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19-07-27 RASSEGNA STAMPA 19-07-26 EBRO FOODS- FATTURATO IN CRESCITA DEL 7,6% NEL PRIMO SEMESTRE 2019 A 1,35 MILIARDI Agrisole 19-07-26 OGM, VIA LIBERA DI BRUXELLES A DIECI VARIETÀ PER USI ALIMENTARI, MANGIMI E FIORI Agrisole 19-07-26 COLDIRETTI, CONTINUA L’EMERGENZA AGRICOLA A CAUSA DEL CALDO Teleborsa 19-07-26 CO2 IN AUMENTO- PIÙ PRODUTTIVITÀ PER IL GRANO MA MENO QUALITÀ TeatroNaturale 19-07-27 DAZI USA, AFFONDO DELL’ITALIA: «PER NOI CONTO DA 4,5 MILIARDI» Il Sole 24 Ore 19-07-27 APERTURE SUI DAZI E CAPITALISMO ILLIBERALE Il Sole 24 Ore 19-07-27 LA UE AUTORIZZA L’IMPORT DI DIECI NUOVI OGM Il Sole 24 Ore

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Ebro Foods: fatturato in crescita del 7,6% nel primo semestre 2019 a 1,35 miliardi A.R.

Pasta Garofalo traina le vendite in Spagna e Francia. Utile netto in calo a 74,5 milioni (-2,5%) mentre l'indebitamento sale a 832 milioni

Nel primo semestre 2019 il fatturato di Ebro Foods, gruppo alimentare spagnolo proprietario, tra gli altri marchi, di Pasta Garofalo, è cresciuto del 7,6% a 1.356,8 milioni trainato proprio dal buon andamento dei marchi premium. L'Ebitda è cresciuto del 6% a 159,4 milioni. Questi dati, resi noti oggi, non includono il contributo di Alimentation Santé il cui risultato è registrato come attività cessata. L'utile netto ammonta a 74,5 milioni (-2,5%) ma, sottolinea una nota del gruppo, ha mostrato una ripresa del 14% nell'ultimo trimestre. Sui risultati pesa l'aumento dei prezzi delle materie prime – soprattutto in Spagna e Italia – dovuto al calo dei raccolti. Il gruppo sottolinea comunque le buone performace di Pasta Garofalo che «continua ad avanzare molto positivamente in Spagna e Francia, trainando il segmento premium in questi mercati».

L'indebitamento finanziario netto è salito nel semestre a 832 milioni, in aumento di 127 milioni rispetto alla fine del 2018, principalmente a causa dell'applicazione dell'Ifrs 16, che modifica la contabilizzazione dei contratti di leasing «costringendoci – sottolinea il gruppo spagnolo – a capitalizzare 80,7 milioni. Questa cifra include anche la contabilità delle partecipazioni di minoranza di alcune aziende, che ammontano a 160 milioni, e il pagamento del dividendo di ottobre pari a 29,2 milioni. Mentre i 57,5 milioni della vendita di Alimentation Santé non sono ancora stati contabilizzati».

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Ogm, via libera di Bruxelles a dieci varietà per usi alimentari, mangimi e fiori Radiocor

Le nuov eautorizzazioni della Commissione europea avranno durata decennale ma non riguardano le coltivazioni

La Commissione europea ha autorizzato oggi dieci organismi geneticamente modificati (Ogm) per l'uso alimentare e come mangimi per animali. Le autorizzazioni non prevedono, però, l'uso di questi Ogm per la coltivazione. Si tratta di sette Ogm per usi alimentari e in mangimi per animali (cotone GHB614xLLCotton25xMON1598, mais 5307, mais MON 87403, mais 4114, mais MON87411, mais Bt11xMIR162x1507xGA21, soia MON87751), due per mangimi (colza Ms8xRf3 e mais 1507xNK603) e per un fiore. Tutti questi Ogm hanno superato una procedura di autorizzazione, compresa una valutazione scientifica favorevole da parte dell'Efsa, l'Agenzia Ue per la sicurezza alimentare. Le autorizzazioni sono valide per 10 anni e tutti i prodotti ottenuti da questi Ogm saranno soggetti alle norme Ue in materia di etichettatura e tracciabilità.

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Coldiretti, continua l’emergenza agricola a causa del caldo 26 luglio 2019 - (Teleborsa) – Ancora il caldo affligge le campagne italiane. Secondo Coldiretti, l’afa taglia le produzioni di uova, latte e miele, minaccia di bruciare frutta e verdura e di seccare i cereali in campo. Con il termometro stabile vicino ai 40 gradi, ci sono forti ripercussioni con la produzione del latte, ad esempio, scesa del 10%.

Tutto il settore agricolo è colpito, anche nei pollai si registra un netto calo nella produzione di uova, così come le api che hanno smesso di volare e non trasportano più nettare e polline, con la produzione nazionale di miele crollata del 41%.

“In pericolo – sottolinea Coldiretti – anche le colture nelle campagne, dove gli agricoltori sono costretti a ricorrere all‘irrigazione di soccorso per salvare i raccolti in sofferenza a causa delle alte temperature, dagli ortaggi al mais, dalla soia al pomodoro a causa dei 35 gradi che espongono le piante a rischio di colpi di calore e stress idrico che compromettono la crescita della frutta, bruciano gli ortaggi e danneggiano i cereali.

“Negli ultimi dieci anni – conclude Coldiretti – gli effetti del clima pazzo hanno causato danni per oltre 14 miliardi di euro all’agricoltura“.

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CO2 in aumento: più produttività per il grano ma meno qualità L'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera ha effetti metabolici sensibili con un potenziale maggiore produttività ma anche una modifica della composizione, con un minor contenuto proteico, effetto che può essere accentuato dalla siccità

I livelli di anidride carbonica atmosferica (CO2) sono in aumento, il che, secondo gli esperti, potrebbe produrre più siccità e temperature più calde. Anche se questi cambiamenti climatici dovrebbero avere un impatto negativo sulla crescita di molte piante, la maggiore disponibilità di CO2 potrebbe in realtà essere vantaggiosa perché le piante utilizzano i gas serra per produrre cibo attraverso la fotosintesi. Infatti ricercatori spagnoli hanno pubblicato su ACS' Journal of Agricultural and Food Chemistry che un livello di CO2 molto più alto potrebbe aumentare la resa del

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grano, ma ridurre leggermente la sua qualità nutrizionale. Il frumento è una delle colture più importanti al mondo; la sua farina è utilizzata come ingrediente principale in una grande varietà di alimenti come pane, pasta e pasticceria. In precedenza, gli scienziati hanno dimostrato che le elevate emissioni di CO2 possono aumentare la resa del grano a scapito delle caratteristiche di qualità dei cereali, come il contenuto di azoto e proteine. Tuttavia, gli scienziati non conoscono ancora l'intera gamma di cambiamenti di qualità dei cereali che possono verificarsi in diversi stadi di sviluppo del grano o i meccanismi biochimici che ne sono alla base. Iker Aranjuelo e colleghi volevano esaminare gli effetti dell'elevata CO2 sulla resa del grano, la qualità e il metabolismo durante la formazione del grano e a maturità. I ricercatori hanno coltivato grano in serra a concentrazioni di CO2 normali (400 parti per milione; ppm) o elevate (700 ppm). Il team ha scoperto che il grano coltivato sotto elevati livelli di CO2 ha mostrato un rendimento superiore del 104% di grano maturo. Tuttavia, il contenuto di azoto del grano era inferiore dello 0,5% in queste condizioni, e ci sono state anche piccole diminuzioni del contenuto proteico e degli amminoacidi liberi. I ricercatori hanno utilizzato la gascromatografia e la spettrometria di massa per analizzare i cambiamenti metabolici nei cereali in diversi stadi di sviluppo. Tra gli altri cambiamenti, l'elevata CO2 ha alterato i livelli di

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alcuni amminoacidi contenenti azoto durante la formazione dei cereali e a maturità. Anche se i cambiamenti metabolici che hanno rilevato hanno avuto impatti modesti sulla qualità finale del grano, gli effetti potrebbero essere amplificati da altri cambiamenti nell'ambiente di una pianta, come la limitata disponibilità di azoto o condizioni di siccità, dicono i ricercatori. di R. T.

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Data 27/07/2019

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2 Sabato 27 Luglio 2019 Il Sole 24 Ore

Primo Piano

LA CRESCITA DEL SECONDO TRIMESTRE

Il Pil americano paga le debolezze globalie rallenta al 2,1%

Marco ValsaniaNEW YORK

L’espansione americana paga debo-lezze globali e incognite domestiche, rallentando il passo nel secondo tri-mestre dell’anno al 2,1% dal 3,1% dei tremesi precedenti. Ma si dimostra tutto-ra vitale e capace di battere previsioniche la volevano ferma sotto il per cen-to. Un sostegno cruciale è giunto dallaspesa dei consumatori: quei due terzidell’attività economica hanno accele-rato nettamente rispetto all’inizio del-l’anno, abbastanza da compensareflessioni negli investimenti aziendali.

La Federal Reserve, davanti al da-to sul Pil comunque più debole in dueanni, secondo mercati e analisti do-vrebbe ugualmente procedere a untaglio degli tassi d’interesse al verticedella prossima settimana, il 30 e 31luglio. Una riduzione con ogni pro-babilità’ di un quarto di punto dall’at-tuale livello di 2,25%-2,50 per cento.Sulle piazze future una simile mossaha circa l’80% di probabilità contro il20% di chance di una più aggressivamanovra di mezzo punto. Il taglio èconsiderato anzitutto una polizza diassicurazione a protezione d’unacrescita che ha ormai compiuto diecianni, un record di longevità. Menochiaro si presenta il cammino suc-cessivo della politica monetaria ame-ricana, con scommesse - al momentomeno convinte - di ulteriori mosse asettembre, quando anche l’europeaBce dovrebbe varare nuovi stimoli.

Il secondo trimestre del 2019 hainvertito i pilastri della crescita ri-spetto al primo: se allora i consumierano progrediti d’un modesto 1,1%,adesso hanno fatto segnare un 4,3%,l’andamento più robusto dal 2017aiutato da una disoccupazione ai mi-nimi del 3,7% e da recuperi nei salari.Anche l’inflazione si è ripresa: l’indicelegato alla spesa personale è lievitatodel 2,3%, rispetto allo 0,4% nel primotrimestre, e dell’1,8% senza le volatili

componenti energetiche e alimenta-ri. Gli investimenti fissi delle imprese,escluso il comparto residenziale, so-no al contrario scivolati dello 0,6%, ilprimo calo dal 2015, dopo un positivo4,4% tra gennaio e marzo. Quelli in strutture sono caduti del 10,5% men-tre le spese in attrezzature sono au-mentate d’uno scarno 0,7%, danneg-giate dalla crisi di Boeing. I profitti della Corporate America si stannoinoltre indebolendo, potrebbero es-sere diminuiti dell’1,9% nel secondotrimestre stando a Factset, e assiemealle incertezze internazionali consi-gliano prudenza alle aziende.

Il commercio ha sottratto 0,7 pun-ti al Pil risentendo, oltre che della fra-gilità del quadro internazionale, del-le guerre tuttora irrisolte sull’inter-scambio tra Stati Uniti e Cina (il con-sigliere della Casa Bianca LarryKudlow ha minimizzato ieri le chan-ce di grandi accordi imminenti) comedi frizioni con l’Europa. L’export delmade in Usa è diminuito del 5,2 percento. Un ulteriore freno è stato ilsettore immobiliare, che ha soffertoil sesto declino consecutivo.

Un colpo, almeno d’immagine, al-l’espansione americana è inoltre ar-rivato dalla revisione al ribasso deidati del 2018: sempre sotto il peso dinervosismo negli investimenti e nel-l’interscambio, la crescita dell’annoscorso si è fermata al 2,5% anziché altraguardo del 3%, promesso dal pre-sidente Donald Trump e che inizial-mente sembrava aver raggiunto.

«Mi aspetto una continua buonasalute dei consumi e della spesa pub-blica e recuperi negli investimenti»,afferma tuttavia l’economista Mic-key Levy di Berenberg, che pronosti-ca una crescita del 2% nella secondametà dell’anno. «Esistono aree di de-bolezza nel manifatturiero come ne-gli investimenti, ma l’economia mar-cia con i consumatori che si mostra-no in salute» ha concordato RyanSweet di Moody’s Analytics. Standoalle previsioni medie, l’espansionenell’intero 2019 potrebbe mantenereun passo tra il 2,1% e il 2,4%, allonta-nando quantomeno per ora spettri dibruschi rovesci e recessioni.

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Con questo dato mercoledì la Fed potrebbe tagliare solo di un quarto di punto i tassi

Carmine Fotina

Una volta insediata la nuovaCommissione europea –preannuncia Michele Geraci,sottosegretario allo Svilup-

po economico in quota Lega – l’Italiaandrà in pressing, alzando il livello dirichieste su commercio internaziona-le e accordi di libero scambio.

Intanto, negli Usa avete presenta-to una stima dell’impatto dei dazi.Che cosa le hanno risposto?Durante la missione due settimane faabbiamo spiegato numeri alla manoche l’Italia verrebbe colpita in manierasproporzionata per colpe di altri paesiUe. Quasi quanto la Francia, più deglialti paesi del consorzio Airbus. Ho no-

tato una certa sorpresa, non avevanofatto un’analisi paese per paese. Cisiamo risentiti con loro anche quattrogiorni fa, ci hanno detto che la listanon è definitiva e siamo fiduciosi chepotrà essere rivista in modo più equi-librato.

Ma la politica commerciale è com-petenza esclusiva Ue. Ha sensoun’iniziativa individuale?La politica è comune, certo, ma le ne-goziazioni si possono anzi per noi si devono fare one to one con ogni part-ner, Usa, Cina e altri. E a Bruxelles suitrattati serve un nuovo modus ope-randi.

Che significa scusi?Chiederemo che quando si vota untrattato sia fatta con trasparenza

un’analisi di impatto non solo per la Ue nel complesso, come si fa oggi, maper ognuno dei 28 paesi. Gli squilibriindotti da determinati accordi vannocompensati.

Ma che cosa proporrà l’Italia inconcreto? Speriamo che il prossimo commissa-rio al Commercio, meglio ancora se sarà italiano, porti avanti alcuni cam-biamenti. Penso anche a un amplia-mento radicale dell’attuale fondo di adeguamento alla globalizzazione,che vale 150 milioni e scatta solo per legrandi aziende, quelle con oltre 500 esuberi. Serve un fondo con dotazio-ne di diversi miliardi che redistribui-sca i guadagni provenienti a livello Uedagli accordi di libero scambio a favo-

re dei singoli paesi che risultino pena-lizzati, in particolare in settori più vul-nerabili come quello agricolo.

Con gli Usa avete parlato anchedell’accordo di libero scambio, ciòche resta del Ttip?Sì. La situazione però è di stallo perchéloro continuano a voler inserire l’agri-coltura punto sul quale l’Europa ècontraria.

Perché l’Italia si oppone al trattatocon il Mercosur?Mi dà l’occasione per chiarire un pun-to. Sui trattati non abbiamo posizioniprecostituite, ma valutiamo i singolidossier. In questo caso siamo contrarial metodo, cioè un’accelerazione nonnecessaria del commissario Malm-ström in chiusura di mandato, e nel merito proprio per i rischi che vedia-mo per l’agricoltura. Le nostre preoc-cupazioni sono legate a possibilitriangolazioni di merci provenienti dapaesi dell’America latina diversi daArgentina, Brasile, Paraguay e Uru-guay che fanno parte del Mercosur. Stessa preoccupazione che abbiamoper i paesi Asean ad esempio.

E l’astensione sul Vietnam?

INTERVISTAMichele Geraci. Il sottosegretario Mise: servono clausole di riequilibrio sui trattati di libero scambio

«Pronti al pressing con la nuova Commissione»

Come noto l’accordo è passato anchese l’Italia si è astenuta. L’intesa do-vrebbe tutelare di più il riso italiano emi preoccupa molto non aver messolimiti all’import di “broken rice”.

Veniamo al Ceta, il trattato con ilCanada. Il ministro Di Maio aveva as-sicurato un anno fa che sarebbe arri-vato in Parlamento per essere boc-ciato. Ma è ancora in vigore in viaprovvisoriaStiamo continuando a valutare l’an-damento finora positivo delle nostreesportazioni. Al momento non è pre-visto che il Ceta approdi in Parlamen-to, ricordo che se votiamo «no» deca-de tutto il trattato. Non ho fretta.

Ma, a giudizio del suo governo,c'è un caso positivo di free tradeagreement?Il Giappone lo è. Abbiamo sostenuto l’accordo chiuso un anno fa che stadando già ottimi frutti. L’export versoquesto paese sta decollando: +15% an-nuo nei primi cinque mesi del 2019, +23% solo a maggio. Il Giappone è la conferma che non abbiamo pregiudi-zi ma valutiamo i singoli trattati.

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Dazi Usa, affondo dell’Italia:«Per noi conto da 4,5 miliardi»La lista in discussione. Presentato l’impatto delle possibili tariffe anti Ue sul caso Airbus: solo la Francia colpita di più, il governo chiede un riequilibrio. Vino e alimentare sotto tiro

Carmine FotinaROMA

Poco più di 5 miliardi di dollari, l’equivalente di 4,5 miliardi di euro,oltre il 9% dell’export italiano negli Stati Uniti. È il “conto” per l’Italia del-la nuova ondata di dazi americani, presentato nella missione governati-va di due settimane fa. Le cifre, che IlSole 24 Ore ha visionato, sono state illustrate dal sottosegretario allo Svi-luppo economico con delega al com-mercio estero, Michele Geraci, nelcorso degli incontri avuti a Washin-gton con l’Ustr, l’Ufficio del rappre-sentante speciale al commercio cheha pubblicato la lista dei prodotti a rischio, e con il National economic council della Casa Bianca.

I dazi in discussione sono quelliproposti dall’Ustr come rappresagliacontro gli aiuti Ue al consorzio euro-peo degli aerei Airbus. L’iter per l’ap-plicazione finale è ancora in corso mal’Italia ha sottolineato agli Usa che ri-tiene la ripartizione dei dazi in di-scussione estremamente squilibrata,al punto che il nostro export sarebbe– dopo la Francia e prima degli altritre paesi storici del consorzio, cioè Germania, Spagna e Regno Unito – ilpiù danneggiato. Rispetto alla stessaFrancia si ritiene che la scelta dei pro-dotti sia sproporzionata.

Il confronto con l’amministrazio-ne americana sulla lista “anti Air-bus”, arrivata dopo i dazi già appli-cati su acciaio e alluminio, si inseri-sce nel più ampio dialogo Ue-Usa sul trattato di libero scambio (una sorta del vecchio Ttip in forma ri-dotta) e sui prospettati e temutissi-mi dazi per il mercato dell’auto.

Nel vino e nell’alimentare, inparticolare per i formaggi ma ancheper la pasta, saremmo più in diffi-coltà. I calcoli elaborati dagli ufficitecnici del ministero dello Sviluppoeconomico sulla base di dati delledogane Usa indicano per l’Italia unimpatto di 5,07 miliardi di dollari suesportazioni per 54,7 miliardi. Per laFrancia 8,1 miliardi (su 52,4 miliar-di), per la Germania quasi 4,5 (su125,9), per il Regno Unito 3 (su 60,7),per la Spagna 1,8, (su 17,2) e poi viavia per gli altri paesi.

Il controvalore dei prodotti indi-cati dall’Ustr, in due differenti tran-che, è nel complesso di circa 25 mi-liardi di dollari. Ad aprile infatti la prima lista – per dazi la cui entità sa-rebbe determinata alla fine del per-corso – comprendeva 317 sotto cate-gorie per un controvalore dell’im-port americano stimato in 21 miliar-di di dollari. Questa prima lista erasuddivisa in due parti, la prima con-centrata su prodotti e componenti dell’industria aerea ed elicotteristicacolpirebbe solo Francia, Germania,Spagna e Regno Unito mentre la se-conda riguarderebbe tutti i 28. Al-l’inizio di luglio si è aggiunta una li-sta supplementare per il controvalo-re di 4 miliardi di dollari, anche que-sta rivolta a tutti i 28 membri Ue.

Nel primo elenco già figuravanoprodotti italiani come il pecorino e ilprosecco. L’elenco supplementare –definito anche dopo consultazioni con i produttori americani – ha poiacuito le preoccupazioni del settoreagroalimentare italiano, con l’inclu-

sione ad esempio di romano, reggia-no, provolone. Ma nella ripartizionedei 5 miliardi di dollari a carico del-l’Italia le voci sono molto diversifica-te. Tra prima e seconda lista, il setto-re dei vini e liquori sarebbe colpito per 2,3 miliardi di dollari, gli alimen-

tari e bevande (vino e liquori esclusi)per quasi 1,3 miliardi, la moda per poco più di 1 miliardo, i materiali dacostruzione per 180 milioni, i metalliper 110 milioni, le moto per 74 milio-ni, la cosmetica per 42.

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Gerardo PelosiROMA

«L’Italia non si discosta affatto dallapolitica europea sulle sanzioni allaRussia ma interpreta meglio di altri Paesi il cosiddetto double track, te-nendo aperto il dialogo tra le societàcivili». Così l'ambasciatore italiano aMosca, Pasquale Terracciano, in que-sti giorni a Roma per partecipare allaXIII conferenza degli ambasciatori eambasciatrici spiega come l’impattodel regime delle sanzioni sta pesandosulla nostra economia molto più ri-spetto ad altri Paesi proprio per laconsolidata integrazione economicae commerciale tra Italia e Russia.

Da un lato, infatti, la Russia ha unaforte domanda di prodotti italianimentre per noi la Russia è il principa-le fornitore di risorse energetiche.«Le sanzioni – spiega l'ambasciatoreTerracciano – riguardano il settore oil&gas, le tecnologie dual use civile emilitare e il settore bancario per i fi-

nanziamenti superiori ai 30 giorni».Prima delle sanzioni nel 2013, ricordaTerracciano «le nostre esportazioniin Russia sfioravano i 15 miliardi di dollari ma, subito dopo l’adozione delle sanzioni siamo scesi a 7 miliardiora risaliti a 11 miliardi». Un calo delleesportazioni che non tiene conto, pe-raltro, del trend sempre crescente delnostro export verso Mosca prima del-le sanzioni per circa il 9%. Situazioneaggravata dalla crisi che ha colpito nel2014 la Federazione russa per il crollodel prezzo del petrolio e la svalutazio-ne del rublo. Negli ultimi due anni, però, grazie a una politica economicae monetaria molto rigorosa, la Russiaè uscita dalla recessione, con ricadutepositive anche per le nostre esporta-zioni, che sono risalite (appunto a 11miliardi) inferiore di circa un 30% ri-spetto a quello raggiunto nel 2013.

Quanto alle controsanzioni russeesse colpiscono i prodotti italiani or-tofrutticoli, lattiero caseari e salumi(non il vino) per 250 milioni di exportin meno ogni anno. «Ma su tutti icontratti in corso – osserva sempre Terracciano – così come riaffermatodurante la recente visita del presi-dente Putin a Roma, si prosegue co-me nel passato”. È così per le turbine

elettriche dell’Ansaldo, l’impianto per ammoniaca della Maire Tecni-mont», la joint venture fra Tenaris eSeverstal per la produzione e com-mercializzazione di tubature desti-nate all’industria oil&gas, l’aggiudi-cazione, da parte di Enel, del tenderper la costruzione di un impianto eo-lico a Stavropol.

Un problema avviato a soluzioneè quello che riguarda il finanziamen-to per le piccole e medie imprese deidue Paesi. «L’Italia – precisa Terrac-ciano – aveva lanciato la proposta dicreare un fondo utilizzando ola Bersma ora è stato firmato un accordo trala Cassa depositi e prestiti e il fondo sovrano russo per gli investimenti di-retti (Rdif), proprio a questo scopo».Ora l’Italia, dopo avere contribuitoinsieme ad altri Paesi a rendere lesanzioni europee semestrali anzichéannuali, insiste perchè siano a termi-ne e vengano considerati gli adempi-menti russi sugli impegni presi negliaccordi di Minsk per l’Ucraina. «An-che perché – aggiunge Terracciano –le sanzioni pesano molto più sull'Ita-lia che su altri Paesi che hanno im-portanti volumi di scambi con la Rus-sia come la Germania».

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L’IMPATTO SUL COMMERCIO CON MOSCA

Le sanzioni alla Russiadimezzano l’export italianoL’ambasciatore Terracciano:in linea con la Ue anchese siamo tra i più penalizzati

Fonte: Uf�cio del sottosegretario allo sviluppo economico su dati doganali Usa

Valore delle importazioni Usa dai paesi Ue minacciate dai potenziali dazi. Dati 2018 in milioni di dollari

LISTA PRELIMINARE (APRILE: TUTTI I 28 PAESI UE) LISTA PRELIMINARE (APRILE: PAESI UE CHE FANNO PARTE DEL CONSORZIO AIRBUS)

LISTA SUPPLEMENTARE (LUGLIO: TUTTI I 28 PAESI UE)

FRANCIA ITALIA GERMANIA REGNOUNITO

SPAGNA IRLANDA OLANDA PORTOGALLO AUSTRIA GRECIA

4.713 4.316

1.644

516

1.571 496170 322 188 141

3.387

2.339

855

195

5353

756756500500

1.6661.666 6262

488488196196 33 130130 6161

L'impatto

Il formag-gio made in Italy tra i prodotti più colpiti. Per la moda colpo da 900 milioni di euro

‘‘Sui dazi Usa lista sproporzionata, colpiti di più per colpe di altri. Sul Mercosur rischi per l’agricoltura

SottosegretarioMichele Geraci: sull’approdo del Ceta in Parlamento nessuna fretta

AGF

4,3%L’AUMENTO DEI CONSUMI L’incremento registrato negli Usa nel secondo trimestre 2019, l’andamento più robusto dal 2017. Anche l’inflazione si è ripresa: +2,3% l’indice legato alla spesa personale

Digital tax, Trump attacca

MINACCE DI RITORSIONE ALLA FRANCIA

Puntando il dito sulla tassa digitale imposta alle grandi aziende Usa dell’hi-tech, Donald Trump assicura vendetta: «Annunceremo a breve una sostanziale azione reciproca contro la stupidità di Macron. L’ho sempre detto che i vini americani sono meglio dei francesi».

AFP

11MILIARDIIl livello attuale delle esporta-zioni in Russia, in risalita rispetto al minimo di 7 cui siamo scesi a causa delle sanzioni ma ancora sotto i 15 miliardi pre 2013

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Data 29/07/2019

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2 Sabato 27 Luglio 2019 Il Sole 24 Ore

Primo Piano

LA CRESCITA DEL SECONDO TRIMESTRE

Il Pil americano paga le debolezze globalie rallenta al 2,1%

Marco ValsaniaNEW YORK

L’espansione americana paga debo-lezze globali e incognite domestiche, rallentando il passo nel secondo tri-mestre dell’anno al 2,1% dal 3,1% dei tremesi precedenti. Ma si dimostra tutto-ra vitale e capace di battere previsioniche la volevano ferma sotto il per cen-to. Un sostegno cruciale è giunto dallaspesa dei consumatori: quei due terzidell’attività economica hanno accele-rato nettamente rispetto all’inizio del-l’anno, abbastanza da compensareflessioni negli investimenti aziendali.

La Federal Reserve, davanti al da-to sul Pil comunque più debole in dueanni, secondo mercati e analisti do-vrebbe ugualmente procedere a untaglio degli tassi d’interesse al verticedella prossima settimana, il 30 e 31luglio. Una riduzione con ogni pro-babilità’ di un quarto di punto dall’at-tuale livello di 2,25%-2,50 per cento.Sulle piazze future una simile mossaha circa l’80% di probabilità contro il20% di chance di una più aggressivamanovra di mezzo punto. Il taglio èconsiderato anzitutto una polizza diassicurazione a protezione d’unacrescita che ha ormai compiuto diecianni, un record di longevità. Menochiaro si presenta il cammino suc-cessivo della politica monetaria ame-ricana, con scommesse - al momentomeno convinte - di ulteriori mosse asettembre, quando anche l’europeaBce dovrebbe varare nuovi stimoli.

Il secondo trimestre del 2019 hainvertito i pilastri della crescita ri-spetto al primo: se allora i consumierano progrediti d’un modesto 1,1%,adesso hanno fatto segnare un 4,3%,l’andamento più robusto dal 2017aiutato da una disoccupazione ai mi-nimi del 3,7% e da recuperi nei salari.Anche l’inflazione si è ripresa: l’indicelegato alla spesa personale è lievitatodel 2,3%, rispetto allo 0,4% nel primotrimestre, e dell’1,8% senza le volatili

componenti energetiche e alimenta-ri. Gli investimenti fissi delle imprese,escluso il comparto residenziale, so-no al contrario scivolati dello 0,6%, ilprimo calo dal 2015, dopo un positivo4,4% tra gennaio e marzo. Quelli in strutture sono caduti del 10,5% men-tre le spese in attrezzature sono au-mentate d’uno scarno 0,7%, danneg-giate dalla crisi di Boeing. I profitti della Corporate America si stannoinoltre indebolendo, potrebbero es-sere diminuiti dell’1,9% nel secondotrimestre stando a Factset, e assiemealle incertezze internazionali consi-gliano prudenza alle aziende.

Il commercio ha sottratto 0,7 pun-ti al Pil risentendo, oltre che della fra-gilità del quadro internazionale, del-le guerre tuttora irrisolte sull’inter-scambio tra Stati Uniti e Cina (il con-sigliere della Casa Bianca LarryKudlow ha minimizzato ieri le chan-ce di grandi accordi imminenti) comedi frizioni con l’Europa. L’export delmade in Usa è diminuito del 5,2 percento. Un ulteriore freno è stato ilsettore immobiliare, che ha soffertoil sesto declino consecutivo.

Un colpo, almeno d’immagine, al-l’espansione americana è inoltre ar-rivato dalla revisione al ribasso deidati del 2018: sempre sotto il peso dinervosismo negli investimenti e nel-l’interscambio, la crescita dell’annoscorso si è fermata al 2,5% anziché altraguardo del 3%, promesso dal pre-sidente Donald Trump e che inizial-mente sembrava aver raggiunto.

«Mi aspetto una continua buonasalute dei consumi e della spesa pub-blica e recuperi negli investimenti»,afferma tuttavia l’economista Mic-key Levy di Berenberg, che pronosti-ca una crescita del 2% nella secondametà dell’anno. «Esistono aree di de-bolezza nel manifatturiero come ne-gli investimenti, ma l’economia mar-cia con i consumatori che si mostra-no in salute» ha concordato RyanSweet di Moody’s Analytics. Standoalle previsioni medie, l’espansionenell’intero 2019 potrebbe mantenereun passo tra il 2,1% e il 2,4%, allonta-nando quantomeno per ora spettri dibruschi rovesci e recessioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Con questo dato mercoledì la Fed potrebbe tagliare solo di un quarto di punto i tassi

Carmine Fotina

Una volta insediata la nuovaCommissione europea –preannuncia Michele Geraci,sottosegretario allo Svilup-

po economico in quota Lega – l’Italiaandrà in pressing, alzando il livello dirichieste su commercio internaziona-le e accordi di libero scambio.

Intanto, negli Usa avete presenta-to una stima dell’impatto dei dazi.Che cosa le hanno risposto?Durante la missione due settimane faabbiamo spiegato numeri alla manoche l’Italia verrebbe colpita in manierasproporzionata per colpe di altri paesiUe. Quasi quanto la Francia, più deglialti paesi del consorzio Airbus. Ho no-

tato una certa sorpresa, non avevanofatto un’analisi paese per paese. Ci siamo risentiti con loro anche quattrogiorni fa, ci hanno detto che la lista non è definitiva e siamo fiduciosi chepotrà essere rivista in modo più equi-librato.

Ma la politica commerciale è com-petenza esclusiva Ue. Ha sensoun’iniziativa individuale?La politica è comune, certo, ma le ne-goziazioni si possono anzi per noi si devono fare one to one con ogni part-ner, Usa, Cina e altri. E a Bruxelles suitrattati serve un nuovo modus ope-randi.

Che significa scusi?Chiederemo che quando si vota un trattato sia fatta con trasparenza

un’analisi di impatto non solo per la Ue nel complesso, come si fa oggi, maper ognuno dei 28 paesi. Gli squilibriindotti da determinati accordi vannocompensati.

Ma che cosa proporrà l’Italia inconcreto? Speriamo che il prossimo commissa-rio al Commercio, meglio ancora se sarà italiano, porti avanti alcuni cam-biamenti. Penso anche a un amplia-mento radicale dell’attuale fondo di adeguamento alla globalizzazione, che vale 150 milioni e scatta solo per legrandi aziende, quelle con oltre 500 esuberi. Serve un fondo con dotazio-ne di diversi miliardi che redistribui-sca i guadagni provenienti a livello Uedagli accordi di libero scambio a favo-

re dei singoli paesi che risultino pena-lizzati, in particolare in settori più vul-nerabili come quello agricolo.

Con gli Usa avete parlato anchedell’accordo di libero scambio, ciòche resta del Ttip?Sì. La situazione però è di stallo perchéloro continuano a voler inserire l’agri-coltura punto sul quale l’Europa ècontraria.

Perché l’Italia si oppone al trattatocon il Mercosur?Mi dà l’occasione per chiarire un pun-to. Sui trattati non abbiamo posizioniprecostituite, ma valutiamo i singolidossier. In questo caso siamo contrarial metodo, cioè un’accelerazione nonnecessaria del commissario Malm-ström in chiusura di mandato, e nel merito proprio per i rischi che vedia-mo per l’agricoltura. Le nostre preoc-cupazioni sono legate a possibilitriangolazioni di merci provenienti dapaesi dell’America latina diversi daArgentina, Brasile, Paraguay e Uru-guay che fanno parte del Mercosur. Stessa preoccupazione che abbiamoper i paesi Asean ad esempio.

E l’astensione sul Vietnam?

INTERVISTAMichele Geraci. Il sottosegretario Mise: servono clausole di riequilibrio sui trattati di libero scambio

«Pronti al pressing con la nuova Commissione»

Come noto l’accordo è passato anchese l’Italia si è astenuta. L’intesa do-vrebbe tutelare di più il riso italiano emi preoccupa molto non aver messolimiti all’import di “broken rice”.

Veniamo al Ceta, il trattato con ilCanada. Il ministro Di Maio aveva as-sicurato un anno fa che sarebbe arri-vato in Parlamento per essere boc-ciato. Ma è ancora in vigore in viaprovvisoriaStiamo continuando a valutare l’an-damento finora positivo delle nostreesportazioni. Al momento non è pre-visto che il Ceta approdi in Parlamen-to, ricordo che se votiamo «no» deca-de tutto il trattato. Non ho fretta.

Ma, a giudizio del suo governo,c'è un caso positivo di free tradeagreement?Il Giappone lo è. Abbiamo sostenuto l’accordo chiuso un anno fa che stadando già ottimi frutti. L’export versoquesto paese sta decollando: +15% an-nuo nei primi cinque mesi del 2019, +23% solo a maggio. Il Giappone è la conferma che non abbiamo pregiudi-zi ma valutiamo i singoli trattati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dazi Usa, affondo dell’Italia:«Per noi conto da 4,5 miliardi»La lista in discussione. Presentato l’impatto delle possibili tariffe anti Ue sul caso Airbus: solo la Francia colpita di più, il governo chiede un riequilibrio. Vino e alimentare sotto tiro

Carmine FotinaROMA

Poco più di 5 miliardi di dollari,l’equivalente di 4,5 miliardi di euro,oltre il 9% dell’export italiano negli Stati Uniti. È il “conto” per l’Italia del-la nuova ondata di dazi americani, presentato nella missione governati-va di due settimane fa. Le cifre, che IlSole 24 Ore ha visionato, sono state illustrate dal sottosegretario allo Svi-luppo economico con delega al com-mercio estero, Michele Geraci, nelcorso degli incontri avuti a Washin-gton con l’Ustr, l’Ufficio del rappre-sentante speciale al commercio cheha pubblicato la lista dei prodotti a rischio, e con il National economic council della Casa Bianca.

I dazi in discussione sono quelliproposti dall’Ustr come rappresagliacontro gli aiuti Ue al consorzio euro-peo degli aerei Airbus. L’iter per l’ap-plicazione finale è ancora in corso mal’Italia ha sottolineato agli Usa che ri-tiene la ripartizione dei dazi in di-scussione estremamente squilibrata,al punto che il nostro export sarebbe– dopo la Francia e prima degli altritre paesi storici del consorzio, cioè Germania, Spagna e Regno Unito – ilpiù danneggiato. Rispetto alla stessaFrancia si ritiene che la scelta dei pro-dotti sia sproporzionata.

Il confronto con l’amministrazio-ne americana sulla lista “anti Air-bus”, arrivata dopo i dazi già appli-cati su acciaio e alluminio, si inseri-sce nel più ampio dialogo Ue-Usa sul trattato di libero scambio (una sorta del vecchio Ttip in forma ri-dotta) e sui prospettati e temutissi-mi dazi per il mercato dell’auto.

Nel vino e nell’alimentare, inparticolare per i formaggi ma ancheper la pasta, saremmo più in diffi-coltà. I calcoli elaborati dagli ufficitecnici del ministero dello Sviluppoeconomico sulla base di dati delledogane Usa indicano per l’Italia unimpatto di 5,07 miliardi di dollari suesportazioni per 54,7 miliardi. Per laFrancia 8,1 miliardi (su 52,4 miliar-di), per la Germania quasi 4,5 (su125,9), per il Regno Unito 3 (su 60,7),per la Spagna 1,8, (su 17,2) e poi viavia per gli altri paesi.

Il controvalore dei prodotti indi-cati dall’Ustr, in due differenti tran-che, è nel complesso di circa 25 mi-liardi di dollari. Ad aprile infatti la prima lista – per dazi la cui entità sa-rebbe determinata alla fine del per-corso – comprendeva 317 sotto cate-gorie per un controvalore dell’im-port americano stimato in miliar-di di dollari. Questa prima lista erasuddivisa in due parti, la prima con-centrata su prodotti e componenti dell’industria aerea ed elicotteristicacolpirebbe solo Francia, Germania,Spagna e Regno Unito mentre la se-conda riguarderebbe tutti i 28. Al-l’inizio di luglio si è aggiunta una li-sta supplementare per il controvalo-re di 4 miliardi di dollari, anche que-sta rivolta a tutti i 28 membri Ue.

Nel primo elenco già figuravanoprodotti italiani come il pecorino e ilprosecco. L’elenco supplementare –definito anche dopo consultazioni con i produttori americani – ha poiacuito le preoccupazioni del settoreagroalimentare italiano, con l’inclu-

sione ad esempio di romano, reggia-no, provolone. Ma nella ripartizionedei 5 miliardi di dollari a carico del-l’Italia le voci sono molto diversifica-te. Tra prima e seconda lista, il setto-re dei vini e liquori sarebbe colpito per 2,3 miliardi di dollari, gli alimen-

tari e bevande (vino e liquori esclusi)per quasi 1,3 miliardi, la moda per poco più di miliardo, i materiali dacostruzione per 180 milioni, i metalliper 110 milioni, le moto per 74 milio-ni, la cosmetica per 42.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gerardo PelosiROMA

«L’Italia non si discosta affatto dallapolitica europea sulle sanzioni allaRussia ma interpreta meglio di altri Paesi il cosiddetto double track, te-nendo aperto il dialogo tra le societàcivili». Così l'ambasciatore italiano aMosca, Pasquale Terracciano, in que-sti giorni a Roma per partecipare allaXIII conferenza degli ambasciatori eambasciatrici spiega come l’impattodel regime delle sanzioni sta pesandosulla nostra economia molto più ri-spetto ad altri Paesi proprio per laconsolidata integrazione economicae commerciale tra Italia e Russia.

Da un lato, infatti, la Russia ha unaforte domanda di prodotti italianimentre per noi la Russia è il principa-le fornitore di risorse energetiche.«Le sanzioni – spiega l'ambasciatoreTerracciano – riguardano il settore oil&gas, le tecnologie dual usecivile emilitare e il settore bancario per i fi-

nanziamenti superiori ai 30 giorni».Prima delle sanzioni nel 2013, ricordaTerracciano «le nostre esportazioniin Russia sfioravano i 15 miliardi di dollari ma, subito dopo l’adozionedelle sanzioni siamo scesi a 7 miliardiora risaliti a miliardi». Un calo delleesportazioni che non tiene conto, pe-raltro, del trend sempre crescente delnostro export verso Mosca prima del-le sanzioni per circa il 9%. Situazioneaggravata dalla crisi che ha colpito nel2014 la Federazione russa per il crollodel prezzo del petrolio e la svalutazio-ne del rublo. Negli ultimi due anni, però, grazie a una politica economicae monetaria molto rigorosa, la Russiaè uscita dalla recessione, con ricadutepositive anche per le nostre esporta-zioni, che sono risalite (appunto a miliardi) inferiore di circa un 30% ri-spetto a quello raggiunto nel 2013.

Quanto alle controsanzioni russeesse colpiscono i prodotti italiani or-tofrutticoli, lattiero caseari e salumi(non il vino) per 250 milioni di exportin meno ogni anno. «Ma su tutti icontratti in corso – osserva sempre Terracciano – così come riaffermatodurante la recente visita del presi-dente Putin a Roma, si prosegue co-me nel passato”. È così per le turbine

elettriche dell’Ansaldo, l’impiantoper ammoniaca della Maire Tecni-mont», la joint venture fra Tenaris eSeverstal per la produzione e com-mercializzazione di tubature desti-nate all’industria oil&gas, l’aggiudi-cazione, da parte di Enel, del tenderper la costruzione di un impianto eo-lico a Stavropol.

Un problema avviato a soluzioneè quello che riguarda il finanziamen-to per le piccole e medie imprese deidue Paesi. «L’Italia – precisa Terrac-ciano – aveva lanciato la proposta dicreare un fondo utilizzando ola Bersma ora è stato firmato un accordo trala Cassa depositi e prestiti e il fondo sovrano russo per gli investimenti di-retti (Rdif), proprio a questo scopo».Ora l’Italia, dopo avere contribuitoinsieme ad altri Paesi a rendere lesanzioni europee semestrali anzichéannuali, insiste perchè siano a termi-ne e vengano considerati gli adempi-menti russi sugli impegni presi negliaccordi di Minsk per l’Ucraina. «An-che perché – aggiunge Terracciano –le sanzioni pesano molto più sull'Ita-lia che su altri Paesi che hanno im-portanti volumi di scambi con la Rus-sia come la Germania».

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L’IMPATTO SUL COMMERCIO CON MOSCA

Le sanzioni alla Russiadimezzano l’export italianoL’ambasciatore Terracciano:in linea con la Ue anchese siamo tra i più penalizzati

Fonte: Uf�cio del sottosegretario allo sviluppo economico su dati doganali Usa

Valore delle importazioni Usa dai paesi Ue minacciate dai potenziali dazi. Dati 2018 in milioni di dollari

LISTA PRELIMINARE (APRILE: TUTTI I 28 PAESI UE) LISTA PRELIMINARE (APRILE: PAESI UE CHE FANNO PARTE DEL CONSORZIO AIRBUS)

LISTA SUPPLEMENTARE (LUGLIO: TUTTI I 28 PAESI UE)

FRANCIA ITALIA GERMANIA REGNOUNITO

SPAGNA IRLANDA OLANDA PORTOGALLO AUSTRIA GRECIA

4.713 4.316

1.644

516

1.571 496170 322 188 141

3.387

2.339

855

195

5353

756756500500

1.6661.666 6262

488488196196 33 130130 6161

L'impatto

Il formag-gio made in Italy tra i prodotti più colpiti. Per la moda colpo da 900 milioni di euro

‘‘Sui dazi Usa lista sproporzionata, colpiti di più per colpe di altri. Sul Mercosur rischi per l’agricoltura

Sottosegretario Michele Geraci: sull’approdo del Ceta in Parlamento nessuna fretta

AGF

4,3%L’AUMENTO DEI CONSUMI L’incremento registrato negli Usa nel secondo trimestre 2019, l’andamento più robusto dal 2017. Anche l’inflazione si è ripresa: +2,3% l’indice legato alla spesa personale

Digital tax, Trump attacca

MINACCE DI RITORSIONE ALLA FRANCIA

Puntando il dito sulla tassa digitale imposta alle grandi aziende Usa dell’hi-tech, Donald Trump assicura vendetta: «Annunceremo a breve una sostanziale azione reciproca contro la stupidità di Macron. L’ho sempre detto che i vini americani sono meglio dei francesi».

AFP

11MILIARDIIl livello attuale delle esporta-zioni in Russia, in risalita rispetto al minimo di 7 cui siamo scesi a causa delle sanzioni ma ancora sotto i 15 miliardi pre 2013

VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfTW9ucmlmIyMjZDExZTRkNTYtZjg4Yy00NjMyLTk2ODAtY2UyOGRmY2UzYjM3IyMjMjAxOS0wNy0yN1QxNDowMDoxNCMjI1ZFUg==

2 Sabato 27 Luglio 2019 Il Sole 24 Ore

Primo Piano

LA CRESCITA DEL SECONDO TRIMESTRE

Il Pil americano paga le debolezze globalie rallenta al 2,1%

Marco ValsaniaNEW YORK

L’espansione americana paga debo-lezze globali e incognite domestiche, rallentando il passo nel secondo tri-mestre dell’anno al 2,1% dal 3,1% dei tremesi precedenti. Ma si dimostra tutto-ra vitale e capace di battere previsioniche la volevano ferma sotto il per cen-to. Un sostegno cruciale è giunto dallaspesa dei consumatori: quei due terzidell’attività economica hanno accele-rato nettamente rispetto all’inizio del-l’anno, abbastanza da compensareflessioni negli investimenti aziendali.

La Federal Reserve, davanti al da-to sul Pil comunque più debole in dueanni, secondo mercati e analisti do-vrebbe ugualmente procedere a untaglio degli tassi d’interesse al verticedella prossima settimana, il 30 e 31luglio. Una riduzione con ogni pro-babilità’ di un quarto di punto dall’at-tuale livello di 2,25%-2,50 per cento.Sulle piazze future una simile mossaha circa l’80% di probabilità contro il20% di chance di una più aggressivamanovra di mezzo punto. Il taglio èconsiderato anzitutto una polizza diassicurazione a protezione d’unacrescita che ha ormai compiuto diecianni, un record di longevità. Menochiaro si presenta il cammino suc-cessivo della politica monetaria ame-ricana, con scommesse - al momentomeno convinte - di ulteriori mosse asettembre, quando anche l’europeaBce dovrebbe varare nuovi stimoli.

Il secondo trimestre del 2019 hainvertito i pilastri della crescita ri-spetto al primo: se allora i consumierano progrediti d’un modesto 1,1%,adesso hanno fatto segnare un 4,3%,l’andamento più robusto dal 2017aiutato da una disoccupazione ai mi-nimi del 3,7% e da recuperi nei salari.Anche l’inflazione si è ripresa: l’indicelegato alla spesa personale è lievitatodel 2,3%, rispetto allo 0,4% nel primotrimestre, e dell’1,8% senza le volatili

componenti energetiche e alimenta-ri. Gli investimenti fissi delle imprese,escluso il comparto residenziale, so-no al contrario scivolati dello 0,6%, ilprimo calo dal 2015, dopo un positivo4,4% tra gennaio e marzo. Quelli in strutture sono caduti del 10,5% men-tre le spese in attrezzature sono au-mentate d’uno scarno 0,7%, danneg-giate dalla crisi di Boeing. I profitti della Corporate America si stannoinoltre indebolendo, potrebbero es-sere diminuiti dell’1,9% nel secondotrimestre stando a Factset, e assiemealle incertezze internazionali consi-gliano prudenza alle aziende.

Il commercio ha sottratto 0,7 pun-ti al Pil risentendo, oltre che della fra-gilità del quadro internazionale, del-le guerre tuttora irrisolte sull’inter-scambio tra Stati Uniti e Cina (il con-sigliere della Casa Bianca LarryKudlow ha minimizzato ieri le chan-ce di grandi accordi imminenti) comedi frizioni con l’Europa. L’export delmade in Usa è diminuito del 5,2 percento. Un ulteriore freno è stato ilsettore immobiliare, che ha soffertoil sesto declino consecutivo.

Un colpo, almeno d’immagine, al-l’espansione americana è inoltre ar-rivato dalla revisione al ribasso deidati del 2018: sempre sotto il peso dinervosismo negli investimenti e nel-l’interscambio, la crescita dell’annoscorso si è fermata al 2,5% anziché altraguardo del 3%, promesso dal pre-sidente Donald Trump e che inizial-mente sembrava aver raggiunto.

«Mi aspetto una continua buonasalute dei consumi e della spesa pub-blica e recuperi negli investimenti»,afferma tuttavia l’economista Mic-key Levy di Berenberg, che pronosti-ca una crescita del 2% nella secondametà dell’anno. «Esistono aree di de-bolezza nel manifatturiero come ne-gli investimenti, ma l’economia mar-cia con i consumatori che si mostra-no in salute» ha concordato RyanSweet di Moody’s Analytics. Standoalle previsioni medie, l’espansionenell’intero 2019 potrebbe mantenereun passo tra il 2,1% e il 2,4%, allonta-nando quantomeno per ora spettri dibruschi rovesci e recessioni.

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Con questo dato mercoledì la Fed potrebbe tagliare solo di un quarto di punto i tassi

Carmine Fotina

Una volta insediata la nuovaCommissione europea –preannuncia Michele Geraci,sottosegretario allo Svilup-

po economico in quota Lega – l’Italiaandrà in pressing, alzando il livello dirichieste su commercio internaziona-le e accordi di libero scambio.

Intanto, negli Usa avete presenta-to una stima dell’impatto dei dazi.Che cosa le hanno risposto?Durante la missione due settimane faabbiamo spiegato numeri alla manoche l’Italia verrebbe colpita in manierasproporzionata per colpe di altri paesiUe. Quasi quanto la Francia, più deglialti paesi del consorzio Airbus. Ho no-

tato una certa sorpresa, non avevanofatto un’analisi paese per paese. Cisiamo risentiti con loro anche quattrogiorni fa, ci hanno detto che la listanon è definitiva e siamo fiduciosi chepotrà essere rivista in modo più equi-librato.

Ma la politica commerciale è com-petenza esclusiva Ue. Ha sensoun’iniziativa individuale?La politica è comune, certo, ma le ne-goziazioni si possono anzi per noi si devono fare one to one con ogni part-ner, Usa, Cina e altri. E a Bruxelles suitrattati serve un nuovo modus ope-randi.

Che significa scusi?Chiederemo che quando si vota untrattato sia fatta con trasparenza

un’analisi di impatto non solo per la Ue nel complesso, come si fa oggi, maper ognuno dei 28 paesi. Gli squilibriindotti da determinati accordi vannocompensati.

Ma che cosa proporrà l’Italia inconcreto? Speriamo che il prossimo commissa-rio al Commercio, meglio ancora se sarà italiano, porti avanti alcuni cam-biamenti. Penso anche a un amplia-mento radicale dell’attuale fondo di adeguamento alla globalizzazione,che vale 150 milioni e scatta solo per legrandi aziende, quelle con oltre 500 esuberi. Serve un fondo con dotazio-ne di diversi miliardi che redistribui-sca i guadagni provenienti a livello Uedagli accordi di libero scambio a favo-

re dei singoli paesi che risultino pena-lizzati, in particolare in settori più vul-nerabili come quello agricolo.

Con gli Usa avete parlato anchedell’accordo di libero scambio, ciò che resta del Ttip?Sì. La situazione però è di stallo perchéloro continuano a voler inserire l’agri-coltura punto sul quale l’Europa ècontraria.

Perché l’Italia si oppone al trattatocon il Mercosur?Mi dà l’occasione per chiarire un pun-to. Sui trattati non abbiamo posizioniprecostituite, ma valutiamo i singolidossier. In questo caso siamo contrarial metodo, cioè un’accelerazione nonnecessaria del commissario Malm-ström in chiusura di mandato, e nel merito proprio per i rischi che vedia-mo per l’agricoltura. Le nostre preoc-cupazioni sono legate a possibili triangolazioni di merci provenienti dapaesi dell’America latina diversi daArgentina, Brasile, Paraguay e Uru-guay che fanno parte del Mercosur. Stessa preoccupazione che abbiamoper i paesi Asean ad esempio.

E l’astensione sul Vietnam?

INTERVISTAMichele Geraci. Il sottosegretario Mise: servono clausole di riequilibrio sui trattati di libero scambio

«Pronti al pressing con la nuova Commissione»

Come noto l’accordo è passato anchese l’Italia si è astenuta. L’intesa do-vrebbe tutelare di più il riso italiano emi preoccupa molto non aver messolimiti all’import di “broken rice”.

Veniamo al Ceta, il trattato con ilCanada. Il ministro Di Maio aveva as-sicurato un anno fa che sarebbe arri-vato in Parlamento per essere boc-ciato. Ma è ancora in vigore in via provvisoriaStiamo continuando a valutare l’an-damento finora positivo delle nostreesportazioni. Al momento non è pre-visto che il Ceta approdi in Parlamen-to, ricordo che se votiamo «no» deca-de tutto il trattato. Non ho fretta.

Ma, a giudizio del suo governo,c'è un caso positivo di free trade agreement?Il Giappone lo è. Abbiamo sostenuto l’accordo chiuso un anno fa che sta dando già ottimi frutti. L’export versoquesto paese sta decollando: +15% an-nuo nei primi cinque mesi del 2019, +23% solo a maggio. Il Giappone è la conferma che non abbiamo pregiudi-zi ma valutiamo i singoli trattati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dazi Usa, affondo dell’Italia:«Per noi conto da 4,5 miliardi»La lista in discussione. Presentato l’impatto delle possibili tariffe anti Ue sul caso Airbus: solo la Francia colpita di più, il governo chiede un riequilibrio. Vino e alimentare sotto tiro

Carmine FotinaROMA

Poco più di 5 miliardi di dollari,l’equivalente di 4,5 miliardi di euro,oltre il 9% dell’export italiano negli Stati Uniti. È il “conto” per l’Italia del-la nuova ondata di dazi americani, presentato nella missione governati-va di due settimane fa. Le cifre, che IlSole 24 Ore ha visionato, sono state illustrate dal sottosegretario allo Svi-luppo economico con delega al com-mercio estero, Michele Geraci, nelcorso degli incontri avuti a Washin-gton con l’Ustr, l’Ufficio del rappre-sentante speciale al commercio cheha pubblicato la lista dei prodotti a rischio, e con il National economic council della Casa Bianca.

I dazi in discussione sono quelliproposti dall’Ustr come rappresagliacontro gli aiuti Ue al consorzio euro-peo degli aerei Airbus. L’iter per l’ap-plicazione finale è ancora in corso mal’Italia ha sottolineato agli Usa che ri-tiene la ripartizione dei dazi in di-scussione estremamente squilibrata,al punto che il nostro export sarebbe– dopo la Francia e prima degli altritre paesi storici del consorzio, cioè Germania, Spagna e Regno Unito – ilpiù danneggiato. Rispetto alla stessaFrancia si ritiene che la scelta dei pro-dotti sia sproporzionata.

Il confronto con l’amministrazio-ne americana sulla lista “anti Air-bus”, arrivata dopo i dazi già appli-cati su acciaio e alluminio, si inseri-sce nel più ampio dialogo Ue-Usa sul trattato di libero scambio (una sorta del vecchio Ttip in forma ri-dotta) e sui prospettati e temutissi-mi dazi per il mercato dell’auto.

Nel vino e nell’alimentare, inparticolare per i formaggi ma ancheper la pasta, saremmo più in diffi-coltà. I calcoli elaborati dagli ufficitecnici del ministero dello Sviluppoeconomico sulla base di dati delledogane Usa indicano per l’Italia unimpatto di 5,07 miliardi di dollari suesportazioni per 54,7 miliardi. Per laFrancia 8,1 miliardi (su 52,4 miliar-di), per la Germania quasi 4,5 (su125,9), per il Regno Unito 3 (su 60,7),per la Spagna 1,8, (su 17,2) e poi viavia per gli altri paesi.

Il controvalore dei prodotti indi-cati dall’Ustr, in due differenti tran-che, è nel complesso di circa 25 mi-liardi di dollari. Ad aprile infatti la prima lista – per dazi la cui entità sa-rebbe determinata alla fine del per-corso – comprendeva 317 sotto cate-gorie per un controvalore dell’im-port americano stimato in miliar-di di dollari. Questa prima lista erasuddivisa in due parti, la prima con-centrata su prodotti e componenti dell’industria aerea ed elicotteristicacolpirebbe solo Francia, Germania,Spagna e Regno Unito mentre la se-conda riguarderebbe tutti i 28. Al-l’inizio di luglio si è aggiunta una li-sta supplementare per il controvalo-re di 4 miliardi di dollari, anche que-sta rivolta a tutti i 28 membri Ue.

Nel primo elenco già figuravanoprodotti italiani come il pecorino e ilprosecco. L’elenco supplementare –definito anche dopo consultazioni con i produttori americani – ha poiacuito le preoccupazioni del settoreagroalimentare italiano, con l’inclu-

sione ad esempio di romano, reggia-no, provolone. Ma nella ripartizionedei 5 miliardi di dollari a carico del-l’Italia le voci sono molto diversifica-te. Tra prima e seconda lista, il setto-re dei vini e liquori sarebbe colpito per 2,3 miliardi di dollari, gli alimen-

tari e bevande (vino e liquori esclusi)per quasi 1,3 miliardi, la moda per poco più di miliardo, i materiali dacostruzione per 180 milioni, i metalliper 110 milioni, le moto per 74 milio-ni, la cosmetica per 42.

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Gerardo PelosiROMA

«L’Italia non si discosta affatto dallapolitica europea sulle sanzioni allaRussia ma interpreta meglio di altri Paesi il cosiddetto double track, te-nendo aperto il dialogo tra le societàcivili». Così l'ambasciatore italiano aMosca, Pasquale Terracciano, in que-sti giorni a Roma per partecipare allaXIII conferenza degli ambasciatori eambasciatrici spiega come l’impattodel regime delle sanzioni sta pesandosulla nostra economia molto più ri-spetto ad altri Paesi proprio per laconsolidata integrazione economicae commerciale tra Italia e Russia.

Da un lato, infatti, la Russia ha unaforte domanda di prodotti italianimentre per noi la Russia è il principa-le fornitore di risorse energetiche.«Le sanzioni – spiega l'ambasciatoreTerracciano – riguardano il settore oil&gas, le tecnologie dual usecivile emilitare e il settore bancario per i fi-

nanziamenti superiori ai 30 giorni».Prima delle sanzioni nel 2013, ricordaTerracciano «le nostre esportazioniin Russia sfioravano i 15 miliardi di dollari ma, subito dopo l’adozionedelle sanzioni siamo scesi a 7 miliardiora risaliti a miliardi». Un calo delleesportazioni che non tiene conto, pe-raltro, del trend sempre crescente delnostro export verso Mosca prima del-le sanzioni per circa il 9%. Situazioneaggravata dalla crisi che ha colpito nel2014 la Federazione russa per il crollodel prezzo del petrolio e la svalutazio-ne del rublo. Negli ultimi due anni, però, grazie a una politica economicae monetaria molto rigorosa, la Russiaè uscita dalla recessione, con ricadutepositive anche per le nostre esporta-zioni, che sono risalite (appunto a miliardi) inferiore di circa un 30% ri-spetto a quello raggiunto nel 2013.

Quanto alle controsanzioni russeesse colpiscono i prodotti italiani or-tofrutticoli, lattiero caseari e salumi(non il vino) per 250 milioni di exportin meno ogni anno. «Ma su tutti icontratti in corso – osserva sempre Terracciano – così come riaffermatodurante la recente visita del presi-dente Putin a Roma, si prosegue co-me nel passato”. È così per le turbine

elettriche dell’Ansaldo, l’impiantoper ammoniaca della Maire Tecni-mont», la joint venture fra Tenaris eSeverstal per la produzione e com-mercializzazione di tubature desti-nate all’industria oil&gas, l’aggiudi-cazione, da parte di Enel, del tenderper la costruzione di un impianto eo-lico a Stavropol.

Un problema avviato a soluzioneè quello che riguarda il finanziamen-to per le piccole e medie imprese deidue Paesi. «L’Italia – precisa Terrac-ciano – aveva lanciato la proposta dicreare un fondo utilizzando ola Bersma ora è stato firmato un accordo trala Cassa depositi e prestiti e il fondo sovrano russo per gli investimenti di-retti (Rdif), proprio a questo scopo».Ora l’Italia, dopo avere contribuitoinsieme ad altri Paesi a rendere lesanzioni europee semestrali anzichéannuali, insiste perchè siano a termi-ne e vengano considerati gli adempi-menti russi sugli impegni presi negliaccordi di Minsk per l’Ucraina. «An-che perché – aggiunge Terracciano –le sanzioni pesano molto più sull'Ita-lia che su altri Paesi che hanno im-portanti volumi di scambi con la Rus-sia come la Germania».

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L’IMPATTO SUL COMMERCIO CON MOSCA

Le sanzioni alla Russiadimezzano l’export italianoL’ambasciatore Terracciano:in linea con la Ue anchese siamo tra i più penalizzati

Fonte: Uf�cio del sottosegretario allo sviluppo economico su dati doganali Usa

Valore delle importazioni Usa dai paesi Ue minacciate dai potenziali dazi. Dati 2018 in milioni di dollari

LISTA PRELIMINARE (APRILE: TUTTI I 28 PAESI UE) LISTA PRELIMINARE (APRILE: PAESI UE CHE FANNO PARTE DEL CONSORZIO AIRBUS)

LISTA SUPPLEMENTARE (LUGLIO: TUTTI I 28 PAESI UE)

FRANCIA ITALIA GERMANIA REGNOUNITO

SPAGNA IRLANDA OLANDA PORTOGALLO AUSTRIA GRECIA

4.713 4.316

1.644

516

1.571 496170 322 188 141

3.387

2.339

855

195

5353

756756500500

1.6661.666 6262

488488196196 33 130130 6161

L'impatto

Il formag-gio made in Italy tra i prodotti più colpiti. Per la moda colpo da 900 milioni di euro

‘‘Sui dazi Usa lista sproporzionata, colpiti di più per colpe di altri. Sul Mercosur rischi per l’agricoltura

SottosegretarioMichele Geraci: sull’approdo del Ceta in Parlamento nessuna fretta

AGF

4,3%L’AUMENTO DEI CONSUMI L’incremento registrato negli Usa nel secondo trimestre 2019, l’andamento più robusto dal 2017. Anche l’inflazione si è ripresa: +2,3% l’indice legato alla spesa personale

Digital tax, Trump attacca

MINACCE DI RITORS IO NE A LLA F R A NCI A

Puntando il dito sulla tassa digitale imposta alle grandi aziende Usa dell’hi-tech, Donald Trump assicura vendetta: «Annunceremo a breve una sostanziale azione reciproca contro la stupidità di Macron. L’ho sempre detto che i vini americani sono meglio dei francesi».

AFP

11MILIARDIIl livello attuale delle esporta-zioni in Russia, in risalita rispetto al minimo di 7 cui siamo scesi a causa delle sanzioni ma ancora sotto i 15 miliardi pre 2013

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Page 10: 19-07-27 RASSEGNA STAMPA...2019/07/19  · 19-07-26 Ebro Foods: fatturato in crescita del 7,6% nel primo semestre 2019 a 1,35 miliardi A.R. Pasta Garofalo traina le vendite in Spagna

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Data 27/07/2019

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12 Sabato 27 Luglio 2019 Il Sole 24 Ore

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N UOVE STRATEGIE

APERTURE SUI DAZIE CAPITALISMO

ILLIBERALE

Nella cornice multilaterale del G20 diOsaka di fine giugno, la decisione rigo-rosamente unilaterale di Trump di so-spendere l’imposizione di dazi addizio-nali su più di 300 miliardi di dollari diesportazioni cinesi ha fatto tirare un re-

spiro di sollievo ai mercati. Contemporaneamente,l’intervento di Xi Jinping a Osaka del 28 giugno è statotutto un inno alla cooperazione economica interna-zionale per “accrescere la produttività, dare una spintaagli scambi e rivitalizzare tutte le industrie (...) nonrestare prigionieri di interessi di breve periodo com-piendo errori con irrevocabili conseguenze storiche”.

L’enfasi del presidente cinese, che già a Davos nel2018 si era presentato come leader di lunghe vedute,alfiere dell’apertura dei mercati come strategia “win-win”, non è pura retorica. Infatti sostiene iniziativeconcrete che favoriscono maggiori importazioni(non solo la soia statunitense che sta a cuore all’elet-torato di Trump), promuove sei nuove aree-pilota dilibero scambio, promette un trattamento non discri-minatorio verso gli investitori esteri e norme a difesadei diritti di proprietà intellettuale, rivendica l’utilitàdi una Wto a presidio del multilateralismo nei nego-ziati commerciali.

Questo clima di reciproche aperture commercialinon può certo nascondere le tensioni nella sfida tecno-logica esplose nella vicenda Huawei del 5G, che havisto ripetersi il copione trumpiano di iniziale attaccoseguito da ammorbidimento e apertura di dialogo trale parti. Mentre permane il divieto di ingresso di pro-dotti Huawei sul mercato americano, Trump ha rapi-damente eliminato il divieto sulle forniture a Huaweidi componenti e sistemi di software da parte di 1.200imprese statunitensi e 68 affiliate estere che vendonoin Cina prodotti con un contenuto di valore Usa supe-riore al 25 per cento. La posta in gioco è di grande por-tata, perché tocca il consolidato intreccio delle cateneglobali e regionali di fornitura che ruotano intorno agliscambi di beni e servizi digitali, cioè le grandi sfide delfuturo che con l’Ai (Artificial intelligence, Intelligenzaartificiale) e con l’Iot (Internet of things, Internet dellecose) stanno rivoluzionando gli scenari in fatto di ri-sparmio energetico, mobilità delle persone, cure sani-tarie, istruzione, assetti urbani e altro ancora.

Come notava Giorgio Barba Navaretti su questogiornale il 28 giugno, si è allontanato (almeno perora) il rischio di un “muro di Berlino elettronico”, maormai è alta l’attenzione della politica internazionalee della diplomazia alla marcia travolgente del gigantecinese, con enormi implicazioni per gli equilibri civilie militari del mondo.

In una curiosa sequenza temporale, le conclusionidi Osaka sono state accompagnate dall’eco della lun-ga intervista concessa da Vladimir Putin alla vigiliadel G20 ai giornalisti Lionel Barber e Henry Foy delFinancial Times. Le tensioni commerciali Usa-Cinae le sanzioni occidentali contro la Russia (che risalgo-no all’annessione della Crimea e all’appoggio al regi-me siriano di Bashar al-Assad) stanno di fatto inco-raggiando un asse Mosca-Pechino che si contrappo-ne al capitalismo liberale di tradizione anglosassone:un capitalismo dotato di poteri forti ma che secondoPutin mostra una profonda debolezza nei confrontidel fondamentalismo islamico e del populismo dila-gante nelle democrazie occidentali vecchie e nuove,dall’Europa all’America Latina. La contrapposizionefra capitalismo liberale e varie forme di populismorisale indietro nella storia, ma oggi si presta sempremeno a facili decodifiche e interpretazioni, proprioper l’emergere di giganti economici e politici prota-gonisti come Cina e Russia. Non ha tutti i torti Putinche, senza rimpiangere il comunismo del passato,segnala che dopo il crollo del muro di Berlino “25milioni di persone di etnia russa si sono trovati avivere fuori della Federazione Russa: non è questauna immensa tragedia? Posti di lavoro? Viaggi? È sta-to un vero disastro”. Così rimpiange la visione di Pie-tro il Grande e della sua corte, e non muove un ditocontro la cerchia degli oligarchi amici.

Da parte sua il “liberale” Xi Jingping spinge versola conclusione della Rcep asiatica (Regional com-prehensive economic partnership) che si allarga aGiappone e Sud Corea, ma resta assolutamente blin-dato sul futuro di Hong Kong (un Paese, due sistemi)per non parlare della libertà di stampa e di opinione.

Un’autentica democrazia liberale sembra condan-nata a muoversi fra una Scilla delle dittature e unaCariddi dei populismi. La navigazione è turbolenta manon abbiamo perso la capacità di orientarci.

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di Fabrizio Onida

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AUTONOMIA, L’ENNESIMA OCCASIONE PERDUTA

La discussione sulla leg-ge Finanziaria sarà, co-me l’anno scorso, unarissa combattuta a colpidi slogan dalla facilepresa: salario minimo;

flat tax; autonomia; sicurezza; pri-ma gli italiani. Ovvero, la finanzapubblica al servizio del consensopolitico e non del cittadino. La di-scussione verterà su grandi aggre-gati (i miliardi della manovra, ilrapporto deficit/Pil, le coperture,la “flessibilità” da negoziare con laCommissione) da usare come pro-paganda. Ma nessuno parlerà del-la qualità dei servizi pubblici e del-l’efficienza con cui la pubblica am-ministrazione li eroga, che non so-no meno importanti dei grandiaggregati per la salute della finan-za pubblica. L’accettazione del-l’imposizione fiscale da parte deicittadini dipende infatti dalla qua-lità percepita dei servizi ricevuti;e una riduzione sostenibile del de-bito pubblico non può avvenireper decreto ma presuppone l’effi-cienza della pubblica amministra-

zione. Ma l’attenzione sulle ma-cro-variabili fa dimenticare chequello della finanza pubblica è an-che, e soprattutto, un problema dimicro-gestione.

Da questo punto di vista il di-battito in corso sull’autonomia re-gionale è l’ennesima occasioneperduta. La negoziazione sull’au-tonomia conteneva alcuni validielementi per cominciare a inietta-re qualità ed efficienza in due ser-vizi di primaria importanza per ilcittadino come sanità e istruzione.Invece si è trasformata in rissa po-litica dove l’autonomia di Lom-bardia e Veneto viene rivendicatadalla Lega come premio elettoraleper i propri elettori storici; a cui sirisponde riesumando slogan daquestione meridionale post-belli-ca (le gabbie salariali, la solidarie-tà col Sud e via discorrendo).

Prima di tutto l’autonomia dicui si parla ha niente a che fare colfederalismo, che significa auto-nomia, più o meno ampia, di tas-sazione e spesa. Qui il sistema ri-mane centralizzato: lo Stato rac-

coglie le risorse che poi distribui-sce in parte agli enti locali perchégestiscano servizi secondo criterie metodi decisi al centro, e concontratti di lavoro uniformi.Quindi autonomia nella gestionedi risorse e servizi determinatidallo Stato centrale. Una centra-lizzazione, va detto, che è anche ilrisultato di passate gestioni dis-sennate e fraudolente da partedegli enti locali.

I germi di efficienza che l’auto-nomia potrebbe introdurre an-drebbero nella direzione giusta.Per esempio, nella sanità, l’aboli-zione in tempi certi del criterio deicosti storici, che perpetua sprechie assistenzialismo, a favore deicosti standard (da rivedere rego-larmente), come strumento perdiffondere gradualmente in tuttoil Paese gli incentivi all’efficienza,migliorare la qualità dei servizi eliberare risorse da utilizzare me-glio sul territorio. E poiché i costistandard devono essere temperatiper le caratteristiche della popo-lazione (come anzianità) e del ter-

di Alessandro Penati

UNA SERIA POLITICA INDUSTRIALEPER RILANCIARE CRESCITA E LAVORO

Il caso dell’ex-Ilva di Taranto,qualunque ne sia l’esito in re-lazione alle “pezze” che il go-verno vorrà prossimamenteapprontare, è emblematico edimostra, ancora una volta,

come in questo Paese manchi, perla verità ormai da decenni, unaseria politica industriale.

Spesso si richiama l’attenzio-ne sulle piccole e medie imprese,e nessuno vuol certo negare laloro importanza nel nostro siste-ma produttivo, ma ciò che fa ladifferenza - inutile nasconderlo- sono i grandi settori strategici,come la siderurgia, la chimica,l’energia ecc.

Questi settori svolgono nor-malmente due funzioni principa-li. In primo luogo, producendobeni di base consentono alleesportazioni del Paese di preser-vare la competitività sui mercatiinternazionali. La produzione diacciaio, in particolare, è stata edè ancora oggi una componenteessenziale dello sviluppo diun’economia manifatturiera co-me la nostra. Nell’immediato se-condo dopoguerra la Dc compre-se che bisognava creare un siste-ma di aziende pubbliche capaci difornire alle imprese private ener-gia, acciaio e servizi a bassissimocosto, in modo da sostenere inmodo adeguato la concorrenzasui mercati. Sulla base di questointervento pubblico nell’econo-mia si affermò il miracolo italia-no. L’energia è un altro impor-tante settore strategico: per leimprese italiane il costo del-l’energia elettrica è sensibilmen-te superiore che per Paesi vicini,come Francia e Svizzera. Ciò perl’assenza di una seria ed efficacepolitica energetica.

In secondo luogo, è nelle gran-

di imprese che si fa ricerca e sipromuove l’introduzione nel si-stema produttivo di innovazionidi processo. A questa deficienzanon può supplire la ricerca fattanelle Università o in centri di ri-cerca. La contenuta spesa del no-stro Paese nella ricerca è sicura-mente una delle cause della bassacrescita della produttività. D’altrolato, una bassa crescita della pro-duttività implica una bassa cre-scita del Pil e dell’occupazione.

Da diversi anni la visione stra-tegica e la grande cultura indu-striale dei decenni della ricostru-zione post-bellica sono andateperdute. La politica industrialedel Paese si è concentrata esclusi-vamente su forme di salvataggiodi imprese al collasso. E in assen-za di una strategia complessiva sivive alla giornata subendo glieventi invece di governarli, in unsusseguirsi di emergenze.

Da questo punto di vista è em-blematico il caso dell’ex-Ilva. Èstato un errore inserire nel Decre-to crescita una norma che abrogail cosiddetto scudo penale per lesocietà che ora operano nelle areetarantine dell’ex-Ilva. L’immuni-tà per proprietari e amministra-tori (in riferimento al piano am-bientale) è limitata al prossimo 6settembre. Per fare impresa in unPaese è necessario che siano ga-rantiti i diritti di proprietà neltempo. Da questa premessa parteanche qualsiasi politica ambien-tale. Essa non può essere l’esito disussulti emotivi che finiscono perattribuire la soluzione dei proble-mi alla magistratura. Un impren-ditore può affrontare la spesa inimpianti moderni e non inqui-nanti solo se sa con certezza chepotrà operare per un arco di tem-po necessario per l’ammortamen-

to di quella spesa. Se opera in uncontesto incerto e in mutamentocontinuo, preferisce dare alle suescelte un orizzonte temporale li-mitato e non intraprendere inve-stimenti di lungo periodo.

Beninteso, un piano ambien-tale efficace è senza dubbio ne-cessario, ma un’operazione delgenere è assai complessa e va af-frontata politicamente, non ab-dicando all’intervento della ma-gistratura. Per intervento di essala famiglia Riva fu costretta avendere la fabbrica, a patteggia-re per oltre 1 miliardo di euro eora Fabio Riva è stato assoltodall’accusa di bancarotta, per-ché “il fatto non sussiste”. Il“fatto non sussiste” e intantol’acciaieria di una azienda italia-na è stata venduta a una nuovaproprietà franco-indiana (Arce-rolMittal) che ora minaccia diandarsene se sarà tolto lo scudopenale. Si comprende: non vo-gliono fare la fine dei Riva.

Rischiare di perdere l’ex-Ilvasignifica far scomparire l’indu-stria dell’acciaio in Italia, distrug-gendo tra l’altro un patrimonio dicompetenze tecniche e ingegneri-stiche notevoli. E mettendo a re-pentaglio solo a Taranto 11milaposti di lavoro. È sciocco pensareche la salvaguardia della salutederivi dalla deindustrializzazionedel Paese. L’esperienza mostrache la speranza di vita aumenta alcrescere del reddito. La deindu-strializzazione, determinandouna caduta del reddito pro capite,inciderebbe negativamente sul li-vello della salute degli italiani esulla loro speranza di vita.

Occorre, pertanto, pensare unapolitica ambientale compatibilecon la preservazione dell’appara-to industriale e, quindi, anche con

di Paolo Becchi

IL DIBATTITO, SCADUTO IN RISSA POLITICA, AVEVA ELEMENTI UTILI PER MIGLIORARE SANITÀ E SCUOLA

ritorio (come densità della popo-lazione o caratteristiche geografi-che), si crea di fatto una base dicriteri oggettivi per effettuare laperequazione tra Regioni. Infine,permettendo l’autonomia nelleassunzioni e nella possibilità dipagare premi e integrazioni sala-riali, anche nell’istruzione, si in-centivano sistemi di remunera-zione basati sul merito e, incorpo-rando le differenze nel costo dellavita, si facilita la mobilità a livellonazionale, migliorando le oppor-tunità per tutti. Se questa autono-mia di assunzione e di spesa persalari riguarda solo risorse già de-stinate a una Regione, come in al-cune proposte, non c’è alcuna re-distribuzione tra le diverse areedel Paese.

Invece la rissa per l’autonomia,come per la flat tax o il salario mi-nimo, è già cominciata senza ne-anche aspettare i tempi canonicidella Finanziaria. Senza alcun ri-guardo per la tranquillità delle no-stre vacanze.

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l’industria di base. Il successodella Germania in questo campoè un esempio della possibilità diquesto percorso. Una seria politi-ca industriale favorisce gli inve-stimenti privati e la crescita nonsolo attraverso la tutela dei dirittidi proprietà e la salvaguardia del-l’industria strategica, ma ancheattraverso massicci investimentipubblici nelle infrastrutture.

Se, perlomeno in termini di po-litica industriale, la “decrescita” ètutt’altro che “felice”, anche la flattax, non accompagnata da sceltedi investimento, ha scarso peso.Negli Stati Uniti di Trump gli al-leggerimenti fiscali (non la flattax) insieme alla spesa pubblicafunzionano perché sostengono,appunto, gli investimenti. Certo,Trump dispone della sovranitàmonetaria, che noi non abbiamo,e questa, purtroppo, è un’altrastoria, ma non possiamo starecon le mani in mano. È giunto iltempo di pensare a un piano diinvestimenti pubblici atti a sti-molare una crescita sostenibile.Bisogna verificare tutte le possi-bilità per reperire realisticamentedelle risorse destinate a tale sco-po, magari anche attraverso laCassa depositi e prestiti. Nel frat-tempo, tuttavia, è necessariospendere le molte risorse per in-vestimenti pubblici non impe-gnate. A tale scopo occorre snelli-re le procedure delle gare, rivede-re il Codice degli appalti, creareincentivi, e non disincentivi, albuon operare della burocraziapubblica. Questo è ora uno deicompiti per rilanciare l’attivitàdel governo: pianificare una seriapolitica industriale.

Professore ordinario di Filosofiadel diritto all’Università di Genova

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SERVONO SCELTE AMBIENTALICOMPATIBILI CON LA SALVAGUARDIADEL TESSUTODELLE IMPRESE

IL MERCATO

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12 Sabato 27 Luglio 2019 Il Sole 24 Ore

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NUOVE STRATEGIE

APERTURE SUI DAZIE CAPITALISMO

ILLIBERALE

Nella cornice multilaterale del G20 diOsaka di fine giugno, la decisione rigo-rosamente unilaterale di Trump di so-spendere l’imposizione di dazi addizio-nali su più di 300 miliardi di dollari diesportazioni cinesi ha fatto tirare un re-

spiro di sollievo ai mercati. Contemporaneamente,l’intervento di Xi Jinping a Osaka del 28 giugno è statotutto un inno alla cooperazione economica interna-zionale per “accrescere la produttività, dare una spintaagli scambi e rivitalizzare tutte le industrie (...) nonrestare prigionieri di interessi di breve periodo com-piendo errori con irrevocabili conseguenze storiche”.

L’enfasi del presidente cinese, che già a Davos nel2018 si era presentato come leader di lunghe vedute,alfiere dell’apertura dei mercati come strategia “win-win”, non è pura retorica. Infatti sostiene iniziativeconcrete che favoriscono maggiori importazioni(non solo la soia statunitense che sta a cuore all’elet-torato di Trump), promuove sei nuove aree-pilota dilibero scambio, promette un trattamento non discri-minatorio verso gli investitori esteri e norme a difesadei diritti di proprietà intellettuale, rivendica l’utilitàdi una Wto a presidio del multilateralismo nei nego-ziati commerciali.

Questo clima di reciproche aperture commercialinon può certo nascondere le tensioni nella sfida tecno-logica esplose nella vicenda Huawei del 5G, che havisto ripetersi il copione trumpiano di iniziale attaccoseguito da ammorbidimento e apertura di dialogo trale parti. Mentre permane il divieto di ingresso di pro-dotti Huawei sul mercato americano, Trump ha rapi-damente eliminato il divieto sulle forniture a Huaweidi componenti e sistemi di software da parte di 1.200imprese statunitensi e 68 affiliate estere che vendonoin Cina prodotti con un contenuto di valore Usa supe-riore al 25 per cento. La posta in gioco è di grande por-tata, perché tocca il consolidato intreccio delle cateneglobali e regionali di fornitura che ruotano intorno agliscambi di beni e servizi digitali, cioè le grandi sfide delfuturo che con l’Ai (Artificial intelligence, Intelligenzaartificiale) e con l’Iot (Internet of things, Internet dellecose) stanno rivoluzionando gli scenari in fatto di ri-sparmio energetico, mobilità delle persone, cure sani-tarie, istruzione, assetti urbani e altro ancora.

Come notava Giorgio Barba Navaretti su questogiornale il 28 giugno, si è allontanato (almeno perora) il rischio di un “muro di Berlino elettronico”, maormai è alta l’attenzione della politica internazionalee della diplomazia alla marcia travolgente del gigantecinese, con enormi implicazioni per gli equilibri civilie militari del mondo.

In una curiosa sequenza temporale, le conclusionidi Osaka sono state accompagnate dall’eco della lun-ga intervista concessa da Vladimir Putin alla vigiliadel G20 ai giornalisti Lionel Barber e Henry Foy delFinancial Times. Le tensioni commerciali Usa-Cinae le sanzioni occidentali contro la Russia (che risalgo-no all’annessione della Crimea e all’appoggio al regi-me siriano di Bashar al-Assad) stanno di fatto inco-raggiando un asse Mosca-Pechino che si contrappo-ne al capitalismo liberale di tradizione anglosassone:un capitalismo dotato di poteri forti ma che secondoPutin mostra una profonda debolezza nei confrontidel fondamentalismo islamico e del populismo dila-gante nelle democrazie occidentali vecchie e nuove,dall’Europa all’America Latina. La contrapposizionefra capitalismo liberale e varie forme di populismorisale indietro nella storia, ma oggi si presta sempremeno a facili decodifiche e interpretazioni, proprioper l’emergere di giganti economici e politici prota-gonisti come Cina e Russia. Non ha tutti i torti Putinche, senza rimpiangere il comunismo del passato,segnala che dopo il crollo del muro di Berlino “25milioni di persone di etnia russa si sono trovati avivere fuori della Federazione Russa: non è questauna immensa tragedia? Posti di lavoro? Viaggi? È sta-to un vero disastro”. Così rimpiange la visione di Pie-tro il Grande e della sua corte, e non muove un ditocontro la cerchia degli oligarchi amici.

Da parte sua il “liberale” Xi Jingping spinge versola conclusione della Rcep asiatica (Regional com-prehensive economic partnership) che si allarga a Giappone e Sud Corea, ma resta assolutamente blin-dato sul futuro di Hong Kong (un Paese, due sistemi)per non parlare della libertà di stampa e di opinione.

Un’autentica democrazia liberale sembra condan-nata a muoversi fra una Scilla delle dittature e unaCariddi dei populismi. La navigazione è turbolenta manon abbiamo perso la capacità di orientarci.

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di Fabrizio Onida

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AUTONOMIA, L’ENNESIMA OCCASIONE PERDUTA

La discussione sulla leg-ge Finanziaria sarà, co-me l’anno scorso, unarissa combattuta a colpidi slogan dalla facilepresa: salario minimo;

flat tax; autonomia; sicurezza; pri-ma gli italiani. Ovvero, la finanzapubblica al servizio del consensopolitico e non del cittadino. La di-scussione verterà su grandi aggre-gati (i miliardi della manovra, ilrapporto deficit/Pil, le coperture,la “flessibilità” da negoziare con laCommissione) da usare come pro-paganda. Ma nessuno parlerà del-la qualità dei servizi pubblici e del-l’efficienza con cui la pubblica am-ministrazione li eroga, che non so-no meno importanti dei grandiaggregati per la salute della finan-za pubblica. L’accettazione del-l’imposizione fiscale da parte deicittadini dipende infatti dalla qua-lità percepita dei servizi ricevuti;e una riduzione sostenibile del de-bito pubblico non può avvenireper decreto ma presuppone l’effi-cienza della pubblica amministra-

zione. Ma l’attenzione sulle ma-cro-variabili fa dimenticare chequello della finanza pubblica è an-che, e soprattutto, un problema dimicro-gestione.

Da questo punto di vista il di-battito in corso sull’autonomia re-gionale è l’ennesima occasioneperduta. La negoziazione sull’au-tonomia conteneva alcuni validielementi per cominciare a inietta-re qualità ed efficienza in due ser-vizi di primaria importanza per ilcittadino come sanità e istruzione.Invece si è trasformata in rissa po-litica dove l’autonomia di Lom-bardia e Veneto viene rivendicatadalla Lega come premio elettoraleper i propri elettori storici; a cui sirisponde riesumando slogan daquestione meridionale post-belli-ca (le gabbie salariali, la solidarie-tà col Sud e via discorrendo).

Prima di tutto l’autonomia dicui si parla ha niente a che fare colfederalismo, che significa auto-nomia, più o meno ampia, di tas-sazione e spesa. Qui il sistema ri-mane centralizzato: lo Stato rac-

coglie le risorse che poi distribui-sce in parte agli enti locali perchégestiscano servizi secondo criterie metodi decisi al centro, e concontratti di lavoro uniformi.Quindi autonomia nella gestionedi risorse e servizi determinatidallo Stato centrale. Una centra-lizzazione, va detto, che è anche ilrisultato di passate gestioni dis-sennate e fraudolente da partedegli enti locali.

I germi di efficienza che l’auto-nomia potrebbe introdurre an-drebbero nella direzione giusta.Per esempio, nella sanità, l’aboli-zione in tempi certi del criterio deicosti storici, che perpetua sprechie assistenzialismo, a favore deicosti standard (da rivedere rego-larmente), come strumento perdiffondere gradualmente in tuttoil Paese gli incentivi all’efficienza,migliorare la qualità dei servizi eliberare risorse da utilizzare me-glio sul territorio. E poiché i costistandard devono essere temperatiper le caratteristiche della popo-lazione (come anzianità) e del ter-

di Alessandro Penati

UNA SERIA POLITICA INDUSTRIALEPER RILANCIARE CRESCITA E LAVORO

Il caso dell’ex-Ilva di Taranto,qualunque ne sia l’esito in re-lazione alle “pezze” che il go-verno vorrà prossimamenteapprontare, è emblematico edimostra, ancora una volta,

come in questo Paese manchi, perla verità ormai da decenni, unaseria politica industriale.

Spesso si richiama l’attenzio-ne sulle piccole e medie imprese,e nessuno vuol certo negare laloro importanza nel nostro siste-ma produttivo, ma ciò che fa ladifferenza - inutile nasconderlo- sono i grandi settori strategici,come la siderurgia, la chimica,l’energia ecc.

Questi settori svolgono nor-malmente due funzioni principa-li. In primo luogo, producendobeni di base consentono alleesportazioni del Paese di preser-vare la competitività sui mercatiinternazionali. La produzione diacciaio, in particolare, è stata edè ancora oggi una componenteessenziale dello sviluppo diun’economia manifatturiera co-me la nostra. Nell’immediato se-condo dopoguerra la Dc compre-se che bisognava creare un siste-ma di aziende pubbliche capaci difornire alle imprese private ener-gia, acciaio e servizi a bassissimocosto, in modo da sostenere inmodo adeguato la concorrenzasui mercati. Sulla base di questointervento pubblico nell’econo-mia si affermò il miracolo italia-no. L’energia è un altro impor-tante settore strategico: per leimprese italiane il costo del-l’energia elettrica è sensibilmen-te superiore che per Paesi vicini,come Francia e Svizzera. Ciò perl’assenza di una seria ed efficacepolitica energetica.

In secondo luogo, è nelle gran-

di imprese che si fa ricerca e sipromuove l’introduzione nel si-stema produttivo di innovazionidi processo. A questa deficienzanon può supplire la ricerca fattanelle Università o in centri di ri-cerca. La contenuta spesa del no-stro Paese nella ricerca è sicura-mente una delle cause della bassacrescita della produttività. D’altrolato, una bassa crescita della pro-duttività implica una bassa cre-scita del Pil e dell’occupazione.

Da diversi anni la visione stra-tegica e la grande cultura indu-striale dei decenni della ricostru-zione post-bellica sono andateperdute. La politica industrialedel Paese si è concentrata esclusi-vamente su forme di salvataggiodi imprese al collasso. E in assen-za di una strategia complessiva sivive alla giornata subendo glieventi invece di governarli, in unsusseguirsi di emergenze.

Da questo punto di vista è em-blematico il caso dell’ex-Ilva. Èstato un errore inserire nel Decre-to crescita una norma che abrogail cosiddetto scudo penale per lesocietà che ora operano nelle areetarantine dell’ex-Ilva. L’immuni-tà per proprietari e amministra-tori (in riferimento al piano am-bientale) è limitata al prossimo 6settembre. Per fare impresa in unPaese è necessario che siano ga-rantiti i diritti di proprietà neltempo. Da questa premessa parteanche qualsiasi politica ambien-tale. Essa non può essere l’esito disussulti emotivi che finiscono perattribuire la soluzione dei proble-mi alla magistratura. Un impren-ditore può affrontare la spesa inimpianti moderni e non inqui-nanti solo se sa con certezza chepotrà operare per un arco di tem-po necessario per l’ammortamen-

to di quella spesa. Se opera in uncontesto incerto e in mutamentocontinuo, preferisce dare alle suescelte un orizzonte temporale li-mitato e non intraprendere inve-stimenti di lungo periodo.

Beninteso, un piano ambien-tale efficace è senza dubbio ne-cessario, ma un’operazione delgenere è assai complessa e va af-frontata politicamente, non ab-dicando all’intervento della ma-gistratura. Per intervento di essala famiglia Riva fu costretta avendere la fabbrica, a patteggia-re per oltre 1 miliardo di euro eora Fabio Riva è stato assoltodall’accusa di bancarotta, per-ché “il fatto non sussiste”. Il“fatto non sussiste” e intantol’acciaieria di una azienda italia-na è stata venduta a una nuovaproprietà franco-indiana (Arce-rolMittal) che ora minaccia diandarsene se sarà tolto lo scudopenale. Si comprende: non vo-gliono fare la fine dei Riva.

Rischiare di perdere l’ex-Ilvasignifica far scomparire l’indu-stria dell’acciaio in Italia, distrug-gendo tra l’altro un patrimonio dicompetenze tecniche e ingegneri-stiche notevoli. E mettendo a re-pentaglio solo a Taranto 11milaposti di lavoro. È sciocco pensareche la salvaguardia della salutederivi dalla deindustrializzazionedel Paese. L’esperienza mostrache la speranza di vita aumenta alcrescere del reddito. La deindu-strializzazione, determinandouna caduta del reddito pro capite,inciderebbe negativamente sul li-vello della salute degli italiani esulla loro speranza di vita.

Occorre, pertanto, pensare unapolitica ambientale compatibilecon la preservazione dell’appara-to industriale e, quindi, anche con

di Paolo Becchi

IL DIBATTITO, SCADUTO IN RISSA POLITICA, AVEVA ELEMENTI UTILI PER MIGLIORARE SANITÀ E SCUOLA

ritorio (come densità della popo-lazione o caratteristiche geografi-che), si crea di fatto una base dicriteri oggettivi per effettuare laperequazione tra Regioni. Infine,permettendo l’autonomia nelleassunzioni e nella possibilità dipagare premi e integrazioni sala-riali, anche nell’istruzione, si in-centivano sistemi di remunera-zione basati sul merito e, incorpo-rando le differenze nel costo dellavita, si facilita la mobilità a livellonazionale, migliorando le oppor-tunità per tutti. Se questa autono-mia di assunzione e di spesa persalari riguarda solo risorse già de-stinate a una Regione, come in al-cune proposte, non c’è alcuna re-distribuzione tra le diverse areedel Paese.

Invece la rissa per l’autonomia,come per la flat tax o il salario mi-nimo, è già cominciata senza ne-anche aspettare i tempi canonicidella Finanziaria. Senza alcun ri-guardo per la tranquillità delle no-stre vacanze.

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l’industria di base. Il successodella Germania in questo campoè un esempio della possibilità diquesto percorso. Una seria politi-ca industriale favorisce gli inve-stimenti privati e la crescita nonsolo attraverso la tutela dei dirittidi proprietà e la salvaguardia del-l’industria strategica, ma ancheattraverso massicci investimentipubblici nelle infrastrutture.

Se, perlomeno in termini di po-litica industriale, la “decrescita” ètutt’altro che “felice”, anche la flattax, non accompagnata da sceltedi investimento, ha scarso peso.Negli Stati Uniti di Trump gli al-leggerimenti fiscali (non la flattax) insieme alla spesa pubblicafunzionano perché sostengono,appunto, gli investimenti. Certo,Trump dispone della sovranitàmonetaria, che noi non abbiamo,e questa, purtroppo, è un’altrastoria, ma non possiamo starecon le mani in mano. È giunto iltempo di pensare a un piano diinvestimenti pubblici atti a sti-molare una crescita sostenibile.Bisogna verificare tutte le possi-bilità per reperire realisticamentedelle risorse destinate a tale sco-po, magari anche attraverso laCassa depositi e prestiti. Nel frat-tempo, tuttavia, è necessariospendere le molte risorse per in-vestimenti pubblici non impe-gnate. A tale scopo occorre snelli-re le procedure delle gare, rivede-re il Codice degli appalti, creareincentivi, e non disincentivi, albuon operare della burocraziapubblica. Questo è ora uno deicompiti per rilanciare l’attivitàdel governo: pianificare una seriapolitica industriale.

Professore ordinario di Filosofiadel diritto all’Università di Genova

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SERVONO SCELTE AMBIENTALICOMPATIBILI CON LA SALVAGUARDIADEL TESSUTODELLE IMPRESE

IL MERCATO

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Data 27/07/2019

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Foglio 1

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6 Sabato 27 Luglio 2019 Il Sole 24 Ore

Economia&Imprese La prima metà del 2019 è stata

da record per le aste del settore: per Sotheby’s vendite a +54%, 31 milioni di euro per Phillips + Bacs &Russo. E molti altri eventi sono già in calendario.

InvestimentiAste di orologi, verso un anno da record per quantità e prezzi

Nuovo cambio di proprietà in vista per la Torre Velasca di Milano. Sono arrivate ieri le offerte vincolanti a Unipol.

Paola Dezza e Carlo Festa—a pagina 8

ImmobiliareLa Torre Velasca passa di manoIn pole position il gruppo Hines

Energia, via libera dell’Autoritàalla rivoluzione del mercato OLTRE LE CENTRALI

In consultazione le nuove norme sul dispacciamento: cambia il mondo dell’elettricità

Ruolo chiave ai distributori per gestire l’accesso alla rete di rinnovabili e delle batterie

Laura Serafini

Fino a ieri il sistema energetico na-zionale faceva perno su centrali tradi-zionali collegate a una rete di trasmis-sione elettrica, a sua volta connessa alle reti di distribuzione che alimen-tano famiglie e imprese. Questo siste-ma è destinato a essere rivoluzionatopresto: le società di distribuzione do-vranno organizzarsi in fretta per as-sumere un ruolo più centrale e attivoin un sistema nel quale entrano nuoviattori. Oltre a impianti eolici e rinno-vabili, anche batterie, auto elettricheche contribuiranno a fornire energiaalla rete (vehicle to grid), minigrid o prosumer (ad esempio complessi re-sidenziali o produttivi che autopro-ducono energia con pannelli solari ela immagazinano con batterie). Inquesto modello un ruolo importantelo giocheranno gli aggregatori, sog-getti che mettono assieme produttori(dalle minigrid agli impianti rinnova-bili) e consumatori (imprese, grandicentri commerciali e così) fornendo aldistributore microcosmi di domandae offerta già assemblata, così da ren-dere più efficienti i consumi ed evita-re le congestioni (utilizzando softwa-re intelligenti come i sistemi di De-mand Response). L’Arera, autoritàper l’energia, acqua e rifiuti ha varatonei giorni scorsi un documento diconsultazione (le osservazioni vannoinviate entro il 14 ottobre) che getta lebasi perchè tutto questo diventi real-tà, con un’implementazione gradualenel tempo, a partire dal 2021. I princi-pi che hanno mosso l’Autorità sono

dettati dalle direttive europee che ob-bligano a eliminare tutte le barriere regolatorie che ancora oggi impedi-scono ai soggetti sopra elencati dipartecipare a questo mercato. Ancheperchè i requisiti tuttora richiesti im-pongono “size” di fornitura di ener-gia, o di capacità di aumentare o ri-durre prelievi e consumi, tarati sullegrandi centrali termoelettriche o acarbone che, come già si è visto, sonodesintate nel tempo a chiudere i bat-tenti. I soggetti sopra elencati oggihanno cominciato a partecipare al si-stema - in gergo definito del dispac-ciamento - solo attraverso progetti pilota e sperimentali. In futuro, però,saranno loro i protagonisti. Il sistemadovrà essere aperto a tutte le risorseconnesse con un principio di neutra-lità tecnologica. L’assunto di fondo èche, nel medio termine, proprio per l’immissione di un maggior numerodi fonti rinnovabili alla rete i prezzi dell’energia elettrica siano destinatia scendere. Il documento modifica ilruolo del gestore della rete di tramsis-sione, Terna, che sino ad oggi aveva una funzione cruciale nel decidere chie come poteva fornire energia alla re-te. A Terna viene chiesto di eleborarenuovi i requisiti per chi può parteci-pare al mercato, su basi trasparenti emisurabili. La misura saranno nuovialgoritmi in grado di gestire in modosempre più autonomo l’accesso dei flussi alla rete: nella sostanza la so-cietà di tramsissione dovrà dotarsi diintelligenza artificiale.

I distributori di energia elettrica -le utility locali come Acea, A2A, Hera,E-Distribuzione solo per citarne alcu-ni -avranno un ruolo più centrale per-chè a loro viene affidato il compito dicomprare servizi (cosidetti servizi an-cillari) aggregati di domanda e offertadi energia da terzi - aggregatori, mi-grid, impianti rinnovabili- perchè leloro dimensioni più piccole e l’ampiadiffusione rendono impossibile aTerna gestirli. Dovranno utilizzare i sistemi intelligenti (smart grid) per mantenere costante la tensione edevitare le congestioni sulle reti a livel-

lo locale. Anche ai distributori è affi-dato un compito arduo: dovranno a loro volta definire i requisiti dei servi-zi - sempre con criteri di trasparenzae misurabilità - sulla base dei quali indire le aste per consentire ad aggre-gatori e piccoli produttori di parteci-pare al sistema del dispacciamento. Sipartirà prima con progetti pilota, poici sarà una consultazione dedicatache dovrà sfociare in una deliberadell’Autorità. Su questa parte del mo-dello va fatto un chiarimento: il distri-butore di energia non deve diventareun operatore del mercato.Il distribu-tore dovrà non soltanto avere un ruo-lo diverso dagli altri attori del siste-ma, pensiamo ad esempio agli aggre-gatori, ma dovrà garantire ancora dipiù il proprio ruolo di abilitatore neu-trale: il documento infatti richiama tale principio presente nelle direttiveeuropee e ricorda che le stesse non impongono la separazione proprieta-ria della distribuzione.

Semmai, quando il sistema sarà aregime, l’Autorità potrà valutare uneventuale giro di vite sulle regoledell’unbundling (le modalità di aper-tura della rete a terzi da parte di unoperatore dominante). Un tema diattenzione da parte dell’Autorità, edemerso durante un’audizione in par-lamento del presidente Stefano Bes-seghini, sono i costi elevati che l’am-missione dei sistemi aggregati (oradenominati Uvam, unità virtuali abi-litate miste)ha espresso nell’ambitodei progetti pilota (30 mila euro l’an-no per megawatt, con uno strike pri-ce di 400 euro per megawattora, so-glia alla quale i prezzi in asta tendo-no). Il sistema però sta muovendoora i primi passi e deve essere econo-micamente sostenibile. E, in ogni ca-so, è molto più economico del mec-canismo degli interrompibili (leaziende energivore che autosospen-dono i consumi su richiesta di Ter-na), che l’Area mantiene in vita (perquote di energia di 4.700 megawattal costo di 60 mila euro in media permegawatt l’anno).

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MARKA

Cambia il mercato dell’energia. Il ruolo delle rinnovabili nel sistema

Metano a rilento, a rischio la manifattura sarda

Davide Madeddu

È una questione di energia. E la spe-ranza della manifattura è nel meta-no. Per creare nuove attività, ma an-che per rilanciare quelle già presen-ti: dalla metallurgia alle ceramiche,continuando con le terze lavorazio-ni. Proprio il settore delle ceramicheguarda con attenzione a quella cheviene definita la svolta energeticama che, almeno per il momento,viaggia a ritmi lenti. Perché perpuntare sul settore delle ceramiche,la materia prima non manca.

La maggior parte delle argille edei feldspati utilizzati nella peniso-la partono dai siti minerari di Oranie Ottana nel nuorese e Florinas nelSassarese. «Con il metano non solosi potrebbero creare nuove attivitàproduttive competitive, quasi abocca di miniera - chiarisce France-sco Garau, segretario regionale del-la Filctem – ma si metterebberoquelle che oggi operano con grandisacrifici, in condizioni di essere an-cora più competitive e di crescereulteriormente». È il caso della Cer-

med, Ceramica mediterranea,azienda operante a Guspini, nelMedio Campidano dove si lavoranopiù di trecento tonnellate di argillaal giorno. Lo stabilimento, nato nel1993 con la legge sulle riconversioniindustriali, successivamente priva-tizzato e ora guidato dall’imprendi-tore Bernhard Mazohl, produce consistemi all’avanguardia in grado direcuperare vapore ed energia ter-mica con un risparmio del 30%d’acqua e 20% di energia elettrica econfida nel metano. «Attualmentel’approvvigionamento energeticoavviene con il Gpl – spiegano dalladirezione – e l’apporto del metanosarebbe fondamentale anche perabbattere i costi di produzione diuno stabilimento che ha il vantag-gio di avere la materia prima a unadistanza ragionevole». Oggi, comerimarcano dall’azienda il fattoreenergetico incide per il 25% sul co-sto totale della piastrella. In attesache venga attuato il processo di me-tanizzazione con la realizzazionedei depositi costieri e la dorsale sar-da (che vale oltre 400 milioni di eu-ro) sulla testa delle imprese sardealeggia uno spettro. Si tratta dellascadenza del 2025 data entro cuidovranno essere spente le centralia carbone. Che nell’isola, valgonoquasi i due terzi della produzione.Il 60% di energia prodotta - secon-do uno studio effettuato dalle orga-

nizzazioni sindacali - 1.720 me-gawatt di energia tra Fiumesanto,Porto Vesme, Sarlux, «deriva dafonti termoelettriche tradizionali,il 35 % da rinnovabili e il 5% da cen-trali idroelettriche».

«È chiaro che data la situazione,anche alla luce del raggiungimentodella percentuale delle rinnovabili,sarà necessaria una proroga sullascadenza prevista per il 2025 –chiarisce Maurizio De Pascale, pre-sidente di Confindustria Sardegna– allo stesso tempo però deve esse-re affrontata la questione metanoperché deve essere definita unastrada che porti alla crescita e allo

sviluppo». Svolta che, come chiari-sce il leader degli industriali, «di-venta fondamentale per l'economiadelle famiglie e delle imprese». Lamancanza del metano, secondouno studio elaborato da Confindu-stria ha un costo per la Sardegna(famiglie e aziende) di circa 430 mi-lioni di euro.

«Basti un esempio che mi è statofatto proprio questi giorni – chiari-sce – un centro per la lavorazionelattiero casearia spende circa unmilione di euro l'anno in più pro-prio perché non ha il metano». Alladata del 2025 e alla questione me-tano (l'avvio degli interventi per la

realizzazione della dorsale e la co-struzione dei depositi costieri e lecosiddette bretelle di collegamen-to) sono legati anche gli investi-menti che riguardano il settoremetallurgico.

Nello specifico quelli della filieradell’alluminio che vedono protago-nisti l’Eurallumina, controllata dal-la russa Rusal, e la svizzera SiderAlloys. Aziende che complessiva-mente portano avanti progetti diriavvio per oltre 300 milioni di eu-ro. E che per programmare gli inve-stimenti sollecitano certezzesull'approvvigionamento energeti-co negli impianti. Per il 30 luglio, alMise, è stato convocato il tavolotecnico propedeutico all’avvio dellaPhase out dal carbone in Sardegna.Un argomento che unisce e preoc-cupa imprese, sindacati e istituzio-ni e al centro del cosiddetto “tavolosui temi dell’energia e dell'indu-stria”aperto i giorni scorsi dal pre-sidente della Regione Christian So-linas e dal responsabile dell’asses-sorato dell'Industria Anita Pili.

Nel corso del primo incontro èstata rimarcata da parte della Re-gione la necessità di dare vita a un«tavolo nazionale per avviare un ra-gionamento complessivo sull’indu-stria metallurgica non ferrosa,composta da aziende fortementeenergivore».

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Sassari. La centrale termoelettrica di Fiume Santo

ENERGIA

Entro il 2025 addioal carbone: da metallurgia e ceramica è allarme

PANORAMA

La Commissione europea ha autorizzato l’importazio-ne nella Ue di dieci nuovi organismi geneticamentemodificati. Sette sono autorizzazioni per usi di alimentie mangimi: una varietà di cotone, cinque di mais e unadi soia; una, invece, riguarda la categoria dei fiori orna-

mentali ed è un garofano; gli ultimi due casi,infine, costituiscono un rinnovo e riguardanocolza e mais. Le autorizzazioni sono valide per10 anni e tutti i prodotti ottenuti da questi or-ganismi geneticamente modificati sarannosoggetti alle norme Ue in materia di etichetta-tura e di tracciabilità.

Come è già successo in passato, la Commis-sione ha dovuto assumersi la responsabilità didecidere poiché tra i Paesi membri non c’eraunità di vedute e non è stato possibile raggiun-gere una maggioranza qualificata. Sono giorni,questi, in cui il dibattito sugli Ogm si è riacceso,soprattutto intorno all’opportunità di rivederele normative europee per aprire all’editing ge-

netico. L’Univeristà di Scienze Biologiche in Olanda,per esempio, ha lanciato una raccolta di firme in tuttaEuropa per rivedere la direttiva 2001/18, iniziativa allaquale ha aderito anche Confagricoltura.

—Mi.Ca.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il gruppo italiano Giochi Preziosi ha rilevato il 100%della spagnola Famosa, che era controllata da Sun Part-ners Capital dal 2010. Insieme, Giochi Preziosi e Famosasvilupperanno ricavi aggregati di oltre 700 milioni dieuro. Nel 2018 il gruppo italiano ha realizzato ricavi

netti per 403 milioni: per Giochi Preziosi, l’ac-quisizione spagnola configura quasi un rad-doppio dimensionale.

Entrambe le società manterranno il pro-prio marchio, mentre si avvieranno i progettidi integrazione dei processi operativi che siprevede possano terminare nel corso del2020. Dal punto di vista geografico, le dueaziende sono complementari, con Famosa chericopre una posizione rilevante in Spagna,Portogallo e Messico, mentre Giochi Preziosimantiene una posizione di rilievo in Italia,Francia, Regno Unito, Grecia e Turchia.

«Grazie all’acquisizione - ha detto EnricoPreziosi, fondatore e presidente di Giochi Pre-

ziosi - possiamo beneficiare del lancio di nuovi prodottiche si sono dimostrati bestsellers in Spagna negli ultimianni. Il modello basato su marchi e prodotti propri, lacostante tensione verso l’innovazione e le solide capaci-tà manageriali riscontrate in Famosa sono valori asso-luti che aiuteranno ad arricchire il business del gruppo».

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ACQUISIZIONI

Giochi Preziosi rilevala spagnola Famosa

AGRICOLTURA

La Ue autorizza l’importdi dieci nuovi Ogm

Top seller. La Giochi Preziosi possiede anche Gormiti, Trudi e Cicciobello

Mais Ogm. L’Unione europea ne ha autorizzato l’import di cinque nuove varietà

«Per ripartire il nostro Mezzogiorno deve puntare su treleve: investimenti strutturali, valorizzazione del sistemaformativo e universitario e una visione delle autonomiein ottica sussidiaria». Lo ha detto Federico Iadicicco, presi-dente dell’Anpit (l’Associazione nazionale per l'industriae il terziario), intervenendo ieri a Polignano a Mare al con-

vegno “Il Sud oltre la crisi”. Davanti al sottosegre-tario al Lavoro, Claudio Durigon, il presidentedell’Anpit ha chiesto investimenti per portare l’al-ta velocità anche nel Mezzogiorno e per comple-tare la rete autostradale, oggi praticamente as-sente nella provincia di Lecce e lungo la dorsalejonica che collega Puglia, Basilicata e Calabria.

Inoltre, ha aggiunto, occorre contrastare la fu-ga di abitanti dal Sud: secondo il centro studi del-l’Anpit nel 2065 in Italia vivranno circa 7 milionidi persone in meno, di cui 5,5 milioni nel Mezzo-giorno. «Contra la fuga dei cervelli - ha detto Iadi-cicco - è sempre più urgente creare sinergie tra leaziende e le università del sud e investire in ricer-

ca e sviluppo in loco».Infine, il tema delle autonomie: «Anpit - ha detto il suo

presidente - non è contraria all’aumento della sfera di au-tonomia delle regioni, però riteniamo che debba essere fatto in un quadro di condivisione nazionale del percorso.In tal senso pensiamo sia doveroso interrogarsi sul ruolodelle province che sono state cancellate dalla legge Delrio».

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Anpit: l’alta velocitàanche al Mezzogiorno

A Ginevra. L'asta organizzata da Phillips a novembre

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Ruolo chiave dei distributori in un ecosistema che cambia

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5,5MILIONI DI ABITANTISecondo l’Anpit, tante sonole personeche entro il 2065 lascerannoil Mezzogiorno per trasferirsi altrove, in cercadi un impiego

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