1976-Lotus-Ceci Nest Pas Une Ville

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c c I" 6 c s E il A s d n u te S q' N til a dc E, ci' ur qi- "E ur il I sp ric do La ag co us so no pic pu di ! ore dis bre Eq All citt Qu esli 'im Analizzando la serie dei disegni di René Magritte Ceci n'est pas une pipe, Miche Foucault riconosce in essi una sorta di calligramma rovesciato su se stesso fmo all'autodistruzione. II calligramma vorrebbe cancellare le opposizioni della nostra tradizione alfabetica: mostra e nomina, raffigura e dice, imita e significa, alletta lo sguardo e invita alia lettura. Ma nel disegno di Magritte il teste del calligramma si rifiuta a tale gioco e riassume 11 suo luogo naturale. Esso è posto alla base della composizione: -'la ou il sort de support a 'image, ou il la nomme, I'explique, la décompose, l'insère dans la suite des textes et dans les pages dü livre. II redevient 'légende'. La forme, elle, remonte a son del dont la complicité des lettres avec I'espace I'avait fait un instant descendre: libre de toute attache discursive, elle va flotter a nouveau dans son silence natif "1. II calligramma vorrebbe annullare'la distanza fra i linguaggi, vorrebbe, con intenti apparentemente ludici, ricomporre le differenze tra i diversi "ordini del discorsi". II disegno di Magritte denuncia I'uto.pia insita in tale operazione. "Dans le calligramme jouaient I'un contre I'autre un 'ne pas dire encore' et un 'ne plus représenter'. Dans la Pipe de Magritte, e lieu d'oü naissent ces négations et Ie point OÜ elles s'appliquent sont tout a fait différents. Le 'ne pas dire encore' de la forme est retourné non pas exactement en une affirmation, mais en une double position; d'un cöté, en haut, la forme bien isse, bien visible, bien muette, et dont 'évidence laisse hautenaiment, ironiquement, dire au texte ce qu'il veut, n'importe quoi; et d'autre part, en bas, le texte, étalé selon sa loi intrinsèque, affirme sa propre autonomie a l'égard de ce qu'il nomme"2. La prima versione della Pipa di Magritte (1926) è, a suo modo, un montaggio in senso proprio, dotato, per di piü, di una spietata coerenza rispetto allatecnica dell'assemblaggio codificata dal volumetti futuristici di Chlébnikov, Kruëënych e Malevic (1913), dai fotomontaggi di Raoul Hausmann, o dal "montaggio delle attrazioni" di Ejzenstejn. II montaggio "da choc" delle avanguardle storiche, infatti, aveva battuto la strada che lo stesso Foucault ha definite öeW'eterotopia: ia dove 'utopia consola, aprendo "citta dai vasti viali", l'eterotopia inquieta, minando segretamente il linguaggio, "devastando anzi tempo la sintassi, e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma anche quella meno manifesta che fa 'tenere insieme' (a fianco e di fronte le une alle altre) le parole e le cose"3. Qui è il punto non colto da Foucault: la devastazione "segreta" del linguaggio è un sotterfugio per salvaguardare un principio di sintesi, in cui domini.una nuova solidarieta fra i frantumi dell'ordine scompigliato. Infatti, come un attente esame dei Ceci n'est pas une ville Manfredo Tafuri fotomontaggi dadaisti, di Paul Citroen o di Schwitters dimostra ampiamente, oggetti, immagini e segni sono sottoposti a una doppia operazione di isolamento e connessione. Mettiamo per un memento da parte il tema 6.%\\'estraneazione semantica formalistica, cui tale tecnica è chiaramente rapportata. Proviamo invece a seguire il destine di ognuno dei frammenti inseriti in un "Merz" o in un quadro "alogico" di Malevic o Puni. Per quel frammento, non v'è modo di entrare in relazione con le immagini che lo assalgono da presso che difendendosi da loro. La casualita dell'accostamento è certo — come è stato piü volte notato — metafora del "regolato caos" metropolitano. Ma le monadi costrette a scontrarsi tra loro in un collage hanno in comune un campo, un limite, che è quello stesso della tela o del foglio. Si scopre, cosi, che scopo del montaggio non è tanto mostrare l'isolamento tragico delle cose, quanto il movimento di "intériorisation-idéalisation-relève- sublimation" di cui paria Derrida4: la separazione (la disseminazione) è anche riconciliazione. La semiotica éeWAufiiebung domina la dialettica dell'avanguardia. La riappropriazione — il "sapere" — è neU'oscillazione costante fra separare e riconnettere, dominata dal principio dell'intreccio, sostituito a quello della linearita del discorso. "Noi crediamo — aveva gla scritto NietzscheS — che intelligere sia qualcosa di conciliante, di giusto, di buono, qualcosa di essenzialmente contrapposto alle pulsioni, mentre esse è soltanto un certo rapporto delle pulsioni tra di loro". Nelle "avanguardie negative", quel "certo rapporto" è fatto di simultaneita e di bombardamenti informal!, che hanno uno scopo precise: presentare la "materia" di per se stessa, prima che essa si coaguli in un'immagine, come contenuto rimosso di rappresentazioni o pensieri. Ma la negazione non è forse — con Freud — un "modo di prendere conoscenza del rimosso" ? Ne consegue che il collage è, insieme, manifestazione di una negazione e intreccio fra pulsioni soggettive e reali. Ciö che lega i frammenti del collage è l'atto volontario delI'assoc/az/oAïe, anche se si tratta di un'associazione che non fa ancora i conti con i propri condizionamenti. Riandiamo alle origini del collage: al "Capriccio" settecentesco. Da un lato, le ricostruzioni immaginarie di una Venezia inesistente da parte del Canaletto; dall'altro, i quattro "Capricci" e le "Carceri" piranesiane. La "chiarezza" del Canaletto è altrettanto distruttiva delle distorsioni formali o del "furor" spaziale di Piranesi. L'alterazione compiuta sul contesto urbano di Venezia paria infatti della profonda realta di tale citta, alla meta del XVIll secoio: l'essere divenuta organisme talmente privo di interne ragioni 10

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article by Manfredo Tafuri on Foucault's analysis of Magritte's painting

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Anal izzando la serie dei disegni di René Magritte Ceci n'est pas une pipe, Miche Foucault r iconosce in essi una sorta di cal l igramma rovesciato su se stesso fmo al l 'autodistruzione. II cal l igramma vorrebbe cancellare le opposizioni della nostra tradizione alfabet ica: mostra e nomina, raff igura e dice, imita e signif ica, alletta lo sguardo e invita alia lettura. Ma nel disegno di Magritte il teste del cal l igramma si rif iuta a tale gioco e r iassume 11 suo luogo naturale. Esso è posto alla base della composiz ione: -'la ou il sort de support a ' image, ou il la nomme, I'explique, la décompose, l ' insère dans la suite des textes et dans les pages dü livre. II redevient ' légende'. La forme, elle, remonte a son de l dont la complici té des lettres avec I'espace I'avait fait un instant descendre: libre de toute attache discursive, elle va f lotter a nouveau dans son silence nat i f "1. II cal l igramma vorrebbe annul lare' la distanza fra i l inguaggi, vorrebbe, con intenti apparentemente ludici , r icomporre le differenze tra i diversi "ord in i del d iscors i " . II disegno di Magritte denuncia I'uto.pia insita in tale operazione. "Dans le cal l igramme jouaient I'un contre I'autre un 'ne pas dire encore' et un 'ne plus représenter'. Dans la Pipe de Magritte, e lieu d'oü naissent ces négations et Ie point OÜ elles s 'appl iquent sont tout a fait dif férents. Le 'ne pas dire encore' de la forme est retourné non pas exactement en une af f i rmat ion, mais en une double pos i t ion ; d'un cöté, en haut, la forme bien isse, bien visible, bien muette, et dont 'évidence laisse hautenaiment,

i roniquement, dire au texte ce qu'i l veut, n' importe quo i ; et d'autre part, en bas, le texte, étalé selon sa loi intr insèque, aff irme sa propre autonomie a l'égard de ce qu'i l nomme"2.

La pr ima versione della Pipa di Magritte (1926) è, a suo modo, un montaggio in senso propr io, dotato, per di piü, di una spietata coerenza rispetto a l la tecn ica del l 'assemblaggio codif icata dal volumett i futur ist ic i di Chlébnikov, Kruëënych e Malevic (1913), dai fo tomontaggi di Raoul Hausmann, o dal "montagg io delle at t razioni" di Ejzenstejn. II montaggio "da choc" delle avanguardle storiche, infatt i , aveva battuto la strada che lo stesso Foucault ha definite öeW'eterotopia: ia dove 'utopia consola, aprendo "c i t ta dai vasti

v ia l i " , l 'eterotopia inquieta, minando segretamente il l inguaggio, "devastando anzi tempo la sintassi, e non soltanto quella che costruisce le frasi , ma anche quella meno manifesta che fa 'tenere insieme' (a f ianco e di f ronte le une alle altre) le parole e le cose"3. Qui è il punto non colto da Foucault : la devastazione "segre ta" del l inguaggio è un sotterfugio per salvaguardare un pr incipio di sintesi, in cui domini .una nuova solidarieta fra i f rantumi del l 'ordine scompigl iato. Infatt i , come un attente esame dei

Ceci n'est pas une ville Manfredo Tafuri

fo tomontaggi dadaist i , di Paul Citroen o di Schwit ters dimostra ampiamente, oggett i , immagini e segni sono sottopost i a una doppia operazione di isolamento e connessione. Mettiamo per un memento da parte il tema 6.%\\'estraneazione semantica formal ist ica, cui tale tecnica è chiaramente rapportata. Proviamo invece a seguire il dest ine di ognuno dei f ramment i inserit i in un "Merz " o in un quadro "a log i co " di Malevic o Puni. Per quel f rammento, non v'è modo di entrare in relazione con le immagini che lo assalgono da presso che di fendendosi da loro. La casualita del l 'accostamento è certo — come è stato piü volte notato — metafora del " regolato caos" metropol i tano. Ma le monadi costrette a scontrarsi tra loro in un collage hanno in comune un campo, un l imite, che è quello stesso della tela o del fogl io. Si scopre, cosi , che scopo del montaggio non è tanto mostrare l ' isolamento tragico delle cose, quanto il movimento di " intér ior isat ion- idéal isat ion-relève-sub l imat ion" di cui paria Derrida4: la separazione (la disseminazione) è anche r iconci l iazione. La semiot ica éeWAufiiebung domina la dialett ica del l 'avanguardia. La r iappropriazione — il " sapere" — è neU'oscillazione costante fra separare e r iconnettere, dominata dal pr incipio del l ' intreccio, sost i tui to a quello della linearita del d iscorso. "No i crediamo — aveva gla scrit to NietzscheS — che intelligere sia qualcosa di conci l iante, di g iusto, di buono, qualcosa di essenzialmente contrapposto alle puls ioni , mentre esse è soltanto un certo rapporto delle pulsioni tra di loro". Nelle "avanguardie negative", quel "cer to rappor to" è fatto di simultaneita e di bombardament i informal!, che hanno uno scopo precise: presentare la "mater ia " di per se stessa, prima che essa si coaguli in un' immagine, come contenuto r imosso di rappresentazioni o pensieri . Ma la negazione non è forse — con Freud — un " m o d o di prendere conoscenza del r imosso" ?

Ne consegue che il collage è, insieme, manifestazione di una negazione e intreccio fra pulsioni soggett ive e reali. Ciö che lega i f ramment i del collage è l'atto volontar io delI'assoc/az/oAïe, anche se si tratta di un'associazione che non fa ancora i conti con i propri condiz ionament i . Riandiamo alle origini del col lage: al "Capr i cc io " settecentesco. Da un lato, le r icostruzioni immaginarie di una Venezia inesistente da parte del Canaletto; dal l 'al tro, i quattro "Capr i cc i " e le "Carce r i " piranesiane. La "chiarezza" del Canaletto è altrettanto distrutt iva delle distorsioni formal i o del " f u ro r " spaziale di Piranesi. L'alterazione compiuta sul contesto urbano di Venezia paria infatti della profonda realta di tale citta, alla meta del XVI l l secoio: l'essere divenuta organisme talmente privo di interne ragioni

Analysing René IVJagritte's senes of Zwings Ceci n'est pas une pipe, M.chel Foucault recognizes intiiem a sort of '^caiiiaramme" reversed on to itself to the plTofself-^^^^^^^ /Q Rnnarenilv intended to delete the opZ's7onsofour alphabetical tradition. It shows and it names, depicts and says, Imitates and signifies, entices one's eyes and invites them to read. But in Magritte s drawing the writing in the calligramme reiects this game and reassumes its nitural place. It is in fact set at the base of^ the composition: "la ou il sert de support a i'image, ou il la nomme, I'explique la décompose, rinsere dans la suite des textes et dans les pages du livre. II redevient 'léqende'. La forme, elle, remonte a son ciel dont la complicité des lettres avec i'espace I'avait fait un instant descendre: libre de toute attache discursive, elle va fiotter a nouveau dans son silence natif ".^ The calligramme would appear to be intended to abolish the distance between languages and, with seemingly lucid intent, to recompose the differences between the different "ordres des discours". Magritte's drawing reveals the inherent utopia of this operation. "Dans le calligramme jouaient I'un contre I'autre un 'ne pas dire encore' et un 'ne plus représenter'. Dans la Pipe de Magritte, le lieu d'oü naissent ces négations et le point ou elles s'appliquent sont tout a fait différents. Le 'ne pas dire encore' de la forme est retourné non pas exactement en une affirmation, mais en une double position: d'un cöté, en haut, la forme bien lissé, bien visible, bien muette, et dont i'évidence laisse hautenaiment, ironiquement, dire au texte ce qu'il veut, n'importe quoi; et d'autre part, en bas, le texte, étalé selon sa loi intrinsèque, affirme sa propre autonomie a l'égard de ce qu'il nomme".^ The first version of Magritte's Pipe (1926) is in its way strictly a montage, endowed, moreover, with a ruthless consistency towards the assemblage technique coded in the little futurist volumes by Chléblikov, Krucënych and Malevic (1913), by Raoul IHausmann's photomontages, or by Ejzenstejn's "montage of attractions". The "shock" montage carried out by the historical avant-gardes had, in fact, paved the way which Foucault himself has defined as heteropy. By opening up "cities with broad avenues", the utopia consoles the uneasy heteropy, secretly undermining language "by devastating syntax in advance, and not only the syntax that constructs sentences but also the less manifest syi^itax which 'holds together' words and thhigs (side by side and in front of each other)".3 The point not seized by Foucault is this: that the "secret" devastation of language is a subterfuge for safeguarding a principle of synthesis in which a new solidarity rules among the fragments of order disordered.

In fact, as a careful examination of dadaist photomontages, by Paul Citroën or Schwitters, will amply prove, obiect, image and sign are subjected to both isolation and connexion. Putting on one side for a moment the theme of formalist semantic estrangement to which that technique is clearly related, we shall try instead to follow up the destinies of each fragment inserted in a "Merz" or in an "a-logical" painting by Malevic or Puni. For that fragment the only way of entering into a relation with the images that assail it from close-up is to defend itself from them. The random quality of this juxtapositioning is certainly—as has been noted on several occasions—a metaphor for metropolitan "regulated chaos". But the monads compelled to clash with one another in a collage have in common a field, a limit, which is the same as that ofthe canvas or the sheet of paper. In this way it is discovered that the purpose ofthe montage is not so much to show the tragic isolation of ih\r\QS, as the movement of"intériorisation-idéalisation-reiève-sublimation" referred to by Derrida^: the separation (dissemination) is also reconciliation. The Au fhebung semeiotics dominate the avant-garde dialectics. Reappropriation—"knowledge"—lies in the constant oscillation between separating and joining together—as a substitute for that of the linearity of speech. "We believe", Nietzsche had already written,^ "that to comprehend is something reconciling, right and good, something essentially opposed to pulsions, whilst It is only a certain ratio of puls ions to one another" . In the "negative avant-gardes", that "certain ratio" is made of simultaneity and informal bombardments that have a clear purpose: to present the "matter" as it is in itself before being congealed into an image, as the removed contents of representations or thoughts. But is the negation not perhaps— as Freud says—a "way of achieving awareness of the removed" ? It follows that the collage is at once the manifestation of a negation and an interweaving of subjective pulsions and reality. What binds the fragments ofthe collage together is the voluntary act of associat ion, even if that association does not yet come to terms with its own conditionings. Let us return to the origins ofthe collage: to the eighteenth century Capriccio. On the one hand we have the imaginary reconstructions by Canaletto of a non­existent Venice; and on the other, the four Capricci and the Carceri by Piranesi. Canaletto's "clearness" is as destructive as Piranesi's formal distortions or spatial "furore". The alteration of the urban context of Venice indeed speaks of the profound truth of that city in the middle ofthe eighteenth century; of its having become an organism so devoid of internal economic

reasons for existe open to the most Consequently Ca rebuilds, starting objects such as t His "determined emphasizes a col Piranesi's Carce for if the experiei into its own oppc emptiness, or of space—the wand of hollow spaces ofthe infinitesin freedom from ut metaphor coinec we may define P who throws ligh concealed in the language of "fin So there are twc the poetics of hi Piranesi. But wl that there are "invitation to in represented in t the fruit of a su well known thai vedute—espec/'c explicit advertis exclusive touris coded the muse cities reduced t\ settings. Excepi Canaletto and f complete and n accumulation o on his travels n adventure he si not have limits without end, ai there can be n traveller "reiur Venice? Or fro> dimensions an wandering wiil Carceri ? By ii leads to an intt reconcile the b once he has "i But if space ar "problems", ai construction, t the way backw Wishing to ob and time discc was to propos "travel", the ii The eighteent makes it clear represented in to be multiplii the collector I with volumes a hermetic an to go on griev labyrinth of h conscious of. his own homi

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fo tomontaggi dadaist i , di Paul Citroën o di Schwit ters dimostra ampiamente, oggett i , immagini e segni sono sottopost i a una doppia operazione di isolamento e connessione. Mettiamo per un memento da parte il tema deW'estraneazione semantica formal ist ica, cui tale tecnica è chiaramente rapportata. Proviamo invece a seguire i dest ine di ognuno dei f ramment i inserit i in un "Merz " o in un quadro "a log i co " di Malevic o Puni. Per quel f rammento, non v'è modo di entrare in relazione con le immagini che lo assalgono da presso che di fendendosi da loro. La casualita deH'accostamento è certo — come è stato piü volte notato — metafora del " regolato caos " metropol i tano. Ma le monadi costrette a scontrarsi tra loro in un collage hanno in comune un campo, un l imite, che è quello stesso della tela o del fogl io. Si scopre, cosi , che scopo del montaggio non è tanto mostrare l ' isolamento tragico delle cose, quanto il movimento di " intér ior isat ion- idéal lsat ion-relève-sub l imat lon" di cui parla Derr ida^: la separazione (la disseminazione) è anche r iconci l iazione. La semiotica deWAufhebung domina la dialett ica deH'avanguardia. La r iappropriazione — 1 "sapere" — è neirosci l lazione costante fra separare e riconnettere, dominata da pr incipio deH'intreccio, sost i tui to a quello della l inearita del d iscorso. "No i crediamo — aveva gia scritto NietzscheS — che

intelligere sia qualcosa di conci l iante, di g iusto, di buono, qualcosa di essenzialmente contrapposto alle puls ioni , mentre esso è soltanto un certo rapporto delle pulsioni tra di loro". Nelle "avanguardie negative", quel "cer to rappor to" è fatto di simultaneita e di bombardament i informal i , che hanno uno scopo precise: presentare la "mater ia" di per se stessa, prima che essa si coaguli in un' immagine, come contenuto r imosso di rappresentazioni o pensieri. Ma la negazione non è forse — con Freud — un " m o d o di prendere conoscenza del r imosso "? Ne consegue che il collage è, insieme, manifestazione di una negazionee intreccio fra pulsioni soggettive e reali. Cio che lega i f ramment i del collage è l'atto volontario óeW'associazione, anche se si tratta di un'associazione che non fa ancora 1 conti con i propri condiz ionament i , Riandiamo alle origini del col lage: al "Cap r i cc io " settecentesco. Da un lato, le r icostruzioni immaginarie di una Venezia inesistente da parte del Canaletto; dal l 'altro, I quattro "Cap r i cc i " e le "Carce r i " piranesiane. La "chiarezza" de Canaletto è altrettanto distrutt iva delle d istors ioni formal i o del " f u ro r " spaziale di Piranesi. L'alterazione compiuta su contesto urbano dl Venezia parla infatti della profonda realta di tale citta, alia meta del XVI l l sëcolo: l'essere divenuta organisme talmente privo di interne ragioni

Analysing René Magritte's series of drawings, Ceci n'est pas une pipe, Michel Foucault recognizes in them a sort of "calligramme" reversed on to itself to the point of self-destruction. The "calligramme" is apparently intended to delete the oppositions of our alphabetical tradition. It shows and it names, depicts and says, imitates and signifies, entices one's eyes and invites them to read. But in Magritte's drawing the writing in the calligramme rejects this game and reassumes its natural place. It is in fact set at the base of the composition: "la ou il sert de support a I'image, ou ii la nomme, I'explique, la décompose, l'insère dans la suite des textes et dans Ies pages du livre. II redevient 'légende'. La forme, elle, remonte a son cie! dont la complicité des lettres avec I'espace I'avait fait un instant descendre: libre de toute attache discursive, elle va flotter a nouveau dans son silence natif ".'^ The calligramme would appear to be intended to abolish the distance between languages and, with seemingly lucid intent, to recompose the differences between the different "ordres des discours". Magritte's drawing reveals the inherent utopia of this operation. "Dans le calligramme jouaient Tun contre Tautre un 'ne pas dire encore' et un 'ne plus représenter'. Dans la Pipe de Magritte, le lieu d'oü naissent ces négations et le point oü elles s'appliquent sont tout a fait différents. Le 'ne pas dire encore' de la forme est retourné non pas exactement en une affrmation, mais en une double position: d'un cóté, en haut, la forme bien lissé, bien visible, bien muette, et dont i'évidence laisse hautenaiment, ironiquement, dire au texte ce qu'il veut, n'importe quoi; et d'autre part, en bas, le texte, étalé selon sa loi intrinsèque, affirme sa propre autonomie a l'égard de ce qu'il nomme "2

The frst version of Magritte's Pipe (1926) is in its way strictly a montage, endowed, moreover, with a ruthless consistency towards the assemblage technique coded in the little futurist vplumes by Chléblikov, Krucënych and Malevic (1913), by Raoul Hausmann's photomontages, or by Ejzenstejn's "montage of attractions". The "shock" montage carried out by the historical avant-gardes had, in fact, paved the way which Foucault himself has defined as heteropy. By opening up "cities with broad avenues", the utopia consoles the uneasy heteropy, secretly undermining language "by devastating syntax in advance, and not only the syntax that constructs sentences but also the less manifest syntax which 'holds together' words and things (side by side and in front of each other)".^ The point not seized by Foucault is this: that the "secret" devastation of language is a subterfuge for safeguarding a principle of synthesis in which a new solidarity rules among the fragments of order disordered.

In fact, as a careful examination of dadaist photomontages, by Paul Citroën or Schwitters, will amply prove, obiect, image and sign are subjected to both isolation and connexion. Putting on one side for a moment the theme of formalist semantic estrangement to which that technique is clearly related, we shall try instead to follow up the destinies of each fragment inserted in a "Merz" or in an "a-logical" painting by Malevic or Puni. For that fragment the only way of entering into a relation with the images that assail it from close-up is to defend itself from them. The random quality of this juxtapositioning is certainly—as has been noted on several occasions—a metaphor for metropolitan "regulated chaos". But the monads compelled to clash with one another in a collage have in common a field, a limit, which is the same as that ofthe canvas or the sheet of paper.

In this way it is discovered that the purpose of the montage is not so much to show the tragic isolation of things, as the movement of "intériorisation-idéalisation-relève-sublimation" referred to by Derrida^: the separation (dissemination) is also reconciliation. The Au fhebung semeiotics dominate the avant-garde dialectics. Reappropriation—"knowledge"—lies in the constant oscillation between separating and Joining together—as a substitute for that of the linearity of speech. "We believe", Nietzsche had already written,^ "that to comprehend is something reconciling, right and good, something essentially opposed to pulsions, whilst it is only a-certain ratio of puls ions to one another" , in the "negative avant-gardes", that "certain ratio" is made of simultaneity and informal bombardments that have a clear purpose: to present the "matter" as it is in itself, before being congealed into an image, as the removed contents of representations or thoughts. But is the negation not perhaps— as Freud says—a "way of achieving awareness ofthe removed"? It follows that the collage is at once the manifestation of a negation and an interweaving of subjective pulsions and reality. What binds the fragments ofthe collage together is the voluntary act of associat ion, even if that association does not yet come to terms with its own conditionings.

Let us return to the origins of the collage: to the eighteenth century Capr iccio, On the one hand we have the imaginary reconstructions by Canaletto of a non­existent Venice; and on the other, the four Capricci and the Carceri by Piranesi^ Canaletto's "clearness" is as destructive as Piranesi's formal distortions or spatial "furore". The alteration of the urban context of Venice indeed speaks ofthe profound truth of that city in the middle ofthe eighteenth century; of its having become an organism so devoid of internal economic

reasons for existence as to appear absolutely open to the most devastating manipulations. Consequently Canaletto dismantles and rebuilds, starting from "anti-Venetian" objects such as the architecture of Palladio. His "determined negation" seizes and emphasizes a collective removal. But Piranesi's Carceri also stress a removal, for if the experience of space can be turned into its own opposite—the experience of emptiness, or ofthe limit which wipes out space—the wandering through the labyrinth of hollow spaces endlessly multiplied speaks of the infinitesimal interstice that separates freedom from utter constraint. Using the metaphor coined by Klossowsky for Sade, we may define Piranesi as an "evil architect" who throws light upon the hypocrisy concealed in the rigour (censorship) of the language of "finite forms".

So there are two different ways of declining the poetics of heteropy in Canaletto and Piranesi. But what is more important is that there are two different types of "invitation to travel". To be sure, the travel represented in the fantasies of Canaletto is the fruit of a sublimation. But it is all too well known that the eighteenth century veöuXe—especially those of Piranesi—were explicit advertising material employed for an exclusive tourism which, in the Grand Tour, coded the museum-like function of Italian cities reduced to unproductive stage¬settings. Except, however, that both Canaletto and Piranesi want the tour to be complete and not limited to a hedonistic accumulation of sensations. The traveller on his travels must be conscious that the adventure he seeks, if it is to be total, must not have limits, that it should be pursued without end, and that f rom his journey there can be no return. How indeed can the traveller "return" from a non-existent Venice? Or from a Rome emphasized in its dimensions and compared with the wandering without rest in the maze ofthe . Carceri ? By its very nature the Journey leads to an intellectual montage; it can reconcile the traveller with space and time, once he has "returned home". But if space and time are presented as "problems", as acts of subjective construction, once the journey has begun the way backwards is a renunciatory choice. Wishing to obliterate the relativism of space and time discovered by Kant, Schopenhauer was to propose the renunciation of all "travel", the immobile state of the Nirvana. The eighteenth century Capriccio therefore makes it clear that the chain of associations represented in the painting or engraving is to be multiplied, not restricted. At the most, the collector having returned to his London with volumes of Piranesi and fragments of a hermetic antiquity was to feel compelled to go on grievously wandering through the labyrinth of history. John Soane was conscious of this when he reproduced in his own home a "prison" teeming with

archeological shreds reduced to th ings. We may as well now go back to reconsider the montages carried out by the historical avant-garde movements. By separating and associating, they too represent "journeys" in the form of metaphor, by inviting the spectator to penetrate the labyrinth of objects. But it is quite clear that no deflnable goal exists. Duchamp was to be very well aware that the riddles submitted by him to the observer are deceptive as to the possibilities of their being univocally solved. The journey is closed within itself; the deception is an obligation to realize that comprehending consists only in unremittingly breaking up the logical chain of significations, since every fragment is truth and lies, revealing and concealing. In order to act, it will be necessary to abandon all "tourist adventures". The profound difference between things and their names —their appearances—is cruelly suggested as an ultimate truth. Besides, does not the collage—and not only those in painting but also the Kinoglaz by Dziga Vertov—perhaps contain a utopia? By estranging images and words, do they not present as a suppressed possibility a (dialectic and certain) recovery between sign and meaning? Is it by chance that we move on from Huelsenbeck's "anarchic" collage uninterruptedly to John Heartf eld's "political" one, to Lisicky's and Rodcenko's "propaganda" and to the trade advertising of Moholy-Nagy and Max Bill? Are not the television commercial signature tunes maybe finished realizations of the pure sign montage in Richter's and Eggeling's abstract films?

At this point Magritte's Pipe reveals the ideology hidden in the assembly of "many languages" contained in the negative avant-gardes. Every sign is only itself, and the chain of associations is invited to come out of the limits of the work and to immerse itself in the space of real experience. Schwitters himself, in a meaningful and heterodox Merzzeichnung, upsets the Concordia discors of his own "universes of affection". A thick black cross divides the surface of the page into four. In the squares thus created Schwitters inserts compositions in his own manner and in the manner of Mondrian, Kandinsky and Moholy-Nagy. In order to prevent misunderstandings, in the white rectangle placed in the centre ofthe cross appear the names of the four artists. (A fifth is also present, though not mentioned: the Malevic of the mystic crosses.) In this way the avant-garde idioms are incapsulated and constrained in their autonomy; they have the same value as the estranged objects by whose reality they are portrayed and which they reflect through the indirect aid of introspection or of technological metaphor. No "road" and no "bridge" links them any more. The same result had been reached by Mies van der

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economiche, da risultare completamente disponibi le alle piü devastanti manipolazioni. Di conseguenza, il Canaletto smonta e r icostruisce, a partire da oggetti "ant iveneziani" , come le architetture di Palladio. La sua è una "negazione determinata", che accoglie ed evidenzia una r imozione collettiva. Ma anche le "Carce r i " piranesiane evidenziano una r imozione: se l 'esperienza dello spazio puó rovesciarsi nel suo contrarie — 'esperienza del vuote, o del l imite che

annulla lo spazio — il vagare nel labir into di cavita che si molt ipl icano al l ' inf ini to paria del l ' interst lzio inf ini tesimale che separa la liberta dalla piü totale costr iz ione. Usando la metafora coniata da Klossov\/ski per Sade, potremo definire Piranesi un "archi tet to scel lerato", che mette in luce l ' ipocrisia che si cela nel rigore (nelle censure) del l inguaggio delle " forme finite".

Due diversi modi di declinare la poëtica dell'e/ero/op/a, dunque, nel Canaletto e in Piranesi. Ma, ciö che è piü importante, due diversi t ipi di " invi to al v iaggio" . Certo, il viaggio rappresentato nelle fantasie de Canaletto è frut to di una subl imazione: ma è sin t roppo noto quanto le "vedu te " settecentesche — ln primis quelle piranesiane — fossero esplicit i materiali pubblicitari per un tur ismo di élite, che nei Grands Tours codif icava la funzione museograf ica delle citta itallane ridotte a improdutt ive parate scenograf iche. Solo, che sia il Canaletto che il Piranesi vogl iono che il viaggio sia complete : che non si l imiti a un'edonist ica accumulazione di sensazioni. Nel viaggio, bisogna essere coscienti che l'avventura cercata, per risultare totale, non deve avere l imit i , che essa va proseguita al l ' lnf inito, che da essa non si puó far ritorno. Ed infat t i : come " to rnare" da una Venezia inesistente? Come da una Roma enfatizzata nelle sue dimensioni e confrontata con il vagare senza posa nel dedalo delle "Carce r i "? Per sua natura, il viaggio conduce a un "mon tagg io " intel lettuale: esso puö riappacif icare il viaggiatore con lo spazio e il tempo, una volta " tornato a casa". Ma se spazio e tempo sono presentati come "p rob lemi " , come atti di costruzione soggettiva, una volta Iniziato il viaggio, i percorso a ri troso è scelta r inunciataria. Volendo annullare II relativisme dello spazio e del tempo scoperto da Kant, Schopenhauer proporra la r inuncia a ogni "v iagg io" , Timmobi l ismo del Nirvana. II "Capr i cc io " settecentesco rende quindi evidente che la catena delle associazioni rappresentato nel quadro o nel l ' incisione va molt ipl icata, non bloccata. A l l imite, i col lezionista tornato nella sua Londra con i volumi del Piranesi e i f ramment i di un'ant ichita ermetica dovra sentirsi costretto a cont inuare angosciosamente i percorso nel lal^irinto della stor ia: John Soane ne sara cosciente, r iproducendo

nella propria casa una "p r ig ione" pullulante di lacerti archeologie! ridotti a cose. Torn iamo pure, ora, a r iconsiderare i montaggi delle avanguardie storiche. Separando e associando, anche essi rappresentano sotto metafora dei "v iagg i " , invitando a penetrare nel labirinto degli oggett i . Ma ora è ben chiaro che non esiste meta defmibi le. Duchamp sara ben coscente che i rebus da lui sottopost i aH'osservatore ingannano sulla possibi l i ta di scioglieri i in modo univoco: il viaggio si chiude in se stesso; l ' inganno obbliga a realizzare che Vinteiligere consiste solo ne frantumare senza posa la catena logica dei signif icat i , poiché ogni f rammento è verita e menzogna, rivela e nasconde. Per agire, sara necessario abbandonare ogni "avventura tur is t ica" . La profonda differenza fra le cose e i loro nomi — le oro apparenze — è crudelmente offerta

come ultima realta. D'altronde, il collage — e non solo quelli pi t tor ici , ma anche ! Kinoglaz di Dziga Vertov — non contiene forse un 'utopia? Estraniando immagini e parole, non presentano forse come possibi l i ta sottaciuta il recupero (dialettico, certo) fra segno e s igni f icato? È forse casuale che dal collage "anarch ico" di Huelsenbeck si passi, senza soluzioni di cont inuita, a collage "po l i t i co " di John Heartf ield, alla "p ropaganda" di Lisickij e Rodcen o alla pubbl ici ta merceologica di Moholy-Nagy e Max Bill ? Le sigle dei "Carose l l i " televisivi non sono per caso compiute realizzazioni del puro montaggio segnico dei film astratti di Richter e Eggel ing? La Pipe di Magritte, a questo punto, rivela r ideologia nascosta nel l 'assemblaggio dei "moi t i l i nguagg i " contenuta nelle avanguardie negative. Ogni segno è solo se stesso, e la catena delle associazioni è invitata a uscire dai l imiti dell 'opera, a calarsi nello spazio dell 'esperienza reale. Lo stesso Schv^/itters, in un signif icative ed eterodosso Merzzeichnung, mette in crisi la concordia discors dei propri "univers! di af fezione". Una spessa croce nera divide in quattro la superf icie del fog l io : nei r iquadri cosi ricavati Schwit ters inserisce composiz ioni "a la manière" di se stesso, di Mondrian, dl Kandinsky, di Moholy-Nagy. Perché non sussistano equivoci, ne rettangolo bianco posto al centro della croce appaiono i nomi dei quattro art ist i . (Un quinto è presente, anche se non ci tato: il Malevic delle croci mistiche.) I l inguaggi dell 'avanguardia vengono in tal modo incapsulat i , costrett i nella loro autonomia: essi valgono allo stesso modo degli oggetti estraniati dalla cui realta si r i traggono e che rif lettono tramlte la medjazlone del l ' introspezione o della metafora tecnologica. Nessuna "s t rada" e nessun " p o n t e " li collega p iü ; al medesimo risultato era giunto Mies van der Rohe ne suo progetto per 1'Alexanderplatz di

Berl ino. Le barrière che si f rappongono fra i l inguaggi e le cose possono essere superati solo da " s a l t i " ; si tratta di un gioco da equi l ibr ist i , come r iconoscera ucidamente Le Corbusier negl! ultimi

anni della sua attivita. Ma ciö signif ica che le promesse contenute negli " invit i al v iaggio" provenienti dalla tecnica del montaggio erano caduche. A d esse si sost i tuisce — nel Surreal isme, ad esempio — a dissoluzione del soggetto e del l 'oggetto nell 'esperienza interiore dei r impossib i le , nel deslderio privo di oggetto, puro : ma Bataille dovra r iconoscere che "deci f rando 1'indecifrabile" egll non potra che giungere alla necessita di nascondere ció che rivela, "al l 'evidenza delle lacr ime".

Tali considerazioni entrano solo ln tangenza con l 'operazione compiuta da A ldo Rossi nel presentare alla Biënnale di Venezia 1976 il suo montaggio urbano, metafora grafica della sua teoria della "c i t ta analoga". Rossi ci aveva del resto gla abituati a valutare come macchine formal i autonome disegni basati sulla manipolazione combinator ia di luoghi reali e ideali. Pensiero analogico come pensiero arcaico esprimibi le solo attraverso immagini destor icizzate? E perché, ora, tale ulteriore proposta di un it inerario nel dedalo di un sogno urbano in cui il f rammento di un trattato r inascimentale vale un progetto settecentesco o uno ross iano? Anche per la "c i t ta analoga" di Rossi non esiste " l u o g o " . A l di sotto della composiz ione potrebbe ben figurare la scritta, vergata con call igrafia infanti le, "ceci n'est pas une ville". Non rimane che seguire il gioco proposte dal l 'architetto, addentrandoci nella decifrazione e nel r iconoscimento degli elementi del suo puzzle. Come registrazione di viaggi disincantat i nella memoria, i montaggi di A ldo Rossi r innovano il desiderio di un abbraccio ecumenico con la realta sognata. Eppure, tale volonta di comprendere ' intero reale — oggetto e soggetto, storia e memoria, citta come struttura e citta come mito — esprime di per sé lo stato d'animo che Michelstaedter defini " l 'ansia della bestia persegui tata". II " ronz io co lossale" proveniente dalla macchina sociale " che cigola in tutte le sue connessure.. . ma non si sfascia (poiché) è questo il suo modo d'essere e non c'è mutamento per questa nebbia"6, provoca, nel l ' inter locutore del Dialogo sulla salute, scr i t to da Michelstaedter nel 1910, il t ragico interrogat ive: " come rompere questa nebbia maledet ta"? La r isposta offerta dallo scri t tore tr iest ino è lapidaria e non concede alternative né al flaneur distaccato, i l luso di potersi atteggiare a "nuovo Baudelaire", né a chi vorrebbe "sa lvars i " facendo oggetto del proprio voyeurisme il fiusso delle proprie associazioni mentali. "L ' in tend i? La via non

è piü 'via', poiché le vie e i modi sono 'eterno fluire e urtarsi delle cose che

sono e non sono. Ma la salute è di quello che in mezzo a queste 'consis te ' ; che il proprio bisogno, la propria fame lascia fluire attraverso a sé, e 'consis te ' ; che se mille braccia l 'afferrino e con sé lo vogl iano trascinare, 'consiste ' , e per la propria fermezza rende gli altri fermi. Non la niente da difendere dagli altri e niente da chiedere a loro, poiché per lui non c'è future, ché nulla 'aspetta' " 7 . I " cons is te re " è quindi elevato a s imbolo

di contemplazione del do lore: il corso del reale non è mutabile, ma in tale sofferenza accettata, in tale negazione di alternative ideologiche, vive // dovere della consapevolezza. Di tale "dovere" — espressione massima del l ' introspezione al to-borghese — parlano, nell 'architettura del nostro secoio, solo il Loos del Caffé Nihi l ismus e il Mies del silenzio che r ispecchia unicamente se stesso. Tale strada esclude qualsiasi "v iagg io " ulteriore. Perché imboccare la "v ia che non è piü v ia" , se ció non conduce che a i rautodescr iz ione?8 Se la " luc id i ta del disegno — come ha scrit to A ldo Rossi9 — è sempre e solo la lucidta del pensiero" , per le inquietanti eterotopie che "spezzano^ e aggrovigl iano i nomi c o m u n i " non v'è piü spazio. Rossi, nella sua allegoria della "c i t ta analoga", tenta un'operazione magica: unire a un'essiccata nostalgia la dichiarazione del proprio "cons is te re" . Trieste e una donna egli intitolava nel '74 il propr io progetto per il Palazzo della Ragione di Trieste, ci tando espl ici tamente i momenti della citta fermati da Umberto Saba. Ma la Trieste di Saba era gia stata posta in crisi da Svevo. La " d o n n a " di Rossi è la Ang io l ina che Emilio si crea come menzogna in "Senilita". In tal senso, il " cons is te re" di Rossi è, contraddit tor iamente, alla disperata ricerca di un " l u o g o " in cui depositare la propria " fermezza" . Che tale luogo sia il labir into delle "bel lezze mol te" raccolte in un montaggio ideale ha un signif icato ugualmente contraddi t tor io : esso indica i b isogno di un pubbl ico cui "chiedere qualcosa" , da cui "aspet ta rs i " r isposte. E necessario ricollocare al giusto posto i ruoli rec iproc i : a chi ricerca una " fermezza" consapevole ma vuole a tutt i i costi sollecitare assensi è doveroso non r ispondere. II tacere della crit ica signif ica, in tal caso, rifiutare la fragil i ta del poeta che enuncia, coram populo, il desiderio di stendersi , di f ronte al " s u o " pubbl ico, su un consolator io divanetto f reudiano.

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Roiie in his project for the Alexanderplatz in Berlin. The barriers set up between languages and things can be overcome only by "leaps". It is a game for tightrope-walkers, as Le Corbusier was to recognize lucidly towards the end of his career. But that means that the promises contained in the "invitations to travel" coming from the montage technique were ill-fulfilled. They are replaced —in Surrealism, for example— by the dissolution of the subject and object in the inner experience ofthe impossible, in pure, objectless desire. But Bataille was to recognize that "by deciphering the undecipherable" he could only arrive at the necessity to hide that which reveals, at "the evidence of tears". These considerations are only tangentially connected with the operation performed by Aldo Rossi in presenting his urban montage, a graphic metaphor for his theory ofthe "analogous city", at the 1976 Venice Biënnale. Rossi had for that matter already accustomed us to assess as formal machines autonomous drawings based upon the combinatory manipulation of real and ideal places. Is this an analogical thought as an archaic thought expressible only through dehistoricized images? And why is there now this further proposal of an itinerary inside the maze of an urban dream in which the fragment of a Renaissance treatise is equal to a eighteenth century project or to one by Rossi?

For Rossi's "analogous city", too, no "place" exists. Below the composition might well be written, in a childish hand, the words: "ceci n'est pas une v i l le" . It only remains to take up the game proposed by the architect by getting down to the task of deciphering and recognizing the elements of his puzzle. As a recording of travels disenchanted in the memory, Aldo Rossi's montages renew the desire to embrace dreamed reality ecumenically. And yet, this wiil to understand the whole of reality—object and subject, history and memory, the city as a structure and the city as a myth—in itself expresses that state of mind which Michelstaedter defined as "the anxiety ofthe persecuted animal". The "colossal humming" coming from the social machine which "squeaks in all its joints... but does not disintegrate (since) this is its way of being and there is no mutation for this fog",^ arouses, in the interlocutor of Dialogue on health, written by Michelstaedter in 1910, the tragic question of "how to break this cursed fog"? The answer suggested by the Trieste writer is lapidary and grants no alternatives either to the detached flaneur, labouring undhr the illusion that he can pose as a "new Baudelaire", or to those who would like to "save themselves" by making the flow of their mental associations the object of their own voyeurism. "Do you understand? Tiie road is no longer the *road\ as the roads and the ways are the eternal flowing and clashing of things which

are and are not. But health belongs to whoever in the midst of these things 'consists'; who his own need, his own hunger, allows to fiow through himself and 'consists'; who if a thousand arms seize him and wish to drag him away with them, 'consists', and who by his own firmness makes the others firm. He has nothing to defend from the others and nothing to ask of them, since there is no future for him and nothing to 'wait for' ".7 The "consisting" is therefore raised to become a symbol of contemplation of pain. The course of reality is not alterable, but in that accepted suffering, in that denial of ideological alternatives, it lives its duty of awareness. About this "duty"—the highest expression of upper-middle class introspection—only Loos, in his Caffé Nihilismus, and Mies, in the silence that reflects nothing but itself, have spoken, in the architecture of our century. This road excludes any further "journey". Why take the "road that is a road no more", if this eads only to self-destruction?^ If the "lucidity of drawing", as Aldo Rossi has written^, "is always and only the lucidity of thought", there is no more room for the disquieting heteropies which "break and tangle up common names". Rossi, in his allegory of the "analogous city", attempts to produce magic: to unite to a dried-up nostalgia the declaration of his own "consisting". In 1974 he gave the title Trieste and a woman to his design for the Palazzo della Ragione in Trieste, explicitly citing the city's moments stopped by Umberto Saba. But Saba's Trieste had already been put in a crisis by Svevo. Rossi's "woman" is the Angiolina whom Eniilio creates for himself as a lie in the book Senility. In this sense, Rossi's "consisting" is, contradictorily, desperately searching for a "place" in which to deposit its own "firmness". The fact that this place is the labyrinth ofthe "many beauties" collected in an ideal montage has an equally contradictory meaning: it indicates the need for a public from whom "to ask for something", from whom to "expect" answers. It is necessary to put the reciprocal roles back into their right places. It is wisest not to answer those who seek an aware "firmness" but want at all costs to urge assent. The critics' silence in that case means to refuse the fragility ofthe poet who enunciates, coram populo, the desire to stretch out, before "his" audience, on a consoling Freudian couch.

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1. M. Foucault , Ct Schol ies, Parigi , 1 2. Ib idem, p. 29. 3. IVl. Foucault , Le 1967, pp. 7-8. 4. Jacques Derri( 5. F. Nietzsche, L in Opere, Milano, I'acuto commentc pensiero freudian Freud. Intorno alia "Nuova Corrente' 6. C. IVlichelstaed Opere, Firenze, 19 7. Ib idem, p. 366; Trieste a Firenze. nel volume di Aa , 1970, pp. 236 e sg 8. Cfr. Vi t tor io Sf iVIilano, 1976, pp. 9. A ldo Rossi, In Contributi all'arch 1974, p. 17.

1/ J . Heartf ield, I 2/ K. Schwi t ters, 3/ Canaletto, Ca pal ladiana, I'arco 4/ G.B. Piranesi , a Roma, par t i co l

Page 4: 1976-Lotus-Ceci Nest Pas Une Ville

una pngione ti archeologici ridotti a

a, a r iconsiderare i anguardie storiclne. ciando, anche essi to metafora dei " v iagg i " , are nel labirinto degli 3en chiaro che non Dile. Duchamp sara ben IUS da lui sot topost annano sulla possibi l i ta >do univoco: il viaggio si o; l ' inganno obbliga a e/ligere consiste solo nel posa la catena logica :hé ogni f rammento è , rivela e nasconde. Per ario abbandonare ogni a". La profonda )se e 1 loro nomi — le è crudelmente offerta u. ge — e non solo quelli ) i Kinoglaz di Dziga tiene forse un 'utopia? gini e parole, non ;ome possibi l i ta ere (dialett ico, certo) fra 3? È forse casuale che h ico" di Huelsenbeck si ioni dl cont inui ta, a di John Heartf ield, alla .isickij e Rodcen o alla ogica di Moholy-Nagy e dei "Carose l l i " televisivi

) compiute realizzazioni 0 segnico del f i lm e Eggel ing?

a questo punto, rivela ta nel l 'assemblaggio del :ontenuta nelle ive. Ogni segno è solo ena delle associazioni è ai l imiti dell 'opera, a 0 dell 'esperienza reale. ers, in un signif icat ive ed dichnung, mette In crisi la del propri "universi di

lessa croce nera divide ficie del fog l io : nei ati Schwit ters inserisce 1 manière" di se stesso, ndinsky, di Moholy-Nagy. ïtano equivoci, ne posto al centro della lomi del quattro art ist i . 3nte, anche se non elle croci mistiche.) anguardia vengono in tal costrett i nella loro algono alio stesso modo niati dalla cui realta si i f lettono tramite la trospezione o della ica. Nessuna "s t rada" e collega p iü : al medesimo

O Mies van der Rohe nel 'Alexanderplatz di

Berl ino. Le barrière che si f rappongono fra i l inguaggi e le cose possono essere superati solo da " s a l t l " : si tratta di un gioco da equi l ibr ist i , come r iconoscera lucidamente Le Corbusier negli ult imi anni della sua attivita. Ma ció signi f ica che le promesse contenute negli " invi t i a v iaggio" provenienti dalla tecnica del • montaggio erano caduche. A d esse si sost i tuisce — nel Surreal isme, ad esempio — a dissoluzione del soggetto e del l 'oggetto nell 'esperienza interiore deH'impossibi le, nel desiderio privo di oggetto, pure: ma Bataille dovra r iconoscere che "deci f rando r indec i f rab i le" egli non potra che giungere alla necessita di nascondere ció che rivela, "al l 'evidenza delle lacr ime". Tali considerazioni entrano solo in tangenza con l 'operazione compiuta da A ldo Rossi nel presentare alla Biënnale di Venezia 1976 il suo montaggio urbano, metafora grafica della sua teoria della "c i t ta analoga" . Rossi ci aveva del resto giè abituati a vaiutare come macchine formal i autonome disegni basati sul la manipolazione combinator ia di luoghi reali e ideali. Pensiero analogico come pensiero arcaico esprimibi le solo attraverso immagini destor icizzate? E perché, ora, tale ulteriore proposta di un it inerario ne dedalo di un sogno urbano in cui il f rammento di un trattato r inascimentale vale un progetto settecentesco o uno ross iano? Anche per la "c i t ta analoga" di Rossi non esiste " l u o g o " . A l dl sotto della composiz ione potrebbe ben f igurare la scri t ta, vergata con call igrafia Infanti le, "ceci n'est pas une ville". Non rimane che seguire il gioco proposto dal l 'architetto, addentrandoci nella decifrazione e ne r iconoscimento degli elementi del suo puzzle. Come registrazione di viaggi disincantat i nella memoria, i montaggi di A ldo Rossi r innovano il desiderio dl un abbraccio ecumenico con la realta sognata. Eppure, tale volonta di comprendere 'Intero reale — oggetto e soggetto, storia e memoria, citta come struttura e citta come mito — esprime di per sé lo stato d 'animo che Michelstaedter defini " I 'ans ia della bestia persegui tata". II " ronz io co lossa le" proveniente dalla macchina sociale "che cigola in tutte le sue connessure.. . ma non si sfascia (poiché) è questo il suo modo d'essere e non c'è mutamento per questa nebbia"6, provoca, nel l ' inter locutore de Dialogo sulla salute, scr i t to da Michelstaedter nel 1910, il t ragico interrogat ivo: " come rompere questa nebbia maledet ta"? La r isposta offerta dallo scrit tore tr iest ino è lapidaria e non concede alternative né al f laneur distaccato, i l luso di potersi atteggiare a "nuovo Baudelaire", né a chi vorrebbe "sa lvars i " facendo oggetto del proprio voyeurisme 11 f iusso delle proprie associazioni mental i . "L ' in tend i? La via non

è piü 'via', poiché le vie e i modi sono 'eterno f luire e urtarsi delle cose che

sono e non sono. Ma la salute è di quello che in mezzo a queste 'cons is te ' ; che I proprio bisogno, la propria fame lascia f luire attraverso a sé, e 'cons is te ' ; che se mille braccia l 'afferrino e con sé lo vogl iano trascinare, 'consiste ' , e per la propria fermezza rende gli altri fermi. Non ha niente da difendere dagli altri e niente da chiedere a loro, poiché per lui non c'è futuro, ché nulla 'aspetta' " 7 . II "cons is te re" è quindi elevato a s imbolo di contemplazione del dolore: il corso de reale non è mutabile, ma in tale sofferenza accettata, in tale negazione di alternative ideologiche, vive // dovere deila consapevolezza. Di tale "dovere" — espressione massima del l ' introspezione al to-borghese — parlano, nel l 'architettura del nostro secoio, solo il Loos del Caffé Nihi l ismus e 11 Mies del silenzio che r ispecchia unicamente se stesso. Tale strada esclude qualsiasi "v iagg io " ulteriore. Perché imboccare la "v ia che non è piü v ia" , se ció non conduce che a i rautodescr iz ione?8 Se la " luc id i ta de disegno — come ha scrit to A ldo RossiS — è sempre e solo la lucidta del pensiero" , per le inquietanti eterotopie che "spezzai io e aggrovigl iano i nomi c o m u n i " non v'è piü spazio. Rossi, nella sua allegoria della "c i t ta analoga", tenta un'operazione magica: unire a un'essiccata nostalgia la dichiarazione del proprio "cons is te re" . Trieste e una donna egli intitolava nel '74 il propr io progetto per il Palazzo della Ragione di Trieste, citando espl ici tamente i momenti della citta fermati da Umberto Saba. Ma la Trieste di Saba era gia stata posta in crisi da Svevo. La " d o n n a " di Rossi è la Ang io l ina che Emilio si crea come menzogna in "Senilita". In tal senso,

il " cons is te re " di Rossi è, contraddit tor iamente, alla disperata ricerca di un " l u o g o " in cui depositare la propria " fermezza". Che tale luogo sia il labir into delle "bellezze mol te" raccolte in un montaggio ideale ha un s ign i f cato ugualmente contraddi t tor io : esso indica i b isogno di un pubbl ico cui "chiedere qualcosa" , da cui "aspet ta rs i " r isposte. E necessario ricollocare al giusto posto i ruoli rec iproci : a chi ricerca una " fermezza" consapevole ma vuole a tutt i i costi sollecitare assensi è doveroso non r ispondere, II tacere della crit ica signif ica, in tal caso, rif iutare la fragil i ta del poeta che enuncia, coram populo, il desiderio di stendersi , di f ronte al " s u o " pubbl ico, su un consolator io divanetto f reudiano.

I

Rolie in ills project for the Alexanderplatz in Berlin. The barriers set up between languages and things can be overcome only by "leaps". It is a game for tightrope-walkers, as Le Corbusier was to recognize lucidly towards the end of his career. But that means that the promises contained in the "invitations to travel" coming from the montage technique were ill-fulfilled. They are replaced —in Surrealism, for example— by the dissolution of the subject and object in the inner experience of the impossible, in pure, objectless desire. But Bataille was to recognize that "by deciphering the undecipherable" he could only arrive at the necessity to hide that which reveals, at "the evidence of tears". These considerations are only tangentially connected with the operation performed by Aldo Rossi in presenting his urban montage, a graphic metaphor for his theory of the "analogous city", at the 1976 Venice Biënnale. Rossi had for that matter already accustomed us to assess as formal machines autonomous drawings based upon the combinatory manipulation of real and ideal places. Is this an analogical thought as an archaic thought expressible only through dehistoricized images? And why is there now this further proposal of an itinerary inside the maze of an urban dream in which ihe fragment of a Renaissance treatise is equal to a eighteenth century project or to one by Rossi?

For Rossi's "analogous city", too, no "place" exists. Below the composition might well be written, in a childish hand, the words: "ceci n'est pas une vi l le" . It only remains to take up the game proposed by the architect by getting down to the task of deciphering and recognizing the elements of his puzzle. As a recording of travels disenchanted in the memory, Aldo Rossi's montages renew the desire to embrace dreamed reality ecumenically. And yet, this will to understand the whole of reality—object and subject, history and memory, the city as a structure and the city as a myth—in itself expresses that state of mind which Michelstaedter defined as "the anxiety of the persecuted animal". The "colossal humming" coming from the social machine which "squeaks in all its joints... but does not disintegrate (since) this is its way of being and there is no mutation for this fog",^ arouses, in the interlocutor of Dialogue on health, written by Michelstaedter in 1910, the tragic question of "how to break this cursed fog"? The answer suggested by the Trieste writer is lapidary and grants no alternatives either to the detached flaneur, labouring under the illusion that he can pose as a "new Baudelaire", or to those who would like to "save themselves" by making the flow of their mental associations the object of their own voyeurism. "Do you understand? The road is no longer the 'road\ as the roads and the ways are the eternal flowing and clashing of things which

are and are not. But health belongs to whoever in the midst of these things 'consists'; who his own need, his own hunger, allows to flow through himself, and 'consists'; who if a thousand arms seize him and wish to drag him away with them, 'consists', and who by his own firmness makes the others firm. He has nothing to defend from the others and nothing to ask of them, since there is no future for him and nothing to 'wait for' " .7 The "consisting" is therefore raised to become a symbol of contemplation of pain. The course of reality is not alterable, but in that accepted suffering, in that denial of ideological alternatives, it lives its duty of awareness. About this "duty"—the highest expression of upper-middle class introspection—only Loos, in his Caffé Nihilismus, and. Mies, in the silence that reflects nothing but itself, have spoken, in the architecture of our century. This road excludes any further "journey". Why take the "road that is a road no more", if this eads only to self-destruction ?8 If the "lucidity of drawing", as Aldo Rossi has written^, "is always and only the lucidity of thought", there is no more room for the disquieting heteropies which "break and tangle up common names", Rossi, in his allegory of the "analogous city", attempts to produce magic: to unite to a dried-up nostalgia the declaration of his own "consisting". In 1974 he gave the title Trieste and a woman to his design for the Palazzo della Ragione in Trieste, explicitly citing the city's moments stopped by Umberto Saba. But Saba's Trieste had already been put in a crisis by Svevo. Rossi's "woman" is the Angiolina whom Emilio creates for himself as a lie in the book Senility. In this sense, Rossi's "consisting" is, contradictorily, desperately searching for a "place" in which to deposit its own "frmness". The fact that this place is the labyrinth ofthe "many beauties" collected in an ideal montage has an equally contradictory meaning: it indicates the need for a public from whom "to ask for something", from whom to "expect" answers. It is necessary to put the reciprocal roles back into their right places. It is wisest not to answer those who seek an aware "firmness" but want at ail costs to urge assent. The critics' silence in that case means to refuse the fragility ofthe poet who enunciates, coram populo, the desire to stretch out, before "his" audience, on a consoling Freudian couch.

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1. M. Foucault , Ceci n'est pas une pipe, Scf iol ies, Parigi , 1973, p, 24. 2. Ib idem, p. 29. 3. M. Foucault , i e parole e le cose, t rad , it, Mi lano, 1967, pp. 7-8. 4. Jacques Derr ida, Positions, Parigi , 1972, p. 56. 5. F. Nietzsche, Umano e troppo umano, t rad . it. in Opere, Mi lano, 1965, I, a for isma 333. Se ne veda I'acuto commento, messo in relazione al pensiero f reudiano, in Franco Rella, Leggere Freud. Intorno alia Verneinung (de negatione), in "Nuova Corrente" , 1973, n. 61/62, pp. 221 e sg, 6. C. Michelstaedter, Dialogo sulla salute, 1910, In Opere, Firenze, 1958, p. 356. 7. Ib idem, p. 366; Cfr, A lber to Abruzzese, Da Trieste a Firenze. Lavoro e tradizione letteraria, nel volume di A a . Vv., La classe del coltl, Bari, 1970, pp. 236 e sg. 8. Cfr. Vi t tor io Savi, L'architettura di Aldo Rossi, Milano, 1976, pp. 150-152. 9. A l do Rossi, Introduzione a Hans Schmidt , Contributi all'architettura: 1924-1964, Mi lano, 1974, p. 17.

/. IVl. Foucault, Ceci n'est pas une pipe, Scholies, Paris, 1973, p. 24. 2. Ibidem, p. 29. 3. M. Foucault, Le parole e le cose, ital. transl., Milan, 1967, pp. 7-8. 4. Jacgues Derrida, Posi t ions, Paris, 1972, p. 56. 5. F. Nietzsche, Umano e t roppo umano, ital. transl. In Opere, .Milan, 1965, I, aforism 333. See Franco Rella, Leggere Freud, Intorno alla Verneinung (de negatione), in "Nuova Corrente", 1973, nos. 61162, pp. 221 ff. 6. C. Michelstaedter, Dia logo sulla salute, 1910, in Opere, Florence, 1958, p. 356. 7. Ibidem, p. 366; Cf., Alberto Abruzzese, From Trieste a Firenze. Lavoro e tradizione letteraria, in Aa. Vv., La classe dei co i t i , Bari, 1970, pp. 236 e seg. 8. Cfr. Vittorio Savl, L'architettura di A l do Rossi , Milan, 1976, pp. 150-152. 9. Aldo Rossi, introduzione a Hans Schmidt, Contr ibut i a l l 'archi tet tura: 1924-1964, Milan, 1974, p. 17.

1/ J . Heart f ie ld, Fotomontaggio Dada, 1920. 2/ K. Schwi t ters , Br icolage, 1926. 3/ Canaletto, Capr iccio con rovine. La basi l ica pal ladiana, I'arco di Costant ino, marina. 4/ G.B. Piranesi , Santa Croce in Gerusalemme a Roma, part icolare.

// J. Heartfield, Photomontage Dada, 1920. 21 K. Schwitters, Bricolage. 1926. 3! Canaletto, Capriccio with Ruins. The Palladian Ba­silica, the Arch of Constantine, Marine Landscape. 41 G.B. Piranesi, Santa Croce in Jerusalem in Rome, detail.

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