1982 Visualizzazione e Prospettiva -...

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Kim H. Veltman Visualizzazione e prospettiva Leonardo e l'eta della ragione, eds. Enrico Bellone e Paolo Rossi, (Scientia, Milan, 1982), pp.185-210 (English), pp. 211-224 (Italian). Introduzione Immagine Visiva e Immagine Verbale La Prospettiva Livelli di Astrazione Punti di Vista, Livelli e Modelli Messa a Fuoco de Particolari Le Serie Gioco Sistematico delli Variabili Visualizzazione Letterale Osservazione, Esperimento e Quantificazione Sostanza e Funzione Universali e particolari Soggeto- Oggetto Conclusioni

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Kim H. Veltman Visualizzazione e prospettiva Leonardo e l'eta della ragione, eds. Enrico Bellone e Paolo Rossi, (Scientia, Milan, 1982), pp.185-210 (English), pp. 211-224 (Italian).

Introduzione Immagine Visiva e Immagine Verbale La Prospettiva Livelli di Astrazione Punti di Vista, Livelli e Modelli Messa a Fuoco de Particolari Le Serie Gioco Sistematico delli Variabili Visualizzazione Letterale Osservazione, Esperimento e Quantificazione Sostanza e Funzione Universali e particolari Soggeto- Oggetto Conclusioni

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Introduzione Le circa 6.500 pagine dei quaderni di appunti di Leonardo da Vinci contengono, a un dipresso, 100.000 schizzi, diagrammi e disegni. Nella storia non si ha notizia di nessuno che, prima e forse anche dopo di lui, abbia mai prodotto una simile messe di documenti visivi. La prima parte di questo articolo sarà dedicata al tentativo di spiegare le ragioni dell'interesse di Leonardo per l'immagine visiva, ponendo in rilievo il significato dei suoi studi sulla prospet-tiva ed esaminando il ruolo svolto da sei fattori che a essi si collegano: 1) livelli di astrazione, 2) modelli, 3) livelli di messa a fuoco, 4) serie, 5) gioco sistematico delle variabili e 6) visualizzazione letterale. Nella seconda parte si prenderanno in considerazione alcune conseguenze delle ricerche visive di Leonardo. Immagine Visiva e Immagine Verbale Nelle sue note, Leonardo sostiene esplicitamente la superiorità dell'immagine visiva rispetto a quella verbale. Per esempio, nel W 19013 v (circa 1510-1514) scrive: «E tu, che vogli con parole dimostrare la figura dell'omo con tutti li aspetti della sua membrificazione, removi da te tale oppenione, perché, quanto più minutamente descriverrai, tanto più confonderai la mente del lettore e più lo removerai dalla cognizione della cosa descritta. Adunque è necessario figurare e descrivere». Questa idea della supremazia dell'immagine visiva viene ribadita nel W 19071 r (circa 1513), in una nota in margine a un disegno del cuore, che illustra la disposizione delle vene e delle arterie:

«O scrittore, con quali lettere scriverrai tu con tal perfezione la intera figurazione, qual fa qui il disegno? Il quale tu, per non avere notizia, scrivi confuso e lasci poca cognizione delle vere figure delle cose, la quale tu, ingannandoti ti fai credere potere sadisfare appieno all'ulditore, avendo a parlare di figurazione di qualunche cosa corporea, circundata da superfizie; ma io ti ricordo che non ti impacci colle parole, se non di parlare con orbi; o se pur tu voi dimostrar con parole alli orecchi e non all'occhi delli omini, parla di cose di sustanzie o di nature, e non t'impacciare di cose appartenenti alli occhi col farle passare per li orecchi, perché sarai superato di gran lungo dall'opera del pittore».

Leonardo non è solo convinto della superiorità del disegno rispetto alla parola, ma giunge a sostenere che il disegno è più eloquente dello stesso particolare anatomico (W 19070 v, 1509-1510; W 19013 v, circa 1510-1514). Non sorprende dunque che egli spesso sviluppi un argomento (CA 2 va, 1495 circa) o una serie di dimostrazioni esclusivamente attraverso i di-segni, senza una parola di testo (per esempio, Ms A 39 r-40 v, 1492). Tuttavia sarebbe errato vedere in Leonardo un'opposizione tra il visivo e il verbale, tra l'immagine e la parola, perché i suoi appunti mostrano come egli abbia esplorato varie combinazioni dei due elementi. A volte, come nel W 12701 (1508-1509), il disegno è accompagnato solo da un epiteto emble-matico, a volte, come nel CA 167 rab (15101515), ha una leggenda regolare, a volte compare a margine come didascalia al testo (per esempio, Ms D 8 v, 1508), a volte infine predominano le parole e non vi sono diagrammi, come nel CA 79 ra (1505-1506 circa). Ai fini di questo articolo ci occuperemo principalmente dei casi in cui predomina l'immagine visiva e cercheremo di spiegare perché accade questo.

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La Prospettiva Uno dei principali incentivi che spinsero Leonardo alla produzione di documenti visivi deriva dai suoi studi sulla prospettiva lineare che, nel Ms A 1 v (1492) egli definisce come nient'altro che «vedere uno sito dirieto uno vetro piano e ben trasparente, sulla superfizie del quale siano segnate tutte le cose che sono da esso vetro indirieto: le quali si possono condurre per piramidi al punto dell'ochio e esse piramidi si tagliano su detto vetro». Un'altra definizione di questo termine si trova nel Ms A 3 r: «Prospettiva è ragione dimostrativa per la quale la sperienzia conferma tutte le cose mandare all'ochio per linie piramidali la lor similitudine; e quelli corpi d'equali grandezza faranno maggiore o minore angolo a la lor piramide secondo la varietà della distanzia che fia da l'una a l'altra». Per Leonardo la prospettiva non si fonda soltanto su dimostrazioni, ma anche su accurate valutazioni quantitative del mondo naturale. Nel CA 1 bis ra (1480-1482) egli riporta, senza testo, un disegno della sua lastra di vetro interposta («pariete di vetro»), che egli descrive ver-balmente circa dieci anni più tardi, nal Ms A 104 r (Ash I, 24 r, 1492). «Abbi uno vetro grande come uno mezzo foglio regale, e quello ferma bene dinanzi a li occhi tua, cioè tra l'oc-chio e la cosa che vòi ritrarre; di poi ti poni lontano coll'occhio al detto vetro 2/3 di braccio, e ferma la testa con uno strumento, in modo non possi movere punto la testa; di poi serra o tu ti copri uno occhio, e col pennello e con lapis a matite macinata segna in sul vetro ciò che di là appare, e poi lucida con carta dal vetro e spolverezalo sopra bona carta, e dipingila, se ti piace usando bene poi la prospettiva aerea». Queste definizioni fondamentali sono importanti in quanto in esse il problema della prospettiva lineare viene affrontato da un punto di vista sperimentale, quantitativo, che non è presente negli autori precedenti. In genere si ritiene che la prospettiva lineare non fosse che un artificio per creare immagini realistiche, (ri)scoperto da Filippo Brunelleschi'.1 Questa versione è semplicistica. La prospettiva lineare si fonda essenzialmente sul gioco sistematico di tre variabili: l'occhio, il piano dell'immagine e l'oggetto (tav. 1). Si può A) muovere l'oggetto, tenendo fermi l'occhio e il piano dell'immagine, B) muovere il piano dell'immagine, tenendo fermi l'occhio e l'oggetto, e C) muovere l'occhio, tenendo fermi il piano dell'immagine e l'oggetto. La legge della prospettiva lineare, secondo la quale la dimensione è inversamente proporzionale alla distanza, vale in situazioni in cui il piano dell'immagine e il piano dell'oggetto siano paralleli (tipo 1). Ma il piano dell'immagine può anche formare, con l'oggetto, un angolo retto al di sotto (tipo 2 i) o al di sopra (tipo 2 ü) del livello dell'occhio. Oppure può essere obliquo, cioè inclinato verso l'osservatore (tipo 3 i) o in direzione opposta (tipo 3 ü), ovvero concavo (tipo 4 i) o convesso (tipo 4 ü) rispetto a lui. Inquadrata in questi termini, la prospettiva lineare appare come un fenomeno complesso. Le relazioni che la sottendono furono acquisite soltanto gradualmente. Già nel 1390 Biagio Pelacani da ParmaZ mostra di conoscere i prin-cipi del tipo 1, ma non da dimostrazioni quantitative. Leon Battista Alberti, nel Della pittura, il primo trattato sulla prospettiva che ci sia giunto, prende in esame i tipi IA e 2iA, ma anch'egli non presenta prove quantitative. Filarete è altrettanto impreciso, Piero della Fran-cesca, nel suo De prospectiva pingendi, espone dati quantitativi3, ma a) muove due variabili contemporaneamente e b) quando si propone di fare un esempio del tipo 1, porta un esempio del tipo 2. Gli appunti di Leonardo testimoniano che egli fu il primo a compiere un passo avanti. Modi-ficando sistematicamente le tre variabili, egli giunge a formulare la legge secondo cui la di-mensione apparente è inversamente proporzionale alla distanza°, legge della quale sia Euclide', sia Piero della Francesca' avevano negato l'esistenza. Laddove i suoi predecessori e i

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Tavola 1. Compendio dei tipi fondamentali di prospettiva lineare. Disegno di Ute Barner

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suoi contemporanei si erano espressi in termini qualitativi, Leonardo usa un metodo sperimentale e quantitativo (Ms A 8 v, 1492), laddove le loro prove erano state puramente verbali, egli dà dimostrazioni visive (Ms A 39 r e seguenti, 1492). La sua analisi sistematica delle relazioni esistenti tra occhio, piano dell'immagine e oggetto si estende alla prospettiva del colore, come testimonia un passo contenuto nel Ms A 102 v (Ash I, 22 v, 1492): «A volere mettere questa prospettiva del variare e perdere over diminuire la propia essenzia de' colori, piglierai di cento in cento braccia cose poste infra la campagna, come sono albori, case, omini e sito; e in quanto al primo albore, arai uno vetro fermo bene, e così sia fermo l'occhio tuo; e in detto vetro disegna un albero sopra la forma di quello, di poi lo scosta tanto per traverso che l'albero naturale confini quasi col tuo disegnato; poi colorisci tuo disegno i'modo che per colore e forma stia a paragone l'uno de l'altro e che tutti e 2, chiudendo uno occhio paino dipinti su detto vetro e d'una medesima distanzia; e questa regola medesima fa' de li alberi secondi e de' terzi, di cento in cento braccia, di mano in mano, e questi ti serba come tua altori e maestri, sempre operando nelle tue opere dove s'appartengano, e faranno bene fuggire l'opera». In altra sede (Ms A 94 v, Ash I, 14 v, 1492) Leonardo applica gli stessi principi all'evanescenza dell'oggetto al crescere della distanza «perdimento», argomento sul quale si sofferma in non meno di 50 appunti. Tutto questo lo porta a considerare tre tipi diversi di prospettiva: la prospettiva lineare, la prospettiva del colore e la prospettiva di «perdimento» (per esempio, Ms A 98 r, Ash I, 18 r, 1492). Ognuna di queste categorie ali consente di documentare sistematicamente gli aspetti visibili del mondo naturale. Per Leonardo la prospettiva lineare è molto più di un sistema per prendere nota degli oggetti del mondo naturale: è anche uno strumento di cui egli si serve per raffigurarli nelle tre dimensioni, a vari livelli di astrazione. In questa accezione la prospettiva contribuisce a creare una gamma di possibilità che vanno dalla concretezza del mondo naturale all'astrazio-ne della matematica. Livelli di Astrazione L'uso che Leonardo fa della prospettiva ai fini della visualizzazione di vari livelli di astrazione è interpretabile in termini di un programma triplice. Primo, la prospettiva serve a creare un ponte visivo tra l'oggetto organico e il suo equivalente geometrico astratto (cfr. tav. 5). Secondo, consente di rappresentare tridimensionalmente le figure geometriche, colmando il divario tra geometria e mondo naturale. Terzo, contribuisce a visualizzare nelle tre dimensioni concetti naturali invisibili, come la forza del vento o la concentrazione del calore. Ogni stadio di questo triplice programma, teso a gettare un ponte tra i vari livelli della realtà, merita una breve spiegazione. Per esempio, nel caso del cuore l'uso della prospettiva lineare consente a Leonardo di rappre-sentare in modo convincente sia l'intero organo (per esempio, W 19074 v, 1513 circa), sia le sue varie parti (per esempio, W 19118 v, circa 1508-1510, e W 19117 v, circa 1508-1510), (fig. 1), di raffigurare modelli (fig. 2) e varianti più astratte (fig. 3), che stabiliscono un collegamento visivo con le sue figure puramente geometriche (fig. 4). A loro volta, queste versioni geometriche si riallacciano alle sue ricerche di geometria della trasformazione. In ciò che a prima vista può apparire un puro gioco di forme astratte si può quindi riconoscere il tentativo di analizzare l'apertura e la chiusura delle lunule cardiache con l'ausilio delle lunule geometriche.

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La seconda fase del programma leonardesco è l'impiego della prospettiva allo scopo di rendere in termini naturali il mondo geometrico. Fin dall'antichità i matematici avevano analizzato in termini astratti i corpi platonici regolari e i solidi semi-archimedici. Leonardo prende queste forme e le raffigura tridimensionalmente (cfr. De divina proportione, Mss in Ginevra e Milano), con una verosimiglianza di cui nessuno dei suoi contemporanei era capace, come testimonia il Pacioli. Quasi immediatamente esse vengono copiate. Giovanni da Verona se ne serve per le sue tarsie illusionistiche in S. Maria in Organo (Verona) e Luca Pacioli ne costruisce dei modelli. Questa produzione di versioni realistiche dei solidi platonici stabilisce legami con la cosmologia (Pacioli', Jamnitzer8) e apre la via all'uso che Keplero farà dei solidi stessi nel suo modello dell'universo (cfr. Ms F 27 v, 1508). Le versioni prospettiche di Leonardo contribuiscono anche a spiegare perché, nel diciottesimo secolo, i solidi regolari e semiregolari abbiano occupato tanto spazio negli armadi del Cabinet de physique di Bonnier de la Mosson. Una volta raffigurate in una rappresentazione realistica, queste forme furono utilizzate come un alfabeto concreto della geometria, in base al quale leggere il libro della Natura. Ma Leonardo non si limita ai solidi regolari. Egli usa la prospettiva lineare per produrre versioni tridimensionali del principio di Pitagora. Affrontando il problema di mutare una forma rettangolare in una forma cilindrica, egli si serve di disegni prospettici per illustrare come si posssa adoperare la creta per eseguire fisicamente questa trasformazione (CA 283 v, 1500-1505, fig. 5 e 6). In effetti Leonardo si avvale della prospettiva per fare di una geometria euclidea tradizionalmente astratta un corpus di problemi tridimensionali. Nel For 140 v (circa 1489) Leonardo parla della «Geometria che s' astende nelle trasmutazioni de' corpi metallici, che son di materia atta a stendersi e raccortare secondo le necessità de' loro speculanti.» La terza fase del programma di Leonardo consiste nel servirsi della prospettiva per rendere concretamente problemi di fisica astratti. Il suo disegno che illustra la concentrazione piramidale del vento, nel Madrid II, 74 v (15031504), è un esempio eccellente di tale applicazione. Anche in questo contesto lo scopo che egli si prefigge è quello di stabilire un ponte visivo tra i vari livelli di astrazione. Quando ricorre quindi alle piramidi sia nel caso della concentrazione del calore (fig. 10) che dell'acustica (figg. 11-12), le disegna di solito semplicemente come triangoli bidimensionali. Queste ricerche portano Leonardo in direzione della legge secondo cui l'intensità della luce varia, in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Egli ha intuizioni che, in seguito, saranno sviluppate da Mersenne e codificate da Bouguer. Quando, nel 1848, Edgar Allan Poe9 si dispone a riassumere l'interpretazione rinascimentale nel suo saggio sul cosmo dedicato ad Alexander von Humboldt, egli utilizza involontariamente (fig. 14) un diagramma piramidale leonardesco (fig. 13). Una delle conseguenze di questo triplice programma è che Leonardo affronta sempre i problemi a livelli di astrazione diversi. Ad esempio, nelle sue ricerche sulla luce e l'ombra si serve della prospettiva per fare alcuni disegni che si riferiscono all'esperienza quotidiana (per esempio, CU 658, 1508-1510), altri a modelli (per esempio, Ms C 22 r, 1490-1491), mentre altri ancora affrontano il medesimo problema in termini astratti (per esempio, Ms A 89 v, Ash I 9 v, 1492).

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L'interesse di Leonardo per questi ponti visibili che uniscono il naturale e il geometrico, l'astratto e il concreto, merita di essere annoverato tra le sue conquiste più significative. In esso risiede inoltre una delle ragioni principali dell'abbondanza dei suoi schizzi e dei suoi di-segni. Mentre i suoi predecessori si erano accontentati di descrivere il cuore con le parole o, nel migliore dei casi, di tracciarne incidentalmente un diagramma, Leonardo lo raffigura in versioni naturalistiche, in versioni modellistiche, in versioni più astratte e in versioni geo-metriche. Questo lo porta, nel Windsor Anatomical Corpus, a dedicare non meno di 181 di-segni a questo solo organo. Sarebbe errato ritenere che, un bel giorno, Leonardo si sia semplicemente seduto a tavolino e abbia elaborato dal nulla questo triplice programma: esso prese corpo gradualmente dai suoi tentativi di rappresentare prospetticamente forme organiche complesse. Punti di Vista, Livelli e Modelli Nel caso di una forma geometrica regolare come il cubo, per ottenere le informazioni necessarie ai fini di un disegno prospettico esatto occorrono soltanto la pianta e l'alzato. Leonardo però si rende conto che nel caso della mano 0 delle altre parti del corpo è necessaria un'impostazione più complessa. Egli raccomanda quindi almeno tre (per esempio, W 19049 v, 1489-circa 1510) o quattro (W 19054 v, 1489circa 1510) punti di vista. Per quanto riguarda il corpo interno, egli preferisce averne otto (W 19008 v, circa 1509-1510) e, nel caso specifico della mano, nota che il numero dei punti di vista è potenzialmente infinito (per esempio, TPL 402, I508-1510). Di conseguenza, invece di un solo disegno ne sarebbero necessari ora almeno da quattro a otto. Leonardo è anche consapevole del fatto che una rappresentazione particolareggiata della superficie di qualsiasi oggetto organico esclude tutto il resto e perciò elabora vari metodi per rappresentare gli strati nascosti sotto la superficie stessa. Tra queste teniche ricordiamo l'in-gradimento (per esempio, CA 8 vb, 1478-1480, oppure W 19007 v, 1508-1510), la sezione trasversale (per esempio, W 12609 v, 1485-1487), la trasparenza (per esempio, W 19054 v, 14891510) e la raffigurazione sistematica dei livelli, in base ad un sistema additivo, in cui si inizia dall'osso e si aggiunge uno strato dopo l'altro (per esempio, W 19009 r, 1509-1510), e ad un sistema sottrattivo, in cui si parte, come nel W 19013 v (1509-1510), dalla spalla completa e si procede togliendo uno strato dopo l'altro. Il numero di questi strati o livelli è variabile. Per la mano, Leonardo ne raccomanda una volta otto e una volta dieci (cfr. W 19009 v), 1509-1510). Inoltre, poiché la mano deve essere vista da almeno quattro posizioni, essa richiede al minimo 40 diagrammi. Per di più egli insiste sul fatto che ogni serie di disegni deve essere ripetuta per il bambino, il giovane e il vecchio. Ora, la sola mano richiede dunque almeno 120 rappresentazioni. Ciò che vale per la mano vale anche per tutti gli altri organi. In Leonardo, la rappresentazione sistematica del corpo nei suoi vari livelli porta dunque ad un impressionante ampliamento del campo della visualizzazione. Leonardo scopre però che la soluzione del problema dei livelli è più facile in teoria che in pratica. Osserva che non è possibile disegnare i muscoli della mano semplicemente copiando il pezzo anatomico e quindi raccomanda un sistema alternativo (W 19009 r), 1509-1510: «Quando tu hai figurato le ossa della mano e tu voglia sopra di quella figurare li muscoli che con esse ossa si congiungano fa fili niscambio di muscoli. Dico fili e non linie acciocchè si cognosca quale muscolo vada disotto o disopra all'altro muscolo la qual

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cosa far non si potrebbe con semplice linie e fatto questo fa poi un'altra mano allato a quella dove sia la vera figura d'essi muscoli come qui disopra si dimostra». Egli porta avanti questo argomento a proposito dei muscoli del piede nel W 19017 r (15091510): «Tu non farai mai se non confusione nella dimostrazione de' muscoli e lor siti, nascimenti, e fini, se prima non fai una dimostrazione di muscoli sottili a uso di fila di refe; e così potrai figurare l'un sopra dell'altro come li ha situati la natura, e così li potrai nominare secondo il membro al quale lor servano, cioè il motore della punta del dito grosso e del suo osso di mezzo, o del primo, ecc.; e dato che tu hai tale notizia, figurerai allato a questa la vera forma e quantità e sito di ciascun muscolo; ma ricordati di fare li fili, che insegniano li muscoli, negli medesimi siti che son le linie centrali di ciascun muscolo, e così tali fili dimostreranno la figura dalla gamba e la loro distanzia spedita e nota». Dunque, la semplice osservazione non è sufficiente per la rappresentazione prospettica dei muscoli, dei nervi o delle vene. Occorre costruire modelli per verificare se si è colto esattamente l'intessersi dei vari strati. In breve, la ricostruzione è un requisito preliminare indispensabile per la rappresentazione delle forme organiche. La costruzione di modelli è una conseguenza della prospettiva lineare. L'utilizzazione di modelli ai fini della rappresentazione diventa un aspetto fondamentale del metodo di Leonardo. Egli usa questi fili per rappresentare i tendini del collo (W 19015 r, 1509-1510), a volte adopera corde per ricostrúire il ruolo dei muscoli (W 19008 r, 15091510), a volte si serve di cavi metallici per riprodurre il decorso delle arterie della gamba (W 12619 r, 1509-1510), a volte infine va ancora oltre e riduce il braccio a un modello meccanico che ne illustra le caratteristiche essenziali in termini di pesi e di bilance (W 19026 v, 1489-1510). L'interesse di Leonardo per i modelli Vù in parte interpretato alla luce di una lunga tradizione di congegni meccanici e di automi", come l'uccello a vapore di Erone di Alessandria, che simulava il volo. Lo stesso leone meccanico di Leonardo, che camminava e si apriva rivelando all'interno dei gigli, si inserisce perfetta mente in tale tradizione.

Tuttavia tra questi esempi e i modelli anatomici elaborati da Leonardo esistono differenze fondamentali. Gli automi e i modelli meccanici erano tradizionalmente legati all'illusionismo, erano oggetti fini a sé stessi, ideati per produrre un effetto realistico in superficie, senza rivelare nulla della propria struttura e delle proprie cause interne. I modelli di Leonardo non sono fine a se stessi. Essi si propongono di svelare la natura e le cause del movimento di altri oggetti organici, dando informazioni che simulano livelli posti al di sotto della superficie, e vengono elaborati come ausilü per la rappresentazione, in vista di successivi e più alti livelli di astrazione. A questo punto possiamo senz'altro fare un altro passo avanti. I modelli anatomici di Leo-nardo sono il prodotto diretto dei suoi tentativi di rendere in maniera prospettica oggetti oganici complessi". Egli si rende conto che, se si vuole rappresentare realisticamente il mondo naturale, si deve innanzi tutto ricostruirlo. Paradossalmente, al naturale si accede solo attraverso l'artificiale, ovvero, modificando la terminologia di Gombrich, la costruzione di modelli viene prima dell'aderenza alla realtà'2. Di conseguenza, le complesse forme organiche della figura umana vengono trasformate nei loro equivalenti geometrici, che costituiscono uno stadio intermedio del processo della rappresentazione naturalistica. Alcuni anni più tardi tale processo fa un passo avanti

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con Dürer e, nella generazione successiva, figure robotoidi- geometriche cominciano a popolare i libri di modelli. La comprensione dei legami esistenti tra prospettiva e costruzione di modelli' 3 ci fa quindi discernere, nel diffondersi di un nuovo tipo di libro di modelli nella generazione che segue Leonardo, una conseguenza logica dei suoi studi sulla prospettiva (cfr. l'analisi psicologica di Gombrich14, che non spiega perché questi libri si sviluppino in modo tanto sorprendente tra il 1530 e il 1540). Messa a Fuoco dei Particolari Il problema della messa a fuoco dei particolari, che Leonardo indaga in maniera notevolmente approfondita, è strettamente connesso allo studio dei livelli e dei modelli nell'ambito della rappresentazione anatomica. Nella sua forma più semplice esso consiste nel disegnare una struttura e quindi nel ridisegnarne una parte in maniera dettagliata, come nel W 19114 v (circa 1506-1508, figg. 15 e 16), che riproduce le arterie del braccio. Tavola 2(i). Primo programma per l'illustrazione anatomica del cuore e del polmone,

descritto nel W 19054 v (1489-1510) Polmone Frontale

Polmone Posteriore

Polmone

PolmoneDa

PolmoneDall'alto

Polmone Dal basso

Cuore Cuore Cuore Cuore Cuore Cuore

Frontale Posteriore Da sinistra

Da destra Dall'alto Dal basso

Cuore e Cuore e Cuore e Cuore e Cuore e Cuore epolmone polmone polmon polmone polmone polmone

Frontale Posteriore Da sinistra

Da destra Dall'alto Dal basso

Tavola 2(ü). Secondo programma per la rappresentazione sistematica del cuore e dei

polmoni, contenuto nel W 19054 v (1489-1510).

Organi e Polmone

Polmone e ra-

Cuore Cuore e rami-

Vene e arterie Ramificazio- Cuore e pol

combinazioni mificazioi

ficazioni d ll

del cuore con ni dei nervi moni uniti

di organi della trachea vene e

delle ramificazioni

arterie della trachea

Punti di Frontale 1 2 3 4 5 6 7 vista Posteriore 8 9 10 11 12 13 14

Da sinistra 15 16 17 18 19 20 21 Da destra 22 23 24 25 26 27 28 Dall'alto 29 30 31 32 33 34 35 Dal basso 36 37 38 39 40 41 42

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Tale programma comporta un disegno di ciascun organo più cinque illustrazioni di varie combinazioni, cioè sette disegni fondamentali. Ciascuno di questi deve essere rappresentato da almeno quattro punti di vista: frontale (1-7), posteriore (8-14), da sinistra (15-21) e da destra (22-28). I disegni dei due organi ammonterebbero così a un totale di 28. A volte, come nel W 19054 v (1489-1510), Leonardo insiste sull'opportunità di considerare altri due punti di vista, dall'alto (29-35) e dal basso (36-42) che, applicati a ognuno dei sette disegni fondamentali, richiederebbero l'esecuzione di altre 14 illustrazioni, per un totale di 42 raffigurazioni solo per questi due organi. Leonardo aggiunge che questo procedimento dovrebbe essere applicato anche ad altri otto (nove) organi: il fegato, la milza, il rene, l'utero, i testicoli, la testa, la vescica, lo stomaco, (l'intestino). Questo comporterebbe da un minimo di 140 a un massimo di 210 illustrazioni. Di solito, però, il problema della messa a fuoco è più complesso. Per esempio, per quanto riguarda gli organi interni come il polmone o il cuore, Leonardo si rende conto che non basta rappresentarli separatamente. Quindi nel W 19054 v (1489-1510) egli delinea un programma preliminare che fonda sul disegno dei due organi, presi prima separatamente e poi in combinazione, da quattro punti di vista diversi in entrambi ï casi. Successivamente, nel medesimo foglio, passa alla formulazione di uno schema più elaborato, che comprende il polmone solo e poi il polmone in relazione con la trachea, quindi il cuore solo e poi il cuore con la sua ramificazione di vene e così via (tav. 2). Anche in questo caso, ciascuno dei disegni dev'essere visto da quattro o, possibilmente, da sei punti di vista. Questi due organi richiedono dunque da un minimo di 28 a un massimo di 42 illustrazioni. L'impegno di chiarire le relazioni esistenti tra i vari organi rappresenta così un altro fattore che contribuisce ad ampliare il campo della vi-sualizzazione. Quando Leonardo intende illustrare un gruppo di relazioni, inevitabilmente omette le altre. Per esempio, quando vuole evidenziare la parte interna del cuore, i polmoni sono ridotti a due ombre oscure sullo sfondo (W 19112 r, circa 1506-1508), quando vuole indicare le arterie che vanno dal cuore ai polmoni di nuovo non dà informazioni sulla struttura interna di que sti ultimi (W 19104 v, circa 1506-1508). A1 contrario, quando decide di mettere a fuoco la struttura dei polmoni, scompaiono i particolari relativi agli altri organi (W 1954 v, 1489-1510, figg. 17-18). Questo vale anche per gli altri particolari anatomici. per esempio, quando si occupa delle arterie e delle vene epatiche, le disegna sia separatamente (W 19051 v, 1489-1510, fig. 19), sia nel loro contesto (fig. 20), riducendo volutamente gli organi circostanti a semplici profili, per ottenere un effetto di trasparenza. II rapporto particolare che egli intende chiarire determina il dettaglio da mettere a fuoco e le illustrazioni saranno tante quanti sono tali dettagli. Questi disegni relativi ai vari livelli e ai vari particolari messi a fuoco portano a loro volta ad altre rappresentazioni. Non pretendono di mostrare gli oggetti nella loro forma assoluta, ma fungono da ipotesi visive su quale potrebbe essere la forma dell'organo stimolando così a cercare in una rappresentazione successiva una maggiore aderenza quantitativa agli oggetti organici reali del mondo naturale.

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L'aspetto rivoluzionario del corpus anatomico leonardesco sta nel fatto che esso non rappresenta una ricerca chiusa, non costituisce soltanto un documento di ciò che egli ha detto intorno al corpo, attraverso la parola e con l'immagine visiva. Il corpus anatomico è ricco di istruzioni relative al metodo, è un manuale del `fatelo da soli' nel senso più pieno del termine. Leonardo non si aspetta che il lettore accetti passivamente la sua rappresentazione, ma lo stimola a farsi parte attiva, disegnando egli stesso le sue illustrazioni e allargando così l'orizzonte della rappresentazione e della visualizzazione. Le serie Leonardo è affascinato, a volte quasi ossessionato, dalla produzione di disegni in serie. Questo è un altro aspetto fondamentale che sottende il suo interesse per l'immagine visiva. Mentre i suoi predecessori si erano accontentati di una sola rappresentazione, egli si dedica a disegnare intere sequenze. Così produce quattro disegni numerati della colonna vertebrale (W 190121 v, W 19040 r, W 19021 r, 1489-1510) sei disegni numerati della mano (W 19009 r, W 19012 v, 1509-1510) e, letteralmente, dozzine di disegni di bilance (CA 153 vc, circa 1500), per non citare la serie di oltre 150 lunule contenuta nel CA 167 rab (1510-1515). Questo interesse per le serie deriva in parte dall'impegno che egli dedica a illustrare i diversi punti di vista, livelli e particolari messi a fuoco, ma si riallaccia anche ai suoi studi sul mutamento e sul movimento. Qui Leonardo s'inserisce in una tradizione molto antica. Il mutamento è un concetto importante in pensatori greci come Eraclito, Aristotele ed Euclide, il quale, nei suoi Elementi, analizza il mutamento e la trasformazione da un punto di vista geometrico. I romani proseguono queste ricerche nei loro mosaici e nel medioevo questo interesse rimane vivo sia a livello teorico in scritti come il De ludo geometrico, sia a livello concreto, sulle pareti delle chiese medievali, come a Palermo, a Monreale e nella stessa Santa Maria del Fiore. Come abbiamo visto, Leonardo si spinge molto più innanzi in questo gioco tradizionale. Egli mette a punto un metodo per la trasformazione tridimensionale dei solidi nel disegno e per la loro trasformazione fisica mediante cavi metallici (W 19121 v, 1508-1510) o creta (figg. 7-9). In queste trasformazioni adotta come criterio la divisione euclidea in libri e proposizioni. Così, per esempio, il Codice Forster I, è strutturato in tre libri contenenti, rispettivamente, undici, tredici e venti proposizioni consecutive. In breve, le serie di disegni di Leonardo riflettono in parte la logica proposizionale della geometria euclidea. Tra i due sistemi esiste tuttavia una differenza fondamentale. Euclide si era dedicato esclusivamente a un'analisi geometrica astratta, mentre Leonardo cerca di stabilire una relazione tra tale analisi e le forme concrete, organiche e inorganiche. Egli intende servirsi della geometria non solo per la catalogazione delle forme visibili di movimento in generale, ma anche per lo studio dei movimenti minori, attraverso la documentazione visiva, nel tentativo di giungere empiricamente a quei risultati che il calcolo codificherà più tardi sul piano matematico. Leonardo non può, quindi, accontentarsi di fare un solo disegno di un uomo che lavora: deve eseguirne una serie (figg. 21-25), che ci appare come un'anticipazione dei fotogrammi di un vecchio film, e seguita a produrre documenti di questo tipo (per esempio, W 1264312646 v). Analogamente, nel caso del feto egli esegue una serie di disegni in cui esso è rappresentato separatamente (W 19110 r circa

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l'S101515, figg. 26-28) e una serie in cui esso è visto nel suo contesto (W 19103 r, W19102 r, circa 1510-1515, figg. 29-31). In un certo senso, ormai tutta la Natura è come un libro di geometria. Nessuna parte può essere studiata separatamente: ogni suo fenomeno dev'essere presentato in una sequenza, come le proposizioni, affinché le relazioni tra le diverse apparenze possano essere viste come parti di un unico schema di cose creato dal Divino Autore (cfr. W 19001 r, 1509-I510; W 19029 r; W 19074 r). E la logica della geometria, che rappresenta un incentivo per i disegni in serie di Leonardo, contribuisce a sua volta ad ampliare il campo della visualizzazione. Gioco Sistematico delle Variabili Questo contesto matematico relativo alle dimostrazioni e alle prove sistematiche contri-buisce a spiegare un tipo di serie particolare, fondato sul gioco sistematico delle variabili, messo a punto da Leonardo. Questo metodo è illustrato in cinque fogli del Ms A sulla prospettiva lineare. Nel Ms A 39 r (1492) egli comincia con il disegnare il piano di base di un quadrato e quindi lo presenta in una visione prospettica, poi rappresenta la stessa forma vista da una posizione laterale e da una posizione inversa. Successivamente inscrive un triangolo nel quadrato e disegna in prospettiva questa nuova forma composita. Nel Ms A 39 v, (1492) questo studio sistematico continua con un rombo, un pentangono e un esagono disegnati in prospettiva. Nel Ms A 40 r rappresenta una forma ottagonale e un cerchio, seguiti da un cubo, e nel Ms A 40 v una piramide. Solo dopo questo studio minuzioso delle forme fondamentali giunge alla versione definitiva del disegno prospettico, nel Ms A 41 v. Anche le ricerche sulla luce e l'ombra colpiscono per la loro impostazione sistematica. Nel CA 37 va (1508-1510), per esempio, Leonardo indaga come una sorgente luminosa posta davanti a una verga inclinata produca una sola ombra, come due sorgenti ne producano due e come tre sorgenti tre (figg. 32-34). Altrove, nel CA 177 rb (1505-1508), nell'Ar 248 v e nel CA 241 rc (1508-1510), egli pone due candele davanti a due verghe inclinate disposte a croce di S. Andrea e dimostra che esse producono quattro ombre (fig. 35). Nel CA 241 rc (1508-1510) spegne sistematicamente prima la candela a sinistra (fig. 36), poi quella a destra per indagare l'effetto di queste variazioni (fig. 37). Nel CA 229 rb (1508-1510) considera l'effetto di tre sorgenti luminose, nell'Ar 243 r (1508-1510) si serve di quattro luci e in questo medesimo foglio indaga ciò che accade quando alla disposizione a croce di S. Andrea si aggiunge una verga verticale". Leonardo usa il termina ombra semplice per descrivere la situazione in cui sono presenti una sola sorgente luminosa e un solo corpo opaco e il termine ombra composta quando sono presenti più di una sorgente luminosa e/o più di un corpo opaco. Anche in questo caso indaga diverse combinazioni fondamentali con sorprendente precisione, come si vede nella tav. 3. Con questo sistema, in qualunque situazione nuova si ottiene una rappresentazione di cia-scuna delle varianti implicite nella situazione stessa. Il gioco sistematico delle variabili è quindi un altro importante fatto che promuove l'ampliarsi dell'orizzonte della visualizzazione. Visualizzazione letterale Gran parte delle immagini visive prodotte da Leonardo deriva dallo studio dell'intero spettro dei fenomeni visivi, dagli oggetti concreti della Natura alle figure astratte della

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geometria. Ma a volte egli indaga anche i potenziali visivi insiti nelle immagini verbali, attraverso la visualizzazione letterale e il letteralismo visivo. Per esempio, negli studi sui rebus questo tipo di indagine lo porta a visualizzare frasi come «però se la fortuna mi fa felice ta[1] viso asponerò» (W 12692 v, circa 1487-1490). Dunque, non è una coincidenza che Leonardo sia tra i primi a elaborare l'emblema, che consiste essenzialmente in un'abile visualizzazione delle Tavola 3. Esempi dell'impostazione sistematica delle ricerche sulla luce e l'ombra in Leonardo Numero delle sorgenti

luminose Numero dei corpi

opachi Codice

1 1 C 22 r2 1 C 22 r3 1 C 22 r1 1 C 21 r1 2 C 13 r1 3 C 13 v

219 parole e del loro significato. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una ricerca che amplia la gamma della visualizzazione e apre la via all'opera dell'Alciati, nella generazione successiva. Nel campo della scienza questo metodo ha conseguenze più radicali, in quanto induce Leonardo a sottoporre a un'analisi visiva alcune similitudini verbali tradizionali. Per esempio, secondo un topos diffuso fin dall'antichità, le onde luminose e le onde sonore si sarebbero propagate nell'aria come le onde prodotte da un ciottolo gettato nell'acqua. Questa similitudine era entrata a far parte della tradizione medievale, sempre sotto forma di immagine verbale' 6 delle sue immagini visive. Lo stesso si può affermare per quanto riguarda il suo interesse per le serie, per il gioco delle variabili e per la visualizzazione delle immagini verbali. Nel loro insieme, questi fattori spiegano perché nei suoi quaderni di appunti egli abbia prodotto un numero di schizzi, di disegni e di diagrammi che è dell'ordine dei 100.000. Quali sono i risultati di questo fascino che l'immagine visiva esercita su Leonardo? È que-sta la domanda alla quale cercheremo ora di rispondere. Osservazione, Esperimento e Quantificazione Leonardo trasforma tale immagine analizzandola visivamente. Getta un ciottolo nell'acqua e studia la propagazione delle onde (Madrid I, 126 v, circa 1499-1500), poi ne getta due e osserva come le onde che si producono s'intersecano senza che si abbiano interferenze (Ms A 61 r, 1492). Quindi studia il problema se un oggetto triangolare possa produrre onde sferiche (CA 199 vb, circa 1500). In altra sede egli esegue esperimenti per determinare se queste onde sferiche possano propagarsi attraverso una piccola apertura e al di là di essa (W 19106 v). Questo problema sarà ripreso più tardi da Isaac Newton nei suoi Principia (41, Teorema 32). Leonardo analizza anche il comportamento delle onde circolari che si propagano nell'acqua in movimento (Lei 14 v, ora Ham 14B, circa 1506-1509). In breve, nell'analisi

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visiva delle immagini verbali il gioco delle variabili porta ancora una volta Leonardo ad ampliare il campo della visualizzazione. Per spiegare l'interesse di Leonardo per la prospettiva lineare si può dunque addurre una serie di fattori. L'elemento fondamentale è rappresentato dallo studio sistematico della prospettiva lineare, che lo porta a indagare le relazioni tra occhio, piano dell'immagine e oggetto nel mondo naturale e a disegnare gli oggetti visibili. I suoi tentativi di raffigurare gli oggetti organici del mondo naturale gli dimostrano la necessità di ricostruirli in termini di modelli prima di poterli rappresentare prospetticamente. In questo processo, il campo dei suoi disegni prospettici si allarga fino, a comprendere un ampio spettro di livelli di astrazione, che va dagli oggetti concreti della Natura alle figure astratte della geometria. L'interesse che lo spinge a riprodurre in maniera sistematica i va-ri punti di vista, livelli e relazioni tra oggetti contribuisce anch'esso ad ampliare l'orizzonte Abbiamo affermato che per Leonardo la prospettiva lineare rappresenta molto più di un mezzo atto a documentare semplicemente gli oggetti del mondo naturale: in ultima analisi, essa è un processo che lo stimola a costruire ponti visivi tra la Natura e la geometria. In questo programma teso a stabilire relazioni visive tra i diversi livelli di astrazione è implicita un'impostazione attiva dello studio della Natura, impostazione in cui sono direttive per giungere alla scoperta scientifica. L'uomo non è più uno strumento passivo della Natura: ora sente il bisogno di creare modelli, illustrazioni e figure geometriche che fungano da ipotesi visive relative agli oggetti del mondo naturale. L'impostazione leonardesca fondata su vari livelli di astrazione (tav. 5) ci induce inoltre a riconsiderare alcuni termini generali associati al nascere della scienza moderna. Per esempio, in questo contesto l'osservazione non consiste soltanto nel guardare il mondo naturale, ma nel tentare di documentarlo attraverso rappresentazioni grafiche, diagrammi o altri livelli di astrazione. L'esperimento è la traduzione in termini visivi di un'analogia, un'affermazione o un'ipotesi verbale e il confronto tra tale traduzione e gli oggetti del mondo naturale. La qualificazione è la misurazione delle relazioni tra disegno, o modello, e oggetto originale. In questo contesto l'osservazione, l'esperimento e la qualificazione emergono come aspetti di una storia più complessa, nella quale l'uomo si rende conto poco a poco che l'ideale e il naturale non sono realtà opposte, ma i due estremi di un unico spettro e che il fascino della conoscenza sta nel costruire ponti visivi fra tali estremi, a livelli diversi di astrazione. Quindi il metodo di Leonardo ci stimola implicitamente a riconsiderare il nostro approccio non solo alla storia della scienza, ma anche alla scienza contemporanea.

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Tavola 4 (i-iv). Varie combinazioni tra soggetto e oggetto nella produzione delle immagini visive i. Persona (con preconcetti Oggetto del

verbali/mentali, -~ Immagine visiva mondo naturale visivi inconsci)

ü. Persona immagine visiva Oggetto del sul piano mondo naturale dell'immagineiii. Persona (con idee, Immagine visiva Oggetto del

ideali consci) sul piano mondo naturale dell'immagineiv. Persona (con ideali, Immagine visiva Oggetto del

anti-ideali sul piano mondo naturale dell'immagine Nell'antichità (i) soggetto e oggetto erano inestricabilmente connessi. La prospettiva rinascimentale (ü) introduce la possibilità di produrre geometricamente immagini oggettive, anche in assenza di un osservatore reale. Resta comunque possibile interpolare consapevolmente in questa immagine oggettiva ideali soggettivi (iii) e perfino cercare di giungere a un'immagine del tutto soggettiva (iv). Nell'ambito di questi schemi esiste un'evidente opposizione tra attività soggettiva e attività oggettiva (cfr. tav. 5). Sostanza e Funzione Nel suo Substance and Function" Ernst Cassirer ha descritto un sostanziale spostamento di interesse dalla definizione dei singoli oggetti (sostanza) alle relazioni tra i vari oggetti (funzione) e lo ha spiegato in base al passaggio da una visione finita a una visione infinita del mondo. Nell'antichità la visione finita aveva precluso la via al concetto di spazio matematico e aveva costretto i pensatori a dedicarsi unicamente a problemi relativi all'oggetto in sé. Nel Rinascimento lo svilupparsi di una visione infinita del mondo impone il nuovo concetto di spazio matematico e l'interesse per le relazioni tra gli oggetti. In sostanza, Cassirer ritiene che lo studio delle relazioni sistematiche tra gli oggetti sia spiegabile semplicemente in base a un mutamento della sovrastruttura filosofica, mutamento per il quale la teoria viene a determinare la pratica. I risultati delle ricerche di Leonardo sulla prospettiva e sulla visualizzazione lasciano intravedere una spiegazione diversa, e cioè che queste relazioni tra gli oggetti vengano messe in luce dall'esperienza, a livello pratico. Finché ci si limita a rappresentare soltanto la forma esterna dell'oggetto è ancora possibile pensarlo in termini della sua sostanza, della sua quiddità e così via. Ma una volta che si cominciano a indagare i suoi vari strati, come fa Leonardo, il problema della quiddità va rapidamente fuori fuoco. Perché ora, l'oggetto ha tanti strati, o tanti livelli, quanti se ne vogliono vedere e non si può soltanto disegnarne alcuni aspetti e cercare di chiarire le relazioni che esistonó tra questi. In breve, viene fatto di considerare se, ai fini del passaggio dalla sostanza alla funzione, la visualizzazione pratica di Leonardo non sia stata più importante di qualunque concetto teorico. Invero si è tentati di andare oltre e di chiedersi se tale visualizzazione non abbia svolto un ruolo significativo anche nello svilupparsi del concetto di infinito. In questo caso, ciò che secondo Cassirer rappresenterebbe l'effetto sarebbe invece la causa e viceversa.

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Universali e Particolari L'elaborazione da parte di Leonardo di uno spettro di immagini visive che va dalla concretezza della Natura all'astrazione della geometria provocò almeno due innovazioni di importanza fondamentale. Primo, i suoi disegni a vari livelli di astrazione servirono da pietre miliari per gli artisti che intendevano rappresentare particolari del mondo naturale. I suoi studi sul naso sono un eccellente esempio di questo aspetto. La classificazione generale dei nasi in dritti, convessi e concavi (TPL 288-289, 1058-1510) funge da punto di partenza per rappresentare volti particolari (cfr. W 12491). Secondo, queste pietre miliari consentirono agli artisti di dare alle idee astratte prodotte dalla loro immaginazione un realismo del tutto nuovo (cfr. W 12592 r, circa 1506). Tavola 5. Soluzione alternativa del problema soggetto/oggetto

Le figure geometriche, le immagini visive, i modelli e gli oggetti fisici vengono considerati in termini della coerenza tra i vari elementi e della loro potenziale reversibilità. In questo contesto il ruolo del soggetto è quello di costruire i modelli e le figure geometriche e di stabilire le relazioni. La soggettività e l'oggettività assumono quindi il significato di attività interdipendenti. Le formule algebriche rappresentano una parte dello spettro che Leonardo non ha preso in considerazione. In altri termini, la prospettiva lineare sviluppata da Leonardo è molto più di un semplice mezzo per copiare e non deve essere vista come una camicia di forza imposta alla libertà dell'artista (cfr. Novotny'e, Gombrich'9). Essa contribuisce ad allargare gli orizzonti della visualizzazione e le possibilità dell'artista. In breve, la prospettiva lineare è una fonte di creatività. Soggetto e Oggetto Nello spettro dei vari livelli di astrazione elaborato da Leonardo (tav. 5) è implicito anche un modo del tutto nuovo di affrontare la questione soggetto-oggetto nella sua globalità. Naturalmente, si può interpretare questo problema in maniera che la scoperta della prospettiva lineare esiga un stretta relazione tra oggetto e piano dell'immagine, indipendentemente dall'osservatore. In questo contesto, è possibile arrivare all'oggettività solo attraverso l'esclusione del soggetto (tav. 4). Sembra quindi che il progresso scientifico

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sia possibile solo tramite l'eliminazione del personale, quasi la scienza e l'arte fossero due culture opposte. Il problema soggetto-oggetto si presenta sotto una luce del tutto diversa se lo si affronta in termini dello spettro dei vari livelli di astrazione (tav.5). Perché è chiaro che i modelli, le illu-strazioni, i diagrammi e le figure geometriche necessari ai fini dell'analisi scientifica sono tut-ti opera dell'uomo e richiedono l'intervento di una persona. Quindi non c'è opposizione tra soggettività e scienza. La soggettività è un requisito preliminare necessario per qualunque attività scientifica, è la traduzione conscia degli oggetti del mondo naturale in livelli di astrazione diversi. E quando questa attività è tanto precisa da diventare misurabile, reversibile e ripetibile, la soggettività attinge all'oggettività. O, per usare le parole di Leonardo (CA 108 rb, 1517-1518): «Se una regola ti trasmuta la figura d'una superfizie un altra figura e che la medesima regola restituissi la prima figura a tal superfizie, certo tal regola è perfetta, come si vede a presso alli aritmetici nei numeri partiti per un altro numero e poi rimultiplicati per il numero che lo partì, rifaccia il primo numero, eccetera. Come si vede a14 partire il 12 in 3 parte e rimultiplicar da poi el 4 per 3; rifà il 12». «Certezza», scrive ancora Leonardo in un altro passo (W 19084 r, circa 1513), «nasce dalla cognizione dintengrale di tutte quelle pa[r]te le quali essendo insieme unite compongano il tutto di quella cosa che debbono essere amate» La sua interpretazione pressuppone quindi quell'integrazione tra soggettività e oggettività che è invocata dai pensatori dei nostri giorni (cfr. Foucault,2 Lorenz3). Conclusioni In questo articolo abbiamo esaminato alcuni dei fattori basilari che sottendono il fascino esercitato su Leonardo dall'immagine visiva e abbiamo brevemente accennato ad alcune delle conseguenze della sua visualizzazione. Le implicazioni dell'approccio visivo introdotto dalle ricerche di Leonardo sulla prospettiva non riguardano soltanto il rapporto tra l'uomo e il mondo della Natura, ma si estendono ai problemi più fondamentali della filosofia, Se la verità e la realtà esistessero solo nel mondo delle idee o fossero caratteristiche del mondo naturale è un interrogativo lungamente dibat-tuto fin dall'antichità. Nella visione di Leonardo la verità risiede in primo luogo nel problema di sviluppare relazioni che possano essere analizzate visivamente, relazioni tra livelli diversi di astrazione, tra oggetti naturali e modelli, tra modelli e disegni naturalistici, tra disegni naturalistici e figure geometriche e viceversa. Per Leonardo la scienza è lo sviluppo di questo spettro. A partire dal diciassettesimo secolo la scienza si è sempre più identificata con la zona più astratta dello spettro. I dati del mondo visivo sono stati tradotti dapprima in figure geometriche e poi, in misura sempre crescente, in formule algebriche'. Si è tanto accentuato il limite astratto dello spettro da dimenticare lo spettro stesso, gli scienziati si sono focalizzati a tal punto sui risultati, da perdere ogni interesse a dimostrare come li hanno ottenuti. Un foglio dei quaderni di Leonardo (fig. 38), nonostante la confusione superficiale, è fresco e stimolante proprio perché dà evidenza a queste relazioni tra i vari livelli di astrazione, relazioni che non sono più chiare nella scienza contemporanea. In parole semplici, l'interpre-tazione visiva di Leonardo è ricca di implicazioni filosofiche e scientifiche che meritano ricerche più approfondite.

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Nella sua serie sul tema Civilisation Lord Clark ha detto: «La gente a volte si domanda perché gli italiani del Rinascimento, con la loro curiosità intelligente, non abbiano contribuito in misura maggiore alla storia del pensiero. Il motivo è che, in quell'epoca, il pensiero più profondo fu espresso non in parole, ma in immagini visive».4 Questa penetrante osservazione di Lord Clark è stata espressa nel periodo in cui egli si è dedicato allo studio dei progressi compiuti dallo spirito umano tramite l'immagine visiva, nell'ambito della quale egli ha analizzato esempi tratti dalla pittura e dalla scultura, rivolgen-do la sua attenzione esclusivamente a Michelangelo e a Raffaello. Forse ora aggiungerebbe che il ruolo svolto da Leonardo in questo processo è stato, a dir poco, altrettanto significativo. E, se si volesse assumere un atteggiamento più radicale, forse si potrebbe anche affermare che il pensiero visivo degli artisti del Rinascimento fu molto più profondo del pensiero ver-bale degli antichi che essi credevano di imitare. Ringraziamenti L'autore esprime la sua gratitudine alla Alexander von Humboldt Foundation e alla Herzog August Bibliothek per il loro generoso aiuto. Questo articolo è dedicato al Dott. Kenneth Keele e a sua moglie Mary. A1 loro entusiasmo, al loro incoraggiamento, alla loro guida e alla loro pazienza devo principalmente l'essermi seriamente impegnato nelle ricerche su Leonardo da Vinci.

Note 2 BIAGIO PELACANI DA PARMA, Le questioni di Perspectiva di Biagio Pelacani da Parma, a cura di Graziella Federici Vescovini, Rinascimento, Firenze, 2' set., vol. 1, 1961, p. 223: Quaestio I , Nono, f 47 vb. 3 PIERO DELLA FRANCESCA, De prospectiva pingendi, a cura di G. Nicco Fasola, Sansoni, Firenze, 1942, pp. 75-76. il passo di Piero è stato analizzato dettagliatamente nel libro di Leonardo scritto dall'autore di questo articolo in collaborazione con il Dr. K.D. KEELE: Linear Perspective, and the Visual Dimensions of Science and Art, Munich: Deutscher Kunst Verlag, 1986. Per un'altra interpretazione si veda: R. WITTKOWER, Brunelleschi and Proportion in Perspective, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, London, Vol. XVI, 1953, pp. 275-291. LEONARDO, Ms A 8 v, Ms A 1,03 r (1492). Cfr. CA 353 rb (circa 1485), CA 42 rc (circa 1487), ecc. Questi e altri passi sono stati ricostruiti sperimentalmente da Keele e Veltman e saranno pubblicati nel volume di cui alla nota 3. EUCLIDE, Ottica, Teorema VIII. Il significato dell'affermazione di Euclide è stato analizzato da ERWIN PANOFSKY, Renaissance and Renascences in Western Art, Almqvist & Wiksell, Stockholm, 1960, pp. 128-129. 6 PIERO, op. cit., p. 75. 7LUCA PACIOLI, De Divina Proportione, Paganinum de Paganinis, Venezia, 1509. 8 WENTZEL JAMNITZER, Perspectiva corporum regularium, Nürnberg, 1568. 9 EDGAR ALLAN POE, Eureka: An Essay on the Material and Spiritual Universe, in The Works of Edgar Atlan Poe, New York, 1904, Vol. IX, p. 48. La conferenza originale intitolata The Cosmogony of the Universe fu tenuta il 3 febbraio 1848 presso la New York Library Society. II saggio di Poe è commentato da JOSÉ A. ARGÜELLES, The Transformative Vision. Reflections on 21 the Nature and History of Human Expression, Shambula, New York, 1975, pp. 141-144. 10 Sugli automi si veda: SILVIO A. BEDINI, The Role of Automata in the History of

Technology, Technology and Culture, Chicago, Vol. 5 (n. 1), inverno 1964, pp. 24-42; ROBERT S. BRUMBAUGH, Ancient Greek Gadgets and Machines, Thomas Y. Crowell Co., New York, 1966.

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11 Sul problema dei modelli si veda: IRVING LAVIN, Bozzetti and Modelli. Notes on Sculptural Procedure from Early Renaissance through Bernini, Stil und Über-lieferung in der Kunst des Abendlandes. Akten des 21. Internationalen Kongresses für Kunstgeschichte, Berlin, 1967, Bd. 3, pp. 93-104 e tabelle 12 e 13; HELLMUT KÄMPF, Ars imitatio naturae, Geschichte in Wissenchaft und Technik, Stuttgart, 10. Jg., 1959, pp. 84-95; LAWRENCE PRICE AMERSON Jr., The Problem of the Ecorché: A Catalogue Raisonné of Models and Statuettes from the Sixteenth Century and Later Periods, Ph.D. Dissertation, Pennsylvania State University, 23 1975. Cfr. Paolo Rossi, I filosofi e le macchine (14001700), Feltrinelli, Milano, 1962.

Cfr. E.H. GOMBRICH, Art and Illusion, Princeton University Press, Princeton, 1960, p. 116 (The A.W. Mellon Lectures in the Fine Arts, 1956; Bollingen Series XXXV, 5). Non possiamo approfondire i problemi filosofici relativi ai modelli in questa sede. Su questo argomento si veda: Models, a cura di MARX W. WARTOFSKY, Kluwer, Boston, 1979 (Boston Studies in the Phylosophy of Science, n. 54) E.H. GOMBRICH, op. cit. Questi disegni e l'insieme delle ricerche di Leonardo sulla luce e l'ombra sono presi in esame dettagliatamente nel libro sull'ottica di Leonardo a opera dell'autore di questo articolo, attualmente in corso di stampa. Anche questa tradizione è analizzata nei suoi dettagli nel libro sopra citato. ERNST CASSIRER, Substance and Function, Dover, New York, 1953 (trad. it., Sostanza e funzione, La Nuova Italia, Firenze, 1972). FRITZ NOVOTNY, Cézanne und das Ende der wissenschaftlichen Perspektive, Schroll, Vienna, 1938. E.H. Gombrich individua nei ponti visivi che Leonardo costruisce verso l'astrazione direttive per disegnare «non un particolare albero, ma un albero» (cfr. 12, pp. 154-156). In breve, le figure geometriche elaborate attraverso la prospettiva lineare sono interpretate come elementi di un ritorno neo-platonico agli universali. Ma Gombrich va ancora oltre. Egli ritiene che la matematica abbia contribuito a fare di Leonardo un vero creatore, ma (p. 97): «Il vanto di essere un creatore, un artefice di cose passò dal pittore all'ingegnere, lasciando all'artista la piccola consolazione di essere un artefice di sogni». In questa interpretazione, lo studio della matematica e della prospettiva limita la creatività di Leonardo. A nostro avviso è vero il contrario.

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1-4 - Visualisation of the aortic valve at different levels of abstraction 1- W 19116 v (ca 1508 - 1510), Windsor, Royal Library

2 - W 19117 v (ca 1508 - I510), Windsor, Royal Library

Visualizzazione della valvola aortica a -vari livelli di 3 - W 19116 v (ca 1508 - ISIO), Windsor, Royal Library

astrazione 4 - W 19117 v (ca 1508 - 1510), Windsor, Royal Library

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5-6 - Three dimensional versions of the Pythagorean theorem, Ar 283 v (I500-I505), London, British Museum Versioni tridimensionali del teorema di Pitagora, Ar 283 v (IS00-1505), London, British Museum

7-9 - Geometrical transformations using a lump of clay (CA 287 ra (ca I515), Milano Biblioteca Ambrosiana Trasformazioni geometriche eseguite utilizzando un blocco di creta (CA 287 ra (ca I515), Milano, Biblioteca Ambrosiana

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10 - Visualisation of concentration of power, Ar 279 r (1508), London, British Museum. Visualizzazione di concentrazione di forze, Ar 279 r (1508), London, British Museum

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11-12 - Visualisation of a pyramid of sound caused by a voice and a three-dimensiona! version alongside, CA 287 ra (ca 1515), Milano, Biblioteca Ambrosiana Visualizzazione della piramide del suono provocata da una voce e relativa versione tridimensionale, CA 287 ra (ca 1515), Milano, Biblioteca Ambrosiana

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13 - Three-dimensional pyramid, CA 290 ra (1505-1510), Milano, Biblioteca Ambrosiana Piramide tridimensionale, CA 290 ra (1508-1510), Milano, Biblioteca Ambrosiana 14 - Diagram from Edgar Allan Poe's Eureka Diagramma da Eureka di Edgar Allan Poe

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15-16 - A general drawing of arteries and a detail of a particular part, W 19114 v (ca 1506-1508), Windsor, Royal Library Rappresentazione generale delle arterie e disegno dettagliato di un particolare, W 191/4 v (ca 1506-1508), Windsor, Royal Library

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17-18 - Drawings of the lungs, W 19054 v (1489 - ca 1510), Windsor, Royal Library Disegni dei polmoni, W 19054 v (1489 - ca 1510), Windsor, Royal Librarv

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19-20 - Drawings of the arteries of the liver illustrating problem of focus, W 19051 v (1489 - ca 1510), Windsor, Royal Library Disegni delle arterie epatiche che illustrano il problema de/la messa a fuoco, W 19051 v (1489 - ca I510, Windsor, Royal Library

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21-25 - Series showing a man chopping, W 19149 v (ca 1508), Windsor, Royal Library Serie che mostra un uomo mentre spacca la legna, W 19149 v (ca l508), Windsor, Royal Library

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26-28 - A series showing the development of a foetus, W 19101 r (ca I510-I515), Windsor, Royal Library Serie che illustra lo sviluppo del feto, W 19101 r (ca I5101515), Windsor, Royal Library

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29-31 - A related series showing the foetus in the womb, W 19102 r (ca I510-I515), Windsor, Royal Library Altra serie che mostra il feto all'interno dell'utero, W 19102 r (ca I510-1515), Windsor, Royal Library

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32-34 - Examples of systematic shadow study showing the effects of 1, 2 and 3 light sources, CA 37 va (15081510), Milano, Biblioteca Ambrosiana Esempi di studio sistematico delle ombre, che illustrano gli effetti di I, 2 e 3 sorgenti luminose, CA 37 va (1508-I510), Milano, Biblioteca Ambrosiana

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35-37 - Further illustration of Leonardo's systematic visual approach involving two candles (a,b), CA 242 rc I508-ISIOJ, Milano, Biblioteca Ambrosiana Altri esempi che illustrano le indagini visive sistematiche di Leonardo con due candele (ab), CA 242 rc (1508-ISIO), Milano, Biblioteca Ambrosiana

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38 - Example showing drawings at different levels of abstraction, W 19116 - 19117 v (ca 1508-I510), Windsor, Royal Library Esempio di disegni a livelli diversi di astrazione, W 1911619117 v (ca 1508-1510), Windsor, Royal Library Note 1 Si veda, per esempio, SAMUEL EDGERTON Jr., The Renaissance Rediscovery of Linear Perspective, Basic Books, New York, 1975 2 MICHEL FOUCAULT, Les mots et les choses, Editions Gallimard, Paris, 1970. 3 KONRAD LORENZ, Behind the Mirror, Methuen, London, 1977 (trad. it. L'altra faccia dello specchio, Adelphi, Milano, 1977).

È abbastanza curioso che, praticamente, non si sia mai prestata alcuna attenzione alla storia complessa di come si è giunti a questa situazione. Già nel diciassettesimo se-colo si assiste, nella scienza, a una netta diramazione tra una strada principale (Galileo, Descartes, Huygens, Newton) e una strada popolare (per esempio, Ens, Bettini, Kircher, Schott, Ozanam, Milliet de Chales). Quelli che percorrono la prima si concentrano sulle formulazioni matematiche, quelli che scelgono l'altra continuano a interessarsi della visualizzazione di concetti quali la propagazione puntiforme delta luce o la diffusione dell'eco. Nel diciottesimo e nel diciannovesimo secolo questa strada più bassa, che pure porta alle enciclopedie, perde progressivamente di significato. Gli ideali della scienza si identificano ormai quasi esclusivamente con le vette della formulazione astratta.

4 Lord KENNETH CLARK, Civilisation: A Personal View, B.B.C. and Murray, London, 1969, p. 126.