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Segue a pag. 4 Segue a pag. 8 Segue a pag. 16 Segue a pag. 21 Carissimi, dopo la sospensione per il tempo estivo, ci ritrovia- mo insieme, come assemblea sinodale, nella nostra ... Dieci anni fa moriva Franco Tafu- ni, calciatore della formazione del Matera agli inizi degli anni Settanta e successivamente... Sono passati quattordici anni da quando la Conferenza epi- scopale italiana approvò l’isti- tuzione della Giornata per la... Carissima suor Maria, “un’altra partenza, un nuovo viaggio, nuovi cammini... Intuisco si tratti di un’esperienza molto ... Riflessione dell’Arcivescovo Morire di calcio La rete della vita: coltivare la biodiversità Un saluto a suor Maria Pidello 17 18 30 SET 2019 copia € 1,20 • abb. € 20,00

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Carissimi, dopo la sospensioneper il tempo estivo, ci ritrovia-mo insieme, come assemblea sinodale, nella nostra ...

Dieci anni fa moriva Franco Tafu-ni, calciatore della formazione del Matera agli inizi degli anni Settanta e successivamente...

Sono passati quattordici anni da quando la Conferenza epi-scopale italiana approvò l’isti-tuzione della Giornata per la...

Carissima suor Maria, “un’altrapartenza, un nuovo viaggio, nuovi cammini... Intuisco si tratti di un’esperienza molto ...

Riflessionedell’Arcivescovo

Morire di calcioLa rete della vita:coltivare la biodiversità

Un saluto asuor Maria Pidello

17 1830 SET 2019

copia € 1,20 • abb. € 20,00

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SOMMARIO

Battezzati e inviati.......................................

Riflessione dell’Arcivescovo ......................

Ottobre a Matera .........................................

La rete della vita ......................................

Cultura, società, futuro ...........................

Prendiamoci un tempo per vivere .......

iCammini ....................................................

Un saluto a suor Maria Pidello .............

Verso le mete dello Spirito ....................

Rapolla .......................................................

Crachesi in festa .......................................

Pomarico Celebra Vivaldi .......................

Morire di calcio ..........................................

I vent’anni del “Bibliomotocarro” ........

Cultura sotto l’ombrellone ....................

Eustachio Fasano ....................................

DIRETTORE RESPONSABILEAntonella Ciervo

REDAZIONEGiuditta Coretti, Anna Maria Cammisa,Domenico Infante, Mariangela Lisanti,Marta Natale, Paolo Tritto, Filippo Lombardi, Eustachio Di Simine, Nino Vinciguerra,Giuseppe Longo, Antonello Di Marzio,Rosanna Bianco, Angelo D’Onofrio, Lindo Monaco.

COLLABORATORIDonato Giordano, Maria Teresa Mormando,Vincenzo Montemurro, Pippo De Vitis

Chiuso il 24 settembre 2019

SEDE LogosVia dei Dauni, 20 - 75100 Matera

PROGETTO GRAFICODream Graphics di Antonio [email protected]

STAMPAD&B stampagrafica BongoVia Cartesio, 8 - Gravina in Puglia (Ba)

La redazione si riserva la facoltà di pubblicare o meno gli articoli o lettere inviati e, qualora fosse necessario, di intervenire sul testo per adattarlo alle esigenze di impaginazionee renderlo coerente con le linee editoriali.

Quindicinale della Diocesi di Matera - Irsina

Iscrizione n°1/2009 - Registro della stampa del

Tribunale del 03/02/2009

n. iscrizione ROC 22418 Anno XI

n. 17/18 del 30/09/2019

Contributo libero € 1,20 - Abbonamento € 20,00

ccp n° 12492757 - causale: Logos 2019

intestato a: Arcidiocesi di Matera-Irsina

Scrivici o invia il tuo articolo [email protected]

WWW.LOGOSMATERA.NET

a cura di Filippo LombardiIn buona compagnia…

Ottobre ci offre la testimonian-za di due sante donne che hanno condiviso, sia pur in periodi diversi, la stessa vocazione carmelitana.

Maria Francesca Tere-sa Martin Guérin nasce ad Alençon (Francia) il 2 gennaio 1873. Suoi genito-ri sono i Santi Luigi Martin e Zelia Guérin. È l’ultima dei nove figli nati in que-sta santa famiglia. Ha col-tivato, sia pur nel ristretto spazio di una cella del Car-melo, il desiderio di rag-giungere gli estremi confi-ni della terra per portare a

tutti la gioia del vangelo, tanto da essere proclamata patrona delle missioni.

Teresa d’Avila nasce nel 1515, entra nel Carmelo della sua città a venti anni e dopo aver osser-vato per circa venti anni le tante cose che non andavano come la disorganizzazione della vita co-munitaria da non favorire la vita contemplativa, un certo rilassa-mento decise di porre mano a una riforma dell’ordine carmeli-tano anche in risposta alla rifor-ma protestante. Il desiderio di fedeltà a Cristo per il bene della Chiesa l’ha spinta a sollecitare le sue figlie a pregare tenendo fisso lo sguardo sulle necessità delle missioni.

Sante Teresa di Lisieux e d’Avila

2 Logos - Le ragioni della verità

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di Antonella Ciervo

Tre mesi ci dividono dalla fine dell’anno da Capitale europea della cultura; 90 giorni nel corso dei quali in molti tracceranno bilanci dell’attività cultura-le, di quella sociale, dell’impatto sul turi-smo e sui servizi. Il risultato della più grande sfida di Matera, almeno negli ultimi 60 anni,è quello di aver contribuito a trasfor-mare almeno in parte l’animo dei cittadini, diventati più consa-pevoli del bene in loro possesso: una città unica, parte integrante del panorama interna-zionale. La prova del nove rappresentata dal riconoscimento eu-ropeo, dopo quella di Patrimonio mondiale dell’Umanità che l’U-nesco le assegnò nel 1993, ha fatto tremare i polsi innanzitutto alle istituzioni chiamate ad una prova che in sinte-si ha vissuto alti e bas-si. A toccare con mano, però, il volto europeo di Matera sono stati i ragazzi ai quali va il merito di aver saputo trarre il meglio da que-sta esperienza, lontani da ogni posizione di parte, ma impegnati soltanto a mostrare il meglio del proprio rione, del territorio, di una regione come la Basilicata che molte graduatorie ponevano come fanalino di coda. Oggi anche il dibattito pubblico ruota attorno alle potenzialità oc-cupazionali, alle infra-strutture, alle realtà culturali locali, temi che solo fino a pochi anni fa rappresentava-no il fulcro di confronti nazionali. Da questo

conto alla rovescia non può mancare l’incon-tro fra culture diverse che hanno trovato a Matera il luogo adatto a esprimersi e la sto-ria attraverso la quale percorrere i secoli della civiltà umana. È anche per questo che oggi la città può contare su un cartel-lone di eventi interes-sante, su iniziative che hanno coinvolto anche la Diocesi di Matera-Ir-sina e che ogni giorno contano sulla presen-za di turisti provenienti da tutto il mondo. È arrivato il momento di lasciare che la storia di miseria del passato lasci il posto a un luo-go diverso, proiettato verso il futuro, in cui ogni singolo cittadino senta la responsabilità di essere parte di un progetto complessi-vo dal quale nessuno venga escluso. Il 2019 è solo l’inizio di un nuovo itinerario, di una nuova consapevolezza, di una sorta di rinasci-mento di questa città che non può tornare a rinchiudersi tra le proprie mura millena-rie ma deve guardare avanti, difendere le giovani potenzialità evitandone la fuga ma diventandone al tem-po stesso il rifugio. Quando ci guarderemo indietro pensando a questi anni raccontati dalle guide turistiche del prossimo decennio, penseremo a una sto-ria scritta da ognuno di noi, da esperienze che non dimenticheremo, da incontri che reste-ranno nei nostri ricordi personali. Perchè Matera siamo tutti noi.

L’EDITORIALE Battezzati e inviatiLa Chiesa di Cristo in missione nel mondo

“Io sono sempre una missione; tu sei sempre una missione; ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimen-

to, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l’amore di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo per-ché frutto dell’amore di Dio. Anche se mio padre e mia madre tradissero l’amore con la menzogna, l’odio e l’infedeltà, Dio non si sottrae mai al dono della vita, destinando ogni suo figlio, da sempre, alla sua vita divina ed eterna (cfr Ef 1,3-6)”. Con queste parole papa Francesco vuole risvegliare in tutti i battezzati la coscienza di essere missionari. Lo fa nel suo messaggio per la Giornata missio-naria mondiale del 2019, occasione di un mese missionario straordinario a cento anni dalla pro-mulgazione della Lettera apostolica Maximum illud di papa Benedetto XV.L’universale destinazione della salvezza offerta da Dio in Gesù Cristo condusse Benedetto XV ad esigere il superamento di ogni chiusura nazionali-stica ed etnocentrica, di ogni commistione dell’an-nuncio del Vangelo con le potenze coloniali, con i loro interessi economici e militari. Nella sua Lettera apostolica Maximum illud il Papa ricordava che l’universalità divina della missione della Chiesa esige l’uscita da un’appartenenza esclusivistica alla propria patria e alla propria etnia. L’apertura della cultura e della comunità alla novità salvifi-ca di Gesù Cristo richiede il superamento di ogni indebita introversione etnica ed ecclesiale. Anche oggi la Chiesa continua ad avere bisogno di uomini e donne che, in virtù del loro Battesimo, rispondo-no generosamente alla chiamata ad uscire dalla propria casa, dalla propria famiglia, dalla propria patria, dalla propria lingua, dalla propria Chiesa locale. Essi sono inviati alle genti, nel mondo non ancora trasfigurato dai Sacramenti di Gesù Cristo e della sua santa Chiesa. Annunciando la Parola di Dio, testimoniando il Vangelo e celebrando la vita dello Spirito chiamano a conversione, battezzano e offrono la salvezza cristiana nel rispetto della li-bertà personale di ognuno, in dialogo con le culture e le religioni dei popoli a cui sono inviati. La missio ad gentes, sempre necessaria alla Chiesa, contri-buisce così in maniera fondamentale al processo permanente di conversione di tutti i cristiani. La fede nella Pasqua di Gesù, l’invio ecclesiale batte-simale, l’uscita geografica e culturale da sé e dalla propria casa, il bisogno di salvezza dal peccato e la liberazione dal male personale e sociale esigono la missione fino agli estremi confini della terra”. Emerge con chiarezza l’attualità di quanto già Benedetto XV scriveva cento anni fa e testimonia quanto sia necessaria e intramontabile la neces-sità per la Chiesa di essere missionaria, di offrire la salvezza a tutti, perché tutti siano raggiunti dalla volontà di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati.

3Logos - Le ragioni della verità

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Carissimi, dopo la sospen-sione per il tempo estivo, ci ritroviamo insieme, come

assemblea sinodale, nella nostra concattedrale di Irsina, nel cuore dei festeggiamenti in onore di S. Eufemia, patrona di questa nobile città e compatrona dell’Arcidiocesi, per riprendere i nostri lavori con l’XI sessione.

Mi permetto ripartire da un con-cetto fondamentale che per talu-ni, laici, consacrate e facenti parte del clero, non è per nulla scontato. Ripartiamo dall’etimologia del ter-mine Sinodo: syn (con, insieme) e odos (strada, cammino). Quindi: camminare insieme per costruire un’assemblea. Nella Bibbia dei Set-tanta si trova un altro termine simi-le: ekklesia (ek-kaleo) che traduce il termine ebraico qahal, che indica la convocazione o l’assemblea divi-na. Negli scritti greci dei Padri del-la Chiesa synodos viene trascritto in latino con synodus ed è sempre usato per dire concilium (cum – ca-lere: camminare insieme).

L’etimologia del termine ci dice quanto sia importante l’aspetto comunionale e quello missionario. È a questo che ormai da tempo la Chiesa italiana, soprattutto con Papa Francesco, è continuamente chiamata attraverso un cammino sinodale permanente. Basterebbe rileggere l’ultimo Convegno eccle-siale della Chiesa italiana di Firenze.

Una Chiesa Diocesana che non si interroga, non si confronta, non fa discernimento, si limita solo a re-digere norme e precetti per rego-larizzare la vita sacramentale, la prassi burocratica, imponendo di-vieti o concedendo permessi. Que-sto tipo di Chiesa, che non è frutto di preghiera, di ascolto della Parola e del magistero della Chiesa, mira al ritualismo e a forme di esteriori-tà senza leggere i segni dei tempi e senza ascoltare la voce dello Spirito Santo che parla e soffia nella Chie-sa. Ci si divide tra tradizionalisti e progressisti come se la verità possa essere prerogativa degli uni o degli

altri. Ma la Verità è una sola: Gesù Cristo. È da lui che bisogna ripartire. È lui il programma pastorale. È lui che continua a parlare nel tempo che siamo chiamati a vivere senza lasciarci vivere dal tempo.

Il Sinodo che stiamo celebrando non è teso alla elaborazione di un progetto pastorale altro che miri a risistemare eventuali criticità all’in-terno della nostra Chiesa di Mate-ra–Irsina, ma è da intendersi piutto-sto come un momento propizio per ritornare a cogliere il disegno della storia della salvezza che la Sacra Scrittura ci riporta. Questo signifi-ca che il Sinodo sottende significati teologici importanti e fondamenta-li. Il camminare insieme dei disce-poli con Gesù, che è la Via, e nello stesso tempo la condizione pelle-grinante di tutto il popolo santo di Dio richiamano alcuni dei significati teologici.

Alla luce di queste considerazioni si può dire che vivere la sinodalità si-gnifica fidarsi di Gesù e del Vange-lo, significa camminare con Gesù, vino nuovo, come Chiesa desidero-sa di accogliere nei suoi otri nuovi lo stesso messaggio di ieri, di oggi, per sempre, significa una Chiesa in uscita che cammina con gli uomini di questo tempo affinchè insieme, come già tante volte abbiamo ripe-tuto, si possa guardare verso l’Oltre e verso l’Altrove.

Questo è lo spirito sinodale: pro-fonda e ampia collaborazione tra vescovo e presbiteri, tra religiosi e laici non per interessi personali, di parte o parrocchiali. Siamo l’unica Chiesa di Cristo! Con questo spirito non possiamo cercare il plauso o la visibilità personale, ma promuove-re la Chiesa Diocesana sentendo forte il senso di appartenenza. Sa-cerdozio ministeriale e sacerdozio comune dei fedeli nella comunione, nel dialogo fraterno e schietto, nel progettare invocando la forza dello Spirito Santo, con animo contrito e penitente ma nello stesso tempo con quella sapienza che connota, nelle diversità e identità, la vita dei

figli di Dio, ci connota come fratelli dell’unica famiglia che è la Chiesa in cammino verso la patria eterna, verso Dio, Uno e Trino.

Una Chiesa che ascolta ed è ascol-tata, una Chiesa capace di favorire l’ascolto al suo interno, tra i suoi fi-gli, è il tratto distintivo di una Chiesa in cammino. Nell’era digitale e delle nuove tendenze della comunicazio-ne, paradossalmente, ciò che man-ca è la capacità di ascoltarsi. Non dobbiamo lasciarci travolgere dal virtuale ma, mentre facciamo sag-giamente uso delle nuove tecno-logie, dobbiamo coltivare la nostra identità: essere persone capaci di relazionarsi guardandosi negli oc-chi.

Ripensando ai due discepoli di Em-maus riaccendiamo l’entusiasmo ma anche lo stupore tipico di chi ha incontrato realmente il Signore ri-sorto. Facciamo nostre le parole di Paolo: “Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quel-li che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e ri-suscitato per loro.” (2 Cor 5,14). È da questa esperienza che scaturisce il nostro agire e operare nella Chiesa e per la Chiesa. È un’urgenza.

«La “sinodalità”, perciò, ha una ten-sione maggiore della “collegialità”: quella infatti si riferisce a pastori e fedeli in forza della relazione di co-munione che si crea con il battesimo fra tutti i rigenerati in Cristo; questa invece comprende tutti e solo i ve-scovi in virtù del sacramento dell’or-dinazione episcopale e della comu-nione con il collegio episcopale» (Angel Antón, Strutture sinodali dopo il Concilio. Sinodo dei vescovi – Conferenze episcopali, in «Crede-re Oggi», 13 [1993/4], 91).

In questo spirito il cammino sinoda-le aiuta a capire quello che è il “pro-getto del Dio trinitario che ha deciso di incamminare la famiglia umana sulle vie dell’umanizzazione sempre crescente, dell’alleanza con lui sem-

RIFLESSIONE DELL’ARCIVESCOVO ALLA RIPRESA DEI LAVORI SINODALI

Concattedrale di Irsina 12 settembre 2019

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pre più intima e raffinata”.

Inoltre la sinodalità ci aiuta a fare memoria di un passato molto vici-no a noi: non è una Chiesa che ini-zia ora la sua Storia. La grazia che ha animato, sostenuto e illuminato questo cammino è la stessa profe-zia che anima, sostiene e illumina una Chiesa che ancora oggi non è arroccata e chiusa in se stessa ma continuamente aperta all’azione dello Spirito Santo. Una Chiesa in uscita che sa dialogare, confron-tarsi ed annunciare, con fiducia e speranza la forza dirompente del Vangelo.

Carissimi, stiamo portando avan-ti un impegno che ci sta vedendo sempre più coinvolti, nonostante momenti di stanchezza, di scon-forto sapendo che questo lavoro è solo l’inizio del vero e proprio cam-mino, guardando fiduciosi al futuro.

Il messaggio di Papa Francesco per il Mese Missionario Straordinario dell’Ottobre 2019 ha come tema: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cri-sto in missione nel mondo”. Riporto un passaggio: Una Chiesa in usci-ta fino agli estremi confini richiede conversione missionaria costante e permanente. Quanti santi, quante donne e uomini di fede ci testimo-niano, ci mostrano possibile e pra-ticabile questa apertura illimitata, questa uscita misericordiosa come spinta urgente dell’amore e della sua logica intrinseca di dono, di sacrificio e di gratuità (cfr 2 Cor 5,14-21)! Sia uomo di Dio chi predica Dio (cfr Lett. ap. Maximum illud). È un mandato che ci tocca da vicino: io sono sem-pre una missione; tu sei sempre una missione; ogni battezzata e battez-zato è una missione. Chi ama si met-te in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che genera-no vita. Nessuno è inutile e insignifi-cante per l’amore di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo per-ché frutto dell’amore di Dio. Anche se mio padre e mia madre tradisse-ro l’amore con la menzogna, l’odio e l’infedeltà, Dio non si sottrae mai al dono della vita, destinando ogni suo figlio, da sempre, alla sua vita divina ed eterna (cfr Ef 1,3-6).

Il Sinodo, fino a questo momento, ci ha detto cose molto significati-ve vedendoci impegnati su questi

fronti:

• Stiamo analizzando, passo dopo passo, lasciandoci guida-re dall’instrumentum laboris, la situazione attuale della nostra Chiesa di Matera – Irsina. Tante cose positive da incrementare, tante altre da correggere, altre ancora fuorvianti.

• Stiamo maturando delle scel-te, sotto l’azione dello Spirito Santo, nella preghiera quoti-diana dei confratelli presbiteri, dei diaconi, delle religiose e dei religiosi, di tante sorelle e fra-telli, di gruppi, comunità, asso-ciazioni, cammini di fede, con uno sguardo rivolto verso l’oggi dell’uomo per leggere il disegno di Dio. Sarebbe molto riduttivo arrivare solo ed esclusivamente a mettere per iscritto delle nor-mative da attuare. Non si tratta di fare delle cose ma delle vere e proprie scelte in un processo di cambiamento missionario: se ne avverte sempre di più l’urgen-za.

• Ci stiamo rendendo conto che non si tratta nemmeno di avere idee chiare a livello teorico per progettare strategie pastorali, bensì di entrare nella consape-volezza di essere Chiesa, sapen-do gioire e soffrire per amore di Cristo e della stessa. Da questo amore scaturisce il desiderio di essere Chiesa in uscita.

Non dimentichiamo che Papa Francesco nell’Evangelii gaudium ci esorta a coltivare la passione mis-

sionaria che ci caratterizza affinchè una nuova evangelizzazione, in un mondo in continua e repentina tra-sformazione e che richiede di esse-re ascoltato, accolto, sostenuto, in-coraggiato, guidato, si realizzi.

Rimeditando sul brano dei disce-poli di Emmaus (Lc 24), ci rendia-mo conto che non basta parlare a Gesù. Se non abbiamo davvero la percezione di camminare con Gesù, lasciandoci infiammare il cuore dall’ardore che solo il Risorto può suscitare e che trova il suo culmine e la sua fonte nell’Eucaristia, non si realizza la passione missionaria che ascolta, accoglie, sostiene, incorag-gia, guida. È lo spezzare del pane consacrato che rimette in piedi e ridona quell’energia necessaria per essere come Gesù ci vuole: essere lui stesso.

Anche noi stiamo rivivendo l’e-sperienza della Chiesa di Gerusa-lemme che, riunitasi in assemblea, come gli Apostoli e gli anziani di-scutiamo insieme (cfr. At 15,12). “C’è voluto del tempo – il tempo dell’e-sperienza ampia descritta nei primi 15 capitoli degli Atti – perché il seme del Vangelo attecchisse, crescesse e maturasse nel cuore dei discepoli. È stata una storia di iniziative, equivoci e (in)comprensioni successive, che il Signore stesso ha portato avan-ti in prima persona. Dio è Signore della storia. Sua fatica è aprirci gli occhi perché vediamo la realtà in-vece delle nostre idee, ossia dei no-stri idoli. Il cammino è stato lungo e graduale. La prima Chiesa è tutta di Giudei, uguali agli altri, che però cre-dono Gesù come l’inviato di Dio. Ad

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essi sono assimilati i proseliti. I primi pagani convertiti probabilmente si facevano anche circoncidere. Suc-cessivamente, proprio ad Antiochia, non si impose più la circoncisione e l’assimilazione culturale ad Israele. Sono “giustificati mediante la fede in Gesù Cristo” (Gal 2,16; At 13,39): “Dio purifica i loro cuori mediante la fede” (At 15,9)” (Atti degli Apostoli, p. Guido Bertagna e p. Silvano Fau-sti, 11 marzo 2013).

Infatti, una Chiesa che ha il coraggio di affrontare le nuove sfide, cercan-do un discernimento comune, è lo stile che consente allo Spirito San-to di guidare, sostenere e suggerire. Anche noi vogliamo arrivare a dire: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi» (At 15,28).

Se questo, da sempre, è lo stile della Chiesa dobbiamo continuare a guardare avanti fiduciosi. Papa Francesco ci è di grande esempio. Rientrando in Italia dal suo ultimo viaggio missionario in terra d’Afri-ca, ha limpidamente detto, com’è nel suo stile, «Non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne si-ano, perché c’è di mezzo la salute spirituale di tanta gente, che ci sia il dialogo, che ci sia la correzione se c’è qualche sbaglio, ma il cammino nello scisma non è cristiano».

Lo stile sinodale, rispettando i ruoli, i carismi, la ministerialità, si mette a servizio della Chiesa. In questo caso della nostra Chiesa locale. È quanto stiamo facendo, se pur a volte con fatica e con non poche difficoltà ad intra e ad extra. Ma dobbiamo an-che dire, con altrettanta verità, che quanto si sta facendo fa superare quei muri che a volte appaiono insor-montabili, perché ciò che caratteriz-za il nostro operare è la forte “fede” nel percorso sinodale. Se non fosse così tutto sarebbe scontato e invece Dio permette le critiche, le fragilità, perché sono necessarie per vaglia-re al meglio quanto il Signore ci sta chiedendo.

Non perdiamoci d’animo. Papa Francesco, ricevendo i Missionari d’Africa (Padri Bianchi) e le Suore Missionarie di Nostra Signora d’A-frica (Suore Bianche), in occasione della celebrazione del 150° anniver-sario della fondazione della Società dei Missionari d’Africa e della Con-gregazione delle Suore Missionarie

d’Africa, nella Sala Clementina, l’8 febbraio 2019 dice: “Lo Spirito fac-cia di voi dei costruttori di ponti tra gli uomini. Là dove il Signore vi ha mandati, possiate contribuire a far crescere una cultura dell’incontro, essere al servizio di un dialogo che, nel rispetto delle differenze, sa trarre ricchezza delle diversità degli altri”.

Riprendo ancora un pensiero del messaggio di Papa Francesco per il Mese Missionario Straordinario dell’Ottobre 2019 quando dice: La nostra appartenenza filiale a Dio non è mai un atto individuale ma sempre ecclesiale: dalla comunione con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, nasce una vita nuova insieme a tanti altri fratelli e sorelle. E questa vita divina non è un prodotto da vendere – noi non facciamo proselitismo – ma una ricchezza da donare, da comunicare, da annunciare: ecco il senso della missione. Gratuitamente abbiamo ricevuto questo dono e gratuita-mente lo condividiamo (cfr Mt 10,8), senza escludere nessuno. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi arri-vando alla conoscenza della verità e all’esperienza della sua misericordia grazie alla Chiesa, sacramento uni-versale della salvezza (cfr 1 Tm 2,4; 3,15; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48).

A Maria, la nostra Madonna della Bru-na, affidiamo il cammino sinodale del-la nostra Chiesa. La Vergine della visi-tazione ci solleciti ad uscire dal chiuso delle nostre presunte sicurezze o pau-re, per metterci in movimento sapen-do di portare nella nostra carne quella presenza divina, che nell’Eucaristia ci fa essere una cosa sola con Cristo.

A S. Eustachio e S. Giovanni da Ma-tera chiediamo protezione.

“Con S. Eufemia vogliamo riprender-ci il nostro Credo, meditarlo, annun-ciarlo e mostrarlo con la nostra vita.

Chiediamo a lei, come i Padri con-ciliari di Calcedonia, che ci aiuti ad uscire dalla confusione dei tanti in-segnamenti fuorvianti che bussano alle nostre porte ed essere orgoglio-si di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa.

Noi tutti, carissimi fratelli e sorel-le, siamo chiamati, sull’esempio dell’amata e venerata S. Eufemia, ad essere come luce che splende soprattutto nei luoghi di buio, di con-fusione, di smarrimento; come sale che dà sapore ad una vita troppo spesso disprezzata, parcheggiata in luoghi di solitudine, scartata. Lascia-mo che il linguaggio dell’amore par-li con le azioni, con le opere più che con le parole. Lasciamo che la nostra preghiera salga a Dio copiosa attra-verso una presenza assidua facen-doci prossimi degli ammalati, degli anziani, dei giovani spesso scorag-giati e delusi. C’è bisogno di vicinan-za per riscoprire che il vero amore è preghiera quando si traduce in con-divisione, nel camminare insieme, con gioie e dolori, attese e speranze.

S. Eufemia con la sua fede vera e autentica ha saputo testimoniare fino all’ultimo respiro l’amore per Dio e per gli altri. Aveva ben capito che non si può amare Dio senza amare i fratelli” (Dal mio messaggio scritto agli irsinesi per la festa di S. Eufe-mia).

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Nel mese di ottobre, la città pian piano riprende il suo volto tipico e le sue attività

ordinarie, dopo una estate rovente tra invasioni di turisti, eventi e ma-nifestazioni non stop e persino la realizzazione di alcune scene di un film d’azione della serie dell’agen-te segreto britannico 007. Il “film” che va ora in scena nelle stradine è quello solito: bambini che riprendono ad andare a scuo-la, adulti che tornano al lavoro, traffico e cantieri impazziti. Ri-prende anche il lavoro del Sinodo, con il desiderio di portare il senso genuino della fede dentro le real-tà in cui la vita si esprime in tutte le sue forme, dai rapporti familiari all’ambito lavorativo, dalle occa-sioni di amicizia e socialità a quel-le più propriamente d’impegno ci-vile ed ecclesiale. Con il desiderio, riacceso, di prenderci cura della nostra esistenza e di quella degli altri a noi vicini.Ormai agli sgoccioli del 2019, risul-ta evidente a tutti il fatto che esser materani è insieme una fortuna e una responsabilità. Una specifi-cità di cui essere orgogliosi e fieri,

benché ancora difficile da leggere e interpretare. Questa città ha un volto inconfondibile frutto di una lunga storia ricca di valori, fatiche e sacrifici; una storia sempre ani-mata dall’apertura discreta e ac-cogliente della vita. Ciò che fa di un centro abitato qualcosa di me-raviglioso è il buon rapporto tra gli spazi naturali ed architettonici e la varietà delle culture di chi abi-ta questi spazi. Il bello sta anche nella discontinuità, nella varietà, nell’intensità con cui cambiano i paesaggi che attraversiamo, sia concreti che sociali.La riflessione sul presente della nostra città, è una presa di co-scienza del suo continuo cam-biamento pur se con un’indole all’apparenza pigra e sonnolente. Il futuro ci interroga ed è bene af-frontarlo con creatività e lungimi-ranza, senza limitarsi a subire e rattoppare le situazioni di emer-genza e senza forzare la mano ad arraffare quel poco di risorse che il turismo di questi tempi porta con sé, come fosse “l’America”. Allora non solo di “volto” si può parlare, ma anche di “anima”, in-

tendendo con questo termine l’in-dole e il carattere del popolo ma-terano, come si può evincere dai suoi comportamenti più comuni e dai sentimenti più ampiamen-te condivisi. Un animo senz’altro silenzioso, operoso ma non per questo sottomesso o rassegnato. Del carattere di questa città ne sono stati prova in questi mesi da capitale della cultura, il senso dell’ospitalità e dell’accoglienza, la pazienza e la tenacia rispetto ai ritardi della politica e dell’ammini-strazione, lo stupore e la curiosità per il nuovo e per tutte le diversi-tà che hanno scelto la nostra cit-tà per incontrarsi e per dire la loro identità. Tanti gruppi professio-nali, tante associazioni culturali, dalle più piccole alle più grandi, nazionali e internazionali, son ve-nute a scoprire il nostro mondo e ci hanno arricchito. Ma anche tan-te famiglie hanno scelto Matera come tappa per qualche giorno di vacanza.È da questo capitale umano che vogliamo riprendere con slancio le attività dell’anno sociale e pasto-rale 2019/2020.

Giuditta Coretti

Una città tutta da vivere

Ottobre a MateraAl via il nuovo anno sociale e pastorale

7Logos - Le ragioni della verità

17/18 - 30 SET 2019

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Sono passati quattordici anni da quando la Conferenza episcopale italiana approvò

l’istituzione della Giornata per la salvaguardia e la difesa del creato, da celebrare il 1° settembre di ogni anno, con l’intento di affermare l’importanza, anche in ambito ec-clesiale, della tutela dell’ambien-te con le sue implicazioni etiche e sociali. In realtà, la sollecitudine dei cristiani nei confronti dell’emer-genza ecologica era stata dibattu-ta nella VI Assemblea generale del Consiglio mondiale delle chiese (Vancouver, 1983), con un appello a tutte le chiese affinché avviassero un «processo conciliare di mutua dedizione a giustizia, pace e sal-vaguardia del creato». Il tema, più tardi, fu al centro della prima As-semblea ecumenica delle chiese europee (Basilea 1989) e confluì nella Charta oecumenica, firmata nel 2001 a Strasburgo, in cui furono definite le linee guida per la cresci-ta della collaborazione tra le Chiese cristiane in Europa. Va detto che la Chiesa ortodossa si mostrò subito sensibile a questa problematica, sollecitata nel 1989 da una lettera enciclica di Dimitrios I, Patriarca di Costantinopoli, che denunciava le gravi conseguenze legate al dete-rioramento dell’ambiente e richia-mava la responsabilità delle chiese cristiane nei confronti del creato, opera di Dio. Sempre il Patriarcato di Costantinopoli, per molti anni, ha promosso numerosi incontri di studio sui temi dell’ambiente, gra-zie anche alla sensibilità di Barto-lomeo I e al contributo di teologi di spessore, tra i quali Giovanni Ziziou-las, metropolita di Pergamo. Quan-to alla Chiesa Cattolica l’evento più importante, nonché riassuntivo di quanto già fatto, è stata l’enciclica Laudato si’, sulla cura della casa comune, di Papa Francesco (2015), che ha richiamato non solo i cri-stiani, ma tutti gli uomini ad una “conversione ecologica globale”, ad “un’autentica ecologia umana”, per eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondia-le e correggere i modelli di cresci-

ta incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente.Oggi la problematica ecologica è strettamente connessa al cammi-no ecumenico e le chiese cristiane si ritrovano unite nel celebrare non solo il 1° settembre come Giornata per la custodia del creato ma tutto il periodo che va fino al 4 ottobre, fe-sta di san Francesco di Assisi, come “Tempo del creato”. È il tempo da dedicare alla preghiera e all’azione per la tutela della “casa comune”, nella quale Dio ha posto l’uomo come custode e non sfruttatore. È l’impegno comune dei cristiani af-finché promuovano il rispetto della terra e delle sue risorse, denuncian-do “l’avidità umana e l’indifferenza nei confronti degli esseri umani e dell’intera creazione”.Quest’anno, una Dichiarazione congiunta del Consiglio delle con-ferenze episcopali d’Europa (Ccee) e della Conferenza delle chiese d’Europa (Kek) sui temi ambien-tali mette in guardia dal pericolo di interruzione della “rete della vita”, fondato sul rapporto di interdipen-denza tra il singolo individuo e il si-stema di relazioni in cui è immerso. La natura e gli esseri viventi sono da intendersi come “sistemi viventi” dove il singolo è strettamente inter-dipendente dai suoi simili e dal si-stema nel suo insieme. Anche gli esseri umani non sono esenti da questo sistema, per cui l’uso improprio delle risorse naturali e la loro inopinata distruzione provocano conseguenze nega-tive a tutte le latitudini.Quanto alla chiesa italiana (CEI), il tema proposto per il 2019 è “Coltivare la biodi-versità”, che prende spunto dal documento preparatorio al prossimo Sinodo dedica-to all’Amazzonia, polmone del pianeta gravemente fe-rito dall’avidità degli uomi-ni. Il messaggio dei vescovi esorta i cristiani a rendersi conto dell’importanza del-la tutela della biodiversità, realtà complessa, quanto preziosa e fragile; in essa si

contempla il miracolo della gran-de ricchezza vitale dell’ecosistema terrestre, che si dispiega sul pianeta in “forme splendidamente variega-te”. È un patrimonio da custodie e coltivare a tutti i livelli, in quanto il suo deterioramento comporta gra-vi conseguenze per tutta l’umanità, soprattutto le future generazioni.I vescovi ricordano che è un atto irresponsabile intaccare la fragile rete di una creazione in cui tutto è interconnesso, mettendo a rischio fondamentali strutture della vita. È quanto detto anche dalla Lau-dato si’, che richiama la vocazione cristiana a essere strumenti di Dio, affinché il nostro pianeta sia quel-lo che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza. Tutti, esorta l’enciclica, dobbiamo collaborare alla cura della creazione, “ognuno con la propria cultura ed esperien-za, le proprie iniziative e capacità”. Durante questo “Tempo del creato” le comunità locali, sono invitate a chiedersi qual è la propria “Amaz-zonia”, cioè la realtà più prossima, quanto all’aspetto ambientale e culturale che sia maggiormente mi-nacciata, e come contribuire in con-creto alla sua salvaguardia, tutela e valorizzazione.

Donato Giordano

La rete della vita: coltivare la biodiversitàTempo del creato 2019 (1° settembre - 4 ottobre)

8 Logos - Le ragioni della verità

17/18 - 30 SET 2019

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Nei gesti quotidiani dei nostri sacerdotic’è l’amore di Dio

SOSTIENI LA LORO MISSIONE CON UN’OFFERTAUn abbraccio fraterno, una parola di conforto, un momento di preghiera condivisa… con i loro gesti i nostri sacerdoti ci trasmettono l’amore di Dio. Tutti loro vivono con noi, ogni giorno, una Chiesa solidale e partecipe.

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L’OFFERTA È DEDUCIBILE

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«L’università non può es-sere, ed è certamente un rischio che corre,

un luogo accademico chiuso, ri-piegato su se stesso e separato dalla realtà. La terza missione infatti ricorda che l’università è il cuore pulsante di ogni autenti-co sistema di sviluppo sociale». Monsignor Claudio Giuliodori, as-sistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sa-cro Cuore, ha introdotto così i la-vori del seminario dei docenti di Teologia e degli assistenti pa-storali nell’ambito delle attività di “Università Cattolica incontra Matera 2019”. La Terza Missione dell’Università: cultura, società, futuro. Pensare e vivere l’Univer-sità Cattolica in “uscita missiona-ria” (Christus Vivit 222), «Questo Seminario è sicuramente anche frutto di un confronto avviato due anni fa, quando recandomi presso la sede centrale di Milano dell’U-niversità Cattolica ho avuto modo di chiedere un progetto di colla-borazione con la nostra Chiesa locale incontrando sia il Rettore Franco Anelli, sia il Preside Dome-nico Bodega e il Direttore del To-

niolo Enrico Fusi, e Mons. Claudio Giuliodori», ha detto monsignor Caiazzo. «L’intento è quello di far rientrare i nostri giovani nella terra di Lu-cania che vede lo spopolamen-to delle sue energie e menti più preziose che quotidianamente sono costrette ad emigrare. Ogni anno più di 1.500 giovani lasciano la nostra terra». Un’idea che nel tempo è stata seriamente presa in considerazione dall’Università Cattolica: «Siamo riusciti a coin-volgere diverse scuole superiori della città di Matera, così come a Potenza e nella Diocesi di Melfi – Rapolla – Venosa», ha continua-to monsignor Caiazzo, al punto che questo progetto rappresenta «un altro tassello che aggiungia-mo alle tante altre iniziative che come Chiesa stiamo promuoven-do e portando avanti sull’inte-ro territorio della Basilicata». Un esempio virtuoso di Terza missio-ne di un ateneo che contribuisce alla valorizzazione e allo sviluppo del territorio. «Oggi l’Università è obbligata a dialogare con il mon-do che è attraversato da profon-de trasformazioni e problemi e da

molteplici crisi di varia natura: crisi economiche, finanziarie, del lavo-ro; crisi politiche, democratiche, di partecipazione; crisi ambienta-li e naturali; crisi demografiche e migratorie» ha detto monsignor Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, «è in tale orizzonte che si deve collocare la terza missione dell’Università perché questa isti-tuzione, fedele alla propria natura specifica, si ponga seriamente a confronto con le nuove sfide epo-cali». Qual è in concreto il contributo che gli atenei cattolici? «La Terza missione costituisce per le nostre istituzioni un’occasione privilegia-ta – ha affermato il rettore Fran-co Anelli – non solo per allargare gli orizzonti delle collaborazioni extra-accademiche, ma ancor prima l’impiego della ragione e della cultura oltre gli schemi con-sueti con l’intento di raggiungere presone anche distanti dal nostro modo di vivere e di pensare». E da questo punto di vista «l’insegna-mento della teologia può fornire un aiuto importante per la sua «dimensione culturale».

Cultura, società, futuroA Matera il seminario di Teologia sulla Terza Missione dell’Università Cattolica

Questi giorni portano alla mente quella canzone che dice: “L’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va”...Ma settembre come si è soliti dire, è l’inizio di un nuovo anno, proprio perché siamo motivati a crea-re e pensare ai nostri progetti, un modo di sfruttare al meglio tutte quelle energie che abbiamo guada-gnato in questi mesi estivi... Anche per noi giovani studenti stanno terminando questi giorni di riposo, e con l’inizio di un nuovo anno accademico e non solo, siamo ancora più presi dalle nostre cose... Il cellulare, la TV, la palestra, i social, il lavoro, le chat, il traffico, lo shopping, i vari corsi, le faccende dome-stiche, le conferenze, riunioni, il disbrigo di pratiche burocratiche, la scuola, lo studio, ed anche il tem-po di dormire (poco) e per mangiare... un boccone e via!Allora mi chiedo ci abbiamo mai pensato a tutto questo? Ci lasciano un tempo per noi?E noi...? Noi siamo meno importanti di tutto ciò? Non lasciamoci scappare il tempo di vivere... Non

lasciamo che il tempo ci sfugga tra le dita come se fosse vento; fermiamoci a pensare, raccogliamoci in luogo appartato, noi e il nostro Dio ed ascoltiamo la sua voce, oggi Lui vuole parlarci...Per una volta lasciamo spento il nostro cellulare, dimentichiamolo per poterci occupare un po’ di noi stessi e di Lui. Chiudiamo il nostro notebook e con lui tutto il suo mondo, prendiamoci questo tempo di riposo e pla-chiamo la nostra sete, cercando Quella fonte di ac-qua viva che sgorga dal cuore di Dio.Allora da giovane mi rivolgo soprattutto ai giova-ni, forse ne abbiamo più bisogno e siamo ancora in tempo, per questo nuovo inizio che è settembre anche per un solo giorno spegniamo il cellulare, dimentichiamo i beni materiali e i nostri impegni, seguiamo il cammino che Dio ha tracciato per noi, senza volerlo indagare, senza indagare le ragioni di ciò che accade, senza chiederci troppi perché... e “prendiamoci un tempo per vivere”!

Maria Teresa Mormando

Prendiamoci un tempo per vivere

10 Logos - Le ragioni della verità

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IL CAMMINO DELLE GENERAZIONI

Anche il maestro mons. Marco Frisina sarà ospite a Matera del progetto religioso-culturale de I Cammini. Il compositore - di caratura mondiale per la sua produzione musicale ispirata a temi sacri - sarà protagonista e direttore di un concerto a cui prenderanno parte i cori locali che eseguiranno diverse melodie liturgiche di pregevole fattura. Il curriculum professionale del sacerdote è molto ricco di esperienze e titoli non di poco conto. È stato ordinato

presbitero nel 1982, da allora svolge il suo ministero nella diocesi di Roma. Ha ricoperto la carica di assistente al Pontificio Seminario Romano Maggiore e poi direttore dell’Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma dal 1991 al 2011. Oggi è consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, presidente della Commissione Diocesana di Arte Sacra e rettore della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere.

alla scoperta delle tracce di religiosità nel territorio della Basilicata

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TRA RADICI E FUTURO Il contributo della Arcidiocesi di Matera-Irsina al percorso di Matera 2019

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MONSIGNORFRISINACOMPOSITOREECLETTICO DIMUSICA SACRA

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TERRE DI LUCE RADICI E PERCORSI

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“Cani e gatti” è l’esilarante commedia teatrale che sarà inscenata dall’associazione culturale Skenè, a ottobre 2019, nell’ambito del “Cammino delle generazioni”. Una rappresentazione teatrale molto divertente ma al contempo caratterizzata da momenti di riflessione sul matrimonio, compreso le relative dinamiche di una vita di coppia, e sul confronto tra diverse generazioni.Il contesto iniziale in cui si svolge la scena è quello di una famiglia apparentemente tranquilla, ma che nel caso di Gemma e Felice è turbata progressivamente dall’eccessiva gelosia di lei. Una gelosia che crea non pochi problemi nel rapporto, a tal punto da sfociare in diverse litigate. Successivamente intervengono i genitori di Gemma, Don Salvatore e Maria, i quali studiano e utilizzano uno stratagemma: fingersi in fragorosa lite per dimostrare alla figlia quanto sia dannoso e pericoloso litigare in continuazione e, soprattutto, per indurre alla riflessione i due giovani su come un buon matrimonio si basi sull’armonia e la serenità. Lo spettacolo, il cui testo è a firma del celeberrimo autore e attore Eduardo Scarpetta, è di origine napoletana. L’opera teatrale, con verve umoristica e ironica, risalta le qualità della pazienza e della reciproca comprensione all’interno dei rapporti, in particolar modo nel matrimonio. Lello Chiacchio, attore e regista dell’associazione Skenè, rimarca quale sia la chiave per una famiglia in crisi: “Bisogna riconsiderare e, soprattutto, accettare che la vita di ciascuno è fatta sia di luci che di ombre. Solo così può giungersi a una riconciliazione, altrimenti è inevitabile una disgregazione della famiglia”. Infine, altro aspetto da mettere a fuoco è il rilevante apporto dei due genitori al fine di ricongiungere la giovane coppia.“È ovvio – afferma Chiacchio – che esiste una differenza di vedute tra la coppia anziana e quella giovane. Però è essenziale notare che la prima riesce a tramandare alla seconda i propri valori e gli antidoti su come affrontare i problemi di coppia attraverso l’espediente di una finta lite. Ogni generazione può donare e arricchirsi dalla condivisione di idee e attività in uno scambio di esperienze e di vissuto”.

C5 IL CAMMINO DELLE GENERAZIONI

CONFRONTO TRA GENERAZIONINELLA COMMEDIA “CANI E GATTI”

»

Tiene corsi presso la Pontificia Università della Santa Croce.Il suo repertorio compositivo consta di numerosi canti liturgici molto graditi in Italia e all’estero. Nel 1984 ha costituito il Coro della Diocesi di Roma: mons. Frisina, direttore della corale, anima le più importanti liturgie diocesane, alcune delle quali presiedute dal Santo Padre. Nel 1991 è entrato a far parte del progetto internazionale della Rai “Bibbia” sia come consulente biblista che autore delle musiche dei film prodotti. Tra l’altro, negli anni a seguire, ha ideato e scritto le colonne sonore di molti film a tema storico e religioso.Il sacerdote annovera, tra le sue produzioni in campo teatrale, l’opera de “La Divina Commedia”, prima rappresentazione musicale del conosciuto capolavoro dantesco. Altro lavoro considerevole risulta “Il miracolo di Marcellino”, ispirato al romanzo di José Maria Sanchez Silva “Marcellino Pane e Vino”. Ha composto le musiche di “In Hoc Signo”, eseguite nel 2013 a Belgrado in occasione del millenario dell’Editto di Milano, e dell’Opera-Oratorio “Passio Christi” andata di scena nel 2018 a Malaga. Ha coordinato e promosso il Primo Convegno delle Corali Italiane, svoltosi a Roma nel settembre 2014, e del Giubileo delle Corali nell’ottobre 2016, dove hanno partecipato oltre 8.000 cantori provenienti da tutto il mondo. Dal 2015 ricopre il ruolo di direttore artistico del “Concerto con i Poveri e per i Poveri” che si tiene in aula Paolo VI.

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ARCIDIOCESI DI Matera-Irsina

SUPPLEMENTO A “LOGOS LE RAGIONI DELLA VERITÀ”, N. 17/18 DEL 30/09/2019

A ottobre 2019 è tempo di tirare le somme per il progetto religioso-culturale deI Cammini che si avvia verso la conclusione. L’Arcidiocesi di Matera-Irsina, capofila dell’iniziativa – insieme all’associazione Parco Culturale Ecclesiale Terre di Luce, in co-produzione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019 – promuove a pieni voti il percorso compiuto da I Cammini.Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo della diocesi di Matera-Irsina, esprime tutto il suo entusiasmo e traccia un bilancio positivo: “Il nostro percorso si sta rivelando positivo e risulta molto apprezzato, migliaia di persone hanno seguito e continuano a seguire questi appuntamenti con grande interesse e partecipazione. Le iniziative proposte sono effettivamente concrete: c’è la possibilità di incontrarsi, ascoltare e riflettere”. Un successo che raccoglie suggerimenti sulla pianificazione del programma, come “organizzare meno eventi e di concentrare l’attenzione sulla partecipazione con degli inviti diretti alle associazioni e, in genere, alla persone”, e che intravede un viatico per il futuro: “Stiamo ponendo le basi – rilancia il Vescovo – per una prospettiva futura con altri progetti costruttivi, dopo l’anno di Matera Capitale europea della cultura. Perciò è nato il Parco Culturale Ecclesiale Terre di Luce, uno strumento importante per infondere l’importanza del binomio inscindibile fede e cultura”.Le parole di mons. Antonio Giuseppe Caiazzo collocano l’accento su una vigorosa linea di continuità tra religione e cultura: “Fede e cultura sono un connubio indissolubile soprattutto nella nostra terra: gli eventi, che coinvolgono le persone del territorio lucano, sono caratterizzati dalla tradizione religiosa. E fare cultura – continua il prelato - significa partire da ciò che abbiamo e riempirlo di contenuti, com’è avvenuto con l’evento di Avvenire nel contesto della festa patronale di Maria SS. della Bruna. In quest’ultimo caso l’Arcidiocesi di Matera-Irsina non ha fatto mancare il suo contributo in termini di idee, sono state poste tematiche specifiche all’attenzione della gente. L’insegnamento evangelico della Chiesa deve essere mantenuto vivo nel mondo attuale”. Il progetto de I Cammini coinvolge tutte le diocesi della Regione Basilicata con un intento inequivocabile: “Far conoscere ciò che abbiamo – asserisce il Vescovo. È importante intendere che, per esempio, Acerenza è la ‘Città della Cattedrale’ perché in questa cittadina si situa la Cattedrale più grande della Basilicata”. Non solo, l’iniziativa vuole raggiungere un altro obiettivo importante: “Instillare un seme, un nuovo modo di pensare nelle diverse diocesi della regione lucana: è necessario fuoriuscire dall’Io per approdare al ‘Noi’, dove si può dialogare e trovare il modo per valorizzare questa terra”.Dunque, non resta che continuare a seguire “step by step” le tracce de I Cammini, attraverso le ultime tappe di un percorso dell’anima che invita a riflettere e “camminare insieme”.

MONS. CAIAZZO, UN BILANCIO SU “I CAMMINI: “PERCORSOCOINVOLGENTE E CONCRETO”

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Carissima suor Maria, “un’altra partenza, un nuovo viaggio, nuovi cammini... Intuisco si tratti di un’e-sperienza molto particolare quan-to universale. Ti abbraccio e ti ten-go nel cuore...”. “Tantissimi auguri per questa nuova missione e un grande abbraccio... Dodici anni che manchi da Torino, ma ti pen-siamo ancora tantissimo!”. “Non chiediamo al Signore perché ci toglie suor Maria ma lo ringrazia-mo per avercela fatta incontrare nel nostro cammino di fede. Il suo ‘marchio’ ci sprona a vivere ogni giorno il Vangelo. Sia Dio benedet-to e prenda nella sua benedizione la cara sr. Maria”. “A te auguro di creare nuovi e ricchi legami e di operare a servizio della comunità sempre con lo stesso spirito labo-rioso e fruttuoso che ti contraddi-stingue”.Grazie, suor Maria, “per il servizio reso alla nostra Diocesi”, “per l’e-semplare dono di umiltà, sempli-cità, carità e forza contagiosa che ci hai trasmesso. Per me sei sem-pre stata e continui ad essere un esempio da seguire”. Grazie, “per

il bel legame fondato sulla verità che abbiamo costruito e la positi-vità che infondevi a me e a tutte le persone che erano con me!”Carissima “suor Maria, è stato un onore per me conoscerti… ho ap-prezzato la tua disponibilità, il tuo sorriso, la tua gioia così coinvol-gente!”. “Gli anni passano, ma tu, con il tuo sorriso e le tue parole, sei sempre con me!”. “Buon cam-mino, certa che seminerai amore anche oltre confine!”.“Cara prof, grazie di tutto, è stata unica!”. “Lei lascia qui i suoi occhi ridenti, il suo sorriso di luce, il ca-lore delle sue parole semplici e il ricordo di quelle sue lezioni che appassionavano proprio tutti, per-ché non imponevano un Credo, ma provavano a insegnarci a cre-dere nella bellezza e nella verità dell’esistenza. Le auguro una lun-ga vita piena di cose belle e che continui a portare gioia ovunque vada, trasmettendola con la stes-sa intensità con cui lo ha fatto nei nostri confronti.Buon cammino, prof! Un abbrac-cio grande”.

Una folla di amici, di collaboratori delle tante esperienze di volon-tariato e di pastorale giovanile di questi anni, alunni ed ex alunni del Liceo “E. Duni”, giovani delle GMG ed ex studenti dell’Università di Basilicata, fedeli della Parroc-chia di S. Paolo Apostolo in Mate-ra dove suor Maria ha operato in questi dodici anni materani, non finivano di salutarla, abbracciarla, gioiosamente commossi e com-piaciuti, la sera del 23 settembre alla fine della celebrazione eu-caristica di “addio” ricordando le esperienze - tante e significative - che li hanno legati a lei, promet-tendosi di rivedersi a Parigi, Torino, Matera, dove per imperscrutabili coincidenze talvolta ci si vede nei posti più inattesi.W suor Maria, donna forte e tene-ra, dal cuore aperto a tutto il mon-do! Matera ti attende anche per un passaggio breve!Infinitamente grazie! Un grosso in bocca al lupo e sempre uniti nella preghiera!

Giuseppe Longo

“Carissimi amici,

il giorno della mia partenza da Matera si avvicina, e non mi sembra ancora

vero... dodici anni di vita intensa e bella, in una realtà che mi ha dato

moltissimo e che porterò sempre nel cuore. Vorrei ringraziarvi tutti uno per

uno, per aver condiviso un tratto di strada insieme, con umanità profonda,

generosità, amicizia e fede. La mia vita è chiamata ora ad allargarsi al mondo

intero, con un nuovo servizio che mi è chiesto nell’Istituto a cui appartengo, le

Suore Ausiliatrici.

Ciò che ho vissuto e imparato in questi anni con voi mi accompagnerà in

questa nuova avventura e mi aiuterà ad incontrare e cercare di capire popoli

e culture diversi, nei paesi dove ci sono le nostre comunità. Quello di cui sono

sicura, però, è che la mia stanza di Parigi sarà tappezzata di volti e panorami

materani!”

Un interminabile saluto a suor Maria PidelloDopo 12 anni a Matera, diventa consigliera generale dell’Istituto delle “Suore Ausiliatrici”

16 Logos - Le ragioni della verità

17/18 - 30 SET 2019

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Verso le mete dello Spirito: Parigi ti attende!Suor Maria Pidello, arrivederci presto!

a cura di Giuseppe Longo

È arrivato il momento di salutar-ci anche con suor Maria: la at-tende Parigi, la Casa Madre del

suo Istituto religioso, le “Suore Au-siliatrici delle anime del Purgatorio”, una congregazione di spiritualità ignaziana nata nel 1857 in Francia, con 500 suore sparse nei quattro continenti (manca solo l’Oceania), dal 1978 presente anche a Matera. Lo scorso 18 agosto, suor Maria – in questi ultimi anni superiora per la Provincia Italiana – è stata elet-ta consigliera generale delle “Suo-re Ausiliatrici”. Per tanti materani è una figura significativa. Pertanto Logos ha pensato di intervistarla per condividere con la Diocesi alcu-ni dei suoi pensieri e stati d’animo alla vigilia di questa sua tappa di vita.Logos – Cara suor Maria, si dice che “partire è un po’ morire”. Cosa provi alla vigilia di questa partenza?Sr. Maria – Sento gratitudine per questi anni materani, iniziati già prima di arrivare qui, dodici anni fa, nel racconto di alcune consorelle che a Matera erano già state e che mostravano un forte attaccamen-to verso il popolo materano e le comunità a cui erano appartenute. Le immagini che piacevolmente mi accompagnano oggi sono le tante persone incontrate e stimate che spendono la loro vita per gli altri. Sento il dispiacere del distacco, ma anche la presenza del Signore che ci guida e ci accompagna in ogni tappa della vita.

L – Sei diventata Consigliera Gene-rale dell’Istituto di cui fai parte: cosa farai più precisamente?SM – Dovrò cercare di sostenere e accompagnare il cammino dell’I-stituto intero. Sento di dover aprire il mio cuore a nuovi Paesi e a tante realtà ecclesiali e culturali che non conosco. Viaggerò molto: il mio pri-mo viaggio sarà a novembre in Ciad, uno dei Paesi più poveri del mondo.

L – Quali sono i ricordi che più emer-gono in questo momento di questi anni a Matera?

SM – La collaborazione con la pa-storale giovanile e universitaria, il cammino vissuto nella quotidianità con tanti giovani e i momenti for-ti come le Giornate Mondiali della Gioventù a Madrid, gli esercizi spiri-tuali giovanili a S. Anna, la settima-na di volontariato in Abruzzo tra i terremotati con gli universitari.

L – Sono tutti ricordi con i giova-ni. Senza dimenticare l’altra espe-rienza di docente al Liceo “E. Duni”. Cosa senti sia stato per te e i tuoi alunni l’insegnamento della religio-ne?SM – Per me certamente un’e-sperienza forte e indimenticabile: immergermi nel mondo dell’ado-lescenza e dell’educazione è Stata un’esperienza signifi-cativa. Per gli alunni, ma anche per i giovani della pastorale giova-nile, la figura dell’inse-gnante di religione o dell’animatore è occa-sione di dialogo, punto di contatto e di incon-tro con le domande dei ragazzi. Essere quel punto di riferimento che loro domandano nel modo più autenti-

co, un’occasione di annuncio.L – Ma il vostro carisma non è solo legato ai giovani…SM – Sì, il nostro Istituto cerca di discernere le esigenze più vere del luogo in cui ci troviamo ad operare: famiglie disagiate, anziani, stranieri … a Matera altre mie consorelle col-laborano strettamente con la Par-rocchia di San Paolo o hanno avuto una collaborazione significativa con la Caritas. … Quando sono venuta a Matera, nel 2007, mi sono accor-ta della problematica dei giovani lucani, costretti ad emigrare per assenza di prospettive. Ho sentito che il mio impegno era di infonde-re in loro fede e speranza, accom-pagnarli nelle loro scelte di vita, se possibile aiutarli ad inserirsi senza allontanarsi incoraggiandoli alla creazione di cooperative e collabo-rando con loro in tal senso. Si sono poi aperte nuove piste interessanti, per la Diocesi e la città, con Matera 2019. E io parto orgogliosa di porta-re nel cuore questa “nuova” Matera.

L – Come hai trovato i giovani luca-ni?SM – Semplici, genuini, umili: una bella umanità. Potrebbe essere mi-gliorata la capacità di far rete, di co-ordinarsi.

L – Bene. Grazie, suor Maria, per questi minuti dedicati a noi. Ti au-guriamo il meglio e ti portiamo nel cuore. Sempre. Facci avere tue no-tizie di cui saremo, tramite Logos, felici ambasciatori!SM – Grazie a voi! Buon lavoro!

17Logos - Le ragioni della verità

17/18 - 30 SET 2019

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a cura di Rosanna Bianco

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RIOIl paese delle acque termali e del buon vino

Rapolla

La stagione estiva, da poco conclusa, sta pian piano ce-dendo il passo al fresco au-

tunno e ai mille colori e sapori che caratterizzano questa stagione; dalle calde e assolate giornate estive lentamente si passa alla pioggia e alla prima nebbia, ma ciò nonostante, quasi parados-salmente, l’autunno è stagione di vita con i tanti prodotti che la terra, proprio in questa stagione, offre con molta generosità. Castagne, funghi, tartufi, zucche, insieme ad altri ortaggi e soprat-tutto il buon vino, vengono cele-brati in questo periodo in molti paesi della Basilicata: tanti gli ap-puntamenti enogastronomici ed eventi della tradizione locale ad essi legati che movimenteranno nei prossimi giorni le diverse piaz-ze dei borghi più caratteristici del-la nostra regione.A tal proposito Rapolla, un bel-lissimo paese nel territorio del Monte Vulture, riproporrà per la 17^ edizione nelle giornate del 12 e 13 ottobre, una serie di attività all’interno del “Parco Urbano del-le Cantine di Rapolla”.Le diverse attività che saranno proposte nel corso delle due gior-nate racconteranno la storia del paese attraverso le diverse rievo-cazioni storiche, le dimostrazioni degli antichi mestieri con gli ori-ginali arnesi da lavoro e costumi,

i tanti giochi della tradizione, ma soprattutto attraverso i tanti pro-dotti protagonisti dei piatti della tradizione rapollese.Tradizione che viene, però, testi-moniata anche da numerosi re-perti archeologici, che parlano di origini antichissime: a partire da una necropoli neolitica, per poi passare a testimonianze mate-riali del V secolo a.C., per giunge-re in epoca romana attraverso il rinvenimento di un raffinato sar-cofago femminile in marmo da-tato II secolo d.C., un’importante testimonianza di arte funeraria di maestranze provenienti dall’Asia Minore, venuto alla luce nel 1856, ora conservato nella torre dell’o-rologio del castello federiciano di Melfi. Rapolla, sempre in epoca roma-na, grazie alla sua strategica posi-zione divenne un punto di snodo per i diversi traffici commerciali che avvenivano lungo la via Ap-pia. Secondo alcune fonti pare che il luogo fosse stato sotto certi aspetti testimone della battaglia contro Annibale e precisamen-te in Contrada, oggi denominata “Quercia di Annibale”. Nel X secolo, il paese si andò for-mando intorno ad un convento di monaci basiliani, il quale fu poi trasformato nel 1042 in una for-tezza Normanna, distrutta suc-cessivamente dai melfitani nel

1187 e nuovamente ricostruita su-bito dopo da Guglielmo il Buono.Anche i diversi luoghi di culto del paese raccontano parte della sua storia, come la Cattedrale dedi-cata a Santa Maria Assunta, un bellissimo edificio sacro a tre na-vate risalente al 1209 e costruito su un’antica chiesa paleocristia-na, anche se le radici della sua storia risalgono al periodo greco, quando nello stesso luogo vi era un tempio di culto pagano.Dalla cattedrale si può osserva-re uno splendido panorama che coinvolge l’intera vallata, oltre alle numerose cantine ipogee, te-atro delle diverse manifestazioni che caratterizzano il “Parco Urba-no delle Cantine”.Rapolla è nota anche per le sue preziose acque termali: la storia delle terme è piuttosto recente dato che le sorgenti di acqua ter-male vengono scoperte solo agli inizi del 1800.Lo stabilimento nasce molto più tardi nel 1967, successivamen-te ristrutturato e completato nel 1996. Le sue acque invece scor-rono attraverso rocce di epoche molto più lontane: l’acqua acqui-sta i suoi minerali nelle viscere della terra in cui incontra le rocce laviche dell’antico ed ormai spen-to vulcano, appunto il Vulture, che sorge a poca distanza da Rapolla.

18 Logos - Le ragioni della verità

17/18 - 30 SET 2019

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Crachesi in festaIl richiamo di una piccola comunità

Ogni anno, malgrado lo spopolamento, la piccola comunità di Craco riesce a mantenere le sue tra-dizioni con le piccole festività religiose e civili. Una

di queste, un tempo la più grande, è la festa patronale di San Vincenzo Martire che ricorrerà per la 227^ volta nei pressi della vecchia Craco, in località Sant’Angelo. Il corpo del Santo Martire, compagno legionario di San Maurizio, è deposto in una chiesetta provvisoria ricavata in un ex edi-ficio scolastico, in attesa di essere riportato nel suo luogo d’origine che è la chiesa del convento San Pietro, posta a est del vecchio abitato, in via di recupero dagli anni ’80. Il giovane parroco don Antonio Lopatriello è impegnato in tutti modi nel cercare un equilibrio della festa ormai resa-si sempre più ridotta per via dello spopolamento accre-sciuto negli ultimi anni. Infatti a causa dell’inospitabilità dell’edificio di Sant’Angelo e per una popolazione sempre più anziana a Craco Peschiera, don Antonio ha iniziato a celebrare la Novena al Santo nella nuova parrocchia già dall’anno scorso con un evento nuovo: il trasferimento della statua a Craco Peschiera che prima d’ora non si era mai verificato. La tradizione popolare post-frana vuole che San Vincenzo sia venerato solo a Craco Vecchia dove i solenni festeggiamenti si terranno comunque dome-nica 27 ottobre con la S. Messa in serata nella chiesetta Sant’Angelo e la piccola processione nel borgo abitato. Quest’anno però giunge un particolare a questa ricorren-za, arricchita con l’evento “Craco, Capitale della Cultura Europea per un giorno”, a cura dell’Amministrazione Co-munale e delle associazioni varie, che si terrà sabato 26 ottobre inaugurando la festa patronale con la tradizio-nale fiera che quest’anno durerà l’intera giornata e sarà piena di sorprese gastronomiche, mostre artistiche, mu-

sica nei percorsi del centro storico abbandonato, street art, murales e giocolieri, nonché spazi e sedute culturali nell’ex convento francescano dove interverranno diver-si appassionati del luogo tra storia, paesaggio e cinema con alcune case editrici lucane e pugliesi. La serata avrà termine con il concerto musicale di “Ragnatela Folk”. Le nostre tradizioni, la nostra presenza, sono avvolte dal-lo spirito di collaborazione e di volontà che ogni anno il cittadino lucano impiega per far rivivere i suoi luoghi. In ogni festa non manca inoltre lo spirito religioso che tanto più spinge una comunità a rendersi disponibile ritrovan-dosi agli eventi come fossero un punto di riferimento che unisce il devoto a Dio Padre rendendo la festa ancor più significativa e ineguagliabile con eventi pur di carattere primordiale ma senza lo spirito divino che unisce l’uomo alla speranza affidata al suo Creatore.

Vincenzo Montemurro

Anche quest’anno Pomarico, un paese della Lucania, il 21 agosto scorso si è trasformato in un palcoscenico all’aperto, nella suggestiva corte del Palazzo Marche-sale “Donnaperna”.L’appuntamento annuale del Festival “POMARICO CE-LEBRA VIVALDI”, organizzato dal “Comitato Vivaldiano Antonio Bonavista”, è giunto alla VII edizione. L’ even-to dedicato al prof. Antonio Bonavista e organizzato in onore del celebre compositore e violinista Antonio Lucio Vivaldi, è fortemente voluto e presieduto dalla sorella Anna. In seguito alla scomparsa prematura nel 2011 del prof. Antonio Bonavista, ideatore e promotore dell’evento sin dal 2009, il Comitato si occupa dell’or-ganizzazione dell’evento per dare continuità al suo pro-getto. Dopo aver effettuato nel 2008 delle ricerche alla Biblioteca Nazionale di Torino (dove si era trasferito per motivi di lavoro) e in seguito negli Archivi del Patriar-cato di Venezia, il prof. Bonavista, amante della Musica Vivaldiana, venne a conoscenza del fatto che Camilla Calicchio e Camillo Calicchio, rispettivamente madre e nonno di Vivaldi, avevano origini pomaricane. La rassegna con l’obiettivo di fornire una panoramica su diversi contesti, Arte, Poesia, Letteratura, Danza, Spet-tacolo e Musica, fa di questo evento, un avvenimento di

grande spessore Artistico-Storico-Culturale, per il no-stro piccolo paese lucano e contribuisce ad aumentare la sensibilità, la promozione e la valorizzazione, verso la musica classica, attraverso la figura del grande musici-sta Antonio Vivaldi.La manifestazione ha visto protagonista diversi Artisti anche di fama internazionale e ha avuto come tema “La Musica come terapia”, l’argomento è stato appro-fondito con ospiti del settore. Inoltre, sono state alle-stite varie mostre, un Recital di poesie e grande spa-zio è stato dato alla Musica con omaggi musicali e un Concerto. La serata si è conclusa con l’assegnazione dei prestigiosi premi: il “POMARICVM POMARICO CE-LEBRA VIVALDI” è stato conferito al dott. Daniele Sici-liano, il “POMARICVM Premio ALLA MUSICA ANTONIO VIVALDI” è stato conferito al M° Mario Di Marzio e il “POMARICVM Premio all’ Arte ANTONIO BONAVISTA”, è stato assegnato all’ Artista Francesca Cirigliano. L’e-vento si è concluso con successo e ha visto la parte-cipazione di numerosi ospiti: letterati, scrittori, poeti, giornalisti, artisti, fotografi, musicisti ecc., ma anche dei residenti pomaricani che seguono ormai da anni, le ini-ziative del comitato legate al celebre musicista Antonio Lucio Vivaldi.

“POMARICO CELEBRA VIVALDI 2019”

20 Logos - Le ragioni della verità

17/18 - 30 SET 2019CRACO/POMARICO

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Dieci anni fa moriva Fran-co Tafuni, calciatore della formazione del Matera agli

inizi degli anni Settanta e succes-sivamente presidente dello stes-so club. Si era ammalato di SLA, una malattia ad alta incidenza nel mondo del calcio, dove si registra un numero di casi 6-7 volte su-periore alla media. Massimiliano Castellani, giornalista di Avveni-re e maggiore esperto in campo giornalistico di questo triste feno-meno, ha scritto alcuni libri sull’ar-gomento. In uno di questi, “SLA, il male oscuro del pallone”, dedica un capitolo proprio a Tafuni, “l’uo-mo tigre” originario di Altamura. «Era nato lì il 3 ottobre del 1954» scrive Castellani, «quarto di una squadra di dieci figli. I primi gol li ha segnati nelle porte di stracci e chianche di piazza Castello nel-le pause di lavoro alla latteria Di-cecca. Da Piazza Matteotti con ancora i brufoli in faccia si spostò sul campetto della Fortitudo e poi all’Avis Edisport». Qualche anno prima di morire, aveva denunciato pubblicamente l’abuso di sostan-ze dopanti che gli avrebbe provo-cato questa malattia, conosciuta ormai come “il morbo del pallone”. Nel libro di Castellani sono ripor-

tate le sue parole: «I miei guai co-minciarono a Matera, dove il me-dico ci dava delle pillolette rosse, il Micoren, credo, e altre di cui non so nemmeno il nome. Dopo Mate-ra, ci furono anni di Bitonto e Ca-nosa, in serie D. Lì, oltre alle pillole, la flebo il giorno prima di ogni gara erano la regola. Ma ci dicevano che erano vitamine, per vincere la stanchezza. Che potevo saperne io? Finivo di lavorare, dovevo alle-narmi e giocare, e sentirmi meno stanco non mi dispiaceva». Que-sta circostanza è stata conferma-ta anche da Luciano Aprile, altro calciatore della formazione mate-rana di quegli anni, in un libro pub-blicato recentemente, “Dove non arrivavano i treni arrivò la serie B. La mia storia nel Matera”. Bisogna dire però che questo sospetto non ha ricevuto una valida conferma scientifica. Si fa osservare, a que-sto proposito, che se fosse così, si sarebbero registrati casi analo-ghi negli sport in cui l’abuso di so-stanze dopanti è maggiormente diffuso, come il ciclismo, e dove invece non si registrano casi ana-loghi. Sembra più probabile una relazione con l’impiego di pesti-cidi sull’erba del terreno di gioco, considerando che l’incidenza del-

la SLA tra gli agricoltori è doppia rispetto alla media. D’altro canto, però, la denuncia di Tafuni e Aprile non può essere ignorata; sempre di SLA, si è ammalato anche Ni-cola Loprieno, compagno di squa-dra di Tafuni negli anni del Matera. Questa coincidenza pone il club materano tra quelli in cui si è ma-nifestata la malattia in più calcia-tori provenienti dalla stessa for-mazione, insieme alla Sampdoria negli anni Sessanta e il Como ne-gli anni Ottanta. Ma nemmeno le coincidenze, per quanto possano dare utili indicazioni, costituisco-no una prova e la scienza non ha ancora risposte certe al riguardo. Sarà per questo che la morte di Tafuni, la malattia di Loprieno e di decine di altri calciatori italiani fino a questo momento non han-no ricevuto la giusta attenzione. Perciò, scrive Castellani nel suo libro, «la speranza è quella di ri-uscire a illuminare ogni singola coscienza, più o meno coinvolta, in quella che va considerata una sfida da vincere assolutamente per poter riappropriarci di una di-mensione civile, come dovrebbero essere i 90 minuti di una partita di calcio».

Paolo Tritto

Morire di calcio.Il caso Tafuni e LoprienoAnche calciatori materani vittime della SLA

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Il “Bibliomotocarro” del maestro Antonio La Cava compie vent’an-ni. E’ infatti dal 1999, dopo qua-

rantadue anni trascorsi ad educare bambini all’abc (ma anche a prepa-rarsi alla vita con un sorriso) presso le scuole elementari di Ferrandina e all’inesorabile calata della mannaia della pensione, che il maestro porta nei paesini più sperduti della Basili-cata (e oltre) il suo Ape 500 attrez-zato a biblioteca a tre ruote.Oggi il maestro La Cava di anni ne ha settantatre, qualcuno in meno di Mick Jagger: e come il leader dei Rolling Stones fa di tutto per non dimostrarli, capelli lunghi compre-si. Basta sentirlo parlare della sua esperienza, di com’è nata e di come si è sviluppata.“Il Bibliomotocarro – spiega – è nato per contrastare il dominio assoluto

della tecnologia nella vita di tutti noi. Smartphone e computer hanno una funzione ormai indispensabile in ogni attività, per l’immediatezza con cui sono in grado di dare rispo-sta a tante esigenze quotidiane, ma è sbagliato affidarsi totalmente ad essi. Il libro resta uno strumento fon-damentale: per questa ragione non mi sono limitato a lanciare un grido d’allarme, ma ho pensato al Biblio-motocarro. In sintesi: i libri hanno messo le ruote”.Ed il successo ottenuto in questi vent’anni è dimostrato anche dal riconoscimento ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lo ha nomi-nato Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, “per l’impegno profuso nella pro-mozione del valore della cultura”.

Ma a sentire le parole del maestro La Cava si ha l’impressione che il riconoscimento più im-portante sia un altro.“I libri regalano sorrisi, perché una bella pagina aiuta a superare i mo-menti difficili – continua – e la dimostrazione l’ho avuta proprio dall’evo-luzione del Bibliomoto-carro negli anni, soprat-

tutto grazie ai bambini, che hanno avuto un’intuizione geniale, chie-dendo di poter scrivere le loro storie. Storie a volte molto dure, che però, espresse in tal modo, hanno inferto un duro colpo alla solitudine che ne poteva derivare, perché si narrava-no i propri vissuti sapendo che altri li avrebbero condivisi o ne avrebbero tratto spunto per altre storie. E poi – sottolinea il maestro La Cava – da questa iniziativa ne è nata un’altra ancora: quella del cinema”.Il Bibliomotocarro, infatti, ha al suo interno un monitor su cui vengono proiettate le storie scritte dai bam-bini: queste sono diventate sce-neggiature che sono state inevita-bilmente interpretate dagli stessi autori/protagonisti.Insomma, da un’idea ne sono sca-turite altre, tutte piene di voglia di raccontare e di raccontarsi. In breve: di vivere la vita, condividendola con chi ci circonda, con quella profondi-tà e quella veridicità che molto diffi-cilmente si può trasmettere con un sms o un whatsapp.E intanto, il viaggio del Bibliomo-tocarro continua, lungo gli itinera-ri scelti dal maestro La Cava e c he sono – per usare le sue stesse paro-le – “fino ai margini, oltre il confine”.

Pippo De Vitis

“Una bella pagina aiuta a superare i momenti difficili”I vent’anni del “Bibliomotocarro” del maestro Antonio La Cava

Mentre salutiamo l’autunno e la ripresa della routine quotidia-na non possiamo dimentica-re l’estate e il mare, il caldo e la tintarella, le passeggiate sul ba-gnasciuga e le lunghe ore sotto l’ombrellone a concedersi una buona lettura…Da diversi anni l’associazione “Presidio del libro Magna Grecia” presieduta da Francesco Roseto con la validissima collaborazione di Maurizio Mastronardi organiz-za presso i lidi del metapontino un’esposizione di libri per favori-re una buona lettura sotto l’om-brellone; quest’anno l’iniziativa

si è ripetuta al Lido Chiringuito di Terza Madonna a Scanzano. Ogni mattina veniva allestito il tavolo con oltre un centinaio di li-bri e al pomeriggio venivano ripo-sti negli scatoli, nel frattempo gli ospiti del lido interessati prende-vano un libro per concedersi un tempo per allargare gli orizzonti. Il fatto sorprendente è che anche ragazzi e giovani hanno usufruito di questo prezioso servizio, sot-traendosi alla tentazione di chat-tare o di isolarsi dal mondo con i videogiochi. Lodevole iniziativa per promuovere la cultura anche tra le nuove generazioni.

Cultura sotto l’ombrellone

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a cura di Nino Vinciguerra

MAT

ERA

FRA

MM

ENTI

Eustachio Fasano nacque a Matera nel 1837. Era brac-ciante ma svolgeva illegal-

mente la professione di salni-traio (mestiere considerato in quanto i salnitrai trascorrevano il loro tempo cavando e raschian-do i muri delle stalle e delle can-tine, tra le fosse comuni, le latri-ne e i rifiuti.Eppure era proprio grazie all’umi-le lavoro dei salnitrai che ciò che per tanti era lo scarto, diveniva in-credibilmente un prezioso tesoro dai mille usi per altri). Fasano fu tra i fautori dell’eccidio del conte Francesco Gattini e di Francesco Laurent, suo segretario e Mae-stro di Cappella della Cattedrale di Matera, avvenuto l’8 agosto 1860. Eustachio Fasano era tra i contadini che chiedevano la divi-sione delle terre demaniali la cui assegnazione era ritardata dal conte. I contadini, prelevarono con la forza il possidente e il se-gretario dal suo palazzo (in piaz-za Duomo) e li condussero nella piazza del Sedile dove si consu-mò l’ignobile delitto. Imprigio-nato e successivamente evaso dal carcere, Fasano si diede alla macchia e formò una sua banda, raccogliendo altri ribelli (conta-dini materani renitenti alla leva, pastori, legnaiuoli, disertori). La

banda, nel mese di aprile 1861, risultava composta da Acito Mi-chele da Matera, armiere, Altieri Domenico da Grottole, legna-iuolo, Andrisano Donato Mattia da Matera, contadino, Carasiello Feliciano da Matera, armiere, De Angelis Michele da Matera, bo-vilaio, Fasano Eustachio da Ma-tera, salnitraio, Festa Giuseppe da Matera, contadino, Losigno-re Giovanni da Matera, armiere, Mafaro Francesco Paolo da Ma-tera, contadino, Maragno Gae-tano da Matera, contadino, Mar-temucci Giuseppe da Matera, pastore, Montemurro Francesco Paolo da Matera, armiere, Tara-sco Giuseppe da Matera, conta-dino, Tralli Eustachio da Matera, contadino, Tralli Vito da Mate-ra, contadino e da Venezia Giu-seppe da Matera, contadino. La banda successivamente si ag-gregò a Carmine Crocco, brigan-te e capo indiscusso delle bande del Vulture, e di alcune bande dell’Irpinia e della Capitanata. Eustachio Fasano, ammogliato e con prole, era molto temuto in città: girava armato di tutto pun-to, nessuno mai lo importunava, sin al punto da crearsi una fama quasi leggendaria, motivo per cui sin troppo sicuro tornava in città per la sua famiglia beffan-

do qualsiasi controllo finché il tenente della Guardia Naziona-le Giuseppe Padula e il sergente Serafino Turi con scaltrezza ri-uscirono ad arrestarlo nel 1862. Fu rinchiuso nel carcere in Piaz-za del Municipio (attuale Piazza del Sedile) da dove, però, riuscì a fuggire. Catturato in brevissi-mo tempo da un nucleo della Guardia Nazionale pose fine alle sue scorribande e, condotto nei pressi della contrada Cappucci-ni, pur senza regolare processo perché “brigante” fu giustiziato mediante fucilazione. Fasano tentò addirittura di fuggire din-nanzi al plotone di esecuzione ma, colpito, fu finito dal coman-dante del plotone stesso. «Quand’ecco, quand’ecco Colà sulla Murgia L’infame Fasan Sen viene a fucilar» dove “Sen viene” per “se ne viene” sta a significare, nella opinione del popolo (“mo s n ven”), la fatuità dell’uomo che incappò molto scioccamente e con intenzioni quasi suicide, nel-la forza pubblica. La strofetta è attribuita a tale Antonio Battista, divenuto poi “massaro” di un la-tifondista locale.

Eustachio Fasano Brigante materano

Dopo Francesco (ripubblicato da Edizioni Terra Santa nel 2018, con prefazione del card. Gianfranco Ravasi), viene proposta an-che la nuova edizione del romanzo dedicato a Chiara d’Assisi, scritto da Fabbretti con l’intento di raccontare al grande pubblico la storia della prima discepola del Poverello. Appena dodicenne, Chiara assiste al gesto di Francesco di spogliarsi dei vestiti per restituirli al padre Bernardone. Conquistata da quell’episodio, qualche anno dopo fugge di casa per imitare Francesco e fondare l’ordine femminile delle “povere recluse”, denominate in seguito “clarisse”. Un racconto povero e avvincente in cui si avvertono echi del tema della donna nella Chiesa che, nel dopo Concilio vissuto da Fabbretti - ma ancora oggi -, dovrà cercare una nuova e finalmente centrale collocazione.

N. FABBRETTI, Chiara, Editore Terra Santa, pp. 160, 2019, € 16,00

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