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Osservatorio sul credito in provincia di Reggio Emilia Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Reggio Emilia

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Osservatorio sul creditoin provincia di Reggio Emilia

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricolturadi Reggio Emilia

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Il presente studio è stato realizzato, su incarico della Camera di commercio di Reggio Emilia, dall’Istituto “Guglielmo Tagliacarne” di Roma, tramite un gruppo di ricerca coordinato dal dott. Giuseppe Capuano (Responsabile Area Studi e Ricerche) e composto dal dott. Corrado Martone, dal dott. Giovanni Screpis e dalla dott.ssa Lorena Volpe.L’ufficio Studi-Statistica della Camera di commercio, diretto dalla dott.ssa Bina Soncini e coordinato dalla dott.ssa Marisa Compagni, ha coadiuvato il gruppo di ricerca tramite la conduzione dell’indagine sui Consorzi Fidi e sulle Banche e con l’organizzazione di due focus group, che hanno avuto luogo rispettivamente il 4 novembre 2002 con le Associazioni di categoria ed i Consorzi Fidi operanti in provincia ed il successivo 25 novembre con il sistema bancario reggiano al quale hanno partecipato, oltre la Banca d’Italia – Filiale di Reggio Emilia, i seguenti istituti bancari: Banca Agricola Mantovana S.p.a., Banca Carige – Cassa di risparmio di Genova e Imperia, Banca popolare dell’Emilia Romagna, Credem – Credito Emiliano S.p.a.

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Nell’affidamento bancario alle piccole e medie imprese è inutile celare che qualche disagio di queste ultime è atavico anche in una provincia relativamente felice come Reggio Emilia e Basilea 2, l’accordo interbancario che si applicherà dal 2006, suggerisce di innalzare il livello di attenzione affinché l’appuntamento possa costituire un’occasione di crescita per tutti, Banche e Imprese.Queste le premesse che hanno indotto nel 2002 la Camera di commercio ad avviare un monitoraggio dell’evoluzione del rapporto Banca-Impresa in provincia, anche in relazione alla spersonalizzazione del medesimo quale conseguenza delle concentrazioni che hanno interessato varie Banche sul territorio.

E’ nata così questa I° edizione dell’”Osservatorio sul credito in provincia di Reggio Emilia” che, ai dati statistici sul sistema delle Banche presenti, affianca i risultati di un’indagine campionaria sia della domanda che dell’offerta di credito, nonché valutazioni qualitative emerse nel corso di due focus group organizzati nel novembre dello scorso anno, l’uno con i Consorzi Fidi, l’altro con le Banche. Una sintesi delle valutazioni emerse nei due focus group funge da introduzione all’Osservatorio.

Ancora una volta siamo grati all’Istituto “Guglielmo Tagliacarne”, che ha curato l’Osservatorio, per l’elevato livello di analisi espresso, non disconoscendo al contempo il supporto organizzativo dell’Ufficio Studi-statistica della Camera di commercio sia nella conduzione dell’indagine campionaria che nell’animazione dei due focus group.

Altrettanto ci preme indirizzare un ringraziamento particolare a quanti hanno collaborato nella fornitura dei dati e nella partecipazione ai focus group, dalle Imprese ai Consorzi Fidi ed alle Banche.

Reggio Emilia, aprile 2003

Dr. Aldo FerrariPresidente della Camera di Commercio

Industria, Artigianato e Agricoltura

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di Reggio Emilia

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INDICE

FOCUS BANCHE E IMPRESE pag. 7

I LEGAMI TRA SISTEMA CREDITIZIO E SVILUPPO DEL TERRITORIO pag. 11

1. UNA PANORAMICA DEL SISTEMA CREDITIZIO ITALIANO pag. 171.1. Sviluppo economico, livello delle sofferenze e formazione dei tassi di interesse pag. 27

2. LA SITUAZIONE DEL CREDITO NELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA pag. 292.1. Analisi dinamica del circuito creditizio locale pag. 302.2. La dotazione provinciale di strutture e servizi bancari: analisi quantitativa pag. 38

3. I RISULTATI DELL’INDAGINE pag. 443.1. Criticità e punti di forza dell’offerta di credito nella provincia pag. 443.2. Caratteristiche e peculiarità del sistema banca-impresa provinciale pag. 473.3. Il punto di vista dei Consorzi di garanzia collettiva fidi pag. 52

CONCLUSIONI pag. 55

ALLEGATO STATISTICO pag. 58

ALLEGATO METODOLOGICO pag. 65

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FOCUS BANCHE E IMPRESE

L'evoluzione delle strutture finanziarie costituisce un prius che influenza l'andamento della crescita reale. Questa la premessa per la costruzione dell'Osservatorio provinciale del credito attraverso la realizzazione del quale la Camera di commercio di Reggio Emilia si pone l'obiettivo di perseguire le seguenti finalità: conoscere le richieste che le aziende avanzano agli istituti di credito ed i servizi attuali e futuri

che le Banche erogano o erogheranno alle imprese locali; inserire questo osservatorio nel più ampio contesto del marketing territoriale costruendo quindi

un sistema attraverso alleanze con il/e sul territorio; analizzare il ruolo, particolarmente evidente, che la globalizzazione ha giocato nel settore

bancario.

Il piano di lavoro della ricerca prevedeva, oltre ad un’imprescindibile fase desk per il reperimento dei dati statistici di base, anche un'analisi sul campo volta ad acquisire utili elementi per conoscere i servizi auspicati dalle aziende e quelli offerti dal sistema creditizio.A conclusione delle indagini, i risultati ottenuti sono stati discussi in due distinti focus group: uno con i Consorzi Fidi ed i rappresentanti degli imprenditori, l'altro con gli istituti di credito.Le riflessioni e le considerazioni emerse dagli incontri, di cui si riporta una sintesi, rappresentano elementi importanti per captare il polso della situazione sul credito in provincia e sui rapporti esistenti fra impresa e banca.

Ancor prima della sintesi dei due focus, conviene comunque richiamare i dati salienti del sistema creditizio reggiano che colloca Reggio Emilia:- al 10° posto per numero di sportelli ogni 10.000 abitanti - al 25° posto in Italia per numero di sportelli ogni 1000 unità localiIl 100% dei comuni reggiani ha uno sportello bancario.

A Reggio Emilia i tassi di interesse sono relativamente bassi e collocano la nostra provincia, con un tasso del 5,88% al 6° posto in Italia ed al 3° in Regione dopo Bologna (2^) e Parma (5^); il più basso tasso di interesse si registra a Milano (5,05%) ed il più alto a Reggio Calabria (9,60%).

Anche le sofferenze si mantengono piuttosto basse; rappresentano il 2,52% degli impieghi - all'88° posto in graduatoria nazionale - contro il 4,70% dell'Italia ed il 2,4% sul PIL (contro il 5,12 nazionale), al 92° posto fra le province italiane. Questo è l’hardware del sistema bancario; e il software?

L'indagine condotta presso le aziende locali indica che ai primi posti, fra le esigenze espresse dalle imprese, compare il credito inteso quale fattore fondamentale di sviluppo e di crescita aziendale.Incrociando i dati desk - fonte Banca d'Italia - con quelli acquisiti direttamente sul territorio emerge un rapporto abbastanza buono fra Imprese e Banche, risultato ottenuto dalla sintesi di aspetti positivi rilevati congiuntamente ad osservazioni negative.Fra gli aspetti positivi si registra che: il 69% delle imprese mantiene più rapporti con il sistema bancario locale; il 63% degli imprenditori ha scelto la prima banca di riferimento grazie al rapporto di tipo

personale (conoscenza); il 67% degli imprenditori preferisce, come prima scelta, una banca di tipo locale o, con marchio

di tipo locale, che assicura una miglior conoscenza delle problematiche locali;

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il 76% degli imprenditori intervistati sostiene che i processi di fusione degli Istituti di credito hanno peggiorato i rapporti delle Banche con i clienti e forse solo in parte hanno determinato il miglioramento di qualche servizio;

il 39% delle aziende non è contrario all'ingresso della banca nello start up dell'impresa (con una presenza minoritaria).

un gruppo di aziende sarebbe interessato a quotarsi in borsa.

Fra gli aspetti negativi sottolineati emergono, invece, le seguenti considerazioni:1) le valutazioni inerenti le garanzie fornite dall'impresa alla banca dovrebbero essere formulate

per il medio/lungo periodo; le alte garanzie richieste alle aziende che chiedono un finanziamento denotano, secondo gli imprenditori, sfiducia delle banche nei confronti dei progetti aziendali;

2) il costo complessivo del denaro (TAEG) è piuttosto elevato. Ai tassi contenuti che vengono applicati occorre sommare una serie di costi accessori ritenuti consistenti. Le aziende chiedono una rivisitazione dei costi, tenuto presente che su un finanziamento di importo contenuto i costi incidono maggiormente rispetto a quelli che si possono spalmare su finanziamenti di importi considerevoli;

3) la qualità del rapporto impresa/banca dovrebbe essere orientata ad un miglior servizio ed il 67% delle aziende intervistate, in particolare le piccole, chiedono consulenze.

4) la spersonalizzazione del rapporto pone limitazioni al dialogo, ritenuto molto importante per le aziende;

5) quasi nessuna delle aziende interpellate conosce gli accordi di Basilea, tanto meno Basilea 2).6) l'esortazione, in sintesi, che le aziende rivolgono alle Banche è quella di non essere penalizzate.

Alla luce di questi primi risultati ci si chiede: come l'evoluzione della legge bancaria del 1936 abbia impattato sul territorio con la legge

Amato; se i distretti industriali senza il ruolo delle banche locali avrebbero avuto difficoltà a

svilupparsi e se la mappatura dei tassi di interesse provinciali posta a confronto con quella dei distretti avrebbe consentito di rilevare, per questi ultimi, tassi di interesse più bassi;

se in presenza della legge di riforma che tende a spostare i centri decisionali delle banche fuori dalla provincia, nei distretti industriali cominciano a ridursi le sinergie particolarmente forti che si sono create fra impresa e banca.

A proposito dei temi posti sul tappeto, sono pervenute osservazioni articolate sia sul versante della domanda che su quello dell'offerta di credito.Seguono, in sintesi, le considerazioni emerse.

Evoluzione del sistema bancarioIl sistema bancario ha vissuto, in questi ultimi anni, profonde trasformazioni. E' passato, prima, alla fase di acquisizione di quote di mercato, fase connotata da una forte concorrenza fra le Banche, poi agli accorpamenti con acquisizioni/incorporazioni/fusioni. Oggi, la fase di assestamento pare quasi conclusa e gli istituti di credito che in prima battuta avevano fissato l'attenzione sul Corporate (aziende grandi) e sul Private (clienti con un elevato portafoglio), cominciano ad occuparsi anche delle fasce marginali della clientela operando nel segmento definito "small business".La riorganizzazione in corso nel sistema bancario - osservano le imprese - è irreversibile e esperienze negative non hanno risparmiato la piazza reggiana.Con i processi di aggregazione, le banche spostano i centri decisionali e spostano il personale.

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PartecipazioniLe Banche accolgono con favore la disponibilità espressa da una parte di imprese ad accettare la loro presenza, anche se temporanea, quali socie in azienda. Ritengono però che le aziende non siano ancora mature per questo tipo di alleanza; secondo le Banche forse le imprese ritengono in tal modo di poter sostituire, con questa modalità, il prestito ottenuto con lo scoperto non valutando, però, fino in fondo, il ruolo che esercita un socio. Il socio entra, per definizione, anche nei processi decisionali.Le imprese ritengono che, essendo la dimensione media delle aziende reggiane piccola, la partecipazione bancaria sarebbe limitata ad un numero veramente esiguo di aziende. Sarebbe, in ogni caso, auspicabile che le partecipazioni fossero attivate attraverso i soci sovvenzionatori e limitate nel tempo.Si chiedono, però: se le imprese sono interessate all’azionariato bancario, quante banche sono interessate ad entrare nelle imprese ?E’ interessante che nel dibattito il problema sia emerso anche a livello locale ma si ritiene che per ora costituisca più un ambito di studio che una possibilità concreta.La problematica è recentemente emersa a livello nazionale in concomitanza con la crisi di importanti gruppi industriali, con il “rischio”, secondo i sostenitori della salvaguardia dell’indipendenza tra sistema bancario e industria, di pericolosi intrecci.

Rapporto personalizzato e Standardizzazione

Rapporto personalizzatoLa sensazione che anche gli istituti di credito percepiscono è che le aziende gradiscono il rapporto personalizzato. Anche quelle di medio - grande dimensione che agiscono, con maggior frequenza, in modo spersonalizzato, accolgono con favore una proposta di dialogo personale.La spersonalizzazione del rapporto fra banca e cliente è, secondo le imprese, ormai irreversibile ed i Consorzi fidi si preoccupano, fra l'altro, di continuare ad assicurare, almeno in parte, questo dialogo. Anche se le imprese, ancora oggi, scelgono le banche in virtù di rapporti personali è comunque da sottolineare che una nuova banca è apprezzata prevalentemente se porta benefici sostenendo gli investimenti.

StandardizzazioneSe le aziende, in particolare, le PMI, si sentono un po' trascurate dalle Banche è perchè queste, aprendo sportelli dedicati, tendono a standardizzare il rapporto con i clienti.In concomitanza con la standardizzazione dei rapporti le Banche potrebbero aiutare le piccole aziende a standardizzare il loro comportamento.

Costo del denaroSe il costo del denaro è ritenuto elevato .- sottolineano le Banche - bisognerebbe far capire alle aziende che, per effetto della concorrenza fra le Banche, i tassi sono stati tenuti forse troppo bassi ed una serie di passaggi che il cliente effettua in banca non vengono prezzati; alla fine vengono applicati i cosiddetti costi accessori che includono tutti quei servizi non singolarmente presi in considerazione .

TrasparenzaLe aziende - sostengono le Banche - esigono dagli istituti di credito la massima trasparenza ma non sono altrettanto disponibili a fornirla. Quelle che chiedono un finanziamento, ad esempio, spesso hanno difficoltà a fornire i budget annuali e/o pluriennali. I bilanci aziendali, poi, vengono resi disponibili almeno nove mesi dopo che si è chiuso l'esercizio (i bilanci vengono redatti entro giugno, depositati entro luglio; e consegnati alla banca in settembre, solo dopo la riapertura post ferie). Dal canto suo la Banca deve fare i conti, da un lato, con gli obiettivi aziendali ed il rischio di

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sofferenza cui è assoggettata, dall'altro, con il cliente e, soprattutto con la concorrenza delle altre Banche che potrebbero sottrarle la clientela.Con l'entrata in vigore, nel 2006, degli accordi di Basilea, le aziende saranno chiamate a mettere ordine nella loro contabilità ed a rischiare molto di più rispetto ad oggi; con Basilea 2), poi, le aziende dovrebbero allineare il loro comportamento ad un corretto rapporto con la Banca.Secondo le banche, oggi, le aziende sono sottocapitalizzate.E’ faticoso pensare - ribattono a distanza le imprese - che sul versante della richiesta delle garanzie le banche possano cambiare atteggiamento soprattutto ora che gli accordi di Basilea impongono una serie di vincoli.Occorre chiedere alle Banche maggiori servizi a partire da una maggior trasparenza e dalla richiesta di garanzie che non si basi solo sui numeri di bilancio ma anche sulla conoscenza dell'impresa attraverso il dialogo, dialogo che a livello provinciale i Consorzi Fidi tendono a rinforzare.

Consorzi FidiIn un periodo, quale l'attuale, in cui i rapporti impresa/banca sono in peggioramento e la riorganizzazione del settore comincia a registrare l'insediamento di finanziarie con soli sportelli, la presenza dei Consorzi Fidi che fungono da filtro tra Banche e Imprese, aiuta a calmierare i tassi di interesse. I consorzi controllano e garantiscono non solo le aziende ma anche le Banche per cui gli imprenditori scelgono di operare con le banche che offrono il miglior tasso di interesse che spesso è offerto dalla banche locali. In questo modo gli istituti di credito operano su un settore sano al quale, nonostante le numerose difficoltà, assicurano il finanziamento degli investimenti e la trasparenza dei costi bancari, obiettivo questo fra i primari e difficile da perseguire.Il lavoro che i Consorzi fidi svolgono a tutela delle imprese tende a ridurre la conflittualità fra imprese e banche.Fra i settori che chiedono credito, quello fondiario non è contemplato dal sistema creditizio mentre il commercio è stato forse l’ultimo, in ordine di tempo, ad affacciarsi al mondo bancario. Fino agli anni ’70 le aziende del commercio si autofinanziavano. Il rapporto personale di fiducia imprese/banca parte in quegli anni. Con le nuove generazioni il rapporto cambia. I giovani cercano il miglior offerente. A Reggio Emilia, secondo i Consorzi, le banche raccolgono parecchio ma investono poco ed i giovani che iniziano un’attività non dispongono di mezzi finanziari che non ottengono nemmeno dalle banche in quanto non hanno garanzie da offrire.Ai Consorzi Fidi, le Banche, dal canto loro, rimproverano una certa superficialità. Ad esempio, auspicano azioni dei Consorzi volte ad indirizzare le aziende loro associate ad impostare la contabilità in modo da fornire al sistema bancario quegli indicatori base che servono a monitorare l'affidabilità e la solidità dell'azienda che usufruisce di un prestito.Inoltre, se la sofferenza sui prestiti erogati attraverso i Consorzi Fidi si assesta sullo 0,6% - 0,7% (quindi decisamente sotto i livelli medi registrati in provincia) non è detto che il dato sia da considerare confortante in quanto questo risultato lo si ottiene per fidi sui quali sono applicati tassi bassissimi.

Banche stranierePer quanto concerne l'insediamento di Banche straniere sul nostro territorio, l'attuale presenza appare molto limitata rispetto alle previsioni. Il loro modo di operare e le numerose garanzie richieste non sono in sintonia con le nostre PMI locali. Il rapporto che le PMI instaurano con le Banche locali è, come si è visto, improntato al dialogo tant'è' che un funzionario che è su una piazza da un certo periodo, riesce a mettere insieme, proprio per il dialogo continuo che instaura con il tessuto produttivo locale, una serie di notizie utili alla valutazione aziendale anche in assenza di continui report statistici.

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I LEGAMI TRA SISTEMA CREDITIZIO E SVILUPPO DEL TERRITORIO

Nella letteratura economica non si riscontrano pareri unanimi sull’analisi del rapporto causa-effetto tra sistema creditizio e sviluppo economico; non vi è, infatti, consenso su quale debba essere la direzione di causalità: se dal settore del credito all'impresa produttiva, in base ad una ottica concentrata sull'offerta di fondi di finanziamento, o viceversa, come conseguenza della maggiore enfasi attribuita alla domanda di fondi1.

L’atteggiamento che si va diffondendo nell'economia post-industriale prende le mosse dall’idea che le trasformazioni delle strutture finanziarie rappresentino un posterius rispetto alle trasformazioni dell'economia reale, in quanto si ritiene che gli intermediari finanziari adeguino l'offerta di strumenti creditizi alla maggior domanda derivante dalla crescita economica.

Questo studio si inserisce, invece, in un filone della letteratura economica che considera un settore del credito efficiente come una precondizione per una crescita equilibrata del territorio. Questo approccio inoltre, si avvicina alla tradizione dei primi economisti regionali, o geograf economics che, nei loro primi lavori pioneristici (si veda il caso di Lösel), evidenziavano il ruolo dello spazio come una “variabile” importante per la determinazione dei tassi d’interesse.

Il rapporto tra credito e sviluppo economico, dopo i contributi di Schumpeter e successivamente di Keynes nel Trattato della Moneta (1930)2 e di Fisher (1933) sulle cause della Grande Depressione, è stato a partire dagli anni Sessanta oggetto di minori analisi e ricerche.

Una delle cause individuate, è probabilmente l’influenza che il pensiero neoclassico prima, e la sintesi hicksiana poi, hanno esercitato sul pensiero economico dominante a partire dal Secondo dopoguerra, con la formulazione del cosiddetto “teorema dell’irrilevanza del credito”: all’interno di un mercato di concorrenza perfetta si teorizza l’inesistenza del credito, concepito come ponte tra presente e futuro (Jossa, 1992): secondo l’impostazione neoclassica, infatti, il credito, pur agevolando l’attività economica, non è in grado di determinarla in maniera autonoma, perché ha sempre origine dalla formazione del risparmio. Con il superamento delle spesso irrealistiche assunzioni del pensiero di matrice neoclassica, si è assistito in anni recenti ad una rivalutazione del ruolo del credito nei processi di sviluppo, anche locale3, in particolare da parte della Nuova Macroeconomia Keynesiana (Stiglitz, 1987); secondo questa scuola di pensiero, sono soprattutto le restrizioni sul credito ad avere la responsabilità dell’instabilità economica e della persistenza delle crisi.

Inoltre, quando l’attenzione delle relazioni causali tra credito e crescita si sposta dal livello nazionale a quello locale, lo scenario di riferimento è certamente più complesso. Se in un’economia chiusa è plausibile sostenere che la crescita del sistema creditizio locale rappresenta una condizione per lo sviluppo del sistema delle imprese, cosa diversa si rileva se la regione di riferimento è una piccola economia aperta inserita in un’area monetaria unificata. Infatti, in quest’ultimo caso, il legame tra i due fenomeni è meno evidente.

1 A questo proposito si veda Tota Pierfrancesco, Credito bancario e sviluppo economico: un’analisi delle disparità regionali nel caso italiano, in Osservatorio economico finanziario della Sardegna, Banco di Sardegna, Rapporto 1998.2 Il paradigma keynesiano presente nel Trattato conferisce al credito un ruolo importante nello sviluppo.3 A questo proposito, e a partire dai lavori di Tobin (1965), è stato evidente il tentativo di includere la moneta e quindi il credito nei modelli di sviluppo di matrice neoclassica.

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Se è vero che il sistema creditizio locale è indispensabile per la selezione delle imprese e per la loro crescita, tuttavia, in teoria, non sarebbe necessario che le istituzioni finanziarie fossero fisicamente presenti nella regione, ovvero la regione potrebbe non avere un proprio sistema creditizio. In realtà, l’esistenza di attività finanziarie che richiedono informazioni reperibili solo in loco, determinano delle relazioni tra datori e prenditori di fondi che possono nascere solo a livello locale, e che rappresentano un fattore indispensabile per lo sviluppo del territorio.

Come l’analisi dei modelli locali di sviluppo è articolata e peculiare ai territori di riferimento, così il sistema creditizio locale si esprime in maniera differenziata a seconda del sistema produttivo di riferimento, con comportamenti e strategie che si sintetizzano con dei tassi di interesse provinciali molto diversi tra loro. Si innesca, in questo modo, un circolo virtuoso/vizioso a seconda dei casi, tra livelli di sviluppo, sofferenze e formazione dei tassi di interesse, con un inevitabile condizionamento anche dei comportamenti aziendali in relazione alle caratteristiche del mercato del capitale di debito di riferimento4.

Se consideriamo una condizione necessaria ed indispensabile per la crescita di una impresa la presenza di sufficienti mezzi finanziari, adeguati al programma di sviluppo che l’azienda intende attuare5, non è possibile trascurare la presenza o meno, in una realtà locale, di un efficiente sistema di intermediazione finanziaria.

In quest’ottica è indispensabile che nei processi di fusione/incorporazione tra banche, che stanno radicalmente trasformando il panorama creditizio italiano (ved. caso San Paolo I.M.I. – Banco di Napoli), non venga trascurata l’importanza della presenza “in loco” della banca che, pur collegata ad un grande gruppo, deve sviluppare con una propria organizzazione, un proprio sistema di relazioni fiduciarie con la clientela.Le banche locali, infatti, sono state quasi sempre quelle più vicine al mondo imprenditoriale circostante, soprattutto in realtà territoriali come quella di Reggio Emilia; grazie, infatti, al rapporto fiduciario instaurato con i propri clienti, dette banche sono state in grado di interpretare meglio le esigenze delle aziende locali, accompagnandole nei loro processi di sviluppo e crescita.

I processi di fusione porteranno inevitabilmente verso la graduale scomparsa del peso delle banche locali, è necessario tuttavia evitare di incorrere nell’errore di standardizzare troppo i prodotti offerti alla propria clientela e soprattutto di spersonalizzare i rapporti intrattenuti con essa. Solo il contatto diretto con l’impresa e la conoscenza delle problematiche creditizie specifiche del territorio possono massimizzare, infatti, gli effetti positivi della leva finanziaria, in modo da evitare non solo di accrescere le “asimmetrie informative” ma anche di irrigidire eccessivamente la struttura delle fonti di finanziamento con conseguente aumento del grado di rischio.

Per conseguire il suddetto obiettivo, l’impresa dovrà a sua volta individuare un punto di equilibrio finanziario e un giusto mix tra gli strumenti utilizzati.Un ruolo primario in questa operazione è rivestito dall’autofinanziamento, possibile generalmente in aziende che generano reddito, e in particolare cash flow, ma anche grazie alle scelte relative alla distribuzione dei dividendi, alle politiche finanziarie e al quadro normativo in materia fiscale.

L’impresa però non sempre è nella possibilità di provvedere in forma “ottimale” alla realizzazione del proprio piano di investimenti con l’autofinanziamento, ovvero con risorse generate al proprio interno. In questo caso, che sicuramente non rappresenta un’eccezione, o si rivedono i piani di 4 In questa sede l’analisi sarà concentrata sui problemi relativi al mercato di capitale di debito e quindi sugli intermediari finanziari limitati al sistema bancario. Non si prenderanno in considerazione le problematiche relative al mercato del capitale di rischio e ai rapporti tra imprese e intermediari mobiliari. 5 Il fabbisogno finanziario si forma in conseguenza di alcuni eventi, come l’aumento delle attività (finanziamento del capitale circolante, la copertura degli investimenti fissi) o il decremento delle passività.

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sviluppo aziendale, o si costruisce un piano di reperimento di risorse finanziarie aggiuntive/sostitutive.

I passi da compiere sono sostanzialmente due:

la scelta della tipologia dei capitali necessari al piano di investimenti la scelta degli strumenti e dei canali da attivare.

In riferimento al primo punto, due sono le alternative percorribili: reperire le risorse attraverso il mercato dei capitali di rischio oppure, in alternativa, rifornirsi sul mercato del capitale di debito, con diverse scadenze. In relazione alla seconda opzione, sarà necessario individuare lo strumento più adatto e selezionare i canali più appropriati.

La tipologia dello strumento scelto dovrà essere adeguata alle caratteristiche dell’investimento programmato: ad esempio, un investimento a breve dovrà essere finanziato con fonti finanziarie a breve e, quindi, con capitale di debito a breve termine6. Un investimento fisso dovrà essere finanziato con capitale di debito a medio/lungo termine7 o capitale di rischio. Non sempre, però, questa “regola aurea” viene rispettata dalle imprese, troppo spesso non consigliate al meglio, con gravi problemi per la stessa tenuta economico/finanziaria dell’azienda.

In queste scelte il ruolo svolto dalla banca di riferimento per l’impresa è importante, se è vero che, come risulta dalla nostra indagine, più della metà degli imprenditori nella provincia di Reggio Emilia (63% del totale) sceglie l’Istituto di credito con il quale operare in base a rapporti personali/fiduciari. Purtroppo, i processi di fusione/aggregazione conosciuti dal sistema creditizio locale/regionale negli ultimi anni, secondo l’opinione degli imprenditori intervistati, hanno prodotto effetti negativi (30% dei rispondenti contro il 15% che hanno giudicato gli effetti prodotti in maniera positiva) con particolare riferimento al peggioramento dei rapporti personali/fiduciari (il 76% degli intervistati).

L’accento sull’importanza di un maggior coinvolgimento del sistema creditizio locale nella vita dell’impresa, è evidenziato anche da un altro interessante dato: il 39% degli intervistati pensa che una partecipazione delle banche nel capitale di minoranza delle imprese della provincia, potrebbe favorire il processo di crescita di queste ultime e di affermazione sui mercati. Inoltre, i rispondenti hanno dichiarato che i contributi più importanti che le banche potrebbero fornire all’azienda sono, in primis, l’ottenimento di migliori condizioni di finanziamento (92% del totale), il rafforzamento patrimoniale per nuovi investimenti (88% del totale) e l’apporto di competenze gestionali (74% del totale).

Questi dati evidenziano un’interessante apertura del tessuto imprenditoriale al sistema creditizio, con il quale il 69% degli imprenditori intrattiene dei positivi rapporti (il 10% del totale molto positivi) e soprattutto il raggiungimento di una “maturità” di impresa che favorisce l’inserimento di soggetti terzi nella vita economica della stessa, presupposto importante anche per un eventuale avvicinamento, soprattutto delle PMI, al mercato borsistico (segmento STAR)8 e, quindi, a forme più complesse di capitale di rischio.

6 Tra i principali prodotti bancari che possono soddisfare queste esigenze citiamo: i contratti bancari (aperture di credito, sconto sugli effetti, anticipo sugli effetti, finanziamenti stand by, finanziamenti evergreen, etc.); i contratti parabancari come il factoring; le emissioni come commercial paper e cambiali finanziarie.7 A tal proposito indichiamo i contratti bancari (ad esempio i mutui), i contratti parabancari (leasing) e le emissioni (le obbligazioni).8 Le azioni con capitalizzazione inferiore a 800 milioni di euro sono trattate sul segmento dedicato alle PMI di nuova quotazione, che ne abbiano fatto richiesta, denominato STAR.

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A condizione, però, che il sistema creditizio sia in grado di fornire una consulenza specifica alle imprese e dei prodotti finanziari personalizzati (per settore, per dimensione aziendale, per tipologia di mercato, etc.), con una erogazione dei fidi per progetti e non fondati soltanto sul conto economico dell'impresa.

In pratica, la risposta a questa accresciuta “domanda di banca” sarebbe un sistema di tipo universale, sul modello anglosassone, che oltre al suo ruolo tradizionale di “prestatore di ultima istanza” dell'azienda, abbia un rapporto di consulenza, e soprattutto di partnership dell'impresa nel capitale di rischio, che significa due cose:

1. approccio attivo verso la clientela; 2. capacità di prospettare soluzioni innovative a fronte di problemi che non sempre sono espliciti.

All’approccio indicato sono interessate soprattutto le piccole imprese, che potrebbero individuare nella consulenza bancaria un aspetto importante della propria gestione, che altrimenti dovrebbe essere svolta all’interno, cosa difficilmente applicabile in termini di costi/opportunità. Infatti, in relazione alle loro esigenze, le PMI non richiedono tout court il solo finanziamento, ma anche un’assistenza puntuale, in modo che la banca affianchi l’imprenditore nelle funzioni aziendali extra-produttive.

Ben sappiamo che la domanda di finanziamento di queste imprese è il più delle volte "implicita". Proporre solo strumenti tradizionali, non sforzandosi di interpretarne le reali esigenze, rischia di aggravare le situazioni debitorie delle stesse.

Un caso tipico è rappresentato dalla eccessiva sovraesposizione di molte imprese di minori dimensioni sul versante del debito a breve. Probabilmente, una maggiore capacità di interpretazione delle esigenze finanziarie avrebbe dimostrato che si trattava, invece, di coprire esigenze di finanziamento aventi una caratteristica più consolidata.

Non ci sfugge che questa situazione è influenzata anche dalla difficoltà che le stesse imprese hanno nel prospettare, nei documenti contabili, lo sviluppo reddituale dei propri investimenti. Un'indagine a livello nazionale dell'Istituto Tagliacarne sui rapporti banca–impresa, evidenziava come uno dei maggiori punti di debolezza percepiti dalle aziende di credito, si riscontra nella carenza, accompagnata spesso da reticenza, a presentare la documentazione richiesta per la valutazione della redditività dell'investimento.

Tale carenza è da attribuirsi non soltanto alle difficoltà incontrate, soprattutto dalle PMI, nel predisporre dei piani aziendali e dei budget chiari ed intelligibili da parte delle banche, ma anche alla scarsa propensione delle stesse imprese a fornire determinate informazioni, sia di natura economico-finanziaria che di natura competitiva.

Da qui nasce il problema della riluttanza delle banche ad esporsi troppo, percependo le imprese come inaffidabili, con conseguente finanziamento parziale dei loro fabbisogni finanziari (origine del diffuso fenomeno del multiaffidamento), e richiesta di garanzie sempre maggiori9.

In questo senso, quindi, anche tra le imprese occorrerebbe sviluppare un'adeguata cultura finanziaria, diffondendo la sensibilità nei confronti della realizzazione di business plan di attività da presentare al finanziamento.

9 Il problema diventerà ancora più rilevante con l’entrata in vigore dell’Accordo di Basilea 2, prevista per il 2006, in seguito alla quale, probabilmente, i requisiti richiesti per il giudizio di rating saranno più restrittivi.

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Anche in questo modo si riduce il rischio - impresa10, in quanto una maggiore capacità di esporre i risultati finanziari, implica una migliore possibilità di valutazione dei progetti, con conseguente riduzione del costo del denaro, notoriamente più caro per le piccole imprese rispetto alle grandi imprese, e nelle regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali.Si innescherebbe, quindi, un circolo virtuoso tra sistema bancario ed imprese che contribuirebbe sicuramente ad un maggiore sviluppo dell'economia.

Questo, tuttavia, potrebbe non essere sufficiente in tutte quelle realtà imprenditoriali che manifestano un problema sia qualitativo che quantitativo delle fonti di finanziamento: alcune volte, infatti, il ricorso a finanziamenti esterni a titolo di debito, non rappresenta una scelta ottimale, soprattutto quando è in gioco la crescita dell'azienda.

In tal caso, è più opportuno dotarsi di capitale stabile (capitale di rischio), più funzionale alle strategie di crescita, il che comporta la ricerca di canali di finanziamento alternativi: anche per questa strada, comunque, appare evidente la necessità di una vera e propria "rivoluzione culturale" da parte delle PMI che, per tradizione, sono sempre state restie all'apertura del capitale a finanziatori esterni, seguita molto spesso da una modifica dell'assetto proprietario.

La preoccupazione di molti imprenditori, però, appare ingiustificata alla luce del fatto che, mediante una partecipazione al capitale proprio, si realizzerebbe una convergenza di interessi tra proprietari e finanziatori: questi ultimi, infatti, sopporterebbero gli stessi rischi dell'imprenditore, partecipando non solo ai ricavi, ma anche ai costi dell'impresa.

Proprio questa coincidenza negli obiettivi sembra essere il fattore di successo nell'ambito del private equity, che negli ultimi anni sta vivendo una rapida espansione nel nostro paese, anche se troppo settoriale, in quanto orientata principalmente verso quelle imprese ad elevato contenuto tecnologico (cd high tech), con buone probabilità di sviluppo.

Date le caratteristiche del nostro tessuto produttivo, quindi, il margine di intervento per le banche è molto ampio, dovendo supplire alle richieste di tutte quelle imprese non high tech: quella della partecipazione sembra essere, dunque, la via più promettente nel futuro rapporto tra banche ed imprese, dato che permette di risolvere, contemporaneamente, sia il problema della scarsezza informativa, avanzato dalle prime, sia quelli della mancata partecipazione consulenziale e delle incongrue condizioni contrattuali (tassi d'interesse elevati, garanzie eccessive, etc.), evidenziati dalle seconde.

Un margine di miglioramento è sicuramente rappresentato dalla riduzione della forbice tra i tassi attivi che le imprese corrispondono alle banche e quelli passivi (il rendimento dei depositi bancari): in particolare, in Emilia Romagna, a partire dal 1999, tale differenziale è aumentato, pur rimanendo inferiore a quello medio nazionale (4,07 contro 4,32).

Per quanto riguarda la provincia di Reggio Emilia, possiamo dire che essa si posiziona al 6° posto tra le province italiane con il minor tasso di interesse a breve (5,88% al 31/12/01)11 e in terza posizione tra le province emiliane (dopo, in ordine decrescente, Bologna e Parma). Il dato è coerente con il livello delle sofferenze registrate in provincia, visto che il rapporto tra sofferenze e 10 Le banche oltre a preoccuparsi del tasso che ricevono sui prestiti, si preoccupano della capacità di rientro degli stessi e quindi del rischio di impresa. In ogni caso anche il tasso di interesse applicato può influenzare la rischiosità dell’insieme dei prestiti, scoraggiando gli imprenditori meno rischiosi (effetto di selezione avversa) o influenzando le azioni di coloro che domandano prestiti (effetto incentivo). Entrambi questi effetti derivano dall’imperfetta informazione dei mercati. A questo proposito: Stiglitz e Weiss (1987).11 Elaborazioni Ist.Tagliacarne su dati Banca d’Italia.

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impieghi è pari a 2,52%, inferiore al valore medio regionale (2,74%), e a quello medio nazionale (4,7%).

Nonostante ciò, dalla nostra indagine risulta che una buona percentuale di imprese lamenta ancora un costo del denaro troppo elevato; dato che il livello del tasso d’interesse non appare, di per sé, così alto, è probabile che siano i costi accessori legati al finanziamento (spese di istruttoria pratica, commissioni d’incasso e assicurazioni obbligatorie) a pesare sul giudizio delle aziende, determinando un T.A.E.G. (Tasso Annuo Effettivo Globale, indicatore del costo complessivo del credito per il cliente) eccessivo.

E’ chiaro allora, che in questo scenario, le banche a carattere nazionale, e soprattutto quelle a carattere regionale e locale, cui maggiormente si rivolgono le aziende provinciali, dovrebbero adeguarsi ai cambiamenti in atto, migliorando i rapporti quali/quantitativi con il mercato e quindi con le imprese.

Il sistema creditizio locale, quindi, pur in un contesto che presenta molti punti di eccellenza, ha ancora qualche difficoltà a dare una risposta alle esigenze dell'apparato produttivo della provincia e, se è vero che sviluppo economico e crescita del sistema creditizio sono complementari, occorre migliorare le strutture. In ogni caso, Reggio Emilia presenta un sistema di sportelli notevolmente diffuso sul territorio, con 7,4 sportelli ogni 10000 abitanti, 5,9 sportelli ogni 1000 imprese e ben il 100% dei comuni bancati (quest’ultimo valore migliore del dato medio regionale).

Tab. 1 - Il sistema bancario in provincia di Reggio Emilia: alcuni dati di sintesi Reggio Emilia Emilia Romagna

Sportelli v.a. 345 2.970Sportelli * 10000 abitanti 7,4 7,4Sportelli * 1000 imprese 5,9 5,8Comuni bancati 100% 96,2%Pos * 1000 U.L. 95,1 129,4ATM * 10000 ab. 8,7 8,6Tasso di interesse a breve* 5,88 5,85Sofferenze/impieghi 2,5 2,7Sofferenze/Pil 2,4 2,6Impieghi/depositi 212,8 201,6*al 31/12/2001Fonte: elaborazioni Istituto Guglielmo Tagliacarne su dati Banca d’Italia, Istat, Infocamere

Dalla breve analisi del sistema creditizio reggiano e dei rapporti tra quest’ultimo e le imprese locali, si evince chiaramente che il primo ha accompagnato il “percorso di sviluppo” conosciuto dalla provincia negli ultimi anni, proponendosi come un fattore di espansione più che come elemento di criticità.

E’ indubbio, però, che per contribuire al “trade off” dell’economia locale, esso dovrà cambiare pelle con un approccio di affiancamento alle imprese, favorendo quei rapporti di fiducia e trasparenza che sono i migliori presupposti per ridurre i costi dell’intermediazione bancaria e favorire un servizio più vicino ai fabbisogni delle imprese stesse.

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1. UNA PANORAMICA DEL SISTEMA CREDITIZIO ITALIANO

Dopo alcune considerazioni introduttive sui rapporti tra il sistema creditizio e il mondo delle imprese in provincia di Reggio Emilia, si ritiene utile fornire un’analisi dettagliata dei principali indicatori creditizi sia a livello nazionale che regionale.

L’analisi del sistema creditizio per ripartizioni regionali mostra come in Italia vi sia una sensibile differenziazione a livello territoriale. Se si osservano, infatti, i valori delle principali “voci” relative al credito aggiornati al 31/12/2001, si nota come, ad esempio, a fronte di un valore dei depositi complessivo pari ad oltre 550 miliardi di euro, ben il 56,2% è concentrato nelle regioni del Nord, contro il 21,3% del Mezzogiorno. La situazione è ancor meno equilibrata dal lato degli impieghi (ossia, i finanziamenti accordati dalle banche a soggetti non bancari): dei 971 miliardi di euro destinati a quest’uso, appena il 13,7% viene assorbito dalla clientela dell’Italia meridionale, con evidenti difficoltà in termini di finanziamento per i soggetti (e le imprese) operanti in questa area geografica.

La situazione di squilibrio viene sottolineata, altresì, dal dato relativo alle sofferenze lorde del sistema bancario (ossia, rapporti con soggetti in stato di insolvenza o simili al lordo delle svalutazioni operate per previsioni di perdita): dei 45,6 miliardi di euro di sofferenze, il 40,6% è a carico delle regioni meridionali contro il 34% di quelle settentrionali.

Anche per quel che riguarda gli affidati12 in stato di insolvenza o simili è possibile notare un sensibile squilibrio a sfavore delle regioni del Mezzogiorno, all’interno delle quali è concentrato circa il 43% dei soggetti in questione.

Proseguendo nell’analisi appare opportuno prendere in considerazione alcuni indicatori appositamente costruiti al fine di fornire degli strumenti adeguati per un’esaustiva comprensione della struttura del settore creditizio (Tab.3).

Considerando per primo il rapporto tra impieghi e depositi, si può dare una valutazione della diversa propensione al rischio adottata dalle banche a livello regionale. I dati indicano come nelle regioni settentrionali vi sia, in media, una maggiore propensione al rischio da parte delle banche che, di conseguenza, risultano più esposte dal punto di vista della gestione della liquidità: rispetto alla media nazionale (in cui il rapporto tra impieghi e depositi è pari a 176,5 punti percentuali13) solo alcune regioni del Centro Nord registrano, infatti, valori più alti - Lazio (198,9%), Emilia Romagna (201,6%), Lombardia (207,3%), Veneto (194%), Piemonte (192,6%) -, mentre le regioni meridionali mostrano tutte livelli inferiori alla stessa. La Campania, che registra il valore più basso (99%), evidenzia addirittura un valore dei depositi che eccede quello degli impieghi.

La bassa componente di rischio manifestata dalle regioni del Sud trova adeguata giustificazione nel comportamento “prudenziale” tenuto dalle banche, visto l’elevato livello di sofferenze in rapporto agli impieghi registrato nel Mezzogiorno14. Nell’Italia meridionale ed insulare, infatti, tale rapporto risulta pari rispettivamente al 12,5% ed al 16,6%, valori di gran lunga più elevati rispetto a quelli riscontrati nelle restanti aree del Paese (2,5% nel Nord-Est, 2,6% nel Nord-Ovest, 5% nel Centro).

12 Nel presente lavoro viene definito come “numero di affidati” il numero di soggetti (persone fisiche, persone giuridiche, cointestazioni), a nome dei quali siano, pervenute, alla data di riferimento, una o più segnalazioni alla Centrale dei rischi a fronte della concessione di prestiti per cassa o di firma, a prescindere dal valore dell’importo accordato. 13 Questo equivale a dire che per ogni 100 unità monetarie (lire, euro, etc.) depositate presso le banche, vengono erogati finanziamenti a soggetti non bancari pari a 176,5 unità. 14 Tale rapporto indica l’ammontare di impieghi non più recuperabili su base percentuale.

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Nel valutare la differenza tra depositi ed impieghi, tuttavia, è necessario tenere in considerazione una serie di fattori che, direttamente o indirettamente, possono incidere su tale rapporto: innanzitutto, bisogna considerare il fatto che, in seguito all’emanazione del nuovo Testo Unico sull’attività bancaria (Decreto Legislativo n° 385/93), l’accoglimento nel nostro ordinamento dei principi di despecializzazione e di libera concorrenza nel mercato del credito, implica che vengano garantite a tutte le banche pari opportunità operative.

Ciò significa che non sussiste più la distinzione (sancita dalla precedente Legge Bancaria del 1936) tra “aziende di credito ordinario”, abilitate alle operazioni attive e passive a breve termine (entro 18 mesi), e “istituti di credito speciale”, abilitati alle operazioni attive e passive di medio-lungo termine (oltre 18 mesi); attualmente, ogni istituto creditizio è abilitato all’esercizio dell’attività bancaria su tutte le scadenze, e quindi anche l’operatività delle banche di credito speciale può incidere sull’ammontare dei due aggregati.

In secondo luogo, bisogna considerare l’effetto del “moltiplicatore del credito”, strettamente legato al concetto di “moltiplicatore dei depositi”15: in base a quest’ultimo, in presenza di equilibrio sul mercato della base monetaria16, la quantità dei depositi risulta essere un multiplo della quantità di base monetaria in circolazione, e dipende unicamente dal coefficiente di riserva obbligatoria, dalla percentuale di riserve libere costituite dalle banche e dalla quota di circolante detenuta dal pubblico. L’ammontare dei depositi determina, a sua volta, anche quello dei crediti concessi all’economia, che può, quindi, essere espresso anch’esso come un multiplo della base monetaria.Il moltiplicatore del credito è, ovviamente, inferiore a quello dei depositi, dato che per ogni unità di depositi una parte viene accantonata per ottemperare agli obblighi di riserva obbligatoria e per alimentare le riserve liquide della banca.

La grandezza dei due moltiplicatori, tuttavia, dipende implicitamente dal livello del tasso sui depositi e da quello sui crediti: una riduzione del primo determinerà una diminuzione dei due moltiplicatori, perché il pubblico preferirà detenere più circolante; al contrario, un aumento del secondo, tenderà a fare aumentare i due moltiplicatori, in conseguenza del fatto che le banche ridurranno le riserve di liquidità e tenderanno a concedere più crediti (in particolare la variazione del moltiplicatore del credito sarà più ampia, dato che il coefficiente in questione è presente sia al numeratore che al denominatore della relativa formula).

Il tasso sui crediti, inoltre, influisce sul moltiplicatore attraverso un altro canale: esso, infatti, è rappresentativo anche del tasso che viene pagato sui titoli e sulle altre attività finanziarie; un suo aumento, quindi, spingerà il pubblico ad investire in altre attività piuttosto che nei depositi bancari. Come si vedrà più avanti (cfr. Tab.3, Cap.3), negli ultimi anni in Italia il differenziale tra i due tassi si è ampliato, determinando così, non solo una contrazione nell’ammontare dei depositi ed un incremento in quello degli impieghi, ma anche un notevole sviluppo della raccolta indiretta effettuata dalle banche.

Questa rientra nell’attività di intermediazione e consulenza mobiliare svolta dagli istituti creditizi; è costituita da titoli di terzi detenuti dalle banche in amministrazione e/o gestione, al netto dei titoli

15 Il moltiplicatore dei depositi è definito dalla seguente relazione: dove DB sono i depositi

bancari, BM è la base monetaria, c è la percentuale di circolante detenuta dal pubblico, k è il coefficiente di riserva obbligatoria e q è la quota di riserve libere; il moltiplicatore del credito, invece, è definito dalla seguente relazione:

, dove CR è il totale del credito bancario.16 La Base Monetaria si identifica, sostanzialmente, con la moneta legale.

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emessi dalla banca, al valore nominale; non entra nel bilancio delle banche ma genera ricavi da commissione.

Da un punto di vista tecnico, quindi, le operazioni di raccolta indiretta non possono essere assimilate ai depositi, in quanto non danno luogo a rapporti in cui la banca si costituisce debitrice nei confronti del depositante mediante l’emissione di proprie passività finanziarie; da un punto di vista economico, invece, le due forme di raccolta sono perfettamente assimilabili, permettendo di convogliare verso le banche flussi di risparmio che altrimenti sarebbero destinati ad altri operatori.

E’ chiaro che in un mercato finanziario sempre più concorrenziale, le banche tendono a diventare un interlocutore globale per i propri clienti-risparmiatori, e mirano quindi a gestirne la totalità delle risorse finanziarie.

L’aggregato “Depositi” da noi considerato comprende solamente la raccolta diretta, ma come mostra la Tab.4, le consistenze relative alla raccolta indiretta sono molto rilevanti, soprattutto in relazione ai titoli depositati in custodia e/o amministrazione.

Considerando come indicatore il rapporto tra le due forme di raccolta (Tab.3), possiamo vedere che in alcune regioni l’ammontare di fondi intermediati dalle banche tramite l’esercizio di questa attività, è doppio rispetto a quello raccolto in deposito; questa situazione caratterizza soprattutto il Nord Italia, dove si registrano percentuali elevatissime (Lombardia 453%, Friuli-Venezia Giulia 374%, Piemonte 278%, Emilia Romagna 226%), seguito dal Centro (Lazio 176% e Toscana 165%), mentre nel Sud il rapporto si inverte, facendo registrare tutte percentuali inferiori all’80%.

La differenza tra le tre macroaree del Paese appare ancora più evidente dall’esame dei grafici ad esse relativi (Graf.1, Graf.2, Graf.3).Nel Mezzogiorno infatti, a differenza del Centro-Nord, prevale ancora una forma “tradizionale” di raccolta di fondi attraverso i depositi a risparmio e i certificati di deposito o per mezzo dei conti correnti liberi e vincolati.

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Tab.1 – Depositi, impieghi, sofferenze e affidati per localizzazione della clientela a livello regionale (Valori assoluti al 31/12/2001)

Regioni e Ripartizioni Depositi*(milioni di Euro)

Impieghi**(milioni di Euro)

Sofferenze***(milioni di Euro)

Affidati****(numero)

Piemonte 41.733 80.365 2.203 37.441Valle D'Aosta 1.302 1.986 72 1.112Lombardia 136.922 283.851 6.656 68.971Trentino-Alto Adige 11.780 21.147 336 4.404Veneto 44.105 85.558 2.124 27.097Friuli-Venezia Giulia 12.663 19.447 494 8.952Liguria 14.374 18.499 1.071 15.393Emilia Romagna 46.167 93.075 2.554 33.089Toscana 34.997 61.992 2.027 32.723Umbria 6.968 11.417 568 6.593Marche 13.284 23.011 902 13.964Lazio 69.041 137.294 8.107 63.202Abruzzo 9.112 11.720 991 13.329Molise 1.593 2.367 207 2.763Campania 34.309 34.071 3.600 49.327Puglia 23.453 25.570 3.536 41.720Basilicata 3.255 4.364 791 9.427Calabria 8.780 9.494 1.821 25.040Sicilia 25.851 31.615 5.695 71.139Sardegna 10.661 14.290 1.904 20.819

ITALIA NORD-OCCIDENTALE 194.331 384.701 10.002 122.917ITALIA NORD-ORIENTALE 114.715 219.227 5.508 73.542ITALIACENTRALE 124.289 233.713 11.604 116.482ITALIA MERIDIONALE 80.501 87.587 10.946 141.606ITALIA INSULARE 36.513 45.905 7.599 91.958Totale Nazionale 550.350 971.132 45.659 546.505

* Raccolta da soggetti non bancari effettuata dalle banche sotto forma di deposito a risparmio liberi e vincolati, buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti liberi e vincolati. Non comprende la Raccolta indiretta.** Finanziamenti erogati dalle banche a soggetti non bancari. L'aggregato comprende: rischio di portafoglio, scoperti di conto corrente, finanziamento per anticipi (su effetti e altri documenti salvo buon fine, all'importazione e all'esportazione), mutui, anticipazioni non regolate in conto corrente, riporti, sovvenzioni diverse non regolate in conto corrente, prestiti su pegno, prestiti contro cessione di stipendio, cessioni di credito, impieghi con fondi di terzi in amministrazione, altri investimenti finanziari (accettazioni bancarie negoziate, commercial papers, ecc.) sofferenze, effetti insoluti e ai protesti di proprietà. L'aggregato è al netto degli interessi e delle operazioni pronti contro termine.*** Comprendono la totalità dei rapporti per cassa in essere con soggetti in stato d'insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, a prescindere dalle garanzie che li assistono, al lordo delle svalutazioni operate per previsioni di perdita.**** Soggetti (persone fisiche, persone giuridiche, cointestazioni) in stato di insolvenza a nome dei quali siano pervenute, alla data di riferimento, una o più segnalazioni alla Centrale dei rischi a fronte della concessione di crediti per cassa o di firma, a prescindere dall’importo erogato.Fonte: Banca d’Italia – Bollettino Statistico

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Tab.2 – Depositi, impieghi, sofferenze e affidati per localizzazione della clientela a livello regionale (Valori percentuali al 31/12/2001).

Regioni e Ripartizioni Depositi*(%)

Impieghi**(%)

Sofferenze***(%)

Affidati****(%)

Piemonte 7,58 8,28 4,82 6,85Valle D'Aosta 0,24 0,20 0,16 0,20Lombardia 24,88 29,23 14,58 12,62Trentino-Alto Adige 2,14 2,18 0,74 0,81Veneto 8,01 8,81 4,65 4,96Friuli-Venezia Giulia 2,30 2,00 1,08 1,64Liguria 2,61 1,90 2,35 2,82Emilia Romagna 8,39 9,58 5,59 6,05Toscana 6,36 6,38 4,44 5,99Umbria 1,27 1,18 1,24 1,21Marche 2,41 2,37 1,98 2,56Lazio 12,54 14,14 17,76 11,56Abruzzo 1,66 1,21 2,17 2,44Molise 0,29 0,24 0,45 0,51Campania 6,23 3,51 7,88 9,03Puglia 4,26 2,63 7,74 7,63Basilicata 0,59 0,45 1,73 1,72Calabria 1,60 0,98 3,99 4,58Sicilia 4,70 3,26 12,47 13,02Sardegna 1,94 1,47 4,17 3,81

ITALIA NORD-OCCIDENTALE 35,31 39,61 21,91 22,49ITALIA NORD-ORIENTALE 20,84 22,57 12,06 13,46ITALIACENTRALE 22,58 24,07 25,41 21,31ITALIA MERIDIONALE 14,63 9,02 23,97 25,91ITALIA INSULARE 6,63 4,73 16,64 16,83Totale Nazionale 100,00 100,00 100,00 100,00

* Raccolta da soggetti non bancari effettuata dalle banche sotto forma di deposito a risparmio liberi e vincolati, buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti liberi e vincolati. Non comprende la Raccolta indiretta.** Finanziamenti erogati dalle banche a soggetti non bancari. L'aggregato comprende: rischio di portafoglio, scoperti di conto corrente, finanziamento per anticipi (su effetti e altri documenti salvo buon fine, all'importazione e all'esportazione), mutui, anticipazioni non regolate in conto corrente, riporti, sovvenzioni diverse non regolate in conto corrente, prestiti su pegno, prestiti contro cessione di stipendio, cessioni di credito, impieghi confondi di terzi in amministrazione, altri investimenti finanziari (accettazioni bancarie negoziate, commercial papers, ecc.) sofferenze, effetti insoluti e ai protesti di proprietà. L'aggregato è al netto degli interessi e delle operazioni pronti contro termine.*** Comprendono la totalità dei rapporti per cassa in essere con soggetti in stato d'insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, a prescindere dalle garanzie che li assistono, al lordo delle svalutazioni operate per previsioni di perdita.**** Soggetti (persone fisiche, persone giuridiche, cointestazioni) in stato di insolvenza a nome dei quali siano pervenute, alla data di riferimento, una o più segnalazioni alla Centrale dei rischi a fronte della concessione di crediti per cassa o di firma, a prescindere dall’importo erogato.Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

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Tab.3 – Principali indicatori bancari a livello regionale per localizzazione della clientela (Valori al 31/12/2001)

Regioni e RipartizioniSofferenze/Impieghi

(%)

Impieghi/Depositi

(%)

Impieghi/Affidati

(migliaia di euro)

Sofferenze/Affidati

(migliaia di euro)

Racc.Ind./Depositi (%)

Piemonte 2,7 192,6 2.146 59 277,9Valle D'Aosta 3,6 152,5 1.786 65 158,5Lombardia 2,3 207,3 4.116 97 453Trentino-Alto Adige 1,6 179,5 4.802 76 86,9Veneto 2,5 194,0 3.157 78 163,5Friuli-Venezia Giulia 2,5 153,6 2.172 55 374,5Liguria 5,8 128,7 1.202 70 211Emilia Romagna 2,7 201,6 2.813 77 225,9Toscana 3,3 177,1 1.894 62 164,6Umbria 5,0 163,8 1.732 86 112Marche 3,9 173,2 1.648 65 104,8Lazio 5,9 198,9 2.172 128 176,4Abruzzo 8,5 128,6 879 74 69,5Molise 8,7 148,6 857 75 50,2Campania 10,6 99,3 691 73 78,9Puglia 13,8 109,0 613 85 79,3Basilicata 18,1 134,1 463 84 52,8Calabria 19,2 108,1 379 73 58,4Sicilia 18,0 122,3 444 80 76Sardegna 13,3 134,0 686 91 54,8

ITALIA NORD-OCCIDENTALE 2,6 198,0 3.130 81 395,5ITALIA NORD-ORIENTALE 2,5 191,1 2.981 75 204,1ITALIACENTRALE 5,0 188,0 2.006 100 161,8ITALIA MERIDIONALE 12,5 108,8 619 77 74,1ITALIA INSULARE 16,6 125,7 499 83 69,8Totale Nazionale 4,7 176,5 1.777 84 234,3

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

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Tab.4 – Raccolta indiretta per localizzazione della clientela a livello regionale (Valori nominali al 31-12-2001)

Regioni e Ripartizioni Titoli in Gestione*

Titoli in custodia semplicee/o amministrata** Totale***

(milioni di euro) (milioni di euro) (milioni di euro)Piemonte 14.211 101.752 115.963Valle d’Aosta 192 1.872 2.064Lombardia 42.143 578.146 620.289Trentino-Alto Adige 1.903 8.335 10.238Veneto 14.420 57.708 72.128Friuli-Venezia Giulia 2.530 44.897 47.428Liguria 3.427 26.900 30.327Emilia Romagna 18.943 85.356 104.299Toscana 9.258 48.339 57.596Umbria 1.142 6.664 7.807Marche 1.915 12.008 13.923Lazio 6.446 115.332 121.777Abruzzo 491 5.846 6.336Molise 76 724 800Campania 2.387 24.689 27.076Puglia 1.959 16.638 18.597Basilicata 105 1.611 1.715Calabria 580 4.548 5.129Sicilia 1.581 18.055 19.636Sardegna 628 5.211 5.839

ITALIA NORD-OCCIDENTALE 59.973 708.670 768.643ITALIA NORD-ORIENTALE 37.797 196.297 234.094ITALIA CENTRALE 18.761 182.342 201.103ITALIA MERIDIONALE 5.598 54.056 59.653ITALIA INSULARE 2.209 23.265 25.474Totale Nazionale 124.337 1.164.630 1.288.968

* Complesso dei valori mobiliari, di proprietà della clientela, in deposito presso un intermediario per i quali esso, sulla base di un contratto di mandato, effettua il servizio di gestione mobiliare.** Complesso dei valori mobiliari, di proprietà della clientela, in deposito presso un intermediario per i quali esso, sulla base di un contratto, si impegna alla custodia, alla riscossione delle cedole, al ritiro e alla consegna dei certificati, alla cura dei raggruppamenti e dei frazionamenti, ecc…*** Complesso dei titoli e altri valori mobiliari, al netto delle passività di propria emissione, che l’intermediario riceve dalla clientela in deposito a custodia, in amministrazione o in connessione con la gestione di patrimoni mobiliari.

Fonte: Banca d’Italia – Bollettino Statistico

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Graf.1 – Distribuzione percentuale dei depositi e della raccolta indiretta nel Nord (Anno 2001)

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Graf.2 – Distribuzione percentuale dei depositi e della raccolta indiretta nel Centro (Anno 2001)

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Graf.3 – Distribuzione percentuale dei depositi e della raccolta indiretta nel Sud (Anno 2001)

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

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La situazione che viene a delinearsi osservando le consistenze a fine anno 2001, è quanto mai evidente. Nelle regioni meridionali, l’effetto positivo che il tasso sui crediti può avere sul moltiplicatore, è più che compensato dalle alte sofferenze, che rendono difficoltosa una fluida circolazione dei capitali all’interno dei circuiti economici locali (il fenomeno del razionamento del credito accordato). Le banche, in pratica, vista l’elevata percentuale di crediti in sofferenza rispetto al totale dei crediti concessi, hanno tenuto un atteggiamento orientato alla prudenza che è sfociato in una scarsa attitudine alla concessione di prestiti su larga scala, privilegiando solo quei soggetti che maggiormente sono in grado di fornire solide garanzie reali al rientro dei crediti erogati.

A fronte, pertanto, di una raccolta di risorse effettuata dalle banche (attraverso i depositi) pari, nel meridione, a circa il 21% del totale nazionale nell’anno 2001, la quota percentuale di finanziamenti erogati a soggetti non bancari residenti nel Mezzogiorno rappresenta appena il 13,7% del totale (graf.4).

Graf.4 – Distribuzione percentuale dei depositi, impieghi e sofferenze nelle macro regioni italiane per localizzazione della clientela (Anno 2001)

56,2

22,6

21,3

62,2

24,1

13,7

34,0

25,4

40,6

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Depositi Impieghi Sofferenze

Nord Centro Sud

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Negli ultimi quattro anni si è, comunque, assistito ad un notevole decremento del livello delle sofferenze rispetto agli impieghi che ha interessato tutte le aree del Paese e principalmente le regioni meridionali.

Tale incidenza è passata, infatti, dal 22,3% del 1998 al 13,9% del 2001 (differenziale di circa 8,5 punti percentuali), con evidente riduzione del gap che separa il Sud dalle altre aree geografiche (graf.5).

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Graf.5 – Andamento del livello delle sofferenze (in % degli impieghi) nelle macro regioni italiane ed in Italia (Anni 1998-2001)

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

Nord 4,8 4,1 3,2 2,6

Centro 9,1 7,4 6,8 5,0

Sud 22,3 20,9 17,1 13,9

Italia 8,8 7,5 6,1 4,7

1998 1999 2000 2001

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Il positivo trend che si delinea osservando l’evoluzione del rapporto tra sofferenze ed impieghi viene inoltre confortato dall’esame separato delle variazioni delle consistenze delle due componenti creditizie. Mentre si assiste, infatti, da un lato ad un incremento del valore degli impieghi (che in Italia ammontano a 970 miliardi di euro nel 2001 contro i 910 del 2000), dall’altro vi è una riduzione dei crediti in sofferenza, che passano dai 55 miliardi di euro di fine 2000 ai 45,6 di fine 2001.

Il decremento del livello delle sofferenze tra i due anni ha interessato, inoltre, tutte le regioni, sia settentrionali che meridionali, confermando quindi l’ipotesi che il sistema bancario italiano sia entrato in un “circolo virtuoso”, in cui a fronte di una riduzione del peso delle sofferenze (testimoniato, tra l’altro, da una diminuzione del numero degli affidati17 in stato di insolvenza), è cresciuta la “fiducia” delle banche circa il grado di solvibilità della clientela, con conseguente maggiore facilità di accesso al credito per investimenti.

Il livello delle sofferenze ha, altresì, una notevole influenza sul tasso di interesse medio a breve termine.E’ evidente, infatti, che laddove si registri una diminuzione della percentuale di sofferenze sul totale dei crediti erogati, c’è da attendersi una riduzione del livello del costo del denaro (rappresentato dal tasso di interesse a breve).A conferma di tale assunto si osservino i valori evidenziati nella sottostante tabella, che mostra come negli ultimi anni si sia registrato un decremento medio a livello nazionale e macro-regionale di circa 3 punti percentuali dei tassi attivi a breve termine.

Tab.5 – Tassi attivi a breve termine (fino a 18 mesi) sui finanziamenti per cassa per localizzazione degli sportelli (Anni 1997-2001)

1997 1998 1999 2000 2001ITALIA NORD-OCCIDENTALE 8,6 6,3 4,8 6,2 5,7ITALIA NORD-ORIENTALE 9,0 6,9 5,5 7,0 6,3ITALIA CENTRALE 9,3 7,4 5,8 6,9 6,4ITALIA MERIDIONALE 11,1 8,7 7,0 8,5 8,0ITALIA INSULARE 11,2 9,5 7,1 8,5 7,7Totale Nazionale 9,1 6,9 5,4 6,7 6,1

Fonte: Banca d’Italia – Bollettino Statistico

17 Gli affidati passano, infatti, da 570.826 unità nel 2000 a 546.505 unità nel 2001.

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I tassi d’interesse non sono, tuttavia, influenzati solo dal livello delle sofferenze, ma anche da altre variabili economiche endogene e/o esogene al sistema di riferimento, che possono determinare delle forti differenziazioni dei tassi stessi a livello territoriale.

1.1 Sviluppo economico, livello delle sofferenze e formazione dei tassi di interesse18

Da una nostra analisi realizzata su dati provinciali, emerge una chiara relazione tra livello del Pil pro capite (proxy dello sviluppo raggiunto da un territorio), sofferenze e tassi di interesse, e tra sofferenze e tassi di interesse: maggiore è il livello di sviluppo, minori sono le sofferenze, più bassi sono i tassi di interesse, maggiore è il livello di sviluppo, etc.

E’ evidente come le province italiane dove il livello del Pil pro capite è più elevato o comunque superi una certa soglia (potrebbe essere individuata intorno all’80% del valore medio nazionale), registrino una percentuale di sofferenze sul totale dei crediti erogati più bassa, con un conseguente costo del danaro inferiore al dato medio nazionale (tasso di interesse medio a breve). Altra indicazione interessante che emerge dall’analisi dei dati è che, a partire dal livello soglia del Pil pro capite, assistiamo ad una accelerazione della riduzione percentuale delle sofferenze sul totale dei crediti concessi (rendendo tendenzialmente nulle le sofferenze).Ciò porta a sostenere la tesi che nel determinare il livello dei tassi di interesse sul territorio, oltre al livello delle sofferenze, un ruolo fondamentale è rivestito dal livello del Pil pro capite, inteso come proxy di un ambiente economico favorevole alla business community locale.

Tab.6 - Coefficienti di regressione e variabilità spiegata

CoefficientiIntercetta 9,21Pil pro capite - 0,02Sofferenze 0,05Variabilità spiegata del tasso di interesse19 74,8%

Fonte: elaborazione propria su dati Ist. Tagliacarne-Banca d’Italia

A supporto di questo ragionamento esiste una evidenza empirica: l’azione congiunta delle performance provinciali del Pil pro capite e delle sofferenze spiega circa il 75% (Tab.6) delle concause che determinano il livello dei tassi di interesse a breve praticati a livello locale.

Questa l’indicazione generale, supportata dal dato relativo alla provincia di Reggio Emilia, dove si registra un livello delle sofferenze piuttosto contenuto, non solo in rapporto agli impieghi (2,52%), ma anche in rapporto al Pil (2,45%), che si rispecchia su un tasso d’interesse tra i più bassi in Italia (5,88%).Analizzando più in dettaglio i dati provinciali, tuttavia, si nota come in alcune realtà locali nella determinazione della struttura dei tassi di interesse il peso di altri fattori sia piuttosto rilevante e, di conseguenza, non sono sufficienti il livello del Pil pro capite e delle sofferenze per spiegarne il livello.

Tra i fattori che concorrono alla determinazione del livello dei tassi d’interesse, in ambito territoriale, si possono distinguere sia fattori “creditizi” che fattori “extracreditizi”.

18 L’approccio teorico utilizzato nel presente paragrafo è tratto da G. Capuano, “Il ruolo del credito nello sviluppo delle economie locali – Un’analisi a livello provinciale”, W.P.32/02; Istituto G. Tagliacarne.19 Con “variabilità spiegata del tasso di interesse” si intende il coefficiente di determinazione (R 2) che, come noto, misura la bontà di adattamento della retta di regressione ai dati. Tale coefficiente indica quanta parte della variabilità totale del fenomeno (tasso di interesse) viene spiegata dal modello (nel nostro caso dall’andamento congiunto del livello del Pil pro capite e delle sofferenze).

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Nel primo gruppo rientrano, ovviamente, tutte quelle componenti che direttamente o indirettamente sono legate alla sfera del “credito”, quali ad esempio la dimensione delle aziende di credito presenti sul territorio provinciale, la numerosità di sportelli presenti, il volume di depositi e impieghi, la redditività di gestione delle aziende di credito, la presenza di consorzi fidi, etc.

Gli altri fattori che possiamo definire “extracreditizi” afferiscono, invece, sia alla struttura economica locale (ad es. il livello del Pil, l’articolazione della struttura produttiva sia in termini settoriali che dimensionali, etc.) che alla sfera istituzionale ed imprenditoriale presente sul territorio.Un caso interessante è rappresentato dalla provincia di Frosinone in cui prendendo in considerazione il rapporto sofferenze/impieghi (22,93%), si nota come la stessa si posizioni al primo posto tra le province italiane. Nonostante l’elevato livello delle sofferenze, la provincia si posiziona tuttavia solo al 57° posto tra le province italiane con i più alti tassi di interesse, beneficiando di un “bonus” che abbatte il costo del danaro. Tale risultato porta ad ipotizzare che: un sistema economico possa svilupparsi pur “accettando” un dato livello di sofferenze (che può

essere definito “fisiologico”) che comunque, nel lungo periodo, potrebbe rappresentare una forte criticità per una ulteriore crescita dell’economia locale, condizionata da un eccessivo “effetto razionamento”;

il formarsi dei livelli dei tassi di interesse praticati in sede locale non è esclusivamente condizionato dalle sofferenze, in quanto esistono fattori sia “creditizi” che “extracreditizi” che contribuiscono alla formazione dei tassi praticati dalle banche, quali il livello di sviluppo conosciuto dall’economia locale, la dimensione dei fidi più elevata della media, la struttura settoriale, il rilevante peso che il settore industriale ha sul totale dell’economia locale (nel caso di Frosinone 36% contro il 28,2% a livello nazionale20).

Il risultato della nostra analisi porta ad un’altra interessante conclusione: i gap tra i tassi di interesse praticati a livello provinciale, nonostante una generalizzata riduzione degli ultimi anni, persistono e, in alcuni casi, in maniera rilevante. Inoltre, è ancora molto forte il differenziale tra realtà territoriali, non solo tra quelle del Nord Italia e del Mezzogiorno (il differenziale tra il tasso di interesse della provincia di Milano – 5,79% - e quello di Vibo Valentia – 9,96% - è pari a 4,17 punti percentuali) ma anche tra le stesse regioni settentrionali e tra province della stessa regione; differenziali che, come visto in precedenza, non sempre sono giustificati dalla presenza di elevate sofferenze. Infatti, abbiamo rilevato che province con sofferenze più elevate registrano tassi più bassi (è il caso non solo di Frosinone ma anche ad esempio di Pavia) di altre con sofferenze più basse (si veda, ad esempio il caso di Cuneo o di Isernia).

La conclusione che si trae dalla nostra analisi è che un sistema creditizio inteso come fattore dello sviluppo locale e fortemente integrato con esso, contribuisce a migliorare le performance dell’economia in termini di Pil, con beneficio delle stesse banche grazie ad una riduzione del rapporto dei crediti “inesigibili” sul totale dei crediti in essere, con la conseguenza di favorire, in molti casi, la formazione della struttura dei tassi di interesse a livelli più bassi la cui formazione è determinata da un mix di fattori, creditizi e non.

20 Rispetto al primo punto è interessante sottolineare come i tassi medi sia regionali che provinciali relativi al comparto industriale siano generalmente più bassi di circa due punti (nel Lazio il gap con il settore agricolo è pari circa al 2,5%) rispetto ai valori medi.

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2. LA SITUAZIONE DEL CREDITO NELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA

Prima di procedere con la descrizione del sistema creditizio della provincia di Reggio Emilia, è opportuno fornire un quadro della situazione regionale. L’Emilia Romagna è sicuramente una tra le regioni più sviluppate in Italia, e ciò si evince anche dall’analisi del suo sistema creditizio.Secondo il dato del Dicembre 2001 (ultimo disponibile) infatti, l’ammontare dei depositi e degli impieghi risulta pari, rispettivamente, a 46.167 e 93.075 milioni di euro, corrispondenti a circa l’8,39% e al 9,58% del totale nazionale, percentuali che sono inferiori solo a quelle della Lombardia e del Lazio; il peso delle sofferenze, invece, è inferiore (pari a circa il 5,59%), avendo una consistenza di 2.554 milioni di euro.

Il dato maggiormente interessante è rappresentato dall’elevato rapporto tra impieghi e depositi (201,6%), notevolmente superiore a quello medio nazionale (176,5%) e secondo solo a quello lombardo (207,3%), che sta ad indicare un ottimo utilizzo delle risorse raccolte, grazie anche alla bassa componente di rischio che si registra nella regione, dove il rapporto tra i crediti in sofferenza e il totale degli impieghi è pari al 2,7%, pressoché in linea con il dato medio dell’Italia Nord- Orientale (2,5%) ed inferiore al dato medio nazionale (4,7%) di circa 2 punti percentuali.

Spostando l’analisi alla sola provincia di Reggio Emilia possiamo dire che, nel confronto con le altre province della regione, essa rappresenta una realtà di tutto rispetto, sia in relazione al volume dei principali aggregati creditizi che e al loro peso sul totale regionale.

Come si evince dalla Tab.1, infatti, i depositi ammontano a 5.067 milioni di Euro e gli impieghi a 10.785 milioni di Euro, mentre le sofferenze si attestano attorno ai 272 milioni: i loro pesi sul totale regionale si attestano tutti intorno al 10-11% (rispettivamente 10,98%, 11,59% e 10,65%), a dimostrazione del fatto che sussiste un certo equilibrio tra la fase di raccolta e quella di impiego delle risorse. Analogo discorso può farsi in relazione al numero degli affidati, la cui quota è pari all’11,11%.

Tab.1 –Consistenze dei principali aggregati creditizi nelle province dell’Emilia Romagna per localizzazione della clientela (Valori al 31-12-2001)Province Depositi* Impieghi** Sofferenze*** Affidati**** Sportelli

(in milioni di Euro) (in milioni di Euro) (in milioni di Euro) (numero) (numero)Valori Assoluti

Bologna 12.809 27.507 649 7.335 696Ferrara 2.828 4.437 197 2.811 207Forlì 4.284 8.122 165 2.840 295Modena 7.188 14.487 409 6.019 425Parma 4.848 11.521 359 3.269 301Piacenza 2.931 4.059 236 2.297 196Ravenna 3.503 6.617 140 2.680 292Reggio Emilia 5.067 10.785 272 3.675 345Rimini 2.709 5.539 129 2.163 213Emilia Romagna 46.167 93.074 2.554 33.089 2.970

Valori PercentualiBologna 27,74 29,55 25,41 22,17 23,43Ferrara 6,13 4,77 7,71 8,50 6,97Forlì 9,28 8,73 6,46 8,58 9,93Modena 15,57 15,57 16,01 18,19 14,31Parma 10,50 12,38 14,06 9,88 10,13Piacenza 6,35 4,36 9,24 6,94 6,60Ravenna 7,59 7,11 5,48 8,10 9,83Reggio Emilia 10,98 11,59 10,65 11,11 11,62Rimini 5,87 5,95 5,05 6,54 7,17Emilia Romagna 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

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*Raccolta da soggetti non bancari effettuata dalle banche sotto forma di deposito a risparmio liberi e vincolati, buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti liberi e vincolati. Non comprende la Raccolta indiretta..** Finanziamenti erogati dalle banche a soggetti non bancari. L'aggregato comprende: rischio di portafoglio, scoperti di conto corrente, finanziamento per anticipi (su effetti e altri documenti salvo buon fine, all'importazione e all'esportazione), mutui, anticipazioni non regolate in conto corrente, riporti, sovvenzioni diverse non regolate in conto corrente, prestiti su pegno, prestiti contro cessione di stipendio, cessioni di credito, impieghi confondi di terzi in amministrazione, altri investimenti finanziari (accettazioni bancarie negoziate, commercial papers, ecc.) sofferenze, effetti insoluti e ai protesti di proprietà. L'aggregato è al netto degli interessi e delle operazioni pronti contro termine..*** Comprendono la totalità dei rapporti per cassa in essere con soggetti in stato d'insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, a prescindere dalle garanzie che li assistono, al lordo delle svalutazioni operate per previsioni di perdita.**** Soggetti (persone fisiche, persone giuridiche, cointestazioni) in stato di insolvenza a nome dei quali siano pervenute, alla data di riferimento, una o più segnalazioni alla Centrale dei rischi a fronte della concessione di crediti per cassa o di firma, a prescindere dall’importo erogato.Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

A partire da questi dati di stock è stata effettuata poi, un’analisi dinamica degli aggregati creditizi, con lo scopo, sia di esaminare la loro evoluzione nel tempo, sia soprattutto di comprendere meglio il funzionamento del circuito creditizio locale.

2.1 Analisi dinamica del circuito creditizio locale

Seguendo lo stesso percorso logico utilizzato nel paragrafo precedente per descrivere il sistema creditizio regionale, anche nel caso della sola provincia di Reggio Emilia sono stati costruiti alcuni indicatori bancari riportati nella Tab.2: dal loro esame si evince il buon funzionamento del circuito creditizio locale, caratterizzato non solo dall’elevato rapporto tra impieghi e depositi (212,85%), superiore a quello altrettanto alto registrato per l’Emilia Romagna (201,6%), ma anche dal basso livello dei crediti in sofferenza rispetto al totale degli impieghi (2,52%), minore sia di quello medio regionale (2,74%) che nazionale (4,70%).

Per entrambi questi indicatori sono state stilate altresì delle graduatorie provinciali, all’interno delle quali Reggio Emilia occupa rispettivamente il 10° posto per il rapporto impieghi/depositi (Tab. A.4), e l’88° per quello sofferenze/impieghi (Tab. A.5).

Tab.2 – Principali indicatori bancari nelle province dell’Emilia Romagna per localizzazione della clientela (Valori al 31-12-2001)

ProvinceSofferenze/

Impieghi(%) 

Impieghi/Depositi(%)

 

Impieghi/Sportelli

(migliaia di euro)

Sofferenze/Affidati

(migliaia di euro)Bologna 2,36 214,75 39.522 88,5Ferrara 4,44 156,90 21.435 70,1Forlì 2,03 189,59 27.532 58,1Modena 2,82 201,54 34.087 68,0Parma 3,12 237,64 38.276 109,8Piacenza 5,81 138,49 20.709 102,7Ravenna 2,12 188,90 22.661 52,2Reggio Emilia 2,52 212,85 31.261 74,0Rimini 2,33 204,47 26.005 59,6Emilia Romagna 2,74 201,60 31.338 77,2Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino statistico

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Ulteriori indicazioni interessanti provengono dall’analisi dell’andamento dei depositi e degli impieghi della provincia, effettuata con lo scopo di verificare se, negli ultimi 5 anni, le variazioni intervenute nella loro consistenza, tendano ad allinearsi con quelle relative all’Emilia Romagna e all’Italia.

Graf.1 – Andamento delle variazioni annue (%) dei depositi nella provincia di Reggio Emilia, in Emilia Romagna e in Italia

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino statistico

Con riferimento ai depositi, dopo un netto calo verificatosi tra il 1998 e il 1999, nella provincia di Reggio Emilia si è registrato un crescente aumento delle consistenze, che ha raggiunto il suo culmine tra il 2000 e il 2001, in concomitanza con quanto avvenuto sia in ambito regionale che nazionale (Graf.1).

Per quanto riguarda gli impieghi, invece, l’andamento è stato pressoché analogo durante tutto l’arco di tempo preso in esame: in tutte e tre le ripartizioni territoriali si sono registrate delle variazioni positive che, per la provincia di Reggio Emilia, sono state sempre più consistenti di quelle nazionali (Graf.2).

Quest’ultima rilevazione può aiutare a spiegare l’origine dell’elevato rapporto impieghi/depositi che caratterizza il sistema creditizio reggiano, che può essere utilmente considerato anche come indicatore della propensione al rischio degli istituti bancari.

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Graf.2 – Andamento delle variazioni annue (%) degli impieghi nella provincia di Reggio Emilia, in Emilia Romagna e in Italia

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Questa risulta evidentemente molto alta, grazie anche al modesto rapporto, sia tra sofferenze ed impieghi (2,52%) che tra sofferenze e PIL (2,45%), che permette a Reggio Emilia di posizionarsi al 92° posto nella graduatoria provinciale (Tab. A.6).

Gli effetti benefici derivanti dal buon funzionamento del sistema creditizio, si riflettono sul livello del tasso d’interesse (5,88%), che risulta tra i più bassi d’Italia (6° nella graduatoria provinciale, Tab. A.7).

Per analizzare meglio la relazione che intercorre tra le sofferenze e i tassi d’interesse attivi a breve termine, sono stati esaminati e confrontati i loro andamenti nel tempo.

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Graf.3 – Andamento del livello delle sofferenze (in % degli impieghi) nella provincia di Reggio Emilia, in Emilia Romagna e in Italia

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Per quanto riguarda le prime, il loro livello è andato progressivamente diminuendo, in concomitanza con l’aumento degli impieghi, non solo a livello nazionale, ma anche nell’ambito dell’Emilia Romagna e di Reggio Emilia (Graf.3).

Analogamente, anche i tassi d’interesse si sono ridotti, sebbene non in modo progressivo, in tutte e tre le ripartizioni territoriali considerate: dal 6,9% al 6,11% per l’Italia, dal 6,49% al 5,85% per l’Emilia Romagna, e dal 6,53% al 5,88% per Reggio Emilia.

Può essere interessante notare, infine, che ad eccezione dei soli depositi, l’andamento delle altre tre variabili, per la provincia di Reggio Emilia, è stato perfettamente in linea con quello registrato tanto a livello regionale, quanto nazionale, confermando le nostre attese.

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Graf.4 – Andamento del livello dei tassi attivi a breve termine (fino a 18 mesi) sui finanziamenti per cassa per localizzazione degli sportelli (Anni 1998-2001)

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Affinché la successiva descrizione quantitativa relativa alla dotazione di strutture e servizi bancari non si riduca ad una semplice elencazione di cifre, è opportuno effettuare anche un parallelo esame dell’attività da essi svolta all’interno degli ambiti territoriali in cui operano.

A tale proposito, partendo dai dati relativi ai depositi e agli impieghi (che rappresentano gli elementi più rilevanti dell’attività creditizia), sono stati costruiti due indicatori: il drenaggio, relativo all’attività bancaria in generale, e l’indice di produttività, relativo all’attività degli sportelli in particolare; l’esame è stato svolto, in entrambi i casi, sia a livello regionale, che provinciale, con riferimento alla sola Emilia Romagna.

Con il termine drenaggio si indica l’afflusso (se positivo) o il deflusso (se negativo) di mezzi finanziari, i quali, a parità di altre condizioni, possono provenire da altre regioni o, rispettivamente, essere destinati ad altre regioni.

Per pervenire a tale indice sono stati, innanzitutto, confrontati i valori degli impieghi con i rispettivi depositi, ottenendo così un indicatore del “grado di utilizzazione” delle risorse finanziarie raccolte, dopodiché, date le differenze riscontrate tra le diverse regioni, per ottenere una buona base di raffronto, sono stati calcolati gli impieghi “teorici” che il sistema avrebbe potuto conseguire in ciascuna regione, nel caso in cui il quoziente di utilizzazione fosse stato ovunque pari a quello medio nazionale (176,46%).

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Tab.3 – Drenaggio delle banche: analisi regionale al 31-12-2001

(a) Dati ottenuti moltiplicando l’ammontare dei depositi (col. 1) per l’incidenza media degli impieghi sui depositi rilevata a livello nazionale (176,46%)

(b) Le cifre di segno positivo indicano un afflusso netto di fondi da altre regioni; quelle di segno negativo indicano un deflusso netto verso altre regioni.

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Dalla differenza tra gli impieghi effettivi di ciascuna regione e quelli teorici, è stato, infine, ottenuto il drenaggio.

La Tab.3 mostra come sussistano profondi squilibri nell’ambito del territorio nazionale, a volte anche molto accentuati; tranne qualche eccezione (Liguria e Friuli Venezia Giulia), la tendenza generale è quella di un sostanziale deflusso di fondi dalle regioni del Sud (in particolare Campania, Puglia e Sicilia) verso quelle del Centro-Nord (soprattutto Lombardia e Lazio). Ciò sta a significare che le banche di queste ultime regioni, non solo riescono a trattenere in loco i risparmi raccolti, ma ne attraggono anche una parte (a volte sostanziale) da altre, per destinarli alle attività economiche finanziate.

E’ questo il caso anche dell’Emilia Romagna, che rappresenta la terza regione con l’afflusso di fondi più elevato (11.615 milioni di euro), e la seconda con il maggior grado di utilizzazione (201,61%).

Per quanto riguarda l’indice di produttività, invece, esso è un indicatore dell’attività svolta dagli sportelli in rapporto al volume dei mezzi finanziari intermediati. Per il suo calcolo, è stata misurata

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Regioni Depositi(milioni di Euro)

Impieghi(milioni di Euro)

Imp.in% Dep.

ImpieghiTeorici (a)

Drenaggio(b)

(1) (2) (3) = (2) : (1) (4) (5) = (2) - (4)

Piemonte 41.733 80.365 192,57 73.640 6.725Valle D'Aosta 1.302 1.986 152,53 2.290 -304Lombardia 136.922 283.851 207,31 241.610 42.241Trentino-Alto Adige 11.780 21.147 179,52 20.780 367Veneto 44.105 85.558 193,99 77.820 7.738Friuli-Venezia Giulia 12.663 19.447 153,57 22.340 -2.893Liguria 14.374 18.499 128,70 25.360 -6.861Emilia Romagna 46.167 93.075 201,61 81.460 11.615Toscana 34.997 61.992 177,14 61.750 242Umbria 6.968 11.417 163,85 12.290 -873Marche 13.284 23.011 173,22 23.430 -419Lazio 69.041 137.294 198,86 121.820 15.474Abruzzo 9.112 11.720 128,62 16.070 -4.350Molise 1.593 2.367 148,59 2.800 -433Campania 34.309 34.071 99,31 60.530 -26.459Puglia 23.453 25.570 109,03 41.380 -15.810Basilicata 3.255 4.364 134,07 5.740 -1.376Calabria 8.780 9.494 108,13 15.490 -5.996Sicilia 25.851 31.615 122,30 45.610 -13.995Sardegna 10.661 14.290 134,04 18.810 -4.520

Totale Nazionale 550.350 971.132 176,46 971.132 0

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in primo luogo la produzione (indicata come sintesi) delle strutture creditizie di ciascuna regione, espressa come funzione lineare delle variabili “depositi” e “impieghi”, con pesi rispettivamente pari a 1 e ½ ; i risultati di questa operazione, espressi in percentuale, sono stati poi confrontati con il numero degli sportelli rapportato al totale nazionale, anch’esso espresso in percentuale.

Tab.4 – Indicatori dell’attività e della produttività delle banche: analisi regionale al 31-12-2001

Regioni Depositi(milioni di Euro)

Impieghi(milioni di Euro) Sintesi Attività

Totale* Sportelli* Indice di Produttività

(1) (2) (3) = (1) + ½ (2) (4) (5) (6) = (4) : (5)Piemonte 41.733 80.365 81.916 7,91 7,80 1,01Valle D'Aosta 1.302 1.986 2.295 0,22 0,32 0,69Lombardia 136.922 283.851 278.848 26,92 19,37 1,39Trentino-Alto Adige 11.780 21.147 22.354 2,16 2,99 0,72Veneto 44.105 85.558 86.884 8,39 8,28 1,01Friuli-Venezia Giulia 12.663 19.447 22.387 2,16 3,02 0,72Liguria 14.374 18.499 23.624 2,28 3,32 0,69Emilia Romagna 46.167 93.075 92.705 8,95 10,17 0,88Toscana 34.997 61.992 65.993 6,37 7,25 0,88Umbria 6.968 11.417 12.677 1,22 1,69 0,73Marche 13.284 23.011 24.790 2,39 3,07 0,78Lazio 69.041 137.294 137.688 13,29 10,44 1,27Abruzzo 9.112 11.720 14.972 1,45 1,96 0,74Molise 1.593 2.367 2.777 0,27 0,47 0,57Campania 34.309 34.071 51.345 4,96 5,76 0,86Puglia 23.453 25.570 36.238 3,50 4,36 0,80Basilicata 3.255 4.364 5.437 0,52 0,80 0,66Calabria 8.780 9.494 13.527 1,31 1,70 0,77Sicilia 25.851 31.615 41.659 4,02 5,07 0,79Sardegna 10.661 14.290 17.806 1,72 2,19 0,78

Totale Nazionale 550.350 971.132 1.035.916 100,00 100,00 1,00* in percentuale dell’Italia.Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

Dall’esame della Tab.4, si evince che questi ultimi divergono, in alcuni casi in modo apprezzabile, dai tassi di attività delle banche, il che rispecchia la discrepanza tra quanto viene prodotto e quanto viene poi effettivamente assorbito dai singoli sistemi locali.

Questa discrepanza si riflette, quindi, sull’indice di produttività degli sportelli, ottenuto dal rapporto tra le due percentuali suddette: una produttività più elevata di quella media nazionale si registra solo in Lombardia e Lazio, mentre negli altri casi è sempre inferiore.

E’ ciò che accade anche in Emilia Romagna, il cui indice, uguale a 0,88, è sintomo di una situazione di squilibrio tra il numero di sportelli in esercizio e il volume dell’attività prodotta.

Non bisogna comunque trarre delle conclusioni affrettate che potrebbero rivelarsi negative rispetto alla reale condizione del sistema creditizio emiliano: come si vedrà nel prossimo paragrafo, infatti, la copertura territoriale garantita dagli sportelli in esercizio nella regione, è quasi totale (96,19%); d’altro canto, anche il grado di utilizzazione delle proprie risorse è molto alto (201,61%); se a questo si aggiunge l’elevato ammontare di fondi proveniente dalle altre regioni (11.615 mil di euro), il basso indice di produttività può essere, quindi, attribuito al cospicuo volume di attività da gestire, in confronto al quale appare inadeguata persino l’ottima rete di strutture e servizi bancari di cui è dotata l’Emilia Romagna.

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Focalizzando l’attenzione sulla sola provincia di Reggio Emilia, i segnali che emergono dall’analisi della Tab.5 e della Tab.6 sono abbastanza positivi.

Tab.5 – Drenaggio delle banche: analisi dell’Emilia Romagna al 31-12-2001

Province Depositi(milioni di Euro)

Impieghi(milioni di Euro)

Imp. In % Dep.

Impieghi Teorici(a)

Drenaggio(b)

(1) (2) (3) = (2) : (1) (4) (5) = (2) - (4)

Bologna 12.809 27.507 214,75 25.824 1.683Ferrara 2.828 4.437 156,90 5.701 -1264Forlì 4.284 8.122 189,59 8.637 -515Modena 7.188 14.487 201,54 14.491 -4Parma 4.848 11.521 237,64 9.774 1.747Piacenza 2.931 4.059 138,49 5.909 -1850Ravenna 3.503 6.617 188,90 7.062 -445Reggio Emilia 5.067 10.785 212,85 10.215 570Rimini 2.709 5.539 204,47 5.461 78Emilia Romagna 46.167 93.075 201,61 93.075 0

(a) Dati ottenuti moltiplicando l’ammontare dei depositi (col. 1) per l’incidenza media degli impieghi sui depositi rilevata a livello regionale (201,61%).

(b) Le cifre di segno positivo indicano un afflusso netto di fondi da altre regioni; quelle di segno negativo indicano un deflusso netto verso altre regioni.

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

In relazione al drenaggio, infatti, nell’ambito della regione esiste un sostanziale equilibrio tra il numero di province che registrano un deflusso di fondi e quelle che ne registrano un afflusso: tra quest’ultime troviamo anche Reggio Emilia, dove, comunque, l’ammontare di fondi attratti non è elevatissimo (570 mil. di euro) rispetto a quanto accade a Bologna e/o a Parma.

Tab.6 – Indicatori dell’attività e della produttività delle banche: analisi dell’Emilia Romagna al 31-12-2001

Province Depositi(milioni di Euro)

Impieghi(milioni di Euro) Sintesi Attività

Totale* Sportelli* Indice di Produttività

(1) (2) (3) = (1) + ½ (2) (4) (5) (6) = (4) : (5)

Bologna 12.809 27.507 26.563 28,65 23,43 1,22Ferrara 2.828 4.437 5.047 5,44 6,97 0,78Forlì 4.284 8.122 8.345 9,00 9,93 0,91Modena 7.188 14.487 14.432 15,57 14,31 1,09Parma 4.848 11.521 10.609 11,44 10,13 1,13Piacenza 2.931 4.059 4.961 5,35 6,60 0,81Ravenna 3.503 6.617 6.812 7,35 9,83 0,75Reggio Emilia 5.067 10.785 10.460 11,28 11,62 0,97Rimini 2.709 5.539 5.479 5,91 7,17 0,82Emilia Romagna 46.167 93.075 92.705 100,00 100,00 1,00

* in percentuale dell’Emilia Romagna.

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

L’indice di produttività della provincia invece, è solo di pochissimo inferiore all’unità (0,97), a dimostrazione della bontà delle strutture creditizie reggiane, la cui dotazione è congrua al, seppur elevato, volume di attività prodotto.

2.2 La dotazione provinciale di strutture e servizi bancari: analisi quantitativa

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Per poter valutare al meglio la dotazione di reti e strutture bancarie, sono stati costruiti una serie di indicatori sulla base dei dati relativi alla consistenza degli sportelli bancari e /o delle apparecchiature automatiche (ATM21); la loro analisi ci permette di dare un giudizio sul grado di “copertura” territoriale delle strutture bancarie stesse.

Tab.7 - ATM e P.O.S. nelle province dell’Emilia Romagna (Anno 2001)

ProvinceATM Attivi P.O.S. ATM Attivi P.O.S. ATM/10000

abitantiP.O.S./1000Unità Locali(Valori assoluti) (Valori Percentuali)

Bologna 799 16.820 23,13 24,54 8,67 147,95Ferrara 268 4.955 7,76 7,23 7,71 111,47Forlì 342 6.556 9,90 9,56 9,59 133,29Modena 494 9.336 14,30 13,62 7,81 110,61Parma 338 7.304 9,78 10,66 8,45 140,53Piacenza 211 4.198 6,11 6,12 7,90 120,17Ravenna 341 6.908 9,87 10,08 9,68 143,32Reggio Emilia 399 5.818 11,55 8,49 8,75 95,12Rimini 263 6.650 7,61 9,70 9,58 160,01Emilia Romagna 3.455 68.545 100,00 100,00 8,62 129,44Totale Nazionale 34.308 748.003  - -  5,93 113,07Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

La Tab.7 mette evidenzia come, in generale, non vi sia un netto distacco tra il capoluogo di regione e tutte le altre province; questo perché, a differenza di quanto accade in molte altre regioni (ad es. Lombardia, Piemonte e/o Lazio), in Emilia Romagna tutte le province sono grandi centri, e quasi tutte rivestono un ruolo importante nell’economia regionale, spesso molto più rilevante di quello della stessa Bologna.

Per quanto riguarda, più in particolare, la provincia di Reggio Emilia, si può dire che essa risulta ben dotata di strutture e servizi bancari, a conferma della bontà dell’intero sistema creditizio regionale.

Scendendo più nel dettaglio, infatti, vediamo che la percentuale di sportelli bancari (11,62%) in rapporto al totale regionale è molto buona, ed è anche superiore a quella media dell’intera regione sul totale nazionale (10,17%).

La quota si mantiene pressoché stabile in relazione al numero di ATM attivi (11,55%), mentre scende notevolmente nel caso dei P.O.S.22 (8,49%), il cui utilizzo risulta evidentemente piuttosto contenuto, come confermato dal dato relativo ai P.O.S. in rapporto alle unità locali ubicate sul territorio (95,12, il più basso tra le province), che è di molto inferiore sia alla media regionale (129,44) che a quella nazionale (113,07).

Il dato può essere in parte spiegato dall’analisi sulla tipologia delle unità locali operanti nella provincia: da una nostra elaborazione realizzata su dati provinciali, risulta che, ad esempio, nella provincia di Reggio Emilia il peso maggiore, rispetto al totale regionale, è rivestito dalle aziende 21 Apparecchiature automatiche abilitate ad operare con il pubblico, che consentono l’effettuazione di operazioni di cassa con il contestuale aggiornamento del saldo dei conti di pertinenza della clientela ed, eventualmente, di altre operazioni bancarie con carattere sia dispositivo (giroconti, bonifici, ecc.) sia informativo.22 Per POS (Points Of Sale) si intendono le apparecchiature automatiche di pertinenza della banca segnalante collocate presso esercizi commerciali, mediante i quali i soggetti abilitati possono effettuare l’addebito automatico del proprio conto bancario a fronte del pagamento dei beni o dei servizi acquistati e l’accredito del conto intestato all’esercente tramite una procedura automatizzata gestita, direttamente o per il tramite di un altro ente, dalla stessa banca segnalante o dal gruppo di banche che offre il servizio.

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manifatturiere (18,18% contro 15,02%) e di costruzioni (16,23% contro 11,86), per le quali l’utilizzo dei P.O.S. è meno rilevante rispetto ad altre tipologie di aziende, quali quelle commerciali, alberghi e ristoranti e/o di attività immobiliari e di noleggio23.

Per queste, le quote relative a Reggio Emilia sono tutte inferiori a quelle medie regionali (22,06% contro 24,43% per le prime, 3,58% contro 5,43% per i secondi, 8,92% contro 10,33% per le ultime), a differenza di quanto accade in altre province; per Rimini, ad esempio, che registra il più alto rapporto tra P.O.S. e unità locali (160,01), le percentuali sono tutte più elevate: gli alberghi e i ristoranti rappresentano il 13,30% del totale, mentre per le aziende commerciali la percentuale arriva al 28,24%.

Per quanto riguarda, invece, la dotazione di ATM in rapporto alla popolazione residente, il dato conferma che la provincia è fornita di un numero di apparecchi soddisfacente (8,75), in linea con la media regionale (8,62) e superiore a quella nazionale (5,93).

Anche dal confronto con le altre province italiane poi, abbiamo un’ulteriore riprova della buona dotazione di strutture bancarie della provincia di Reggio Emilia; nelle graduatorie relative agli sportelli in rapporto alla popolazione residente (sportelli per 10.000 abitanti) e/o in rapporto alle imprese (sportelli per 1.000 unità locali), infatti, essa si posiziona, rispettivamente, al 10° (cfr. tabella A.1 in allegato) e al 25° posto (tab. A.2), superando, in entrambi i casi di molto, il livello medio nazionale.

Procedendo con l’analisi, è sembrato opportuno esaminare la ripartizione degli sportelli sia in relazione alla dimensione delle banche, espressa in termini di credito complessivamente concedibile, che alla loro diffusione territoriale.

Si è già detto che la dotazione complessiva di sportelli della provincia è buona, ma ciò che è importante osservare, è soprattutto che essa permette una totale copertura del territorio (Tab.8), garantita in prevalenza dalle banche medie (249) seguite, a notevole distanza, da quelle grandi (44); il peso più basso, invece, è rivestito dalle banche di piccola dimensione (5).

23 A differenza di quanto si poteva ipotizzare, sul dato non incidono le aziende agricole, che forse meno di tutte fanno ricorso ai P.O.S., la cui percentuale è in linea con quella media regionale (16,09% contro 16,33%).

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Tab.8 – Comuni delle province emiliane serviti da banche e sportelli bancari a livello provinciale, suddivisi per gruppi dimensionali di banche (Dicembre 2001)*

ProvinceComuni serviti da

bancheComuni serviti da

bancheBanche Grandi

Banche Maggiori Banche Medie Banche Minori Banche Piccole(maggiore di 30.987

Mil. di euro)(Numero) (% dei comuni totali) (8.263-30.987 Mil.) (2.840-8.263 Mil.) (775-2.840 Mil.) (minore 775 Mil.)

Bologna 58 96,67 308 86 89 186 27Ferrara 26 100,00 60 13 9 49 76Forlì 30 100,00 59 15 36 74 111Modena 47 100,00 99 33 184 103 6Parma 46 97,87 136 24 79 11 51Piacenza 40 83,33 74 26 34 10 52Ravenna 18 100,00 75 17 10 112 78Reggio Emilia 45 100,00 44 18 249 29 5Rimini 18 90,00 43 14 22 66 68Emilia Romagna 328 96,19 898 246 712 640 474*Il livello dimensionale della banca approssima il credito complessivo concedibile ai residenti e non residenti, ampliando il concetto di capacità potenziale di erogare credito sull’interno in precedenza adottato. L’aggregato, molto vicino al totale del passivo, comprende la raccolta da clientela residente (depositi e titoli emessi), le passività sull’estero, i fondi passivi pubblici, la raccolta interbancaria e il patrimonio. La nuova classificazione è entrata in vigore il 1-1-95. A questo proposito si veda il Supplemento al Bollettino statistico nr.32 del 16-6-95 della Banca d’Italia.Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Archivi Anagrafici degli Intermediari

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La Tab.9 poi, ci mostra la ripartizione degli sportelli per gruppi territoriali di banche; rispetto ai dati medi regionali si notano delle sostanziali differenze: ad eccezione del dato relativo alle banche a diffusione interregionale (29,86%), che è in linea con quello dell’Emilia Romagna (29,09%), tutte le altre quote risultano inferiori, a volte anche in misura notevole, a totale beneficio di quella relativa alle banche regionali (35,36%).

Nella provincia di Reggio Emilia quindi, possiamo dire che sussiste un sostanziale equilibrio all’interno del circuito creditizio: mentre da un lato, infatti, la carenza di banche nazionali tenderebbe a limitare la circolazione dei capitali, giacché sono quelle maggiormente propense al rischio e, di conseguenza, le più disponibili alla concessione di prestiti e finanziamenti, dall’altro, la bassa incidenza delle piccole banche, invece, la favorisce, in quanto per esse vale il discorso opposto (sono meno propense al rischio e più prudenti).Tutto ciò si rispecchia in un rapporto tra impieghi e depositi molto elevato (212,85%), come si è già visto, preceduto solo da quello di Parma (237,64%) e di Bologna (214,74%) (cfr. Tab.2), per le quali però, è notevole il peso delle banche grandi e a più ampia diffusione territoriale.

E’ stato effettuato, infine, un esame più dettagliato sulla copertura territoriale degli sportelli garantita ai singoli comuni della provincia di Reggio Emilia; a tal fine sono state costruite due graduatorie: la prima considera per ogni comune il grado di “sportellizzazione” (numero degli sportelli per 1000 abitanti, Tab.10); la seconda, invece, fornisce un confronto tra il peso degli sportelli e della popolazione di ogni comune rispetto al totale della provincia mediante un indicatore definito assorbimento24 di sportelli bancari (Tab. A.3).

I risultati dell’analisi evidenziano che la copertura territoriale, oltre ad essere totale, in quanto ogni comune è servito da almeno uno sportello, è anche abbastanza omogenea in rapporto alla popolazione residente: pochi, infatti, sono i comuni che fanno registrare differenziali negativi molto elevati rispetto ai valori medi della provincia, soprattutto in relazione all’assorbimento; per quanto riguarda la città di Reggio Emilia, in particolare, i dati rilevati rispecchiano quelli medi provinciali (0,77 contro 0,76 nel primo caso e 1,02 contro 1,00 nel secondo caso).

24 Per Assorbimento di sportelli bancari rispetto alla popolazione si intende il seguente rapporto: (Numero di Sportelli del Comune i-esimo/Totale Sportelli della Provincia) / (Popolazione complessiva del Comune i-esimo /Popolazione complessiva della Provincia). Nei comuni in cui tale rapporto assume valore superiore ad 1, l’assorbimento di sportelli bancari è superiore alla dotazione media provinciale. Nel calcolo sono stati inclusi solo i comuni in cui è presente almeno 1 sportello bancario.

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Tab.9– Sportelli bancari a livello provinciale suddivisi per gruppi territoriali di banche (Dicembre 2001)

Province Banche a diffusione territoriale provinciale

Banche a diffusione territoriale

interprovinciale

Banche a diffusione territoriale regionale

Banche a diffusione territoriale

interregionale

Banche a diffusione territoriale nazionale Totale

Valori assolutiBologna 128 181 90 208 89 696Ferrara 9 121 8 56 13 207Forlì 55 131 37 57 15 295Modena 20 106 157 104 38 425Parma 4 66 64 140 27 301Piacenza 6 58 31 74 27 196Ravenna 36 144 10 85 17 292Reggio Emilia 10 92 122 103 18 345Rimini 42 100 20 37 14 213Emilia Romagna 310 999 539 864 258 2.970

Valori percentualiBologna 18,39 26,01 12,93 29,89 12,79 100,00Ferrara 4,35 58,45 3,86 27,05 6,28 100,00Forlì 18,64 44,41 12,54 19,32 5,08 100,00Modena 4,71 24,94 36,94 24,47 8,94 100,00Parma 1,33 21,93 21,26 46,51 8,97 100,00Piacenza 3,06 29,59 15,82 37,76 13,78 100,00Ravenna 12,33 49,32 3,42 29,11 5,82 100,00Reggio Emilia 2,90 26,67 35,36 29,86 5,22 100,00Rimini 19,72 46,95 9,39 17,37 6,57 100,00Emilia Romagna 10,44 33,64 18,15 29,09 8,69 100,00Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Archivi Anagrafici degli Intermediari

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Tab.10 – Graduatoria comunale della dotazione di sportelli bancari in rapporto alla popolazione residente della provincia di Reggio Emilia* (Anno 2001)

Posizione Comuni Sportelli/1000 abitanti1 BUSANA 1,482 BRESCELLO 1,253 SAN POLO D'ENZA 1,134 VEZZANO SUL CROSTOLO 1,065 COLLAGNA 1,006 VIANO 1,007 LIGONCHIO 0,988 TOANO 0,949 CASINA 0,9310 SANT'ILARIO D'ENZA 0,9311 RUBIERA 0,9112 CASTELLARANO 0,8713 GUASTALLA 0,8614 CASALGRANDE 0,8615 REGGIOLO 0,8316 MONTECCHIO EMILIA 0,8117 CASTELNOVO NE'MONTI 0,7918 CASTELNOVO DI SOTTO 0,7819 REGGIO EMILIA 0,7720 ALBINEA 0,7721 POVIGLIO 0,7722 FABBRICO 0,7323 CARPINETI 0,7224 VILLA MINOZZO 0,7225 RAMISETO 0,7126 LUZZARA 0,7027 CAVRIAGO 0,6728 CORREGGIO 0,6729 CAMPEGINE 0,6630 BORETTO 0,6631 SCANDIANO 0,6632 GUALTIERI 0,6533 CADELBOSCO DI SOPRA 0,6534 SAN MARTINO IN RIO 0,6335 QUATTRO CASTELLA 0,6336 BAGNOLO IN PIANO 0,6237 CAMPAGNOLA EMILIA 0,6238 BAISO 0,6139 RIO SALICETO 0,5940 NOVELLARA 0,5941 CANOSSA 0,5942 ROLO 0,5543 BIBBIANO 0,5344 VETTO 0,4845 GATTATICO 0,38

MEDIA PROVINCIALE 0,76

*I dati sulla popolazione sono aggiornati al 31-12-2000, ultimo dato disponibileFonte: elaborazione Ist. Tagliacarne su dati Banca d’Italia e ISTAT

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3. I RISULTATI DELL’INDAGINE

3.1 Criticità e punti di forza dell’offerta di credito nella provincia

I segnali che emergono dall’indagine rivolta al settore imprese sono abbastanza positivi riguardo l’offerta di finanziamenti nella provincia, sebbene esistano dei fattori critici, che differiscono a seconda delle diverse tipologie di impresa. La Tab.1 riporta una graduatoria sintetica e schematica dei risultati ottenuti, ripartiti per comparti produttivi, mentre la Tab.2 distingue per dimensione dell’impresa.

Tab.1 – Fattori di criticità delle imprese per settori produttivi sull’offerta di finanziamenti (in ordine di importanza)

Fonte: Osservatorio provinciale sul credito di Reggio Emilia

Per quanto riguarda la Quantità di credito disponibile, ad esempio, il 46% del totale degli intervistati la ritiene adeguata, e poco più del 30% la giudica abbastanza adeguata; tuttavia, nella graduatoria dei fattori critici, esso occupa il 3° posto, preceduto dal tasso d’interesse e dalle garanzie richieste, con una percentuale di risposte negative del 22%, di cui circa il 9% (la più alta quota tra tutti i fattori) rappresentano quelle aziende che ritengono tale fattore del tutto carente.

Tab.2 – Fattori di criticità delle imprese per dimensione sull’offerta di finanziamenti (in ordine di importanza)

Settori Piccole (1-10 addetti)

Medie(11-50 addetti) Artigiane Non Artigiane

1) Q.tà credito dispon. 3° 5° 4° 3°2) Durata del credito 5° 5° 5° 5°3) Tassi di interesse 1° 1° 1° 1°4) Snellezza operazioni 4° 3° 3° 5°5) Garanzie richieste 2° 1° 2° 2°

Fonte: Osservatorio provinciale sul credito di Reggio Emilia

Scendendo più nel dettaglio, sono soprattutto le piccole imprese (con meno di 10 addetti e con un fatturato inferiore ai 500 milioni di lire) e quelle non artigiane a lamentare la scarsezza della quantità di credito disponibile rispetto alle loro esigenze (rispettivamente il 24% e il 26% di risposte negative), mentre per le medie imprese (11-50 addetti) e per quelle artigiane, il problema è meno critico (con percentuali dell’11% e del 17%).Tra i diversi settori produttivi, invece, possiamo notare come quello delle Costruzioni, a differenza di tutti gli altri, ritenga tale fattore il meno critico, al pari di quello rappresentato dalla Snellezza delle operazioni, dato che entrambi sono giudicati solo inadeguati da appena il 6% degli intervistati.

La Durata del credito, invece, rappresenta il maggior punto di forza, con il 46% degli intervistati che lo giudica adeguato e il 36% abbastanza adeguato.In questo caso, però, il giudizio più positivo arriva dalle imprese artigiane e da quelle con un fatturato superiore ai 5 mld. di lire (quasi il 60% delle risposte). Fanno eccezione le aziende

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Settori Estrattive/Manifatturiere Costruzioni Commercio/

Servizi Agricoltura Totale

1) Q.tà credito dispon. 3° 5° 3° 3° 3°2) Durata del credito 5° 3° 5° 5° 5°3) Tassi di interesse 1° 1° 1° 2° 1°4) Snellezza operazioni 3° 5° 4° 4° 4°5) Garanzie richieste 2° 2° 2° 1° 2°

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operanti nell’ambito del commercio all’ingrosso, tra le quali appena un terzo giudica questo fattore abbastanza adeguato, mentre le restanti esprimono un giudizio negativo.

I pareri, infine, sono stati pressoché unanimi nel giudicare i Tassi d’interesse e le Garanzie richieste come i fattori più critici dell’offerta di credito: il dato è abbastanza allarmante, in quanto le percentuali di risposte negative (il 38% nel primo caso e il 32% nel secondo),nel complesso degli intervistati, sono piuttosto significative se si considera che Reggio Emilia è tra le province italiane che applicano il più basso tasso d’interesse (5,88%, 6° posto nella graduatoria provinciale, ved. Tab. A.7). Tab.3 – Tassi attivi a breve termine sui finanziamenti per cassa e tassi passivi sui depositi per localizzazione degli sportelli (Anni 1999-2001)

1999 2000 2001Tassi Passivi

Emilia Romagna 1,63 2,50 1,78Totale Nazionale 1,79 2,66 1,79

Tassi AttiviEmilia Romagna 5,17 6,69 5,85Totale Nazionale 5,37 6,68 6,11

Fonte: Banca d’Italia – Bollettino Statistico

A livello regionale, inoltre, è importante sottolineare che, confrontando i tassi d’interesse attivi a breve termine che le imprese corrispondono alle banche sui finanziamenti per cassa e quelli passivi sul totale dei depositi (Tab.3), risulta negli ultimi anni un ampliamento della forbice tra i due tassi (Graf.1): esiste, quindi, un effettivo margine di miglioramento, per cui le banche dovrebbero rivedere le condizioni contrattuali applicate nei confronti della loro clientela.Graf.1 – Forbice tra tassi attivi a breve termine sui finanziamenti per cassa e tassi passivi sui depositi in Emilia Romagna (Anni 1999-2001)

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia – Bollettino Statistico

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Guardando all’insieme delle aziende intervistate, la più alta percentuale di risposte negative appartiene alle medie imprese (44% per entrambi i fattori), e a quelle con un fatturato inferiore ai 500 mil. (rispettivamente il 42% e il 35%); le imprese artigiane, infine, appaiono più penalizzate, rispetto a quelle non artigiane, sul fronte dei tassi (il 40% contro il 36%) e meno su quello delle garanzie (il 28% contro il 35%).

In particolare, è interessante notare come il settore dell’Agricoltura, al contrario di tutti gli altri comparti produttivi, ritenga eccessive le garanzie richieste (ben il 12% degli intervistati le ritiene addirittura del tutto carenti) anche più del tasso d’interesse: si tratta essenzialmente di piccole imprese (con meno di 10 addetti).Per quanto riguarda gli altri settori, invece, sono soprattutto le imprese di Costruzioni e quelle di Servizi (comprendente anche il Turismo) a lamentare l’eccessivo livello dei tassi d’interesse (rispettivamente il 37,5% e il 44% li giudica inadeguati) ed anche in questo caso si tratta di piccole imprese.

Una prima conclusione che possiamo trarre dall’analisi effettuata, è che nella provincia di Reggio Emilia non sussistono forti disparità di trattamento tra i diversi settori produttivi (come mostra la tabella, le graduatorie parziali rispecchiano quasi perfettamente quella generale, relativa al complesso delle imprese intervistate), mentre lo stesso non può dirsi in relazione alla dimensione aziendale.

Di fatto, sembra che le piccole imprese (meno di 10 addetti), quelle medie (11-50 addetti), e quelle con un fatturato inferiore ai 5 mld., incontrino maggiori difficoltà nell’accesso al credito, soprattutto in relazione al tasso d’interesse e alle garanzie richieste, (come si è già detto poc’anzi); tra queste, quelle meno penalizzate appaiono le imprese artigiane con una percentuale di risposte negative quasi sempre inferiore, anche se di poco, a quelle fornite dalle imprese non artigiane.

Un ulteriore dato interessante poi, riguarda le grandi imprese (più di 50 addetti): esse non hanno espresso criticità degne di rilievo nei riguardi dei diversi fattori considerati, a dimostrazione del fatto che il loro rapporto con il sistema creditizio è in una condizione meno critica. Questo fatto indica che, in qualche modo, per le banche è ancora rilevante la dimensione del cliente, concetto, questo, che va necessariamente superato per far fronte alle richieste delle PMI, che chiedono l’erogazione di servizi più “personalizzati” e adeguati alle loro esigenze.

Nel complesso comunque, circa il 60% delle imprese intervistate (64%, ad esempio, per il settore agricolo) giudica attivo, aperto e disponibile l’atteggiamento delle banche nei loro confronti, mentre poco più del 23% lo giudica attivo nel contattare il cliente ma non sufficientemente aperto nei confronti dei bisogni aziendali: in particolare, questo è il parere espresso dalle medie imprese (11-50 addetti), soprattutto nel settore delle Costruzioni.

Circa il 47% degli intervistati poi, percepisce un migliore approccio da parte delle banche locali rispetto a quello delle grandi banche nazionali, mentre la stessa percentuale non nota particolari disparità di trattamento tra le due categorie: tale giudizio si rispecchia anche distinguendo tra i diversi settori produttivi.

Per quanto riguarda la trasparenza nella definizione delle condizioni contrattuali, il 45,3% la ritiene abbastanza accettabile, mentre ben il 27,3% dichiara di fare fatica ad interpretare le condizioni applicate: da questo punto di vista, quindi, alle banche si richiede non solo una maggiore chiarezza contrattuale, ma anche una maggiore disponibilità (si è già visto sopra che più del 20% delle intervistate lamentano una scarsa apertura nei confronti della clientela una volta avviato il rapporto).

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Da questo punto di vista, comunque, anche le banche lamentano la scarsa trasparenza dei bilanci aziendali: avere informazioni dalle imprese è sempre più difficile, e questa situazione incrina un po’ i rapporti banca-impresa della provincia.

E’ stato poi chiesto alle imprese di esprimere un parere sulle profonde trasformazioni che hanno investito il sistema creditizio negli ultimi anni, in seguito ai processi di fusione/aggregazione tra banche: dalle risposte si evince che tali processi non hanno influenzato molto i rapporti tra banche ed imprese all’interno della provincia (solo il 15% delle interpellate li considera migliorati), lasciandoli sostanzialmente invariati (55% delle risposte), se non addirittura peggiorandoli (30%).

Dello stesso parere sono le banche, che ritengono le difficoltà derivate da queste trasformazioni solo temporanee, essendo inevitabili in qualsiasi fase di transazione.

Dal punto di vista delle imprese, i vantaggi maggiori derivanti dalla suddetta politica di fusione hanno riguardato la disponibilità di una maggiore gamma di servizi/prodotti (83% delle risposte), un accorciamento dei tempi di accesso al credito e una più razionale distribuzione degli sportelli nella provincia (60% per entrambi), nonché una migliore assistenza nell’utilizzo dei Fondi europei (48%)(questo fattore è particolarmente rilevante soprattutto per le aziende agricole e del terziario).Le imprese operanti nel Commercio/Servizi hanno sottolineato anche una maggiore assistenza nelle operazioni più avanzate (merger&acquisition, project financing, ecc.) (67%).

Tra i risvolti negativi, invece, va sottolineata la perdita di un rapporto personalizzato (76%) e una maggiore difficoltà ad individuare un interlocutore (71%) (questi dati non fanno che confermare quanto detto poc’anzi a proposito del livello di trasparenza del rapporto); diversamente da quanto ci si poteva aspettare, questi aspetti sono stati evidenziati non solo dalle PMI, ma anche da quelle più grandi.

Questi processi di fusione/aggregazione, probabilmente, sono anche alla base delle elevate garanzie richieste dalle banche: in alcuni casi, infatti, queste operazioni hanno coinvolto piccole banche locali inglobate in istituti più grandi, determinando lo spostamento dei punti decisionali a livelli più alti. Tutto ciò ha determinato la perdita del contatto diretto con i clienti e la possibilità di una loro conoscenza approfondita; di conseguenza, l’aumento del livello delle garanzie può rappresentare per le banche un mezzo di tutela contro eventuali insolvenze.

3.2 Caratteristiche e peculiarità del sistema banca-impresa provinciale

L’indagine ha evidenziato come il numero di banche con le quali le aziende provinciali intrattengono rapporti aumenta al crescere della dimensione aziendale: se nel complesso, infatti, si registra un sostanziale equilibrio (il 33% degli intervistati intrattiene rapporti con una e/o con tre o più banche, mentre il 34% con due banche), i risultati cambiano se si guarda alla classe di addetti e/o al fatturato delle singole aziende.

Le medie imprese (11-50 addetti) e quelle grandi (più di 50 addetti) preferiscono intrattenere rapporti con tre o più banche (rispettivamente il 72% e il 100% delle risposte) e analogamente accade per le imprese con un fatturato che va dai 500 milioni ai 5 miliardi di lire (52%) e per quelle con un fatturato superiore ai 5 miliardi di lire (92%).

Questa relazione tra dimensione aziendale e numero di banche è confermata anche dai dati relativi ai singoli comparti produttivi, rispetto ai quali, comunque, il panorama che si presenta è piuttosto differenziato: in generale, possiamo dire che le aziende agricole e i commercianti al minuto

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prediligono intrattenere rapporti con una sola banca, quelle metalmeccaniche e quelle operanti nel turismo, invece, scelgono di rivolgersi ad almeno due istituti, mentre le imprese edili, i commercianti all’ingrosso e le altre aziende manifatturiere (alimentari, tessili, legno) anche a tre o più banche.

Guardando alla tipologia delle banche, vi è una netta preferenza per le Casse di Risparmio e le Banche Popolari Locali (67% delle risposte), a prescindere dalla dimensione dell’azienda e/o dalla sua classe di fatturato, mentre rivestono un ruolo importante, soprattutto per le grandi imprese e per quelle con un fatturato superiore ai 5 mld., anche le grandi banche regionali (rispettivamente il 100% e il 75% delle risposte). Sono le imprese industriali, e quelle edili in particolare, invece, a rivolgersi alle banche nazionali e alle filiali delle grandi banche estere, probabilmente come seconda o terza scelta, al fine di trovare una maggiore disponibilità all’assistenza tecnico-finanziaria e/o una maggiore rapidità ed efficienza nello svolgimento delle diverse operazioni (circa il 70% delle risposte).

A proposito delle banche estere, comunque, bisogna dire che esse probabilmente operano con difficoltà nel contesto della provincia di Reggio Emilia, come forse in tanti altri contesti provinciali, in quanto abituate a realtà imprenditoriali molto diverse: ad esempio di più grandi dimensioni e/o meno legate al territorio. Tornando alla nostra indagine, tra gli altri motivi che guidano le imprese nella scelta dei loro “partner finanziari”, troviamo in primis la possibilità di instaurare un rapporto personale e la vicinanza dell’istituto (in più del 60% dei casi) e, diversamente da quando ci si potesse attendere, questi due fattori sono i più rilevanti non solo per le piccole imprese. Nella scelta della seconda o della terza banca, invece, assume importanza anche la ricerca di condizioni generali più vantaggiose (45%); questa graduatoria si rispecchia anche guardando ai diversi settori produttivi.Le imprese giudicano i rapporti con le banche con cui operano positivamente, sia essa la banca principale (69% delle risposte), o siano le altre banche (57%); i giudizi espressi sono tanto più positivi quanto maggiore è la dimensione e/o il fatturato dell’impresa. In effetti, anche le banche sostengono che i loro rapporti con le grandi imprese sono più soddisfacenti, mentre con le imprese più piccole riscontrano maggiori difficoltà, soprattutto perché dovendo ridurre i costi, tendono a standardizzare i servizi alla clientela causando una non soddisfazione dei clienti “piccoli” (Divisione Retail), i quali necessitano in misura maggiore di servizi “ad hoc”. Nel complesso, comunque, gli istituti creditizi giudicano le imprese della provincia con cui intrattengono rapporti, abbastanza dinamiche e affidabili.

A livello settoriale le più soddisfatte appaiono le imprese industriali (circa 80%) soprattutto nei confronti della banca principale, mentre le percentuali degli altri comparti produttivi rispecchiano quelle riportate per il complesso delle intervistate.Nonostante ciò, permangono comunque delle criticità in relazione ad una serie di servizi sui quali le aziende gradirebbero un maggior supporto da parte delle banche, sebbene la maggior parte di queste ultime, al contrario, come risulta dall’indagine ad esse rivolta, sostenga che i servizi offerti soddisfano le esigenze della clientela.

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Tab.4 – Operazioni per le quali si chiede un supporto maggiore da parte delle banche* : ripartizione per settori (Valori percentuali)

Settori Estrattive/Manifatturiere Costruzioni Commercio/

Servizi Agricoltura Totale

1) Ristruttur. Finanz. e consolid. passività 34 37 26 24 28

2) Assist. utilizzo Fondi Europei 36 37 24 42 34

3) Operaz. Finanz. a tassi agevolati 76 87 68 58 67

4) Assist. operaz. Merger&Aquisition 16 19 12 10 13

5) Consul. acceso mercato borsistico 14 6 10 12 12

6) Prestiti in valuta 32 62 8 8 16

7) Prestiti subord. 14 19 12 4 10

8) Operaz. Project Financing 10 6 20 10 13

9) Operaz. Venture Capital 6 12 6 4 5

10) Altro - - - 4 1

11) Non risponde 4 - 6 10 7

*Risposte multiple

Fonte: Osservatorio provinciale sul credito di Reggio Emilia

Al fine di comprendere meglio i giudizi espressi dalle aziende interpellate, è sembrato opportuno riportare i risultati dell’indagine in alcune tabelle: la Tab.4 mostra le percentuali relative ai diversi settori, mentre la Tab.5 distingue per dimensione aziendale.

Da entrambe le tabelle si evince che il servizio ritenuto più carente dalle imprese è relativo alle Operazioni di finanziamento a tassi agevolati (67% per il totale): in relazione ai settori produttivi, è soprattutto quello industriale a chiedere un supporto maggiore da parte delle banche (76% delle industrie manifatturiere e 87% delle imprese edili), mentre a livello dimensionale, le maggiori lamentele provengono dalle imprese medio-grandi (rispettivamente l’89% e il 75%). Le aziende agricole, invece, sottolineano maggiormente la carenza di una Assistenza nell’utilizzo di Fondi Europei (42% delle risposte contro una media del 34%), cosa che accade anche per le medie imprese (56%). Sempre le aziende operanti nell’ambito delle Costruzioni poi, vorrebbero essere maggiormente supportate in altre operazioni, quali i Prestiti in valuta (62%) e quelle di Ristrutturazione finanziaria e/o consolidamento delle passività (37%).

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Tab.5 – Operazioni per le quali si chiede un supporto maggiore da parte delle banche* : ripartizione per dimensione aziendale (Valori percentuali)

SettoriPiccole (1-10

addetti)

Medie (11-50 addetti)

Grandi (più di 50 addetti)

Artigiane Non Artigiane

1) Ristruttur. Finanz. e consolid. Passività 27 33 25 28 28

2) Assistenza utilizzo Fondi Europei 31 56 25 32 35

3) Operazioni Finanz. a tassi agevolati 64 89 75 65 69

4) Assistenza operazioni Merger&Aquisition 12 22 - 8 16

5) Consulenza acceso mercato borsistico 11 17 25 9 14

6) Prestiti in valuta 13 33 25 23 11

7) Prestiti subordinati 10 11 - 12 8

8) Operazioni Project Financing 12 22 25 9 16

9) Operazioni Venture Capital 5 11 - 3 7

10) Altro 2 - - 1 1

11) Non risponde 6 6 25 5 8

*Risposte multiple

Fonte: Osservatorio provinciale sul credito di Reggio Emilia

Un altro aspetto interessante del rapporto banca-impresa è quello riguardante l’eventuale partecipazione delle banche nel capitale di minoranza delle imprese.

A tale proposito, il 39% delle aziende intervistate vede con favore tale possibilità, ritenendo che una partnership con le banche possa favorire il loro processo di crescita e la loro affermazione sui mercati, mentre il 25% circa, è più scettico.

In particolare, le aziende ritengono che potrebbero ricavarne vantaggi in termini di Migliori condizioni di finanziamento (92%) di Rafforzamento patrimoniale per nuovi investimenti (88%) e di Apporto di competenza gestionale generale (Management) (74%); non da ultimo, la partecipazione delle banche potrebbe favorire anche la commercializzazione e la distribuzione dei prodotti (58%).

Questi risultati confermano l’ottimo rapporto esistente tra il circuito produttivo e quello finanziario all’interno della provincia di Reggio Emilia, dove le imprese hanno maturato un’elevata consapevolezza sia dei loro limiti che delle loro capacità, e guardano con fiducia ad una eventuale apertura del loro capitale, anche se per quote minoritarie, a soggetti terzi come mezzo necessario per la loro crescita (comprese le PMI, storicamente più restie a questa soluzione), favorendo, per questa via, anche una maggiore trasparenza nelle loro operazioni finanziarie e contabili, requisito indispensabile per un più fruttuoso rapporto con le banche.

Dal punto di vista delle banche, il problema delle imprese locali è quello della sottocapitalizzazione, per cui la presenza di una banca come socio di minoranza, potrebbe favorire la dismissione sul

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mercato. A detta di alcuni Istituti, le imprese hanno la necessità di capitalizzarsi, e questa loro apertura nei confronti delle banche sarebbe dettata dalla loro scarsa propensione al rischio.

Gli Istituti di credito sentono effettivamente questo problema, sostenendo che oggi, nell’ambito degli investimenti, la maggior parte del credito viene fornito dalle banche, e le aziende rischiano poco. Bisogna dire, inoltre, che gli Istituti creditizi lamentano il fatto che le imprese hanno preso soldi in prestito senza, però, effettuare investimenti durevoli e/o in grado di accrescere il valore dell’impresa stessa.

In relazione a questo punto, le banche vedono con favore le innovazioni che verranno introdotte con la revisione dell’Accordo del 1988, recentemente proposta dal Comitato di Basilea (c.d. Basilea II), in seguito alla quale le banche dovranno prestare maggiore attenzione alla valutazione del rischio di credito, per cui i requisiti richiesti per i giudizi di rating (tra cui le garanzie offerte sul finanziamento) diverranno più restrittivi. Per le imprese, quindi, verrà meno la possibilità di godere di determinati vantaggi che derivavano loro dal far parte di una associazione di categoria, e che raramente rispecchiavano la loro realtà patrimoniale, mentre si terrà maggiormente conto dell’effettivo “stato di salute” dell’azienda, ed ad un determinato rating corrisponderà un preciso “prezzo”. Tra le imprese e gli istituti creditizi nella provincia, comunque, intercorre uno stretto legame, e a conferma di ciò bisogna dire che una buona percentuale delle aziende intervistate (83%) fa ricorso ai servizi offerti dalle banche per la gestione dei propri incassi e/o pagamenti.

In particolare, l’85% circa di esse si avvale dei tradizionali sistemi cartacei: si tratta soprattutto di PMI (1-50 addetti) con un livello medio di fatturato (meno di 5 mld) (in entrambi i casi la percentuale è superiore all’80%), mentre per le imprese di grandi dimensioni (più di 50 addetti) e con un fatturato superiore ai 5 mld, la percentuale di utilizzo è più bassa (rispettivamente il 50% e il 70%).

Il contrario si registra, invece, con riferimento ai sistemi elettronici quali il RI.BA.25, dove a fronte di un utilizzo medio del 76% (comunque elevato), si arriva al 93% e al 100%, rispettivamente per le medie e le grandi imprese, e all’88% e al 90%, rispettivamente per quelle con un fatturato medio (tra i 500 mil e i 5 mld) e alto (più di 5 mld).

Guardando ai singoli settori produttivi, invece, le imprese agricole e quelle di servizi prediligono le forme di pagamento tradizionali, mentre le industrie si avvalgono molto anche delle forme più avanzate (i sistemi elettronici vengono utilizzati dal 91% delle imprese manifatturiere e dal 100% di quelle edili).

Anche il ricorso alle forme di rapporto interbancario diretto (Rid.Mav.26) e/o al collegamento on-line con la banca risulta buono, con una media rispettivamente del 34% e del 26%, che raggiunge, in entrambi i casi, oltre il 50% nel caso delle aziende operanti nell’ambito delle costruzioni, e circa il 40% per le altre aziende manifatturiere.Tutto ciò non fa che confermare quanto già affermato sopra, ossia che il sistema imprenditoriale reggiano ha raggiunto un ottimo livello di maturità, essendo sempre pronto a recepire e a sfruttare le innovazioni e gli stimoli provenienti dal mondo creditizio, il che gli permette di essere competitivo 25 Il RI.BA. è una delle operazioni di remote banking, ovvero di quei servizi telebancari che vengono richiesti dal cliente (imprese o privati) e forniti dalle banche mediante collegamenti elettronici. In particolare, questo servizio consente di compilare e/o pagare ricevute bancarie (da cui il nome RI.BA.) attraverso il proprio PC collegandosi al computer della banca che provvederà, per conto del cliente al versamento e/o all’incasso.26 Attraverso questi strumenti è possibile inviare o ricevere pagamenti in contanti da un conto corrente bancario, attraverso una semplice comunicazione tra istituti di credito, in assenza, quindi, di assegni o altri titoli.

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in quasi tutti i settori sia rispetto al sistema delle altre province emiliane, che a quello di molte altre province italiane.

Un ultimo aspetto da considerare riguarda l’utilizzo da parte delle aziende di forme consortili di accesso al credito. Dall’indagine è emerso che il 13% delle intervistate vi fa ricorso, il 53 % circa delle quali sono imprese artigiane: questo dato conferma la forte tradizione associativa di queste imprese nella regione.

Secondo l’indagine svolta per il 2001 dalla Fedart Fidi (Federazione Nazionale Unitaria dei Consorzi e delle Cooperative Artigiane di Garanzia), infatti, risulta che ben il 55% delle imprese artigiane iscritte agli albi sono associate in consorzi fido (74.969 aziende associate su un totale di 136.329 iscritte all’Albo), percentuale di gran lunga superiore a quella media nazionale (42%). Sempre dalla stessa indagine poi, emerge che l’incremento del numero dei soci artigiani tra il 2000 e il 2001 è stato di ben il 6,7%, a fronte di un aumento complessivo del 3,9% (esattamente uguale a quello registrato per l’Italia settentrionale).

Analizzando più in dettaglio i diversi settori produttivi, invece, notiamo che la quota associativa scende all’8% nel caso delle imprese di servizi, e sale al 16% nel caso delle industrie manifatturiere.

A livello dimensionale sono solamente le PMI e quelle a medio-basso fatturato ad aderire ai consorzi, il che non dovrebbe sorprendere dato che le grandi imprese non lamentano rilevanti criticità nell’offerta di credito. I maggiori vantaggi che le imprese percepiscono dalla partecipazione a forme consortili, sono relativi al tempo di accesso (74%), al volume di accesso (53%) e al costo del credito (47%), fattore questo, meno rilevante per le imprese artigiane (40%) rispetto a quelle non artigiane (56%).

3.3 Il punto di vista dei Consorzi di garanzia collettiva fidi

Considerato l’importante ruolo svolto dai consorzi nell’ambito dei rapporti tra PMI e banche, prima di riportare i risultati dell’indagine svolta sul campo con riferimento a questi operatori, è opportuno descrivere brevemente il loro funzionamento.

I consorzi agiscono su scala locale e la loro modalità operativa è molto semplice: in pratica, le organizzazioni industriali ed artigiane, le singole imprese, alcune banche, le camere di commercio, le province, le regioni ed altri enti, si consorziano per costituire una serie di fondi di garanzia, con il fine di assicurare la copertura parziale (a volte totale) di eventuali insolvenze da parte dei clienti (soci) verso gli istituti di credito convenzionati.

Essi, inoltre, forniscono un’ampia gamma di servizi finalizzati all’ottenimento di facilitazioni non solo creditizie, ma anche normative e fiscali, occupandosi anche di prevenzione dell’usura attraverso la costituzione di fondi speciali.

Dall’indagine svolta risulta che tra i servizi offerti dal consorzio, quelli che maggiormente soddisfano le attese dei soci riguardano l’accesso ai fondi stanziati dalla Camera di Commercio e dagli enti locali (100% delle risposte), l’ottenimento di tassi ridotti sui prestiti (83%) e l’accesso ad agevolazioni nazionali e regionali (67%).

Esistono, tuttavia, una serie di aspetti che andrebbero potenziati per incrementare ulteriormente l’efficienza dei consorzi, come una riduzione dei tassi sui prestiti, un potenziamento dell’analisi di fido svolta dalle banche e, sempre da parte di queste ultime, una limitazione della richiesta di

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garanzie dirette (50% per tutte); il problema maggiormente sentito, comunque, riguarda l’ampliamento dell’accesso al credito (67%): quest’ultimo scopo potrebbe essere raggiunto, secondo gli intervistati, mediante un trattamento privilegiato da parte delle banche (75%), ma anche attraverso un alleggerimento delle fasi di istruttoria e un miglioramento complessivo della qualità dei servizi offerti agli associati (50%).

Dall’indagine è emersa l’importanza del ruolo svolto dalla Camera di Commercio e dagli enti locali provinciali, e a tale proposito, tra le politiche da adottare per il potenziamento dell’organizzazione dei Confidi, l’83% degli intervistati ha indicato il rafforzamento della partecipazione e dell’intervento sia dell’una che degli altri; importante appare anche la necessità di stimolare l’aggregazione tra Confidi (67%), così come l’incentivazione alla partecipazione delle Istituzioni Pubbliche (50%).

Il miglioramento di queste collaborazioni dovrebbe portare, innanzitutto, ad un più efficace rispetto dei vincoli di equilibrio economico tra banche-imprese e ad una migliore circolazione delle informazioni sul ruolo dei Confidi (67% delle risposte per entrambi); in secondo luogo poi, si potrebbero ottenere un ampliamento e diversificazione dei capitali di garanzia (50%) nonché delle maggiori garanzie dalle banche (33%).

I consorzi intervistati, comunque, hanno giudicato positivamente l’apporto fornito dalla CCIAA e dagli enti locali nell’ambito della loro crescita e del loro rafforzamento (per il 67%degli interpellati è stato importante e per il 33% molto importante), così come molto buoni sono stati considerati gli strumenti agevolativi promossi dagli stessi (83% delle risposte).

I consorzi hanno utilizzato i fondi promossi dalla CCIAA principalmente per l’innovazione di processi finalizzati alla commercializzazione, l’innovazione di prodotti, l’ampliamento /ammodernamento del parco macchine e la sostituzione di macchinari obsoleti (100% di risposte per tutte le alternative).

Alcune aziende aderenti al consorzio, tuttavia, non hanno usufruito dei fondi indicati a causa dell’inadeguatezza delle risorse a disposizione (75%) e, in misura minore, a causa della difficoltà di accesso ai fondi stessi (25%); in effetti, tra gli obiettivi che potrebbero essere meglio perseguiti attraverso le politiche di intervento promosse dalla CCIAA e dagli enti locali, è stata segnalata, innanzitutto, la disponibilità di una maggiore liquidità (100%), in secondo luogo l’incentivazione dell’innovazione tecnologica e di investimenti immateriali (50%), ed, infine, la prevenzione dell’usura e la promozione dell’imprenditoria femminile (33% per entrambi).

A tal fine, per contribuire allo sviluppo dei consorzi di garanzia, dovrebbero essere attivati una serie di interventi, quali: incentivare la creazione di fondi rischi (100%), incentivare i contributi in conto interessi (83%), ampliare/ migliorare le convenzioni con le banche per favorire la riduzione dei tassi (50%) e offrire un contributo finanziario meno soggetto a rischi (33%).

In relazione ai rapporti con le banche locali, invece, è importante sottolineare come la totalità dei consorzi intervistati considera elevata la collaborazione con le stesse; il 67% degli stessi vede accettare oltre il 90% delle proposte di finanziamento presentate alle banche, mentre per il restante 33% la percentuale di accettazione è compresa tra il 60% e il 90%; il tasso medio di insolvenza delle operazioni effettuate dal consorzio si aggira attorno allo 0,4%.

La percentuale dei soci che nel corso del 2001 hanno fatto ricorso al credito garantito, si attesta ad un livello del 42%; a tale proposito, bisogna rilevare che ben il 100% degli intervistati ha dichiarato

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che tale percentuale è stata in aumento rispetto agli anni precedenti il 2001, mentre per il 17%, la quota è diminuita nel corso del 2002.

Quest’ultimo dato è sintomatico, e rivela l’esistenza di alcuni aspetti critici nell’attività dei consorzi: per meglio individuare quali sono gli aspetti da migliorare e quali, invece, rappresentano i punti di forza nel funzionamento dei consorzi , è stata costruita una tabella esemplificatrice.

Tab.6 – Punti di forza, di debolezza e aspetti critici dell’attività dei consorzi nella provincia di Reggio Emilia

Punti di forza Punti di debolezza Aspetti critici Alleggerimento della

burocrazia (83%) Miglioramento dei servizi

alle imprese (50%) Migliore selezione del

credito (50%) Ottenimento di maggiori

garanzie bancarie (33%) Riduzione dei rischi legati

ai prestiti (33%)

Eccessiva incidenza del capitale di garanzia (17%)

Tassi di rendimento troppo elevati (17%)

Inadeguata solidità dei soci (17%)

Inadeguato numero dei soci (17%)

Insufficiente capacità di attrazione dei capitali (50%)

Insufficiente rapporto tra potenziale di intervento e costi operativi (33%)

Fonte: Osservatori provinciale sul credito di Reggio Emilia

La capacità di alleggerire le pratiche burocratiche è il principale merito vantato dalla maggior parte dei consorzi (83%), senza trascurare il miglioramento dei servizi alle imprese e la migliore selezione del credito (50% per entrambi). I veri e propri punti di debolezza, invece, tali da essere considerati quasi critici, sono rappresentati dall’insufficiente capacità di attrazione dei capitali (50%) e, in misura minore, l’insufficiente rapporto tra potenziale di intervento e costi operativi (33%).

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CONCLUSIONI

Lo studio realizzato ha messo in evidenza che la provincia di Reggio Emilia è caratterizzata da un’ottima dotazione di strutture e servizi bancari che permettono una totale copertura del territorio (100% dei comuni bancati contro il 96,2% dell’Emilia Romagna).

Anche la numerosità degli sportelli in rapporto alla popolazione residente (7,4) e alle imprese (5,9) è buona, garantendo a Reggio Emilia, rispettivamente il 10° e il 25° posto nella graduatoria di tutte le province italiane.

E’ molto radicata sul territorio soprattutto la presenza di banche di medie dimensioni (ben 249 sportelli su un totale provinciale di 345) e a diffusione regionale (con un peso del 35,4% contro il 18,1% regionale), mentre è molto bassa l’incidenza sia delle grandi banche nazionali che delle piccole banche.

Questo risultato emerge anche dall’indagine svolta presso le imprese, il 67% delle quali dichiara di intrattenere rapporti principalmente con le Casse di Risparmio e le Banche Popolari locali.

L’operatività di queste banche garantisce una buona circolazione dei capitali che si riflette in un rapporto impieghi/depositi molto elevato (212,8%), dovuto anche al basso livello del tasso d’interesse (5,88%): entrambi questi elementi sono indicatori di un’elevata propensione al rischio da parte degli istituti creditizi, favorita anche dal modesto rapporto sia tra sofferenze ed impieghi (2,5%) che tra sofferenze e PIL (2,4%).

Permangono, tuttavia, degli squilibri non solo quantitativi, tra domanda e offerta di credito, che sono emersi dall’indagine svolta sul campo e rivolta alle imprese operanti nella provincia. Le richieste avanzate dagli imprenditori possono essere riassunte in cinque punti:1. un più alto livello qualitativo dei servizi erogati dal sistema creditizio, che debbono essere

maggiormente orientati alla clientela e, quindi, più personalizzati sulla base delle esigenze evidenziate dalle imprese;

2. riduzione dei costi fissi ed in generale delle commissioni per ogni operazione svolta;3. maggiore partecipazione, in termini consulenziali, delle aziende di credito alla vita dell’impresa;4. minori garanzie patrimoniali richieste per l’erogazione di prestiti;5. un costo del denaro in linea con gli standard europei e meno differenziato sul territorio.

Più nello specifico, sono soprattutto le PMI e quelle con un fatturato medio-basso a lamentare l’inadeguatezza delle condizioni contrattuali, con particolare riferimento alle garanzie richieste e al livello dei tassi; quest’ultimo dato appare rilevante se si considera che Reggio Emilia è tra le città italiane che pratica il più basso tasso d’interesse (appena 6° nella graduatoria provinciale); probabilmente è il “costo totale” del credito (rappresentato dal T.A.E.G.), comprensivo anche di tutti i costi accessori, a pesare sui bilanci delle imprese, ma bisogna tenere conto anche del fatto che alle piccole imprese vengono applicate, comunque, condizioni differenti.

L’analisi da noi effettuata a livello regionale e nazionale sul differenziale tra tassi attivi e passivi, inoltre, ha mostrato come la forbice negli ultimi anni si sia ampliata: con molta probabilità lo stesso fenomeno avrà caratterizzato anche Reggio Emilia, dato che l’analisi dinamica ha messo in luce un allineamento quasi perfetto tra l’andamento del tasso provinciale e quello dell’Emilia Romagna e dell’Italia (ved. Graf.4, Cap.2).

Tutto ciò implica l’esistenza di un margine di miglioramento per cui le banche dovrebbero rivedere le condizioni applicate alla propria clientela, determinando una riduzione del complessivo costo del

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denaro anche in relazione alle garanzie richieste, che appaiono eccessive rispetto al reale rischio di insolvenza registrato nella provincia, come mostra il basso rapporto tra sofferenze ed impieghi (2,5%); a tale proposito bisogna dire che alcuni istituti tra quelli intervistati, dichiarano di non esaminare il livello delle sofferenze al momento della concessione del credito, mentre tutte guardano ai dati di bilancio.

Una rilevante porzione delle imprese intervistate (39%), inoltre, vede con favore l’eventuale partecipazione delle banche ad una quota minoritaria del loro capitale di rischio. A tale proposito, va sottolineato come la banca viene vista come un partner che può fornire un valido apporto sia consulenziale sia economico, interagendo con l’azienda attraverso forme di finanziamento/investimento quali, ad esempio, il Private Equity e/o il Venture Capital .

In generale il Private Equity è una forma d’investimento di medio-lungo termine in imprese caratterizzate da elevate potenzialità di sviluppo e crescita (high grow companies), successivamente all’avvio dell’attività produttiva delle stesse.Tale forma di investimento viene effettuata prevalentemente da operatori specializzati: società di merchant banking, banche, operatori pubblici, business angels (questi ultimi sono ex imprenditori e managers che dispongono di mezzi finanziari, di una buona rete di conoscenze e di capacità gestionali da impiegare in piccole e medie imprese).

In particolare, il Venture Capital è una forma di investimento istituzionale in capitale di rischio che si rivolge a imprese in fase di avvio (Start Up) e che produce effetti in un’ottica di medio-lungo periodo. Fondamentale, in entrambi i casi, è l’apporto professionale dell’investitore stesso nell’attività della società, per tutta la durata dell’investimento in cui egli è un socio temporaneo. Di fatto, esiste uno stretto rapporto di collaborazione tra imprenditore e investitore istituzionale: questi partecipa alle decisioni strategiche dell’impresa apportando le proprie conoscenze ed esperienze professionali, lasciando all’imprenditore e al managment la gestione operativa, ma partecipando al rischio d’impresa.

Fino ad oggi, purtroppo, questi “strumenti” innovativi sono stati destinati quasi esclusivamente alle imprese caratterizzate da un elevato contenuto tecnologico e/o a quelle di più grandi dimensioni, mentre ne sono rimaste escluse le PMI tradizionali che, paradossalmente, sono quelle che più necessitano di apporti di capitali stabili per sostenere i loro processi di crescita.

Il sistema delle Camere di Commercio, da sempre sensibile alla crescita della cultura finanziaria degli imprenditori e alla innovazione finanziaria, è presente su questi temi. Ad esempio, la Camera di Commercio di Milano e la Unioncamere Lombardia si sono fatte promotrici di una serie di iniziative volte ad estendere anche alle PMI i benefici derivanti dal Private Equity e/o dal Venture Capital, fornendo ad esse un valido strumento di consulenza e di assistenza sia nell’area della finanza straordinaria che della finanza innovativa.

Affinchè il sistema creditizio ed il mondo imprenditoriale pongano in essere un dialogo “costruttivo”, risulta fondamentale l’attività svolta dal sistema delle Camere di commercio in materia di promozione e sostegno al ruolo svolto dai consorzi di garanzia fidi.

Con riferimento alla provincia di Reggio Emilia, possiamo dire che il ricorso a forme consortili di accesso al credito avviene soprattutto da parte di PMI, e la percentuale di aziende associate è abbastanza buona, in particolare per quanto riguarda le imprese artigiane, la cui adesione è aumentata soprattutto nell’ultimo anno.

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Nonostante questo l’operatività dei Confidi va migliorata, e a tale proposito va evidenziato come, in seguito alla recente chiusura di tre banche locali, essi abbiano stipulato convenzioni con altre banche, ampliando il numero delle loro partnership.Va osservato, infine, come alla luce della revisione dell’Accordo del 1988, proposta di recente dal Comitato di Basilea (c.d. Basilea II), si prevede un ridisegno complessivo dell’attuale regolamentazione sui requisiti patrimoniali (in particolare) delle banche dei paesi membri del G10 (Governatori delle banche centrali del Gruppo dei Dieci al quale partecipa anche l’Italia) e di quelle dei 140 Stati che hanno aderito alla precedente convenzione.

Ciò comporterà l’apertura di una serie di nuove criticità nei rapporti banca-impresa-confidi nel periodo di transizione verso un nuovo modello relazionale che opererà a regime a partire dal 2006. Da un lato, infatti, le banche dovranno provvedere all’attivazione di una procedura di misurazione più accurata del rischio di credito attraverso metodologie di valutazione (rating) della “solidità e solvibilità delle aziende”, con conseguente maggiore effetto di selezione nel breve-medio periodo dei finanziamenti erogabili, dall’altro i confidi dovranno provvedere all’implementazione di appropriate garanzie e strumenti finanziari al fine di elevare il livello di controllo/valutazione della affidabilità economica agli standard previsti dall’accordo.

In tale ottica risulta indispensabile che enti pubblici e privati favoriscano l’attività consortile partecipando attivamente alla vita dei confidi, attraverso un sistema di relazioni e di sovvenzioni e un costante monitoraggio delle criticità del sistema creditizio e dei fabbisogni delle imprese locali.

L’impegno profuso nella realizzazione dell’Osservatorio sul Credito ci da fiducia che lo stesso possa svilupparsi ed arricchirsi ulteriormente, divenendo anno dopo anno un punto d’incontro, anche fisico, per un confronto costruttivo tra sistema creditizio, Istituzioni e mondo imprenditoriale locale.

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Page 60: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

ALLEGATO STATISTICO

Tab.A.1 - Graduatoria provinciale della dotazione di sportelli bancari in rapporto alla popolazione residente (Anno 2000)

Posizione Provincia Sportelli/10.000 ab. Posizione Provincia Sportelli/10.000 ab.1 TRENTO 10,07 53 NOVARA 5,452 BOLZANO 8,60 54 PRATO 5,303 BELLUNO 8,39 55 VENEZIA 5,254 UDINE 8,09 56 GENOVA 5,245 RAVENNA 7,98 57 ORISTANO 5,236 FORLI' 7,96 58 RIETI 5,097 MANTOVA 7,79 59 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 5,048 CUNEO 7,66 60 LIVORNO 5,009 AOSTA 7,63 61 TERAMO 4,93

10 REGGIO EMILIA 7,43 62 VARESE 4,9111 PARMA 7,30 63 TERNI 4,8012 PESARO E URBINO 7,20 64 MASSA-CARRARA 4,6113 BOLOGNA 7,19 65 IMPERIA 4,5714 PIACENZA 7,19 66 TORINO 4,4515 RIMINI 7,17 67 PESCARA 4,4416 SIENA 7,12 68 L'AQUILA 4,3817 CREMONA 7,12 69 NUORO 4,3318 VERCELLI 7,08 70 ROMA 4,2019 TREVISO 7,02 71 SASSARI 4,1620 ASTI 6,79 72 CAMPOBASSO 3,9921 VICENZA 6,74 73 TRAPANI 3,9722 VERONA 6,71 74 MATERA 3,8423 PORDENONE 6,68 75 POTENZA 3,7624 ROVIGO 6,58 76 CHIETI 3,6925 BIELLA 6,55 77 AGRIGENTO 3,6626 BRESCIA 6,50 78 ISERNIA 3,5027 GORIZIA 6,41 79 ENNA 3,4428 SONDRIO 6,36 80 RAGUSA 3,4329 PADOVA 6,26 81 MESSINA 3,3430 LECCO 6,26 82 CAGLIARI 3,3231 MODENA 6,23 83 BARI 3,3232 ALESSANDRIA 6,17 84 FROSINONE 3,2833 ANCONA 6,16 85 CALTANISSETTA 3,1934 MACERATA 6,11 86 FOGGIA 3,1335 LUCCA 6,10 87 PALERMO 3,0636 VITERBO 6,06 88 CATANIA 2,9837 LODI 6,03 89 SALERNO 2,8938 BERGAMO 6,01 90 LATINA 2,8639 SAVONA 6,01 91 LECCE 2,8440 FIRENZE 5,95 92 AVELLINO 2,7541 PISA 5,91 93 SIRACUSA 2,7442 AREZZO 5,78 94 BENEVENTO 2,7343 COMO 5,75 95 BRINDISI 2,6044 MILANO 5,74 96 CATANZARO 2,4945 FERRARA 5,70 97 TARANTO 2,4946 PAVIA 5,69 98 NAPOLI 2,3947 PERUGIA 5,67 99 REGGIO CALABRIA 2,3248 GROSSETO 5,61 100 CROTONE 2,3149 LA SPEZIA 5,60 101 COSENZA 2,3050 ASCOLI PICENO 5,58 102 VIBO VALENTIA 2,2251 TRIESTE 5,48 103 CASERTA 2,1752 PISTOIA 5,47

ITALIA 4,87

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia e ISTAT

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Page 61: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

Tab.A.2 - Graduatoria provinciale della dotazione di sportelli bancari in rapporto alle imprese (Anno 2001)

Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000

unità locali1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,872 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,843 CREMONA 7,67 55 TERNI 4,784 LECCO 7,07 56 PADOVA 4,785 GORIZIA 6,97 57 AREZZO 4,756 BOLZANO 6,91 58 MACERATA 4,687 UDINE 6,90 59 ASCOLI PICENO 4,578 LODI 6,82 60 VITERBO 4,549 VERCELLI 6,74 61 PALERMO 4,5010 BRESCIA 6,55 62 TORINO 4,4611 MANTOVA 6,50 63 L'AQUILA 4,3912 SONDRIO 6,47 64 ENNA 4,3413 BERGAMO 6,47 65 MASSA-CARRARA 4,3214 VICENZA 6,40 66 NUORO 4,2915 RAVENNA 6,34 67 PISTOIA 4,2916 AOSTA 6,23 68 TERAMO 4,2917 BOLOGNA 6,22 69 PESCARA 4,0218 PORDENONE 6,18 70 GROSSETO 3,9019 FORLI 6,16 71 CAGLIARI 3,8820 ANCONA 6,14 72 AGRIGENTO 3,8221 PARMA 6,11 73 FROSINONE 3,7822 TRIESTE 6,02 74 MESSINA 3,7423 PESARO E URBINO 5,95 75 CATANIA 3,6524 BIELLA 5,94 76 SIRACUSA 3,6425 REGGIO EMILIA 5,91 77 PRATO 3,6226 VERONA 5,84 78 ISERNIA 3,6027 COMO 5,81 79 IMPERIA 3,5828 LA SPEZIA 5,80 80 MATERA 3,5229 PAVIA 5,80 81 POTENZA 3,5130 SIENA 5,78 82 CAMPOBASSO 3,5131 NOVARA 5,76 83 LECCE 3,5032 PIACENZA 5,73 84 BARI 3,5033 TREVISO 5,68 85 SASSARI 3,4734 PISA 5,55 86 RAGUSA 3,4735 CUNEO 5,51 87 CALTANISSETTA 3,4436 RIETI 5,48 88 TRAPANI 3,3937 GENOVA 5,39 89 CATANZARO 3,2338 VARESE 5,35 90 TARANTO 3,2239 RIMINI 5,33 91 FOGGIA 3,1640 MODENA 5,31 92 NAPOLI 3,1541 ROVIGO 5,30 93 CHIETI 3,1242 MILANO 5,28 94 VIBO VALENTIA 2,9943 VERBANIA CUSIO OSSOLA 5,24 95 SALERNO 2,9544 ALESSANDRIA 5,24 96 COSENZA 2,9545 PERUGIA 5,22 97 REGGIO CALABRIA 2,9446 FIRENZE 5,04 98 BRINDISI 2,8547 SAVONA 5,04 99 AVELLINO 2,8548 ORISTANO 5,01 100 LATINA 2,7249 ASTI 5,00 101 CASERTA 2,6750 VENEZIA 4,99 102 CROTONE 2,5051 LUCCA 4,97 103 BENEVENTO 2,3352 FERRARA 4,94

ITALIA 4,81

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia e Infocamere

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Page 62: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

Tab.A.3. – Assorbimento* di sportelli bancari in rapporto alla popolazione residente nella provincia di Reggio Emilia** (Anno 2001)

Posizione Comuni Sportelli/popolazione1 BUSANA 1,952 BRESCELLO 1,663 SAN POLO D'ENZA 1,504 VEZZANO SUL CROSTOLO 1,405 COLLAGNA 1,336 VIANO 1,327 LIGONCHIO 1,308 TOANO 1,249 CASINA 1,2310 SANT'ILARIO D'ENZA 1,2311 RUBIERA 1,2012 CASTELLARANO 1,1513 GUASTALLA 1,1414 CASALGRANDE 1,1315 REGGIOLO 1,0916 MONTECCHIO EMILIA 1,0717 CASTELNOVO NE'MONTI 1,0418 CASTELNOVO DI SOTTO 1,0319 REGGIO EMILIA 1,0220 ALBINEA 1,0221 POVIGLIO 1,0222 FABBRICO 0,9723 CARPINETI 0,9624 VILLA MINOZZO 0,9525 RAMISETO 0,9426 LUZZARA 0,9227 CAVRIAGO 0,8928 CORREGGIO 0,8929 CAMPEGINE 0,8830 BORETTO 0,8731 SCANDIANO 0,8732 GUALTIERI 0,8633 CADELBOSCO DI SOPRA 0,8634 SAN MARTINO IN RIO 0,8435 QUATTRO CASTELLA 0,8336 BAGNOLO IN PIANO 0,8337 CAMPAGNOLA EMILIA 0,8238 BAISO 0,8039 RIO SALICETO 0,7840 NOVELLARA 0,7841 CANOSSA 0,7842 ROLO 0,7343 BIBBIANO 0,7044 VETTO 0,6345 GATTATICO 0,50

TOTALE 1,00

* Per Assorbimento di sportelli bancari rispetto alla popolazione si intende il seguente rapporto: (Numero di Sportelli del Comune i-esimo/Totale Sportelli della Provincia) / (Popolazione complessiva del Comune i-esimo /Popolazione complessiva della Provincia). Nei comuni in cui tale rapporto assume valore superiore ad 1, l’assorbimento di sportelli bancari è superiore alla dotazione media provinciale. Nel calcolo sono stati inclusi solo i comuni in cui è presente almeno 1 sportello bancario.

**I dati sulla popolazione sono aggiornati al 31-12-2000, ultimo dato disponibile.

Fonte: elaborazione Ist. Tagliacarne su dati Banca d’Italia e ISTAT

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Page 63: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

Tab.A.4 – Graduatoria provinciale degli impieghi in rapporto ai depositi (Anno 2001)

Posizione ProvinciaImpieghi

(in % dei depositi) Posizione ProvinciaImpieghi

(in % dei depositi)1 BRESCIA 252,6 53 CUNEO 142,32 TREVISO 238,9 54 ASCOLI PICENO 140,43 PARMA 237,6 55 VERCELLI 139,74 ANCONA 228,0 56 GORIZIA 139,25 VICENZA 225,9 57 PIACENZA 138,56 MILANO 224,0 58 SAVONA 138,47 PRATO 222,2 59 ASTI 137,88 TORINO 217,6 60 ROVIGO 137,39 BOLOGNA 214,8 61 TERAMO 137,2

10 REGGIO EMILIA 212,8 62 GROSSETO 136,711 BIELLA 209,4 63 VARESE 136,512 ISERNIA 209,3 64 CHIETI 136,513 ROMA 207,4 65 LA SPEZIA 135,914 RIMINI 204,4 66 TRIESTE 135,615 BOLZANO 204,1 67 CAGLIARI 134,716 MODENA 201,6 68 RAGUSA 134,617 MANTOVA 201,4 69 LODI 134,518 LUCCA 195,0 70 VITERBO 133,819 SIRACUSA 193,3 71 FROSINONE 130,020 PORDENONE 192,0 72 CAMPOBASSO 128,321 PISA 191,6 73 GENOVA 127,522 ALESSANDRIA 189,7 74 TRAPANI 126,623 FORLI' 189,6 75 PALERMO 126,624 RAVENNA 188,9 76 MESSINA 124,425 BERGAMO 188,4 77 AVELLINO 123,926 VENEZIA 185,6 78 BARI 122,327 LIVORNO 181,7 79 CATANZARO 121,528 FIRENZE 180,6 80 PESCARA 119,729 PISTOIA 177,3 81 L'AQUILA 119,430 VERONA 176,2 82 CATANIA 117,231 PADOVA 175,2 83 CROTONE 114,832 LECCO 171,1 84 IMPERIA 114,033 COMO 169,8 85 PAVIA 113,434 VERBANO CUSIO OSSOLA 169,8 86 COSENZA 112,935 PERUGIA 166,9 87 MATERA 106,036 CREMONA 166,5 88 RIETI 103,437 SASSARI 165,4 89 ORISTANO 101,938 NOVARA 162,3 90 FOGGIA 100,639 PESARO E URBINO 161,6 91 NAPOLI 99,640 FERRARA 156,9 92 LECCE 98,741 SIENA 154,7 93 SALERNO 97,342 SONDRIO 154,4 94 ENNA 96,043 TERNI 154,3 95 TARANTO 95,444 TRENTO 154,2 96 REGGIO CALABRIA 95,245 POTENZA 153,0 97 BRINDISI 93,646 AOSTA 152,6 98 NUORO 92,547 UDINE 151,4 99 CASERTA 91,348 BELLUNO 148,8 100 VIBO VALENTIA 88,049 MASSA CARRARA 148,3 101 BENEVENTO 83,750 AREZZO 148,2 102 CALTANISSETTA 81,551 LATINA 145,9 103 AGRIGENTO 80,752 MACERATA 143,1

ITALIA 176,5

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia

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Page 64: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

Tab.A.5 – Graduatoria provinciale delle sofferenze in rapporto agli impieghi (Anno 2001)

Posizione ProvinciaSofferenze

(in % degli impieghi) Posizione ProvinciaSofferenze

(in % degli impieghi)1 FROSINONE 22,93 53 ROMA 4,912 COSENZA 21,57 54 ROVIGO 4,893 TRAPANI 20,44 55 TERNI 4,804 MESSINA 20,26 56 LECCO 4,535 REGGIO CALABRIA 20,25 57 COMO 4,526 PALERMO 19,89 58 FERRARA 4,447 POTENZA 19,10 59 ALESSANDRIA 4,428 VIBO VALENTIA 18,84 60 GENOVA 4,369 CATANIA 18,56 61 MACERATA 4,26

10 SASSARI 16,93 62 VARESE 4,1611 LATINA 16,66 63 CREMONA 3,9512 AGRIGENTO 16,23 64 NOVARA 3,8813 FOGGIA 16,19 65 PISA 3,7514 RAGUSA 16,04 66 PESARO E URBINO 3,7015 MATERA 16,03 67 GORIZIA 3,6916 BRINDISI 15,76 68 AOSTA 3,6317 CATANZARO 15,67 69 LUCCA 3,5118 BENEVENTO 15,65 70 PISTOIA 3,4019 CALTANISSETTA 15,46 71 FIRENZE 3,3820 VITERBO 15,35 72 BIELLA 3,2621 TARANTO 15,27 73 LIVORNO 3,2522 CROTONE 15,13 74 VERONA 3,1623 NUORO 14,93 75 PARMA 3,1224 ORISTANO 14,39 76 AREZZO 3,1125 L'AQUILA 14,11 77 LODI 3,1026 ENNA 14,05 78 MANTOVA 3,0427 AVELLINO 13,95 79 GROSSETO 2,8928 LECCE 13,35 80 UDINE 2,8329 SALERNO 12,89 81 MODENA 2,8230 BARI 12,70 82 BELLUNO 2,7931 SIRACUSA 12,07 83 CUNEO 2,7732 CASERTA 10,82 84 PADOVA 2,7133 CAGLIARI 10,67 85 SIENA 2,6234 CAMPOBASSO 10,46 86 VENEZIA 2,5635 NAPOLI 9,18 87 ANCONA 2,5536 RIETI 9,17 88 REGGIO EMILIA 2,5237 SAVONA 8,41 89 BOLOGNA 2,3638 IMPERIA 8,33 90 BERGAMO 2,3539 LA SPEZIA 7,86 91 RIMINI 2,3340 PESCARA 7,66 92 TRIESTE 2,1641 CHIETI 6,97 93 RAVENNA 2,1242 ASCOLI PICENO 6,91 94 PORDENONE 2,1043 TERAMO 6,76 95 FORLI' 2,0344 MASSA CARRARA 6,55 96 TORINO 2,0045 SONDRIO 6,14 97 VICENZA 1,9246 PAVIA 6,07 98 MILANO 1,9247 PIACENZA 5,81 99 TREVISO 1,7848 ISERNIA 5,49 100 BRESCIA 1,7449 VERBANO CUSIO OSSOLA 5,48 101 TRENTO 1,7350 VERCELLI 5,34 102 PRATO 1,6451 ASTI 5,06 103 BOLZANO 1,4852 PERUGIA 5,03

ITALIA 4,70

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia

62

Page 65: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

Tab.A.6 – Graduatoria provinciale delle sofferenze in rapporto al PIL (Anno 2000)

Posizione ProvinciaSofferenze

(in % del PIL) Posizione ProvinciaSofferenze

(in % del PIL)1 PALERMO 13,78 53 COMO 3,892 TRAPANI 12,01 54 RIETI 3,883 SASSARI 11,89 55 SAVONA 3,874 POTENZA 11,80 56 PISTOIA 3,875 BARI 10,96 57 ALESSANDRIA 3,836 LATINA 10,88 58 PISA 3,837 CATANIA 10,72 59 MILANO 3,818 MESSINA 10,05 60 FERRARA 3,779 COSENZA 9,93 61 TERNI 3,75

10 FROSINONE 9,64 62 LECCO 3,7411 L'AQUILA 9,58 63 CREMONA 3,7412 ROMA 9,40 64 VERCELLI 3,7313 VITERBO 9,24 65 SIENA 3,6414 FOGGIA 9,17 66 PADOVA 3,6015 RAGUSA 9,06 67 VERONA 3,5216 CATANZARO 8,55 68 BIELLA 3,5217 REGGIO CALABRIA 8,53 69 AREZZO 3,4818 NAPOLI 8,18 70 PESARO E URBINO 3,3919 SIRACUSA 8,18 71 NOVARA 3,3820 MATERA 7,96 72 MANTOVA 3,3521 AVELLINO 7,93 73 ASTI 3,3422 CROTONE 7,86 74 GENOVA 3,3423 TARANTO 7,79 75 MACERATA 3,3324 CAGLIARI 7,69 76 IMPERIA 3,1025 AGRIGENTO 7,27 77 BOLOGNA 3,0126 BRINDISI 7,22 78 GORIZIA 3,0027 CALTANISSETTA 6,93 79 ANCONA 2,9628 LECCE 6,63 80 VARESE 2,9229 SALERNO 6,44 81 AOSTA 2,9230 VIBO VALENTIA 6,39 82 GROSSETO 2,8931 ENNA 6,32 83 LIVORNO 2,8832 ASCOLI PICENO 6,13 84 MODENA 2,8633 NUORO 5,81 85 LODI 2,8634 BENEVENTO 5,76 86 PRATO 2,7935 CAMPOBASSO 5,71 87 TRIESTE 2,7636 ORISTANO 5,64 88 VICENZA 2,6637 ISERNIA 5,58 89 BERGAMO 2,6538 PESCARA 5,53 90 VENEZIA 2,6239 TERAMO 5,50 91 TREVISO 2,5040 MASSA CARRARA 5,34 92 REGGIO EMILIA 2,4541 CASERTA 5,07 93 UDINE 2,3642 PIACENZA 5,02 94 BELLUNO 2,2743 CHIETI 4,82 95 FORLI' 2,2544 LA SPEZIA 4,79 96 RAVENNA 2,2545 SONDRIO 4,63 97 CUNEO 2,2046 VERBANO CUSIO OSSOLA 4,41 98 TORINO 2,1847 LUCCA 4,34 99 RIMINI 2,0148 PERUGIA 4,33 100 PORDENONE 1,8649 PARMA 4,18 101 BRESCIA 1,8250 PAVIA 4,02 102 TRENTO 1,7951 ROVIGO 4,01 103 BOLZANO 1,4752 FIRENZE 3,97

ITALIA 5,12

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati propri e Banca d’Italia

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Page 66: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

Tab.A.7 – Graduatoria provinciale del tasso di interesse stimato (Dicembre 2001)

Posizione Provincia Tassi di interesse 31/12/ 2001 Posizione Provincia Tassi di interesse

31/12/ 20011 MILANO 5,05 53 PERUGIA 7,442 BOLOGNA 5,39 54 LIVORNO 7,453 FIRENZE 5,50 55 PISTOIA 7,464 TORINO 5,64 56 TERAMO 7,475 PARMA 5,85 57 FROSINONE 7,496 REGGIO EMILIA 5,88 58 ASTI 7,527 BRESCIA 5,92 59 ROVIGO 7,548 ANCONA 5,95 60 GORIZIA 7,559 MODENA 5,96 61 LATINA 7,55

10 ROMA 6,07 62 CATANIA 7,5811 FORLI' 6,07 63 SIRACUSA 7,6112 RIMINI 6,16 64 SAVONA 7,6113 BERGAMO 6,24 65 LA SPEZIA 7,6214 RAVENNA 6,27 66 PESCARA 7,6515 TRIESTE 6,28 67 BARI 7,6616 PESARO E URBINO 6,28 68 CAGLIARI 7,6717 PIACENZA 6,36 69 TERNI 7,6718 BOLZANO 6,40 70 MASSA CARRARA 7,7119 FERRARA 6,43 71 NAPOLI 7,7320 LECCO 6,43 72 RIETI 7,7921 VARESE 6,46 73 GROSSETO 7,8222 COMO 6,46 74 AOSTA 7,8223 LODI 6,47 75 SASSARI 7,8824 TRENTO 6,47 76 MESSINA 7,9125 MANTOVA 6,48 77 VITERBO 7,9326 GENOVA 6,51 78 TARANTO 7,9627 MACERATA 6,53 79 IMPERIA 7,9628 ASCOLI PICENO 6,55 80 L'AQUILA 8,0029 SONDRIO 6,56 81 BRINDISI 8,0130 VENEZIA 6,61 82 LECCE 8,1031 PRATO 6,63 83 FOGGIA 8,1032 BIELLA 6,63 84 TRAPANI 8,1333 TREVISO 6,65 85 ISERNIA 8,1434 VICENZA 6,68 86 RAGUSA 8,2335 PAVIA 6,71 87 CAMPOBASSO 8,2336 CREMONA 6,71 88 POTENZA 8,2437 PADOVA 6,78 89 AGRIGENTO 8,2738 LUCCA 6,83 90 CASERTA 8,3639 VERONA 6,85 91 CALTANISSETTA 8,3640 PORDENONE 6,87 92 ENNA 8,3941 PISA 6,92 93 MATERA 8,3942 UDINE 6,92 94 AVELLINO 8,3943 NOVARA 6,97 95 SALERNO 8,4744 ALESSANDRIA 6,99 96 BENEVENTO 8,5345 PALERMO 6,99 97 NUORO 8,6946 AREZZO 7,08 98 ORISTANO 8,7047 CUNEO 7,12 99 CATANZARO 8,9448 VERBANO -CUSIO- OSSOLA 7,21 100 CROTONE 9,4449 VERCELLI 7,27 101 COSENZA 9,4450 CHIETI 7,27 102 VIBO VALENTIA 9,4551 SIENA 7,28 103 REGGIO CALABRIA 9,6052 BELLUNO 7,28

ITALIA 6,11

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati Banca d’Italia

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Page 67: 2 · Web viewPosizione Provincia Sportelli/1000 unità locali Posizione Provincia Sportelli/1000 unità locali 1 BELLUNO 8,98 53 ROMA 4,87 2 TRENTO 8,70 54 LIVORNO 4,84 3 CREMONA

ALLEGATO METODOLOGICO

Il metodo di calcolo dell’Istituto Tagliacarne per il calcolo dei tassi di interesse a livello provinciale

L’unica fonte alla quale è possibile accedere per ottenere informazioni sui tassi di interesse attivi praticati dalle banche è la rilevazione effettuata trimestralmente dalla Banca d’Italia.La rilevazione in questione ha per oggetto i tassi attivi a breve termine sui finanziamenti per cassa ricavati da un campione di 70 banche rappresentative a livello regionale, che operano anche a livello provinciale. I dati vengono forniti con la seguente analisi settoriale, che è la stessa per la quale la Banca d’Italia fornisce i dati sulla consistenza degli impieghi complessivi per regione:- Amministrazioni Pubbliche- Società finanziarie- Società ed imprese non finanziarie

AgricolturaIndustria in senso strettoCostruzioniServizi

- FamiglieProduttriciConsumatrici (comprese le Istituzioni sociali senza fini di lucro)

- Totale.Partendo da questi tassi, l’Istituto effettua un’analisi territoriale maggiormente spinta, secondo un metodo di calcolo verificato in sede “scientifica”27 anche con alcuni rappresentanti delle sedi regionali della Banca d’Italia, intesa ad ottenere i tassi di interesse a breve che rappresentano un valore medio delle singole province.Nel caso di Reggio Emilia, quindi, il dato fornito è quello che mediamente, a livello macro, è praticato dalle Banche che operano in provincia.Ciò non esclude che alcune Banche, soprattutto locali, possano praticare dei tassi a breve più bassi per particolari tipologie di clientela, rispetto a quelli medi presentati nell’Osservatorio del Credito.

La stima dei tassi medi provinciali è stata effettuata con i seguenti criteri:1) Considerato che i tassi di interesse delle regioni risultano diversi da settore a settore la prima operazione è consistita nel procurarsi le tabelle provinciali sugli impieghi analoghe a quelle disponibili a livello regionale;2) Supponendo poi che a parità di settori i tassi di interesse delle singole province fossero identici a quelli rilevati a livello regionale, questi ultimi sono stati applicati alle consistenze degli impieghi delle province (assunti come pesi ai fini della ponderazione) in modo da ottenere tassi differenziati per ciascuna di esse;3) Pesando nuovamente i tassi medi così ottenuti con il valore complessivo degli impieghi si sono ottenuti valori regionali leggermente diversi da quelli rilevati dalla Banca d’Italia. Al fine quindi di far coincidere la loro media con i dati regionali della fonte citata, non si è fatto ricorso ad un semplice riproporzionamento, ma si è tenuto conto anche dei tassi di sofferenza, calcolati come percentuale dei crediti in sofferenza rilevati dalla “Centrale dei Rischi” sul complesso degli impieghi risultanti dalla “Vigilanza”. Le lievi rettifiche apportate con l’utilizzo dei diversi tassi di sofferenza si giustificano tenuto conto che questi ultimi figurano tra le principali variabili esplicative dei tassi di interesse.

27 Convegno dell’Associazione di Scienze Regionali, svoltosi a Reggio Calabria dal 10 al 12 settembre 2002.

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