master avesse un picco di 4.000 nits, non

superavano i 70 - 80 nits di media, quindi in linea di

massima non avevano bisogno di tone mapping.

Tuttavia i metadati statici, calcolati su tutto il film, hanno

portato il TV a rimappare interamente il contenuto per

farlo stare nel contenitore molto più piccolo. Se già in

un master a 4.000 nits il contenuto occupava solo una

piccola porzione, è un film molto scuro girato di notte,

una volta compresso occuperà una fettina talmente

piccola che parte delle informazioni saranno andate

perse (Foto 2).Ecco quindi perché servono i metadati dinamici: servo-

no a dire al TV che solo la scena dell’esplosione aveva

un MaxCLL pari a 4.000, nelle altre scene il picco e la

luminosità erano molto più bassi, anche 70 nits. Così

facendo sulle scene molto scure il tone mapper non

lavora, o lavora pochissimo mantenendo intatte le in-

formazioni del master di partenza e quindi il lavoro di

chi ha fatto il color grading.

I metadati dinamici permettono quindi di variare di-

namicamente, scena per scena o frame per frame, la

grandezza di questo “contenuto” che nel caso dei me-

tadati statici è fisso per tutto il film.

E si capisce così perchè l’HDR a metadati dinamici ser-

ve più ai TV di fascia bassa che a quelli premium: sono

i “contenitori piccoli” che fanno fatica a gestire master

con color grading ad alti livelli, tutti quei TV che ven-

gono venduti come HDR ma hanno luminosità basse e

volumi colore ridotti.

Un TV da 2.000 nits riuscirebbe a gestire molto meglio

queste informazioni, e il molti casi non avrebbe neppu-

re bisogno di comprimerle.

Anzi, TV che hanno un volume colore molto ampio

adottano il tone mapping per espandere il contenu-

to: se ad un TV che arriva a 2.000 nits viene dato un

contenuto con grading a 1.000 nits e lui può arrivare

a 2.000 ignora i metadati e applica un suo tone map-

ping per portare quei 1.000 a 2.000, rendendo quindi

l’immagine più luminosa e incisiva. Ogni produttore al

posto di usare le curve standard ha una sua curva di

tone mapping che più si adatta al tipo di tecnologia e

al tipo di pannello usato.

1 2

torna al sommario 19

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Sergio DONATO

L a conferenza Microsoft Build 2019

per gli sviluppatori a Seattle ha già

mostrato le novità più interessanti,

a cominciare anche da alcune confer-

me, come la collaborazione con Google

per sviluppare il nuovo Edge basato su

Chromium e per estenderlo al mercato

Mac, ma portando alla luce anche realtà

inaspettate, come lo sviluppo di un ker-

nel Linux all’interno di Windows 10. Se si

volesse riassumere la Build di Microsoft

di quest’anno con

una sola paro-

la, “pervasività”

potrebbe essere

quella giusta. La

forte sensazione è

che Microsoft non

lasci nulla di inten-

tato e stia cercan-

do di declinare i

suoi codici e il suo

software in modo

che vengano ac-

colti da più ambienti possibili.

Edge + Chromium: un’unione espansivaIn questi mesi, il passaggio del browser

Edge dal motore fatto in casa a quello

open di Chromium ha forse rappresen-

tato l’esempio principe di questa nuova

apertura Microsoft, e che l’ha portata an-

che a una stretta collaborazione tra i pro-

pri ingegneri e quelli Google, che hanno

spiegato ai colleghi neofiti le prassi mi-

gliori per la contribuzione al mondo open

di Chromium. Le novità più importanti

del nuovo universo Edge hanno riguar-

dato lo sviluppo della “Collections” che

permetteranno agli utenti di collezionare

testi e immagini presi dal web in una nota

grazie al drag and drop e mantenendo i

riferimenti ai siti web originari. Inoltre, a

parte l’ovvia condivisione dei contenuti

collezionati, sarà possibile anche una

loro importazione in Word ed Excel. Edge

sarà spinto anche verso una maggiore

riservatezza dei dati degli utenti, poiché

Microsoft ha intenzione di bloccare i trac-

ker del web e di creare tre profili diversi in

base al livello di protezione della privacy,

alla stregua di Firefox.

Dal punto di vista aziendale, Edge sup-

porterà una

funzione “IE

Mode” che

consentirà

di aprire i

vecchi siti

(interni alle

a z i e n d e )

usando il

rendering

di Internet

Explorer. In

più, offrirà la possibilità di personalizzare

la pagina di una “Nuova scheda” con il

logo della società, di caricare alcuni siti

nelle prime schede del browser e s’inte-

grerà con Microsoft Search e Office 365.

Si è vista anche qualche schermata del

nuovo Edge per macOS, poiché se gli

utenti Windows hanno già avuto modo di

testare il nuovo browser, i proprietari di

Mac sembra dovranno pazientare anco-

ra un po’ prima di provare una versione

Canary e una Dev del nuovo Edge.

Più fluidità per i contenutiNon meno degno di nota è lo sviluppo

del nuovo Fluid Framework, che è sta-

to disegnato per dare la possibilità agli

sviluppatori di realiz-

zare app e servizi più

interattivi e condivi-

sibili. In una presen-

tazione del nuovo

framework, Microsoft

ha mostrato una tra-

duzione in tempo

reale in Word nella

lingua di ogni parte-

cipante a una chat

Microsoft Teams; e la

condivisione istanta-

nea di un foglio di calcolo in Word con i

valori dei campi modificati in tempo rea-

le e visibili anche nella sessione di chat

aperta.

Un vero Linux dentro WindowsLa vera sorpresa è arrivata con l’annun-

cio dell’integrazione di un kernel Linux

all’interno di Windows 10. Il kernel si ba-

serà sull’ultima versione stabile di Linux,

la 4.19 e sarà realizzato su misura per

supportare la versione più recente del

sottosistema “Windows Subsystem for

Linux” (WSL), che quindi non assumerà

più i contorni dell’emulazione come fa

oggi. Inoltre, l’integrazione di Linux in

Windows si interfaccerà con uno spazio

utente installato attraverso il Windows

Store e il kernel verrà aggiornato auto-

maticamente attraverso Windows Upda-

te. Microsoft afferma che le operazioni

complesse sul file system con il nuovo

WSL 2 saranno fino a 20 volte più veloci

rispetto al sottosistema corrente in emu-

lazione, e che il primo rilascio di WSL

avverrà questa estate con un versione

destinata ai partecipanti del programma

Windows Insider e che dovrebbe portare

il nome in codice di 19H2.

PC Con la Build 2019 di Seattle,Microsoft vuole fornire agli sviluppatori gli strumenti adatti

La nuova Microsoft: Linux dentro Windows, Chromium dentro Edge. E non dimentica il MacMicrosoft è pronta ad abbracciare Linux, collaborare con Google, strizzando l’occhio a Apple

TP-Link, Wi-Fi Mesh alla portata di tutti con il router gigabit a meno di 90 euroTP-Link ha lanciato una nuova linea di dispositivi di rete: OneMesh Lo scopo è quello di portare i vantaggi delle reti Wi-Fi Mesh alla portata di tutte le tasche di Franco AQUINI

TP-Link lancia una nuova categoria di prodotti pensati per la rete do-mestica. Si chiamano OneMesh e hanno lo scopo di portare i vantag-gi delle reti Mesh alla portata di tut-ti, senza la necessità di acquistare kit costosi. Le reti mesh sono reti Wi-Fi in cui i componenti (router e satelliti) dialogano tra loro per ottimizzare portata e potenza del segnale. Il vantaggio più grande è che, una volta posizionati i vari ele-menti nei diversi ambienti di casa, non ci si dovrà più preoccupare di altro. Spostandosi per la casa con un dispositivo Wi-Fi, questo rimar-rà sempre connesso e con una copertura ottimale. Fino ad oggi le reti mesh sono state appannaggio di kit costituiti da un router centrale più uno o due satelliti. La soluzione OneMesh viene incontro proprio a chi desidera aggiungere i com-ponenti di rete un po’ per volta, a seconda delle proprie esigenze. I prodotti della linea OneMesh com-prenderanno router, range exten-der e powerline, per arrivare da un piano all’altro, oppure da una stanza a un’altra all’estremo oppo-sto della casa. I dispositivi TP-Link OneMesh disponibili sono due: il router Archer A7, un dispositivo con connettività fino a 1Gbps e Wi-Fi doppia banda a 1.750Gbps, e il Range Extender RE300, anch’esso operante sulla doppia banda Wi-Fi dei 2,4 e 5 GHz. Il prezzo è di 89,99€ per il router Archer A7 (V5) e di 34,99€ per il range extender RE300 (nei negozi a inizio giugno).

clicca per l’ingrandimento

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Sergio DONATO

Se si presta attenzione alle paro-

le usate da Kevin Gallo in un suo recente post, si capisce che le app

UWP (Universal Windows Platform), cioè quelle app universali che possono

essere eseguite negli ambienti Microsoft

senza riscritture di codice, non godono

di ottima salute. Anzi, nonostante il tono

positivo usato, Gallo invita gli sviluppatori

a smembrarle per utilizzarle secondo il

sentimento dei consumatori. evin Gallo,

vicepresidente della Piattaforma per Svi-

PC Basta UWP, si passa alle Windows App. Un duro colpo a un negozio digitale che pochi usano

Windows 10, nessuno vuole lo Store per le app. Microsoft si arrende e cambia tatticaLe funzioni delle app universali possono essere integrate in tutti i programmi Windows, senza Store

luppatori Windows, ha utilizzato queste

esatte parole: “Ci avete detto che vorre-

ste continuassimo a disaccoppiare molte

parti delle UWP, in modo da poterle adot-

tare in modo incrementale come WinUI,

MSIX e Windows Terminal.” Aggiungendo

poi: “Permettendovi di utilizzare la nostra

piattaforma e i nostri strumenti per incon-

trarvi nel luogo i cui i vostri clienti stanno

andando.” I clienti degli sviluppatori non

stanno andando nella direzione delle

Windows App, perché esse si trovano

sul Windows Store che non è un posto

notoriamente frequentato, e perché quei

clienti, infatti, preferiscono installare quel-

le stesse applicazioni, o meglio, quei pro-

grammi, da altre fonti, come dal browser.

Sviluppatori spezzati in dueMicrosoft ha scontato un po’ i primi vagiti

del suo Store, quando nei primi tempi le

app disponibili avevano funzioni limita-

te che spesso i programmi installati nel

modo più tradizionale, magari diretta-

mente dai siti degli sviluppatori, colmava-

no. Senza contare che molti sviluppatori

Win32 si sono trovati in difficoltà quan-

do Microsoft ha iniziato a spingere sulle

UWP, compatibili solo con Windows 10,

per quanto riguarda altre versioni di Win-

dows, generando così una divisione all’in-

terno del gruppo di coloro che produce-

vano i contenuti per la sua piattaforma. In

un’intervista a ZDnet, Gallo ha affermato

che il discorso non verte tanto sulla “mor-

te” del del Windows Store, “È un altro ca-

nale di distribuzione” ha specificato Gallo.

“[Le app] non hanno bisogno di stare nel-

lo Store. Le persone vogliono solo sapere

se Microsoft considera un’applicazione

valida o meno.” Gallo ha fatto anche mea

culpa asserendo che non aver fin da su-

bito concesso alle applicazioni Win32 di

usufruire degli stessi vantaggi delle appli-

cazioni UWP non è stata una buona idea;

“non avremmo dovuto seguire quella

strada”, ha confessato.

A conti fatti ci guadagnano tuttiPur non volendo ufficialmente etichettare

il Windows Store come “morto”, è innega-

bile che se le applicazioni che vengono

pubblicate esternamente al Windows

Store possono integrare le stesse funzio-

nalità che sono state a lungo prerogativa

e valore aggiunto delle applicazioni UWP,

allora il negozio integrato di Windows 10

è destinato a una misera fine. Il nuovo

Edge, basato su Chromium, permetterà

di aggiungere alla barra delle applicazioni

singole applicazioni web, che si apriran-

no in una finestra dedicata e, in un certo

senso, saranno delle applicazioni distinte

rispetto alle altre finestre del browser. Si

tratta di una delle novità principali della

nuova identità di Edge e una di quelle che

più impatterà negativamente la necessità

di un negozio digitale come il Windows

Store. Inoltre, pubblicando esternamente

al Windows Store, gli sviluppatori pos-

sono anche incrociare le esigenze dei

tanti utenti che non usano Windows 10,

ma sono ancora fedeli, per esempio, a

Windows 7 (secondo Net Market Share il

39% degli utenti desktop totali). Tiriamo le

fila: le qualità delle applicazioni universali

non sono più legate al Microsoft Store; un

negozio digitale che a lungo è stato poco

considerato da Microsoft, dagli sviluppa-

tori e dagli utenti stessi. La casa di Red-

mond ha tolto la benda dagli occhi ed è

andata incontro a ciò che gli sviluppatori

hanno sempre chiesto. Vantaggi anche

per gli utenti: i programmi per Windows 10

potranno avere funzioni più uniformi, an-

che senza il vincolo dello Store integrato.

L’aggiornamento autunnale di Windows 10 sarà “poco più di un service pack”L’aggiornamento di Windows 10 previsto dopo l’estate sarà molto più risicato degli anni precedenti: “poco più di un service pack”, secondo i ben informati. Correzioni di bug e migliorie alla stabilità i due obiettivi principali di Pasquale AGIZZA

Manca ormai pochissimo al rilascio del May 2019 Update di Windows 10, la nuova versione di Windows che dovrebbe arrivare a fine mese, e riprendono le discussioni sulla strategia che Microsoft metterà in campo per i prossimi aggior-namenti. Solitamente Microsoft rilascia due corposi aggiornamen-ti all’anno. Alla versione “19H1”, l’aggiornamento in arrivo a fine mese con il nome di May Upda-te, dovrebbe quindi seguire una versione “19H2” da rilasciare in autunno. L’arrivo sui canali insider della versione 20H1, però, ha fat-to pensare che Microsoft potesse saltare l’aggiornamento autunna-le, concedendosi un intero anno di lavoro sulla versione 20H1 che arriverà nella primavera del 2020. Un’ipotesi rilanciata su twitter dal famoso account WalkingCat.Secondo l’esperta di questioni Mi-crosoft Mary Jo Foley, invece, l’ag-giornamento arriverà regolarmen-te sulle nostre macchine, anche se non porterà nessuna significativa novità e si concentrerà solo sull’eli-minazione di bug e miglioramenti della prestazioni. La giornalista ha poi dichiarato che la versione 19H2 arriverà sui canali insider appena sarà rilasciato in maniera ufficiale il May 2019 Update. Da Microsoft non è arrivato, finora, nessun com-mento, ma tutti gli sforzi sembrano essere concentrati sulla versione 20H1 che arriverà fra un anno e si preannuncia ricca di novità.

PC

Da Lenovo il primo PC pieghevole al mondoChe piaccia o no, il “pieghevole” è l’ultima innovazione hardware commerciale di un certo peso che sta provando a tirare fuori dalle acque stagnanti il settore dei dispositivi mobili. Lenovo ha pensato di traslare il concetto della piega anche a un laptop prototipale che può chiudersi a portafoglio e che soprattutto possiede uno schermo da 13,3” pollici che si chiude su se stesso. Il laptop, presentato alla conferenza Accelerate ad Orlando, in Florida, è di fatto il primo PC pieghevole al mondo. Al momento non ha nome, ma dovrebbe entrare a far parte della famiglia ThinkPad X1. Lo schermo è un OLED 2K con rapporto 4:3 da 13,3” con funzioni touch e inking realizzato in collaborazione con LG che può essere piegato in due parti uguali e ridurre del 50% lo spazio occupato. La scrittura sullo schermo è stata affidata al protocollo AES di Wacom, mentre LG ne ha garantito la sicurezza rivestendo lo schermo con uno strato antigraffio. Il cuore del PC Lenovo pieghevole è stato affidato a un processore Intel non specificato, ma non è da escludere che possa trattarsi di un Ice Lake da 10 nm. Sarà disponibile solo il prossimo anno

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

GAMING La versione senza disco della console può essere ordinata dal sito ufficiale o da Amazon

Xbox One S All-Digital, il momento è giusto Dire addio al fisico non è più folliaIl fisico non è più comodo quanto una volta e la banda larga minima è sempre più diffusa

di Mssimiliano DI MARCO

Xbox One S All-Digital è un altro pas-

so nella direzione che Microsoft

aveva già intrapreso anni fa, ma

con largo (anzi, troppo) anticipo rispet-

to ai tempi. Quando venne annunciata

Xbox One nel 2013, la casa di Redmond

mostrò al mondo la sua risposta al calo

del mercato fisico: tanto digitale, account

famiglia e codici di attivazione dei giochi

per combattere il mercato dell’usato. Le

reazioni furono - ed è ancora oggi difficile

credere che Microsoft non l’avesse pre-

ventivato - estreme e l’azienda tornò sui

suoi passi. Sei anni dopo, tale approccio

sta prendendo forma, ma con tutta una

nuova serie di elementi che restituiscono

una sostanza molto diversa e, cosa più

importante, decisamente più accattivan-

te. Perché Xbox One S All-Digital, ora

disponibile anche in Italia a 229 euro,

arriva in un momento dove esistono ab-

bonamenti come Game Pass (decine di

giochi, anche produzioni di Microsoft,

a pochi euro al mese) e EA Access (25

euro all’anno), il fisico non è più comodo

quanto una volta e la banda larga minima

(con una velocità di scaricamento di 7-8

Mbit al secondo) è sempre più diffusa.

Partiamo dai servizi. Su Game Pass a

oggi ci sono anche tante produzioni

valide uscite negli ultimi sei mesi e una

buona dose di “reperti” dell’era Xbox e

Xbox 360; insomma, un pacchetto inte-

ressante e senz’altro conveniente.

Così, a sei anni di distanza, Xbox One S

All-Digital può essere ritenuta una prova

del nove. Microsoft sembra star dicendo

agli utenti: “Per noi ora siete pronti; ora si

può abbandonare il disco senza rinuncia-

re a un’esperienza di qualità”. È così? Pro-

babilmente sì, anche se ciò non significa

che ciò valga per tutti. Ma vale per molti

(potremmo persino dire moltissimi); un

risultato nettamente superiore a quello

che sarebbe stato ipotizzabile nel 2013,

al lancio di Xbox One.

Perché l’esperienza di Xbox One S All-

Digital non è per tutti? In primis, perché

non tutti i giochi principali sono veicola-

ti anche dai servizi su abbonamento o,

se lo sono, registrano un ritardo di mesi

rispetto al debutto sul mercato. EA Ac-

cess rappresenta la vetrina a 3,99 euro

al mese per chi vuole provare per 10 ore

un videogioco di nuova usci-

ta, ma restare al passo con le

ultime uscite EA non è ancora

possibile su console attraver-

so un abbonamento.

Per tutti quei giochi non in-

clusi in questi servizi - ancora

tanti - non rimane altra scelta:

acquistare un gioco al prezzo

proposto dal negozio di tur-

no e scaricarlo. Con il fatto,

però, che il prezzo dei giochi

in formato fisico cala più velocemente ri-

spetto alle controparti digitali. La realtà è

questa: chi preferisce il fisico lo fa (anche,

ma non solo) per ragioni economiche.

Può rivendere la copia dopo aver esau-

rito l’esperienza di gioco oppure può ac-

quistarne una, già dopo poche settimane

dal debutto del titolo sul mercato (se non

addirittura pochi giorno dopo), a molti

euro in meno rispetto al prezzo di listino.

Il prezzo del digitale, invece, resta stabi-

le per più tempo. Per quel che riguarda

la banda larga, invece, scaricare i giochi

può essere noioso, ma non è un reale

problema. Con una connessione che

non riesce a tenere il passo dello strea-

ming di PlayStation Now (che necessita

di almeno 5 Mbit al secondo) in un fine

settimana abbiamo scaricato diversi gio-

chi (tra i 15 e i 53 GB) tenendo la conso-

le costantemente accesa. Abbastanza

contenuti, insomma, per coprire dozzine

di ore di gioco pronte all’uso e tutto con

l’abbonamento a Game Pass acquistato

in promozione

Su PC i videogiochi in digitale sono la norma da anniLe forti reazioni suscitate dall’idea di

una console priva del lettore fisico sono

anacronistiche al giorno d’oggi se viene

Xbox S All-Digital ora disponibile. Ma le “vecchie” con Blu-ray costano menoLa versione senza disco della console può essere ordinata dal sito ufficiale o da Amazon. Confermato il prezzo di 229 euro con bundle di tre giochi. Attenzione, però, alle offerte sul modello con disco di Pasquale AGIZZA

Xbox S All-Digital è ufficialmente disponibile sul Microsoft Store e presso i principali negozi di elettro-nica, al prezzo di 229,99 euro. La console, pensata appositamente per il gioco in digitale, non presen-ta il lettore ottico e arriva con tre giochi a corredo. La nuova console di Microsoft, oltre al disco rigido da 1TB, offre la possibilità di archiviare in cloud i propri giochi, i salvataggi e di preinstallare i nuovi titoli per potervi accedere al momento del lancio. Tre i giochi compresi nel prezzo di 229 euro. Si tratta del campione di vendite Minecraft, del gioco di ruolo ad ambientazione pi-ratesca Sea of Thieves e del gioco di guida arcade Forza Horizon 3.Mentre Microsoft annuncia la di-sponibilità di Xbox S All-Digital fioc-cano, però, le offerte sulla versione di Xbox One S con disco. È possibi-le, infatti, prendere la versione con disco della console ad un prezzo sensibilmente più basso della nuo-va uscita, 199 euro. E il disco non vuole dire solo “blu-ray Ultra HD”, ma anche giochi usati e prestati dagli amici. Una situazione abba-stanza paradossale che rende an-cor più attuale il dibattito affrontato in un precedente articolo.La Xbox S All-Digital vale quanto costa? A nostro avviso la nuova Xbox S All-Digital doveva avere per Microsoft il ruolo che ha per Sky il suo decoder Sky Q: comoda-to gratuito a chi si abbona a Game Pass e Gold con canone mensile.

coinvolto il mercato PC. Se al tempo di

Half-Life 2 (2004) l’idea di un gioco solo

in digitale era una gran scocciatura,

ora la presenza di negozi come Steam,

Uplay, GOG, Origin, Epic Games Store è

la normalità: gli utenti che giocano su PC

scaricano i giochi in locale e solo allora

li eseguono. Tale meccanismo è esatta-

mente ciò che promette Xbox One S All-

Digital, ma con il vantaggio di un abbo-

namento sufficientemente esteso come

Game Pass. Molti produttori, poi, offrono

frequentemente il download anticipato

di un giorno rispetto all’uscita; in questo

modo l’utente può iniziare a giocare già

dal primo giorno di disponibilità ufficiale,

il day one, o comunque con un ritardo

minimo rispetto all’edizione fisica. Xbox

One S All-Digital è la risposta di Microsoft

alla domanda: siamo pronti ad abbando-

nare il fisico? La risposta della società di

Redmond è ovviamente: sì, si può e senza

perdere niente. L’era del fisico in cui ba-

stava inserire il CD o il DVD nella console

e iniziare a giocare, d’altronde, è finita; ci

sono le patch al day one, spesso molto

corpose, le installazioni. L’esperienza dei

videogiochi in digitale è insomma meno

scomoda di quanto fosse 6 o 7 anni fa.

Così una console solo digitale, tutto som-

mato, non è più blasfemia.

torna al sommario 22

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

Il gusto del whisky lo sceglie l’IA. L’idea della distilleria svedese (con l’aiuto di Microsoft)Una distilleria svedese sta sperimentando un nuovo modo di creare la miscela di grani per produrre whisky, con l’uso del machine learning di Franco AQUINI

Si può replicare il gusto del palato tramite un algoritmo di intelligen-za artificiale? Evidentemente sì, o almeno è quello su cui stanno lavorando alla Mackmyra, storica distilleria svedese che ha annun-ciato l’accordo con Microsoft e Fourkind, una società Finlandese che si occupa di intelligenza artifi-ciale. Lo scopo è semplice: utilizza-re il machine learning per sviluppa-re la ricetta di whisky perfetta. Il whisky nasce infatti da una com-plessa mescolanza di grani, la cui ricetta viene gestita ancora oggi da maestri distillatori che possono impiegare mesi, quando non anni, per mettere a punto la miscela che poi andrà lasciata invecchiare nelle botti, sempre senza alcuna certezza che il risultato finale del-l’invecchiamento incontri i gusti dei clienti. Ecco quindi che un al-goritmo, basato sulle ricette stori-che, sui dati delle vendite e sulle preferenze dei clienti, potrebbe riuscire lì dove l’uomo riesce con una costanza inferiore. Questo sistema di analisi dei dati verrà ospitato dalla piattaforma cloud di Microsoft, Azure, sulla quale girerà l’algoritmo che analizzerà più di 70 milioni di ricette. E i posti di lavoro? Angela D’Orazio, Blender Master di Macmyra, sostiene che “La ricet-ta del whisky viene creata dall’IA, ma avremo ancora bisogno del-l’esperienza e della conoscenza delle persone. Noi crediamo nel whisky generato dall’AI, ma curato dall’uomo”.

di Sergio DONATO

A quasi un anno esatto dall’annun-cio della progettazione di un lander lunare, Jeff Bezos ha mo-

strato un modello in dimensioni reali del

modulo realizzato dalla sua compagnia

aerospaziale Blue Origin, che dovreb-

be riportare l’uomo sulla Luna entro il

2024. Il lander potrà trasportare fino a

3,6 tonnellate sulla superficie lunare,

ma in Blue Origin stanno lavorando an-

che a una versione cargo che arriverà

a sostenere un carico di 6,5 tonnellate.

Nel corso dell’evento, Bezos ha anche

rivelato la progettazione di un nuovo

motore chiamato BE-7 costruito per la

maggior parte da componenti stampati

in 3D, capace di sviluppare una forza

di 10.000 lbf (libbra forza) equivalenti

a circa 445 kN (kilonewton) e che sarà

testato per la prima volta questa estate.

Il motore userà idrogeno liquido e os-

sigeno liquido come propellenti invece

di ipergolici, anche perché secondo

Bezos, “saremo in grado di ottenere

SCIENZA E FUTURO Il nuovo modulo di Bue Origin allunerà nel 2024 con un equipaggio umano

Jeff Bezos è pronto per lo spazio: il lander che porterà l’uomo sulla Luna nel 2024Secondo il CEO di Amazon, l’industria sarà spostata nel cosmo e la Terra sarà un luogo di residenza

idrogeno dall’acqua sulla Luna e rifor-

nire questi veicoli sulla sua superficie.”

Infatti, sul suo profilo Twitter, Blue Origin aveva usato un’immagine raffi-

gurante la nave dell’esploratore Ernest

Shackleton veleggiante tra i ghiacciai

per iniziare a mettere in luce l’evento.

L’esploratore condusse una spedizione

antartica agli inizi del ‘900 ed esiste un

cratere Shackleton anche sulla Luna, al

suo polo sud. Fu scelto dalla NASA nel

2006 come luogo migliore per costruire

un avamposto umano, poiché si ritiene

custodisca depositi di acqua ghiacciata:

elemento tanto utile per l’uomo quanto

per il motore del lander Blue Origin. Blue

Origin prevede di avere una versione

iniziale del lander pronta per una mis-

sione sulla Luna nel 2023, che potreb-

be trasportare materiali per le missioni

umane successive, oltre a dimostrare le

capacità del lander. L’allunaggio e il suc-

cessivo decollo con astronauti a bordo

sarà testato nel 2024, seguito da un

allunaggio con equipaggio entro la fine

dello stesso anno.

di Pasquale AGIZZA

L a prima trasmissione di dati a 500 Gi-

gabit al secondo è realtà. A ottenere

questo ambito risultato è Fastweb, in

collaborazione con il fornitore di dispositi-

vi di rete Infinera. Il test della trasmissione

ottica ad alta velocità, il primo di questo

genere in Italia, si è svolto tra Milano e

Torino lungo gli oltre 180 chilometri della

rete Fastweb. Fastweb, oltre. alla soddi-

sfazione per l’ottimo risultato raggiunto,

ha voluto specificare che il test è avve-

nuto sulla normale infrastruttura di rete

ottica dell’azienda, senza che ci sia stata

la necessità di inserire amplificatori spe-

ciali o modificare l’hardware attualmente

utilizzato. Ha dichiarato Andrea Lasagna,

Chief Technology Officer di Fastweb:

“poiché il mercato dei servizi

di trasporto su lunga distanza

ad alte prestazioni continua a

crescere a un ritmo sempre

più sostenuto, è necessario

un approccio di rete scalabile

e semplice per far fronte alla

crescente domanda di ban-

da. Questa sperimentazione

conferma le eccezionali presta-

zioni fornite dalla soluzione innovativa di

Infinera, che ci consente di offrire ai nostri

clienti la miglior esperienza possibile alla

massima velocità di trasmissione.” Soddi-

sfazione anche nelle dichiarazioni di Infi-

nera: “Siamo lieti di rafforzare la nostra

partnership tecnologica con Fastweb -

ha affermato Glenn Laxdal, Vicepresiden-

te Senior di Infinera - per far sì che i loro

clienti possano trarre beneficio da una

connessione ottica affidabile e all’avan-

guardia. La nostra capacità di introdurre

una trasmissione dati ad una velocità più

elevata su infrastrutture esistenti è parte

fondamentale della nostra missione per

aiutare i nostri clienti a soddisfare le esi-

genze di banda in maniera efficiente”

SCIENZA E FUTURO Il test della trasmissione ottica ad alta velocità si è svolto tra Milano e Torino

Fastweb, il test della trasmissione a 500 Gigabit al secondo è un successoGrazie alla collaborazione fra Fastweb e Infinera la trasmissione dati a 500 Gbit/s è realtà

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

L ’evoluzione è naturale: dopo i droni

e le pocket camera arriva una action

camera. Oggi il drone è usato non

solo dai fotografi ma anche dagli sportivi,

soprattutto coloro che fanno sport estre-

mi. Le stesse persone che, seguite dall’al-

to da un DJI Mavic, fissano sul caschetto

o sul manubrio della bici una GoPro. DJI

chiude così il cerchio e offre agli appas-

sionati di sport estremi la sua versione

di action camera. Due i punti di forza: il

display, dove all’ampio display posteriore

si aggiunge un piccolo schermo frontale

per regolare l’inquadratura.

E poi la stabilizzazione digitale, che se-

condo DJI è decisamente migliore di

quella del competitor. DJI ha una lunga

tradizione nei gimbal, li usa sugli Osmo e

sui droni, ma questa action cam, ci spiega

il product manager, è stata pensata pro-

prio per lo sport estremo, quindi acqua,

polvere, botte e urti. Un gimbal è troppo

delicato per queste situazioni, e in ogni

caso c’è la Osmo Pocket. Osmo Action è

un grosso corpo solido, testato per resi-

stere a cadute da un’altezza di 1,5 metri

e capace di arrivare ad una profondità di

undici metri senza l’ausilio della custodia

impermeabile. Il vetro protettivo sull’ot-

tica si svita, e si possono usare come

accessori anche una serie di filtri ND.

L’interfaccia è decisamente semplice e

ricorda quella della Osmo Pocket, anche

se lo schermo su retro ben più ampio ha

permesso a DJI di inserire menu a scher-

mo ben più ragionati. Non c’era bisogno

di grosse funzioni, perché la DJI Osmo

Action è davvero semplice nelle sue fun-

zionalità: il sensore da 1/2.3’’ può scattare

foto da 12 megapixel o registrare video in

4K fino a 60fps e 100Mbps, senza moda-

lità “pro” particolari. DJI si è concentrata

soprattutto sulla resa e sulla qualità, ha

usato un’ottica asferica a tre elementi

con una distorsione grandan-

golare minima e un trattamen-

to antiflare particolare, e ha

inserito un nuovo tipo di sta-

bilizzatore che lavora su tutti

gli assi chiamato RockSteady.

Una prova completa la faremo

insieme alla GoPro 7. Tra le al-

tre modalità di ripresa segna-

liamo HDR 4K a 30 fps, offre

tre stop aggiuntivi di dinamica

ma è una semplice elabora-

zione di segnale che non si

appoggia a nessuno standard,

né HDR10 né HLG. Non serve

quindi un TV HDR per rivederlo

al meglio. Tra le altre cose da

segnalare il doppio microfono,

il controllo vocale, una autonomia di circa

110 minuti, meno se si usa lo stabilizzato-

re di più se si registra a 1080, lo slow mo-

tion 1080p a 240fps o 120fps, TimeLapse,

HyperLapse, modalità di scatto manuali e

il collegamento allo smartphone tramite

bluetooth e wi-fi. L’app è DJI Mimo, la

stessa di Osmo Pocket: non c’è possibili-

tà di fare live streaming ma DJI ci ha fatto

sapere che stanno lavorando all’aggiunta

di questa funzione molto richiesta. Si può

comunque fare lo streaming dei segnali

sullo smartphone, controllare la action

cam e gestire le opzioni. Oltre a fare un

editing di base. Osmo Action è compa-

tibile con tutti gli accessori delle action

camera, questo grazie ad una base a

sgancio rapido che viene data in dota-

zione. Ci saranno anche tanti accessori,

dalla custodia per immersione a 60 metri

fino all’adattatore per microfono esterno.

L’abbiamo provata un po’ questi giorni, e

abbiamo apprezzato la solidità, la facilità

d’uso e la qualità dello stabilizzatore. Lo

schermo frontale aiuta per una inquadra-

tura rapida, è ben visibile anche sotto la

luce del sole e non impatta sui consumi, è

un semplice monitor di servizio. Volendo

essere critici possiamo dire che questa

DJI Osmo Action è troppo GoPro, una ac-

tion camera con una impostazione classi-

ca che non esce affatto dagli schemi ed

è priva anche di alcune funzionalità che

potevano essere utili, come un teleco-

mando o un’app per smartwatch, assen-

te. Inoltre DJI è l’azienda dei droni, ma la

action camera non si parla affatto con i

droni: sarebbe stato bello poter avere un

sistema follow me basato sulla videoca-

mera, con il drone che seguiva dall’alto

l’azione e la camera che invece forniva

una prospettiva aggiuntiva. Con i filmati

sincronizzati, per facilitare il processo di

editing. La action camera di DJI costa 379

euro, 39 euro in più se si vuole anche la

polizza DJI Care Refresh che sostituisce il

prodotto in caso di danneggiamento, ed

è disponibile da oggi. Con un corpo così

robusto non dovrebbe succedere, ma la

prudenza non è mai troppa.

VIDEO CREATIVO DJI ha annunciato l’ultima arrivata nella famiglia Osmo. Prezzo 379 euro

Anteprima DJI Osmo Action: la rivale della GoPro sembra proprio una GoProUna action camera 4K che vuole offrire agli sportivi un’alternativa al famoso brand GoPro

Osmo ActionCome lavora lo stabilizzatore

Nel video ripreso con un campione che ab-biamo da qualche giorno, si può vedere come lavora lo stabilizzatore.

Il monitor OLED di Asus finalmente disponibile. Ma servono 5.300 euro per un 22”Asus ProArt PQ22UC è il monitor 4K Dolby Vision OLED da 22” pensato per i professionisti. Il costo è altissimo di Robeto PEZZALI

Il primo monitor OLED di qualità costa 5.349€, iva inclusa. Stiamo parlando del ProArt PQ22UC di Asus, un monitor più volte riman-dato forse per difficoltà legate alla produzione del delicato pannello. Alla base del ProArt PQ22UC c’è infatti un OLED da 21.6” prodotto da JOLED, la joint venture giappo-nese che vede la partecipazione di Japan Display, Sony e Panasonic. Un pannello realizzato usando una tecnica di base diversa da quella degli altri OLED, niente White OLED e niente PenTile: secondo i calcoli di JOLED con la loro tecnica pro-duttiva il costo si sarebbe dovuto abbassare, ma a quanto pare non è così. Asus ha comunque fatto un monitor eccellente: 1.000.000:1 di contrasto, 8 milioni di pixel su 22”, 204 punti per pollice come defini-zione e una copertura del 99% del-lo spazio colore DCI-P3 lo fanno rientrare tra i monitor professionali. La calibrazione viene fatta in fab-brica e Asus garantisce un valore di Delta-E < 2; il pannello da 10 bit ha una lookup table interna (LUT) a 14 bit e ogni monitor viene rego-lato per compensare le differenze di uniformità dei pannelli. La LUT è calibrabile, e si possono creare diverse tabelle per da salvare sul processore interno richiamabili dall’utente. Lo stand si può stacca-re e ripiegare su stesso facilitando il trasporto del monitor, che può es-sere alimentato da USB Type C.

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MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di R. PEZZALI, R. FAGGIANO

Quando abbiamo tolto dalla scatola il nuovo 65”

Q90R di Samsung la prima cosa che abbiamo

pensato è stata: il solito LCD QLED. Samsung

quest’anno ha spinto molto sull’8K, ha parlato di smart

TV e di intelligenza artificiale, e ha trascurato un po’ i

televisori 4K come se fossero una normale evoluzio-

ne di quelli dello scorso anno. Che si vedevano bene,

ma che per la cifra alla quale venivano proposti non

erano affatto competitivi con gli altri top di gamma.

Sono bastati pochi minuti per farci cambiare idea: dal

2018 al 2019 c’è stato quella che a nostro avviso è il

più grande salto qualitativo sui pannelli LCD del pro-

duttore coreano. Samsung, come vedremo, è riuscita

a eliminare quasi del tutto le problematiche dei mi-

gliori TV LCD, con un local dimming migliorato e privo

di blooming e una resa sui neri davvero convincente,

mantenendo una luminosità di picco e uno spunto

che difficilmente può essere raggiunto con altre tec-

nologie. Il Q90R ha quasi tutto quello che si può de-

siderare da un TV oggi: un eccellente design, una in-

terfaccia facile e completa e una incredibile versatilità

nel riprodurre ogni contenuto, dal film in 4K ai video-

giochi, dove l’LCD riesce ad avere ancora una marcia

in più. Perché quasi? Perché il prezzo è comunque

superiore ai 3000 euro nella versione da 65”, e con

Samsung che continua a spingere l’8K spendere una

cifra simile per un 4K può sembrare eccessivo.

Design e connessioni, ha quasi tuttoParlare di design in ambito TV ormai è molto difficile: la

cornice è sottilissima, la base in metallo robusta. Sam-

sung ha curato al meglio ogni dettaglio, dal telecoman-

do davvero pratico e con finitura “premium” al retro del

TV. Il TV è full LED, quindi non può essere sottilissimo,

ma lo smusso ai bordi crea un effetto ottico tale che

sembra comunque di trovarci davanti ad un televisore

decisamente slim anche se slim non è. Il TV è privo di

alimentazione classica: tutto passa attraverso il sottile

filo collegato al grosso box esterno che contiene tutta la

logica. Il box è grosso, pesante e non bellissimo da ve-

dere, ma è estremamente funzionale: viene raffreddato

da una piccola ventola che non si sente, gira pianissimo.

Forse è per questo che dopo qualche ora di visione scal-

da un po’, ma niente di preoccupante. Sul retro ci sono

TEST Il top di gamma 4K Samsung con tecnologia QLED è un LCD senza i difetti di un LCD: ha luminosità, contrasto e zero blooming

Samsung QLED Q90R, recensione. Non è “il solito LCD”Il box di connessione esterno è pratico e l’interfaccia Smart TV è superiore ad Android TV per velocità e immediatezza

anche quattro ingressi HDMI: ufficialmente non sono

HDMI 2.1 ma alcune delle funzionalità dell’HDMI 2.1 sono

implementate, tra queste il free sync con variable bitrate

per collegare una console da gioco predisposta e l’Au-

to Low Latency Mode che imposta la modalità game ri-

conoscendo una Xbox, un PC o una PS4. Sull’ingresso

numero 4 accetta anche segnali 4K a 120 Hz ma non da

console in variable framerate, dove si ferma a 60 Hz.

Interfaccia bellissima, aspettando iTunesTizen era a nostro avviso una delle migliori piattaforme

Smart, se non la migliore, e Samsung l’ha migliorata

ancora. A dire il vero questa nuova versione è ancora

incompleta: c’è il nuovo Ambient Mode, arreda anche

da spento come la serie Frame, si può collegare un

mouse e una tastiera e accedere ad un PC usando Mi-

crosoft Remote Client, ci sono tutte le app di streaming

che possono servire e una serie di funzioni che rendono

davvero semplice usare il TV anche a chi non è troppo

pratico. Tizen è facile, è veloce, non si blocca mai, confi-

gura da solo le sorgenti e aggrega in modo furbo i con-

tenuti facilitando così la ricerca. La vera novità arriverà

però con l’aggiornamento AirPlay e iTunes, quindi con

Samsung Q90RIL PUZZLE PERFETTO SENZA UN TASSELLO: DESIGN, QUALITÀ, FUNZIONI, PRATICITÀ CI SONO. IL PREZZO MENO

2.699,00 €

Convincere che un LCD si vede benissimo non è facile, ce ne rendiamo conto. Eppure siamo pronti a scommettere che di fianco ad altri TV, sia a luci spente che a luci accese, nella maggior parte dei casi le persone sceglierebbero ad occhi chiusi questo Q90R. Le bande nere, se visto di fronte, sono invisibili, le scritte e gli elementi luminosi su campo scuro non hanno il minimo segno di blooming, la resa cromatica è praticamente perfetta, zero scie sui giochi e sulle immagini in veloce movimento, e la luminosità più elevata offre una immagine dinamica e d’impatto con i contenuti HDR. E l’angolo di visione è migliorato. Esistono degli aspetti dove il Samsung porge il fianco a critiche, ma sono scene particolari che riguardano una percentuale molto piccola di contenuti. Se la qualità video è importante, stiamo comunque parlando di un TV, Samsung ha anche altri vantaggi: il box di connessione esterno è decisamente più pratico delle prese dietro il TV, sia che questo venga appoggiato ad un mobile sia che venga montato a parete, e soprattutto Samsung ha una interfaccia Smart TV che è superiore ad Android TV per velocità, immediatezza e praticità d’uso. E questo, per chi vuole un TV che permetta di fare tutto ma senza troppe problematiche non è cosa da poco. Resta il prezzo che è elevato, soprattutto per la versione da 65” e 75”, anche se inferiore al listino dello scorso anno. Il Q90 è un ottimo TV, sicuramente un acquisto più saggio degli 8K: oggi i TV hanno raggiunto livelli di qualità davvero alti, in generale, e anche se siamo davanti a quello che a prima vista può essere bollato come “il solito LCD” vale davvero la pena andarlo a vedere in negozio. Perché non è proprio il solito LCD.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 9 10 7 78.5COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità di visione molto buona in ogni condizioneInterfaccia veloce, completa e praticaIl box esterno facilita le connessioni con i dispositivi

Qualità audio migliorabilePrezzo di listino elevatoSolo una HDMI 2.1 e niente DTS

segue a pagina 26

lab

video

Samsung QLED Q90RLa videorecensione

lab

video

torna al sommario 26

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

TEST

Samsung QLED Q90Rsegue Da pagina 25

la nuova piattaforma Apple: era prevista per fine aprile,

dovrebbe mancare poco.

Nella ricerca canali c’è ancora l’analogicoLa ricerca tecnologica applicata da Samsung per la mi-

gliore qualità di visione sembra non aver interessato la

funzione di ricerca canali, che è in effetti del tutto simile

a quella già vista nelle generazioni precedenti. Quindi

ritroviamo ancora la modalità di ricerca analogica per

canali che non esistono più e una tabella di canali Tivù-

sat precaricata che comprende ancora le emittenti non

più disponibili su Astra da molto tempo. Detto questo

comunque la ricerca di tutte le emittenti è completa e

non soffrirà per impianti d’antenna con scarsa manu-

tenzione, inoltre non abbiamo riscontrato incertezze nel

riconoscimento della tessera e cam di Tivùsat, non solo

nella fase iniziale ma anche nel passaggio tra canali Rai,

Mediaset e Discovery. Davvero rapido anche il passag-

gio a canali in Ultra HD, laddove altri televisori sembrano

volersi prendere una pausa di riflessione. Per passare

dalle emittenti del digitale terrestre a quelle da satellite

bisogna entrare nell’elenco canali, ma volendo si posso-

no anche creare delle liste personalizzate. L’avvio delle

funzioni Hbb è rapido sui canali Rai, meno su quelli Me-

diaset. Rimane il problema di fondo dello zapping obbli-

gato tra i canali, dato che il telecomando in dotazione

non ha tasti numerici diretti. Si può usare la voce, ma non

è una scelta semplice per gli utenti meno tecnologici.

Meglio degli altri TV, ma resta pure sempre un audio “da TV”I grandi schermi Samsung ci stanno abituando molto

bene per quanto riguarda la qualità dell’audio, compli-

ce forse anche il maggiore spazio dispo-

nibile su un tv di questa taglia. Guardando

le specifiche piuttosto generiche annotia-

mo un sistema audio con 4.2 canali e po-

tenza di 60 watt, compatibilità Dolby Digi-

tal ma non con il dts. C’è anche l’opzione

bluetooth senza fili per il collegamento di-

retto di soundbar e cuffie predisposte. In

questa nuova generazione di QLED pos-

siamo applicare la modalità “intelligente”

anche all’audio e i risultati sono davvero

buoni. In pratica il televisore analizza le

caratteristiche sonore dell’ambiente e

della collocazione del tv per dare un pri-

mo miglioramento e poi analizza le tracce

audio in ingresso per fornire in ogni caso

i migliori risultati sonori. Rimane l’opzione

“amplificato” che però non è altrettanto

utile. Per i perfezionisti si può anche re-

golare l’equalizzatore multibanda secondo i gusti per-

sonali. Mancano particolari opzioni DSP e per l’utente

medio è meglio così. Il risultato è un audio piacevole

e potente, ben allargato oltre i limiti fisici dello scher-

mo pur senza offrire un vero contributo surround, ma

sempre gradevole e avvolgente. Ben bilanciato anche

il rapporto effetti/voce e davvero profonda la gamma

bassa, tanto da far entrare a volte in risonanza mobili e

supporti leggeri. Molto buona anche la resa musicale,

specie con brani orchestrali e riprese dal vivo. Si può

anche alzare discretamente il volume senza fare danni,

ma senza esagerare. Un tv che se la cava abbastanza

bene anche senza l’aiuto di una soundbar, ma anche

un TV che, vista la resa video, merita un sistema audio

esterno. Il voto? Rispetto agli altri TV l’audio è da 8.5, si

sente meglio della media, ma rispetto ad una soundbar

esterna siamo appena sopra la sufficienza.

Colpisce l’angolo di visione: calibrato è uno spettacoloIl Q90R è un televisore a due facce: ha una certa resa

quando lo si guarda in ambiente totalmente oscurato,

e una resa diversa quando lo si guarda invece in condi-

zioni normali. Partiamo dalla visione in ambiente oscu-

rato, più da “cinefilo”, dove si notano dei miglioramenti

netti rispetto alla generazione precedente ma perman-

gono alcune situazioni dove, per ovvi limiti tecnologi-

ci, non si può fare nulla. Samsung ce lo aveva detto:

abbiamo rivisto il pannello ed effettivamente sembra

di trovarsi davanti ad un pannello diverso rispetto a

quello dello scorso anno.

Stiamo parlando sempre di LCD, di LED local dimming

con un numero di zone abbonanti (480), ma il primo

effetto che si nota è una riduzione netta del blooming,

quel fastidioso alone luminoso che circonda le scritte,

soprattutto i titoli di testa di molti film su fondo nero.

Samsung dovrebbe aver aggiunto un processore dedi-

cato al controllo delle singole zone della retroillumina-

zione: lo scorso anno questa veniva controllata dal pro-

cessore immagine principale e c’era un piccolo ritardo,

sul nuovo modello c’è un processore che gestisce solo

le 480 zone e queste danzano in perfetta sincronia con

il video. Solo in qualche scena c’è un impercettibile ri-

tardo, ma è sporadico.

Se visto di fronte, con contenuti standard, il Q90 si

comporta da vero top di gamma, offre allo stesso

tempo un nero praticamente perfetto, una dinamica

decisamente ottima, soprattutto con alcuni contenuti

HDR10+ come “Hanna” su Amazon Prime Video e una

gestione del moto che può soddisfare anche coloro

che odiano l’immagine troppo “fluid” di alcuni sistemi

di interpolazione. Se si esagera, però, attorno agli og-

getti in movimento su fondo costante inizia a comparire

qualche artefatto.

Se visto di lato? Anche, ed è questa la differenza tra il

TV di quest’anno e quello dell’anno scorso. La tecnolo-

gia “Ultra Viewing Angle’” permette di tenere contrasto

e resa cromatica anche con il TV non in asse, e se lo

scorso anno il contrasto crollava oltre i 60° quest’anno

anche chi guarda dal lato troverà un’immagine davvero

ottima nonostante i pannelli PVA abbiano sempre sof-

ferto in queste condizioni. Samsung ha fatto davvero

un eccellente lavoro sull’angolo di visione, con il nuovo

filtro e la nuova struttura del pannello, anche se il nuo-

vo filtro sembra abbattere leggermente la luminosità di

picco che inizialmente ci è parsa inferiore a quella dello

scorso anno. Solo l’ultimo aggiornamento software ha

restituito qualche nits in più. Samsung continua tuttavia

a giocare con l’HDR mettendo luminosità anche dove

non serve e usando un tone mapping dinamico che

inserisce i metadati dopo aver analizzato la scena, e

il risultato è un picco che tocca in alcune zone i 1700

nits con una sovraesposizione che bru-

cia qualche dettaglio sulle alte luci. Per

ampliare l’angolo Samsung ha lavorato

anche al livello dei subpixel cambian-

do il campionamento: l’immagine da

vicino appare un po’ più soft e meno

nitida di come appare invece in moda-

Completissime le opzioni di regolazione, anche se non sempre tutto è dove ci si aspetterebbe di trovarlo, vedi ad esempio la modalità gaming.

segue a pagina 27

In questo grafico mostriamo come calibrato si riesca ad ottene-re un TV praticamente perfetto per linearità e colorimetria.

torna al sommario 27

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

lità game, dove la funzione Ultra Viewing Angle viene

disattivata parzialmente, resta solo il filtro. E’ una cosa

appena percettibile, che si vede solo da un distanza

di pochi centimetri: inutile preoccuparsi. Quello che

importa è che finalmente l’angolo di visione è ampio,

davvero ampio. Da segnalare anche un filtro anti ri-

flesso efficacissimo. Il Q90R ha tutto, dinamica, colore,

luminosità, nero, e chi si siederà davanti al televisore,

con un buon contenuto, difficilmente riuscirà a trovare

un grave difetto.

Poi ci sono i “ma”: la gestione del local dimming di

Samsung, abbastanza aggressivo, ha qualche conse-

guenza sulla visione di alcuni tipi di contenuti. Se pren-

diamo ad esempio un contenuto in 2.35:1 l’immagine

appare leggermente vignettata in prossimità delle

bande nere, perché manca il contributo dell’illumina-

zione in quelle zone. Per rendere totalmente nere le

bande, e ci riesce, Samsung tiene quelle strisce di LED

spente. Inoltre il blooming, invisibile di fronte, appare

leggermente quando ci si sposta di lato, perché se è

vero che l’angolo di visione è migliorato il filtro lavora

al meglio solo quando ci si siede davanti e in asse.

Ci sono poi le situazioni “difficili”: un cielo stellato,

lampioni accesi nella notte, elementi molto più piccoli

delle zone di retroilluminazione mettono un po’ in crisi

un sistema che può comunque gestire 480 zone non

certo piccole quanto gli 8 milioni di pixel del pannello.

A proposito: nel video sopra le zone si vedono, perché

i led sono pilotati ad una frequenza dinamica, ovvia-

mente nella realtà non si vede nulla. Cambia tutto con

la visione in condizione più standard, quindi ambiente

non totalmente oscurato: qui le conseguenze del local

dimming si attenuano, il nostro occhio si adatta alle

condizioni dell’ambiente, e spiccano quelli che invece

sono i punti di forza di questo televisore, una dinamica

eccellente, una resa cromatica praticamente perfetta

e una luminosità di picco comunque decisamente ele-

vata, anche se non eccessiva o fastidiosa.

Purtroppo anche per il Samsung Q90 vale la stessa re-

gola che vale per ogni televisore di fascia alta di oggi:

solo una buona calibrazione permette di avere un’im-

magine che rende al 100%. E come per gli altri TV ca-

librare il Samsung non è affatto semplice, perché per

poter gestire la calibrazione assistita serve Calman,

serve un colorimetro profilato, serve un generatore

video con segnali 4K e HDR. Nel caso del Samsung

serve anche un particolare cavetto seriale. Noi l’abbia-

mo fatta, e acquistare un TV di questo livello sapendo

che potrebbe dare molto di più, ma serve una ulte-

riore spesa, non è bellissimo. Questo nonostante la

modalità di base del Samsung sia già sufficientemente

buona come calibrazione. Il Q90 è quindi un ottimo

televisore: ha qualche limite in determinate situazioni

dovute alla tecnologia utilizzata, ma queste situazioni

TEST

Samsung QLED Q90Rsegue Da pagina 26

non sono così frequenti, anzi. Volendo vedere ci sono

molte di più le situazioni dove un TV come questo

viene valorizzato, si pensi ad esempio ai videogiochi,

dove dinamica, velocità del pannello e input lag ridot-

to a pochi millisecondi (dai 10 ai 15) lo rendono un TV

permetto per essere agganciato ad una console o ad

una Xbox One X. Oppure con la TV, dove il processore

è comunque molto buono, ha uno scaling impeccabili

e riesce a rendere in modo “accettabile” la pessima

qualità del nostro digitale terrestre.

Tirando le somme il Q90R non è il TV perfetto, non

può esserlo perché la tecnologia LCD è ormai arrivata

ad un limite che, senza cambiare la retroilluminazio-

ne, è insormontabile. Non si potrà mai avere un cielo

stellato perfetto, ma non c’è un cielo stellato in tutti

i contenuti. Siamo davanti ad un televisore davvero

equilibrato nella resa, che si tratti di film, sport, TV o

videogiochi. Preferisce la luce, vista la luminosità ele-

vata, ma non si comporta affatto male al buio, dove se

visto esattamente di fronte mostra un vero nero pur

con qualche controindicazione, e dove visto di lato, per

fortuna, non sfigura più.

di Pasquale AGIZZA

L a fantascienza di Star Trek, assieme

alle spericolate avventure di Tom

Cruise in Mission Impossible e a tanti

altri film ancora, sono disponibili nel ser-

vizio di film in streaming Huawei Video,

grazie all’accordo siglato dalla casa cine-

se con Paramount Pictures e BIM. Le pro-

duzioni Paramount Pictures e BIM, oltre

che nella modalità in abbonamento, sa-

ranno fruibili anche in modalità noleggio,

dando la possibilità agli utenti di visionare

per 48 ore titoli come Bumblebee, What

Men Want e Instant Family oltre a tutte le

novità Paramount in uscita nei prossimi

mesi. “Siamo orgogliosi di offrire ai nostri

consumatori un catalogo sempre più am-

pio e di qualità. Il cinema è, senza dub-

bio, uno dei canali di intrattenimento più

apprezzati, e il nostro impegno è quello

di continuare ad ampliare l’offerta edito-

riale di Huawei Video con nuovi accordi

come quelli appena siglati” ha affermato

il dirigente di Huawei Jaime Gonzalo. Ol-

tre alle novità che riguardano il catalogo,

l’app di Huawei Video si aggiorna con

molte nuove opzioni. A fianco del servizio

“download & play” inaugurato da poco,

che permette di scaricare i contenuti

scelti e guardarli anche quando non c’è

connessione arriva anche il supporto alla

funzionalità Chromecast, che permetterà

di proiettare i film e le serie TV scelte dal-

lo smartphone alla televisione.

ENTERTAINMENT Il catalogo di Huawei Video diventa più ricco: arrivano le saghe di Star Trek, Transformers e Mission Impossibile

Huawei Video, da adesso disponibili i film Paramount e BIM. C’è anche il supporto a ChromecastLe produzioni Paramount Pictures e BIM, oltre che nella modalità in abbonamento, saranno fruibili anche in modalità noleggio

L’app Huawei Video è preinstallata su

tutti gli ultimi smartphone dell’azienda,

ma è disponibile anche nel Play Store

e in App Gallery.

torna al sommario 28

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

7 5”, troppo grande per essere portato nella nostra

classica sala test. Questa non sarà una prova

completa, perché abbiamo avuto modo di passa-

re solo una giornata con il nuovo XG95 nel suo taglio

super. Ma, avendo ormai visto centinaia di TV in questi

anni, una buona idea ce la siamo ugualmente fatta.

Fortunatamente siamo davanti ad un prodotto che

non permette la classica diatriba tra pro OLED e pro

LCD: se si vuole un 75” top e non si vuole spendere il

doppio LCD è oggi l’unica soluzione. E, per molti, uno

schermo grande vale più di un po’ di nero. Costa 3.999

euro, ma prima di dire “è tanto” si può anche pensare

che questo XG95 è alla fine un prodotto sulla carta

migliore, in tutto, dello ZF9 appartenente alla Master

Series. XG95 infatti ha un pannello full array analogo,

ha la tecnologia super wide angle, ha lo stesso Refe-

rence Mode per Netflix che è stato annunciato per la

Master Series e ogni altra funzionalità di quello che

avrebbe dovuto essere sul modello top, ora dismes-

so. Non solo: c’è anche un nuovo telecomando con

finitura metallica che fa dimenticare quel terribile te-

lecomando in plastica che Sony ha dato in questi anni

con i TV premium.

Sulle feature passiamo veloce: niente HDMI 2.1, ma

almeno le porte HDMI 2.0 sono tutte a banda piena.

C’è il supporto eArc, c’è il Dolby Atmos e c’è il Dolby

Vision. Il nuovo sistema audio, che prevede alcuni dif-

fusori anche nella parte superiore, riesce a restituire

decisamente più corpo creando una buona pressione

sonora. È un audio da TV, ma è comunque una resa

più che buona. Il processore è una nuova revisione

hardware del MediaTek 5893 già usato da Sony: ha

leggermente meno RAM ma è comunque scattante e

veloce. Sony ha lavorato molto sulla sua “parte” di si-

stema operativo per renderlo più moderno e affine alle

logiche di navigazione di Android. Ricordiamo infatti

che il sistema operativo di Google, e questo vale sia

sui Sony che sui Philips, rappresenta solo l’ambiente

smart TV, mentre le impostazioni del TV, dalla ricerca

canali alla parte di impostazioni audio e video, resta-

no a carico dei produttori. Sony ha rivisto quindi parte

TEST A 4.000 euro si può acquistare oggi un 75” top di gamma con tutte le tecnologie Sony. Lo abbiamo provato per qualche ora

Test Sony 75” XG95. Il TV con effetto cinemaIl 75” Sony si vede bene, è un ottimo TV, ma ci sono tante piccole perplessità, soprattutto se guardiamo ai 3.999 euro chiesti

segue a pagina 29

dei suoi menù, pannelli orizzontali veloci e chiari, una

interfaccia più moderna e una distribuzione delle voci

e delle opzioni più ragionata. Si è solo dimenticata

qualche schermata e qualche sottomenu, che hanno

ancora un sapore di “vecchio”. Android TV è lo stes-

so già visto sugli altri, stessi difetti e qualche novità:

Chromecast ad esempio resta bloccato a 60 Hz, ma

tra gli aspetti piacevoli c’è finalmente Youtube che ge-

stisce l’HDR. HDR che funziona senza problemi anche

sulle altre app. Entro fine anno dovrebbero arrivare

anche HomeKit e Apple AirPlay 2.

Come si vede il Sony XG95Non abbiamo avuto il tempo per spremerlo come gli

altri TV, ma siamo comunque riusciti a fare le consuete

misure, la calibrazione, a guardare la TV, Netflix e con-

tenuti da chiavette USB (e non tutti vengono letti, con

alcuni file è un po’ capriccioso).

Come sappiamo Sony, insieme con i maggiori pro-

duttori di TV, ha stretto una partnership con Calman

per cercare di effettuare la calibrazione automatica

dei suoi televisori. Come sull’AF9 anche sull’XG95 c’è

questo sistema: si scarica l’app Bravia for Calman, si

collega un generatore, il software, la sonda e in pochi

minuti ci si trova il televisore regolato al meglio.

Nel caso del Sony però dobbiamo fare un paio di

considerazioni: con questa modalità si può calibrare

solo ed esclusivamente il TV per contenuti non HDR

e soprattutto l’autocalibrazione non fa altro che anda-

re a muovere gli stessi controlli che l’utente ha a di-

sposizione nei menu. Se con LG il software scrive una

LUT che carica nel televisore, cosa che un utente non

potrebbe fare, con il Sony è tutto molto più semplice,

nulla che un utente non possa fare con un po’ di espe-

rienza e software gratuiti come HCFR.

I profili di base del televisore non sono perfetti ma

sono comunque buoni, pertanto con l’XG95 sparisce

l’ansia da calibrazione: calibrato si vede meglio, è più

corretto, ma il cambio non è così drastico.

Abbiamo visto diversi contenuti di Netflix, e abbiamo

provato a usare la modalità “ottimizzata”: con il TV ca-

librato consigliamo di non usarla, altera leggermente i

colori, ma con il TV out of the box la sensazione è che

dia un qualcosa in più. Resta il fatto che nessuno è an-

cora stato in grado di spiegarci cosa fa questa modalità

esattamente e in base a che principio migliora la resa.

Tornando al nostro 75” la prima cosa da dire è che

questo 75” non avrà la resa del 65” o del 55”: Sony ha

infatti scelto di usare la tecnologia X-Wide Angle solo

sul modello maggiore che abbiamo provato. X-Wide

Angle è un filtro che dovrebbe migliorare la resa dei

pannelli VA quando non si guardano esattamente dal

torna al sommario 29

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

centro: solitamente, se ci si sposta sul fianco, il contra-

sto scende e i colori perdono di naturalezza, cosa che

non dovrebbe accadere invece con questa tecnologia.

X-Wide Angle però è una funzione che oltre a dare to-

glie: come aumenta infatti l’angolo di visione allo stes-

so modo aumenta anche il livello del nero. Il contrasto

raggiunto dai migliori LCD Sony non c’è, il rapporto di

contrasto è più basso e il nero non è proprio nerissi-

mo. Nemmeno il local dimming aiuta, perché le zone

non sono moltissime: ad occhio, usando una serie di

pattern, dovrebbero essere circa 55 / 60, poche per

un televisore così grande. E il blooming, ovvero l’alo-

ne attorno alle scritte, un po’ si vede, soprattutto se ci

spostiamo sul lato. X-Wide Angle funziona, perché ef-

fettivamente funziona, ma non è ancora perfetto e non

porta ancora l’XG95 ad avere l’angolo di visione di un

OLED. La tecnologia usata da Samsung sul Q90 per au-

mentare l’angolo di visione dei pannelli VA ci è sembra-

ta leggermente più efficace. L’aspetto davvero strano è

che Sony abbia deciso di usarla sul ta-

glio che forse ne aveva meno bisogno:

con 5 persone sedute davanti ad un

divano peer le due all’esterno l’angolo

di visione è molto più accentuato con

un 55” che con un 75”, più largo, quindi

forse Sony doveva metterla sul piccolo

e non sul gigante. La luminosità di picco

è buona, ma quando guardiamo i con-

tenuti HDR ricordiamo la meravigliosa

spinta che riusciva a dare lo ZD9 e ci

viene un po’ di nostalgia: era sempre un

LCD, ma era anche un vero spettacolo.

Questo XG95 ha un po’ meno grinta e

un po’ meno dinamica. Restano eccel-

lenti la gestione dello scaling così come

il processamento dei segnali, il processore X1 Ultimate

è una garanzia.

Un buon TV, ma forse conviene risparmiare un po’Il 75” Sony si vede bene, è un buonissimo TV. Ha un

processore ottimo e un pannello che offre un angolo

di visione ampio, una resa cromatica più che buona e

anche una luminosità di punta eccellente. Ma ci sono

tante piccole perplessità, soprattutto se guardiamo

ai 3.999 euro chiesti: il livello del nero è ovviamente

lontano anni luce da quello degli OLED, ma è lontano

anche da quello di altri TV Sony top di gamma LCD

che magari avevano un angolo di visione ristretto, ma

erano comunque più contrastati. La luminosità c’è, ma

anche in ambito HDR, con un local dimming con poche

zone controllate e un livello del nero non

bassissimo, non si crea quel magico

mix di dinamica e impatto che ci ha la-

sciato a bocca aperta su altri TV Sony

del passato. Se si vuole un TV grande a

questo punto molto meglio guardare al

Sony XG80 da 75”, costa decisamente

meno e siamo sicuri che la differenza

qualitativa non sia così ampia. Si deve

accettare un angolo di visione stretto,

un telecomando terribile in plastica e

un ambiente smart un po’ più lento ma

restano sempre in tasca 1500 euro.

TEST

Sony 75” XG95segue Da pagina 28

di Roberto FAGGIANO

Al primo sguardo la differenza non

si nota proprio, il nuovo diffusore

Technics SC-C30 sembra identico

al modello già noto C-50 per forma e

finitura. Solo affiancando i due diffusori

si può notare come il nuovo modello sia

leggermente più piccolo dell’altro, quasi

una riproduzione in scala ridotta. Il nuovo

diffusore diventerà il modello di ingresso

del marchio Technics ed è stato presen-

tato al recente show Hi-end di Monaco.

Il C30 utilizza anche gli stessi altoparlanti

(midwoofer e tweeter) del C50 ma con

sole due unità anzichè le tre del modello

superiore; rimane invece il woofer da 12

cm che completa verso il basso la gam-

ma di frequenze. Leggermente ridotta la

potenza disponibile per gli altoparlanti

mentre rimangono tutti i circuiti esclusivi

Technics per migliorare le prestazioni.

In particolare ritroviamo il circuito Space

Tune per la calibrazione acustica con

microfono integrato, per adattarsi alle

caratteristiche della stanza. Rimangono

anche le grandi capacità di sopportare

formati audio ad alta risoluzione fino al

DSD, caratteristica non comune nella

categoria. E rimane inalterata anche la

HI FI E HOME CINEMA Arriva in autunno il diffusore Technics, identico esteticamente al C50 ma più piccolo e con meno altoparlanti

Technics SC-C30 è un gioiellino: hi-res audio e niente filiIl nuovo diffusore diventerà il modello di ingresso del marchio Technics, il prezzo di listino verrà annunciato al lancio

versatilità degli ingressi, che comprende

la possibilità di collegare altre sorgenti in

modalità analogica, digitale ottica e USB

oltre alle connessioni wi-fi e bluetooth e

al Chromecast integrato. Anche dal pun-

to di vista estetico rimangono le due fini-

ture nera oppure bianca. Nessuna notizia

sul prezzo di listino, che verrà annunciato

in occasione del lancio del diffusore, pro-

babilmente alla prossima IFA di Berlino.

torna al sommario 30

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Roberto PEZZALI

N on è lo smartphone più bello del mondo, anzi,

sembra quasi vintage. Le cornici spesse e il corpo

in plastica su uno smartphone da 399 euro non si

vedevano da anni. Detta così sembrerebbe di trovarsi

davanti a una fregatura, ma c’è molto di più. È un Pixel,

è uno smartphone di Google, e a 399 euro mette a di-

sposizione di tutti la miglior fotocamera mai vista su uno

smartphone e la vera esperienza Android.

In attesa della recensione, ci siamo fatti un’idea abba-

stanza precisa di Pixel 3a, soprattutto in relazione al mo-

dello superiore. Punto uno, il design: non era bellissimo

il Pixel 3 e non è bellissimo questo, privo di cornici sottili,

schermi curvi o retro sfumato, i trend del momento. Però

non ha neppure il brutto notch e ha uno schermo OLED

piatto. Esatto, piatto, nessun fastidio di sentire lo scher-

mo che si piega sotto i polpastrelli in prossimità della P

o della E. Lo schermo è un OLED HD da 5.6”, dimensioni

perfette per uno smartphone che non è piccolo ma che

tra le mani si tiene benissimo. È molto leggero, e il merito

è del corpo in plastica (o policarbonato, più elegante):

qualcuno potrebbe indignarsi di fronte all’uso di questo

materiale così poco nobile su un prodotto da 399 euro,

ma Google offre delle bellissime custodie in tessuto che

rivalutano il retro e lo impreziosiscono. Se cade, poi, non

è delicato come il modello in vetro. Purtroppo la scocca

perde la certificazione IP, e non c’è la ricarica wireless.

Unico appunto, trattiene molto la polvere, per la carica

elettrostatica. C’è il jack audio, nella parte alta, ed è un

bonus non da poco: gli audiofili ringraziano.

La tabella che Google ci ha dato per confrontare Pixel 3

a Pixel 3a mostra due prodotti non troppo diversi da loro:

4 GB di RAM, 64 GB di storage, 3000 mAh di batteria,

stessa risoluzione e stessa fotocamera posteriore. Qual-

cuno potrebbe dire che 4GB sono pochi e che 64 GB di

storage non bastano, ma era impensabile avere più me-

moria su un prodotto che è una versione “low cost”. Con

4GB di RAM Android Pie gira benissimo, fluido come non

mai, e solo i 64 GB probabilmente stanno un po’ stretti.

Google crede che la gente utilizzi Drive e Photo, con

l’archiviazione delle foto inclusa nei Pixel, ma

molti utenti che scelgono smartphone di fa-

TEST Google presenta Pixel 3a: stessa fotocamera dei modelli maggiori, con una migliore esperienza Android, a un prezzo sorprendente

Google Pixel 3a, tutta la qualità fotografica del Pixel a 399 euro. La nostra anteprimaNon è bellissimo, ma con la sua sola fotocamera e l’ottimizzazione software dà del lungo a smartphone che costano anche il doppio

scia media non hanno la minima idea di come gestire

lo spazio sul device e sui servizi cloud. Cambia anche

il processore, da una parte Snapdragon 845, dall’altra

Snapdragon 670: se non lo avessimo letto non ce ne

saremmo accorti, perché differenze all’uso non se ne

percepiscono. Il Pixel 3a è pure privo del processore

dedicato al machine learning Pixel Visual Core, eppure

riesce a fare esattamente le stesse cosa che può fare il

modello maggiore. Le foto con effetto bokeh vengono

uguale e il tempo di elaborazione è simile, lo zoom è

uguale, il night mode è uguale (ma vedi sotto , la funzio-

ne di ascolto della musica in stand by c’è anche sul Pixel

3a e ci sono anche le funzioni Playground,

realtà aumentata, e Lens.

Abbiamo chiesto a Google a livello

di fotografia computazionale quali

sono le differenze tra Pixel 3, con

Pixel Visual Core, e Pixel 3a, che

ne è privo, e ci ha risposto che la

funzione HDR+ viene modulata e

ottimizzata sull’hardware del dispositi-

vo. Le informazioni che vengono elaborate

dal Pixel Core sul modello top sul Pixel 3a sono proces-

sate dall’Hexagon di Qualcomm, che è comunque un

processore che accelera i modelli machine learning.

La differenza è solo di capacità, perché il Pixel 3a può

processare fino a cinque frame a diversa esposizione

mentre il Pixel 3 arriva a sei. Google precisa che difficil-

mente vengono usate sei foto, solo con pochissima luce

il Pixel elabora dati da così tanti fotogrammi, in condizio-

ni standard ne bastano di meno. La risposta di Google

lascia comunque pensare che il Pixel 3 possa avere un

leggerissimo vantaggio nell’elaborazione della modalità

notte. Il processore “depotenziato” c’è sulla carta, ma

all’atto pratico non si sente.

Non manca il chip di sicurezza Titan, che gestisce paga-

menti digitali e autenticazioni con impronta, basato sul

classico sensore sul retro ormai abbandonato da tutti in

favore di quello sotto lo schermo o dei sistemi visuali.

Qui Google resta all’antica. Del Pixel 3A c’è anche la ver-

sione più grande, il Pixel 3a XL, ma non è così pratico

e maneggevole come il modello base. Che arriverà in

Italia, come il piccolo, in soli due colori, bianco e nero.

Torniamo al prezzo, 399 euro. Che non sono pochi, ma

è la metà, anche meno, del prezzo assurdo che gli smar-

tphone hanno raggiunto oggi. Google ha tolto cose che

a molti potrebbero non servire, come il corpo in vetro, il

processore più potente, che con un sistema così ottimiz-

zato non serviva, la ricarica wireless, o il waterproof.

Ma ha lasciato quello che invece le persone apprez-

zano: un ottimo audio, uno schermo bello e luminoso,

una fotocamera top e un sistema operativo liscio, veloce

e senza fronzoli. Il Pixel 3a è un prodotto ottimo ad un

prezzo davvero buono: verrà venduto solo sullo store di

Google, scelta apparentemente strana perché si limita

il potenziale pubblico interessato. Crediamo che sia un

prodotto pensato più per gli States, dove iPhone ha una

quota di mercato importante e Google è molto cono-

sciuta: con questo prezzo il Pixel può far male ad Apple.

In Italia Google probabilmente non ha grande interesse

a spingerlo, per non infastidire quelli che alla fine sono

partner, ovvero gli altri produttori Android. Senza comu-

nicazione mirata, Pixel 3a non avrà vita facilissima: oggi

il pubblico guarda il numero di fotocamere, i GB di RAM,

cerca schermi con il notch e batterie giganti. Sbagliando:

Pixel 3a non sarà bellissimo, ma con la sua sola fotoca-

mera e la sua ottimizzazione software lascia dietro smar-

tphone che costano anche il doppio.

Google Pixel 3aLa video anteprima

lab

video

torna al sommario 31

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

di Riccardo DANZO

L eggendo le specifiche tecniche di Honor 20 Lite

si potrebbe presto concludere che si tratta di un

best buy. Perché ormai le aziende fanno questo:

riempiono gli scaffali di modelli praticamente identici

tra loro cercando di spingere sugli aspetti che vengono

presi, magari a torto, come un riferimento quando si

tratta di comprare. Numero di fotocamere, RAM, core

del processore e così via. Sulla carta il nuovo smar-

tphone di Honor sembra avere tutte le caratteristiche

di un top di gamma al prezzo di 299€. Provandolo più

attentamente, poi, com’è giusto che sia, si capisce che

difficilmente potrà offrire la stessa esperienza d’uso

di uno smartphone da più di mille euro: le fotocamere

sono tre, ma se si guardano le caratteristiche le due

aggiunte sono da 2 megapixel e 8 megapixel. Sono di

qualità o fanno numero? Honor 20 Lite è in grado di

reggere il confronto con altri top di gamma senza sfi-

gurare? Lo vediamo in questa rapida recensione, che

deve comunque essere presa calandosi nel prodotto:

uno smartphone da 299 euro che tra qualche mese si

troverà anche a meno.

Il display è sicuramente uno dei punti di forza di Honor

20 Lite. Pur non utilizzando la tecnologia OLED, infatti,

il pannello utilizzato dalla casa cinese è di buona quali-

tà per questa fascia di prezzo, si è visto di peggio.

In particolare, si tratta di un LTPS FullHD+ da 6.21 pollici

con un rapporto schermo/superficie oltre il 90%. Con-

cretamente, la luminosità sotto la luce diretta del sole

è più che discreta e i colori, pur essendo a tratti troppo

saturi, sono ben riprodotti. Neri e contrasto non sono

quelli che si possono trovare su un OLED, ma l’angolo

di visione è buono.

Per quanto riguarda il reparto fotografico, Honor 20

Lite ha come dicevamo ben tre fotocamere. La fotoca-

mera principale è caratterizzata da un sensore da 24

megapixel con un apertura di f/1.8. Le altre due unità,

invece, rispettivamente da 8 megapixel e 2 megapixel,

sono dedicate alla modalità “ultra-wide” e a quella “ri-

tratto”.

Le foto scattate con il sensore principale e quello ultra-

wide nel complesso sono discrete, nulla di veramente

TEST A soli 299€ Honor 20 Lite è dotato di tre fotocamere e 128GB di memoria interna. Però ci sono tanti piccoli difetti e mancanze

Honor 20 Lite. 3 fotocamere, 128GB e tante mancanzeHonor 20 Lite è in grado di reggere il confronto con altri top di gamma senza sfigurare? Lo vediamo in questa rapida recensione

eccelso, ma per l’uso medio sono più che sufficienti.

Anche qui, purtroppo o per fortuna, come per quanto

riguarda il display, può capitare che i colori vengano

troppo “sparati” dall’intelligenza artificiale utilizzata nel

software della fotocamera. Per fortuna perché l’utenza

di questo tipo di prodotto si esalta se vede i verdi fosfo-

rescenti o il blu del cielo che sembra dipinto con Paint,

purtroppo perchè la realtà è diversa.

Ottima, rispetto a quanto offre la concorrenza di que-

sta fascia di prezzo, la modalità “notte”, che riesce ad

ottenere buoni risultati anche in presenza di poca luce.

Può ritornare utile, inoltre, scattare foto con la modalità

“ritratto” che, tramite il software, simula l’effetto bokeh.

Il terzo sensore da 2 megapixel, infatti, riesce a scon-

tornare discretamente bene la figura in primo piano

rispetto allo sfondo e a garantire un buon effetto sfoca-

to. A volte può capitare qualche leggera imprecisione,

ma la maggior parte delle volte l’effetto bokeh riesce.

Probabilmente si riusciva ad ottenere una resa simile

anche senza un sensore aggiuntivo, Google con i Pixel

insegna, ma Google non ha bisogno di tre fotocamere

per vendere, Honor si.

Buona anche la fotocamera anteriore da 32 megapixel

con apertura f/2.0 che, nascosta nel piccolo notch a

goccia dello smartphone, riproduce abbastanza fedel-

mente i colori e garantisce una buona nitidezza. Con

poca luce, tuttavia, questa fotocamera arranca e gli

scatti appaiono decisamente meno vividi e nitidi.

Honor 20 Lite è animato dal SoC HiSilicon Kirin 710, un

processore octa-core utilizzato in quasi tutti gli smar-

tphone di fascia medio-bassa Huawei/Honor e dalla

EMUI 9.0.1 basata su Android 9.0 Pie. Nel complesso

la velocità del sistema è buona anche se ogni tanto

abbiamo notato qualche rallentamento nell’utilizzo di

app di terze parti che richiedono parecchia potenza

di calcolo. Per esempio, utilizzando i filtri immagine

più complessi di Instagram, può capitare che i video

realizzati tramite quest’app risultino scattosi. Nulla di

trascendentale, il dispositivo si comporta bene in quasi

tutte le situazioni ma chi fa un certo uso dello smar-

tphone potrebbe incappare in qualche impuntamento.

Probabilmente, tuttavia, si tratta più di un problema di

ottimizzazione software che di pura potenza di calcolo

quindi con alcuni aggiornamenti le cose dovrebbero

migliorare. Sufficiente, inoltre, la memoria RAM da 4GB

che riesce a garantire una buona usabilità del sistema

e più che sufficiente, per la maggior parte delle perso-

ne, la memoria interna da 128GB espandibile comun-

que tramite microSD.

Per quanto riguarda il design, invece, c’è da dire che

il telefono è difficile da utilizzare con una mano sola

a causa delle generose dimensioni di 154,8 x 73,64 x

7,95 mm. Belle le cornici ridotte e bello anche il retro

che risulta, però, abbastanza scivoloso. Difficile da uti-

lizzare senza cover, anche se è molto piacevole farlo a

causa del peso davvero ridotto, solo 164g. La scocca

di plastica aiuta a tenere il peso basso. La batteria da

3400mAh di Honor 20 Lite garantisce, con un utilizzo

medio, una giornata di autonomia. Utilizzando le clas-

siche applicazioni come Whatsapp, Instagram e vari

social, un po’ di navigazione web e scattando qualche

segue a pagina 32

torna al sommario 32

MAGAZINEn.200 / 1920 MAGGIO 2019

foto si arriva a sera con un 20% residuo di carica. Con

un utilizzo più modesto probabilmente si riesce a fare

anche un giorno e mezzo di utilizzo ma è quasi impos-

sibile non caricarlo per 2 giorni. Sono presenti, inoltre,

diverse modalità di risparmio energetico che allungano

l’autonomia del telefono a discapito delle prestazioni

in caso non possiate ricaricarlo nell’immediato. Come

sempre l’EMUI raggiunge certe prestazioni in termini

di autonomia gestendo in modo molto aggressivo le

notifiche e i processi.

Piccola partentesi per quanto riguarda i sensori di

sblocco di Honor 20 Lite. Lo smartphone è dotato

sia di riconoscimento tramite impronta digitale che

di sblocco con il viso. Quest’ultima modalità funziona

perfettamente in presenza di buone condizioni di luce

ma è praticamente inutilizzabile di sera. Lo sblocco con

l’impronta, invece, funziona quasi sempre (a meno che

si abbiano le dita leggermente umide) ed è veramente

fulmineo. Sono presenti l’NFC, il Bluetooth 4.2 e il Wi-Fi

2.4GHz. Mancano all’appello, purtroppo, il Wi-Fi 5GHz

e il 4G+ ma Honor ha deciso di mantenere il jack audio

da 3.5mm su questo dispositivo. Purtroppo c’è ancora

la microUSB, e uno smartphone nel 2019 senza USB

Type C meriterebbe di finire lanciato con una fionda

nel cestino. Interessante, infine, la possibilità di inse-

rire due SIM all’interno dello smartphone. Il software

riesce a gestisce molto bene il Dual-SIM e si adatta

alle esigenze dell’utente che può personalizzare l’uti-

lizzo delle due SIM tramite le impostazioni del telefono.

Honor 20 Lite costa 299 euro, li vale? Siamo davanti

all’ennesimo smartphone fotocopia con pezzi presi

un po’ ovunque. Non è terribile, perché l’utente che

lo acquista non è certo un fanatico degli smartphone,

ma è comuque uno smartphone con tanti limiti e tanti

competitor. Un Samsung A50 offre sulla carta caratte-

ristiche simili ma ha uno schermo AMOLED, un Redmi

7 Note anche ma costa meno. E poi ci sono i top di

gamma vecchi a prezzacci, come il G7 di LG che TIM

“tira dietro” a 289 euro. Honor ci ha abituato a prezzi

molto competitivi, ma con questo Honor 20 Lite non ci

sentiamo di dire: “ok il prezzo è giusto”. Lo sarebbe se

costasse almeno 50 euro in meno.

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento

TEST

Honor 20 Litesegue Da pagina 31

di Sergio DONATO

l presidente Donald Trump ha firmato

un ordine esecutivo per vietare alle

società americane l’utilizzo di apparati

di telecomunicazioni forniti da aziende

straniere che rappresentano una minac-

cia per la sicurezza nazionale. La Casa

Bianca ha negato ufficialmente che l’or-

dine esecutivo sia uno strumento per

tenere lontana la cinese Huawei dal

mercato americano, ma di fatto al più

grande fornitore di telecomunicazioni al

mondo viene impedito di vendere le sue

tecnologie negli Stati Uniti. Anche perché,

poco dopo la firma dell’ordine, il Diparti-

mento del Commercio statunitense ha

inserito Huawei nell’elenco delle società

che pongono una minaccia agli interessi

nazionali. Washington ritiene che le appa-

recchiature prodotte o fornite da Huawei

possano essere usate dal governo cinese

per operazioni di spionaggio che avreb-

bero come obiettivo gli Stati Uniti. Nella

massima fase di espansione della nuova

rete 5G, il pericolo, secondo il presidente

Trump, potrebbe essere elevato.

In una dichiarazione a seguito dell’ordi-

ne, Huawei, che ha sempre negato ogni

connivenza spionistica, ha dichiarato che

“limitare la possibilità per Huawei di ope-

rare negli Stati Uniti non renderà il Paese

più sicuro né più forte. Al contrario, que-

sta decisione costringerà gli Stati Uniti a

usare prodotti di qualità inferiore e più co-

stosi, relegando il Paese in una posizione

di svantaggio nell’adozione delle reti di

ultima generazione.” C’è anche da sotto-

lineare che il divieto di acquisto per le so-

cietà americane, potrebbe colpire in modo

non troppo indiretto anche colossi come

Qualcomm e Broadcom, che vantano tra

i loro maggiori fornitori proprio Huawei.

Tuttavia, dato che le grandi società tecno-

logiche americane avevano già iniziato a

MOBILE Imposto il divieto alle società americane di comprare dalle aziende che pongono una minaccia alla sicurezza nazionale

USA: nessuna società americana può acquistare i prodotti HuaweiIl divieto di acquisto potrebbe colpire anche colossi come Qualcomm e Broadcom, che vantano Huawei tra i maggiori fornitori

limitare le forniture con Huawei,

il provvedimento vuole avere

effetto anche sulle piccole real-

tà tecnologiche rurali che conti-

nuano a usare le apparecchia-

ture Huawei (ma anche ZTE)

per le loro reti wireless a causa

della loro economicità. La deci-

sione del governo statunitense

è solo l’ultimo esempio della

tensione crescente tra Cina e Stati Uniti,

alimentata recentemente dalla guerra sui

dazi commerciali tra le due potenze. La

Casa Bianca ha però negato che il nuovo

ordine esecutivo sia uno strumento per

ottenere vantaggi nella sfida sui dazi, poi-

ché si tratta di una risoluzione che l’am-

ministrazione sta studiando da gennaio e

che comunque si svilupperà nei prossimi

150 giorni. Gli Stati Uniti hanno già con-

vinto Canada, Nuova Zelanda, Australia

e Giappone ad allontanare Huawei dalle

gare 5G sui loro territori, mentre in Euro-

pa l’appello non sta dando i suoi frutti. In

Italia, Huawei è un partner di Vodafone,

Tim e Wind Tre, con le quali sta già spe-

rimentando il 5G a Milano, Bari e Matera.

A febbraio, il sottosegretario al Ministero

dello Sviluppo Economico Michele Gera-

ci aveva dichiarato: “Non vedo Huawei

come un problema, per me è solo uno dei

25 nomi di produttori di apparecchiature

tra cui scegliere, con prezzi diversi e qua-

lità diversa.”

torna al sommario 33

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

È un fatto ormai certo che Renault stia per pre-

sentare quella che finora è banalmente identi-

ficata come Zoe 2, la seconda versione della

compatta elettrica francese, auto dall’indubbio suc-

cesso. In realtà nella sua decennale vita la Zoe ha

avuto diverse incarnazioni, molto simili tra loro in

verità, ma che l’hanno tenuta sulla cresta dell’onda

contribuendo a mantenere sempre attuale un pro-

getto sulla carta vecchio, ma estremamente funzion-

ale. Questo successo è in parte dovuto al progetto

iniziale, sicuramente precursore dei tempi che sa-

rebbero poi venuti, grazie al quale la Zoe al momen-

to del lancio era un’auto estremamente moderna e

che oggi risulta ancora attuale. In questo approfon-

dimento vogliamo ripercorrere le tappe che ci hanno

portato alle ultime versioni, partendo dal prototipo

che per primo ha dato vita a Zoe.

Zoe Concept, la prima elettrica nel 2009Il nome Zoe compare per la prima volta in un proto-

tipo presentato da Renault nel 2005. In quell’occa-

sione, al Salone di Ginevra, la casa francese mise in

mostra una piccola city car dall’insolita configurazio-

ne a tre posti, chiamandola appunto Zoé City Car. In

realtà questo progetto ancora non aveva nulla a che

fare con la Zoe attuale, soprattutto dal punto di vista

motoristico, dato che montava un normale motore a

combustione. L’inizio del progetto Renault Z.E. (Zero

Emission) può essere considerato il 2009, anno in

cui al Salone di Francoforte Renault presentò Zoe

Concept. Per la prima volta qui compare il motore

elettrico, con 95 CV di potenza, e alimentato da una

batteria al litio con 160 km di autonomia. Caratteristi-

che molto vicine alla prima vettura di serie, sebbe-

ne nel design e negli interni la vettura fosse ancora

molto diversa.

Zoe Preview, la prima vera ZoePer vedere per la prima volta la Zoe che tutti cono-

sciamo, o almeno una versione molto simile, bastò

AUTO ELETTRICA Ormai la carriera della Renault Zoe è quasi alla fine. Ecco i passaggi dei 10 anni di vita dell’elettrica più popolare

Renault Zoe: 10 anni per l’elettrica più popolare Dal prototipo ad oggi, ecco tutte le versioniUn successo in parte dovuto al progetto iniziale, precursore dei tempi: Zoe al momento del lancio era già molto moderna

attendere fino all’anno successivo, il 2010, momen-

to in cui Renault svelò Zoe Preview. Nome assolu-

tamente azzeccato per questo prototipo, in quanto

condivideva già gran parte delle soluzioni finali che

sarebbero poi state della versione di produzione. Dal

punto di vista estetico la carrozzeria era praticamente

allo stadio definitivo, mentre gli interni, pur somiglian-

do alla Zoe finale, erano ancora futuristici, tipici dei

concept. Dal punto di vista tecnico le modifiche erano

poche, con un taglio della potenza a 80 CV, ma auto-

nomia invariata. Da sottolineare la velocità massima

autolimitata a 135 km/h, la stessa dei giorni nostri, an-

che se la strumentazione di bordo segnala ad oggi 141

km/h come picco di velocità. Zoe Preview aveva an-

che un altro dettaglio molto interessante rappresen-

tato dal tettuccio. Se nel prototipo del 2009 questo

era ricoperto da un pannello fotovoltaico (soluzione

studiata più per stupire che per reale utilità), nel 2010

fa la sua comparsa un tetto panoramico trasparente.

Per motivi di costo questo venne poi abbandonato,

rivelandosi però un precursore dei nostri giorni, in cui

è un optional spesso utilizzato dalle case. tessa sor-

te per i gruppi ottici, che presentavano dei contorni

con le cosiddette Ice-Light, con al centro altri piccoli

gruppi LED. Anche in questo caso i fari vennero poi

semplificati, ma la tecnologià utilizzata in Zoe Preview

è ad oggi utilizzata nelle auto più moderne per gruppi

ottici più accattivanti.

2012, da Flins esce la prima Zoe prodottaSi passa quindi al 2012, anno in cui Renault utilizzò il

solito palcoscenico di Ginevra per presentare la Zoe

di serie. Come detto in precedenza l’auto era presso-

ché identica alla Preview, se non per la semplificazio-

ni citate. In particolare gli interni, pur mantenendo un

certo stile futuristico, abbracciavano diversi dettagli ti-

pici del gruppo Renault. La reale commercializzazione

arrivò in realtà nel 2013, a causa di diversi ritardi sulla

tabella di marcia, anche se alcuni esemplari uscirono

dalla fabbrica francese di Flins già nel 2012.

A livello tecnico la versione commerciale di Zoe è in

pratica una gemella della Renault Clio, sempre pro-

dotta a Flins, con lo stesso pianale e ingombri simili.

Al lancio il motore elettrico venne portato a 88 CV

(65 kW), mentre la batteria era da 22 kWh e 280 kg

di peso. La vettura, inizialmente disponibile nella sola

versione Q210, con 210 km di autonomia nel ciclo

NEDC, aveva poi la particolarità della ricarica, virtual-

segue a pagina 34

torna al sommario 34

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

mente possibile a qualsiasi potenza in corrente alter-

nata, da un minimo di 1.8 kW fino a 43 kW, monofase

o trifase, passando per tutti i valori intermedi. Questa

peculiarità valse al sistema di Zoe il nome di Chama-

leon, per la sua estrema adattabilità.

Il successo e le tante versioniDa subito Renault Zoe si distingue per il buon suc-

cesso di mercato, considerata la poca attenzione per

l’elettrico di quegli anni. Dopo poco arrivarono spin-

te consistenti alle vendite grazie agli incentivi statali

messi in campo da diversi Governi, prima fra tutti pro-

prio quello francese, e tra i quali si ricorda anche un

timido tentativo italiano. Negli anni successivi, visto il

buon successo, la casa transalpina ha cercato di ca-

valcare il più possibile il suo cavallo vincente, sfornan-

do nuove versioni a ripetizione, incluse alcune edizio-

ni limitate. Tra queste ricordiamo la Swiss Edition, in

pratica un’anteprima di ciò che sarebbe arrivato poi,

oppure la Star Wars Edition, edizione limitata in 1.000

esemplari dedicata alla nuova trilogia della popolare

saga. Ma mentre la Swiss era ancora legata alla prima

incarnazione della Zoe, la versione Star Wars era già

una “next generation”.

Cresce la batteria, Zoe diventa grandeFacendo un passo indietro infatti dobbiamo ricord-

are come Renault, nel corso degli anni di vita della

Zoe, abbia sempre cercato di migliorarla, senza

mai cambiare troppo la squadra vincente. Al fianco

della originale Q210 arrivò dopo poco la R240 che,

come indicato dalla sigla stessa, aumentava l’au-

tonomia massima da 210 km a 240 km. Questo gra-

zie a un nuovo motore, più efficiente, direttamente

prodotto in casa, che consentiva più range tramite

consumi più contenuti. Il rovescio della medaglia di

questo motore era ed è la possibilità di caricare fino

a un massimo di 22 kW di potenza, perdendo una

peculiarità della Zoe, che ne faceva l’unica vettura

con ricarica fast in AC. Si arriva dunque allo storico

passaggio, all’inizio del 2017, con l’arrivo della nuova

batteria da 41 kWh. Con un salto dai precedenti 22

kWh, LG Chem è riuscita a fornire a Renault una bat-

teria praticamente dalla capacità doppia, nello stesso

spazio e all’incirca con lo stesso peso, raddoppiando

di fatto anche le prestazioni della vettura. Certificata

per autonomia fino a 400 km, 300 km nella vita più

reale, la Zoe nel 2017 diventa “grande”, togliendosi

definitivamente l’etichetta di auto adatta alla sola cit-

tà. Fu una delle prime auto elettriche, Tesla esclusa

ovviamente, a proporre una autonomia così elevata,

e nemmeno a dirlo questo contribuì a mantenerne il

successo, fino ad oggi. Con quella che ufficialmente

è considerata la seconda versione di Zoe, Renault

fece anche la mossa di riportare in auge il vecchio

motore della serie Q, ripristinando anche la possibil-

ità di ricarica a 43 kW. I clienti potevano in fase di

configurazione scegliere il tipo di motore, e scegliere

quindi se caricare più velocemente o avere una man-

ciata di chilometri in più di autonomia. Arrivò anche

la targhetta “ZE40”, ad identificare tutte le nuove

vetture con la batteria aggiornata. Per un periodo

di tempo limitato Renault decise anche di curarsi

dei vecchi clienti proponendo l’aggiornamento della

batteria alle Zoe di prima generazione. L’accumula-

tore infatti fu volontariamente sviluppato per essere

compatibile con le auto più vecchie, così da miglio-

rarne l’autonomia. Il programma, in realtà mai partito

a un ampio regime, fu presto dismesso a causa della

mancanza di pacchi batteria per gli upgrade, fortu-

natamente per Renault a causa delle ottime vendite

sempre registrate dal modello nuovo.

Arriva Zoe 2, passando per qualche sognoNel nostro percorso dei dieci anni di vita di Renault

Zoe siamo quindi arrivati ai giorni nostri, con l’arri-

vo imminente di Zoe 2, qualsivoglia nome gli ver-

rà donato. L’auto è già stata avvistata durante i test

effettuati con gli esemplari preserie, e sembra de-

cisamente simile alla Zoe che tutti conosciamo. Non

sono ancora trapelate indiscrezioni sulle specifiche

tecniche, se non che finalmente anche il gruppo

francese abbandonerà la ricarica in sola corrente al-

ternata, per passare allo standard fast europeo della

ricarica in DC con il connettore Combo CCS.

Prima di arrivare alla Zoe 2 però la casa francese

ha fatto in tempo a proporre un’ultima, migliorata

versione, denominata R110, con un motore legger-

mente più potente ed efficiente, che secondo alcuni

troveremo anche in Zoe 2, introducendo anche l’in-

edito colore viola mirtillo. In chiusura vogliamo però

segnalare quello che in pratica è un esperimento,

che molto probabilmente non vedrà mai la luce, ma

che ha fatto sognare gli appassionati di Zoe e del

marchio Renault: Zoe E-sport Concept.

Si tratta in pratica di una versione sportiva della

Zoe, con carrozzeria pesantemente rivista e dalle

prestazioni strabilianti. Nata dall’unione della Zoe

di serie con la monoposto di Formula E del team

e.dams, è dotata di due motori per un totale di 340

kW di potenza, e ben due batterie da 40 kWh. Accel-

erazione da 0 a 100 km/h in 3.2 secondi e velocità

massima di 210 km/h, raggiunta in meno di 10 secon-

di. Resterà davvero solo un sogno?

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Renault Zoe: 10 anni di elettricosegue Da pagina 33

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torna al sommario 36

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

L a prima elettrica del nuovo corso

Volkswagen non si chiama ID Neo

ma ID.3. Finalmente è arrivato il

lancio definitivo che segna l’apertura

dei preordini, anche se con una moda-

lità anomala. L’auto non è stata svelata

completamente in tutti i suoi dettagli,

lasciando un po’ di mistero anche per i

prossimi mesi, con particolari che ver-

ranno rivelati gradualmente. Per chi

vuole però è già possibile manifestare

il proprio interesse, con una caparra

di 1.000 euro. Con questo anticipo si

potrà essere tra i primi a ricevere la

ID.3, che prevederà inizialmente una

versione limitata (non solo nei numeri

ma anche nei particolari estetici) da

30.000 unità, chiamata ID.3 1ST. Come

anticipato, saranno tre gli allestimenti

disponibili una volta arrivati a pieno re-

gime, un entry level con batteria da 45

kWh e 330 km di autonomia, una me-

AUTO ELETTRICA ID.3, la prima elettrica che segnerà un cambiamento storico per Volkswagen

Inizia la nuova era Volkswagen: svelata ID.3, la prima elettrica della nuova gammaSi parte con l’edizione speciale ID.3 1st con batteria da 58 kWh, da meno di 40.000 euro

dia (che sarà proprio al 1ST edition) da

58 kWh e 420 km, e la top di gamma

da 77 kWh e 550 km di range. Come

promesso il prezzo entry level sarà sot-

to i 30.000 euro, mentre per la media

si parla di prezzo sotto i 40.000 euro.

Prezzo ancora sconosciuto per la mi-

gliore delle tre sorelle. Nel frattempo è

già possibile visitare la pagina dedica-ta ai pre-ordini italiani.

Le auto elettriche inquinano? Volkswagen produrrà le ID con zero emissioni di CO2Durante la presentazione della ID.3, Volkswagen ha reso noto anche il progetto per rendere a impatto zero la fase produttiva di Massimiliano ZOCCHI

L’argomento è di quelli dibattuti all’infinito: l’auto elettrica non ha emissioni inquinanti durante l’uti-lizzo, ma nella fase di produzione? Sebbene diverse ricerche a livello europeo dimostrino come l’impatto inquinante delle auto elettriche sia comunque minore anche conside-rando le emissioni durante la co-struzione dei veicoli e della batte-ria, Volkswagen vuole andare oltre, in un’operazione che ridisegnerà completamente la percezione del marchio. Durante la presentazione della ID.3, la casa tedesca ha reso noto che intende anche abbattere l’impronta sull’ambiente dei suoi stabilimenti, in particolare quello di Zwickau, dove saranno prodotte le prime elettriche. L’impianto è in fase di aggiornamento per utilizza-re energia al 100% rinnovabile, così da portare sul mercato una vettura che fino al momento della vendita non abbia avuto nessun impatto ambientale. Dove Volkswagen non riuscirà ad arrivare con le sue forze, si avvarrà di fornitori di ener-gia con contratti per energia cer-tificata 100% green, acquistando i necessari certificati per pareggiare completamente le emissioni non coperte. L’impegno di VW andrà anche oltre la vendita, suggerendo ai clienti fornitori di energia green anche per la fase di ricarica duran-te la vita del veicolo. Nel frattempo svilupperà anche una catena di riciclaggio per quando le batterie non saranno più idonee all’autotra-zione, presumibilmente non prima di 10 anni da oggi.

10.000 preordini in 24 ore: ai primi un anno di ricarica gratisAncora segretissimi gli interni, così

come le specifiche tecniche nel det-

taglio. Eppure già oltre 10.000 clienti

hanno espresso interesse per la nuova

Volkswagen ID.3, versando i 1.000 euro

di caparra necessari per essere tra i pri-

mi a poterla provare e ordinare.

Saranno infatti solo 30.000 le vetture

del primo lotto di produzione, in edizio-

ne speciale ID.3 1st, con batteria da 58

kWh, l’unico dato tecnico conosciuto fi-

nora. I primi clienti, come ringraziamen-

to per la fiducia, riceveranno anche un

anno di ricarica gratuita, o un massimo

di 2.000 kWh, presso i network in colla-

borazione con VW, come Ionity.

La caparra è completamente rimborsa-

bile nel caso dopo la prova ci si renda

conto che non è l’auto giusta per sé. Per

le prove bisognerà aspettare sicuramen-

te dopo il Salone di Francoforte a set-

tembre, occasione in cui la vettura verrà

completamente svelata. Nel frattempo

ci aspettano molte settimane estive in

cui la casa tedesca ci farà conoscere

ID.3 una piccola parte alla volta, con una

campagna marketing martellante e sen-

za precedenti.

Come detto la versione 1st sarà con bat-

teria di fascia media e 420 km di autono-

mia (WLTP), mentre per l’entry level con

45 kWh e 330 km di range bisognerà

attendere il 2020, anche se sarà la se-

conda versione in produzione. Curiosa-

mente pare che Volkswagen abbia deci-

so di lasciare la top di gamma da 77 kWh

ultima in ordine di tempo, rompendo un

po’ gli schemi di Tesla ed altre case.

DMOVE Arriva la variante ibrida plug-in della Opel Grandland X

Opel Grandland X PHEV: due motori elettrici e 50 km di autonomia

di M. ZOCCHI

C rescono gli sforzi del

gruppo PSA sul fronte

della mobilità elettri-

ca, e dopo i recenti annunci

della Peugeot e-208 e della

nuova Opel Corsa elettrica,

arriva propria per il marchio

tedesco una nuova aggiun-

ta, con Grandland X PHEV.

Il noto SUV di Opel nella sua

declinazione ibrida plug-in

prenderà il nome di Grand-

land X Hybrid4 e sarà ordinabile più avanti nel corso del 2019, costruita sulla stessa

base della Peugeot 3008 ibrida. Il powertrain è composto da due motori elettrici

da 80 kW ciascuno, insieme al motore a combustione 1.6 benzina, per una potenza

totale di 220 kW. La batteria avrà una discreta capienza, 13.2 kWh, sufficienti se-

condo il ciclo WLTP per 50 km di autonomia. Autonomia elettrica che può essere

recuperata con il caricatore AC di bordo, da 3.3 kW di potenza, eventualmente

migliorabile a 6.6 kW come optional. L’auto avrà diverse modalità di guida tra cui

scegliere: Electric, Hybrid, all-wheel e Sport, oltre alla possibilità di guida a un solo

pedale, grazie alla potente frenata rigenerativa, in grado anche di arrestare l’auto

senza l’uso dei freni meccanici.

torna al sommario 37

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

Sono giorni intensi per Volkswagen

Group, dopo l’apertura dei preordi-ni della ID.3. Ma la squadra è com-

posta da un ampio portfolio di marchi,

tra cui c’è anche Seat, da cui a sua volta

dipende anche Cupra. E proprio da que-

sti brand sono arrivati importanti annunci

da Automobile Barcelona, giunto alla sua

centesima edizione. Novità importanti

dicevamo, che riguardano l’elettrificazio-

ne della flotta, come per Volkswagen. La

prima e forse più importante sarà l’auto

AUTO ELETTRICA Arrivano importanti annunci dalla centesima edizione di Automobile Barcelona

Seat e Cupra a tutto elettrico: da Barcellona in mostra tre modelli per elettrificare la flottaSeat ha presentato la gamma di veicoli che elettrificherà la flotta a partire dal 2020

per ora conosciuta

come el-Born. Se dal-

le forme si sospettava

una parentela stretta

proprio con ID.3, le

specifiche tecniche

sembrano conferma-

re alla grande questa

ipotesi. Seat ha rive-

lato che l’auto, in arri-

vo nel 2020, avrà batteria da 58 kWh e

420 km di autonomia, esattamente come

la versione intermedia di ID.3, la prima ad

essere commercializzata. Per il prototipo

si parla anche di capacità di ricarica a 100

kW di potenza, equivalenti a circa 260 km

recuperati in 30 minuti. Restando sempre

con Seat, c’è attenzione anche alla mobi-

lità urbana, con la piccola Minimò. L’idea

è quella di avere un micro veicolo dedi-

cato alla città, esperienza già provata da

altri costruttori, ma con finiture migliori e

con tutte le più recenti tecnologie. Non ci

sono però al momento informazioni pre-

cise per un eventuale lancio. Dopo solo

un anno dalla sua nascita come brand

indipendente, anche Cupra ha portato

a Barcellona una novità interessante:

Cupra Formentor Concept. Si tratta di un

SUV dai tratti sportivi, come da DNA del

brand, che ha una motorizzazione ibrida

plug-in. Anche in questo caso si tratta di

un prototipo per il quale però c’è già una

tabella di marcia, per portarlo sul mercato

sempre nel 2020. Non poteva mancare

allo stand anche la Cupra e-Racer, una

vera auto da corsa elettrica, realizzata

per mostrare le potenzialità della casa,

con 300 kW di potenza che sale però a

500 kW di picco. A queste vetture do-

vrebbero poi aggiungersi anche la Seat

Mii (gemella della Volkswagen e-up!), la

Seat Leon PHEV, Seat Tarraco PHEV e

Cupra Leon PHEV.

Sion, la prima auto elettrica a ricarica solare, tocca i 10.000 preordiniPochi mesi fa venivano aperti i preordini di una delle auto elettriche più ambiziose del momento: la Sion di Sono Motors è un’auto elettrica che promette un’autonomia di 34 Km grazie alla sola energia solare di F. AQUINI

Sion, l’innovativa auto ricaricabi-le con pannelli solari prodotta da Sono Motors, ha aperto i preordini in vista del lancio della produzio-ne. La startup ha già collezionato 10.000 prenotazioni, la maggior parte delle quali (87% per l’esattez-za) arriverebbero da Germania, Au-stria e Svizzera. Un dato che non stupisce, seppure i paesi interes-sati sarebbero più di 20, Italia com-presa. Per la prenotazione bastano 500 euro dei 16.000 totali richiesti per portarsi a casa l’auto. L’auto è prodotta in Svezia dalla NEVS, azienda nata dalle ceneri di SAAB. La produzione dovrebbe partire nella seconda metà del 2020 e verrà effettuata esclusivamente con energia rinnovabile. Secondo i piani industriali dovrebbe portare, nella prima fase, alla realizzazione di 260.000 veicoli nell’arco di otto anni. Sion potrà essere acquistata con la formula di noleggio della batteria oppure con batteria in-clusa. In questo caso però il costo dell’auto lieviterà a 25.500 euro. Si tratta di un’auto con un’autonomia di circa 250 km, a cui la ricarica solare contribuirà con 34 km di autonomia giornaliera. Oltre alla ricarica solare, la Sion conta anche un inedito sistema di condivisio-ne dell’energia, per ricaricare una Sion collegandola a un’altra.

di M. ZOCCHI

D opo che Seat ha rivelato le caratte-

ristiche tecniche finali dell’elettrica

el-Born, è stato confermato quello

che era più di un sospetto, scaturito da una

estetica pressoché identica: Volkswagen

ID.3 e Seat el-Born sono praticamente la

stessa auto. Il dato più indicativo è quello

relativo alla batteria e all’autonomia, dato

che el-Born è accreditata per 58 kWh e

AUTO ELETTRICA ID.3 e el-Born sono la stessa auto con aspetto leggermente modificato

Volkswagen ID.3 e Seat el-Born sono la stessa auto: anche gli interni potrebbero essere simili?Gli interni di ID.3 sono ancora segreti, le foto di el-Born ci offriranno un’anticipazione?

420 km, guarda caso pro-

prio come il primo lotto di

ID.3 1st edition. Per questo

motivo l’ampio materiale

fotografico rilasciato da

Seat su el-Born potrebbe

offrire qualche suggeri-

mento su ciò che ancora

non sappiamo di ID.3. In

particolare non sappiamo nulla degli in-

terni, in quanto la strategia di Volkswagen

è stata di aprire i preordini senza rivelare

del tutto la vettura. Dell’abitacolo non esi-

ste nessuna immagine, fatto salvo quelle

del prototipo che sicuramente è diverso.

Basti guardare le linee della carrozzeria,

più lineari e morbide quelle di VW, più spi-

golose e aggressive quelle di Seat, ma la

struttura degli interni potrebbe restare si-

mile, specie nella strumentazione. Scopri-

remo la verità solo quando Volkswagen si

deciderà a mostrarci nuove foto, nel cor-

so della campagna marketing che punta

alla presentazione totale in programma

per Francoforte.

torna al sommario 38

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

H UDWAY è una compagnia esper-

ta in Head Up Display, dei piccoli

proiettori abbinati a un vetro ri-

flettente che consente di vedere infor-

mazioni, mappe e molto altro, mentre si

guida e senza mai distogliere lo sguar-

do dalla strada. Questo tipo di optional

ad oggi è ancora molto costoso, e le

soluzioni di HUDWAY consentono di

abbattere notevolmente l’impatto sul-

le proprie finanze, appoggiandosi alla

versatilità degli smartphone. L’ultimo

prodotto sviluppato, HUDWAY Drive, si

appoggia appunto ad una app dedicata

per iOS o Android, tramite la quale può

trasmettere al mini proiettore le mappe

di MapBox oppure eseguire il mirroring

del proprio software di navigazione pre-

ferito, Waze, Google Maps o qualsiasi al-

tra. Al tempo stesso però può mostrare,

INFOTAINMENT Sta andando fortissimo la campagna su Indiegogo per HUDWAY Drive

Su Indiegogo l’Head up Display è per tuttiÈ un head up display universale e dal prezzo competitivo. Riceve anche chiamate e notifiche

come i gli HUD delle

case automobilistiche,

le chiamate in entra-

ta e le notifiche della

messaggistica, oltre a

tutta una serie di per-

sonalizzazioni della

schermata. HUDWAY

ha sfruttato le passate

esperienze nella rea-

lizzazione di dispositi-

vi simili per creare un

prodotto più affinato

e facile da installare.

Grazie alla base flessibile HUDWAY

Drive è in grado di adattarsi alla mag-

gior parte dei cruscotti, e c’è pure una

versione studiata per integrarsi nel de-

sign di Tesla Model 3 e Model Y. In più

è possibile acquistare anche un kit di

videocamere posteriori e laterali, per le

manovre di parcheggio. È in previsione

un kit per la visione notturna. Un HUD-

WAY con prezzo promozionale dedica-

to a Indiegogo costa 142 euro, mentre il

modello specifico per Tesla Model 3 e

Y costa 178 euro. Attualmente il team di

sviluppo ha già creato prototipi definiti-

vi pronti alla produzione, con consegne

previste per agosto 2019.

Inizia la produzione di Mercedes EQC 400 km di autonomia a partire da 71.000 euroNegli stabilimenti in Germania è partita la produzione della prima Mercedes elettrica. Prezzi da 71.000 euro circa ma si partirà con un’edizione speciale di M. ZOCCHI

La Mercedes EQC, la prima elet-trica del marchio tedesco, è uffi-cialmente entrata in produzione nello stabilimento di Brema, in Germania, lo stesso dove vengono assemblate anche GLC e C-Class. L’auto dovrebbe essere disponibi-le a breve, con una batteria da 80 kWh, realizzata con celle LG Chem e costruita da Deutsch Accumoti-ve. La vettura dovrebbe garantire tra 445 e 471 km, secondo il ciclo NEDC, presumibilmente tra 350 e 400 km nel più realistico ciclo WLTP. Le altre caratteristiche, che dovrebbero restare invariate, sono velocità massima di 180 km/h, ac-celerazione 0-100 in 5.1 secondi, garantite da due motori elettrici da 300 kW di potenza totale e 760 Nm di coppia istantanea. Il carica-tore lento di bordo sarà da 7.4 kW, per un totale di 11 ore necessarie per la ricarica, mentre la ricarica DC fast può essere portata a termi-ne in 40 minuti (da 0% a 80%).L’auto avrà un prezzo (in Germania) a partire da 71.281 euro, ma inizial-mente sarà disponibile la versione limitata EQC Edition 1886 a 84.930 euro, ricalcando il modus operandi di molte case, Tesla in testa, che propongono prima modelli speciali per poi scendere gradualmente alle altre versioni più abbordabili.

di M. ZOCCHI

L e forze politiche al Governo, M5S e

Lega, hanno ultimato il testo con le

modifiche al codice della strada, che

ora è passato nelle mani della Commis-

sione Trasporti. Il testo non è ovviamente

definitivo, e potrà subire emendamenti

fino al 3 giugno, ma sono nel frattempo

filtrate le novità più importanti che ver-

rebbero introdotte se confermate.

In generale si registra un inasprimento

delle sanzioni, per cercare di contrastare

fenomeni in rapido aumento, come l’uso

dello smartphone alla guida. Proprio per

i telefoni cellulari è stato introdotto un

esplicito divieto di “smartphone, compu-

ter portatili, notebook, tablet e dispositi-

vi analoghi che comportino anche solo

temporaneamente l’allontanamento del-

le mani dal volante”. Attualmente l’even-

tuale sanzione andrebbe da 161 euro a

647 euro, ma verrà aumentata in una

somma compresa tra 422 e 1.697 euro. In

più si rischia la sanzione accessoria della

sospensione della patente da 7 giorni a

2 mesi. Aumenta anche la decurtazione

TRASPORTI Il testo con le modifiche al codice della strada arriva in Commissione Trasporti

Modifiche del codice della strada: via i punti per chi parcheggia davanti alle colonnine di ricaricaSanzioni inasprite per l’uso dello smartphone, mentre non aumentano i limiti di velocità

dei punti per la viola-

zione, che passa da 5

a 10 punti. Punti che

verranno decurtati

(finalmente) anche a

chi sosta davanti alle

colonnine di ricarica

per veicoli elettrici.

Saranno solo 2 i punti

persi in questo caso,

ma rimarranno le san-

zione già introdotte precedentemente,

oltre alla rimozione forzata. Aumentano

invece i punti decurtati per chi parcheg-

gia sui posti dedicati ai disabili: si passa

dai 2 punti attuali a 4, più le nuove san-

zione da 161 euro a 647 euro (erano da

85 a 334 euro). Per quanto riguarda la

circolazione, non ci sarà il tanto sban-

dierato aumento dei limiti a 150 km/h

sulle autostrada a tre corsie (sempre che

non venga approvato un emendamento

a riguardo), e c’è il via libera a moto e

scooter 125 cc a circolare in autostrade

e strade extraurbane. Non è chiaro al

momento se questa novità possa riguar-

dare anche la liberalizzazione della cir-

colazione anche per le moto elettriche.

Il divieto di fumare alla guida, secondo

molti distrazione equiparabile allo smar-

tphone, pare non sia arrivato, così come

alla fine non è arrivata la tanto discussa

norma per permettere alle biciclette la

circolazione contromano. Arriverà invece

l’estensione del foglio rosa, che passa da

6 a 12 mesi di validità, così come la luce

semaforica gialla con un tempo minimo,

ovvero 5 secondi. Infine segnaliamo la

possibilità che venga abolito l’obbligo

dell’uso delle luci nelle ore diurne, sia di

posizione che anabbaglianti.

torna al sommario 39

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

P iù volte abbiamo parlato di mezzi

elettrici per la micro mobilità ur-

bana, anche con test e recensione

di diversi prodotti (come la prova dello

Xiaomi M365 o del Glyboard Lambor-ghini), ma abbiamo sempre dovuto se-

gnalare come l’utilizzo di questi veicoli

fosse in una “zona grigia” del carente

Codice della Strada italiano. Di fatto que-

sti prodotti non possono essere utilizzati

su suolo pubblico, nemmeno sulle piste

ciclabili, condizione però che sembra fi-

nalmente arrivata a una fine. Il Ministero

delle Infrastrutture e dei Trasporti infatti

ha pronta una bozza del decreto che

segnerà l’inizio di una sperimentazione

alla circolazione di monopattini elettrici,

hoverboard, monoruota e padane auto-

bilancianti tipo Segway. La bozza ora è

al vaglio delle amministrazioni comunali,

per eventuali segnalazioni o suggeri-

menti, dato che saranno proprio i singoli

Comuni ad emanare apposite ordinanze

URBAN MOBILITY I mezzi di micro mobilità elettrica stanno per uscire dal limbo legislativo

Monopattini elettrici e hoverboard legali: cosa dice la bozza del decreto di sperimentazioneLa bozza per sperimentare l’uso su suolo pubblico è al vaglio delle amministrazioni comunali

per approvare l’utilizzo sulle strade e

aree cittadine. Le ordinanze dovranno

indicare gli spazi idonei all’utilizzo, siano

essi piste ciclabili, corsie preferenziali o

altri spazi di strada o zone pedonali, e

prevedere apposita segnaletica. Nella

bozza ci sono indicate anche le speci-

fiche tecniche che i mezzi dovranno ri-

spettare. La potenza non dovrà essere

superiore a 500 W, con velocità massima

di 20 km/h, dovranno avere un segnala-

tore acustico e una luce frontale fissa,

bianca o gialla, come succede già per

altri mezzi, vietando altri tipi di colore.

In nessun caso potranno quindi essere

utilizzati di notte in mancanza dell’appo-

sita luce e non dovranno mai avere un

sellino, ma essere usati solo in posizione

eretta. Nel caso di utilizzo in aree pedo-

nali è previsto anche il limitatore di velo-

cità a 6 km/h. Le indicazioni sono parec-

chie, ed è già evidente come una grande

varietà dei mezzi venduti in passato o in

vendita tutt’ora non siano compatibili

con queste norme. Infatti manca spesso

il limitatore di velocità, la quale spesso è

anche superiore a 20 km/h, e di sovente

per rendere più attrattivi hoverboard e

compagnia, i produttori hanno giocato

con i colori delle luci. Automaticamente

esclusi anche tutti i modelli con doppio

motore 300 + 300 watt, poiché supere-

rebbero il limite imposto.

I Comuni interessati alla sperimentazione

dovranno farne comunicazione al Mini-

stero entro 30 giorni dal provvedimento

pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dovran-

no decidere i tratti urbani adibiti alla cir-

colazione, installare i cartelli e prevedere

anche aree di sosta per questi mezzi. La

sperimentazione deve avere durata di 12

mesi, al termine dei quali verrà eseguita

una relazione.

Le nuove regole come visto non sono

un “liberi tutti”, mirano anzi a una severa

regolamentazione. Anche per questo i

veicoli di micro mobilità potranno essere

condotti solo da maggiorenni o minoren-

ni con patente AM, evitando manovre

pericolose e indossando giubboto re-

troriflettente nelle ore notturne. Vi ag-

giorneremo non appena queste norme

verranno confermate o modificate.

Ora le auto Tesla fanno autodiagnosi e ordinano da sole pezzi di ricambioPer velocizzare le operazione di assistenza, Tesla ha introdotto un sistema di autodiagnosi: prima che il cliente si accorga, il pezzo di ricambio è già in viaggio di M. ZOCCHI

Spesso negli aggiornamenti Over the Air di Tesla si nascondono funzionalità che vengono rilevate solo quando un utente ci si imbat-te. È il caso della nuova abilità di eseguire autodiagnosi e rilevare quindi eventuali problemi, guasti o necessità di un service center. Nel caso sia necessario, l’auto stessa può anche predisporre la spedi-zione immediata di un pezzo di ricambio, lasciando al proprietario solo l’incombenza di prenotare un appuntamento presso la sua offi-cina di riferimento. È quello che è successo di recente a un proprie-tario di Tesla Model 3. Il cliente si è visto comparire il messaggio sul display centrale, per avvisarlo di una anomalia nel sistema ener-getico della Model 3. Come reci-ta il messaggio “un componente di ricambio è già stato spedito al tuo Tesla Service Center preferito. Si prega di prendere un appun-tamento tramite l’app mobile di Tesla o tramite il proprio account”. Tesla ci tiene a specificare che le azioni automatiche intraprese dal sistema dell’auto possono anche essere annullate, nel caso il pro-prietario non ritenga necessario l’intervento. Un’altra situazione dove Tesla sta cercando di preve-nire i bisogni dei sui clienti riguar-da i guasti duranti la marcia.

DMOVE La prima Ducati elettrica secondo uno studio di design

La prima Ducati elettrica è vicina Potrebbe essere così il design?

di M. ZOCCHI

A inizio anno il CEO Claudio Domenicali ha rivelato che la casa di Porgo Panigale

è già al lavoro su una sua moto elettrica, e che non è molto lontana dalla fase di

produzione di serie. Non avrà probabilmente le linee super futuristiche viste in un

vecchio progetto, Ducati Zero, ma è presumibile che il costruttore cercherà di coniuga-

re modernità e design innovativo. È lo stesso punto di vista che ha il designer Aritra Das,

che in un rendering digitale ci mostra come potrebbe essere la prima Ducati elettrica,

chiamata proprio “Elettrico”, con il giusto mix tra le supersportive odierne, Panigale una

su tutte, e pulizia e linee taglienti permesse dalla motorizzazione elettrica. Chiaramente

non si tratta di progetti ufficiali (o almeno non finora) ma di una iniziativa privata, anche

se non è qualcosa di impossi-

bile, come accade a volte. Nel

frattempo Ducati ha già iniziato

le sue mosse sullo scacchiere

dell’elettrico, dapprima con

una eBike dalle prestazioni al top, realizzata con un’altra

azienda italiana, la Thok, e

poi con uno scooter elettrico, questa volta in collaborazione

con i cinesi di Super SOCO.

torna al sommario 40

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

R ossignol è un nome molto noto

nel panorama dello sport outdoor

e vuole ritagliarsi anche una fetta

del mercato eBike. Lancia così tre nuovi

modelli che seguono i più recenti trend,

come la batteria integrata nel telaio,

per proporre bici a pedalata assistita

che incontrino un po’ tutte le necessità.

Si parte con il modello top di gamma,

E-Track Trail che, come suggerito dal

nome stesso, è una trail full suspended.

La parte elettrica è affidata all’accoppia-

ta Shimano STEPS E8000 e batteria da

500 Wh. La forcella è una SR Suntour

BICI ELETTRICA Rossignol presenta le nuove eBike E-Track: una full, una hardtail e una fat

C’è anche Rossignol nel mondo eBike Tre modelli per tutti, anche nel prezzoI nuovi modelli seguono i più recenti trend, che vengano incontro a tutte le necessità

Aion da 150 mm

di escursione,

mentre l’am-

mortizzatore è

un RockShox

Deluxe Debon

Air con travel di

140 mm. I freni a

disco sono sem-

pre a marchio

Shimano, con gli

M6000 mentre

il reggisella tele-

scopico è un KS ETEN-I. Le ruote sono

da 27.5” gommate Maxxis Minion DHF.

L’eBike sarà presto disponibile nel-

le taglie dalla S alla XL a un prezzo di

4.399,99 euro.

Si passa poi alla E-Track 27,5+, nome

con cui Rossignol identifica il model-

lo hardtail. Condivide le proporzioni e

l’elettronica del modello full, anche se la

forcella in questo caso è una RockShox

Recon da 130 mm. Anche per questo

modello saranno disponibili le taglie

S, M, L e XL, a un prezzo di 3.399,99

euro. Infine completa la gamma un mo-

dello Fat, denominata appunto E-Track

Fat, con i tipici pneumatici oversize

per affrontare i terreni più difficili o le

asperità delle strade urbane. La batte-

ria è sempre da 500 Wh, ma in questo

caso il motore è un Brose. All’anteriore

l’ammortizzazione è garantita da una

forcella RockShox Bluto da 100 mm di

escursione, mentre le coperture sono

Kenda da 26” x 4.0. Rossignol dichiara

una autonomia fino a 120 km, e la pro-

porrà a un prezzo di 3.999.99 euro in

taglia unica.

Nox Hybrid All-Mountain 5.9: eBike con motore Brose e batteria da 630 WhNox Cycles propone una vera all-rounder con caratteristiche di rilievo. Motore Brose Drive S per la massima silenziosità e batteria generosa di M. ZOCCHI

Le All-Mountain sono eBike che stanno ottenendo un buon suc-cesso di mercato in virtù delle loro caratteristiche che consentono di accontentare i gusti di diversi clienti. Le geometrie e gli equipag-giamenti consentono di fare da semplici scampagnate fino a sen-tieri decisamente più impegnativi, e anche qualche salita più compli-cata. Nox Cycles prova a dire la sua nel segmento con Nox Hybrid All-Mountain 5.9, una eBike dalle linee semplici ma con tanta sostanza. La stessa bici è declinata in tre versio-ni, Comp, Expert e Pro, a loro volta disponibili nelle taglie S, M, L e XL. Come ovvio le tre varianti hanno equipaggiamento tecnico diver-so. Comp è la più economica del trio, con forcella FOX 36 Factory e ammortizzatore FOX Float X2 Factory. Per i due modelli migliori invece si passa a RockShox, Reve-lation RC e Super Deluxe RC3 per Expert, mentre troviamo Sektor RL e Deluxe RL per il modello Pro. Quest’ultimo modello guadagna anche il trattamento Kashima per forcella e reggisella telescopico. La parte elettrica è sempre affidata al motore Brose Drive S alimentato dalla batteria BMZ da 630 Wh. Le ruote sono nei tre casi di dimen-sioni diverse, da 29” all’anterio-re e 27.5” al posteriore, sempre gommate Continental Der Baron. I prezzi sono di 4.399 euro per Comp, 4.999 euro per Expert e 6.399 euro per la Pro.

di M. ZOCCHI

Come anticipato anche alla scorsa

edizione di EICMA, Fantic ha de-

ciso di portare effettivamente sul

mercato l’ “esperimento” XF1 Integra

200 DH, sostanzialmente la prima eBike

da downhill. Chi fosse interessato però

deve sapere che non avrà molto tempo

per pensarci sopra. La 200 DH sarà infat-

ti prodotta in soli 50 esemplari, disponi-

bili entro la fine di maggio.

Il prezzo non sarà ai massimi livelli per

la categoria, ma nemmeno abbordabile:

si parla di 8.990 euro. Per questa cifra

ci si potrà portare a casa una eBike da

downhill dal peso di 25.5 kg, con ruote

da 27.5” al posteriore e 29” all’anterio-

re. XF1 Integra 200 DH sarà spinta da

BICI ELETTRICA Entro fine maggio dovrebbero essere disponibili i 50 pezzi della XF1 Integra 200 DH

L’eBike Fantic XF1 Integra 200 DH arriverà a maggio: soli 50 esemplari a 8.990 euroLa prima eBike da downhill è il progetto ambizioso con cui Fantic festeggia cinquant’ anni

un motore Brose Dri-

ve Alu S e alimentata

da batteria semi inte-

grata da 630 Wh.

I componenti sono

di qualità come le-

cito aspettarsi. Per

l ’ ammor t i zza to re

la scelta è ricaduta

su RockShox Su-

per Deluxe Coil, con

escursione da 200 mm, la stessa che

ha anche la forcella RockShox Boxxer

World Cup. I freni a disco hanno la firma

di Formula, modello Cura 4 da 200 mm,

mentre il drivetrain è uno SRAM GX Ea-

gle. Ecco le geometrie riferite alla taglia

M, l’unica disponibile:

•Seat tube: 430 mm

•Top tube: 604 mm

•Head tube: 110 mm

•Head angle: 64°

•Seat angle: 72°

•Chainstay: 476 mm

•BB Height: 378.5 mm

•Wheelbase: 1260 mm

•Reach: 422 mm

•Stack: 615 mm

La hardtail E-Track 27,5+

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MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di M. ZOCCHI

Che Dyson fosse al lavoro per crea-

re un’auto elettrica non era più un segreto, ma finora i dettagli

a disposizione erano pochi. È lo stesso

James Dyson a rompere questo digiuno

di informazioni, e lo fa tramite una lettera

ai dipendenti dell’azienda, spiegando i

progressi e le prossime tappe. Ci sono di-

versi passaggi dove Dyson spiega la sua

visione del progetto e perché potrebbe

essere realmente qualcosa che non si é

ancora visto sul mercato:

“La nostra auto sarà completamen-te progettata, costruita e venduta da Dyson.[...] Sono incredibilmente fiero del forte team che abbiamo al lavoro: oltre 500 persone, che fondono l’esperienza Dyson con il know-how automotive”

James Dyson si sofferma poi sulla loca-

tion che sarà la casa di questa nuova av-

ventura, il campo di aviazione di Hullavin-

gton, di cui si era già parlato alcuni mesi fa. I lavori sono avanzati spediti.

“L’Hangar 86 è la casa di gran parte

AUTO ELETTRICA James Dyson in persona rompe il silenzio sul progetto di un’auto elettrica

James Dyson parla della sua auto elettrica “Sarà una vettura diversa”Il CEO si dice fiducioso sulla tabella di marcia. Nel frattempo spuntano i brevetti e qualche dettaglio

dell’Automotive team, l’Hangar 181 è ora completo con strutture per i test incluse camere climatiche e una strada a rullo, e l’Hangar 85 è dove costruiremo i veicoli per la fase finale di prove, a partire dal mese prossimo.”

È chiaro quindi che non si tratta più di

un progetto in divenire, ma di qualcosa

di ben avviato, tanto che il leader ci fa

sapere che i primi veicoli verranno già

assemblati tra un mese. Infine Dyson fa

chiarezza sui brevetti (che stanno circo-

lando in rete) chiarendo che non si tratta

di disegni definitivi, e che sono privi di

molte specifiche tecniche poiché servono

per depositare (e proteggere) le idee alle

fondamenta dell’auto elettrica Dyson:

“Manteniamo sempre segreti i nostri prodotti, fino a che non sono pronti per essere lanciati, e la nostra auto non fa differenza.[...] È importante quindi proteggerci con dei brevetti. 18 mesi fa abbiamo depositato il no-stro primo brevetto che copre alcuni sviluppi riguardo l’architettura del veicolo, l’aerodinamica e l’efficien-za. I brevetti non rivelano l’auto defi-nitiva ma piuttosto approfondiscono alcuni step che stiamo consideran-do. Abbiamo in mente autonomia ed efficienza”

Progetto ancora in sviluppo quindi, ma

idee ben chiare. Alcuni dettagli emersi

dai brevetti sono stati poi approfonditi dal

CEO. Le ruote di dimensioni generose,

per ridurre la resistenza al rotolamento e

affrontare meglio le asperità del terreno.

Le ruote inoltre sono immaginate il più

lontane possibile tra loro, cercando di

ottenere il passo più lungo possibile, per

maggiore manovrabilità e per sfruttare

molto spazio nel pianale. Dyson poi im-

magina una vettura con una linea molto

ribassata, con parabrezza inclinato, tan-

to che il guidatore potrebbe avere un

sedile leggermente reclinato in posizio-

ne sdraiata, per diminuire l’impatto della

parte frontale sull’aerodinamica e quin-

di migliorare l’efficienza. Dyson cerche-

rà di mettere a frutto tutte le tecnologie

che già conoscono bene, trattamento

dell’aria, purificazione, riscaldamento

e raffreddamento, oltre ovviamente al

motore digitale, icona dell’azienda, per

un lancio in grande stile nel 2021.

DMOVE Tesla acquista Maxwell per oltre 200 milioni di dollari

Tesla completa l’acquisizione di Maxwell

di M. ZOCCHI

D opo mesi di tira e molla e dopo lo stop imposto dagli azionisti, si sono conclu-

se le trattative tra Tesla e Maxwell, azienda esperta nel campo delle batterie e

degli ultracapacitori. Elon Musk e i suoi avevano espresso la reale intenzione

di acquisire Maxwell già da dicembre 2018, e ora Tesla ha ufficializzato la chiusura

della transazione: Tesla, Inc. (NASDAQ: TSLA) ha annunciato il completamento con

successo dell’offerta precedentemente annunciata di scambiare tutte le azioni in

circolazione di azioni ordinarie di Maxwell Technologies, Inc. (“Maxwell”) per 0,0193

di una quota di azioni ordinarie Tesla, insieme a contanti al posto di eventuali quote

frazionarie di azioni ordinarie Tesla, senza interessi e meno eventuali ritenute d’ac-

conto applicabili”. L’operazione costa a Tesla un

totale di 235 milioni di dollari, il tutto per prendere

possesso delle proprietà intellettuali di Maxwell, in

particolare sulle recenti ricerche riguardanti elettro-

di a secco per batterie, che potrebbero migliorare

sensibilmente le prestazioni delle celle al litio.

Smart, 21 esemplari in edizione limitata a oltre 50.000 euro per dire addio all’endotermicoDal 2020 le Smart saranno solo elettriche, e per segnare il passaggio arriva una Final Collector’s Edition, le ultime endotermiche prodotte di M. ZOCCHI

Da circa un anno Daimler ha con-fermato la volontà ditrasformare Smart in un marchio solo elettri-co, dismettendo completamente la produzione della versione con motore a benzina. Già dal 2020 le piccole vetture urbane saranno solo a batteria, e per celebrare questo storico passaggio arriva una Final Collector’s Edition, pra-ticamente le ultime che verranno prodotte con bielle e pistoni.La serie sarà frutto di una collabo-razione con il designer Konstantin Grcic, con lo zampino anche della solita Brabus. Se la livrea nera e gialla che vedete in queste foto vi piace dovete affrettarvi, perché la produzione sarà solo in 21 esem-plari, dal costo decisamente non popolare: 51.578 euro.Il debutto è previsto per il 18 mag-gio, data in cui verranno svelate le altre caratteristiche tecniche. La personalizzazione non riguarda solo la carrozzeria ma coinvolge anche gli interni, con colorazione ripresa su cruscotto, pannelli e se-dili, oltre a leva cambio dedicata e battitacco

torna al sommario 42

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Franco AQUINI

Volkswagen procede spedita verso il

futuro elettrico dei propri veicoli. E

lo fa non solo presentando nuove

auto nate attorno alla propulsione elet-

trica, ma anche preoccupandosi della

manutenzione delle batterie, vero punto

di domanda su cui sono ancora in tanti

a soffermarsi. Il piano di Volkswagen è

mastodontico, ma al tempo stesso ca-

pace di rispondere a qualsiasi dubbio

sulla manutenzione e lo smaltimento

delle batterie, prendendosi cura di quelle

che arrivano a fine vita dopo circa 10 o

15 anni di utilizzo. Il primo passo del pro-

getto riguarda il riutilizzo delle batterie,

ad esempio nelle stazioni di ricarica mobili. Le stazioni in questione saranno

equipaggiate con moduli da 360 kWh

provenienti dalla piattaforma MEB (su cui

appunto sono realizzate le auto elettriche

delle nuova gamma). Il secondo passag-

gio sarà quello del riciclo, con una per-

centuale di riuso delle materie prime che

toccherà, secondo i piani del produttore,

il 97%. Un tasso altissimo, se comparato a

BATTERIE Volkswagen parla del suo piano per riciclare il componente essenziale dei veicoli elettrici

Volkswagen: “Entro il 2020 ricicleremo 1.200 tonnellate di batterie l’anno”Dal 2020 aprirà l’impianto di Salzgitter, la cui capacità di riciclo sarà di 1.200 tonnellate l’anno

quello attuale del 53%

con le batterie agli ioni

di Litio. Il riciclo delle

batterie avrà però un

duplice scopo. Da una

parte il rispetto per

l’ambiente, dall’altro

quello puramente

economico, su cui

Volkswagen conta per

alzare i profitti della

propria gamma elettrica. L’azienda conta

infatti di partire nel 2020 nello stabili-

mento di Salzgitter con una capacità in-

iziale di 1.200 tonnellate all’anno, il quan-

titativo sufficiente ad alimentare circa

3.000 auto. A regime però questi numeri

dovranno crescere, se l’azienda vorrà

mantenere l’obiettivo di produzione di

un milione di veicoli totalmente elettrici

all’anno entro il 2025. La percentuale di

riciclo delle materie prime sarà, in questa

prima fase, del 72%, che è leggermente

sopra la media in questo settore indus-

triale. Di seguito quanto riportato sul sito

ufficiale di Volkswagen: “Nel lungo peri-

odo, Volkswagen vuole riciclare circa il

97 percento di tutte le materie prime nei

pacchi batteria. Oggi è all’incirca il 53%

e lo stabilimento di Salzgitter prevede

di aumentare ulteriormente fino al 72%

circa. Volkswagen si aspetta che lo sta-

bilimento di Salzgitter venga seguito nei

prossimi anni da ulteriori impianti di rici-

claggio decentralizzati. Dato il numero di

veicoli elettrici che Volkswagen prevede

di vendere, gestire il riciclo internamente

sarà una priorità per ragioni di costo e

ambientali - anche se ci vorrà almeno

un decennio prima che questo processo

migliori considerevolmente.”

di F. AQUINI

Secondo BloombergNEF, il mercato

delle auto elettriche sta crescendo

tanto rapidamente da arrivare a

superare, nel 2030, quello delle auto a

combustione. Un’accelerazione dovuta

quasi esclusivamente al crollo del costo

delle batterie, che dovrebbe portare a un

pareggio nei costi di produzione tra auto

elettriche e quelle con motore termico,

atteso tra il 2020 e il 2030. Il forecast

pubblicato parla di 2 milioni di veicoli

elettrici venduti nel mondo nel 2018. La

previsione per il futuro parla di 10 milio-

ni di auto elettriche (comprendenti Full

Electric e ibride Plug-in) nel 2025, 28 mi-

lioni nel 2030 e 56 milioni nel 2040. Una

crescita incredibile che porterà, sempre

secondo le previsioni, a raggiungere il

AUTO ELETTRICA Previsione BloombergNEF sulla vendita di veicoli elettrici da qui a 20 anni

Nel 2040 il sorpasso dei veicoli elettrici su quelli a combustione, le vendite sono esponenziali56 milioni di auto elettriche vendute nel 2040, incremento più marcato per i bus elettrici

57% del mercato delle

nuove auto vendute.

Un altro settore impor-

tante per le vendite

di veicoli elettrici sarà

quello della mobilità

condivisa. Secondo

BNEF, nel 2040 il 19%

del totale dei chilome-

tri percorsi da un passeggero avverrà

tramite un servizio di mobilità condivisa.

Questi servizi di condivisione dell’auto

saranno, in quattro casi su cinque, basa-

ti su veicoli elettrici. Il documento parla

anche dei bus elettrici. I 400.000 veicoli

attualmente in circolazione, circa il 20%

del totale, dovrebbero crescere molto più

velocemente delle automobili e camion

elettrici. In questo caso si parla di rag-

giungere il 70% della flotta globale con

bus elettrici entro il 2040. Il tutto dovreb-

be portare a un livello di emissioni di CO2

che raggiungerà il picco nel 2030, per poi

iniziare una discesa e tornare, nel 2040,

ai livelli attuali. Secondo BNEF il futuro è

certamente elettrico e nel giro di 20 anni

cominceremo a vederne i frutti. Per allora,

chiaramente, ci si aspetta una rete di rica-

rica capillare tanto quale l’attuale rete di

distributori di carburante.

La lounge Tesla al Supercharger svizzero: tutte le stazioni di ricarica dovrebbero essere cosìTesla ha aperto un nuovo Supercharger nei pressi di Zurigo, con tanto di lounge dedicata ai clienti di M. ZOCCHI

Tesla ha inaugurato il diciottesi-mo Supercharger in Svizzera, a Dietkon, nei pressi di Zurigo. La location di ricarica al momento è quella con più stalli dedicati alle vetture di Elon Musk: ben 24 po-stazioni ad alta potenza. Ma ciò che la rende speciale è anche una lounge realizzata ad uso dei clien-ti. Lounge così importanti come di-mensione erano prerogativa delle stazioni di ricarica in California, ma ora pare che Tesla voglia esporta-re il modello anche in Europa. La lounge è una vera e propria strut-tura ricettiva, ma senza necessità di personale, almeno non in modo permanente. Ci sono poltrone, divani, tavoli, distributori automa-tici di cibo e bevande, e anche un’area esterna. Tesla ha pensato anche all’intrattenimento dei più piccoli con un calcio balilla e una console Xbox One con due joypad e TV 50”. Non si tratta di una strut-tura semplice da gestire, ma ver-rebbe da chiedersi se altri player del settore della ricarica, Ionity su tutti, non debbano forse imitare il format. Una lounge come quella Tesla servirebbe per le location più isolate, o per le ore notturne, in cui eventuali esercizi commerciali sono chiusi. Al momento la rete Supercharger di Tesla conta più di 450 installazioni in Europa.

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MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

D opo 8 anni e più di 800mila esemplari venduti,

Range Rover Evoque si è rinnovata: è stata infatti

introdotta sul mercato la nuova versione del SUV

compatto di casa Land Rover, presentata oramai qual-

che mese fa e che abbiamo potuto provare per qual-

che ora in una sessione di media drive ad Amburgo.

Evoque è un’auto che conferma tutto quanto di buo-

no aveva già dimostrato con la prima generazione ma

che, rinnovandosi, riaggiorna le linee a un look molto

più moderno pur senza perdere l’impronta tipicamen-

te Evoque. Il design si raffina semplificandosi: non ci

sono più le modanature longitudinali sulle portiere e

la linea diventa più filante e ribassata sul posteriore.

In generale, nel mantenere i rapporti dimensionali da

SUV, la Range Rover Evoque acquista, almeno nel

look, un tocco più sportivo e leggero. Leggerezza solo

estetica, visto che l’auto resta massiccia: si sfiorano le

due tonnellate per una vettura che arriva a 1.770 kg,

non proprio una piuma ma sufficientemente compatta

per candidarsi a veicolo (anche) urbano. Compatta in

lunghezza, ma, grazie all’aumento del passo, i sedili

posteriori offrono spazio per le gambe sufficiente: ab-

biamo provato e, con un’altezza di un metro e ottanta,

non si tocca il sedile anteriore e si hanno ancora 7-8

cm di agio. In larghezza invece, la Evoque è meno “ur-

bana”: 4,37 metri, quanto basta per offrire sedili gene-

rosi e uno spazio tra guidatore e passeggero di destra

abbondante. Range Rover Evoque è disponibile con

due motorizzazioni, entrambe da 2000cc, una diesel

e una benzina, tutte 4x4 e Mild Hybrid, tranne l’unica a

due ruote motrici e cambio manuale, che è invece to-

talmente convenzionale. A cambiare, a seconda delle

versioni, la potenza di erogazione e, di conseguenza,

i consumi. Ma c’è molta attesa anche per le caratteri-

stiche della versione ibrida plug-in, di cui per ora si sa

poco e che dovrebbe arrivare verso la fine dell’anno.

TEST La versione rinnovata del SUV compatto di Land Rover non solo si aggiorna nel desing ma anche nella tecnologia di bordo

Visibilità totale: ecco come funzionano il “cofano trasparente” e lo “specchio magico” della nuova Range Rover EvoqueCon le videocamere che circondano la vettura, la visibilità e la sicurezza sono al top. L’abbiamo provata per voi

Visibilità totale sull’anteriore grazie a Ground ViewSe una critica poteva essere mossa alla prima serie di

Evoque era una visibilità dal punto di guida non ai massi-

mi livelli: le linee rastremate sul posteriore costringono a

un lunotto non gigantesco. E poi i montanti ovviamente

generosi in un abitacolo non enorme rubano qualche

grado di troppo di angolo visibile. Infine, la posizione

rialzata del SUV non è il massimo per individuare even-

tuali ostacoli bassi.

Land Rover ha lavorato proprio su questo, inserendo su

questa Evoque due interessanti novità tecnologiche. La

prima prende il nome di Ground View e come dice la

parola stessa permette di vedere tutto quanto circonda

la parte anteriore del veicolo, grazie a tre telecamere:

una, supergrandangolare, è inserita nella parte bassa

del frontale; le altre due nella parte inferiore degli spec-

chietti.

In questo modo Evoque è in grado di ricostruire, riunen-

dola in una sola immagine, l’intero quadrante che circon-

da l’anteriore del veicolo. Ma c’è di più: non appena si

percorrono pochi metri, il sistema è in grado di “ricorda-

re” quanto è stato inquadrato appena prima dalla came-

ra centrale e lo riproduce nella parte idealmente inferio-

re del pianale. Si tratta ovviamente di una ricostruzione

grafica dato che non c’è una vera e propria camera sotto

il cofano anteriore, ma tanto basta per capire a che pun-

to siamo nell’eventuale superamento di un ostacolo.

La resa è realistica e fa capire bene come è meglio distri-

carsi tra eventuali ostacoli bassi, che dall’abitacolo sa-

rebbero quasi invisibili: per questo motivo Land Rover in-

dica questa funzione come una sorta di cofano anteriore

“trasparente”. Si potrebbe pensare che la funzione sia

utile soprattutto in fuoristrada, ma a nostro avviso e pro-

prio nella giungla urbana che dà il meglio di sé: paletti,

marciapiedi, panettoni e dissuasori sono perfettamente

Grazie al passo più lungo aumenta lo spazio a bordo

segue a pagina 44

Grazie a Ground View si possono vedere eventuali ostacoli vicino alle ruote

Videocamera grandangolare per ricreare la visuale frontale

Range Rover EvoqueIl cofano trasparente e lo specchio magico

torna al sommario 44

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

in vista, con tanto di posizione “virtuale” dei pneumatici

anteriori in trasparenza sull’immagine.

Lo specchietto magico: analogico e digitale, a seconda delle necessitàPer risolvere invece la questione della visibilità posterio-

re, Evoque monta (sempre come optional o compreso in

alcuni pacchetti) lo specchietto retrovisore con funzione

digitale. Si tratta di fatto di uno specchietto bifunzionale:

nella modalità standard è un comune specchietto retro-

visore centrale ottico, che ovviamente - ma non è colpa

sua - paga la dimensione non gigante del lunotto poste-

riore. Ma basta il tocco di una levetta per commutare lo

specchietto in modalità digitale: dietro lo specchio com-

pare un display che riporta le immagini di una teleca-

mera grandangolare posta nella torretta sul posteriore

del tetto, quella che normalmente ospita l’antenna. La

visione così cambia drasticamente: si passa dai 25° circa

della visione ottica a 50° pieni, con un angolo verticale

maggiore e una visibilità perfetta, senza ostacoli.

C’è comunque un limite a quella che sembrerebbe una

soluzione perfetta: mentre la focalizzazione dell’occhio

sullo specchietto ottico è all’infinito, passando a quello

digitale, che è un display, la messa a fuoco è a circa 40

cm, quindi molto diversa. Nel colpo d’occhio, la diffe-

renza di fuoco tra la visione della strada che si percorre

e quella dello specchietto digitale si fa sentire e strani-

sce. L’effetto diventa ancora più marcato se a guidare

è un utente con qualche primavera sulle

spalle, sopra i 45 anni: la presbiopia da

questo punto di vista non fa che peg-

giorare le cose. In realtà basta abituarsi

a non avere una visione perfettamente a

fuoco dello specchietto, cosa che non ne

compromette la funzionalità. Il consiglio è

comunque quello di usare lo specchietto

digitale in caso di necessità (allargare la

visione o avercela se la visione naturale è

ostruita da cose o persone nell’abitacolo),

lasciando allo specchietto tradizionale la

visione abituale.

Entertainment e connettività al top con controllo remoto e router 4GAnche dal punto di vista del sistema di car entertainment

e connettività, la dotazione digitale di Evoque è molto

buona: il sistema di entertainment è il classico di casa

Jaguar Land Rover (ma per fortuna è stata migliorata la

qualità della voce di sintesi per la navigazione e i coman-

di vocali). L’organizzazione è a tre display: uno è nella

strumentazione di bordo (che è totalmente delegata a

uno schermo negli allestimenti più evoluti) e gli altri due

sono uno basso e uno alto nel centro della plancia. Da

segnalare l’avvento (che a fine anno diventerà obbli-

gatorio) del tuner DAB su tutti gli esemplari. Il sistema

audio di serie, buono e senza vibrazioni moleste anche

alzando al massimo i bassi, dà risultati più che soddisfa-

centi, grazie anche a un generoso “canale centrale” ben

integrato nella parte superiore del cruscotto. Ovviamen-

te passando al sistema firmato da Meridian, disponibile

come optional, si raggiungono pressioni sonore mag-

giori e suoni più rotondi.

La connettività è ottima: si possono collegare via Blue-

tooth diversi telefoni e il sistema è compatibile sia con

Apple CarPlay che con Android Auto (questi solo per

i collegamenti a filo). Quello che invece potrebbe es-

serci e manca è un appoggio di ricarica wireless per

lo smartphone, che sarebbe stato facile ospitare in un

ponte così generoso. In realtà, se si vuole aver acces-

so al vano per portabiccheri, non c’è neppure un buon

appoggio passivo per lo smartphone, che andrebbe

sul coperchio. In alternativa bisogna affidarsi al vano

posto sotto il display inferiore, che però è scomodo

da raggiungere al volo. Insomma, forse questa par-

te del veicolo poteva essere disegnata meglio, per

esempio utilizzando le ampie aree attorno alla leva

del cambio, che alla fine risultano inutilizzabili.

Ottima la disponibilità di un router 4G di bordo, la cui

utilità fino a qualche tempo fa era rilevantissima e ora è

mitigata dalla disponibilità di piani tariffari con soglie dati

enormi su smartphone. Resta il fatto che inserendo una

SIM dati nell’apposito slot posto nel vano centrale si crea

una WiFi accessibile a 8 device molto utile per esempio

per “animare” tablet o console portati che non dispon-

gono di SIM ma attivano alcune funzionalità sulla base

della connettività. Questo sistema si affianca e non sosti-

tuisce la eSIM presente nella vettura e dedicata esclusi-

vamente alla connettività con la “base” operativa di Land

Rover per le funzionalità di localizzazione, controllo e si-

curezza. Infatti, la Evoque è compatibile anche con l’app

di controllo remoto di Land Rover, grazie alla quale (e

in virtù della connessione dati nativa) il proprietario può

verificare da remoto la posizione del suo veicolo e può

compiere diverse operazioni, come aprire o chiudere la

vettura, preriscaldarla o raffrescarla, conoscere il livello

del serbatoio e così via. Ma non solo: Evoque aggiorna il

proprio firmware in autonomia via Internet, senza richie-

dere alcun intervento in officina. In questo modo pos-

sono essere rilasciati molteplici aggiornamenti, sia per

risolvere piccoli bachi che per perfezionare l’usabilità o

aggiungere nuove funzioni ai sistemi di bordo.

Sedili e impostazioni personalizzate: Evoque le impara da solaA scelta dell’utente, si può impostare una guida “anoni-

ma” o si può legare una sessione di guida a un utente

specifico. Non c’è bisogno di fare “login”: ci pensa la

macchina a riconoscere il guidatore dallo smartphone

che fa pairing con il sistema o dalla chiave utilizzata. A

quel punto, se la macchina è impostata per farlo, vengo-

no caricate tutte le regolazioni tipiche dell’utente ricono-

sciuto: non solo la posizione del sedile, ma le imposta-

zioni del sistema di infotainment, per esempio. Non c’è

bisogno che il guidatore esprima queste “preferenze” in

maniera formale: è il sistema che, via via che si va avanti

nell’utilizzo, le apprende. Non sappiamo quanto questa

funzione riconosca bene le esigenze dell’utente, dato

che non abbiamo potuto verificare in poche ore di gui-

da (tra l’altro alternata con un collega) un vero e proprio

processo di apprendimento multisessione.

Anche l’aria vuole la sua parteAi consueti sistemi di climatizzazione bizona, Evoque

aggiunge anche un sistema di ionizzazione dell’aria,

ideale per purificare l’ambiente dell’abitacolo da odori e

inquinanti, proprio come avviene nei purificatori dome-

stici. Si tratta di un sistema particolarmente efficace che

è molto comodo - ci dicono - soprattutto per chi viaggia

in aree urbane densamente abitate e afflitte dallo smog.

Non abbiamo potuto provarlo, però, perché l’esemplare

che abbiamo guidato non disponeva della funzione su

touch screen probabilmente a causa di una versione di

firmware non definitiva.

In attesa della Plug-in, la tecnologia c’èIl lavoro fatto da Jaguar Land Rover sui suoi sistemi

infotainment é notevole, con un cambio di passo reso

ancora più evidente dopo Range Rover Velar e la prima

elettrica Jaguar I-Pace. La casa ha da subito annunciato

che anche Evoque arriverà in variante ibrida Plug-in, il

che la renderà probabilmente una tra le vetture più tec-

nologiche del segmento di riferimento. La possibilità poi

di aggiornare i software di bordo tramite OTA la rende a

tutti gli effetti “future proof”, fattore che sta diventando

determinante nella scelta dei clienti.

TEST

Range Rover Evoquesegue Da pagina 43

Completano la dotazione di Evoque diverse porte USB distribuite nell’abitacolo: a seconda degli allestimenti si arriva a sei.

La differenza di visuale con lo specchietto digitale è evidente

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MODELLO 730-1 redditi 2007

Stato

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa cattolica

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Assemblee di Dio in Italia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa Evangelica Luterana in Italia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Unione Comunità Ebraiche Italiane

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF

Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute

che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a),del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contri-buente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscaledi un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle finalità beneficiarie.

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

Finanziamento agli entidella ricerca sanitaria

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

FIRMA

Finanziamento agli enti della ricerca scientifica e della università

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

genziantrate

AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, ilcontribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delleistituzioni beneficiarie.La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ri-partizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alleAssemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.

In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.

In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.

SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)

SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)

LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE

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MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

H yundai è forse la casa che più si sta impegnan-

do sul fronte della mobilità sostenibile, con una

gamma varia e che abbraccia diverse tecnologie.

In particolare dal lancio della Ioniq è stato chiaro come

la soluzione full electric della casa coreana fosse es-

tremamente efficiente in termini di consumi e gestione

dell’energia. Comportamento poi rilevato anche con le

vetture che sono arrivate successivamente, come la

Kona in versione elettrica. Abbiamo avuto la possibilità

di guidare proprio Kona EV, nella versione con batte-

ria da 64 kWh, per quasi due settimane e ci siamo da

subito resi conto che il SUV compatto offre prestazioni

notevoli, soprattutto sul fronte dell’autonomia. Abbiamo

quindi deciso di fare un test leggermente diverso dal so-

lito, fingendo di scordarci di essere al volante di un’auto

elettrica, guidandola senza troppi accorgimenti alla gui-

da e divertendoci spesso con la modalità “sport”, che

con il motore della 64 kWh spinge parecchio. Di quanto

sarà diminuito il range per singola carica? Ecco com’è

andata.

La top di gamma ha più brio, ma l’autonomia c’èHyundai Kona Electric come sappiamo è disponibile

con due tagli di batteria, da 39 kWh e da 64 kWh. La

casa certifica la prima per 289 km di autonomia e la so-

rella maggiore per 449 km, secondo il ciclo WLTP. Non

cambia però solo l’autonomia tra i due modelli, bensì

anche il motore che passa da 135 CV a 204 CV. Una

bella differenza, che si sente tutta, soprattutto quando

si imposta la modalità di guida sportiva. Ci si abitua fa-

cilmente alla sensazione di incredibile accelerazione

tanto che, colonnine permettendo, si è portati a rinun-

ciare a qualcosa sul fronte dei chilometri percorribili in

TEST Abbiamo guidato la Hyundai Kona in versione elettrica e abbiamo cercato di mettere in difficoltà il powertrain

Hyundai Kona Electric, la prova stress Quanta autonomia con guida sportiva?Quanta autonomia si può ottenere con una guida senza particolari accorgimenti? L’abbiamo testata per diversi giorni

cambio di una vettura scattante, sempre pronta nelle

accelerazioni e veloce in autostrada. Fortunatamente

nel nostro tragitto sono presenti diversi punti di rica-

rica, a potenze elevate o in corrente alternata, così da

permetterci di lanciarci in questa “prova al contrario”:

se messa alla frusta, la Hyundai Kona Electric quanta

strada può percorrere prima di lasciarci a piedi? Va su-

bito detto che nel corso delle due settimane di prova

i risultati sono stati diversi per vari fattori. Sui consumi

incidono le temperature esterne, il tipo di tragitto, la ve-

locità, il traffico, tutti parametri su cui c’è poco controllo

ma che contribuiscono a rendere il test reale.

Nei primi giorni di utilizzo abbiamo subito riscontrato

una grande differenza di consumi tra percorsi urbani

o extraurbani. In città la Kona EV ha oscillato tra i 13.9

kWh/100 km e i 15.3 kWh/100 km, differenze che pro-

babilmente dipendono da quante volte si riesca ad uti-

lizzare con profitto la decelerazione rigenerativa. In au-

tostrada invece, a velocità sostenute, ma entro il limite

di velocità, si passa a consumi decisamente diversi, fino

a 18.3 kWh/100 km. Questi dati si tradurrebbero quindi,

in virtù dei 64 kWh a disposizione, in una autonomia di

349 km in autostrada e fino a 460 in strade urbane. Il

valore massimo quindi supera quello dichiarato, mentre

quello minimo pare comunque una buona autonomia

per una vettura dal peso importante. I giorni successivi

non hanno fatto altro che confermare i nostri risultati,

dimostrando che anche in città si può consumare molto

(soprattutto quando si vuole stupire i passeggeri con

l’accelerazione che ti schiaccia sul sedile), scendendo

ad una autonomia equivalente di 369 km, nonostante

i tratti urbani. Un po’ di traffico in autostrada però ci ha

fatto considerare anche il rovescio della medaglia, ov-

vero che nei tratti extraurbani basta dosare un minimo

l’acceleratore per far calare parecchio il consumo di

elettroni. Si può agevolmente avere consumi entro i 16

kWh/100 km, ovvero circa 400 km di range percorribile.

Il valore medio totale, al termine della nostra prova este-

sa, si è attestato su 16.9 kWh/100 km, corrispondente a

circa 370 km di autonomia: un valore di tutto rispetto,

guidando senza pensieri o ansia da ricarica.

La ricarica non è un problema con la presa Combo CCSLa presa Combo nascosta nella mascherina frontale

Un dubbio che spesso frena l’acquisto di auto elettri-

che da parte di potenziali clienti è quello che riguarda

la ricarica. In realtà in molti contesti si tratta ormai di un

falso problema poiché, come abbiamo visto di recente,

l’Italia non è più messa così male, anche sul fronte delle

cosiddette colonnine fast. In Europa ormai si è afferma-

to uno standard per la ricarica veloce ad alta potenza,

ed è il Combo CCS, tecnologia che fa uso di erogazione

in corrente continua, esattamente come il giapponese

ChaDeMo e il Supercharger di Tesla.

Hyundai Kona Electric è equipaggiata proprio con una

presa di ricarica Combo CCS, il che permette di rica-

ricare in modalità lenta dalle colonnine in corrente al-

ternata, con potenza fino a 6 kW, e in modalità fast in

DC fino a 100 kW. Con una batteria generosa, ma non

eccessiva, questo si traduce in tempi di ricarica spesso

compatibili con normali soste o nel tempo di un caffè.

Abbiamo ovviamente testato la ricarica in DC, ottenen-

do senza difficoltà potenze intorno ai 50 kW, che in

una 20 di minuti ci hanno restituito gran parte dell’au-

tonomia persa. Nel box di casa invece, con il caricatore

domestico in dotazione e con un normale contratto da

3 kW casalingo, si può arrivare a ricaricare quasi metà

batteria in una notte. In buona sostanza con una breve

segue a pagina 47

torna al sommario 47

MAGAZINEn.33 / 1920 MAGGIO 2019

sosta e la ricarica lenta della notte, il giorno successivo

la nostra Kona EV aveva praticamente il pieno.

Può essere un’auto di famiglia?Chi deve spendere cifre considerevoli per acquistare

un’auto elettrica (nel caso di Kona si parla di più di

40.000 euro) si domanda se questa possa diventare la

prima auto di famiglia, per la vita di tutti i giorni e anche

per i viaggi, magari con prole al seguito. Da questo pun-

to di vista Hyundai Kona - che abbiamo testato anche

in quattro più un ospite a quattro zampe - si comporta

molto bene, offrendo spazio a bordo sufficiente, anche

se nei sedili posteriori dovessero esserci tre passeg-

geri. voler essere pignoli il punto debole può essere

il bagagliaio, ma non certo per colpa della motoriz-

zazione elettrica. Il posteriore troncato è tipico dei SUV

compatti e compromette la capacità di carico, problema

che Kona ha in comune con la sorella con motore endo-

termico. C’è però una scappatoia, rappresentata dalle

barre sul tetto, di serie, che consentono di installare

anche i tipici box da viaggio. Certamente una soluzione

come questa danneggerebbe in parte l’aerodinamica,

ma non più di tanto trattandosi comunque di una vet-

tura con una altezza da terra rilevante. Il bagagliaio offre

poi un piccolo sottofondo dove possono essere riposti

oggetti più piccoli, e la cappelliera può essere rimossa,

REPORTAGE

Hyundai Kona Electricsegue Da pagina 46

cercando di sfruttare al massimo lo spazio in altezza.

In conclusione ci sentiamo di sentenziare che Hyundai

Kona può essere una prima auto, con qualche compro-

messo. L’autonomia non dovrebbe essere un problema,

con l’espandersi della rete di ricarica anche nel nostro

Paese, potendo percorrere facilmente più di 700 km

con una sola sosta.

La presa Combo nascosta nella mascherina frontale.

di Massimiliano ZOCCHI

G li italiani amano le automobili,

ma questo amore incondizionato

vale anche per le auto elettriche?

L’Italia non spicca certo per volume

di vendite per le auto a batteria, ma

gli incentivi statali hanno dimostrato

la voglia di tanti di fare il passaggio

abbandonando i combustibili fossili.

Ecutesting.it ha quindi deciso di com-

missionare uno studio su un campione

di popolazione, per capire meglio cosa

sanno gli italiani sulle auto elettriche e

se eventualmente sarebbero disposti

ad acquistarne una. Lo studio è stato

svolto su un campione di 1.000 gui-

datori, distribuiti su tutto il territorio

nazionale, di entrambi i sessi e di età

differenti. Si parte subito con un dato

incoraggiante, ovvero che l’82% degli

intervistati comprerebbe un’auto elet-

trica, individuando anche i principali

fattori di vantaggio: il 76% la vorreb-

AUTO ELETTRICA Una ricerca ha evidenziato la buona predisposizione degli italiani per le auto elettriche, ma con qualche lacuna

Auto e italiani, è amore. Ma vale anche per l’elettrico? L’82% ne comprerebbe una, ma le conoscono pocoC’è confusione sui costi di ricarica, soprattutto in ambito domestico, il 33% è convinto che le elettriche non abbiano molta autonomia

be per l’impatto ambientale ridotto, la

metà del campione apprezza la silen-

ziosità e il 47% apprezza la possibilità

di accesso alle ZTL e evitare restrizioni

sul traffico. In generale il 97% identifi-

ca un qualche beneficio nell’uso delle

vetture BEV. Tuttavia le auto elettriche

non sono così diffuse in Italia. Secondo

il 44% le auto con motore endotermico

sono più economiche, il 33% è convin-

to che le elettriche non abbiano molta

autonomia e il 46% è preoccupato dalla

mancanza di colonnine di ricarica, ma

la comprerebbe se avesse la sicurezza

del rifornimento.Gli intervistati cono-

scono anche alcuni aspetti pratici della

gestione economica di un veicolo elet-

trico: il 37% è attratto dal bollo gratis

per cinque anni, il 24% dagli sconti pra-

ticati dalle assicurazioni e l’80% è più

propenso all’acquisto in presenza di

incentivi statali. Al tempo stesso però

c’è confusione sui costi di ricarica, so-

prattutto in ambito domestico. La mag-

gioranza ignora che molti veicoli possa-

no essere ricaricati con 10 euro o poco

più, con l’84% convinto che i costi siano

di molto superiori. Confusione anche

sull’autonomia: il 33% è preoccupato di

poter percorrere poca strada, ma due

terzi di questi scettici non sa che mol-

te auto elettriche superano i 300 km.

Curiosa poi la differenza di attitudini

derivante dall’età. Una volta tanto sono

i più vecchi (55+ anni) ad interessarsi di

più all’ambiente, mentre i giovani tra i

18 e i 24 anni sono più attratti dalle auto

a carburante. Qualche lieve differenza

anche tra donne e uomini, con questi

ultimi più preoccupati di aspetti pratici

come le restrizioni sul traffico.

Il bagagliaio ha forma regolare ma è corto.

Una sosta sotto i 30 minuti basta per recuperare tanta autonomia.