18-07-01 RASSEGNA STAMPA€¦ · Nella bozza di conclusioni del vertice in corso a Bruxelles...

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18-07-01 RASSEGNA STAMPA 18-06-30 AGRICOLTURA- BIZZOTTO (LEGA), PRONTI A BARRICATE SE TAGLI PAC Ansa 18-06-30 AL CONSIGLIO EUROPEO TORNA LO SPETTRO DELLA “HARD BREXIT” CON DAZI FINO AL 40% SUL FOOD Agrisole 18-06-30 LAVORO, RIECCO I VOUCHER. SI PARTE DALL'AGRICOLTURA Qiotidianonet 18-07-01 ANALISI E FAKE NEWS. DAL PORTO DI BARI SPARISCE IL GRANO. IL CROLLO E' DEL 60% Corriere del Mezzogiorno

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18-06-30AGRICOLTURA-BIZZOTTO(LEGA),PRONTIABARRICATESETAGLIPACAnsa

18-06-30ALCONSIGLIOEUROPEOTORNALOSPETTRODELLA“HARDBREXIT”CONDAZIFINOAL40%SULFOODAgrisole

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30 giugno 2018

Agricoltura: Bizzotto(Lega), pronti a barricate se tagli Pac A rischio 2,7 mld per Italia e 250 mln per Veneto

(ANSA) - BRUXELLES, 30 GIU - "La proposta della Commissione Ue, che sulla nuova politica agricola comune (Pac) 2021-2027 ha previsto un taglio di oltre 2,7 miliardi di euro ai danni dell'agricoltura italiana, è per noi totalmente inaccettabile. Siamo pronti a fare le barricate per fermare una simile proposta: tagliare in maniera così indiscriminata questi finanziamenti significherebbe infliggere una spaventosa mazzata a migliaia di aziende agricole". Lo scrive in una nota il capogruppo della Lega al Parlamento Europeo, Mara Bizzotto. "Si pensi, ad esempio - prosegue Bizzotto - che la sola Regione Veneto potrebbe subire un taglio di oltre 250 milioni di euro, ma ci potrebbero essere previsioni anche peggiori. Metteremo in campo ogni tipo di azione e faremo un grande lavoro di squadra con il nuovo Governo e il nostro ministro Gianmarco Centinaio per stoppare questo scellerato pacchetto di tagli deciso da Bruxelles, che avrebbe conseguenze devastanti per le imprese agricole italiane". (ANSA).

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30 giugno 2018

Al Consiglio europeo torna lo spettro della “Hard Brexit” con dazi fino al 40% sul food A.R.

Nella bozza di conclusioni del vertice in corso a Bruxelles l’invito a proseguire le trattative “tenendo conto di tutte le ipotesi”. Senza accordo con Londra tornano le tariffe Wto per i paesi terzi

C'è anche il punto “Brexit” all'ordine del giorno del Consiglio europeo in corso, a Bruxelles. Nella bozza delle conclusioni che sono state predisposte, c'è l'invito a proseguire le trattative, “tenendo conto di tutte le ipotesi”. In pratica, a prendere anche in considerazione la possibilità che non venga raggiunta l'intesa sul periodo transitorio in tempo utile, prima dell'uscita del Regno Unito il 29 marzo del prossimo anno.

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L'ipotesi di una “Hard Brexit” è, quindi, sul tavolo dei capi di Stato e di governo dell'Ue. Come ha più volte evidenziato Michel Barnier, capo negoziatore per la Ue, l'intesa sul periodo transitorio deve essere siglata al più tardi nel mese di ottobre, per consentire le ratifiche parlamentari prima della data dell'uscita formale del Regno Unito.

Nell'eventualità di una “hard Brexit”, il Regno Unito sarebbe a tutti gli effetti un paese terzo. Sugli scambi di prodotti agroalimentari con gli Stati membri della Ue si applicherebbero le tariffe fissate dall'Organizzazione mondiale del commercio, che oscillano tra il 10 e il 40% a seconda delle produzioni.

Inoltre, non sarebbe assicurato il riconoscimento e la tutela delle denominazioni di qualità. Le esportazioni agroalimentari dell'Italia verso il Regno Unito ammontano a circa 3,5 miliardi l'anno. Vini e ortofrutticoli i prodotti più venduti sul mercato britannico.

Per molti osservatori, lo spettro della “Hard Brexit” viene agitato anche per diluire ulteriormente le già complesse procedure di uscita dall’Unione europea del Regno Unito, nella speranza di nuovi scenari con le elezioni europee del 2019 sempre p iù vicine e, in prospettiva, anche di un cambio di governo a Londra. Forse addirittura un nuovo referendum che rimetta in discussione l’uscita dall’Unione. Insomma al momento nessuna ipotesi è da escludere. A Bruxelles però sta suonando un nuovo campanello d’allarme e i mercati – che non amano l’incertezza – non staranno a guardare. L’agroalimentare italiano ha già pagato un conto salato per l’embargo russo, con la sostituzione su un mercato ricco e in progressiva crescita di ortofrutta e pasta made in Italy con altre provenienze. Posizioni che, una volta perse, diventa difficile riconquistare.

Sul tema dei dazi è tornato anche il neo ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio: «Di Maio e Salvini fanno un ragionamento giusto dal punto di vista politico perché non vogliono far entrare schifezze in Italia, ha dichiarato il ministro, ma «sbagliano dal punto di vista tecnico» perché «dazi chiamano dazi». Una presa di coscienza positiva per l’agroalimentare italiano che importa materia prima con un deficit nazionale importante e la trasforma in prodotti venduti in tutto il mondo. In sintesi, vive di export.

De Castro: bene Centinaio sui dazi ma subito tavolo negoziale Usa-Ue

«Bene il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio contro l'introduzione di dazi sulle importazioni dagli Usa, che porterebbe ad un escalation tra le due sponde dell'Atlantico e, inevitabilmente, ad una deriva muscolare con pesanti ripercussioni anche sul settore agroalimentare. È invece il momento di aprire rapidamente, su iniziativa italiana, un tavolo di discussione tra l'Ue e le autorità statunitensi per analizzare la minaccia americana al sistema di aiuti europei, e individuare le buone soluzioni». Così Paolo De Castro, primo vicepresidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo che ha invitato «le autorità nazionali a concentrarsi sui controlli alle frontiere affinché i prodotti importati dai Paesi terzi rispettino gli alti standard di produzione comunitari che garantiscono le eccellenze del 'Made in Italy', ma rappresentano anche costi elevati per chi produce». La filiera agroalimentare italiana, conclude De Castro, dopo la crisi dovuta all'embargo russo «non può rischiare di perdere il più importante partner commerciale dell'Unione europea, gli Stati Uniti, che rappresentano per i nostri produttori un volume di export superiore ai 20 miliardi».

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30 giugno 2018

Lavoro, riecco i voucher. Si parte dall'agricoltura Centinaio: necessari al settore. In cantiere la stretta sui contratti a termine Roma, 20 giugno 2018 - Proprio alla vigilia del varo del controverso decreto «dignità» la Lega, con il leader Matteo Salvini e il ministro Gian Marco Centinaio, riapre la partita dei voucher. Nati nel 2003, partiti operativamente nel 2008 e cancellati nel 2017, sotto la spinta della minaccia di referendum abrogativo della Cgil, i buoni-lavoro potrebbero tornare in scena, almeno per il settore agricolo, entro poche settimane. Non è da escludere (per quanto complicato) che il Carroccio punti a farli entrare nel pacchetto lavoro messo a punto da Luigi Di Maio e che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana.

Ad auspicare il ritorno dei voucher, inaugurati dieci anni fa nell’agricoltura per remunerare studenti, pensionati e casalinghe durante la vendemmia, è il ministro delle Politiche Agricole Centinaio. «Bene ha fatto Salvini a toccare il tema. Al ministero – spiega – abbiamo studiato e siamo pronti a reintrodurli perché utili per combattere il lavoro in nero e rendere più efficaci i controlli». Grazie ai voucher – insiste – «il datore di lavoro potrà beneficiare di prestazioni lavorative in piena legalità e con coperture assicurative in caso di incidenti, mentre il lavoratore riceverà non solo un compenso esente da tasse, ma potrà accumulare i contributi per i trattamenti pensionistici». Senza contare – incalza – che «bisogna tutelare il settore in nome della trasparenza e lottare contro tutte quelle forme di schiavismo e di sfruttamento della manodopera che potrebbero derivare dalla mancanza totale di regole».

Soddisfatti dell’annuncio i vertici della Coldiretti. Per il presidente Roberto Moncalvo «con i voucher circa 50.000 posti di lavoro occasionali possono essere recuperati con trasparenza nelle attività stagionali in campagna dove con l’estate è iniziata la raccolta e presto ci sarà la vendemmia».

Voucher a parte, i leghisti, anche sulla spinta delle associazioni imprenditoriali del Nord, appaiono intenzionati a incidere anche sulla cosiddetta stretta per i contratti a termine. E così proprio in questo fine settimana si consumerà l’ultimo braccio di ferro sulle nuove regole del lavoro a tempo determinato. Il pacchetto originario messo a punto dai professori di Di Maio prevede: la reintroduzione delle cosiddette causali (le ragioni che giustificano la stipula di un contratto a termine), ma non sul primo contratto: solo dal primo rinnovo del rapporto con la stessa impresa; la riduzione delle proroghe da 5 a 4; la previsione di un limite del 20 per cento per il lavoro flessibile per ogni impresa; l’aumento dello 0,5 per cento del costo del lavoro a termine. Ebbene, per la Lega è un pacchetto difficile da accettare: dunque, tutto potrebbe risolversi nella riduzione della durata massima del tempo determinato da 36 a 24 mesi.

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