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Nel 2017 mi è capitato di far visita all’ex capitale d’Italia,Torino, e di conseguenza, a Superga. Grazie al calcio,l’Acerrana ed il Torino sono gemellate dal 1947. Ciò nonè frutto di una mera coincidenza o di una casualità: dietroa tutto ciò c’è una storia vera, sentita ed emozionante.Quella storia, quella passione per lo sport, mi hannoguidato fin sopra Superga per rendere omaggio al GrandeTorino, compagine calcistica scomparsa, con a seguito stafftecnico e giornalisti, in quell’immane tragediadell’incidente aereo del 4 maggio 1949. Quella squadra,vincitrice di cinque scudetti, nel 1947, due anni prima dellatragedia, era venuta ad Acerra per un’amichevole,gemellandosi con la squadra locale, omaggiandola dicompletini, attribuendogli i colori granata ed il simbolodel toro. Da qui nascono il simbolo e i colori granatadell’Acerrana..La visita all’ex capitale d’Italia, l’omaggio personale allamemoria del grande Torino, per un giornalista come me,che viene dallo sport, era fondamentale e doverosa. Ildestino ha voluto che essa capitasse nell’anno 2017,proprio quando l’amministrazione di turno ad Acerra hainiziato i lavori di abbattimento dello Stadio Comunale,terreno di gioco dei colori granata. Con esso va via unpezzo di storia della città di Pulcinella, il fiore all’occhiellodegli stadi campani degli anni sessanta, un luogo dallavalenza sociale e sportiva, terreno ed erba calpestati,almeno una volta, dalla stragrande maggioranza degliacerrani, da squadre di serie A e B e dal grande DiegoArmando Maradona.

1964 - 2017

Nel 1959, il Sindaco di Acerra, l’on. Ignazio Caruso, vollefortemente la realizzazione di uno Stadio Comunale contribuna e pista.Il progetto fu realizzato dalla cooperativa “ l’acerrana”,dei fratelli Di Giovanni che, oltre alla realizzazione,contribuì con propri fondi assieme a quelli del Coni. Ilfiore all’occhiello degli stadi campani veniva alla luce dopoqualche anno e fu inaugurato nel 1964.Il 24 luglio 2008, l’amministrazione Marletta, con ilPresidente del Consiglio di Acerra, l’attuale sindaco,dedicano lo Stadio Comunale all’on. Avv. Ignazio Caruso,ricordando attraverso l’affissione di una lapide: “il politicocoerente, l’amministratore dal carattere forte edecisionista, l’uomo integerrimo che amava la sua città.Il sindaco stimato che volle e realizzò lo Stadio Comunale.”Ritornando a Superga, per me è stata una visita sentitaed emozionante.È molto difficile in quel luogo trattenere le lacrime perchi, come me, ama lo sport e la vita.Lacrime per quegli uomini pluriscudettati, operai delcalcio vero di un tempo, uomini che per i colori di unamaglia e di una bandiera, erano capaci di dare anche lavita, atleti legati alla storia della loro terra ed alle sue operepubbliche.È da qui che, dopo una preghiera per quegli atleti, tecnicie giornalisti, il mio pensiero è andato all’ex StadioComunale di Acerra, che l’attuale amministrazione havoluto distruggere!

La nostra battaglia a difesa delloStadio Comunale è iniziata nel 2013

Lo Stadio, il Ricordo, i Colori di un Gemellaggio!

Il Direttore

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Il 7 dicembre 1999 vengono accettate le sue dimissioni secondo quanto stabilitodal codice di diritto canonico. Da allora, Mons. Riboldi, attraverso il nostro giornaleha continuato a lanciare messaggi alla sua comunità. Vogliamo rendere “Eterno nellamemoria”, questo del Dicembre 2000.Alcuni mesi prima e per la prima volta, al nostro Direttore Pasquale Sansone ed al suovice Luigi Buonincontro, Mons. Riboldi rivela il suo grande desiderio: quello di essereseppellito nel Duomo di Acerra all’indomani della sua morte. Amava così tanto Acerrache non voleva distaccarsene nemmeno dopo la morte. Mons. Di Donna, Vescovo diAcerra, ha esaudito il suo desiderio.

Dicembre 2000: Il messaggio di mons. Riboldi alla cittàAcerra 20/12/2000. “Sono infinitamen-te grato a Tablò che mi da la possibilitàdi fare giungere i miei auguri ai tanti cheora lo leggono. Sembrava una utopia da“ragazzi” la buona volontà che spinge-va a creare un mezzo di comunicazionedella nostra città, che troppe volte sem-bra non avere voce e quindi condannataalla non conoscenza. Una costanza nonpriva di grande coraggio ha percorso ladifficile via della perseveranza. Ed oggiTablò è diventata la voce della nostracittà e non solo. Ho ancora negli occhila cerimonia dell’inaugurazione dellanuova sede. Lì c’era tutta la coscienzadi chi ce l’aveva fatta nei suoi propositi.L’orgoglio di un necessario servizio edil compiacimento di una città di consi-derare il giornale un amico di casa. L’au-gurio ora è che si continui a narrare lanostra vita nella verità con carità ed evi-denziare soprattutto il cammino che siha davanti a se, a essere strumento diunione e pace, a scorgere, come fecero iMagi nella stella, i segni dei sogni di unfuturo di sviluppo e di civiltà per Acer-ra. Il mio augurio di Buon Natale, attra-verso Tablò, vuole raggiungere ogni fa-miglia ed ogni cuore. Sapete quanto benevoglio a questa nostra città ed a tutta laDiocesi, che fa parte della mia vita; unaparte importante che niente può cancel-lare perché è conservata nel tesoro delcielo presso il Padre, per l’eternità. E ilmio augurio è che scopriate la gioia cheè solo Gesù, che si è fatto uno di noi perstare con noi, per partecipare alla nostradifficile vita, che conosce a volte gioie esperanze, a volte angosce e sofferenze.Può sembrare, a volte, che Dio si nascon-de ai nostri occhi per i tanti mali e le tan-te ingiustizie che avvengono nel nostromondo, come è da sempre. Vorremmoforse “vedere” un Dio che “si fa senti-re”. Ma Gesù ha scelto la povertà dellagrotta di Betlemme, per farsi vicino a noi,che siamo povero come Lui ed abbiamo

bisogno di uno che capisca la nostra sof-ferenza e povertà. Gesù ha scelto la grot-ta, dove è facile accedere ed è facile ac-costare l’Onnipotente. La povertà è ilmodo di esprimere l’amore. Lo capiro-no i pastori, che seppero accogliere l’in-vito degli Angeli, e si lasciarono guida-re dal loro canto, che è davvero il mododi presentarsi di Dio a noi: ”Gloria a Dioin cielo, pace in terra agli uomini che egliama.” E noi oggi abbiamo tanto, ma tantobisogno di quella pace che solo Dio sa

dare nelle famiglie, nel cuore di ciascu-no, nel mondo. Acerra oggi ha tanti mo-tivi per guardare con nuovi occhi pienidi speranza al suo domani. Bisogna far-si riempire il cuore di sogni e non per-dersi nella nebbia della rassegnazione.Il coraggio di credere nel bene e nel co-struirlo, è la caratteristica degli uominidi buona volontà che Dio ama. BuonNatale, carissimi. Ci troveremo tutti nellagrotta, come i pastori, a farci riempire digioia il cuore da colui che è capace di

dare gioia: Dio, l’Emmanuele, il Dio conlui. E gli diremo: ”Oh Gesù, tu sei perme un Padre; Tu sei per me una madre;Tu sei per me un fratello, un amico, unservo, un amministratore. Tu sei il tuttoe il tutto è in me; Tu esisti e niente esistesenza di te; Ti chiediamo quello che haipromesso di darci, oh Gesù, nato a Bet-lemme: LA GIOIA. Buon Natale.”

Mons. Antonio Riboldi,Vescovo Emerito.

“Vorrei essere sepolto nel Duomo di Acerra”

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Don Riboldi: l’Uomo, il Pastore, il Vescovo!Una figura carismatica, un uomo che, dal solguardare, ti sapeva leggere, umile con gli umi-li, fermo e deciso con i potenti, la sua parola ele sue omelie incantavano e trasmettevano unagrande serenità e sicurezza.Era capace di accoglierti come solo un padresa fare, ti ascoltava e spesso ti incoraggiava.Non si è sottratto mai ad alcuna domanda, anziti rispondeva e spesso ti sorprendeva.Le sue omelie non si scostavano dalla vita re-ale, le sue battaglie a favore dei terremotatidel Belice e contro la camorra, si conclude-

vano solo a risultato ottenuto. Non si è maisottratto e non è mai indietreggiato di frontealle battaglie intraprese. Era forte, convinto edeciso, capace di fronteggiare il male e di fareda scudo per la sua comunità. Un grandeuomo, un grande pastore, una guida spiritua-le e sociale d’altri tempi. Don Riboldi, comenoi acerrani eravamo abituato a chiamarlo, tiincoraggiava nel tuo cammino e riusciva a fartisuperare le paure della vita, al suo fianco titrasmetteva un senso di sicurezza, al punto discacciare qualsiasi paura.

Pasquale Sansone

Acerra ha pianto per il suo vescovo emerito Don An-tonio Riboldi. E’ stato un punto di riferimento per lacittà. La piazza e la cattedrale, già dal giorno prece-dente al funerale, erano gremite di persone. In religio-so silenzio in migliaia hanno reso omaggio al Vescovoanticamorra ed una infinità di messaggi e telegrammisono arrivati da religiosi e politici. In cattedrale sonostati letti una miriade di telegrammi e messaggi in pri-mis quello di Papa Francesco e quello del Presidentedella Repubblica.

«Non disperdiamo la sua eredi-tà, alziamo la testa per essere de-gno di Lui. non lasciamo che cirubino la speranza, lui è statouno strenuo difensore della cit-tà e del suo gegge. - sottolinea ilVescovo Di Donna - Lo guidava,lo condivideva e lo seguiva perevitare che qualcuno si perdes-se.»Mons. Riboldi proveniva da una famiglia di modestecondizioni economiche, è entrato a far parte dell’ Isti-tuto della carità (meglio conosciuti come Rosminiani),

divenendone sacerdote il 29 giugno 1951.Inviato nel 1958 in una parrocchia della Valle del Be-lice, si trovò nel 1968 a fronteggiare lo stato d’emer-genza causato dal famoso terremoto che sconvolse laterra trapanese, fronteggiando assieme ai suoi parroc-chiani le prepotenze della mafia, organizzando la lorolotta per ottenere una casa e abitando per anni, comeloro, in una baracca di legno.In quegli anni partecipò a cortei e manifestazioni da-vanti al Parlamento in difesa delle richieste dei suoiconcittadini e collaborò con diverse persone legate allavita politica e istituzionale del paese, fra questi ilgenerale Carlo Alberto Dalla Chiesa e l’onorevole Piersanti Mattarella. L’11 marzo 1978 ricevette l’ordinesacro episcopale, consacrante il cardinale SalvatorePappalardo, coconsacranti il vescovo CostantinoTrapani, e il vescovo Clemente Riva.Il 25 gennaio 1978, il papa PaoloVI lo avevanominato vescovo della diocesi di Acerra, anch’essaterra di complicazioni sociali.Qui concentrò il suo impegno contro la camorra: attra-verso dure prediche ed esortazioni fatte in chiesa e conla sua azione di persuasione tra i suoi parrocchiani,contribuì a rompere il muro di omertà, suscitando pen-timenti e collaborazioni con la giustizia.Lo stesso boss Raffaele Cutolo volle incontrarlo du-rante la sua detenzione per potersi confessare.Negli anni ottanta ha svolto il suo apostolato anche indiverse carceri italiane, dove ha incontrato numerosi

“pentiti” della lotta armata.Il 7 dicembre 1999 vengono accettate le sue dimissio-ni secondo quanto stabilito dal codice di diritto cano-nico. Infine, ad Acerra, dopo 37 anni, Monsi-gnor Antonio Riboldi riceve le chiavi dellacittà.Sabato 30 maggio 2015 , presso il Consiglio comunaledi Acerra, a Mons. Riboldi viene conferita la cittadi-nanza onoraria. A questo “buon pastore” – cosi defini-to da Mons. Antonio Di Donna- va il merito di essersiprofondamente impegnato nel perseguire i valori in-tramontabili dell’uomo, diffondendo nella sua operaquotidiana la cultura della pace, della giustizia e del-l’equità sociale, come virtù che devono guidare ogniuomo, per il bene di tutti. La sua opera per la città èstata di grande utilità, per continuare sempre di più sullastrada della legalità già intrapresa, lasciando un buonsegno in tutta la Diocesi.Mons Antonio Riboldi, nato a Triuggio il 16 gennaio1923, consacrato sacerdote il 29 giugno 1951 a Nova-ra, è stato eletto Vescovo di Acerra da Paolo VI, il 25gennaio 1978, l’11 marzo dello stesso anno ha ricevu-to l’ordinazione episcopale dal cardinale SalvatorePappalardo. La sua azione pastorale si è indirizzata acontrastare il dilagare del malaffare e della criminalitàorganizzata, contribuendo a rompere il muro di omer-tà, suscitando pentimenti e collaborazioni con la giu-stizia. Francesca Panico

Don Antonio Riboldi: dal Belice ad Acerra

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PiscopoPiscopo

PiscopoGioielli

Via Cimarosa, 2 - AcerraTel 081 520 7498

ESCLUSIVISTA DI ZONA

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Pastore e personaggioÈ morto Don Antonio Riboldi, Vescovo emerito di Acerra,Patrono in vita del paese che lo ospiterà per la vita eternaFu Vescovo di Acerra dal 1978 al 2000. Fu un perso-naggio di altissimo profilo intellettuale in Vaticano,protetto dal Cardinale Carlo Maria Martini; parlava conGiovanni Paolo il Grande, senza fare anticamera, luiche faceva fare anticamera, in Acerra, a Ministri e Par-lamentari importanti.La sua dimensione “universale” portò lustro ad Acerra,paese nel quale sarà sepolto . Nel 1996, quando per laprima volta mi recai al Supercarcere di Spoleto, sog-giornando all’ Hotel dei Duchi, quando presentai al ri-cevimento dell’albergo i miei documenti, il direttoredell’albergo mi esclamò: “ lei è del paese di DonRiboldi, è spesso nostro ospite”, mostrandomi l’albod’oro degli ospiti illustri, nel quale figurava la firmadello stesso. Fu sempre un personaggio noto in tuttaItalia. Con Don Riboldi, la Curia di Acerra era puntodi riferimento della Politica, della Cultura, dell’Arteitaliana. Politici e Parlamentari di altissimo livello simettevano in fila per essere ricevuti. Ricordo, in parti-colare, che prima del crollo di Tangentopoli, Acerra -anche grazie a lui - aveva riferimenti politici rispettatiin Italia.All’inizio degli anni 90, veniva presentata ad Acerrala legge 241/1990 voluta da Antonio Gava, ministrodell’interno. Fu organizzato dal dott. Di Nuzzo, Sin-daco di Acerra, un convegno di altissimo profilo perpresentare quella legge, era relatore il Ministro del-l’Interno Gava, che prima di partecipare al convegno,si occupò di farsi ricevere dal vescovo anticamorra etutti capirono che per Gava l’incontro con Don Riboldiassumeva importanza prevalente. Successivamente, iSocialisti di Acerra organizzarono un convegno di al-tissimo livello per discutere di lavoro, io all’epoca erodirigente nazionale dei giovani socialisti (FGSI) conRoberto De Masi, che vedeva la partecipazione delnumero due di Bettino Craxi, Giulio Di Donato,vicesegretario nazionale del PSI.Lo stesso Di Donato, prima di giungere dai suoi uomi-ni del PSI di Acerra, si occupò di farsi ricevere da DonRiboldi. Fu un’ autorità riconosciuta da tutti, ebbe lacapacità di proteggere una classe dirigente locale, cheriuscì a proteggere il territorio; si occupò di difenderela dignità della borghesia acerrana.Don Riboldi non fu solo il vescovo anticamorra, fu il

Patrono di Acerra. Quando l’Italia aprì la corsa al sui-cidio con Tangentopoli, lui dovette adeguarsi, ma nonmortificò mai chi aveva servito Acerra con onestà .....Fu costretto a puntare su altri quadri, ma il disegnonon gli riuscì perché le risorse umane non lo consenti-vano; trovò sulla sua strada solo qualche gerarca dicartone, che non fu capace di arginare e vincere ilnuovismo della seconda Repubblica. Così si apriva lastrada alla distruzione di un territorio, di un popolo, diuna classe dirigente.Intanto, Don Riboldi, inesorabilmente, finiva per suascelta ai margini e concludeva il suo mandato di ve-scovo. Dopo di Lui il diluvio, classi dirigenti inade-guate e spesso indegne, addirittura furono capaci diinventare il fenomeno Pellini..... iniziava la deriva po-litica e territoriale di Acerra, l’epoca della devastazio-ne che sembra non finire mai. Questo paese si recludevalentamente nel perimetro dei Regi Lagni, abbandona-to da tutti, con una classe dirigente di infimo livello,un territorio abbandonato e devastato, una borghesiaumiliata ed impoverita da un clientelismo feudale e so-

prattutto impunito. Acerra, con Don Riboldi ha avuto anni di gloria e dialtissima dignità .....Svolgo questa riflessione manifestando tutto il mioassoluto rispetto e la mia totale devozione verso i ve-scovi che sono venuti dopo, ma Loro hanno fatto soloi Vescovi. Don Riboldi fu patrono di Acerra, per que-sto nel mio ultimo mandato da consigliere comunale,supervotato, mi levai in consiglio comunale per pro-porre di conferire la Cittadinanza onoraria a DonRiboldi, che fu conferita solo qualche tempo dopo...... Ho fatto politica nel mio paese per circa unventennio, avendo l’onore di essere consigliere comu-nale, per circa un decennio, cioè fino al momento incui decisi di abbandonare la Politica (che nel frattem-po era morta e sepolta); devo dire grazie a Don Riboldi. Che la terra gli sia Lieve. Mi auguro che venga sepolto nel Duomo di Acerra,sua casa naturale per la vita eterna.(E’ stato sepolto nella Cattedrale di Acerra)Che Don Riboldi illumini gli acerrani ed indichi allaborghesia di questo paese la strada del riscatto e delladignità.Il Paese che ospiterà Don “Terremoto” da morto, nonpuò essere ostaggio di sultani di campagna e schiavodel bisogno .

Acerra, addi 10 Dicembre 2017Avv. Pier Giacinto Di Fiore

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La Pizza napoletana è bene immateriale dell’Unesco!I pizzaioli acerrani hanno contribuito a questo meraviglioso risultato

I pizzaioli di Acerra hanno contribuitonon poco affinchè Napoli e l’ arte deipizzaioli arrivasse ad essere uno dei pa-trimoni dell’umanità. La pizza, consi-derata da sempre il piatto povero, è di-ventato patrimonio immateriale del-l’umanità riconosciuto dall’Unesco edin una sola notte rilancia Napoli nelmondo.Un rilancio che viene soprattutto dalbasso, da un’attività bella, un lavoro fat-to con maestria con le mani, passionale,ma nello stesso tempo estenuante e fa-ticoso.La pizzaè definita da sempre il piatto deipoveri, ma il suo avvento ed il suo pri-mo lancio da Napoli, parte con la Mar-gherita, che disegna il tricolore italianograzie ai colori dei suoi ingredienti: lamozzarella, l’oro bianco; il pomodoro,l’oro rosso ed il basilico, il verde dellasperanza.Il successo della pizza, oltre a rilancia-re Napoli, mette in bella vista il bel Pa-ese.

Ad Acerra, e non solonel capoluogo parte-nopeo, la pizza è gu-stosissima ed è sapo-rita.Finalmente, dopo tanti anni, arrivanobuongustai da ogni angolo della Cam-pania per mangiare la pizza dei nostribeniamini pizzaioli acerrani, divenutiimprenditori che hanno investito nel-l’abbellimento dei locali; nello studioteorico e pratico dell’impasto con l’ac-qua e la farina; nella giusta lievitazione

Francesco Denile Nino Pannella Vincenzo Di Fiore Attilio Albachiara

e leggerezza del pasto; nella scelta deiforni e del mantenimento dei gradi dicottura; nella scelta di ingredienti di pri-ma qualità. Ed infine nell’amore e lapassione nel lavoro, per offrire agliamanti della pizza il miglior prodotto,per gusto e raffinatezza.Quindi, i pizzaioli di Acer-ra hanno contribuito a que-sto risultato, da quelli cherealizzano pizze per soloasporto,...come Giovanni Esposito,proveniente da una fami-glia di pizzaioli di professio-ne, con il suo locale “O’ Ve-suvio” di Via Diaz;...come Pasqualino, dellaPizzeria “Pathos”, di Cor-so di Vittorio;...come Santolo e figli, ge-stori della Pizzetteria “i TreMoschettieri”, di Via L. DaVinci.A quelli con locali per con-sumo in loco....come Nino, proprietariodella omonima Pizzeria sitaal parco Novecento, un gio-vanissimo pizzaiolo che si èlaureato campione delmondo all’expo di Las Ve-

gas e che raddoppia apren-do una nuova Pizzeria aMariglianella....come Vincenzo Di Fiore,proprietario della Pizzeria“Bella Napoli” di Via Lud-ovico Ariosto, che è presen-te in tutte le guide del set-tore, con due spicchi su tre,la sua è tra le pizzerie topdella Campania. È statoanche il primo pastore piz-zaiolo nel presepe di Mar-co Ferrigno a Napoli....Come Francesco Denile,pizzaiolo e proprietario delrestaurant e Pizza And grillGood Food di Via Spiniel-lo, 79, terzo classificato nelCampionato di Pizza doc aNocera Inferiore....Come Attilio Albachiara,due volte campione delmondo e Presidente dell’as-sociazione “Mani d’Oro”; ilmaestro Attilio ha contribu-ito non poco affinchè si ar-rivasse a questo risultato....Come Gaetano, della Piz-zeria Paolella.

Lo scrivemmo qualche mese fa, lo riba-diamo ancora oggi: tanto è cambiato afavore della pizza, quella acerrana, chegode di una concorrenza sana e leale.Locali dal nuovo look, pizze da asportocon consegne da “freccia rossa”, sonogli optional della qualità acerrana. Squi-sitezza, leggerezza e digeribilità, sonole caratteristiche di serie.”Intanto, ritornando alla notizia arrivatada Seul, a Napoli è stata festeggiata edequiparata alla vittoria di un mondialeo addirittura ad uno scudetto del Napo-li. Il riconoscimento Unesco consenteagli addetti ai lavori, alle associazionidi categoria, di muoversi a tutela del-l’arte del pizzaiolo attraverso convegni,allestimento di musei specializzati, ilrecupero della memoria che per la piz-za napoletana risale al 600. Il voto diquesto riconoscimento è stato all’una-nimità, ben 128 stati si sono espressi afavore della Pizza napoletana. Nel mon-do, due sono le parole più conosciute:“ciao” e “pizza”.Il riconoscimento Unesco ne sancisce ladefinitiva consacrazione. I dati dellacoldiretti ci dicono: sono milioni di piz-ze quelle consumate quotidianamente,sono circa 65mila, le pizzerie e localiche consegnano la pizza a domicilio.Essa rappresenta per la nazione Italia unbusiness non indifferente, generando unfatturato di 12 miliardi di euro, a cui vaaggiunto il mercato estero. Sono oltre100000 i lavoratori del settore, più glioccasionali del sabato e della domeni-ca, che si aggirano intorno alle 60000unità. I maggiori consumatori di pizzasono gli americani, mentre gli italianisono i primi in Europa. La pizza è con-siderata un pasto completo: la panetta,

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Giovanni Espositodal peso di 250gr., contiene circa 750Kilocalorie, quasi il doppio di un piattodi pasta al pomodoro. Essa può essereconsumata a pranzo o a cena, preferi-

bilmente seguito da un frutto, ottimaleper la dieta che prevede di eliminarepane e pasta nel resto della giornata edevitando rimedi estremi del giorno suc-cessivo attraverso il digiuno.C’è chi in passato si è sentito emargina-to solo perché era pizzaiolo, ma oggi,orgoglioso del traguardo raggiunto econquistato, dice:« Sono trascorsi trop-pi anni, ma alla fine il riconoscimento èarrivato. L’arte del pizzaiolo, mestiereumile e tenuto ai margini dell’arte culi-naria, è un patrimonio dell’umanità, e ilpizzaiolo, d’un tratto, nell’immaginariocollettivo diventa una figura di primopiano, un maestro della tavola, emanci-pato dalla memoria di un semplice ma-novale davanti ad un forno»“L’Arte del Pizzaiolo Napoletano, pro-clamata questa mattina Patrimonio del-l’Umanità, è un grande riconoscimentoper l’Italia, per Napoli e la RegioneCampania”. Così il presidente della Re-gione Vincenzo De Luca ha commenta-to l’importante successo ottenuto,grazie all’impegno del Capo dell’Uffi-cio Legislativo della Regione, prof. Lui-

gi Petrillo, che ha seguito personalmen-te, da Parigi fino in Corea, il dossier cheha portato a questo riconoscimento mon-diale.L’iscrizione nella Lista Rappresentati-va del Patrimonio Culturale Immateria-le dell’Umanità dell’UNESCO da partedel Comitato intergovernativo del-l’UNESCO riunitosi in Corea, a Jeju, èavvenuta questa mattina a conclusionedi un lungo iter che ha visto la RegioneCampania protagonista accanto al Mi-paf.Con il riconoscimento all’arte dei piz-zaioli napoletani, la Campania si con-ferma la prima regione italiana al mon-do per la sua produzione culturale agro-alimentare. Infatti, gli unici due elementiitaliani iscritti nella lista dell’UNESCOdel patrimonio culturale immateriale,sono Campani: la Dieta Mediterranea,iscritta nel 2010 e, oggi, l’arte dei piz-zaioli napoletani.“La Campania è il luogo in cui l’eccel-lenza alimentare diventa cultura, questoè quanto dimostra il riconoscimento del-l’Arte del Pizzaiolo quale Patrimonio

Immateriale dell’UNESCO. Per il futu-ro, la Campania deve muoversi nel sen-tiero di una valorizzazione innovativadel suo patrimonio, capace di unire lastoria millenaria del territorio alla crea-tività di artigiani e famiglie. Sono loro,i pizzaioli, protagonisti di una tradizio-ne che, a partire dalla manipolazione diprodotti semplici quali l’acqua e la fari-na, realizzano veri capolavori dell’ali-mentazione che tutto il mondo ci invi-dia”, sottolinea il Presidente VincenzoDe Luca, commentando il prestigiosoriconoscimento. “Questo risultato pre-mia la tenacia dei pizzaioli e delle loroassociazioni, impegnati al fianco delMinistero dell’Agricoltura e della Re-gione Campania nella lunga strada chedal 2009 ad oggi ha portato al raggiun-gimento del fondamentale riconosci-mento dell’UNESCO. Grazie anche alprofessor Pier Luigi Petrillo, capo del-l’ufficio legislativo della Regione, cheha scritto il dossier di candidatura deiPizzaioli napoletani e ha coordinato ilnegoziato internazionale”, ha conclusoil Presidente De Luca.

I pizzaioli acerrani hanno contribuito a questo meraviglioso risultatoLa Pizza napoletana è bene immateriale dell’Unesco!

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Emergenza ambientalePer la Federico II le bonifiche sono impossibili

Lorenzo Oliviero

Roghi tossici. Il procuratore Greco al Senato:“Tra tumori e ambiente c’è correlazione”

“Difficile bonificare, vanno limitati i danni” . Al dram-ma si è aggiunta la beffa! Sia nelle aree urbane sia inquelle agricole del litorale Domizio-Flegreo e dell’AgroAversano, è stata rilevata un’alta presenza di metallitossici nei suoli. A Giugliano i livelli di piombo sonoparagonabili a quelli riscontrati nell’area dismessadell’Italsider di Bagnoli. Nel Nolano, a farla da padro-ne è il rame, mentre nel suolo della Terra dei Fuochi (il10 per cento del terreno analizzato), è la presenza diarsenico a primeggiare. Lo studio è stato condotto dalDipartimento di Scienze della Terra e dell’ambientedell’Università di Napoli Federico II. Il professoreBenedetto De Vivo insieme alla sua equipe, ha redattoun atlante geochimico e ne ha tratto conclusioni choc:“Ben poco si potrebbe fare per bonificare un territoriocon estensione di oltre mille chilometri quadrati, macomunque si potrebbe cercare di limitare i danni e dicontenere con misure di controllo le sorgenti contami-nanti”. Gli esperti hanno inviato anche una relazioneal senatore Lucio Romano, componente della commis-

sione Igiene e Sanità e relatore dell’indagine sull’in-quinamento ambientale e gli effetti sanitari nella Terradei Fuochi. I dati scientifici affermano che i metallipesanti come arsenico, cadmio, nichel ed alcuniidrocarburi, sono agenti cancerogeni, anche se non sisa qual è il limite massimo della concentrazione di talisostanze che indurrebbe tumori nella popolazione. Glistudiosi guidati dal professor De Vivo affermano che idati sono abbastanza dettagliati, ma per poter definirecon rigore l’entità e l’estensione della contaminazio-ne, è necessario intervenire con indagini specifiche suciascuna delle aree individuate come anomale. Le in-dagini, in particolare, evidenziano che su 961 campio-ni di terreno prelevati ed analizzati, in circa il 10 percento è stato trovato arsenico. Mentre il rame è presen-te in circa il 20 per cento dei campioni. L’area mag-giormente colpita è quella di Nola e dintorni, in cui leconcentrazioni superano di cinque volte il valore limi-te consentito, causate dai fertilizzanti e pesticidi utiliz-zati in agricoltura. A Giugliano, a farla da padrone è il

piombo e lo zinco prodotti dall’intenso traffico strada-le. Nell’area napoletana ed aversana invece, domina lapresenza degli idrocarburi policiclici aromatici causa-ti dal traffico, ma anche dai roghi e dai rifiuti. Per DeVivo, i maxi risanamenti per le zone colpite dall’in-quinamento, sarebbero un’utopia che aiuterebbe sola-mente la camorra (la quale entrerebbe in un affare multi-miliardario), infatti “Bonificare un’area molto vasta èimpensabile; infatti, occorrerebbero decine di miliardiper metterla in pratica”. “Limitare i danni e mettere insicurezza i suoli inquinati è, invece, possibile, ma ènecessario che si adoperino dei controlli adeguati”-conclude il professore De Vivo- “Si può evitare che lesostanze tossiche possano contaminare la falda idricae i terreni circostanti per assicurare la salute umana,ma non è possibile bonificare completamente una di-scarica su aree molto più estese di quelle di un campoda calcio”.L’obiettivo, secondo il professore, è delimitare gli spaziinquinati e limitarne l’uso.

Lorenzo OlivieroLa verità delle morti per tumore nella terra dei fuochicomincia ad essere ammessa anche dalle alte autorità.Finalmente c’è chi ammette che tra tumori ed inquina-mento ambientale c’è correlazione. In una nota inviataal senatore Lucio Romano, componente della commis-sione Igiene e sanità e relatore dell’indagine sull’in-quinamento ambientale e gli effetti sanitari nella Terradei Fuochi, il procuratore capo Francesco Greco deltribunale di Napoli Nord, dichiara che c’è una relazio-ne tra le zone più inquinate e le persone che vi abitanoe che contraggono patologie tumorali. Inoltre, secon-do il procuratore Greco, esistono delle vere e proprieimprese fantasma che prendono gli scarti industriali“porta a porta” e li bruciano sconsideratamente nellacosiddetta Terra dei Fuochi. L’Istituto superiore dellasanità collabora con la procura Napoli Nord per stu-diare la correlazione tra ambiente e tumori. L’indaginedei vertici sanitari e della magistratura coinvolge circa38 comuni tra l’hinterland casertano e napoletano, chesono soltanto una parte dei comuni della Terra dei Fuo-chi, i quali risultano essere 90. Sotto il mirino è finitaanche la qualità dell’aria, che diviene sempre più og-getto di studio. Questa sembra essere peggiore nel ter-ritorio acerrano e nel triangolo Casoria, Caivano e Giu-gliano. Qui, l’aria che respiriamo è avvelenata dai ro-ghi di rifiuti e gas nocivi e la sopra citata zona del-l’hinterland napoletano è quella dove si registrano lamassima presenza di scarichi abusivi. La criticità dicui nel titolo, è massima proprio nel territorio di Acer-ra. “Un patto scellerato tra imprenditori e delinquentiambientali abituali che comprende un notevole impie-go di risorse umane e materiali”- spiega il procuratoreGreco. Le indagini dei magistrati aversani hanno per-messo di ricostruire, con l’aiuto di video riprese e pe-dinamenti, tutte le fasi dello smaltimento illecito di ri-

fiuti. La pratica del porta a porta dei rifiuti ha coinvol-to numerose aziende tessili, che sono state poi seque-strate dalla magistratura: nel mirino di quest’ultimasono finite anche delle officine meccaniche di autode-molizione e lavorazioni di vernici, che lavorano in con-dizione di completa illegalità, perché non in possessodelle autorizzazioni necessarie. Anche impianti di ma-cellazione hanno contribuito a inquinare i Regi Lagnicon il sangue degli animali che è finito nel litoraleDomizio, dopo aver mandato in tilt un depuratore. Illiquido in questione era anche maleodorante. Conclu-

de Greco: “Questi sequestri contribuiscono a renderepiù effettiva e temuta la tutela dell’ambiente, in un ter-ritorio dove proprio gli imprenditori dovrebbero esse-re le sentinelle più attente”. Bisogna andare avanti: latutela ambientale non può essere soltanto insegnatanelle scuole, ma i ragazzini che vengono sensibilizzatidevono poter vedere e sentire la presenza delle autori-tà come la magistratura che permetta la salvaguardiadel nostro territorio. Bisogna dare dunque un punto diriferimento per le nuove generazioni, pena la non vivi-bilità del nostro territorio.

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Dicembre 2017 11

Dopo sette anni di lavoro, ditta fallita

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Addio al progetto della piscina ComunaleLorenzo Oliviero

Dopo sette anni, la ditta che operava per la costruzionedella piscina Comunale è fallita: si interrompono i la-vori per la struttura. Bisogna bandire una nuova garadi appalto, ma i costi calcolati nel 2010 sono aumenta-ti considerevolmente. E’ un vero peccato, visto che finoad ora sono stati impiegati circa 2 milioni di euro. Ilcontratto è stato scisso per grave inadempienza ed orail cantiere è addirittura investito da erbacce. Nel frat-tempo il costo del complesso è lievitato da 4 milioni emezzo a circa 6 milioni. Purtroppo però il Comune nonha le risorse necessarie per concludere l’opera.All’epoca i fondi per la realizzazione della piscina fu-rono reperiti dal Sindaco Espedito Marletta, come letante altre opere inaugurate negli ultimi anni: il ParcoUrbano e la Cittadella Scolastica. Mentre i lavori perla realizzazione della piscina partirono sotto l’ammi-nistrazione Esposito. Registriamo che con l’attualeamministrazione comunale, dopo la campagna eletto-rale che ha visto trionfare a furor di popolo il Sindaco,paradossalmente si bloccano i lavori di questa struttu-ra sportiva. Dopo l’abbattimento dello stadio Comu-nale deciso da Lettieri, Acerra ha perso anche la pisci-na. Una amministrazione attenta avrebbe sfruttato an-che i sovvenzionamenti che stanno arrivando dalleuniversiadi per il ripristino di alcune strutture ed all’ammodernamento delle strutture sportive in Campa-nia. Tornando alla piscina, e il parco compreso, ha solouna speranza di vedersi completata: l’appello del Sin-

daco Raffaele Lettieri al Coni.Il Comitato Olimpico, attraver-so il fondo del progetto “Sporte Periferie”, si impegnerà per ilcompletamento e per l’adegua-mento funzionale degli impiantisportivi. Il Comune partecipe-rà al bando di finanziamentoper la nostra infrastruttura spor-tiva e per far questo ha inter-pellato una società esterna diprogettazione per preparare tut-te le documentazioni. Il Coni hastabilito un tetto massimo didue milioni di euro per finan-

ziare un singolo intervento. Mancherebbero un milio-ne e duecentomila euro in totale. E non è un’impresafacile. Dichiara Raffaele Lettieri: “Un’opera così im-portante per la città di Acerra non si può abbandona-re”- diventa quindi di fondamentale importanza nonmollare, anche se la situazione finanziaria non è dellemigliori. Questa della costruzione della piscina comu-nale è una battaglia che dura dal 2008, quando è statoindetto il bando di costruzione e hanno partecipato cir-ca 7 ditte. A causa di ricorsi al TAR l’attesa si prolungafino al 2010, quando vincitrice l’azienda Fico di Afra-gola. I lavori iniziati l’anno dopo, nel 2011, sarebbero

dovuti terminare nel 2014, tre anni dopo. Ma al mo-mento, nel finale del 2017, Acerra non possiede anco-ra una piscina comunale. Lettieri ora spera nel Coni esi deve cercare al più presto di fornire questo servizioai cittadini acerrani. Lo si deve fare per il bene dellacittà che necessita di infrastrutture al servizio dellacomunità al fine di migliorare la vivibilità. L’ammini-strazione deve dare un segnale forte ai suoi cittadini,deve lasciare un’impronta favorevole nella politicacomunale e questo lo può permettere soltanto con l’im-pegno e la caparbietà che servono per portare a termi-ne ogni progetto iniziato.

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Dicembre 201712

Degrado e morte della cittàAd Acerra si vive un declino inarrestabile, è stato inne-scato un processo di avvilimento di energie locali chepotevano contribuire alla valorizzazione del patrimoniostorico e culturale cittadino. Solo sul finire del 1800, lanostra città vantava più di 10 testate giornalistiche ed unafeconda attività di pubblicistica minore, circoli intellet-tuali, due Istituti culturali di rilievo. Nel 1926 erano censitequattro sale cinematografiche. Dunque una vivacità cul-turale che caratterizzava ed animava la vita di società.Non mancava certo l’animosità dell’opposizione politicae la contrapposizione delle “fazioni politiche”. Dopo piùdi un secolo, ad Acerra è stata distrutta quell’ animositàcaratteristica della vita pubblica e del dibattito cittadino.Luoghi e percorsi elettivi per la produzione di idee eprogettualità. Abbiamo assistito, negli anni, ad uno scon-tro caratterizzato da una forte divergenza e conflitti tra“gruppi politici” che rivendicavano il monopolio nellasfera pubblica . La compagine politica locale si è carat-terizzata e ha duellato per una lotta d’interessi, contrap-posti, ma convergenti sugli obiettivi generali. C’era inballo ’o “murzillo sapurito”.La politica piratesca ha annullato e annichilito ogni ten-tativo di corretto e naturale sviluppo del territorio. Ab-biamo subito una città a dimensione prima degliecomafiosi e poi del mega inceneritore. La situazionein città si è aggravata per quanto riguarda il degrado el’abbandono del centro storico, la viabilità, il sistema dicontrollo del traffico, la sicurezza dei cittadini, l’igienedelle strade, la raccolta differenziata, i lavori pubblici, lasicurezza per i pedoni, l’inquinamento atmosferico edacustico. Oltre a queste problematiche, legate a forte in-capacità amministrativa, è da segnalare anche la man-canza di parcheggi, luoghi pubblici di aggregazione per

giovani ed anziani, di spazi per bambini, impianti sporti-vi, esigenze ecologiche di spazio verde, disinquinamentoed attività dinamiche e aggregative, che sono molto fortiin una realtà come Acerra, che subisce l’inquinamentooltre che di casa propria, anche quello dei comuni limi-trofi.Complessivamente, l’insieme del territorio risente di unosviluppo disomogeneo. Le nostre periferie urbanizzatesono quartieri satelliti, dove la carenza di servizi, la noncontinuità di socializzazione, hanno determinato un pro-cesso di non funzionalità e integrazione con un sistemadi relazioni sostenute dall’identità culturale dell’aggre-gato urbano. Anche i “superluoghi” urbanizzati di recen-te, potevano rappresentare un segmento di valorizzazioneper quanto attiene alla viabilità e ad una miglioratavivibilità, fatta di superstrade e luoghi del consumo, manon hanno ancora trovato un inserimento in un contestodi infrastrutture e servizi urbanizzati. Gli investimenti dacapogiro in opere pubbliche e “finanziamenti a pioggia”avrebbero dovuto determinare un maggiore benessereeconomico, o perlomeno dei risvolti nell’ambito dell’of-ferta e fruizione di servizi e partecipazione alle attrezza-ture collettive; invece viviamo le situazioni negative deldisagio personale e sociale, della nocività ambientale,delle disfunzioni dello sviluppo urbano. Addirittura inalcuni “comparti” del tessuto sociale, dette condizionistanno amplificando atteggiamenti di una cultura deviante( vandalismo a più non posso, micro-criminalità diffusa)espresse dalla mancata coesione sociale e dalla perditadel senso comune di città. Il degrado raggiunto è soprat-tutto il riflesso condizionato di una cultura che non pri-vilegia i bisogni reali dei cittadini, ma preferisce l’accu-mulazione di voti e la gestione della cosa pubblica ai fini

dell’accrescimento del proprio peso elettorale. L’orroresociale oramai è alle porte. Questo è il risultato di chinon ha voluto guardare al degrado, di chi ha fatto finta diniente. Di chi ha interesse a spostare le piazze, senza ca-pire e studiare le conseguenze. Di chi ha interesse a spen-dere soldi per inutili opere pubbliche anziché investire inpromozione sociale e veri luoghi di aggregazione, spazidi socialità ed integrazione delle diversità culturali. Chi ha in mente un modello di sviluppo alternativo, sa-prebbe anche come gestirlo. Taluni traguardi si raggiun-gono con soluzioni semplici e a portata di mano, non sem-pre tutto è così complicato. Un vero amministratore cer-ca di prevenire anziché fare demagogia, spot e proporresoluzioni inopportune. La politica degli affari non cercarimedi o soluzioni efficaci, i cittadini volenterosi, moltevolte, si sostituiscono alle Istituzioni, proponendo validesoluzioni alternative e più sostenibili. La morte della cit-tà è stata decretata da un ceto politico, radicato nella con-vinzione di doversi ritagliare le dovute garanzie di fluiditàsociale, politica e affaristica. Il degrado prodotto è ilrisultato di un processo generale che ha accelerato i fe-nomeni di disaggregazione e ci ha imposto condizioni divita dettate dal profitto e da avventurieri dell’affare. Ildegrado sociale che viviamo nel contesto acerrano, è de-terminato dalla precarietà delle condizioni di vita, caren-ze nel sistema di valori di riferimento, oppressione,radicamento della cultura della devianza e marginalità,disfunzioni dei servizi preposti, che richiedono forme piùattive e continue di monitoraggio della qualità della vitanei suoi aspetti reali oggettivi e soggettivi!

Dott. Giuseppe RussoSociologo

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Dicembre 2017 15

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Dicembre 201716

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Novembre 201732

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Dicembre 2017 19

Lo sai che 7 proprietari di casa su 10, in questo momento,in questo mercato, in questa città, rischiano seriamente di

perdere la loro casa che con tanto sacrificio hanno acquistato?Se Tu Credi di Essere una Persona Responsabile, Leg-gi Attentamente Questa Lettera e alla Fine della Let-tura Scopri Come Evitare Che Tutto Ciò Possa Ac-cadere Anche a Te!

Quante volte negli ultimi anni Ti è capitato di sentirestorie di persone che hanno avuto difficoltà nell’arri-vare a fine mese, storie di persone che non riesconoa pagare le bollette, storie di persone che proprio nonc’è la fanno più?Sai, questo è un momento davvero complicato, lo Sta-to non ci cautela, il lavoro manca, la tranquillità So-ciale è sotto assedio da parte di terroristi in giro libe-ramente per le strade, e in più succede che dobbiamoandare avanti, dobbiamo mangiare, dobbiamo vestir-ci, dobbiamo mandare avanti una famiglia.La Sanità non funziona, gli ammortizzatori socialinon esistono, i parenti è meglio non citarli, la suoce-ra non sa cosa fare perché ha più figli e intanto, mol-to probabilmente, c’è da pagare un mutuo che pun-tualmente tutti i mesi arriva.La Banca quando deve prelevare non bussa, entranel tuo conto corrente e preleva i tuoi soldini; se nonli trova, ti segnala come cattivo pagatore e ti perse-guiterà quasi per tutta la vita!Questo significa niente auto nuova, niente prestitopersonale, niente aiuto a un figlio che può aver biso-

gno, cioè sei tagliato fuori dal mondo economico ban-cario.In molti casi, tante persone, prese dalla disperazione,decidono di Vendere Casa!Per carità, sceglie di vendere casa anche chi ha biso-gno di più spazio, chi vuole cambiare aria, chi vuoleinvestire, ma, purtroppo in questo momento, 7 perso-ne su 10 decidono di vendere per necessità.Stai tranquillo, perché se anche Tu ti trovi in questasituazione, non pensare che sia arrivata la fine delmondo, la vita è fatti di alti e bassi, di momenti in cuisei incudine e di momenti in cui sei martello, quindi sedecidi di affrontare i problemi e le situazioni, se decididi avere il controllo, allora sei sulla buona strada.Avere il controllo Ti aiuterà ad uscire dal disagio quantoprima e soprattutto ti aiuterà a risolvere i Tuoi proble-mi in modo Onesto, con Dignità e a Testa Alta!Cosa succede, quindi, quando decidi di Vendere Casa?Per prima cosa, pensa di agire da solo, così, se ci rie-sci, risparmi qualche soldino che dovrai dare ad un’Agenzia se ti venderà la Tua Casa.Compri un bel cartello VENDESI.Subito dopo componi un Annuncio Gratuito sui tantiportali immobiliari a disposizione su Internet.E Vai…la Tua Casa è Ufficialmente in Vendita.- fine Prima Parte...attendi la prossima uscita,ti aspetto!

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Dicembre 201720

Cari Amici, eccoci al nostro ultimo appuntamentodi quest’anno che volge al termine.Il dodicesimo articolo che mi appresto a scriveremi da grande soddisfazione, per aver avuto la pos-sibilità di manifestare il mio pensiero sullecompravendite immobiliari. Tutto questo grazie alGiornale Tablò, che da anni fa sentire la sua vocein ogni vicolo di Acerra e che mi ha donato l’op-portunità di provare questa esperienza. RingrazioVoi lettori che vi siete appassionati al mio lavoro oche semplicemente avete trovato interessante unargomento e vi è stato utile un consiglio per le vo-stre vicende immobiliari.Il lavoro che ho portato avanti per l’intero 2017,ha avuto un unico filo conduttore . Il messaggioche ho deciso di portare avanti è stato sempre lostesso : Non improvvisatevi esperti, le vicende im-mobiliari sono spesse volte un campo minato, fate-vi seguire sempre da persone con una storia lavo-rativa da raccontare, da professionisti seri ed affi-datevi a loro per la soluzione dei problemi.Un professionista non è altro che un espertorisolutore di problemi e se a questo si aggiunge unastoria sociale onesta e seria, allora siete nelle manigiuste. Nella mia giovane carriera da agente immobiliareho osservato molte volte persone che ‘’piangeva-no” per le loro vicende immobiliari solo perchè oavevano sottovalutato la cosa o si erano affidati a

persone che invece di risolvere i problemi, li aveva-no accentuati in modo terribile. Cari amici, io vi esor-to a far vostro un pensiero molto importante: tutte levolte che dovete affrontare una questione immobi-liare, chiedete una consulenza ad un esperto. La pa-rola consulenza dovrebbe essere letta come la parola‘’consiglio”. I consigli giusti possono fare la diffe-renza prima di affrontare qualunque problema ine-rente agli immobili. Quando ho iniziato questo lavo-ro da agente immobiliare, non immaginavo il nume-ro di problemi che avrei dovuto risolvere prima divendere o far acquistare una casa. Oggi mi definiscoun risolutore di problemi, perchè solo con questo spi-rito puoi affrontare un percorso così irto di difficol-tà.I clienti soddisfatti sono il mio dono più grande etutte le volte che chiudiamo una pratica immobilia-re, scorgo nel sorriso del cliente la consapevolezzadi avere fatto non un buon lavoro, ma un eccellentelavoro. Cari lettori, grazie ancora per il vostro tempo e cheil 2018 non sia solamente un anno di buoni proposi-ti, ma possiate far diventare realtà i vostri progettichiusi nel cassetto dei desideri. Abbiate una volontàcostante e forte.La volontà di un giovane che vuole emergere è ilfiore più bello che ad Acerra si possa osservare.Buone Feste a tutti ed un Grazie infinito a chi habenedetto questo mio lavoro.

Satriano Vincenzo,Consulente immobiliare Casa Premium.Sede: Acerra, via Annunziata 2.Contatti:www.casapremium.info/cell. 366 122 82 55Pagina facebook:La tua casa ad Acerra.

Buone feste ed un ringraziamento particolare a voi lettori

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Dicembre 2017 21

Finanziamento alle ImpreseDedicato alle piccole, medie e grandi aziende, i finan-ziamenti alle imprese sono un aiuto concreto per chivuole investire nella propria attività lavorativa, soprat-tutto perché le aziende sono il cuore economico di unpaese.I finanziamenti alle imprese sono prestiti pensati per leaziende che vogliono investire nella propria attività,ma non hanno a disposizione la liquidità necessaria oche hanno bisogno di ristrutturare i propri debiti o chevogliono migliorare il proprio business, ad esempioacquistando materiali e strumentazione, rinnovando ilocali e così via.I finanziamenti alle imprese sono prodotti a tassi age-volati, che solitamente vengono erogati dalle banchecon la mediazione di specifici enti, che riuniscono irappresentanti del settore di riferimento. I prestiti alleimprese si dividono in:1) finanziamenti a breve termine: sono utili per far fron-te a necessità improvvise e per lo più offrono importicontenuti;2) finanziamenti a lungo termine: danno la possibilitàdi ottenere importi anche piuttosto elevati, da destina-re al miglioramento della propria impresa;Vediamo insieme alcune forme di finanziamenti alleImprese:a) APERTURA DI CREDITOPER ELASTICITÀ DI CASSA;b) APERTURA DI CREDITOORDINARIA IN C/C;c) APERTURA DI CREDITOIN C/C GARANTITA;

d) APERTURA DI CREDITO IN C/C;e) LE OPERAZIONI DI SMOBILIZZODI CREDITI;f) LO SCONTO;g) ANTICIPO SALVO BUON FINE (SBF );h) ANTICIPO SU FATTURE;i) FACTORING;j) ANTICIPAZIONI SU PEGNO;k) CREDITI PER CASSA AMEDIO-LUNGO TERMINE;l) MUTUO;m) LEASING;Per sapere quale forma di finanziamento è adeguataalle esigenze dell’azienda e sapere in che termini èpossibile accedere, basta poco per uno studio di fatti-bilità. Richiedete maggiori informazioni agli indirizziriportati in calce. Non mi resta che salutarvi e ricordar-vi che la prima cosa da fare per andare avanti in unprogetto è iniziare; è nel momento delle decisioni chesi plasma il nostro destino e il futuro appartiene a co-loro i quali credono nella bellezza dei propri sogni ecerca di realizzarli.

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Promotore Creditizio e AssicurativoVincenzo Rubino

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Dicembre 201722

La perdita di una persona cara è un’espe-rienza emotiva tra le più dolorose per gliesseri umani ed ancor più per un bambi-no. Inoltre, un evento così grave, come lamorte di un genitore, ha un forte impattoemotivo su tutta la famiglia e la rete diriferimento del bambino, che potrebbesentire di non poter chiedere aiuto per evi-tare di affaticare ulteriormente i suoi cari.Conoscere le reazioni del bambino allamorteIn caso di perdita di una persona cara, ibambini esprimono i loro sentimenti inmaniera differente rispetto agli adulti, leloro reazioni sono diverse a seconda del-l’età e della reazione delle persone che locircondano.I bambini soffrono un po’ alla volta, nonriescono a mantenere la stessa intensitàemotiva per periodi lunghi, come succe-de invece agli adulti. Possono manifesta-re reazioni emotive in modo discontinuo.Ad es. possono avere forti crisi di piantoo rabbia e poco dopo sembrare non coin-volti nel dolore, al punto da apparire in-differenti, oppure possono tornare a esse-re sorridenti e a giocare con gli altri bam-bini.Possono provare forti emozioni, come tri-stezza, colpa, rabbia, paura, confusione eansia, ma esprimerle attraverso sintomisomatici come mal di testa o mal di pan-cia e possono ammalarsi più frequente-mente. Vi sono marcate differenze indivi-

duali nella comparsa, nella durata e nel-l’intensità di queste reazioni.Il dolore nei bambini spesso può esseremeno evidente poiché l’emozione preva-lente di solito è la rabbia, che li proteggeda un eccesso di vulnerabilità.Nei bambini il senso di colpa è piùenfatizzato che negli adulti: essi possonosentirsi colpevoli della morte della perso-na cara, pensando che il proprio compor-tamento “cattivo” l’abbia causata. La mor-te viene quindi vista come una punizionepersonale. È importante che venga rassi-curato sulla sua completa estraneità allamorte.I bambini esprimono molto del loro dolo-re attraverso il loro comportamento: pos-sono diventare irritabili, avere problemidi concentrazione, giocare convideogiochi violenti, inscenare funerali oaltri momenti della morte del proprio caro.Potrebbero manifestare nuove paure ocomportamenti tipici di fasi precedentidella crescita, come il fare la pipì a letto.Possono, inoltre, presentare insonnia oipersonnia, mancanza di appetito o ecces-sivo appetito, oppure a scuola possonomanifestare un momentaneo calo del ren-dimento perché assorti nei pensieri cheriguardano il genitore morto; possono,inoltre, mostrare mancanza di energie, af-faticamento, difficoltà nelle interazionisociali e tendenza a isolarsi.Cosa non fare con il bambino in lutto

Non dite che “ha già sofferto abbastanza”Il miglior modo di aiutare un bambino inlutto è lasciarlo libero di esprimere la pro-pria sofferenza. È necessario quindi nor-malizzare e validare le reazioni al lutto: acreare sofferenza, infatti, non è l’espres-sione delle emozioni, ma la loro soppres-sione.Non usate frasi come: “so come ti senti”,“potrebbe essere peggio”Parlare invece del dolore e della tristezzaaiuterà il bambino a comprendere che que-sti sono sentimenti appropriati e che pro-varli è assolutamente normale.Non agite come se nulla fosse accadutonella speranza che dimentichi in frettaÈ importante invece aiutarlo ad accettarela realtà, poiché la negazione rende im-possibile l’elaborazione.Non pretendete un rendimento troppo ele-vato nel periodo successivo alla perditaTenere in considerazione che una cadutanel rendimento potrebbe essere normale,lo aiuta invece a sentirsi compreso.La Terapia EMDR è molto efficace nel-l’elaborazione del Lutto in età evolutivae questo è un ottimo fattore di protezioneper lo sviluppo del bambino e per la suacrescita.La ricerca sostiene che i lutti non elabo-rati hanno una ricaduta sulla vita con con-seguenze a lungo termine, che coinvol-gono non solo la persona che lo ha speri-mentato, ma anche le sue future relazio-

ni. Ecco perché se i sintomi del bambinonon si modicano nel tempo, è necessariointervenire con il protocollo EMDR, chesi è dimostrato efficace non solo nell’ela-borazione dei ricordi legati alla morte del-la persona cara, ma anche al recupero deiricordi positivi, permettendo così al bam-bino di trovare il suo modo unico per man-tenere la persona amata nel suo cuore.Intervenire già dai primi momenti dopouna perdita, potrebbe facilitare il proces-so naturale di elaborazione e rafforzare lerisorse del bambino.

Per ulteriori info: 3318342131 –0815201517 www.angelamarchese.itDott. Angela Marchese, Psicologa,Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

Come aiutare i bambini.... Dopo la perdita di una persona cara

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Dicembre 2017 23

PsicoterapeutaD.ssa Anna Montano

Ascoltare è importanteL’ascolto, si sa, costituisce un ingredien-te imprescindibile per una buona comu-nicazione tra gli esseri umani. Esso è laqualità principale di ogni colloquio, nonsolo psicologico. Poche motivazioni nel-l’esperienza umana sono tanto potentiquanto il desiderio di essere capiti. Es-sere ascoltati significa che veniamo pre-si sul serio, che le nostre idee ed i nostrisentimenti vengono riconosciuti e che, indefinitiva, ciò che abbiamo da dire ha unvalore. Il desiderio di essere ascoltati ecompresi è il desiderio di sfuggire all’iso-lamento e colmare la distanza che ci sepa-ra dagli altri. Le tipologie dell’ascolto,secndo gli studiosi del settore, si suddivi-dono in tre principali categorie:a)l’ascolto passivo: il ricevente non in-via nessun feedback al proprio interlo-cutore; si limita semplicemente ad udir-lo, ma le parole entrano in un orecchioed escono dall’altro. Questa modalitànon solo lascia deluso l’emittente, manon permette di cogliere gli aspetti es-senziali della comunicazione;b)l’ascolto selettivo: si verifica quandoil ricevente seleziona le informazioni chel’emittente invia, recependo quelle cheritiene interessanti e scartando il rima-nente. In tal modo una parte importantedel contenuto va perduta;c)l’ascolto attivo: è l’unico che porta ad

una comunicazione efficace. Questo tipodi ascolto è basato sul contatto nel “qui edora” e sulla restituzione di un feedback suquello che si è appena ascoltato. Chi ascoltaevita il giudizio e coglie i contenuti e lesfumature (verbali e non verbali) della co-municazione. L’ascolto attivo richiede lacapacità di ascoltare l’altro pienamente.Può sembrare paradossale, ma proprio nel-l’epoca della comunicazione globale e dellaconnessione virtuale continua, le personenon hanno mai fatto così tanta fatica a ca-pirsi fra loro. A causa di una sempre piùdiffusa cultura della prestazione e della sfi-da, per la quale ogni scambio dialogico èuna sorta di occasione per mostrare i pro-pri “muscoli mentali”, negli scambi inter-personali finiamo spesso per affermare inostri pregiudizi, invece di conoscere, ca-pire ed integrare la realtà che ci circonda.L’essenza di un buon ascolto è l’empatia,che si può ottenere soltanto mettendo daparte la preoccupazione per noi stessi edimmedesimandoci nell’esperienza del-l’altra persona. In parte intuizione e inparte impegno: questa è la materia pri-ma dei rapporti umani. L’empatia di unascoltatore, il fatto che capisca ciò cheintendiamo dire e che lo dimostri, instau-ra un legame di comprensione che ciunisce a qualcuno che tiene a noi, con-fermando con ciò che i nostri sentimentisono riconoscibili e legittimi. In sintesi,

un buon ascolto richiede: il contatto Vi-sivo: per comunicare bene con il nostrointerlocutore, occorre guardarlo; il tonodella voce: tono e timbro di voce rap-presentano parte integrante del messag-gio che ci viene trasmesso, ed è pertantoutile imparare a decifrarlo; l’aderenzaverbale: comunica meglio chi non cam-bia argomento ed ascolta fino in fondola storia narrata dal suo interlocutore; illinguaggio corporeo che dimostri atten-zione ed autenticità: seppure inconscia-mente, la persona con cui parliamo, per-cepisce il nostro interessamento alle sueparole, se ci poniamo di fronte a lui aper-tamente, se ci incliniamo leggermente inavanti, se abbiamo un viso espressivo eusiamo dei gesti incoraggianti e facili-tanti. Si consiglia di prestare attenzionealle nostre espressioni facciali, perchéqueste possono sottolineare interesse onoia; di annuire di tanto in tanto col capo,dicendo “capisco”, “certo”, “compren-do” etc, perché questo fornisce all’inter-locutore un chiaro segnale di ascolto; diriassumere con parole proprie, in alcunimomenti della conversazione, ciò che èstato detto, tipo “se comprendo bene staidicendo che…”, “vuoi dire che…”; difare domande aperte e non chiuse, do-mande cioè che lasciano spazio diespressione al nostro interlocutore. An-

che le pause e i silenzi sono importanti:se la persona è a suo agio nel silenzio, èimportante rimanere uniti nel silenzio;se, invece, si percepisce imbarazzo odisagio, può essere opportuno fare unadomanda o un commento su qualcosa disignificativo detto appena prima.Quindi, concludendo, essere se stessi,non mascherarsi, non compiacere adogni costo, ma lasciar fluire il nostroascolto verso tutto ciò che c’è di profon-damente umano nell’altro, sembra esse-re il vero segreto per una comunicazio-ne empatica.

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Dicembre 201724RUBRICA MEDICA Dott. Michele DINARDOSpecialista in Pediatria - Dirigente MEDICO

A.O.R.N. SANTOBONO - PAUSILIPON

La stipsi in età pediatrica: un problema sempre attualeLa stipsi è uno dei disturbifunzionali digestivi più fre-quenti in età pediatrica. Sicaratterizza per la ridottafrequenza di scaricheintestinali (meno di 2 eva-cuazioni per settimana); perdolore o difficoltà all’evacua-zione; per comportamentioppositivi o ritentivi in rispo-sta allo stimolo di evacuare(tipici del bambino più pic-colo); per la presenza di epi-sodi di incontinenza fecaledopo l’età di acquisizionedella continenza (tipica delbambino più grande).Queste caratteristiche posso-no essere variamente presen-ti, ma ognuna di esse defini-sce la stipsi.La stipsi  è  frequente ed  interessa  una  percentuale  dibambini che va dal 3 al 30%. Per più del 95% dei casisi tratta di stipsi funzionale, cioè non dipendente o as-sociata ad una malattia organica (come ad es il mega-colon, le malformazioni anorettali, la Fibrosi Cistica,l’ipotiroidismo, le anomalie del midollo spinale).Queste  ipotesi organiche possono essere ragionevol-mente escluse con una buona visita pediatrica. E’ mol-to frequente che il pediatra specialista sia consultatoper la stipsi, soprattutto per la fascia di età che va dai

18 mesi ai 4-5 anni; e ciò può costituire fino il 30%della sua attività. Inoltre, essere un bambino cronica-mente stitico, condiziona la persistenza del problemaanche in età adulta (fino ad 1/3 dei casi).Oggi la stipsi in età pediatrica e sempre più frequenteanche in relazione alla dieta sempre più povera di fibre.Le manifestazioni cliniche sono  la conseguenza delcattivo  svuotamento  intestinale:  addome  disteso,con presenza  di  fecalomi  alla  palpazione, doloriaddominali per le contrazioni intestinali anche vigoro-se  per  favorire  il  transito  intestinale, riduzione  del-l’appetito nei momenti di maggiore ingombro fecale,fino anche a vomito nei momenti più acuti o peggiora-mento della crescita nei casi di lunga durata.Ci possono essere anche manifestazioni cliniche a li-vello  anale,  con  formazione  di  fissurazioni  o  ragadidel margine muco-cutaneo provocate dal passaggio difeci molto dure o voluminose; talora è anche presentesangue rosso vivo secondario al  traumatismo fecale.Inoltre, il bambino piccolo (quello che sta per togliereil pannolino o lo ha appena tolto e viene posto sul va-sino), se manifesta stitichezza ed è costretto ad evacuarecon  sforzo, feci  dure  o  molto  voluminose,  tendea trattenere volontariamente lo stimolo e quindi a peg-giorare  la  situazione;  generalmente  ciò  inizia dopoun’esperienza di evacuazione dolorosa, ma poi il bam-bino impara ad assumere una posizione del corpo at-traverso  la  quale  contrae  lo  sfintere  anale  esterno  eautoinibisce la defecazione.A lungo andare, questo atteggiamento può trasformar-si in un circolo vizioso, anche di difficile risoluzione.Il bambino più grande (quello cioè che ha raggiuntostabilmente la continenza ed il controllo completo del-la defecazione) può presentarsi anche con incontinenza (perdita involontaria di feci liquide) associata e secon-daria alla stipsi. In genere sono sufficienti la storia e lavalutazione clinica per diagnosticare una condizionedi stipsi funzionale, che è di gran lunga la condizionepiù frequente.Indagini strumentali sono necessarie solo nel dubbiodi  una  stipsi  organica,  per  condizioni  generali  com-promesse, addome vistosamente e stabilmente globo-so, evidenza di alterazioni all’ispezione della regioneanale o all’esplorazione rettale: in questo caso, sarà uncentro specialistico a definire il programma diagnosti-co (tra RX diretta addome, Rx clisma opaco, manome-tria anorettale,  test del sudore,  indagini ematochimi-che). Anzitutto con modalità non farmacologiche: dieta

ricca di fibre, abbondante quantità quotidiana di liqui-di, attività fisica e sportiva regolare, invito (non coer-cizione) al bambino piccolo di sedersi sul vasino comefosse un gioco; raccomandazione al bambino più gran-de  di  trovare  un  tempo  da dedicare  ogni  giorno  albagno, anche per stimoli non impellenti, preferendo unmomento successivo al pasto.Il ricorso alla terapia farmacologica si rende necessa-rio nel caso di impatto fecale (il bambino non riesce adevacuare, è presente un fecaloma in ampolla rettale):in questo caso è necessaria l’esecuzione di un clistereevacuativo o in alternativa l’impiego di soluzioni ipe-rosmolari (PEG) da somministrare per via orale a do-saggio elevato. Il medesimo trattamento va poi mante-nuto a dosaggio inferiore per un periodo prolungato equindi  progressivamente  ridotto,  valutando  la  rispo-sta.Le altre possibilità terapeutiche per il medio-lungo ter-mine sono il lattulosio, il latte di magnesia e l’olio mi-nerale.

Dott. Michele DinardoPediatra

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Dicembre 2017 25

Giornale TablòAut. Trib. di Nola N° 60 del 23/03/99

Direttore Responsabile: Pasquale SansoneStampa: Litografia

RUBRICA MEDICA Dott. Francesco DEL GENIOResp.le Unità Operativa di Chirurgia GeneraleOSPEDALE “VILLA DEI FIORI” ACERRA

Le emorroidi, diagnosi prevenzione e curaLe emorroidi sono vene che si ingrandiscono all’inter-no del canale anale e possono provocare fastidiosi pro-blemi, quali: prurito, dolore, emissione di sangue ,protrusione all’esterno. Possiamo distinguere:emorroidi esterne ed interne, riferite alla loro localiz-zazione. Le emorroidi interne si formano all’interno e normal-mente non sono visibili. Le emorroidi esterne si sviluppano vicino all’ano, sonovisibili all’esterno e sono coperte da una cute moltosensibile.Se all’interno del vaso emorroidario si forma un coa-gulo, si sviluppa un rigonfiamento molto dolente (trom-bosi emorroidaria), duro e sensibile, che può sangui-nare solo se si rompe. Si distinguono scolasticamentealcuni stadi patologici: I grado - emorroidi completamente interne, situate al-l’interno dell’ano. II grado - quando esse fuoriescono dal bordo anale almomento della defecazione e poi rientrano spontanea-menteIII grado - quando i gavoccioli venosi, dopo ladefecazione, devono essere riposizionati all’interno delcanale anale, manualmente. IV grado - quando le emorroidi, ormai completamenteprolassate, non rientrano nel canale anale e rimangonosempre fuori. Le CauseQuasi certamente esiste una certa predisposizione dibase riferibile alla ereditarietà, alla familiarità e allacostituzione, per cui alcune persone possono più fa-cilmente manifestare il quadro patologico. Èutile ricordare che un soggetto con storia familiare diemorroidi, ha un rischio aumentato di malattia. Suun terreno predisponente, quindi é facile che possanoagire dei fattori scatenanti che non sempre sarebberoin grado da soli di determinare un quadro di malattia.Valutiamone alcuni: a) Alimentazione: una dieta senza scorie, favorendo lastipsi, indurrebbe l’insorgenza delle emorroidi. Vedre-mo in seguito come ciò possa accadere. Alcune sostanzealimentari irritanti comunque, sono spesso chiamatein causa nello scatenare una crisi emorroidaria: alcool(soprattutto vino rosso e birra), spezie, cacao, cibi pic-canti, crostacei ecc. b)Alvo stitico, diarrea: é chiaro che la distensione del-le vene emorroidarie, già presente in una defecazionenormale, possa essere esaltata in caso di sforzo ripetu-to e prolungato, per consentire il passaggio di feci dure

e voluminose. Una ricerca condotta in Inghilterra haevidenziato come il 51% degli emorroidopatici sia an-che affetto da stipsi. La diarrea, anche se in misura in-feriore, provoca uno stato di irritazione della mucosache si ripercuote sulla parete dei plessi venosi. Errateabitudini defecatorie possono risultare egualmente dan-nose: ad esempio, l’abitudine giornaliera di indugiarealla lettura del giornale seduti sul water, può provoca-re in dodici mesi, gli stessi effetti dannosi di dodicianni di regolari defecazioni. c) Posizione abituale: lavori sedentari in posizione se-duta o che obblighino troppo alla stazione eretta, pos-sono provocare uno stato di aumentata pressione nellevene emorroidarie o per gravità o per difficoltoso sca-rico venoso. d) Sport particolari: equitazione, motociclismo, solle-vamento pesi, ciclismo, provocano traumatismi conti-nui.e)Assunzione di ormoni, pillola anticoncezionale , pos-sono influire sulle crisi emorroidarie, facilitandone gliepisodi acuti, poi alcool ,fumo, lassativi. Particolarimomenti del ciclo mestruale possono facilitare l’insor-genza di nuove crisi (ovulazione, mestruazione). Rimedi per le Emorroidi1) Ottimizzare la propria alimentazione: un regime ali-mentare scorretto, caratterizzato da eccessi o dal con-sumo frequente di alimenti “spazzatura”, può favorirel’insorgere di emorroidi2) Indossare biancheria intima di cotone; preferire quel-la senza cuciture e con elastici morbidi, per non irrita-re la zona genitale e anale3) Lavare la zona anale con acqua fresca (non gelida):il freddo esercita un blando effetto4) Avvertire immediatamente il medico in casodi sangue nelle feci: malgrado non sia così raro riscon-trare del sangue nelle feci in occasione di emorroidi,si raccomanda comunque sempre il consulto medico,dato che questo sintomo potrebbe nascondere disturbiben più gravi (es. tumore del colon retto)5) Scegliere una carta igienica morbida e confortevole6) Utilizzare carta igienica non colorata e non profu-mata: le sostanze coloranti ed i profumi possono ag-gravare il prurito anale che caratterizza le emorroidi7) Detergere con estrema cura e delicatezza la regione

anale, in particolare dopo ogni defecazione8)Retrospingere delicatamente l’emorroide estroflessanel canale anale con il dito, allo scopo di velocizzarnela guarigione9) Un buon rimedio per attenuare il fastidio delleemorroidi è sedersi su un cuscino a ciambella (repe-ribile in farmacia o in ortopedia): accorgimento par-ticolarmente utile per i soggetti che, per motivi lavo-rativi, sono costretti a rimanere molte ore sedutiL’intervento chirurgico va considerato come l’unicaalternativa realmente efficace nel caso la terapiafarmacologica non abbiano dato esito positivo .Tra gli interventi chirurgici ricordiamo:a) Emorridectomia, necessaria per le emorroidi graviassociate a forti sanguinamenti, a trombi frequenti oa prolasso completo. La tecnica consistenell’asportazione chirurgica delle emorroidi median-te rimozione dell’eccesso di tessuto, responsabiledi emorragie e prolassob) Metodo THD: consiste nella sutura dei rami termi-nali dell’arteria rettale superiore (che veicola il san-gue alle emorroidi). Il suddetto rimedio chirurgico èindicato per la cura del prolasso emorroidario di IIgrado associato a sanguinamentoc)Metodo Longo (prolassectomia + emorroidopessi):consiste in una mucosectomia con suturatrice mec-canica, con riposizionamento delle emorroidiprolassate. Dott. Francesco Del Genio

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Dicembre 201726

Alessandro, il ragazzo d’oroGiardinaggio, pulizie, questo il suo lavoro.Sensibilità, generosità, ideali, questo è il suo stile.Da anni, ogni martedì viene in Locanda.Prende il pane, i prodotti della Locanda e li porta allaprincipessa Maria, principessa senza regno.Nei tempi liberi viene in Locanda. Il laghetto, ilsentiero dei nani, il cerchio magico, sono affidati allesue cure.Quando lo vedo venire, sono contento. Èuna presenza bella, concreta. Una presenza di aiuto.Ci sono molte presenze in Locanda, molte sonoassenze o presenze inutili, tenebrose, cattive.Oggi Alessandro era alle prese con un albero seccosul Sentiero dei Nani. Era solo. Gli ho fatto compa-gnia. Poi è venuto Pasquale, Tarzan.I ragazzi della Locanda erano nelle loro stanze comei topi nelle loro tane. Piano piano qualcuno è uscito.L’esempio di Alessandro ha avuto successo.La Locanda avrebbe bisogno di tanti Alessandro.Per impedire ai topi di vincere e conquistare questoposto. Mentre sradicavamo l’albero, è venuto Oreste.Il marito di Annamaria, l’altra principessa alla cortedi Maria. Oreste è un bravo operaio di scarpe.Ogni mese porta il suo dono in Locanda.Da sempre.Uno straordinario esempio di partecipazione.Il dono dell’operaio alla Locanda!Nella mente si affollano i volti di tanti inutili perso-naggi che pure frequentano questo luogo.Ho chiesto ad Alessandro di curare il Sentiero deiNani. Tra poco è Natale e molti verranno sul Sentieromisterioso.Gli ho chiesto anche di trascinare in Locanda i duefratelli. Gino ed Enzo.Alessandro mi risponde con un sorriso.Sono impegnati al bar di via Duomo.Enzo è perdonabile.Ma Gino, no! Fu lui a portare Alessandro in Locan-da. Mamma Maria e Nicola possono essere contentidi questi tre figli.Hanno un cuore e sono circondati da stima esimpatia.Quel bar di via Duomo è un piccolo pezzetto diLocanda.Spesso invito qualche raro acerrano buono ad andareal bar di Gino. Il caffè di Gino porta fortuna e salute.Gli ho chiesto di mettere in un angolino ilsalvadanaio della Locanda.È un piccolo segno di partecipazione.Vorrei tanto che tutti i negozi di questa valle avesseroun segno della Locanda. Carlo Petrella

Caro Direttore,È arrivata una bolletta dell’Enel di 2500,00 euro.Non mi meraviglio. Luci, motori, stufe, elettrodo-mestici.I consumi sono altissimi.Poi arriva anche la bolletta di un fantomaticoConsorzio di Bonifica del Volturno.Poi l’Equitalia per bollette non pagate.Poi la spazzatura.Poi i lavori di manutenzione.Poi le spese per il vitto.Poi le assicurazioni, le spese varie.Caro Pasquale, non chiedo a te di pagarle. Vogliosolo che i tuoi lettori sappiano.La Locanda costa, ha un costo altissimo.Il “piccolo” costa. Costa più del “grande”.Quando nacque questo luogo, sognai tante maniche lo sostenevano.Pensai ad una Locanda segno della solidarietàdella gente. Era un sogno!La realtà è stata lontana da quel sogno.Bisogna chiudere ed andare via.È un pensiero ricorrente.Ne parlo con tutti.Ma nessuno ha una ricetta!Per il Comune siamo assenti e lontani.La Asl ha giuste pretese di adeguamento allenorme e ci rimprovera delle nostre piccoledimensioni.Il piccolo è bello e buono, ma non per la Asl e perlo Stato.La Asl e lo Stato amano gli imperi.Caro Pasquale, a volte sembro un bambino chescrive ai suoi genitori la lettera di Natale, peravere il regalo di Natale.È vero, cerco il regalo di Natale.Quest’anno nel sacco della befana mettiamo duepiccoli pani.Il pane è simbolo di sostentamento.Cerchiamo aiuti per esistere.Questo luogo è un gioiello, non bisogna farlomorire.Lo so, un direttore non comanda il mondo e leeconomie, ma è una presenza importante nelpaese.Può convincere i cuori della gente ad esseresensibili verso La Locanda.Caro Pasquale, Tablò cerca cuori a Natale.

10 dicembre 1987Era un mattino d’inverno. Chiuso nel mio studio, alterzo piano, iniziavo la mia giornata a TorreAnnunziata.Si chiamava Ban, il centro antidroga, frequentato da400 drogati, ogni giorno.A pochi metri c’era la casa di Ban, dove erano ospitati5 ragazzi notte e giorno.L’avevo chiamato Ban quel centro, per ricordare unebreo di nome Ban. Era drogato. Veniva al PoliclinicoUniversitario dove lavoravo. Si legò molto alla miapersona ed alla mia famiglia.Mariantonia, mia moglie, lo aiutava tanto.Morì all’ospedale di Pozzuoli, assistito dal suo cane.Lo accompagnammo al cimitero. Io, Mariantonia ed ilcane. Lo lasciai lì, sotto un mucchio di terra; anche il cane rimase lì, non volle venire con noi.Sulla sua tomba, io e mia moglie promettemmo che nonl’avremmo dimenticato.Quando andai a Torre Annunziata a dirigere il Sert,chiesi alle autorità di chiamarlo Ban.E quel mattino del 10 dicembre 1897 ero dietro la miascrivania. Un ragazzo mi avverte. “Dottore, sta salendoil capitano dei Carabinieri con alcuni carabinieri”. Quelbrutto e cattivo personaggio entrò nella mia stanza esubito iniziò un macabro rito.Si alzò in piedi davanti a me e con fare solenne recitò:“Lei è Carlo Petrella, responsabile del Sert Ban di TorreAnnunziata?” - “Si, sono Carlo Petrella.” - “La dichiaroin arresto”.Quel mattino del 10 dicembre di trenta anni addietro,finì la storia di Ban. I 400 ragazzi del Sert si disperserodopo pochi mesi. Lottarono fino in fondo perchétornassi nel Sert. Gridavano nelle marce per Ban:“Torna Penna Bianca”. Ma la Magistratura fu irremovi-bile. Bisognava distruggere Ban.I 5 ragazzi dalla Casa di Ban furono di notte prelevatida Mariantonia e portati a casa del Vomero, dove siscatenò un mondo di solidarietà.A capo c’era lui, Padre Filippo Strofaldi, il parroco delmio quartiere, poi Vescovo di Ischia.Quei cinque gazzi rimasero a casa per molto tempo, miaccompagnarono al processo.Fui assolto con formula piena.Un’altra Magistratura mi dichiarò innocente.Passò qualche anno, Mariantonia si ammalò di tumoree morì. Rimasi con tre bambine e con un’idea forte. Ilritorno della casa di Ban!Nel 1991 aprì La Locanda del Gigante.Per paura della Magistratura, non la chiamai casa diBan. Poteva sembrare una sfida.Un fantasma di nome Maluma mi disse di chiamarla La Locanda del Gigante.

Carlo Petrella Carlo Petrella

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Dicembre 2017 27

Cara Titina,Cara Titina, ti ho scritto tante lettere.Questa mi costa di più.Gianni, Mimmo, informano di continuo.Non ho nessun potere, soprattutto sulla morte.Quando ero al Cotugno, pensavo di non arrivare aNatale.Ma ora sto meglio, non penso più alla morte, anchese mi è difficile vivere.Anche tu non devi morire.Se tu muori, l’umanità di questo paese diventaancora più povera.Tu sei stata una bella primavera di Acerra.E le primavere sono vita.Cara Titina, La Locanda con i suoi ragazzi fa il tifoper te, per Gianni.Lo so, il tifo dei tifosi non fa vincere le partite, maaiuta a vincere.Quando le malattie ci aggrediscono, le persone siallontanano, molti medici prendono le distanze …diventiamo soli.È la mia triste esperienza.Forse è anche la tua.Ma non dobbiamo arrenderci.Dobbiamo resistere, da soli.In un lontano giorno, una folla di persone venne allatua casa e ti annunciò che eri stata eletta sindaco.Quella stessa folla non c’è più, ma tanti amici fedeliseguono e partecipano alla tua lotta.Cara Titina, ero nella cella di Striano, detenuto dapoche ore.Era notte. Sentivo voci, poi anche urli.Erano i ragazzi di Ban che gridavano: “Carlo, siamoqui con te”.“Torna Penna Bianca”.Quelle grida mi aiutarono a sopportare la solitudinedella cella.Le persone che hai amate ed aiutate sono una folla.Tutti vogliono che tu non muoia.“Titina, non devi morire”.A Natale, ti aspetto sul Sentiero dei Nani.I ragazzi della Locanda stanno costruendo unpresepe.Lo hanno chiamato il presepe dello scoiattolo.Ti aspetto lì, davanti al presepe dello scoiattolo, sulSentiero dei nani.Titina, per vivere abbiamo bisogno di speranze, diappuntamenti, di orizzonti da raggiungere.Tu sei stata sempre, una donna in cammino.Ora sei stanca e ferita.Ma non fermarti mai.

Carlo Petrella

Caro Vescovo,Lo so, sono vecchio.I vecchi non scrivono le lettere di Natale.Ma per un attimo, voglio essere un bambino.Caro Vescovo, non Vi faccio l’elenco dei mieidesideri.Ho un po’ di vergogna.Ho sempre avuto vergogna a chiedere “Sono unelemosinante che non sa chiedere elemosina”.Quando arrivaste in Locanda, Vi accolsi con unafrase: “Io voglio il tuo aiuto. Se mi ami. Ma senon mi ami, non voglio il tuo aiuto”.Io credo al Vostro amore.So che avete la pelle sensibile.Se dovessi farVi una lode, Vi chiamerei “Vescovocon la pelle”.Eccellenza, c’è il rischio di molti cristiani didiventare “uomini, donne, senza pelle”.A Natale, Giovanna ha invitato in Locanda Adam.Adam viene dal Senegal, ha la tubercolosi comeme. Era nella mia stanza. Mi ha fatto compagnianei giorni terribili del Cotugno.Ogni giorno si alzava prima di me e mi preparavail succo di frutta.“Bevi, papà Carlo. Devi mangiare, altrimenti nonguarisci!”Se viene a Natale, lo accompagno da Voi.Vi farà piacere accogliere “Gesù Bambino”.Eccellenza, Natale non è un ricordo. È una novitàche nasce nella nostra storia.Piccola, grande novità.Sono particolarmente contento, di questo Natale.Pensavo di non farcela!Ho convinto i ragazzi della Locanda a costruire inuna capanna laggiù, sul Sentiero dei Nani, ilpresepe dello scoiattolo.Un piccolo buco in un tronco d’albero dove c’èMaria, Giuseppe ed il Bambino.Un piccolo segno su questa terra ferita.Ogni giorno lottate per il riscatto di questi luoghi.Voi procurate un Natale alla “terra dei fuochi”.Termino la mia lettera di Natale con una richiesta:vi chiedo di fare una “fantasia” nella misteriosanotte, immaginate che La Locanda sia una capan-na, la capanna di Betlemme!

Carlo Petrella

L’appello di Nicolabuon Natale a Giuseppe Gargano.Buon natale ad Andrea Piatto.Buon Natale al Sindaco. Forse non leggerà neppu-re.Buon Natale a Nicola De Matteis.Buon Natale ai commercialisti del mio paese.Ad essi vorrei ricordare il cinque per mille allaLocanda del Gigante.L’anno scorso, un fiscalista di S. Maria a Vico, cosìrispose ad una signora che chiedeva l’assegnazionedel 5 per mille alla Locanda: “Signora, ma chedovete fare con questa Locanda?”Non voglio pensare che Nicola De Matteis abbia ilcoraggio di dire una frase così orribile!Forse è impegnato in storie più importanti.La Locanda è “piccola piccola, poco poco”.Questa frase mi ritorna spesso sulle labbra.È diventato il mio slogan negli ultimi anni.Spero di incontrarlo e dirgli con affetto: “Nicolaama il piccolo piccolo,il poco poco”.Questo è il buon Natale che ti invio.Che nasca nel tuo cuore l’amore per “il piccolopiccolo, il poco poco.”Mi affanno inutilmente, Nicola non leggerà questoscritto.Forse è un “buon Natale sciupato”.Devo chiedere un aiuto, non so a chi chiederlo.Cerco un commercialista che abbia il coraggio difare un appelloa tutti i commercialisti di questa valle, soprattuttodi Acerra: “Date il cinque per mille alla Fondazione LaLocanda del Gigante”.Alcuni anni addietro anche Giuseppe Gargano feceun appello a tutti i dipendenti comunali.Provo di nuovo a chiederlo.Anche Adrea Piatto mi può aiutare.Lo chiedo anche al mio Vescovo.Il Natale è una novità che nasce nella nostra vita,nel nostro lavoro, nella nostra storia.Donare il 5 per mille alla Locanda da parte di tutti icommercialisti di Acerra sarebbe un Buon Natale.Acerra è famosa per Pulcinella, per l’Inceneritore,per la rozzezza dei suoi cittadini, per la malavita.Vorrei un paese dove tutti i cittadini danno il cinqueper mille alla loro Locanda.

Carlo Petrella

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Dicembre 201728

Il dottore Cuono Tanzillo, medico di base, ha lasciatola vita terrena il 24 Novembre 2017. Era un medicostimato, una persona speciale e buona, un confidenteed un amico, un uomo generoso, che svolgeva la suaattività di medico con grande passione.Nel giorno del suo funerale è stato commovente vede-re alcuni suoi assistiti piangere, una processione infi-nita di gente che ha reso omaggio a quel medico e con-sigliere per tanti. Quando era ancora in vita, alcuni suoiassistiti si preoccupavano che, all’indomani della rag-giunta età pensionabile, sarebbero rimasti senza di lui,che per una vita li aveva assistiti ed era stato il dottoredi tre e passa generazioni.Il dott. Tanzillo li tranquillizzava, dicendogli che avreb-be continuato la sua attività anche in pensione, soloper loro. Inoltre i nipoti lo chiamavano Babbo a testi-monianza dell’uomo che era.L’idea di staccarsi da quella professione tanto deside-rata ed amata da sempre, non gli era mai balenata perla testa. In 43 anni di attività, non ha mai lasciato gliassistiti, pochissime volte si è lasciato sostituire, erapreso completamente dalla sua attività, tranquillizza-va i pazienti, li caricava anche sotto il profilo psicolo-gico, quando qualcuno di questi era affetto da patolo-gie importanti, li curava e li seguiva passo passo, nonha mai abbandonato nessuno.All’età di 69 anni, un male incurabile lo ha stroncato,dopo una battaglia durata tre anni. Durante il periododella sua malattia ha continuato la sua amata profes-sione, ha rincuorato moglie e figli ed era capace didonare sorrisi e sicurezza, soprattutto quando , con laserenità di un padre, non intendendo dare dolore ai

propri familiari,affermava che ilsolo fatto cheamava tanto vi-vere, gli avrebbepermesso disconfiggere ilmale e vincere labattaglia.Era una personadai sani principie di umili origi-ni; aveva sempresognato di fare ilmedico, fin dal-

la più tenera età, realizzando il suo sogno con sacrifi-cio e tanta abnegazione.Con enormi sacrifici si laureò in medicina a Napoli.Prese in moglie la signora Castaldo Antonietta, inse-gnante, che lasciò la carriera scolastica per dedicarsi aiquattro figli:Enzo, Titolare della farmacia Del Duomoe Gianfranco, farmacisti; Massimo, biologo e procu-ratore calcistico per hobby; Milena, professoressa.Dopo appena tre mesi dalla laurea in medicina, il dot-tor Cuono Tanzillo si inserì come medico di medicinagenerale, aprì lo studio medico in pieno centro stori-co, in Via Giudichella, a poca distanza da dove eranato. Dopo qualche mese, ebbe anche l’incarico dimedico scolastico dal Comune di Napoli. Ci piace sot-tolineare che il dottor Cuono, così come evoca il suonome, che è quello del Patrono di Acerra, non è stato

solo un semplice medico, ma, dato l’impegno profuso,quasi era diventato il “protettore” della salute dei suoiassistiti, che erano per lui, tutti in egual modo impor-tanti, così come ci si aspetta da un uomo che ha amatoprofondamente la sua professione. Riportiamo un emo-zionante e commovente ricordo della signoraTanzillo:«Mi manchi, provo paura ed insicurezza, nonriesco a guardare oltre. Dov’è finito il nostro futuro?Solo il Signore poteva togliercelo. Tu non mi avrestimai lasciata. È stato bellissimo essere tua moglie; èstato bellissimo che subito mi hai fatto sapere che staibene lì dove ora sei. Ciao amore.»Un amore nato a tenera età, quell’uomo conosciuto dafanciulla, che ha reso la signora Tanzillo madre di quat-tro splendidi figli, in un rapporto basato sull’amore esull’unione della famiglia. Pa.Sa.

Il ricordo di un bravo medico, il dott. Cuono Tanzillo

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Dicembre 2017 29

La banda di musica della principale azienda di trasportodi Torino GTT è diretta dall’acerrano, maestro Anto-nio Illiano. La potenzialità degli acerrani in giro perl’Italia e per il mondo non si smentisce mai. Praticarel’attività innata, che in loco sembra difficile, nonostantela grande passione, altrove, lontano dalle mura di casae dalla proprie origini, diventa realtà, accompagnatadal successo conquistato sul campo attraverso l’atte-stato di merito. Ed è così che due acerrani d’originehanno potuto dimostrare la loro potenzialità nel cam-po musicale, uno a Torino e l’altro a Venezia: stiamoparlando di Antonio Illiano, direttore della banda mu-sicale della principale azienda di trasporto di TorinoGTT ( Gruppo Torinese Trasporti) e del tenore Mim-mo Altobelli, del Teatro Fenicia di Venezia.Antonio Illiano, 47 anni, sposato con Maria, padre diCristian e Gabrielle, è il Direttore della banda musica-le del principale Gruppo di trasporto urbano ed extra-urbano dell’ex capitale d’Italia:Torino. Antonio emi-gra nella città della Mole Antonelliana per questioni dilavoro; la sua principale attività, quella di musicista,con diploma conseguito al Conservatorio S. Pietro aMajella di Muti e Accardo, non gli permette di creareuna famiglia nella sua terra d’origine. Nel 2001 entranell’azienda di trasporti GTT di Torino come autista.Fino ad allora aveva insegnato nella Civica scuola diMusica di Acerra, facendo tournée con grandi com-plessi bandistici in tutta Italia. Con un pizzico di sod-disfazione, ci racconta: «Si girava dal venerdì santo anovembre con un repertorio che includeva anche ope-re come Bohème o Traviata, trascritte per banda. Unlavoro appassionante, ma anche molto duro. Quando

ho messo su famiglia e ho visto che mia moglie erastanca delle mie assenze, ho deciso di cercare altro.Tra l’altro, anche la scuola civica era stata chiusa dopoalterne vicende».Da Acerra arriva a Torino per trovare lavoro, con ilpensiero a quelle note musicali che non si separanomai dalla sua mente e dalla sua vita, al punto da con-fessare alla moglie Maria che avrebbe avuto sempreuna rivale: la Musica. Quella musica che nel 2006 loporta a dirigere la banda di musica dell’Azienda di tra-sporto di Torino: “Corpo Musicale Cral-Gtt”. «Guido i pullman sulle linee 11, 46, 51, 52. È un lavo-ro – sottolinea Antonio - di cui mi reputo molto fortu-nato, che ha permesso alla mia famiglia di vivere tran-quillamente. Alla mia età, tanti miei compagni di Con-servatorio sono ancora precari, altri sono andati nellaGuardia di Finanza, nella polizia penitenziaria: e direche la tradizione italiana in campo musicale e artisticopotrebbe essere la prima ricchezza del paese». Anto-nio Illiano non si era mai separato dall’idea musicaleed è stato sempre consapevole che prima o poi, quellaforte passione gli avrebbe regalato emozioni e grandisoddisfazioni. La musica in lui è innata, anche quandoparla con gli amici, emerge la sua passione, la sua pro-fessionalità e spesso il suo parlare è come se fosse ac-compagnato da note musicali. L’occasione per ritrovarsi come musicista, il sognodella sua vita, Antonio Illiano l’ha trovata in aziendaquando venne a conoscenza della banda, tenuta in vitada pensionati che, con fatica, tenevano accesa la fiam-mella solo grazie ad un forte entusiasmo. Antonio, consacrificio, umiltà e tanta professionalità, alimenta la

fiammella, prende per mano la Banda, la rilancia sulterritorio, la riporta al successo e ne diviene Direttore.Il sogno si realizza, la nuova banda diretta dal MaestroAntonio Illiano debutta nel giorno in cui la stessa com-pie 90 anni nel 2014, da allora la banda è cresciuta e alsuo suonar nei teatri di Torino, si registra sempre iltutto esaurito.L’arte e la passione per la musica di Antonio non siesaurisce alla sola banda, grazia ad essa è riuscito amettere su la prima banda di bambini della città di To-rino. Attualmente, il maestro Antonio Illiano è il piùrichiesto dagli istituti di ogni ordine e grado per l’inse-gnamento della musica. Quella musica che da gioia escioglie la mente. Francesca Panico

Antonio Illiano, Direttore della Banda Musicale della GTT di Torino

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Dicembre 201730

Il Tenore acerrano, Mimmo Altobelli è un artista delcoro del teatro La Fenice di Venezia. Era la fine deglianni settanta, e presso la terza scuola media statale,con sede nel Seminario Vescovile di Acerra, durante lepause di ricreazione c’era chi manifestava con la voce,con la penna o altro, ciò che sarebbe stata da adulto lasua attività professionale. Molti studenti dell’epoca esoprattutto i compagni di classe si ricordano, oggi comeallora, gli acuti da tenore di Mimmo Altobelli. Nonperdeva l’occasione di mettere in evidenza la sua fortepassione per il canto grazie alle doti naturali. Infatti, adifferenza delle altre materie che non erano il suo for-te, Mimmo, nella materia musicale era inarrivabile, convoti da 10. Come dire, era nato per la musica e soprat-tutto per il canto, ci teneva in allegria, ci allietava lagiornata non solo con la voce, infatti, spesso, le pennein mano a lui si trasformavano in bacchette e sul bancodava vita ad un batteria accompagnate da note vocalied acuti da tenore. Insomma, Mimmo sprigionava lasua vena artistica già dai banchi della scuola media.Non c’è detto più appropriato: “Quello che si vede infiore, si vede in vita”.Il maestro Mimmo Altobelli, Tenore di professione, dal1997 è artista del coro del Teatro La Fenice di Veneziaed è impegnato in varie tourneè mondiali sotto la dire-zione dei più grandi maestri contemporanei, quali:Myung-Whun Chung, Abbado, Timirkanov, Morrico-ne, Muti, Petre, Auronivic, Kitaenko, Bertini, Oren,Viotti, Mazel, Chailly, Inbal, Ferro, gardiner, Mattheuz.Mimmo Altobelli, 54 anni, sposato con Ines, si è di-plomato presso il conservatorio statale di musica diSalerno nel 1993, con il maestro Rosa Arena. Si è poi

perfezionato sul repertorio, sia di musica da camerache operista, ampliando la sua preparazione con i ma-estri Gianni Raimondi e Romano Roma. Ad Acerra,Mimmo suonava la batteria e con un gruppo di amiciallietava matrimoni e feste di piazza, guadagnando quelpoco per vivere nella sua città natale. Ciò non gli avreb-be permesso di mettere su famiglia. Decide di emigra-re al nord nel 1993, raggiunge Bologna , e pur se di-plomato da poco, trova lavoro in una Orchestra, suc-cessivamente si trasferisce a Riccione, si mette in mo-stra in un’audizione presso l’Arena di Verona e da quiviene “spedito” in trasferta a Vienna ed a Zurigo per ilNabucco, con il baritono Renato Bruson . Per Mimmoinizia la grande scalata e si avvia a realizzare il grandesogno.Ritorna in Italia e fa la stagione in Arena con quattroopere, da qui parte per il circuito Lombardo, vince l’au-dizione al maggio Musicale di Firenze, poi vince l’au-dizione al Teatro Verdi di Trieste, lavora al Teatro diBologna e di Parma ed alla fine nel 1997 vince il con-corso al Teatro La Fenice di Venezia, piazzandosi pri-mo come tenore. Attualmente, Mimmo è impegnatonel ruolo di Giuseppe nella “Traviata”, e sta riscuoten-do un grande successo, cantando nel ruolo di solistaed è impegnato fino a metà Gennaio. Oltre al coro,infatti, il maestro Mimmo Altobelli sta cantando dasolista nelle varie opere, strappando tantissimi applau-si. Mimmo va in giro per il Veneto e fuori è moltorichiesto, sono tantissimi i concerti di musica sacra,lirica ed operistica che organizza.“La musica per me è tutto, mi regala le più grandi emo-zioni e gioie, ma anche, non lo nascondo, insoddisfa-

zioni o momenti bui. Momenti che supero facilmentecon la forte passione e la grande caparbietà che mi ca-ratterizzano.” Quando un artista si trova ad interpreta-re come solista una determinata parte, si immedesimae si cala nel personaggio, cosa che riesce bene solo acoloro che, come il maestro Mimmo Altobelli, sonospinti sin dall’ adolescenza da una forte passione perquesta meravigliosa arte, che coinvolge, comunica, tra-smette emozioni come solo gli acuti e le note sannofare! Mar. Rom.

Mimmo Altobelli, il Tenore della Fenice di Venezia!

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Dicembre 2017 31

Pasquale SANSONE Antonio MARINIELLO

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Dicembre 201732

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