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ECM 33 24 Novembre 2013 FORMAZIONE A DISTANZA Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

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ECM3324 Novembre 2013 FORMAZIONE A DISTANZA

Comunicazione e gestione del paziente migrante

in ambito sanitario

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ECM33EditoreLswr SrlVia Spadolini, 720141 Milano - ItaliaTelefono +39 02 88184.1Telefax +39 02 88184.301www.lswr.it

Direttore ResponsabileGiorgio Albonetti

Progetto graficoT&T Studio - Milano

StampaArti Grafiche MiglioriniMelzo (Mi)

numero 24 - anno VI - novembre 2013Autorizzazione Tribunale di MilanoN° 70 del 29 gennaio 2008

© Lswr Srl 2013Pubblicazione protetta a norma di legge dall’Ufficio pro-prietà letteraria, artistica e scientifica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dedicata all’aggiornamento professionale. La pubblicazione o ristampa di articoli o immagini della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’editore.

Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

indice

Modulo 1 pag. 3

IL QUADRO DEMOGRAFICO ITALIANO E LO STATO DI SALUTE DEGLI IMMIGRATI

Modulo 2 pag. 9

LA LEGISLAZIONE ITALIANA SULL’ACCESSO ALL’ASSISTENZA SANITARIA DA PARTE DEGLI IMMIGRATI REGOLARI E IRREGOLARI

Modulo 3 pag. 13

LE BASI DELLA COMUNICAZIONE ASSERTIVA PER SODDISFARE I BISOGNI E LE ATTESE DEI PAZIENTI

Modulo 4 pag. 19

LA PERCEZIONE DELLA SALUTE IN DIVERSE ETNIE

Modulo 5 pag. 23

LE PRINCIPALI PATOLOGIE A PREVALENZA EXTRACOMUNITARIA

Modulo 6 pag. 32

L’INTERAZIONE CON IL MEDIATORE LINGUISTICO CULTURALE

Modulo 7 pag. 36

ESPERIENZE PRATICHE DI COMUNICAZIONE CON IL PAZIENTE

Presentazione del corsoTitoloComunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

Responsabile scientificoDott.ssa Carla MauroMedico di medicina generale, Roma

DestinatariMedici chirurghi specialisti in medicina generale (medici di famiglia), ortopedia e traumatologia, medicina fisica e riabilitazione, medicina dello sport, malattie dell'apparato respiratorio, otori-nolaringoiatria, reumatologia, pediatria, pediatria (libera scelta), medicina interna, allergologia e immunologia clinica, geriatria; odontoiatri; farmacisti territoriali.

Razionale del corsoNegli ultimi dieci anni, l’Italia ha assistito a un aumento vertiginoso di cittadini stranieri nel suo territorio. Di conseguenza il personale sanitario si trova con sempre maggiore frequenza nelle condizioni di dover interagire con persone di nazionalità, lingua e consuetudini diverse, con tutte le difficoltà che questo comporta. Questo corso FAD si pone i seguenti obiettivi:– approfondire le conoscenze sullo stato di salute delle diverse etnie presenti in Italia;– migliorare le competenze interculturali degli operatori sanitari e favorire la massima integra-

zione possibile anche in ambito sanitario;– fornire gli strumenti per rispettare ogni gruppo culturale nella propria percezione di salute

e malattia.

ECM FADIl superamento del test finale consentirà di ottenere 15 crediti formativi.

Durata del corsoIl tempo necessario per completare il percorso formativo è di 10 ore.Il corso sarà attivo dal 25 novembre 2013 al 24 novembre 2014.

Come iscriversi e partecipare al corsoDopo aver letto il materiale didattico contenuto nella presente rivista,collegarsi all’indirizzo internet:

http://fad-paziente-migrante.ecm33.it

Registrarsi alla comunità Medikey o digitare le proprie credenziali Medikey; solo per il primo accesso digitare il seguente codice di attivazione: aa2013pzm; si accederà ai contenuti online da visionare prima della compilazione del questionario finale utile al fine di ottenere i crediti ECM.

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modulo 1Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

La presenza degli stranieri residenti in Italia ha registrato un incremento significativo negli ultimi dieci anni: il censimento del 2011 ha infatti evi-denziato che il loro numero è più che triplicato rispetto a quello rilevato dal censimento 2001. Si tratta di un fenomeno legato principalmente all’immigrazione dall’estero, che non ha seguito un decorso regolare nel tempo ma è stata influenzata dalla legislazione nazionale e inter-nazionale in tema di immigrazione. Il flusso di cittadini provenienti da Paesi stranieri, monitorati attraverso i dati forniti dall’indagine “Movimento e calcolo annuale della popolazione residente e struttura per cittadinanza”, ha regi-

strato un picco negli anni 2003-04, 2007-08 e, in misura minore, nel 2009-10. Le emigrazioni verso l’estero, che probabilmente sono sottosti-mate perché non tutti gli stranieri provvedono al-la propria cancellazione dall’anagrafe quando si trasferiscono in altri Paesi, sono numericamente di molto inferiori, anche se stanno registrando un incremento. Prima di esaminare in maniera più approfon-dita i dati più recenti, comunicati dall’ISTAT nel report del 26 luglio 2013, è tuttavia opportuno acquisire alcune definizioni terminologiche della nomenclatura (Tabella 1) che viene corrente-mente impiegata.

Tabella 1. Definizioni principali

Immigrato Cittadino straniero nato all’estero che risiede in Italia; il termine esclude i cittadini italiani nati all’estero ma residenti in Italia

Un immigrato non è necessariamente straniero e, specularmente, uno straniero può essere nato in Italia

La caratteristica di immigrato è permanente, un individuo continua ad appartenere alla popolazione immigrata anche se acquisisce la cittadinanza italiana; è quindi il Paese di nascita, e non la cittadinanza, che definisce l’origine geografica di un immigrato

Stranieri residenti in Italia Cittadini stranieri che risultano iscritti nelle anagrafi comunali*

Nati stranieri Individui nati da genitori entrambi cittadini stranieri residenti in Italia

Saldo migratorio Differenza tra le iscrizioni da altri Comuni e dall’estero e le cancellazioni per altri Comuni e per l’estero

Saldo naturale Differenza tra il numero dei nati e il numero dei morti residenti in Italia

Saldo totale Per la popolazione straniera è la somma del saldo naturale, del saldo migratorio e del saldo per altri motivi, detratte le acquisizioni di cittadinanza italiana

Tasso di crescita naturale Rapporto tra il saldo naturale (nati stranieri e deceduti stranieri) e l’ammontare medio della popolazione residente moltiplicato per mille

Tasso migratorio estero Rapporto tra il saldo migratorio con l’estero (differenza tra immigrati ed emigrati) e l’ammontare medio della popolazione residente straniera moltiplicato per mille

Tasso migratorio interno Rapporto tra il saldo migratorio interno (differenza tra le iscrizioni e le cancellazioni di cittadini stranieri rispettivamente da e per altro Comune italiano) e l’ammontare medio della popolazione residente straniera

* Ogni persona avente dimora abituale in Italia ha l’obbligo di legge di iscriversi nell’anagrafe del Comune nel quale ha stabilito la propria dimora abituale. Ogni censimento della popolazione determina la popolazione straniera a cui viene sommato il movimento anagrafico degli stranieri dei periodi successivi, calcolato con riferimento alla fine di ciascun anno solare. In questo modo si calcola la popolazione residente in ciascun Comune al 31 dicembre di ogni anno o al 1° gennaio dell’anno successivo.

parole chiave

in pillole

Il quadro demografico italiano e lo stato di salute degli immigrati

Obiettivi del modulo:illustrare l’andamento del flusso dei cittadini provenienti da Paesi stranieri; commentare i

dati più recenti relativi agli stranieri in Italia e alla ripartizione geografica e per sesso; descrivere lo stato di salute degli stranieri in Italia e le principali

cause di mortalità negli adulti e in età infantile.

Immigrati

Nati stranieri

Saldo migratorio

Tasso migratorio estero e interno

Fenomeno del migrante sano

ÂÂ Gli stranieri residenti in Italia al 01/01/2013 registrano un incremento dell’8,2% rispetto all’anno precedente e sono complessivamente 4.387.721.

ÂÂ La percentuale di cittadini stranieri sul totale dei residenti (italiani e stranieri) è anch’essa in aumento: è infatti salita dal 6,8% del 01/01/2012 al 7,4% del 01/01/2013.

ÂÂ I nati stranieri nel 2012 rappresentano il 15% dei nati da residenti in Italia e rispetto all’anno precedente l’incremento delle nascite di bimbi stranieri ha registrato un leggero calo (1% rispetto all’1,3% relativo al confronto tra 2011 e 2010).

ÂÂ L’86% degli stranieri risiede nel Nord e nel Centro del Paese e il restante 14% nel Mezzogiorno.

ÂÂ In generale la maggior parte degli immigrati in Italia gode di un buono stato di salute; tale realtà rispecchia il fenomeno del “migrante sano”.

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modulo 1Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

Popolazione straniera residente in Italia

L’ultimo rapporto ISTAT indica che gli stranie-ri residenti in Italia al 1° gennaio 2013 sono 4.387.721, con un incremento di 334.000 unità – pari a un aumento dell’8,2% – rispetto agli stranieri residenti conteggiati nell’anno prece-dente (Figura 1).La determinazione della popolazione straniera residente è stata ottenuta sommando alla po-polazione censita il 9 ottobre 2011 il movimento anagrafico del periodo 9 ottobre-31 dicembre 2011 e successivamente quello dell’anno 2012. La quota di cittadini stranieri rispetto al numero complessivo dei residenti (cioè la somma di italiani e stranieri) ha dunque registrato un nuo-vo incremento, essendo passata dal 6,8% del 1° gennaio 2012 al 7,4% del 1° gennaio 2013. Il numero degli stranieri residenti nel corso del 2012 è aumentato soprattutto per effetto dell’im-migrazione dall’estero (321.000 individui), in parte minore per le nascite di bambini stranieri (circa 80.000). A quest’ultimo riguardo va precisato che i nati stranieri nel 2012 rappresentano il 15% del totale dei nati da residenti in Italia. Nel 2011 l’incremento delle nascite di bambini stranieri è inoltre risultato dell’1%, leggermente inferiore a quello riscontrato per il 2011 rispetto al 2010 (+1,3%).

Distribuzione sul territorio e composizione in rapporto al sesso

La distribuzione degli stranieri residenti sul ter-ritorio italiano non è uniforme (Figura 2). L’86% degli stranieri risiede infatti nelle regioni del Nord

(35,2% nel Nord-ovest, 26,6% nel Nord-est) e del Centro (24,2%), mentre il restante 14% in quelle meridionali. Va tuttavia sottolineato che l’incremento maggiore nel corso del 2012 si è registrato nel Sud (+12%) e nelle Isole (+10,9%). Il tasso migratorio con l’estero nell’ultimo decennio si è mantenuto fortemente positivo in tutte le re-gioni d’Italia (+1126,2 per mille a livello nazionale e per l’intero periodo): i valori più elevati, superiori al valore nazionale, sono stati rilevati in Calabria (dove ogni mille stranieri mediamente residenti, tra il 2002 e il 2011 se ne sono aggiunti per saldo migratorio con l’estero quasi 1550), Basilicata, Campania, Molise, Abruzzo, Puglia, Sardegna e Sicilia. La dinamica migratoria interna ha visto come mete privilegiate le regioni del Nord: Valle d’Aosta, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna hanno registrato valori del tasso positivi, così come alcune regioni del Centro (Marche e Toscana) e del Sud (Abruz-zo). Le restanti regioni hanno invece mostrato valori negativi.In relazione alla ripartizione per sesso, nella popolazione straniera le donne costituiscono il 53,1% del totale. La composizione per genere è tuttavia estremamente variabile a seconda della cittadinanza, del progetto migratorio di breve-media durata (in particolare in alcuni gruppi, come le badanti provenienti da alcuni Paesi dell’Europa dell’Est) e dello stadio del percorso migratorio a cui la collettività è giunta: le collettività di immigrazione più recente, infatti, tendono a presentare un rapporto tra i sessi meno equilibrato, mentre i ricongiungimenti familiari di solito nelle collettività di immigrazio-ne più “antica” condizionano un rapporto più bilanciato. La Tabella 2 riporta la ripartizione sul territorio nazionale degli stranieri suddivisi in base al sesso.

Andamento demografico complessivo

Gli iscritti dall’estero sono la componente prin-cipale dell’incremento degli stranieri residenti in Italia: nel 2012 sono stati 321.305, con una riduzione del 9,3% rispetto all’anno precedente (354.323). È da rilevare che nel 2012 38.218 cittadini stranieri, il 17,9% in più rispetto al 2011, si sono cancellati dalle anagrafi in quanto ritornati in patria o trasferiti in altro stato estero (Tabella 3). Tale incremento, presumibilmente legato alla crisi economica, è probabilmente sottostimato rispetto alla realtà effettiva per la mancata ottem-peranza all’obbligo di cancellazione all’anagrafe. Sempre nel 2012 le cancellazioni per irreperibilità degli stranieri, effettuate d’ufficio dai Comuni, e quelle per mancato rinnovo di dichiarazione della dimora abituale a seguito della scadenza del permesso di soggiorno sono state com-plessivamente 54.518, mentre le iscrizioni per ricomparsa di cittadini stranieri già cancellati per irreperibilità sono state 31.397. Si può poi pre-sumere che i dati di immigrazione dall’estero del 2012 siano stati influenzati positivamente dagli effetti dell’introduzione del Decreto Interministe-riale del 29 agosto 2012, a seguito del D.Lgs. 16 luglio 2012, n. 109, in attuazione della direttiva 2009/52/CE che aveva introdotto norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. L’impatto effettivo sui dati anagrafici della sanatoria per l’emersione dei lavoratori stranieri irregolari è stato tuttavia limitato dal fatto che essa è stata attivata soltanto nella parte conclusiva dell’anno.Una seconda componente dell’incremento nel 2012 dalla popolazione straniera è legata ai 79.894 nati da genitori stranieri residenti in Italia,

0

1000

2000

3000

4000

5000

1° gen 20131° gen 20129 ott 2011

Maschi

2148

1882

2161

1892

2328

2060

Femmine

Figura 1 Andamento degli stranieri residenti in Italia nel periodo 2011-2013.Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013.

Fino a 2,93,0 - 6,97,0 - 11,912,0 e oltre

Figura 2 Densità di residenti stranieri sul territorio nazionale (ogni cento residenti). Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013.

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modulo 1Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

che costituiscono il 15% del totale dei nati resi-denti e sono rimasti pressoché stabili rispetto al numero dei nati stranieri registrato nel 2011 (+1%; Figura 3). Come già accennato l’incremento è stato inferiore a quello registrato tra il 2011 e il 2010 (+1,3%). I nati di cittadinanza italiana, cioè nati da almeno un genitore Italiano, invece, risultano in diminuzione ormai da quattro anni. In conclusione, l’incremento della popolazione straniera registrato nel 2012 è stato determinato dalla positività del saldo naturale (+74.340 unità), del saldo migratorio estero (+283.087) e del saldo per rettifiche post-censuarie (+72.164). La Figura 4 mostra la variazione percentuale nel 2013 rispetto all’anno precedente dei residenti per Comune sull’intero territorio nazionale.

Stato di salute degli immigrati

Una descrizione approfondita delle patologie più frequenti negli immigrati sarà trattata nel modulo 5 del presente corso. In questo modulo sono perciò illustrate alcune considerazioni di carat-tere generale. Innanzitutto va premesso che il profilo di salute degli immigrati è condizionato da una molteplicità di fattori, tra i quali in particolare è opportuno menzionare:• la precedente esposizione a possibili fattori di

rischio, per esempio di carattere ambientale, culturale e microbico;

• la possibilità di accesso a servizi sanitari (dia-gnostici, terapeutici e preventivi) nel Paese di

origine o di immigrazione intermedia;• eventuali imprevisti, difficoltà e complicanze di

ordine fisico e/o psichico durante il percorso migratorio.

Una volta raggiunto il Paese ospite, per lo stato di salute dei migranti acquistano invece maggiore rilevanza le condizioni di vita, l’assetto economi-co, l’inserimento sociale, il contesto ambientale e l’accesso ai servizi socio-sanitari.In generale si può affermare che la maggior parte degli immigrati in Italia gode di un buono stato di salute, come dimostrato anche in circostanze di flussi di immigrazione eccezionali, come quello verificatosi nel 2011 a seguito della crisi del Mediterraneo. Tale realtà rispecchia il cosiddetto “effetto migrante sano”, vale a dire una forma di autoselezione nel Paese di origine per cui decide di affrontare il difficile percorso migratorio soltan-to chi si trova in adeguate condizioni psicofisiche. Non bisogna però trascurare che, una volta giunti in Italia, gli immigrati sono esposti al rischio di un progressivo deterioramento del proprio stato di salute a causa di numerosi fattori di rischio correlati a condizioni di vita non sempre ottimali. Anche l’eventuale timore dovuto a una condizio-ne di irregolarità, la scarsa conoscenza del diritto e delle modalità di accesso ai servizi sanitari e le barriere linguistiche possono configurarsi come fattori in grado di impedire ai migranti la fruizione di percorsi di prevenzione e di servizi di diagnosi precoce e terapia ambulatoriale e di indurli a rivolgersi ai pronto soccorso ospedalieri soltanto in condizioni di reale emergenza.

Tabella 2. Ripartizione per sesso e area geografica degli stranieri residenti in Italia

Ripartizioni geografiche

Stranieri residenti al 1° gennaio 2013

Maschi Femmine Totale Nei capoluoghi

Nord-ovest 737.768 804.985 1.542.753 543.711

Nord-est 553.391 615.743 1.169.134 387.908

Centro 490.113 570.786 1.060.899 465.633

Sud 195.462 244.453 439.915 104.707

Isole 83.019 92.001 175.020 68.804

Italia 2.059.753 2.327.968 4.387.721 1.570.763

Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013

Tabella 3. Movimento migratorio della popolazione straniera nel 2012

Ripartizioni geografiche

Per altro comune Per l’estero Per altri motivi Totale iscritti

Totale Comuni capoluogo

Totale Comuni capoluogo

Totale Comuni capoluogo

Totale Comuni capoluogo

Iscritti Nord-ovest 108.778 25.260 99.623 41.039 39.632 13.718 248.033 80.017

Nord-est 77.545 18.600 68.280 26.742 39.227 15.091 185.052 60.433

Centro 60.885 18.209 88.940 48.178 25.946 9177 175.771 75.564

Sud 25.616 5020 46.623 12.197 11.253 1732 83.492 18.949

Isole 9751 3108 17.839 7139 3584 907 31.174 11.154

Italia 282.575 70.197 321.305 135.295 119.642 40.625 723.522 246.117

Cancellati Nord-ovest 102.952 23.851 12.892 3018 28.680 14.000 144.524 40.869

Nord-est 75.849 17.344 13.053 3489 23.547 10.045 112.449 30.878

Centro 58.791 17.085 8391 2261 22.967 12.658 90.149 32.004

Sud 25.441 4597 2841 433 8806 1438 37.088 6468

Isole 9947 3052 1041 205 3159 1420 14.147 4677

Italia 272.980 65.929 38.218 9406 87.159 39.561 398.357 114.896

Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013

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modulo 1Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

È inoltre opportuno considerare che nel tempo la rilevanza dell’“effetto migrante sano” tenderà ad attenuarsi con la stabilizzazione del fenome-no migratorio e la progressiva integrazione dei migranti nel tessuto sociale locale. D’altra parte i nuovi immigrati avranno la possibilità di seguire percorsi già sperimentati da parenti o amici che si trovano in Italia e di affrontare quindi un tragitto più agevole e meno rischioso, che impone una minore autoselezione e può essere finalizzato non soltanto alla ricerca di lavoro, ma anche al ricongiungimento familiare. Per tale ragione è prevedibile che i nuovi arrivi saranno più etero-genei sotto il profilo demografico e dello stato di salute, mentre la prima generazione immigrata con il passare del tempo tende a stratificarsi demograficamente e a dare vita a nuove gene-razioni nel Paese ospite.Una fotografia dello stato di salute degli stranieri è fornita dal sistema di sorveglianza PASSI (Pro-gressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Ita-lia), che mediante interviste telefoniche raccoglie informazioni dagli stranieri d’età compresa tra 18 e 69 anni. Va tuttavia osservato che a questa metodologia operativa sfugge la quota di stranieri potenzialmente meno integrati: sono in grado di affrontare un’intervista telefonica, infatti, quelli che hanno maggiore padronanza della lingua. Dalle interviste effettuate nel periodo 2008-2011 si evince che gli intervistati (Tabella 4): • hanno una percezione migliore del proprio

stato di salute rispetto agli italiani;• riferiscono meno sintomi depressivi;• non presentano differenze significative rispetto

agli Italiani per quanto riguarda l’abitudine al fumo, il consumo di alcool a maggior rischio e l’inattività fisica;

• mostrano una prevalenza significativamente inferiore di sovrappeso e obesità;

Tabella 4. Principali rilievi emersi da Italiani e stranieri nel pool PASSI 2008-11

Pool di Asl PASSI – 2008-11 Italiani, % (IC al 95%)

Stranieri, % (IC al 95%)

Benessere Stato di salute percepito positivamente 67,1 (66,8-67,4) 76,6 (75,2-77,9)

Sintomi di depressione 6,9 (6,7-7,1) 5,5 (4,9-6,3)

Guadagnare salute

Sedentarietà 30,0 (29,7-30,4) 31,3 (29,9-32,8)

Obesità 10,57 (10,4-10,8) 8,35 (7,5-9,2)

Sovrappeso 31,54 (31,2-31,9) 29,0 (27,6-30,5)

Consumo di alcool a maggior rischio 17,1 (16,7-17,4) 16,3 (14,8-17,9)

Fumo 28,8 (28,5-29,1) 30,2 (28,8-31,6)

Programmi di prevenzione individuale

Test di screening per neoplasia cervicale (in donne 25-64enni, eseguito negli ultimi 3 anni)

75,7 (75,2-76,1) 68,1 (66,0-70,2)

Mammografia (in donne 50-69enni, eseguita negli ultimi 2 anni)

70,0 (69,3-70,7) 58,5 (53,2-63,6)

Ricerca del sangue occulto nelle feci (in persone 50-69enni, eseguita negli ultimi 2 anni)

27,8 (27,4-28,2) 20,7 (17,5-24,3)

Sicurezza Guida sotto l’effetto dell’alcool 10,4 (10,2-10,7) 6,8 (5,7-8,1)

Utilizzo del casco 94,3 (93,9-94,6) 93,8 (91,5-95,6)

Utilizzo della cintura anteriore 82,9 (82,6-83,1) 90,7 (89,7-91,6)

Utilizzo della cintura posteriore 18,7 (18,5-19,0) 30,2 (28,6-31,7)

Consape-volezza del rischio di:

Infortunio domestico 6,9 (6,7-7,1) 6,2 (5,5-7,0)

Infortunio sul lavoro 26,3 (25,7-26,8) 32,3 (29,8-34,8)

Malattia dovuta al lavoro 19,7 (19,2-20,3) 21,4 (19,3-23,6)

Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013

20122011201020092008200720062005200420030

100

200

300

400

500

600

80797877726458524934

454

Italiani

Stranieri

468484492504500502502514510

Figura 3 Nati stranieri e nati italiani a confronto.Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013.

Minore di 5,05,0 - 6,910,0 - 49,950,0 e oltre

Figura 4 Variazione percentuale nel 2013 rispetto al 2012 dei residenti per Comune. Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013.

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modulo 1Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

• manifestano un’adesione inferiore a quella degli Italiani ai programmi di screening;

• sembrano più attenti degli italiani alla sicurezza stradale;

• hanno una bassa percezione del rischio di incidenti domestici e malattie professionali ma una maggiore consapevolezza del rischio di infortunio sul lavoro.

Ulteriori informazioni sullo stato di salute dei mi-granti sono state raccolte nell’intervallo 2008-11 nel contesto dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO). Tale indagine ha esaminato 9107 individui di età compresa tra 35 e 79 anni, di cui 459 migranti (195 uomini e 264 donne). La popolazione di migranti (172 nati in Paesi dell’Europa dell’Est, 110 in altri Paesi europei, 74 in Paesi dell’Africa, 60 in Paesi del Sud America, 31 in Paesi dell’A-sia, 12 in Australia, Usa e Canada) è risultata mediamente più giovane, con prevalenze supe-riore di fumatori in entrambi i sessi e inferiore di obesità, anche a fronte di una minore inattività fisica lavorativa rispetto al campione italiano. La Tabella 5 riporta alcuni parametri acquisiti da migranti valutati e dalla popolazione italiana di confronto. Anche le prescrizioni di farmaci pos-sono fornire indicazioni utili a delineare il profilo di salute e a stabilire l’accesso alle prestazioni sanitarie nei migranti. Questo aspetto sarà opportunamente approfondito nel modulo 5.

Mortalità

Nell’intervallo temporale 1992-09 i decessi negli stranieri hanno superato le 66.000 unità, con un incremento percentuale medio annuo dell’8,1% per i residenti e del 3,9% per i non residenti. Tale incremento è ancora più marcato per i decessi dei cittadini provenienti da Paesi a forte pres-sione migratoria (PFPM, +12,2% nei residenti, +7,9% nei non residenti). Nel 2009 i decessi di cittadini stranieri in Italia sono stati 5496, di cui 3457 residenti e 2039 non residenti. La quota di cittadini dei PFPM rappresenta la maggioranza: 4183 stranieri con cittadinanza dei PFPM di cui 2777 residenti e 1406 non residenti. Relativamente alle cause di morte negli stranieri con cittadinanza dei Paesi a sviluppo avanzato (PSA) le cause esterne e i tumori si collocano al primo posto nella fascia d’età 18-64 anni, seguiti dalle malattie cardiocircolatorie, che colpiscono significativamente gli uomini. Anche per i PFPM le cause di morte più frequenti sono tumori, fatti violenti e malattie cardiocircolatorie, con livelli dei tassi standardizzati più elevati e maggiore rap-presentazione del sesso maschile (Tabella 6).

Mortalità neonatale e infantile

La mortalità neonatale (0-29 giorni) rappresenta un indicatore indiretto della salute materna e degli stili di vita in epoca prenatale e neonatale, mentre nella fascia 2-12 mesi essa è condizionata da

un’alimentazione inadeguata del bambino, da carenti condizioni igienico-sanitarie o da uno scorretto comportamento da parte delle madri. Anche le cause di morte in questi due periodi, neonatale e post-neonatale, sono molteplici e strettamente legate a fattori “endogeni” (patolo-gie della gravidanza, asfissia del neonato, sin-drome di aspirazione neonatale, malformazioni congenite) nel primo caso ed “esogeni” (infezioni, malattie respiratorie) nel secondo. I decessi nel primo anno di vita dei bambini stranieri, per la maggior parte appartenenti ai PFPM, si con-centrano nel primo mese di vita. Il numero dei decessi di bambini stranieri aumenta nel tempo a partire dall’anno 2000, con una lieve flessione tra il 2005 e il 2007, e una tendenza all’aumento nel 2008 e 2009, mentre il numero dei decessi dei bambini italiani si riduce in tutto il periodo 2000-09.La distribuzione territoriale dei decessi evidenzia alcune importanti disparità che rispecchiano le difficoltà che devono affrontare le popolazioni immigrate coinvolte nel processo di integrazione nel Paese ospitante. Le aree di cittadinanza più penalizzate sono quelle appartenenti al gruppo dei PFPM, in particolare le aree africane e asia-tiche. L’analisi della mortalità infantile e neonatale degli stranieri per regione di residenza, inoltre, mostra uno svantaggio maggiore nel Sud e nelle Isole, a ulteriore conferma della difficoltà di insediamento delle famiglie immigrate e a riprova dello scenario che vede gli stessi italiani ivi residenti ancora penalizzati in relazione alla mortalità infantile e neonatale.

Tabella 5. Rilievi di alcuni parametri di interesse in ambito cardiovascolare

Uomini italiani Uomini migranti Donne italiane Donne migranti

Media DS Media DS Media DS Media DS

Età (anni) 57 13 49 11 57 12 50 10

Pressione arteriosa sistolica (mmHg) 134 18 129 17 129 20 123 17

Pressione arteriosa diastolica (mmHg) 84 10 85 10 79 10 79 9

Colesterolo totale (mg/dl) 209 44 213 42 218 44 215 44

Colesterolo HDL (mg/dl) 51 13 50 12 62 15 64 16

Glicemia (mg/dl) 103 25 97 18 95 23 93 22

LDL (mg/dl) 131 38 132 37 134 38 130 38

Indice di massa corporea (kg/m2) 28 4 27 4 27 6 26 5

Circonferenza vita (cm) 97 12 96 11 88 13 86 12

Numero di sigarette (solo per fumatori) 16 9 15 8 12 8 11 6

Anni di studio 11 5 12 4 10 5 12 4

Modificata da La popolazione residente in Italia - bilancio demografico. ISTAT, 26 luglio 2013

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modulo 1Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

Tabella 6. Tasso standardizzato (per 10.000) di mortalità e rischi relativi per gli stranieri residenti in Italia e per gli italiani nella fascia d’età 18-64 anni nel 2009 per sesso, principali gruppi di cause e area di cittadinanza

Aree di cittadinanza

Cause di decesso* Tassi standard (18-64 anni)** Rischi relativi: tassi stranieri/tassi italiani

Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale

Paesi a sviluppo avanzato

Malattie infettive 0,17 0,00 0,07 0,3 0,0 0,2

Tumori 3,04 2,83 2,91 0,3 0,4 0,4

Malattie del sistema circolatorio 2,04 0,68 1,25 0,4 0,4 0,4

Malattie del sistema respiratorio 0,26 0,12 0,18 0,4 0,4 0,4

Cause esterne di morbosità e mortalità 2,18 0,25 1,13 0,6 0,3 0,5

Altre malattie 1,02 0,71 0,85 0,3 0,4 0,3

Tasso standard totale 8,71 4,60 6,39 0,4 0,4 0,4

Paesi a forte pressione migratoria

Malattie infettive e parassitarie 0,56 0,24 0,36 0,9 1,0 0,9

Tumori 4,00 2,72 3,21 0,5 0,4 0,4

Malattie del sistema circolatorio 3,73 0,80 1,98 0,8 0,5 0,6

Malattie del sistema respiratorio 0,35 0,15 0,24 0,6 0,5 0,5

Cause esterne di morbosità e mortalità 3,86 0,88 2,26 1,1 1,0 1,0

Altre malattie 1,98 0,88 1,36 0,5 0,5 0,5

Tasso standard totale 14,48 5,67 9,43 0,7 0,5 0,6

Paesi di nuova adesione UE

Malattie infettive e parassitarie 0,25 0,18 0,20 0,4 0,8 0,5

Tumori 3,46 3,25 3,36 0,4 0,5 0,4

Malattie del sistema circolatorio 4,13 0,59 1,55 0,9 0,4 0,5

Malattie del sistema respiratorio 0,31 0,02 0,13 0,5 0,1 0,3

Cause esterne di morbosità e mortalità 4,12 0,69 1,98 1,2 0,8 0,9

Altre malattie 2,69 0,89 1,41 0,7 0,4 0,5

Tasso standard totale 14,96 5,62 8,63 0,7 0,5 0,5

Italiani Malattie infettive e parassitarie 0,62 0,24 0,43 1,0 1,0 1,0

Tumori 8,82 6,86 7,81 1,0 1,0 1,0

Malattie del sistema circolatorio 4,66 1,57 3,09 1,0 1,0 1,0

Malattie del sistema respiratorio 0,58 0,29 0,44 1,0 1,0 1,0

Cause esterne di morbosità e mortalità 3,50 0,84 2,18 1,0 1,0 1,0

Altre malattie 3,64 1,87 2,75 1,0 1,0 1,0

Tasso standard totale 21,83 11,67 16,69 1,0 1,0 1,0

Elaborazioni di dati ISTAT (Indagine su Decessi e Cause di Morte) ed elaborazioni prodotte da Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ex Istituto Affari Sociali) e ISTAT di dati di fonte anagrafica e stato civile, anno 2012* I gruppi di cause di morte sono riferiti alla decima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie ICD 10: malattie infettive e parassitarie (A00-B99), tumori (C00-D48), malattie del sistema circolatorio (I00-I99), malattie del sistema respiratorio (J00-J99), cause esterne di morbosità e mortalità (Y01-Y98), altre malattie (D50-H95, K00-K93, L00-Q99, R00-R99). **Popolazione standard utilizzata: popolazione mondiale.

PER APPROFONDIRE

• Donfrancesco C, Palmieri L, Vanuzzo D, et al.

The CUORE Project: preliminary analysis for the

updating of the cardiovascular risk charts

and individual scores. G Ital Cardiol 2010;11

(5 Suppl 3):20S-24S.

• ISTAT. Statistiche report. La popolazione straniera

residente in Italia. 2011.

• ISTAT. Demografia in cifre, anno 2012.

• ISTAT. Noi Italia – 100 statistiche per capire il paese in

cui viviamo. 2013.

• Marceca M. La salute degli stranieri tra fatti,

contraddizioni e cambiamenti. XIII Rapporto sulle

migrazioni 2007. Roma, Franco Angeli, 2008:145-63.

• Morrone A. La salute e le malattie degli immigrati.

Aree critiche e spazi di ambiguità. Roma, Istituto

Scientifico San Gallicano, IRCCS.

• www.cestim.it

• www.cuore.iss.it

• www.epicentro.iss.it

• www.osservasalute.it

• www.simmweb.it

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 2

Innanzitutto va premesso che sono definiti re-golari i migranti che seguono canali legali di ingresso e permanenza in Italia. Tra questi rien-trano i rifugiati e i richiedenti asilo. In base alla Convenzione delle Nazioni Unite sullo status dei rifugiati del 1951 e al Protocollo di New York del 1967 un rifugiato è un individuo che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppu-re che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”. In Italia per richiedere il riconoscimento dello status di rifugiato è necessario presentare una domanda motivata con l’indicazione delle perse-cuzioni subite e delle possibili ritorsioni in caso di rientro nel proprio Paese. Un richiedente asilo è invece una persona che chiede a un Paese lo status di rifugiato ed è in attesa della decisione in merito alla domanda presentata. Sulla base della definizione dell’Organizzazio-ne Internazionale delle Migrazioni (OIM) sono irregolari i migranti che non hanno uno status legale nel Paese che li ospita o in cui sono di passaggio. In Italia il Ministero dell’Interno opera una distinzione tra stranieri “irregolari” e “clande-stini”: i primi hanno perduto i requisiti necessari per la permanenza sul territorio nazionale, per esempio a seguito della scadenza e del mancato rinnovo del permesso di soggiorno, di cui erano però in possesso all’ingresso in Italia, i secondi sono invece entrati in Italia senza regolare visto di ingresso. I nomadi sono invece gruppi etnici privi di un insediamento stabile, in quanto si spostano pe-riodicamente sulla base della forma di economia che li caratterizza oppure per ragioni di tradizione storica e culturale. Il Ministero dell’Interno italiano considera “comunità sprovviste di territorio” gli zingari (rom, sinti e caminanti) non insediati su un territorio delimitato. Essi sono largamente incrociati con le popolazioni dei diversi Paesi d’adozione (Europa danubiana e meridionale, Egitto e Africa settentrionale) ma sono risalenti a un ceppo indiano (India nord-occidentale) di cui conservano tracce evidenti nei caratteri somatici.

Gli zingari presenti in Italia appartengono a tre gruppi: i rom, più diffusi al Centro e al Sud, i sinti, che vivono soprattutto al Nord Italia, e i caminanti presenti in Sicilia. L’etnonimo “rom” nella lingua romanes significa “uomo”, termine che li differen-zia dai non zingari, nel loro idioma detti “gagè”. Altri gruppi, quali i bovara (da “lob” – cavallo in ungherese e “love” – denaro in romanes) e i kalderasha (calderai), traggono origine dall’atti-vità economica tradizionale. Il nomadismo, pur costituendo un aspetto fondante dell’identità dei rom/sinti, non rappresenta più una caratteristica peculiare di tali popolazioni, che hanno assunto da tempo carattere di sedentarietà. Un secondo criterio classificativo fa riferimento al tempo di permanenza, che può essere di lunga o breve durata. L’OIM definisce migrante a lungo termine una persona che si trasferisce in un Paese diverso da quello di residenza per un periodo di almeno un anno, cosicché il Paese di destinazione diventa quello di residenza effettiva. È invece migrante a breve termine una persona che si trasferisce in un Paese diverso da quello di residenza per un periodo di almeno tre mesi ma inferiore a un anno, a esclusione di motivi di svago, vacanza, visita ad amici o parenti, affari o terapie mediche: in questo caso si impiega di solito il termine visitatori, che comprende anche i migranti stagionali, quelle persone cioè che si spostano per motivi di lavoro, essendo la loro attività professionale subordinata a condizioni o esigenze stagionali (ad es., turismo o agricoltura).

Breve panoramica storica degli ultimi 15 anni: le tappe salienti delle normative sull’immigrazione in Italia

Nel 1995, con il superamento delle 700.000 unità di immigrati, ebbe luogo in Italia una svolta epocale nella politica di assistenza agli stranieri: un convegno organizzato a Roma nel mese di gennaio dalla Caritas, dal titolo “Immigrazione e salute: una politica dell’oblio”, aveva infatti richia-mato l’attenzione sulla necessità di una politica sanitaria adeguata alla realtà immigratoria e so-ciale, gettando le basi per una proposta di legge che portò nel novembre alla promulgazione all’interno di un decreto legge sull’immigrazione, il decreto Dini, di quelle norme che finalmente garantivano l’assistenza sanitaria anche ai clan-

parole chiave

in pillole

La legislazione italiana sull’accesso all’assistenza sanitaria da parte degli immigrati regolari e irregolari

Obiettivi del modulo: commentare i principali articoli che sanciscono

il diritto alla salute degli immigrati e le modalità di accesso al Servizio Sanitario Nazionale; spiegare

ruolo e operatività dei Centri di accoglienza, dei Centri di accoglienza per richiedenti asilo e dei

Centri di espulsione.

Immigrati regolari

Immigrati irregolari

Rifugiati

Richiedenti asilo

Clandestini

Migrante a breve e lungo termine

Migranti stagionali

Visitatori

Nomadi

Centri di immigrazione

ÂÂ I criteri classificativi dei migranti sono principalmente due: il primo fa riferimento al loro status legale, il secondo alla durata della permanenza nel Paese ospite.

ÂÂ La prima tappa importante della storia normativa recente risale al 1995, quando l’aumento esponenziale degli immigrati portò all’emanazione del decreto Dini, che garantiva l’assistenza sanitaria anche ai clandestini. La legge Bossi-Fini del 2002 e il Pacchetto sicurezza del 2009 hanno segnato altre tappe determinanti.

ÂÂ A fine 2012 è stato definito un accordo per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome italiane.

ÂÂ Sono tre le tipologie di centri per l’immigrazione in Italia: i Centri di accoglienza, i Centri di accoglienza per richiedenti asilo e i Centri di identificazione ed espulsione.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 2

destini. Tale decreto conteneva peraltro una parte molto restrittiva sulle espulsioni e sui ricon-giungimenti familiari e una parte più possibilista sull’assistenza sanitaria e sulla regolarizzazione. Alla fine, però, non essendo stato il decreto convertito in legge in tempo utile e avendo una sentenza della Corte costituzionale ritenuto non più proponibili i decreti non approvati, vennero fatti salvi soltanto gli effetti della regolarizzazione, che interessò oltre 200.000 persone. Nella legislatura successiva dell’on. Prodi, nel marzo 1998, diventò legge la proposta “Napoli-tano-Turco”, strutturata su tre elementi principali: 1. il contrasto e la repressione dell’immigrazione

clandestina e dello sfruttamento dei flussi; 2. la tutela della salute degli immigrati nelle

politiche locali e la programmazione triennale attraverso il sistema delle quote, sganciate dall’indisponibilità della manodopera locale, e perseguibile attraverso vari canali;

3. la promozione di percorsi realistici di integra-zione per gli stranieri in posizione regolare.

Con la regolarizzazione di altri 250.000 immigrati si giunse a 1.250.000 presenze a fine 1998 e a 1.388.153 (quasi 1.700.000 con l’inclusione dei permessi non ancora registrati) a fine 2000. Nel 2001 ebbe inizio inizia una fase di ripensa-mento, con un nuovo orientamento restrittivo concretizzatosi nella legge n. 189/2002 (Bossi-Fini) e caratterizzato da diversi criteri di rigidità tra cui il collegamento tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, l’inasprimento del requisito per la concessione della carta di soggiorno, l’insufficiente potenziamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e in particolare l’abolizione della venuta per la ricerca del posto di lavoro sotto prestazione di garanzia, la san-zione dell’espulsione applicata senza adeguate garanzie di tutela e il prolungamento del tratte-nimento nei centri di permanenza temporanea da 30 a 60 giorni. Nella legislazione successiva il Governo ha proposto alcune norme restrittive denominate Pacchetto sicurezza, approvato nel luglio 2009 dal Senato Italiano (disegno di legge 773-B), concludendo l’iter dell’ultimo dei provve-dimenti in materia di sicurezza pubblica varati dal Governo nella seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008.

L’accesso degli stranieri ai servizi sanitari: aspetti giuridici essenziali

La tutela della salute in Italia è sancita dall’ar-ticolo 32 della Costituzione che considera la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e non la vincola pertanto alla cittadinanza italiana o allo status (regolare o irregolare) di residenza. Da questo

principio scaturisce la legislazione attualmente in vigore, che sancisce il diritto di qualunque cittadino straniero in Italia di usufruire dei servizi sanitari pubblici a prescindere dalla sua situa-zione amministrativo-giudiziaria (Titolo V della legge 40 del 1998 attuata con norme nazionali, regionali e locali).L’assistenza sanitaria al cittadino straniero in Italia è regolata da alcune norme nazionali e condi-zionata da politiche locali. Il testo di riferimento giuridico sull’immigrazione è il Decreto Legislativo n. 286 del 1998 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” che, con il relativo Regolamento d’attuazione (D.P.R. n. 394/1999), per la prima volta propone un corpo giuridico moderno mirato a garantire il diritto di inclusione ordinaria degli stranieri nel sistema di tutela della salute di tutti i cittadini. L’articolo 34 affronta il tema dell’assistenza agli stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale e quindi regolarmente soggiornanti in Italia. L’articolo 35 dal titolo “Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale” affronta il tema di tutela sanitaria “a salvaguardia della salute individuale e collettiva” anche nei confronti di coloro “non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno”, i cosiddetti irregolari e/o clandestini. L’articolo 36, dal titolo “Ingresso e soggiorno per cure mediche”, definisce invece le condizioni necessarie perché un cittadino stra-niero possa venire in Italia per sottoporsi a cure mediche e chirurgiche. Disposizioni sanitarie e dettagli operativi sono contemplati anche negli articoli 42, 43 e 44 del Regolamento d’attuazione (il D.P.R. n. 394 del 31 agosto 1999) e ulteriori chiarimenti al riguardo sono stati inoltre forniti dal Ministero della Sanità con la Circolare del 24 marzo 2000, n. 5 (Indicazioni applicative del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” - Disposizioni in materia di assistenza sanitaria, Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1.6.2000 – Serie generale). Alcune modifiche sono state introdotte con il D.P.R. 334/2004, che stabilisce per esempio che l’iscrizione non decade nella fase di rinnovo del permesso di soggiorno.L’obiettivo dichiarato di questa impostazione politico-normativa è quello di includere a pieno titolo gli immigrati in condizione di regolarità giuridica nel sistema di diritti e doveri per quanto riguarda l’assistenza sanitaria a parità di condi-zioni e opportunità con il cittadino italiano: sono stati così rimossi requisiti che nel passato erano limitativi, quali per esempio la residenza, il limite temporale, le aliquote diversificate per l’iscrizio-ne al Servizio Sanitario, e sono stati introdotti principi di equità (obbligatorietà estesa all’iscri-zione al di là del perfezionamento formale delle

pratiche, esenzione per situazioni di maggior disagio come richiedenti asilo, detenuti e così via). Il diritto all’assistenza è stato inoltre esteso anche a coloro presenti in Italia in condizione di irregolarità giuridica e clandestinità, garantendo loro oltre alle cure urgenti anche quelle essen-ziali, continuative e i programmi di medicina preventiva. Per non ostacolare l’accesso alle cure, è stata vietata la segnalazione all’autorità di polizia da parte delle strutture sanitarie della presenza di immigrati clandestini che richiedono aiuto medico.Il Testo Unico ha dunque rappresentato un momento di svolta, perché ha influenzato diret-tamente i successivi Piani sanitari nazionali e ha dato un impulso significativo anche alle politiche regionali e locali che, nella realtà quotidiana, sono di fatto protagoniste della reale offerta sa-nitaria ai migranti. La legge 94/2009 ha introdotto il reato di ingresso e soggiorno irregolare con successivo obbligo di denuncia per pubblici uf-ficiali e incaricati al pubblico servizio. Per quanto riguarda la sanità, tuttavia, l’obbligo di denuncia è in netto contrasto con il comma 5 dell’Art 35 del Testo Unico in cui si ribadisce il divieto di segnalazione alle autorità sullo straniero non in regola con le norme sul soggiorno. Per dirimere questa contraddizione il Ministero dell’Interno, il 27 novembre 2009, ha emanato la circolare (nu-mero 12) per ribadire la permanenza del divieto di segnalazione verso gli stranieri irregolari che si rechino presso le strutture sanitarie (salvo il caso in cui il personale stesso sia tenuto all’obbligo del referto, ai sensi dell’art. 365 del codice penale, a parità di condizioni con il cittadino italiano). Il 20 dicembre 2012, la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha definito un Ac-cordo sul documento “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome italiane”. Il Ministe-ro della Salute ha riassunto in un decalogo diretto agli operatori sanitari le regole per l’assistenza sanitaria agli immigrati.

I centri di immigrazione 

Attualmente esistono tre tipologie di Centri dell’immigrazione in Italia. I Centri di accoglienza (CDA) (L.563/95) hanno lo scopo di fornire un primo soccorso ai migranti al momento della loro individuazione sul territorio nazionale e di accoglierli per il tempo necessario a stabilire la loro identità e la legittimità o meno della loro permanenza sul territorio nazionale. Una volta definita la procedura amministrativa da seguire, gli immigrati richiedenti asilo vengono ospitati in Centri di accoglienza per richiedenti asilo

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 2

Le 10 regole per l’assistenza sanitaria agli immigrati1 | Tutti gli stranieri non appartenenti all’Unione Europea presenti in Italia con regolare permesso di soggiorno per lavoro, motivi fami-liari, asilo politico, asilo umanitario, richiesta di asilo, attesa adozione, affidamento e acquisto della cittadinanza hanno l’obbligo di iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale. Con l’obbligatorietà si è in effetti voluto facilitare la tutela della salute degli stranieri, che è anche a garanzia della salute di tutti.

2 | Con l’iscrizione si acquisiscono gli stessi diritti e doveri di assistenza riconosciuti agli italiani. Ciò rende tutto più facile: quello che è previsto per i cittadini italiani (medicina preventiva, medicina generale, visite ed esami specialistici, ricoveri, assistenza farma-ceutica, esenzione ticket ecc.) vale anche per gli stranieri immigrati iscritti al Servizio Sanitario Nazionale.

3 | L’assistenza è garantita anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.

4 | L’iscrizione si effettua presso la ASL di residenza o di dimora (quella indicata sul permesso di soggiorno) e vale fino allo scadere del permesso. Per iscriversi sono sufficienti il permesso di soggiorno, il codice fiscale e il certificato di residenza (sostituibile, se lo straniero non è residente, con una sua dichiarazione scritta di dimora abituale). Se uno straniero che ne ha obbligo/diritto non ha ancora formalizzato la sua iscrizione, ciò non deve comportare in alcun modo l’impossibi-lità ad assisterlo: in questo caso, anzi, l’iscrizione sarà fatta d’ufficio. Per mantenere l’iscrizione allo scadere del permesso di soggiorno è sufficiente che lo straniero esibisca all’anagrafe sanitaria il cedolino della richiesta di rinnovo rilasciato dalla Questura.

5 | Gli stranieri studenti o collocati alla pari, e quelli con permesso di soggiorno per altri motivi, ad esempio per residenza elettiva o per motivi religiosi, hanno due possibilità: sottoscrivere una polizza assicurativa privata riconosciuta in Italia contro il rischio di malattie e infortunio e per la tutela della maternità oppure iscriversi volonta-riamente al Servizio Sanitario Nazionale pagando una quota fissa annuale variabile secondo la tipologia del permesso. Con l’iscrizione volontaria al Servizio Sanitario Nazionale possono essere assistiti anche eventuali figli a carico: ciò significa che questi bambini pos-sono avere il “pediatra di libera scelta”. Questa iscrizione ha validità annuale e va quindi rinnovata.

6 | Se gli stranieri hanno invece un permesso di soggiorno di breve durata, per esempio per affari o per turismo, devono avere un’assicurazione privata, o altrimenti pagare per intero tutte le cure e prestazioni eventualmente ricevute. Queste ultime categorie non possono quindi iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale.

7 | Anche agli stranieri irregolari (cioè privi di permesso di sog-giorno in corso di validità), sono comunque assicurati, nei presidi pubblici e privati accreditati, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio e gli interventi di medicina preventiva. In particolare sono garantiti la tutela della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi interna-zionale e quelli di profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive. L’erogazione di queste prestazioni è legata a una tessera/codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) rilasciabile dalle Aziende sanitarie. Queste disposizioni rispondono soprattutto a esigenze di sanità pubblica: la “clandestinità sanitaria” non conviene infatti a nessuno. Per cure essenziali si intendono “le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (compli-canze, cronicizzazioni o aggravamenti)”.

8 | In caso di stranieri indigenti, le prestazioni citate al punto 7) sono loro assicurate senza spese a loro carico, a eccezione dei casi in cui, anche per gli altri stranieri regolari e per gli italiani, sia previsto il pagamento del ticket. L’indigenza deve essere dichiarata compi-lando un modulo che è allegato alla Circolare ministeriale n. 5/2000.

9 | La legge vieta alle strutture sanitarie di segnalare alle autorità di polizia la presenza di irregolari (tranne nei casi in cui sia obbli-gatorio il referto anche per gli utenti italiani). Se ciò avvenisse, in breve tempo nessun clandestino si rivolgerebbe più alle strutture sanitarie: questo è proprio ciò che bisogna evitare. Non vi sarebbe infatti altra possibilità efficace di verificare le condizioni di salute dei soggetti comunque presenti sul territorio nazionale, a tutela della salute dell’intera collettività. Inoltre, compito precipuo degli operatori e dell’organizzazione sanitari è di aiutare chi sta male.

10 | Chi voglia venire in Italia per essere curato deve prima ottenere un visto di ingresso e un permesso di soggiorno per cure mediche. Per ottenerlo occorre che siano soddisfatti alcuni requisiti e adempimenti di natura giuridico-amministrativa (dichiarazione della struttura sanitaria prescelta, pubblica o privata accreditata, che indichi il tipo di cura e la sua presumibile durata), economica (versamento alla stessa struttura di un deposito cauzionale pari al 30% del costo complessivo presumibile delle prestazioni richieste) e sociale (documentazione comprovante disponibilità di vitto e alloggio fuori dalla struttura sanitaria e di rimpatrio per l’assistito e per l’eventuale accompagnatore).

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 2

(CARA; Figura 1) per il periodo necessario alla loro identificazione e all’esame della domanda d’asilo da parte della Commissione Territoriale (D.P.R. 303/2004 - D.Lgs. 28/1/2008 n°25). Sono invece trasferiti in Centri di identificazione ed espulsione (CIE, così denominati con de-creto legge 23 maggio 2008, n. 92 e previsti dall’art. 14 del Testo Unico sull’immigrazione 286/98, come modificato dall’art. 12 della legge 189/2002 D.L. 92/2008) gli immigrati irregolari. Queste sono strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all’espul-sione (Figura 2).I Centri di immigrazione sono pianificati dalla Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’Immi-grazione e l’Asilo e gestiti a cura delle Prefetture - Uffici Territoriali del Governo (UTG) mediante convenzioni con enti, associazioni o cooperative aggiudicatarie di appalti del servizio. Tra le pre-stazioni richieste sono comprese sia l’assistenza sanitaria sia la cura dell’igiene ambientale.

Aggiornamento

Il naufragio al largo di Lampedusa, avvenuto il 3 ottobre 2013, nel quale hanno perso la vita più di 300 migranti, ha riportato al centro delle cronache alcune criticità lasciate irrisolte nel corso degli ultimi decenni che puntualmente si ripropongono in termini di disagio sociale e

problemi di integrazione e ha riacceso il dibattito politico sull’immigrazione. La sera del 9 ottobre 2013, al termine della giornata che ha visto la presenza del presidente della Commissione Europea, Manuel Barroso, e del primo ministro del governo italiano, Enrico Letta, entrambi in visita a Lampedusa, il Governo italiano ha abro-gato il reato di clandestinità, previsto dalla legge Bossi-Fini. Ai morti in mare sono stati concessi gli onori dei funerali di stato, ma solo l’abolizione del reato di clandestinità ha evitato che i soprav-vissuti fossero incriminati. Molti ritengono che la completa abolizione della legge Bossi-Fini sia un primo passo doveroso ma probabilmente non sufficiente a prevenire nuove tragedie: la sera dell’11 ottobre un altro naufragio ha provocato la morte di 50 persone, che si sono aggiunte ai 250 mila migranti inghiottiti dal mare Medi-terraneo negli ultimi 20 anni. E il fenomeno non sembra volersi arrestare. Il Consiglio europeo, su proposta della Commissaria Cecilia Malmström, a seguito della tragedia, ha deciso di rafforzare il programma Frontex per sostenere la lotta alla criminalità e all’immigrazione clandestina. Attualmente [al momento della stampa di questo fascicolo, ndr] sono allo studio modifiche alla leg-ge Bossi-Fini: è stata messa a punto una bozza mirata a intervenire sui Centri di integrazione ed espulsione (CIE). Il testo parla di “drastica ridu-zione” del tempo massimo di permanenza dei migranti dopo l’allungamento deciso da Maroni che ha portato a un sovraffollamento delle strut-

ture e a un crescente malcontento degli ospiti. Un altro oggetto della discussione è il sistema di affidamento della gestione dei Centri, attuato con bandi al ribasso che portano a privilegiare in molti casi la proposta economicamente più vantag-giosa a scapito dell’offerta di servizi adeguati. La bozza prevede infine l’eliminazione della norma che impone il trasferimento degli ex detenuti nei CIE per l’identificazione, che potrebbe avvenire direttamente in carcere, evitando in questo modo un ulteriore intasamento delle strutture.

GORIZIA (Gradisca d’Isonzo)Posti 138

ANCONA (Arcevia)Posti 68

ROMACastelnuovo di Porto

Posti 650

TRAPANISalina Grande

Posti 260(CDA)

AGRIGENTO-LAMPEDUSACentro di primo soccorso

e accoglienza Posti 381

FOGGIA (Borgo Mezzanone)Posti 856

Brindisi (Restinco)Posti 128

BARI PalesePosti 744

CROTONE (Loc. S. Anna)Posti 875

(CDA) RAGUSA-POZZALLOCentro di primo soccorsoe accoglienzaPosti 172

CALTANISSETTA Contrada Pian del LagoPosti 96(CDA) CALTANISSETTA Contrada Pian del LagoPosti 360

(CDA)CAGLIARI-ELMASCentro di primo soccorsoe accoglienzaPosti 220

(CDA)LECCE-OTRANTOCentro di primissimaaccoglienza

Figura 1 Dislocazione territoriale dei Centri di accoglienza dei richiedenti asilo (CARA) e dei Centri di accoglienza (CDA).Fonte: Ministero dell’Interno.

GORIZIA(Gradisca d’Isonzo)Posti 248

TORINOC.so BrunelleschiPosti 180

MODENAPosti 60

MILANOVia CorelliPosti 132

BOLOGNA (Caserma Chiarini)Posti 95ROMA

Ponte GaleriaPosti 360

TRAPANISerraino Vulpitta

Posti 43

TRAPANILocalità Milo

Posti 204

Brindisi (Restinco)Posti 83

BARI PalesePosti 196

CROTONE (Loc. S. Anna)Posti 124

CATANZARO(Lamezia Terme)Posti 80

CALTANISSETTA Contrada Pian del LagoPosti 96

Figura 2 Dislocazione territoriale dei Centri di espulsione (CIE). Fonte: Ministero dell’Interno.

PER APPROFONDIRE

• www.epicentro.iss.it/argomenti/migranti/migranti.asp

• www.interno.gov.it

• www.ismu.org

• www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:leg

ge:1995;563

• www.simmweb.it

• www.unhcr.it/cms/attach/editor/Legge%20n.%20

189-2002.pdf

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 3

In una società, come quella attuale, dominata dalla prepotente intrusione dei mass media e dalla diffusione sempre più capillare di internet e di tutti i dispositivi tecnici per mantenere un’inte-razione con il mondo in tempo reale attraverso la connessione alla rete, parlare di comunicazione, intesa come modalità di acquisizione e scambio di informazioni, potrebbe sembrare un tema di secondaria importanza. Eppure, proprio nell’era della globalizzazione, anche nell’ambito medico si può rischiare di perdere la vera essenza dell’essere umano, basata sulla relazione diret-ta e su un rapporto fiduciario che a sua volta impone un rapporto di chiarezza ed empatia tra il medico/operatore, l’‘emittente’, e il paziente, il ‘ricevente’: l’offerta tecnologica, dunque, non può e non deve costituire un alibi per rinunciare alla fatica che comporta inevitabilmente l’atto di comunicare e cioè di ‘mettere in comune’ o meglio in compartecipazione gli elementi. Questo vale ancor di più se l’interlocutore è straniero e ha necessità di acquisire ogni genere di indicazione pratica: le barriere linguistiche, gli schemi comportamentali e il differente impiego del linguaggio non verbale, il timore di prendere fisicamente contatto con le istituzioni sanitarie, il forte legame a concezioni, valori e consuetudini profondamente diverse, la scarsa dimestichezza con i percorsi di cura e con i farmaci e il vissuto personale, insieme a eventuali contesti ambien-tali, occupazionali e di vita quotidiana, sono soltanto alcuni dei numerosi e variegati fattori in grado di condizionare in maniera significativa la relazione tra il medico e il cittadino straniero. Un cittadino i cui bisogni sanitari non si limitano peraltro alla cura di un sintomo o di una malattia ma si spingono, ancor più rispetto a quelli di un connazionale, verso l’educazione alla prevenzio-ne, al corretto stile di vita e alla conoscenza di criteri pratici utili a fronteggiare ogni evenienza, a partire per esempio dalla febbre, dal dolore e dalla tosse, e a impiegare i farmaci in maniera consapevole e sicura. Per questa ragione la comunicazione con il paziente migrante richie-de un impegno nettamente superiore: al di là delle oggettive difficoltà espressive, sono fon-damentali una raccolta il più possibile accurata delle informazioni anamnestiche e la massima chiarezza espositiva nel veicolare qualsivoglia messaggio. Non senza trascurare che, mentre in alcune culture, quale la nostra, è scontata

e doverosa l’indagine da parte del medico, in altre essa rischia di essere interpretata come un segno di impotenza. Il paziente nigeriano, per esempio, nella sua cultura di origine ritiene che il medico sia in grado di sapere e prevedere tutto: il sapiente non chiede perché non ne ha bisogno. Altre popolazioni sono caratterizzate da un limitato accesso ai servizi sanitari: in Etiopia raramente gli uomini consultano il medico, men-tre vanno da lui solo le donne, i bambini e l’uomo bianco. Eppure, una volta in Italia l’uomo etiope si adatta, ‘scende a compromessi’, e così molti uomini in giovane età superano questa barriera culturale, adattandosi alla nuova realtà.Il presente modulo richiamerà alcuni aspetti ge-nerali della comunicazione per entrare poi nello specifico delle difficoltà e delle strategie relative al rapporto con i cittadini migranti.

Significato intrinseco della comunicazione

Come accennato, il verbo comunicare condivide la stessa origine etimologica della parola ‘comu-ne’, derivante dall’associazione in latino di ‘cum’ (con) e ‘munus’ (ricchezza, prestazione), che implica il concetto di partecipazione e scambio intimamente connesso al diritto di ricevere qual-cosa in cambio. Letteralmente, quindi, comuni-care significa mettere in comune, e cioè, come anticipato nella presentazione, trovare un punto di incontro tra due o più individui che consenta il trasferimento di uno o più messaggi, a seconda del contesto. Perché ciò avvenga è naturalmente necessario che i protagonisti condividano un protocollo di comunicazione, ossia un linguag-gio. Nell’ambito clinico l’atto di comunicare si caratterizza per numerose finalità e implicazioni: il medico non può rinunciare a rendere partecipe il suo paziente (o, nel caso di un minore, i suoi tutori legali; Figura 1) di un percorso di diagnosi e/o terapia, non può esimersi dal rispondere a domande o richieste ed è al tempo stesso obbligato ad acquisire tutte le informazioni utili a ricostruire la storia remota e recente di un individuo. Qualcuno potrebbe obiettare che le tecnologie disponibili consentirebbero in ogni caso l’esercizio della professione medica: basti pensare, per esempio, al ruolo, diventato ormai irrinunciabile, della diagnostica per immagini, e

parole chiave

in pillole

Le basi della comunicazione assertiva per soddisfare i bisogni e le attese dei pazienti

Obiettivi del modulo: illustrare i fondamenti della comunicazione

medico-paziente evidenziandone le peculiarità; descrivere i paradigmi della comunicazione e il

concetto di comunicazione assertiva; identificare i principali ostacoli nella comunicazione del

medico con il paziente migrante.

Comunicazione

Comunicazione assertiva

Protocollo

Paradigma

Linguaggio

ÂÂ La comunicazione è un processo articolato che comporta il trasferimento di un messaggio da un soggetto emittente a uno ricevente attraverso un canale comune.

ÂÂ Le molteplici barriere linguistiche e culturali ostacolano la comunicazione del medico con il paziente immigrato, rendendo opportuno il ricorso a opportune strategie per facilitare la comprensione reciproca.

ÂÂ La comunicazione assertiva è mirata a modificare il comportamento dell’interlocutore attraverso modalità più incisive, convincenti e personalizzate.

ÂÂ Il linguaggio non verbale è una componente importante nella comunicazione con il cittadino straniero, a partire dal momento dell’accoglienza fino alle indicazioni prescrittive.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 3

ad alcune apparecchiature computerizzate che riducono al minimo l’intervento umano, limitato alla loro programmazione e controllo. La medi-cina, però, non può prescindere dalla persona e non può quindi rinunciare al rapporto diretto che si instaura tra colui che deve interpretare e curare un sintomo e chi invece deve subire (del resto è questo il significato di ‘paziente’) le decisioni altrui. Ecco perché la comunicazione, che per l’uomo è un fatto e un bisogno istintivo, per il medico è ancor più una necessità, e deve certamente avere la priorità su qualsiasi altro processo operativo. Nel tentativo di definire, se pur sommariamente, la comunicazione non si può omettere una rifles-sione intuitiva: la vita è in sé comunicazione. Un individuo potrebbe decidere di rimanere isolato dal mondo ma non potrebbe fare a meno di pen-sare, comunicando con se stesso, così come le sue cellule continuerebbero a comunicare tra loro attraverso segnali biochimici, ormonali ed elettrici. La comunicazione si avvale di una molteplici-tà di canali. Il bambino impara a comunicare attraverso i cinque sensi: riceve i segnali che gli giungono dal mondo esterno (temperatura, rumori, odori, sapori, colori e luci) e li elabora, strutturando via via il proprio bagaglio di espe-rienze e le proprie strategie espressive finché non avrà acquisito tutti gli strumenti per poter condividere un protocollo di comunicazione.È evidente che nella vita comune, come sarà

illustrato in dettaglio più avanti, la comunicazione ha luogo con modalità e in contesti differenti: ascoltare una notizia alla radio non è come ap-prenderla dal telegiornale o da chi l’ha vissuta personalmente, come pure parlare al telefono o scambiarsi lettere o messaggi scritti implica maggiori limitazioni rispetto all’incontro diretto. Ma anche quando due persone si parlano guar-dandosi negli occhi possono intervenire fattori di disturbo: per esempio il rumore di sottofondo di un bar, un’illuminazione inadeguata o più semplicemente uno scarso livello di attenzione di un interlocutore. Si può concludere, perciò, che il concetto di comunicazione non può che essere relativo a ogni singolo contesto: medico e paziente non possono avere un riscontro imme-diato dell’efficacia del proprio atto comunicativo, ma devono cercare – soprattutto il primo – di massimizzare la reciproca interazione. A tale scopo è utile sfruttare tutti i canali disponibili: le indicazioni su come impiegare una crema, per esempio, possono essere rafforzate da una sin-tesi scritta e perfino da una dimostrazione pratica utile a focalizzare la quantità da utilizzare e la modalità con cui applicarla sull’area interessata.Molte volte la comunicazione, poi, non ha soltan-to l’obiettivo di veicolare un messaggio ma anche quello di produrre un cambiamento sul ricevente. In questo senso si tratta di comunicazione as-sertiva. In pratica essa presuppone che quanto si vuole mettere in comune abbia un valore così rilevante da non richiedere l’accettazione co-sciente da parte dell’altro. La comunicazione as-sertiva, pertanto, cerca spesso di modificare lo stato d’animo dell’interlocutore oppure di facilitare l’azione di altri elementi compresenti nel rapporto con il paziente. Se, per esempio, la tosse in un bambino costituisce un motivo di elevata preoc-cupazione per i suoi genitori, la comunicazione assertiva deve mirare a rassicurare da un lato sull’origine e sulla benignità del sintomo e dall’al-tro all’impiego della terapia, come per esempio nel caso di levodropropizina e carbocisteina sale di lisina. La prima trova indicazione nelle forme irritative e va impiegata di solito in 3 sommini-strazioni giornaliere a distanza di almeno 6 ore, mentre carbocisteina è un efficace mucolitico disponibile in granulato per soluzione orale e in due sciroppi a diversa concentrazione. Nel caso di una famiglia con più figli in diverse fasce d’età sarà opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che la formulazione in sciroppo 2,7 g/10 ml e il granulato – di solito consigliato in monosommi-nistrazione giornaliera – sono indicati al di sopra degli 11 anni. Un altro aspetto importante nei bambini è poi il dosaggio in rapporto al peso: le gocce di levodropropizina agevolano in tal senso l’impiego corretto. Devono essere invece evitate indicazioni generiche (ad es., ‘un cucchiaino tre volte al giorno’, il cui volume è del tutto relativo

per non dire aleatorio) ed è bene richiamare sempre l’attenzione sul fatto che ogni farmaco deve essere gestito singolarmente, evitando commistione di misurini o associazioni arbitrarie.

Protocolli e processo di comunicazione

Ogni modalità comunicativa ha le sue regole: per iscritto, di solito, si specifica il destinatario e si utilizzano espressioni e termini adeguati al suo ruolo e al contenuto che gli si vuole trasmettere (serio, ironico, provocatorio e così via), con l’intonazione della voce si possono attribuire alle parole e alle frasi sfumature e significati totalmente diversi. La mimica e la gestualità, infine, sono in grado di completare quello che non si riesce a dire o possono addirittura smen-tire o tradire quello che si vuol far credere con malcelata ipocrisia.La comunicazione si avvale quindi di protocolli che il più delle volte sono utilizzati istintivamente. Aver padronanza di tali protocolli significa saper gestire in maniera proficua il rapporto con gli altri, ricordando che nell’attività medica, anche nei casi in cui la comunicazione è apparentemen-te uinidirezionale (cioè dall’operatore sanitario al paziente), non si devono trascurare quegli elementi utili a verificare se il messaggio è stato ben recepito. Ne consegue che buona regola è mantenere il più possibile il contatto visivo con il proprio interlocutore. Questo semplice accorgimento è utile al medico per diversi motivi: • permette di cogliere lo stato d’animo del pa-

ziente o, nel caso si tratti di un bambino, dei suoi genitori;

• fa sentire l’interlocutore al centro dell’attenzio-ne, gratificandolo;

• consente di interrompere eventualmente il discorso o di guidare l’esposizione del pro-blema;

• offre l’opportunità di cogliere la strategia mi-gliore per affrontare il contesto, adattando il proprio comportamento alle esigenze dell’in-terlocutore (ad es., in caso di difficoltà lingui-stiche l’invito a utilizzare i gesti e la mimica può semplificare la trasmissione del messaggio).

In sintesi i protocolli della comunicazione posso-no essere complessivamente riassunti in:• forme verbali (linguaggio parlato);• forme scritte (testi);• forme gestuali;• forme artistiche (pittura, scultura, musica);• forme composite.

Quanto più i protocolli sono articolati, condivisi tra gli interlocutori e coerenti tra loro (basti pen-sare, per esempio, all’importanza del sottofondo

P

B

G

Conoscenzatecnica

• Anamnesi• Giudizio clinico• Prescrizione diagnostica e/o terapeutica

Esposizionedel problema

Esito �nale

Figura 1 Il processo della comunicazione tra pediatra, bambino (in grado di esprimersi) e genitori

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 3

musicale in uno spot televisivo) tanto maggiori sono l’impatto della comunicazione e la veico-lazione del messaggio. Il codice è la modalità espressiva in cui prende forma il messaggio.Ma perché si comunica? A prescindere che si tratta, come si è detto, di un’esigenza vitale per l’uomo, così come lo è, in forme differenti, per gli animali e le piante, la comunicazione può avere varie finalità, alcune delle quali spesso sono compresenti:• strumentale, cioè mirata a raggiungere un par-

ticolare obiettivo (ad es., la somministrazione di un farmaco per un certo periodo);

• esplicativa, ossia finalizzata a dare spiegazioni o informazioni (ad es., come praticare l’allatta-mento al seno o con latte formulato);

• espressiva: l’apprezzamento dell’acquisizione di nuove abilità psicomotorie di un lattante, per esempio, sottende un sentimento di ammira-zione e piacevole sorpresa del pediatra che per la mamma si può tradurre in un elemento di rassicurazione;

• pedagogica o educativa, nel senso della mo-dificazione o del controllo del comportamento del paziente, per esempio con l’educazione alimentare;

• socializzante: un medico di famiglia o un pediatra che organizza un incontro con più genitori o svolge un lavoro di gruppo con altri colleghi avverte la necessità di stabilire innanzitutto un rapporto sintonico con gli interlocutori. In questo caso la comunicazione non serve soltanto a scambiare informazioni ma anche a cementare il rapporto con gli altri;

• tranquillizzante: è esperienza comune del me-dico osservare che spesso la preoccupazione del paziente si placa dopo l’esposizione di un quesito. In questo senso la comunicazione, meglio se diretta, acquista anche una valenza terapeutica nel contenere l’ansia altrui;

• sensibilizzazione e stimolazione, cioè invito a prendere atto di una realtà o a mettere in pratica una particolare strategia per prevenire o risolvere un problema.

Non bisogna infine dimenticare che la comu-nicazione ha anche una funzione di ruolo, cioè è imposta dalla situazione: anche di fronte alle domande più sconcertanti (ad es., in caso di ma-lattia infettiva appena diagnosticata) o alle ipotesi diagnostiche che richiedono ulteriori conferme il medico è obbligato a fornire una risposta il più possibile argomentata e credibile.

Il processo della comunicazione

La comunicazione è sostanzialmente un flusso di elementi informativi. Come insegnano le leggi della fisica e della chimica lo spostamento di

qualsiasi elemento da una parte all’altra non può avvenire senza il dispendio di energia e senza la presenza di un ‘donatore’ (o emittente) e di un ‘ricevente’ (Figura 2). Allo stesso modo la comunicazione impone che vi siano un soggetto trasmittente, dal quale parte il messaggio, e un soggetto ricevente. Il sottile legame tra i due attori è la necessità di stabilire una relazione. Trasmittente e ricevente possono scambiarsi i ruoli, ma in medicina è frequente che la comu-nicazione tenda a essere sbilanciata (la raccolta dell’anamnesi è un esempio paradigmatico in cui il medico è il ricevente, la prescrizione della tera-pia lo vede all’esatto opposto). Anche in questo caso, però, la capacità del medico di gestire in maniera sapiente tempi, quesiti e ansie agevola notevolmente il processo comunicativo.

I paradigmi della comunicazione

Comunicazione unidirezionale (o “a una via”)La comunicazione diretta è il modello più sem-plice: il flusso informativo procede in un senso unico. La carta stampata, i mezzi radiotelevisivi, la pubblicità, il messaggio lasciato in segreteria telefonica, i cartelli stradali, l’avviso affisso in una

bacheca o sulla porta dell’ambulatorio, la ricetta e il certificato medico sono esempi di un flusso unidirezionale in cui un particolare messaggio è veicolato dal trasmittente al ricevente. Questa modalità utilizza quindi un canale privilegiato: le interferenze sono infatti ridotte al minimo e la comunicazione acquista per lo più un carattere persuasivo o perentorio, in quanto non lascia spazio a una risposta dell’interlocutore in tempo reale (Figura 3). A prescindere dai casi in cui la comunicazione diretta è imposta dalla situazione contingente, il medico può sfruttarla soprattutto per rafforzare alcuni messaggi forniti oralmente. La consegna di un foglio tradotto nella lingua del paziente in cui vengono richiamati alcuni consigli già spiegati oralmente migliora certamente la comprensione e la compliance e riduce o evita ulteriori richieste di conferma o puntualizzazione. Inoltre i concetti denotati dalle parole tradotte non sono sempre sovrapponibili. Per esempio, in somalo kili signi-fica reni; ma kili indica l’area cutanea addominale anterolaterale. Per l’italiano, nel gergo comune reni intende l’area dorsale latero-rachidea. Quan-do un italiano dice che ha ‘mal di reni’ intende dire che ha una lombalgia; un somalo può voler indicare un dolore della regione del colon ascen-dente o discendente.

Ricevente

Comunicare a qualcuno

Trasmittente

Figura 3 La comunicazione unidirezionale

Figura 2 Il processo della comunicazione: presupposti

I processi della comunicazioneLa comunicazione implica un investimento di energia, necessario a codi�care il messaggio e a renderlo suf�cientemente chiaro e incisivo per il destinatario

Codi�ca• motivazione• elaborazione del messaggio• scelta del codice• scelta del canale (se possibile)• scelta del momento

Decodi�ca• disponibilità alla ricezione• capacità di decodi�ca• capacità di comprensione• capacità e/o volontà di risposta

RiceventeENERGIAmessaggioTrasmittente

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 3

La comunicazione diretta è anche quella del consenso informato e della responsabilità le-gale del medico: cartelle cliniche, certificati e prescrizioni sono infatti documenti di rilevanza giuridica e, proprio perché verba manent, de-vono essere redatti con la massima attenzione. Questa comunicazione è inoltre la migliore strategia per:• raggiungere più persone contemporanea-

mente;• “standardizzare” un’informazione, per esempio

all’interno dello stesso gruppo etnico;• demandare ad altri il rispetto di una norma o

la responsabilità dell’esecuzione di un prov-vedimento;

• imporre regole (ad es., la disponibilità in am-bulatorio, gli orari per fissare gli appuntamenti, i riferimenti del sostituto ecc.).

Situazioni paradigmatiche di particolare utilità della consegna di un foglio scritto, oltre che per chiarimenti sui servizi sanitari, sono consigli sulle vaccinazioni, suggerimenti dietetici e informazioni – eventualmente corredate da disegni – su ope-razioni pratiche in particolare nei bambini, come il lavaggio delle fosse nasali e la corretta pratica dell’aerosol. A quest’ultimo riguardo è oppor-tuno, a seconda delle indicazioni terapeutiche, consigliare il tipo di apparecchiatura più adatta e non trascurare dettagli all’apparenza irrilevanti: nell’ipotesi della prescrizione di beclometasone dipropionato, è importante sottolineare che il flaconcino deve essere agitato energicamen-te prima di versarne il contenuto nell’ampolla del nebulizzatore. Il medico o il pediatra, poi, dovrebbero sempre chiedere al paziente quali farmaci ha già in casa, per evitare confusione o sovrapposizione tra brand dello stesso principio attivo. Va contemplata anche la possibilità di un uso arbitrario di associazioni precostituite, come per esempio di corticosteroide/broncodilatatore nel trattamento dell’asma: in mancanza di tale informazione, l’eventuale prescrizione aggiuntiva di una molecola appartenente alle medesime classi farmacologiche comporterebbe infatti il rischio di sovradosaggio.

Comunicazione bidirezionale (o “a due vie”)La comunicazione bidirezionale presuppone che trasmittente e ricevente siano in contatto tra loro e vi sia perciò una reciprocità di scambio informativo (Figura 4). L’entità dell’interazione di-pende ovviamente dalle esigenze del momento, in termini di informazioni utili da trasferire, dispo-nibilità di tempo e facilità di contatto. Un’altra premessa importante è che trasmittente e rice-vente utilizzino lo stesso codice. In questo caso, tuttavia, la relazione diretta facilita il dialogo, in quanto il linguaggio non verbale (gesti, espres-

sioni mimate) può compensare la difficoltà di comprensione tra due persone che non parlano la stessa lingua.La comunicazione bidirezionale può avvenire in ambulatorio ma anche per telefono, di cui la chat può essere considerata una variante dove l’articolazione espressiva del linguaggio parlato è sostituita dalla più fredda e categorica rispo-sta scritta. Un altro esempio di comunicazione bidirezionale, se pure limite, è l’internet-forum, in cui un moderatore o un esperto rispondono in tempo reale a domande, obiezioni e commenti del pubblico. L’impiego della comunicazione bidirezionale in medicina non ha praticamente confini e può trovare numerose e varie declinazioni in rapporto agli obiettivi che di volta in volta orientano il flusso informativo.

Il feedbackIl feedback costituisce la risposta o meglio la reazione al messaggio inviato dal trasmittente. Può quindi essere considerato come la confer-ma, spontanea o in qualche modo estrapolata, dell’avvenuta ricezione, che consente al trasmit-tente di verificare la chiarezza del messaggio e di tarare eventualmente la comunicazione in modo da ottimizzarne l’efficacia. Un esempio di feedback è il televoto, sempre più utilizzato in convegni e corsi formativi per verificare il livello di apprendimento raggiunto: la comunicazione resta unidirezionale, ma i relatori raccolgono in questo modo un riscontro utile a modulare il successivo percorso tematico.La retroazione configura invece una risposta del ricevente tale da modificare l’elaborazione del

messaggio del trasmittente (Figura 5). Essa è il vero supporto che consente a quest’ultimo di adattare e personalizzare la comunicazione. La retroazione, naturalmente, può inserirsi anche nel contesto di uno scambio di ruoli tra ricevente e trasmittente. Anche una domanda dell’interlocu-tore può denotare l’avvenuta comprensione di un messaggio. La retroazione è utile, per non dire necessaria, negli ambienti soggetti a notevoli fat-tori esterni di disturbo oppure quando si comu-nica al telefono ed è opportuno accertarsi che l’interlocutore abbia ben compreso un’istruzione importante, quale per esempio la modificazione della dose di un farmaco o la somministrazione/variazione di una terapia complessa (purché gestibile a distanza).Un esempio semplice di feedback è l’annui-mento, che può essere spontaneo o indotto, osservando per esempio l’interlocutore come a chiedere conferma dell’avvenuta compren-sione del proprio discorso. È un utile sistema di verifica se trasmittente e ricevente utilizzano senza difficoltà lo stesso codice, è invece meno attendibile se il ricevente (ad es., una mamma extracomunitaria) simula di aver capito per pura compiacenza.

La retroazioneLa retroazione, a differenza del feedback, è una risposta del ricevente tale da modificare la comunicazione. Può essere spontanea, come nel caso illustrato, in cui un paziente ripete a se stesso e al medico il messaggio, oppure indotta, come è utile fare per esempio nei casi in cui una difficoltà linguistica può indurre il medico a dubitare dell’effettiva comprensione.

RiceventeTrasmittente

Comunicare con qualcuno

Figura 4 La comunicazione bidirezionale

RiceventeTrasmittente

Figura 5 Il feedback

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 3

Adattamento della comunicazione all’interlocutore

In natura sono in genere favorite le specie ca-ratterizzate da migliori capacità di adattamento. Allo stesso modo è vincente la tecnica comuni-cativa più flessibile, in grado cioè di mantenere trasmittente e ricevente al massimo livello di interazione attentiva ed emotiva. Se si pensa infatti al suo ruolo nella gestione di una condizio-ne patologica, il medico si trova nella condizione di mediare o meglio trovare una sintesi tra due componenti: la conoscenza tecnica da un lato e il vissuto emozionale dall’altro. In altri termini egli deve guidare i genitori o il suo paziente, se sufficientemente grande, verso un proces-so di razionalizzazione della malattia trovando un giusto livello di equilibrio tra informazione (relativamente a diagnosi, decorso, terapia e prognosi) e contenimento dell’ansia suscitata dalla malattia stessa. Quali sono le strategie per raggiungere, almeno in parte, questo obiettivo? Una comunicazione adattabile è quella che sfrutta innanzitutto il canale, il paradigma e il protocollo migliori nello specifico contesto, senza peraltro fossilizzarsi su una modalità unica, e tiene in debita considerazione l’influenza di fattori di disturbo (ad es., rumori, elementi di distrazio-ne), i tempi ottimali compatibili con la capacità di concentrazione dell’interlocutore e il rilevante impatto mnemonico dell’immagine. Come già affermato, il rapporto di reciproca fiducia tra medico e paziente diventa ancor più rilevante nella relazione col paziente stra-niero, che presuppone un rapporto improntato anche a un atteggiamento transculturale da parte del medico. Quest’ultimo in genere è abituato a trattare pazienti simili per territorio e provenienza culturale e a spostare il piano diagnostico verso l’oggettivazione strumentale. Abitudini che nell’interagire con il migrante si rivoluzionano completamente. La fede religiosa diversa, il substrato etnico, il tessuto interiore tradizionale, l’imprinting culturale della propria origine comportano che l’individuo malato in-terpreti la sofferenza che lo colpisce in modo particolare. Il medico d’altronde valuta il malato non solo con la propria professionalità, ma anche e soprattutto con il proprio bagaglio di cultura, spesso poco incline a ‘cogliere’ messaggi così eterogenei e dissonanti rispetto a quelli a cui è abituato. Inoltre generalmente l’immigrato non mette in atto strategie preventive, ma si rivolge ai servizi socio-sanitari solo in caso di urgenza o di malattia conclamata, quando cioè non può farne a meno. Un’altra considerazione riguarda la conservazione del patrimonio di salute: si è già accennato al fenomeno del migrante sano per cui nel momento della partenza si selezionano

gli individui più giovani e forti. È fondamentale conoscere le tipologie di malattie (Tabella 1) ed evitare che il loro ‘patrimonio di salute’ si dissolva per l’esposizione successiva a una serie di fattori di rischio, quali infezioni contratte nel Paese ospite, malessere psicologico legato alla condizione di migrante, mancanza di lavoro e reddito, sottoccupazione in lavori rischiosi o poco tutelati, degrado abitativo, assenza di supporto affettivo-familiare, clima e abitudini di vita diverse, discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari. Per tale ragione il medico, che già conosce la realtà sociale, sanitaria e ambientale del proprio territorio, deve prestare attenzione alle cosiddette ‘malattie da degrado’ tra cui: pa-tologie da raffreddamento con continue recidive, da cattiva alimentazione, malattie traumatiche, da aggressioni o accidentali, disturbi acuti delle vie aeree, dell’apparato digerente, del sistema osteo-articolare, di interesse genito-urinario, odonto-stomatologico, dermatologico. Inoltre si possono individuare malattie non specifiche ma indicanti uno stato di estrema emarginazione: pediculosi e affezioni micotiche, virali e veneree. Nella gestione del paziente immigrato gli aspetti più critici rispetto alla popolazione residente, che saranno richiamati nel modulo 5, possono essere riassunti nei punti seguenti: • tassi di mortalità perinatale ancora elevati

tra i figli di straniere immigrate, con grande aumento dei casi di interruzioni volontarie di gravidanza;

• incidenti in ambito lavorativo;• condizioni patologiche come disagio psichico

e malattie infettive, importanti non per fre-quenza ma per l’attenzione che meritano in questo contesto;

• condizioni sociali come detenzione e prosti-tuzione, che si rivelano vere e proprie noxae patogenae per l’immigrato.

Il linguaggio non verbale

Spesso, più delle parole, parlano i gesti. L’ac-coglienza in ambulatorio, il tono della voce, il modo di atteggiarsi, muoversi, vestirsi, sedersi e concedere libertà e spazio ai pazienti sono elementi particolarmente ricchi di espressioni, contenuti e significati a valenza emotiva, pragma-tica e simbolica. Il linguaggio non verbale è tutto questo: un sistema indipendente dalla parola e il più delle volte influenzato da modelli comporta-mentali trasmessi dal proprio mondo di vita. Oltre a completare il messaggio orale, il linguaggio non verbale è immediato: varie ricerche dimostrano che il 70-80% delle informazioni raggiunge il cervello attraverso gli occhi e soltanto il 10-15% attraverso l’udito. I movimenti del corpo possono essere responsabili fino al 70-90% della trasmis-sione di un messaggio: questo non sorprende se si considera che l’espressività del nostro corpo sfugge spesso al controllo della volontà e manifesta il nostro stato emotivo. Una mamma, per esempio, che cerca di rimanere impassibile ma non riesce a tener ferme le dita della mano tradisce un’ansia ingovernabile, mentre un medi-co che in apparenza presta attenzione ma lancia frequenti occhiate furtive all’orologio o maschera qualche sbadiglio rivela disinteresse. Ovviamen-te il linguaggio non verbale è particolarmente utile per descrivere quello che le parole non riescono a dire o per mimare comportamenti o situazioni. Più il linguaggio non verbale è coerente con

Tabella 1. Aspetti rilevanti nella valutazione del paziente immigrato

Patologie trasmissibili Contagiose: infettive, diffusibili per via oro-fecale, sessuale, aerea (ad es., tubercolosi)

Non contagiose : infettive, diffusibili solo in presenza di vettori/condizioni climatiche e socio-ambientali oltremodo favorenti (ad es., malaria)

Patologie da degrado e povertà

Condizioni climatiche avverse, degrado abitativo, precarie condizioni igieniche, malnutrizione

Patologie da importazione Problemi da valutare attentamente sotto l’aspetto infettivologico

Patologia d’urgenza Traumi accidentali, incidenti stradali, infortuni sul lavoro, episodi di violenza e criminalità

Patologie pregresse Postumi di torture (nei rifugiati), postumi di ferite da guerra, postumi di malattie invalidanti

Patologie della fascia materno-infantile

Pratiche escissorie e mutilazioni a motivazione religiosa, culturale e sociale quali infibulazione, clitoridectomia e circoncisione, procreazione e maternità responsabili, interruzione volontaria di gravidanza e aborto, gravidanza, parto e puerperio, evoluzione e crescita del bambino, malattie esantematiche

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 3

il messaggio detto a voce, maggiore sarà la comprensione tra i due interlocutori.A questo punto il quesito che si pone è come migliorare la comunicazione. È vero che una maggiore disponibilità di tempo è importante, ma non è l’unico fattore da tenere presente. La comunicazione, per esempio, può essere resa più efficace dal medico attraverso l’adozione di alcune strategie, tra cui:• utilizzare un linguaggio semplice e con esempi

pratici che i movimenti del corpo possono descrivere;

• trasmettere un numero limitato di messaggi, cioè di informazioni (non meno di quattro e non più di sette per ogni visita);

• non eccedere in ogni caso con la gestualità e mantenere sempre il contatto visivo;

• chiedere conferma al paziente (o ai suoi genitori) per verificare se ha compreso il mes-saggio e chiedere eventualmente di ripetere quello che ha capito;

• dimostrare in maniera chiara al paziente come assumere una terapia (ad es., mostrando l’orologio per far comprendere l’intervallo tra le assunzioni).

Possibili barriere transculturali nel rapporto con il paziente migrante

Nell’esperienza del contatto medico-paziente immigrato sono state identificate tre fasi. La pri-ma, cosiddetta dell’esotismo, in cui il medico si aspetta o teme di trovare un paziente affetto da strane e subdole malattie: ogni sintomo rischia così di essere interpretato al di fuori della nor-malità, e si fa ricorso alle indagini più complesse nel timore di lasciarsi sfuggire rare malattie eso-tiche. Questo atteggiamento sfocia anche in un comportamento eccessivamente allarmistico e protettivo nei confronti della prevenzione, che

può tradursi per esempio in un lavaggio più frequente delle mani o nell’adozione di maggiori precauzioni igieniche. La fase successiva è quella dello scetticismo. La domanda di cura viene interpretata come ipocondria nell’assenza di un modello interpre-tativo della malattia culturalmente condiviso da entrambi: il paziente comunica la sua malattia essenzialmente con il corpo, indicando per esempio la sede del dolore. Può essere così equiparato a un malato immaginario, a un ‘lava-tivo’ o un ‘perditempo’. La mancata conferma dei sospetti diagnostici iniziali pone inoltre il medico nella condizione frustrante di mettere in dubbio l’utilità del proprio servizio. Nelle prime due fasi il divario culturale di aspettative (del medico ma anche del paziente, affascinato dal mito dell’alta tecnologia con diagnosi e cure rapide ed efficaci) è enorme. La terza fase, superato lo scetticismo, ha inizio con l’ascolto critico in cui il medico si accorge che – per lo più – nel paziente non è inconsueta la malattia ma la percezione del corpo, della salute e della malattia. Qui si attua una lenta e faticosa revisione dei propri criteri di giudizio. Si oltrepassano le immagini preformate dell’altro (il povero, lo sfruttato, l’untore ecc.) e si va incontro al soggetto, interprete assoluto di una cultura, una storia, una realtà peculiare. Nel rapporto medico occidentale-paziente immi-grato le difficoltà di comprensione non sono solo di ordine linguistico o etnico, ma comprendono anche le aspettative reciproche: il paziente vive ambiguamente la situazione di distacco da un passato che non viene mai definitivamente ab-bandonato, d’altra parte non riesce a esaudire il desiderio di integrazione nella nuova società. Le sue aspettative verso il medico occidentale non sono quelle di un ritorno alle pratiche mediche tradizionali. Attirato dal mito della modernità, egli aspira a essere curato dalla medicina occiden-

tale, basata su un uso estremo della tecnologia. Ecco perché, ancora una volta, nella comuni-cazione con il cittadino migrante è necessaria un’anamnesi attenta, che sappia cogliere non soltanto i sintomi ma anche gli effettivi bisogni di salute alla luce della logica interpretativa dello stato di malattia e dei timori del singolo paziente in rapporto alla sua cultura di provenienza e alle sue pregresse esperienze.

PER APPROFONDIRE

• Esposito T. Relazione medico-paziente e ruolo del

medico di famiglia. In Pasini W. (a cura di) Il medico

ed il paziente immigrato. Manuale per il medico. Alfa

Wassermann News&Views, 3 (suppl), Editore Alfa

Wasserman, Bologna, 1996.

• Morrone A. Aspetti sanitari del fenomeno

immigratorio. In Dalla Torre G (a cura di)

Immigrazione e salute. Quaderni della LUMSA,

Edizioni Studium, Roma, 1999.

• Pellegrino F. La comunicazione in Medicina.

Mediserve, Napoli, 2004.

• Perussia F, Viano R. La comunicazione: aspetti

generali. Mediserve, Napoli, 2000.

• Tucci M. Scenari di comunicazione in Pediatria.

Editream, Cento, 2003.

• Vallega S. Comunicazione per la salute. Masson,

Milano, 1998.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 4

La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non soltanto assenza di malattia o di infermità – ed è diritto umano fondamentale. Allo stesso modo lo stato di sa-lute è inscindibilmente legato alla possibilità per l’individuo di realizzare le proprie potenzialità in un contesto in cui fattori ambientali, economici e sociali siano corrispondenti alle aspettative del singolo. Accanto agli indicatori di salute che generalmente compongono il “profilo di salute” di una determinata popolazione (indicatori epi-demiologici, socio-sanitari, socio-economici, ambientali, stili di vita), negli ultimi anni un’at-tenzione particolare è sempre più rivolta verso i fattori culturali. D’altra parte ogni società propone un’interpretazione delle cause della malattia elaborando conoscenze e pratiche specifiche con la finalità di prevenire, curare e ristabilire il pregresso stato di salute, e, allo stato attuale, l’attenzione è sempre più rivolta ai progressi scientifici della medicina in campo tecnologico. Il presente modulo si ispira a due discipline: l’etnomedicina e l’antropologia medica. La pri-ma mira allo studio delle medicine tradizionali dei popoli in una visione spazio-temporale dei procedimenti preventivi, igienici e curativi sia magico-religiosi sia empirici (animali, vegetali e minerali). L’antropologia medica si occupa di numerosi aspetti, tra cui definizioni e interpre-tazioni di salute e malattia, condizionamenti dell’assetto socio-culturale sugli stati di salute/malattia, rappresentazioni e valori associati a tali stati, concezioni del corpo e, infine, risposte che ne derivano sul piano dei comportamenti individuali e collettivi e strutture istituzionali in cui tali risposte si esprimono. L’antropologia medica evidenzia come ogni individuo in ogni contesto sociale percepisca, interpreti e affronti la malattia e la salute con modalità strettamente connesse al vissuto personale e all’ambiente socio-cultura-le a cui appartiene e nel quale affonda le proprie radici. Più in dettaglio, l’antropologia medica si occupa da un lato dell’interpretazione e dei si-gnificati connessi all’evento malattia, dall’altro dei sistemi medici che i vari gruppi sociali elaborano nei confronti della malattia stessa. Tutto questo per giungere a una doverosa pre-messa: in ogni civiltà la concezione della salute è frutto di una sintesi di storia, consuetudini e tradizioni ma anche della struttura della società stessa, con il suo assetto demografico, le sue

leggi e le sue problematiche legate a possibili disagi climatico-ambientali ed eventuali malattie endemiche o specifiche diatesi genetiche. Pro-prio in tale prospettiva questo modulo illustra con un’impostazione pragmatica alcuni aspetti che caratterizzano la cultura della salute nel mondo musulmano, nell’Africa Subsahariana e nella re-altà cinese, focalizzando anche e soprattutto l’at-tenzione che ciascuna etnia riserva alla famiglia e al mondo dell’infanzia, nel quale trovano pieno riscontro la percezione e il valore della salute in età adulta. Parallelamente, la trattazione, se pure in maniera sintetica, identificherà i cardini della relazione medico-paziente ed eventuali spunti utili per il medico italiano al fine di ottimizzare la pratica della propria attività professionale.

I musulmani

Nella famiglia musulmana vengono inculcati nella personalità dei figli i valori della solidarietà, della gentilezza, della tolleranza e della comprensio-ne: in essa si realizza l’ambiente più idoneo allo sviluppo della personalità umana. Oltre a questo, l’Islam tende al rafforzamento dell’autostima nel bambino secondo il detto profetico: “Non è permesso a nessun musulmano umiliare un altro musulmano”, per cui è proibito ai genitori trattare male i figli, pressarli psicologicamente e umiliarli. Prendersi cura dei propri figli è un dovere indero-gabile, per il musulmano. L’educazione islamica tende dunque a formare personalità equilibrate, mature, rispettose verso i genitori e gli anziani, laboriose e impegnate. Il musulmano considera il bambino puro e innocente: per definizione non può essere col-pevole, perché non è tenuto a conoscere alcun codice. Nei primi anni, quindi, non è mai punito. Attraverso l’osservazione, il bambino comincia a comprendere ciò che la società si aspetta da lui. Deve imitare il padre o la madre, a seconda che sia femmina o maschio, e deve onorare i genitori. Ogni membro della famiglia ha un ruolo preciso. Il ruolo del padre è quello di un valido consigliere ed è anche una guida importante per i suoi figli. Il padre è infatti una figura d’onore che rappresenta la fonte del buon carattere morale del bambino. Per rinforzare il senso dell’onore, l’educazione tradizionale sviluppa all’eccesso il suo opposto: il sentimento della “vergogna”. Questo sentimento

parole chiave

in pillole

La percezione della salute in diverse etnie

Obiettivi del modulo: evidenziare i fondamenti della salute e dei principi di cura nella popolazione musulmana; descrivere

la percezione della salute nelle popolazioni dell’Africa Subsahariana; illustrare le basi storico-

culturali della medicina cinese.

Etnomedicina

Antropologia medica

Ramadan

Significato simbolico di salute e malattia

ÂÂ L’etnomedicina studia le medicine tradizionali dei popoli in una visione spazio-temporale dei procedimenti preventivi, igienici e curativi.

ÂÂ L’antropologia medica evidenzia come ogni individuo in ogni contesto sociale percepisca, interpreti e affronti la malattia e la salute con modalità strettamente connesse al vissuto personale e all’ambiente socio-culturale a cui appartiene.

ÂÂ I musulmani hanno un forte senso della famiglia e considerano la malattia come un’espiazione dei peccati.

ÂÂ Nell’Africa nera la malattia non è vista come un problema individuale, un processo di disequilibrio biologico e organicistico in un individuo, ma come un evento che coinvolge tutta la comunità.

ÂÂ Gli immigrati cinesi rendono spesso difficile la raccolta anamnestica e spesso tendono a curarsi con rimedi propri.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 4

è molto sviluppato nella società dove il gruppo domina sugli individui; la “vergogna” è provocata dallo sguardo degli altri sulla capacità e sulla de-bolezza. Vergognarsi significa sentirsi incapace di rispondere alle aspettative degli altri e sentirsi giudicato da loro. In arabo “vergogna” e “buona educazione” hanno la stessa origine.

La concezione della saluteNella cultura musulmana la salute ha connotati divini ed è un patrimonio che ciascuno deve utilizzare per il proprio sviluppo e per quello della propria religione e della propria comuni-tà. La malattia è percepita come una rottura dell’equilibrio: è una deviazione dalla norma ma è curabile, ragion per cui è sempre necessario cercare una cura, anche se non è prontamente disponibile (Allah non ha inviato alcuna malattia senza fornire un rimedio. Il rimedio è conosciuto da alcune persone, mentre altre lo ignorano). Un musulmano deve sempre rivolgersi ad Allah per implorare una buona salute, ma deve saper accettare una malattia per la quale non deve subire alcun rimprovero. La malattia può esimerlo da parte dei suoi doveri religiosi ed è un’espia-zione dei suoi peccati (Tutto ciò che affligge il Musulmano, che si tratti della malattia o di qual-cos’altro, gli vale da parte di Allah la remissione di una parte dei suoi errori, così come un albero perde alcune delle sue foglie). Per i musulmani è un dovere visitare gli ammalati e soprattutto gli incurabili, che devono essere confortati: curare in Nome di Allah, leggere i versetti del Sublime Corano e fare l’elemosina sono alcuni degli atti che contribuiscono alla guarigione.La preservazione e la protezione della salute contro ogni pregiudizio fanno parte degli obiettivi della religione e le terapie devono essere consi-derate come d’ispirazione divina e non come una semplice opinione personale. Per questa ragione le terapie profetiche sono sicure e certe, in quanto non si basano sulla speculazione intellettuale o sull’esperienza ma fondano tutta la loro efficacia sulla benedizione di Allah e perdono ogni valore se il paziente non ha fede. Seguire le terapie profetiche non dispensa però i musulmani dal seguire altre terapie di efficacia comprovata. Per esempio, l’acqua è il rimedio suggerito per far ab-bassare la temperatura di un corpo febbricitante e per salvare la vita in caso di colpo di sole o di calore. Tra gli altri rimedi raccomandati dal Profeta rientrano l’utilizzo della senna come lassativo, la dieta e l’incisione degli ascessi.Il consumo di un alimento vietato, incluse le be-vande alcoliche, non può servire come rimedio in quanto Allah ha inviato insieme la malattia e i mezzi per guarirla; curatevi, ma fate attenzione a non utilizzare nulla di illecito e Allah non ha posto la vostra guarigione in una cosa che Egli ha precedentemente dichiarato illecita. Alcuni Sa-

pienti ritengono però che certe sostanze proibite possano essere utilizzate come tali o mescolate a medicine, se questo è indispensabile, nelle seguenti condizioni:• se il non utilizzo della medicina contenente la

sostanza illecita metterebbe in pericolo la vita del paziente;

• se la medicina contenente la sostanza illecita è la sola in grado di curare il paziente;

• la medicina dovrà essere prescritta da un medico che sia allo stesso tempo un buon musulmano e competente nel suo dominio.

La medicina sociale e preventiva, il digiuno e le tradizioni localiL’Islam mira a uno Stato che prenda cura sia dell’individuo sia dell’intera comunità, nella con-sapevolezza che il benessere dei singoli individui è la premessa per avere famiglie sane. Lo Stato ha inoltre la responsabilità di offrire trattamenti medici gratuiti a tutti i membri della comunità, senza discriminazione di colore, razza o stato sociale, per cui deve destinare parte delle proprie risorse al mantenimento di un sistema sanitario adeguato. L’igiene personale e l’apprendimento delle regole igieniche sono ritenuti doveri inderogabili di ogni musulmano, al pari di buone condizioni abitative. L’interdizione di alcool, stupefacenti e relazioni extraconiugali costituisce inoltre la misura più efficace nella prevenzione delle piaghe dei Paesi industrializzati, quali alcolismo e AIDS. Si cerca di ricorrere il meno possibile all’uso dei farmaci anche perché risulta spesso difficile reperirli a causa di vari motivi, quali guerre civili o problematiche socio-politiche. Esistono inoltre terapie empiriche e medicine alternative che ancora oggi vengono praticate. Secondo le tradizioni popolari esistono bevande e cibi “caldi” e “freddi”. Per esempio, le coliche nei bambini vengono curate con una bevanda “calda” otte-nuta da un tè molto concentrato e dolcificato con nabat, una specie di zucchero cristallizzato. Si prepara questa bevanda e si sorseggia durante il giorno. Si presume che il mal di pancia dei piccoli sia la conseguenza di qualcosa di “fred-do” che il bambino stesso ha mangiato o che la mamma gli ha trasmesso attraverso il suo latte. Le carni bianche sono “fredde” e quelle rosse sono “calde”: non si deve abusare di nessuna delle due. Durante le feste i bambini mangiano la frutta secca che secondo la tradizione è “cal-da”, allora si deve rimediare con la frutta fresca, specialmente la prugna che è “fredda”. Lo yogurt è molto usato e per la diarrea si fa ricorso a riso ben cotto senza alcun condimento insieme allo yogurt bianco e a un pizzico di menta secca, ritenuta un disinfettante dell’intestino. La tosse si cura con l’acqua gelatinosa che si ottiene dai semi di mela cotogna messi a bagno in acqua

fredda per un giorno intero. Una bevanda rinfre-scante che accompagna i pasti è il dugh, pre-parato con yogurt, acqua frizzante e un pizzico di sale e consumato molto fresco.Durante il mese lunare di Ramadan i musulmani digiunano dall’alba fino al tramonto. In queste ore della giornata è vietato mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali. Secondo il calendario Gregoriano, l’inizio di Ramadan ogni anno si anti-cipa di 11 giorni. I bambini, le donne in gravidan-za e quelle che allattano non devono praticare il digiuno. Ai malati che decidono di digiunare non è consentito alcun tipo di sostanze nutritive, mentre sono permessi spray nasale, gocce per gli occhi e supposte. Il primo Ramadan è obbli-gatorio dopo l’età della pubertà, di solito 9 anni per le ragazze e 15 per i ragazzi; purtroppo in alcune famiglie rurali i bambini sono obbligati a digiunare ancora prima della pubertà. Il Rama-dan è un’esperienza difficile, una vera prova di resistenza: si consuma un pasto prima dell’alba e il seguente dopo il tramonto, ma i ragazzi per sfuggire alla “vergogna” cercano di sopportare, poiché solo in questo modo possono entrare nel mondo degli adulti.

Medicina tradizionale nell’Africa Subsahariana

La medicina tradizionale in Africa, secondo la de-finizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1976), è “l’insieme di tutte le conoscenze, l’utiliz-zo di sostanze, di misure e di pratiche spiegabili e non, basate sulle fondamenta socio-culturali e religiose di una specifica comunità, che si appog-giano esclusivamente sulle esperienze vissute e le osservazioni trasmesse di generazione in generazione, oralmente e per scritto, e utilizzate per diagnosticare, prevenire o eliminare un dise-quilibrio del benessere fisico, mentale e sociale”.In tale definizione confluiscono in estrema sintesi tutti gli elementi caratteristici del senso della malattia e della cura in Africa Nera. Innanzitutto la malattia non è vista come un problema indi-viduale, un processo di disequilibrio biologico e organicistico in un individuo, ma come un evento che coinvolge tutta la comunità, intesa non solo come comunità di individui viventi ma come comunità che comprende anche gli spiriti degli antenati e le forze sovrannaturali degli individui. Pertanto la malattia viene considerata un dise-quilibrio sia fisico sia psichico-relazionale che coinvolge tutti i membri della comunità e la causa va ricercata non solo in ciò che è direttamente responsabile dell’evento, ma in un intervento a livello sovrannaturale all’interno della famiglia o nelle famiglie circostanti.Le eziologie tradizionali che causano a livello pro-fondo un evento di malattia sono la stregoneria,

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 4

la possessione, il malocchio, la trasgressione dei tabù e la perdita dell’anima. Ogni tribù e ogni comunità ne considererà una prevalente rispetto alle altre e in ogni comunità non esiste un guaritore per tutto, ma vari guaritori che sono specializzati in diverse problematiche: in alcune famiglie i guaritori tramandano ai membri prescelti solo il rituale per il morso di serpente, in altre quello della liberazione da una possessione, in altre ancora il segreto per un parto veloce.In Africa se un bambino viene morso dal ser-pente, o si frattura una gamba o sviluppa una malattia che lo porta a deperire la causa non è solo l’evento, ma sicuramente il bambino è stato il bersaglio di forze negative che hanno causato l’evento stesso. Pertanto la guarigione del bam-bino non avviene esclusivamente applicando un antidoto sul morso del serpente o del fango con funzione di gesso sulla gamba, ma anche compiendo rituali magici che permettano di ristabilire un equilibrio con gli spiriti o di conferire protezione da influenze maligne che abitano al-cuni membri della comunità stessa, considerati stregoni (sorciers in Congo e altri Paesi franco-foni). Spesso alla fine di un rituale vengono con-segnati talismani che verranno portati addosso al bambino fino al loro dissolvimento. Altra causa di malattia, soprattutto psico-rela-zionale, è la possessione, che porta la persona a estraniarsi dal resto della comunità, a vedere o sentire cose che non esistono, ad attuare comportamenti antisociali. Lo stregone attuerà rituali che assumono nomi diversi a seconda delle varie popolazioni: si chiamerà nendet per i Wolof, sikù per i Bembè e ksiwa nel Maghreb. Il rito ha lo scopo di evocare e far manifestare lo spirito che sta possedendo la persona. Il malato verrà messo al centro della scena con ritmi di musica e di tamburi che cercano di evocare e addolcire lo spirito, finché il malato stesso non entrerà in trance (a volte facilitato dalla sommi-nistrazione di erbe allucinogene), a quel punto verrà associato a lui un animale che, una volta sacrificato, libererà (almeno transitoriamente) la persona dalla possessione. Per sottolineare questo legame profondo nell’in-terpretazione degli eventi biologici è utile un cen-no ad alcuni eventi fisiologici, quali ad esempio la gravidanza gemellare. Nella tribù Ngwandi, come in altre tribù africane, i gemelli vengono considerati speciali e la loro nascita è caricata di una valenza sovrannaturale. Vengono scelti per loro nomi esclusivi e vengono accolti dalla co-munità con un rito nel quale i gemelli “ scelgono” se tornare nel mondo sovrannaturale o restare in comunità (molti gemelli infatti muoiono natural-mente, essendo di basso peso e/o prematuri). Scelto di entrare in comunità, saranno per tutta la vita riveriti e temuti per i loro poteri sovrannaturali e, da morti, dovranno essere seppelliti non nella

terra ma in un albero cavo posto fra altri due, distante dal suolo. Una parte della medicina tradizionale poi ri-guarda quell’insieme di conoscenze pratiche su sintomi e situazioni semplici da curare che vengono trasmesse dalle madri alle figlie. Rimedi semplici per la diarrea, il vomito, la stipsi e la febbre vengono trasmessi e utilizzati. La via di somministrazione è orale, rettale e spesso trans-cutanea, con massaggi sulla pancia o frizioni sulla schiena. Le mutilazioni genitali femminili sono pratica comune in alcune tribù sudanesi, in Egitto e nei Paesi del Corno d’Africa, ma sono prati-cate anche fuori dall’Africa. Esistono vari tipi di mutilazione, dall’infibulazione (con rimozione di clitoride, piccole e parte di grandi labbra e cuci-tura) all’escissione del clitoride, dall’inserimento di erbe alla cauterizzazione. Tali pratiche, legate a false convinzioni quali l’acquisizione dell’iden-tità femminile, la necessità di purificazione e la garanzia della verginità, sono vietate in molti Paesi del mondo, anche africani (in Italia dalla legge n.7 del 2006). Gli interventi devono mirare soprattutto alla prevenzione, in particolare tra le figlie di immigrati provenienti da Paesi a rischio. È importante inoltre sottolineare che la medicina tradizionale non è in contrasto con quella “occi-dentale”, pertanto gli africani hanno conoscenza ed esperienza di entrambe e non hanno difficoltà ad accettare cure da medici italiani. Più difficile è far comprendere le cure preventive, gli stili di vita salutari e la necessità di controlli dopo un intervento o la somministrazione di una terapia.

Gli immigrati cinesi

Anche se la realtà cinese è quella di un Paese in rapida espansione economica, non bisogna dimenticare che circa l’80% della popolazione vive in aree rurali e, in considerazione della vastità territoriale, gli usi e le tradizioni culturali risultano molto disomogenei.

Gravidanza e maternità

In Cina la legge sul controllo demografico per-mette un solo figlio a coppia, pertanto la donna vive la gravidanza come un evento assolutamen-te unico nella sua vita. Negli anni della Rivoluzio-ne Culturale la gravidanza veniva programmata in base alle esigenze delle cosiddette “unità di lavoro”: le donne lavoratrici si mettevano per così dire “in lista” e a turno un “superiore” stabi-liva per ciascuna donna il momento giusto per avere un figlio.Oggi le donne cinesi che vivono nelle grandi città studiano, lavorano e sono parte attiva della

società che produce; sono libere di decidere il momento per diventare madri ma, rimanen-do questo sempre un evento eccezionale e irripetibile, tendono a posticipare la maternità nell’attesa di raggiungere una posizione so-ciale ed economica favorevole. In città, come anche nei piccoli centri, le donne partoriscono in ospedale proprio per evitare eventuali rischi legati al parto non protetto in casa. Dopo aver partorito la donna lavoratrice ha diritto a tre mesi di permesso. Subito dopo il parto, per un mese mamma e neonato restano in casa. Per quanto la presenza del padre in sala parto non rientri nelle usanze della cultura cinese, recentemente l’atteggiamento nei confronti di questo evento sta cambiando, infatti in alcune strutture ospedaliere è consentita.Le madri che vivono in aree rurali protraggono l’allattamento al seno per i primi due anni di vita, mentre nelle grandi città, sotto l’influenza disincentivante della pubblicità delle industrie di latte artificiale che mostrano bambini floridi e felici alimentati al biberon, la situazione è molto diffe-rente. A questo si aggiunge il timore crescente nei confronti di inestetismi del seno o di cambia-menti corporei in negativo (cellulite, smagliature, aumento ponderale), erroneamente attribuiti a un prolungato periodo di allattamento al seno.

Aspetti socio-culturaliLa cultura cinese, ricchissima e millenaria, ha radici profondamente diverse da quella occidentale. L’etica confuciana ha fortemente permeato il pensiero cinese sin dal 500 a.C.; in maniera assolutamente semplicistica va ricor-dato che per ogni cinese il rispetto dell’anziano, dell’avo, del maestro è molto forte e negli inse-gnamenti di Kongzi (nome originale di Confucio) dote fondamentale dell’uomo è il ren, termine intraducibile che indica allo stesso tempo umanità, reciprocità e benevolenza. Questo comporta un continuo controllo delle proprie emozioni, che si traduce in comportamenti sempre garbati e gentili e in una volontà di non offendere o contraddire un interlocutore tanto forte da fornire informazioni non corrispondenti allo stato reale dei fatti. Alla luce di queste conoscenze, nel rapporto con i pazienti cinesi bisogna avere molta cura a non assumere mai un atteggiamento non cor-tese, cercando di rispondere in maniera più che garbata e di non assumere un atteggiamento giudicante nel caso di risposte o informazioni non corrispondenti al vero: se si chiede a un paziente cinese, per esempio, se in casa è pre-sente l’impianto di riscaldamento, il più delle volte dirà di sì anche se non è così, e questo perché egli è convinto del fatto la consapevolezza che la sua casa è fredda potrebbe dispiacere al suo interlocutore.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 4

Il rapporto mamma-bambinoL’arte del massaggio fa parte della medicina cine-se e la sua conoscenza si tramanda di genera-zione in generazione. In Cina, il rapporto madre-bambino è molto stretto e la donna è supportata dai nonni che rappresentano un prezioso aiuto, soprattutto quando, dopo il terzo mese, deve riprendere il lavoro. Diversa è la situazione quan-do la donna cinese si trova all’estero per motivi di lavoro. In Italia, per esempio, è raro vedere mamme cinesi con bambini sotto il primo anno di vita negli ambulatori pediatrici, mentre è più frequente vederle con bambini in età scolare. Ac-cade infatti che le donne cinesi che partoriscono in Italia dopo pochissimi mesi siano costrette, per esigenze di lavoro incompatibili con l’allevamento di un bambino, ad accompagnare il loro piccolo in Cina dove è affidato alle cure dei nonni o degli zii. Il ricongiungimento con i genitori avviene in seguito, verso i 5-6 anni, quando il figlio rientra in Italia dove potrà frequentare la scuola. In questo caso il bambino cinese subisce un primo “gap affettivo” di allontanamento forzato dalla madre in un periodo (i primi 4-5 anni di vita) di estrema importanza per la sua crescita psico-fisica. Il piccolo si ritrova poi a subire un secondo “gap affettivo” quando deve separarsi dai nonni, suoi punti di riferimento, per ricongiungersi a genitori che, di fatto, non conosce e inserirsi in una realtà a lui sconosciuta.Il bambino cinese malato è fonte di estrema preoccupazione e ansia perché la famiglia si può trovare di fronte alla dolorosa condizione di non avere mezzi economici sufficienti per po-terlo curare (le prestazioni sanitarie in Cina sono tutte a pagamento). L’apprensione e l’ansia nei confronti di sintomi patologici anche banali del lattante (infezioni respiratorie alte, febbre, vomito e così via) sono simili a quelle delle mamme occi-dentali, senza dimenticare il fatto che il bambino rappresenta un “bene” unico, da custodire con la massima cura.

L’assistenza sanitaria, il massaggio e l’agopunturaNegli ambulatori degli ospedali (non esiste una medicina di base) afferiscono per la maggior parte individui con patologie del tutto assimilabili a quelle che si vedono negli ambulatori italiani. Estremamente carente è però in Cina la relazione comunicativa tra il medico e il paziente come pure tra il pediatra e la mamma. La visita spesso dura pochi minuti e si conclude con una terapia prescritta quasi sempre per via endovenosa o intramuscolare, passando prima attraverso la prescrizione di eccessivi esami di laboratorio e/o radiologici. Peggiore è la condizione di una per-sona affetta da malattia cronica o da patologia chirurgica, per le quali la situazione economica della famiglia è assolutamente determinante.

La millenaria medicina cinese (agopuntura, fitote-rapia, dietoterapia, massaggio) è parte integrante del tessuto sociale e si tramanda di generazione in generazione. Tutti gli ospedali hanno diparti-menti di medicina tradizionale cinese accanto a quelli di medicina occidentale e il paziente può scegliere dove rivolgersi. Solitamente quelli di medicina tradizionale hanno un costo più accessibile. In linea generale, secondo la medi-cina tradizionale, le malattie insorgono quando si instaura una disarmonia energetica all’interno del nostro corpo alla quale concorrono sia agenti esterni (vento, freddo, calore, secchezza, umidità), sia interni (emozioni), sia un’alimenta-zione scorretta o uno scarso esercizio fisico. Il massaggio dei punti dell’agopuntura serve per curare molti sintomi, in tutte le fasce d’età. Per esempio, le coliche del lattante vengono trattate massaggiando con una lieve pressione per 10-20 secondi il punto “Milza 6” in cui confluiscono i tre meridiani Yin del piede, mentre l’inappetenza del bambino più grande (attorno ai 18-24 mesi) viene “curata” con un particolare tipo di massag-gio effettuato sulla schiena (si solleva la pelle del dorso e la si ripiega più volte su stessa partendo dal basso verso l’alto). L’agopuntura tratta le para-lisi facciali, le cefalee, il torcicollo, la balbuzie ed è largamente utilizzata nella riabilitazione motoria di varie patologie. Sempre secondo la medicina cinese, le cause di una maggiore esposizione al rischio di malattie, come quelle da raffredda-mento, con ostruzione delle alte vie respiratorie, sono da ricercare in un’alimentazione troppo improntata al consumo di cibi Yin dell’elemento terra come dolciumi, latte e banane.

Il rapporto con il medicoL’immigrazione cinese in Italia riscontra un mag-gior numero di problemi di integrazione rispetto ad altre popolazioni. La lingua è uno degli osta-coli più difficili da superare: il cinese infatti non è una lingua di derivazione indoeuropea e si basa su fonoideogrammi, quindi è estremamente complicato per un cinese adattarsi a una forma di scrittura esclusivamente fonetica con conso-nanti e vocali. Questo contribuisce a far sì che gli immigrati cinesi tendano a restare con i propri connazionali, creando piccole comunità isolate e rallentando il processo di integrazione; si tende infatti a costituire delle piccole china-town nelle diverse città dove sono emigrati. Questa situazione crea squilibri dovuti a crisi di identità soprattutto nei giovani immigrati che perdono via via usanze e costumi propri ma non riescono a integrarsi con quelli del Paese ospi-tante; alcuni adolescenti richiedono addirittura interventi di chirurgia plastica per modificare i tratti orientali del volto. Spesso i giovani cinesi tendono ad abbandonare prematuramente gli studi per lavorare in famiglia o presso conna-

zionali: questo è chiaramente un segno di grave disagio anche perché, il più delle volte, si tratta di scelte che non corrispondono ai reali desideri. In tale contesto si potrebbero attuare per esempio le seguenti soluzioni:• le strutture sanitarie, le scuole e le associa-

zioni di ritrovo potrebbero essere affiancate da mediatori linguistico-culturali per favorire una migliore comprensione delle informazioni sanitarie e sociali;

• visite domiciliari da parte di operatori sanitari accompagnati da mediatori linguistico-cultu-rali, al fine di delineare un quadro reale delle diverse situazioni familiari;

• incontri periodici fra tutti gli operatori (sanitari, assistenti sociali, insegnanti, genitori e me-diatori linguistico-culturali), per discutere casi complicati che riguardano minori e approntare insieme le possibili strategie da mettere in atto;

• creazione di un centro di informazione-archi-viazione bilingue con una sezione speciale dedicata ai bambini, accessibile facilmente sia per gli operatori (sanitari e non) sia per la popolazione cinese;

• comprensione delle esigenze degli immigrati da parte degli operatori: corsi di aggiornamen-to per migliorare il servizio e favorire il processo di integrazione paiono indispensabili.

PER APPROFONDIRE

• AA. VV. Islam. L’eredità. Arte, scienza, filosofia. Araba

Fenice, Boves (CN), 2004.

• Adib S. From the biomedical model to the Islamic

alternative: a brief overview of medical practices

in the contemporary Arab world. Soc Sci Med

2004;58:697-702.

• Cozzi D, Nigris D. Gesti di cura. Elementi di

metodologia della ricerca etnografica e di analisi

socioantropologica per il nursing. Colibrì, Paderno

Dugnano (MI), 1996.

• Lanternari V. Medicina, magia, religione, valori, Vol. I.

Liguori Ed., Napoli, 1994.

• Réal I. Eziologie tradizionali e psicologie/psicoterapie

occidentali nel trattamento dei pazienti e delle

famiglie migranti. In Quaderno di formazione

alla clinica transculturale. Comune di Milano e

Cooperativa Sociale Crinali onlus, Milano, 2006:24-

36.

• Volpini D. La ricerca sull’immigrazione in medicina

sociale. In Tordisco A, Gini G, Volpini MP. (a cura di)

Immigrazione, salute e partecipazione. Atti Istituto

Italiano di Medicina Sociale, Roma, 2005:29-34.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

Negli immigrati è risultata maggiore la percen-tuale di utilizzatori, rispetto agli italiani, di farmaci antidiabetici, gastroprotettori e antinfiammatori.In Italia giungono stranieri da circa 150 Paesi di tutti i continenti: questo implica una confluenza non soltanto di culture, religioni e stili di vita, ma anche di potenziali vulnerabilità, assetti genetici (ad es., in considerazione di malattie ereditarie rare) e quindi predisposizioni costituzionali e capacità di adattamento del tutto differenti. Nel modulo 1 era stato tracciato un quadro generale dello stato di salute che, come si era affermato, può essere considerato nel suo complesso buono. In realtà, prima di approfondire in maniera più dettagliata il tema delle patologie più diffuse e la conseguente prescrizione di farmaci, sono opportune alcune considerazioni. L’“effetto migrante sano” è valido per chi sceglie di affrontare l’onere economico e lo stress psico-fisico che comporta il trasferimento in un Paese straniero, ma non per profughi, sfollati, rifugiati e tutti coloro che si trovano costretti a scappare da gravi situazioni politiche, guerre o persecuzioni; inoltre tende ad attenuarsi e a perdere la propria rilevanza man mano che l’immigrazione si stabi-lizza nel Paese ospite e subentra la cosiddetta stratificazione demografica. Dopo una prima fase di vulnerabilità per le condizioni di vita, infatti, ten-de a prevalere la possibilità di un’interazione con i servizi del Paese ospite e subentra la capacità di identificare ed esternare i propri bisogni di salute, parallelamente al percorso di adattamento del sistema sanitario del Paese ospite alle peculiari necessità di questi nuovi utenti. Il fenomeno del migrante sano, tuttavia, non sempre è riscon-trabile negli stranieri il cui progetto migratorio è tracciato, semplificato o agevolato da parenti o amici. Infine è bene tenere in considerazione che lo stato di salute dei migranti può risentire negativamente dell’intervento di fattori sanitari, ambientali e sociali legati al Paese ospite: il disagio psicologico, la mancanza di lavoro, la precaria disponibilità e autonomia economica, il degrado abitativo, l’adattamento a un clima e a uno stile alimentare e di vita diversi, la mancanza del sostegno familiare, il coinvolgimento in attività lavorative rischiose e non tutelate e gli eventuali ostacoli di accesso ai servizi sanitari nonostante le leggi sono soltanto alcuni esempi che devono far riflettere sulle molteplici eventualità che pos-sono concorrere a determinare una condizione

di “sofferenza sanitaria” del migrante indipen-dentemente da un buon profilo di salute iniziale. Un ulteriore ambito di intervento è quello che riguarda la medicina preventiva, che ha sem-pre visto l’Italia attivamente impegnata. Alcune ricerche, peraltro confinate a singole realtà terri-toriali e quindi non in grado di fornire una lettura sufficientemente completa su scala nazionale, hanno per esempio riportato un rischio elevato di parti distocici e di sofferenza perinatale e per i bambini, soprattutto nel contesto della popo-lazione zingara, e un ritardo o l’incompletezza della copertura vaccinale.

Principali patologie di interesse

AIDSLe malattie che hanno suscitato maggiore in-teresse nella popolazione immigrata sono le malattie sessualmente trasmissibili, compresa l’infezione da HIV con AIDS conclamata, e la tubercolosi, che sono ritenute, ancora oggi, nell’immaginario collettivo, i pericoli più gravi e immediati per la salute degli italiani. Malgrado i numerosi progressi, le malattie ses-sualmente trasmissibili rappresentano tuttora un problema di salute pubblica. Nei Paesi più avanzati l’introduzione di tecniche diagnostiche raffinate e di protocolli terapeutici validi efficaci, anche grazie alla disponibilità di nuove molecole, ha agevolato la diagnosi, il decorso e la prognosi, riducendo anche il gravoso carico di implicazioni psicologiche, mentre nei Paesi in via di sviluppo la situazione riserva ancora ampi margini di cri-ticità a fronte delle scarse risorse economiche destinabili all’esecuzione di pratiche diagnosti-che precise e attendibili e all’impiego di farmaci di ultima generazione. Per quanto riguarda l’AIDS, nell’intervallo 1992-09 sono stati diagnosticati in Italia 48.550 casi nei maggiorenni, di cui poco più di 4800 hanno riguardato cittadini stranieri. La percentuale di stranieri affetti da AIDS è salita dal 2,6% nel 1992 al 24,5% nel 2009, tuttavia il numero di nuove diagnosi tra gli stranieri di sesso maschile, dopo un aumento iniziale tra il 1992 e il 1995, si è stabilizzato, mantenendosi al di sotto dei 200 casi/anno (con la sola eccezione dei 212 casi registrati nel 2008). Nelle donne, invece, il numero di diagnosi ha segnato un progressivo incremento fino al 2005 (parallelamente a un

parole chiave

in pillole

Le principali patologie a prevalenza extracomunitaria

Obiettivi del modulo: analizzare le principali problematiche sanitarie

riguardanti gli immigrati; evidenziare le differenze del profilo di salute e di incidenza di patologie tra

cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria e cittadini di Paesi avanzati; identificare

le principali cause di ricovero.

Paesi a forte pressione migratoria

Paesi avanzati

AIDS

Tubercolosi

Epatite virale A, B, C e non A-non C

ÂÂ È importante prevenire l’insorgenza di malattie negli immigrati a seguito di esposizione a condizioni di degrado o a fattori di rischio ambientale.

ÂÂ La prevalenza di AIDS ha registrato una diminuzione progressiva negli immigrati.

ÂÂ La tubercolosi è in Italia un problema di sanità pubblica prioritaria per il quale la componente legata alla popolazione immigrata costituisce un aspetto di assoluto interesse senza però destare di per sé motivi di allarmismo sociale.

ÂÂ Negli individui provenienti da Paesi ad alta endemia sarebbe da considerare l’opportunità dello screening per i virus B e C.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

aumento di 5 volte della popolazione straniera osservato nel medesimo periodo), attestandosi intorno a 120-130 casi/anno (Figura 1). I tassi di incidenza a partire dal 1996, grazie alla disponi-bilità di trattamenti più efficaci, sono in costante diminuzione in entrambi i sessi (in particolare negli uomini). Questa tendenza si è mantenuta anche negli anni successivi (Figura 2).Questi dati confermano che l’incremento della percentuale di stranieri affetti da AIDS rispetto a tutti i casi diagnosticati in Italia non esprime un aggravamento dell’epidemia, ma è dovuto all’aumento della popolazione immigrata, insieme a una riduzione più marcata dell’infezione negli Italiani. Inoltre l’andamento dei tassi di inciden-za indica che il contenimento del fenomeno negli stranieri è correlabile alla loro possibilità di accesso a trattamenti antiretrovirali efficaci,

offerti dal Servizio Sanitario Nazionale. Va poi osservata la persistenza, ancora nel 2009, di una differenza significativa della prevalenza tra gli stranieri (residenti) e gli italiani: 4:1 (10,8 e 2,6 per 100.000 rispettivamente) per gli uomini, 11:1 (6,9 e 0,6 per 100.000) per le donne.La possibilità di accesso ai servizi è fondamen-tale per contrastare la vulnerabilità degli stranieri al contagio e alle complicanze dell’AIDS: la po-polazione immigrata, infatti, si imbatte spesso in ostacoli di natura linguistica, culturale e socio-economica che impediscono l’applicazione di valide misure di prevenzione e cura. Per tale ragione sono prioritarie l’informazione e l’edu-cazione sanitaria su un versante, unitamente al test di screening, e sull’altro la promozione dell’accesso alle cure nonché della compliance ai protocolli terapeutici.

TubercolosiLa tubercolosi è una patologia diffusa tra gli indi-vidui caratterizzati da un basso livello economico e quelli che, per cause esogene o endogene, presentano un calo delle difese immunitarie. Negli Stati Uniti gli incrementi della mortalità per tubercolosi sono risultati correlati alle diverse on-date di immigrazione, in particolare tra le persone costrette a vivere in condizione di emarginazione. Il rischio di contrarre la tubercolosi nel Paese di immigrazione, inoltre, aumenta in rapporto a situazioni socio-economiche precarie e diventa ancor più rilevante in coloro che provengono da aree geografiche caratterizzate da elevata endemia, soggetti peraltro a maggiore rischio di antibiotico-resistenza. La tubercolosi deve essere quindi considerata una malattia della povertà e dell’emarginazione sociale. L’“effetto migrante sano” concorre indubbiamen-te a mitigare i presunti rischi per il Paese ospite, soprattutto se dotato di un sistema sanitario adeguatamente sviluppato che assicuri sorve-glianza e trattamento tempestivo. Al contrario potrebbero essere proprio le condizioni di de-grado ambientale e sociale subite dagli immigrati a determinarne un rischio globale di malattia e contagiosità tubercolare addirittura superiore a quello dei concittadini nel Paese di origine. Eventuali deficit nutrizionali, squilibri dietetici, infezioni intercorrenti e lo stress globale possono amplificare il rischio di riattivazione endogena, mentre la promiscuità abitativa in ambienti mal-sani moltiplica il rischio di prima infezione e di reinfezione esogena. Il numero dei casi di tubercolosi notificati in Italia nel periodo 2003-09 è rimasto stabile, con circa 4500 casi/anno, ma con una progressiva riduzione dell’incidenza in linea con l’andamento degli ultimi 15 anni: da 8 casi/100.000 abitan-ti nel 1995 a 7 casi/100.000 nel 2009. Nel medesimo intervallo di tempo la popolazione residente in Italia ha registrato un incremento di poco più del 5% (in media, meno dell’1% l’anno), mentre la popolazione straniera residente, nello stesso periodo, è aumentata in alcune zone fino a raddoppiare (aumento medio di circa il 20-25% l’anno), con differenze importanti tra una regione e l’altra. Negli ultimi anni in Italia è invece aumentato in maniera significativa il numero di casi di tubercolosi in persone nate all’estero (Fi-gura 3), parallelamente all’incremento della loro numerosità: dal 2003 al 2009, il numero dei casi di tubercolosi registrati in cittadini nati all’estero è infatti salito dal 37% al 48% del totale dei casi notificati dalle regioni e nel 2009 la percentuale negli stranieri ha superato quella registrata negli italiani (Figura 4). In conclusione la tubercolosi è in Italia un pro-blema di sanità pubblica prioritaria per il quale la componente legata alla popolazione immigrata

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Figura 1 Andamento dei casi di AIDS nella popolazione straniera nell’intervallo 1992-09.Modificata da Geraci S, Baglio G. Decimo Rapporto Osservasalute. Prex, Milano, 2012.

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Figura 2 Andamento dell’incidenza di AIDS.Modificata da Geraci S, Baglio G. Decimo Rapporto Osservasalute. Prex, Milano, 2012.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

costituisce un aspetto di assoluto interesse, senza però destare di per sé motivi di allarmi-smo sociale, anche in considerazione della rara trasmissione dell’infezione dagli immigrati alla popolazione residente. È tuttavia fondamentale mantenere una sorveglianza attiva in tutte le regioni, uniformandone possibilmente l’opera-tività al fine di garantire diagnosi e trattamento precoci. Infine è necessario favorire l’accesso ai servizi sanitari da parte degli immigrati attraverso un’informazione capillare e la sensibilizzazione degli operatori sanitari.

Epatite viraleNel periodo 2004-10 sono pervenute al Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta (SEIEVA) 7914 notifiche di casi di epatite virale acuta, dei quali il 14% riguardante cittadini stra-nieri. Tale percentuale è aumentata negli anni, salendo dal 10,9% nel 2004 al 17,9% nel 2010 (Tabella 1). Maggiormente rappresentate sono le epatiti A e B, ma le percentuali più elevate si sono registrate per i casi di epatite non A-non C (Tabella 2). La quasi totalità dei casi osservati negli stranieri (97%) proveniva da Paesi a forte pressione migratoria (PFPM) e soltanto un’esigua minoranza (35 casi) da Paesi a sviluppo avan-zato (PSA). Relativamente all’area geografica la maggior parte dei casi si è verificata in cittadini dell’Europa dell’Est (41,6%) e dell’Africa (29,3%), regioni a più elevata pressione migratoria verso l’Italia. I casi di epatite A sono stati notificati pre-valentemente in cittadini africani, mentre quelli di epatite B e C, a trasmissione parenterale, in in-dividui provenienti per lo più dall’Europa dell’Est, dove il livello endemico raggiunge il suo picco nel nostro continente, in particolare per l’epatite B.Per quanto riguarda il tipo di epatite diagnosticata oltre l’81% dei casi negli stranieri è attribuibile ai virus A e B, mentre soltanto il 4% all’epatite C contro quasi il 9% riscontrato nella popolazione italiana. Nei cittadini provenienti da PSA l’epatite

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Figura 3 Andamento della tubercolosi (italiani e stranieri, per 100.000) nell’intervallo 2003-09. Modificata da Ministero della Salute. Direzione Generale della Prevenzione, Ufficio V - Malattie Infettive e Profilassi Internazionale, 2012.

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Nati all’esteroPopolazione generale

Figura 4 Incidenza di tubercolosi (per 100.000) nei nati all’estero nell’intervallo 2003-09. Modificata da Ministero della Salute. Direzione Generale della Prevenzione, Ufficio V - Malattie Infettive e Profilassi Internazionale, 2012.

Tabella 1. Notifiche di epatite virale

Anni Totale casi N (%)

Epatite A N (%)

Epatite B N (%)

Epatite C N (%)

Epatite non A-non C, N (%)

2004 147/1353 (10,9) 53/635 (8,3) 62/486 (12,8) 8/115 (7,0) 24/117 (20,5)

2005 120/933 (12,9) 41/368 (11,1) 56/366 (15,3) 4/96 (4,2) 19/103 (18,4)

2006 195/1089 (17,9) 82/397 (20,7) 69/462 (14,9) 7/106 (6,6) 37/124 (29,8)

2007 169/1039 (16,3) 56/353 (15,9) 85/487 (17,5) 6/102 (5,9) 22/97 (22,7)

2008 167/1372 (12,2) 71/742 (9,6) 68/453 (15,0) 6/74 (8,1) 22/103 (21,4)

2009 164/1302 (12,6) 84/752 (11,2) 52/390 (13,3) 8/83 (9,6) 20/77 (26,0)

2010 148/826 (17,9) 62/371 (16,7) 63/326 (19,3) 5/76 (6,6) 18/53 (34,0)

Totale 1110/7914 (14,0) 449/3618 (12,4) 455/2970 (15,3) 44/652 (6,7) 162/674 (24,0)

Modificata da Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta, Istituto Superiore di Sanità, 2012

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

A è la più frequente (77% dei casi): l’epatite A, in-fatti, è endemica nei PFPM, cosicché gli individui provenienti dai PSA sono in genere sprovvisti di anticorpi protettivi contro il virus epatitico A. Più in dettaglio dei 449 casi di epatite A diagnosticati negli stranieri 422 provenivano da PFPM e 178 dal Marocco (42%). In entrambe le popolazioni l’incidenza ha mostrato nel tempo una riduzione progressiva, da circa 3 per 100.000 nel 2004 a meno di 2 per 100.000 nel 2010 (Figura 5). Nel medesimo periodo i casi di epatite B sono stati 455, a carico di stranieri provenienti soprattutto dall’Europa dell’Est e in particolare dalla Romania (128 casi). L’incidenza di epatite B negli immigrati da PFPM è più elevata rispetto alla popolazione generale, ma la differenza ha registrato una

riduzione nel tempo a fronte di una diminuzione dei tassi di malattia negli stranieri (Figura 6). Tale riscontro potrebbe essere spiegato dal fatto che l’Italia è stata la prima nazione ad attuare la vaccinazione di massa anti-epatite B (legge n. 165/1991), mentre altri Paesi hanno intrapreso questo percorso successivamente, benefician-do tardivamente dei benefici della profilassi. L’Italia, inoltre, ha adottato una vaccinazione in parallelo dei neonati e dei dodicenni – con la conseguente induzione di un’immunità di gruppo – e molti stranieri, risiedendo in Italia dalla nascita o comunque dall’età di 12 anni, possono aver beneficiato della vaccinazione obbligatoria. Dei 652 casi di epatite C notificati tra il 2004 e il 2010, 44 (6,7%) riguardavano stranieri provenienti da

PFPM e il 59% dei casi dall’Europa dell’Est (Fi-gura 7). Le epatiti acute negative ai test per la ricerca dei virus dell’epatite A, B e C (non A-non C) o di origine ignota nel periodo 2004-2010 sono state complessivamente 162 (Tabella 3). Per quanto riguarda in particolare l’epatite acuta Delta, la quasi totalità dei casi proveniva dall’Europa dell’Est.Le considerazioni conclusive possono essere dunque così sintetizzate: • sarebbe opportuno offrire agli immigrati la

vaccinazione anti-epatite B;• negli individui provenienti da Paesi ad alta

endemia dovrebbe esser effettuato uno scre-ening per i virus B e C;

• i soggetti con epatite B o C dovrebbero essere inviati ai centri specializzati per l’opportuna assistenza;

• sarebbe auspicabile un counseling orientato a sensibilizzare e informare gli immigrati nei con-fronti delle problematiche relative all’epatite e in particolare ai fattori di rischio e alle strategie di prevenzione.

Ricoveri

I dati relativi ai ricoveri degli stranieri, acquisiti dall’archivio nazionale delle Schede di Dimissio-ne Ospedaliera (SDO) del Ministero della Salute, offrono numerose informazioni sia sull’impatto del fenomeno migratorio sulle ospedalizzazioni sia sull’assistenza sul territorio e sulle patologie. Nel 2010 i ricoveri dei cittadini stranieri sono stati circa 560.000, pari al 5% del totale, e nel 93%

Tabella 2. Casi di epatite per area di provenienza e tipologia di epatite nel periodo 2004-10

Aree di provenienza Totale casi N (%)

Epatite A N (%)

Epatite BN (%)

Epatite C N (%)

Epatite non A-non C, N (%)

Livello di sviluppo

PFPM 1075 (96,9 422 (94,0) 448 (98,5) 44 (100,0) 161 (99,4)

PSA 35 (3,1) 27 (6,0) 7 (1,5) 0 (0,0) 1 (0,6)

Area geografica

Africa 325 (29,3) 213 (47,4) 81 (17,8) 11 (25,0) 20 (12,3)

America centro-meridionale 86 (7,7) 37 (8,2) 39 (8,6) 3 (6,8) 7 (4,3)

Asia 206 (18,6) 54 (12,0) 67 (14,7) 4 (9,1) 81 (50,0)

Europa dell’Est 462 (41,6) 121 (26,9) 262 (57,6) 26 (59,1) 53 (32,7)

Europa occidentale 26 (2,3) 21 (4,7) 5 (1,1) 0 (0,0) 0 (0,0)

Nord-America 3 (0,3) 2 (0,4) 0 (0,0) 0 (0,0) 0 (0,0)

Oceania 2 (0,2) 1 (0,2) 1 (0,2) 0 (0,0) 0 (0,0)

Totale 1110 (100) 449 (100) 455 (100) 44 (100) 162 (100)

PFPM: Paesi a forte pressione migratoria; PSA: Paesi a sviluppo avanzato

Modificata da Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta, Istituto Superiore di Sanità, 2012

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Popolazione generalePFPM

Figura 5 Incidenza di epatite A negli stranieri provenienti da PFPM e nella popolazione generale nell’intervallo 2004-10.Modificata da Geraci S, Baglio G. Decimo Rapporto Osservasalute. Prex, Milano, 2012.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

dei casi hanno riguardato cittadini provenienti da PFPM (Tabella 4); il 75% è stato effettuato in regime ordinario. Per quanto riguarda il regime di Day Hospital i ricoveri totali hanno registrato una riduzione a partire dal 2005 e nel 2010 sono stati poco più di 3 milioni. Tra gli immigrati da PFPM i ricoveri sono aumentati fino al 2008 e succes-sivamente sono diminuiti attestandosi intorno a 130.000. I dati relativi al 2010 confermano l’ele-vata variabilità dei ricoveri degli stranieri da PFPM nelle varie regioni italiane, correlata al numero di stranieri presenti nelle singole aree del Paese. Tra i cittadini provenienti da PFPM l’ospedaliz-zazione delle donne risulta sempre maggiore rispetto a quella degli uomini per entrambe le tipologie di ricovero per ragioni legate alla riproduzione (gravidanza, parto e abortività vo-lontaria). I tassi dei pazienti PFPM denotano in ogni caso un loro ridotto accesso alle strutture ospedaliere. L’analisi per diagnosi principale alla dimissione (Tabella 5) conferma ulteriormente nei maggiorenni il ricorso frequente all’ospedale da parte delle donne provenienti da PFPM per motivi legati alla riproduzione. In regime ordinario i parti delle donne da PFPM condizionano tassi di 1,6 volte più elevati rispetto a quelli delle cittadine italiane. In regime di Day Hospital le differenze tra PFPM e italiane si correlano a un differente ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza (i tassi sono di 2,4 volte più elevati nelle straniere PFPM rispetto alle italiane). Seguono per fre-quenza le infezioni dell’apparato genitourinario, sia in regime ordinario (6,5%) che in Day Hospital (12,4%), probabilmente a causa di condizioni di vita precarie e scarsa igiene. Negli uomini i traumatismi (18,5% dei ricoveri in regime ordinario) rimangono la causa più frequente di ricovero, seguiti da malattie dell’ap-parato digerente (14,7%), soprattutto a carico del tratto intestinale, e da malattie del sistema circolatorio (12,3%). Analoga realtà caratterizza i ricoveri in Day Hospital (Tabella 6), con una maggior frequenza di malattie dell’apparato digerente (12,4%, prevalentemente interventi di ernia addominale), seguite da malattie dei sistemi osteomuscolare e connettivo (11,6%).I dati al 2010 confermano un utilizzo dei servizi ospedalieri inferiore da parte degli immigrati rispetto agli Italiani, e per ragioni essenzial-mente legate alla fisiologia della riproduzione o a cause accidentali come i traumi. Si registra tuttavia un incremento delle malattie croniche (tumori, malattie cardio-circolatorie, bronco-pneumopatie ostruttive e asma) parallelamente all’invecchiamento della popolazione immigrata e all’adozione di stili di vita del Paese ospite, con tutti i fattori di rischio correlati. L’elevato ricorso alle interruzioni volontarie di gravidanza giustifi-cherebbe interventi ad hoc per la promozione di una procreazione responsabile.

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Popolazione generalePFPM

Figura 6 Incidenza dell’epatite B negli stranieri provenienti da PFPM e nella popolazione generale nell’intervallo 2004-10. Modificata da Geraci S, Baglio G. Decimo Rapporto Osservasalute. Prex, Milano, 2012.

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Popolazione generalePFPM

Figura 7 Incidenza di epatite C negli stranieri provenienti da PFPM e nella popolazione generale nell’intervallo 2004-2010. Fonte: SEIEVA, 2012

Tabella 3. Casi notificati di epatite non A-non C

Agente eziologico N (%) Area di provenienza (N)

Delta 8 (4,9) Europa dell’Est (7), Africa (1)

E 30 (18,5) Asia (29 – Bangladesh, India e Pakistan), Africa (1)

Non A-non D* 46 (28,4) Asia (24), Europa dell’Est (14), Africa e America centro-meridionale (4)

Non A-non E** 5 (3,1) Africa (4), Asia (1)

Sconosciuta 73 (45,1) Europa dell’Est (32), Asia (27), Africa (10), America centro-meridionale

Totale 162 (100,0)

* Casi negativi ai test per HAV, HBV, Delta e HCV e non testati per rilevare la presenza di anticorpi anti-HBV.** Casi negativi ai test per HAV, HBV, Delta, HCV e HEV.

Modificata da SEIEVA, 2012

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

Tabella 4. Dimissioni ospedaliere per regime di ricovero e provenienza nell’intervallo 2003-2010

Ricoveri ordinari Day Hospital

Provenienza 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Stranieri da PSA 33.265 33.728 33.789 35.475 35.449 34.725 33.497 32.884 8284 9191 10.347 9906 9610 9122 8710 8112

Residenti in Italia (%) 50,0 52,9 54,0 55,6 56,6 57,4 59,4 59,3 81,0 83,0 84,8 84,9 85,4 86,3 87,6 88,0

% sul totale 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,2 0,2 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3

Stranieri da PFPM 245.114 267.564 295.162 327.162 347.819 369.510 385.541 385.492 86.269 102.389 113.729 122.777 126.310 132.812 130.973 130.631

Residenti in Italia (%) 79,5 81,7 82,3 82,1 83,0 85,3 87,3 88,3 79,3 81,3 81,1 80,5 82,9 85,8 87,9 89,6

% sul totale 2,8 3,1 6,4 3,8 4,2 4,5 4,8 5,0 2,4 2,6 2,9 3,1 3,5 3,7 4,0 4,2

Totale ricoveri 8.799.495 8.709.500 8.587.521 8.527.212 8.272.500 8.122.885 7.995.951 7.784.364 3.628.309 3.877.944 3.985.600 3.917.701 3.655.613 3.564.606 3.257.001 3.093.053

Residenti in Italia (%) 99,2 99,3 99,1 99,1 99,0 99,1 99,2 99,2 99,4 99,5 99,4 99,3 99,3 99,4 99,5 99,5

% sul totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Modificata da Ministero della Salute, 2012

Tabella 5. Diagnosi alla dimissione in regime ordinario nel 2009

Diagnosi principale alla dimissione Maschi Femmine

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Non indicata 130 0,2 - - 217 0,1

I-Malattie infettive e parassitarie 3369 4,7 2,7 2,0 2523 1,3 2,0 1,4

II-Tumori 4023 5,6 8,9 15,9 10.413 5,3 9,9 13,5

III-Malattie endocrine, metaboliche e immunitarie 1328 1,8 2,0 2,4 2143 1,1 2,4 3,5

IV-Malattie sangue e organi ematopoietici 518 0,7 0,7 1,1 1079 0,5 1,0 1,2

IV.1-Anemie 313 0,4 0,5 0,8 782 0,4 0,8 0,9

V-Disturbi psichici 2682 3,7 1,8 3,8 3362 1,7 2,1 3,6

VI-Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 3388 4,7 4,2 6,1 3713 1,9 4,0 5,6

VI.4-Epilessia 411 0,6 0,3 0,5 316 0,2 0,3 0,4

VI.7-Malattie dell’occhio 1101 1,5 1,7 2,3 989 0,5 1,6 1,8

VI.8-Malattie dell’orecchio 872 1,2 0,8 0,8 1152 0,6 0,9 0,9

VII-Malattie del sistema circolatorio 8909 12,3 20,2 32,4 6958 3,5 13,2 20,0

VII.2-Malattie del cuore 5570 7,7 12,8 20,6 3489 1,8 7,6 11,4

VIII-Malattie dell’apparato respiratorio 6712 9,3 8,2 12,6 5201 2,6 6,0 7,6

VIII.1-Infezioni respiratorie 2997 4,2 3,2 3,7 2765 1,4 2,7 2,6

VIII.2-BPCO 419 0,6 1,4 2,2 285 0,1 0,7 1,1

VIII.3-Asma 245 0,3 0,2 0,1 239 0,1 0,2 0,2

IX-Malattie dell’apparato digerente 10.596 14,7 11,0 15,8 11.879 6,0 10,7 11,4

IX.6-Disturbi del tratto intestinale inferiore (inclusa appendice) 3626 5,0 2,6 3,4 2976 1,5 2,2 2,9

X-Malattie dell’apparato genito-urinario 4010 5,6 5,9 8,7 12.849 6,5 8,2 9,4

XI-Complicazioni della gravidanza, parto e puerperio – – – – 114.716 58,2 48,0 30,8

XII-Malattie cutanee e del tessuto sottocutaneo 1047 1,4 0,9 1,5 789 0,4 0,6 1,1

XIII-Malattie dei sistemi osteomuscolare e connettivo 5439 7,5 5,2 9,8 5449 2,8 6,4 10,4

XIV-Malformazioni congenite 598 0,8 0,4 0,7 785 0,4 0,5 0,8

XV-Condizioni generate in epoca perinatale – – – 0,0 7 0,0 0,0 0,0

XVI-Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti 3417 4,7 4,5 6,4 4678 2,4 4,1 5,2

XVII-Traumatismi e avvelenamenti 13.371 18,5 9,3 12,9 6099 3,1 6,4 10,6

XVIII-Fattori che influenzano lo stato di salute 2678 3,7 4,3 6,2 4259 2,2 4,4 6,2

Totale 722.215 100,0 90,3 139,1 197.119 100,0 130,1 142,7

-: non disponibile. Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media residente in Italia nel 2001. Modificata da Ministero della Salute, 2012

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

L’uso dei farmaci

Anche l’impiego dei farmaci offre lo spunto per analisi di notevole interesse, sia sull’accesso ai servizi assistenziali, sia sulle ragioni prescrittive (malattie e sintomi più frequentemente affron-tati) nonché sulle modalità di impiego e quindi sull’appropriatezza. Grazie alla collaborazione di varie istituzioni e società scientifiche, tra cui la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO), la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), CINECA, Consorzio Mario Negri Sud e Istituto Superiore di Sanità, è stato possibile creare una banca dati delle prescrizioni farmaceutiche, nella quale sono raccolti i dati relativi alla popolazione di 32 ASL italiane (le ASL afferenti al progetto Arno coordinato dal CINECA e le ASL della Regione Umbria) nell’ambito di un progetto di analisi della prescrizione farmaceutica nella popolazione immigrata. Una prima analisi di queste informa-zioni è stata pubblicata nel Rapporto sull’uso dei farmaci in Italia nel 2011 a cura dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei Medicinali (OsMed), nel quale sono stati riportati i dati relativi a circa 600.000 assistiti. Le evidenze emerse possono essere così riassunte (Tabella 7):• il 50% della popolazione immigrata e il 58%

di quella italiana hanno ricevuto almeno una prescrizione nel corso dell’anno, con un’età mediana degli utilizzatori (35 anni) e un rappor-to uomini/donne (0,84) sovrapponibili;

• nella fascia d’età 15-65 anni le donne immigra-te mostrano un maggior consumo di farmaci rispetto agli uomini;

• nei bambini la prevalenza di impiego è di circa il 60% per italiani e stranieri;

• i farmaci antibatterici sono la categoria tera-peutica con i maggiori livelli di esposizione (la prevalenza d’uso è rispettivamente del 33% e del 38% negli immigrati e negli italiani), seguiti dai farmaci gastrointestinali (rispettivamente 13% e 12%) e respiratori (rispettivamente 11% e 15%), la cui prescrizione viene effettuata per problematiche acute (Tabella 8);

• in categorie terapeutiche con utilizzo cronico, come per esempio i farmaci cardiovascolari, la prevalenza è del 7% negli immigrati e dell’8% negli italiani, con 435 dosi per utilizzatore negli immigrati e 474 dosi negli italiani.

Ulteriori dati di interesse sono stati presen-tati recentemente in un convegno dal titolo “Prescrizione farmaceutica nella popolazione immigrata”, presso l’Istituto Superiore di Sa-

nità. Il rapporto si è basato su un’indagine su 710.879 immigrati PFPM nati all’estero o in Italia regolarmente residenti nelle ASL partecipanti (pari al 16% della popolazione immigrata re-sidente in Italia, età mediana 33 anni, sesso femminile 53% del totale). I dati sulle prescrizioni farmaceutiche territoriali del Servizio Sanitario Nazionale, effettuate prevalentemente da medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, sono stati confrontati con quelli relativi a un campione della popolazione italiana appaiato per età e sesso. Sono inoltre stati effettuati confronti fra le popolazioni di immigrati in base al Paese di origine e un’analisi della variabilità geografica. Il 52% della popolazione immigrata e il 59% di quella italiana hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nel corso del 2011, con una spesa farmaceutica media a carico del Servizio Sanitario nel corso dell’anno di 72 euro per un cittadino immigrato e di 97 euro per un cittadino italiano. L’uso dei farmaci nelle donne (Figura 8) è risultato maggiore che negli uomini: hanno ricevuto almeno una prescrizione il 58% delle donne immigrate e il 65% delle italiane, e tra coloro che hanno ricevuto prescrizioni la durata di trattamento è risultata sovrapponibile (rispettivamente 232 e 237 dosi di farmaco per utilizzatrice).La popolazione immigrata pediatrica esaminata è stata di 134.000 bambini, dei quali il 76% nati in Italia. Di questi ultimi, il 54% ha ricevuto alme-no una prescrizione di farmaci nell’anno rispetto al 60% dei bambini italiani: in media ciascun bambino immigrato ha ricevuto 2,4 confezioni rispetto a 2,6 degli italiani. Più immigrati, rispetto agli italiani, hanno assunto farmaci antidiabetici (1,6% vs 1,1%), gastroprotettori (10,3% vs 8,7%) e antinfiammatori (11,3% vs 8,3%), mentre più italiani hanno assunto antipertensivi (7,6% vs 6,5%), ipocolesterolemizzanti (2,4% vs 1,9%), antibiotici (36,6% vs 31,9%), antiasmatici e farmaci per la broncopneumopatia cronica ostruttiva (12,2% vs 8,1%); infine, la prevalenza d’uso di antidepressivi è risultata circa doppia nella popolazione italiana (3,9% vs 2,0%). Cinesi e kosovari sono i gruppi che hanno assunto me-no farmaci (solo il 36% dei cittadini ha ricevuto almeno una prescrizione da parte del Servizio Sanitario nel corso del 2011). In conclusione, il Servizio Sanitario Nazionale è in grado di rispondere ai bisogni di salute della popolazione immigrata, che incide poco in ter-mini di consumo di risorse: benché gli immigrati regolari nel 2011 abbiano rappresentato il 7,5% della popolazione, infatti, hanno assorbito sol-tanto il 2,6% della spesa farmaceutica.

Tabella 4. Dimissioni ospedaliere per regime di ricovero e provenienza nell’intervallo 2003-2010

Ricoveri ordinari Day Hospital

Provenienza 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Stranieri da PSA 33.265 33.728 33.789 35.475 35.449 34.725 33.497 32.884 8284 9191 10.347 9906 9610 9122 8710 8112

Residenti in Italia (%) 50,0 52,9 54,0 55,6 56,6 57,4 59,4 59,3 81,0 83,0 84,8 84,9 85,4 86,3 87,6 88,0

% sul totale 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,2 0,2 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3

Stranieri da PFPM 245.114 267.564 295.162 327.162 347.819 369.510 385.541 385.492 86.269 102.389 113.729 122.777 126.310 132.812 130.973 130.631

Residenti in Italia (%) 79,5 81,7 82,3 82,1 83,0 85,3 87,3 88,3 79,3 81,3 81,1 80,5 82,9 85,8 87,9 89,6

% sul totale 2,8 3,1 6,4 3,8 4,2 4,5 4,8 5,0 2,4 2,6 2,9 3,1 3,5 3,7 4,0 4,2

Totale ricoveri 8.799.495 8.709.500 8.587.521 8.527.212 8.272.500 8.122.885 7.995.951 7.784.364 3.628.309 3.877.944 3.985.600 3.917.701 3.655.613 3.564.606 3.257.001 3.093.053

Residenti in Italia (%) 99,2 99,3 99,1 99,1 99,0 99,1 99,2 99,2 99,4 99,5 99,4 99,3 99,3 99,4 99,5 99,5

% sul totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Modificata da Ministero della Salute, 2012

Tabella 5. Diagnosi alla dimissione in regime ordinario nel 2009

Diagnosi principale alla dimissione Maschi Femmine

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Non indicata 130 0,2 - - 217 0,1

I-Malattie infettive e parassitarie 3369 4,7 2,7 2,0 2523 1,3 2,0 1,4

II-Tumori 4023 5,6 8,9 15,9 10.413 5,3 9,9 13,5

III-Malattie endocrine, metaboliche e immunitarie 1328 1,8 2,0 2,4 2143 1,1 2,4 3,5

IV-Malattie sangue e organi ematopoietici 518 0,7 0,7 1,1 1079 0,5 1,0 1,2

IV.1-Anemie 313 0,4 0,5 0,8 782 0,4 0,8 0,9

V-Disturbi psichici 2682 3,7 1,8 3,8 3362 1,7 2,1 3,6

VI-Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 3388 4,7 4,2 6,1 3713 1,9 4,0 5,6

VI.4-Epilessia 411 0,6 0,3 0,5 316 0,2 0,3 0,4

VI.7-Malattie dell’occhio 1101 1,5 1,7 2,3 989 0,5 1,6 1,8

VI.8-Malattie dell’orecchio 872 1,2 0,8 0,8 1152 0,6 0,9 0,9

VII-Malattie del sistema circolatorio 8909 12,3 20,2 32,4 6958 3,5 13,2 20,0

VII.2-Malattie del cuore 5570 7,7 12,8 20,6 3489 1,8 7,6 11,4

VIII-Malattie dell’apparato respiratorio 6712 9,3 8,2 12,6 5201 2,6 6,0 7,6

VIII.1-Infezioni respiratorie 2997 4,2 3,2 3,7 2765 1,4 2,7 2,6

VIII.2-BPCO 419 0,6 1,4 2,2 285 0,1 0,7 1,1

VIII.3-Asma 245 0,3 0,2 0,1 239 0,1 0,2 0,2

IX-Malattie dell’apparato digerente 10.596 14,7 11,0 15,8 11.879 6,0 10,7 11,4

IX.6-Disturbi del tratto intestinale inferiore (inclusa appendice) 3626 5,0 2,6 3,4 2976 1,5 2,2 2,9

X-Malattie dell’apparato genito-urinario 4010 5,6 5,9 8,7 12.849 6,5 8,2 9,4

XI-Complicazioni della gravidanza, parto e puerperio – – – – 114.716 58,2 48,0 30,8

XII-Malattie cutanee e del tessuto sottocutaneo 1047 1,4 0,9 1,5 789 0,4 0,6 1,1

XIII-Malattie dei sistemi osteomuscolare e connettivo 5439 7,5 5,2 9,8 5449 2,8 6,4 10,4

XIV-Malformazioni congenite 598 0,8 0,4 0,7 785 0,4 0,5 0,8

XV-Condizioni generate in epoca perinatale – – – 0,0 7 0,0 0,0 0,0

XVI-Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti 3417 4,7 4,5 6,4 4678 2,4 4,1 5,2

XVII-Traumatismi e avvelenamenti 13.371 18,5 9,3 12,9 6099 3,1 6,4 10,6

XVIII-Fattori che influenzano lo stato di salute 2678 3,7 4,3 6,2 4259 2,2 4,4 6,2

Totale 722.215 100,0 90,3 139,1 197.119 100,0 130,1 142,7

-: non disponibile. Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media residente in Italia nel 2001. Modificata da Ministero della Salute, 2012

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■ 30

Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

Tabella 7. Prescrizione di farmaci nella popolazione immigrata e negli italiani

Popolazione (età mediana) Immigrati 583.619 (32)

Italiani 583.619 (32)

Utilizzatori Prevalenza d’uso (%) 50 58

Età mediana 35 35

Rapporto M/F 0,84 0,84

Confezioni Pro capite 5 6

Per utilizzatore 10 11

Spesa lorda Pro capite 60 84

Per utilizzatore 120 146

DDG per utilizzatore 180 195

DDG: dose definita giornaliera. Modificata da Rapporto OsMed, 2011

Tabella 6. Diagnosi alla dimissione in regime DH nel 2009

Diagnosi principale alla dimissione Maschi Femmine

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Non indicata 152 0,7 - - 212 0,3 - -

I-Malattie infettive e parassitarie 1725 8,0 1,0 1,2 1803 2,6 1,0 0,8

II-Tumori 1820 8,4 3,2 7,0 3992 5,7 3,4 6,2

III-Malattie endocrine, metaboliche e immunitarie 553 2,6 0,6 2,1 1050 1,5 0,8 2,6

IV-Malattie sangue e organi ematopoietici 330 1,5 0,3 0,9 722 1,0 0,5 1,1

IV.1-Anemie 152 0,7 0,2 0,4 449 0,6 0,3 0,6

V-Disturbi psichici 193 0,9 0,1 0,5 367 0,5 0,2 0,7

VI-Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 1995 9,2 4,0 7,4 2664 3,8 3,9 7,6

VI.7-Malattie dell’occhio 1357 6,3 3,4 5,5 1484 2,1 3,0 5,0

VII-Malattie del sistema circolatorio 1660 7,7 1,8 5,2 2869 4,1 2,3 3,9

VII.5-Malattie delle vene e organi linfatici 1065 4,9 0,8 1,5 2239 3,2 1,5 1,7

VIII-Malattie dell’apparato respiratorio 745 3,4 0,6 1,7 791 1,1 0,5 1,2

VIII.1-Infezioni respiratorie 176 0,8 0,1 0,3 252 0,4 0,1 0,2

IX-Malattie dell’apparato digerente 2684 12,4 2,7 6,0 1935 2,7 1,5 3,2

IX.5-Ernia addominale 1372 6,3 1,6 3,0 404 0,6 0,3 0,4

X-Malattie dell’apparato genito-urinario 1605 7,4 1,7 3,7 8768 12,4 4,9 8,2

XI-Complicazioni della gravidanza, parto e puerperio - - - - 34.211 48,5 14,4 6,0

XI.2-Patologie correlate ad aborto - - - - 29.295 41,5 12,3 4,0

XII-Malattie cutanee e del tessuto sottocutaneo 920 4,2 0,6 1,7 722 1,0 0,5 1,2

XIII-Malattie dei sistemi osteomuscolare e connettivo 2520 11,6 1,9 4,6 3129 4,4 2,5 5,3

XIV-Malformazioni congenite 116 0,5 0,1 0,3 322 0,5 0,2 0,4

XV-Condizioni generate in epoca perinatale - - - 0,0 - - 0,0 0,0

XVI-Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti 340 1,6 0,3 1,0 490 0,7 0,4 0,9

XVII-Traumatismi e avvelenamenti 1834 8,5 1,2 1,9 1052 1,5 0,7 1,3

XVIII-Fattori che influenzano lo stato di salute 2483 11,5 3,9 8,0 5498 7,8 4,9 7,6

Totale 21.676 100,0 24,3 54,2 70.597 100,0 42,7 58,9

-: non disponibile. Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media residente in Italia nel 2001. Modificata da Ministero della Salute, 2012

PER APPROFONDIRE

• Baglio G, Burgio A, Viola G. Le fonti demografiche per la

stima della presenza straniera in Italia: punti di forza,

limiti e prospettive future. In Rapporto Osservasalute

2009. Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle

regioni italiane. Prex, Milano, 2009:226-33.

• Bruzzone S, Mignolli N. Mortalità infantile e neonatale

tra gli stranieri in Italia. In Rapporto Osservasalute

2008. Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle

regioni italiane. Prex, Milano, 2010:287-92.

• Cacciani L, Camoni L, Rosano A, et al. Incidenza

di AIDS e di HIV tra gli stranieri. In Rapporto

Osservasalute 2008. Stato di salute e qualità

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31 ■

Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 5

Tabella 8. Prescrizione dei farmaci in relazione alle categorie terapeutiche*

Categoria Prevalenza d’uso

Immigrati Italiani

Antiacidi e antiulcera 9,6 8,1

Antidiabetici 1,9 1,2

Antipertensivi 6,1 7,2

Ipolipemizzanti 1,6 7,2

Antibiotici 31,0 36,2

FANS 10,7 7,6

Antidepressivi 1,9 3,9

Antiasmatici 7,5 11,7

* Gli immigrati hanno un livello di esposizione superiore agli italiani per quanto concerne i farmaci antidiabetici, gastroprotettori e antinfiammatori. Differenze non sostanziali riguardano il trattamento dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia, mentre gli italiani mostrano una maggiore prevalenza d’uso di farmaci utilizzati nella prevenzione dei sintomi dell’asma e della BPCO e una prevalenza doppia di antidepressivi

Modificata da Rapporto OsMed, 2011

0

10

30

50

70

20

40

60

8090

100

0-4 5-14 15-24 25-34 35-44Fascia d’età

Pre

vale

nza

d’us

o (%

)

45-54 55-64 65-74 75+

ItalianiImmigrati

Figura 8 Prevalenza d’uso di farmaci nella popolazione immigrata e italiana per fascia d’età.Modificata da Andretta et al. Farmaci e immigrati. Rapporto sulla prescrizione farmaceutica in un Paese multietnico. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2013.

Tabella 6. Diagnosi alla dimissione in regime DH nel 2009

Diagnosi principale alla dimissione Maschi Femmine

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Dimessi PFPM % Tassi standard residenti PFPM

Tassi standard residenti italiani

Non indicata 152 0,7 - - 212 0,3 - -

I-Malattie infettive e parassitarie 1725 8,0 1,0 1,2 1803 2,6 1,0 0,8

II-Tumori 1820 8,4 3,2 7,0 3992 5,7 3,4 6,2

III-Malattie endocrine, metaboliche e immunitarie 553 2,6 0,6 2,1 1050 1,5 0,8 2,6

IV-Malattie sangue e organi ematopoietici 330 1,5 0,3 0,9 722 1,0 0,5 1,1

IV.1-Anemie 152 0,7 0,2 0,4 449 0,6 0,3 0,6

V-Disturbi psichici 193 0,9 0,1 0,5 367 0,5 0,2 0,7

VI-Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 1995 9,2 4,0 7,4 2664 3,8 3,9 7,6

VI.7-Malattie dell’occhio 1357 6,3 3,4 5,5 1484 2,1 3,0 5,0

VII-Malattie del sistema circolatorio 1660 7,7 1,8 5,2 2869 4,1 2,3 3,9

VII.5-Malattie delle vene e organi linfatici 1065 4,9 0,8 1,5 2239 3,2 1,5 1,7

VIII-Malattie dell’apparato respiratorio 745 3,4 0,6 1,7 791 1,1 0,5 1,2

VIII.1-Infezioni respiratorie 176 0,8 0,1 0,3 252 0,4 0,1 0,2

IX-Malattie dell’apparato digerente 2684 12,4 2,7 6,0 1935 2,7 1,5 3,2

IX.5-Ernia addominale 1372 6,3 1,6 3,0 404 0,6 0,3 0,4

X-Malattie dell’apparato genito-urinario 1605 7,4 1,7 3,7 8768 12,4 4,9 8,2

XI-Complicazioni della gravidanza, parto e puerperio - - - - 34.211 48,5 14,4 6,0

XI.2-Patologie correlate ad aborto - - - - 29.295 41,5 12,3 4,0

XII-Malattie cutanee e del tessuto sottocutaneo 920 4,2 0,6 1,7 722 1,0 0,5 1,2

XIII-Malattie dei sistemi osteomuscolare e connettivo 2520 11,6 1,9 4,6 3129 4,4 2,5 5,3

XIV-Malformazioni congenite 116 0,5 0,1 0,3 322 0,5 0,2 0,4

XV-Condizioni generate in epoca perinatale - - - 0,0 - - 0,0 0,0

XVI-Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti 340 1,6 0,3 1,0 490 0,7 0,4 0,9

XVII-Traumatismi e avvelenamenti 1834 8,5 1,2 1,9 1052 1,5 0,7 1,3

XVIII-Fattori che influenzano lo stato di salute 2483 11,5 3,9 8,0 5498 7,8 4,9 7,6

Totale 21.676 100,0 24,3 54,2 70.597 100,0 42,7 58,9

-: non disponibile. Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media residente in Italia nel 2001. Modificata da Ministero della Salute, 2012

PER APPROFONDIRE

dell’assistenza nelle regioni italiane. Prex, Milano

2008:293-7.

• Cacciani L, Rosano A, Boros S, et al. Incidenza di

AIDS tra gli stranieri. In Rapporto Osservasalute 2007.

Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle regioni

italiane. Prex, Milano, 2007:303-5.

• Cacciani L, Rosano A, Pezzotti P, et al. Tasso di

incidenza triennale di AIDS tra gli stranieri in Italia. In

Rapporto Osservasalute 2004: stato di salute e qualità

dell’assistenza nelle regioni italiane. Vita & Pensiero,

Milano, 2004:178-80.

• Conti S, Farchi G, Galletti A, et al. La sottonotifica

della mortalità per AIDS in Italia (1992): qualità

della certificazione e sottonotifica. Giornale italiano

dell’AIDS 1997;8.

• Decreto Ministeriale 28 novembre 1986. Modifiche al

decreto ministeriale 5 luglio 1975. Gazzetta Ufficiale

n. 288, 12 dicembre 1986.

• Dossier Statistico Immigrazione 2011, XXI rapporto.

IDOS-Redazione Dossier Statistico Immigrazione

Caritas/Migrantes, Roma, 2011.

• ISTAT. Geo-demo “Demografia in Cifre”, www.demo.

istat.it.

• Maccheroni C, Bruzzone S, Mignolli N. Infant

mortality among foreigners/non-nationals living in

Italy. Eur J Public Health 2009;19 suppl 1-2.

• Mele A, Rosmini F, Zampieri A, Gill ON. Integrated

epidemiological system for acute viral hepatitis in

Italy (SEIEVA): description and preliminary results.

Eur J Epidemiol 1986;2:300-4.

• Zuccaro O, Tosti ME, Mele A, Spada E, SEIEVA

Collaborative Group. Epidemiology of acute viral

hepatitis in Italy: results of the surveillance

through SEIEVA (Sistema Epidemiologico Integrato

dell’Epatite Virale Acuta). Istituto Superiore di Sanità,

2012 (rapporti ISTISAN 12/4).

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

parole chiave

modulo 6

in pillole

Il rapporto tra medico e paziente migrante pre-suppone un incontro tra culture diverse. Questo richiama necessariamente all’attenzione una duplice riflessione, che la stessa medicina si è posta nel corso degli ultimi decenni: • la consapevolezza di quanto la cultura influenzi

in maniera sostanziale la tipologia dell’espres-sione patologica;

• l’importanza della forza terapeutica della re-lazione, che sembra essere stata trascurata negli ultimi tempi ma che certamente influenza in modo decisivo il risultato terapeutico finale, soprattutto in campo multietnico.

Per quanto riguarda il primo aspetto si tratta di riconoscere la biculturalità del migrante e cioè la diversità di formazione del medico occidentale e le condizioni etno-sanitarie peculiari dell’atto migratorio. La formazione del medico occiden-tale, d’altra parte, è più sbilanciata in senso scientifico nell’ipotesi che, come in altre attività professionali, anche nell’ambito clinico la verità si possa raggiungere mediante la scrupolosa applicazione di una metodica basata su un’at-tenta osservazione del paziente, sull’adozione di scale di misurazione e sull’impiego di tecnologie sofisticate: in tal senso l’esempio più tangibile ed eloquente è la medicina basata sull’evidenza.Questo ha determinato da un lato un approc-cio al paziente di tipo unicamente esplorativo e secondo uno schematismo generalmente codificato e standardizzato e dall’altro la cosid-detta “ontologizzazione della malattia”, cioè quel pensiero che ha indotto il medico a rapportarsi più con le malattie che con i malati, pur nella consapevolezza di doversi prendere cura di esseri umani e non di entità astratte. La medicina è così diventata l’arte del riconoscere i casi simili a quelli letti e studiati nei trattati perdendo di vista il singolo paziente con la sua sfera interiore, la sua umanità e i suoi vissuti. In altre parole si è delineata una tendenza verso una vera e pro-pria afasia culturale tra un medico che dialoga principalmente con le malattie e un paziente immigrato attratto e affascinato dalle tecnologie terapeutiche. Da qui l’emergenza di errori meto-dologici ancor più evidenti e stridenti nel campo della medicina transculturale.

La medicina come punto di incontro e scambio transculturale nella prospettiva antropologica

Il medico deve affinare le proprie conoscenze in campo antropologico e sociologico e saper leggere e interpretare anche le differenze più piccole e apparentemente meno rilevanti. Deve insomma capire che il problema dell’approccio sanitario nei confronti del migrante non si limita alla sola diversità linguistica ma comprende anche e soprattutto quella culturale. Per quanto riguarda, poi, la relazione terapeuti-ca, secondo l’antropologa Nicoletta Diasio due raffigurazioni del corpo umano sintetizzano in forma visiva il nodo interpretativo in cui si imbatte il medico nel suo rapporto con gli immigrati e che riguarda la dimensione antropologica della relazione terapeutica. La prima è rappresentata dall’uomo di vetro, esposto a Parigi nel 1937 e costruito da un tecnico dell’Istituto di Igiene dell’Università di Dresda con un materiale plasti-co, il cellon, completamente trasparente e simile al vetro, che avvolgeva uno scheletro con mate-riali sintetici, circuiti elettrici e liquidi colorati. Fu giudicato l’ottava meraviglia del mondo e Stalin fece costruire per sé addirittura una copia di ve-tro. La seconda raffigurazione è bene espressa dal Cristo velato del Sammartino, conservato nella Cappella del Principe di San Severo a Na-poli, in cui il corpo del Cristo avvolto dal lenzuolo si intravvede e si intuisce soltanto. L’uomo di vetro simboleggia evidentemente la medicina del visibile, del misurabile e dell’osservabile dall’alto della scienza medica, in piena sintonia con il modello di relazione terapeutica che già a partire dagli anni Ottanta aveva mostrato i primi segni di inadeguatezza. La raffigurazione del Cristo del Sammartino, al contrario, realizza in forma più concreta la relazione terapeutica con il paziente eteroculturale. Il paziente immigrato offre così allo sguardo del medico un corpo velato, avvolto e modellato dalla rete di simboli e valori propri della sua cultura di appartenenza e non il corpo misurabile e trasparente concepito dalla scienza medica occidentale. Ecco perché se il medico vuole sentire, ascoltare e comprendere le ragioni del malessere dell’altro deve dotarsi di adeguati strumenti e capacità interpretative. Riccardo Colasanti, co-fondatore della Società

L’interazione con il mediatore linguistico culturale

Obiettivi del modulo:caratterizzare le principali barriere transculturali in cui si imbatte il medico nell’esercizio della propria professione; discutere le attuali correnti di pensiero in tema di mediazione culturale; descrivere i componenti del percorso formativo del mediatore culturale.

Rapporto medico-paziente

Ontologizzazione della malattia

Incomprensione

Medicina transculturale

ÂÂ Quando si rapporta con un cittadino straniero, il medico dovrebbe adattare il proprio stile di comunicazione alle aspettative e ai principi etico-comportamentali del proprio interlocutore.

ÂÂ I problemi di differenza culturale nell’ottica della coppia relazionale medico-paziente migrante sono complessi sotto il profilo culturale oltre che linguistico.

ÂÂ Al mediatore culturale spetta in parte l’onere di gestire un rapporto molto delicato nell’ambito della propria sfera operativa e migliorare la relazione del paziente immigrato con le istituzioni, con la società e naturalmente con il medico.

ÂÂ Il mediatore culturale è una figura determinante anche nel veicolare informazioni su corretti stili di vita, sulle strategie preventive, come per esempio le vaccinazioni, e sul corretto uso dei farmaci.

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33 ■

Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 6

Italiana di Medicina delle Migrazioni, riconosce 5 livelli di confusione sui livelli di incomprensione medico-paziente migrante, i primi tre di comu-nicazione, gli altri due di carattere strettamente culturale:• prelinguistico (difficoltà di comunicare le sen-

sazioni interiori);• linguistico (ostacoli dovuti a differenze linguisti-

che, incluse assonanze che possono essere confondenti);

• metalinguistico (attribuzione di significati dif-ferenti a un termine: per esempio cancro nei Paesi occidentali indica un tumore, mentre in altri contesti geografici è correlato a malattie endemiche quali la tubercolosi o la malaria);

• per le differenze culturali dei costumi antropo-logici (gli immigrati sono da considerare come individui che vivono in una terra intermedia tra il Paese di origine e il Paese ospite);

• per le differenze ideologiche nei valori esi-stenziali filosofici e religiosi, ai quali i migranti si affidano nel timore di sentirsi sradicati dalla terra di origine.

I problemi di differenza culturale nell’ottica della coppia relazionale medico autoctono-paziente migrante o sanità autoctona-popolazione mi-grante sono resi complessi dal fatto che si tratta di due aree culturali che non hanno raggiunto un equilibrio di transculturazione. Con due grandi miti: quello del migrante paziente ignorante e infetto e, da parte del migrante, quello dell’Occi-dente eden tecnologico. Evidentemente tendono a conglobarsi in un’unica società multiculturale, ma nella prima fase subentra un attrito che comporta incomprensione, razzismo e, sul piano medico, un fenomeno di impermeabilità diagno-stica. Il paziente rimane così distante dal medico, studiato, analizzato ma non interpretato. A tale proposito la letteratura medico-antropologica di lingua inglese distingue due diversi concetti di malattia: quello di disease, secondo la prospet-tiva biomedica dell’operatore sanitario che vede la malattia come un’entità oggettiva e misurabile, e quello di illness, secondo la prospettiva del paziente, ovvero come è vissuta la malattia da chi cerca di dare sempre un significato al suo star male. Nella relazione terapeutica medico-paziente la duplice prospettiva di disease e di illness deve trovare un punto di contatto se si vogliono ottenere risultati positivi, ma que-sto è difficile da raggiungere in un contesto interculturale in cui si contrappongono da un lato la professione medica occidentale con il suo sistema, la propria particolare visione del mondo basata su propri presupposti (razionalità scientifica, enfasi sull’oggettività e misurazione quantitativa dei fenomeni, predominanza dei dati fisico-chimici, dualismo mente/corpo e conce-zione della malattia come entità) e dall’altro il

paziente con la propria concezione culturale che si basa essenzialmente su particolari tipi di vincoli familiari, ancestrali e sociali e, in ogni caso, su un vissuto che sfugge all’impostazione della medicina moderna. Il rischio, dunque è che il medico e il paziente si scoraggino rinunciando a priori alla comunicazione. Per questa ragione è fondamentale evitare di appiattire il paziente immigrato sulla propria etnicità. Il modulo 7 proporrà alcune esperienze pratiche funzionali per discutere e riflettere sulle problematiche di

comunicazione transculturale, nelle quali la figura del mediatore, delineata nel prossimo paragrafo, gioca un ruolo di primaria importanza.

Il mediatore culturale

Nello scenario finora delineato si inserisce il mediatore culturale, a cui spetta in parte l’onere di gestire un rapporto molto delicato nell’ambito della propria sfera operativa (Tabella 1) e miglio-

Tabella 1. Ambiti di intervento del mediatore culturale

Area della comunicazione Lingua italiana PsicologiaAntropologia

Area igienico-sanitaria Accesso al Servizio SanitarioIndividuazione/segnalazione/sensibilizzazione in tema di fattori di rischio individuali e comunitariIgiene ambientale e del lavoroSalute materno-infantileAlimentazionePrimo Intervento

Area normativa Organizzazione dei servizi sanitari pubblici e di volontariato

Tabella 2. Finalità dei processi di mediazione culturale

Rimuovere gli ostacoli culturali, che impediscono e intralciano la comunicazione tra servizi/istituzioni italiani e utenza straniera

Promuovere un più esteso e razionale utilizzo dei servizi e delle istituzioni italiani da parte dell’utenza straniera

Migliorare la qualità e l’adeguamento delle prestazioni offerte dai servizi italiani all’utenza straniera; favorire l’integrazione sociale della popolazione immigrata nella comunità locale, a livello regionale e nazionale, nei servizi sociali, nelle istituzioni scolastiche e culturali, nel settore della sanità e del mondo del lavoro

Promuovere azioni di sostegno culturale e di mediazione sociale nelle situazioni di conflitto tra le comunità immigrate e le istituzioni italiane

Individuare opportunità e percorsi positivi di prevenzione e superamento dei conflitti

Tabella 3. Ruolo del mediatore culturale

Prevenire potenziali occasioni di conflitto favorendo le condizioni per l’integrazione sociale e facilitando le pari opportunità nel godimento dei diritti, nonché valorizzando le risorse di culture e valori diversi, propri dei cittadini immigrati

Aiutare il cittadino straniero a inserirsi nella società italiana, favorendo la conoscenza dei diritti e dei doveri, l’uso dei servizi sociali, sanitari, educatori e culturali sia pubblici sia privati dislocati sul territorio, nell’intento di consentire un accesso e una fruibilità dei servizi a pari condizioni

Facilitare l’incontro tra persone diverse attraverso la funzione di mediazione linguistico-culturale che si esprime nella capacità di decodificare i codici dei due attori della relazione (migrante ed operatore), codici che sottostanno al linguaggio ovvero all’intero mondo di sensazioni, esperienze e valori

Aiutare il cittadino straniero a leggere e comprendere la cultura italiana anche alla luce delle culture di appartenenza e delle reciproche aree di pregiudizio

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 6

rare la relazione del paziente immigrato con le istituzioni, con la società e naturalmente con il medico (Tabelle 2 e 3). In questo ambito è nata una vasta letteratura e si è istituita una prassi per la formazione e l’impiego nei servizi per im-migrati del mediatore culturale la cui funzione è riconosciuta anche dalle disposizioni legislative in vigore (Tabella 4). Non sono pochi tuttavia gli operatori che per scelta decidono di non av-valersi di questa terza figura-ponte, ritenendola elemento di ulteriore confusione. Due sono in effetti le correnti di pensiero, l’una favorevole al mediatore, l’altra per così dire “negativista”, in quanto orientata a non riconoscere una reale utilità di questa figura. La prima corrente afferma che gli ostacoli che disincentivano l’uso dei servizi e ritardano l’acquisizione di un diritto riconosciuto non sono costituiti soltanto da specificità etnico-culturali ma anche dalla non conoscenza delle opportunità sanitarie offerte e da difficoltà burocratico-amministrative. Esiste, quindi, in ambito socio-sanitario un divario tra domanda di salute e risposta fornita che non riguarda soltanto la sfera del rapporto privato medico-paziente ma anche quella pubblica, dei servizi e delle leggi e può essere colmato a tre condizioni:• che i servizi socio-sanitari non vengano aperti

indiscriminatamente, a causa delle difficoltà di comprensione esistenti tra l’immigrato e il Servizio Sanitario Nazionale;

• che si mettano in campo attenzione ed espe-rienza oltre a modelli organizzativi idonei tali da superare le attuali difficoltà del delicato rapporto tra individuo e malattia e tra medico e pazienti eteroculturali;

• che si dia spazio e ascolto agli immigrati che devono essere riconosciuti quali soggetti e protagonisti a pieno titolo del progetto salute.

I progetti formativi per la qualifica di mediatori culturali nascono proprio dall’esigenza di favorire la nascita di profili professionali nuovi (Tabella 5) che devono rispondere alle necessità dell’u-tenza immigrata relative ai bisogni di tipo socio-sanitario e soddisfare pertanto alcuni requisiti di base (Tabella 6).Più in particolare, l’obiettivo finale è quello di rendere intellegibili e fruibili i servizi socio-sanitari attraverso la realizzazione di iniziative che siano in grado di rendere effettiva la parità dei diritti prevista dalla legge in vigore. In questo spazio e sulla scorta dell’esperienza di altri Paesi europei con una più lunga storia di immigrazione è possi-bile proporre e inserire modelli di intervento che possano influire qualitativamente sul processo di interazione tra immigrati e società ospite, cercando di eliminare le barriere linguistico-culturali esistenti, recuperando e valorizzando al tempo stesso le diversità e interagendo con

Tabella 4. Modello di integrazione secondo la legge 40/98

L’integrazione è una progressiva acquisizione di cittadinanza attraverso un “processo di non discriminazione e di inclusione delle differenze, quindi di contaminazione e di sperimentazione di nuove forme di rapporti e comportamenti, nel costante tentativo di tenere insieme principi universali e particolarismi”. In Italia il modello di integrazione recepito dalla legge 40/98 afferma l’universalismo dei diritti, ma riconosce e ritiene un valore per tutti le diversità, che non contrastino con i valori fondamentali”. In altri termini, l’integrazione si pone come risultato della coesistenza di due condizioni opposte: la differenziazione, come aspetto delle differenze individuali, e l’assimilazione, come opportunità di assorbire caratteristiche altrui; l’integrazione come l’equilibrio fra l’essere tutti uguali e l’essere tutti diversi. Il modello di integrazione verso il quale si orienta la nostra società riconosce al suo interno l’esistenza di una pluralità culturale, lasciando però alla sfera privata l’espressione e la perpetuazione delle identità culturali.

Tabella 5. Possibili profili professionali legati ai corsi formativi per mediatori culturali

Intermediazione linguistica Tale servizio è indispensabile per garantire l’accessibilità e la fruibilità dei servizi presso strutture pubbliche sanitarie ed extrasanitarie come carceri, questure, uffici pubblici, servizi socio-sanitari, ospedali e così via

Intermediazione culturale La figura intermediaria, acquisiti gli idonei strumenti socio-antropologici, dovrà decodificare il bisogno per incanalarlo ai fini di una risposta efficace. Tale funzione è importante nelle situazioni in cui il “disagio culturale” è predominante come in gravidanza e maternità, morte e malattia, invalidità, cura dei figli e così via

Promozione alla salute Questo aspetto serve a stimolare il coinvolgimento delle comunità straniere nell’identificazione dei bisogni di salute e nell’elaborazione di interventi mirati e avviare, così, programmi di educazione sanitaria e prevenzione all’interno delle comunità stesse

Orientamento La figura intermediaria, qui, dovrà essere in grado di fornire le informazioni e le indicazioni dei percorsi praticabili all’interno del sistema pubblico e del privato sociale; prevede, perciò, la sua presenza nei luoghi dove maggiormente si raccoglie la domanda di salute: pronto soccorso, centri di prima accoglienza, centro stranieri, ufficio nomadi e stranieri. Le materie di insegnamento devono orientare i discenti nell’ambito di cultura generale, antropologia comparata, profili di storia, lingua italiana, anatomo-fisiologia, terminologia applicata alla medicina, organizzazione del sistema sanitario

Tabella 6. Requisiti per svolgere l’attività di mediatore culturale

Origine preferibilmente straniera con esperienza personale di immigrazione

Buona conoscenza della cultura e della lingua parlata e scritta italiana

Buona conoscenza della cultura e della realtà socio-economica del Paese di origine

Sufficiente conoscenza della realtà italiana e del territorio in cui opera

Possesso di un titolo di studio medio-alto

Congrua permanenza in Italia

Motivazione e disposizione al lavoro relazionale e sociale, capacità personali di empatia e riservatezza

Eventuali esperienze formative specifiche

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 6

le comunità di stranieri o con i loro interlocutori privilegiati (bilingual workers) per rimodulare e personalizzare la struttura dei servizi affinché rispondano realmente ai loro bisogni di salute. La seconda corrente, come già accennato, nega la reale utilità del mediatore. A questo riguardo è interessante riportare il punto di vista dell’Am-bulatorio Caritas di Roma, che sicuramente rappresenta per numero di pazienti visitati e per esperienza scientifico-culturale un punto di riferimento per quanti a vario titolo si occupano di queste problematiche e che comunque riguarda soltanto la sfera privata della relazione medico-paziente: “La totalità dei medici del Poliambula-torio ammette di incontrare problemi linguistici o di interpretazione culturale, ma ciò che emerge è la convinzione che il processo dinamico di ogni relazione comporti in ogni caso passi da entrambe le parti. Sia il medico che il paziente quando entrano in relazione non rimangono uguali al punto di partenza ma si avventurano in un percorso di conoscenza di sé e degli altri per entrambi nuovo il cui contesto è quello di una relazione umana e di una comunicazione interpersonale. È necessario in qualche modo mettersi in gioco nella relazione con il paziente per promuovere la salute mediante un processo che racchiude entrambi i partner nel processo di interazione terapeutica. Prestare la propria opera professionale in un servizio per pazienti di diverse culture ha maturato o consolidato in questi medici un atteggiamento di apertura e perfino di trasformazione del proprio modo di intendere la relazione medico-paziente, la malattia, la terapia, la salute”.La conclusione di questa visione, dopo una cri-tica del modello attuale della relazione medico-

paziente che è di tipo contrattualistico (il medico è un esecutore che vende le proprie competen-ze sul mercato) e biomeccanicistico (l’obiettivo è quello di riparare il pezzo guasto della macchina-corpo), messo in crisi proprio dalla relazione con il paziente proveniente da contesti in cui la relazione e la fiducia nei confronti del curatore sono imprescindibili, è che, in realtà, il mediatore culturale può trovare la sua utilità solo in questo contesto di modello tecnico di relazione, tipico della biomedicina, in cui diventa strumento che consente al medico di riparare più rapidamente e senza ulteriori problemi di interpretazione la macchina e cioè il paziente. Non bisogna infine dimenticare l’importanza del mediatore culturale nel veicolare informazioni su corretti stili di vita, sulle strategie preventive (ad es., vaccinazioni) e sul corretto uso dei farmaci. Relativamente a questi ultimi va sottolineato che i principi attivi e i brand dei farmaci possono essere differenti tra un Paese e l’altro. Il mediatore culturale può richiamare l’attenzione sulla posologia (frequenza massima), sui criteri di somministrazione (ad es., a stomaco pieno oppure lontano dai pasti) e sulle diverse formulazioni. Per esempio il ketoprofene sale di lisina è un antinfiammatorio disponibile in svariate formulazioni (granulato, gocce orali, spray, collutorio, soluzione iniettabile, supposte da 30, 60 e 160 mg) di cui è bene conoscere la corretta modalità d’uso. Si tratta infatti di un principio attivo di largo impiego, che trova indi-cazione per situazioni di dolore di varia natura, sia nel bambino (mal di denti, mal di testa) sia nell’adulto. Relativamente a quest’ultimo va tra l’altro ricordato che molti immigrati sono spesso impegnati in attività che comportano notevole impegno fisico e sono perciò particolarmente

esposti a mialgie e patologie osteoarticolari per le quali una molecola come quella del ketoprofene sale di lisina coniuga l’efficacia a un buon profilo di tollerabilità e sicurezza.

PER APPROFONDIRE

• Cassel EJ. The healer’s art: a new approach in the

doctor-patient relationship. Lippincott, New York,

1976.

• Colasanti R. Immigrati e Salute - Paure, miti e verità.

ISCOS-Ed. Lavoro, Roma 1991:11-2,15-6.

• Diasio N, L’uomo di vetro e l’uomo velato: la relazione

terapeutica. Annali di Igiene 1995;7:209-16.

• Diasio N. La relazione terapeutica in un contesto

interculturale. In Geraci S (a cura di) Approcci

Transculturali per la Promozione della Salute,

Argomenti di Medicina delle Migrazioni. Anterem,

Roma, 2000:199.

• Helman CG. Disease versus illness in generai

practice. J R Coll Gen Pract 1981;31:548-52.

• Maisano B. La mediazione come relazione di un

corpo. In Geraci S (a cura di) Approcci Transculturali

per la Promozione della Salute, Argomenti di

Medicina delle Migrazioni. Anterem, Roma,

2000:247-8.

• Mazzetti M. Il dialogo transculturale in medicina.

Percorsi editoriali, Roma, 2001:7.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 7

In questo modulo, quale spunto di riflessione a conclusione del percorso didattico, sono ripor-tate quattro esperienze di vita vissuta. La prima è stata riportata da una mediatrice culturale egiziana che opera da parecchi anni a Milano, mentre le altre riguardano la storia di due pazienti pediatrici (tre bambini egiziani e una lattante cinese) e di una ragazza africana. I nomi sono naturalmente di fantasia ma il contesto e i dialoghi ripropongono le situazioni reali.

L’esperienza di una mediatrice culturale egiziana

Nancy BoktourMediatrice culturale, Milano

In Egitto non abbiamo il medico e il pediatra di famiglia: l’assistenza è privata e non c’è l’abitu-dine ad affrontare troppa burocrazia. Per questa ragione il medico viene consultato soltanto quando serve e per i problemi acuti si va in pronto soccorso. In Italia, invece, c’è molta at-tenzione alla prevenzione che i miei connazionali faticano a comprendere. Il medico dovrebbe quindi aiutare in primo luogo a scoprire i servizi sanitari e illustrare come utilizzarli correttamente. Deve usare molta pazienza sia perché ci sono spesso difficoltà a parlare la lingua italiana sia perché deve conquistarsi la fiducia dei pazienti: un incontro, per esempio, a gruppi o con i nuovi assistiti potrebbe essere utile per creare un rapporto più stretto e al tempo stesso spiegare come affrontare i vari sintomi e cosa fare in caso di malattia. È emblematico, per esempio, che la maggior parte dei problemi di concentrazione e comportamento venga segnalata dalla scuola e non sia nemmeno nota al pediatra di famiglia, in quanto le mamme egiziane spesso non li ritengono di sua competenza oppure sono restie a parlarne. Questo vale anche per i loro stessi problemi di salute: preferiscono recarsi in consultorio piuttosto che dal medico di me-dicina generale, non fanno quasi mai visite ed esami di controllo e hanno l’abitudine, tipica della nostra popolazione, di ricorrere al medico quando è tardi. I disturbi ginecologici incutono poi imbarazzo e vengono portati all’attenzione del medico con notevole ritardo. Gli uomini svol-gono spesso attività faticose, che favoriscono

mal di schiena e dolori articolari. Eppure non ne parlano quasi mai con il medico e quando magari sono costretti a recarsi dall’ortopedico si trovano già in condizioni molto avanzate di disagio. Un altro aspetto da considerare è che nei Paesi arabi le diagnosi vengono di solito poste con notevole rapidità. La prassi in Italia di prescrivere indagini, con l’annessa burocrazia (impegnative, prenotazioni, liste d’attesa), disincentiva molte volte gli egiziani dall’intraprendere un percorso diagnostico e li porta ad approfittare dei momenti in cui tornano al loro Paese dai parenti per farsi visitare. Per quanto riguarda i bambini, i maschi godono di maggiore libertà e permissività, men-tre le femmine sono sottoposte a un’educazione più rigida. Purtroppo l’alimentazione è spesso sbagliata sia perché in Egitto l’orientamento è verso i cibi più economici (il pane, per esempio, costa poco, frutta e verdura sono molto care) sia perché si fa largo uso di condimenti e grassi in generale. Inoltre per le mamme è fondamentale che un bambino non rimanga a stomaco vuoto: è importante che mangi qualsiasi cosa e mi è perfino capitato di vedere un bimbo di un anno inappetente assumere una bevanda gassata con il biberon!

Una visita, due… anzi tre

Piercarlo SalariPediatra di Consultorio, Milano

Aisha porta dal pediatra di famiglia suo figlio, Mohamed, di 11 anni, per una visita filtro. Al suo seguito le due sorelline più piccole, di 5 e 7 anni, pallide e di corporatura gracile.Signora, suo figlio ha qualche chilo di troppo…! (la madre sorride e annuisce, un po’ imbarazzata) Cosa mangia di solito?A pranzo va alla mensa, a scuola… tanti bis. È cresciuto bene però?Insomma, sulla bilancia anche troppo direi! Ma lo sa che i bis non vanno bene?Sì, ma è a scuola che glieli danno!E a casa? Frutta, verdura, pesce? Cosa mangia insomma Mohamed?Glielo dica lei dottore: patatine, ketchup, pasta, poca carne, il pesce non gli piace. Io lo sgrido ma lui niente! Vuole patatine e merendine, niente verdura e solo banane.

Beh, ma è lei signora che fa la spesa e compra tutte queste cose.No, mio marito va al supermercato, ma a lui piace mangiare, fa il muratore, è sempre molto affamato anche lui! Capisco, ma scommetto che anche lui ha la pancia.Beh… (ride e con un gesto descrive la forma dell’addome) Nel frattempo prima una sorellina di Mohamed poi anche l’altra incominciano a tossire con notevole sonorità.Che brutta tosse catarrosa! (la mamma rimane in silenzio, quasi ignorando il commento) Da quanto tempo ce l’hanno?Ehm da quattro g… no da una settimana, io cerco di tenerle lontane, possono attaccarla al fratello? Sabato ha la partita di calcio! Dai voi (alle bambine, come per invitarle a tossire più piano), su!Non mi piace quella tosse, scommetto che hanno anche la febbre! Anche gli occhi sono arrossati! Ha dato uno sciroppo o qualcosa?Mah, non so, l’altro ieri avevano più o meno 38 e mezzo.E poi non l’ha più misurata?No, da due giorni però non vanno a scuola. Dovevo andare in pronto soccorso?Perché invece non è venuta da me? Appena finiamo con Mohamed le visito io: se le porta in ospedale rischia che davvero si prendano qualcosa di peggio!

CommentoMalgrado alcune difficoltà espressive di Aisha, qui non riportate e prontamente corrette dal figlio, questa visita evidenzia alcuni utili elementi. Innanzitutto l’attenzione è concentrata prevalen-temente sul ragazzo, che per gli egiziani gode di una sorta di priorità sia nel contesto familiare sia per le sue eventuali esigenze contingenti. L’at-tenzione, in effetti, è sempre focalizzata su di lui, sia durante la visita sia a casa, come dimostra lo scarso interesse nei confronti della tosse (se non per il rischio che Mohamed possa ammalarsi e dover così rinunciare alla partita di calcio) e delle condizioni delle sorelline. In secondo luogo il sovrappeso di Mohamed rivela due elementi importanti: il suo adattamento a uno stile di vita poco salutare, tipico dei Paesi occidentali, e la mancanza di limiti nell’alimentazione, a dimo-

Esperienze pratiche di comunicazione con il paziente

Obiettivi del modulo:riflettere su alcune difficoltà che il medico incontra quotidianamente in ambulatorio interfacciandosi con pazienti stranieri; richiamare alcuni concetti pratici in tema di medicina multietnica e transculturale.

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Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitariomodulo 7

strazione di una concezione secondo cui più un bambino mangia e meglio è (non altrettanto vale però per le femminucce, tendenzialmente più magre e sottoposte a un’educazione in tutti i sensi più rigida). Anche l’organizzazione della vita familiare è fortemente incentrata sulla figura maschile. Va poi osservato che spesso le donne egiziane parlano poco e male l’italiano perché raggiungono il marito dopo che questi si è ben integrato e strutturato professionalmente in Italia. In questo caso sono spesso i figli a fungere da interpreti, più rapidi e facilitati nell’apprendimen-to della nostra lingua, studiandola e usandola necessariamente a scuola. Infine è importante spiegare che l’accesso in pronto soccorso è da riservare soltanto alle reali urgenze, mentre la me-dicina territoriale è preposta proprio ad affrontare le patologie e i disturbi acuti gestibili a domicilio.

Una giovane mamma cinese un po’ sbadata

Piercarlo SalariPediatra di Consultorio, Milano

Chee-yean è una giovane cinese, dai linea-menti fini alla quale è difficile attribuire un’età. I suoi capelli scuri a caschetto risaltano sulla carnagione chiara appena contrastata dal rosso naturale delle labbra, la sua voce è sottile, quasi impercettibile e i suoi movimenti repentini, quasi a scatto, tradiscono una personalità ansiosa. Ha ricevuto una comunicazione che le ricorda le vaccinazioni per sua figlia, Nai-kwan, che ha due mesi e mezzo e si è perciò presentata all’Ufficio di Igiene per alcune informazioni. È accompagnata da una connazionale sulla qua-rantina, che ogni tanto le traduce qualche parola senza però mostrare di conoscere a sufficienza la lingua italiana. Prima di parlare porge la lettera che ha ricevuto con aria interrogativa e aspetta una risposta.Come mai non ha portato qui la sua bambina? Nai-kwan, giusto, si chiama così?Sì, lei ora a casa, molto raffreddata, male…Ha febbre? È andata dal suo pediatra?(dopo qualche secondo di esitazione)No febbre, diarrea (un gesto lascia intuire che talvolta è capitato anche il vomito), dormire poco, piange, no mangiare.Le sta dando qualche medicina?No. Do erba cinese.Non sa dirmi che tipo di erba? No, erba da Cina.Ma è una pianta, un medicinale, ha un nome? No, no, dieci gocce, due volte.La sta allattando al seno o le da il biberon?Sì.Vuol dire che le da il suo latte?

Allatto io Nai-kwan (rimane muta come nel ten-tativo di trovare le parole ma poi inizia un nuovo discorso). Vaccinazioni qui? Quando?Sì, deve portare qui Nai-kwan, pensa di fare anche le vaccinazioni raccomandate?Sì. Con vaccinazioni, venire febbre?Qualche volta può succedere ma si tratta di poche linee di febbre, non ci sono problemi, stia tranquilla, ok?Sì sì, va bene. Fissiamo allora un appuntamento o preferisce chiamarci lei quando Nai-kwan starà meglio?Sì.Scusi, non ho capito. Ci chiama lei?Sì, io a voi!Il nostro telefono è quello scritto lì, vede?Sì sì… io telefonare quel numero.Dopo un mese e mezzo il medico incontra casualmente Chee-yean per strada, in prossi-mità dell’Ufficio di Igiene e la riconosce subito dall’espressione del viso. La giovane è insieme a un’altra ragazza che sembra inizialmente tur-bata dell’iniziativa del medico di avviare una conversazione.Signora, si ricorda? Non ci ha più portato la sua bambina per le vaccinazioni!(dopo un momento di esitazione l’altra ragazza, più spigliata nel parlare, si improvvisa traduttrice e cerca di affrontare la conversazione in maniera sbrigativa)Dice non sapeva venire qui.Ma come? Gliel’avevo detto di chiamare per l’appuntamento. La bambina ora è guarita, sta bene, no? Sì, bene, vuole prima parlare con marito, ora è al lavoro, al ristorante. Farà sapere lei.D’accordo, le dica pure di parlare e venire qui con suo marito, ma mi lasci per favore il numero di telefono, la chiamerò io domani a quest’ora, va bene? Le vaccinazioni sono molto importanti per la sua bambina e sarà bene farle subito!

CommentoQuesto aneddoto, per quanto succinto, sug-gerisce alcuni spunti di riflessione. Come già accennato, non è facile interagire con gli immigrati cinesi. In questo caso il ricevimento di una lettera aveva destato sospetto, ragion per cui la mamma di Nai-kwan si era precipitata a chiedere informa-zioni. Nelle comunità cinesi, d’altra parte, ci sono spesso diversi clandestini e il timore che possano essere in qualche modo scoperti induce spesso i connazionali regolari a verificare se si profilano reali pericoli. Un secondo aspetto da considerare sono le condizioni di vita. Spesso i cinesi condividono appartamenti angusti senza farsi problemi del sovraffollamento, fattore che nei bambini – so-prattutto in quelli più piccoli – è notoriamente una condizione predisponente a infezioni respiratorie. Un terzo elemento da considerare è che i cinesi

spesso curano se stessi e i propri familiari con rimedi diversi, per lo più preparati artigianalmente, dei quali non sanno indicare i componenti. Infine dai dialoghi riportati si evince una notevole diffi-coltà di comunicazione, che i cinesi tendono a sdrammatizzare rispondendo spesso “sì”, senza peraltro comprendere quello che è stato detto loro.In conclusione, in circostanze come questa è importante:• rassicurare sul fatto che le domande sono

finalizzate unicamente alla salute e le risposte non saranno strumentalizzate o divulgate;

• accertarsi dell’effettiva avvenuta comprensio-ne dei messaggi;

• avvalersi, se possibile, di testi scritti esplicativi tradotti in lingua;

• chiedere il supporto di un traduttore o di un loro connazionale in grado di esprimersi in maniera adeguata;

• acquisire il maggior numero di elementi pos-sibile sulle condizioni di vita del paziente, sia esso bambino o adulto, e i recapiti per prendere contatto con lui o con i suoi familiari;

• usare espressioni elementari cercando di replicare quelle che il paziente usa per espri-mersi.

Il destino sofferto di una giovane madre africana

Carla MauroMedico di medicina generale, Roma

Il rapporto medico-paziente in Africa può essere bene caratterizzato da questa esperienza per-sonale vissuta in Repubblica Democratica del Congo, villaggio Mbeti, qualche anno fa. Per la terza volta, dalla fine della guerra, tornavo in Congo e dovevo controllare l’andamento delle scuole istituite dall’associazione che mio marito, medico congolese, e io avevamo fondato.Era il secondo giorno che passavamo al villaggio, nella relativa quiete della nostra capanna, dopo il massacrante viaggio lungo le piste della foresta equatoriale. Una donna che sembrava precoce-mente anziana, si avvicinò: “Minganga, Dottori, venite! Mia figlia sta molto male”. L’aveva portata da alcuni parenti in una capanna lontana dalla nostra non più di quaranta metri. La capanna era buia e affollata di persone; il letto era così basso che per visitare mi dovetti accucciare sulle ginocchia. La ragazza, di statura e floridezza inconsueta, giaceva nel letto, distesa su un fianco. Immobile, avvolta da un lieve tremore, il respiro veloce e superficiale. “Come si chiama?”, “Thérèse” mi dissero. La chiamai, la toccai. Non rispose. “Da quanto tempo sta così?”, “Un giorno – dissero – e tre giorni fa ha dato alla luce per la prima volta”. Mi mostrarono un pargoletto dor-

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miente, florido come la madre. Pascal, il nome del mio primo figlio.Nella mia mente passarono velocemente alcune realtà di cui avevo letto nei libri: tetano puerpe-rale, sepsi puerperale, meningite batterica… Mi accostai alla sua nuca, non era rigida, e non aveva neanche spasmi muscolari di alcun tipo, solo il cuore batteva velocissimo e il corpo era scosso da brividi di febbre. Nonostante la febbre dal suo volto traspariva una bellezza non co-mune e lo splendore della sua prima maternità. L’ospedale più vicino era a cinquanta chilometri e in più senza medico e in uno stato di grande abbandono dopo il saccheggio nel periodo di guerra. Avevo cefalosporine iniettive di III genera-zione, flebo e deflussori, fiale di chinino. Dovevo farcela, dovevo salvare Thérèse, doveva danza-re, dopo quaranta giorni, nel giorno in cui viene presentato il bambino. Doveva vederlo crescere! Mio marito si avvicinò a me e con dolcezza mi disse “Questa ragazza non guarirà”. Gli risposi: “Dobbiamo fare tutto il possibile per salvarla!” e cominciai a organizzare un improbabile tavolino di terapie accanto al semplice giaciglio. Control-lavo ogni tre ore la situazione e mi sembrava di scorgere dei miglioramenti. Aspettavo con ansia il momento in cui i suoi occhi neri avrebbero guardato i miei con stupore e gratitudine. Io con lei saremmo divenute insieme, di nuovo, madri. Due giorni dopo, mentre i bambini della scuola cantavano, nel corso di un saggio dimostrativo preparato per noi, fummo avvertiti: Thérèse non avrebbe cresciuto il suo bambino. Corsi alla capanna, abbracciai sua madre. Calde lacrime rigavano anche il mio viso.

CommentoIn Africa la sanità è spesso fatiscente e quasi sempre a pagamento. I pazienti si recano dal medico quando non possono farne a meno e spesso in ritardo. Quando un membro della famiglia sta male spesso viene accompagnato dall’intero nucleo familiare e non è inconsueto, anche nei nostri ambulatori di medicina gene-rale, che tutta la famiglia si rechi in studio per accompagnare e sostenere il malato. Proprio perché la malattia è vista in senso comunitario non c’è di solito riservatezza nei riguardi della propria malattia. I farmaci, a volte di cattiva qualità, vengono assunti per periodi limitati di tempo essendo a totale carico del malato e, nei casi in cui la terapia sia somministrata gra-tuitamente (come nella tubercolosi), vengono date ogni giorno le compresse da assumere. Spesso quindi le persone provenienti da un contesto rurale e da aree disagiate vanno istruite con attenzione sulla necessità di assumere la terapia ogni giorno, fino a diversa indicazione del medico, nonché sulle modalità di assunzione e sull’eventuale rapporto con il cibo (ricordando però che in alcune etnie la frutta non è consi-derata “mangiare”, quindi se per qualche motivo è prescritto il digiuno esso va specificato). Le persone africane sono spesso empatiche e riescono a percepire la nostra disposizione d’a-nimo. Non attendono il successo terapeutico, accettano meglio di noi la morte, ma dal medico si aspettano che tratti il malato con umanità e correttezza, una sensazione di giudizio o rifiuto o il sentore di “razzismo” possono compromettere per sempre il rapporto medico-paziente. La

“permalosità” di molte persone africane trova la sua giustificazione in secoli di schiavitù, colo-nizzazione e disprezzo per alcune etnie ritenute inferiori e identificate con il colore della pelle, meglio non continuare a ferirle.

Conclusioni

Le problematiche cliniche, culturali e relazionali in cui si può imbattere il medico che si interfac-cia con gli immigrati sono alquanto numerose, variegate, dinamiche e complesse e spaziano ben oltre gli orizzonti di questo corso: la trat-tazione si è infatti dovuta necessariamente limitare ai temi di maggiore attualità e rilevanza nella pratica ambulatoriale quotidiana, ma il vivo auspicio è di aver potuto offrire alcuni spunti utili a fare chiarezza sui reali bisogni di salute dei migranti, a sfatare alcuni preconcetti purtroppo ancora diffusi e a delineare possibili strategie di approccio in particolare nel dialogo con il paziente. Presupposto, quest’ultimo, irrinuncia-bile per instaurare quel clima che consenta al cittadino straniero di rivolgersi con fiducia alle istituzioni sanitarie e al proprio medico o pedia-tra di famiglia, al quale spetta il delicato e nobile compito di preservare la salute e tradurre in maniera efficace, convincente e personalizzata messaggi educazionali, indicazioni terapeutiche e suggerimenti di prevenzione.

modulo 7Comunicazione e gestione del paziente migrante in ambito sanitario

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