17 - Il Gruppo di Ur

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Quaderni del Gruppo di Ur XVII IL GRUPPO DI UR I Ediz.: Agosto 2006; II Ediz.: Giugno 2007; III Ediz.:Novembre 2007 Catena Magica Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emerso nell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò, sia citazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato può rendere opportuna una nuova edizione.

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Quaderni del Gruppo di Ur

XVII

IL GRUPPO DI UR

I Ediz.: Agosto 2006; II Ediz.: Giugno 2007; III Ediz.:Novembre 2007

Catena Magica

Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emerso nell'omonimo forum,in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò, sia citazioni degli autori studiati, siacommenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovomateriale sull' argomento trattato può rendere opportuna una nuova edizione.

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INTRODUZIONE

A Renato Del Ponte

Dedichiamo questo Quaderno XVII al prof. Renato del Ponte (Lodi 1944), a cui si deve la prima seriapubblicazione di un opera relativa al Gruppo di Ur (Evola e il Magico Gruppo di Ur, Borzano 1994). Nella II ediz. è stata arricchita la sezione dedicata ad Ekatlos. Nella III ediz. è stato aggiunto il cap. 1.1 e sonostati arricchiti i capitoli 4, 5 e 8.

Il presente quaderno è così suddiviso:1) Considerazioni generali sul Gruppo di Ur1.1Il Gruppo di Ur dopo la cessazione della rivista2) I Membri dell'O.E.2.1) Primo Sole e Nilius2.2) Apro2.3) Abraxa e Tikaipos3) Ea e Iagla3.1) Evola e la Grande Guerra3.2) Evola e la Lega Teosofica3.3) Evola Antidemocratico e Antifascista3.4) Evola e l'Ordine Egizio4) Es5) La Componente Pitagorico-Massonica6) Gli Antroposofi6.1) R.Steiner e il Memphis-Misraim 6.2) Steiner venne in Italia - Elika del Drago (Alba) 6.3) Emmelina de Renzis e Giovanni Antonio Colonna di Cesarò 6.4) Leo, Breno e Krur6.5) Arom, Oso e Taurulus7) I Cattolici7.1) Havismat7.2) Sirio, Sirius e Sagittario7.3) Nicola Moscardelli: Giulio Evola8) I Polari: Agarda, Zam e De Naglowska9) Ekatlos10) Rud11) Gli Altri di Ur

A differenza del criterio seguito per le discussioni, non abbiamo indicato gli autori dei saggi monograficipresenti in questo quaderno. Si sottintende che, ove non diversamente indicato, autori ne siano i membri delforum che hanno assunto i medesimi pseudonimi dei personaggi di cui si tratta. Da notare che spesso essihanno collaborato reciprocamente nella stesura dei saggi medesimi.

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1) Considerazioni generali sul Gruppo di Ur

Pirofilo: La struttura stessa d'Introduzione alla Magia mi ha sempre affascinato, perché è articolata in capitoli,i cui temi non sempre trovano un filo logico apparente. Perciò mi sembra che non seguano le regole normali di"trattati" su argomenti specifici.Frater Petrus: Quegli scritti furono inizialmente pubblicati su una rivista chiamata, come è noto, prima Ur e poiKrur. I capitoli di Introduzione alla Magia corrispondono alle mensilità della rivista. Bisogna distinguere i legamilogici esistenti tra i saggi di uno stesso capitolo, che spesso sono messi in evidenza da glosse conclusive,dai legami esistenti tra i saggi di uno stesso autore. Da questo secondo punto di vista, occorre tenerpresente che gli scritti di Leo ed Oso richiedono una certa conoscenza della metodologia di ascesi steineriana e perciò la loro consequenzialità non sempre è evidente. Le monografie di Luce hanno una discretaconsequenzialità: presuppongono solo i saggi che lo stesso autore, con il medesimo pseudonimo, avevapubblicato sulla rivista Ignis. Il massimo della consequenzialità si ha negli scritti di Abraxa, che, nel lorocomplesso, costituiscono un itinerario pressochè completo. Pirofilo: Sempre come opinione personale, mi sembrerebbe che non possano essere affrontati mediante unaanalisi critica di tipo correntemente in voga. In altre parole, vengono proposti temi che quasi sempre nonpossono essere dimostrati, ma che hanno un contenuto molto plausibile. E' inutile cercare dimostrazioni.Frater Petrus: Innanzitutto si possono lumeggiare:- le connessioni tra i vari saggi;- le concordanze con scritti precedenti o successivi degli stessi autori;- le concordanze con gli insegnamenti delle correnti esoteriche, dalle quali gli autori provenivano;- le somiglianze o differenze con gli insegnamenti di altre correnti esoteriche.Per quanto riguarda le "dimostrazioni", tutti gli scritti esoterici sono come dei racconti di viaggio. La loroplausibilità (dovuta alla non eccessiva discordanza con ciò che già sappiamo e alla loro coerenza interna)nonchè il loro fascino può indurre altri a rifare il viaggio. La certezza della loro veridicità si ha solo man manoche si effettua il viaggio stesso. I viaggi però vanno gustati istante per istante, proponendosi piccole tappe. Seci si limita ad agognare alla meta ultima e a ritenerla la cosa sola importante, spesso si desiste, potendosembrare essa troppo lontana o troppo incerta la sua localizzazione e potendo disperare dei pochi mezzi di cuiall'inizio ci sembra di esser dotati. Se invece si procede, i primi successi rincuorano e magari può capitare discoprire che il viaggio stesso era la meta, perchè mediante esso ci siamo riappropriati di abilità, presenti masopite, nel nostro iniziale stato.Pirofilo: Una seconda cosa che mi ha affascinato è il fatto che un "gruppo" di uomini si sia trovato in sintonia.Su questo punto non ho informazioni convincenti: non mi risultano (ma forse è mia ignoranza) che siano statefatte indagini sulle persone che componevano il gruppo, ma soprattutto per quale motivo erano in sintonia. Misi presentano alla mente molte domande, anche di tipo pragmatico. Come comunicavano fra di loro se nonabitavano nella medesima città. Allora non esisteva certamente Internet.Frater Petrus: Sono state fatte diverse indagini. Una delle più accurate è quella del prof. Renato del Ponte(op.cit.). La sintonia puoi comprenderla leggendo Appunti sul Logos di Oso e l'equivalente saggio di Evola ("Ilvalore dell'occultismo nella cultura contemporanea"), che sono stati pubblicati nel Quaderno omonimo (n° 4,Appunti sul Logos). Il Logos, creatore di ogni livello grossolano e sottile della realtà fenomenica, non è unaentità singola, ma un "coro" di potenze (se mi è concessa l'espressione), anche se, di tempo in tempo, ve nepuò essere una (o più) che viene a trovarsi ad un livello superiore alle altre. Il termine ebraico più antico perindicare Dio è Elohim, un plurale che Fabre D'Olivet ha tradotto suggestivamente col termine "Egli-Gli Dei". Diqui l'importanza delle catene magiche e dell'atto magico collettivo. Il gruppo di Ur era organizzato in piccolecatene. La principale risiedeva a Roma. A parte i contatti personali e le missive, la rivista stessa era fonte dicomunicazione.Pirofilo: Continuando, mi sembra che dovremmo prendere in considerazione un doppio motivo di indagine,sempre che possa essere di un qualche interesse per il forum. l primo motivo, certamente molto difficile daprendere in considerazione, è la "ragione di vita" che animava i componenti del gruppo. O, se si preferisce, laloro ragione "ontologica". Il secondo motivo è lo scopo di lavoro. Con il lavoro da essi effettuato, dovepensavano di poter arrivare? Tutto questo rappresenta la ragione "teleologica", anche se dobbiamoragionevolmente pensare che forse le loro idee non erano del tutto chiare. I cammini differenti presi in seguitoda molti di loro, farebbe pensare che il contingente teleologico non coincideva più. Personalmente sonoparticolarmente interessato a tre persone del gruppo, perché appaiono abbastanza differenti fra di loro, puressendo dotate di grande carisma spirituale. Esse sono: -Julius Evola, e su di lui sono disponibili molte informazioni dirette ed indirette, date dalla sua produzionelibraria e dalla sua stessa vita, anche se sussistono periodi della sua vita dei quali si sa poco. -Arturo Reghini, dove in sostanza si sa molto meno. Almeno a me appare come un uomo che ha avutoesperienze molto "sottili", come quelle "sub specie interioritatis", che lo caratterizzano più nel suo aspettospeculativo che in quello operativo. In altre parole appare molto pitagorico.

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-Abraxa, se è esistito un uomo reale che si firmava così. Apparentemente, in senso sottile, è il più potente ditutti, almeno secondo la mia opinione. Se si considera con attenzione quello che afferma, appare un'immaginedi qualcuno che aveva raggiunto e superato le soglie di un pensiero magico. Quali erano le ragioni per fare coesistere in un gruppo tre personalità così spiccate? Forse erano momentiparticolari, di grande fermento interiore. Per ragioni anagrafiche ho avuto, ma solo in parte, la ventura dipartecipare al ventennio fra le due guerre, e credo di poter affermare che molti nati successivamente nonriescano a calarsi adeguatamente nello spirito di allora. Che era molto vivo, anche se oggi ci appare quasiincomprensibile.Frater Petrus: Il loro scopo era quello duplice di tutte le catene iniziatiche: - raggiungere individualmente il contatto con la parte più intima di sé: l'enade di Proclo, la "scintilla" di Eckhart - e, collettivamente, nell'ambito della spiritualità macrocosmica, ottenere il grado gerarchico più elevatopossibile (si pensi agli svariati "cori" angelici).Le differenze metodologiche di ascesi (e perciò non di fine) esistevano già prima di ogni separazione. Ognicorrente esoterica che si rispetti ha in proprio svariate metodologie, idonee a differenti temperamenti umani.Tuttavia le "Istruzioni di Catena" erano le medesime per tutti. La rottura si ebbe solo nell'ambito della catena diRoma, la quale era un gruppo numeroso e perciò non si può escludere che suoi spezzoni abbiano continuatoad operare collettivamente.Massimo: Il gruppo di Ur venne concepito dall'élite spirituale di allora, cioè l'Ordine Egizio (O.E.), come unasorta di coordinamento, in Italia, delle principali organizzazioni intermedie di quell'epoca: pitagorismo(massonico e non), ermetismo, tradizionalismo romano, società antroposofica e cristianesimo esoterizzante ingenere. Ciascuna di queste organizzazioni é espressione di un particolare aspetto della via iniziatica(conoscitivo, devotivo, attivo, misto) così che, in tempi normali, sarebbero semplicemente impensabilidissapori tra esse. Evola, che aveva avuto contatti abbastanza diretti con l'élite (ad es. tramite l'Oliva) avevadivisato (come conferma qualche sua lettera) di lasciare l'Italia al seguito di uno spostamento, di un buonnumero di membri dell'élite, verso liti più sicuri. Ma essa gli impose, come prova, di partecipare al tentativo diUr. Tentativo che fallì, un po' per il carattere intransigente di alcuni suoi membri, un po' per ingerenze esterne,in primis quelle di Guenon (segretamente islamizzato ormai da tempo), che sfruttò tali intransigenze in variomodo, ad es. fomentando un atteggiamento ipercritico, tanto in Evola, che in Reghini, nei confrontidell'Antroposofia o esprimendo a Reghini giudizi non proprio lusinghieri su Evola. In Italia, lo coadiuvava l'"infiltrato" De Giorgio, che mise in dubbio apertamente la stessa validità dell'iniziativa di Ur. Turba Philosophorum: L'adesione di De Giorgio al Gruppo di Ur non appare mai come cosa realmente"sentita". In modo perfino più diretto di Guenon, si adoperò per far cessare la rivista. Se ne trova traccia nele Glosse Varie (La magia, il maestro, il canto) del IV cap. del II vol. di Introduzione alla Magia, dove Evolarispondendo all'invito da parte di De Giorgio (Havismat) di smettere le pubblicazioni, così rispose: "Infine,quanto all'assurdo relativo al parlare di magia (o iniziazione) in scritti 'alla portata di tutti', esso, in fondo èrelativo, perchè anche con la miglior volontà, scritti del genere non saranno mai alla portata di tutti. Se mai,quando è della divulgazione dei metodi di una magia applicata che si tratta, la questione, posta da alcuni,concerne l'opportunità e la pericolosità in ordine ai pochi (anche in questo campo si tratta sempre di pochi) chepossono metterli davvero in azione, non avendone saputo prima. Ma ciò rientra in un campo di sempliceresponsabilità personale, nè più nè meno come nel caso dell'uso che ognuno può fare già di un'arma da fuocoo di un tossico". Tullio Quasimodo: Mi sembra che diverse precisazioni, fatte recentemente, nel forum, sull'O.E. e sullapresenza, sia pur episodica, del suo stesso capo tra gli autori dei saggi di Ur, possano gettare una luce quasidefinitiva sia sull'élite (di quell'epoca), sia sui motivi per cui nacque il Gruppo di Ur. O si tratta solo di una miaimpressione?Nilius: E' una giusta deduzione. Il Gruppo di Ur fu fortemente voluto da Antonio de Santis e dai suoi stretticollaboratori dell'O.E. Mettere alla prova collettivamente i suoi membri é prassi frequente nell'O.E. e nelleorganizzazioni che da esso dipendono. Infatti, la capacità di agire in sintonia e "in catena", in una confraternita,è ovviamente fondamentale. Si ricorderà ad es. quando, nel 1949, l'allora Delegato Generale DomenicoLombardi (1) affidò a tre personalità (De Cristo, Dorrucci e Anglisani) la riorganizzazione della Miriam e poi neesautorò alcuni, mostratisi non all'altezza. Nel caso di Ur le cose furono più semplici e indolori, non essendostate assegnate cariche ufficiali. Così sia Evola, sia Reghini, dopo lo scioglimento del gruppo, rimaserosostanzialmente nella stessa posizione, rispetto al nucleo centrale dell'O.E. Del resto, fallimento del gruppo aparte, erano personaggi troppo noti anche politicamente, per arrischiarsi a metterli in posizioni più centrali. Lo"spirto guerrier" di entrambi ne faceva piuttosto degli efficaci tramiti nei rapporti con gli ambienti esterniall'Ordine. Chi si stupisce della presenza nel gruppo degli antroposofi dimentica che, sin dall'epoca diRaimondo de Sangro, l'O.E. fu anche conosciuto come una confraternita rosacrociana (Rosa d'Ordine Magno).Franz Hartmann, che come é noto era in contatto con l'O.E. tramite Giustiniano Lebano, parla più volte nellesue opere, anche se velatamente e simbolicamente, di un gruppo rosacrociano di Napoli. Perciò, lacollaborazione con i rappresentanti italiani del neo-rosacrocianesimo steineriano era cosa naturale. I capidell'Ordine non ebbero mai quella ridicola "puzza sotto il naso", dietro alla quale Guenon cercava didissimulare l'intento di consegnare l'Occidente all'Islam. Il termine O.E. indica la Tradizione da cui provienel'ordine; il termine Rosa+Croce sottolinea invece il compito, assuntosi a suo tempo dall'ordine, di esercitare (avantaggio di coloro che possono comprenderla) un'azione rettificatrice sulla religione venuta a predominare in

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Occidente e cioé sul Cristianesimo.

(1) Vedi il Quaderno "Nuovi Dialoghi sull'Ermetismo".

Pirofilo: La ragione che mi ha spinto ad abusare della vostra pazienza è questa : oggi, quale spirito ci anima apartecipare a questo forum di internet ? E' importante formulare una simile domanda ? Possiamo assumereche si stia riformando, dopo anni di incertezze, un nuovo spirito aggregante ?Frater Petrus: Nelle catene collaterali a quella romana, lo spirito aggregante non è mai morto. Si è fatto solopiù nascosto.Nilius: In Evola e il Magico Gruppo di Ur (Borzano, 1994, pagg 76-77) Renato del Ponte ha scritto:"Se al tentativo non arrise il successo sperato, le monografie di Introduzione alla Magia costituiscono materialeindispensabile per chi, ancora oggi, abbia l'intenzione e la capacità di ripetere l'esperienza di Ur e, sepossibile, di superarne i risultati sul piano pratico e realizzativo. Resta in ogni caso il grande pericolo, latente ingruppi o conventicole del genere, che forze non controllate o non controllabili prendano il sopravvento, laddovenon si offrano adeguate capacità di contenimento e di trasformazione in potenza positiva delle forze sottililatenti in ciascuno di noi. Se questo non fu il caso del Gruppo di Ur - il quale peraltro, realizzò solo in partequanto intendeva raggiungere - potrebbe più facilmente esserlo nei tempi attuali, così facili all'improvvisazione,qualora si ricreassero gruppi o comunità che, almeno nelle intenzioni, volessero ereditarne il messaggio: esiamo al corrente di esiti negativi del genere, verificatisi perlomeno due volte in Italia nell'ultimo trentennio. Miriferisco, in particolare, al cosiddetto "Corpo dei Pari", presente a Genova negli anni Sessanta, ed al "Gruppodei Dioscuri" di Roma, su cui peraltro bisognerebbe dare un giudizio variegato (che distinguesse, ad esempio,le diramazioni che ebbe in varie città)...".Indubbiamente le monografie di Introduzione alla Magia sono un prezioso tesoro, giacchè contengono:Gli insegnamenti osiridei di Abraxa (pur se privati di schemi, formule e sigilli);Gli insegnamenti di Ea, in parte isiaci in parte osiridei, perchè derivanti sia dai Fascicoli di Miriam (isiaci), chead Evola fornì Don Francesco Oliva, sia dagli insegnamenti di Abraxa, che Evola mise per iscritto.Gli insegnamenti di Pietro Negri e Luce, provenienti da quel Rito Filosofico, che non fu che una delle diversevarianti del Rito egizio di Misraim.Gli insegnamenti di Leo, Oso, Krur, Breno, Alba, Massimo, esposizione degli insegnamenti steineriani, che nonsono se non una variante rosacrociana dei medesimi insegnamenti del Misraim.Infine, svariati altri insegnamenti di minor respiro, ma di ispirazione armonica con quelli già indicati.Se lo studio del Gruppo di Ur è fecondissimo, come questo Forum dimostra, fondare un gruppo del medesimogenere non potrebbe avvenire proficuamente che per volontà di quell'O.E. che, nel sollecitare la formazionedel gruppo originario, volle indicare, ad ordini più esteriori, una opportuna armonizzazione, nel ricordo dellaloro comune origine. In caso contrario è preferibile operare nell'ambito di quegli ordini più esteriori, ma non perquesto necessariamente meno efficaci. Per quanto riguarda l'O.E., si entra solo su invito.Chi pretende di fondare un "gruppo" dal nulla, cade inevitabilmente nei rischi indicati da Del Ponte. Questo è ilcaso dell'ex Corpo dei Pari. Del Ponte è però troppo generoso nel parlare di un' "eredità di intenzioni" che, delresto, taluni membri di esso rifiutano. E' uscita da poca una nuova edizione dell'opera "Dagli atti del Corpo deiPari" (Genova, 2006). Nell'Introduzione, l'allora "reggente", Giammaria Gonella, scrive testualmente (i puntiinterrogativi in parentesi sono suoi): "Così, significa nulla aver capito del Corpo, assumere che la sua costituzione è stata indirizzata ad 'ereditare'(?) 'messaggi' (?) di precedenti sodalizi".E Gonella non si riferisce solo al Gruppo di Ur, infatti aggiunge:"Nessuna filiazione invero dall'ambiente kremmerziano e/o post-kremmerziano, da parte del Corpo dei Pari,può dirsi; così come neppure dal Daffi, rispetto al quale e alle cui iniziative il Corpo fu del tutto assolutamenteautonomo".Siamo felici che lo abbia finalmente riconosciuto. Naturalmente Gonella ha una certa vergogna di ... avertuttavia utilizzato, senza una regolare trasmissione, alcuni riti miriamici. Lo rivelano le sue parole:"Nella contestuale stampa de gli Atti del Corpo ... sono invece esclusi i Riti (pubblicati a parte, comunque, eacquisibili in via riservata) poichè sentiti nel tempo non in sintonia con lo spirito prettamente alchimico della'mensa' imbandita dal Corpo, per non dire estranei ad essa. La ragione della inclusione loro, in allora, fra itesti, fu esclusivamente storica, 'ad hoc' ".A parte la sua "mensa all'acido solforico", come potrebbe giustificare, infatti, che, nella prima edizione(Genova, 1978), tra essi c'era ad es., il miriamico Rito di Kons? Del Ponte ha giustamente evidenziato quel fallimento del Corpo dei Pari che lo stesso Gonella, pur riluttante, econ molte perifrasi e mielosità, non può non riconoscere:"Sono stati anni d'intenso lavoro, anche d'ispirazione, ... e, negli anni a seguire è stato un continuo flusso dielaborati, anche pubblicati come testi da diverse case editrici ... sciolto però e peraltro, nel frattempo, il Corpodei Pari, quale gruppo. Viene dal cuore rivolgere il pensiero a coloro che, in qualche modo, si sono adoperatiperchè non cadesse in oblio o non andasse perduto un patrimonio dottrinale, fuor di saccenza e mistificazione,e dico di quei Pari grazie alla cui operosità ed alla cui collaborazione sono state pubblicate le opere maggiori eminori, menzionate. Essi sono stati spronati, come fossero una muta (e in un certo senso lo sono stati),insufflati, spremuti anche, perchè ne venisse ogni succo (e ne è venuto al meglio) utilizzati certo,

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strumentalizzati pure, ma per un fine non personale nè mondano, epperò non sfruttati, poichè anzi hannoavuto l'occasione di toccare 'momenti di vetta' forieri di prosieguo nell'iter, se li avessero (e per quanto lihanno) metabolizzati, prendendone consapevolezza. Se invece si sono poi comportati da 'traditores' per il fattodi aver trasferito la loro intelligenza nel quotidiano o 'altrove', ciò non di meno va loro un grazie, per quantohanno dato".Comunque Gonella è stato punto sul vivo dall'osservazione di Del Ponte tanto che, con chiaro riferimento alGruppo di Ur, dice:"In effetti non sono mancate conventicole che hanno avuto di mira 'il destare una forza superiore, da servire diausilio al lavoro individuale' di ciascun componente, in modo che 'su quella specie di corpo psichico che sivoleva creare, potesse innestarsi per evocazione una vera influenza dall'alto ... non esclusa la possibilità diesercitare dietro le quinte perfino sulle forze ... sociopolitiche della comunità.' Ma queste idee programmatichenulla hanno di iniziatico e piuttosto velano e svelano una sindrome d'impotenza 'operativa' ".Ora, uno può pensarla come vuole riguardo alle pratiche collettive, ma la stesa iniziazione è già un entrarein un collettivo e, se oltre ad un lavoro individuale, si mira ad un ristabilimento della Tradizione anche a livellosociale, una collaborazione (come sempre ci fu in antico) con entità non umane non è nè controiniziatica, nèsintomo d'impotenza, ma semmai di realistico calcolo delle proprie forze. Evidentemente, in Gonella alligna,ancor oggi dopo tanti anni, quel medesimo "virus mentale", che affligeva l'Evola del primo periodo filosofico: ilsolipsismo. Scrisse Gonella nella presentazione dell'edizione 1978 (firmata l'Editore, ma in realtà, comeconfessa nell'edizione 2006, del "reggente"):"Magisterio che nel 'Corpo' si è sempre ispirato al criterio che 'non vi è alcun altro; il Principio, ossia l'Ermete, èuniversale; l'esservi altri è una illusione sulla Via'. Per contro 'gli altri', se pur per sè non sono altri, come taliesistono e come tali vanno assunti".Se Gonella avesse avuto un Maestro, saprebbe che se "uno" può considerarsi il Mercurio, molte invece sonole Pepite d'Oro, che l'unica amalgama nasconde. Inoltre, che magisterio può mai essere quello che afferma l'illusione di una cosa e tuttavia consiglia di comportarsi come se non fosse tale? E' come dire ad uno che siagita e urla nel sonno che il suo è sì tutto un incubo, ma che non deve svegliarsi: cioè proprio il contrariodell'iniziazione, che è ... risveglio!C'è da stupirsi che un simile "magisterio" sia fallito? Non sarebbe stato meglio cercare le cause del fallimento,anzichè riproporre una congerie di inutili "Atti"? facendo, ingannevolmente per il lettore, come se tutto fosseandato bene?DavPan: In the article "Il Guardiano della Soglia" which appeared in Testimonianze Su Evola, EdizioniMediterranee 1985, pg. 203, Francesco Waldner writes:"Nel primissimi anni dopo la Guerra, in un viaggio da Vienna a Salisburgo, ebbi un colloquio casuale con uncompagno di scompartimento. Se ben ricordo, era un medico, il discorso, non so come, cadde su questionimetafisiche, ed egli mi disse che s'incontrava spesso a Vienna con uno studioso molto evoluto che guidava ungruppo e aveva un vasto seguito di ammiratori: «E' un italiano», aggiunse. Gli domdai chi fosse, ed egli mirispose che era Julius Evola. Rimasi molto sorpreso".The only other reference that I have come across regarding this (supposed) enigmatic group is an obscurefootnote written by an anonymous source and attached to an english translation of a letter written by Evola toGuenon. It stated that during the war Evola directed a circle, based out of Raphael Spann's house in Vienna,called Der Kronenbund.Tullio Quasimodo: La lettera in questione, citata da DavPan, riguardava in particolare la traduzione che Evolafece dell'opera di Guenon "La crisi del mondo moderno" nel 1937, per conto delle edizioni Hoepli di Milano.Tra i vari ringraziamenti che Guenon rivolgeva ad Evola, uno diceva in particolare: "La ringrazio per aver scrittoad R. Spann (4) ; stavo giusto per dare il suo indirizzo a Priau, che 'accentra' ogni cosa relativa alle traduzioniin tedesco..."La nota relativa, che lascio nel testo inglese, dice:(4): this is Rafael Spann, son of the more famous Otto Spann (1878-1950), the economist who invented the'Organic State'. It seems that Rafael Spann, together with Evola (who was often in Vienna) and others formeda mysterious Chronidenbund or 'Bond of the Chronides'.Arvo: La chiave per comprendere la genesi del Kronidenbund è fornita da Evola, in quel capitolo de "IlCammino del Cinabro", intitolato "L'azione in Germania", dal quale sono tratte tutte le citazioni, da me fatte neltesto che segue. In Germania, al contrario che in Italia ove era stata ignorata dalla cultura ufficiale fascista, lasua opera Rivolta contro il Mondo Moderno aveva ricevuto molti consensi, non tanto dal nazionalsocialismo,bensì da quanti avevano già apprezzato "vari scrittori - Moeller van der Bruck, H. Blüher, E. Jünger, vonSalomon ecc. - la cui corrente, non disgiunta dal combattentismo e dal lealismo monarchico, nel primodopoguerra era stata designata come quella di una 'rivoluzione conservatrice'. "Secondo Evola, nel nazionalsocialismo vi erano cose da emendare, ad es. occorreva "affrontare il cosiddetto'razzismo' e si presentava il compito di rettificare le esigenze che in Germania avevano alimentato questatendenza, spesso su di un piano più che problematico". Tuttavia, vi erano anche cose più facilmente plausibilidi una corretta assunzione: "soprattutto l'Ordensstaatsgedanke, cioè l'ideale di uno Stato retto non da unaqualche 'classe dirigente' democratica, bensì da un Ordine, da una élite formata da un'idea, da una tradizione,da una severa disciplina, da un medesimo stile di vita ".Continua Evola: "Dunque fu in tale quadro e su tale direzione che io in Europa centrale svolsi fino al periodo

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della seconda guerra mondiale una attività, oltre che con gli scritti indicati, con conferenze e attraverso contattivari. Ho detto 'Europa centrale', perchè un suolo assai fecondo era anche presentato da Vienna, dove spessotrascorsi l'inverno e dove entrai in relazione con esponenti della Destra e dell'antica aristocrazia, inoltre colgruppo facente capo al filosofo Othmar Spann, agente sulla stessa linea. Qui vi fu una mia strettacollaborazione col principe K.A. Rohan, che disponeva di una importante rete di relazioni".Il nucleo viennese dell'auspicato Ordine si chiamò Kronidenbund (1), cioè Lega dei Chronidi, da Kronos oChronos, dio greco del tempo, equivalente al dio romano Saturno, sovrano dell'Età dell'Oro. Kronos, secondo ilmito, venne detronizzato da Zeus, che lo gettò dal carro, esiliandolo in un'isola desertica ove dimoraaddormentato perché, essendo immortale, in realtà non può morire: dorme avvolto in lini funerari, fino aquando non verrà il tempo del suo risveglio, nel quale rinascerà, non in sembianze di vecchio, ma di bambino.La sua rinascita coinciderà con l'inizio del nuovo ciclo. I Chronidi sono perciò i suoi seguaci, votati ad operareil suo risveglio. Essendo il vero dio delle origini, la sua rinascita è il miglior simbolo di una corretta espiritualmente orientata "rivoluzione conservatrice", altrimenti interpretabile come mera conservazione difortune nobiliari ed economiche.

(1) E non Kronenbund (= Lega delle Corone) come ha riferito, nel suo intervento, DavPan, probabilmentecitando la nota alla lettera di Guénon, senza averne il testo davanti agli occhi.

DavPan: Thank you Tullio e Arvo for clarifying the name Kronidenbund. I must admit that I'm somewhatpuzzeled by this group. I've never come across this name before in any writing by or on Evola. Waldner'sarticle suggests the Viennese group led by Evola dealt possibly with metaphysical matters. Could theKronidenbund have been an internal group, a cenacle directed by Evola in a manner reminiscent of theGruppo di Ur? It would be worthwhile to investigate the source of the Kronidenbund reference. Access to theSpann archives would be invaluable.EA: Le parole di Evola, citate da Arvo, indicano chiaramente che il Kronidenbund aveva un carattere spirituale,ma se le condizioni politiche dell'Europa centrale si fossero rivelate favorevoli, esso avrebbe costituito unnucleo già pronto a far parte del più ampio Ordine vagheggiato. Nello stesso capitolo, citato da Arvo, Evolainfatti aggiunge: "Si affacciò anche l'idea, ben vista dagli accennati ambienti, di coordinare gli elementi chenell'Europa in genere potevano rappresentare in una qualche misura il pensiero tradizionale sul pianopolitico-culturale. E' a tal fine, per prendere contatti adeguati, che intorno al 1936 intrapresi alcuni viaggi inEuropa. In uno di essi, in Romania, feci la conoscenza personale di Cornelio Codreanu...". Finita la guerra, fu evidente che il momento politico era divenuto sfavorevole, ma non per questo cessòl'attività più propriamente spirituale di quel gruppo, della quale fu testimone indiretto F.Waldner. Più che al Gruppo di Ur, paragonerei il Kronidenbund al gruppo (con obiettivi spirituali, ma anche politici insenso vasto) che diede vita alla successiva rivista "La Torre", tra i collaboratori della quale rimasero solo pochimembri di Ur, come E.Servadio, D.Rudatis, G.De Giorgio, G.Comi. Fu proprio per interessamento di Comi che,nel 1948, la Croce Rossa Italiana, riuscì a far tornare in Italia Evola, ricoverato in Austria ormai da tre anni perla nota infermità agli arti inferiori, causata da un bombardamento. Per concludere, se La Torre fu espressionedi un tentativo "superfascista" (nel senso di un tentato raddrizzamento spirituale del Fascismo), ilKronidenbund rappresentò una prima concretizzazione di un tentativo "supernazionalsocialista".

1.1) Il Gruppo di Ur dopo la cessazione della rivista

Afrodisia: Sto leggendo il numero speciale della Cittadella (23-25) dedicato a Reghini. Ho trovato interessanti,per quanto riguarda gli argomenti specifici dei quali si occupa il nostro forum, alcune informazioni fornite daGennaro d'Uva nel saggio "Il Pitagorismo magico ed iniziatico di A. Reghini". L'autore fa presente che,dopo la rottura con Evola nel 1928, l'attività rituale della catena fu continuata da Reghini, Parise ed altri,almeno fino agli anni Quaranta. D'Uva cita, a questo proposito, una lettera di Del Massa datata 25 Luglio 1933,ma anche il saggio di Targestum, "Notizie e Considerazioni su A. Reghini e il Gruppo di Ur" (apparso ne LaLoggia n° 81, 1996), e una testimonianza orale di Marino de Forheger, appartenente al medesimo gruppomassonico. Secondo queste due ultime testimonianze, il triestino Flavio Cusin, nel 1935, essendo divenuteintrovabili le riviste Ur e Krur, si rivolse direttamente ad Evola e questi lo mise in contatto con un capitano deglialpini residente a Trieste. Chiedendo di far parte del Gruppo di Ur, si recò a Roma assieme al capitano e "fuinserito fra questi e Reghini". Essendo morto il capitano durante la campagna di Grecia, Cusin si sarebberecato da Reghini nel 45-46 per chiedere lumi. Reghini avrebbe fatto presente che "La forza della Catena di Urnon poteva più essere evocata e perciò rientrava nell'ambito delle possibilità, con ciò cessava la operatività delgruppo e dei singoli" e non restava che la Massoneria.Ea: Le testimonianze raccolte da G. d'Uva costituiscono delle utili conferme. La lettera di Del Massa del 1933,ove egli auspica di poter entrare a far parte del gruppo di cui Reghini gli ha appena parlato, conferma che,come viene detto, più oltre, in questo stesso quaderno, Del Massa non ne faceva parte all'epoca dellapubblicazione di Ur/Krur.Per quanto riguarda l'atteggiamento di Evola, egli aveva l'abitudine di indirizzare verso quei gruppi che glisembravano più affini alle attitudini di chi gli si presentava. M. Scaligero, in Testimonianze su Evola, haaffermato che, tra gli indirizzi più frequentemente indicati, vi erano quelli del kremmerziano Bonabitacola e

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dello steineriano Colazza. Lo stesso D'Uva cita il fatto che un altro personaggio presentatosi ad Evola assiemeal Cusin, venisse indirizzato invece, per le sue origini ebraiche, allo studio della Kabbalà e divenissesuccessivamente discepolo di Scholem. Nulla di strano quindi che, avendo Evola interrotto le "esperienze dicatena", come dice ne Il Cammino del Cinabro, inviasse Cusin a chi le continuava, cioè a Reghini e al suogruppo.Riguardo all'affermazione fatta da Reghini, pochi mesi prima della sua morte, della sopravvenuta interruzionedel contatto con la forza della catena di Ur, D'Uva l'interpreta come dovuta al cambiamento dell'ambienteitalico nell'immediato dopoguerra, non più propizio ad un contatto con la Tradizione Romana. Non siamo diquesto parere. Come infatti riferisce D'Uva medesimo, Reghini parla del contatto specifico con la catena di Ure non di quello più generale con la Tradizione Romana. La sua affermazione si giustifica col fatto che alcunimembri della catena erano morti (ed in particolare il "superiore gerarchico" di Cusin era morto nella campagnadi Grecia) e Reghini stesso probabilmente sentiva prossima la sua fine terrena.Luce: Infatti Cusin venne inserito, nella catena, tra il capitano triestino e Reghini. La morte del capitanorompeva la catena in un punto, impedendo la circolazione della "forza", proprio come l'apertura di un circuitoelettrico ferma il flusso della corrente. Naturalmente Reghini non parla di un impedimento definitivo, ma solo diuna forza che ritorna allo stato di mera possibilità, di potenzialità, soprattutto se, come ha ipotizzato Ea, eglisentiva prossima la sua fine terrena, che avrebbe creato un'ulteriore falla nel circuito della forza. Anchel'affermazione riguardante la Massoneria non è da interpretarsi in senso generico. Reghini non stava dicendoche l'unica forma valida rimasta d'iniziazione fosse la Massoneria, giacchè all'iniziato, già da tempo operativo,Cusin ciò, in fondo, importava poco. Reghini voleva significare che l'eventuale ripristino della forza stessa erasubordinato al non facile compito di trovare dei sostituti altrettanto validi, e perciò consigliava Cusin di trarreforza, almeno momentaneamente, dalla "Catena d'Unione" della Massoneria.Deo Ame: Ciò è in accordo con quanto viene detto nel saggio "Opus Magicum: Le catene" del I vol. diIntroduzione alla Magia:"L'ente di una catena che si continua nelle generazioni, attraverso i membri di una comunità o di una scuolainiziatica, riassume in sè una tradizione, la cui luce e potenza non si dissolvono per una eventuale interruzionenella trasmissione sul piano fisico, ma entrano in uno stato virtuale, donde possono essere richiamate inqualsiasi momento ed in qualunque luogo da chi, con la retta intenzione, riprenda ad operare secondo i riti,usando i segni ed i simboli di tale tradizione".

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2) I Membri dell'O.E.

I personaggi più misteriosi presenti nel Gruppo di Ur erano membri dell'Ordine Egizio. Negli scritti sul Gruppodi Ur si parla genericamente della presenza di kremmerziani, ma questo termine è riduttivo, l'Ordine nonriducendosi certo al solo Kremmerz (si veda in proposito il quaderno Nuovi Dialoghi sull'Ermetismo).Volutamente essi hanno mantenuto segreti quasi tutti gli aspetti della loro vita e noi rispetteremo tale lorovolontà, dicendo solo quanto basta. Di uno di essi "Alba" (Elika del Drago) si dirà nel capitolo dedicato aimembri antroposofi.

2.1) Primo Sole e Nilius

(Antonio de Santis)

Come si evince dal brano iniziale degli Statuti dell'Ordine Egizio, il sigillo generale di quel Grande Oriente era"il sole che esce o si leva dal mare", il "primo sole". E Primo Sole fu lo pseudonimo con il quale il dott. Antoniode Santis (1), allora Gran Maestro di quel Grande Oriente, firmò il suo unico saggio, comparso nella secondaannata della rivista Ur. Come indica anche il suo jeronimo, con cui era conosciuto nell'O.E., e cioè PhilaletesJatricus (2), egli era uno jatrochimico alla maniera di Paracelso. Molto appropriatamente il suo saggio siintitolava "La virtù dei nomi e il simbolismo anatomico" e si soffermava, tra le altre cose, sull'Idrogeno e sul suosimbolo. Quando Ur e Krur si trasformarono in Introduzione alla Magia (1955-56), il saggio di De Santisavrebbe avuto bisogno di qualche ritocco, giacchè egli aveva preso spunto da peculiarità proprie della chimica

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degli Anni Venti. Preferì ne fosse pubblicato un altro, dal titolo "Farmaco e Veleno" dove, da buon jatrochimico,accennò agli aspetti spirituali, che stanno "dietro" ad es. a pratiche curative come l'omeopatia. Questa volta,per sottolineare meglio l'appartenenza a quell'Eggregore Nilense che anima l'Ordine Egizio, si firmò con lopseudonimo di Nilius. I due saggi, anche da un punto di vista sequenziale, occupano praticamente lo stessopunto dell'opera. Infatti, il saggio firmato Primo Sole precedeva il saggio di Ea, dedicato all'esoterismo e allamorale, mentre quello firmato Nilius lo segue immediatamente.

(1) Altre notizie su di lui si possono trovare nel quaderno Nuovi Dialoghi sull'Ermetismo (IV Dialogo).(2) Un testo recente (L'Arcano degli Arcani Viareggio 2005) assegna erroneamente lo ieronimo FilaletesIatricus al colonnello Pasquale Antonio de Santis, nato nel 1827 a Campobasso, che fu sì membro dell'O.E.,ma di una precedente generazione (era il nonno).

2.2) Apro

(Francesco Proto da Atrani)

Il prof. Renato del Ponte (op. citata) ha proposto di assegnare lo pseudonimo Apro al prof. Emilio Servadio,assieme a quello (trasparente) di Es, dal momento che il saggio scritto da Apro su Krur, I Cicli della Coscienza,è di contenuto che, in senso lato, può definirsi psicologico. Infatti, in quel saggio, si parla di una congruaestensione del fenomeno e del concetto di "arco riflesso" a tutti e quattro i corpi ermetici. Tuttavia il prof.Servadio non è mai stato ufficialmente un cultore della "riflessologia", neppure nel periodo precedente alla suafase psicoanalitica, ed è ben difficile che uno psicologo di professione, come lui, potesse tacerecompletamente dei principi dottrinari su cui si basava. Da altre fonti sappiamo invece che Apro fu lopseudonimo adottato da Francesco Proto da Atrani (1889-1957), uno dei discepoli diretti di GiustinianoLebano.

2.3) ABRAXA-TIKAIPOS

(Ercole Quadrelli)

Come si approfondirà nel capitolo dedicato ad Ekatlos, l'O.E. fece effettivamente del suo meglio per condurreB. Mussolini sul giusto sentiero, utilizzando anche uno dei suoi uomini migliori, sotto ogni punto di vista: ErcoleQuadrelli. Mussolini lo ebbe in alta stima, tanto da inserirlo tra i primissimi collaboratori della rivista Gerarchia,da lui personalmente fondata nel 1922 e che fu la rivista ufficiale del fascismo. Nel n.1 (gen. 1922) alle pagg.218-228 può trovarsi un lungo saggio filosofico-scientifico di Ercole Quadrelli, intitolato "Vizi d'origine e disviluppo nella relatività d'Einstein".Purtroppo il delitto Matteotti cancellò molte illusioni e il successivo e fatale pestaggio di Giovanni Amendolasuonò quasi da monito al mondo degli esoteristi. I successivi patti lateranensi confermarono che il limite delfascismo era, nella migliore delle ipotesi, la comune religiosità cattolica. L'adesione ad una concezione dellarazza meramente biologica confermò la mancanza di una sia pur teorica dimensione spirituale da parte di quelmovimento politico. Nell'ambito di Ur, Quadrelli adoperò gli pseudonimi di Abraxa e Tikaipos. Il primo pseudonimo venne utilizzatoper gli insegnamenti orali di Quadrelli, che Evola mise per iscritto. Il secondo per i saggi, soprattutto traduzioni,scritti direttamente da Quadrelli. Era infatti un eccellente latinista e grecista. Piuttosto nota è ad es. la suatraduzione dal latino del testo di Abelardo ed Eloisa, Lettere d'amore, Roma, Formiggini, 1927, con laprefazione di Antonio Bruers.Nel quaderno I Fedeli d'Amore, abbiamo già pubblicato l'omonimo saggio di Ercole Quadrelli, estratto da "Ilprogresso religioso" n°2, Rivista bimestrale del movimento contemporaneo, Città di Castello, 1929. Tra imotivi della sua importanza, abbiamo indicato, oltre ai riferimenti ad Ur e al ridimensionamento di Guenon, ilparticolare stile letterario, differente da quello usato da Evola nel trascrivere i suoi insegnamenti.Quadrelli utilizzò il trasparente pseudonimo di Abraxa-Quadreracles nel curare due opere di Alchimia:- Parafraste Ocella - Il chimico Crivello (Chymica Vannus), Milano, 1983; (postuma)- J. De Monte - Snyder- Commentario sul farmaco Cattolico, Milano 1974.Di quest'ultimo ci siamo occupati nel quaderno La Porta Ermetica di Roma, perchè riporta sette simbolipraticamente identici a quelli degli stipiti e del gradino della porta. Una parziale traduzione, con lo pseudonimodi Tikaipos, si trova già nel primo volume di Introduzione alla Magia, con il titolo De Pharmaco Catholico. La Collezione Verginelli-Rota di libri alchemici e manoscritti contiene, nella sezione XX Secolo, al numero 56,un manoscritto di Ercole Quadrelli, dal titolo Excerpta ex Alchymiae Scriptoribus.Lo pseudonimo Abraxa è semplicemente la forma italiana della divinità greco-alessandrina Abraxas.

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Tikaipôs è invece l'unione di tre parole greche, cioè corrisponde all'espressione piuttosto comune "Ti kai pôs"= "qualcosa e in qualche modo", usata anche in senso interrogativo: "che cosa e in che modo?". Sono le duedomande abituali di qualsiasi traduttore: "che cosa significa la tal parola?" e "in che modo si colloca all'internodella frase?".

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3) EA e IAGLA

(Julius Evola)

Iagla Ea

Come ha indicato Renato del Ponte (p. 50, op.cit.) fu Evola stesso a riconoscere la paternità dei saggi firmatiEa, dal momento che, in una intervista concessa alla rivista Arthos (1972), riconobbe esplicitamente come suoil saggio di Ea "Sui limiti della regolarità iniziatica" (III vol. di Intrd. Alla Magia). Con tale pseudonimo (prima eultima lettera del suo cognome) Evola indicò il suo grado di Neofita nell'ambito dell'O.E. Dice infatti Kremmerznel Mondo Secreto (Anno 1989- Elementi della Magia Naturale e Divina- Parte II - I Misteri della TaumaturgiaIV) in relazione agli aforismi di Iriz Ben Assir: "Questi aforismi di prima magia non sono mai stati stampati inOccidente e fanno parte dei quaderni iniziatici del Grande Oriente Egizio, ai neofiti del quale ordine i dodiciaforismi si danno senza commenti e si consiglia di impararli letteralmente a memoria". Negli aforismi il diocreatore ed iniziatore è appunto Èa.Evola usò abitualmente la firma Ea per i suoi saggi di carattere dottrinario, perchè quegli aforismi sonoappunto una sintesi della dottrina iniziatica. I saggi relativi alle sue esperienze pregresse, e perciò piùpersonali, sono invece firmati con lo pseudonimo IAGLA, acronimo alchimico, che esprime il superamentodelle preliminari "prove degli elementi": Ignem Ardentem Gnosco et Lavantem Aquam. Nel saggio "La leggedegli enti" (Ur 1927) Iagla parla di un suo uso giovanile delle droghe precisando, in un passo espunto nellesuccessive edizioni : " Iniziai le pratiche in piena guerra, in alta montagna, a 500 metri dal nemico" ed è notoche, nella sua biografia Il Cammino del cinabro, Evola parla sia di sue esperienze giovanili con la droga, siadella sua partecipazione alla Grande Guerra in un reparto di artiglieria di montagna. Per evidenti motivi diriservatezza, Evola nascose l'identità di Iagla anche ad alcuni membri di Ur. Infatti, in "Diffida contro Ignis",(Krur, febbraio 1929), tra le altre cose, dice di Reghini: "E' stato incapace di riconoscere chi gli stava ad un

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passo e che per due anni gli ammannì degli scritti, da lui esaminati con considerazione, senza menomamentesospettarne l'autore".

3.1) Evola e la Grande Guerra

Viene talvolta chiesto come mai Evola avesse, in linea di massima, un giudizio negativo del Risorgimentoitaliano, visto che l'O.E. di tale Risorgimento fu sovente animatore, se non protagonista. Penso che la chiavedell'atteggiamento di Evola si possa trovare nel capitolo iniziale de "Il Cammino del Cinabro" ove, descrivendoil periodo dell'imminente Prima Guerra Mondiale, a cui partecipò come ufficiale di artiglieria, ha detto: "Miricordo che a quel tempo scrissi un articolo in cui sostenevo che, anche a voler combattere non a fianco dellaGermania ma contro di essa, lo si sarebbe dovuto fare sposando i suoi stessi principi, non già in nome delleideologie nazionalistiche e irredentistiche, o di quelle democratiche, sentimentali e ipocrite della propagandaalleata. ... A partire dal lontano 1915, a tale riguardo il mio atteggiamento doveva rimanere immutato, essendostato successivamente rafforzato dalla mia conoscenza diretta della realtà dell'Europa centrale".Si può essere d'accordo con lui sul fatto che l'Italia, nuovamente e quasi completamente riunitasi attorno a Roma, avrebbe potuto, di contro all'imperialismo tedesco, rivendicare legittimamente per sé il dirittoall'imperium. Tuttavia , anche nell'antichità, Roma trasmise al resto del mondo occidentale la sua "legge", solodopo che potè contare sul supporto dell'Italia intera. Così che, senza pretendere di più dal momento storico diinizio Novecento, si sarebbe potuto benissimo accettare una fase di preliminare irredentismo nazionalistico acui, una volta ridevenuti padroni in casa propria, sarebbe potuta seguire una fase di più concreta e plausibilerivendicazione dell'imperium. Lo stesso Reghini, che coltivò prima di Evola l'ideale di un Imperialismo Pagano,fu a quell'epoca "interventista".Per quanto riguarda il problema democrazia-aristocrazia ad Evola, e ancor più a Guenon, sono probabilmentesfuggiti due aspetti fondamentali di esso:1) Non vi è uomo al mondo il quale non converrebbe che sono "i migliori" (gr: oi aristoi) in senso superiore espirituale (e non in base a meri criteri di sangue, economici o di fama) a dover governare. Il problema sta neldecidere quale sia il modo più efficace per scegliere questi "migliori" e porli nel posto gerarchicamente piùconsono e conveniente. Dal punto di vista iniziatico, il problema non si pone, perchè la gerarchia è creata "ipsofacto" dai risultati che ciascuno ottiene con la propria ascesi e il posto che compete, non dipendendo dalformale riconoscimento altrui, è inalienabile. Non è così in politica ove, come già dimostrò la "Secessionedell'Aventino" nei lontani tempi di Menenio Agrippa, il riconoscimento altrui è indispensabile. Quel che ci sipuò aspettare da una élite iniziatica, in qualsiasi periodo storico, è che influenzi, per quel che può e senzarischiare la propria sussistenza e trasmissione, il mondo che la circonda; tenendo conto, per non ridursi acombattere contro i mulini a vento, dei difetti di quel mondo, proprio come un qualsivoglia insegnante, che nonpuò semplicemente mettersi a sproloquiare, ma deve tener presenti le caratteristiche dei suoi allievi.2) La stessa legge dei cicli cosmici, per quel che può valere una "legge" temporale in un mondo che noireputiamo "magico", prevede che all'inizio di un ciclo vi sia una "casta unica", la quale solo successivamente sispecializza in più caste da intendersi (nel loro vero significato) non in senso economico o di sangue, ma comedifferenti "nature interiori". Di conseguenza, alla fine di un ciclo, poichè (a meno di catastrofi) "natura non facitsaltus" si viene, con ogni probabilità, ad avere quel che Frater Petrus, in questo Forum, ha definito la"preliminare brutta copia" della successiva e "primordiale" (per il ciclo che viene) casta unica. Nella "bruttacopia" non può che esser soggetta a "nigredo", e perciò relativizzarsi, tutto ciò che è gerarchia artificiale. Di ciònon bisogna spaventarsi, perchè se l'élite è capace di rimanere salda nei suoi propositi iniziatici e nello stessotempo "inafferrabile" sul piano politico, la gerarchia effettiva non verrà toccata e la temibile forza del "demos",proprio come un risvegliato Basilisco Filosofale, "arderà solo i metalli imperfetti". Perciò dei due atteggiamentiche Evola, successivamente, ebbe a proporre, espressi rispettivamente ne "Gli Uomini e le Rovine" e in"Cavalcare la Tigre", è solo il secondo ad aver, per noi, più di una probabilità di vittoria. Purchè ci si prepari esi rimanga attenti alle prime avvisaglie del momento in cui la "tigre", stanca di correre, si fermerà.

3.2) Evola e la Lega Teosofica

Riassumiamo qui di seguito l'attività pubblica di Evola, quale studioso di esoterismo, nel periodo cheprecedette Ur. Esaminiamo in primo luogo alcuni aspetti del rapporto di Evola con la Lega TeosoficaIndipendente, fondata da Decio Calvari.Nel 1923, Evola tenne a Roma una conferenza, patrocinata da Ultra la rivista della Lega Teosofica, sul temaL'Idealismo, l'Occultismo e il Problema dello Spirito Moderno. Dalla conferenza Evola trasse un articolo,pubblicato su Ultra, con un titolo di poco diverso, dove l'aggettivo "contemporaneo" sostituiva "moderno". Fu

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con ogni probabilità il primo scritto di Evola, riguardante temi filosofico-spirituali. In tale articolo eglidichiarò che la Teosofia della Blavatsky e l'Antroposofia di Steiner sono i soli mezzi "esoterici e magici" daiquali l'uomo moderno può essere aiutato nella sua "costruzione dell'immortalità". Tali correnti di pensiero sisituerebbero in una lunga tradizione filosofica che va da Kant all'idealismo tedesco, a Nietzsche edall'individualismo di Stirner. L'occultismo teosofico avrebbe soltanto il difetto di non essere pari, a livelloteorico, alle altezze speculative e alle posizioni gnoseologiche, raggiunte dalla tradizione idealista. Evolatuttavia riteneva che l'insufficienza gnoseologica e, più in generale, teorica della Teosofia potesse essereintegrata con l'ontologia idealista, in modo da pervenire ad un "idealismo magico", che fosse la fusioneculturale di queste due concezioni.Nel 1924, Evola proseguì nella collaborazione con Ultra e con la Lega Teosofica. Si può ricordare inparticolare, la conferenza "La Potenza Come Valore Metafisico", pubblicata anche su Ultra, ed un altroarticolo dedicato alla Scuola della Sapienza di Hermann Keyserling. Durante quest'anno si rafforzaronoanche le relazioni di Evola con gli ambienti culturali massonici ed egli scrisse in Atanor, il periodico pubblicatoda Reghini. Si avvicinò inoltre ad una corrente antifascista capeggiata da personalità come GiovanniAmendola, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e Adriano Tilgher, collaborando al quotidiano Il Mondo,fondato nel 1922 da Amendola. Iniziò infine la collaborazione con la rivista L'Idealismo Realistico di VittoreMarchi, che proseguì fino al 1928.Nel 1925, Evola continuò la sua collaborazione ad Ultra ed iniziò quella con Bilychnis (che durerà fino al1931). Nello stesso anno collaborò ai "Corsi di cultura spirituale", organizzati dalla Lega Teosofica diRoma, assieme a Decio Calvari, a Giovanni Antonio Colonna di Cesarò, allo psicologo Roberto Assagioli, aifilosofi Adriano Tilgher e Bernardino Varisco, all'orientalista Giuseppe Tucci, ai poeti Arturo Onofri, NicolaMoscardelli e Luigi Volpicelli. Tra le conferenze di Evola si possono ricordare "L'Individuo e il Processo delMondo" (poi pubblicata su Ultra come "L'Individuo e il Divenire del Mondo"), "Il Concetto Esoterico dellePurificazioni" (poi pubblicata su Bylichnis col titolo "La Purità Come Valore Metafisico") e "Nietzsche e laSapienza dei Misteri" (poi pubblicata su Ignis col titolo "Dioniso").Nel frattempo, infatti, Evola continuava anche la collaborazione con Reghini, nella nuova rivista Ignis.Quell'anno si verificò un avvenimento chiave, che determinò una falla nel movimento spiritualista italiano, chestava procedendo con variegate prese di posizione, ma tutto sommato armoniosamente: Rudolf Steiner morì il30 marzo 1925, a Dornach. L'occasione della morte di Steiner suggerì a Guénon, collaboratore di Ignis ecorrispondente di Reghini, che era possibile dare inizio ad una, oggi ormai nota, azione sobillatrice edemolitrice. Scrivendo a Reghini in una lettera datata 21 Aprile 1925, Guénon, con apparente noncuranza,disse: "Non sapevo che Steiner fosse morto; credo che sarebbe bene cercare di stendere un articolo su di lui,dicendo chiaramente cosa ne pensate, senza preoccuparvi troppo dell'opinione della gente". Guénonsuggeriva dunque un bel "necrologio", che, dopo la morte fisica, determinasse possibilmente anche quellaculturale di Steiner.Reghini non scrisse l'articolo direttamente, ma nel numero di Giugno/Luglio 1925 di Ignis, uscì il saggio diEvola "Che cosa vuole l'Antroposofia di R. Steiner", in cui egli criticò lo studioso austriaco dal punto di vistadell'idealismo magico. Si trattò di un saggio filosoficamente interessante (io ritengo di qualità superiore aisuccessivi scritti di Evola su Steiner), ma che pretendeva di assegnare a Steiner un atteggiamento"contemplativo" in cui, come altri ha fatto notare nel Quaderno "Reincarnazione, Rinascita, Trasmigrazione ePalingenesi", ben difficilmente egli si sarebbe riconosciuto. Questo atteggiamento critico, destinato a nonmutare nel tempo, fu sopportato, per un certo periodo, dagli antroposofi amici di Evola, ma, finita l'esperienzadi Ur/Krur, portò ad un progressivo raffreddamento tra lui e la corrente antroposofica, che peraltro non mosseun dito in occasione della lite tra Evola e Reghini, ritenendo questi, in buona parte, responsabile dell'attacco diEvola a Steiner.Ne "Il Cammino del Cinabro", Evola scrive: "Debbo a Decio Calvari le prime notizie sul tantrismo. Ma, pocodopo, presi un contatto diretto con sir Jhon Woodroffe (Arthur Avalon), principale e serio studioso di talecorrente e dalle opere sue e dai testi originali indù da lui pubblicati trassi il materiale che doveva servire dibase al mio libro 'L'Uomo come Potenza' del 1925 (poi ribattezzato nel 1949 in Lo Yoga della Potenza)". Laprima parte del libro fu pubblicata in anteprima in tre numeri successivi (2-3-4) della rivista Ultra, sotto il titolo"Il problema di Oriente e Occidente e la teoria della conoscenza secondo il Tantra".Sempre nel 1925, come si è ampiamente trattato nel Quaderno "La Polemica Evola-Guenon sul Vedanta", alquale rimandiamo, comparve nella rivista "Idealismo Realistico" la recensione di Evola dell'opera guenoniana"L'Uomo e il suo Divenire secondo il Vedanta". La risposta di Guenon, assieme ad una replica di Evola, vennepubblicata in un numero dell'anno successivo.Nel n° 3 di Ultra del Luglio 1925 uscì anche una recensione di Vittorino Vezzani dei "Saggi sull'Idealismo Magico". Nella conclusione Vezzani dice: "La concezione fondamentale di Evola ricorre come metodo disviluppo ad una via che sotto alcuni aspetti si avvicina a quella dello Yoga indiano e del moderno occultismo.Tuttavia, malgrado questo lato comune, e l'accettazione di molti elementi metapsichici, sembra a noi che ilpensiero dell'Autore essenzialmente si distacchi da quello che rappresenta le linee direttive della nostra veduta(La teosofia). Fra molte altre cose, noi non possiamo accogliere la svalutazione che egli fa del misticismo e ilpoco conto in cui egli sembra tenere l'elemento etico. Siamo lieti, tuttavia, che l'ampia coltura e l'audaceintelletto dell'Evola servano a porre innanzi al pensiero moderno ciò che è vivo e fecondo nei campi della

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magica e della mistica, a chiarire molti punti sostanziali e a richiamare l'attenzione degli studiosi su queste viedi elevazione dell'uomo".Vezzani, che era uno dei maggiori saggisti di Ultra, aiutò peraltro Evola a far pubblicare Teoria dell'IndividuoAssoluto.Nel n° 3 -1926 della rivista Ultra, Evola pubblicò il saggio intitolato "La via della realizzazione di sé secondoi misteri di Mithra" (vedi quaderno XI parte C: Filosofia e Religione)Il 30 Maggio 1926 arrivò in Italia il poeta bengalese Rabindranath Tagore (1861-1941). Invitato ufficialmentedal governo, fu ricevuto due volte da Benito Mussolini e dal re Vittorio Emanuele III. Incontrò anche BenedettoCroce e fu accompagnato durante tutto il suo soggiorno dal vicepresidente della Lega Teosofica RobertoAssagioli, che ottenne da lui un'intervista per i membri della redazione di Ultra, tra i quali era presente (mapoco convinto) Evola. La crisi ideologica tra quest'ultimo e la Lega teosofica stava per acuirsi.Nel Gennaio 1927 Evola pubblicò il primo numero di Ur. Nel medesimo periodo comparve su Ultra una criticadi Vittorino Vezzani al citato libro di Evola sul tantrismo, l'Uomo come Potenza. Pur elogiando il "giovane ebrillante autore", Vezzani ne evidenziò l'anticristianesimo e definì l'idealismo magico come "né morale, néreligioso, bensì al di sotto di una moralità e di una religione che non comprende. È amorale ed irreligioso ecostituisce quindi una linea di sviluppo infra-umana tragicamente pericolosa per chiunque possa seguirlo inparticolare e per l'umanità in generale ".L'articolo di Vezzani innescò una accesa polemica che continuò nei numeri seguenti di Ultra. Evola ribadì ilsuo concetto di dio come una semplice possibilità dell'individuo, affermando che quest'ultimo, costruendo lasua immortalità, deve operare "al di là del bene e del male", con un processo magico simile "al processochimico nella formazione della dinamite che non è né bene né male, ma semplicemente possibile. Il bene ed ilmale riguardando soltanto l'impiego che si può fare della dinamite ". Vezzani da parte sua, riconfermandoquanto detto già a partire dalla recensione dei Saggi sull'Idealismo Magico, riteneva la morale fondamentalenon solo per la religione, ma anche in ambito iniziatico e contestava ogni "sviluppo autonomo in opposizionecon la divinità, che voglia rompere le sue leggi". Difendeva inoltre i valori d'amore e di carità, fondamentali intutte le tradizioni, a cominciare dal buddhismo Mahayana.In un lungo saggio, apparso nel Novembre 1927 in Bilychnis, "Il Valore dell'Occultismo nella CulturaContemporanea", Evola scrisse: "Effettivamente non vi è nulla di peggio che trasformare l'occultismo, che èsoltanto un sistema di pratica ed esperienze trascendenti, in una qualunque dottrina, filosofia o credenza, laquale da tutti sia accettabile e pensabile: ciò porta soltanto ad una completa perversione delle cose, ad ibridecreature che dinnanzi alla moderna cultura critica e filosofica non possono apparire che come ingenuesopravvivenze. E di ciò è il più chiaro esempio quanto come occultismo è stato oggi messo in circolazionedallo spiritismo, dal teosofismo anglo-indiano, dall'antroposofia dello Steiner ed affini". Inutile dire che talecritica coinvolgeva, pur non dicendolo egli apertamente (cosa che sarebbe stata tuttavia preferibile), la stessasua Teoria e Fenomenologia dell'Individuo Assoluto, che era anch'essa trasformazione dell'occultismo indottrina e filosofia. Si consumava così la rottura di Evola con la teosofia, ma finiva anche il cosiddetto "periodofilosofico" della sua vita. Alcuni anni più tardi, ritornando criticamente sulla teosofia anglo-indiana, Evolariconobbe la qualità e la dignità di alcune personalità dell'ambiente teosofico europeo, tra le quali Decio Calvari(1).

1) Julius Evola, Critica alla Teosofia, La Torre, 1/10, 15 giugno 1930; si veda anche il cap. Il PeriodoSpeculativo, ne Il Cammino del Cinabro.

Per l'idealista Evola, la rottura (soprattutto ideologica, perchè certi rapporti umani continuarono) del rapportocon gli ambienti teosofici non era che l'espressione esteriore di un suo mutamento interiore: l'abbandono diquel tentativo di esposizione filosofica delle pratiche iniziatiche, che gli stava procurando non trascurabiliimpedimenti nei rapporti con l'occultismo effettivo (l'O.E. per intenderci). Peraltro, nel citato saggio "Il Valoredell'Occultismo nella Cultura Contemporanea", Evola esagerava: se bisognasse rinunciare a qualsivogliaesposizione dottrinaria delle pratiche iniziatiche, allora egli stesso avrebbe dovuto, non solo abbandonarel'esposizione filosofica delle medesime, ma ... tacere semplicemente per sempre. Ciò che non poteva reggere,a contatto con l'occultismo vero, era soprattutto il solipsismo evoliano: non si trattava più di sostenere davantiall'uomo comune o a filosofi "superati" l'unicità del suo Io, quale potenziale Individuo Assoluto, ma di farlo difronte a personalità perfino più forti della sua e perciò con maggior diritto a rivendicare per sé quell'ipoteticounico Io. Del resto, l'anti-vedantino Evola sapeva benissimo che, in un contesto per certi versi simile (anche seprivo del soggettivismo idealista), il Samkhya e il Buddhismo rifiutarono la teoria di un unico Atma, giacchè, tragli altri difetti, essa non rende conto del perchè la realizzazione spirituale sia un fatto individuale. Il silenziosofunerale del solipsismo si ebbe già nel 1927, nella rivista Ur, quando nel saggio "Come poniamo il problemadell'Immortalità" (in Introd. alla Magia poi divenne "Il problema dell'Immortalità") Evola, pur non rinunciando aduna visione aristocratica degli stati post-mortem, riconobbe alla pluralità degli iniziati la possibilità di accederea tali stati. All'Io si sostituiva dunque ... il Noi.

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3.3) Evola Antidemocratico e Antifascista

Dal 15 Febbraio 1925 fino alla chiusura nel Dicembre dello stesso anno, Giovanni Antonio Colonna di Cesaròdiresse la rivista "Lo Stato democratico. Rassegna quindicinale di Politica", che ospitò diversi interventidell'"antifascista ma antidemocratico" Julius Evola. Il primo articolo di Evola, intitolato "Stato, Potenza eLibertà" comparve nel n°7 del 1 mag. 1925. In esso egli afferma che il fondamento di giustizia e di legittimitàdello stato può risiedere soltanto nel suo potere, termine da intendersi nel suo significato spirituale. E continua:"Ciò posto, che in relazione a quel che potrebbe essere il tipo del dominatore e dello stato conforme alprincipio dell'assoluta libertà, quello che il recente movimento politico ha fatto affiorare in Italia sia unasemplice caricatura, una grottesca parodia, può risultare ad ognuno chiaro. Quel principio di interiore, profondaindividuale affermazione che, solo, potrebbe fondarlo, vi è totalmente assente". Infatti, secondo Evola:"Unatale mancanza di formazione interiore si riconferma nel fatto che il movimento in nessun modo ha avuto unaradice culturale e spirituale: questa essa ha cercato di farsela poi, dopo che la forza puramente materiale,fattori estrinsechi e compromessi ne avevano realizzato il successo così come l'arricchito cerca poi dicomprarsi una educazione e una nobiltà". Nello stesso articolo Evola condanna inoltre fortemente gli attiviolenti contro chi ha un pensiero politicamente differente, come nel caso del delegato parlamentare Matteotti,assassinato dai fascisti perché voleva l'annullamento delle elezioni del 1924, il cui risultato era stato inquinatoda pressioni minacciose sui votanti.Il successivo articolo "Note critiche sulla dottrina democratica" (Lo Stato Democratico, n° 15) fu precedutoda una introduzione di Colonna di Cesarò, che definì Evola come un rigoroso antidemocratico, ma in definitivaun non fascista. Nell'articolo, Evola espone la teoria, basata su Platone e sul Taoismo, che solo un verogruppo spirituale dovrebbe avere le redini del potere: allora tutti i problemi politici e ed economici sarebberorisolti. Ritiene inoltre che si possa trovare un tale gruppo in Italia.Infine, nell'articolo "Per un rinnovamento dell'idea politica" (Lo Stato Democratico, 31 Dic. 1925) Evolaindica negli intellettuali antifascisti e nel mondo neo-spiritualista e occultista dell'epoca l'ambiente umano cheavrebbe potuto generare quel "Gruppo", o "Elite" spirituale, in grado di "propiziare qualcosa di più alto e piùpuro".Terminate le pubblicazioni della rivista di Colonna di Cesarò, Evola iniziò nel 1926 la sua collaborazione allarivista "Critica Fascista", fondata e guidata da Giuseppe Bottai (1895-1959), che aveva prestato servizio,durante la guerra, nello stesso reggimento di artiglieria. In "Idee su uno stato come potenza" (CriticaFascista, 1 set.1926) Evola afferma di aver costruito il suo concetto di stato interamente a priori,indipendentemente da una qualunque realtà storica, ma che "a priori" non significa astrattamente. L'idea devedeterminare il giudizio sulla realtà e non il contrario. Il compito della speculazione è di accertare quali valoridevono essere validi in questo insicuro mondo umano, non quali essi esistono. E se i valori riconosciuti validinon corrispondono alla realtà quotidiana, non si devono per questo chiamarli astratti. Piuttosto, è la volontà ela forza di quegli esseri umani che non vivono fino all'idea che devono essere denominate astratte e pigre. Neldescrivere le caratteristiche di colui che dovrebbe essere a capo del Fascismo, Evola asserisce che tale uomonon dovrà per nulla credere o partecipare emotivamente alle varie idee o miti di cui si serve, ma che, alcontrario, dovrà utilizzarli come semplici mezzi, in quanto "le varie idee-forza o miti al dominatore nondovrebbero servire come un appoggio e una condizione, giacchè lui solo deve essere la condizione".In un successivo articolo "Il fascismo quale volontà di impero e il Cristianesimo", apparso in CriticaFascista nel 1927, Evola elogia l'Impero Romano, quale sintesi di sacralità e regalità e quale sistemaaristocratico e gerarchico posto sotto un vero capo. Rifiuta invece il Cristianesimo come un tipo di religione emoralità che pretende di essere indipendente dallo stato; e vede nelle sue pretese universalistiche qualcosache sfocia nell'egualitarismo liberale e nell'umanitarismo, a dispetto della sua retorica anticomunista. L'articolo, insieme ad un analogo sulla rivista "Vita Nova" (III, Novembre 1927), causò attacchi così violenti daparte cattolica, che Bottai non pubblicò neppure le repliche di Evola.Allora egli riprese le medesime idee nell'opera "Imperialismo Pagano, Il fascismo dinnanzi al pericoloeuro-cristiano" (Atanor, 1928). Reazioni durissime ci furono anche questa volta e ... non solo da parte cattolica.Vista la legge contro le società segrete e, non volendo "farsi liquidare" troppo facilmente dai suoi critici comemassone, Evola citò al minimo Arturo Reghini, che aveva formulato già da tempo un concetto affine diImperialismo Pagano. L'errore fu probabilmente quello di non accordarsi preventivamente ed esplicitamente,credendo che "a tale riguardo si fosse stati tacitamente d'accordo" (1). La conseguente rottura è a tutti nota.

(1) L'espressione è in "L'approccio all'Oriente e il Mito Pagano", Il Cammino del Cinabro, 1972

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3.4) Evola e l'Ordine Egizio

Nel 1921 un importante membro dell'O.E., il principe Leone Caetani, si trasferì a Vernon in Canada. Ritornòper lunghi periodi in Europa e a Roma, nel 1924, istituì, presso l'Accademia dei Lincei, la Fondazione Caetaniper gli studi islamici. In quel frangente, Giovanni Antonio Colonna, duca di Cesarò, presentò il barone GiulioCesare Andrea Evola al principe Leone Caetani.Al giovane e solipsista Evola, Caetani apparve, almeno in quel momento, come la proiezione, nel mondomateriale, del suo maestro interiore. Nè Evola avrebbe mai potuto concepire diversamente la figura delmaestro: non poteva che essere dell'alta aristocrazia, di stirpe ariana, di attitudine guerriera (a 46 anni siarruolò volontario per la Prima Guerra Mondiale), ovviamente esoterista, amante come lui della montagna(esploratore della catena dei Selkirks nelle Montagne Rocciose), amante di una terra così simile a quella degliantichi Iperborei, come il Canada.Ed in Canada Caetani intendeva trasferirsi, in via definitiva, dopo aver venduto tutte le sue proprietà, cosa chepotè realizzarsi nel 1927. Evola si risolse presto di seguirlo, come testimonia anche una sua lettera del 1925,inviata all'anti-solipsista per eccellenza, Valentino Annibale Pastore, al quale chiedeva un appoggio per lapubblicazione della sua opera "Teoria dell'Individuo assoluto", dicendo tra le altre cose: "Per me sarebbeessenziale che l'edizione non tardasse molto al più fra un anno e mezzo - per il fatto che alla fine di un taletermine ho deciso di lasciare l'Europa per diversi anni". (vedi Appendice a "Lettere 1955-1974", ediz. La Terradegli Avi)Ma la faccenda della sua partenza al seguito di Caetani non era così semplice, perchè all'O.E. il solipsismo diEvola non piaceva. Sorgevano spontanee tante domande: come può un solipsista rispettare una gerarchia?vedendola unicamente in funzione di sé stesso, non tenterà, anche senza un'effettiva qualificazione, unascalata? E rispetterà il suo maestro? o penserà troppo presto che sia il momento di "uccidere il Buddhaincontrato per la strada"? E la sua tendenza ad esporsi letterariamente, in maniera troppo visibile, non metteràa disagio l'Ordine? Non è meglio metterlo alla prova in Italia, innanzitutto dandogli un maestro diverso daquello che egli vuole, e poi affiancandogli altre personalità, così da valutare la sua attitudine ad agire ingruppo? E una tale iniziativa non permetterà inoltre di valutare meglio quell'Arturo Reghini, fedele al suomaestro certamente, ma anch'egli talvolta unilaterale nei punti di vista e troppo litigioso? Fu proprio questa lasoluzione adottata ed Evola cambiò i suoi piani, visto che, proprio un anno e mezzo dopo, anzichè andarsene,fondò la rivista Ur. Evola dunque non era estraneo agli ambienti del Grande Oriente Egiziano. Non è un casoche avesse avuto accesso ai "quattro fascicoli" della Miriam, come testimonia l'introduzione a "Avviamento allamagia secondo Giuliano Kremmerz" (in Krur 8-1929) e la nota 129 del cap. XI, parte I de La TradizioneErmetica, ove Evola indica, quale fonte relativa alla nozione dei quattro elementi, il Fascicolo D della Miriam,che come la nota stessa precisa "fa parte dell'insegnamento segreto di questo contemporaneo continuatoredella tradizione ermetica". Non è un caso neppure che egli abbia potuto usufruire degli insegnamenti orali(osiridei) di Ercole Quadrelli, che Evola stesso trascrisse in Ur/Krur con lo pseudonimo di Abraxa. Si puònotare anche che nel n°2 di Krur (febbraio 1929), in seguito alla lite con Reghini, Evola pubblicò il già citatoinserto intitolato "Diffida contro Ignis", ove nella nota 2 si legge: "Chi sapesse di un "Grande Oriente" con cui sientra in contatto spirituale dopo il 4° grado in una certa organizzazione effettivamente iniziatica, e che più volteebbe ad esprimersi antimassonicamente, è bene sia avvertito che con tale Grande Oriente quello di Reghininon ha proprio nulla a che vedere (nota di J.E.)". Il riferimento alla Miriam (i cui aderenti non potevanocontemporaneamente essere affiliati alla massoneria) e al Grande Oriente Egiziano (nel quale però nonsussisteva quel divieto) è evidente. Come scrisse Jacopo da Coreglia (Julius Evola Alchimista, Arthos 16- Nov.1977) fu un sacerdote, padre Francesco Oliva, ad iniziarlo a quegli insegnamenti.

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4) ES

(Emilio Servadio)

Emilio Servadio (1904-1995) nacque a Sestri Ponente, allora cittadina industriale di circa 25000 abitanti, inprovincia di Genova (Solo nel 1926, coinvolta nella realizzazione della mussoliniana "Grande Genova" SestriP. perse, al pari di altre 18 località, la propria autonomia). Del suo precoce interesse per l'occulto, Servadio ebbe a dire personalmente (1): "... già a tredici anni lessi 'I grandi iniziati' di Schurè'; già da allora avevo un grande interesse per quello che stava non solo ai marginima oltre i margini del sapere scientifico, accademico o altro. Io credo che ad un certo punto si déstino dentrol'individuo aperture verso una realtà differente, che noi chiamiamo realtà metafisica, come altrimenti potremmochiamarla? E questo si ottiene esercitandosi in vari modi. L'iniziazione è avviarsi verso una strada". Nelcercare spiegazioni a quel che stava "oltre i margini del sapere" Servadio si avvicinò, sull'esempio di EnricoMorselli (1852-1929), contemporaneamente alla metapsichica (l'odierna parapsicologia) e alla "psichiatriadinamica", disciplina che, occupandosi anche di mesmerismo e di ipnosi, tentava, con Bernheim, Bleuer,Charcot e Janet la scoperta del subcosciente. Successivamente iniziò ad occuparsi delle teorie freudiane. Sulversante filosofico, Servadio simpatizzava invece per il neo-idealismo italiano. Ventenne, mentre era studentedi giurisprudenza, iniziò la sua carriera giornalistica, collaborando soprattutto al quotidiano "Il Lavoro" diGenova - organo dei socialisti riformisti genovesi, diretto dall'ex deputato Giuseppe Canepa (1867-1948)- e alsettimanale "La rivoluzione liberale", fondato nel 1922 da Piero Gobetti. Servadio aderì anche a "Pietre",rivista antifascista, sorta a Genova nel 1926, ad opera di un gruppo di studenti universitari. Negli articoli diquesto periodo, firmò spesso con lo pseudonimo "Eutidemo", ma anche con le iniziali E.S. (2). A 24 anni, dapoco laureato in giurisprudenza con la tesi "Uso dell''ipnosi in medicina legale", ricevette l'invito da parte diCalogero Tuminelli, primo responsabile editoriale dell'enciclopedia Treccani, a collaborare al progettoenciclopedico che stava prendendo avvio nel 1927, per iniziativa del governo. Le sue stesse parole lascianotrasparire l'entusiasmo con cui accolse l'opportunità che gli si presentava: "non mi parve vero e lasciai subitoGenova per Roma". Mentre Servadio si stabiliva a Roma ed entrava in contatto con vari ambienti, tra i quali ilGruppo di Ur, a Genova, nella notte tra il 12 e il 13 Aprile 1928, una vasta azione di polizia coinvolse anche iredattori di "Pietre", che furono costretti a cessare per sempre le pubblicazioni. Sorte non migliore aveva giàsubìto, a Torino, La Rivoluzione liberale che, per ingiunzione prefettizia, cessò le pubblicazioni nel Novembre1925. Nel panorama di fascistizzazione della stampa italiana, una eccezione notevole fu invece Il Lavoro, cheera allora il più importante quotidiano genovese, al quale fu consentito di proseguire le pubblicazioni.

(1) Per questa e la successiva citazione, vedi il libro-intervista di Giovanni Errera "Emilio Servadio - Dall'ipnosialla psicoanalisi", Firenze, Nardini, 1990.

(2) Ecco l'elenco dei principali articoli pubblicati da Servadio prima dell'inizio del periodo "romano" della suavita:Il "Nerone" nella poesia di Boito, Il Lavoro, 08-04-1924 Difesa di Paneroni, Il Lavoro, 26-04-1924 Motivi in Val Gardena, Il Lavoro, 10-09-1924 Berisso (Figure di musicisti), Il Lavoro, 19-09-1924 Grazie, La Rivoluzione Liberale (A. 3, n. 47 16-12-1924, p. 190)Couè, o le parole che guariscono, Il Lavoro, 27-01-1925 Le ultime composizioni di A. Berisso (E.S.), Il Lavoro, 18-07-1925

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H.M.S., Il Lavoro, 22-08-1925 L'opera di Ernesto Bozzano (E.S.), Il Lavoro, 12-09-1925 Le memorie di Legouvé, Il Lavoro, 17-09-1925 Nel ritiro di una spia, Il Lavoro, 29-09-1925 Sogni dell' automa (racconto), Il Lavoro, 24-10-1925 Eugenia e igiene mentale (Eutidemo), Il Lavoro, 01-12-1925 L'ereditarietà (Eutidemo), Il Lavoro, 23-12-1925 Sguardo alla Metapsichica, La Rivoluzione liberale, (A. 4, n. 12, 22-3-1925, p. 51)Sguardo alla Metapsichica, La Rivoluzione liberale, (A. 4, n. 13, 29-3-1925, p. 55) -Stesso articolo del n.12sequestratoContro una scissione, Luce e Ombra, 1926, pp. 458-459 La psicoanalisi (Eutidemo), Il Lavoro, 15-01-1926 La formazione della personalità nella dottrina psicoanalitica (Eutidemo), Il Lavoro, 19-01-1926 Il simbolismo dei sogni nella teoria di Freud (Eutidemo), Il Lavoro, 22-01-1926 La critica della psicanalisi (Eutidemo), Il Lavoro, 06-03-1926 I gemelli (Eutidemo), Il Lavoro, 29-04-1926 Epilessia (Eutidemo), Il Lavoro, 04-06-1926 Lo strapazzo oculare (Eutidemo), Il Lavoro, 14-07-1926

Due anni prima (1926) di trasferirsi a Roma, Emilio Servadio iniziò la sua collaborazione con la rivista Luce eOmbra (notiziario della Società di Studi Psichici) fondata nel 1900 da Angelo Marzorati e Achille Brioschi aMilano e trasferitasi a Roma dal 1911. Nel periodo 1927-29, eccettuati pochi contributi, come quelli a Pietre,all'Italia Letteraria e a Krur, gli articoli pubblicati da Servadio apparvero in maggioranza su Luce e Ombra:

Neo Magia, Pietre, Annata II, Fascicolo 04, Aprile 1927, pp. 110-112. (E. Servadio)Metapsichica e filosofia, Luce e Ombra, 1927 pp. 473-479 Idealismo, scienza e metapsichica, Luce e Ombra, 1927 pp. 545-550 La morte di Eduardo Schuré, L'Italia Letteraria, 14-04-1929Il fluido umano, Luce e Ombra, 1929 "Fernand Divoire: Pourquoi je crois à l'occultisme". Recensione, Luce e Ombra, 1929 pp. 139-140 Lo spiritualismo di Edoardo Schuré, Luce e Ombra, 1929 pp. 173-176 Commento ad alcune esperienze "magiche", Luce e Ombra, 1929 pp. 321-325 Metodi recenti di studio e di controllo, Luce e Ombra, 1929 pp. 456-461 Le manifestazioni di Mantes, Luce e Ombra, 1929 pp. 475-476 Pro e contro Valiantine, Luce e Ombra, 1929 pp. 476-477 I fenomeni d'infestazione di Charlottenburg, Luce e Ombra, 1929 pp. 477-478 Freudismo e metapsichica, Luce e Ombra, 1929 p. 478 Le manifestazioni di Winnipeg, Luce e Ombra, 1929 p. 522 Fenomeni d'infestazione, Luce e Ombra, 1929 p. 523 Nina Glagoleva, calcolatrice prodigio, Luce e Ombra, 1929 p. 523 Ancora sul circolo di Mantes, Luce e Ombra, 1929 pp. 523-524 Misteriose sassaiole a Milano, Luce e Ombra, 1929 p. 524 Intorno ai fenomeni di levitazione, Luce e Ombra, 1929 p. 525 Lo "smascheramento" di Valiantine, Luce e Ombra, 1929 pp. 545-526 "Jules Romains: Quand le navire...". Recensione, Luce e Ombra, 1929 p. 527 L'intelligenza direttrice in biologia e in metapsichica, Luce e Ombra, 1929 pp. 561-562 Le esperienze genovesi di Valiantine secondo H.D. Bradley, Luce e Ombra, 1929 pp. 562-563 I fenomeni di materializzazione e l'arte d'Oriente, Luce e Ombra, 1929 p. 563 Un caso di sdoppiamento con materializzazione, Luce e Ombra, 1929 pp. 564-565

Interessante, dal punto di vista dei rapporti Servadio-Evola, è l'articolo di Emilio Servadio, intitolato Neo Magiae pubblicato nel 1927 (anno di nascita di Ur) nella rivista genovese Pietre. In esso si può rilevare il precoceinteresse di Servadio per l'Evola artista e poi l'interesse, per lo più dottrinario a quell'epoca, per l'Evola filosofoe mago. Si comprendono così facilmente i motivi del successivo avvicinamento. Lo riportiamo qui di seguito.

Neo Magia

Un indirizzo che si preannuncia interessante, più per il suo significato, probabilmente, che per la suaimportanza pratica, è quello che fa capo a J. Evola e ad alcuni altri scrittori, da poco riunitisi in gruppo intornoad una curiosa "rivista di indirizzi per una scienza dell'Io", la quale prende il suo nome dal "Fuoco Iniziatico"("UR") e si pubblica a Roma.

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Il nome dell'Evola non è quello di un ignoto. La sua è indubbiamente una personalità del tutto "sui generis", echi scrive ricorda benissimo certe manifestazioni poetiche e certi "disegni dadaisti" da lui pubblicati, chesconcertarono non poco i quattro lettori, assuefatti per altro ai più audaci tentativi di rinnovamento artistico di"Roma Futurista", giornale ebdomadario da un pezzo defunto. In un'epoca nella quale l'interesse per lemanifestazioni modernissime dell' "esprit nouveau" non si era ancora minimamente destato nella classemedia, l'Evola superava tranquillamente per conto suo le più pazzesche derivazioni del Bergsonismo, e siritirava in una meditazione durata qualche anno, e rotta da poco tempo con l'apparizione dei suoi "Saggisull'Idealismo Magico", costituenti come il preludio di una vasta opera tuttora in progressivo svolgimento, laquale dovrebbe, nelle intenzioni almeno, rivoluzionare dalla base il pensiero contemporaneo.Per esporre con qualche compiutezza il pensiero dell'Evola, i cui lineamenti definitivi appariranno nella "Teoriadell'Individuo Assoluto", di prossima pubblicazione, e che per ora è stato abbozzato nei citati "Saggi" e nell'"Uomo come Potenza", apparso da poco, occorrerebbero molte pagine. Ma tale non essendo il nostromodesto compito di informatori, ci limiteremo a darne un cenno sommario.La crisi dell'idealismo contemporaneo non è, secondo l'Evola un semplice trapasso gestatorio da un sistemafilosofico ad un altro in fieri: si tratta, secondo lui, di una ben più grave contingenza, alla quale l'uomo, il cuidivenire è in giuoco, non può sottrarsi che per una sola via. E la contingenza è il fatto che la soluzioneidealistica del problema gnoseologico ha "tagliato tutti i ponti" dietro all'individuo, pur dimostrandosi nellostesso tempo insufficiente. Indietro non si può tornare, dice l'Evola: il postulato che non si può affermare unarealtà indipendente dall'Io che la pensa è inattaccabile. D'altra parte "l'idealismo, come condizione per unaassoluta certezza, è un valore morale, un dover essere; esso deve essere; eppure non può, nella coscienzareale, essere. All'Io, pervenuto discorsivamente alla coscienza di sé come del principio assoluto di tutta quellarealtà in cui egli vive la sua vita, si oppone in sede concreta questa stessa realtà come qualcosa su cui eglinon ha potenza" (Saggi, pag. 17). Di qui secondo l'Evola, la crisi in cui si dibatte il pensiero odierno, il quale,superata concettualmente una realtà a sé stante, le è poi praticamente asservito, non ha neppure la possibilitàdi riparare dietro posizioni ormai insostenibili, e si trova quindi in una "impasse", a liberarlo dalla quale i vecchimezzi più non sono adeguati.Allora, dice l'Evola, non c'è che una soluzione: quella di impadronirsi di fatto della realtà ribelle, cosicchènell'individuo si accentri veramente il cosmo; e, a questo scopo, ricercare, sulla traccia delle tradizioni degliIniziati e dei Maghi, il segreto della Potenza, impadronirsene e dominare. Fuori di questa via, egli afferma,nessuna speranza di salvezza, ma solo un arrovellarsi di spiriti soggetti.L'originalità, nel pensiero di cui abbiamo così insufficientemente esposto il nocciolo, non sta tanto nellaaspirazione alla Potenza magica, che più e più volte è stata oggetto di sguardi bramosi e di tentativi più omeno abortiti, quanto nel processo per il quale l'Evola vi è giunto, attraverso un superamento, discutibiles'intende, ma degno di attenzione, delle odierne speculazioni filosofiche. Egli si differenzia così nettamente (etiene a farlo rilevare), da tutti coloro, occultisti, teosofi, ecc., i quali trascurano, per ignoranza o per partitopreso, tali speculazioni. "Che l'idealismo astratto debba venire separato", egli scrive ("Saggi", pag. 22) "ciò èstato più sopra mostrato, e con le parole stesse dell'idealismo; ma superarlo significa assumerne le posizioni,confutarle o ridurle a semplici presupposti e passar oltre; non metterle semplicemente da parte, non ignorareche esso contiene una concezione del mondo comprensiva ed inevitabile, fiore di una bimillenaria civiltà pertornarsene spensieratamente a concezioni ingenue che esso ha da tempo confutate e risolte". Appunto ingrazia di questa sua posizione, un tale pensiero dovrebbe essere considerato attentamente da tutti iricercatori, dai professori di filosofia come dai mistici. Naturalmente invece esso è stato fin qui quasitrascurato, o preso in considerazione a scopo derisorio o stroncativo.Nell' "Uomo come Potenza" sono indicati i mezzi affinchè l'aspirazione al Dominio possa realizzarsi. L'autore,che fra parentesi è un conoscitore non superficiale del pensiero Orientalistico, ha esposto con cura i metodi diautorealizzazione magica propri ai "Tantra" indiani e sembra significare: "messo t'ho innanzi: ormai per te ticiba". E in verità, a chi fosse del tutto persuaso di quanto l'Evola scrive, più non rimarrebbe che seguire confede e pazienza una delle tante vie iniziatiche tradizionali. L'Evola stesso però, a quanto pare, si rende contoche la parte speculativa non è perfetta, e operciò annunzia la "Teoria dell'Individuo Assoluto"; e vede altresì lanecessità di creare un cerchio vasto e consapevole di "ricercatori dell'Io", e perciò pubblica la rivista di cuiabbiamo fatto parola più sopra. Sull'importanza di quest'ultima è prematuro pronunciarsi, ben si comprende,(per quanto sia già di per sè interessante il fatto ch'essa pubblica alcuni testi magici o mistici poco noti), cosìcome sarebbe prematuro voler dare un giudizio definitivo sull'Idealismo magico.Attendiamo, dunque, le altre opere di questo strano pensatore, le cui speculazioni, da qualunque punto di vistasi vogliano considerare, non sono meno in sé stesse il frutto e il segno di quell'ansia di rinnovamento, di quellacrisi ch'essi intendono risolvere, e che è l'oscura matrice in cui si va generando il pensiero finale del secoloche si forma.

E. Servadio***

Nel 1930, Servadio pubblicò una delle sue opere principali "La Ricerca Psichica" (riedita nel 1946). Nello stesso anno, come sappiamo, insieme ad altri amici, tra cui lo stesso Servadio, Evola diede vita allarivista La Torre. A quell'epoca, Evola non aveva una buona fama presso varie autorità del regime. Inoltre, una

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rubrica particolarmente critica della Torre, intitolata L'arco e la clava, fece "saltare i nervi" al fascismosquadrista. Minacciato anche fisicamente, Evola fu costretto a girare per Roma con una guardia del corpo enel Giugno 1930, dopo solo 10 numeri, si dovette chiudere la rivista.Nel 1931, lo psicoanalista triestino Edoardo Weiss, in contatto con Freud dal 1908, decise di trasferirsi aRoma, ove fondò, nel 1932, la Rivista di Psicoanalisi, organo ufficiale della Società Psicoanalitica Italiana(S.P.I.), fondata a Teramo nel 1925 da Marco Levi Bianchini e trasferita a Roma appunto nel 1932.Si manifestarono forti ostilità, sia da parte della Chiesa Cattolica, che accusava il freudismo di materialismo epansessualismo, sia da parte degli ambienti filosofici idealisti, che facevano capo a B.Croce e a G.Gentile, siainfine da parte della psichiatria accademica, fortemente organicista. La rivista ebbe perciò vita breve e, nel1934, fu costretta dal regime a chiudere i battenti. Il periodo romano consentì tuttavia a Weiss di riunire attornoa sé altri psicoanalisti, in particolare Cesare Musatti, Nicola Perrotti ed Emilio Servadio. Questo gruppo siriuniva nella casa romana di Weiss, in via dei Gracchi. L'esempio di Perrotti, che iniziò a dirigere a Romal'Istituto di Psicoanalisi, spinse Servadio a fondare, nella medesima città, il Centro di Psicoanalisi.Ma la pressione "antisemita" cominciava a farsi sentire. Una sintomatica nota, inviata dall'allora vice capo dellapolizia, Carmine Senise, al Questore di Roma, che lo aveva incaricato di compiere alcune indagini su E.Servadio, così recita: "La madre del dott. Servadio, senza voler con ciò toccare la sua onorabilità, sembraessere israelita". Il colpo di grazia fu assestato dalle leggi razziali del 1938, in seguito alle quali la S.P.I. sisciolse. Musatti, ebreo per parte di padre, dovette rinunciare all'insegnamento universitario di Psicologia aPadova e a firmare le sue pubblicazioni. Altri si videro costretti ad emigrare: Servadio partì quello stesso annoper l'India dove, nel 1922, Giridra Sekhar Bose aveva fondato l'Indian Psychoanalytical Society. L'anno dopo(1939) Weiss partì per gli Stati Uniti, dove si stabilì definitivamente.A Bombay, Servadio ebbe occasione di studiare una particolare forma di isteria di conversione, detta da JeanMartin Charcot "isteria ad arco" (il malato, in assenza di cause organiche palesi, è paralizzato con il corpo adarco, da contratture muscolari assai dolorose). Ciò gli valse una cattedra "honoris causa" di psicologia daparte del Governo Indù. Il quotidiano genovese "Il Lavoro" riportò la notizia nel numero del 30-08-1938, conl'articolo anonimo "E. Servadio professore onorario in India". Servadio divenne così il fondatore della"Bombay School" di psicoanalisi, che annovera noti psichiatri come J.C. Marfatia, D.M. Bassa e K. Masani,uno psicoanalista Parsi, emigrato nel 1967 nel Regno Unito. Servadio rimase in India fino al 1945. Tra gliarticoli pubblicati in questo periodo, ricordiamo:-Psychoanalysis and Psychical Research, Journal of the American S.P.R., 1938; -Psychoanalysis and Yoga, Bulletin of the Bombay Medical Union, 1940; -Freud's Contribution to Psychical Research, Indian Journal of Psychology, 1940.A guerra finita, tornò in Italia. In un intervista per il quotidiano La Stampa del 05/02/1994 ebbe a dire: "Al mioritorno in Italia, nel '45, seppi che Evola si era messo a scrivere libri razzisti e antisemiti. Si era aggiogato alcarro dominante". E alla domanda "L'ha incontrato mai in questo dopoguerra?", rispose: "Non ho volutovederlo mai più".

DibattitoPirofilo: Quello della psicoanalisi è sicuramente un argomento molto complesso e sarei ben contento diesaminarlo assieme a voi, visto anche che uno dei membri del gruppo di Ur (Emilio Servadio) divenne inseguito proprio un noto psicoanalista.Sipex: Non è molto facile seguire l'evoluzione del pensiero esoterico di E. Servadio, soprattutto perchè, adifferenza di Evola, egli si tenne sempre parecchio "abbottonato" a riguardo, preferendo scrivere su argomenti"di frontiera" tra esoterismo ed exoterismo (e cioè soprattutto di psicologia, sessuologia, parapsicologia) efacendo un taglio piuttosto netto tra la situazione dell'uomo comune e quella dell'iniziato. Scrive ad es. nelsaggio "Libertà Psicologica e Libertà Iniziatica " (Passi sulla via iniziatica, Roma, 1977): "I metodi e le tecniche della psicologia dinamica possono dare all'uomo un quantum di maggiore agio e diminor costrizione sul piano psicologico profano. Ma solo l'iniziazione può dargli veramente la libertà". Nelmedesimo saggio, Servadio fa capire che al profano, che vive in una situazione pressochè deterministica, sipossono applicare quelle discipline che, come la psicoanalisi, si basano sul determinismo psicologico (eServadio mostra che Freud fu categorico a riguardo), mentre la validità di tali discipline cessa quando si vogliaapplicarle all'iniziato, per il quale il determinismo psicologico non può più dirsi valido.Evola invece, pur riconoscendo tutti i vincoli dell'uomo comune (il "pashu" che, nello "Yoga della potenza", eglicontrappone ai tipi del "vira" e del "divya"), non vede un taglio così netto tra iniziati e non iniziati, così cheritiene la psicoanalisi inidonea a descrivere la situazione psicologica dello stesso "pashu".Pirofilo: Personalmente preferisco la posizione di Evola: erigere barriere troppo alte tra l'uomo comune el'iniziato rischia di rendere inspiegabile come il primo possa trasformarsi nel secondo.Deo Ame: In "Evola e il Magico Gruppo di Ur", Renato del Ponte accenna ad una certa incongruenza traquanto Servadio disse, in relazione ai suoi rapporti con il Gruppo di Ur, in una intervista rilasciata a G. DeTurris e pubblicata su Abstracta (Giugno 1987) e la successiva rilasciata a P. Battista e pubblicata su LaStampa (5 Febbraio 1994). A quest'ultima si è accennato in questo stesso quaderno. Qualcuno sa con piùesattezza in quali affermazioni la precedente differiva?Es: Riporto di seguito le due interviste rilasciate da E. Servadio nel 1987 e nel 1994, con l'aggiunta di qualchemia nota a pie' di pagina della prima intervista. Non c'è una vera contraddizione tra questa intervista e quella

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del '94. Infatti in questa del 1987, Servadio afferma di non aver fatto parte "attiva" (cioè magico-operativa) delGruppo di Ur. Tuttavia ammette di aver in qualche modo collaborato, ad es. traducendo, per Evola, alcuni testiinglesi e partecipando a "letture poetiche" in un gruppetto che comprendeva J.Evola, G.Comi e P.Milano. Nel'94, conferma la collaborazione e aggiunge di aver pubblicato una poesia (come sappiamo con lo pseudonimodi Es). Inoltre sottolinea di aver partecipato (con il nucleo che si dedicava alle "letture poetiche", aggiungo io)alla rivista La Torre. Come Del Ponte ha giustamente notato, vi è piuttosto qualche errore nella datazione, lapoesia (Fioritura) non essendo stata pubblicata in Ur, bensì nel n° 6-7 di Krur (1929). Del resto Servadioafferma, nella prima intervista, di aver conosciuto Evola di persona appunto nel '29, anche se non sono daescludersi sue collaborazioni per corrispondenza (inerenti verosimilmente a traduzioni) già a partire dal 1927.

da Abstracta n.16 - anno II - Giugno 1987

LA TESTIMONIANZA di EMILIO SERVADIO (intervista a cura di Gianfranco de Turris)

Come entra in contatto con Evola o con il Gruppo di Ur?

Di Evola avevo letto i Saggi sull'Idealismo Magico. Allora risiedevo a Milano e sapendo che Evola viveva aRoma lo raggiunsi per una intervista che fu poi pubblicata sul Popolo di Lombardia. Ricordo che era intitolataEvola, o il mago. Non ho più quell'articolo perché è andato disperso durante la guerra, ma in esso parlavo deisuoi interessi anche per la metafisica orientale (mi fece vedere dei libri che aveva sui Tantra, sullo yoga e cosìvia). Quella intervista piacque molto ad Evola e fu l`inizio prima di uno scambio epistolare, poi di alcune mierecensioni ( ad esempio a L´uomo come potenza su La Fiera Letteraria); infine,quando mi trasferii a Roma loconobbi personalmente e, anche senza fare parte — lo dico molto francamente — parte attiva del Gruppo diUr, ogni tanto lo vedevo. L'ho anche aiutato. Evola sapeva sì l'inglese, ma non troppo bene: ricordo che loaiutai nella traduzione di qualche testo inglese che gli era pervenuto perché per me l`inglese è un pò laseconda lingua.E di questo mi fu grato. Poi ci vedemmo spesso a casa del Poeta Girolamo Comi, che avevascritto delle plaquettes di poesie un po' sulla scia di Onofri. Ci vedevamo en amité; io leggevo cose mie, Comileggeva le sue poesie... Era un gruppetto di persone di cui faceva parte anche Paolo Milano (1).

Dove incontrò Evola le prime volte?

A casa sua, a Corso Vittorio Emanuele. Credo fosse il 1929, quando venni a Roma definitivamente comeredattore dell'Enciclopedia Italiana Treccani. In precedenza, come ho detto, vi era stato uno scambio dicorrispondenza. Per un anno fui in Svizzera. In quell'epoca Evola collaborava a Bilychnis, io avevo una rubricasu La Fiera Letteraria che s'intitolava «La ricerca psichica» e in qualche occasione parlai anche di lui (2).

Ha detto di non aver fatto parte attivamente del Gruppo di Ur. In che senso? Nel senso di attività operativa?

Si, effettivamente in questo senso. Ho conosciuto benissimo Reghini, ma non ho mai partecipato alle lororiunioni operative.

Ma che cosa sa lei di questa attività. Si e favoleggialo molto sull'argomento. Addirittura si è detto, come lei sa,che avevano cercato di avere un'influenza a livello politico...

Di questo francamente non so nulla. Immagino che, come avviene in tante scuole iniziatìche, ci si riunisce conintenti più magici che meditativi, cercando di attivare certe forze comuni che poi diventavano forze individuali,mentre la meditazione yoga o quella buddhista hanno un altro stile, un altro significato. Più di questo nonsaprei dire. Perchè quali fossero gli intendimenti di queste riunioni, in cui effettivamente facevano qualchecosa insieme, non lo so. Mi pare abbastanza improbabile che ci fossero dei precisi fini politici, anche se infondo la politica in senso molto alto non era estranea naturalmente all'attività del Gruppo di Ur, ma era intesapiù in senso tradizionale, imperialistico...

Quello che è stato definito «superfascismo»... Comunque, secondo lei a quale tipo di Tradizione siriallacciavano in questo ti po di attività?

C'era una diversificazione, come lei sa, tra i due più importanti protagonisti di questa vicenda, cioè Evola eReghini. Evola s'interessava molto alla metafisica orientale, specie indiana, mentre Reghini era decisamenteinserito in una tradizione occidentale-mediterranea.

Questo potrebbe essere uno dei motivi della famosa scissione?

Potrebbe essere uno dei motivi. Ricordo, devo dire non molto precisamente, che assistei piuttosto imbarazzato

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ad una riunione di quella che allora si chiamava l'Associazione per il Progresso degli Studi Morali e Religiosi.Evola teneva una conferenza: Reghini fece un intervento che finì in un litigio, si accusarono l'un l'altro, ogginon ricordo bene di cosa...

In tutta questa vicenda c'è anche la figura di Giulio Parise...

Giulio Parise l'ho conosciuto molto superficialmente. L'avrò incontrato una o due volte, casualmente, senzaapprofondire nulla, però mi diede subito l'impressione, se così mi posso esprimere, di uno persona che avevafatto dei passi avanti sulla via iniziatica. Credo che avesse una vita interiore profonda, sviluppata. Persone chel'hanno conosciuto più da vicino hanno confermato questa impressione (3).

Gianfranco de Turris

[N. di Es](1) Paolo Milano (1904 -1988), nativo di Roma e coetaneo di E.Servadio, subito dopo l'esperienza di Ur,pubblicò il saggio "Lessing" (Formiggini, Roma, 1930). Dopo il varo delle leggi razziali, andò esule a Parigi e aNew York. Fu professore di lingue romanze e letteratura comparata presso il Queens College negli anni 1940e collaborò regolarmente al The New York Times Book Review. Tra i libri di questo periodo, ne ricordiamo unosu Dante Aligheri: "The Portable Dante" (1947, Viking Press). Tornò poi in Italia e fu per trent'anni il criticoletterario dell'"Espresso". Affetto da morbo di Parkinson, morì a Roma il 2 Aprile 1988, all'età di 83 anni.(2) Evola cita un articolo di Servadio de "La Fiera Letteraria" del 30-9-1928, nel saggio di Krur, firmato Ea,"Che cos'è la realtà metafisica"; la citazione è rimasta in Introduzione alla Magia.(3) Tra le persone alle quali allude Servadio c'è, con ogni probabilità, da considerare Sibilla Aleramo.Nell'Archivio di questa scrittrice, si trova una copia della raccolta di liriche di Servadio intitolata "Licheni"(Torino, Ribet 1929), con dedica autografa di Emilio Servadio all'Aleramo.

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da LASTAMPA 05/02/1994, TuttoLibri dossier, intervista di P_BAT [Battista, Pierluigi]

ROMA TRA la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta nel sodalizio evoliano c'era anche Emilio Servadio, ildecano della psicoanalisi italiana, il superstite novantenne del gruppo di pionieri che nel 1932 fondò la SocietàPsicoanalitica Italiana. Ebreo, costretto ad andar via dall'Italia dopo le leggi razziali del 1938.

Professore, come poteva un giovane ebreo collaborare con un antisemita?

Semplicemente sulla base del fatto che in quegli anni nulla lasciava presagire l'antisemitismo di Julius Evola.Mi accostai a lui dopo aver letto la sua Teoria dell'Individuo Assoluto, che tuttora considero come un'opera cheha lasciato un'impronta davvero notevole, e anche L'uomo come potenza, la prima opera italiana sui Tantra.Sentii subito di avere con Evola interessi comuni, un orientamento spirituale che ci portava allo studio eall'approfondimento della metafisica indiana. Un interesse molto forte per me che nel '37 fondai la SocietàItaliana di Metapsichica. Nel '38 addirittura in India mi ci trasferii.

Veramente lei in India ci dovette andare perchè in Italia erano state varate le leggi contro gli ebrei.

Volevo soltanto dire che sulla base di quegli interessi è naturale che mi incontrassi con una personalità comeEvola, un intellettuale i cui scritti, come mi disse una volta Guido Calogero, sembrano redatti da un uomo conla febbre a quaranta. Nel 1927 collaborai con lui per i quaderni mensili di Ur, la rivista esoterica dove tra l'altroho pubblicato, sotto pseudonimo, una poesia: ma non voglio andare oltre perchè non intendo svelare unsegreto. Poi è stata la volta dei quaderni di Krur. Infine, nel totale accordo del gruppo, decidemmo di provarecon un periodico più agile e meno tecnico. E nel 1930 nacque il quindicinale La Torre. La rivista che gliortodossi del fascismo decisero di chiudere. Sì, proprio quella. E fui proprio io a suggerire il nome della testata.Evola era d'accordo e andò per La Torre, sottotitolo Foglio di espressioni varie e di Tradizione una.

E poi?

E poi nel '38 me ne sono andato. Al mio ritorno in Italia, nel '45, seppi che Evola si era messo a scrivere librirazzisti e antisemiti. Si era aggiogato al carro dominante.

L'ha incontrato mai in questo dopoguerra?

Non ho voluto vederlo mai più.

(p. bat.)

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5) La Componente Pitagorico-Massonica

Arturo Reghini

Negri è l'anagramma semplificato di Reghini (togliendo la muta "h" e unificando le due "i"), inoltre il nomePietro gli dona il senso alchimico di "Pietra Nera". Per i suoi contributi indiretti, come l'aiuto alla traduzionedegli Aurei Versi pitagorei fornito a Tikaipos (Quadrelli), utilizzò anche lo pseudonimo di Heniocos Aristos,l'eccelso auriga accolto nei cieli (esistono diverse versioni del mito) e che si manifesta nell'omonima e bennota costellazione. Luce, pseudonimo che Giulio Parise adoperò sia in Ignis, sia in Ur, esprime la spiccatatendenza di questo autore a "lumeggiare" aspetti specifici della pratica ermeticaQuando aveva solo 18 anni, Arturo Reghini (Firenze 1878 - Budrio 1946) andò a Roma, dove fu messo incontatto con Isabel Cooper-Oakley, una diretta collaboratrice di H.P. Blavatsky, e nel 1898 si iscrisseall'Associazione Teosofica Romana (creata il 22 Febbraio 1897). Proprio in quell'ambiente, maturò unimportante rapporto intellettuale con Giovanni Amendola (Salerno 1882-Cannes 1926), essendo entrambiaccomunati da una prospettiva di pensiero, che considerava estremamente limitante e fonte di crisi ilpositivismo allora imperante. Nella società teosofica, Reghini entrò anche in contatto con l'avv. Giuseppe SulliRao, editore milanese e 33° 95° del rito di Memphis di Palermo, che nel 1902 lo iniziò sulla spada, per delegadella loggia palermitana "I Rigeneratori". Già alla fine del secolo XIX, l'Ordine di Memphis e Misraim costituivain Italia un collegamento tra la Libera Muratoria e la Teosofia: infatti, sia H. P. Blavatsky, sia Annie Besantricoprirono alti gradi nell'Ordine. Intanto, per interessamento del Console Britannico Reginald MacbeanGambier, si costituirono i Gruppi Teosofici di Palermo e di Genova, seguiti in breve tempo dai Gruppi diFirenze, Napoli, Bologna, Torino etc..Tutto ciò fece sì che il 1° febbraio 1902, con l'intervento di CharlesWebster Leadbeater, fu fondata la Sezione Italiana della Società Teosofica in Italia; il primo SegretarioGenerale fu il capitano Oliviero Boggiani (dal 1901 al 1904), poi sostituito dal dottor Decio Calvari (dal 1904 al1905) e dal professor Ottone Penzig dell'Università di Genova (dal 1905 al 1918).Nel 1903 Arturo Reghini risiedette a Firenze; fondò la Biblioteca Teosofica (che prese in seguito il nome diFilosofica) e venne affiliato alla Loggia "Michele di Lando" all'obbedienza del "Grande Oriente Italiano"milanese. Quando nel 1904 questa obbedienza si riunificò col Grande Oriente d'Italia la loggia fiorentina "diLando" si ricostituì con il nome di "Lucifero" e Reghini fu uno dei fondatori. Nel 1903 e proprio nella sederomana della società teosofica, Amendola conobbe la futura moglie, la lituana Eva Kuhn (1) e il 24 maggio1905 fu iniziato nella loggia massonica Gian Domenico Romagnosi di Roma (2). A Firenze, Reghini conobbe,tra gli altri, il teosofo Assagioli, Papini e Prezzolini, e li fece conoscere anche ad Amendola. Sia Reghini, siaAmendola collaborarono alla III serie della rivista papiniana "Leonardo". In particolare, in un saggio del 1906,Reghini criticò l'opposizione nei confronti degli alti gradi (come quelli di Misraim) ed espresse rincrescimentoper il fallimento di Mazzini e dell'americano Albert Pike nel creare "un rito segreto superiore a tutti gli altri, unasorta di Massoneria nella Massoneria, che avrebbe unificato la divisa famiglia Massonica" (3).A questo proposito, chi scrive ha già sottolineato, altrove, che il passaggio dalla Massoneria Operativa a quellaSpeculativa, con la conseguente affiliazione di un più grande numero di persone, non poteva che portare (peravere più tempo per testare i veramente qualificati) ad un centellinamento dell'insegnamento e perciò adorganizzazioni con molti gradi.

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Del resto Reghini non faceva che confermare l'atteggiamento dell'O.E. che, a suo tempo, aveva elargitoall'Ordine di Misraim i quattro gradi (e relativi importantissimi rituali) della cosiddetta "Scala di Napoli" (Gradi87, 88, 89 e 90, detti "Arcana Arcanorum").

(1) Eva Kuhn Amendola. Vita con Giovanni Amendola. Epistolario 1903-1926, Parenti, Firenze 1960, p. 17.(2) Beatrice Bisogni, Giovanni Amendola teosofo e massone, in AA.VV. La libera muratoria, Sugarco Edizioni,Milano 1978, p. 109. L'autrice sottolinea i legami di Amendola con Reghini (n. 112) che, dall'epistolario diAmendola, risulta essere stato anche il 'trait d'union' con Papini (cfr. E.Kuhn Amendola, op. cit., p. 118).(3) Arturo Reghini,"La massoneria come fattore intellettuale" in Leonardo, Ott.-Dic. 1906, p. 297.

Contemporanee alla fase finale della collaborazione al Leonardo (poi la rivista cessò) si possono segnalarealcune conferenze tenute da Reghini alla Biblioteca Filosofica (già Biblioteca Teosofica) da lui fondata e direttafino al 1908. Si tratta de "Il dominio dell'anima" e de "La vita dello spirito", entrambe del 1907 (4). Alla direzione della Biblioteca successe a Reghini lo stesso Giovanni Amendola (dal 1909 al 1911).Sempre nel 1907, Amedeo Armentano, ritornato da un paio di anni dal Brasile, fu iniziato nella Loggia"Lucifero" del Rito Simbolico Italiano all'Or. di Firenze (5) dal Venerabile Pietro Mori. Fu in quel periodo checonobbe Arturo Reghini, uno dei fondatori della Loggia. E' curioso che, nel medesimo anno, un'altro deifondatori della Loggia 'Lucifero', e cioè Eduardo Frosini, si dimise dall'Officina, perchè l'Istituzione eradivenuta, a suo dire, solo un 'sodalizio politico'. Più tardi, in una lettera inviata al G.O.I. per confermare leproprie dimissioni, scriveva: "Oggi tutto è subordinato in Massoneria agli impulsi politici profani, mentre lapolitica massonica dovrebbe essere il corollario dell'insegnamento filosofico ed etico morale che scaturisce dalnostro meraviglioso simbolismo" (6).

(4) Ora pubblicate in A. Reghini, "Paganesimo, Pitagorismo, Massoneria", Messina, 1986.(5) Appartenente non al G.O.I. (Grande Oriente d'Italia), bensì a quel Grande Oriente Italiano milanese,separatosi nel 1897, che ebbe l'adesione di logge toscane, siciliane, liguri e campane, e venne riconosciutogià il 21 febbraio 1898 dal G. O. di Francia. Il G.O.I., il 14 aprile 1898, sospese di conseguenza i rapporti conl'Obbedienza francese. Il 21 aprile 1901 inaugurò la sua nuova sede di Palazzo Giustiniani.(6) E. Frosini, Massoneria Italiana e Tradizione Iniziatica, Bologna 1979, pp. 175-176.

Per comprendere ciò che avvenne successivamente, bisogna tener presente che Amedeo Armentanoproveniva da un certo numero di anni trascorsi in Brasile con i genitori e che, nel Sudamerica, esistevano, giàin epoca antecedente all'andata di Kremmerz, delle S.P.H.C.I. All'arrivo di Armentano in Italia, fu FrancescoZingaropoli il suo contatto con l'O.E.Dopo una certa frequentazione, presso la Loggia Lucifero, Reghini non tardò a riconoscere in Armentano,nonostante la più giovane età di questi, il maestro che cercava. Nel solstizio d'inverno del 1910, si ebbel'iniziazione pitagorica di Reghini. L'anno dopo, l'O.E. contattò sia Frosini, allora capo del Rito FilosoficoItaliano -una nuova forma assunta nel 1909 dal Misraim Memphis,- sia Armentano, perchè unissero le loroforze, così che quell'ordine massonico potesse essere, per l'ennesima volta, rivivificato. Frosini,successivamente, contattò Reghini, fingendo di voler contattare, tramite lui, anche Armentano, che in realtàera già d'accordo. Così, nel 1912, insieme ad Arturo Reghini, Armentano entrò a far parte, con il nome diErmete Cosentino, del Supremo Consiglio del Rito Filosofico Italiano, ricevendo il VII e massimo grado,corrispondente al 33° del Rito Scozzese, con la carica di "Comes Præfectus Inquisitor". Reghini e Armentano(7) riscrissero gli statuti del rito, disponendo che una copia dei Versi Aurei di Pitagora dovesse esserepresente nel tempio, insieme agli altri oggetti usati nei lavori di loggia. Si ottennero ben presto importantiriconoscimenti internazionali: ad es. l'intero e numeroso Misraim Memphis americano accettò di far capo aisupremi esponenti del Rito Filosofico. Nel 1914 Reghini litigò con Frosini e uscì dal Rito: i dettagli possonotrovarsi nella biografia a lui dedicata da R. Sestito "Il Figlio del Sole". Come è facile capire, per i motivi giàaccennati, non vi fu invece lite tra Armentano e Frosini, nonostante certi comportamenti stravaganti diquest'ultimo. Nello stesso anno, sulla rivista La Salamandra, Reghini pubblicò per la prima volta il famosoarticolo "Imperialismo Pagano".Scoppiata la I Guerra Mondiale, prima Armentano e poi Reghini si arruolarono volontari. Dopo un certoperiodo Armentano, per una cardiopatia, fu trasferito dal fronte a Napoli. L'O.E. gli rinnovò la sua fiducia espinse il "Supremo Consiglio Universale del Rito di Memphis e Misraim e dell'Ordine Egiziano Antico ePrimitivo" di Frosini a nominarlo nel 1916 "Gran Pontefice - Gran Conservatore dell'Ordine - Grande Interpretedei Ieroglifici e dei Simboli, delle Tradizioni e dei Dogmi". Nel 1919 il Rito Filosofico venne "sospeso" e neiprimi mesi dell'anno furono concluse le trattative per una cooptazione di esso nel Rito Scozzese AnticoAccettato di Piazza del Gesù, fondato da Fera dopo la scissione del 1908 e governato all'epoca da RaoulPalermi. Armentano entrò a far parte del Supremo Consiglio col suo grado di 33. Anche Reghini, nel 1921,aderì al R.S.A.A.; gli venne riconosciuto il 33° grado e assunse la funzione di redattore capo della rivista'Rassegna massonica', che tenne sino al 1926; in questo periodo si occupò anche della revisione dei rituali. Il 18 dicembre 1923, Armentano e Reghini costituirono a Roma l'Associazione Pitagorica, la cui attività sirispecchierà nelle due riviste esoteriche fondate da Reghini e cioè Atanòr (1924) e Ignis (1925). In essecollaborarono noti autori come Giuliano Kremmerz, Renè Guenon, Aniceto del Massa, J.Evola e il giovane

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Giulio Parise (1902-1970), massone e allievo di Armentano e Reghini. In Ur, Reghini e Parise condiressero larivista con Evola. I rapporti inizialmente furono buoni e Parise, in una recensione de L'Uomo come Potenza suCritica Fascista (1 Marzo 1927), si mostrò in sintonia con le vedute di Evola. L'anno successivo si giunse peròalla famosa e inutile lite sulla paternità dell'Imperialismo Pagano, che Evola aveva riproposto in una suaversione. Spezzatosi alla fine del 1928 il sodalizio Evola-Reghini, il primo dovrà cambiare, nel 1929, il nomedella rivista in Krur, mentre Reghini tenterà di far rivivere Ignis, ma ne uscirà solo un nuovo numero.Quanto detto riguarda l'attività di Armentano e Reghini sul versante pitagorico-massonico. Per quanto riguardainvece il versante "Rosacrociano", nel periodo anteguerra sia Reghini sia Armentano entrarono nell'OrdineMartinista, guidato da Alessandro Sacchi (Sinesius). Reghini litigò anche con Sacchi e per i dettagli rimandoal già citato libro di Sestito. Come sappiamo il Rosacrocianesimo non è che il modo peculiare con cui l'O.E. siè posto nei confronti del Cristianesimo. Reghini, a causa della sua equazione personale, non aveva molto fiutoin questo campo (8): ad es. considerava un gesuita Steiner (mentre per i gesuiti l'antroposofia è come il fumonegli occhi) e non riconosceva i gesuiti dove c'erano veramente, cioè nella H.B. of Luxor, che del restoconosceva così poco da confondere con la H.B. of Light; infatti, nel periodo di affiliazione al Rito Filosofico,ebbe a scrivere in una lettera: "Sono stato nominato garante di Amicizia dell'O.T.O. (Oriental Templar Order); èquel corpo massonico inglese di cui avevo a Scalea quelle pubblicazioni. La mia impressione personale chequesta società sia relativamente seria si trova confermata dal fatto che l'O.T.O. non è altro che la ricostituzionedella Hermetic Brotherood of Light (H.B. of L.) che a detta di Guenon è una delle poche associazioni serieesistenti. Vedrò di mantenere con essi buoni rapporti".Come è noto Guenon parlava invece piuttosto bene della H.B. of Luxor e la distingueva dall'altra: " Questasocietà non va confusa con l'altra che porta un nome simile: Hermetic Brotherood of Light e che fu fondata nel1895." (Il Teosofismo 1987 p. 34). (7) Amedeo Rocco Armentano, dopo aver affittato per alcuni anni, in Calabria, la Torre sul mare di S.NicolaArcella, comprò nel 1913, a Scalea dov'era nato (il 10 febbraio 1886), la Torre Talao, . La Torre era anche illuogo di ritrovo di Reghini e di tanti altri iniziati, che venivano a Scalea per incontrare colui che era da loroconsiderato, nonostante la sua giovane età, un autentico Maestro. In origine, come dimostrano cartegeografiche e fotografie, il territorio ove oggi sorge Torre Talao era un'isola (l'Isola Talao). Fenomeni diinterramento, legati al trasporto di detriti da parte delle vicine fiumare di Scalea, l'hanno trasformata prima inpenisola e poi l'hanno completamente circondata di terra ferma. Quando ero bambino, e perciò a maggiorragione ai tempi di Armentano e Reghini, era ancora possibile divertirsi a nuotare dalla vicina spiaggia alloscoglio della Torre. In una famosa foto, Reghini è ritratto in accappatoio sulla Torre, verosimilmente dopo unbagno nel medesimo tratto di mare. Armentano divenne proprietario della Torre, ma non di tutta l'isola. La"casina bianca", sita più in basso, le cavità naturali e la sorgente sulfurea appartenevano a Del Giudice, chenel 1914 fece compiere alcuni scavi archeologici, che confermarono la presenza umana sull'isola, a partire dalpaleolitico medio. Attualmente il livello della terraferma copre la casina bianca. I reperti antichi, trovati nellegrotte, sono conservati nel musei archeologici di Reggio Calabria e di Lamezia Terme. [N. d. Sipex]

L'isola Talao nei primi del '900

(8) Per la sua posizione più centrale in seno all'O.E. (Reghini era sostanzialmente un "indiretto alle dipendenzedi un maestro", proprio come Evola) Armentano aveva sicuramente una visione più ampia e più precisa delleforze in gioco in campo esoterico. Tanto che nel 1959 gli fu conferita la decorazione di Commendatore delSovrano Ordine Militare di Malta e poco dopo egli compose l'Inno ufficiale dell'Ordine, "Cavaleiros de Malta"(1961). Nell'accettare la decorazione di un ordine cattolico, egli si era certamente ricordato che alcuni GranMaestri dell'Ordine, come Manuel Pinto de Fonseca (1741 - 1773) o Emanuele de Rohan (1775 - 1797),avevano appoggiato, per quanto nelle loro possibilità, l'attività di alcuni membri dell'O.E., a cominciare daCagliostro [N. d. Sadescan].

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6) Gli Antroposofi

Giovanni Colazza (1877-1953)

La componente antroposofica è quella numericamente preponderante tra gli autori che scrissero nelle rivisteUr/Krur: Alba (Elika del Drago), Leo/Krur/Breno (Giovanni Colazza), Oso/Arom (Arturo Onofri), Gic (GirolamoComi), Arvo (Giovanni Antonio Colonna di Cesarò), Taurulus (Corallo Reginelli). Nelle successive edizioni diIntroduzione alla Magia si aggiunse Massimo/Maximus (Massimo Scaligero).

6.1) R.Steiner e il Memphis-Misraim

L'impulso al rinnovamento spirituale dato da H.P. Blavatsky, fondatrice della Società teosofica (1875), indusseRudolf Steiner (Kraljevicz 1861- Dornach 1925) ad aderire alla medesima Società, nell'ambito della quale,secondo le sue più intime intenzioni, le persone si sarebbero però dovute orientare verso una spiritualità di tiporosacrociano. Tenendo presente quest'obiettivo, egli dotò la sezione tedesca della Società Teosofica, di cuidivenne Segretario Generale, di una Scuola Esoterica: si trattava della medesima istituzione fondata daMadame Blavatsky nel 1888, poi passata sotto la guida di Annie Besant, e della quale Steiner nel 1904 funominato dirigente distrettuale (Arch-Warden) per la Germania e l'Austria. La Scuola Esoterica era strutturatain tre classi e le ultime due costituivano il cosiddetto "Gruppo di lavoro del culto della conoscenza". Steiner sisforzò apertamente di introdurvi il simbolismo e la pratica massonica. Per far questo, si collegò con lamassoneria del Rito di Memphis-Misraim, che faceva capo a John Yarker (1833-1913). Ne troviamo unaccenno nella sua autobiografia ("La mia vita", Ed. Antroposofica-Milano, cap. 36 ) ove Steiner parlabrevemente di una sua adesione "ad una società che apparteneva alla corrente rappresentata da Yarker edaveva le forme massoniche dei cosiddetti Gradi Superiori".Del resto, Yarker rivestiva anche la carica di dirigente della Società Teosofica, essendo in stretti rapporti conH.P. Blavatsky, la quale era a sua volta legatissima al Generale Garibaldi, (lo aveva addirittura seguito nellabattaglia di Mentana) che, a Napoli nel 1881, aveva unificato i due Riti di Memphis e Misraïm. Non è un casoche Rudolf Steiner, il quale non poté mai conoscere personalmente Garibaldi, soprattutto nei sei volumiintitolati "Considerazioni esoteriche su nessi karmici", mostri grande ammirazione per il generale italiano,

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riconoscendogli una fondamentale azione sottile, oltre che materiale, per l'ottenimento dell'unità d'Italia.Steiner, ricevuta da Yarker una patente del Rito unificato di Memphis e Misraïm, tenne tra il 1904 e il 1905, aiFratelli tedeschi del Rito, alcune serie di conferenze poi raccolte nei due volumi "La leggenda del Tempio" e"Natura e scopo della Massoneria". In esse affermò come autentica la derivazione dei Rituali del Memphis-Misraïm dalla somma Saggezza Spirituale dell'Antico Egitto. Inoltre, in diverse sue opere, egli ha evidenziatocerte occulte similitudini, esistenti tra l'epoca egiziana e quella moderna, nella quale verrebbero ad attuarsialcuni germogli occulti "piantati" durante l'antica civiltà egizia. Nell'ambito delle attività del Rito, Steinerconobbe, tra gli altri, il Barone Alexander von Bernus (1880-1965), che divenne suo fedele discepolo. Agliincontri dei due, presso il castello dei von Bernus, a Neuburg, presenziò spesso anche Gustav Meyrink.

6.2) Steiner venne in Italia - Elika del Drago (Alba)

Volendo approfondire quanto detto, osserveremo che il Memphis-Misraim tedesco era guidato da TheodorReuss (1855-1923), grazie ad un attestato di John Yarker, datato 24 Settembre 1902. Reuss ricevette poi ilpermesso di Yarker di costituire il suo Sommo Santuario il I Luglio del 1904. Come abbiamo già accennato,Rudolf Steiner e Marie V. Sivers divennero membri del Memphis-Misraim il 24 Novembre 1905. Ricevetteroentrambi un attestato di Deputato Gran Maestro (30°, 67°, 89°) il 3 Gennaio del 1906, che attribuiva lorol'autorità di agire come 33*, 90°, 96° quando avessero raccolto più di cento membri nella loro Loggia "MysticaAeterna" (M.E.) detta anche "Misraim Dienst" (M.D.) a Berlino. Questa Loggia, sul versante teosofico, nonera altro che la "Scuola Esoterica", della quale abbiamo già parlato, e nella quale Steiner intendeva innestaregli Arcana Arcanorum del Misraim. Attese invano tale trasmissione da Reuss, finchè, l'8 settembre del 1906,Emil Adriany (30° e membro del Golden Dawn) informò Steiner che il Sommo Santuario di Reuss mancava diquesto insegnamento. Di conseguenza, nello stesso anno, Steiner fece capire a Reuss che intendeva prenderle distanze dai suoi ordini, per cercare da solo quel che gli occorreva. Franz Hartmann (Emanuel), "GranMaestro Generale Onorario" dell'Ordine, fino alla sua morte avvenuta il 7 agosto 1912, indicò a Steiner l'Italiacome la fonte dell'agognato insegnamento, cosa che del resto fece anche, per un pubblico più vasto, in libricome "Un'avventura tra i Rosacroce".Alla morte di H.P. Blavatsky, la direzione generale della Società teosofica fu assunta prima dal ColonnelloOlcott e poi (1907) da Annie Besant. Steiner si mostrò critico nei confronti delle teorie ufficiali annunciate dallaBesant, soprattutto per quanto riguardava la Cristologia e il ruolo attribuito, dal 1909, al giovane indiano JidduKrishnamurti (1895-1986), presentato come una nuova incarnazione del "Maestro del Mondo". Un altroteosofo tedesco, Hübbe-Schleiden, cercò allora di costituire un gruppo fedele alla centrale di Adyar, integratonell'Ordine della Stella d'Oriente, creato come supporto a Krishnamurti.Nel medesimo periodo, tramite Franz Hartmann, Steiner ebbe il suo contatto in Italia con l'O.E., nella personadi Elika del Drago, principessa d'Antuni e venne in Italia ripetutamente negli anni 1909, 1910, 1911 e 1912,per ricevere, dai delegati dell'O.E., le effettive pratiche, inerenti ai gradi 87, 88, 89 e 90 di Misraim. Di Elika delDrago Ur (1927) pubblicò l'insegnamento De Naturae Sensu, sotto lo pseudonimo di Alba, giacchè ellarappresentò realmente l'alba dell'antroposofia in Italia.Nel 1909, Steiner soggiornò tra la fine di Marzo e gli inizi di Aprile a Roma, tenendo anche una serie diconferenze, alcune nel palazzo della principessa e altre nella sede del Gruppo Roma, affiliato alla LegaTeosofica Indipendente di Decio Calvari. In quella circostanza, Steiner incontrò, tra gli altri, il chirurgoGiovanni Romano Colazza, allora massone e vicepresidente del Gruppo Roma, nonchè collaboratore,assieme a Giovanni Amendola, della rivista di ispirazione teosofica "Nuova Parola".Nell'Aprile del 1910, ritornando in Italia, Steiner tenne tre nuove conferenze nel palazzo della principessa DelDrago e una presso la sede del Gruppo Roma, seguita da una di Colazza dal titolo "La Respirazione el'Occultismo", ove egli concordò con Steiner sulla necessità di utilizzare, in Occidente, forme di meditazionedifferenti da quelle orientali propugnate da Annie Besant. Nel riassunto della conferenza, pubblicato in"Movimento teosofico" di "Ultra" del Maggio-Giugno 1910, Colazza diceva: "Il voler applicare esclusivamente imetodi indiani nel nostro tempo e alla nostra razza, significa non tener conto né dell'evoluzione che hamodificato considerevolmente la possibilità del nostro organismo, né delle nuove correnti spirituali immessenel mondo".Un gruppo di studio cominciò così ad incontrarsi in casa della principessa Del Drago. Steiner, tornando in Italianel 1911, fondò a Roma il "Gruppo Novalis" e incaricò Giovanni Colazza di presiedere questo primo nucleoteosofico italiano di ispirazione rosacrociana, al quale donò la meditazione, e il relativo mantra, "Nel segnodella Croce circondata di Rose".In Germania crebbero le tensioni fra Hübbe-Schleiden e Rudolf Steiner. L'8 Dicembre 1912, il direttivo dellaSezione tedesca, controllato da Steiner, dichiarò l'espulsione dalla propria sezione di tutti quei membri cheaderivano contemporaneamente all'Ordine della Stella d'Oriente e nel Gennaio 1913 venne respinta larichiesta di Hübbe-Schleiden di partecipare all'XI Assemblea generale della Sezione tedesca della SocietàTeosofica. Nello stesso mese, Annie Besant chiese che le fosse restituita la "Carta di Fondazione" dellaSezione Tedesca.

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Nel mese successivo, a Berlino, aprendo i lavori dell'Assemblea generale, Steiner comunicò perciò loscioglimento della direzione della Sezione tedesca da parte della Besant e annunciò quindi l'intenzione ditrasformare il proprio gruppo in un'organizzazione autonoma. Cinquantacinque delle sessantacinque loggedella Società Teosofica tedesca rimasero con Steiner, e si ricostituirono a Berlino come corpo indipendente,assumendo una denominazione nuova, quella di Società Antroposofica.Nel medesimo periodo, a Milano, sorsero due distinti gruppi antroposofici: il primo costituito dalla principessaTroubetzkoi il 2 Febbraio del 1913 e chiamato "Lombardia". Un secondo venne fondato il 28 Febbraio dellostesso anno da Charlotte Ferreri e da Lina Schwarz, con il nome di "Leonardo da Vinci". Nel 1914 erano attiviin Italia cinque gruppi ufficiali, riconosciuti dalla Società antroposofica internazionale: quello di Colazza aRoma, i due di Milano, un altro diretto dalla baronessa De Renzis, anch'esso a Roma, chiamato "Pico dellaMirandola" e un quinto a Firenze, l' "Etruria", guidato da Agnes Steineger.Anche dopo la fondazione della Società Antroposofica, Steiner continuò ad usare, per la sua ScuolaEsoterica, l'espressione Misraim-Dienst (Servizio del Misraim) fino al 1914, anno in cui la Scuola cessò leproprie attività, per l'inizio della Prima Guerra Mondiale: il carattere segreto delle riunioni avrebbe, infatti,potuto dare adito a equivoci pericolosi. Finita la guerra e dopo una fase di crisi interne alla SocietàAntroposofica, al congresso di Natale dell'inverno 1923-24, Steiner decise di rifondare la SocietàAntroposofica Universale con sede a Dornach (Svizzera), creando una Libera Università per la Scienza delloSpirito e rinnovando anche la Scuola Esoterica.Il progetto per la nuova Scuola Esoterica fu però compromesso dal successivo indebolimento fisico di Steiner,nel Settembre del 1924, e dalla sua morte, avvenuta il 30 Marzo 1925. Delle tre "classi" previste dalla scuola(vedi capitolo precedente), solo la prima fu avviata sotto la guida dello stesso Steiner, come documentato daiquaderni didattici conservati. Dopo di lui, sembra che nessun altro antroposofo sia riuscito a portare oltrequesta iniziativa (creando le successive "classi"), verosimilmente per la mancanza di un rinnovatocollegamento diretto con la fonte inesausta degli Arcana Arcanorum.

Fr. Kybernetes: Rudolf Steiner è venuto anche in Sicilia, probabilmente guidato dalla lettura del diario diviaggio di Goethe, a Palermo nel 1904, dove ha tenuto una conferenza sul Cristo.Deo Ame: Non avevo notizia di questa visita a Palermo del 1904. Palermo fu toccato due volte da Steinerdurante il viaggio del 1910 (dal 12-3 al 28-4-1910) che avvenne secondo le seguenti tappe:Berlino-Monaco-Vienna-Horn-Klagenfurt-Orvieto-Roma-Montecassino-Napoli-Palermo-Segesta-Palermo-Napoli-Ancona-Berlino.In quell'occasione Steiner tenne a Palermo due conferenze. Quella del 18 Aprile 1910 riguardava "L'Avventodel Cristo nel Mondo Eterico". Il resoconto stenografico di essa è pubblicato in taliano nella raccolta "Sulla viadi Damasco" (Tilopa - Roma -1990); della seconda conferenza non esiste lo stenogramma.Sadescan: Anche a me non risulta nessuna visita di Steiner a Palermo nel 1904. In quell'anno, Steiner scrissel'opera "Teosofia" e fece conferenze a Stuttgart, Lugano, Nürnberg, Hannover, München, Dresden,Regensburg, Karlsruhe, Heidelberg, Düsseldorf. Partecipò anche al congresso teosofico di Amsterdam, con larelazione "Matematica e Occultismo". In occasione della sua visita del 1910, le Edizioni Reber di Palermopubblicarono la prima traduzione italiana di Teosofia.Fr. Kybernetes: Ho tratto la notizia da http://genesis.apivision.com/steiner.html . Non conosco il tedesco enon vorrei essermi sbagliato (in tal caso scusatemi), ma nell'anno 1904 si cita Palermo. Comunque il miointervento voleva precisare l'effettiva mancanza del riferimento siciliano nel contesto dei viaggi in italia diSteiner, in qualsiasi anno esso sia avvenuto.Massimo: Il principale dei siti tedeschi su Steiner è http://www.goetheanum.org/Quello segnalato da Fr. Kybernetes è un sito polacco. Si può ottenere gratis una discreta traduzione on linepolacco-inglese su http://www.poltran.com/ utilizzando il secondo box (lingvobit).Di siti italiani interessanti ce ne sono molti. Oltre a quelli "ufficiali", sicuramente noti, segnalohttp://www.bellia.com/steiner/omnia.htm dove si può trovare l'elenco dell'opera omnia, conferenze incluse.

6.3) Emmelina de Renzis

e Giovanni Antonio Colonna di Cesarò

Calogero Gabriele Colonna, 6° duca di Cesarò (Messina 1841-Livorno 1878) sposò a Livorno nel Luglio 1876Emmelina figlia del Barone Isacco Sonnino (1803-1878), sorella del Barone Giorgio Sidney Sonnino(1847-1922) che fu Presidente del Consiglio nel 1906 e nel 1909-10 e Ministro degli Esteri nel 1914.Emmelina o Edith (? -1944), madre di Giovanni Antonio (Roma 1878-1940), 7° Duca di Cesarò, sposò inseconde nozze il barone De Renzis di Montenero. Ella svolse un ruolo importante nella diffusione in Italia dellateosofia e successivamente dell'antroposofia.Decise di schierarsi con Steiner in occasione di un loro incontro al Convegno Internazionale di Filosofia nel

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1911 a Bologna. L'imminente rottura di Steiner con la Società teosofica era ormai evidente ed Emmelinadecise di appoggiarlo, ottenendo l'esclusiva per la traduzione delle sue opere.Divenne anche animatrice di un nuovo gruppo di studi antroposofici che (oltre al già esistente gruppo diColazza) si riuniva a Roma, nel suo appartamento (prima in via Po, poi in via Gregoriana) e che chiamò 'Picodella Mirandola'. Al suo fianco, agì il figlio Giovanni Antonio, deputato (nel 1909, 1913, 1919, 1921 e 1924) eministro delle Poste nel governo Facta (1922) e in quello Mussolini. Critico nei confronti della politica di quelgoverno, si dimise il 5 febbraio 1924 e ne divenne uno strenuo oppositore. Nel 1920 sposò Barbara, figlia delConte Paolo Antonello, ed ebbe da lei due figlie Simonetta e Mita.Emmelina, nel Natale del 1923, accompagnata dal figlio e da Lina Schwarz , rappresentò a Dornach l'Italiaalla Fondazione della Società Antroposofica Universale. A Roma, per tutti gli anni Venti e Trenta, continuò ariunire, un giorno alla settimana, gli steineriani del suo gruppo. Tra di essi vi erano anche i poeti ArturoOnofri, morto alla fine del 1928, che negli scritti di Ur usò gli pseudonimi Arom e Oso, e Girolamo Comi(1890-1968), il Gic del Gruppo di Ur, che nel 1932 passò, almeno esteriormente, su posizioni cattoliche .

Girolamo Comi

Giovanni Antonio Colonna di Cesarò fondò e diresse a Roma nel 1908, assieme al barone Vincenzo Picardi diBarcellona (Messina), la rivista politico-culturale "Rassegna contemporanea", che fu inizialmente mensile,quindicinale dal 1913 e infine trimestrale nel 1915. Proprio nel Giugno di quest'ultimo anno comparve in essaun articolo di Arturo Reghini, "La legge delle Guarentigie". Non mancarono ovviamente articoli sullevicissitudini della teosofia e sulla nascente antroposofia. La Biblioteca della Rassegna Contemporanea stampòpresso le edizioni Bontempelli e Invernizzi di Roma alcuni libri di Steiner: La direzione spirituale dell'Uomo edell'Umanità (1912); Una via per l'uomo alla conoscenza di se stesso (1913); Dalla cronaca dell'Akasha(1913). Dal 15 Febbraio 1925 fino alla chiusura nel Dicembre dello stesso anno, Colonna di Cesarò diresse larivista "Lo Stato democratico. Giovanni Antonio era controllato a vista dalla polizia fin dal 1925, in quantopersonaggio politico di primo piano e uno dei protagonisti, in quell'anno, della "secessione dell'Aventino". Ilcontrollo si fece più insistente dopo che l'irlandese Violet Gibson, il 7 aprile 1926, (il medesimo giorno dellamorte di Giovanni Amendola), già appartenente alla Società Antroposofica di Dornach, compì un attentato aMussolini. Solo il 21 giugno del 1934, per disposizione dello stesso Capo del Governo, si dispose che il ducaDi Cesarò "fosse lasciato libero" dalla sorveglianza poliziesca. A causa di questa situazione, Di Cesarò, neglianni di Ur/Krur, preferì non mettere mai nulla per iscritto dei suoi studi destinati alla rivista. Fu Evola a farlo,collaborando di persona ai medesimi e firmandoli con lo pseudonimo di Arvo.Di Cesarò mantenne un lungo carteggio (1929-1940) con il pittore russo Wassily Kandinsky e, pochi giorniprima di morire, nel 1940, riuscì a pubblicare la sua traduzione di "Della spiritualità nell'arte: particolarmentenella pittura". Nella prefazione definisce Kandinsky: "un vero e proprio filosofo dell'arte, perché nelle sueconsiderazioni non parte da presupposti estetici, sociali o morali, ma dalla concezione dell'uomo [...] comeelaboratore spirituale del mondo".Emmelina sopravvisse per qualche tempo alla morte del figlio. Prima di morire, distrusse verosimilmente libri edocumenti, tanto che la sua data di nascita è a tutt'oggi sconosciuta, perfino agli studiosi di araldica. Quella dimorte (che è avvenuta comunque durante la II Guerra Mondiale) è solo presunta. Si ritiene che quando, nellaprimavera del 1944, le sue due nipoti furono arrestate come partigiane, ella non resse al dolore e morì.

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Com'era da immaginarsi, la nascita del forum Gruppo di Ur e il conseguente rinnovato interesse della culturaitaliana per questo gruppo magico, ha indotto taluno a cercare di specularci sopra. E' recentemente uscito unlibro (di cui non citiamo nè il titolo nè l'autore, perchè non è meritevole di pubblicità) che, in forma di romanzostorico, riprende, ampliandola, una bubbola già nata in epoca fascista e cioè che, nell'ambito del Gruppo di Ur,fosse stato progettato di uccidere Mussolini. La stupidaggine nasceva dal fatto che, in un saggio, si accennavaalla possibilità, del tutto generica e senza alcun riferimento ai fatti di allora, di cambiare il corso della storia, ades. provocando magicamente un invisibile danno cerebrale ad un...dittatore. Evola aggiunge che lo stessoMussolini, che era superstizioso, sulle prime si preoccupò della cosa, che poi gli si rivelò infondata.L'autore del romanzo cambia di poco la trama: non si tratta più di un attentato magico, ma di uno piùconvenzionale con un arma da fuoco (propiziato tuttavia da un rituale di catena), fallito solo per il pentimentodel potenziale attentatore, plagiato, in un primo tempo, dalla volontà di un misterioso mandante, chiamato il"Presidente". Il Presidente è un misterioso cittadino inglese a capo di una romana "Accademia di Alta Cultura"(che cela in realtà una catena magica simile al Gruppo di Ur) e l'organizzatore di ben tre attentati a Mussolini(quello di Violet Gibson, di Anteo Zamboni e quello infine, sconosciuto, narrato nel libro, che il mancatoattentatore avrebbe narrato all'autore). Il volto del Presidente si troverebbe in una misteriosa fotografiaproveniente dall'America Latina, ma sarebbe irriconoscibile per un ritocco fotografico. L'autore, non potendoimmischiare nella vicenda Evola, giacchè sarebbe stata evidente l'enormità della cosa, cerca di immischiarviun altro membro italiano del Gruppo di Ur, politicamente antifascista e che avrebbe conosciuto in Germanial'irlandese Violet Gibson. Per rendere ancora più intricata la vicenda romanzata, dalla parte degli Inglesi, operaniente meno che...Aleister Crowley ed è implicata la...Società Teosofica!In una recente "autorecensione" del suo libro, l'autore si vanta di essere il primo ad usare il termine "fascismomagico", dopo che Giorgio Galli ha usato il termine "nazismo magico". Già quest'ultimo termine è improprio,giacchè, come ha indicato Evola, il nazismo non andò oltre un certo teosofismo a base soprattutto astrologicae perciò per nulla magico. Semmai, fu in epoca pre-nazista che si manifestò un atteggiamento che, in un certoqual modo, può dirsi magico, nell'entourage di Rudolf Von Sebottenforff. Il termine "fascismo magico" è invecedel tutto improprio, essendo semmai ufficialmente esistita una "mistica fascista". L'autore cade poi in, nonmeno errati, luoghi comuni, come quello di suggerire per Ekatlos l'identità di Leone Caetani, eventualità dellaquale si indicherà, in questo stesso quaderno, l'infondatezza. Il saggio di Ekatlos non testimonia affattol'esistenza di un "fascismo magico", ma la sussistenza di una vena della tradizione romana, che cercò diindirizzare il fascismo verso una più ampio apprezzamento della medesima. E' un vero peccato che l'autore,che purtroppo sembra, come molti altri, voler cercare la notorietà a discapito della verità storica, abbiasprecato le sue discrete doti di romanziere nello scrivere un simile indecoroso pastrocchio.

6.4) Leo, Breno e Krur

Tarquinio Prisco: Ho letto nel testo di R. Del Ponte "Evola e il Magico Gruppo di Ur" che Breno era forse unodegli pseudonimi di J. Evola. A me sembra invece che lo stile e il contenuto delle monografie di Breno sianopiuttosto quelli di qualche autore di estrazione antroposofica.Quadreracles: Nell'edizione di Ur-Krur curata da Massimo Scaligero (ed. Tilopa 1980-81) vi è una nota chedice : "Krur essendo divenuto il titolo della rivista, chi aveva preso questo pseudonimo lo cambia inBreno". Al termine dell'articolo originale vi è un commento che dice: "La posizione esposta da Breno in effetti è una accentuazione della parte sana della dottrina di Rudolf Steiner,alla quale si può assentire. Ed anzi possiamo aggiungere che è stata anche poca simpatia per lo stile di uncerto occultismo 'ancien régime', misterioso e settario, a consigliarci una eliminazione di alcuni elementi checooperavano ad UR. Tuttavia facciamo a 'Breno' una doppia riserva - anzitutto riteniamo che quella forma diiniziazione che egli chiama 'moderna' va fissata ad un luogo e ad un tempo solamente per esemplificazione, eva intesa, piuttosto, come una diversa modalità che l'Oriente stesso può aver conosciuto, in casi separatiovvero per altra via. Nè si deve escludere la possibilità che, di là dai brevi limiti visibili dei tempi storici sianoesistiti cicli distinti di cultura, in cui tutte le possibilità siano state realizzate. Ciò per lasciar libere le vie degliuomini, e non piegate sotto il determinismo di una qualsiasi 'evoluzione' e comunque continuità. In secondoluogo la via indicata da Breno è certamente più indicata e più sicura per la media dei moderni; ma ciò nontoglie che chi ha coraggio ed abilità nei 'salti', può averne dinanzi anche di altre, tanto da vivere con un altrospirito (moderno, direbbe Breno) antiche avventure. Scegliere il 'fisso' non è un male, quando subito dopo siabbia da fissare il 'volatile', per usare espressioni ermetiche ed occidentali".L'articolo di Breno è quello intitolato "Iniziazione moderna ed iniziazione orientale" nel quale si faceva espessoriferimento allo Steiner. L'articolo e' stato modificato nelle edizioni successive da Evola che tolse sia iriferimenti allo Steiner che il suo commento finale.Fabritalp: Io di "Introduzione alla Magia" ho l'edizione dei F.lli Melita, nella quale vi sono una o più monografie

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di 'Breno', ma nessuna di 'Krur'. Manca quindi qualcosa? E sono molte altre le differenze?Quadreracles: L'edizione dei f.lli Melita è una ristampa dell'edizione F.lli Bocca del 1955. In ambedue leedizioni l'articolo firmato in origine come Krur "Appunti sulla morfologia occulta ..."(2' vol pag. 402) comparegia' a firma Breno. Peraltro le differenze tra la rivista originale Ur-Krur e "Introduzione alla magia" sononumerose avendo Evola rimaneggiato, tolto ed aggiunto, molti articoli. Ad es. l'articolo firmato Massimo:"Appunti sul distacco" compare solamente in "Introduzione alla magia quale scienza dell'io" del 1955, ma nonin Krur. L'identità di questo Krur-Breno resta, almeno per me, misteriosa. Breno: Come è noto sia Ercole Quadrelli, sia Giovanni Colazza erano entrambi assai restitii a scrivere edEvola, come un discepolo nei confronti di due maestri, offrì la propria penna per mettere per iscritto i loroinsegnamenti orali. I pochi effettivi scritti di Quadrelli vennero firmati Tikaipos e i suoi insegnamenti trascritti daEvola furono firmati Abraxa. In modo del tutto analogo, i pochi scritti effettivi di Colazza vennero firmatiKrur e poi, quando la rivista cambiò titolo, Breno. I suoi insegnamenti orali trascritti da Evola furonofirmati Leo.Massimo: A riguardo è opportuno prendere in considerazione un documento presente nell' Archivio di Stato aRoma. E' datato Roma 23 marzo 1929 e proviene dall'ufficio provinciale di investigazione politica di Napoli.Esso riferisce in merito al diverbio tra Evola e Reghini, aggiungendo le seguenti notizie, riguardantil'argomento di cui ci stiamo occupando: "L'impressione generale era che l'Evola non aveva agito per conto proprio, ma che da poche settimane andavasvolgendo opera di fiancheggiamento di un servizio politico per un certo centro di difesa della Compagnia diGesù. Oltre che un servizio informativo privato del Reghini, faceva supporre ciò il carattere che va assumendola rivista "Krur" verso il cristianesimo, carattere favorevole, in contrasto con le precedenti affermazionianti-cristiane dello Evola, con una tendenza sui generis verso la Società Antroposofica, di origine austriaca,fondata da Rudolf Steiner a Dornac. Nuovo redattore del "Krur" è ora il dottore in medicina Giovanni Colazza(abitante al Corso d'Italia) che firma col pseudonimo di Breuno [sic]. Lo Steiner, morto qualche anno fa, halasciato vuoto il posto di Gran Maestro a Dornac. Una delle accuse lanciate contro quest'associazione Massonica-Cristiana-neoplatonica è, che essa sia unaspetto profano della Compagnia di Gesù.II Colazza è il capo dell'antroposofia in Roma, e pare che l'Evola pensi di impadronirsi della Società in Italia. [...] In merito dell'Evola suppongo che agisca per mire inconfessabili, e che queste, gli siano suggerite daquegli elementi stessi che hanno sollecitato il suo avvicinamento alla Società Antroposofica.E a tale riguardo ricordo che codesta associazione in tempo non sospetto fu sospettata da [omissis] diconnivenza con la Compagnia di Gesù".E' facile, nonostante lo strafalcione, riconoscere in "Breuno" il "Breno" della rivista Krur.

6.5) Arom,Oso e Taurulus

Arvo: Riguardo allo pseudonimo "Arom" si può notare che si tratta di una delle 24 permutazioni della parolaRoma. Più precisamente, appartiene alla "specie" delle permutazioni che iniziano con la lettera A. Alla stessaspecie appartiene anche la parola Amor:

Prima specie (iniziale "R"): ROMA, ROAM, RMOA, RMAO, RAOM, RAMO.Seconda specie (iniziale "O"): ORMA, ORAM, OMRA, OMAR, OARM, OAMR.Terza specie (iniziale "M"): MROM, MRMO, MORA, MOAR, MARO, MAOR.Quarta specie (iniziale "A"): AROM, ARMO, AORM, AOMR, AMRO, AMOR

Arom è un personaggio legato al mito di Afrodite e al fiore della rosa. La mitologia greca considera la rosaoriginaria dell'isola di Citera, (o Cerigo) patria della dea Afrodite. Più precisamente, il poeta Anacreonte la fanascere da Afrodite stessa, uscente dalle onde. Una goccia d'acqua, attaccata alla sua pelle, cadde a terra efece nascere la prima rosa. Essa in origine aveva fiori bianchi, ma un giorno Venere, nel soccorrere Arom, sipunse ed il fiore s'imporporò del sangue della Dea.Ida La Regina: Recentemente, su un sito internet italiano dedicato allo Zen, ho trovato la seguenteaffermazione: "Leonardo Anfolsi è nato nel Gennaio del 1959 a Bologna... La sua amicizia con CoralloReginelli, che partecipò agli scritti del gruppo di UR firmandosi Arom e Taurulus, e con altri continuatori dellatradizione filosofica neoplatonica segnò la sua educazione al pensiero dell'Occidente."Sapevo che Reginelli si firmava Taurulus. Ma per quanto sia i saggi di Taurulus sia quelli di Arom evidenzinoun atteggiamento "sperimentale", non credo proprio, in base al contenuto stesso dei saggi, che ai duepseudonimi corrispondesse la stessa persona.Arom: In effetti, Arom e Taurulus non potrebbero mai essere la stessa persona. Arom scrive nel 1927 (vedi ilsaggio "Prime Esperienze") affermando di essersi avvicinato, per la prima volta, all'esoterismo a 35 anni. eaggiunge: "Da allora (e sono ormai passati 7 anni) ho letto ogni sorta di pubblicazioni del genere". La frasecompare nella rivsta Ur (vedi ediz. Tilopa). Nelle edizioni successive, Evola (giacchè Arom era già morto) lacambiò nella frase più generica "Da allora (e sono ormai passati molti anni) ho letto ogni sorta di pubblicazioni

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del genere". In base alle indicazioni date dall'autore e a calcoli elementari, si vede subito che Arom nel 1927aveva 42 anni e che era dunque nato nel 1885. Aveva perciò addirittura una ventina d'anni più diCorallo Reginelli, uno dei membri più giovani del Gruppo di Ur, come anche il suo pseudonimo di Taurulus("torello") sottolinea. Nel 1885 nacque invece Arturo Onofri, che si firmò con gli pseudonimi di Arom e diOso. Dei due, il più "trasparente" è proprio Arom. Se si prendono le due lettere iniziali del nome ARturo e delcognome ONofri, si ottiene Aron, che venne modificato in Arom per i motivi simbolici ai quali ha già accennatoil nostro "Arvo", nell'intervento precedente. Onofri adoperò lo pseudonimo di Arom per il saggio intitolato"Prime Esperienze" ed Evola lo usò anche per il saggio "La Corona di Luce" di contenuto analogo, pubblicatopostumo (1929) su Krur. Onofri adoperò invece lo pseudonimo di Oso per firmare lo scritto di contenutodottrinario "Appunti sul Logos" e il poema "Una volontà solare". Come dice Arom di sé stesso, Onofri cominciòad occuparsi di esoterismo nel 1920 (a 35 anni). Non a caso la sua prima opera poetica che, anche secondo lacritica profana, è influenzata dall'esoterismo, cioè "Arioso", è del 1921. Ma l'influsso propriamente steinerianocomparve solo nel 1924, nell'opera "Le trombe d'argento". La posizione teorica di Onofri fu annunciata in una'guida' al "Tristano e Isotta" di Wagner (1924) e sintetizzata in "Nuovo rinascimento come arte dell'io" (1924).Arom dice: "Ebbi nel 1925 le prime manifestazioni." ed è infatti in "Terrestrità del sole" (1927), "Vincere ildrago!" (1928) e nelle opere postume che il lettore trova non più semplice traccia dell'adesione teorico-praticadi Onofri all'esoterismo, ma espressioni esplicite della sua realizzazione interiore. Morì misticamente il giornodi Natale del '28.Se Arom e Taurulus non sono perciò affatto la stessa persona, pure si può dire che, in un certo senso,Taurulus fu il "successore" di Arom. Se Onofri morì infatti alla fine del 1928, Reginelli, dapprima sempliceappassionato lettore della rivista, si aggregò al Gruppo di Ur agli inizi del 1929, attratto soprattutto da quellacomponente antroposofica della quale anche Onofri aveva fatto parte. Il suo unico saggio "Esperienze" è dicontenuto affine all'analogo di Arom e ne continua perciò il filone.Afrodite: In effetti lo pseudonimo di Arom è più immediato a comprendersi. Trovo più difficile capire la genesidi Oso.EA: Ogni essere è un Giano bifronte, che con un volto guarda alla propria esperienza passata e con l'altro alfuturo. Arom, pseudonimo legato al nome e cognome del poeta, ma anche a Roma sua città natale e a quellarosa cara ai Rosacroce, è la faccia che guarda al passato e fa tesoro di esso a vantaggio proprio e degli altri.A questo proposito, si rifletta sul fatto che la memoria del proprio passato è importantissima per qualunqueuomo, visto che è sostegno dell'individualità. Non a caso, se qualcuno, per un qualsiasi trauma, perde la memoria, si chiede problematicamente: "Chi sono?". Oso è invece la faccia che guarda al futuro. In ambito rosacrociano, spesso questa faccia si concretizza inun motto magico. Tale motto è talvolta in latino (come quelli in uso nella Golden Dawn), ma, nel caso di unpoeta che ha espresso in italiano il suo iter iniziatico, non poteva che essere nella nostra lingua. Perciò Oso èlo pseudonimo più semplice che si possa immaginare, dal momento che significa appunto e semplicemente"oso!". E' proprio Arom a ricordare nel saggio "Prime Esperienze", come, agli inizi delle sue praticheesoteriche, prima della sua "svolta" steineriana, Onofri si sia trovato in situazioni difficili, dalle quali usci in virtùdel proprio coraggio, del proprio osare. Consapevole che la via iniziatica, perfino dopo che si è trovata lapropria strada, è sempre "un andare sul filo del rasoio", Onofri scelse Oso, quale motto per indicare il giustoatteggiamento anche e soprattutto verso il futuro.

7) I Cattolici

Occhi di Ifà: Talvolta, anche in relazione a membri del gruppo di Ur, si sente parlare di esoteristi cattolici (o dicattolici esoterici). Ad es. vengono definiti tali Guido de Giorgio (Havismat) e Nicola Moscardelli(Sirio/Sirius/Sagittario). E si dice anche che antroposofi come Girolamo Comi (Gic) e Corallo Reginelli(Taurulus) siano poi diventati esoteristi cattolici. Ma è mai esistito un esoterismo cattolico (o cattolicesimo esoterico)? Per poter rispondere affermativamente,occorre rispondere alle seguenti domande:1) E' mai esistito un esoterismo cristiano ? (c'è chi dice di no, perfino tra i cristiani)2) In caso affermativo, è mai esistito un esoterismo cattolico, che possa distinguersi da altre forme diesoterismo cristiano?Rispondere affermativamente alla prima domanda significa dimostrare che vi sono stati dei "maestri perfetti",come li chiama Kremmerz, che abbiano trasmesso un'iniziazione, avente come simbolo centrale la figura diCristo. Una risposta affermativa a tale domanda pensiamo di essere riusciti a darla nel quadernoConsiderazioni sull'Iniziazione. Tale risposta ci permette di parlare anche di esoterismo cattolico? Il cattolicesimo si distingue, ad es. dalla chiesa ortodossa, principalmente perchè:a) afferma che lo Spirito Santo "procede dal Padre e dal Figlio" (e non dal solo Padre);

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b) afferma l'esistenza del Purgatorio;c) proclama il dogma dell'Immacolata Concezione;d) proclama l'infallibilità pontificia.Si potrà affermare che esiste un esoterismo cattolico, soltanto se si riuscirà a dimostrare che tutte o alcune ditali caratteristiche peculiari del cattolicesimo sono state assunte quali simboli fondamentali di una qualche viainiziatica. In caso contrario, si dovrà ammettere che esistono più exoterismi cristiani, ma un unico esoterismocristiano. In tale eventualità, il termine esoterista cattolico non avrà alcun significato, dovendosi piùcorrettamente parlare di un esoterista cristiano che agisce in ambiente cattolico: ad es. in relazione a Comi eReginelli non si potrà dire che essi sono passati all'esoterismo cattolico, ma (se si considera l'antroposofiauna manifestazione dell'esoterismo cristiano) si potrà dire soltanto che essi, dopo aver agito in ambitoantroposofico, sono passati ad agire in un ambiente cattolico.

7.1) HAVISMAT

(Guido de Giorgio)

Frater Petrus: Guido De Giorgio (1890-1957) nacque nel 1890 a San Lupo nel Sannio. Dopo essersi laureatoin filosofia a Napoli, con una tesi di argomento orientalistico, si recò in Tunisia come insegnante ed, in Africa, prese contatto con rappresentanti dell'esoterismo islamico. Da tale contatto scaturì in lui non il desiderio diislamizzare l'Italia e l'Europa, ma una più profonda comprensione della tradizione cristiana, che egli concepivacome la prosecuzione della tradizione romana, vedendo in Dante Alighieri la perfetta sintesi creativa deglielementi contenuti nell'antica e nella nuova tradizione. L'opera (pubblicata postuma nel 1973) in cui haespresso compiutamente tale concezione si intitola appunto "La Tradizione romana". Trasferitosi a Parigidopo il primo conflitto mondiale, conobbe Renè Guenon con il quale stabilì legami di amicizia e dicollaborazione. Alcuni suoi scritti, firmati con lo pseudonimo di Zero, furono pubblicati sulle riviste Le Voiled'Isis ed Etudes Traditionnelles. Tornato in Italia, De Giorgio conobbe Arturo Reghini e Julius Evola. Guenoncorrispondeva epistolarmente con tutti e tre; l'unico, però, a cui, nelle sue lettere, si rivolgeva con l'espressioneintroduttiva "Caro Signore ed Amico" era De Giorgio. Egli era anche l'unico con il quale trattava di fatti privati e che nella tarda estate del 1927 ospitò a Blois. Erano proprio uomini come De Giorgio, a contatto conl'esoterismo orientale, ma al fine di ripristinare integralmente la tradizione occidentale, a costituire il principalemodello umano, che Guenon aveva in mente quando, nei suoi libri, scrisse dell'èlite. De Giorgio esercitò uncerto ascendente sullo stesso Evola, il quale scrive ne Il Cammino del Cinabro: "La sua influenza su me...ebberelazione col suo drammatizzare e energizzare il concetto di Tradizione, che nel Guenon, a causa della di luiequazione personale, presentava tratti troppo formali ed intellettuali. Vi si univa una sua tendenzaall'assolutizzazione che, naturalmente, in me trovò un suolo congeniale." Alcuni scritti di De Giorgio venneropubblicati, con lo pseudonimo di Havismat, sulle riviste Ur e Krur, dirette da Evola. In "Noterelle sull'ascesi esull'antieuropa"(che si può leggere attualmente nel secondo volume dell'opera "Introduzione alla magia a curadel gruppo di Ur"), De Giorgio dice a proposito dell'élite: "Elite va bene: sono mezzi provvisori. ... Una élite nonè la Tradizione: una èlite è una vena, una vena preziosa ma una vena: ci vuole il macigno, ci vogliono altrevene e bisogna che tutte le vene convergano, benchè la centrale sola, l'occultissima, regalmente vada e,nascondendosi, sprofondandosi, domini." Terminata l'esperienza del gruppo di Ur, De Giorgio stimolò Evola adirigere una nuova rivista: "La Torre". A questo proposito, Guenon scrive in una lettera a De Giorgio inviata daParigi e datata 5-1-1930: "Ciò che è davvero curioso è il modo in cui Voi trattate Evola e il risultato che ne

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ottenete comunque; dubito assai che lo accetterebbe da altri che da Voi". Nel primo numero della nuovarivista, in un articolo intitolato "Carta di identità", Evola scriveva: "La nostra rivista è sorta per difendere deiprincìpi che per noi sarebbero assolutamente gli stessi, sia che ci trovassimo in un regime fascista, sia che citrovassimo in un regime comunista, anarchico o democratico. In sé questi principi sono superiori al pianopolitico; ma applicati al piano politico, essi possono solo dar luogo ad un ordine di differenziazioni qualitative,...". De Giorgio collaborò con svariati articoli, nei quali riprese il suo vecchio pseudonimo di Zero. Perl'opposizione di certi ambienti fascisti, della nuova rivista poterono uscire solo dieci numeri a cadenzaquindicinale. Lo stesso tipo di attività riprese nel 1934 su Diorama, la pagina speciale, diretta da Evola, delquotidiano cremonese "Il regime fascista" e questa volta collaborò anche Guenon. Ne sono prova i suoiventicinque saggi, usciti negli anni 30-40 su tale quotidiano. Tali saggi sono stati raccolti tutti nel volume"Precisazioni necessarie". Un figlio di De Giorgio , di nome Lamberto, morì nel 1939 nella guerra di Abissinia efu decorato con la medaglia d'oro al valore. Quando Guido De Giorgio fu ricevuto da Mussolini, per avere dallesue mani la medaglia d'oro alla memoria del figlio, non mancò di fare un tentativo diretto di raddrizzamentodella politica del regime e gli espose i suoi progetti di revisione del fascismo, sulla base di quei principi espostinell'opera già citata. Mussolini, sommerso da un insieme di considerazioni che in parte non potevaprobabilmente capire e in parte gli sembravano poco realistiche, lo congedò con un nulla di fatto. Ritiratosi DeGiorgio ad una esistenza solitaria sulle Alpi piemontesi, Evola continuò da solo i suoi tentativi di "rettificazione"in senso tradizionale del regime.

*** Havismat: In questo forum, si sono a volte formulate critiche nei confronti di De Giorgio. In parte esse sonogiustificate, perchè De Giorgio, tutto teso a realizzare una sua personale visione del mondo, in cui tentava diconciliare Romanità e Cristianesimo, Dante e il Fascismo (vedi in proposito la sua opera principale "LaTradizione Romana"), prese probabilmente sottogamba l'esperienza di Ur. Tuttavia talune critiche pensoderivino anche dall'ambiguità con cui taluni editori e curatori hanno presentato certe opere postume di DeGiorgio. Ad es. L'Instant et l'Eternité (Milano 1987) reca una tendenziosa introduzione "Guenon, De Giorgio etla 'réorientation' de Julius Evola", firmata con le iniziali G.M., che ha lo scopo di screditare Ur/Krur, inparticolare gli autori antroposofi e kremmerziani, e presentare De Giorgio come un oppositore dela linea diEkatlos (naturalmente identificato con Leone Caetani!). Ruolo che egli non si è mai proposto; semmai hacercato, come si è già detto, di conciliare Romanità e Cristianesimo nel Fascismo. Non è un caso che ilmedesimo editore abbia pubblicato le opere di Alexandre de Danann, pseudonimo di un personaggio che,come ha rivelato Paolo Fogagnolo, ha avuto un ruolo di primo piano nel tentativo di screditare l'operakremmerziana e dell'O.E. Un editore gabbato? o connivente? Ci auguriamo prossime edizioni più obiettive.

***

7.2) SIRIO, SIRIUS e SAGITTARIO

(Nicola Moscardelli)

In "Evola e il magico gruppo di Ur" (Borzano, 1994) Renato del Ponte, parlando brevemente della compenentecattolica del Gruppo di Ur, dice (p. 51): "Con De Giorgio va ricordato anche lo scrittore cattolico NicolaMoscardelli, filosofo, che sarebbe l'autore di un contributo firmato come 'Sirius' nel I volume e 'Sirio' nel III".Quel condizionale "sarebbe" va trasformato nel presente indicativo "è", giacchè i due saggi intitolatirispettivamente "La Nebbia e i Simboli" e "Il rumore", come abbiamo personalmente accertato, venneroripubblicati dallo stesso Moscardelli già nel 1933, presso l'editore Guanda di Modena, nella raccolta intitolataL'altra Moneta. Più precisamente, i due saggi si trovano, uno di seguito all'altro, nella quarta parte dellaraccolta, che reca il sottotitolo "Di là dal velo". Se Evola li mantenne anche nelle ultime edizioni di Introduzionealla Magia è verosimilmente per non eliminare totalmente il contributo di Moscardelli, ma anche per una certadifficoltà, fuor dalle biblioteche, a trovare le opere di questo autore. Chi ha letto le poesie di Moscardelli, da noipresentate nel quaderno Ars Hermetica, non ha dubbi sul perchè Moscardelli scegliesse degli pseudonimi dalsapore astrologico. In lui rivivevano e agivano i simboli dei culti stellari dell'antichità, sia pure in una formaesteriore cristiana. Lo pseudonimo Sirio/Sirius venne utilizzato solo per i due suddetti saggi di caratteredottrinario. Invece il resoconto di una trasformante esperienza interiore, intitolato Risveglio (Krur-1929), fufirmato come Sagittario. Dice una sua poesia, compresa nella raccolta "Le Grazie dela Terra":

Sotto i dardi del gigante Sagittarioi cuori delle foglie si dissanguano

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e lungo i piani e sopra i monti gli alberi sembrano arsi da un interno incendio.

Dunque il Sagittario è il simbolo dell'autoconsumarsi della realtà comune, che permette di percepirne un'altra epiù reale, come è ben descritto in "Risveglio".Talvolta è stato attribuito lo pseudonimo Sagittario ad Aniceto del Massa, perchè si narra che Evola lodefinisse, non senza una punta di critica, "l'astrologo". Ma in Del Massa l'interesse per l'astrologia fu posterioreall'epoca di Ur, onde il rammarico di Evola, che la considerava una deviazione. Evola, invece, aveva grandestima di Moscardelli, perchè in quest'ultimo l'astrologia era un insieme di simboli attivi, magici - facente parte diuna complessiva visione vivente della natura - e per nulla un espediente predittivo. Ben diverso lo spirito di DelMassa che nei primi anni sessanta scriveva: "Sono esperto in astrologia, ma il 16 giugno non ho saputodecifrare che sarei caduto dal filobus e così eccomi qui a scrivere con la mano sinistra" (1).Del Massa si mantenne, o fu tenuto, ai margini di Ur, tanto che il 25 aprile de 1928 ebbe a scrivere: "Io credoalla magia; so benissimo che le forze occulte della natura se dominate, determinano una potenza non comune... Attualmente devo dire di non conoscere in Occidente alcun centro iniziatico, sebbene abbia la certezza chemolti ne esistano. ... io non ho raggiunto finora, che la soglia; so che molto cammino ho da compiere" (2).Parole molto ma molto diverse da quelle di Sagittario.

(1) In Aniceto del Massa, Pagine Esoteriche, Trento 2001, p.5.(2) Op. Cit. p. 49.

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Nicola Moscardelli nacque, il 9 Ottobre 1894, a Ofena (L'Aquila-Abruzzo), dove il padre, Don Serafino, ricoprìai primi del Novecento la carica di sindaco. Nel 1913 Nicola pubblicò, a sue spese, due raccolte di poesie " Lefiamme" e " La veglia", che gli valsero una recensione su "La Voce" e poi sul "Giornale d'Italia". Collaborò alleriviste La Voce e Lacerba; Alberto Viviani (nell'opera Giubbe Rosse 1913-1914-1915, Firenze, Barbèra, 1933)lo ricorda tra i letterati frequentatori, nell'anteguerra, del famoso caffè fiorentino Giubbe Rosse di PiazzaVittorio.Sopravvenuta la guerra, Moscardelli partì, tra i primi, come ufficiale di complemento nei fucilieri di Pinerolo. Nel1915 fu gravemente ferito; riportò una ferita profonda ad una guancia: gli rimase, oltre ad una cicatrice, unaparalisi locale che gli rendeva difficile la masticazione. Il suo eroismo gli valse la medaglia d'argento al valormilitare. Congedato, fondò assieme a Maria d'Arezzo e Giovanni Titta Rosa (che erano stati come luicollaboratori de "La Voce " e "Lacerba") la rivista "Le Pagine" (L'Aquila-Napoli 1916-1917). Prendendo ledistanze, in poesia, da futurismo e lacerbismo, ormai considerati vacue espressioni di "cocottismointellettuale", fu la prima rivista in Italia ad accogliere i contributi dei dadaisti Tristan Tzara e Marcel Janco,collocandosi così su posizioni simili a quelle di Evola.In seguito Moscardelli si trasferì a Roma e lì rimase quasi sempre, si sposò ed ebbe una figlia, Graziella. ARoma strinse amicizia con Onofri, Evola, Di Cesarò, Comi e moltissimi altri letterati. Evola , ne Il Cammino delCinabro (p. 60, Milano 1972), cita una recensione di Moscardelli alla Teoria dell'Individuo assoluto: "Nicola Moscardelli, poeta da me molto stimato, scriveva: 'Nell'Evola s'incontra uno di quei tipi, i qualiriassumono i caratteri di un'epoca: tipi così fortemente sagomati, che pochi ardiscono accostarli non perchènon se ne sentono troppo lontani, ma invece perchè se ne sentono troppo vicini e di ciò hanno paura'."La produzione in prosa e poesia di Moscardelli fu vasta, nonostante che, forse come conseguenza di quantogli era accaduto in guerra, si fosse presto ammalato. Cessò di vivere, a soli quarantanove anni, il 21 Dicembre1943, a Roma.

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La recensione di Moscardelli, ricordata da Evola, venne poi ripubblicata in "Anime e Corpi" (Catania - 1932)una raccolta dei saggi critici di Moscardelli, precedentemente comparsi su quotidiani e riviste, a partire dal1918. Anche se nel 1932 certe posizioni teoriche di Evola si erano in parte modificate, il saggio di Moscardelli,che riproponiamo, rimane importante, oltre che per qualche dettaglio sui loro primi incontri, perchè esprimecon obiettività la diversità delle loro posizioni e perchè in chiusura "profetizza" il superamento del solipsismoda parte di Evola.

7.3) Nicola Moscardelli

GIULIO EVOLA

S'incontrano raramente, ma s'incontrano, dei tipi i quali riassumono il carattere di un' epoca come il prismariassume i colori dell'aria. Di solito essi sono tipi così fortemente sagomati che pochi ardiscono accostarli nonperchè se ne sentono troppo lontani, ma, al contrario, perchè se ne sentono troppo vicini, e di ciò hannopaura.Uno di questi esseri i quali hanno in sè la spietata chiarezza dei nostri giorni, il calor bianco delle nostre

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angoscie, mi accadde di incontrarlo vari anni fa in un caffè notturno dove i convenuti non bevevano assenzio oliquori fortemente drogati, ma peggio, idee e pensieri innocui all'apparenza, nella sostanza terribilmentedistruttori.Il giovane che ascoltavo parlare allora per la prima volta e che di poi ho inteso innumerevoli volte, in privato edin pubblico, era un adolescente, raziocinatore, ebro di pensiero, che dava la scalata al cielo, attraversosillogismi così bene innestati l'uno all'altro che in fine chi non è abituato alle salite si sentiva il vuoto dellavertigine intorno. Giulio Evola aveva già sfidato il senso comune e tutta la famiglia del "ma chi te lo fa fare",prendendo sul serio il movimento dadaista nel quale giustamente non vedeva soltanto una innocua gazzarra dibuontemponi, ma un primo radicale tentativo di svalutazione d'ogni arte, in nome di un assoluto irraggiungibile.Poteva e può far ridere una "Gioconda" con i baffi, o il facsimile di un biglietto d'ingresso per poltrona pubblicaticon firma e data come l'Infinito di Leopardi, ma chi va al di là delle apparenze scorgeva in questi segni cosìfacilmente chiamati pazzeschi una esigenza nuova, o per lo meno nuovamente posta, una istanza destinata adare il medesimo valore alla "Gioconda" ed al biglietto d'ingresso: perchè come sotto la campana pneumaticail ferro e la piuma hanno il medesimo peso, così sotto il cielo tutte le manifestazioni dell'intelletto hanno unpeso eguale, e che nessuna bilancia registra, perchè è simile al nulla.Da un simile stato d'animo non ci si libera dicendo a sè stessi "mi sono sbagliato; la croce di cavaliere haveramente un valore, ragion per cui mettiamoci a fare quello che fanno tutti per veder se ce la dànno quantoprima", ma ci si libera invece dando un appuntamento a Dio, uno di quegli appuntamenti quali ne dànno sologli innamorati, a vent'anni, quando un sì o un no bastano a far cambiare colore al mondo. Evola, adolescente,ebro e scontento di tutte le filosofie passate, lettere d'amore scritte a Dio da gente che lo amava o che loaveva amato o che voleva amarlo e non ci riusciva, chiese a Dio di non essere, perchè se Dio non è l'uomo sifa divino. Solamente questo egli chiedeva. Ed, all'appuntamento, invece del Creatore trovò la creatura, invecedi Dio trovò sè stesso con la volontà di farsi Dio.Dice Weininger, che il Genio è la suprema moralità e che tutti abbiamo il dovere di diventar genii. Dice Evolache noi abbiamo il dovere di diventar Dio, con le nostre, forze, con la nostra volontà. Non, dobbiamo attendercinulla dall'alto, perchè questa attesà è immorale - egli dice - ma tutto deve venire da noi, guadagnandocelo conle nostre forze, con le nostre privazioni, con il nostro supremo volere: Quando noi ci saremo fatti divini, quandoci saremo costruiti ex-novo, il mondo esterno sarà ai nostri ordini, sottomesso al nostro volere quale docilecreta al pollice dello scultore, giunto l'uomo all'apice della sua potenza, divenuto individuo assoluto, mago: manon già di una magia che chiede alle formule ed ai riti la realizzazione della propria volontà, ma di una magiaintellettuale, sprigionantesi dall'anima, capace di trasformare il proprio corpo e tutti gii altri corpi insieme, nullaessendo più il mondo che un deserto sul quale l'uomo solo campeggia, arbitro della creazione, al principiodella sua settimana come il Dio dei padri al principio del mondo.Budda e Michelstaedter, Lao-tze e Nietzsche si trovano in questo sistema: ma quanto mutati! Costorodiventano delle educande a petto della fredda, in apparenza, ragione di Evola. Bisogna dire che le teorie dicostoro solo in Evola hanno trovato chi le portasse alle estreme conseguenze: alle logiche conseguenze.L'idealismo che dice all'uomo: tu sei Dio, non è che un gioco di parole, paragonato all'idealismo magico chedice all' uomo: tu devi diventare Dio.Veramente Evola dà per dimostrato che Dio non esiste. Per me, credo che sia molto più difficile dimostrareche Dio non esiste anzichè che Dio esiste. Quando Voltaire disse che se Dio non esistesse bisognerebbeinventarlo, espresse, forse senza saperlo, una profonda verità. L'ateismo è un ordine del giorno votato dagliechi riuniti a congresso per dimostrar che la voce non esiste. La storia dell'ateismo potrebbe esser intitolata"La rivolta degli echi".Similmente Evola, che considera Cristo un messaggero senza messaggio, ancora non sa che proprio Cristoha detto a tutti gli uomini la più potente parola che sia mai stata pronunciata sulla terra: se avete fede quantoun chicco di senapa smuoverete le montagne. Ma è destino che nel tempo nostro il seme cristiano facciapresa solamente nell'animo di coloro che non lo riconoscono. Non avessimo altre prove, basterebbero leparole di Nietzsche a farci certi della divinità di Cristo. Il tono fa la canzone: e quanta gente cammina cercandoCristo, senza avvedersi che è proprio Cristo colui che la fa camminare.

* * *Le filosofie di tutti i tempi, di tutti i paesi, di tutti i colori, hanno tutte un medesimo valore. Sono grimaldelli con iquali non s'aprono nè le porte dell'al di là, nè il cuore di colui che c'è vicino. Anche l'idealismo che pare unabella chiave "Yale" destinata a far girare sui cardini le solenni porte di bronzo che chiudono il mondo, forse, aesaminarlo bene, anch'esso non è altro che uno di quegli arnesi che nel gergo della malavita son chiamati"piedi di porco".Ma ciò che importa? Non contano le cose che si fanno, ma conta l'intenzione con cui si fanno. Da questopunto di vista è chiaro che c'è oggi un'ansia, una volontà di accamparsi di là dai confini vietati, quale forse nonc'è mai stata. Viviamo sotto la costellazione del misticismo ateo.Ho assistito a delle conferenze di Evola ed alle discussioni che ne son seguite. Studenti, uomini d'affari,medici, professori prendevano parte alla discussione favorevoli o contrari, con un calore che qualche volta stava per tradursi in pugni. Sembrava di assistere ad un comizio elettorale, e invece si discuteva dell'esistezadi Dio. Questo è importante: ed è meglio adorare il diavolo che non adorare nulla.Oggi, gli uomini non credono più in Dio e non credono ancora abbastanza in sè stessi. Si sono staccati dalPadre, con le gambe ancora malferme. Si vergognano di guardare il cielo e non sanno guardare la terra.

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Hanno una disperata volontà di credere e insieme una feroce voluttà nel negare. Sono tristi come orfani aiquali il tutore ha detto che furono trovati una mattina sotto un cavolo nell'orto. Si trovano nello stesso statod'animo dei pulcini covati dall'incubatrice anzichè dal calore della chioccia. Gli odierni suicidi, anche quelli che lasciano un biglietto per la Questura, ov'è detto: "mi uccido per dissestifinanziarii", sono tutti suicidi per dìssesti filosofici.Infatti in qualunque trattato di zoologia si legge che se si taglla la testa ad una formica essa si agitafollemente, quasi sovrumanamente ebra di vita: e poi subito muore.Evola, ch'è giovanissimo, e che oggi allinea i suoi pensieri lucidi come arnesi chirurgici sul tavolo d'una salaoperatoria, ha già in sè il primissimo germe cristiano: quello che impone all'uomo di "essere" anche se tutto ilmondo non lo riconosca. Da questo germe certamente nasceranno opere eccellenti come le passate, ma illoro vertice non toccherà un cielo vuoto e freddo, sì bene un cielo costellato di creature verso le quali eglisente forse un anelito che ha ancora il pudore di manifestarsi esternamente.

***

8) I POLARI:AGARDA, ZAM e DE NAGLOWSKA

Agarda: Il termine Agarttha è alquanto recente. Esso costituisce una distorsione fonetica del termine nordicoAsgaard il "recinto degli Asi", una gigantesca fortezza creata da Odino al centro dell'universo e protetta dallesopracciglia di Ymir, gigante dal quale furono poi create tutte le cose del mondo. Il primo a connettere questotermine con l'Asia fu lo scrittore tradizionalista cattolico francese Joseph Ernest Renan(Tréguier1823-Parigi1892). Nei Dialogues Philosophiques (1876), di poco successivi alla sconfitta di Sedan ealla Comune di Parigi, accennò alla necessità di "ricostruire nell'Asia centrale ... un centro degli Asi ...,Asgaard". E' indagando su tale opportunità che inizialmente si mossero Mario Fille e Cesare Accomani,prova ne è lo pseudonimo che Fille adoperò su Ur, Agarda (1), che è appunto una italianizzazione di Asgaard.Il successivo uso, da parte dei Polari, della versione Agarttha è probabilmente una (pericolosa) concessionealla terminologia di Guenon, il quale, non bisogna dimenticarlo, fu il correttore di bozze del libro di Accomani(Zam Bothiva) Asia Misteriosa (1929).

(1) Talvolta si è voluto identificare Agarda con Evola, ma questi, nei saggi non scritti in collaborazione con altrimembri di Ur, adoperò unicamente gli pseudonimi Ea e Iagla. Il primo nei saggi di carattere più dottrinale e ilsecondo in quelli di carattere più realizzativo e biografico. Perciò, se fosse stato lui l'autore del saggio diAgarda, "Appunti sull'azione nelle passioni" (apparso su Krur e ora in Intr. alla Magia vol III), visto il carattererealizzativo del saggio, si sarebbe semplicemente firmato Iagla.

Tullio Quasimodo: Per rendersi meglio conto dell'incredibile voltafaccia di Guenon, dopo che fu rifiutata lasua prefazione al libro di Zam, riportiamo alcuni passi di quanto egli dice sui Polari e sul loro oracolo in LeVoile d'Isis, Gen. 1931, pp. 125-126:

"In effetti abbiamo seguito un po' le manifestazioni del metodo divinatorio chiamato "oracolo di forza astrale", inun'epoca in cui non si trattava di fondare un gruppo basato sugli "insegnamenti" ottenuti con questo metodo;poichè c'erano cose abbastanza enigmatiche, abbiamo provato a chiarirle chiedendo alcune precisazionid'ordine dottrinale, ma abbiamo ottenuto soltanto risposte vaghe e sfuggenti, fino al giorno che una nuovadomanda ha portato, finalmente, al termine di un tempo abbastanza lungo, nonostante la nostra insistenza, adun'assurdità caratteristica; già da allora abbiamo avuto la certezza del valore iniziatico delle ispirazioniipotetiche, solo punto interessante per noi in tutta questa storia. E' stato precisamente, se ricordiamo bene, nell'intervallo che è passato tra quest'ultima domanda e la risposta,che si è parlato per la prima volta di costituire una società ridicolmente chiamata con il nome barocco di"Polari", (se si può parlare di "tradizione polare"o iperborea, non potrebbe essere applicato questo nomesenza cadere nel ridicolo a persone che, oltre tutto, non sembrano conoscere di questa tradizione più di ciòche noi stessi hanno detto in molti dei nostri lavori.). Abbiamo negato nonostante molte richieste non soltanto di far parte di essa, ma anche di sostenerla oapprovarla non importa come, tanto più che le norme dettate dal "metodo" contenevano puerilità incredibili. Quanto al "metodo", uno potrà facilmente rendersi conto che non c'è che constatare ciò in cui possonoconvertirsi i frammenti di una conoscenza reale seria tra le mani di gente che se ne è impossessata senzacapirla minimamente".

Poichè l'annuncio della costituzione del Gruppo dei Polari si trovava già in Asia Misteriosa, testo che, comesappiamo, Guenon conosceva benissimo, è evidente con quanta noncuranza egli cambiasse le carte in tavola.

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Zam: Al citato attacco di Guenon ai Polari, ne "le Voile d'Isis", Zam rispose con il seguente articolo, apparsonel n°11 della "Revue des Polaires" del 9 marzo 1931.

Risposta dei Polari al sig. René Guénon di Zam Bothiva

Il Sig. René Guénon ha scritto, ne "le Voile d'Isis" del mese di Febbraio, un pamphlet insolente contro i Polari.Noi diciamo insolente; il Sig. Guénon in effetti scrive: "Abbiamo appreso da allora che alcune persone serieche avevano inizialmente dato la loro adesione, non avevano tardato a ritirarsi..." ma dobbiamo riconoscereche queste differenze di linguaggio ci avrebbero assolutamente lasciati indifferenti se il sig. Guénon nonprovasse così, con il suo pamphlet, la sua contraddizione, la sua leggerezza e, nel vero senso della parola, lasua "collera" contro tutto ciò che rappresenta "l'azione". E i Polari che devono combattere i "falsi illuminati" nonsi lasciano affatto sfuggire l'occasione di dare una piccola lezione a questo "Gran Maestro" dell'Occultismo chedistribuisce, con la "morgue" e la sufficienza del medico di Molière, impiastri ed unguenti ermetici...Ora, il Sig. Guénon ha semplicemente dimenticato che ha corretto il manoscritto di Asia Misteriosa, che ne hacorretto le bozze, e che ha anche scritto una prefazione, ritirata del resto VOLONTARIAMENTE dall'autore dellibro. Per ricordarglielo, trascriviamo, in extenso, la sua prefazione.

Prefazione scritta dal Sig. R. Guénon per Asia Misteriosa

I centri iniziatici

Il metodo che è qui in questione ha un carattere particolare con il quale si distingue essenzialmente da tuttiquelli che potrebbero, a prima vista, essere confusi con esso a causa di alcune similarità esterne: è che sipresenta come un mezzo di comunicazione con un centro iniziatico abbastanza misterioso, che, secondo leindicazioni fornite dalle risposte che questo metodo stesso ha permesso di ottenere, sarebbe situato in unaregione dell'Asia centrale. È a questo titolo che, già da molti anni che ne siamo a conoscenza, ci è sembratodegno d'interesse, mentre, se si fosse trattato soltanto di un semplice metodo divinatorio, e qualunque potesseessere il suo valore sotto questo aspetto, non saremmo stati mai tentati di concedergli la minima importanza.Ma, naturalmente, questa pretesa non può essere ammessa senza controllo; con quale mezzo sarà possibilericonoscere se è fondata? Ovviamente, è a questo punto che cominciano le difficoltà; per strano che sembril'impiego di tale modo di comunicazione, non offre a priori alcun'impossibilità, e si può anche pensare chedebba essere abbastanza naturale se si tratta di un centro iniziatico che dipende da una tradizione dove ilsimbolismo numerico svolge un ruolo preponderante. Per andare più in là di questa semplice possibilità,occorre esaminare le risposte stesse, quelle soprattutto che si riferiscono a questioni dottrinali; non possiamopensare di intraprendere qui quest'esame dettagliato, che farebbe del resto doppione con una parte dellarelazione contenuta in questo volume. Ciascuno, dopo avere letto questa relazione, potrà farsi un'opinione daparte sua e vedere quali sono le prove a favore di una comunicazione reale; da parte nostra, pensiamo che ilmeno che si possa dire, è che tutte le altre ipotesi che si potrebbero supporre sarebbero più incredibili diquesta. Se dunque ammettiamo che abbiamo qui a che fare con un centro spirituale che esiste effettivamenteda qualche parte in oriente, un'altra questione si pone immediatamente; è possibile, fino ad un certo puntoalmeno, determinarne la vera natura? Qui ancora, è il carattere delle risposte ottenute che ci darà la soluzione;ora, queste risposte, che sono tutte perfettamente coerenti tra esse, manifestano tendenze che permettono dicollegarle innegabilmente ad un insegnamento di fonte giudeo-cristiana. Così, si tratterebbe di un'iniziazioneoccidentale, e non orientale; ma allora, come può accadere che tale iniziazione abbia la sua sede nell'Asiacentrale? C'è qualcosa che può sembrare contradittorio, in modo che avevamo pensato a tutta prima che forseil volgimento occidentale delle risposte fosse soltanto l'effetto di un adattamento alla mentalità dei consulenti;ma quest'ipotesi ci è in seguito apparsa come insufficiente per spiegare tutto, e siamo stati allora portati arenderci conto che la difficoltà scompariva se si fosse ammesso che si trattava di un centro rosacrociano.Infatti, è stato detto che la vera Rosa-Croce aveva lasciato l'Europa nel XVII secolo, per ritirarsi in Asia; ilsacerdote sassone Samuel Richter, fondatore "della Rosa-Croce d'oro", sotto il nome di Sincerus Renatus,dichiara, in un lavoro pubblicato nel 1714, che i maestri della Rosa-Croce sono partiti per l'India da qualchetempo, e che ne non resta più nessuno in Europa; la stessa cosa era stata già annunciata precedentementeda Henri Neuhaus, che aggiungeva che questa partenza aveva avuto luogo dopo la dichiarazione della guerradei trenta anni; e altri autori, fra i quali Sant-Yves di Alveydre, segnalano più o meno espressamente che lafirma dei trattati di Westfalia, che terminò questa guerra nel 1648, segnò per l'occidente la rottura completa edefinitiva dei legami tradizionali regolari che avevano potuto esistere ancora. A queste affermazioni, occorreavvicinare quella di Swedenborg che dice che è ormai fra i Saggi del Tibet e della Tartaria che occorre cercarela "parola persa", cioè i segreti dell'iniziazione, ed anche le visioni di Anne-Catherine Emmerich che siriferiscono al luogo misterioso che chiama la "montagna dei profeti", e che situa nelle stesse regioni. D'altraparte, il viaggiatore Paul Lucas, che percorse la Grecia e l'Asia minore sotto Luigi XIV, dice che incontrò nellaboscaglia quattro dervisci tra cui uno, che sembrava parlare tutte le lingue del mondo, cosa che è anche unadelle facoltà attribuite ai Rosa-Croce, gli disse che faceva parte di un gruppo di sette persone che si trovavanoogni venti anni in una città designata in anticipo; questo stesso derviscio gli garantì che la pietra filosofalepermetteva di vivere un migliaio di anni, e gli narrò a questo proposito la storia di Nicolas Flamel che si

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credeva morto e che viveva in India con sua moglie. Ora, è certo che i Rosa-Croce, che del resto noncostituirono mai una "società" nel senso moderno di questa parola, ebbero legami diretti con organizzazioniorientali, e più specialmente musulmane, cosa che permette di pensare che il personaggio incontrato da PaulLucas poteva ben essere uno di loro; e, con una coincidenza abbastanza notevole, si vedrà che, nel caso checi interessa attualmente, alcune risposte suggeriscono precisamente l'esistenza di alcune relazioni con l'islam.Il ruolo della Rosa-Croce, o di ciò che fu così designato a partire da una certa epoca, può essere statosoprattutto di mantenere, finché la cosa fu possibile, la comunicazione del mondo occidentale, attaccato allatradizione giudeo-cristiana, con il centro spirituale supremo, costituito dai detentori della grande tradizioneprimordiale, da cui tutte le tradizioni particolari sono derivate più o meno direttamente. Il centro rosacrociano èdunque soltanto uno dei molti centri secondari, subordinati al centro supremo, che corrispondono ad altrettanteforme tradizionali diverse; tutti sono del resto come immagini del centro supremo, che rappresentano in uncerto qual modo in un settore più esterno, e di cui riflettono esattamente la struttura; non è per questa ragioneche troviamo qui tre Saggi, simili ai tre capi supremi dello "Agarttha", cioè del vero "centro del mondo", ma chenon devono essere confusi con loro, poiché sono soltanto preposti alla direzione di un centro secondario?Occorre aggiungere che i membri di tutti questi centri subordinati devono però, per potere svolgere la lorofunzione, essere collegati direttamente alla tradizione primordiale, ed avere così la coscienza dell'unitàprofonda che si dissimula sotto la diversità delle forme più o meno esterne; è per questo che è detto che iRosa-Croce possono parlare tutte le lingue; ma appaiono come Rosa-Croce soltanto quando ritornano nellaforma, per così dire, per svolgere il ruolo che è assegnato loro e che riguarda specialmente una certatradizione determinata, quella dell'occidente cristiano. Così come il giudaismo, il cristianesimo e l'islamismoformano, nella filiazione delle varie tradizioni, un insieme strettamente legato, è facile capire che ci sianorelazioni più speciali tra i centri iniziatici ai quali è affidato il deposito delle conoscenze esoteriche che siriferiscono a queste tre forme tradizionali.Detto ciò, ritorniamo alla questione della localizzazione dei centri spirituali, localizzazione che può esseresimbolica e reale allo stesso tempo. Si sa che la montagna è uno dei principali simboli del "centro del mondo";questa montagna incoronata, che porta nomi diversi secondo le tradizioni, è descritta come polare e deveesserlo stata effettivamente all'origine, poiché si afferma ovunque che la tradizione primordiale ebbeinnanzitutto la sua sede nelle regioni iperboree. Questa sede può essersi mossa successivamente ed avereavuto, secondo i periodi nei quali si suddivide il ciclo della nostra umanità, molte localizzazioni successive; insenso simbolico e spirituale, rimane tuttavia sempre il "polo", cioè il punto fisso ed immutabile intorno al qualeil mondo compie le sue rivoluzioni. Se consideriamo questa figura della montagna, potremmo dire che, mentreil suo vertice coincide propriamente con il centro supremo, i centri secondari, attraverso i quali le influenzeemanate da quest'ultimo scendono nel mondo, possono essere rappresentati come situati sui lati dellamontagna, dove si organizzano e si raggruppano secondo le affinità particolari delle forme tradizionali allequali corrispondono. Così, in un senso che è soprattutto simbolico, tutti questi centri sono così raccolti in unostesso luogo; ed è ciò che sembra rappresentare in particolare la "montagna dei profeti" di Anne-CatherineEmmerich, che vi ha visto soprattutto ciò che si riferisce alla tradizione occidentale, benché sia certamente allostesso tempo il vero "centro del mondo", e che la situa del resto nella regione orientale in cui quest'ultimo èdetto avere attualmente, e da molti secoli già, la sua localizzazione effettiva.Tuttavia, da un altro punto di vista non semplicemente simbolico, si può dire anche che ogni centro secondariodeve essere situato nella parte del mondo dove è diffusa la forma tradizionale alla quale è specialmentedestinato. Almeno, è così normalmente, ed è con ciò che questa parte del mondo conserva i suoi legami con ilcentro supremo; ma è diverso quando questi legami vengono a essere rotti, come è il caso dell'occidentemoderno. Allora, il centro secondario, senza cessare di esistere, si ritira dal settore esterno dove si esercitavala sua azione, ed è così riassorbito nel centro supremo, dove si mantiene completamente in modo continuo ecostante, che si potrebbe chiamare l' "interiorità" di tutte le tradizioni; è a questo tipo di riassorbimento checorrisponde questo ritiro della Rosa-Croce in Asia di cui abbiamo parlato precedentemente. Attualmente, nonc'è più in occidente alcuna organizzazione iniziatica regolare, e tutto ciò che sussiste ancora a tale riguardorappresenta soltanto semplici vestigia di uno stato precedente, delle forme svuotate del loro contenutospirituale ed ormai incomprese. In tali condizioni, se un contatto con il centro è ancora possibile a volte, puòessere soltanto in modo completamente eccezionale, con manifestazioni isolate e temporanee di alcunirappresentanti di questo centro, o da comunicazioni ricevute individualmente tramite mezzi più o menostraordinari, anormali come la situazione stessa che costringe a ricorrervi. Chi potrebbe dire se noi non citroviamo qui in presenza di qualcosa di questo tipo, se il metodo che è studiato in questo libro non èprecisamente uno di questi mezzi di comunicazione? In altri termini, perché questo metodo, sotto il suoaspetto strettamente aritmetico, non sarebbe destinato a fornire un appoggio ad alcune influenze spirituali,quasi alla stregua di questi o quegli oggetti materiali di cui si potrebbero trovare esempi in tutte le tradizioni?Benché non possiamo entrare in più ampie spiegazioni a questo riguardo, pensiamo soltanto che questepoche spiegazioni basteranno almeno perché coloro che vorranno esaminare la questione senza parte presacapiscano che non soltanto la cosa non ha nulla di impossibile, ma che si accorda anche molto bene con tutti idati più autenticamente tradizionali.René GUÉNON

Questa prefazione prova largamente la leggerezza e la contraddizione del sig. Guénon. Nel nostro prossimo

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bollettino, spiegheremo perché la suddetta prefazione è stata da noi ritirata ed esporremo le ragioni per lequali il nome del Sig. Guénon non POTEVA SERVIRE alla PROPAGANDA POLARE. E daremo così unasmentita di più a questo libellista presuntuoso che, nel modo più serioso al mondo, si prende per il "Deus exmachina" dell'Esoterismo.Zam Bothiva

Afrodisia: E' piuttosto evidente il motivo per cui Zam rinunciò ad adoperare la prefazione di Guenon. Essacostituiva una sorta di ricatto. Accettarla significava sì ottenere il suo riconoscimento della validità eortodossia tradizionale dell'oracolo dei Polari, ma a caro prezzo! Infatti significava accettare anche (e nellaforma più netta) l'assunto guenoniano che l'Occidente fosse ormai totalmente privo di qualsiasi trasmissioneiniziatica autentica, essendosi i Rosacroce ormai per sempre ritirati in oriente per bazzicare (provate aindovinare)...con i Sufi! E a questo Zam non poteva proprio accondiscendere. Lo stesso oracolo che egliadoperava non era piovuto dal cielo, ma aveva una sua linea di trasmissione. E come dimenticarsi degli amicidi Ur e dell'evidente trasmissione rosacrociana presente nell'O.E.? E, avendo i Polari preso saldamente piedein Francia, non gli erano ignote le manovre guenoniane per far fallire o screditare qualsiasi iniziativaoccidentale e consegnare infine l'occidente ormai avvilito (secondo i suoi presuntuosi piani) all'Islam. GrazieZam per la tua coerenza!Venvs Genitrix: Tempo fa, lessi nella rivista Politica Romana un saggio di Marco Baistrocchi su Agartha. Senon ricordo male, l'autore sembrava ritenere che una delle fonti di Guenon su Agartha (la cui esistenza è deltutto negata dagli attuali rappresentanti delle tradizioni dell'Asia) fosse proprio l'oracolo dei Polari. Se ne saqualcosa di più? Sadescan: Il saggio di Baistrocchi, da te citato, (1) è realmente ben fatto e ne consiglio la lettura. Da esso sievince come Guénon abbia trasformato l'intento di Renan riguardante una nuova Asgaard (che, utopico omeno, era a suo modo qualcosa di magico-realizzativo) in una concezione teosofico-contemplativa, secondo laquale in Agarttha vi sarebbero, da sempre, i soliti "maestri" e addirittura il Re del Mondo che, pur attualmentenascosti, si "sbatterebbero" per l'umanità, in attesa di chissà quali tempi migliori per palesarsi. Una concezioneche, per molti versi, non ha nulla da "invidiare" a quelle consimili del teosofismo anglo-indiano, del qualeGuénon ha tanto sparlato. Le fonti che Guénon cita a livello letterario, ne "Il Re del Mondo", sono:- Lo scrittore francese, vissuto in India, Louis Jacolliot (1837-1890), che in uno dei suoi libri, Le Fils de Dieu,narra la storia di "Asgartha" la città del sole e sede del "Brahmatma" il capo dei sacerdoti Brahmani che,secondo i calcoli astronomici di Jacolliot, governarono l'India almeno dal 13300 a.C, quando l'equinozio diPrimavera coincideva con il I grado della Bilancia. Asgartha sarebbe stata poi distrutta verso il 5000 a.C.daparte di popolazioni guerriere provenienti dal Nord. Guénon, con la sua solita noncuranza, non fa menzionealcuna della differenza di scrittura e cita Jacolliot come il primo autore che parlò di Agarttha, salvo poi definirlo,nello stesso tempo, come uno scrittore di "assai scarsa serietà".- L'occultista francese Saint-Yves d'Alveydre (1842-1909) che, nell'opera La Mission de l'Inde in Europe,parlò di Agarttha in termini abbastanza vicini a quelli Guénoniani, anche per quanto riguarda la sua presuntalocalizzazione sotterranea. Guénon tuttavia prudentemente precisa che questo autore era assai fantasioso etalvolta inverosimile.- Lo scrittore polacco Ferdinand Ossendowski, che viaggiò in Siberia e Mongolia dopo la rivoluzione russa,autore di "Bestie Uomini e Dei" (1923), il quale però usa il termine Agharti.Guénon dice poi che, sia Saint-Yves, sia Ossendowski, meritano in fondo un interesse secondario, sapendoegli "per via di tutt'altre fonti, che i racconti del genere di quelli di cui si tratta sono cosa corrente in Mongoliaed in tutta l'Asia Centrale".Ma quali erano queste fonti? Tutti i detentori delle trasmissioni iniziatiche orientali non hanno mai sentitoparlare di Agarttha o Agharti e lo affermano nella maniera più netta. Al contario, non hanno alcuna difficoltà aparlare di Shambala, che Guénon cerca forzatamente di identificare con Agarttha, cosa impossibile perchèShambala, al contrario di Agarttha, non è mai stata descritta come sotterranea. Dunque l'unica fonteguénoniana, non letteraria, non poteva essere altro che ... l'oracolo dei Polari. Così si arriva al risultato che, mentre Guénon pretendeva che i Polari avessero appreso da lui quel chesapevano della tradizione iperborea, invece è proprio Guénon ad apprendere quel poco che sa su Agarttha (eche distorce malamente) dai Polari.

(1) Marco Baistrocchi: "Agarttha: una manipolazione guénoniana?" in Politica Romana II/1995.

Occhi di Ifà: Concordo con il tuo giudizio, anche perchè oltre ad esaminare in specifico la questione diAgarttha, l'autore mette in evidenza altre cosette non note a tutti, riguardanti l'effettivo rapporto tra Guenon e laTradizione. Riporto, con qualche aggiunta esplicativa, l'argomentazione che mi sembra più importante.Nel mondo islamico, nell'ambito della dottrina circa i "segni dell'Ora" esiste un hadith, che prevede il "sorgeredel sole ad Occidente". Un altro precisa che, negli ultimi tempi, gli "eletti" saranno i Rums, gli Europei(letteralmente: i Romani). Analogamente, presso gli Ebrei, è diffusa la tradizione secondo cui Roma sarà la dimora del Messia, ove egliabiterà nascosto alle porte della città, prima di rivelarsi.

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Evola, dal canto suo, ha più volte affermato che l'Occidente, se è stato il primo a dare segni di decadenza,ha di conseguenza la potenzialità di essere il primo a rialzarsi.Guenon non ignorava certo queste tradizioni. Ma allora, perchè operò sempre per affossare le potenzialitàdell'Occidente e perchè favorì il passaggio di molti europei all'ormai decadente Islam?Il Gran Mufti della Siria, Ahmad Kuftaro (morto nel Settembre 2004, all'età di 89 anni), considerava ildiffondersi dell'integralismo un segno dell'irreversibile decadenza dell'Islam, che avrebbe potuto rigenerarsisoltanto attraverso le comunità avanzate dell'Europa e dell'America, cioè per mezzo degli Occidentaliconvertitisi all'Islam.Guenon remava evidentemente nello stesso senso: sapendo che gli Occidentali sarebbero stati i primi a"rialzarsi", brigò perchè questa rinascita avvenisse però nell'ambito degli europei islamizzati. In epoca piùrecente, muovendosi sulla stessa linea, Claudio Mutti è giunto a deformare gli hadith precedentemente citati,affermando che essi prevederebbero l'islamizzazione di Roma ("La funzione dell'Islam e l'Occidente", Parma1981).Ma c'era un formidabile ostacolo all'azione di Guenon: secondo la tradizione tibetana di Shambala, l'ultimore di questa inaccessibile città del "Nord" combatterà una tremenda battaglia vittoriosa nel paese di Rum(Roma) contro i Mlecchas (i Musulmani). Aggiungiamo noi che, nella tradizione Indù, vittorioso sui Mlecchas èil Kalki Avatara, ultima incarnazione di Krsna alla fine della presente Epoca.Per spiazzare l'Induismo, Guenon ne riconobbe il valore ma, nello stesso tempo, inventandosi una suaimpenetrabilità da parte degli Occidentali, lo dichiarò inidoneo a favorire il risorgere della tradizione in Europa(vedi in part. Orient et Occident, 1924).Per quanto riguarda il Buddhismo, Guénon cercò dapprima di dichiararlo eretico, ma non vi riuscì, perl'opposizione del suo stesso amico A.K. Coomaraswami e di Evola. Cercò allora di affossare il mito diShambala, identificandolo con il falso mito, creato da lui e Saint Yves (trasformando quello di Renan), diAgarttha. Una volta identificati, sarebbe stato facile deformando quello falso (facilmente manipolabile proprioperchè inventato) deformare o svilire anche l'altro. L'opera nefasta di Guénon fu fermata da una giusta morte.Consapevoli o incansapevoli sembrarono sopperirvi Pawels e Bergier che, sulla base di mere fantasie, in TheDown of Magic (1968) fecero addirittura di Shambala l'inversione materialistica di Agarttha.Per fortuna, l'arrivo in Occidente di autentici detentori della tradizione buddhista ha favorito la conoscenza delvero mito di Shambala e cancellato definitivamente le invenzioni di Pawels e Bergier e le mistificazioni diGuénon.Alla riscossa Occidente!Venvs Genitrix: Nell'ambito della polemica Reghini-Evola, quest'ultimo scrisse in Krur n° 2 (Febbraio 1929) ilsaggio "Diffida contro Ignis", nel quale difese, oltre a sé stesso, anche un suo collaboratore della rivista Ur(Zam) che, avendo scritto un saggio su uno scongiuro magico pagano scoperto da Marchi e De Rossi neipressi di Roma nel 1851, si vide accusare da Reghini di plagio nei confronti della rivista "Civiltà Cattolica".Come indicò Evola, l'accusa aveva piuttosto scarsa consistenza. Può allora essere interessante indagare se vifossero altri motivi per i quali Reghini se la prese proprio con Zam.EA: Giovanni Battista de Rossi (Roma 1822-1894) è considerato il più grande archeologo romano deldiciannovesimo secolo. Egli era amico del gesuita Giuseppe Marchi (Tolmezzo 1795-Roma 1860)soprintendente dei reliquari sacri e dei cimiteri. Marchi fondò il metodo di studiare i ritrovamenti archeologicisul posto, piuttosto che spostarli perdendo di vista il loro contesto. Era un grande passo in avanti perl'archeologia e De Rossi adottò lo stesso principio. La scelta di Zam di occuparsi, nel suo saggio di Ur "Unoscongiuro magico pagano" proprio di quello specifico ritrovamento dei due archeologi non fu casuale. Si diceinfatti che essi abbiano seguito le indicazioni di un misterioso oracolo aritmetico. Nel 1908, quando lo trasmiseall'italo-francese Mario Fille, l'oracolo era in possesso di un eremita, originario di Bagnaia (Viterbo) e notocome Padre Giuliano, che viveva nelle colline vicino Roma. Fille, dodici anni più tardi, lo condivise con l'amicoe collega musicista Cesare Accomani. Su indicazione dell'oracolo, essi fondarono la Setta dei Polari. L'oracolovenne descritto da Arvo nel saggio di Krur "Circa un oracolo aritmetico e i retroscena della coscienza" (ora inIntroduzione alla Magia v. III con una breve e posteriore aggiunta). Più o meno nello stesso periodo (1929)Accomani, con lo pseudonimo di Zam Bothiva, pubblicò il libro Asia Misteriosa. In tale libro, tra gli autori chericonobbero, almeno momentaneamente, l'autenticità dell'oracolo è citato anche Arturo Reghini. Forse con lacritica al saggio di Zam, Reghini, oltre che attaccare Evola in qualità di direttore della rivista, intendeva farsapere che non accettava più l'autenticità dell'oracolo dei Polari?Venvs Genitrix: Esiste attualmente qualche pubblicazione che riproduca o comunque che tratti del lorofamoso "Oracolo" numerico?Ea: Il primo libro dedicato a tale oracolo fu:Asia mysteriosa : l'Oracle de Force astrale comme moyen de communication avec "Les Petites lumières del'Orient" / Zam Bhotiva ; préf. de F. Divoire ; études par Maurice Magre et J. Marquès-Rivière. - Paris :Dorbon-Aîné, cop 1929. - 149 p.Esso però non conteneva una descrizione esaustiva dell'oracolo. Quest'ultima venne messa per iscrittonell'opuscolo:Fille Mario & Odin René, Un oracle kabbalistique, reconstituè et adapté à la langue francaise d'aprés unmanuscrit kabbalistique, Paris, 1935.L'opuscolo venne ripubblicato nel 1967:

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Fille Mario & Odin René, Un oracle kabbalistique, Paris, Ed. Romandes, 1967, 56 p.L'attuale edizione di Asia Mysteriosa include l'opuscolo:Asia mysteriosa / Zam Bhotiva... ; [préf.] par Arnaud d'Apremont... ; [postf.] par Mario Fille et René Odin. -Combronde : Ed. de Janvier, 1995 (58-Clamecy : Impr. Laballery) - 207 p.Sipex: Qualche studioso si è meravigliato del titolo dell'opuscolo " Un Oracle kabbalistique". Infatti, in AsiaMysteriosa, Accomani (Zam Bhotiva) escluse che l'oracolo, donato a Mario Fille a Bagnaia da "PadreGiuliano", fosse di natura kabbalistica. Alla fine de "Un oracle kabbalistique", i due autori spiegano che, inrealtà, di oracoli ve ne sono due: quello più complesso (cioè il dono di Padre Giuliano) consentì, mediante isuoi responsi, di trovare, in località pirenaica, il secondo, più semplice, che è quello descritto nell'opuscolostesso. Vengono poi date sommarie indicazioni, affinchè chi ne è degno giunga ad intuire da solo l'oracolo piùcomplesso.Zam: L' "Oracle Kabbalistique" fu trovato presso le rovine del castello di Montségur, nel dipartimento di Ariège,lungo la frontiera con l'Andorra. La rimozione di una pietra cementata nella parete di una cripta sotterraneapermise la scoperta di una nicchia nascosta. Qui giacevano fogli visibilmente separati in due mucchi distinti. Laprima parte era ormai illeggibile, eccetto una sola parola: Destino... La seconda parte era composta "dapergamene più spesse coperte di cifre e di figure geometriche" (Un Oracle Kabbalistique, 1967).Ea: Accomani escluse che l'oracolo di "Padre Giuliano" (chiamato dai Polari "Oracolo di Forza Astrale")potesse considerarsi kabbalistico in senso stretto, proprio in base ad una specifica risposta dell'oracolo,riportata in Asia Mysteriosa:"DEM.- Est-ce une forme de Kabbale? REP.- Souvenez-vous que Force Astrale est une chose immense et qu'il ne faut pas la confondre avecKabbale. Les demandes doivent étre faites en pensant sans distraction et seulement pour des choses trèssérieuses ..." (Asia Mysteriosa 1995, p. 75).Fille, considerando probabilmente che i Polari si muovevano in Francia in un ambito per lo piùneorosacrociano, decise ugualmente di non rinunciare al termine "kabbalistico", utilizzandolo in un senso piùvasto - uso del resto piuttosto comune negli autori di quell'epoca. Scrive ad es. Kremmerz:"La Cabbala è formola ebraizzata della stessa filosofia orfica, egizia e pitagorica. La pitagorica è la piùcompleta ma è più difficile per intelletti non esercitati" (La Magia Divinatoria - I Tarocchi 1905)."La cabbala numerica o la occulta tradizione pitagorica è, per il caso della sostituzione dei numeri alle parole,ancora più difficile ad essere conquistata senza l'aiuto di un Maestro ..."(Mondo Secreto 1989- I misteri dellataumaturgia, parte II).E si legge in un manoscritto di scuola kremmerziana:"La Cabbala o libro santo o filosofia dell'assoluto e del relativo è una forma ebraica che corrisponde allafilosofia dei numeri di Pitagora, Italo-Greca. Non seguiremo il prospetto cabalistico degli ebrei permodernizzare l'astrusità della conoscenza della matematica astratta. I cabbalisti propriamente detti non siservono che delle lettere ebraiche. Noi ci serviamo delle espressioni numeriche a mo' di Pitagora, perchè cosìcrediamo più facile per l'intelligenza di tutto il materiale arcaico, data la cultura contemporanea. Se ad ogninumero da 1 a 22 accompagnate le lettere dell'alfabeto ebraico, avrete ebraizzata la teoria pitagorica".Nell'Oracolo di Forza Astrale non manca una trasposizione di numeri in lettere (anche se latine) e viceversa, ilche fa intuire perchè Fille decise di usare ugualmente il termine "Kabbalistico".Turba Philosophorum: Fortemente critico nei confronti dei Polari è Bruno d'Ausser Berrau che, nel saggio"Verba volant, scripta latent", pubblicato nel n° 8 (Settembre 2004) della rivista Episteme, scrive:Altrettanto stramba ma con risonanze di un certo rilievo fu la vicenda linguistico-truffaldina dei Polaires. Essaprende il via in Italia - inizi XX sec. - con la storia della trasmissione, da parte di un enigmatico vecchietto adun giovane (Mario Fille), di un oracolo aritmetico il cui intrigante sistema operativo sarebbe stato questo: postauna domanda, attraverso un contorto sistema di regole, la si sarebbe poi tradotta in numeri e da essi, permezzo d'ulteriori ardui passaggi, ritornati alle lettere, si sarebbe, assai sorprendentemente, ottenuta una nuovafrase ossia la risposta. Colpiva il fatto che, per il tramite di un sistema aritmetico in apparenza oggettivo eindipendentemente dal merito, s'avesse sempre quale risultato una frase di senso compiuto. Stupisce che néprima Evola, (90) né poi Guénon a Parigi, quando anni dopo l'antico giovane italiano, avendo creato,basandosi sulle "rivelazioni" dell'oracolo, la società occultista dei suddetti Polaires, avessero entrambimostrato d'accorgersi dove stesse la pecca: essa, come invece decretò Guénon dopo un responsoinconcludente, non era tanto nell'ovvia pochezza del contenuto ma proprio nel metodo. Venuti infine inpossesso delle famose regole, abbiamo facilmente constatato come l'"oggettivo" sistema matematico fossesoltanto una complicazione costruita ad arte per dare l'impressione di stare effettuando la decantatatrasformazione lettere → numeri → lettere. In effetti, ciò non avveniva e lo scopo di tutte le cervelloticheoperazioni escogitate dal Fille era soltanto quello d'andare a pescare in un insieme fisso di frasette incompleteche, a caso combinate, dessero poi l'impressione sia dell'avvenuta suddetta trasformazione, sia dell'altrettantodecantato senso compiuto della frase finale. (91) Singolare, nei suoi accenti riecheggianti le ipotesi del deSaussure, l'ingenuo commento evoliano che, nel supposto congruo rapporto domanda/risposta, quasi come sela prima contenesse già in sé e di per sé la seconda, intravedeva l'evidenziarsi di un quid insito nella strutturastessa del linguaggio.

90 La storia fu riferita in senso positivo dal suo Gruppo di UR: vd. in Introduzione alla Magia, 3 vol., vol. 3° p.

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49, Roma, 1971. 91 Per il punto di vista degli "operatori" vd. Zam Bhotiva (alias di Mario Fille), Asia Mysteriosa, Éd.Dorbon-Ainé, Paris, 1929 e, per prendere visione della méthode, è necessaria un'edizione successiva di cui,da parte delle Éditions de Janvier, Combronde, c'è un reprint del 1995". Ea: Tralasciando lo strano errore che Berrau fa nella nota 91, identificando Zam Bhotiva con Fille, anzichè-come è risaputo- con Accomani, dirò che sono note anche a noi le evitabili lungaggini matematiche di cui egliparla. Tuttavia il suo giudizio è troppo severo e un po' troppo "moderno", giacchè sembra non tenereminimamente in considerazione la mentalità tradizionale. Per quanto riguarda ad es. quelle che egli chiama"frasette", sembra dimenticarsi che esse -già complete o, come nel caso dell'oracolo dei Polari, da riunirsi apartire da più spezzoni- costituiscono alcuni tra i più importanti oracoli antichi, dall'I Ching, ai Libri Sibilliniall'Oracolo di Ifà. Per quanto riguarda invece i modi di ottenerle, gli antichi hanno sempre considerato più sicurii metodi lunghi, rispetto a quelli brevi: ad es. per l'I Ching predillessero il laborioso metodo degli steli dimillefoglie, rispetto al rapido metodo delle monete. Ciò perchè i metodi lunghi scoraggiano un uso troppofrequente degli oracoli e perciò evitano un eccessivo attaccamento ad essi.

Maria de Naglowska

Maria de Naglowska nacque il 15 Agosto 1883 in Russia, a San Pietroburgo, figlia del governatore dellaprovincia di Khazan, un generale di origini polacche. Rimasta orfana ancora bambina, dopo svariatevicissitudini che la costrinsero ad abbanonare la Russia e a trasferirsi prima a Berlino e poi a Ginevra, si sposòcon un violinista ebreo e mise al mondo tre figli. Abbandonata dal marito che si recò in Palestina, Maria, per lesue idee libertarie, fu espulsa da Ginevra e dovette ritirarsi a Berna e poi a Bale. Infine abbandonò la Svizzerae, nel 1920, si trasferì a Roma, dove conobbe vari studiosi di occultismo, tra i quali J.Evola e pubblicò unvolume di versi, Malgré les Tempétes. Secondo Marc Pluquet (La Sophiale - Maria de Naglowska, sa vie, sonoeuvre. OTO, Paris 1993, p.7) fu nel corso di una di queste riunioni esoteriche romane che essa conobbe unfilosofo russo "che gli rivelò la tradizione boreale nei suoi aspetti più segreti". Maria, che non era in buone condizioni economiche, si trasferì ad Alessandria di Egitto dove un suo figlioaveva fatto fortuna. Da Alessandria, nel 1927, inviò ad Ur "Le Message de L'Étoile Polaire", che vennepubblicato anonimo. Nel 1930 tornò a Roma e poi si trasferì a Parigi dove, come dice J.Evola nella prefazionea Magia Sexualis di P.B.Randolph, "cercò di organizzare il Gruppo dei Polari in base ai responsi di un curiosooracolo aritmetico (di cui ebbimo occasione di prendere conoscenza, sul genere dell'Ars Combinatoria delTritemio)".Sarebbe più esatto dire che "cercò di riorganizzare", giacchè il gruppo, come sappiamo, esisteva già e la DeNaglowska vi aveva aderito già dal primo periodo romano.A Parigi, Maria fece pubblicare alcuni libri e una rivista, La Freccia - organo di azione magica, cui collaboravada Roma J. Evola. Impartiva inoltre una "iniziazione, conforme al Terzo Termine della trinità" a caratteresessuale, della quale ha parlato ad es. Evola in Metafisica del Sesso. Nel 1936, dopo essersi congedata daisuoi discepoli, si trasferì presso la figlia Marie a Zurigo, dove morì il 17 Aprile.

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9) EKATLOS(Ersilia Caetani Lovatelli)

Gli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale furono, per molti aspetti, problematici per l'Italia. In particolare,nel 1919, il nostro paese era afflitto da una situazione sociale quanto mai critica, per il drammaticocontrasto fra le precarie condizioni economiche del proletariato e dei contadini, che avevano oltretutto pagatoun tributo di sangue e sofferenze in trincea, e il lusso smodato esibito dai coloro che vennero detti "ipescecani", cioè i nuovi ricchi che avevano tratto enormi profitti dalla guerra, grazie alle industrie belliche. Peril grave dissesto economico e l'immediato razionamento dei viveri, scoppiarono gravi disordini, numerosiscioperi e occupazioni di fabbriche da parte dei lavoratori. L'insofferenza per le discriminazioni sociali si eranoinoltre estese anche al ceto medio e alla piccola borghesia, dalla quale provenivano numerosi giovani ufficiali ecombattenti che, nell'immediato dopoguerra, vedevano svanire le loro aspettattive di quel miglioramentoeconomico-sociale cui ritenevano di aver diritto. Così il 23-Marzo 1919, dentro un locale di Via San Sepolcro aMilano, Mussolini costituì con 871 soci, tra arditi, ex combattenti, ed ex interventisti, i Fasci Combattenti.In un clima così incerto, l'O.E. decise di preparasi la strada per una eventuale emigrazione, nel caso che lasituazione dovesse precipitare. Fu mandato avanti Ottaviano Armando Koch che, in qualità di Segretariodell'O.E. e di diplomatico, recò in luoghi più sicuri l'archivio dell'Ordine: prima a Malta e poi a New York.Questa mossa voleva anche evitare l'affievolirsi dei contatti con il Memphis-Misraim statunitense che, se avevaaccettato di far capo al Rito Filosofico, ben difficilmente avrebbe accettato di far capo al R.S.A.A. di Piazza delGesù, che aveva appena cooptato il Rito Filosofico medesimo. Il trasferimento dell'archivio dell'Ordine,tuttavia, non coincise affatto con un trasferimento in blocco dell'Ordine medesimo, come a volte si sentedire, per esagerazione, in alcuni ambienti kremmerziani. Certo, ai miriamici che (dopo la sottrazione di unacopia del Corpus, comprata dai Gesuiti, e la conseguente sostituzione di Kremmerz) facevano capo a Koch,tale partenza potè sembrare quella dell'intero O.E., ma già la permanenza di Kremmerz in Europa dovrebbefar capire che non era tale. Solo alcuni partirono, come Amedeo Armentano e Leone Caetani. Quest'ultimomembro dell'O.E. è stato assai poco compreso, nella sua effettiva personalità, per essere stato,involontariamente da alcuni, ad arte da altri, confuso con personaggi come "Ekatlos" (di cui parleremo) "N.R.Ottaviano" (Ottaviano Koch ingegnere) e "R.P. Ottaviano (Ottaviano Armando Koch, figlio del precedente).Nel 1921, Armentano si recò in Brasile da cui ritornò sposato con Giselda Perrone. Sistemati i suoi affari,ripartì per il Brasile nel Maggio del 1924, rimanendo in contatto con l'Italia, ma non facendo più ritorno.Non tutto l'O.E. però, e non tutti gli esoteristi italiani, disperavano della situazione del nostro paese, dopo laPrima Guerra Mondiale. Uno dei motivi è testimoniato da una monografia intitolata "La Grande Orma: LaScena e le Quinte", che comparve nell'ultimo numero della rivista Krur (1929), sotto lo pseudonimo diEkatlos. In Introduzione alla Magia, ediz. 1955-56, Evola, in nota al titolo, aggiunse "Relazione trasmessacinel 1929 e che qui si pubblica essenzialmente sotto la rubrica esperienze". Nell'ediz. 1971, la nota divenne:"Relazione trasmessaci nel 1929 e che qui si pubblica a semplice titolo di documento". Anche talune frasi del

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testo vennero modificate. Le citazioni che faremo perciò sono da intendersi prese dalla monografia originale.In essa si esordiva dicendo che "Sulla fine dell'anno 1913, cominciarono a manifestarsi segni che qualcosa dinuovo richiamava le grandi forze della tradizione nostra". Si parla poi del ritrovamento in un "arcaico sepolcro"di "una benda e uno scettro". "Sulla benda erano tracciati i segni di un rito. Ed il rito fu celebrato per mesi emesi, ogni notte, senza sosta. E noi sentimmo, meravigliati, accorrervi forze di guerra e forze di vittoria; evedemmo balenar nella sua luce le figure vetuste ed auguste degli Eroi della razza nostra romana". Un preannuncio dunque dell'intervento vittorioso dell'Italia nella I Guerra Mondiale. Fidenti nell'aiuto dellemedesime forze, si tentò di indirizzare, in senso spirituale, l'emergente fascismo:"Più tardi. 1919. Fu 'caso' che, da parte delle stesse forze, attraverso le stesse persone, venisse comunicato achi oggi regge il governo - allora direttore del giornale milanese - l'annuncio: 'Voi sarete Console d'Italia'. Fu'caso' parimenti, che a lui fosse trasmessa la formula rituale etrusca di purificazione - quella stessa, portatadalla chiave pontificale: Quod bono faustumque sit ". E' cosa abbastanza nota che, il 23 Marzo 1919, giorno in cui fu fondato il primo Fascio di Combattimento, nellariunione di Piazza S. Sepolcro a Milano, a "vaticinare" il prossimo incarico di governo a Mussolini fu laprofessoressa Regina Terruzzi (1862 - 1951). Ella, nata a Milano e rimasta presto orfana, aveva lavorato daoperaia e studiato da autodidatta. Dapprima maestra a S.Giorgio Morgeto, importante sito archeologico inprovincia di Reggio Calabria, poi studentessa al Magistero di Roma e bibliotecaria alla Biblioteca Nazionale diNapoli (in tale periodo si collocano i suoi primi contatti con ambienti dell'O.E.) si impegnò, come socialista,nella vita politica anche e soprattutto a nome della Lega per la tutela dei diritti delle donne. Ruppe con il partitosocialista in occasione della prima guerra mondiale, perché interventista come Mussolini, e divenne la piùanziana e politicamente esperta fra le donne fasciste della prima ora.Ekatlos continua: "Più tardi. Dopo la Marcia su Roma. Fatto insignificante, occasione ancor più insignificante.Fra le persone che rendono omaggio al Capo del Governo, una, vestita di rosso, si avanza e gli consegna unFascio. Le stesse forze vollero questo: e vollero il numero esatto delle verghe, e il modo del loro taglio el'intreccio rituale del nastro rosso; e ancora vollero - di nuovo il 'caso' - che l'ascia per quel Fascio fosseun'arcaica ascia etrusca, a cui vie parimenti misteriose ci condussero. Nella relativa nota, che è di Ekatlos e non una aggiunta della rivista Krur, perchè altrimenti vi sarebbe, come alsolito l'indicazione N. d. K., si dice: "Il fatto è riportato in un comunicato che p. es. si può leggere sul Piccolo diRoma del 24 Maggio 1923, ove si può leggere appunto che nel fascio offerto 'l'ascia di bronzo è provenienteda una tomba etrusca bimillenaria ed ha la forma sacra. .. Alcuni esemplari simili sono conservati nel museoKircheriano. Le dodici verghe di betulla secondo la prescrizione rituale sono legate con striscia di cuoio rosso,che formano al sommo un cappio per potervi appendere il fascio come nel bassorilievo per la scala delPalazzo Capitolino dei Conservatori' . Si capisce, in tutto ciò non vi è - per chi sta sulla scena - che unaricostruzione 'storico-archeologica' ".Questa nota di Ekatlos è importante, perchè sul Piccolo del 23-24 Maggio 1923 vi sono ulteriori precisazioni: il19 Maggio 1923 la professoressa Regina Terruzzi presentò a B. Mussolini l'amica professoressa CesarinaRibulsi, che gli offrì un fascio littorio come augurio per l'imminente festività del 24 Maggio. Il fascio era statoricostruito dalla Ribulsi stessa, servendosi di testimonianze storico-iconografiche.Nel medesimo 1923, Regina Terruzzi prese però le distanze dal fascismo, condannando le violenze squadristee impegnandosi a raccogliere aiuti per gli orfani dei comunisti, vittime del precedente “bagno di sangue"torinese del 18 Dicembre 1922. Dopo aver protestato anche contro il Tribunale Speciale nel 1927 e essersibattuta perché fossero previste rappresentanze femminili al Consiglio Superiore delle Corporazioni, si limitòall'insegnamento presso l'Istituto Tecnico Carlo Cattaneo di Milano. Fu solo nel 1933, ritiratasi in pensione dadue anni, che venne richiamata dal duce (per il tramite di Luigi Razza capo della Confederazione fascista deisindacati dell'agricoltura) al fine di organizzare le "massaie rurali", così come aveva fatto con ex uomini dellasinistra per creare i sindacati fascisti. Due anni dopo, R. Terruzzi si ritirò definitivamente dalla vita pubblica,stabilendosi a Firenze. Tra le opere da lei curate si può ricordare: Dante, La Commedia - con un discorsodi Giuseppe Mazzini - Milano, Istituto editoriale italiano.L'amica Cesarina Ribulsi (1892-1963), nata a Torino il 9 Marzo 1892, passò la maggior parte della sua vita aRoma, conseguendo il diploma liceale nel 1911 e laureandosi nel 1914 in Archeologia. Conobbe archeologi difama come Giacomo Boni, frequentò gli ambienti culturali della capitale e, per un certo periodo, fu segretaria diMaria Camilla Calzone Mongenet (1861-1944). Questa, ammessa all'Accademia Vergiliana della Miriam il 10Febbraio 1910 e benefattrice della medesima, si sa con certezza che raggiunse perlomeno il grado di"anziana". Non risulta iscrizione alla Miriam di Cesarina Ribulsi, che vinse un concorso proprio nel 1923 eandò ad insegnare a Viterbo nelle scuole medie. Qui si sarebbe convertita al Cattolicesimo e dopo il 1925 laritroviamo nel Convento delle Figlie della Carità Canossiane, con il nome di Maria Romana. Nel 1944, annodella morte della Mongenet, pubblicò una favola (M. Romana, Il Mistero della Pineta, CEDAM, Padova) in unepisodio della quale viene descritto il mondo degli immortali, dando particolare risalto all'etrusco Ekatlo Larzio.Il medesimo episodio venne espunto nella seconda edizione della favola (Brescia, 1953).Nella IV ed ultima parte de La Grande Orma, Ekatlos afferma: "Oggi si lavora al Vittoriale, nella cui nicchiacentrale sarà collocata la statua di Roma arcaica. Possa questo simbolo rivivere, in tutta la sua potenza! Lasua luce splender di nuovo!". Il termine Vittoriale sta per il più frequente Vittoriano (comunemente per Vittorialesi intende quello di D'Annunzio a Gardone) e indica che chi scrive lo considera non tanto come monumentofunebre di Vittorio Emanuele II, quanto (anche per la presenza dell'Altare della Patria) come commemorativo

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della vittoria nella Grande Guerra. La statua della Dea Roma, opera di Angelo Zanelli, fu posta nella nicchia il15 Aprile 1925. Dunque il saggio di Ekatlos è anteriore a tale data e perciò ben anteriore alla sua uscita suKrur (fine del 1929). Poichè, poi, si fa riferimento, come già abbiamo detto, a brani del giornale Il Piccolo diRoma del 24 Maggio 1923, il saggio deve essere posteriore a tale data. La sua composizione è perciò databiletra la seconda metà del 1923 e i primi mesi del 1925.Ekatlos termina il suo saggio con un chiaro riferimento all'orientamento "romano-egizio" del suo gruppo:"In una propinqua via, centralissima, della vecchia urbe, ove al tempo della Roma dei Cesari corrispondeva illuogo del culto isiaco (e resti di obelischi egizi furono là trovati), sorse uno strano piccolo edifizio. Di esso noninteressa che questo: come incrollabile certezza di risorgente fortuna romana, nella più recondita parte diquesta costruzione veniva inserito, e ancor oggi resta, un segno: un segno, che in pari tempo, è un simboloermetico: la Fenice coronata risorgente dalle fiamme. Intorno al segno, queste cifre: R. R. R. I.A.T.C.P.L'autore dell'anonimo saggio "Il Genio di Roma" (Politica Romana 3/1996) asserisce invece che "le lettere chevanno da una ala all'altra dell'augusto volatile, non sono I.A.T.C.P., ma I.A.P.T.C.".

Evola non rivelò mai esplicitamente l'identità di Ekatlos, e le sue modifiche alla monografia tendono ingenerale ad aumentare il velo di riservatezza, visto che quell'azione nei confronti del fascismo erapalesemente fallita. Sono state perciò espresse, a riguardo dell'identità di Ekatlos, molte opinioni. Ad es. un sedicente G.M., in una delle introduzioni a "L'istante e l'Eternità" di Guido de Giorgio (ediz. Archè1987), sostiene a riguardo: "Secondo ciò che afferma Evola stesso, l'autore dell'articolo era un discendentedella nobiltà romana, e alcuni hanno creduto poter riconoscere in questo personaggio il principe LeoneCaetani, discendente della triste famiglia di Bonifacio VIII e conosciuto per le sue convinzioni socialiste e lasua miscredenza". Di seguito, G.M. scatena la sua fantasia riguardo al significato dello pseudonimo: "Inoltre,cosa significa lo pseudonimo di Ekatlos? Non sembrerebbe ricordare un'etimologia dell'aspetto mascolino diun demone preolimpico incaricato dai reami degli Inferni e più generalmente conosciuto sotto il suo aspettofemminile - Hecate (lo stesso che Typhone, figlio di Tartaro e di Gaia, e che si manifesta sia sotto un aspettomascolino, sia sotto un aspetto femminino)? In nota , G.M. aggiunge: "Il termine Ekatlos può anche essereavvicinato a Ekatoios, "colui che colpisce da lontano", epiteto di Apollo allorchè propaga la peste con le suefrecce, e di Diana cacciatrice".Leone Caetani (1869-1935) era figlio di Onorato Caetani e di Ada Bootle Wilbraham. Nonno di Leone eraMichelangelo Caetani (1804-1882), leader politico e autorità riconosciuta nel campo degli studi su Dante.L'identificazione di Ekatlos con Leone Caetani è piuttosto superficiale e si basa esclusivamente sul fatto cheegli era un esoterista di spicco dell'O.E. e un aristocratico romano. Tuttavia non tiene alcun conto di due fattoridecisivi:1) Il contenuto della monografia pubblicata su Krur.2) L'attività di Leone Caetani nel periodo nel quale uscirono le riviste Ur e Krur.Il contenuto è palesemente filo-fascista e Leone Caetani non lo era. Per la sua avversione al fascismo e,in seguito alla sua separazione dalla moglie Vittoria Colonna, egli già nel 1921 si trasferì a Vernon in Canada(terra conosciuta per la prima volta in un viaggio del 1891), con la sua nuova compagna Ofelia Fabiani e laloro figlia di quattro anni, Sveva Caetani (1917-1994). Non mancarono successivi viaggi di ritorno in Europa,con tappe a Londra, Parigi, Monte Carlo e ovviamente Roma, dove nel 1924 istituì, presso l'Accademia deiLincei, la Fondazione Caetani per gli studi islamici. Il suo trasferimento in Canada divenne definitivo nel 1927,dopo aver venduto tutte le sue proprietà.Più recentemente, Vittorio Fincati e Gaetano Lo Monaco hanno proposto di identificare Ekatlos conl'archeologo Giacomo Boni (Venezia 1859-Roma 1925). Scrive Fincati nel saggio "Ekatlos e il Lapis Niger":"Articoli pubblicati da diversi autori in più occasioni, ci permettono di avanzare il fondato sospetto che ildocumento in questione fosse espressione di un gruppo abbastanza occulto, attivo già nella seconda metà

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dell'800 (ne avrebbe fatto parte l'archeologa Ersilia Caetani Lovatelli e l'artista R. Musmeci Ferrari-Bravo), chea cavallo del secolo seguente avrebbe avuto come suo membro autorevole l'archeologo Giacomo Boni, e che[egli] sintetizzasse appunti suoi personali, che una sua discepola (su cui si diffonde con dovizia di particolariGaetano Lo Monaco nella rivista Atrium, Anno VI, 1-2) dopo la sua morte, avvenuta nel 1925, passò al Gruppodi Ur nel 1929". E per quanto riguarda i ritrovamenti archeologici di G. Boni aggiunge: "Ciò avvalendosi anchedelle facoltà medianiche di una giovane donna, della quale tratta con accenni interessanti il Lo Monaco.Quest'ultima sarebbe la stessa che, molti anni dopo, scrisse un curioso romanzo nel quale si parlava di unpersonaggio etrusco chiamato "Ekatlo", senza la S finale" cioè, come abbiamo detto, Cesarina Ribulsi.Qui ci troviamo di fronte all'errore opposto a quello precedente: i primi interpreti si erano basati quasiunicamente sull'appartenenza di Ekatlos a famiglia aristocratica romana; Fincati e Lo Monaco trascuranoinvece completamente quell'importante particolare (Boni non era un aristocratico romano) e non hannoriflettutto sul fatto che la "discepola" di Boni, se la Ribulsi poteva dirsi tale, può aver consegnato ad Evola unmanoscritto di una persona di quel gruppo, ma diversa da Boni. Gli uni e gli altri sono andati vicini all'esatta identificazione. Se non l'hanno centrata è per il medesimopregiudizio: sono partiti dal presupposto che dovesse per forza trattarsi di ...un uomo. Invece, sotto iltrasparente pseudonimo di Ekatlos si celava...ma sì proprio lei...Ersilia Caetani Lovatelli (1840-1925). Infatti,"E" sta per Ersilia "kat" per Ca(e)tani e "lo" per Lovatelli. Si può anche anagrammare, portando, la "E" dopo la"A" e si ha ancora più chiaramente Kaet-lo (Caetani-Lovatelli). La "S" finale, come dimostra la suddetta fiabadella Ribulsi, è semplicemente una aggiunta latinizzante o grecizzante, con ogni probabilità apposta da Evola.Vi sono esempi simili per altri esponenti del Gruppo di Ur: si pensi a Nicola Moscardelli (Sirio e Sirius) e aMassimo Scaligero, che presente come "Massimo" in Introduzione alla Magia del 1955-56, divenne poi"Maximus" nell'edizione del 1971, creando qualche problema di identificazione a chi non è troppo addentro,perchè confondibile con il Maximus della rivista Ignis, che era invece Arturo Reghini.Come è noto Ersilia, figlia di Michelangelo Caetani e sorella di Onorato, era la zia paterna di Leone Caetani.Storica e archeologa, fu figura importante nell'Ottocento romano. Fu lei ad avviare il nipote Leone agli studi sulmondo classico e romano. Il suo salotto fu frequentato da Mommsen, Gregorovius, Carducci, D'Annunzio.Scrisse opere come Passeggiate nella Roma antica (1909) e Aurea Roma (1925). Fu la prima donna adessere ammessa come socio all'Accademia dei Lincei nel 1879. A chi, stupito, ritiene che Ersilia fosse solouna studiosa di storia e di archeologia rammentiamo le già citate parole di Ekatlos: "Si capisce, in tutto ciò nonvi è - per chi sta sulla scena - che una ricostruzione 'storico-archeologica' ".

Ekatlos ed Echetlos

Un quesito che a volte mi viene posto è se il nome Ekatlos, abbia a che fare con Echetlos, un personaggioeroico - presente sia nella mitologia greca (ne riferisce Pausania), sia in quella etrusca - che aveva lacaratteristica inusuale di combattere con un aratro. L'Ekatlos che scrisse il saggio di Ur ne era moltoprobabilmente a conoscenza, visto che un'urna cineraria etrusca, recante dipinto tale personaggio, si trovavanel Museo Kircheriano di Roma, che è esplicitamente citato in una nota. Rispondo che, senza escludere che ciò possa aver costituito uno spunto, è tuttavia evidente che, se l'autoredel saggio avesse semplicemente voluto identificarsi con quel personaggio mitologico, si sarebbe firmatoEchetlos, anzichè Ekatlos. L'uso della lettera "a", anzichè della "e" indica che, in ogni caso, non intendeva rinunciare a queiriferimenti al proprio cognome, che abbiamo già evidenziato. Accenno poi, come buffa curiosità, che vi sono anche persone che - o con fare misterioso o adducendo laconoscenza delle lingue antiche - asseriscono di saper loro (ma di non dire) l'etimologia di Ekatlos. Lascio avoi il giudizio spassionato su di loro.

Il Rito della Fenice

Dopo che il nostro Abraxa, in svariati messaggi di qualche tempo fa, ha messo in evidenza tutta l'importanzadelle influenze collettive nella vita dell'uomo (iniziato o meno), mi è stato più volte chiesto se esiste qualche ritopraticabile da tutti - e perciò non solo dagli esoteristi - che permetta di eliminare o perlomeno alleviareinflussi collettivi indesiderati che, nostro malgrado, si sia dovuto subire (da quelli degli ambienti monoteisticia quelli di gruppi delinquenziali). Si sta infatti registrando, ad es., un considerevole aumento del numero dicoloro che si fanno sbattezzare o vorrebbero farlo. Questa pratica burocratica permette di essere cancellati

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dai registri dei battezzati; ma per eliminare, invece, gli effetti sottili del battesimo e dell'educazione cattolica,occorre un'azione rituale.Quel che stiamo per dire da un lato riguarda il simbolo della Fenice riportato più sopra, dall'altro costituisceuna applicazione specifica di ciò che già è stato detto nel quaderno "Barriere", il contenuto del qualedobbiamo dare per acquisito. Perciò ci limitiamo a ricordare una frase di Leo (in Atteggiamenti, Intr. alla Magia,v.I):"Certamente, occorre un lungo periodo di tempo per abbattere certe radicate condizioni, che paralizzano ognipossibilità di realizzazione interiore. Noi ci sentiamo liberi nel pensiero e ci sembra di aver ottenuto un granderisultato, quando esso è mutato rispetto a qualche pregiudizio tradizionale. Invece con ciò siamo solo alprincipio. Vi sono idee divenute parte organica di noi stessi e, al momento di tradurre in realtà il compito,l'ostacolo, superato con la mente, esiste ancora in noi e inibisce l'esperienza. Ci meravigliamo di non ottenererisultati, perchè ignoriamo che, in noi stessi, qualche cosa si è opposto".Tra le cose che possono opporsi sono da considerarsi i riti e l'educazione subiti da parte di esponentidi un qualsivoglia culto esclusivista, cioè di un culto che rifiuti il pluralismo cultuale del Pantheon. Come ènoto, tra questi culti si possono annoverare il cristianesimo, il satanismo, l'islamismo, l'ebraismo e lo stessomaterialismo. Questi culti impongono delle ben precise barriere sottili negli individui che hanno subito i loro ritie/o la loro educazione: gli individui in questione possono progredire esclusivamente nel loro angusto ambitocultuale.L'esoterismo si serve essenzialmente di due metodi per superare questo tipo di barriere sottili:- in certi individui il vincolo è talmente forte, che una "terapia d'urto" sortirebbe l'effetto contrario. L' "abilemezzo" consiste allora nel servirsi proprio del patrimonio simbolico del culto che erige le barriere, per avviaregli individui in questione ad un insieme di pratiche riservate - e perciò non facilmente perseguibili dagliesponenti della religione esteriore - che potranno portarli gradualmente ad abbattere quelle barriere. E' questoil metodo ad es. dei Rosacroce, dei Sufi, dei Kabbalisti.- in altri individui, per loro costituzione interiore, il vincolo è meno forte ed essi sono portati ad abbracciarespontaneamente il pluralismo religioso del Pantheon. In questo caso, vie rosacrociane o simili risulterebbero alloro animo "sospette". Sono allora utili riti ad azione diretta, com'è appunto il Rito della Fenice (da nonconfondersi con la crowleyana Messa della Fenice), che stiamo per descrivere. Poichè è praticabile da tutti, non esiste su di esso vincolo di segretezza, il che non ne sminuisce minimamentel'efficacia, che è anzi sostenuta dall'uso collettivo.Il rito può eseguirsi per la propria persona, per la propria famiglia o per una comunità più grande. Si adopera ilgià visto simbolo della Fenice Coronata che rinasce dal fuoco. Il simbolo può essere disegnato o dipinto su papiro o pergamena, ma anche dipinto o scolpito o intagliato suun elemento architettonico o un arredo presente in un ambiente utilizzato dalla persona o dalla famiglia o dallacomunità, per cui il rito si compie. Terminato il disegno, si traccino le iniziali - della formula da pronunziarsi-attorno all'immagine della Fenice, iniziando dalla R che precede la J, cioè nell'ordine antiorario: RJAPTCRR.

Si pronunci quindi la formula:Resurgo,Jam, Araba Phoenix, Te-Cum Resurgo,Resurgo.Si rimanga per un po' di tempo concentrati sull'immagine.In seguito, adoperando l'immagine già creata, si ripeta il rito - anche quotidianamente - fino a sentire dentro disè che quelle influenze si sono dileguate. Il rito - assai efficace - non è anteriore all'epoca umanistica, comedimostra la presenza della lettera J (nel latino classico si sarebbe scritto Iam) ed una tradizione orale loattribuisce a Pomponio Leto [Teggiano (Salerno), 1428 - Roma, 1497] e alla sua Accademia Romana.

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Un Altro Manoscritto di Ekatlos

Ad Evola pervenne più di un manoscritto di Ersilia Caetani Lovatelli, la misteriosa "Signora antroposofa, amicain gioventù di Kremmerz" (così Evola stesso descrisse Ekatlos a Gianfranco de Turris). Dell'appoggio datodall'O.E. a Steiner per trasformare in senso rosacrociano il "Misraim-Dienst" altri ha già detto, come anchedella funzione che ebbero a tale scopo, in Italia, alcune nobildonne romane. Così che quella approssimativadescrizione di Evola è facilmente comprensibile nella sua effettiva portata. Di un secondo manoscritto dellaCaetani-Lovatelli Evola fece uso per un breve articolo, pubblicato nel n° 5 1930 (nella rubrica L'Arco e LaClava) della rivista La Torre, anche questa volta con lo pseudonimo di Ekatlos. In tale brano (databile come

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vedremo con sufficiente precisione), l'anziana Ersilia (1840-1925) tesseva le lodi del pionierismo alpinisticodell'amico Quintino Sella (1827-1884), il Presidente dei Lincei (dal 1874 alla sua morte), che avevacaldeggiato, nel 1879, l'accoglimento della Caetani-Lovatelli nella prestigiosa accademia. Evola (1898-1974),appartenendo alla generazione successiva, non conosceva Sella che di fama, ma il brano di Ersilia,aggiungendo una semplice riga iniziale all'introduzione e forse con qualche ritocco qua e là, si collegava benead altri articoli sulla montagna e di critica allo sport moderno, ospitati da La Torre. Lo riproduciamo qui diseguito:

A proposito della nota contenuta nel numero precedente de La Torre, circa il decadere dell'alpinismo in sport,ci sembra interessante rilevare che a fondatore dell'alpinismo in Italia - quasi più di mezzo secolo fa (1)- nonstette uno sportman, ma un uomo di alta mente e di nobile cuore: Quintino Sella, il quale volle che a simbolodel nuovo impulso stesse la parola latinissima Excelsior "Più in alto!".In questa idea, le grandi ascensioni dovevano essere esse stesse un simbolo e quasi un rito: simbolo e rito diuna di un'ascensione interna, di un impulso alla liberazione e alla vita "in un più spirabil aere". E la rude faticafisica e il rischio dovevano essere una via per realizzare intimamente qualche cosa, il cui ambiente naturalenon poteva essere che la solitudine delle vette e le immacolate distese gelate dei giganti alpini.Certo allora non v'era posto per le belle adunate, per gli attendamenti plebei e goliardici, per le comitive, per itennis i dancings e il "riscaldamento centrale" dei grandi alberghi modernissimi che infestano la castasemplicità di quelle valli e di quelle pure vette circonfuse dal sole o percosse dal Dio della tempesta. Ma v'eraun altro spirito, in altre membra gagliarde, ben poco anelante al comfort. Anche in relazione all'originedell'alpinismo in Italia, questo mi è sembrato doveroso ricordarlo per far palese come oggi si travisino e siprostituiscano anche le cose più belle e più elevate.

(1) Il 12 agosto 1863, Quintino Sella, scienziato e statista biellese, salì il Monviso con tre amici. Inquell'occasione, gli nacque l'idea di radunare gli alpinisti italiani in un Club, come era avvenuto l'anno prima inGran Bretagna e in Austria, e qualche mese prima in Svizzera. Il Club Alpino Italiano nacque ufficialmente il 23ottobre 1863 "nel Castello del Valentino, in Torino, all'una pomeridiana", come si può leggere nel "processoverbale della prima adunanza dei soci ". Venne eletto presidente il barone Ferdinando Perrone di San Martino.Perciò questo brano della Caetani-Lovatelli è databile, con molta probabilità, a poco prima dello scoppiodella Grande Guerra.

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10) Rud

(Domenico Rudatis)

Un autore difficile da "classificare" nell'ambito delle varie correnti già considerate è Domenico Rudatis(1898-1994). Nacque a Venezia, studiò ingegneria al Politecnico di Torino, partecipò alla I Guerra Mondiale.Amante della montagna e dotato di una veggenza naturale, iniziò a parlare della sua concezione spiritualedella montagna, descrivendo una discesa notturna da Pan di Zucchero della Civetta, pubblicata nella Rivistamensile del C.A.I. nel maggio-giugno 1929. La "relazione" di quell'avvenimento colpì favorevolmente Evola,che scrisse a Rudatis perchè collaborasse a Krur. Ebbero così inizio la sua amicizia e collaborazione conEvola, che continuò nella rivista La Torre, dove, tra l'altro, pubblicò il fondamentale saggio "La GrandeSolitudine" ( La Torre n° 4, 15 marzo 1930) di cui ci siamo già occupati nel quaderno "Sub SpecieInterioritatis". Con altri saggi collaborò anche all'evoliano Diorama Filosofico. Effettuò studi sul meccanismo

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nervoso della percezione dei colori, anche da un punto di vista matematico, che gli permisero di ottenere, perle loro applicazioni, una dozzina di brevetti relativi alla cinematografia e alla televisione a colori. Dopo averpartecipato anche alla II Guerra Mondiale nella difesa antiarea, si trasferì definitivamente negli Stati Uniti,paese che aveva già visitato nell'anteguerra. Una summa della sua vita e della sua visione del mondo si trovanel suo libro - "Liberazione. Avventure e misteri nelle montagne incantate", Belluno 1985. Si leggano, inparticolare, capitoli come "La ricerca della liberazione", "Dai misteri del Tao e del Nirvana alla liberazione","Come la montagna e lo yoga convergono nella grande liberazione".

*** 11) Gli Altri di Ur

Molti altri personaggi gravitarono attorno all'attività del Gruppo di Ur. Diversi tra loro non hanno collaborato allarivista. Due collaboratori che invece apparvero con i loro nomi effettivi sono Olga Resnevic e Bruno Cicognani.

OLGA RESNEVIC

Nel secondo volume di Ur (Edizione Tilopa), nella prefazione al brano "Il Demone delle Nevi", tratto dalla Vitadi Milarepa, si legge: "La presente traduzione, non essendo riusciti ad avere il testo tibetano, è stata eseguitaper Ur da O.Resnevic e J.E. sulla base di quella tedesca, oggi divenuta assai rara, di Laufer (cit., ed. 1922)".Olga Resnevic Signorelli (1883-1973), nata in Lettonia, laureata in medicina e appassionata di teatro, fumedico della Compagnia dei Balletti Russi. Sposata con Angelo Signorelli (1876-1953), anch'egli medico (1) ecollezionista d'arte, s'insediò a Roma nel 1909. Lei e il marito furono tra i pochi collezionisti attivi negli anniDieci e Venti e diedero vita, in via XX settembre, nel Palazzetto Bonaparte, a un salotto artistico e letterario,che vide la presenza di diversi personaggi rappresentativi del Novecento italiano: De Chirico, Savinio, DePisis, De Pero, Carena, Spadini, Soffici, Oppo, Melli, Ferrazzi. E' appunto nell'ambiente artistico romano cheella conobbe J.Evola. Fu traduttrice in italiano di autori russi, quali Dostojevskij, Tolstoj e Cechov. Del primoautore tradusse anche "Gli Ossessi", ma non in tempo perchè potesse essere utilizzato da Ur. Infatti, semprenel secondo volume di Ur (Edizione Tilopa), nel saggio, firmato Arvo, "Kirilloff e l'iniziazione" si legge in nota:"Uso la traduzione francese di J. Chuzewille (ediz. Bossard, Paris 1925), non avendo avuto modo di vederequella italiana recentissima a cura di O.Resnevic". Nelle edizioni successive di Introduzione alla Magia,

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scompaiono entrambi i riferimenti alla Resnevic (tanto nella prefazione a Milarepa, quanto nel saggio suKirilloff).La Resnevich, nel 1915, conobbe Eleonora Duse (1858-1924), rimanendo legata all'attrice da una vivaamicizia. E' autrice di ben tre biografie sulla Duse, la prima delle quali, edita nel 1938, conobbe unostraordinario successo in Germania nel 1943.Nella seconda metà degli anni trenta, collaborò alla rivista "L'Almanacco della donna italiana" (Firenze1920-1943), scrivendo una serie di articoli sulla cultura e sulle donne russe.La figlia di Olga e Angelo, Maria Signorelli (Roma 1908 - 1992), si dedicò all'arte realizzando, tra le altre cose,dei famosissimi burattini.

(1) Da lui prende il nome, in medicina, il "Segno del Signorelli", cioè l'estrema cedevolezza a pressione delpunto retromandibolare, che si manifesta nelle meningiti.

BRUNO CICOGNANI

Bruno Cicognani (1879-1971) nacque a Firenze. Iniziò la sua attività letteraria scrivendo raccolte di racconticome Sei Storielle di Nuovo Conio (1917), Gente di Conoscenza (1918), Il Figurinaio e le Figurine (1920). Poiscrisse romanzi come La Velia (1923), Villa Beatrice (1931), L'età favolosa (1940), quest'ultimo autobiografico.Le opere più tarde si orientarono verso lo spiritualismo cristiano: Viaggio nella vita (1952), La nuora (1954). Del 1957 è uno scritto per il teatro: Yo, el Rey (1957). La rivista Krur pubblicò, in anteprima, la traduzione dal latino di Cicognani dei primi sei paragrafi di quella«elegantissima oratio» di Giovanni Pico della Mirandola, intitolata dai posteri «De hominis dignitate», eseguitasull'edizione di Basilea del 1601. L'edizione completa, sempre a cura di B. Cicognani, uscì nel 1943, tra lepubblicazioni dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento di Firenze. Scritta nel 1486, Giovanni Pico l'aveva concepita come prolusione introduttiva alla disputa che intendevasostenere al convegno dei dotti del 7 gennaio 1487, a difesa delle sue «Novecento tesi» sulla filosofia, lateologia e la cabala. Ma il convegno non ebbe mai luogo, perchè, come è noto, la pubblica discussione delletesi venne sospesa, per decreto papale. L'orazione è considerata da diversi studiosi contemporanei come unvero e proprio «Manifesto del Rinascimento». In essa si afferma il potere magico dell'uomo di diventare ciò chevuole, fino a quella unitas spiritus con la divinità, che gli permette di sovrastare ogni cosa.Dal punto di vista grammaticale, Cicognani è uno di quegli autori che scrivono, similmente a Ercole Quadrelli"ha" e "ho" senza la acca e con l'accento (à; ò). Ad es., nel quinto paragrafo si può notare l'espressione "T'ò" alposto di "Ti ho".

Un'altra Ur

Quest'anno è morto ISIDORE ISOU (Botosani, Romania 1925 - Parigi, 2007). Anche lui scrisse sulla rivista Ur,ma ovviamente non quella di Evola e Reghini (nel 1927 aveva solo due anni), bensì in quella omonima fondatada Maurice Lemaître (nato a Parigi nel 1926), una rivista letteraria ed artistica, della quale uscirono due serie,una iniziata nel 1950 e l'altra nel 1964. Se Evola appartenne alla prima generazione del Dadaismo, Isou fu unodei maggiori rappresentanti della seconda, proclamando la dittatura ... della lettera!