17$10$16!RASSEGNASTAMPA! · RISO: MARTINA, NO A MURI, DAZI E BARRIERE, SI’ A PIU’ COOPERAZIONE...

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171016 RASSEGNA STAMPA 171015 G7 AGRICOLTURA SI CONCLUDE CON APPROVAZIONE “DICHIARAZIONE DI BERGAMO”. MARTINA, RISULTATO IMPORTANTE E UNITARIO agrapress 171015 RISO MARTINA, NO A MURI, DAZI E BARRIERE, SI’ A PIU’ COOPERAZIONE E SCAMBI agrapress 171016 BONIFICHE FERRARESI ESPORTA NEI SUPERMARKET D'EUROPA La Stampa 171016 ZUCCHERO, IL MERCATO E' LIBERO. OCCASIONE EXPORT PER L'EUROPA, MA L'INDUSTRIA ITALIANA SOFFRE Affari e finanza 171016 ZUCCHERO. FAVORITO IL NORD DEL CONTINENTE, NELLO STIVALE LA FILIERA E' A RISCHIO Affari e Finanza

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    17-‐10-‐16  RASSEGNA  STAMPA  17-‐10-‐15  G7  AGRICOLTURA  SI  CONCLUDE  CON  APPROVAZIONE  “DICHIARAZIONE  DI  BERGAMO”.  MARTINA,  RISULTATO  IMPORTANTE  E  UNITARIO    agrapress    17-‐10-‐15  RISO-‐  MARTINA,  NO  A  MURI,  DAZI  E  BARRIERE,  SI’  A  PIU’  COOPERAZIONE  E  SCAMBI    agrapress    17-‐10-‐16  BONIFICHE  FERRARESI  ESPORTA  NEI  SUPERMARKET  D'EUROPA    La  Stampa    17-‐10-‐16  ZUCCHERO,  IL  MERCATO  E'  LIBERO.  OCCASIONE  EXPORT  PER  L'EUROPA,  MA  L'INDUSTRIA  ITALIANA  SOFFRE  Affari  e  finanza    17-‐10-‐16  ZUCCHERO.  FAVORITO  IL  NORD  DEL  CONTINENTE,  NELLO  STIVALE  LA  FILIERA  E'  A  RISCHIO    Affari  e  Finanza  

  • G7 AGRICOLTURA SI CONCLUDE CON APPROVAZIONE “DICHIARAZIONE DI BERGAMO”. MARTINA, RISULTATO IMPORTANTE E UNITARIO

    Si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità della “dichiarazione di bergamo” i lavori del g7 dei ministri dell’agricoltura (foto su https://goo.gl/ZsT2ag). i contenuti della dichiarazione sono stati illustrati dal ministro delle politiche agricole maurizio MARTINA, presidente di turno del g7 agricolo, nella conferenza stampa svoltasi al termine dei lavori, alla quale sono intervenuti il Ministro per il cibo e l’agricoltura della Francia Stéphane TRAVERT, il Ministro per il cibo e l’agricoltura della Germania Christian SCHMIDT, il Vice Ministro per gli affari internazionali del Giappone Hiromichi MATSUSHIMA, il Segretario di stato per l’ambiente e lo sviluppo rurale della Gran Bretagna Thérèse COFFEY, il Ministro dell’agricoltura e dell’agroalimentare del Canada Lawrence MACAULAY, il Segretario all’agricoltura degli Stati Uniti Sonny PERDUE e il Commissario Europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale phil HOGAN. l’approvazione di una dichiarazione unanime è un risultato molto importante, che segna un salto di qualità nella gestione delle questioni al centro dei lavori, ha sottolineato MARTINA, spiegando che il primario obiettivo del documento, “elaborato - ha sottolineato- in coerenza con gli obiettivi del vertice g7 di taormina”, è portare 500 milioni di persone fuori dalla fame entro il 2030 attraverso impegni concreti da parte dei sette paesi. cinque - ha continuato MARTINA - sono le linee di indirizzo fondamentali nelle quali si articola la dichiarazione: la tutela del reddito dei produttori dalle crisi climatiche e ambientali; il rafforzamento della cooperazione agricola, con particolare riferimento all’africa; una maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi del cibo; un impegno a rafforzare le norme contro gli sprechi alimentari; la tracciabilità e lo sviluppo di sistemi produttivi legati al territorio. maggiori dettagli su https://goo.gl/KbFmYV. (ab)

  • RISO: MARTINA, NO A MURI, DAZI E BARRIERE, SI’ A PIU’ COOPERAZIONE E SCAMBI

    “Mi batto perché si risponda” alle sfide della globalizzazione “non con muri, dazi e barriere, ma con più cooperazione, più ponti, più amicizia e più scambi”, ha detto il ministro delle politiche agricole maurizio MARTINA concludendo l’iniziativa “fame zero”, svoltasi nell’ambito del g7 agricoltura, e replicando ad alcune dichiarazioni del segretario generale della cei nunzio GALANTINO sull’import di riso a dazio zero dai paesi asiatici. “in birmania continua la cacciata dei rohingya - minoranza etnica che vive al confine con il bangladesh - dai loro terreni, che devono essere coltivati a riso, il quale poi arriva in italia dazio zero”, ha denunciato GALANTINO, ad avviso del quale così facendo “si importa riso coltivato a spese di gente condannata a morire di fame nelle città” e si “penalizzano i nostri agricoltori”. “se penso a cosa convenga fare oggi da uomo delle istituzioni, credo che dovrei muovermi lungo la frontiera di dazi, barriere e dogane”, ma non voglio percorrere questa via; al contrario “voglio costruire una certa idea di globalizzazione basata sui diritti, sulle opportunità, sulla cooperazione e sul rapporto tra i popoli, ben sapendo che questo lavoro è faticosissimo”, ha precisato MARTINA, ribandendo più volta la propria contrarietà alla “logica dei dazi”. per il ministro servono invece “regole nuove in mercati aperti”. (ab)

  • 20 .Lavoro in corso .LA STAMPALUNEDÌ 16 OTTOBRE 2017

    madein

    ItalyCOMPRAVENDITA DI TERRENI

    Negli ultimi 5 anni nel mondosono stati scambiati 221 milionidi ettari. Disporre di un patrimonionazionale in questo settore ha rilievo economico e politico

    NUOVI AZIONISTI

    L’ingresso nel capitaledi Cdp Equity ci ha permessodi consolidare le dimensionidella struttura produttivae di promuovere la ricerca

    AGROALIMENTARE

    “Bonifiche Ferraresi esportanei supermarket d’Europa”

    L’ad Vecchioni: nei prossimi mesi partnership strategiche per filierenella grande distribuzione in Germania, Austria, Svizzera e Francia

    «Quando siamo partiti,28 mesi fa, c’era ungrande campo. Boni-fiche Ferraresi coltivava mais efrumento e altre commodities.Abbiamo cambiato pelle all’im-presa con un’organizzazioneverticale delle attività che vadalla genetica allo scaffale valo-rizzando le produzioni made inItaly». Federico Vecchioni,l’amministratore delegato diBonifiche Ferraresi, descrivecosì l’obiettivo strategico dellasocietà che anno dopo anno mi-gliora le sue performance eco-nomiche. Nel 2016 i ricavi dellevendite sono arrivati a 9,3 mi-lioni, il 9% in più del 2015, men-tre il valore della produzione siè attestato a 18,3 milioni, il 19%in più. Il risultato operativo lor-do (Ebitda) è di 4,2 milioni(+81%). Nel prossimo biennio«grazie agli investimenti già re-alizzati c’è, e ci sarà, una cresci-ta esponenziale di questi fatto-ri», annuncia Vecchioni.

    Quanta strada è passata dal1871 quando nacque la societàincaricata di bonificare i laghidella provincia di Ferrara e direalizzare opere irrigue. Nel1929 controlla oltre 25 mila et-tari e nel 1942 la Banca d’Italiaè il maggior azionista. Dopo laguerra la riforma agraria ridu-ce le proprietà e l’azienda nondecolla. Poi nel 2014 un gruppodi investitori privati - Fonda-zione Cariplo, la famiglia Ga-vio, Carlo De Benedetti, SergioDompè, Inalca (gruppo Cre-monini) Ocrim, Farchioni Olii,Bios Line e S.i.s - rilevano lequote di maggioranza diBankitalia. Nel 2015 si aggiun-gono i Consorzi Agrari e dal

    febbraio 2017 il gruppo Cassadepositi e prestiti con il 20%delle quote. A giugno è arrivatala quotazione sul Mercato Te-lematico Italiano. Da lì sono ar-rivate risposte positive «per-ché il nostro piano industrialepoggia sulla valorizzazionedella terra come garanzia del-l’origine delle produzioni, dellaloro qualità e dell’uso respon-sabile delle risorse naturali».

    Lo fanno in tanti. Che cosa vi rende diversi? 

    «La visione di difendere la no-stra terra. I 221 milioni di ettariscambiati negli ultimi 5 anni nelmondo confermano che la corsaalla conquista di aree coltivabilinon è finita. Anzi. Disporre, ge-stire e valorizzare in modo ra-zionale risorse naturali non èsolo una scelta economica ma anche una strategia politica eindustriale. Per noi la terra è un

    elemento di stabilizzazione eco-nomica e sociale».

    E voi avete tanta terra...«Sì, e tutta in Italia: 6500 ettari,siamo la più grande impresaitaliana per superficie agricolautilizzata. Questo ci permettedi controllare la produzionedella materia prima e di garan-tire la qualità e la quantità. Inquesto modo possiamo trasfor-marle e poi distribuirle».

    Vecchioni  lei parla di garanziedalla genetica alla distribuzione.È un bello slogan...

    «Non è uno slogan, è il nostro processo industriale. Partiamodalla genetica e dalla decisionedi valorizzazione delle varietàautoctone, come ad esempio ilSenatore Capelli per il grano.Ma studiamo anche nuove “cul-tivar” capaci di migliorare leperformance organolettichedelle materie prime made in

    Italy anche grazie all’applica-zione delle agro-tecniche deri-vanti dalla precision farming. Intal senso per la gestione dei bigdata in agricoltura è nato unospin-off con Ismea per imple-mentare il primo progetto suvasta scala di agricoltura diprecisione al servizio delle Pmiagricole in tutta Italia».

    Dove siete radicati? «I poli produttivi sono 3 e sonosituati in provincia di Ferrara,Arezzo ed Oristano. Il pianoagronomico si articola nel me-dio e lungo periodo (2015-2019)e prevede nuove colture pianteofficinali e loro derivati, orzo,legumi e orticole in aggiunta afrumento e riso trasformati. L’obiettivo è incrementare leproduzioni rendendole semprepiù omogenee. A Jolanda di Sa-voia è stato realizzato in soli 7mesi un eco-distretto zootecni-

    co con 9000 capi a rotazionel’anno. In Sardegna abbiamoappena ottenuto la conversionea biologico di tutti i campi».

    E il resto della filiera? «Con la grande distribuzioneabbiamo riformulato i tradizio-nali accordi commerciali se-guendo la logica della partner-ship strategica per filiere. Ab-biamo iniziato dal prodotto fre-sco, in particolare l’ortofrutta,per poi passare al comparto“grocery”. Intendiamo farlo siacon un nostro marchio sia conla private label della Gdo. Nei prossimi mesi dovremmo arri-vare anche sui mercati tedesco,austriaco, svizzero e francese».

    L’ingresso  dei  Consorzi  Agrarinel capitale sociale si è portatodietro non poche polemiche...

    «Le polemiche, se ci sono state,avevano altre finalità. Guardia-mo al futuro e al fatto che è sta-ta fatta una scelta secondo unalogica di mercato. Di fronte allegrandi aggregazioni a livello in-ternazionale, penso ad esempioalla fusione Bayer-Monsanto,non possiamo restare indiffe-renti. Per noi è un ingresso stra-tegico perché raggiungiamouna vasta platea di agricoltori».

    Che ruolo giocherà Cdp Equity?«Ci permetterà di consolidarein termini dimensionali la no-stra struttura produttiva e diqualificare l’attività di ricerca».

    c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

    L’azienda in cifre

    6.540 ettarila superficieagricola utilizzata

    3centri produttivia Ferrara, Arezzoe Oristano

    9.000bovini nonda latte

    33 milamq dedicatialla zootecnica

    900 ettariannui concimaticon gli animali

    10stalle pergli animaliallevati

    - LA STAMPA

    Una storia lunga un secolo e mezzoLa società Bonifiche Ferraresi nacque nel 1871 per risanare gli acquitrini

    della provincia di Ferrara. Nel secondo dopoguerra la riforma agraria ne ha ridotto le dimensioni, poi è tornata a crescere (anche grazie a nuovi soci entrati fra il 2014 

    e il 2015) e adesso è la prima proprietaria di terreni coltivabili in Italia

    MAURIZIO TROPEANOTORINO

    Nel capitaleDella società Bonifiche Ferraresi sono soci Fondazione Cariplo, la famiglia Gavio, Carlo De Benedetti, Sergio Dompè, Inalca (gruppo Cremonini) Ocrim, Farchioni Olii, Bios Line, S.i.s, Consorzi Agrari e il gruppo Cassa depositi e prestiti 

    18,3milioni di euro

    Il valore della produzione 

    di Bonifiche Ferraresinel 2016 ha fatto

    +19 per cento

    4,2milioni di euro

    Questo l’Ebitda(risultato operativo lordo) della societànel 2016, cresciutodell’81 per cento

    L’int

    ervi

    sta

  • FOCUS 16 OTTOBRE 201750

    Vito de Ceglia

    Milano

    La liberalizzazione del mercato dello zucchero decisa dalla Ue è un bene o un male? I consumatori italia-ni ed europei ne trarranno un concreto beneficio oppure no? I nostri agricoltori e tutta la filiera di settore in quale mi-sura devono temerla? Il 1° ot-tobre è scattato il via libera al-la totale deregulation del comparto, e questi interroga-tivi continuano a tenere ban-co. Non potrebbe essere altri-menti, visto che si tratta di una svolta storica che segna di fatto la fine parziale della politica Ue a tutela del settore adottata a partire dal lontano 1968. Politica che in principio si poneva l’obiettivo di tenere alta la produzione interna sfruttando da una parte la le-va dei prezzi superiori rispet-to a quelli ipotizzabili in un re-gime di libero mercato;dall’altra usando lo strumen-to dei dazi doganali sulle im-portazioni di zucchero di can-na che nel resto del mondo rappresenta l’80% dello zuc-chero complessivamente consumato.

    Con il passare degli anni quella politica è andata via via allentandosi, fino alla deci-sione finale di qualche setti-mana fa di togliere definitiva-mente il regime delle quote consentendo agli agricoltori e alle raffinerie europee di produrre tutto lo zucchero che vogliono e vendere i pro-dotti a chi desiderano.

    Una situazione, osservano gli addetti ai lavori, che da una parte potrebbe determi-nare effetti positivi in termini di esportazioni per tutti i pae-si comunitari (incluso l’Italia, seppure in maniera lieve). Dall’altra, però, potrebbe rive-larsi un’arma a doppio taglio trasformando gli stessi Paesi europei da potenziali preda-tori a prede di produttori ex-tra Ue.

    Di certo, quello che tutti pa-ventano — in primis, tra le mura amiche — è che la com-pleta deregulation del setto-re, alla stregua di quanto è ac-caduto per il latte, aprirà sce-nari inediti con una corsa al ri-basso dell’indice dei prezzi. Che, in realtà, già a partire dal 2013 si è ridotto in Europa di oltre il 40% allineandosi a quello del mercato mondiale. Di recente, è anche sceso al di sotto di questa quota.

    L’unica certezza, usando un eufemismo, arriva al mo-mento dalle stime dell’Ue che parlano di un aumento

    dell’export europeo da 1,3 a 2,5 milioni di tonnellate nel gi-ro di pochi anni. Stime che, in realtà, dicono poco sui poten-ziali contraccolpi della libera-lizzazione del comparto, già alle prese nell’ultimo decen-nio con un’importante ristrut-turazione del tessuto produt-tivo.

    Restando all’interno dei confini nazionali, i numeri so-no impietosi: 10 anni fa il Bel-paese aveva 19 stabilimenti da cui uscivano 1,4 tonnellate

    del prezioso carboidrato, il 17% della produzione conti-nentale e il 75% del fabbiso-gno nazionale. Ben 233mila ettari di campi italiani erano piantati a barbabietola (un elemento preziosissimo nella rotazione delle colture) e il settore dava lavoro a oltre 7mila impiegati diretti

    Oggi, tutto è cambiato. In peggio. Quest’anno in Italia gli impianti in funzione sono solo tre: a Pontelongo in Ve-neto e a Minerbio in Emilia,

    entrambi della cooperativa Coprob. E a San Quirico, sem-pre in Emilia, di proprietà di Saddam, società del gruppo Maccaferri che nel 2016 ha venduto il marchio Eridania e la sua rete vendita ai france-si di Cristal Union.

    Giusto per dare un termine di grandezza: il primo, e pro-babilmente dal prossimo an-no unico produttore naziona-le, la Coprob, deve giocarsi le sue carte contro colossi del ca-libro della tedesca Suedzuc-

    ker, il principale operatore eu-ropeo di settore, che produce 4,7 milioni di tonnellate di zucchero. E che di recente ha annunciato di voler aumenta-re la sua attuale quota di mer-cato (24%). La “cugina” Nord-zucker, la seconda potenza europea del comparto (quota di mercato al 15%), oppure contro l’austriaca Agrana.

    Ma la sfida è anche contro i giganti francesi di Cristal Union e di Tereos che hanno addirittura deciso in anticipo

    di acquistare più zucchero possibile sul mercato da com-mercializzare subito dopo la liberalizzazione, impegnan-dosi nel contempo a compra-re il tubero al prezzo minimo garantito di 25 euro alla ton-nellata, con integrazioni più o meno importanti in funzio-ne delle condizioni di merca-to.

    Ad oggi quello che gli anali-sti prevedono è che nella sta-gione 2017-2018 ci sarà quasi sicuramente un incremento

    Zucchero, il mercato è liberooccasione export per l’Europama l’industria italiana soffre

    Milano

    Sembrano ormai lontani anni luce i tempi in cui l’industria italiana dello zucchero rappresentava un punto di forza del sistema-Paese. Bisogna risalire alla me-tà degli anni Sessanta, quando il petroliere Attilio Monti decide di investire un fiume di capitali nella produzione di questa pre-ziosa commodity, acquistando la più gran-de azienda saccarifera italiana: Eridania.

    Attilio Monti, conosciuto comunemente con lo pseudonimo di “Cavalier Artiglio”, è un uomo d’affari tutto tondo e un “visiona-rio”. Il suo obiettivo è quello di realizzare un grande polo industriale nazionale nel settore dello zucchero. E ci riesce fonden-do Eridania con la “Saccarifera Lombar-da”, la “Emiliana Zuccheri”, la “Saccarifera Sarda” e successivamente con le ex “Distil-lerie Italiane” di Sesto San Giovanni, Ferra-ra, Roma e Napoli.

    Uscito di scena Monti, è poi il turno del gruppo Ferruzzi, guidato da Raul Gardini,

    che assume il controllo di Eridania nella pri-ma metà degli anni Ottanta, avviando una politica di modernizzazione degli impianti e di chiusura degli stabilimenti obsoleti sot-to la supervisione dell’allora presidente Re-nato Picco. Il passaggio successivo di Gardi-ni, e siamo all’inizio degli anni Novanta, è quello di inquadrare la società nella control-lata francese Beghin Say che nel corso degli anni diventerà Eridania Beghin Say che pos-siederà il 100% di Eridania, e sarà guidata da Picco stesso.

    Con l’avvio dell’inchiesta giudiziaria di Tangentopoli, e il successivo sconvolgimen-to del gruppo Ferruzzi, inizia anche la lenta ma implacabile eutanasia dello zucchero tri-colore. Che subisce un’accelerazione a par-tire dal 2006, cioè da quando la Ue avvia

    Le coltivazionisi allarganoin tutto il mondo

    CADUTA DAL PRIMO LUGLIO LA MISURA CHE TUTELAVA IL SETTORE DAL LONTANO 1968, LE PREVISIONI DANNO IN CRESCITA LE ESPORTAZIONI UE. NEL BELPAESE PERÒ IN 10 ANNI GLI IMPIANTI SI SONO RIDOTTI DA 19 AD APPENA 3

    Il polo tricolore creato da Monti e tramontato dopo Tangentopoli

    Già ora la superficie agricola destinata alla coltivazione di barbabietole da zucchero è cresciuta a livello Ue del 16% e del 30% in UK. Anche in Francia, altro grande produttore di zucchero, secondo i dati della Confederazione generale dei coltivatori di barbabietole (Cgb), “quest’anno la superficie totale dei campi dedicati alla barbabietola da zucchero è aumentata del 19% pari a 440mila ettari”. Nel corso della stagione 2017-2018, inoltre si stima una aumento della produzione in Cina e India. L’output cinese prevede un incremento di circa 1,6 milioni di tonnellate per un totale di 12,5 milioni di tonnellate. Quello indiano un aumento di 2,4 milioni di tonnellate (+16%) a 26 milioni di tonnellate.

    IL BUSINESS NAZIONALE NACQUEDALL’INTUIZIONE DI UN IMPRENDITORE “VISIONARIO”, PASSÒ POI A FERRUZZI E INIZIÒ UN RAPIDO DECLINO QUANDOLE INCHIESTE TRAVOLSERO IL GRUPPO

    [LA STORIA ]

    industria alimentare

    [IL FENOMENO]

    focus

    16 OTTOBRE 2017FOCUS51

    delle scorte mondiali, il pri-mo in tre anni. Questo do-vrebbe — secondo l’Abares, il centro di ricerche del gover-no australiano — portare da un calo delle scorte di 1,1 mi-lioni di tonnellate ad un incre-mento di 3 milioni per un tota-le di 71,1 milioni di tonnella-te. Stima che riflette un incre-mento di 5,9 milioni di tonnel-late nella produzione mon-diale, che si attesterebbe così a 189 milioni di tonnellate.

    Milano

    «Il timore c’è, soprattutto per effet-to dello smantellamento delle quote nazionali che cambia il perimetro normativo dopo 50 anni introducendo re-gole artatamente costruite per favorire 4 o 5 grandi player nord europei. Ora, il ri-schio concreto è che si crei un eccesso di concentrazione delle attività di coltivazio-ne e produzione di zucchero in alcuni Paesi Ue fino all’oligopolio».

    A poco più di 3 settimane dalla liberalizzazione delcomparto bieticolo-saccarife-ro, fa il punto sulla situazione Stefano Dozio, dg di Coprob: la cooperativa fondata nel 1962, oggi rimasta pratica-mente l’unica realtà naziona-le produttrice di zucchero pre-sente sul mercato retail con il brand Italia Zuccheri. Con i suoi 250 dipendenti fissi, a cui si aggiungono 300 stagionali che operano nei 2 stabilimen-ti di Minerbio (Bo) e Pontelon-go (Pd), il gruppo Coprob riu-nisce 7.000 aziende agricole per un totale di 5.648 soci con-ferenti e gestisce 32.300 ettari seminati a bietole tra Emilia Romagna e Veneto su circa 38.000 coltivati in Italia.

    Terreni che lo scorso anno hanno pro-dotto 2.200.000 tonnellate di bietole, la cui lavorazione ha dato origine a 255.000 tonnellate di zucchero per un fatturato consolidato di 233 milioni di euro e un uti-le netto di 2,8 milioni di euro. «La stima per il 2017 è di raggiungere quota 270.000 tonnellate», puntualizza Dozio. Quella di-segnata dai numeri è di fatto un’organiz-zazione importante senza la quale l’Italia sarebbe oggi uno dei pochi Paesi al mon-do con un consumo di zucchero di 1.700.000 tonnellate a non disporre di una produzione nazionale, pur essendo il 3° mercato di consumo in Europa.

    «Mantenere l’attuale produzione, che oggi copre il 16% del fabbisogno di zuc-chero nazionale, è fondamentale per il no-stro Paese, specie dopo la liberalizzazio-ne del mercato — osserva il dg — Per que-sto motivo, il nostro auspicio è che il go-verno si preoccupi di sostenere l’unica fi-

    liera italiana del comparto in sede Ue pri-ma che sia troppo tardi e che i prezzi si ab-bassino sotto la soglia di sostenibilità eco-nomica».

    Come noto, dal luglio 2016 un nome storico dell’industria saccarifera italiana come Eridania è passato in mano france-se. Oggi quello che paventano quindi i vertici di Coprob è una sempre maggiore competizione in Europa con i grandi big dell’industria saccarifera, principalmen-te francesi, ma anche tedeschi, che punte-ranno a produrre il massimo, innescan-do una guerra al ribasso dei prezzi a disca-pito della trasparenza e della garanzia di origine dei prodotti offerti.

    «Noi ci vogliamo difendere e da tempo stiamo lavorando per trasformare questa minaccia in un’opportunità, valorizzan-do l’importanza strategica dello zucche-ro italiano e puntando sull’innovazione». In che modo? «Intanto, dopo la riforma del 2006-2007, abbiamo investito 175 mi-

    lioni di euro negli stabilimenti aumentan-do la capacità produttiva del 40%. Non so-lo, per mettere in sicurezza la filiera, ab-biamo puntato tutto sull’agricoltura di precisione migliorando sensibilmente la produttività: l’obiettivo è di raggiungere un ulteriore +15% superando le 10 tonnel-late di zucchero per ettaro».

    Un obiettivo che parte da lontano, quello di Coprob: esattamente 3 anni fa, quando la cooperativa ha deciso di pre-servare la filiera italiana dello zucchero creando gruppi di bieticoltori nel territo-rio denominati “club territoriali della bieto-la” (Ctb). «Abbiamo scelto oltre 115 azien-de opinion leader del settore disseminate tra l’Emilia-Romagna e il Veneto — sottolinea il dg — Aziende che con-dividono con noi le mi-

    gliori pratiche agronomiche: dalla fertiliz-zazione alla genetica, dalla nuova sensori-stica all’informatica».

    Nasce proprio dal coinvolgimento de-gli agricoltori e della ricerca e sviluppo la creazione del primo zucchero grezzo di barbabietola 100% italiano, chiamato “Nostrano”, che preserva le preziose so-stanze del succo madre del tubero. «Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione dei consumatori verso un’alimentazione sa-na, genuina e di cui si conosce l’origine — spiega il dg — . Nostrano è la risposta a questa richiesta perché intercetta un trend che cresce a doppia cifra».

    Quindi, non solo prodotti mass mar-ket ma anche prodotti di nicchia ad altissi-mo valore aggiunto. È questa la sfida che Coprob ha lanciato ai suoi diretti concor-renti attraverso il brand Italia Zuccheri per conquistare nuove quote di mercato. Con un occhio di riguardo sia ai produtto-ri che ai distributori. «Remunerare nel modo giusto l’agricoltore è, per noi, un va-lore reale. Il trend delle nostre vendite è in crescita (Fonte: Iri), nonostante i nostri prezzi del prodotto da filiera 100% italia-na siano più cari nel punto vendita di cir-ca il 20% rispetto a quelli dei concorrenti. Questo consente dunque di generare va-lore sia al nostro gruppo che all’insegna».

    Non a caso, i distributori che lavorano con Coprob — tra cui Coop, Auchan, Alì, gruppo Unicomm, Despar, Finiper, Ben-net e Pam — lasciano sempre più spazio ai prodotti con la marca di Italia Zucche-ri. «Secondo una logica win-win», puntua-lizza il dg. Oggi, gli impianti di Minerbio e Pontelongo possono produrre fino a 350mila tonnellate di zucchero e la coope-rativa sta ragionando insieme ad alcuni big dell’industria agro-alimentare italia-na come Barilla per valorizzare sempre di più le produzioni made in Italy. «Con mol-te aziende abbiamo stretto delle partner-ship di medio periodo. In particolare, con Barilla è in essere un progetto orizzontale tra le filiere dello zucchero e del grano du-ro per renderle più produttive. Al contra-rio con altri utilizzatori come Coca Cola non è andata in porto alcuna fattiva colla-borazione. L’azienda, al momento, non ha dimostrato di avere la giusta attenzio-ne per la filiera italiana».

    una drastica revisione della regolamentazio-ne delle quote di produzione di zucchero, in base alla quale le società produttrici vengono fortemente incentivate a restituire le quote e a chiudere una parte degli stabilimenti pro-duttivi. Non a caso, gli Stati membri accetta-no di ridurre gli stabilimenti da 192 a 109 con la perdita di 20mila posti di lavoro. Anche Ro-ma decide di sforbiciare da 19 a 6 i suoi im-pianti, incassando da Bruxelles un assegno di 700 milioni di euro per avviarne la conversio-ne in centrali elettriche a biomasse.

    E arriviamo ai giorni nostri con la decisione della Ue di mettere fine, una volta per tutte, al regime delle quote. Decisione che arriva in un momento in cui il mercato nazionale di settore vive una situazione a dir poco com-plessa. Perché nel frattempo la storica società

    Eridania e la sua rete vendita, acquistata dal gruppo Maccaferri all’inizio del Duemila, nel 2016 passa sotto il totale controllo dei francesi di Cristal Union. I Maccaferri sono ancora pro-prietari della società Sadam e dello stabilimen-to di San Quirico (PR), anche se nella campa-gna 2016 sia Eridania che Sadam non hanno coltivato bietole e quindi lo zucchero in vendi-ta fino ad oggi non è italiano.

    Per contro, nella campagna 2017, Sadam (non Eridania) ha invece coltivato 6mila ettari di bietole e produrrà dello zucchero italiano nello stabilimento di San Quirico. Il grosso del-la produzione però sarà realizzato da due sta-bilimenti (Pontelongo in Veneto e Minerbio in Emilia, entrambi della cooperativa Co-prob) che produrranno circa 270mila tonnel-late, quasi l’80% in meno di quello realizzato da tutta industria saccarifera italiana nel 2006.

    Non solo, a quanto sembra la società del gruppo Maccaferri non farà la campagna del prossimo anno per cui da agosto 2018 in poi l’unico produttore di zucchero in Italia do-vrebbe tornare ad essere la Cooperativa Co-prob, il produttore di gran lunga più importan-te a livello nazionale che su circa 38mila ettari coltivati a barbabietola ne utilizza 32mila. (v.d.c.)

    “Favorito il Nord del Continente nello Stivale la filiera è a rischio”

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    PARLA STEFANO DOZIO, DG DI COPROB, LA COOPERATIVA RIMASTA L’UNICA REALTÀ TRICOLORE PRODUTTRICE PRESENTE SUL MERCATO RETAIL CON IL BRAND ITALIA ZUCCHERI: “LO SMANTELLAMENTO DELLE QUOTE NAZIONALI AVVANTAGGIA POCHI PLAYER EUROPEI”

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    Coprob ha 32.300 ettari a

    bietole “Nostrano” èil suo zuccreo

    100% italiano

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    Lo scorso anno i terreni di Coprob hanno prodotto 2.200.000 tonnellate di bietole, la cui lavorazione ha dato origine a 255.000 tonnellate di zucchero per un fatturato consolidato di 233 milioni di euro e un utile netto di 2,8 milioni di euro

    Stefano Dozio, dg di

    Coprob, cooperativa fondata nel 1962, oggi

    rimasta praticamente l’unica realtà

    nazionale produttrice di

    zucchero

    [L’OPINIONE]

  • FOCUS 16 OTTOBRE 201750

    Vito de Ceglia

    Milano

    La liberalizzazione del mercato dello zucchero decisa dalla Ue è un bene o un male? I consumatori italia-ni ed europei ne trarranno un concreto beneficio oppureno? I nostri agricoltori e tutta la filiera di settore in quale mi-sura devono temerla? Il 1° ot-tobre è scattato il via libera al-la totale deregulation del comparto, e questi interroga-tivi continuano a tenere ban-co. Non potrebbe essere altri-menti, visto che si tratta di una svolta storica che segna di fatto la fine parziale della politica Ue a tutela del settore adottata a partire dal lontano 1968. Politica che in principio si poneva l’obiettivo di tenere alta la produzione interna sfruttando da una parte la le-va dei prezzi superiori rispet-to a quelli ipotizzabili in un re-gime di libero mercato;dall’altra usando lo strumen-to dei dazi doganali sulle im-portazioni di zucchero di can-na che nel resto del mondo rappresenta l’80% dello zuc-chero complessivamenteconsumato.

    Con il passare degli anni quella politica è andata via via allentandosi, fino alla deci-sione finale di qualche setti-mana fa di togliere definitiva-mente il regime delle quote consentendo agli agricoltorie alle raffinerie europee di produrre tutto lo zucchero che vogliono e vendere i pro-dotti a chi desiderano.

    Una situazione, osservano gli addetti ai lavori, che da una parte potrebbe determi-nare effetti positivi in termini di esportazioni per tutti i pae-si comunitari (incluso l’Italia, seppure in maniera lieve). Dall’altra, però, potrebbe rive-larsi un’arma a doppio taglio trasformando gli stessi Paesi europei da potenziali preda-tori a prede di produttori ex-tra Ue.

    Di certo, quello che tutti pa-ventano — in primis, tra le mura amiche — è che la com-pleta deregulation del setto-re, alla stregua di quanto è ac-caduto per il latte, aprirà sce-nari inediti con una corsa al ri-basso dell’indice dei prezzi. Che, in realtà, già a partire dal 2013 si è ridotto in Europa di oltre il 40% allineandosi a quello del mercato mondiale. Di recente, è anche sceso al di sotto di questa quota.

    L’unica certezza, usando un eufemismo, arriva al mo-mento dalle stime dell’Ue che parlano di un aumento

    dell’export europeo da 1,3 a 2,5 milioni di tonnellate nel gi-ro di pochi anni. Stime che, in realtà, dicono poco sui poten-ziali contraccolpi della libera-lizzazione del comparto, già alle prese nell’ultimo decen-nio con un’importante ristrut-turazione del tessuto produt-tivo.

    Restando all’interno dei confini nazionali, i numeri so-no impietosi: 10 anni fa il Bel-paese aveva 19 stabilimenti da cui uscivano 1,4 tonnellate

    del prezioso carboidrato, il 17% della produzione conti-nentale e il 75% del fabbiso-gno nazionale. Ben 233mila ettari di campi italiani erano piantati a barbabietola (un elemento preziosissimo nella rotazione delle colture) e il settore dava lavoro a oltre 7mila impiegati diretti

    Oggi, tutto è cambiato. In peggio. Quest’anno in Italia gli impianti in funzione sono solo tre: a Pontelongo in Ve-neto e a Minerbio in Emilia,

    entrambi della cooperativa Coprob. E a San Quirico, sem-pre in Emilia, di proprietà di Saddam, società del gruppo Maccaferri che nel 2016 ha venduto il marchio Eridania e la sua rete vendita ai france-si di Cristal Union.

    Giusto per dare un termine di grandezza: il primo, e pro-babilmente dal prossimo an-no unico produttore naziona-le, la Coprob, deve giocarsi le sue carte contro colossi del ca-libro della tedesca Suedzuc-

    ker, il principale operatore eu-ropeo di settore, che produce 4,7 milioni di tonnellate di zucchero. E che di recente haannunciato di voler aumenta-re la sua attuale quota di mer-cato (24%). La “cugina” Nord-zucker, la seconda potenza europea del comparto (quota di mercato al 15%), oppure contro l’austriaca Agrana.

    Ma la sfida è anche contro i giganti francesi di Cristal Union e di Tereos che hanno addirittura deciso in anticipo

    di acquistare più zucchero possibile sul mercato da com-mercializzare subito dopo la liberalizzazione, impegnan-dosi nel contempo a compra-re il tubero al prezzo minimo garantito di 25 euro alla ton-nellata, con integrazioni più o meno importanti in funzio-ne delle condizioni di merca-to.

    Ad oggi quello che gli anali-sti prevedono è che nella sta-gione 2017-2018 ci sarà quasi sicuramente un incremento

    Zucchero, il mercato è liberooccasione export per l’Europama l’industria italiana soffre

    Milano

    Sembrano ormai lontani anni luce i tempi in cui l’industria italiana dello zucchero rappresentava un punto di forza del sistema-Paese. Bisogna risalire alla me-tà degli anni Sessanta, quando il petroliere Attilio Monti decide di investire un fiume di capitali nella produzione di questa pre-ziosa commodity, acquistando la più gran-de azienda saccarifera italiana: Eridania.

    Attilio Monti, conosciuto comunemente con lo pseudonimo di “Cavalier Artiglio”, è un uomo d’affari tutto tondo e un “visiona-rio”. Il suo obiettivo è quello di realizzare un grande polo industriale nazionale nel settore dello zucchero. E ci riesce fonden-do Eridania con la “Saccarifera Lombar-da”, la “Emiliana Zuccheri”, la “Saccarifera Sarda” e successivamente con le ex “Distil-lerie Italiane” di Sesto San Giovanni, Ferra-ra, Roma e Napoli.

    Uscito di scena Monti, è poi il turno del gruppo Ferruzzi, guidato da Raul Gardini,

    che assume il controllo di Eridania nella pri-ma metà degli anni Ottanta, avviando una politica di modernizzazione degli impianti e di chiusura degli stabilimenti obsoleti sot-to la supervisione dell’allora presidente Re-nato Picco. Il passaggio successivo di Gardi-ni, e siamo all’inizio degli anni Novanta, è quello di inquadrare la società nella control-lata francese Beghin Say che nel corso degli anni diventerà Eridania Beghin Say che pos-siederà il 100% di Eridania, e sarà guidata da Picco stesso.

    Con l’avvio dell’inchiesta giudiziaria di Tangentopoli, e il successivo sconvolgimen-to del gruppo Ferruzzi, inizia anche la lenta ma implacabile eutanasia dello zucchero tri-colore. Che subisce un’accelerazione a par-tire dal 2006, cioè da quando la Ue avvia

    Le coltivazionisi allarganoin tutto il mondo

    CADUTA DAL PRIMO LUGLIO LA MISURA CHE TUTELAVA IL SETTORE DAL LONTANO 1968, LE PREVISIONI DANNO IN CRESCITA LE ESPORTAZIONI UE. NEL BELPAESE PERÒ IN 10 ANNI GLI IMPIANTI SI SONO RIDOTTI DA 19 AD APPENA 3

    Il polo tricolore creato da Monti e tramontato dopo Tangentopoli

    Già ora la superficie agricola destinata alla coltivazione di barbabietole da zucchero è cresciuta a livello Ue del 16% e del 30% in UK. Anche in Francia, altro grande produttore di zucchero, secondo i dati della Confederazione generale dei coltivatori di barbabietole (Cgb), “quest’anno la superficie totale dei campi dedicati alla barbabietola da zucchero è aumentata del 19% pari a 440mila ettari”. Nel corso della stagione 2017-2018, inoltre si stima una aumento della produzione in Cina e India. L’output cinese prevede un incremento di circa 1,6 milioni di tonnellate per un totale di 12,5 milioni di tonnellate. Quello indiano un aumento di 2,4 milioni di tonnellate (+16%) a 26 milioni di tonnellate.

    IL BUSINESS NAZIONALE NACQUEDALL’INTUIZIONE DI UN IMPRENDITORE “VISIONARIO”, PASSÒ POI A FERRUZZI E INIZIÒ UN RAPIDO DECLINO QUANDOLE INCHIESTE TRAVOLSERO IL GRUPPO

    [LA STORIA ]

    industria alimentare

    [IL FENOMENO]

    focus

    16 OTTOBRE 2017FOCUS51

    delle scorte mondiali, il pri-mo in tre anni. Questo do-vrebbe — secondo l’Abares, il centro di ricerche del gover-no australiano — portare da un calo delle scorte di 1,1 mi-lioni di tonnellate ad un incre-mento di 3 milioni per un tota-le di 71,1 milioni di tonnella-te. Stima che riflette un incre-mento di 5,9 milioni di tonnel-late nella produzione mon-diale, che si attesterebbe così a 189 milioni di tonnellate.

    Milano

    «Il timore c’è, soprattutto per effet-to dello smantellamento delle quote nazionali che cambia il perimetro normativo dopo 50 anni introducendo re-gole artatamente costruite per favorire 4 o 5 grandi player nord europei. Ora, il ri-schio concreto è che si crei un eccesso di concentrazione delle attività di coltivazio-ne e produzione di zucchero in alcuni Paesi Ue fino all’oligopolio».

    A poco più di 3 settimane dalla liberalizzazione delcomparto bieticolo-saccarife-ro, fa il punto sulla situazione Stefano Dozio, dg di Coprob: la cooperativa fondata nel 1962, oggi rimasta pratica-mente l’unica realtà naziona-le produttrice di zucchero pre-sente sul mercato retail con il brand Italia Zuccheri. Con i suoi 250 dipendenti fissi, a cui si aggiungono 300 stagionali che operano nei 2 stabilimen-ti di Minerbio (Bo) e Pontelon-go (Pd), il gruppo Coprob riu-nisce 7.000 aziende agricole per un totale di 5.648 soci con-ferenti e gestisce 32.300 ettari seminati a bietole tra Emilia Romagna e Veneto su circa 38.000 coltivati in Italia.

    Terreni che lo scorso anno hanno pro-dotto 2.200.000 tonnellate di bietole, la cui lavorazione ha dato origine a 255.000 tonnellate di zucchero per un fatturato consolidato di 233 milioni di euro e un uti-le netto di 2,8 milioni di euro. «La stima per il 2017 è di raggiungere quota 270.000 tonnellate», puntualizza Dozio. Quella di-segnata dai numeri è di fatto un’organiz-zazione importante senza la quale l’Italia sarebbe oggi uno dei pochi Paesi al mon-do con un consumo di zucchero di 1.700.000 tonnellate a non disporre di una produzione nazionale, pur essendo il 3° mercato di consumo in Europa.

    «Mantenere l’attuale produzione, che oggi copre il 16% del fabbisogno di zuc-chero nazionale, è fondamentale per il no-stro Paese, specie dopo la liberalizzazio-ne del mercato — osserva il dg — Per que-sto motivo, il nostro auspicio è che il go-verno si preoccupi di sostenere l’unica fi-

    liera italiana del comparto in sede Ue pri-ma che sia troppo tardi e che i prezzi si ab-bassino sotto la soglia di sostenibilità eco-nomica».

    Come noto, dal luglio 2016 un nome storico dell’industria saccarifera italiana come Eridania è passato in mano france-se. Oggi quello che paventano quindi i vertici di Coprob è una sempre maggiore competizione in Europa con i grandi big dell’industria saccarifera, principalmen-te francesi, ma anche tedeschi, che punte-ranno a produrre il massimo, innescan-do una guerra al ribasso dei prezzi a disca-pito della trasparenza e della garanzia di origine dei prodotti offerti.

    «Noi ci vogliamo difendere e da tempo stiamo lavorando per trasformare questa minaccia in un’opportunità, valorizzan-do l’importanza strategica dello zucche-ro italiano e puntando sull’innovazione». In che modo? «Intanto, dopo la riforma del 2006-2007, abbiamo investito 175 mi-

    lioni di euro negli stabilimenti aumentan-do la capacità produttiva del 40%. Non so-lo, per mettere in sicurezza la filiera, ab-biamo puntato tutto sull’agricoltura di precisione migliorando sensibilmente la produttività: l’obiettivo è di raggiungere un ulteriore +15% superando le 10 tonnel-late di zucchero per ettaro».

    Un obiettivo che parte da lontano, quello di Coprob: esattamente 3 anni fa, quando la cooperativa ha deciso di pre-servare la filiera italiana dello zucchero creando gruppi di bieticoltori nel territo-rio denominati “club territoriali della bieto-la” (Ctb). «Abbiamo scelto oltre 115 azien-de opinion leader del settore disseminate tra l’Emilia-Romagna e il Veneto — sottolinea il dg — Aziende che con-dividono con noi le mi-

    gliori pratiche agronomiche: dalla fertiliz-zazione alla genetica, dalla nuova sensori-stica all’informatica».

    Nasce proprio dal coinvolgimento de-gli agricoltori e della ricerca e sviluppo la creazione del primo zucchero grezzo di barbabietola 100% italiano, chiamato “Nostrano”, che preserva le preziose so-stanze del succo madre del tubero. «Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione dei consumatori verso un’alimentazione sa-na, genuina e di cui si conosce l’origine — spiega il dg — . Nostrano è la risposta a questa richiesta perché intercetta un trend che cresce a doppia cifra».

    Quindi, non solo prodotti mass mar-ket ma anche prodotti di nicchia ad altissi-mo valore aggiunto. È questa la sfida che Coprob ha lanciato ai suoi diretti concor-renti attraverso il brand Italia Zuccheri per conquistare nuove quote di mercato. Con un occhio di riguardo sia ai produtto-ri che ai distributori. «Remunerare nel modo giusto l’agricoltore è, per noi, un va-lore reale. Il trend delle nostre vendite è in crescita (Fonte: Iri), nonostante i nostri prezzi del prodotto da filiera 100% italia-na siano più cari nel punto vendita di cir-ca il 20% rispetto a quelli dei concorrenti. Questo consente dunque di generare va-lore sia al nostro gruppo che all’insegna».

    Non a caso, i distributori che lavorano con Coprob — tra cui Coop, Auchan, Alì, gruppo Unicomm, Despar, Finiper, Ben-net e Pam — lasciano sempre più spazio ai prodotti con la marca di Italia Zucche-ri. «Secondo una logica win-win», puntua-lizza il dg. Oggi, gli impianti di Minerbio e Pontelongo possono produrre fino a 350mila tonnellate di zucchero e la coope-rativa sta ragionando insieme ad alcuni big dell’industria agro-alimentare italia-na come Barilla per valorizzare sempre di più le produzioni made in Italy. «Con mol-te aziende abbiamo stretto delle partner-ship di medio periodo. In particolare, con Barilla è in essere un progetto orizzontale tra le filiere dello zucchero e del grano du-ro per renderle più produttive. Al contra-rio con altri utilizzatori come Coca Cola non è andata in porto alcuna fattiva colla-borazione. L’azienda, al momento, non ha dimostrato di avere la giusta attenzio-ne per la filiera italiana».

    una drastica revisione della regolamentazio-ne delle quote di produzione di zucchero, in base alla quale le società produttrici vengono fortemente incentivate a restituire le quote e a chiudere una parte degli stabilimenti pro-duttivi. Non a caso, gli Stati membri accetta-no di ridurre gli stabilimenti da 192 a 109 con la perdita di 20mila posti di lavoro. Anche Ro-ma decide di sforbiciare da 19 a 6 i suoi im-pianti, incassando da Bruxelles un assegno di 700 milioni di euro per avviarne la conversio-ne in centrali elettriche a biomasse.

    E arriviamo ai giorni nostri con la decisione della Ue di mettere fine, una volta per tutte, al regime delle quote. Decisione che arriva in un momento in cui il mercato nazionale di settore vive una situazione a dir poco com-plessa. Perché nel frattempo la storica società

    Eridania e la sua rete vendita, acquistata dal gruppo Maccaferri all’inizio del Duemila, nel 2016 passa sotto il totale controllo dei francesi di Cristal Union. I Maccaferri sono ancora pro-prietari della società Sadam e dello stabilimen-to di San Quirico (PR), anche se nella campa-gna 2016 sia Eridania che Sadam non hanno coltivato bietole e quindi lo zucchero in vendi-ta fino ad oggi non è italiano.

    Per contro, nella campagna 2017, Sadam (non Eridania) ha invece coltivato 6mila ettari di bietole e produrrà dello zucchero italiano nello stabilimento di San Quirico. Il grosso del-la produzione però sarà realizzato da due sta-bilimenti (Pontelongo in Veneto e Minerbio in Emilia, entrambi della cooperativa Co-prob) che produrranno circa 270mila tonnel-late, quasi l’80% in meno di quello realizzato da tutta industria saccarifera italiana nel 2006.

    Non solo, a quanto sembra la società del gruppo Maccaferri non farà la campagna del prossimo anno per cui da agosto 2018 in poi l’unico produttore di zucchero in Italia do-vrebbe tornare ad essere la Cooperativa Co-prob, il produttore di gran lunga più importan-te a livello nazionale che su circa 38mila ettari coltivati a barbabietola ne utilizza 32mila. (v.d.c.)

    “Favorito il Nord del Continente nello Stivale la filiera è a rischio”

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    PARLA STEFANO DOZIO, DG DI COPROB, LA COOPERATIVA RIMASTA L’UNICA REALTÀ TRICOLORE PRODUTTRICE PRESENTE SUL MERCATO RETAIL CON IL BRAND ITALIA ZUCCHERI: “LO SMANTELLAMENTO DELLE QUOTE NAZIONALI AVVANTAGGIA POCHI PLAYER EUROPEI”

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    Coprob ha 32.300 ettari a

    bietole “Nostrano” è il suo zuccreo

    100% italiano

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    Lo scorso anno i terreni di Coprob hanno prodotto 2.200.000 tonnellate di bietole, la cui lavorazione ha dato origine a 255.000 tonnellate di zucchero per un fatturato consolidato di 233 milioni di euro e un utile netto di 2,8 milioni di euro

    Stefano Dozio, dg di

    Coprob, cooperativa fondata nel 1962, oggi

    rimasta praticamente l’unica realtà

    nazionale produttrice di

    zucchero

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