16 - Comune di PeioRantech... · Partenze e parvenze Per me la “parentesi don Donato” significa...

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Omaggio a don Donato e a un tempo che s’è chiuso llaa ccooppeerr ttiinnaacon affetto dal suo unico coinquilino

Partenze e parvenze Per me la “parentesi don Donato” significa metà del cammin di mia vita,segno indelebile di formazione, viatico di maturità. Alla comunità Val di Pèio richiama: consapevo-lezze su Turismo, Parco e Terme; crisi di Funivie, IdroPejo e Sindaci; nascita di nuovi servizi (UfficioTecnico, Biblioteca, Promozione turistica) e nicchie di attività (Associazioni, Progetto Giovani, La-boratorio Ambientale, Ecomuseo). Nel grande e nel piccolo, nel macro e nel micro, sembra poterdire, senza enfasi e retorica, che col 2002 termina un’epopea, una vitalità, un ribollir di cose, forseanche un’illusione. Torri gemelle e Torri di Babele; guerre d’affari e fallimenti di pace; miliardi di uo-mini, miliardi dollari e paesi in via di inviluppo: quanto ancora ci sosterrà la Terra?

Foto di copertina: Celentino 1994, don Donato col suo potente mezzo arriva alla chiesadiapositiva di Rinaldo Delpero - Archivio Biblioteca Pèio.

� studio di copertina, testi e foto (dove non altrimenti indicato), stesura, grafica e impaginazione notiziario: Rinaldo Delpero

� bozzetto di testata: grafico Umberto Pezzani (Cógolo)

pag. 2/6

lerubriche

Emergenze e opportunità (Maggioranza)

Turismo (appello della Minoranza)

11 l'editoriale pag. 1Una presenza ormai scomoda?: don Donato (Rinaldo Delpero)

Comune in comunepag. 7/13Laboratorio Ed.Ambientale (intervento autogestito)

Allevamento ovicaprino (Grazia Zilorri)

gente della “Valéta” pag. 14/15Antonio Caserotti, el Tòni Barciá

educhiamoci per educarepag. 16/17Dal bosco al Compostaggio

(Scuola Infanzia Cogolo)

77 la bibliotecapag. 18/24La montagna presa in giro, G.Mazzotti

Scoprire le Altezze e L’Albero: fra terra e cielo (Diella Viero Rizzi)iniziative per l’Anno Internazionale delle Montagne 2002

99 a te la parolapag. 33/35Paesi di montagna e Frana Pèio (Pierino Daldoss)

Spazzacamino al Vióz (Silvana Slanzi) / Arredo “inurbano” a Cógolo (Andrea Bordiga)

le associazionipag. 25/32Quarantesimo SAT Peio (Emilio Comina)

Nuovo gonfalone Corpo Bandistico Val di Pèio (Rinaldo Delpero)

1100 una finestra sul mondopag. 36/441° Premio Val di Sole arte espressiva:

Montagne 2002 e Acqua 2003 per Anno Int. dell’Acqua (R.Delpero)Disuguaglianze e globalizzazione (Tiziana Bordatti)

Nel ‘58 in Afghanistan (Mario Longoni)

1111 il poeta e il bambinopag. 45/48Franca Martinolli Delpero (Celledizzo)

Sergio Brighetti: Fermati America (S.Lazzaro di S., Bo)

Dante Martini (Miradolo Terme Pv) / Claudia Delpero (Guazzòra, Al)

voci del Palazzo

2002

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n.16COMUNE PÈIO

l’editoriale1

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Una presenza ormai scomoda?Sic transit... don Donato e noi rispondiamo picche

CCi è partito... in vespa, ma ci è partito. -Il nostro don Donato Vanzetta ha lasciato Cogolo una mattina di splendidoautunno. All’alba di venerdì 4 ottobre 2002, mentre il serafico ordine celebrava

la solennità del Transito di Francesco, inforcata la pluririciclata lambretta il nostroparroco si lasciava alle spalle il torreggiante ed arcigno Vióz per le rassicuranti Dolomiti.

Un transito, il suo, meno solenne del Poverello d’Assisi, meno partecipatonell’epilogo, ma molto simile nel grado di umiltà e nei messaggi caparbiamente lanciati.Segni precisi posti alla nostra riflessione ed affidati all’opera più che alla parola.

Un transito, il suo, snocciolato in ventun’anni a servizio di comunità in cuil’aratro dura fatica ad incidere solchi e dove il seme strappa coi denti la dignità di pianta.Sì, non nascondiamocelo, siamo gente difficile, solandri di dura cervice, orgoglio diappartenenza ma pasta di scarso lievito. Un transito, il suo, in cui i semi dell’esempiosono troppo spesso caduti fra pietre o soffocati dai rovi.

Un transito, il suo, sofferto nel nascere nel crescere e nel chiudersi perché «lamaldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo(2)» e: al prete si fatica a perdonarel’orgoglio dell’autosufficienza, il non voler dipendere dalla comunità; dal prete si faticano adaccettare mani sporche da vile lavoro; dal prete non si accetta lo scandalo del porre il nasonelle nostre miserie, del frugare nei nostri rifiuti, del gridarci in silenzio lo spreco quotidianodi risorse sottratte a un mondo ingiusto; dal prete non si tollerano lezioni civiche o di spiritodi comunità perché il “comune” è antagonista e non protagonista del mio vivere.

Così in vent’anni le piccole gocce formano laghi di indifferenza, di chiusura, diaridità, ed anche un sant’uomo si esarpera, si inalbera, si chiude a riccio e alfine cacciafuori pure aculei di autodifesa. No, non è quella del prete missione di farsi volerbene. «Cristo stesso era stato definito segno di contraddizione e non esitava adichiarare di essere venuto a portare una spada e la divisione. La sua parola, infatti,non ammetteva il compromesso e penetrava nelle coscienze separando bene emale, verità e menzogna, amore ed egoismo. Per questo attorno a lui s’era creatauna cortina gelida di sospetto e di ostilità(3)».

Questa mi è parsa la “paga” per don Donato: una presenza ormai scomoda, dacommiserare più che da capire, da ricordare con nostalgia o fastidio -secondo i punti divista- più che con affetto verso un cristiano che ha tentato da ariete di aprire un varco nellenostre durezze e se n’è andato scornato! Va anche detto che con lui si chiude un’epoca perle nostre comunità cristiane: quella del parroco di paese. Con don Piergiorgio Malacarnee l’aiuto don Pio,“pastori” unici della Valéta, il pascolo cambia dimensione ed anche ilgregge dovrebbe cambiare rotta e compattare le frange. Siamo posti di fronte a unascommessa! Come ce la sapremo giocare? Con che salario compenseremo i pastori?

Febbraio 2003 direttore responsabile rinaldo delpero

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(1)

(1) Don Lorenzo Milani (1923-1967) in Esperienze pastorali, ed.1958 (2

) Fabrizio De Andrè(Ge 1940- M

i 1999) in Un giudice

da LP Non al denaro non all’amore ne al cielo,1971 (3

) Mons.Gianfranco Ravasi, da Il Mattutinosu Avveniredel 10 luglio 2002

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n.16COMUNE PÈIO

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el ràntech

voci del Palazzola parola ai Gruppi consiliari

Operare fra emergenze ed opportunitàse la natura ci premia facciamola fruttare dall’ Amministrazione Comunale - a cura di Ferruccio VENERI

CCome promesso lo scorso anno anche nel corso del 2002 l’Am-ministrazione del Comune di Peio ha voluto riproporre gli incon-tri nelle cinque frazioni del comune dal 2 al 5 dicembre 2002,

rispettivamente nei paesi di Celledizzo, Celentino, Comasine, Peio e Co-golo. Tali appuntamenti vogliono fornire l’occasione ai cittadini del co-mune di confrontarsi con l’Amministrazione per proporre eventualiprogetti da realizzare, per esporre problematiche da affrontare, per pre-sentare le proprie aspettative, per raccogliere suggerimenti e quant’altroutili a ottimizzare la gestione del Comune. La partecipazione a questi in-contri è stata abbastanza numerosa e propositiva e questo ci fa prose-guire su questa linea, tenendo fisso questo appuntamento annuale conla popolazione.Molteplici e consistenti sono stati gli argomenti proposti dal Sindaco al-la popolazione. Sarebbe decisamente riduttivo volerli presentare in po-che righe. Tuttavia desideriamo approfittare dello spazio a noi riservatodal “Rantech” per stilare un resoconto molto sintetico riguardo ad alcuniargomenti e temi che - più degli altri - riteniamo possano interessare lapopolazione locale e l’intero territorio della Val di Peio, soprattutto le per-sone ed i cittadini che non hanno avuto modo di partecipare agli incon-tri nelle varie frazioni.

Di grande rilevanza per la nostra comunità nel corso del 2002 è statol’arrivo del nuovo parroco don Piergiorgio Malacarne salutato ufficial-mente il 29 settembre 2002 con una Santa Messa di benvenuto – ani-mata dalle varie associazioni locali – nella chiesa parrocchiale di Cogo-lo. Don Piergiorgio è il parroco di tutta la “Valletta”, coadiuvato da donPio Borzatti, ex parroco di Peio Paese. A lui naturalmente vanno i nostripiù sinceri auguri affinché possa portare avanti il cammino di testimo-nianza cristiana nei nostri piccoli paesiDurante la medesima cerimonia liturgica abbiamo anche salutato donDonato Vanzetta – destinato dalla Curia ad un’altra parrocchia – a cuivogliamo rivolgere il nostro sentito “Grazie” per l’oprato svolto negli ulti-mi vent’anni all’interno delle nostre parrocchie della Val di Peio.

AArrivo nuovo Parroco

indirizzoindirizzo

Sito Internet del Comune

www.comune.peio.tn.it

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n.16COMUNE PÈIO

Nel corso del 2002 si è firmato con il ParcoNazionale dello Stelvio l’accordo per la rea-lizzazione a Cogolo della sede del Parco edel Centro Visitatori. Il Comune di Peio hadestinato quale nuova sede del Parco la pa-lazzina ex Enel posta all’entrata di Cogolo,dove troveranno sistemazione gli uffici (at-tualmente sono collocati a Malé) e, comedetto, il Centro Visitatori, oltre ad una ca-piente sala multifunzionale destinata anchead incontr i pubblici, manifestazioni equant’altro.È inoltre in fase di ultimazione il nuovo Pia-no Parco. Ciò che maggiormente ci interes-sa è soprattutto la definizione dei confini delParco, che delimiteranno un territorio divisoin “zone” (zona A, B, C, D), distinte e diver-sificate a seconda della tipologia del territo-rio e –ovviamente – contraddistinte da pre-cisi vincoli e regole. Per la visione del nuovoPiano Parco è stato disponibile al pubblicoin Municipio il dott. Zanon alcune ore nelmese di Febbraio 2003 e di ciò ne vennedata informazione scritta a tutte le famiglie.

Sono stati numerosi gli incontri dell’Ammini-strazione Comunale con la Provincia diTrento , la società Peio Funivie, la societàFolgarida-Marilleva, la Tecnofin per risolve-re l’annosa e complicata questione delle fu-nivie di Peio.Tralasciamo le varie fasi che hanno portatoalla definizione del nuovo piano per riferiresolamente quelle che sono le conclusioni acui si è giunti di comune accordo, che – au-spichiamo – siano quelle definitive.Il nuovo piano – presentato tra l’altro all’in-tera popolazione della Val di Peio in novem-bre dall’ing. Andrea Bertoli (nuovo presiden-te della società Peio Funivie) – prevede insintesi la realizzazione di una funivia da100/120 posti, che dal Rifugio Scoiattoloporti gli sciatori in Val della Mite, con arrivo

previsto sopra il vecchio “Rifugio Mantova”.La realizzazione di tale impianto è previstasul costone sopra Covel con un conteni-mento notevole di impatto ambientale. Ilnuovo piano non si esaurisce solo con lacostruzione della funivia; prevede, inoltre, ladismissione dei vecchi impianti esistenti(Mezoli, Seroden, Biancaneve) ed una seriedi interventi relativi all’innevamento pro-grammato delle piste. Per maggiori e piùdettagliate informazioni al riguardo vi invitia-mo a rivolgervi al Comune.

Nell’anno 2002 la Provincia di Trento ha ri-conosciuto la qualifica di “ecomuseo” inTrentino a quattro realtà tra cui la Val di Peiocon l’ecomuseo denominato Piccolo mon-do alpino.L’ecomuseo prevede la valorizzazione atti-va di un complesso di beni culturali appar-tenenti ad un determinato territorio e consi-derati nel loro insieme, come ad esempio, ilpaesaggio agrario e boschivo, l’edilizia rura-le, i manufatti, le attività tradizionali. L’ecomuseo è in sintesi una nuova forma dimuseo legata sostanzialmente al territorioed a ciò che lo caratterizza (storia, identitàculturale ed economica, tradizioni)Grazie all’associazione L.I.N.U.M. operan-te sul nostro territorio da una decina di annisi è dato avvio al progetto di ecomuseo checomprende tra le altre cose la valorizzazio-ne di particolari siti presenti nella nostraValle e localizzati all’interno delle singolefrazioni come ad esempio Casa Grazioli e ilpercorso etnografico a Celentino, la seghe-ria a Celledizzo, le Miniere del ferro a Co-masine, Palazzo Cardinal Migazzi, la Chie-sa di Pegaia a Cogolo, le Fonti a Peio Ter-me, il Museo della Guerra a Peio Paese,ecc. Naturalmente siamo solo all’inizio delcammino, ma contiamo di fare dei notevolipassi avanti per riuscire a valorizzare il no-stro territorio e le sue peculiarità, auspican-do di poter realizzare in futuro opportunità

PParco Nazionale dello Stelvio

PPejo Funivie

EEcomuseo

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n.16COMUNE PÈIO

diverse e nuove di lavoro per i nostri giova-ni, salvaguardando l’ambiente che ci circon-da in un’ottica di sviluppo sostenibile.

La crisi che investe da anni il turismo dellelocalità montane, soprattutto nella stagioneestiva, ma con punte di sofferenza anche ininverno ha reso necessario pensare di ag-gregare le varie tipologie di offerta turisticache la nostra località possiede al fine di po-terle commercializzare e promuovere comeun unico pacchetto turistico, rendendole, intal modo, concorrenziali. Poche sono le sta-zioni turistiche che possiedono risorse cosìdiversificate ed attraenti quali Peio può van-tare, si pensi al termalismo, al Parco, allosci, all’alpinismo, all’escursionismo, ed altreancora. Da queste riflessioni e da questeesigenze è nata l’idea di promuovere unpercorso con i soggetti interessati, ge-stione Parco, gestione Terme, operatori,Peio Funivie, popolazione per costruire tuttiassieme un progetto qualificato dell’offertaturistica di Valle. Questo progetto, senzadubbio ambizioso, da noi denominato Pro-getto Peio deve portare al Prodotto Peio.Per una località di così piccole dimensioni èimproponibile continuare a proporre singo-larmente e separatamente i vari prodotti, losci piuttosto che le Terme, il Parco piuttostoche l’escursionismo in montagna. Non vipuò essere, infatti, competitività con realtàmaggiormente strutturate e si rischia di per-dere anno dopo anno quote di mercato. Nonsi può dire che i risultati fino ad ora raggiun-ti siano soddisfacenti, questo, in primo luo-go, per la scarsa sensibilità e scarso inte-resse mostrato dai soggetti “forti”, quali leFunivie, il Parco, le Terme, ma anche daglioperatori, viste anche le vicende in cui si di-batte da anni la Promotur Pejo, nonostante inotevoli finanziamenti pubblici, sia comuna-li che provinciali, di cui ha beneficiato negliultimi due anni. Si rende, pertanto, neces-sario uno sforzo unitario, consapevoli co-

me siamo che altre strade od altre soluzio-ni, al momento, non esistono. Non si puòpensare che anche una volta realizzati imassicci investimenti nel comparto degliimpianti di risalita tutti i problemi siano risol-ti, anzi ancora più indispensabile sarà lapromozione della località, vista la neces-sità di incrementare le presenze ed il con-seguente utilizzo dei nuovi impianti. Si spe-ra, pertanto, che sia da tutti percepita la ne-cessità di valorizzare, qualificare, aggrega-re, promuovere e commercializzare le gran-di e variegate opportunità di cui siamo “na-turalmente” dotati. L’Amministrazione inquesto progetto ci crede, auspichiamo chealtrettanto facciano gli altri interlocutori.

Nell’anno 2002 sono state esaminatedall’architetto Sordo - incaricato della revi-sione del P.R.G.- le 170 richieste pervenute dai cittadini delcomune. L’Amministrazione ha preso visio-ne delle varie richieste ispezionando diret-tamente il territorio. Nel corso del prossimoanno il nuovo Piano Regolatore Generalesarà presentato alle varie frazioni.

Per ultimo , ma non per importanza, voglia-mo citare alcune importanti opere pubblicherealizzate e/o finanziate nel corso del 2002.Tra queste menzioniamo:POLO SCOLASTICO È stato finanziatodalla Provincia di Trento il nuovo Polo Sco-lastico che sarà collocato tra gli abitati diCelledizzo e di Cogolo. L’Amministrazioneaveva già provveduto nel 2001 alla defini-zione del progetto dopo un’attenta riflessio-ne rispetto al numero dei bambini/ragazzipresenti nelle scuole di Cogolo e Peio. Vistala carenza strutturale delle scuole esistentisul territorio e considerando la non lontanaipotesi di un accorpamento di tutte le scuo-le a Fucine, l’Amministrazione ha provve-duto – anticipando in un certo senso i tempi

PProgetto Pejo

PPiano Regolatore Generale

OOpere pubbliche

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n.16COMUNE PÈIO

- alla definizione del progetto del nuovo Po-lo Scolastico di valle, che accorperà lescuole attualmente esistenti (scuola mater-na di Cogolo e di Peio; scuole elementari diCogolo e di Peio). Oltre alle scuole dell’ob-bligo il nuovo polo ospiterà una mensa per iragazzi, una palestra a disposizione oltreche dei ragazzi delle scuole, anche dell’in-tera comunità, un parco giochi ed una piaz-zola illuminata per l’atterraggio notturnodell’elicottero.CIMITERO COGOLO È in fase di realizza-zione il primo lotto del nuovo cimitero di Co-golo, situato in località Pegaia, vicino all’an-tica Chiesetta. La realizzazione del nuovocimitero si è resa necessaria per risolvere invia definitiva l’annoso problema della man-canza di spazio destinato alla sepoltura deimorti nel vecchio cimitero di Cogolo. L’inau-gurazione del nuovo Cimitero è prevista perfine primavera, inizio estate di quest’anno.ARREDO URBANO Nel corso del 2002 èstato promosso un “Concorso d’idee” per larealizzazione dell’arredo urbano di Cogolo,da estendere poi, in un successivo momen-to, anche alle frazioni. Il concorso prevede-va la progettazione dell’arredo della piazzadei Monari, della piazza Municipio, dellapiazza Cardinal Migazzi e del piazzale dellescuole elementari. Il termine di scadenzaper la consegna dei progetti – ne sono statipresentati sei - era il 30 novembre ’02. Abreve, tutti i progetti presentati sarannoesposti presso il padiglione delle Terme aPeio Terme, per permettere a tutta la popo-lazione ed agli ospiti di prendere visione epoter apprezzare le interessanti soluzioniproposte.PARCHEGGIO COGOLO Nei primi mesidell’estate 2002 si è finalmente giuntiall’apertura del nuovo parcheggio di Cogo-lo, situato sotto la Piazza dei Monari. Sonostati realizzati un sufficiente numero di par-cheggi pubblici, che consentono un agevo-le e comoda sistemazione delle automobili.Il nuovo parcheggio appare indispensabile

oltre che particolarmente funzionale nei pe-riodi in cui il centro storico diviene zona atraffico limitato. La stessa fermata degli au-tobus di linea è stata spostata proprio nelnuovo parcheggio.

Anche nelle varie frazioni del Comune si so-no eseguite – nel corso del 2002 – e/o si èottenuto il finanziamento per alcune impor-tanti opere, di cui ne citiamo brevemente al-cune. Celentino Contributo per la sistemazionedi Casa Grazioli (andito e parcheggio adia-centi la casa). Apertura del negozio di ali-mentari con sede a Celentino, grazie ad unaccordo raggiunto tra Comune e FamigliaCooperativa.Comasine Finanziamento per la ristruttu-razione dell’oratorio. (il cui progetto è giàstato realizzato)Celledizzo Progettazione e realizzazionedella copertura – in scandole – della seghe-ria. Realizzazione del marciapiede tra Co-golo e Celledizzo. Peio Paese I maggiori interventi nell’abi-tato di Peio si sono concentrati sulla frana,con una serie di lavori svolti dalla Provinciaed un attento monitoraggio del territorio at-traverso il satellite. Si è inoltre realizzato –nell’ex teatro di Peio – il museo della guerra,che con tutta probabilità sarà inauguratonell’estate del 2003. Il Comune ha inoltrepartecipato economicamente al ProgettoCapre, che ha ottenuto nel corso diquest’anno degli ottimi risultati.

Questi sono solo alcuni degli argomenti pre-sentati alla popolazione della Val di Peio du-rante gli incontri con le frazioni. Se qualcunoè interessato ad approfondire qualche argo-mento vi invitiamo a rivolgervi al Comune odirettamente ad interpellare gli Amministra-tori Comunali.

Val di Pèio, febbraio 2003

FFrazioni

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n.16COMUNE PÈIO

Turismo: parola d’ordine sinergiafra reiterate incertezze invernali ed estate che principia a zoppicaredi Silvio BOLIS, per il Gruppo INSIEME

UUtilizziamo l’opportunità di que-sta uscita del Rantech perparlare dell’andamento del Tu-

rismo in Val di Peio.

Dobbiamo dire con chiarezzache ci troviamo in un momento diparticolare gravità: infatti oltre allanon ancora risolta situazione dellaPejo Funivie spa con conseguente in-certezza della nostra offerta inverna-le, siamo entrati in crisi anche perquanto riguarda la stagione estiva!!Sì proprio quella su cui tutti hannosempre avuto la massima tranquillità.E questo malgrado il fatto che il no-stro prodotto estivo sia sicuramente digrande varietà aggiungendo alla tra-dizionale offerta della montagna lapresenza del Parco Nazionale delloStelvio, del Centro Termale, degli im-pianti sportivi. È ben vero che si trattadi un fenomeno generalizzato sull’ar-co alpino ma il detto “ mal comunemezzo gaudio” non è sicuramente diconforto per la nostra economia turi-stica già in notevoli difficoltà per unastagione invernale attualmente cosìproblematica.

Siamo convinti che Peio abbia imezzi, più di altre località, per supe-rare il momento negativo ma per riu-scire siamo altrettanto convinti chesia necessario un grande lavoro disinergia di tutti gli interessati: opera-

tori tutti, Promoturpejo, responsabiledel centro termale, direzione del Par-co Nazionale dello Stelvio, impiantisti,amministrazione comunale.

In particolare:• Il Parco deve finalmente rappresen-tare una vera opportunità di sviluppoeconomico, valorizzando le enormipotenzialità naturalistiche e ambien-tali con iniziative concrete.• Il Centro Termale, nello spirito cheha guidato i notevoli investimenti fi-nanziari dell’amministrazione pubbli-ca, deve diventare lo strumento indi-spensabile per garantire come mini-mo una piena stagione dal primo Giu-gno alla fine di Settembre. • La Promoturpejo, rinforzata da unnuovo accordo di collaborazione conl’amministrazione comunale e tutti glioperatori economici, deve intensifica-re il compito di promuovere l’immagi-ne e l’offerta globale della Valle an-che con la regia delle manifestazionidi località. • Il Comune, tenendo presenti le im-plicazioni socioeconomiche del mo-mento, deve garantire un appoggio in-condizionato.

Da parte nostra garantiamo la massi-ma disponibilità a collaborare nell’in-teresse di tutta la comunità.

Peio, 18 Dicembre 2002

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n.16COMUNE PÈIO

Il territorio Riscoprire e valorizzare il territorio non significasolo tutelare e conservare le risorse naturali presenti, ma, soprattut-to, far conoscere e comunicare la ricchezza culturale del luogo. Inquest’ottica il territorio non è identificato con l’ambiente fisico in cuil’uomo ha inserito le proprie attività, ma è il risultato di un lungo la-voro, prodotto senza soluzione di continuità, dalla natura e dall’uo-mo. Agli elementi strettamente paesaggistici e naturali se ne devonoaffiancare altri: l’architettura, le pratiche di vita e di lavoro tradiziona-li, la produzione locale, la lingua, le tradizioni enogastronomiche.Il rapporto instaurato tra uomo e natura, tra patrimonio antropro-

dotto e patrimonio bionaturale, trova espressione secolare in Val diPeio, attraverso una sequenza di impianti produttivi, insediamenti epercorrenze, che finiscono per caratterizzare ed identificare il territo-rio. Un processo di valorizzazione, esteso a tutti gli elementi checompongono il territorio, deve perciò diventare, oltre che strumentodi tutela, uno strumento di conoscenza e promozione culturale edeconomica al servizio della popolazione e dei suoi interessi.

L’ecomuseo L’ecomuseo rappresenta un possibile metodo difruizione dell’intero territorio e quindi delle sue caratteristiche am-bientali, sociali ed economiche. Attraverso la creazione di itinerari te-matici di interesse ambientale, storico, artistico ed etnografico, ed ilrecupero delle attività e delle economie tradizionali, si deve giunge-re ad una visione organica del territorio, con cui è possibile riscopri-re e valorizzare l’identità dei luoghi in cui la comunità vive.La Provincia Autonoma di Trento, «allo scopo di recuperare, testi-

moniare e valorizzare la memoria storica, la vita, la cultura materia-le ed immateriale, le relazioni fra ambiente naturale e antropizzato,le tradizioni, le attività e il modo in cui l’insediamento tradizionale hacaratterizzato la formazione e l’evoluzione del paesaggio», ha pro-mosso la creazioni di ecomusei sul proprio territorio. Con ecomuseo ci si riferisce, quindi, ad un processo di valorizza-

3

el ràntech

Comune in comuneproblematiche locali

LABORATORIO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE E SVILUPPO SOSTENIBILE

La “tua” montagna... da far amarenatura, uomo e tempo l’han modellata se la conosci la comunichi

intervento del Laboratorio Territoriale della Valle di Sole

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n.16COMUNE PÈIO

zione particolare, che non avviene alchiuso ma all’esterno, in un area circo-scritta, e non si rivolge unicamente allecomponenti culturali, storico o artistiche,ma coinvolge tutti gli attori del territorio,comprese le categorie economiche.In senso generale l’ecomuseo non deveessere visto come un punto di arrivo di unprocesso di valorizzazione, ma, al contra-rio, un incipit per lo sviluppo di nuove atti-vità, culturali ed economiche.In ambito culturale l’ecomuseo deve dive-nire un luogo di educazione permanenterispetto al territorio che lo ospita. Vengo-no promosse attività di ricerca scientifica,didattico-educativa e promozione cultura-le relative alla storia e alle tradizioni cultu-rali. Le sue finalità sono la conservazione e

il restauro di ambienti di vita tradizionali,per tramandare le testimonianze dellacultura materiale e ricostruire le abitudinidi vita e di lavoro delle popolazioni locali,le relazioni con l’ambiente circostante, letradizioni religiose, culturali e ricreative. Parallelamente si valorizzeranno abita-

zioni, fabbricati e altri immobili caratteri-stici, beni appartenenti al patrimonio sto-rico, artistico e popolare locale, i paesag-gi tradizionali e i loro originali toponimi, glistrumenti di lavoro e ogni altro oggettoutile alla ricostruzione fedele di ambientidi vita tradizionali, in modo da consentir-ne la salvaguardia, la manutenzione e lapromozione culturale.In ambito economico l’ecomuseo si im-

pegna a ricostruire ambiti di vita e di lavo-ro tradizionali che possano produrre benio servizi vendibili ai visitatori, creando oc-casioni di impiego e di vendita di prodottilocali.

Il Laboratorio AmbientaleIl coinvolgimento del maggior numero direaltà locali, economiche e culturali, risul-ta un fattore determinante per il successodell’iniziativa.

Consapevoli dell’importanza della colla-borazione tra istituzioni e comunità, il La-boratorio di Educazione Ambientaleper lo Sviluppo Sostenibile della Valledi Sole ha istituito tre sportelli aperti alpubblico, in cui sarà possibile ricevereinformazioni, scambiare idee e proporreprogetti per avviare una riqualificazioneconcreta del territorio.Nato dalla volontà delle Amministrazio-

ni comunali di Peio, Rabbi e Vermiglio, delComprensorio C7 della Valle di Sole, delConsorzio dei Comuni della Valledell’Adige, dell’Apt e del Parco Nazionaledello Stelvio, il Laboratorio si propone dicreare un clima di collaborazione recipro-ca facilitando e proponendo attività e pro-getti di sensibilizzazione, informazione eformazione relativi alle tematiche am-bientali. Le sue attività sono rivolte alla tutela e

alla valorizzazione delle risorse naturali edel patrimonio culturale locale, attraversola promozione e la sperimentazione dimodelli di sviluppo sociale ed economicocompatibili con l’ambiente.Rispetto ad alcuni elementi il Laborato-

rio sta già lavorando: ad esempio sono inprogramma delle serate di sensibilizza-zione e la produzione di materiale infor-mativo sul tema della qualità ambientalenell’offerta turistica rivolte agli operatorieconomici della zona; è stato prodottouno studio di fattibilità per il recupero de-gli itinerari della Grande Guerra; sta lavo-rando al recupero delle tradizioni e deiprodotti legati all’alpeggio, producendodel materiale e organizzando una manife-stazione in collaborazione con la Societàcapre e pecore di Peio e il Casello turna-rio di Peio; ha individuato una serie di iti-nerari che interessano tutto il territorio,sia per estensione, sia per tematiche: unitinerario artistico tra le chiese affrescatedai Baschenis, uno storico che ripercorrei sentieri della Prima Guerra Mondiale,uno etnografico alla riscoperta degli anti-

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n.16COMUNE PÈIO

chi mestieri, uno rivolto alla zona mi-neraria, avviando già una serie di con-tatti. I responsabili del Laboratorio nella sua fase di

avvio (situazione fino ad agosto 2002) sono stati:dott.ssa Michela Luise; dott.ssa Michela Ravelli;dott. Nicola Dalla Torre; dott. Enrico Perini.

Attività primavera-estate 2003� Lungo la primavera il Laboratorio èimpegnato in interventi didattici perle Scuole dell’obbligo per lo più sultema dei rifiuti e dell’approccio all’am-biente.� In estate proporrà le Camminate dimezza montagna in luoghi di partico-lare pregio (Val Meledrio, Val Piana,Fazzon, Comàsine) e collaboreràcon l’Ecomuseo PIccoLo MondoALPIno in Val di Pèio nell’ambito dellevisite a Casa Grazioli.

RecapitiRecapitiLABORATORIO TERRITORIALE VALLE

diSOLE

• MALÉvia 4 novembre,4 al Comprensorio

tel 0463/ 901.029lunedì e martedì 14.oo-17.oo

Indirizzo e-mailvaldisole@

educazioneambientale.tn.it

Sito Internetwww.educazioneambientale.tn.it

responsabile dott. Nicola Dalla Torrecellulare 328 11.86.607

NNNegli ultimi tempi, si sta sentendo parlare molto delle pecore e delle capredi Peio. È una realtà che da sempre caratterizza il paese che dà il nome al-la Valletta e che ha superato diverse difficoltà, ma sempre è parte di quella

cultura che caratterizza il nostro territorio. La storia delle pecore e delle capre di Peiorisale a tempi immemorabili, regolata da uno stile di vita contadino che per secoli èrimasto immutato e che è stato il principale artefice del paesaggio e del territorio checi troviamo fra le mani oggi.L’esperienza maturata giorno dopo giorno ha prodotto una cultura del terri-

torio, l’invenzione di tecniche di coltivazione e di salvaguardia del suolo chehanno portato alla valle un equilibrio ecologico perfetto. In quest’ottica assumeuna notevole importanza il mantenimento e sviluppo delle pratiche alpicolturali tracui, per quanto riguarda la Val di Pejo, l’alpeggio delle pecore e delle capre è una del-le più interessanti anche in vista dello sviluppo di un’agricoltura eco-compatibile.

L’ ALLEVAMENTO OVICAPRINO: UN PROGETTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE IN VAL DI PEIO

Torna a Pèio la “vacca dei poveri”pecore e capre sono «parte di quella cultura che caratterizza il nostro territorio» di Grazia ZILORRI Moreschini (dottoressa Agronoma, libera professionista incaricata del progetto)

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La capra è un animale da allevamen-to che oggi mostra una tendenza alla ri-valorizzazione perchè in grado di sfrut-tare le risorse più povere e nelle zonepiù marginali producendo in cambio unreddito interessante. La capra, da sem-pre presente in Valletta, era definita an-ticamente “la vacca dei poveri” perchègeneralmente veniva mantenuta daquelle famiglie che non potevano per-mettersi l’onere e i costi di manteni-mento di una vacca da latte, ma ugual-mente necessitavano del latte e dellacarne per il sostentamento quotidiano. Venuta meno la necessità di tenere

questi animali per il latte, fino all’annoscorso la capra veniva allevata soprat-tutto per la produzione del capretto, esolo recentemente si sono avviati alcu-ni esperimenti isolati di trasformazione

del prodotto latte in formaggelli.Proprio grazie all’esperienza

maturata da questi “pionieri”,tra cui dobbiamo ricordare ilPresidente della Società Al-peggio Pecore e Capre Dalla-giovanna Piergiorgio, ed al de-siderio da parte di altri alleva-tori di seguire e sviluppare lastessa strada, si è pensato distudiare un piano più organicoper valorizzare il prodotto dellacapra da latte.Lo scopo principale del nostro

intervento è la riscoperta, conser-vazione, tutela e promozione di al-cune risorse locali, ambientali,agricole ed artigianali da ripropor-re anche in funzione di una fruizio-ne turistica, in quanto patrimonioirrinunciabile di identità culturale evalore economico e generatore dioccupazione.In questo contesto assume unruolo molto importante un fortecollegamento tra le tradizionali

attività dell’alpeggio ed il turismo, va-lorizzando anche economicamente gliaspetti culturali e la produzione di for-maggi di qualità.

Quindi gli obiettivi che si voglionoperseguire con questo progetto sonoessenzialmente due:• Sostenere le attività tradizionali localiin funzione di una migliore gestione delterritorio (mantenimento della biodiver-sità, del paesaggio, della cultura, ecc.)• Garantire a tali attività tradizionali unavalorizzazione grazie ad una valida atti-vità di marketing dei prodotti vendibili.

È evidente ancor di più come il man-tenimento degli alpeggi e la loro utiliz-zazione razionale sia un’esigenza im-pellente se si vuole mantenere la mon-

collezione GRAZIA ZILORRI Moreschini

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tagna fruibile ed appetibile ancheper il turista, che non dimenti-chiamolo è la fonte principale direddito per gli abitanti delle no-stre zone.La storia dell’alpeggio dei capi

ovi-caprini in Val di Peio risale atempi antichissimi. Già nella Car-ta di Regola del 1522 sono men-zionate, tra le altre, le disposizio-ni e le caratteristiche dell’alpeg-gio dei diversi generi di bestia-me.Riferendoci a tempi più recenti,

il primo Registro Ufficiale di unaSocietà di allevatori di bestia-me di Pejo risale al 1932, annoin cui si costituisce ufficialmentela Società formata da allevatoriprivati che usufruiscono del pa-scolo comune con manze, man-zetti, vitelli, pecore e capre ed incui vengono ben definite le fun-zioni del direttore della Società(massaio) e le competenze diciascun genere di animale alle-vato. Da quell’anno in poi si è tenuto unregistro in cui venivano annotati i bilan-ci della Società, avvenimenti particola-ri, stato del gregge, stato delle malghee dei pascoli, ecc.

L’alpeggio degli ovi-caprini in Val diPeio interessa un periodo compreso trail 1° maggio e la fine di ottobre, per lecapre in particolare l’alpeggio cominciail 15 di maggio e termina (a secondadell’andamento stagionale) il 15 ottobrecirca. L’alpeggio è comprensivo di dueperiodi principali:1. da maggio a giugno il pascolamentoavviene in corrispondenza delle zone infase di abbandono nei dintorni del paese;2. da luglio ad ottobre il pascolamentoavviene in corrispondenza degli alti pa-scoli di montagna (val Taviela, val de la

Mite, ecc.) e il punto di riferimento è laMalga Covel.La durata complessiva dell’alpeggio è

di 180 giorni; per le capre è di 150 gior-ni. Le capre, venivano tutte “asciugate”prima di partire per la malga in quantonon era prevista l’attività di mungitura.Attualmente sono monticate 250 pe-core e circa 140 capre di cui 65 in lat-tazione.Nel 2001 i soci aderenti alla SocietàAlpeggio di Pejo erano 39, l’80 % deiquali residenti in Val di Peio e gli altriprovenienti da altri Comuni delle valli diNon e di Sole.La Malga Covel (1813 m) negli anni

2000/2001, grazie agli interventi effet-tuati da Parco Nazionale dello Stelvio,Consorzio dei Comuni BIM dell’Adige eASUC, ha subito alcuni rimaneggia-

collezione GRAZIA ZILORRI Moreschini

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menti, anche se necessiterebbe di unaristrutturazione più approfondita e radi-cale, per la quale esiste già appositoprogetto.

Per ottenere un reddito sufficientemen-te remunerativo dalla mungitura deglianimali, la produzione di latte deve esse-re adeguata e ciò avviene se la maggiorparte dei parti è sincronizzata su un pe-riodo che consenta:1. la vendita dei capretti con la possibi-lità di spuntare i prezzi più alti (nel perio-do pasquale)2. produzione di latte ancora abbon-dante per il periodo dell’alpeggio.Ora, sull’onda della nuova attrattiva perle produzioni tipiche e locali di qualità, siè riscoperta una potenzialità che non erastata ancora espressa. I derivati del lattedi capra sono ottimi, molto ricercati espesso costituiscono prodotti d’élite perbuongustai che non temono di ben pa-gare la qualità e l’originalità del prodotto.Ci sarà la possibilità di caserare latte dicapra di alta qualità, dal momento che glianimali sono alpeggiati, con metodolo-gie tradizionali e il caseificio di Peio, es-sendo l’ultimo casello turnario del Trenti-no, ha mantenuto alcune caratteristichenella filiera di produzione del formaggiolocale, che preservano la sua tipicità e lasua qualità.Dato che crediamo profondamente

nella qualità del nostro prodotto, ab-biamo intenzione di intraprendere lastrada della certificazione di qualitàper l’intera filiera di produzione del for-maggio: dall’erba dei pascoli di monta-gna al formaggio di Peio.

Per quanto riguarda il tipo del formag-gio che si intende produrre col latte ca-prino, si è notato , confrontando l’espe-rienza sperimentale di Peio degli anniprecedenti con quella di situazioni già

avviate (es: Cavalese, Valle dei Laghi),che il prodotto accolto con maggiorfavore dal pubblico è il formaggio tipocacioricotta. Il cacio ricotta è un for-maggio artigianale che, con diversi tipi dilavorazione, dà origine a formaggi moltodiversi: si va da un tipo fresco delicatissi-mo, ad uno stagionato più piccante.Una volta prodotto il formaggio, sarà

necessaria un’organizzazione di marke-ting ben orchestrata, pensando magarialla commercializzazione del prodottocon il marchio del Parco dello Stelvio. I ri-sultati ottenuti da questo primo anno disperimentazione ci fanno ben sperare.Nella stagione attuale abbiamo carica-

to in malga 65 capi in lattazione. La mun-gitura delle capre è iniziata alla fine dimaggio e si è conclusa alla fine di agostocirca, come avevamo precedentementestabilito. La produzione lattiera ha avutoil suo culmine nel mese di giugno concirca 32 q.li di latte conferito, ma si èmantenuta soddisfacente anche nei me-si di luglio ed agosto con, rispettiva-mente, 31 e 21 q.li di latte, poi gradual-mente si è proceduto all’asciugatura de-gli animali.Per quanto riguarda il formaggio, la

produzione si è specializzata nel caprinoda consumare a 30 giorni e nel caciori-cotta fresco. Abbiamo prodotto circa 460pezzi di caprino e 350 pezzi di caciori-cotta che sono stati molto apprezzatidal pubblico, tanto che già alla fine disettembre li avevamo esauriti tutti.La maggior soddisfazione, però, per

chi gestisce questo progetto, è stataquella di poter restituire agli allevatori unutile, più o meno significativo in base allatte conferito, che costituisce una grati-ficazione ed un incentivo ad andareavanti .Il progetto in Val di Peio rientra in un di-

scorso più ampio di valorizzazione delterritorio in cui, in un’ottica di sviluppo di

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n.16COMUNE PÈIO

valle, si è intrapresa una strada nuova.La volontà è quella di rendere possibileuno sviluppo sostenibile, durevole edequilibrato con le risorse ambientali pre-senti; che porti a migliorare la qualitàdella vita dei residenti, ad ampliare lepossibilità occupazionali e a qualificarel’offerta di natura per il mercato turistico.

Nel suo piccolo anche il “progetto ca-pre” vuole perseguire quest’ obiettivo, in-nanzitutto cercando di promuovere eproteggere un mondo che da sempre ca-ratterizza i ritmi della vita della gente dimontagna e che se venisse a mancarestravolgerebbe il paesaggio e farebbeperdere una buona parte della cultura lo-cale. In secondo luogo si raggiungereb-be l’obiettivo di salvaguardia del territo-rio; anche i pascoli ormai in fase di ab-bandono, avrebbero ancora una loro ge-stione e questo è molto importante siadal punto di vista di gestione del terrirto-rio che in funzione di una migliore frui-zione turistica. È poi da non dimenticarela questione remunerabilità.Quindi questo ti-

po di progettazio-ne deve portaread una salvaguar-dia non solodell’ambiente cir-costante, ma an-che della realtàculturale passatae contempora-nea, una proget-tazione ecologicache si prefiggaobiettivi di salva-guardia ambien-tale e sociale.Per questo non

possiamo non cita-re la disponibilità ela sensibilità dimo-

strata dalle amministrazioni locali, dalParco Nazionale dello Stelvio, dal Con-sorzio dei Comuni BIM dell’Adige e nonultima la Provincia Autonoma di Trento.

Ma nulla si sarebbe potuto fare sen-za la tenacia, la caparbietà e la testar-daggine di alcuni allevatori che da su-bito hanno creduto in questo proget-to e col quale hanno fatto una scom-messa col futuro. Solo per citarne alcuni, dobbiamo di-

re grazie a: Piergiorgio Dallagiovanna(Presidente Società Alpeggio Pecore eCapre di Pejo), Maurizio Vicenzi (presi-dente ASUC Pejo), Enzo Casanova (pre-sidente Caseificio Turnario di Pejo) e atutti quelli che in modi diversi hanno of-ferto tempo e professionalità perchè tut-to quello che vi abbiamo raccontato po-tesse diventare una realtà.

Fotografiepag.10: Il ponte e la fase di mungitura a Malga Cóel.pag.11: Le capre al pascolo sulla piana di Cóel.qui sotto: Due agnelli della razza allevata a Pèio paese.

collezione GRAZIA ZILORRI Moreschini

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EL TONI DEI BARCIÁDI

Antonio Caserottiuna letterato “ante litteram” e il suo Paradiso della Viclael zio Toni, spirito libero

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gente della ˝Valéta˝

AApiù di un anno dalla sua scomparsa (3 maggio 2001), dopo nu-merosi solleciti, credo utile riportare alcune notizie sulla vitadello zio Antonio Caserotti o come tutti lo conoscevano Toni

dei Barciadi. Alcune date aiuteranno a capire meglio la sua persona-lità burbera, schiva, spesso però con inflessioni geniali, stravaganti.Nacque a Cogolo il 12 giugno 1907, quinto di sette fratelli (Ste-

fano del 1891, morto in Siberia nel 1915; Attilio del 1904, mio non-no paterno; Barberina del 1889, sposatasi a Piacenza; Carmela del1899, che sposò Clemente Cazzuffi; Cornelio del 1910, trasferitosi aPadova; Monica, morta nel 1936 a 34 anni). Nel 1938 morì anche la madre e questo provocò una crisi di de-

pressione che lo spinse a partire per la Germania, dove lavorava co-me interprete per le squadre italiane che costruivano la ferrovia alconfine con la Polonia. Divideva questa esperienza all’estero con elTofol (Cristoforo Caserotti). Tornato nel 1939 condusse l’azienda agricola di famiglia con il fra-

tello Attilio, che nel frattempo faceva il muratore e boscaiolo. Da allo-ra condivise con lui e con la cognata Annetta (per l’anagrafe Anasta-sia Marini da Peio, mia nonna paterna) tutti i lavori. In accordo con il fratello nel

1949 comprò un camion pro-veniente dall’esercito in societàcon Marino Pegolotti (Rácol)che modificò e rese più funzio-nale al trasporto di materiali.Infatti dopo alcuni anni iniziò atrasportare l’acqua della Idro-peio, bovini, legname equant’altro, perfino venivanoorganizzate gite fuori valle.Nel 1962 acquistò il maso al-

la Vicla, che nel tempo ha re-staurato, dotato di acquedottoe di strada di collegamento conla Volta dei Stradini, “semprecon l’aiuto della tecnologia tipi-ca del tempo”. Luogo questo

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che sarà definito da lui il suo Paradiso inTerra. Nel frattempo acquista lotti di ter-reno nella zona delle Spòne sulle qualivoleva creare un piccolo frutteto.Nel 1972 bruciò il paese di Cogolo tra

cui la stalla (‘n tel Splaz, oggi canton gri-son) e quindi decise di costruire una nuo-va struttura per il fieno e per gli animaligiovani. Il fratello fece lo stesso, li vicino,per le vacche da latte. In quegli anni el Toni ricoperse l’incari-

co di capo frazione di Cogolo , di consi-gliere della Cassa Rurale e della famigliaCooperativa.Nel 1992 (alla veneranda età di 85 an-

ni!) decise di costruirsi una nuova casasulle amate Spòne e così fece. In tutte le sue scelte non va dimentica-

to l’apporto dei suoi sette nipoti, figli diAttilio (Luciano, Pio, Monica, Iginio, Lu-cia, Alessandro e Dario) forza lavoro nonindifferente per una ditta familiare. Pensando al zio Toni la mia mente si di-

rige velocemente alla Vicla, alla sua biblio-teca, ai suoi infusi di erbe officinali, ai suoiinnumerevoli orologi a pendolo. Ricordoinfatti al ritorno dalle mie “notti brave” la

luce del suo studio ancora accesa e lui suilibri a studiare botanica, matematica, lin-gue. Non a caso la sua biblioteca è fornitadi testi scientifici di trigonometria, geome-tria, disegno tecnico, meccanica, fisica,botanica sistematica, medicina, gramma-tiche di russo , tedesco, francese, inglese,latino. A mio avviso era un letterato antelitteram, -passatemi il termine-, perchénon aveva avuto un formazione scolasticasuperiore, ma amava leggere ed accultu-rarsi. Attività che gli ha permesso, secon-do me, di arrivare a novanta anni ed esse-re ancora indipendente e con la mente lu-cida, con il fisico gravato da problemiall’anca che gli creava non pochi dolori.A lui devo forse la mia testardaggine a

rincorrere ragionamenti controcorrente,a voler studiare le lingue straniere e viag-giare per il mondo per capire, fondamen-talmente, come si stia bene in quel di Co-golo.Con l’intenzione di aver riportato i fatti

secondo la Storia spero di aver fatto cosagradita a tutti i parenti e amici che hannoconosciuto el zio Toni.

Un nipote

pagina a fronte: foto del biglietto-memoria. sopra: el Mass de la Vícla in Val de la Mar in uno scatto di fine anni ‘80; è in atto la raccolta delfieno (i é dré a raspàr); il maso ha le porte aperte; all’uscio del baito è appesa la camicia di Antonio; lo immaginiamo a riposo o a merenda.Tutto sembra sospeso e che debba rimettersi in moto da un momento all’altro... Così pensiamo el Tòni nel suo Paradiso in Cielo!

da una cartolina a colori: FOTO GIULIANO BERNARDI

� Cogolo

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educhiamoci per educare

I BIMBI DELL’ASILO DI COGOLO SULLE VIE DELLA SCIENZA

Dal bosco di Cipì al signor Composter

Realizzazione di un percorso educativo/didattico sul compostaggiodomestico, per sensibilizzare i bambinifin da piccoli alle attuali tematiche ambientali attinenti al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti.

erché fare educazione ambientalePP

LLe attività educativo-didattiche vissute dai bambini della scuo-la materna di Cogolo durante l’intero anno scolastico, hannoavuto come motivazione e supporto teorico nonché operativo

il percorso di formazione che vede coinvolte le insegnanti dell’interocircolo e che ha come tema l’esplorazione del concetto di bosconei diversi ambiti formativi. Questo argomento, infatti, risulta avereuna importante valenza educativa, poiché costituisce non soloun’occasione di conoscenza approfondita per i nostri bambinidell’ambiente naturale in cui essi vivono, ma anche una tematica digrande attualità nel mondo e nel tempo in cui viviamo. Sviluppare unsenso ecologico nei bambini è importante, infatti, per favorire fin daquesta età la maturazione di un comportamento attivo, di rispetto edi protezione dell’ambiente naturale.

L’esplorazione dell’ambiente contribuisce allo sviluppo di atteggia-menti di base necessari a favorire un “approccio scientifico” allo stu-dio della realtà del mondo che ci circonda, permettendo agli inse-gnanti di esercitare i bambini all’osservazione, alla descrizione, alcogliere relazioni, alla formulazione di ipotesi, alla riflessione, alla ri-levazione di dati,al rispetto consapevole dell’ambiente. Le espe-rienze che i bambini fanno in questo senso, essendo permeate dauna forte carica emozionale, vengono ricostruite con l’obiettivo diportare l’individuo a sentirsi elemento ambientale. Il continuo intrec-cio tra il momento percettivo e le attività didattiche consente di con-

un’esperienza di natura e l’utilità degli scartidi Mariagrazia CAROLLI Chiesa (Ins.Scuola Infanzia)

onsiderazioniCC

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Pari opportunità) propone alle scuole perl’anno scolastico in corso 2002/2003. Vieneinfatti sottolineato nella circolare esplicativadel 23 maggio 2002: «Nel passato si sonogià attivate iniziative episodiche di sensibi-lizzazione che ora devono tradursi in con-crete attività di raccolta del riifiuto in mododifferenziato. È evidente che le scuole, diogni ordine e grado, hanno la capacità ditrasmettere comportamenti virtuosi peril raggiungimento di obiettivi anche in que-sto settore. (...) ...nella consapevolezza cheil problema dei rifiuti è diventato unadelle tematiche che la società trentinadeve risolvere in tempi brevi»

n’esperienza significativa:il gufo Cipì e il signor ComposterUU

nettere il pensiero infantile con i primi ap-procci alla procedura scientifica.

Cipì è un simpatico gufetto che ha fattoda filo conduttore alle varie proposte eche ha avuto lo scopo di sollecitare l’inte-resse e la curiosità dei bambini del gruppodei medi in particolare. Cipì, infatti, ha vis-suto e condiviso esperienze entusiasman-ti con i nostri piccoli alunni ed è quindi conquesto gufo che essi hanno potuto con-frontarsi ed intraprendere un viaggio chenell’arco dell’anno li ha condotti versol’esplorazione, la scoperta e la conquistadi nuovi elementi di conoscenza.Cipì tra le diverse esperienze ci ha fat-

to conoscere anche un signore un po’speciale: il Composter (contenitore fi-nalizzato al trattamento dei rifiuti a conte-nuto organico, che permette di otteneresostanze usate come fertilizzanti).I bambini, dopo aver fatto amicizia con

questo “personaggio”, si sono impegnatinel “curare l’alimentazione” del signorComposter, portando da casa avanzi dicucina, fondi di caffè, etc., così da coin-volgere e sensibilizzare anche le lorofamiglie.Il percorso ha visto come momento fi-

nale la nascita e la fioritura di alcune co-lorate piantine di dalie che i bambini han-no potuto regalare ai loro genitori grazieall’aiuto del loro amico Composter, cheha trasformato nel tempo il suo “cibo” interra fertile e pulita come quella del bo-sco di Cipì.

Il percorso formativo vissuto dai bambiniquest’anno e sopra brevemente illustrato,trova come supporto istituzionale il proget-to Raccolta Differenziata, che la ProvinciaAutonoma di Trento (Sovrintendenza Sco-lastica, Assessorato all’Ambiente, Sport e

Immagini: pagina a fronte: il gufo Cipì visto dal bambino Nicolò (Scuola Infanzia Cogolo - Anno scolastico 2001/02sotto: il pieghevole informativo della mostra di Trento che ha raccolto il materiale delle 11 Scuole Infanzia della Val di Sole.

ogno dell’arrampicatoreS

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Il sogno dell’arrampicatore non è affatto quello di «essere accolto sulle vet-te dal suono festoso d’un disco “batraphon” montato su maccina parlante del-la stessa marca» come pretendeva la Rivista del Club Alpino; l’arrampicatorepuro come un cavallo di razza sogna un ideale di perfezione alpinistica. Sognail tempo beato in cui, fatto sparire tutto il superfluo, qualche nobilissima mon-tagna di nuda roccia, elevantesi direttamente dalla pianura, sarà adibita alla do-menicale arrampicata digestiva. Una parete assolutamente liscia e strapiom-bante, dovrà essere riservata ai culturi del sempre più difficile.

Da apposite tribune il pubblico ammirerà i campioni favoriti: tempi aurei peri venditori di gelati, caramelle, croccanti e mandorle.La scuola e la scala di Monaco saranno a quel tempo certamente eclissate daaltre scuole e scale bavaresi e ottentotte. Un pratico sistema di ventose permet-terà di salire dovunque e di camminare sotto i soffitti.Nei rifugi più lontani dalle rocce vi sarà un deposito di speciali portantine: evi-tando la fatica e l’umiliazione di percorerre banalissimi sentieri, gli arrampica-tori giungeranno alla base delle pareti in perfette condizioni fisiche e morali.

Non occorrerà andar troppo alti per provare emozioni: sotto i passaggi piùdifficili saranno tesi appositi reticolati arrugginiti. Il «brivido della morte» siotterrà calandosi a corda doppia da una gru girevole sopra un allevamento dicaimani. Saranno indette gare di velocità su pareti a strapiombo, coperte dighiaccio artificiale. Così sarà finalmente reso aristocratico l’ignobile giocodella cuccagna. L’attuazione di tali gare sarà possibile anche dove non vi sonomontagne, purché vi sia un muro pendente, come sulla Torre della Garisenda osulla Torre di Pisa. Chi arriva prima, potrà tirar noci di cocco sulla testa deicompetitori, secondo il gentile costume dei macachi nelle foreste del Borneo.

Le difficoltà non avranno limiti di sorta e specialisti laureati daranno dimostra-zioni pubbliche delle possibilità arrampicatorie, su montagne artificaili, costruitesui palcoscenici. Si dimostrerà che l’allenamento e la perseveranza possono rido-narerpo umano l’agilità da gran tempo perduta; e si avrà così la prova più con-vincente dell’esattezza della teoria Darwiniana su l’evoluzione della specie.

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la bibliotecauna porta aperta sulla cultura

indirizzoindirizzo

posta elettronica - e-mail:

peio@biblio

.infotn.it

CONSAPEVOLEZZE IN REGRESSO SUI NOSTRI SENTIERI

La montagna presa in giroa settant’anni dalla prima edizione, un classico della letteratura alpina dialoga con l’uomo d’oggi stralci da La montagna presa in giro di Bepi MAZZOTTI (Treviso)

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n.16COMUNE PÈIO

Testi estratti dal libro La montagna presa in giro di Giu-seppe Mazzotti, illustrazioni di Sante Cancian, presen-tazione di Piero Rossi, Nuovi Sentieri Editore (Belluno),V edizione aprile 1983 (reprint dalla collana Montagnadell’Editrice L’Eroica Milano). Il libro da cui sono trattiquesti gustosi assaggi di lettura è disponibile in Bibliote-ca, in una rara edizione recuperata direttamente pressol’editore al convegno di Belluno.� Il Capitolo SOGNO DELL’ARRAMPICATOREalle pag. 179-182;

� Il Capitolo LA PROVA DEL NOVE alle pag. 247-248.� Dal Capitolo FRAMMENTI POLEMICI alle pag. 238/239; 241/243;

a prova del noveLUn bello spirito ha asserito che vi è una prova

sicura per sapere se si ama una persona. Se nonè elegante, è almeno ben trovata: basta pulirsi identi con spazzolino usato da questa persona.

Vi è anche una prova sicura per sapere se sicomprende la montagna: passare qualche gior-no in una malga, facendo vita in comune coimontanari.

Bisogna saper comprendere e amare i pastorie i montanari. Si comincia a conoscer la monta-gna solo quando non ci si sente a disagio nellamalga sudicia, accanto a questa gente buona eprimitiva; quando non si prova disgusto nel be-re una sorsata d’acquavite dalla borraccia cheha fatto il giro della compagnia e si è accostataa labbra ispide di peli e lerce di tabacco; quandosi ascolta volentieri quel poco che si degnano didirci; quando si trova eccellente la loro dura escipita polenta da affogare nel latte e da man-

giar con le mani; quando si può divider il loropasto e il loro giaciglio senza destar diffidenza,provando un piacere che non sia soltanto quellodella novità; che derivi cioè da una perfetta co-munione spirituale con la gente dell’Alpe.

Bisogna conoscere questa gente che si ostinanella dura fatica perché ama la sua terra. Ancheperché dai montanari abbiamo sempre molto daimparare, sebbene non si taglino la barba ognimattina, e abbiano i piedi scalzi negli zoccoli, erivoltino il letame odoroso.Non bisogna prendersi gioco di costoro per unasuperiorità intellettuale che può esserci, ma chepiù certamente è soltanto superiorità culturale, ebeata disinvoltura dovuta alle abitudini cittadi-ne. E poi basta, perché è inutile insistere su co-se tanto evidenti. continua alla pagina seguente

sopra: illustraz.di Sante Cancian da La Montagna presa in giro;sotto: pieghevole incontro su Bepi Mazzotti a oltre le VETTE.

el ràntech 2020 2002

n.16COMUNE PÈIO

Intendiamoci bene: fare dell’alpinismo non si-gnifica stare distesi sull’erba a guardare le nu-vole. L’alpinista tende a superare e a superarsi:la lotta è duplice, esteriore e interiore. È proprioquest’ultima che ha grande importanza.

L’alpinismo concede a chiunque la possibilitàdi un superamento interiore. Nessuno vorràcontestare che diverso è lo sforzo morale occor-rente a individui diversi per vincere lo stessoostacolo fisico. Di conseguenza, ogni salita, an-che la più modesta, può richiedere uno sforzomorale, grande o piccolo, secondo la capacità,preparazione, attitudine di chi la compie. Que-sta constatazione non diminuisce per niente ilvalore delle grandi imprese in senso assoluto,che sono indubbiamente possibili solo a indivi-dui dotati di un robusta tempra morale; però ifotunati e valorosi campioni non possono pre-tendere di avere il monopolio della forza mora-le, la quale non si eplica solo nell’alpinismo, main tante e ben diverse occasioni della vita pub-blica e privata. Non possono pretenderlo, per-ché se no l’equilibrista -per esempio- avrebbe ildiritto di dire a tutti noi che andiamo in monta-gna: – Voi siete vigliacchi, che non avete il co-raggio di camminare sul filo.

L’alpinismo ha un contenuto eroico comunead altre attività umane: anche a molti sports, co-me l’aviazione (ammesso che l’aviazione siauno sport) e l’automobilismo. Esige talvolta un«superamento» spinto fino al sacrificio della vi-ta, come nelle gare motociclistiche. È animatoda una «volontà di potenza» simile a quella cheanima il nuotatore o il podista quando cercanodi superare un primato, e in genere tutti quelliche tentano di forzare i limiti della loro capa-cità. L’alpinismo si distingue da tutti gli sports

(ed è anzi principalmente per questo che nondeve essere considerato uno sport) per un con-tenuto ideale che sta al di sopra di ogni espres-

sione atletica.Perciò a noi che pur siamo sportivi, che ab-

biamo cercato più di una volta, anche sui monti,di forzare i limiti della nostra natura finita, ripu-gna sentir paragonare gli alpinisti ai campionidel pedale, sia pur anche solo per stabilire unadiversità o una superiorità. È il confronto, in sé,che stupisce e disgusta, per la lontananza e as-soluta diversità dei termini. (...)

rammenti polemiciF(...)

L’alpinismo non va confuso con quelle mani-festazioni che riducono la montagna ad un at-trezzo ginnastico. L’arrampicata non è, e nondeve diventare lo scoppo dell’alpinismo intesocome «culto della natura nelle sue più belle edenergiche manifestazioni»: culto d’amore, com-prende tutti gli altri. Anche il culto Nietzchianodi «potenza».

In altre parole non si deve confondere l’alpi-nismo con la tecnica dell’ampinismo, cioè conquell’insieme di atti necessari per la praticadell’alpinismo, fra i quali è compreso l’arram-picamento. Ciascuno di questi atti ha una suapropria tecnica (della corda, del gradinare, del-lo sciare, ecc.), il buon uso della quale produceun piacere di ordine sportivo; ma ciascun atto insé, nei confronti dell’alpinismo, altro non è cheun mezzo per vivere in intimo e profondo con-tatto con la natura alpina. (...)

“Cartolina” promozionale ciclo iniziative annuali di Belluno. Nel2002 sono state, fra l’altro, sondate le figure artistico-letterarie di DinoBuzzati (Dino Buzzati-Traverso: 1906 Belluno - 1972 Milano), che ap-pare nell’immagine, e di Giuseppe Mazzotti (Treviso 1907 - 1981).

el ràntech 2121 2002

n.16COMUNE PÈIO

LLassù, sulle cime, -la terra sembra toccare il cielo -John Ruskin († 20.1.1900 a 81 anni)

così illustra la bellezza delle Alpi:«Grandi cattedrali della terra, con i lorocancelli di roccia, pavimenti di nuvole, coridi torrenti e pietre, altari di neve, e volte diporpora attraversate da una seminagione distelle».

L'ONU ha promosso quest'anno per affer-mare che la montagna non è solo un meravi-glioso spettacolo della natura, di cui l'uomopuò godere ma, anche e soprattutto, per sotto-lineare che è l'ambiente naturale in cui e dicui vive l'uomo. (…)

Vincente Aleixandre, poeta andaluso, ciracconta l'esperienza dell'alpinista che haraggiunto la vetta:Tutto qui, sulla cima, è pace serena. Spira un vento leggero,senza profumi, diafano e chiaro.Ci abbraccia una neve silente e ci sostiene, abbracciati,mentre scrutiamo il vasto paesaggio distesooh, totalmente! davanti ai nostri occhi.Tutto ormai è dominato da un sole che durae che ancora inonda i nostri capelli. (…)

La montagna è in tutte le religioni il simbo-lo della trascendenza. Cosa intendiamo pertrascendenza? È qualcosa che ci supera, cheva oltre, al di là della nostra umana compren-sione. La trascendenza è immaginata semprein alto, anche se essa, in realtà, è semplice-mente "oltre", al di là di tutto ciò che è creatoe limitato. Indica la tensione dell'uomo, chetende a superare i suoi limiti e affascina pro-prio per il mistero a cui richiama. E Rattin, unparroco e biblista, dice: «Non è detto che sidebba esser cristiani, oppure musulmani perprovare -nella suggestione della montagna- lasensazione di essere in qualche modo afferra-ti, soggiogati dal Trascendente; un Trascen-

UNA RIFLESSIONE OLTRE L’ALPINISMO

La Montagnadalla terra al cielosentieri nell’orizzonte biblico stralci relazione di Diella VIERO Rizzi (Trento)

el ràntech 2222 2002

n.16COMUNE PÈIO

John Muri così scrive:Sulla vetta di una montagna la pace dellanatura filtra in noi come la luce del sole tragli alberi. I venti ci comunicano la loro freschezza, i temporali la loro forza e gli affanni si staccano da noi come foglie.

La montagna dunque si fa, all'uomo che l'av-vicina, compagna silenziosa, gradevole, sti-molante; essa provoca all'ascesa, a salire versol'alto. È un invito difficilmente eludibile, chesi impone nel silenzio, sollecita dolcemente.

Vieni, sali quassù, apri il tuo cuore al suodesiderio più profondo, lascia ciò che pesa evieni! Non ti affannare nel salire, non arrive-resti alla vetta. Sali piano, piano, con costan-za, con pazienza per la tua fatica, sali con ri-spetto. Scegli la via, il sentiero che si confà ate, che è secondo le tue possibilità, la tua pre-parazione, secondo il tuo desiderio. Vieni su,e ti svelerò qualcosa del mistero che ti offre lavetta, la cima che tende al cielo.

La montagna continuerà a parlarci nel si-lenzio, se noi sapremo ascoltare il silenziodella montagna. E tu sentirai il tuo cuore far-si leggero, perché, lentamente ha abbandona-to le sue pesantezze, le sue preoccupazioni, isuoi affanni e tende, con cuore aperto, concuore puro, all'Oltre, all'Infinito, che la vettagli vuole indicare. È nella salita, nell'ascesiche il cuore si purifica, che gli occhi si apro-no a vedere veramente, a cogliere l'essenzia-le, lasciando in basso le scorie.

Questo vuol dirti la cima del monte che tiattende, che attende ogni uomo che accoglieil suo invito. In cima ci sei tu e l'Oltre che tiha atteso, che sempre ti attende per svelartiqualcosa di sé. E lassù tutto si è fatto chiaro,tutto è serenità e pace.

Intervento di Diella Viero Rizzi (Trento) commissionatodalla Biblioteca Comunale di Pèio. Posto nella “sezio-ne” MONTAGNE SIMBOLICHE del ciclo di iniziativeSCOPRIRE le ALTEZZE – Val di Pèio – estate 2002,promosse in occasione dell’Anno Internazionale delleMontagne. La serata si è tenuta il martedì 20 agosto2002 nella saletta ex Cancelleria di Celledizzo. Assiemealla relatrice operavano: Rinaldo Delpero, lettore; Ro-berto Pancheri (Dimaro-Pergine), intermezzi musicali eaccompagnamento alle letture con vibrafono.Il testo integrale della relazione è stato accolto su:

La Val, Notiziario del Centro Studi per la Val di Sole,Anno XXX 2002, n. 5 Sett/Dic, pag. 5/16.

dente "senza volto", misterioso e sovrastante,che sovente si ha riguardo a denominareDio». (…)

Noi sappiamo che l'uomo legge tendenzial-mente il mondo, tutto ciò che lo circonda, inbase alla sua esperienza; a quell'esperienzache fa attraverso il suo corpo. (…)

«L'uomo infatti, l'umanità, -dice Ravasi- havissuto una delle sue rivoluzioni più radicali,più drammatiche quando è passato dalla po-sizione china alla posizione eretta». Posizio-ne inoltre, che dal punto di vista fisico, èestremamente ardua: si tratta infatti di mante-nere l'equilibrio su uno spazio limitatissimo: inostri piedi.

E l'uomo, conquistando questa posizione,scopre il valore della sua testa, e comprendeche lì, dove c'è la testa, c'è il cervello, il pen-siero, la razionalità, il volto, che gli dà la pos-sibilità di comunicare; dove c'è la testa, dun-que c'è il vertice, c'è lo zenith della persona.Così il capo dell'uomo, la cima, la vetta, di-ventano per lui il rimando a tutto ciò che dipiù nobile, di prestigioso, di grandioso, di so-lenne esiste sulla faccia della terra, terra allaquale egli si trova ancorato, legato. (…)

Salmo 121 Alzo gli occhi verso i monti:da dove mi verrà l'aiuto?Il mio aiuto viene dal Signore,che ha fatto cielo e terra.Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode.Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode di Israele.Il Signore è come ombra che ti copre,e sta alla tua destra.Di giorno non ti colpirà il solené la luna di notte. Il Signore ti proteggerà da ogni male,egli proteggerà la tua vita.Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri,da ora e per sempre. (…)

Nella vita dell’uomo ci sono cime diverseda scalare, alcune alte e difficili, altre addirit-tura irraggiungibili. C’è la montagna dellamateria, la montagna di terra, sassi, roccia; ec’è la montagna dello spirito. (…)

el ràntech 23 23 2002

n.16COMUNE PÈIO

CCercheremo di entrare nel mondo silen-zioso degli alberi, per dare loro tutta lanostra attenzione, per guardare a loro

non come ad una presenza scontata nella no-stra vita, ma come ad una dimensione inte-grante e indispensabile, che ce li fa più vicini,più amici. Sono mute e vitali presenze che, colloro silenzio vogliono parlarci; vogliono aiu-tarci a non essere persone distratte, che passa-no loro accanto senza cogliere il messaggioprofondo che esse ci vogliono offrire.Cosa sono gli alberi? Hanno una loro storia?Normalmente, quando noi siamo interessati aqualcuno (o a qualcosa), desideriamo cono-scerlo più a fondo, conoscere la sua storia.(…)

L'albero è sì una pianta, ma si presta ad es-sere anche un simbolo; per l'uomo è un sim-bolo universale, un simbolo che si può facil-mente comprendere. (…)

L'uomo può scegliere l'albero come suosimbolo, per le affinità trasparenti che esso hacon la natura umana. La forma dell'albero,generalmente perfetta nella sua verticalità,simboleggia la nostra natura eretta. (…)

Ancora l'albero è il paradigma della vita chesi dispiega ed ha un suo fine. Esso percorre eporta a compimento il suo ciclo, sviluppan-dosi, realizzando le proprie potenzialità; lo facon la sua crescita, che diventa anche molti-plicazione di sé; così l'albero afferma la suadurata nel tempo e nello spazio. La sua cre-scita e il suo sviluppo sono segnati dal ritmodelle stagioni: nell'inverno riposa, in quellache sembra una morte apparente, per tornarea fiorire in primavera e a dare frutti in estateed autunno, come in una risurrezione che ri-torna ogni anno.

SPECCHIO DELLA NOSTRA VITA

L’albero fra terra e cielosimbologie bibliche stralci relazione di Diella VIERO Rizzi (Trento)

el ràntech 2424 2002

n.16COMUNE PÈIO

L'albero è docile, si piega al vento, alle in-temperie, all'uragano, alla neve e difficilmen-te si spezza. Anche l'uomo è spesso costrettoa piegarsi alle temperie della vita; molte vol-te lo fa imprecando, sbuffando, cercando diopporsi. La docilità, per l'uomo è una conqui-sta, è qualcosa che gli costa assai. Saper af-frontare e accogliere gli eventi difficili, pe-santi, conservando serenità, è frutto di un la-voro serio e impegnativo su se stessi. Gli al-beri parlano a chi li ascolta, insegnano conumiltà. (…)

E noi ci accorgiamo degli alberi? Viviamoaccanto agli alberi, vicino a loro specie quan-do siamo o viviamo in montagna, eppure nonsempre riusciamo a godere della loro presen-za, della loro compagnia; a cogliere quantoessi ci vogliono dire, con la loro bellezza, avolte anche dura aspra, resa gradevole dal fo-gliame colorato che cambia col mutar dellestagioni; in particolare nell'autunno possiamoammirarli in un trionfo di colori.

È nel silenzio del bosco che gli alberi parla-no; cantano gli alberi. I suoni del bosco, lostormir delle foglie, che ballano silenziosesui rami, li possiamo cogliere solo nel silen-zio. Sono suoni naturali, che non disturbano,che ci aiutano a contemplare quanto ci sta at-torno. Apriamoci a quanto essi ci voglionooffrire, ci vogliono donare.

Spesso camminiamo nel bosco. Ma percamminare nel bosco, nella foresta, moltevolte bisogna salire, andare "su", verso l'alto;ed è "su", nel silenzio, che possiamo incon-trare l'Infinito.

Lascio a voi questa scoperta, questa con-templazione.

L'albero è fissato sempre nella stessa terra edistende i suoi rami verso il cielo; trae dallaterra il suo nutrimento, lo elabora nel suo se-greto e lo trasforma in foglie, fiori e frutti.Questa sua stabilità è un richiamo per l'uomo,invece sempre inquieto, con la sua brama dimuoversi, di cambiare di possedere, di domi-nare; questo lo porta a contrasti e scontri congli altri, a situazioni di odio fino alla morte.L'albero invece, vive lieto di se stesso e fede-le alla sua terra. E in questa sua fedele immo-bilità, l'albero si fa mediatore tra la terra e ilcielo: nella terra infatti sono le sue radici,mentre il suo fusto tende verso il cielo.

Le sue radici e i suoi rami crescono simul-taneamente e, proprio perché le radici attin-gono alle fonti della vita, i rami possono am-pliarsi, distendersi, moltiplicarsi, conquistarespazi.

Anche l'uomo deve lasciar crescere dentrodi sé e maturare germi di sentimenti che glipermettano di diventare persona in pienezza,come l'albero.

L'albero si può dunque considerare, sotto uncerto punto di vista, il prototipo dell'uomo,della sua personalità. E come l'albero nellapienezza del suo sviluppo, dona ospitalità ainidi degli uccelli, ombra e riposo al viandan-te, riparo nelle intemperie, gioia con le suefioriture, così l'uomo deve farsi ospitale, ac-cogliente, prendersi cura degli altri, donaregioia anche con la sua ricchezza interiore.(…)

Di solito è raro vedere un albero da solo, èquasi un'eccezione, che richiama l'attenzione.Normalmente, anche perché dona e spande alvento i suoi semi, l'albero vive accanto ad al-tri alberi e così ci offre il bosco, la selva, laforesta in montagna, mentre più in basso ifrutteti, i vigneti, ecc.

L'albero si fa così simbolo della vita del-l'uomo, che raramente vive da solo; è statocreato infatti per vivere in comunione con glialtri; normalmente lo troviamo inserito in unafamiglia, in una comunità, in un paese o città.E come gli alberi sono sostenuti e protetti da-gli altri alberi, così l'uomo nella famiglia, nel-la comunità, nella società si trova sostenuto eprotetto.

Intervento di Diella Viero Rizzi (Trento), commissionatodalla Biblioteca Comunale di Pèio, inserito nel ciclo diiniziative Etnografia 2002 – Piccolo Mondo Alpino –per un progetto di Ecomuseo in Val di Pèio, promossocon l’Associazione di ricerca etnografica LINUM (Lavo-rare Insieme per Narrare gli Usi della Montagna). La serata tematica sull’albero si è tenuta il martedì 23

luglio 2002 alla saletta ex Cancelleria di Celledizzo. As-sieme alla relatrice erano coinvolti: Rinaldo Delpero,lettore; Francesca Buscemi (Pergine), intermezzi e ac-compagnamento alle letture con chitarra classica.Il testo integrale della relazione sarà pubblicato su:

La Val, Notiziario del Centro Studi per la Val di Sole,Anno XXXI 2003, n. 2 Apr/Giu.

el ràntech 2525 2002

n.16COMUNE PÈIO

IIl primo week end di settembre la Sezione SAT Peio ha celebra-to i suoi primi quarant’anni di vita. Sabato 7 settembre presso ilteatro di Peio Fonti il socio Tommaso Gozzetti, che nel 1976 ha

pubblicato in collaborazione con la Sezione la guida Sentieri e Rifu-gio della zona del Cevedale, ha presentato una serata di diapositi-ve, relative ad un trekking nella Cordillera Huayhuash nelle AndePeruviane alla quale ha partecipato con una decina di amici due an-ni fa. Le bellissime immagine dei laghi, dei ghiacciai e delle genti an-dine hanno sicuramente interessato il pubblico presente, tant’è chenumerosi soci, sentiti in seguito, non disprezzerebbero l’idea di untrekking a 5000 metri. È stato inoltre molto interessante intrattener-si a chiacchierare con questo socio bolognese, che per molti anni èstato ospite fisso della Val di Peio e che conosce alla perfezione, no-nostante negli ultimi anni, per motivi di lavoro, vi ritorni più raramen-te. Domenica 8 settembre, di buon mattino un gruppo di una quin-dicina di alpinisti è partito da Pian Palù per raggiungere la vetta del

8

el ràntech

le associazionicrescere insieme

LA S.A.T. DI PEIO FESTEGGIA E PREMIA

Ha 40 anni, ma pensa “in giovane”dalla montagna, bene prezioso da rispettare, pace e tranquillitàl’attenzione ai bambini, vivaio di domanidi Emilio COMINA

collezione EMILIO COMINA �

Strombiano

el ràntech 2626 2002

n.16COMUNE PÈIO

S.Matteo a 3.684 metri, teatro nel 1918della più alta battaglia della storia, persottolineare il fondamentale ruolo dellaSezione nella promozione della cultura edella storia delle montagne. Gli alpinisti di ritorno dal S.Matteo, alle

17.30 presso la chiesa di Peio si sonouniti con numerosi altri soci e amici dellaSezione per partecipare alla S. Messa,celebrata dal missionario di Peio in Nuo-va Guinea, Padre DarioMonegatti, la cuipresenza ha dato un grande significatoalla celebrazione poiché tutti i “pegaesi”conoscono la sua grande passione per lemontagne e in particolare per il Vioz, sul-la cui cima quest’estate è salito già 4 vol-te, partendo a piedi da Peio quando an-cora tutto tace. Nella sua omelia oltre aricordare i soci defunti e quanti sulle no-stre montagne hanno perso la vita, haparlato della montagna come di un be-ne prezioso, da rispettare e su cui tro-vare pace e tranquillità. Ha ricordato ilvalore fondamentale dell’amicizia e dellasolidarietà che deve legare i soci dellaSezione e l’importanza del volontariatonella comunità. Dopo la S. Messa Rinaldo Delpero, bi-

bliotecario comunale, ha ripercorso leprincipali tappe della fondazione dellaSezione, prendendo spunto dalle letterereperite in archivio e datate tutte 1962.Alcuni soci di Peio, tesserati per la Sezio-ne SAT Alta Val di Sole chiesero alla SATCentrale di poter formare una Sezioneautonoma a Peio: tale concessione ven-ne data il 6 luglio 1962 con la denomina-

zione SAT Alta Val di Peio. A Cogolo giàda una decina d’anni esisteva la SezioneSAT Cevedale, guidata da Rino MatteoGroaz che era però ormai ridotta a po-chissimi soci. Fu così che Groaz dette ilbenestare per la fusione in un'unica Se-zione col nome di SAT Val di Peio che inseguito divenne più semplicemente SATPeio, nonostante i soci provenissero unpo’ da tutte le frazioni del comune e an-che numerosi turisti vi fossero tesserati. Alla breve presentazione è seguito il sa-luto ufficiale da parte di Giulio Pretti a no-me dell’attuale Direttivo della Sezioneche ha ricordato l’importante ruolo che ilsodalizio alpino ha avuto nella vita socia-le della comunità valligiana dalla sua fon-dazione fino ad oggi. Non sono stati volu-tamente ricordati date e fatti che hannoanimato questi quarant’anni per evitare didimenticare qualcosa o qualcuno, e an-che per noi annoiare i presenti con tanteparole. Ciò che è fondamentale per l’at-tuale Direttivo, ha ribadito, è far viverel’associazione che con tanto impegno èstata creata e far capire specialmente aipiù piccoli l’importanza del sodalizio, ri-scoprendone i suoi valori di amicizia eamore per la montagna che ne sono labase. Per tale motivo, ha ricordato, moltaattività fatta negli ultimi anni è stata ri-volta proprio ai bambini. Il Sindaco Alberto Rigo, che ha portato

il saluto dell’amministrazione comunale,ha ribadito l’importanza della SAT, (con isuoi più di 180 soci è l’associazione piùnumerosa del comune) all’interno del

collezione MAURIZIO CASEROTTI

� Cogolo

el ràntech 2727 2002

n.16COMUNE PÈIO

tessuto sociale della comunità, per risco-prire l’amore verso le montagne e tuttociò che ruota intorno a loro. Prendendospunto dalla pagina internet della Sezio-ne, il Sindaco ha anche voluto ringraziareil Direttivo per tutta la numerosa attivitàsvolta nel corso del 2002 “anno interna-zionale delle montagne”, ricordando lemanifestazioni principali. Fra esse unadecina di gite, le serate alpinistiche conJim Bridwell e Hans Kamerlander, i radu-ni di scialpinismo Ai piedi del Vioz e dicorsa in montagna Vertical Vioz. Oltre aringraziare tutti coloro che in questi annihanno lavorato per la Sezione, ex presi-denti, ex componenti il Direttivo, e a ricor-dare i nomi degli attuali dirigenti haespresso anche i l pieno appoggiodell’amministrazione comunale Al termine dei discorsi ufficiale, magari

noiosi, ma purtroppo necessari, è final-mente iniziato il concerto del coro Pre-sanella di Vermiglio che ha allietato ipresenti con una quindicina di canzonipopolari e di montagna. Nell’intervallo a metà concerto, Emilio

Comina, segretario della Sezione a no-me del Presidente Eugenio Groaz impe-gnato in altra sede, ha premiato i primicomponenti il Comitato Direttivo: Re-nato Vicenzi con la moglie Anna More-schini, Giorgio Moreschini e Fausto Mari-ni. Da ricordare che del primo Direttivo fa-cevano parte anche i compianti AntonioTurri e Angelo Marini. Renato Vicenzi, in-vitato a prendere la parola, in quanto me-moria storica e primo Presidente dellaSAT Peio, ha ricordato i primi anni dellaSezione, con la creazione al suo internoanche della squadra del Soccorso Alpinoe del gruppo AVIS, e quindi il grande im-pegno sociale e volontaristico dell’asso-ciazione. Ha ricordato alcuni avvenimentiquali la sistemazione del Parco degli al-pinisti sul colle di S.Rocco, la collabora-zione alla ristrutturazione dei rifugi Man-tova al Vioz e Larcher al Cevedale, la si-stemazione della chiesetta del Vioz e nu-merose altre manifestazioni. Ha voluto

inoltre ricordare le prime guide Alpinedella Val di Peio, i cui nomi sono incisi suuna lapide proprio a S. Rocco. Non èmancato un ricordo di Quirino Bezzi, giàPresidente della Sezione SAT Alta Val diSole, della SAT Centrale e anche perqualche anno gestore del rifugio Vioz.Ultimo ringraziamento a chi lo ha seguitonel ruolo di Presidente: Ambrogio Mone-gatti, Andrea Debiasi, Eugenio Groaz eal segretario per una trentina d’anni Ser-gio Moreschini. Sono stati premiati inoltre i soci che

hanno raggiunto il 25° anno di tessera-mento: Elena e Mario Gozzetti, Marco Vi-cenzi e Renzo Turri. Quest’ ultimo in par-ticolare è stato ringraziato per il suo ruo-lo di Guida Alpina, ex presidente dellaStazione del Soccorso Alpino e validocollaboratore della Sezione per l’attivitàgiovanile. La cerimonia per il 40° di Fon-dazione si è conclusa davanti alla chiesacon uno spuntino per tutti i partecipanti.

Excelsior !

SAT PeioSAT PeioLA CARTA D’ IDENTITÀ SEZIONE

C.A. I .S.A.T.

• fondazione 1962• sede PÈIo paese

locale Canonica, apertura a richiesta dei soci

• consistenza soci 184• presidente Eugenio Gròaz• vicepresid. Walter daprà• segretario Emilio comina

• consiglieriMassimo caserotti, Giulio Pretti,

carlo canella, Andrea debiasi

sito INTERNETwww.sat.tn.it

[email protected]

el ràntech 2828 2002

n.16COMUNE PÈIO

8 febbraio 7° Raduno di scialpinismo innotturna Ai piedi del Vioz e 3° Memorial Ro-berto Casanova (550 atleti partecipanti)22 febbraio Serata di diapositive con l’al-pinista californiano Jim Bridwell

15 marzo Serata con proiezioni di fil-mati del Filmfestival della Montagna 24 marzo Escur.scialpinismo Passo Cercen

27/28 aprile Escursione di scialpinismoalla Palla Bianca (m.3736) – Alpi Venoste

5 maggio Pulizia del Parco degli Alpi-nisti e dosso di S. Rocco12 maggio Manutenzione Sentiero SAT

At t i v i tà 2002 .............................

Il Comitato Direttivo SAT Peiocoglie l’occasione per ringraziare pub-blicamente, tramite le pagine del Rante-ch, tutte le persone che hanno collabora-to all’organizzazione delle manifestazio-ni proposte. Un ringraziamento partico-lare ad Enti e Aziende che con il lorocontributo economico hanno sostenuto la nostra attività e in particolare l’orga-nizzazione delle manifestazioni sportive.

132 di Passo Cadinel25 maggio Serata diapositive a c. Sezione26 maggio Escursione Passo Cadinel

Giugno Corso di Orientamento per bam-bini con la Guida Alpina Renzo Turri16 giugno Escursione agli Omini di Pie-tra in Val Sarentino

6/7 luglio Traversata Rifugio Larcher –Rifugio Dorigoni, Peio-Rabbi 21 luglio Escursione a Forte Zaccara-na e alla Città morta in Val di Strino28 luglio Escursione Rifugio XII Apo-stoli per la messa ai Caduti della montagna

3/4 agosto Traversata Vioz - Cevedale8 agosto Serata di alpinismo hima-layano con Hans Kammerlander25 agosto 2° Raduno di corsa in mon-tagna Vertical Vioz con arrivo ai 3.535 mt.del rifugio (100 atleti partecipanti)

1 settembre Escursione a Pas de l’Om eCima Lach (Gruppo Maddalene)8 settembre Salita a Punta S.Matteo (mt.3.678) e 40° della Sezione20/21 settembre Week end con le fa-miglie in Val Pusteria con visita al museo et-nografico dei Teodone 21 settembre Salita al Gran Zebrù

13 ottobre Gita sociale di fine stagionea Gardaland con i soci bambini

collezione EMILIO COMINA �

Strombiano

Fotografiepag.25: Posa ai ruderi di Forte Zaccarana, 21 Lug.2002.pag.26: Il gruppo di bambini e soci SAT durante la traversata tra Rifugi Larcher-Dorigoni, 6/7 Lug.2002.a sinistra: Una sosta sopra Malga Sassa; sistemazionedel sentiero 132 di Passo Cadinél, 12 Mag.2002.

el ràntech 2929 2002

n.16COMUNE PÈIO

LA VITALITA DEL CORPO BANDISTICO VAL DI PEIO

Sfila la Banda coi monti di Pèionel nuovo gonfalone il biglietto da visita della Valéta

Con la consegna ufficiale al Corpo Bandistico Val di Pèio, nel dicembre 2001, del nuovogonfalone rappresentativo, si è conclusa una importante fase sociale che vede proietta-ta l’associazione verso nuove e proficue attività. Difficoltà di gestione sociale per calo diinteresse e componenti, stacco definitivo da Mezzana, nuova denominazione, nuova di-visa, disponibilità del nuovo dinamico presidente Vito Pedergnana, nuove e significativeesperienze musicali in esterno: sono stati passi essenziali per la rivitalizzazione del so-dalizio. Il nuovo labaro, il suo messaggio, le valenze simboliche sottese, vogliono sottoli-neare questo fervore e il drappo andrà sempre considerato dalla Banda come em-blema di appartenenza alla comunità che l’ha espressa e la sostiene. Per le sue vi-cende e per l’oggetto e i modi del suo operare, questa associazione più di ogni altra è in-vestita della rappresentanza dell’intera comunità. Per questo motivo scelta grafica e con-tenuti del nuovo gonfalone non sono limitati al soggetto musicale. Il gonfalone che laBanda porterà qui fra noi e in tutti i luoghi in cui si esibirà e andrà ospite, sarà veicolo diconoscenza e promozione della nostra valle. Per questi motivi riteniamo opportuno pre-sentare di seguito una sintetica cronaca con genesi e risultati di questa iniziativa.

NNel febbraio del 2001 il nuovo Presidente del Corpo BandisticoVal di Pèio Vito Pedergnana espone verbalmente al ServizioCulturale del Comune il desiderio dell’Associazione di

poter disporre di un nuovo gonfalone rappresentativoda utilizzare nei concerti e durante le sfilate. LaBanda disponeva infatti di un gonfalone messo adisposizione dal Comune, non più rispondente al nuo-vo assetto del gruppo. Venne realizzato, su bozzetto delgrafico Umberto Pezzani di Cogolo, avvalendosi della dit-ta Editoriale Europea di Araldica di Genova.Il drappo venne consegnato ufficialmente alla Banda il 1°luglio 1990, in occasione della presentazione del gruppo Majorette della Banda stessa.

Descrizione del vecchio gonfalone Drappo di se-ta di misura 80x140 cm. a forma di scudo; tela con rica-mi e riporti in filo d’argento; diviso in due settori lungol’altezza; la prima metà di sinistra è a sua volta divisa neidue colori giallo e azzurro del Comune di Pèio, caricata del-lo stemma comunale; la metà di destra è del colore rossobordò del Comune di Mezzana, caricata del relativo stem-ma; al centro del drappo vi è il simbolo della lira musicale;in testa sta la denominazione del gruppo: corpo bandistico«Giampaolo Casarotti» pèjo mezzana, ove i due toponimiappaiono sopra i relativi stemmi; alla base del drappo sta l’indica-zione geografica Val di Sole - Trentino.

di Rinaldo DELPEROresponsabile attività culturali del Comune

poco comprensibile e fuorviante. Vengo-no chieste due varianzioni: sostituire lanosta musicale con qualche strumentomusicale; disegnare la divisa in modo ri-conoscibile rispetto ai colori e taglio diquella nuova del gruppo. Perplessità vengono sollevate dal Presi-dente della Banda circa dimensioni e pe-so del gonfalone come pure si discutesulle indicazioni geografiche in fondo aldrappo: taluni non ritengono opportunoporre Val di Sole con la motivazione che«già c’è Val di Pèio e si potrebbero crea-re confusioni».

el ràntech 3030 2002

n.16COMUNE PÈIO

Lo studio del bozzetto per ilnuovo gonfalone viene affidato sempread Umberto Pezzani secondo le indica-zioni di colore, dimensioni, caratterizza-zioni proposte dalla Biblioteca comunale.

Un primo bozzetto viene conse-gnato dal grafico il 5 aprile 2001, presen-tato ed esaminato dal Consiglio di Biblio-teca unitamente ai rappresentanti delleassociazioni culturali nelle sedute dell’11e 18 aprile. Nel complesso la propostaviene giudicata positivamente. L’unicaperplessità e contrarietà di taluno riguar-da la nota musicale stilizzata, giudicata

Val di PèioVal di PèioIL CORPO BANDISTICO UNA

SINTESICRONOLOGICA dal 1 9 2 91 9 2 9

l gruppo culturale detto nella documentazione d’archivio variabilmente Banda di co-golo, Banda Sociale di cogolo, corpo Bandistico di cogolo, viene fondato nel 1929(agosto?). Probabilmente lungo gli anni ‘50 la Banda di Cogolo assume la denominazio-ne-dedica «Giampaolo casarotti». Giampaolo Casarotti (Trento 1925 - Padova 1949),figlio di Giovanni (famiglia oriunda del paese) industriale padovano cui è intitolata unastrada a Cogolo, era un giovane particolarmente legato alla Val di Pèio, alle sue espres-sioni culturali ed alpinistiche. Collaborò, fra l’altro, con passione all’erezione della chie-setta sul Vioz (1948).

Nel 1971, in seguito ad una contrazione delle attività della Banda di Mezzana, alcunielementi di essa convergono nella Banda di Cogolo, che prende così in seguito la deno-minazione di corpo Bandistico «Giampaolo casarotti» Pejo e Mezzana.

Seguono proficui anni di collaborazione fra le due comunità della Valle di Pèio e Mez-zana; i due Comuni e le due Casse Rurali provvedono al finanziamento ordinario e straor-dinario del gruppo. Nel 1988 la Banda sceglie una nuova divisa di taglio classico.

Nel 1990 la si dota di gonfalone rappresentativo, caricato degli stemmi dei due Comu-ni. Nella stessa occasione la Banda integra il gruppo di strumentisti con una piccola for-mazione di Majorette che nelle sfilate pubbliche fan rullare i tamburi. Il gruppetto ha vitabreve. Dopo alterne vicende ed anni in cui gli elementi di Mezzana calano sempre più uni-tamente all’entusiasmo culturale (mentre a Mezzana si lavora per la ricostituzione dellaBanda) si giunge al termine dell’esperienza di collaborazione, che viene ratificata di fat-to il 20 settembre 1997, presenti le direzioni delle due Bande. Infine, il 25 ottobre 1997,in Val di Pèio la Banda sceglie la nuova denominazione corpo Bandistico Val di Pejo.

Nella grafia del toponimo non si tiene conto della rettifica nel frattempo intervenutada parte del Comune (con specifica deliberazione) che indica definitivamente in«PÈIo» con la i normale, anziché j, (utilizzata per lo più quale marchio in ambito turi-stico-commerciale) la denominazione corretta. A partire dall’estate del 2000 il CorpoBandistico Val di Pèio indossa la nuova divisa sociale, di taglio folkloristico.

I

bato 1° dicembre 2001 ad ore 19.00. Altermine della Messa, durante il ”concerti-no” della Banda, il gonfalone viene da mepresentato ed illusatrato nei suoi conte-nuti. Alla celebrazione segue la cena so-ciale con consegne di attestazioni di an-zianità ad alcuni componenti.

L’immagine del nuovo gonfalone èpregna di significati e merita quindi una il-lustrazione esauriente.

Tre richiami alla comunità locale1. Nello sfondo si riprendono i colori delgonfalone comunale giallo e azzurro,adottato nei primi anni ‘80 e che volevano

el ràntech 3131 2002

n.16COMUNE PÈIO

Il secondo bozzetto, quello defi-nitivo, viene steso dopo avere sentitonuovamente la direzione della Banda edopo la valutazione della Giunta comu-nale. Viene consegnato dal grafico il 5 lu-glio 2001. La nota musicale è sostituitada un tamburo e piatti. Oltre ai “fiati”, rap-presentati dal trombone stilizzato da cuisgorga l’acqua, le percussioni caratteriz-zano infatti questa tipologia di formazio-ne musicale. Il puntale dell’asta in metal-lo porta il simbolo della lira. La testa deldrappo viene disegnata in forma di cin-que merli.

Il bozzetto viene quindi affidatoalla Seristampa di Gardolo per la realiz-zazione del gonfalone. Il nuovo drappoviene consegnato al Corpo Bandisticoe benedetto da don Donato Vanzetta du-rante la S.Messa animata dalla Bandanella Chiesa parrocchiale di Cogolo, sa-

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indicare e possono richiamare sole, lumi-nosità, acqua, freschezza, purezza.2. Nel disegno si opera una libera riela-borazione dello stemma comunale (fon-tane da cui sgorga acqua a mo’ di sor-gente) che dovrebbe risalire ai primi anni‘60: la bocca di un trombone da cui sgor-ga acqua, che si trasforma in pentagram-ma e note musicali. La freschezza e vita-lità dell’acqua ben si adatta all’emotivitàdella musica.3. La partizione superiore del drappo “al-la guelfa”, con 5 merli richiama le 5 fra-zioni di cui è composta la comunità delaValéta e di conseguenza i paesi di prove-nienza di bandisti e bandiste nella forma-zione attuale.

Identificazione geografica e storica

� Realtà di montagna: la si intuisce daltaglio dei colori di fondo del drappo, postia mo’ di crinale montano.� Riconoscibilità della montagna: ilprofilo del monte Vióz con il suo Dente,ad indicare la maggiore emergenza am-bientale che si impone al visitatore en-trando in Val di Pèio.

� Fonti di Pèio: sono richiamo genericoalle nostre radici storiche e specifico alleradici del turismo, oggi elemento portan-te dell’economia locale.

Caratterizzazioni sociali della Banda

� Musica: l’attività del gruppo è indicatadalle percussioni (tamburo e piatti, a sini-stra) e dai fiati (trombone, a destra, comeideale prolungamento dello strumenti-sta).� Divisa: stilizzazione del taglio dellanuova divisa con colore bianco e rosso.

Cosa comunica il gonfalone

� Denominazione della Banda: quellanuova dal 1997, CORPO BANDISTICO VAL DIPÈIO.� Indicazioni geografiche e turistiche:la comunità rappresentata viene consi-derata e letta dal particolare al generale,negli ambiti territoriale locale, quindi valli-giano e provinciale, NEL PARCO NAZIONALEDELLO STELVIO - VAL DI SOLE - TRENTINO.

Fotomontaggio per locandine : FOTO GIULIANO BERNARDI

� Cogolo

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a te la parolainterventi dei lettori

Paesi di montagna senza gente?

� un appello accorato e qualche idea� considerazioni sul rischio idrogeologico

PPèio paese, Luglio 2002. -Offertami l’occasione di scrivere un articolo sul Ratech, accetto con

piacere. Vorrei trattare un argomento che interessa moltissimo i nostripaesi di montagna: il loro continuo spopolamento. Mi preme sensi-bilizzare i nostri amministratori comunali, senza offesa e senza volerinsegnare nulla a nessuno, sul fatto che dando la possibilità di co-struire la casa in loco, qualche nuova famiglia porrebbe la propria di-mora in paese frenando cosi questa lento regresso.

Anche gli amministratori della zona conoscono i grossi problemi re-lativi alla ristrutturazione dei centri storici e dei rustici presentinei paesi, primo fra tutti la presenza in un unico stabile di più proprie-tari e le conseguenti estenuanti trattative di compravendita che nellamaggior parte dei casi non portano a nulla.

Qualche rustico potrebbe essere poi acquistato direttamentedall’amministrazione comunale, lasciato integro ed adibito a “museodegli antichi mestieri”, per far conoscere alle nuove generazioni lavita, gli usi e i costumi dei nostri avi. Sarebbe inoltre una valida attra-zione turistica per il nostro Pese. Per fare ciò, credo sia possibile attin-gere ai fondi mesi a disposizione da Provincia, Parco e Comunità Euro-pea.

Un altro problema, relativo in particolare alla frazione di Pejo Pae-se, è la mancata individuazione di una nuova zona edificabilein sostituzione di quella definita a rischio idrogeologico e stralciata dalpiano regolatore. A questo proposito propongo di creare una zona fab-bricabile urbanizzata, allestire quindi una graduatoria seria, assegnan-do il terreno ai censiti di Pejo, garantendo in particolare un prezzo pri-vo di speculazione a coloro che si impegnano a costruire con lo scopo distabilirsi in paese. In molti penseranno che queste siano fantasticherie, cose faraoniche masarebbe bello almeno mettere le basi per una futura realizzazione di tut-to questo. Spero che questa mia visione dei fatti sia ben accetta dai no-stri amministratori comunali.

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n.16COMUNE PÈIO

In questi ultimi periodi è di grossa attualità il problema dello smottamento della zonaa rischio idrogeologico di Pejo Paese. Da quando si è insediato il paese di Pejo, in tempiormai lontani secoli, mai si è sentito parlare di smottamenti o in generale di questo tipo di pe-ricoli. Il problema è sorto verso gli anni settanta a causa della condotta che porta l’acqua dal-la diga del Palù alla centrale di Pont, condotta che passa sopra l’abitato di Pejo.

Le amministrazioni passate e la Provincia hanno sempre falsato il problema ed indicato co-me non incombente. Non si capisce infatti perché, nell’ambito dei lavori di messa in sicurez-za della condotta esterna del Gaggio, che porta alla centrale di Pont, non sia stata intubataanche la galleria sopra il paese in modo da eliminare ogni dubbio sulla pericolosità della stes-sa. Speriamo che l’amministrazione comunale non si lasci intimidire da interessi forti e riescaad ottenere i provvedimenti necessari a risolvere questa grossa sentita preoccupazione.

Pierino Daldoss, una delle tante voci inascoltate del popolo

VVermiglio, 4 Novembre 2002. Giun-ta a conoscenza di questa curiosa noti-

zia, voglio rendere partecipi anche gli altriabitanti della Valle di Sole, di quanto è ac-caduto. Chi se lo sarebbe mai aspettato divedere il mio amico spazzacamino Lorenzocosì in alto?

L’11 settembre appena trascorso giun-geva al rifugio Mantova, mt. 3535, sulMonte Vioz, lo spazzacamino, accoltocon calore e simpatia dai gestori mammaTeresa e Mario Casanova di Pejo che lo at-tendevano per la pulizia della moderna can-

Lassù per le montagne...

spazzacamino al Vioz: il più in alto d’Italia

na fumaria (vista la recente ricostruzione)che asserve la cucina economica funzionan-te a legna.

L’evento acquisisce ancor più significatoquando si viene a conoscenza che lo spazza-camino è figlio del compianto QuirinoBezzi, gestore 50 anni or sono dello stessorifugio, nonché presidente della SAT cen-trale dal 1985 al 1988.

Dopo una meticolosa pulizia, resa proble-matica dalla neve ghiacciata presente sultetto piuttosto ripido del rifugio, gestori espazzacamino pranzavano assieme ricor-dando l’amico e genitore.

Cordialmente: Silvana Slanzi

Curiosità su curiosità Pare che questa notizia risulti parti-colarmente originale e gradita, tanto da meritare un primato asso-luto di frequenza nelle testate comunali e altre. Non sono quelleche gli amministratori danno contro i muri per risolvere i nostri pro-blemi, ma si tratta dei vari notiziari comunali. Ecco dove ho rilevatol’apparire della notizia in questi mesi:

� el forsi - Notiziario Comune Vermiglio - n. 17, Anno IX, 2° sem.2002 - a pag. 41 - uscito a Natale 2002;

� RabbInforma - Notiziario Comune Rabbi - n. 4 Dic.2002, progressivo n. 47 - a pag. 24 - uscito a Natale 2002;

� La Val - Notiziario Centro Studi per la Val di Sole - Anno XXX2002, sett.dic. n. 5 - a pag. 58 - uscita a Natale 2002;

� Bollettino SAT - Anno LXV, n. 3/4 del 2002 - a pag. 58 - uscita a gennaio 2003;

� Piazze e... dintorni - Notiziario Comune Pellizzano - Anno 2, n. 2 dic.2002 - a pag. 40 - uscita a gennaio 2003.

E con questa nostra uscita fanno 6 passaggi. Complimenti dunquea Silvana Slanzi per aver “sfondato” le redazioni di ben sei testate.Anche la “scelta” della data, primo anniversario delle Torri, sarà untiro del caso o era voluta? Fra fumo, polvere e altezze i richiami tor-nano lampanti!

collezione SILVANA SLANZI

� Vermiglio

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n.16COMUNE PÈIO

della picconata sulle gengive che incassa,alla vista del grande paravento che funge dabacheca municipale, ma che in realtà svolgel’ingrata funzione di coprire parzialmentela vista del palazzo Migazzi.

Io penso che l’ingombrante bacheca e l’in-servibile birillo dovrebbero essere abbattutisenza indugio a furor di popolo come fu fat-to per il Muro della vergogna, ma questodovrebbe avvenire prima che si scoprano letombe e si levino i morti risorti e decisi afarlo anche perché, alloggiati nel cimitero apoca distanza dalla piazza, saranno già inpreoccupante fibrillazione per via dei van-dalici interventi dei vivi.

E non è tutto qui! Rimosso il vecchio la-vatoio è stata ora collocata una moderna estilizzata fontana con poco felice esito este-tico e funzionale, anche perché anch’essacontribuisce in modo apprezzabile a peggio-rare l’uso dello spazio destinato alle mano-vre dei vari mezzi.

È comunque doveroso riconoscere che, al-meno per ora, i colpevoli di tutte queste mi-gliorie ci hanno risparmiato, come cigliegi-na finale, la statua di Biancaneve in gessocolorato e circondata dai nanetti festanti !!!

Andrea Bordiga (distributore librario)

BBrescia, 25 Giugno 2002. Mi sonotrovato più volte a Cogolo per lavoro,

oltre che per pressanti ragioni climatichequando a Brescia, arroventata dal sole diagosto, diventa la succursale dell’inferno, eho sempre affermato che la suggestivapiazza fra il piccolo cimitero, la chiesagotica e il medioevale palazzo Migaz-zi, ora sede della biblioteca civica è, oltreogni ragionevole dubbio, l’angolo cultural-mente più suggestivo della simpatica bor-gata ma, da quando ho visto la nuova siste-mazione penso che, per tutelare la mia va-cillante reputazione, dovrò in futuro starepiù attento a ciò che dico.

L’ignobile trasformazione della piaz-za, certamente ispirata al neo-peggio dellatrans-avanguardia burina, potrebbe rima-nere soltanto un’offesa al paesaggio se nonfosse anche uno stridente sberleffo per chi virisieda e per chi vi transita.

Pensiamo soltanto al calcio negli stinchiche riceve l’ignaro turista che, bisognoso dicure nelle accoglientiterme di Peio, non haavuto l’avvertenzadi modificare il per-corso e si trova al co-spetto dell’inservibi-le birillo-meteo conlacca ecologica, madotato di un dozzi-nale termometro cheregistra, durante ilgiorno, temperatureosservate solo nellaegiziana Valle dellaMorte, perché in-spiegabilmente espo-sto al sole.

Per non parlare

Arredo “inurbano”

ci hanno per ora risparmiato Biancaneve e i sette nani...

FOTO GIULIANO BERNARDI

� Cogolo

CC ome l’acqua inesorabile scorre ritmando il passare del tempo, i numeri del Premioson lievitati nella fucìna del Convento. Ma la fucìna cambia fabbri, magli, mole, per

battere vecchie e nuove strade, per limare le opulente povertà del nostro tempo. «Sioredio,‘nte ‘sto gran gazèr ‘ndo che tuti i ga ‘l dirito de parlar per ti... se drìo a perderne per sem-pre, fane sentir la to Vóze». Uomo, torna alle fonti. Leggi e vivi il Convento dal suo cuorefisico: il chiostro, ove lo sguardo converge al pozzo. Togli le maschere, fa cadere gli or-pelli, «spogliati della veste regale, indossa il saio per te cucito... prendi il sentiero... arri-veremo insieme alla sorgente antica». Per non perderti per sempre torna alle radici. E il fra-te ti sia umile virgola, pausa di respiri, spugna di cinfidenze, parafulmine di tensioni, que-stuante di pezzi di tuo tempo. E il Convento sia oasi di preghiera, eco del Verbo, «momentpar parlar», megafono «de la to Vóze». E dentro non stiano le crociate di gruppi; ma uo-mo e donna vi trovi accoglienza ed ascolto. E il pellegrino d’oggi, non più con zucca ebordone ma con cellulare ed auto, aneli alla sosta fra mura di silenzio. In questa ricercadi essenza ed essnzialità è tempo di revisioni. Così, come il 27 è per tradizione dì del sa-lario, la XXVII edizione ci ha presentato il conto del concorso: dargli l’eterno riposo o im-pugnarlo a strumento. I frati son di manica larga; han concesso l’appello. Pollice in alto.Sentenza: lavori forzati. Si va avanti, con revisione massiccia di uomini e cose. Qualche“Caronte” è comunque rimasto alla voga per traghettare nel nuovo. Grazie di cuore aquanti fin qui hanno offerto tempo, idee, opera, competenze per stimolare i tastidell’espressività umana. Servirà a qualcosa? Hermann Hesse diceva: - «Produrre con lapenna e col pennello è per me vino, la cui ebbrezza scalda e fa bella la vita tanto da po-terla sopportare». Leviamo dunque i calici e brindiamo all’ombra del claustro di Terzolas.Quanto a noi, ricominciamo da... 2002! Val di Pèio - domenica 14 luglio 2002, s.Camillo de Lellis

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el ràntech

una finestra sul mondoriflessioni sull’attualità

PROPOSTA SENZA CLAMORI AL COVENTO DI TERZOLAS

La risorsa Frati in Val di Soleun nuovo Concorso... per arrivare alla sorgente antica

di Rinaldo DELPEROmembro Comitato Organizzatore

2003

2003

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International Year of Freshwater Année Internationale

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Canzone - MusicaFotografiaMacchine ad Acqua

Sezione speciale 2003

PitturaPoesiaRaccontoSculturaTeatro di Narrazionele Sezioni in Concorso

Se vuoi approfondire il tema, fatti inviare la Sitogr@fia, elenco commentato dei siti Internet, curatadalla Biblioteca comunale di Peio. Richiedila per posta elettronica, e-mail: [email protected]

l’ @cqua nella Rete

La Fraternità dei Cappuccini di Terzolas indìce ed orga-nizza la XVIII Edizione del 1° Premio Val di Sole,concorso di arte espressiva, per l’anno 2003. Il Co-mitato organizzatore conferma e condivide la tradizionetracciata dai fondatori del concorso. I contenuti e le mo-dalità organizzative, riviste dall’edizione 2002, si caratte-rizzano per il notevole ventaglio delle sezioni espressive el’apporto creativo e operativo del mondo giovanile. I Fratie il Comitato propongono il concorso come momento dicrescita culturale e di incontro fraterno in “perfettaletizia”, richiamandosi al motto latino scelto alla fondazio-ne: Multi unius victoria concurrunt, perché... tutticamminiamo insieme verso un’unica mèta.

Il concorso si configura a tematica unica, adottando ilsoggetto annualmente scelto dall’ONU. La 57ª Assem-blea Generale delle Nazioni Unite, nel dicembre 2000,proclamò il 2003 International Year of Fre-shwater (propriamente: Acqua dolce), reso in ita-liano Anno Internazionale dell’Acqua. Pertanto il temaadottato dal concorso e a cui tutte le opere concorrentidovranno ispirarsi per il 2003 è: SÒRA ACQUA.

Ogni partecipante può iscriversi ad una sola sezione,presentando una sola opera al concorso.

Nessuna singola misura riuscirà a far di più per diminuire le malattie e salvare vite nel mondo in via di sviluppo che il rendere accessibile a tutti acqua sicura ed impianti igienici adeguati. Kofi Annan, Segretario Generale ONU,

dal RAPPORTO DEL MILLENNIO.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

s.Francesco d’Assisi, 1224 da LAUDES CREATURARUM

(o CANTICO DI FRATE SOLE)

Una cascata di informazioni in un clic

de

Richiedi in Biblioteca

il Regolamento del Concorso

miglioramento nei paesi del Sud delmondo una volta assodato che esistono so-cietà in cui la vita è migliore. Ma esistono al-tre diseguaglianze oltre a quelle economi-che: tra queste si distinguono quelle cultura-li e sociali.

Premesso che tutte queste variabili sono in-trinsecamente collegate tra loro vorrei circo-scrivere l’analisi sulla disuguaglianza al cam-po economico-sociale con un particolare ri-guardo al mondo del lavoro.

L’analisi dei livelli della società mettein evidenza come siano fortemente cresciute,con una forte accelerazione negli ultimi ventianni, le disuguaglianze di reddito tra i dueestremi della piramide della stratificazione (os-sia tra alti dirigenti dell’industria, della finan-za, dei servizi o delle organizzazioni interna-zionali, capi di governo, da un lato e detenu-ti, forzati in campi di lavoro, persone senzacasa, rifugiati e profughi dall’altro). Secondo idati dei rapporti annuali del United NationsDevelopment Programme nel 1960 il quintopiù ricco della popolazione mondiale si divi-deva il 70,2% del PIL del mondo, mentre alquinto più povero toccava il 2,3%: il rapportotra il primo e l’ultimo quintile era dunque di30:1. Nel 1991 la disuguaglianza era salitaa 61:1. Ora si può stimare questo rapporto, inriferimento al PIL disponibile nella misura di86:1.

Sono comparse o ricomparse nuove formedi disuguaglianza, sia in assoluto (nel sensoche quasi nessuna società avanzata le cono-sceva) sia localmente (nel senso che disugua-glianze già esistenti presso alcune società so-no ora osservabili in società dove erano pres-socchè ignote). Nuova è, per esempio, la di-suguaglianza manifestatasi nelle società euro-pee tra lavoratori stabili, assunti con uncontratto a tempo pieno e di durata indetermi-

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n.16COMUNE PÈIO

I MALI NASCOSTI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Disuguaglianzefra contrasti insanabili e ricambio generazionale, quando conta più il denaro che l’uomo

LLa disuguaglianza nasce dal confron-to tra due o più situazioni diffe-renti. Fino a quando una società non

ha elementi o informazioni per confrontarsicon un'altra non immagina che esistano con-dizioni di vita migliori o peggiori alle proprie.Analogamente gli individui che compongono ivari strati sociali non si rendono conto che esi-stono realtà sociali, lavorative o interpersonalidiverse fino a quando non ne giunge loro no-tizia.

Si capisce pertanto quale ruolo giocano imezzi di informazione moderni in grado, nonsolo di mettere in contatto le persone in qual-siasi luogo della terra si trovino, ma di ridurrele distanze attraverso i canali del cibermerca-to (in cui circolano istruzioni alfanumeriche in-vece che merci). La possibilità quindi di sape-re in tempo reale cosa succede nel mondo fasì che la popolazione sia informata, attraversoi giornali, la televisione, le antenne satellitari,Internet… anche di quali siano le condizionidi vita dall’altra parte del pianeta.

Ciò non può che provocare aspettative di

Il REddITo dISPonIBILE........

di Tiziana BORDATTI dottoressa in Giurisprudenza� intervento di sintesi al Master in Studi Interna-zionali 2001/02, Sociologia della Globalizzazione

Il contagio dei mezzi di informazioneDisegno di Roberto Micheli su GIORNALISTI, n.2 Nov/Dic. 2002.

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n.16COMUNE PÈIO

nata, e i lavoratori definibili a vario titolocome precari o flessibili: operai e impie-gati assunti a tempo parziale, tecnici con con-tratto a tempo determinato, dipendenti di so-cietà che forniscono prestazioni interinali,quadri e dirigenti licenziati ecc.

In Gran Bretagna i lavoratori privi di occu-pazione stabile formano da tempo oltre il50% delle forze di lavoro entrate in aziendanegli anni Novanta. In Germania i lavoratoriche si trovano in tali condizioni hanno supera-to, nello stesso periodo un terzo del totale. InItalia, secondo i dati ISTAT, i nuovi ingressi allavoro in forma atipica superano ogni anno,dal 1996 in avanti, il 65% del totale.

Condizioni sociali al limite della soglia dipovertà, di cui si preconizzava la riduzione oaddirittura la scomparsa nelle società avanza-te, riguardano strati sociali sempre più ampicomprendendo da un lato chi non ha un lavo-ro e dall’altro chi lavora percependo uno sti-pendio talmente basso da rendere ugualmentedifficile il sostentamento per sé e la propria fa-miglia. Prendendo come riferimento il 1980 sinota come in quest’ultimo ventennio il potere

d’acquisto è andato calando in tutti i paesiavanzati. Se c’è stata crescita economica, diquesta non hanno beneficiano gli strati inter-medi della società, che anzi si sono spostatinella piramide della stratificazione verso ilbasso.

In tal senso non giova l’immigrazione di la-voratori dal Terzo Mondo in quanto pur di la-vorare accettano, non solo lavori pericolosi epesanti, ma pure male retribuiti. Si assiste per-tanto ad una situazione in cui il contrasto ètra chi il lavoro ce l’ha e chi non cel’ha. Se questo contrasto è tra lavoratori an-ziani e i giovani, si parla di scontro tra padrie figli; se questo riguarda lavoratori locali eimmigrati i più dicono che questi ultimi dan-neggiano i lavoratori accontentandosi di unaqualsiasi retribuzione. Altra situazione criticaè quella degli operai over quaranta, che si ri-tiene non possano competere con le modernespecializzazioni e pertanto non siano più ap-petibili una volta che abbiano perso il lavoro.Analoga è la situazione dei giovani che pro-prio per il fatto di non avere un’esperienza la-vorativa non riescono ad entrare nel mondo

Un mondo sempre più interculturale e multietnico anche nelle nostre piccole comunità: il confronto è d’obbligo- da evitare è lo scontro!Immagine tratta da IL MOMENTO, periodico di informazione e cultura - Pordenone - Anno XXXIII, n. 352.

Indice di disuguaglianza è anche il gra-do di istruzione: crea infatti esigenze di appa-gamento sociale e personale.

Questo è sempre stato un fattore di mobilitànei paesi di sviluppo. Chi possiede infatti unqualche titolo di studio è maggiormente dispo-sto a lasciare il suo paese in quanto ritiene dipotersi realizzare meglio in un paese avanza-to o comunque di essere in grado di inserirsiin un contesto lavorativo nuovo grazie alleproprie aperture culturali. Questa emigrazio-ne non preoccupa il paese d’origine che in ge-nere soffre di problemi demografici. Il deside-rio di inserimento nel nuovo paese passa, per

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n.16COMUNE PÈIO

del lavoro. In tal senso poi il fatto di avere ma-gari conseguito una laurea non è più suffi-ciente per trovare un lavoro degno delle pro-prie aspettative (ecco che allora vengono gra-dite ulteriori specializzazioni post-laurea).

In una realtà sempre più individualista è dif-ficile distinguere atteggiamenti che non sianoegoistici. Un esempio è stato quello degli ac-cordi del 1994-1995 IG Metal – Wolkswagenche basandosi sul motto “lavorare menolavorare tutti” ha evitato il licenziamento di30.000 operai. Ciò, pur provocando una ri-duzione dei salari reali, ha evitato che unaconsistente percentuale di famiglie si trovassein condizioni di difficoltà economiche.

i regolari, attraverso un permesso di soggior-no, pertanto questi individui saranno mag-giormente disposti a ricoprire mansioni lavo-rative poco qualificate e con un reddito bassosufficiente al loro sostentamento (e talvolta an-che della famiglia di origine attraverso le ri-messe di valuta straniera).

Nei paesi industrializzati l’ambizione dellefamiglie di operai, di contadini e di piccolicommercianti, a partire dalla metà degli anniSettanta, si è concretizzata nel spingere i figlia conseguire un diploma di scuola media su-periore, o di laurea, favorendone così la pro-mozione sociale e l’inserimento negli strati so-vrastanti. La realtà odierna però non è la stes-sa di trent’anni fa quando un diploma facevala differenza non solo sul piano lavorativo –retributivo, ma anche su quello sociale. Laconvinzione dei genitori è rimasta legata allepotenzialità di elevazione sociale per i proprifigli ma questa mobilità verso l’alto non hapossibilità di realizzarsi facilmente nei paesisviluppati a causa di diversi fattori. Nei settorimedio-alti diminuiscono le possibilità d’acces-so sia per ragioni strutturali sia per l’elevatadisponibilità di diplomati e laureatiche accresce la competitività tra gli individui emotiva le organizzazioni a chiedere titoli distudio sempre più elevati, anche per lavori diqualifica medio-bassa. In tali circostanze gliindividui sono comunque spinti a conseguireun titolo di studio elevato, pur di ottenere oconservare un posto di lavoro anche al di sot-to delle proprie competenze e aspettative.

Il più elevato grado di istruzione deve fare iconti con la realtà economica. Se infatti unpaese gode di un’economia florida la doman-da di lavoro salirà presumibilmente in tutte lequalifiche professionali, mentre se ci sarannosituazioni di crisi economica, le conseguenzenon si redistribuiranno in modo equo tra le ca-tegorie di lavoratori. I danni di una recessio-ne economica infatti ricadranno in primis suglioperai e sui giovani in cerca di occupazione.

Gli operai, oltre a costituire dal punto di vi-sta numerico la fetta più consistente degli oc-cupati, soffrono di problemi di rialloca-zione lavorativa. La tecnologia rende sem-pre più automatizzati i processi produttivi per-tanto si assiste da anni alla riduzione dellacomponente umana nella produzione di beni.

«Non si preoccupi, globalizziamo anche la miseria». Vignet-ta di Pancho su LE MONDE (Francia); dal settimanale Internaziona-le (il meglio dei giornali di tutto il mondo) n.472, 24/30 Gen.2003.

G RAdo dI ISTRUZIonE......

el ràntech 4141 2002

n.16COMUNE PÈIO

E FFETTI della GLoBALIZZAZIonE........Gli studiosi, gli esperti dei media, gli ope-ratori economici e della classe politica in gene-re si dividono in quattro atteggiamenti sul-la portata di questo fenomeno: il primo èquello che considera la globalizzazione comeun processo inarrestabile che sta trasformandoil mondo intero producendo solo effetti benefici;il secondo è quello di chi tende a minimizzar-ne sia la novità che la reale portata; un terzo èdato da coloro che vedono solo effetti negativi;infine, quarto, si distingue una piccola mino-ranza che ritiene la globalizzazione un proces-

so originale che provoca rilevanti effetti sia ne-gativi che positivi.

Lo studioso Gallino si attiene a quest’ultimaposizione e scrive che «i primi sono di regolaignorati o sottovalutati, mentre i secondi po-trebbero essere maggiori se la globalizzazio-ne venisse in qualche misura sottratta agli au-tomatismi della tecnologia o di mercati finan-ziari divenuti autorefenziali».

Coloro che ritengono che la globalizzazio-ne abbia conseguenze positive sostengonoche essa favorisce la crescita economica,la riduzione dell’occupazione e l’au-mento della produttività. In realtà se siesaminano le serie storiche riferite ai paesiOCSE, o più limitatamente ai paesi UE, si ve-

Questo comporta da un lato il calo della do-manda di lavoro e dall’altro l’inadeguatezzadei lavoratori più anziani. In questo contesto siinserisce tutta la problematica della tutela delposto di lavoro e dei corsi di riqualificazioneche si allontanano dalla tematica di questo ap-profondimento. Non posso però non fare uncenno alla gestione di queste situazioni. In Ita-lia infatti, già a partire dagli anni Ottanta, si èassistito all’utilizzo improprio di alcunistrumenti quali la Cassa IntegrazioneGuadagni e l’Indennità di Mobilità inmodo da ritardare sempre più ciò che findall’inizio era inevitabile ossia il licenziamen-to. In queste circostanze sarebbe stato piùopportuno utilizzare questi fondi sta-tali per la riqualificazione dei lavora-tori in esubero.

Difficoltà sempre maggiori si prospettano peri giovani in cerca di lavoro. Per tutti, indipen-dentemente dal titolo di studio, la mancanza diesperienza costituisce il più grande handicap.Questo si traduce in un strumento di selezionemolto utilizzato dalle imprese. Una risposta aciò è costituita dal contratto di formazione la-voro che funziona abbastanza bene per i gio-vani in possesso di una qualifica professionaleo di un diploma. La cosa cambia per i laureatiin quanto si presume che avranno maggioridifficoltà di adattamento ad un lavoro non ri-spondente ai loro studi.

È senz’altro una delusione per i giovanisentirsi rifiutare perché non si hal’esperienza, ma se questa formazione nonla vuole fare nessuno come si fa ad entrare nelmondo del lavoro? de che a partire dagli anni Ottanta tutti e

tre gli indicatori, sia pure tra alti e bassi,sono peggiorati.

La crescita del PIL è stata molto lenta rispet-to alla vivacità degli anni Cinquanta e Ses-santa, e a poco sono servite la liberalizzazio-ne o la deregulation dei mercati interni, invo-cate dai più come un toccasana per l’econo-mia. La minor crescita economica è stata tra-sversale: dalla finanza ai prodotti, dai servizidestinati alla vendita al mercato del lavoro.

Per quanto riguarda il mondo del lavoro inol-tre si è verificato nell’Europa Occidentale il ri-torno alla disoccupazione di massa. Nel di-cembre 1999 il tasso di disoccupazione neipaesi dell’Euro era al 9,9% (al di sotto dellasoglia critica del 10%), cinque volte superiore

«Nord-Sud. Sviluppo insostenibile». Vignetta di Zapiro suMAIL & GUARDIAN (Sudafrica); dal settimanale Internazionale (il me-glio dei giornali di tutto il mondo) n.462, 8/14 Nov. 2002.

el ràntech 4242 2002

n.16COMUNE PÈIO

Testi di riferimento: PIZZORNO A.: Natura della disuguaglianza, potere politicoe potere privato nella società in via di globalizzazione, inStato e mercato, 2001.GALLINO L.: Globalizzazione e disuguaglianze, Ed. Later-za, Bari, 2001.ALSTON P.: Diritti umani e globalizzazione, Ed. GruppoAbele, Torino, 1999.

ConcLUSIonI........

al 2% degli anni Sessanta. Altro dato che sidesume dal medesimo comunicato Eurostat(dicembre 1999) è quello relativo alle personein cerca di lavoro: 15,4 milioni di persone. In-fine si è dimezzata anche la produttività pas-sando dal 4% degli anni Cinquanta – Sessan-ta ad 2% annuo di oggi. Il trend italiano haseguito lo stesso andamento. Limitandoci alladisoccupazione si nota che nel periodo1960/’75 il tasso di disoccupazione oscillavatra il 5,6% e il 5,9% mentre il tasso odierno ècirca il doppio: 11,1% (ottobre ‘99).

Crescita, occupazione e produttività in caloperò solo per i paesi UE in quanto i dati ame-ricani dicono il contrario. Si è sostenuto chequesto andamento è dovuto al fatto che gliStati Uniti hanno completato la loro marciaverso la globalizzazione ma analizzando unpo’ più a fondo la realtà americana si scopro-no dati interessanti. La crescita economicaUSA non ha toccato certe fasce della popola-zione, anzi ha allargato la forbice tra i ricchi,ora sempre più ricchi, e i poveri, sempre piùpoveri. Le difficoltà economiche non riguarda-no però solo i disoccupati in quanto un nume-ro sempre maggiore di salariati si colloca al disotto della soglia di povertà relativa. Hannobeneficiato degli aumenti di reddito solo il 5%delle famiglie americane nell’ultimo decennioper cui, secondo i dati del Bureau of Census,il reddito di detto 5%, che nel 1980 superavadi 6,8 volte il reddito del 20% più povero trale famiglie americane, nel 1998 è arrivato asuperarlo di 8,2 volte.

Passando dai paesi avanzati al resto delmondo si scopre che il numero totale dei di-soccupati non è mai stato così alto comeall’epoca della globalizzazione: su 3 miliardidi individui rientranti nelle forze lavoro oltreun miliardo è disoccupato o sotto-occupato(secondo il Bureau International du Travail). Ti-pici dei paesi in via di sviluppo sono una cre-scita demografica fuori controllo, un inurba-mento brutale, l’abbandono dell’agricolturatradizionale e la dispersione delle proprie ri-sorse. A tutto ciò si accompagna oltre al de-grado economico, conseguente all’abbando-no dell’economia di sussistenza dei villaggi,quello sociale e culturale. Basti pensare allamoltitudine di contadini costretti ad abbando-nare le campagne per trasferirsi in città a cau-sa magari di progetti faraonici quali dighe ovie di comunicazione. Non bisogna poi di-

menticare che solo chi ha la possibilità econo-mica (almeno il prezzo del biglietto aereo)può tentare la strada dell’immigrazione.

La globalizzazione così come è sta-ta descritta pare più negativa che positi-va. Non si può infatti sperare che nel futuro sievolva in modo da risolvere le disuguaglianzefinora provocate. La contrapposizione, alivello mondiale, tra chi ha e chi non ha,purtroppo è irreversibile in questecondizioni. La liberalizzazione dei mercatiha comportato conseguenze negative per tuttele società siano esse del mondo occidentaleche dei paesi in via di sviluppo. La deregula-tion ha permesso alle multinazionali di incre-mentare il loro profitto a scapito di produzioninazionali. La fede nel libero mercato però èpresto dimenticata quando esigono protezio-ne certi settori nazionali in difficoltà: bastipensare all’attuale controversia tra USA e UEper l’acciaio che ha visto gli Stati Uniti alzarela tassa d’importazione sul prodotto europeoal 30%; o alle misure protezionistiche a favo-re dell’agricoltura europea.La speranza, sostiene Gallino, è quella

di una globalizzazione dal volto umanoossia che si occupi un po’ di più degliindividui e un po’ di meno delle im-prese.

Il concetto di fondo è che se la redistribuzio-ne degli effetti positivi della crescita economi-ca tocca in misura più equa tutti gli strati dellapiramide sociale, migliori saranno le condi-zioni di vita in generale. Per quanto riguardal’aspetto economico si può dire che un mag-giore reddito individuale permette maggioriconsumi quindi benessere economico. Dalpunto di vista sociale, dato che la non sicu-rezza del lavoro provoca ansia, si auspicanocondizioni di lavoro certe e dignitose. Infineper la cultura, si cerchi di evitare la di-spersione in favore dell’integrazione.

tiere dista dall’Afghanistan 6 km.Il villaggio (colony) di bungalow era vicino al

cantiere ed era recintato con filo spinato, avevale guardie militari alla porta e la ronda che gira-va giorno e notte sul perimetro. Nessuno potevaentrare senza pass. Uscivamo al mattino con lajeep per andare in cantiere e rientravamo al vil-laggio per il pranzo di mezzogiorno. Dopo unadoccia fredda mangiavamo qualcosa ma so-prattutto dovevamo bere: il caldo era soffocante,si andava in cantiere con un termos di 5 litrid’acqua che dovevano essere bevuti entro lagiornata e dovevano essere ingerite pastiglie disale da cucina; pena la disidratazione, la perdi-ta di forze, la dissenteria. Appena ingerita l’ac-qua usciva dai pori e provocava sulla pelle deipiccoli foruncoli che bruciavano: lì al villaggioerano chiamati “i picri”, lasciavano delle cicatri-ci che ho tuttora.

In cantiere spesso sentivamo degli spari: eranole tribù che si sparavano da una parte all’altradel fiume. Vivevano in capanne fatte di argilla (itocui) come adesso si vedono nei servizi giorna-listici dal fronte di guerra. Molte volte i proiettilipassavano sopra le nostre teste perché i fucili al-lora erano fatti in casa artigianalmente, perciòmiravano da una parte e il proiettile andavadall’altra. Erano uomini al limite della sopravi-venza quelli delle tribù, ma tutti avevano il fucilein spalla. Le donne invece avevano il burqa equando l’uomo andava in giro con la sua donnanon camminavano mai affiancati, la donna erasempre dietro da lui di almeno due metri.

Sono stato a Peshawar dal 24 febbraiodel 1958 al luglio del 1959. In quei mesiho visitato le città di Quetta, Kunduz, Kabul

el ràntech 4343 2002

n.16COMUNE PÈIO

ITALIANI IN AFGHANISTAN: IERI COL BADILE, OGGI COL FUCILE...

Anca en passolòt l’é na a Peshawar

per la diga sul fiume Kabul nel ‘58«...in cantiere spesso sentivamospari: erano le tribù...»di Mario LONGONI (Bòves, CN)

NNel febbraio 1958 sono partito daCogolo in corriera, a Trento ho preso iltreno per Roma e a Fiumicino mi sono

imbarcato su un aereo diretto in Pakistan dovemi aspettavano in un cantiere per la costruzionedi una diga con centrale elettrica sul fiume Ka-bul.

Sono arrivato a Karachi con due scali inter-medi. A Karachi ho trovato un interprete che miha portato alla stazione del treno dove mi è sta-ta consegnata una valigia e delle rupie per ilviaggio. Nella valigia c’erano un materassinocon cuscino e lenzuola; sul treno mi hanno asse-gnato una cabina in prima classe: il letto era untavolaccio come la prigione con un piccolo ba-gno. Si parte.

Quanta miseria e quanta sporcizia nelle sta-zioni dove si fermava il treno, molti bambinichiedevano l’elemosina, vestiti di stracci e storpi.Nei giorni a seguire sono venuto a sapere cheerano storpiati apposta per chiedere la carità dabande che, vendendoli, guadagnavano di più.A loro ho dato tutte le rupie che mi erano statedate a Karachi.

Il viaggio è durato 36 ore, avvolto da un cal-do soffocante e migliaia di mosche: il viaggioera quasi completamente nel deserto. Arrivato aPeshawar un autista mi ha accompagnato allacolonia dove finalmente mi sono rifocillato vistoche durante il lungo viaggio non avevo avuto ilcoraggio di mettere in bocca niente: per la spor-cizia, per le mosche, per la stanchezza e perl’emozione.

I Canadesi stavano costruendo una diga concentrale idroelettrica sul fiume Kabul a 10 km:da Peshawar verso il Khyber, l’unica stradache congiunge il Pakistan all’Afghanistan. Il can-

el ràntech 4444 2002

n.16COMUNE PÈIO

e Jalalabad. Da quando è iniziata la guerra inAfghanistan, ed ho occasione di vedere le im-magini di quella terra nelle immagini in televisio-ne, penso che poco è cambiato in quel paese;all’infuori delle case bombardate tutto mi parecome allora, le case, le strade, la povertà.

Gli operai che aiutavano il nostro lavoro incantiere erano del luogo, mussulmani, e doveva-no pregare cinque volte al giorno, anche duran-te il lavoro smettevano di fare il loro servizio e simettevano vicini a pregare rivolti verso la Mec-ca. Io pensavo fossero anche molto furbi perchémi pareva dovessero pregare sempre quando sidovevano fare dei lavori pesanti!

I diciotto mesi trascorsi in quella terra sono sta-ti molto duri, hanno cambiato il mio carattere e ilmio modo di vivere dandomi in cambio un gran-de bagaglio di esperienza e tanto coraggio.

Nella chiesa pakistana dove c’è stato l’eccidiosono stato a messa: ho visto lì qualche donna cri-stiana che non portava il burqa ma solo il velosul capo e lavorava, la maggior parte di loro apulire le strade. In Afghanistan non ho visto nep-pure una donna senza burqa anche se allora italebani non c’erano ancora.

Insieme a questa mia testimonianza vi man-

do due fotografie: in una (qui sotto) sono ve-stito come loro e nella seconda (pagina prece-dente) sono con il cuoco della colony che era unmuezzin, quello che chiama alla preghiera dalminareto 5 volte al giorno. È stato lui a farcimangiare carne di bufalo dura come una suoladi scarpa e polli che sgozzava lui personalmen-te dopo il tramonto del sole perché l’anima po-tesse uscire dal corpo. Il guardiano (ciuchidar)del cantiere aveva sette mogli, alcune compera-te altre barattate con capre o altri animali.

Noi occidentali, curiosi, gli chiedevamo comefacesse a mantenerle tutte: lui non si preoccupa-va per nulla, il loro unico cibo era il ciabatti, unamiscela di acqua e farina cotta sulle pietre, man-giata con cipolle o cetrioli. Di giorno stava conuna o con l’altra delle sue mogli perché la nottedoveva stare davanti all’ufficio a fare la guar-dia.

Avevamo insegnato un po’ di italiano a un gio-vanotto che sembrava il più intelligente. Si chia-mava Nadir e ci faceva un po’ da capetto e tra-duttore con gli operai. Sparì per tre giorni Nadirperché con la paga era andato a comperarsiuna moglie di 12 anni circa. L’età era approsi-mativa in quanto loro contavano l’età a lune.Nadir si vantava di questa ragazza ed io rab-brividivo, come mi succede ancora oggi se ri-penso ai suoi racconti. Gli afghani che veniva-no a lavorare in cantiere venivano muniti di letto(ciarpai) fatto di un telaio in legno molto leggerocon delle corde di canapa sottili come le nostrereti. Per loro infatti non c’erano nè mensa nè po-sti per dormire. Alla fine della giornata passava-no in ufficio e venivano pagati con una rupiaall’ora (circa 75 lire di allora).

Adesso guardo in televisione i reporta-ge di guerra e mi rattristo vedendo chenon è cambiato niente, che quella popola-zione continua a vivere nella povertà, nella mi-seria. Penso a quanto ho sofferto io in quei luo-ghi, per la lontananza dalla famiglia (mi erosposato un mese prima di partire!), dal mio pae-sino e dall’Italia.

Il viaggio di ritorno da Peshawar a Karachil’ho fatto su un piccolo aereo locale che ad ognivuoto d’aria sembrava precipitare, poi riprende-va quota. Lo spavento è stato grande ma sonoarrivato a casa sano e salvo con ricordi che nondimenticherò mai. Un caro saluto a tutti

e-mail: [email protected]

el ràntech 4545 2002

n.16COMUNE PÈIO

uga nella nottesulla montagna di Celledizzo le mucche a governar...

di Franca MARTINOLLI Delpero

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el ràntech

il poeta e il bambinopoesie, racconti, disegni, giochi

La vicenda risale all’anno 1955, nel mese di novembre, quando la protagonista insieme al-la sorella, entrambe in età scolare, si recavano al maso di Stavión, per governare le bestie,mungere le vacche e portare il latte al caseificio in paese. Le due sorelle salivano al montverso le quattro del mattino. In preda alla paura camminavano nel bosco, al buio o guida-te appena dalla luce della luna. Percorrevano un sentiero impervio, ghiacciato e spesso co-perto dalla prima neve. Inoltre dovevano far presto, perché di ritorno in paese, andavanoa scuola... Ma quella volta erano state più veloci del solito, perché la vista di un ipoteticoaggressore che le stesse inseguendo, aveva messo loro le ali ai piedi...

Nella località di Stavión, a monte di Celledizzo, sulla destra orografica della Val dei Spini vi sonodue masi. Un tempo erano raggiungibili con una ripida mulattiera, da tempo ormai dismessa. Deidue, quello sotto apparteneva alla famiglia Gionta Floríni, quello sopra ai Martinolli Tòfoi. In que-st’ultimo si recavano le due sorelle al governo dei bovini. La poesia è stata composta nell’estate1999, assieme a due altre che pubblicheremo su numeri seguenti. Vennero esposte alla mostra diricordi e immagini su Celledizzo, promossa per i giorni della Sagra di inizio agosto.

Al giunger della gelida stagionsoléa la giumenta al monte transumartenera e fragile ancor la nostra fanciullezzanel faccendar quell’opra delle bestie governar.

Severo il rigor di quell’albequando strette nella manpiù di due sorelle unite eravame timorose nella notte verso l’alpe salivam

indugiando intrepide nell’avanzarma ci bastava l’un dell’altraansante il suo fiatar

senza guida di quel chiarorche d’esca era al malfattorsgomente la meta inseguivam

ma all’apparir dell’alba un bagliorimpavido saliva quel vigorcome nell’arena il vincitor.

FF

el ràntech 4646 2002

n.16COMUNE PÈIO

Fermati America, fermatiovunque il tuo passo ti portiovunque l’orgoglio ti spinga,in nome di Dio fermati America!

Non è la libertà il tuo stendardonon la giustizia il tuo vessillonon la pace la tua bandiera.

Invano è passato nel cuorelo strazio ed il gridodel sangue innocentesulle torri gemelle.Tu vuoi ora schiacciarenel fango di terre lontanelo strazio ed il grido di altri innocenti.

La tua proterviasporca di nero petrolioil sogno di cui ci siamo nutriti.Non vogliamo essere complicidella democrazia violentadel diritto negatodella speranza assassina.

Vogliamo gridare libericon la voce dei giustie l’innocenza degli umili:fermati America.

15 febbraio 2003

ermati Americaprotervia sporca di nero petrolio

di Sergio BRIGHETTI (S.Lazzaro di Sàvena BO)

FF

Sergio Brighetti è marito di Agata Zambotti di Pèio (sorella delnoto Camilliano Fratel Francesco). Il suo intimo legame conPèio è così debitore di “due amori”! Si è scoperto pubblica-mente “poeta” ai concorsi settimanali Estate 2001 (poesia,pittura, fotografia), indetti dalla PromotuPejo. Una interessan-te ed intelligente iniziativa promossa dalla presidenza Alessan-dro Scarsi, che si è però fermata alla prima edizione. Avremomodo di presentare altre sue poesie nei prossimi numeri.

Ma di novilune una tobida notteove la mulattiera volge ad un secco turbinar ...brusco un fruscio udimmo di sterpi calpestared un barlum soffuso dal bosco rispecchiarfacendo il nostro passo di stucco arrestar

e subitaneo in cuor sentimmoil sangue raggelarcome la vita quandonon sa più parlar.

Senza indugiar chi fosse l’aggressorcome da uragan travolteleste a valle rovinam

io avanti all’altra ero il timonfulmineo e secco il pestar del pièsul gelido terren nella notterisuonava il suo passar

e dell’altri il seguir sempre più vicin rimbalzavasenza intuir qual fosse il passo ostile in quel fremente disperardalla macchia nera sortimmo verso il pian

e come mano tesa a chi sta per affogarmille luci dei nostri casolarl’alto della valle illuminara riscaldar quel sangue ripreso a circolar.

Celledizzo, anni ‘50. Al Mass de Stavión:Marino Martinolli (19.. - 2002) e la cugina Anna Martinolli (1936).

el ràntech 4747 2002

n.16COMUNE PÈIO

Dopo circa sei anniè in corso un’altra questionenel nostro Nord Ovest d’Italiasi è vista un’altra alluvione.

Dalla lontana Val d’Aostanella Valle dell’Orcoincominciò violenta l’acquafino a San Rocco al Porto.

Durante la sua discesail fiume Po si è scatenatoportando distruzione e mortenel territorio ha provocato.

Più di venti mortie lungo la Padana vallemorirono diverse bestielegate ancora nelle loro stalle.

L’acqua pian piano crescevaed aiutata da diversi torrentia gente piemontese, lombarda, pavesafece passare dei brutti momenti.

In molte case l’acquadurante il suo camminoallagava molti paesied anche il Borgo Ticino.

Tante persone dei paesi vicino al Podovettero andar via in pochi momentie trovarsi un rifugio sicuro un po’da gente foresta, lontani o vicini parenti.

È stata una cosa terrificanteche in mia vita non vorrei vedere piùdavanti ai miei occhied anche alla TiVù.

Ed ora alla fin di questa alluvioneun grazie a volontari e Civil Protezioneper quanto han fatto a salvare bambini, anziani, ammalati, buoni e cattivi.

Un vivo grazie ai nostri dirigentiche per eseguire lavori urgenti han stanziato un mucchio di soldi prima che sia fin troppo tardi.

Ci vuole certo un po’ di barlumeforse ripulire il letto del fiumeper far così le robe per benesi che di acqua ce ne stia per le piene.

Ed ora un vivo ringraziamentoper aver bevuto tal travasamentoa quel mare tanto simpaticoche si suol chiamare Adriatico.

u Po d’acqua...alluvione che va, alluvione che viene

di Dante MARTINI (Miradolo Terme PV)

UU

Di Dante Martini (el Dante Mariét) abbiamo ospitato va-ri interventi negli ultimi numeri. Abita in provincia di Pa-via, nel Comune di Miradòlo Terme, frazioncina di Cam-porinaldo, lì trasferitosi per lavoro nel 1964. Questo componimento (a rima e metrica miste, par-

zialmente da me rivisto per renderlo più scorrevole) è da-tato 31 ottobre 2000. In apertura vi si ricorda la tragicaalluvione del 1994, con vari danni lungo il Po e suoi af-fluenti. Per quella occasione il nostro Comune indisseuna riuscita sottoscrizione di aiuti in favore del Comunedi Ormèa (CN), nell’alto Tànaro (vedi n. 10/11 del 1995). Nell’ottobre del 2000 si registra dunque una nuova

emergenza, presto “dimenticata”. Non è invece dimenti-cata l’emergenza del novembre scorso, che ha superatoin danni quella del ‘94 e ci ha interessati da vicino. r.d.

collezione DANTE MARTINI

� Camporinaldo PV

el ràntech 4848 2002

n.16COMUNE PÈIO

el baule della nonnala realtà della fantasia

di Claudia DELPERO, 12 anni (Guazzòra AL)

NN

La soffitta dei miei nonni mi hasempre incuriosito perché ci sonotante cose vecchie e ormai fuorimoda. Così un giorno, mi balenòun'idea semplicemente meravigliosa:avrei curiosato per scoprire qualcosa di misterioso, vecchio, polveroso e nascosto.

Eccolo! È l'oggetto giusto! Un baule verde brillante congli angoli rinforzati d'ottone. Era ricoperto da un sottile velo di ragnatele azzurro cenere ed emanava una luce sempre più violaman mano che mi avvicinavo.

Lo aprii con grande cautela e trovaiall'interno tanti oggetti antichi cheattorniavano una clessidra dai granellini d'oro. Era bellissima, quasi indescrivibile!La presi in mano e, come un fluido,la sua misteriosa magia si espansesu tutto il mio corpo.

Una voce rauca mi chiese: – «Dove o cosa vorresti fare o andarecon quell'oggetto? ». Già, bella domanda! Da un giorno all'altro ti scopri in possesso di unacosa così e subito ti chiedi: Cosa faccio? Dove vado? Eh, dai!Comunque dopo averci pensato unpo’ sù dissi: – «Voglio vedere comeviveva mia nonna!». E appena finii di pronunciare quelleparole, mi ritrovai a Sant'AntonioAbate, vicino a Napoli.

Così scoprii com'era difficile la vita a quei tempi. Se era inverno, subito di prima mattina si accendeva il focolare e ci si preparava per andarenei campi e i più piccoli per andare a scuola. La madre, per non sprecare tempo,preparava un cestino con pane e vino, che si mangiavano in una breve pausa. Si tornava a casa tardi e si mangiava un pasto frugale e poi a dormire. Anch'io mi ritrovai a fare queste cose ed andare a scuola 5 giorni asettimana. Trovai un'amica specialee, nei rari momenti di libertà, correvamo nei luoghi più belli deidintorni. Le svelai come ero arrivatalì e perché.

Per un anno e mezzo io e lei ci divertimmo a passare da un anno all'altro, da un secolo all'altro e anche di millennio in millennio.Quando tornai nel mio mondo, grazie alla clessidra, scoprii che potevo tornare a viaggiare con la mia amica Elisa.

Un giorno capii che non potevo piùusare la clessidra grazie al contenuto del baule disposto in questo modo. Ne fui molto triste, ma mi ero divertita molto in quel lungo tempo.

Mesi dopo mia madre mi chiese: – «Cos'hai trovato nel baule dellanonna?». Io risposi: – «Apri e scoprirai!». Lei mi sorprese dicendo: – «Ma io l'ho già fatto prima di te!».

luglio 2002

comitato di redazionedefinito nella seduta 30 Lug.2001, in seno al consiglio di biblioteca

Barbara Framba, assessore attività culturaliAmbrogio Pretti, rappresentante minoranza consiliareMaria Grazia Carolli Chiesa, rappresentante scuola infanziaGiovanni Migazzi, rappresentante scuola mediaCristian Caserotti, rappresentante associazioni culturaliTiziana Bordatti, collaboratrice esternaIda Depetris Sonna, collaboratrice esterna

el ràntech “dovrebbe” uscire due volte l’anno; la numerazione di testata è sempre progressiva.Edizione di n. 1250 esemplari, stampata nel mese di aprile 2003 su carta riciclata “PIGNA ricarta ghiaccio”

... costruiamo insieme l’informazione ...

AAvv vv ii ss oo aa rr ee ss ii dd ee nn tt ii ee ll ee tt tt oo rr ii

leresponsabilità

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l’editorialevoci del PalazzoComune in comunelavori in casagente della “Valéta”educhiamoci per educare

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la bibliotecale associazionia te la parola

una finestra sul mondoil poeta e il bambino

uno sguardo al passato

llee rruubbrr iicchhee

DIRETTORE - Rinaldo Delpero, bibliotecario

Il Notiziario viene distribuito a tutte le famiglie residenti ed a quanti oriundi, ospiti o altri ne facciano richiesta, preferibilmente in forma scritta.

Registrazione: Tribunale di Trento, n. 738 dd. 9.11.1991

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COMUNE di PÈIO

BIBLIOTECACardinal Cristoforo Migazzi

STM

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preghiera di Natale

Tu che ne dici Signore

se in questo Natalefaccio un bell’albero dentro il mio

cuore e ci attacco, invece dei regali, i nomi di tutti i miei amici?Gli amici lontani e gli amici vicini, quelli vecchi e i nuovi, quelli che

vedo ogni giorno e quelli che vedo di rado, quelli che ricordo sempre

e quelli che, senza volerlo, ho fatto soffrire e quelli che,

senza volerlo, mi hanno fatto soffrire,

quelli che conosco profondamente e quelli che conosco appena,

quelli che mi devono poco e quelli chemi devono molto, i miei amici semplici

ed i miei amici importanti, i nomi di tutti quanti

sono passati nella mia vita.

Un albero con radici molto profonde,perché i loro nomi non escano

mai dal mio cuore; un albero dai ramni molto grandi,

perché i nuovi nomi venuti da tutto il mondo si uniscano ai già esistenti,

un albero con un’ombra molto gradevole affinché la nostra amicizia, sia un momento di

riposo durante le lotte della vita.

fonte sconosciuta

lavo

rare

per

sc

oL

pir

ele

ALt

ez

ze

cammino Montagna

un sentiero dalla terra al cielo

dialogo Albero

un canale fra terra e cielo

incontro Arcobaleno

un ponte dal cielo alla terra

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