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19-09-18 RASSEGNA STAMPA 19-09-17 MERCATI: SCENDONO I CEREALI Agronotizie 19-09-17 VIA LIBERA WTO AI DAZI USA SULL'IMPORT DALLA UE, FRANCIA E ITALIA I PAESI PIÙ COLPITI Agrisole 19-09-17 ALIMENTAZIONE: SOSTENIBILITÀ E RICICLO PILASTRI PER UNESCO Ansa 19-09-17 SÌ DEI CREDITORI AL CONCORDATO PREVENTIVO PER PASTA ZARA Agrisole 19-09-18 STATI UNITI, CRESCITA DI MAIS E SOIA INDIETRO RISPETTO ALLO SCORSO ANNO Mangimi&Alimenti 19-09-18 RELAZIONI PERICOLOSE: GLI AFFARI E I RICATTI POLITICI E DIPLOMATICI Il Fatto Quotidiano 19-09-18 TRUMP: PIÙ VICINA L’INTESA CON IL GIAPPONE SUL COMMERCIO Il Sole 24 Ore 19-09-18 CARI ROSSOGIALLI, AVETE TANTE IDEE IN COMUNE SULL’AGRICOLTURA BIO. EVVIVA! Il Foglio

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19-09-18RASSEGNASTAMPA19-09-17MERCATI:SCENDONOICEREALIAgronotizie19-09-17VIALIBERAWTOAIDAZIUSASULL'IMPORTDALLAUE,FRANCIAEITALIAIPAESIPIÙCOLPITIAgrisole19-09-17ALIMENTAZIONE:SOSTENIBILITÀERICICLOPILASTRIPERUNESCOAnsa19-09-17SÌDEICREDITORIALCONCORDATOPREVENTIVOPERPASTAZARAAgrisole19-09-18STATIUNITI,CRESCITADIMAISESOIAINDIETRORISPETTOALLOSCORSOANNOMangimi&Alimenti19-09-18RELAZIONIPERICOLOSE:GLIAFFARIEIRICATTIPOLITICIEDIPLOMATICIIlFattoQuotidiano19-09-18TRUMP:PIÙVICINAL’INTESACONILGIAPPONESULCOMMERCIOIlSole24Ore19-09-18CARIROSSOGIALLI,AVETETANTEIDEEINCOMUNESULL’AGRICOLTURABIO.EVVIVA!IlFoglio

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Mercati: scendono i cereali 12e16settembre2019.Prezzietendenzeperortofruttaecerealidaimercatiall'ingrossoedalleborsemerci

Ortofrutta(produzioneemercatiall'ingrossoitaliani,lunedì16settembre2019)Neimercatiinaumentoipomodoricilieginiedatterini,incalolezucchine.Inribassol'uvadatavolacvItaliachestaprendendoprezzipiuttostopopolari.Allaproduzionestabilieabuonmercatolesusineelerestantidrupacee.

Cerealieforaggi(riunioneBorsamerciBologna,giovedì12settembre2019)Inlievissimocaloilfrumentoduro(-1euro/tonnellata).Indiminuzioneancheilgranoturcosecco(da-1a-2euro/tonnellataasecondadellatipologia).Salel'avenarossa(+6euro/tonnellata).Scendonolefarinedisoia(da-2a-3euro/tonnellataasecondadellaprovenienzaedeltipo).Malelefarinedigirasolecheperdono10euro/tonnellata.

Peririsi:incalol'Arborio(-40euro/tonnellata)oltrecheilRibe,ilLidoesuoisimilari(-20euro/tonnellata).

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Via libera Wto ai dazi Usa sull'import dalla Ue, Francia e Italia i paesi più colpiti R.A.

Autorizzate "ritorsioni" da 25 miliardi di dollari dopo gli aiuti pubblici europei ad Airbus. Nella Black list vini, formaggi, salumi, olio d'oliva, pasta e agrumi

L'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha dato il via libera agli Stati Uniti per l'imposizione di dazi aggiuntivi sui prodotti importati dall'Unione europea. Al momento, la decisione è stata anticipata in via informale alle parti in causa e dovrebbe essere resa ufficiale entro la fine di settembre. Secondo indiscrezioni che circolano a Bruxelles, i dazi Usa potrebbero scattare il 13 ottobre prossimo. La pronuncia del Wto si inserisce nel lungo contenzioso sugli aiuti pubblici ai gruppi Airbus e Boeing. L'amministrazione di Washington ha già stilato una lista di prodotti in arrivo dagli Stati membri, per un controvalore di 25 miliardi di dollari, sui quali applicare le tariffe aggiuntive che potrebbero arrivare fino al 100% del valore. Nella lista sono inclusi i principali prodotti del "Made in Italy" agroalimentare destinati al mercato statunitense: vini, formaggi, salumi, olio d'oliva, pasta ed agrumi. La Commissione europea, dal canto suo, ha dichiarato di essere pronta a replicare ai dazi Usa, con contromisure da applicare sui prodotti importati dagli Stati Uniti per un controvalore di 20 miliardi di euro. Insomma, tra le due sponde dell'Atlantico si profila una guerra commerciale in piena regola. Nei giorni scorsi, Assolatte, l'associazione degli industriali del settore lattiero-caseario, ha stimato le possibili conseguenze del contenzioso commerciale tra Ue e Usa. I dazi potrebbero salire fino a 240 milioni di euro, con un impatto sui formaggi di 7,5 euro al chilogrammo.

A Bruxelles, la commissaria al commercio, Cecilia Malmstrom, ha confermato l'arrivo e i contenuti della comunicazione informale dal Wto. In termini polemici, ha evidenziato che gli Stati Uniti non hanno risposto all'invito di aprire un negoziato, per tentare di evitare l'imposizione dei dazi e le inevitabili misure di ritorsione. Il fatto è che i negoziatori statunitensi non intendono sedersi al tavolo con i rappresentanti della Ue, se non viene preventivamente accolta la richiesta di aprire le discussioni anche sul capitolo agricolo. Richiesta che la Commissione Ue ha respinto al mittente, perché in contrasto con il mandato ricevuto dal Consiglio dei ministri nello scorso aprile. Resta ora da vedere se, di fronte al rischio concreto dei dazi, il mandato sarà rivisto, superando le resistenze manifestate soprattutto dalla Francia. In Italia intanto è già scattato l'allarme. La Coldiretti sottolinea che con la vittoria di Trump al Wto «trema il made in Italy». L'Italia infatti sarebbe, ricorda l'organizzazione, «il Paese piu' danneggiato, dopo la Francia, nella black list di prodotti sulla quale applicare un aumento delle tariffe all'importazioni fino al 100% del valore attuale elencati dal dipartimento del Commercio statunitense». Il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti si appella a Bruxelles: «C'è ancora tempo e modo per evitare una guerra commerciale tra Ue e Usa. Chiediamo alla Commissione europea di aprire con urgenza un negoziato con gli Stati Uniti, per evitare l'imposizione di dazi doganali aggiuntivi sui nostri prodotti».

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Alimentazione: sostenibilità e riciclo pilastri per Unesco Con la 'Dichiarazione di Parma', bussola per politiche su cibo (ANSA) - BOLOGNA - Sostenibilità e riciclo per evitare gli sprechi: sono le parole d'ordine della 'Dichiarazione di Parma', che punta a essere punto di riferimento globale per le future politiche di sostenibilità, messa a punto dagli esperti che si sono riuniti la settimana scorsa a Parma per il quarto Forum mondiale Unesco su cultura e cibo.

Esito e punto nevralgico della due giorni, il documento è stato sottoscritto da tutti i partecipanti al Forum e detta le linee di comportamento per il futuro dell'alimentazione: sostenibilità, riciclo, educazione. Obiettivi raggiungibili attraverso l'applicazione di una serie di buone pratiche. Tra queste una migliore integrazione di cultura e politiche di sviluppo sostenibile, la promozione della cooperazione trasversale nei settori della cultura, dell'istruzione e della scienza, il rafforzamento del legame tra cultura, cibo ed educazione. Tra gli obiettivi anche il sostegno a metodi culturalmente appropriati di produzione e consumo alimentare che rispettino le comunità, il loro patrimonio culturale e l'ambiente, l'individuazione di nuovi modelli di business e forme di creatività che rafforzino i processi di apprendimento, innovazione e sviluppo locali nel settore nutrizionale, l'adattamento di strumenti di sviluppo urbano ai contesti locali.

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Sì dei creditori al concordato preventivo per pasta Zara S.Mar.

Adesso si attende l'udienza per l'omologazione da parte del tribunale

I commissari giudiziali nominati dal Tribunale di Treviso hanno comunicato l'approvazione del concordato preventivo da parte dei creditori della società nei confronti di Pasta Zara. Il concordato doveva ottenere il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto e, essendo previste diverse classi di creditori, tale risultato doveva essere raggiunto anche nel maggior numero delle classi (almeno 4 su 6). La proposta concordataria della Società è stata favorevolmente votata a larga maggioranza, raggiungendo altresì l'obiettivo posto dal piano concordatario in tutte e sei le classi previste. Si attende ora l'udienza per l'omologazione del concordato preventivo da parte del Tribunale di Treviso che sarà fissata dal Giudice Delegato Antonello Fabbro. Pasta Zara nel percorso di ristrutturazione del gruppo, è affiancata dall'advisor finanziario Deloitte, dallo studio di comunicazione The Skill, dallo Studio Legale Chiomenti e da 3XCapital.

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• Stati Uniti, crescita di mais e soia indietro rispetto alloscorso anno

Procede a rilento la maturazione delle piantagioni di mais e soia negli Stati Uniti. In base all’ultimo report del Dipartimento dell’Agricoltura, il ciclo delle due colture è indietro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Va meglio invece al sorgo.

Mais

Nei diciotto dei principali Stati produttori le condizioni della coltura sono leggermente inferiori rispetto all’anno passato. A inizio settembre circa il 55% del mais piantato ha ricevuto una valutazione “buona” o “eccellente” (dal 58% della settimana precedente) mentre dodici mesi fa lo era il 68% delle piantagioni. Un dato inatteso che si è accompagnato anche a un rimbalzo dei futures dopo un calo di quattro mesi. La quota di piantagioni che hanno raggiunto la fase di maturazione è molto ridotta: 11% contro il 33% del settembre 2018.

Soia

Anche nel caso di questa coltura il confronto con lo scorso anno è negativo. Era “buono” o “eccellente” il 68% delle piantagioni di soia mentre oggi lo è poco più della metà, il 55%. Di poco indietro rispetto al 2018 la formazione dei baccelli: il 92% è giunto a questa fase del ciclo colturarale mentre l’anno passato, a questo punto della stagione, vi era giunto il 100% delle piantagioni dei diciotto Stati da cui proviene la maggior parte della produzione.

Sorgo

Buona la performance del sorgo. La coltura ha quasi finito la fase di heading, con l’infiorescenza visibile nel 97% delle piantagioni, in linea con il 99% del 2018. Il 27% ha raggiunto la fase di maturazione, in calo dal 33%, mentre il raccolto ha già coinvolto il 22% della coltura, dal 24% del 2018, riguardando due dei sei Stati responsabili principali della produzione.

Grano

Il raccolto del grano primaverile è fermo al 71% mentre a inizio settembre 2018 era molto più alto, superando il 90%. Arretrati anche i raccolti di orzo (82% vs 91%) e avena (89% vs 96%).

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Data 18/09/2019

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Mercoledì 18 Settembre 2019 | IL FATTO QUOTIDIANO | Il Fatto Economico » 17

SIC U R E Z Z AC I B E R N E T IC A

Golden Powersul 5G: il decretocyber lo regola(e lo estende)

qARRIVERÀ nelprossimo Consiglio

dei ministri lo schema didecreto con le “disposizioniurgenti in materia diperimetro di sicurezzanazionale cibernetica” chepotenzia la sicurezzacibernetica e disciplinal’applicazione delGolden Powersul 5G,re n d e n d oanche la‘v i g i l a n za ’retroattiva. Conordine. La normaistituisce un “p e r i m e t rodi sicurezza nazionalecibernetica” all’interno delquale saranno identificatiamministrazioni pubbliche,enti e operatori pubblici eprivati considerati strategici,essenziali e sensibili per lasicurezza nazionale e la suaorganizzazione. Fissa poi leregole cibernetiche chequeste infrastrutturedovranno rispettare comefornire al Cisr e allaPresidenza del Consiglio glielenchi completi delle reti edei servizi informaticiutilizzati, con “re l a t i vaarchitettura eco m p o n e n t i s t i c a ”. Stabiliscele procedure da seguire incaso di incidenti sulle reti, lemisure per garantire laprotezione delle strutture,dei dati, il monitoraggio maanche la formazione.Specifica che il Centro divalutazione e certificazionenazionale istituito al Misedovrà effettuare lavalutazione di rischio sulleforniture dei beni e deiservizi in ambito Itc evincolare i contratti alraggiungimento di standarde condizioni specifici.Saranno elaborati “schemi dicertificazione cibernetica”nei casi in cui quelli esistentinon siano ritenuti adeguati.Poi l’articolo 3, che fa daraccordo al Golden Powersul 5G e prevede che siaesercitato “p rev i avalutazione degli elementiindicanti la presenza difattori di vulnerabilità” daparte dei centri divalutazione e soprattuttoche anche in caso dicontratti e infrastrutture giàesistenti si possanomodificare o integrare lemisure “anche prescrivendola sostituzione di apparati eprodotti che risultanogravemente inadeguati sulpiano della sicurezza”.

VIRGINIA DELLA SALA

Il giovane e i carri armatiU n’azienda aveva usatola famosa foto di PiazzaTienanmen per uno spot:l’ha ritirata scusandosi

Amicizia condizionata La Norvegia per anni è stata penalizzata sui dazi e sull’exportper aver assegnato il Nobel a un dissidente cinese. E guai solo a nominare il Dalai Lama

Relazioni pericolose: gli affarie i ricatti politici e diplomatici

Le relazioni con Pechinovanno a gonfie vele, gliinvestimenti in impre-se europee e appalti perinfrastrutture si molti-

plicano. Tutto funziona a meravi-glia, fino a quando un esponentepolitico, un industriale o un uomodi religione, non s’imm isc hia nonel sistema politico dell’Imp erodi Mezzo. A quel punto, le porte sichiudono, le imprese cinesi nonfaranno più affari in quel Paese e ilpersonaggio politico diventa per-sona non grata in Cina.

NE SA QUALCOSAla Norvegia, chenel 2010 si vide congelare tutte lerelazioni diplomatiche per averdato il premio Nobel per la pace aldissidente cinese –già in carcere –Liu Xiaobo, premiandolo come“simbolo principale della lotta peri diritti umani in Cina”. Per le au-torità a Pechino Liu era solo “uncriminale” e per sei anni gli inve-stimenti in Norvegia si fermaro-no, aumentarono i dazi per l’im -port del salmone norvegese in Ci-na. Solo nel 2016 la situazione ètornata alla normalità, dopo che ilPaese nordico ha firmato una di-chiarazione – considerata vergo-gnosa da molti norvegesi - in cui silegge che “il governo norvegeserispetta la sovranità e integritàterritoriale della Cina, giudica conla massima importanza gli inte-ressi e le preoccupazioni cinesi,non sosterrà azioni che possanoledere a questi principi e eviteràqualunque danno futuro alle rela-zioni bilaterali tra i due Paesi”. Daallora le navi cinesi del gigante Co-

sco sono passate da Kirkenes i-naugurando la Nuova via artica,molto più veloce per raggiungereil nord Europa, che dal Canale diSuez.

Le imprese europee sanno checon la Cina si deve parlare solo diaffari. L’ha imparato a sue spese lacasa produttrice di macchine fo-tografiche, Leica, che lo scorso a-prile ha osato adoperare la famosafoto della Piazza Tienanmen (conil giovane che nel 1989 osò affron-

tare i carri armati) per una cam-pagna pubblicitaria. Subito con-dannata da Pechino, la società haritirato la foto chiedendo scusa.Autocensura pure per il Ceo diVolkswagen, Herbert Diess, in-terrogato quest’anno dalla BBC sucome potesse ancora mantenereuna filiale della casa di automobilitedesca nello Xinjiang, dove il re-gime è accusato di tenere più di unmilione di Uiguri in campi chia-mati di “rieducazione”. Gli Uigu-ri, un'etnia turcofona di religioneislamica vive nel nord-ovest dellaCina ed è in aperto conflitto conl’autorità centrale che ne vieta lalibertà di culto musulmano. L’esi -stenza dei campi è sempre statanegata dal governo cinese,nono-stante ci siano testimonianze, do-cumenti e foto. La risposta del po-tente capo della Volkswagen?

“Non sono al corrente di questicampi”. Il Ceo di Daimler, invece,nel 2018 dovette scrivere una let-tera di scuse per un suo impiegatoal marketing che aveva pubblicatosu Instagram una pubblicità diun ’auto con sopra una frase delDalai Lama: “Guarda le cose datutti i punti di vista e diventeraipiù aperto”. In poche ore il PartitoComunista, a Pechino, aveva giàclassificato Daimler come “nemi -ca del popolo” cinese.

IL DALAI LAMA, massima autoritàbuddista del Tibet, è consideratotra i massimi nemici dello Statoperché dagli anni 50, cioè da quan-do è in esilio in India, chiede l’in -dipendenza del Tibet. Oggi paga leconseguenze del boom delle rela-zioni commerciali Eu-Cina. Dadieci anni non ci sono più tappetirossi per lui in Europa. L’u ltimavisita nel nostro continente è del2014, ma non più con un primo mi-nistro, solo con l’allora ministrodegli esteri Timmermans in Olan-da. D’altronde, interrogato nel2018 sulle sue relazioni con il Da-lai Lama, il Presidente franceseEmmanuel Macron, disse aperta-mente: “Ho incontrato il Dalai La-ma durante la mia campagna elet-torale, è una persona stupenda. O-ra sono il Presidente della Repub-blica francese, se lo incontro cree-rò un problema con la Cina, nonavendo nessun mandato a incon-trare l’autorità religiosa del Tibet.È utile per i francesi aprire una cri-si? Di certo no”. Il discorso è chiu-so, si va avanti con gli affari.

MA .MA .

M a lv i sto Il Dalai Lama paga il conto dei rapporti tra Europa e Cina Ansa

so pubblico cinese ChemChi-na per 7,1 miliardi di euro concui ha acquisito il 45,52% delgruppo. Da allora le cose van-no sempre meglio. Crescita,investimenti in ricerca e unastrategia d’investimento con-solidata su pneumatici d’a lt agamma. “Non ho mai visto tan-ti investimenti in ricerca –rac -conta un operaio specializza-to, nel palazzo tutto nero, pro-prio come un pneumatico – siassume nuovo personale, sicomprano macchinari costosi,il motore gira”. E la presenzacinese? “Abbiamo visto il pre-sidente di ChemChina solo u-na volta, nel 2015 è venuto afarci gli auguri di Natale. Poipiù nessuno. Tutto passa damani italiane”. In effetti la go -

vernance della società è rima-sta finora al Ceo Marco Tron-chetti Provera e al suo boarditaliano. Nell’accordo di ven-dita, è previsto che la sede restia Milano, che il Ceo sia Tron-chetti (fino al 2023) e che pertrasferire un brevetto in Cinasia d’accordo il 90% degli azio-nisti. Ma allora, qual è la stra-

tegia di ChemChina? “Impa -rano il mestiere – spiega il tec-nico – un giorno produrrannoa casa loro. È un patto con ildiavolo, ma prima che il mer-cato delle auto di lusso si fidi diun pneumatico made in Chinapasserà molto tempo”. “A b-biamo evitato di vendere allaconcorrenza – spiega nel sitodi Pirelli, Tronchetti Provera –con il rischio di spezzettarel’azienda”.

STESSA impressione in Nor-vegia, dentro la società Elken(metalli) acquistata da Chem-China nel 2011. Marianne Fae-royvik, rappresentante deisindacati, non ha dubbi: “L’ar -rivo dei cinesi è positivo per inostri 6.200 impiegati”. Stessoiter, nessun cinese nei corri-doi, continuità nella g o v e r-nance e pioggia d’investimen -ti. La Elken è entrata in Borsanel 2018. Ma il colpo più grossoChemChina l’ha sferrato inSvizzera dove battendo la con-correnza di Monsanto, Basf eDow Chemical, si è aggiudica-ta la società di agroalimentareSyngenta, offrendo agli azio-nisti 5 miliardi in più, cash.

“Tutto questo è possibileperché dietro gli acquirenti ci-nesi di una società europea sinasconde lo Stato cinese. Eccoperché possono offrire di piùrispetto a un concorrente”, silegge in un rapporto del mini-stero dell’Economia tedesco

del 2017. Ma, seppur sia statoprovato che lo Stato cinese of-fra ampie deduzioni fiscali allesue imprese di punta e che in-vesta miliardi in Ricerca e Svi-luppo di settori chiave, Inve -stigate-Europe non ha trovatoprove di sovvenzioni pubbli-che agli investimenti in Euro-pa. Solo sospetti. A Berlino, ilcapo economico dell’a m b a-sciata cinese, Wang Weidong,parla di un “grande equivoco”,sostiene che le loro impreses’indebitino sul mercato comele altre e assicura che la Cinasta aprendo i suoi mercati allesocietà europee. “È questionedi tempo – dice Wang, che ri-corda come a giugno nuovi set-tori come la proprietà dei ci-nema, le esplorazioni per pe-trolio e metalli e le consulenzefinanziarie, siano state apertealla concorrenza europea –.Invece, qui in Germania moltisettori strategici restano chiu-si alle imprese cinesi in modoarbitrario”. Sempre in Germa-nia, all’Università di Kassel,l’economista Shuwen Bian hastudiato 160 acquisizioni cine-si in Europa. La sua conclusio-ne non lascia dubbi: “Que stiinvestimenti sono finanziaticon fondi sovrani pubblici eprivati, lo Stato è coinvolto, macome un normale azionistache un giorno venderà i suoiasset a un prezzo maggiore”.

*Investigate Europe© RIPRODUZIONE RISERVATA

MOT I VATOR IC’è il sospettoche le acquisizionida Pechino siano spinteda agevolazionie incentivi governativi

Casi criticiAu to ce n s u ree punizioni

Il NobelLa Norvegia,nel 2010si è vistaco n ge l a rele relazionidiplomatichecon la Cinaper aver datoil premioNobel perla Pace a und i ss i d e n tecinese

C it a z ion iIl Ceodi Daimlersi è scusatoper un suoi m p i e ga toche avevap u b b l i c a touno spotdi un’a u tocon una frasedel DalaiLama

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20 Mercoledì 18 Settembre 2019 Il Sole 24 Ore

Mondo

LA GIORNAT A

Il presidente americano Donald Trump ha segnalato ieri progressi nei negoziati commerciali con ilGiappone, nel giorno in cui la Coreadel Sud ha formalmente rimosso Tokyo dalla «white list» di Paesi chegodono di procedure agevolate perl’import da Seul (in ritorsione peruna misura analoga presa dal Sol Le-vante). Trump ha dichia-rato in uan nota al Con-gresso che un accordo «iniziale» con il Giapponesui dazi sarà concluso nel-le prossime settimane, inparallelo a una intesa sul commercio digitale che sarà attuata attraverso un«executive agreement». Tuttavia il presidente ha sottolineato che intende continuare a «collaborare

con il Congresso su ulteriori trattati-ve con il Giappone per il raggiungi-mento di un accordo commerciale comprensivo». Da Tokyo - dove si chiede la rimozione esplicita della-minaccia di dazi sull’auto - sono giunti commenti cauti: i dettagli so-no ancora in fase di definizione peruna intesa limitata a agricultura,

prodotti industriali e digi-tal trade. Il ministro delleFinanze Taro Aso ha riba-dito che l’intesa bilateralenon dovrà includere alcu-na clausola valutaria.L’intesa «iniziale» po-trebbe essere annunciataa margine dell’AssembleaOnu entro fine mese in unincontro tra Trump e ilpremier Abe.

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Un primo punto di incontro. La crisipolitica del Venezuela potrebbe arri-vare a una svolta. Il governo di NicolásMaduro e una parte dell’opposizione,quella più moderata, hanno annun-ciato di aver raggiunto un accordo perla costituzione di un «tavolo naziona-le di dialogo» al fine di trovare una so-luzione ai problemi del Paese.

Il ministro della Comunicazione,Jorge Rodriguez, ha sostenuto che«da parte del governo vi è una disposizione assolutaal mantenimento di porte aperte al dialogo, al fine ditrovare una soluzione, fravenezuelani, alle diver-genze». Il deputato delpartito di opposizione“Cambiemos”, TimoteoZambrano, ha dichiarato

che «inizia un processo costitutivo diun tavolo nazionale per il Venezuela,le sue istituzioni, la sua democrazia,la libertà di tutti e la pace come aspira-zione suprema». Il presidente del Ve-nezuela Nicolás Maduro ha definito un «passo nella giusta direzione» la firma di accordi e il nuovo tavolo di dialogo fra il governo e quattro partitidi minoranza dell’opposizione. L’au-toproclamato presidente ad interim

del Venezuela, Juan Guai-dò, ha invece criticato ilnuovo tavolo di dialogonazionale realizzato tra ilgoverno di Nicolás Madu-ro e le minoranze dell’op-posizione, dichiarando checiò «condurrà a una crisipiù grave».

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Verso l’intesa.Il presidente Nicolàs Maduro

NEGOZIATI

Trump: più vicina l’intesa con il Giappone sul commercio

IL «SÌ» DI MADURO

Venezuela, prove di disgelocon l’opposizione

Elezioni in Israele, testa a testatra Netanyahu e i centristi di GantzEXIT POLL

Secondo le prime rilevazionial partito Blu e Bianco seggi contro i del Likud

Incerto il destino del primo ministro attualese il trend verrà confermato

Roberto BongiorniDal nostro inviatoGERUSALEMME

È davvero in vantaggio? Ma diquanto? E come si comporteràAvigdor Liebermann, l’ultranazio-nalista laico, la nuova rivelazioneche - secondo gli exit poll - avreb-be raddoppiato i seggi a 8-10 e siappresta così ad essere l’ago dellabilancia di queste ultime elezionipolitiche israeliane, le seconde insoli cinque mesi?

Se i sondaggi si avvicinasseroalla realtà, cosa tutta da verificare,lo scenario che si è creato darebbecomunque vita ad una fase post-elettorale ancor più incerta, un po-tenziale preludio all’ingovernabi-lità. Questa la situazione diffusadalle emittenti Channel 13 e 14 ap-pena 15 minuti dopo la chiusuradei seggi. Il partito di centro-sini-stra Blu Bianco, guidato dall’ex ge-nerale Benny Gantz avrebbe vintocon 34 seggi (ne aveva ottenuti 35in aprile). Il partito conservatoreLikud, del premier Benjamin Ne-tanyahu, avrebbe invece raccolto33 seggi (ne aveva ottenuti 35 loscorso aprile). La possibile coali-zione di centro-sinistra si ferme-rebbe a 54 seggi. Quella di destra a57. Nessuno, quindi, avrebbe i 61seggi (sui 120 del Parlamento) ne-cessari a governare. Tra la compa-gine di destra la coalizione Yaminaavrebbe 6 seggi, così come la lista

partito di sinistra Meretz. Buonaperformance della lista dei partitiarabi, con almeno 13 seggi.

Queste le prime – provvisorie –indicazioni di voto.

L’unica cosa certa è che ancorauna volta le elezioni hanno resti-tuito una società frammentata,difficile da ricomporre. Lo si pote-va comprendere sin dalla mattina,trascorrendo la giornata in diversiquartieri di Gerusalemme e negliinsediamenti alla sua periferia.

Dalla collina su cui sono stareerette le ordinate case di Gilo, uninsediamento alle porte di Geru-salemme, la pace con i palestinesisomiglia a una separazione che hail sapore della segregazione. Que-st’insediamento , creato in facciaalla cittadina palestinese di BeitJala, ospita soprattutto immigratiebrei, perlopiù sionisti, prove-nienti dalla Russia. Qui diversepersone hanno preso alla lettera ilmessaggio su facebook diffuso dalpremier Bibi Netanyahu e sanzio-nato dalla stessa Facebook. «Gliarabi ci odiano, vogliono distrug-gerci», ripetono diversi elettori ci-tando Netanyahu.

Mohorai Shlomi, 30 anni è unfiume in piena. «Io voglio solo Bi-bi. E Voglio solo ebrei nella nostraterra. I palestinesi devono andar-sene a Gaza o negli altri Paesi ara-bi. Questa è terra nostra. Poi fac-ciamo anche la pace. Ma ognuno acasa propria».

I modi affabili, gli occhi ceruleinascosti da due spesse lenti, Mat-thew Green, 27 anni, preferisceascoltare prima di intervenire. Luirispecchia alla lettera la mentalitàdell’ebreo ultra ortodosso. «Hovotato United Torah judaism (lalista dei partiti ultra-ortodossiaskenaziti, ndr). Perché ce lo haordinato il nostro rabbino. Se ciordinasse qualcos’altro lo segui-remmo subito».

I partiti ortodossi sono i nuovi

alleati di un premier che, per so-pravvivere, si sta spostando sem-pre più a destra, assumendosi im-pegni difficili da realizzare. Versouna nazione, Israele, che non vuo-le sentire nemmeno la parola Ter-ritori palestinesi.

E questa è forse una delle gran-di novità di questa elezione. I par-titi ortodossi sono usciti allo sco-perto. Vogliono ancora un’allean-za con il partito conservatore, diNetanyahu, il Likud. Ma voglionosuperare la soglia in parlamento(3,25%) per far sentire la loro voce.

Se a Est di Gilo c’è il villaggiopalestinese di Beit Jala, a Ovest sitrova Beit Safafa, una propagginedi Gerusalemme dove le case piat-te in cemento e le moschee ricor-dano che è una delle poche areedove sono concentrati gli arabi

israeliani, ovvero i cittadini pale-stinesi che hanno passaporto isra-eliano, e che quindi, al contrariodegli abitanti di Gerusalemme Est,hanno il diritto di votare. Gli arabiisraeliani potrebbero rivelarsi ungrattacapo per Netanyahu. Perchésono tanti, il 20% della popolazio-ne. E se andassero tutti a votare laloro lista (che questa volta uniscei loro quattro partiti) potrebbecontribuire alla sconfitta di Bibi.All’uscita del seggio elettorale, nelsuo fluente inglese, Mona, 38 anni,insegnante ci spiega: «Le cose so-no cambiate rispetto ad aprile: tranoi c’è una maggiore coscienzacollettiva dell’utilità di questo vo-to. Ho votato la lista araba perchéabbiamo bisogno di una maggiorerappresentanza in Parlamento perrealizzare i nostri bisogni» .

Ritornando a Gerusalemme cifermiamo nel quartiere , di Recha-va, uno dei più benestanti. Nellascuola dove ha appena votato, Li-ron Ortasse Spiegel , 20 anni, pre-cisa: «Ho votato Benny Gantz(partito Blu e Bianco) perché si staopponendo alla deriva autoritariadi Netanyahu. La democrazia è inpericolo. Dobbiamo ridare legitti-mità al nostro Paese».

La percezione è che, dopo averparlato per una giornata interacon tante persone diverse, c’è peròqualcosa che li accomuna: parlaredi pace con i palestinesi non è dimoda. Anzi, la pace è un terminedesueto. Come lo è chi ancora siostina a citarla. E la strada per unGoverno davvero unito apparetutta in salita.

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Voto con selfie. Una famiglia alle urne nell’insediamento di Tekoa, in Cisgiordania

AP

Seul rimuo-ve Tokyo dalla «whi-te list» a trattamen-to prefe-renziale in ritorsioneper misure analoghe

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Page 9: 19-09-18 RASSEGNA STAMPA€¦ · Nella lista sono inclusi i principali prodotti del "Made in Italy" agroalimentare destinati al mercato statunitense: vini, formaggi, salumi, olio

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Data 18/09/2019

Pagina 2

Foglio 1

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ANNO XXIV NUMERO 220 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 2019

JEANS STRAPPAT I E PETT INATURE . LO STORTO DI UNA VICENDA UMANA

Il pezzo che non torna nella storia di Lino, il ragazzino dalle treccine bluCi sono un paio di cose piuttosto rabbri-

videnti che ha detto Rosalba Raimon-do, da molte ore eroina di Scampia, che senon fosse stata la preside di una scuola diScampia, dove lavora da 36 anni, nonavrebbe goduto della sola forma di atten-zione di cui sembriamo essere ancora ca-paci, il clamore. E certo, prima di dire lostorto, dovremmo dire il dritto, e fa nientese risulterà paraculo come certe manife-stazioni di solidarietà in cui prima di dirsisolidali si specifica di non condividereniente del solidarizzato.

Per chi fosse ancora in vacanza, la storiaè questa: Raimondo ha impedito a Lino, untredicenne presentatosi a scuola con letreccine blu, di entrare in classe, se n’è fre-gata delle “rimostranze” dei familiari delragazzo che naturalmente hanno minaccia-to querela e pure dell’indignazione dell’U-nione degli studenti Campania che hannominacciato (pure loro!) di “non tacere da-vanti a questo scempio” (l’Uds, che ricordi,esiste ancora, incredibile, l’unico organodi parasinistra che non s’è scisso mai). Nons’è mossa d’un centimetro, Raimondo, finoa che il ragazzo non s’è ripresentato a scuo-la senza treccine – la madre ha detto che è

stata una decisione che ha preso da solo, eche palesa quanto è maturo. E scegliete voichi vi piace di più, se l’adulta che usa lapropria autorità per impartire una lezionesemplice, e cioè che non esiste fuggevolez-za di gioventù che giustifica il presentarsia scuola vestiti come se s’andasse a un rave(variazione del più generale est modus inrebus), o il ragazzino che, mentre intorno alui si costituiscono comitati in difesa dellalibera espressione, capisce cosa quell’a-dulta ha tentato di insegnargli, ne ricono-sce la saggezza, e deduce che un giorno discuola val bene la rinuncia a una capiglia-tura estrosa.

Raimondo, che come ha scritto MaurizioCrippa ieri su questo giornale “non è affat-to una nostalgica dell’accademia militare”né assomiglia alla preside cattiva di “Mati -lida” di Roald Dahl, ha detto ieri a Repub-blica che vietare quelle treccine è stato ungesto d’amore – “Lino, sei un ragazzo intel-ligente, è mai possibile che la tua massimaaspirazione dev’essere quella di avere letreccine blu?”. E magari è fin troppo fanta-sioso interpretarlo come un modo di ricor-dare a un semi adolescente che avere uncervello rende liberi quando ci si assume

la responsabilità di farlo funzionare al me-glio e al massimo della fatica. Tuttavia, vela sentireste di escludere che non sarà an-che questa una lezione che a Lino resteràimpressa?

Veniamo allo storto, che inevitabilmen-te inficia il dritto e rende tutta questa sto-ria una di quelle in cui “un pezzo non tor-na” (sempre Crippa, sempre ieri su questogiornale). Raimondo ha detto anche chequando ha iniziato a lavorare a Scampiac’erano bambini che si presentavano ascuola coi pantaloni strappati perché nonpotevano permettersi di comprarne dinuovi, mentre “oggi ci sono alunni che ac-quistano jeans stracciati a 150 euro, vi sem-bra normale questa ostentazione?”. E sìche lo è, normale, non siamo nel libro Cuo-re. In questo paese i migliori film si perdo-no spesso nel finale con funerale e bandie-re rosse, e le migliori intenzioni si perdonoaltrettanto spesso nel pauperismo: i “valo -ri buoni” sono sempre incarnati dai malve-stiti, umili, possibilmente poveri, mentredi quelli cattivi sono sempre personifica-zione i tamarri e gli spendaccioni. Da que-sto manicheismo progenitore dell’invidiasociale, vero veleno all’italiana, non riu-

sciamo a venire fuori.Seconda dichiarazione rabbrividente:

“Per Lino vedo un futuro da grande musici-sta. Frequenterà la masterclass, prenderàil diploma, si iscriverà al liceo musicale esi imporrà con il suo talento”. Ricordatequella scena di “Hook capitan Uncino” diSpielberg, quando la mamma di Peter Pandice a una sua amica che suo figlio “saràun grande avvocato” e la carrozzina, condentro Peter Pan, prende a rotolare via?Ecco, quella scena voleva significare chedal carrierismo degli adulti proiettato suibambini bisogna scappare. Sempre. Fanulla se poi si diventa bimbi sperduti.

Certo, i sogni di Raimondo sono più este-tizzanti (vuoi mettere l’artista con l’avvoca -to), ma sempre sogni di alte carriere sono.

Non si misura il valore di un ragazzinoda quanto promettente sia la carriera cheimmaginiamo possa avere, specie dopoavergli impedito di entrare a scuola con intesta un cestino di capelli blu, per farglicapire che il rispetto della forma è una tu-tela crescente per l’autenticità: questa sìche è una contraddizione capitalista, altroche pagare un paio di jeans 150 euro.

Simonetta Sciandivasci

AI FALS I MIT I SUL BIOLOGICO SI R ISPONDE FACENDO PIU ’ R ICERCA

Cari rossogialli, avete tante idee in comune sull’agricoltura bio. Evviva!Gentilissimi rappresentati del

Pd/pentastellati, c’è un settore del-la nostra economia, come si dice, stra-tegico nel quale potete abbracciarvi efumare il calumet della pace: l’agricol -tura. Purtroppo parliamo più dei pro-dotti finiti e pronti da mangiare, ricet-te, varie ed eventuali della fabbricache produce tutto questo ben di Dio: laterra e i contadini. Anzi, presi comesiamo ad ascoltare consigli culinari e apromuovere la nostra splendida ali-mentazione, abbiamo fomentato l’ideadi un’agricoltura ideale e bucolica che,appunto, con la terra e i contadini hapoco da spartire. Tuttavia, in questocampo, mi sembra che possiate sederviin circolo e discutere. Proposte in co-mune ne avete, siete entrambi (evviva)favorevoli all’agricoltura biologica. Eb-bene, pure io. A questo punto ci dob-biamo intendere sulla definizione dibiologico (tecnicamente si chiama or-ganico). Se intendiamo cercare, speri-mentare e usare quelle pratiche agro-nomiche che ci consentono di usaremeno chimica, meno fertilizzanti e piùsostanza organica, insomma sposarel’altra parola obbligatoria di questotempo e cioè la sostenibilità, allora do-

vete ammettere che le biotecnologiesono lo strumento più efficace che ab-biamo per produrre meglio e con menocosti (e con meno chimica). Quindi bioe biotech non sono nemici, sono pro-prio gemelli, uniti per raggiungere lostesso obiettivo. Bio e biotech fumanola pipa della pace senza nemmeno di-scutere. Facciamo un paio di esempi.Siamo tutti bio ma ci lamentiamo. Al-cuni insetti attaccano i nostri prodotti.Ci credo: sono belli, italiani e fannogola a tutti. Ma a noi bio che ci frega?Usiamo prodotti naturali, o no? Atten-zione, ’sta definizione è pericolosa. Seandate nei campi trovate delle belleombrellifere, sono naturali no? In mez-zo ai campi, sotto il sole, più naturali dicosì. E però attenzione: vi può capitaresotto mano la cicuta, mica stasera civogliamo fare un bell’infuso naturale?Tra l’altro non tutti reagiscono con lastessa fermezza di Socrate. Questo perdire che il principio attivo che uccidel’insetto o il patogeno non è la naturain sé, o la parola bio ripetuta con ilmegafono e usata a caratteri fighi nellapubblicità. Ma appunto è una molecolachimica. Se quella molecola viene dal-la natura non è per forza buona. I co-

siddetti prodotti naturali sono poi unossimoro. Alla fine, su larga scala (chesia piretro o insetticidi a base di Bt),c’è sempre bisogno di sintetizzare lamolecola. Il rame: ottimo contro le crit-togame. Però non basta sistemare laroccia che contiene rame in mezzo alcampo e sperare nei benefici effetti. Civuole l’ industria che sintetizzi (con unprocesso molto lungo e non facile) ilprincipio attivo (che tra l’altro nel biosi usa in dose, diciamo così, altine…).Quindi gli agrofarmaci si usano nel bioe nel convenzionale. E’ da considerare,poi, che oggi nel convenzionale si usa-no prodotti chimici buoni e non invasi-vi in dosi basse (anche l’industria chi-mica ha fatto passi avanti, perché inve-ste molto in ricerca: mettere sul merca-to un agrofarmaco costa fino a 120milioni di euro). Poi guardate gli orga-nigrammi aziendali. Le grandi multina-zionali producono sia per il convenzio-nale sia per il bio. Sembra che non cisia via di uscita per i radicali del bio.Sembra, ma il biotech offre una solu-zione, non per eliminare la chimicatout court. Ma per creare piante conresistenze, capaci cioè di proteggersida sole. Oppure piante che funzionano

meglio, più saporite, resistenti al fred-do, al caldo alla siccità e a vari acci-denti che la natura, indifferente allenostre fatate dichiarazioni di intenti, cipropina. Conosciamo il Dna meglio e,sempre di più, lo analizziamo con cura.Dunque, se scopriamo geni di resisten-za possiamo passarli da una pianta al-l’altra. Attenzione: in maniera più pre-cisa. Oppure, ecco un altro esempio.Sulla vite usiamo molti anticrittogami-ci e tuttavia potremmo, grazie a unatecnologia chiamata Crispr/Cas, cam-biare la serratura di ingresso e impedi-re che il fungo penetri nella pianta. Piùbio di così. Che dite, ci vogliamo prova-re? Sapete, abbiamo un’ottima ricercapubblica che tuttavia non può speri-mentare perché, a forza di parlare dicibo di Frankenstein e di bucolico, ab-biamo creato l’immaginario finto natu-rale di cui sopra e abbiamo escluso unsacco di strumenti utili a raggiungereobiettivi fantastici. Dai, facciamociquesta fumata e poi insieme, con corag-gio e serietà, cambiamo passo: aggior-niamo le applicazioni con lo stesso gri-do di battaglia: più tecnologie bio pertutti.

Antonio Pascale

I L CASO NON E ’ CHIUSO CON LA BANCAROTTA DI PURDUE

Giustizia o risarcimento? Il dilemma del grande processo agli oppiaceiRoma. Il colosso farmaceutico america-

no Purdue ha fatto tutto ciò che era in suopotere per raccontare la procedura di ban-carotta da poco presentata come il modopiù rapido e certo per risarcire i milioni diamericani danneggiati dalla dipendenzada OxyContin e altri oppiacei prodotti dal-l’azienda. Un patteggiamento, dice Pur-due, eviterebbe “un caleidoscopio di pro-cessi in tribunale” che costerebbe all’a-zienda, tanto per avere un’idea, 263 milio-ni di dollari in spese legali soltanto perquanto riguarda il 2019. Tutti soldi che nonfinirebbero nelle tasche di chi ha sportodenuncia. La bancarotta darebbe imme-diata soddisfazione alla parte lesa, sparti-rebbe con una complicata ristrutturazionel’ingente patrimonio di Purdue così com’èora (circa 10 miliardi di dollari) e, in cam-bio, chiuderebbe all’istante i 2.600 proce-dimenti aperti negli Stati Uniti e al mo-mento accorpati presso una corte federaledell’Ohio.

Il gigante che in decenni di menzogne ecampagne di marketing fuorvianti ha tra-sformato gli antidolorifici in una piaga so-

ciale su larga scala finisce gambe all’aria echi ha subito danni si prende la fetta dibottino che gli spetta. Un bel lieto fine, no?La storia è più complicata di così. Purdueha pianificato questa manovra con cura. E’almeno dall’estate del 2018 che la famigliaSackler, dinastia americana favolosamen-te ricca e proprietaria di Purdue, lavoraper organizzare un patteggiamento vantag-gioso. Quando sono finiti sotto il vocianteboicottaggio degli studenti di Harvard e dialtre università d’élite, per via dei fondiche generosamente versavano, i Sacklerha messo a capo del board di Purdue SteveMiller, uno dei più noti specialisti di ri-strutturazioni, e si sono affidati allo studiolegale Davis, Polk & Wardwell, esperti didiritto fallimentare. Il progetto prevede losmantellamento di Purdue e la cessione diMundipharma, un’altra controllata in In-ghilterra, in cambio della protezione dellafamiglia Sackler, che tecnicamente non èsotto processo. Se l’accordo proposto alleprocure americane andrà in porto, i Sac-kler perderanno il gioiello di famiglia, maloro molto probabilmente non saranno

perseguibili e non dovranno ammettere al-cuna colpa. E rimarrà loro qualche altrogioiello che hanno sapientemente nasco-sto prevedendo la bancarotta, come il mi-liardo di dollari che secondo la procura diNew York hanno trasferito in vari contiesteri a nome di uno dei membri della fa-miglia. Se la caveranno, secondo un con-teggio ancora da confermare, sborsando 3miliardi di dollari, finanziando il resto deirisarcimenti proprio con i proventi dell’O-xyContin. In pratica, la bancarotta dell’a-zienda rischia di trasformarsi in una spe-cie di vittoria per le “persone che sono frale più responsabili della scia di morte edistruzione che l’epidemia di oppiacei halasciato dietro di sé”, come ha detto il pro-curatore generale della North Carolina,Josh Stein.

Stein è uno fra i ventiquattro procurato-ri generali che non vogliono accettare ilpatteggiamento, e propende invece per in-filarsi in quel caleidoscopio di cause lega-li che l’azienda descrive come un pantanoche darà risarcimenti incerti e in tempibiblici. In realtà, i critici del compromesso

dicono anche che le stime offerte dallaproprietà sull’ammontare che effettiva-mente sarà risarcito sono esagerate, cosìda indurre le parti ad accettare un accor-do che alla prova dei fatti si rivelerà piùsvantaggioso per la parte lesa di come èpresentato. Altri ventiquattro procuratoripropendono invece per l’accordo, insisten-do sulla priorità di risarcire le vittime. Ilcaso Purdue configura un dilemma dellagiustizia: accettare un accordo che lascia apiede libero i responsabili ma risarciscele vittime, oppure inseguire fino alla finela famiglia Sackler, affrontando incertezzee lungaggini di migliaia di processi? Laprocuratrice generale di New York, Leti-tia James, una delle voci al centro del di-battito ha sintetizzato così una conclusio-ne a cui diversi degli attori coinvolti sonoarrivati: “Qualunque accordo tolga agliamericani miliardi di dollari, permetta aiSackler di fuggire dalle loro responsabili-tà e lasci che questa famiglia continui afornire le sue droghe al mondo è un pessi-mo accordo”.

Mattia Ferraresi

RomoloeGiulyinfuga(dalguardarobaaCortina1983),calano

imilanesi,salgonoinapoletani

PREGHIERA

di Camillo Langone

Caro m’è il sonno, e ca-ro m’è Claudio Damiani,uno dei migliori poeti italiani e il piùcalmo. Caro m’è questo suo ultimo pic-colo libro, “Endimione” (Interno Poe-sia Editore), che ricorda nel titolo chidomandò agli dèi di dormire eterna-mente. Anche il poeta dorme, in coper-tina. All’interno dorme e sogna. Sognama non desidera siccome è stupido de-siderare: “Anche ai ricchi gli mancatutto / e i poveri sono più vicini / allaverità che è la povertà”. Senza contareche il desiderio mette agitazione, ma-gari ci si risveglia. Invece Damianicontinua a dormire e a sognare i suoidolci sogni famigliari, bucolici, laziali(Roma è appena sullo sfondo). Natu-ralmente sogna la morte: “Non ci sonopiù, sono volato”. Le librerie sono pie-ne di libri di esaltati che spronano alfare e allo strafare mentre ogni verso di“Endimione” è una goccia di biancospi-no: caro sia Damiani agli allergici allafrenesia.

Amor che a nulla amatoamatriciana”. Un

biglietto da visita così lasciaaperta ogni possibilità, già la

prima stagione di “Romolo+Giuly-Laguerra mondiale italiana” aveva sfoderatobattute locali e demenzialità globali. Dalloscorso lunedì su Fox va in onda la seconda,meno romanocentrica e quindi piùaccessibile allo spettatore convinto che traRoma nord e Roma sud sia soltantoquestione di geografia, non di oppostevisioni del mondo. Siccome “La breccia diCorso Francia” ai bresciani non dicegranché, e siccome il pubblico va coltivatoanche se abita fuori dal raccordo anulare,a Roma sono calati i milanesi e sono saliti inapoletani. Spartendosi la città come sefosse Berlino, deportando i romani otenendoli prigionieri con la tuta arancioneche sostituisce le righe carcerarie. Invecedi intrecciare cestini, a furia di bacchettatesulle dita imparano la raccoltadifferenziata.

Eravamo partiti dall’amore contrastatodi Romolo Montacchi, figlio del re dellamonnezza, per Giuly Copulati, figlia dipalazzinari. Quoziente d’intelligenzacomplessivo: sotto il minimo (“E’ qui checoltivano i piatti che noi mangiamo”, dicela ragazza visitando per la prima volta lacucina di casa sua). Quando le cose simettono male, Giuly e Romolo scappanoattraverso un cunicolo spazio-temporaleche dal guardaroba conduce a Cortina1983, l’ultimo rifugio sicuro (ne hanno unotutti i romani ricchi, si arriva in montagnagiusto in tempo per festeggiare ilCapodanno, e poi arriva Natale, e poisubito dopo un altro Capodanno).

Intanto Mastrota (lui, proprio lui,Giorgio il re delle televenditeaccompagnato qui dal pupazzo T’ciù, chedalla guerra è uscito malconcio) e DonAlfonso (Fortunato Cerlino, il PietroSavastano di “Gomorra”) si spartiscono ilpotere. L’uomo venuto dal nord sfrutta iprogrammi tv e gli spot pubblicitari, piùun algoritmo di nome MARIO,rudimentale cervello elettronico checalcola il pensiero dell’italiano medio (conun occhio alla piattaforma Rousseau,mentre la televisione ricorda epochepassate: una voglia di satira politica siannida nel cuore di ogni comico). Primadecisione: abolire il lunedì, che diventa“Domenica bis” (la voglia di satira siannida nel cuore di ogni comico, ma daquando esiste il “mandato zero” il marginedi manovra è minimo).

L’uomo venuto dal sud avvia lamodernizzazione legalizzando i reati efacendo pagare le tasse alle forzeproduttive del paese: Mafia, Ndrangheta,Sacra Corona Unita (“Mio padre si rivoltanel pilone in cui l’ho dovuto murare”). Sututti vigila il funzionario tedesco conaccento da Sturmtruppen che a colazionemangia il debito greco sdegnando lepolpette.

Romolo e Giuly sono un pretesto perincatenare gag, qualcuna in linea conl’amore contrastato, altre perse per latangente. Scopriamo l’esistenza nel“neurone fregna”, unico funzionantequando il ragazzino si fa uomo (PeteDocter in “Inside Out” non l’avevaconsiderato, ma lì avevamo una ragazzinaprotagonista). Viene rifatta identica lascena degli spermatozoi nel film di WoodyAllen “Tutto quello che avreste volutosapere sul sesso…”: è il momento dilanciarsi verso l’ovulo, ma che paura! Peraggiungere citazione a citazione, l’ovuloattende mollemente adagiata su un sofà,vestita elegante, e lo spermatozoo siprodiga in una dichiarazione d’amore.Niente a confronto di Carlo Marzo, l’ultimocomunista, e della sua profezia: “Estrarrela forchetta dalla pasta”. L’attore è GiobbeCovatta, tra le numerose guest star cheallieteranno la stagione.

Mariarosa Mancuso

LE SERIE TV SPIEGATE A GIULIANO

Il libro di Olga Tokarczuk, trionfodell’incompiuto, del periferico e deldubbio. Perfetto per i nostri tempi

Non è la prima volta che il Man BookerPrize International fa tornare alla ri-

balta, in paesi che lo avevano ignorato o nonlo avevano proprio mai visto, un grande au-tore dell’est. La prima volta è capitato con unvero gigante, l’ungherese László Krasz-nahorkai, pubblicato per la prima volta inItalia dalla Zandonai e che, dopo la vittoriadel premio nel 2015 (con un libro del 1985, ilsuo esordio “Satantango”), è stato ripreso daBompiani, la quale sta oggi per uscire con “Ilritorno del barone Wenckheim”. Simile ildestino della polacca Olga Tokarczuk: alcu-ni suoi libri erano usciti in sordina, pressoE/O e Nottetempo, ma dopo la vittoria al ManBooker Prize International torna oggi in li-breria con “I vagabondi”,pubblicato, a undi-ci anni dall’originale, sempre da Bompiani,nella traduzione di Barbara Delfino.

I “vagabondi” del titolo non sono vaga-bondi qualunque, dato che la parola origi-nale, bieguni, indica un gruppo, forse finzio-nale, di nomadi e reietti slavi che “cercanola salvezza nel continuo spostamento”. E “Ivagabondi” è sicuramente e prima di tuttoun elogio del movimento, del viaggio, del va-gare del flâneure anche di quello del turista(si capisce che è un libro scritto prima dellacrisi dal fatto che non vi si trovano migrazio-ni a scopo economico, né di poveri, né diborghesi, cosa che a tratti fa pensare a unacelebrazione del “viaggio all’occidentale”,comprensibile in chi è cresciuto sotto laCortina di ferro, diventata oggi un po’ inge -nua). Questo è tuttavia solo il lato più super-ficiale del libro, che alcuni hanno fatto fati-ca a chiamare “romanzo”, essendo compo-sto da frammenti il cui collante è tematico econcettuale, ma che in realtà, considerandoil terreno in cui si muove oggi il fronte d’on -da di tal genere – si pensi a Sebald, direttoprogenitore di quest’opera, ma anche aigrandi “romanzi-contenitore” di quelli cheoggi sono i maggiori scrittori europei: il ro-meno Mircea Crtrescu con “Abbacinante” el’imminente “Solenoid”, il francese Ma-thias Énard con “Zona e Bussola”, il bulga-ro Georgi Gospodinov con “Romanzo natu-rale e Fisica della Malinconia“ ”– non c’èalcun problema a definire così. SeguendoTokarczuk nelle sue peregrinazioni fisichee mentali incontriamo una vera e propriaWunderkammer di luoghi e oggetti, a comin-ciare dalle parti anatomiche, da sempreelemento imprescindibile di ogni “gabinet -to delle curiosità” che si rispetti: dal cuoredi Chopin – rocambolescamente trasportatoda Parigi a Varsavia –, ai seni di sant’Annaconservati in una caraffa di vetro, fino allagamba amputata dell’anatomista olandesePhilip Verheyen che, dissezionandola per-sonalmente, scoprì il tendine di Achille.Agli oggetti e ai luoghi bizzarri fanno ecopersonaggi altrettanto strani (o allegorici).Come la donna che sta scrivendo un libro suogni crimine mai commesso dagli uomini, oil viaggiatore che si porta dietro breviari difrasi di Cioran, da usare a mo’ di oracoli, evagheggia un mondo in cui si sostituiscanole bibbie nei cassetti degli alberghi. Fino apersonaggi più ordinari, ma sempre sospesiin atmosfere liminali, come la madre e ilbambino che scompaiono su un’isola o ladonna che torna in patria dopo decenni peraiutare il suo primo amore a morire.

Essendo un libro di curiosità, storia e ri-flessioni, in cui l’ambizione è creare con-nessioni, e quindi struttura narrativa, soloattraverso collegamenti estetici e simbolici,il paragone che sorge più immediato è ap-punto quello con Sebald. Ma nei “Vagabon -di” si possono trovare anche echi di Kiš eSchulz, oltre che del Calvino delle “Città in -visibili”, sebbene la malinconia un po’ bef -farda che stilla dal romanzo sia un caratte-re proprio di Tokarczuk. Ma anche dell’in -sanabile attrazione per tutto ciò che è in-compiuto, periferico e dubbio, nonché diuna evidente preferenza per la conoscenzaintuitiva e per la connessione estempora-nea: strumenti che, forse, possono tornareutili per venire a capo di un’epoca in cuisono saltati tutti i parametri che prima cre-devamo assoluti.

Vanni Santoni

PICCOLA POSTA

di Adriano Sofri

Cosa fatta capo ha, anche se nonabbia né capo né coda. Dunque tan-

to vale, se non si sia in posizione di entu-siasmo, limitare i danni. Si tratta di ve-dere se la moltiplicazione di partiti inpotenza alleati compensi la moltiplica-zione di correnti in atto nemiche. InParlamento e dunque nelle elezionicontano le alleanze, mentre l’autonomiadi programmi, modi di agire e linguaggiriguarda l’azione sociale, la vita quoti-diana. Non possono contrapporsi, manemmeno identificarsi. Il compromessoè la chiave delle prime, è solo un costomarginale della seconda. Auguri, dun-que – Dio ce la mandi buona, insomma.

C’è un aspetto, cambiando argomen-to, che mi sta a cuore. E’ ovvio interessedella infortunata opposizione presen-tarsi come la piazza contro il palazzo, epresentare la piazza gregaria come ilpopolo. L’improvvisa e improvvisatamaggioranza di governo è meno popola-re e meno capace di muovere e commuo-vere la piazza, cosicché un po’ per difen-dersene, un po’ per una perversionementale, tende a dire che la democraziaconsista in ciò: che chi è al governo go-verna, e chi è all’opposizione mobilita lapiazza. Pessima idea. Mi auguro che nel-l’attuale maggioranza qualcuno deside-ri investire su una piazza democraticacon un suo popolo non gregario, conqui-stato da un ideale e un obiettivo capacidi muovere e commuovere. La concor-renza fra le piazze è una scemenza, mala sensazione di un palazzo assediatodalle piazze, che è il programma unicodella destra, sarebbe deleteria.

Elogio dei vagabondiRoma città aperta

SU YOUTUBE IL MEGLIO DEL SUO REPERTORIO. PARLA IL FRATELLO STEVE

Bill Hicks, il comico-santone che ha cambiato per sempre la stand up comedyE’tutta questione di equilibri che

vengono rotti prima o poi da qual-cuno che vuole cambiare le cose, succedesempre così. Prendete William Webb El-lis, che si stanca delle regole del football,prende il pallone in mano, corre da solofino a fondo campo e inventa il rugby. Vaia capire se nel 1823 avesse la minimacognizione del fatto che aveva appenadato vita a uno degli sport più praticati eseguiti al mondo, poco importa. Anchenel caso di Bill penso sia stato così: ifamiliari, gli amici, il mondo, fermi aguardarlo, mentre lui corre beffardo esornione verso la meta perché si è stan-cato di subire la storia e vuole diventar-ne parte.

Questo è stato il mio pensiero subitodopo aver parlato con Steve Hicks, Fratel-lo di Bill, lo stand up comedian scompar-so nel 1994 che ha riscritto il paradigmadel rapporto showman-pubblico primanegli Stati Uniti, poi, dopo la sua morte,nel mondo.

Descrivere Bill Hicks non è facile: unpersonaggio poliedrico, schietto, quasiboccaccesco nel suo dipingere una realtàche attraverso i suoi monologhi apparepiù cruda e disincantata di quanto ogniessere umano possa percepire autonoma-mente. Eppure, nel nichilismo incarnatodai temi trattati, dalle espressioni del vi-so, dall’uso delle imprecazioni perfetta-mente funzionali a un progetto di conver-sione degli ascoltatori verso il suo culto,verso l’immagine di un comico-santoneche invitava l’umanità intera alla rifles-sione sulle ragioni della propria esisten-

za, si vedevano degli aspetti più profondiche riguardavano una sfera personale eintima. Le origini del mito sono quelleclassiche di un ragazzo che capisce il suotalento e inizia ad affinarlo già in teneraetà: “Quando aveva 11 o 12 anni – raccontaSteve – iniziò a scrivere battute e barzel-lette in camera sua. Faceva scorrere i fo-gliettini sotto la porta della mia cameraper avere un feedback e, anche se alcunefacevano ridere e altre no, era chiaro cheil suo futuro non sarebbe stato quello diuna persona ordinaria: liceo, college e unlavoro con un capo per tutta la vita”.

Chissà cosa sarebbe stato del contribu-to di Bill alla cultura pop americana sesuo fratello avesse ritenuto sciocche quel-le battute o se non avesse avuto il tempodi leggerle. Chissà, nell’eterna mutabilitàdelle cose, quante volte quello che è rite-nuto universalmente come uno dei mi-gliori comici della storia non è stato in-gaggiato per una serata, è stato trattatocon sufficienza o peggio, con sospetto (losa bene David Letterman, che solo nel2009, dopo essersi scusato con la madredel comico, manderà in onda la perfor-mance al suo talk-show, che era stata cen-surata nel 1993).

Nessuno può dirlo, ma fortunatamentesiamo qui a parlare di come, grazie soprat-tutto alla pubblicazione su YouTube ditantissimo materiale inedito, l’Hicks-pen -siero riesce ancora oggi a porre al pubbli-co quegli interrogativi esistenziali propo-sti attraverso l’espediente della battuta,quegli interrogativi visionari negli anni 80-90 e tremendamente attuali oggi.

Guerra, religione, debolezze dell’uomosono il bersaglio di una satira talmentesprezzante da colpire ora più che mai ilsenso intimo di salvaguardia, quasi ad at-taccare alla radice quei valori tipici dellacultura occidentale che, sotto i colpi dimicrofono di Hicks, vacillano più chemai.

“Penso che mio fratello fosse così intel-ligente – afferma Steve – da poter vederel’andamento generale del mondo: ciò cheera rilevante e importante venticinque otrent’anni fa, quando si esibì, è ancorarilevante e importante oggi”. Questo forseè il plus dell’opera hicksiana, un rapportototale con il pubblico, un fil rouge che nonè stato interrotto dal cancro, né dalla mor-te e che in un certo senso ha tenuto econtinua a tenere vivo quel ragazzo spa-valdo della Georgia, scomparso solo fisi-camente venticinque anni fa.

“Quando nuove persone scoprono onli-ne il lavoro di Bill, molti sentono di assi-stere a qualcosa fatto di recente. Mio fra-tello parla ancora al cuore di tanta genteche è messa alla prova dalle avversità del-la vita. Le parole di Bill offrono ad alcunepersone un conforto perché fa capire loroche non sono soli.”

Quanto resta però di inedito nel reper-torio di Bill Hicks? La risposta di Steve èmolto chiara: “Il meglio è già a disposi-zione del pubblico. Rimangono ancoraventicinque ore di materiale video e cin-quanta di audio che però non sono diqualità altissima. Molti file sono corrotti,ma ciò che è salvabile verrà pubblicatosul canale YouTube ufficiale Bill Hicks

Personal Collection, Rare and Unusual. Ap-prezziamo il supporto dei fan di tutto ilmondo anche nel reperire questo mate-riale. Fuori dal palco però c’è un Billdiverso, sempre divertente e allegro, maattento agli altri e generoso: “Nella vitadi tutti giorni era solo un bravo ragazzo.Adorava stare in famiglia, ha amato e vi-ziato i suoi nipoti Rachel e Ryan, ma nonsolo. Ancora oggi tanti fan ci raccontanoatti di generosità o di semplice gentilez-za che noi non conoscevamo e che rendo-no ancora l’idea di che persona fosse.”

Poi aggiunge: “Mi ricordo che il giornodel suo diploma, Bill aveva uno spettaco-lo in un Comedy Club, quindi decise dinon andare alla cerimonia per esibirsi. Inostri genitori andarono da soli a ritirar-lo! Questo racconta quanto la sua mentefosse rivolta alla sua carriera e quantofosse determinato.” Bill Hicks rimanedunque uno dei numi tutelari per chi siappassiona alla stand up comedy, un ge-nere che sta prendendo piede solo ora inItalia, ma che esiste e prospera in tutto ilmondo da più di mezzo secolo.

Qual è dunque l’insegnamento che sipuò trarre dalla carriera e dallo stile diBill Hicks? Suo fratello suggerisce, conl’esperienza di chi ha raccolto fogliettinida sotto la porta della camera fin dagliinizi, di perseverare e di creare uno stileproprio, di non arrendersi ai primi no e diessere forti. “Tra venticinque anni senti-remo ancora parlare dell’eredità artisticadi Bill Hicks”, conclude Steve. “Ce lo au-guriamo tutti” aggiungo io.

Alessandro Ferri

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