15.1 oftalmologico / Curve di crescita - sip.it · Rita Tanas, Riccardo Lera, Guido Caggese Come...

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Shock / Malattia Granulomatosa Cronica / Appropriatezza ricoveri / Screening oftalmologico / Curve di crescita 15.1 Trimestrale | Poste Italiane SpA – Sped. Abb. Post. DL 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma – Aut. GIPA/C/RM/26/2013 del 28/06/2013 – ISSN 1591-0075 | Un fascicolo 25 euro Rivista ufficiale di Formazione continua della Società Italiana di Pediatria Vol. 15 | n. 1 | gennaio-marzo 2014

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Shock / Malattia Granulomatosa Cronica/ Appropriatezza ricoveri / Screening oftalmologico / Curve di crescita 15.1

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Rivista ufficiale di Formazione continuadella Società Italiana di PediatriaVol. 15 | n. 1 | gennaio-marzo 2014

Direttore Scientifico

Alberto E. TozziOspedale Pediatrico Bambino GesùPiazza S. Onofrio, 4 - 00165 Romae-mail: [email protected]

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David FratiIl Pensiero Scientifico Editore via S. Giovanni Valdarno, 8 - 00138 Romae-mail: [email protected]

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Luca De FioreAutorizzazione del Tribunale di Milano n. 311

del 5 maggio 2000

Progetto grafico

Chiara Caproni immagini&immagine - RomaStampa

Arti Grafiche Trisvia delle Case Rosse, 23 - 00131 RomaFinito di stampare nel mese di marzo 2014

Società Italiana di Pediatria

via Libero Temolo, 4 - 20126 Milanotel. 02.45498282, fax 06.45498199cell. 340.4244544e-mail: [email protected]

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Fabio CardinaleAntonio CorreraLiviana Da DaltDomenico MinasiAndrea PessionConsiglieri junior

Massimo BarbagalloElvira VerduciDelegato Sezioni Regionali SIP

Valerio FlaccoDelegato Consulta Nazionale

Costantino RomagnoliDelegato Conferenza Gruppi di Studio

Gian Paolo Salvioli

Rivista ufficiale di Formazione continuadella Società Italiana di Pediatria

In copertina Émile Bernard, 1889

‘Portrait du petit garçon au chapeau’Musée d’art et d’industrie

du Roubaix

All’interno (pag. 2) ‘Scontro di persone durante

una corsa’ (part.), Luca, 5 anni tempera su carta, 42x30 cm

(pag. 7) ‘Minestra pastrocchiata’, Eleonora, 2 anni

tempera su carta, 21x30 cm(pag 19) ‘Io’, Pietro, 4 anni

pennarello su carta, 21x30 cm(pag 31) ‘Un signore’ (part.),

Pietro, 4 anni, pennarello su carta, 21x30 cm

Il pittore post-impressionista Émile Henri Bernard, amico di Van Gogh, de Toulouse-Lautrec, Eugène Boch e Cézanne, era originario di Lilla, ma visse la sua carriera artistica a Parigi, nell’atelier di Fernand Cormon, e nel villaggio di Pont-Aven, dove con Paul Gauguin, Émile Schuffenecker, Paul Serusier, Meijer de Haan, Charles Laval ed altri diede vita alla cosiddetta Scuola di Pont-Aven, che durò fino al 1891, anno di una furiosa lite con Gauguin che sancì la fine dell’amicizia dei due artisti. La pittura di Bernard si ispirava dichiaratamente all’arte medievale, alla pittura giapponese e alla scultura primitiva dell’Oceania, allora colonia francese. La fascinazione per la cultura antica lo indusse persino ad aderire al movimento esoterico dei Rosacroce. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1941, l’artista viaggiò molto in Italia e in Egitto. Il ‘Portrait du petit garçon au chapeau’, dipinto nel 1889, è un ritratto pieno di malinconico charme che denuncia chiaramente l’influenza artistica di Cézanne soprattutto nell’innovativo rapporto dell’artista con il colore.

Rivista ufficiale di Formazione continua

della Società Italiana di Pediatria

Vol. 15 | n. 1 | gennaio-marzo 2014

[TuTTo su] Fisiopatologia della compromissione cardiovascolare nel bambino in stato di shockStefania Formicola, Renato Vitiello

Quali sono gli eventi che si susseguono durante lo stato di shock e come si modificano i parametri di base della circolazione. Una guida all ’interpretazione dell ’emodinamica del bambino in questa particolare condizione patologica > 4[Caso CliniCo] La storia di Samir: un interessante caso di Malattia Granulomatosa CronicaFederica Ghiori, Silvia Ricci, Francesca Lippi, Clementina Canessa, Maria Moribondo, Biagio Olivito, Giovanni Poggini, Chiara Azzari

Un caso clinico caratterizzato da episodi infettivi ricorrenti che nasconde una diagnosi qualche volta difficile da raggiungere. Suggerimenti su come confermare o escludere la malattia e indicazioni per il trattamento > 9[opinioni]L’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri in età pediatrica in ItaliaDomenico Minasi, Elda Pitrolo, Francesco Paravati

Argomento caldo per chi si occupa di politica sanitaria con una riflessione sugli elementi critici che si incontrano in Italia. Qualche confronto tra le Regioni italiane e una descrizione delle diagnosi più frequenti negli ospedali italiani > 13

[appunTamenTi/1]I social media per i mediciCristina Martucci

Storia ed esperienza di un corso online sui social media dedicato ai medici. Il primo corso nel suo genere offerto gratuitamente su Internet da Bertalan Mesko > 17

[baCheCa]A Sorrento il corso residenziale‘Le sfide della Pediatria’Un giusto mix di classiche relazioni plenarie su base frontale e 10 minicorsi della durata di 3 ore > 19

[appunTamenTi/2]“Liberi dalla meningite”, il Comitato che vuole sconfiggere la malattia Il Comitato nazionale contro la meningite è il primo gruppo in Italia che rappresenta i bisogni e i diritti dei pazienti > 20

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[Come si fa/1] Screening oftalmologico pediatricoSalvatore Sottosanti, Dante Ferrara

Come eseguire semplicemente e con mezzi facilmente accessibili un esame della funzione visiva in ambulatorio prima di consultare lo specialista > 21

[RefeRenze]Curve di crescita: quali scegliere e come leggerleMargherita Caroli, Vincenza Gianfreda

Uno degli strumenti più potenti ed universali per la diagnosi ed il monitoraggio dello stato di salute del bambino. Guida alla scelta degli standard e semplici informazioni per l ’interpretazione dei pattern di crescita > 27 [Come si fa/2]Un approccio integrato al bambino e all’adolescente che pesa troppoRita Tanas, Riccardo Lera, Guido Caggese

Come definire un modello che contempli l ’integrazione di diverse componenti per il bambino e l ’adolescente che sono sovrappeso o obesi > 33[Quiz] Test di autovalutazione > 43[l’ulTima paRola] L’importante è partecipareAlberto E. Tozzi

Come accorciare il tempo che intercorre tra una nuova scoperta biomedica e l ’implementazione nella pratica clinica? > 45

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[ tutto su ]

Fisiopatologia della compromissione cardiovascolare nel bambino in stato di shockQualunque sia l’eziopatogenesi dello shock il coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare ha un ruolo centrale nel processo fisiopatologico.

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Introduzione

L o shock è una condizione in cui la perfusio- ne sistemica è insufficiente a soddisfare le richieste metaboliche dell’organismo. Tale stato patologico

è in realtà un processo dinamico e progressivo che vede l’organismo in grado di mettere in atto, in una prima fase, dei meccanismi di compenso per mantenere un’adeguata ossigenazione cellulare; più tardivamente comincia una fase di scompenso che, se non tempestivamente identifi-cata, può condurre ad exitus.1,3

In età pediatrica l’identificazione dello stato di shock può essere particolarmente difficile: i segni clinici posso-no essere subdoli, aspecifici e di difficile interpretazione e possono pertanto ritardare l’intervento terapeutico che, per avere maggiori probabilità di successo, deve essere effettua-to nelle prime fasi dello shock, cioè nella fase di compenso.

Qualunque sia l’eziopatogenesi dello shock (ipovole-mico, settico, cardiogeno, etc.) il coinvolgimento dell’ap-parato cardiovascolare ha un ruolo centrale nel processo fisiopatologico. Le manovre semeiologiche che attuiamo o i segni che ricerchiamo per accertare la diagnosi e per va-lutare la gravità dello shock sono tutti in stretta relazione con la funzione cardiovascolare: tachicardia, allungamen-to del tempo di refill, bassa temperatura delle estremità, obnubilamento del sensorio, oliguria, ipotensione, etc. Anche la disfunzione di più apparati, caratteristica del paziente in shock conclamato, ha il suo iniziale momento nell’alterazione della funzione cardiaca: indispensabile per il clinico è la comprensione dei meccanismi fisiopatolo-gici cardiovascolari per un corretto ed efficace intervento terapeutico di questa comune urgenza pediatrica.1,3,4

Svolgimento

Lo shock è la causa più frequente di insufficienza cardiocircolatoria in pazienti di età pediatrica che si

presentano in Pronto Soccorso. Esso rappresenta l’espres-sione clinica dell’inadeguatezza dell’organismo di mettere a disposizione dei tessuti una quantità di ossigeno suffi-ciente a rispondere alle attese metaboliche della periferia. L’alterata respirazione periferica favorisce il metabolismo anaerobico con conseguente acidosi metabolica e disfun-

Stefania Formicola Renato Vitiello ([email protected])PO S. Anna e SS. Madonna della Neve, Boscotrecase (NA), ASL Napoli 3 Sud

zione multiorgano che, se non corretti, esitano in arresto cardiaco e morte.1 Lo shock e l’insufficienza di circolo possono essere riconosciuti nelle fasi iniziali di malattia dalla coesistenza di tachicardia e scarsa perfusione dei tessuti, clinicamente rilevabile da un allungamento del tempo di refill ed estremità fredde (stato di shock com-pensato). La persistenza della noxa patogena e il mancato intervento terapeutico favoriscono poi lo sviluppo di uno stato scompensato di shock, clinicamente diagnostica-bile dalla comparsa di ipotensione, obnubilamento del sensorio, oliguria e tachipnea. Un riconoscimento non tempestivo della gravità dei sintomi e misure terapeutiche non sufficientemente adeguate possono rendere lo shock irreversibile con evoluzione infausta.2,3

Ruolo del pediatra è capire in quale punto di questa progressione verso l’arresto cardiaco si trovi il bambino, in modo da mettere in atto il trattamento più adeguato per migliorare l’ossigenazione tissutale ed invertire la deriva che conduce il paziente alla morte. L’apparato cardiova-scolare riveste, nella generale compromissione di più orga-ni, un ruolo centrale nella patogenesi dello shock, per cui la conoscenza dei meccanismi fisiopatologici responsabili della compromissione cardiaca è indispensabile al pediatra coinvolto nella gestione di tali difficili pazienti. Il sostegno emodinamico del paziente in shock richiede, secondo le

DUE CASI CLINICI

GIoVANNA: shock setticoGiovanna è una bambina di 4 anni che giunge in Pronto Soccorso perché presenta dalla sera precedente febbre superiore a 38,5°C non responsiva al paracetamolo. La madre di Giovanna è visibilmente preoccupata sia per la feb-bre, sia perché la bimba appare particolarmente abbattuta. I parametri rilevati al triage sono: peso 16 kg, TC 38,7°C, FC 160 b/m, FR 38 a/m, SaO2 98%, PA 75/40. L’anamnesi non rivela particolari degni di nota. All’esame clinico la paziente è sofferente e poco reattiva agli stimoli. Il GCS è 10 e il capillary refill è allungato (3–4 sec); la restante obiettività è negativa. Pratica esami d’urgenza e inizia infusione con soluzione fisiologica alla dose di 250 cc in 10 minuti e, a seguire, viene prescritta la stessa dose di soluzione fisiologica ma da infondere in 20 minuti. Una valutazione cardiologica con ecocardiogramma è negativa. Gli esami di laboratorio mostrano: WBC 15.300 (L49%; N41%); PCR 8,1 (vn < 0,7); negativi o nei limiti i restanti valori. Dopo poco più di 1 ora dall’ingresso e dopo aver quasi terminato il programma flebo le condizioni generali di Giovanna non sono migliori: TC 37,5°C, FC 170 b/m, FR 40 a/m, SaO2 97%, refill 4 sec, PA 78/38 mmHg. Una lesione purpurica compare al fianco dx e micro-petecchie al tronco e agli arti.

FRANCEsCo: shock ipovolemicoFrancesco, 3 anni, è condotto in Pronto Soccorso perché non urina da circa 12 ore. La nonna riferisce che il piccolo presenta da tre giorni vomito e diarrea, beve poco e non si alimenta da 24 ore. L’anamnesi fisiologica e patologica remota è negativa. All’ingresso i parametri vitali mostrano TC 36°C, O2Sat 99%, PA 80/45, FC 140b/m, capillary refill 4 sec. Il peso è 13,8 kg. Francesco appare letargico (GCS 7), le labbra sono secche, le estremità fredde, il colorito cutaneo pallido. La restante obiettività è nella norma. Stabilito un accesso veno-so si infondono due boli da 250 cc di soluzione fisiologica in 40 minuti. Dopo un’ora le condizioni generali di Francesco sono drammaticamente migliorate.

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linee guida, una rianimazione aggressiva con infusione di soluzioni che espandono il comparto intravascolare, eventualmente la somministrazione di inotropi a sostegno della contrattilità ventricolare e, se necessario, di farmaci che agiscono sulle resistenze vascolari periferiche.1-3, 5-8

Rivisitiamo le conoscenze di fisiologia necessarie all’applicazione ragionata di tale trattamento.

Manipolazione dei determinanti della gittata cardiaca

La modifica attenta delle variabili che influiscono sulla

gittata cardiaca (CO) può migliorare la prestazione cardiovascolare del pa-ziente in shock e favorire il benessere del bambino (Fig. 1: box contornati in azzurro). Il Volume Sistole, vale a dire il volume ematico proiettato in circolo con una singola contrazione ventrico-lare, è direttamente proporzionale al preload (ovvero il volume di sangue presente nel ventricolo in diastole) ed alla contrattilità (capacità di accorcia-mento delle fibre muscolari) ed è indi-rettamente proporzionale all’afterload (ovvero alla resistenza vascolare offer-ta al flusso ematico). In condizioni di normalità tutti i parametri riportati nella Fig. 1 trovano fra loro un equi-librio dinamico tale da garantire la migliore performance cardiovascolare possibile per consentire all’organismo di adattarsi alle mutevoli esigenze del quotidiano. In un soggetto adulto in

corso di esercizio fisico massimale, infatti, è grazie alle modifiche che si verificano fra le variabili della CO che è possibile rispondere adeguatamente all’aumentata richiesta di ossigeno da parte dei tessuti, per cui la CO può passare da un livello di riposo di 5 l/m ad uno di 25 l/m durante lo sforzo. Allo stesso modo, in corso di malattia possiamo favorire l’aumento della CO e le prestazioni cardiovascolari – ove mai dovessero essere depresse – se interveniamo farmacologicamente per aumentare la frequenza cardiaca, il preload e la contrattilità, oppure riducendo l’afterload. Abitualmente un aumento della frequenza cardiaca non

è mai ricercata in maniera diretta ed esclusiva con i farmaci, perché il cuo-re del bambino malato già presenta una risposta tachicardica ottimale. Una migliore conoscenza degli altri parametri può essere utile per mani-polare in maniera ragionata, in caso di necessità, la funzione cardiovasco-lare, consentendoci di intervenire in modo preciso e sicuro per ottimiz-zarne l’efficacia.1,5,6,9

Preload (o precarico)

Costituisce la tensione di parete alla fine della diastole,

ossia il carico passivo imposto alla fibra miocardica prima della sua con-trazione. In parole più semplici esso rappresenta il grado di dilatazione del cuore nella fase finale della diastole, parametro in diretto rapporto col ri-empimento ventricolare. Se il cuore è poco riempito in diastole (ad esem-

PreloadAfterload Contrattilità

HR SV

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Figura 1. Legenda: BP=Pressione Arte-riosa, SVR=Resistenze Vascolari Periferiche; CO=gittata cardiaca; HR=frequenza cardiaca; SV=volume sistole. Le variabili con box contornato in azzurro sono manipolabili con la terapia; le linee mostrano se i parametri sono inversamente (tratteggiata) o direttamente (continua) proporzionali.

Figura 2. Relazione Precarico–Gittata Cardiaca (Legge di Frank-Starling: la relazione mostra come varia la gittata cardiaca (asse delle ordinate) al variare delle dimensioni (asse delle ascisse) del ventrico-lo in fine diastole (ovvero, al variare del preload o del precarico o del volume ventricolare di fine diastole). All’aumentare del preload aumenta la gittata cardiaca e la performance del cuore, fino ad un massimo (lunghezza critica) oltre il quale la gittata cardiaca diminuisce e si ha un peggiora-mento della funzione cardiaca.

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pio: ipovolemia per una diarrea acu-ta) si ha una diminuzione del volume sistole (volume di sangue espulso dal ventricolo ad ogni contrazione) e, di conseguenza, una riduzione della gittata cardiaca (Fig. 1). D’altro can-to se la quantità di sangue presente in fine diastole è molto elevata e de-termina un’eccessiva dilatazione del cuore (ad esempio: cardiomiopatia dilatativa) la gittata cardiaca ne resta lo stesso inficiata.9

Per capire bene la relazione fra preload e gittata cardiaca è necessario ricordare la legge di Frank-Starling (Fig. 2): aumentando il volume ventri-colare di fine diastole (ovvero, il grado di stiramento delle fibre cardiache) si osserva un aumento della capacità di contrazione della muscolatura cardia-ca (parte ascendente della curva) fino al raggiungimento della cosiddetta “lunghezza critica”, oltre la quale le fibre di actina e miosina si disallineano, perdono il rapporto reciproco e non possono più garantire una contrazione efficace (parte discendente della curva). Il miglioramento della perfusione dei tessu-ti periferici che osserviamo quando somministriamo un bolo di fisiologica ad un bambino disidratato è legato a tale principio. Allo stesso modo, se infondiamo un bolo di fisiologica in un bambino scompensato con cardiomio-patia dilatativa otterremo un peggioramento della perfor-mance cardiaca.9 Starling dimostrò queste caratteristiche intrinseche del cuore con il preparato cuore-polmoni in cui controllava il flusso in ingresso e in uscita tramite due manometri, mentre le resistenze periferiche venivano im-poste tramite un tubo collassabile. Egli ottenne delle curve sperimentali che mostravano la relazione fra il flusso in ingresso (precarico=volume del ventricolo in fine diastole) ed il flusso in uscita (gittata cardiaca): vedi Fig. 2. Un cuore sano in condizioni normali lavora solo nel tratto ascendente della curva, mentre nella zona discendente caratterizzata da volumi ventricolari più elevati, detta “zona di scompenso”, lavora solo in condizioni patologiche. Quando vogliamo intervenire farmacologicamente sul precarico dobbiamo

Figura 3. Effetto dei farmaci che influenzano la contrattili-tà: quando si somministra un farmaco ad effetto inotropo positivo determiniamo uno spostamento della curva verso l’alto, con un aumento della gittata cardiaca a parità di precarico. L’opposto avviene se infondiamo un farmaco ad azione ino-tropa negativa: la curva si sposta verso il basso.

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Dimensioni del ventricolo in fine diastole

CONTRATTILITÀ

sapere, più o meno, a che parte della curva ci troviamo: se riteniamo che il ventricolo sia parzialmente vuoto (per esempio in caso di shock ipovolemico nel paziente disidratato per diarrea a-cuta) e ci troviamo nella prima parte di ascesa della curva, possiamo miglio-rare la performance cardiaca aumen-tando la distensione del ventricolo (preload) tramite l’infusione di boli di cristalloidi (soluzione fisiologica) o di colloidi (plasma). Se, viceversa, ci tro-viamo nella “zona di scompenso” della curva, come capita nel paziente con cardiomiopatia dilatativa, e vogliamo migliorare la performance cardiaca, dobbiamo ridurre il volume di fine diastole del cuore somministrando, ad esempio, diuretici.9

Contrattilità

La contrattilità rappresenta l’elemento più intuitivo dei determinanti della gittata cardiaca. Es-

sa si può definire come la capacità intrinseca delle fibre miocardiche di accorciarsi generando forza. I farmaci che agiscono sulla contrattilità intrinseca della cellula musco-lare cardiaca posseggono un effetto inotropo positivo se migliorano la contrattilità, oppure negativo se la deprimo-no (Fig. 3). Il sarcomero è l’unità contrattile fondamentale del muscolo cardiaco. Sebbene le differenze anatomiche con il muscolo scheletrico siano minime, notevoli sono le diversità funzionali, in quanto la fibrocellula cardia-ca a riposo risponde alla legge di Frank-Starling. Una sostanza (vedi Fig. 3) possiede un’azione farmacologica inotropa positiva se, a parità di carico, sposta la curva in alto nel classico esperimento di Frank Starling; viceversa ha un effetto inotropo negativo se riduce la contrattilità spostando la curva in basso.

Nello shock settico si ha una compromissione della gittata cardiaca perché si verifica un’azione tossica diretta delle endotossine sulla qualità contrattile del cuore. Uti-lizzare farmaci ad azione inotropa positiva, quali la do-

L’ottimizzazione della gittata cardiaca e della pressione arteriosa possono migliorare la perfusione periferica.

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butamina o la dopamina, riesce ad elevare la performance cardiaca, determinando un miglioramento della perfusio-ne periferica e delle condizioni generali del paziente.1,6-8

Afterload (o postcarico)

L’afterload (o postcarico) può essere con siderato come la forza che si oppone allo svuota-

mento ventricolare. In effetti esso è direttamente pro-porzionale alla pressione aortica, alle resistenze vasco-lari periferiche (ovvero, il raggio dei vasi) ed al volume ventricolare; è inversamente proporzionale allo spessore della cavità ventricolare. Il più sensibile parametro re-golatore dell’afterload sono le resistenze vascolari si-stemiche, perché queste si modificano al variare della quarta potenza del raggio dei vasi. È questo il motivo per cui nella pratica clinica si fa coincidere (anche se in maniera impropria) il concetto di postcarico con quello di resistenze vascolari sistemiche.9

Poiché l’aumento dell’afterload determina, a pari-tà degli altri determinanti, una riduzione della gittata cardiaca (vedi Fig. 1) è intuitivo che diminuendo far-macologicamente il postcarico con la somministrazione

di vasodilatatori è possibile migliorare la performance cardiaca. Si può agire in tal modo, ad esempio, nel caso di shock cardiogeno: il nitroprussiato di sodio (in terapia intensiva) oppure gli ACE-inibitori (quando il paziente viene trattato in corsia) sono correntemente utilizzati per ridurre l’afterload e migliorare la gittata cardiaca. Poiché i vasodilatatori agiscono aumentando il raggio dei vasi arteriosi e sappiamo che questo parametro si relaziona inversamente con il postcarico alla quarta potenza, si comprende come la somministrazione di questa classe di farmaci debba essere condotta con cautela, utilizzando prima dosi basse per poi aumentarle lentamente solo se verifichiamo ad ogni step un miglioramento della perfu-sione periferica. Nello shock settico l’afterload in genere è elevato (shock freddo) ma può anche essere basso (shock caldo) come avviene più frequentemente negli adulti o nei bambini con sepsi portatori di catetere centrale.7 È buona prassi calcolare nello shock settico le resistenze vascolari sistemiche, utilizzando il doppler per il calcolo della CO ed i cateteri intravascolari per il calcolo delle pressioni. Le resistenze vascolari sistemiche si calcolano sfruttan-do la relazione R=P/F dove R=resistenza; P=Pressione; F=Flusso. Conoscendo la gittata cardiaca, la pressione arteriosa media e la pressione venosa centrale, è possibile misurare le resistenze vascolari periferiche con una buo-na precisione: RVS (dyn•s/cm5)=[(PA Media–Pressione Venosa Centrale)/CO] X 80 dove RVS=Resistenze Va-scolari Sistemiche; PA=Pressione Arteriosa; 80=fattore di conversione da Wood Units a dyn•s/cm5.9

Il cuore sano ha la capacità di variare reciprocamente i fattori cardiaci intrinseci (contrattilità) e carico-dipen-denti (precarico e postcarico); ciò gli consente di esercitare in modo armonico ed integrato l’azione di pompa con un’elevata capacità di adattamento nei confronti dei cam-biamenti dell’equilibrio emodinamico, come in presenza di variazioni delle condizioni di carico, delle proprie-tà contrattili miocardiche o delle esigenze metaboliche dell’organismo. Questa capacità di adattamento, a cui l’apparato cardiovascolare ricorre anche in condizioni di malattia, può non essere sufficiente se la noxa patogeneti-ca è particolarmente severa, con evoluzione dell’equilibrio emodinamico verso uno stato di shock .

Conflitto d’interesse: Gli autori dichiarano di non averenessun conflitto d’interessi.

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La storia di Samir: un interessante caso di Malattia Granulomatosa CronicaLa prognosi della malattia può essere migliorata con l’attuazione di un trattamento preventivodegli episodi infettivi, ma l’unica terapia risolutiva è il trapianto di midollo osseo.

DESCRIZIONE DEL CASO Samir è un bambino indiano giunto alla nostra osser-

vazione per approfondimenti in merito a linfoadenopatia persistente. È figlio di

genitori consanguinei: la nonna paterna e il nonno materno sono cugini di primo

grado. Dall’anamnesi familiare non emergono patologie di rilievo. Il bambino è

nato da prima gravidanza normodecorsa, parto eutocico a 32 sett di EG; il peso

alla nascita era 2010 g e il decorso neonatale è risultato nella norma. Ha effettuato

Federica Ghiori1

Silvia Ricci1

Francesca Lippi1

Clementina Canessa1

Maria Moribondo1

Biagio Olivito1

Chiara Azzari1

Giovanni Poggini21Dipartimento di Scienze per la Salute della donna e del bambino, Università di Firenze2Pediatra di libera scelta

allattamento materno esclusivo per 1 mese, poi è stato introdotto latte di formula. Ha eseguito le vaccinazioni previste dal calen-dario vaccinale toscano. La madre ci raccon-ta che Samir è stato bene nei primi 6 mesi di vita, poi ha iniziato a presentare episodi febbrili ricorrenti associati a tosse, stomatiti

e dermatiti difficilmente trattabili; il primo anno di vita è stato inoltre caratterizzato da scarso accrescimento staturo-ponderale. A circa 16 mesi di età il pediatra curante ha diagnosticato piodermite del cuoio capel-luto; nei mesi successivi si sono ripetute infezioni cutanee tipo impetigine alle dita

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Caso clinico La storia di Samir: un interessante caso di Malattia Granulomatosa Cronica

delle mani e al padiglione auricolare. Ad un anno e mezzo il piccolo ha presentato un episodio di linfoadenomegalia persistente e resistente al trattamento antibiotico pro-tratto. Il bambino è stato quindi ricoverato. L’ecografia della linfoghiandola ha mostrato segni di colliquazione, per la quale è stato necessario drenaggio chirurgico. A due anni di vita ha presentato un episodio di cellullite perianale e candidosi genitale. Dopo l’insor-genza di un nuovo episodio di linfoadenite sottoangolomandibolare a 30 mesi di vita, il pediatra curante ha ritenuto opportuno inviare il bambino alla nostra attenzione per eseguire esami ematochimici di appro-fondimento. L’emocromo e gli altri esami di routine sono risultati normali. Lo screening immunologico ha mostrato normali livelli delle immunoglobuline sieriche e delle sot-toclassi IgG; il valore delle sottopopolazioni linfocitarie non ha evidenziato alcun defi-cit cellulare. Lo studio di funzionalità dei granulociti neutrofili (NBT test e DHRtest) ha invece mostrato deficit di funzionalità granulocitaria. Considerata la storia clinica altamente evocativa e i dati di laboratorio è stato posto il sospetto diagnostico di Ma-lattia Granulomatosa Cronica (MGC). La diagnosi sarà certa solo dopo ricerca della mutazione genetica tutt’ora in corso. Oggi Samir ha 4 anni ed effettua regolarmente follow-up presso il nostro ambulatorio di Immunologia.

Introduzione alla malattia

La MGC rappresenta una rara immunodefi- cienza primitiva caratterizzata dall’incapacità delle cellule fagocitiche (granulociti neutrofili e monociti)

di uccidere i microorganismi fagocitati. La mutazione re-sponsabile della malattia è a carico di uno dei quattro geni che codificano per le sub-unità dell’enzima NADPH ossi-dasi. L’enzima in questione è indispensabile per l’attività microbicida dei fagociti, che in caso di presenza di muta-zione risultano incapaci di generare l’anione superossido e i suoi metaboliti ad azione microbicida. I microrganismi fagocitati pertanto sopravvivono all’interno della cellula, e risultano difficilmente raggiungibili sia dagli anticorpi che dalla maggior parte degli antibiotici. Il quadro istologico è caratterizzato da lesioni infiammatorie dal peculiare a-spetto granulomatoso, da cui prende il nome la malattia1.

Epidemiologia ed ereditarietà

L’MGC colpisce in media 1 su 250.000 nati vivi.2 Il complesso NADPH ossidasi è costituito da quat-

tro subunità proteiche: due proteine integrali di mem-brana (gp91-phox e p22-phox) e due proteine citosoliche (p47-phox e p67-phox).3 Circa 2/3 dei casi di MGC sono dovuti alla mutazione del gene CYBB codificante la su-bunità gp91-phox che si trova sul braccio corto del cro-mosoma X. Ne deriva un’ereditarietà X-linked: la madre, portatrice sana, trasmette la malattia ai soli figli maschi, con una probabilità del 50%. Tra le forme legate al sesso 1/3 dei casi sono mutazioni de-novo. Negli altri casi il gene mutato, codificante per le subunità citosoliche e per la subunità p22-phox, è trasmesso con modalità autosomi-ca recessiva, pertanto possono essere colpiti ugualmente entrambi i sessi. La malattia, in questi casi, si manifesta solo in omozigosi: genitori entrambi portatori sani hanno il 25% di probabilità di avere figli malati.2

CoNTRollo SANo

DHR spontaneo: 0.2%DHR stimolato: 95.0%

PAzIENTE SAMIR

DHR spontaneo: 0%DHR stimolato: 0%

MADRE DI SAMIR

DHR spontaneo: 0%DHR stimolato: 97%

Figura 1. DHR test: reperti citofluorimetrici

a confronto.

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Si conoscono oggi oltre 400 mutazioni che possono coinvolgere diversamente il gene codificante il com-plesso NADPH-ossidasi. L’eterogeneità clinica della granulomatosi cronica è dunque legata al gene coinvolto e al tipo di mutazione in causa.1,2 In particolare la forma X-linked è generalmente associata ad un esordio più precoce della malattia, con decorso clinico più severo ed un tasso di mortalità più elevato.4

Decorso clinico

I bambini con MGC vanno incontro a frequenti e gravi infezioni batteriche e fungine, per lo più en-

tro i primi due anni di vita. L’espressione clinica della malattia è estremamente eterogenea e la formazione di granulomi può interessare qualsiasi organo e apparato, con predilezione maggiore per polmoni, linfonodi, milza, fegato e cute. La presenza di granulomi all’interno del tratto gastrointestinale o urinario può determinare ste-nosi del lume per la quale può rendersi necessaria terapia chirurgica. Il patogeno fagocitato ma non eliminato dal fagocita può essere trasportato a distanza dalla sede primitiva di infezione, determinando la diffusione della stessa in più focolai.4

In questi pazienti sono frequenti anche le infezioni muco-cutanee ricorrenti o persistenti quali dermatiti, piodermiti del cuoio capelluto, ascessi in particolare della regione perianale, gengivite e ulcere aftose. Samir ha presentato sia coinvolgimenti cutanei importanti che linfoadenopatia colliquativa e successivamente linfade-nite persistente. Altri quadri patologici fortemente sug-gestivi per MGC comprendono l’ascesso granulomatoso epatico, forme atipiche di tubercolosi, osteomieliti delle ossa metatarsali, polmoniti complicate da ascessi, cavi-tazione ed empiema.4,5 La natura cronica della malattia può determinare deficit di crescita e anemia microcitica che in genere si risolve spontaneamente alla fine della prima decade di vita.

I patogeni più frequentemente responsabili di infe-zioni sono prevalentemente germi catalasi positivi6, in

grado di degradare la quota di H2O2 da essi stessi pro-dotta: Staphylococcus aureus, Escherichia Coli, Salmonella, Klebsiella, diversi ceppi di Pseudomonas; saprofiti quali Serratia marcescens, Staphylococcus epidermidis, Enterobacter, Burkholderia Cepacia. In particolare, è doveroso sottoli-neare la relativa facilità con la quale, in questi pazienti, specie fungine quali l’Aspergillus possano evolvere verso severe forme bronco-pneumoniche.7

Diagnosi

La produzione di superossido da parte dei fa- gociti stimolati può essere indagata, come già an-

ticipato, mediante l’NBT test (Test di colorazione con NitroBlu di Tetrazolio).5,8 Nei soggetti sani i leucociti riescono a ridurre l’NBT; nei soggetti affetti la mancata riduzione causa l’accumulo di precipitati durante la fago-citosi. Il test può risultare alterato sia nei soggetti malati che nelle portatrici asintomatiche della mutazione X-linked. Nel nostro paziente l’NBT test spontaneo e post stimolo risultava 0%.

In pazienti con storia clinica fortemente evocativa per MGC ma NBT qualitativamente normale, dovrebbe es-sere eseguita una misurazione quantitativa della funzione ossidativa dei fagociti. Il test più utilizzato a tale scopo è il DHR (DiHidrossiRodamina 123). Tale test prevede l’analisi, mediante citofluorimetro, del burst ossidativo leucocitario mediante misurazione di una fluorescenza.8 Presso il nostro laboratorio di Immunologia abbiamo eseguito tale test su Samir e anche sulla mamma. Nel caso di Samir il segnale di fluorescenza era nettamente diminuito, nel caso della mamma l’analisi non mostrava sostanziale differenza dal caso-controllo (Fig. 1). Se la madre fosse stata portatrice di una mutazione sul cromo-soma X, il segnale di fluorescenza sarebbe stato comunque diminuito. Pertanto si può ipotizzare che la mutazione responsabile del quadro patologico di Samir non abbia una trasmissione di tipo X-linked, ma autosomica re-cessiva con fenotipo, dunque, più lieve. La diagnosi di certezza richiede, tuttavia, l’indagine genetica mediante

Una buona pratica di prevenzione igienica e antibiotica riduce il tasso di ospedalizzazione dei piccoli pazienti, migliorandone la qualità della vita.

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il sequenziamento dei geni codificanti o mediante immu-noblotting. Tali accertamenti diagnostici sono tutt’ora in corso per il piccolo Samir. L’identificazione della muta-zione permette, inoltre, tramite prelievo di villi coriali, di eseguire diagnosi prenatale. Poche settimane fa la madre di Samir ci ha comunicato di aver intrapreso una seconda gravidanza. Se i tempi di laboratorio non permettessero l’identificazione della mutazione in causa si potrà eseguire NBT test e DHR test su sangue fetale cordonale.

Terapia e follow up

Nodo centrale della terapia dei pazienti af- fetti da MGC risulta essere la prevenzione delle

infezioni batteriche e fungine. È necessario, pertan-to, istruire la famiglia sulle norme comportamentali da seguire, basate sull’igiene ambientale e persona-le.2 Fondamentale è inoltre intraprendere una tera-pia antibiotica profilattica continuativa.2,4 Nel caso di Samir abbiamo instaurato una terapia profilattica con cotrimossazolo e fluconazolo. Sono stati condotti studi sull’utilizzo di IFN gamma nei pazienti affetti ma purtroppo i risultati sull’efficacia di tale trattamento sono stati contrastanti, pertanto il loro uso nella pratica clinica non è validato.9

Il trattamento antibiotico delle infezioni acute in que-sti pazienti deve essere tempestivo ed è raccomandabile l’utilizzo empirico di una molecola diversa da quella uti-lizzata per la profilassi. L’isolamento del patogeno in causa e l’esecuzione dell’antibiogramma permettono successiva-mente di attuare una terapia antibiotica mirata. Il monito-raggio clinico dei bambini con MGC è indispensabile. In assenza di novità cliniche degne di nota, rivalutiamo Sa-mir in ambulatorio ogni 6 mesi. Il piccolo, ad oggi, tollera bene la terapia profilattica e, grazie all’aiuto dei familiari, vengono seguite le norme igieniche consigliate per ridurre il rischio di infezioni. Come raccomandato dall’AIEOP (Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatri-ca) ogni 6 mesi il piccolo esegue emocromo con formula, dosaggio sierico delle transaminasi, azotemia, creatinina, indici di flogosi e anticorpi anti-aspergillo. Inoltre, ogni anno, esegue radiografia del torace, ecografia addomina-le, prove spirometriche e, in caso di indicazione clinica, TC o RM. Ogni due anni sarebbe opportuno eseguire una valutazione del parenchima polmonare mediante TC torace ad alta risoluzione.2

Conclusioni

L’MGC è una patologia cronica le cui carat- teristiche cliniche correlano con il diverso genoti-

po del singolo paziente. La prognosi a lungo termine è ancora incerta. Tuttavia una buona compliance da parte del paziente e della famiglia sembra ridurre il rischio di lesioni parenchimatose permanenti a carico degli organi interessati. Una buona pratica di prevenzione igienica e antibiotica riduce il tasso di ospedalizzazione dei piccoli pazienti, migliorandone la qualità della vita. Tuttavia l’unica possibilità di guarigione è rappresentata dall’allotrapianto di cellule staminali emopoietiche nei primi anni di vita.2,4 La terapia genica, che permetterà la correzione dell’attività ossidativa dei fagociti, è tutt’oggi in via di sperimentazione.6 .

Conflitto d’interesse: Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interessi.

Bibliografia

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Domenico Minasi1

Elda Pitrolo2

Francesco Paravati31UOC Pediatria, ASP di Reggio Calabria 2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Messina 3UOC Pediatria, ASP di Crotone

L’ appropriatezza rappre- senta oggi una caratteristi-ca inderogabile dei servizi

sanitari. È identificata come una componente della qualità assisten-ziale che fa riferimento alla validità tecnico-scientifica, all’accettabilità ed alla pertinenza delle prestazioni sani-tarie rispetto a persone, circostanze e luoghi.

L’appropriatezza esprime infatti il grado di utilità di un intervento sanitario in relazione al problema che lo ha reso necessario alla luce delle conoscenze scientifiche e delle possi-bilità tecnico-organizzative disponi-bili. In termini più specifici, una pre-stazione può considerarsi appropriata quando è in grado di ottimizzare i benefici riducendo al minimo i rischi a cui il paziente può andare incontro.

Esistono due fondamentali fra-mework concettuali inerenti l’ap-propriatezza: l’ appropriatezza clini-ca (“appropriateness of a service”) e quella organizzativa (“appropriate-ness of a setting”). La prima consi-dera le indicazioni e le modalità di effettuazione di specifici interventi o procedure sanitarie e stabilisce se sono eseguite con un margine suffi-cientemente largo tra benefici e rischi tale da renderle favorevolmente ero-gabili. La seconda invece considera il livello assistenziale (ricovero ospeda-liero ordinario o diurno, specialistica ambulatoriale o medicina di base) nel quale un determinato caso diagno-stico o terapeutico viene affrontato che dovrà risultare conveniente sia in termini di sicurezza che di eco-nomicità nel consumo di risorse. Di conseguenza un intervento sanitario è considerato “appropriato” quando i benefici attesi superano i potenziali rischi per quel determinato paziente (appropriatezza clinica) e quando l’intervento è erogato ad un livello organizzativo (ricovero ordinario,

DH, ambulatorio) adeguato sia in termini di economicità che di sicu-rezza (appropriatezza organizzativa).

L’applicazione pratica di que- sti concetti non è sempre agevole. L’appropriatezza degli interventi sa-nitari è infatti frequentemente con-dizionata da diversi fattori, quali ad esempio le competenze professionali – non raramente influenzate da con-flitti d’interesse –, le regole per l’au-torizzazione del marketing di tutte le tecnologie sanitarie inclusi i farmaci – spesso troppo indulgenti –, le spinte di mercato che influenzano la doman-da di servizi e prestazioni sanitarie da parte degli utenti. Non va poi dimen-ticato che robuste prove di efficacia e di efficienza sono disponibili solo per una parte degli interventi sanitari erogati, con un netto sbilanciamento verso i trattamenti piuttosto che per le tecnologie diagnostiche.

Tutto questo indica che l’appro-priatezza degli innumerevoli inter-venti, servizi e prestazioni che affol-lano il mercato della salute si articola in una scala di valori nella quale non è possibile tracciare nette delimita-zioni ed è difficilmente trasferibile tra i vari contesti. Questo è vero anche per la valutazione dell’appropriatezza dei ricoveri pediatrici ospedalieri. Il numero complessivo delle dimissio-ni ospedaliere in età “pediatrica”(età inferiore a 18 anni) rilevate in Italia nel corso del 2011 ammonta com-plessivamente a 1.129.326. Si tratta di dimissioni da reparti per acuti, di ria-bilitazione e lungodegenza, in regime di ricovero ordinario e in day hospital che nel decennio compreso tra 2001 ed il 2011 hanno subito una costante diminuzione. Analogamente alle di-missioni, anche il numero delle gior-nate di degenza è progressivamente diminuito nello stesso periodo (nel

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2011 il 23,1% in meno rispetto al 2001), mentre la degenza media ha subito solo modeste variazioni (dai 4,7 giorni del 2001 ai 5,1 giorni del 2011, Tab. 1).

Restano invece elevati i tassi di ospedalizzazione con valori ancora doppi rispetto ad altri Paesi europei, come ad esempio Inghilterra e Spagna (Tab. 2).

La situazione è alquanto ete- rogenea a livello territoriale: nel 2011, ad esempio, a fronte di un tasso stan-dardizzato medio nazionale per l’età 0–14 anni in modalità di degenza ordi-naria di 75,9‰, si passa dal 101‰ del-la Regione Puglia al 46,1‰ del Friuli Venezia Giulia. Gli elevati tassi di o-spedalizzazione mettono in evidenza la carenza di una adeguata continuità assistenziale e di un efficace filtro ai ricoveri ospedalieri inappropriati. L’a-nalisi dei DRG distinti per classi d’età relativi alle prime 15 cause di ricovero (Tab. 3, 4, 5), fornisce invece una sinteti-ca descrizione dell’attività assistenziale delle UUOO ospedaliere di Pediatria e mette in risalto un numero elevato di ricoveri che risultano non appropriati secondo quanto previsto dalla lista dei DRG a rischio inappropriatezza defi-nita nel Patto per la Salute 2010–2012. In particolare alcuni di essi (184, 070, 060, 333, 256, 467, 340, 301) risultano particolarmente inappropriati se ero-gati in regime di ricovero ordinario.

Se consideriamo i dati riportati nelle tabelle precedenti una gran par-te dei ricoveri pediatrici attualmente effettuati in Italia risulterebbe inappro-priata . Tuttavia il giudizio di inappro-

Tabella 1. Dimissioni e degenze 2001–2011

Anno Dimissioni ricoveri ordinari Dimissioni day hospital Giornate degenza ricoveri ordinari Giornate degenza day hospital

2001 1.045.296 397.491 4.564.519 756.320

2011 733.168 (-29,9%) 396.058 (-0,3%) 3.741.026 (-23,1%) 822.933 ( +8.8%)

Fonte: Scheda di dimissione ospedaliera (SDO) 2001–2011.

Tabella 2. Tassi di ospedalizzazione/mille abitanti in regime ordinario per dimessi in età pediatrica, età inferiore a 18 anni, 2011

Regione di residenza < 1 anno 1–4 anni 5–14 anni 15–17 anni 0–14 anni 0–17 anni

Piemonte 498,2 56,3 35,5 42,8 71,9 67,2

Valle d'Aosta 373,8 47,8 46,6 52,3 69,5 67,0

lombardia 528,7 73,0 40,4 50,1 83,0 77,9

P.A. Bolzano 393,1 59,4 36,7 52,9 65,1 63,1

P.A. Trento 335,8 47,5 26,7 35,2 52,8 49,9

Veneto 316,0 42,1 24,9 31,0 48,9 46,1

Friuli V.G. 316,5 35,5 23,3 36,8 46,1 44,6

liguria 517,2 68,7 36,5 42,9 75,7 70,2

Emilia Romagna 421,9 63,7 37,3 42,7 71,8 67,4

Toscana 362,0 54,0 33,7 41,8 61,7 58,5

Umbria 455,0 80,5 43,3 50,3 81,4 76,4

Marche 366,0 70,2 39,6 43,1 69,9 65,5

lazio 465,1 75,3 36,6 41,3 75,5 69,8

Abruzzo 540,8 104,1 49,9 53,6 96,8 89,1

Molise 543,4 81,6 44,7 49,9 84,8 78,1

Campania 400,8 77,8 38,0 46,0 70,2 65,8

Puglia 575,2 113,3 55,6 54,6 101,6 93,0

Basilicata 443,1 71,4 40,5 40,4 71,4 65,6

Calabria 454,9 89,6 45,7 49,4 82,3 76,1

Sicilia 463,9 103,5 48,5 43,6 88,5 80,2

Sardegna 520,5 106,6 48,8 49,4 94,7 86,4

Italia 453,5 74,3 39,5 44,9 75,9 70,7

priatezza di questi ricoveri suscita non poche perplessità ed appare inadeguato alla luce di alcune considerazioni .

La prima riguarda il ricovero pe-diatrico che per le sue intrinseche ca-ratteristiche non può essere assimilato a quello dell’adulto tenuto conto che sulla decisione di ricoverare il bam-

bino incidono non solo fattori clinici ma anche demografici,ambientali e socio-economici. Infatti il concetto di appropriatezza si inserisce e viene mi-surato nel contesto di una Medicina scientifica riduzionistica (quella dei DRG e della EBM), lontana dalla re-altà clinica che è invece caratterizzata dalla complessità. Inoltre, se l’obiettivo futuro è quello della medicina delle 4 P (Preventiva, Predittiva, Personalizzata, Partecipativa), l’appropriatezza non può non includere anche una valuta-zione da parte del paziente e nel caso dei bambini dei suoi familiari. Questo concetto è ancora più cogente se ap-

• • •Gli elevati tassidi ospedalizzazionemettono in evidenzala carenza di una adeguatacontinuità assistenziale.

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Tabella 3. Primi 15 DRG (vers. 24) per numerosità di dimissioni in regime ordinario, età inferiore a 1 anno, 2011

DRG Dimissioni

Numero %

1 390 M Neonati con altre affezioni significative 59.633 23,4

2 389 M Neonati a termine con affezioni maggiori 30.104 11,8

3 467 M Altri fattori che influenzano lo stato di salute 21.732 8,5

4 388 M Prematurità senza affezioni maggiori 19.047 7,5

5 098 M Bronchite e asma, età < 18 anni 17.112 6,7

6 387 M Prematurità con affezioni maggiori 9.032 3,5

7 385 M Neonati morti o trasferiti ad altre strutture di assistenza per acuti

8.559 3,4

8 386 M Neonati gravemente immaturi o con sindrome da distress respiratorio

7.926 3,1

9 184 M Esofagite, gastroenterite e miscellanea di malattie dell'apparato digerente, età < 18 anni

7.834 3,1

10 070 M otite media e infezioni alte vie respiratorie, età < 18 anni

6.202 2,4

11 422 M Malattie di origine virale e febbre di origine sconosciuta, età < 18 anni

5.411 2,1

12 298 M Disturbi della nutrizione e miscellanea di disturbi del metabolismo, età < 18 anni

5.081 2,0

13 322 M Infezioni del rene e delle vie urinarie, età < 18 anni 4.524 1,8

14 091 M Polmonite semplice e pleurite, età < 18 anni 3.824 1,5

15 137 M Malattie cardiache congenite e valvolari, età < 18 anni 3.793 1,5

Totale primi 15 DRG 209.814 82,4

Totale generale 254.711 100,0

Tabella 4. Primi 15 DRG (vers. 24) per numerosità di dimissioni in regime ordinario,età 1–4 anni, 2011

DRG Dimissioni

Numero %

1 184 M Esofagite, gastroenterite e miscellanea di malattie dell'apparato digerente, età < 18 anni

14.433 8,4

2 298 M Disturbi della nutrizione e miscellanea di disturbi del metabolismo, età < 18 anni

14.377 8,4

3 091 M Polmonite semplice e pleurite, età < 18 anni 13.222 7,7

4 026 M Convulsioni e cefalea, età < 18 anni 12.454 7,3

5 070 M otite media e infezioni alte vie respiratorie, età < 18 anni

11.612 6,8

6 098 M Bronchite e asma, età < 18 anni 10.285 6,0

7 060 C Tonsillectomia e/o adenoidectomia, età < 18 anni 9.217 5,4

8 422 M Malattie di origine virale e febbre di origine sconosciuta, età < 18 anni

8.102 4,7

9 340 C Interventi sul testicolo non per neoplasie maligne, età < 18 anni

2.716 1,6

10 341 C Interventi sul pene 2.186 1,3

11 451 M Avvelenamenti ed effetti tossici dei farmaci, età < 18 anni

2.152 1,3

12 074 M Altre diagnosi relative a orecchio, naso, bocca e gola, età < 18 anni

2.071 1,2

13 163 C Interventi per ernia, età < 18 anni 1.850 1,1

14 322 M Infezioni del rene e delle vie urinarie, età < 18 anni 1.797 1,0

15 087 M Edema polmonare e insufficienza respiratoria 1.774 1,0

Totale primi 15 DRG 108.248 63,2

Totale generale 171.378 100,0

plicato al malato con malattia cronica: risulta infatti difficile predicare il “pa-tient empowerment” come momento imprescindibile dell’assistenza se al contempo si giudica inappropriato il ricovero richiesto dallo stesso (o ri-chiesto dai suoi familiari) sulla base di parametri che non tengono per nulla conto della sua capacità di autogestire una situazione problematica.

La seconda condizione da valu-tare è che il ricorso diffuso da parte delle Regioni a sistemi di valutazio-ne dell’appropriatezza che utilizzano i dati amministrativi, le soglie regio-nali specifiche per DRG definiti “ad alto rischio di inappropriatezza” e l’introduzione di liste di prestazioni erogabili in regime di ricovero diurno, pur rispondendo ad esigenze di sem-plicità di applicazione da parte del li-vello regionale, talora non si concilia con le esigenze degli ospedali e delle UUOO (specie di quelle pediatriche) oggetto degli interventi di valutazione e controllo dell’appropriatezza, né tan-tomeno affronta,nel caso specifico, le problematiche del ricovero pediatrico.

Infine non va dimenticata l’ina-deguatezza del sistema di classifica-zione dei ricoveri ospedalieri per acuti (Diagnosis Related Groups – DRG) relativamente a quelli pediatrici. Sono infatti molti gli studi che documenta-no l’insufficienza di questa classifica-zione a rappresentare con esaustività, omogeneità ed analiticità la casistica ospedaliera pediatrica e neonatale. Non tutti i pazienti di età inferiore a 18 anni sono infatti classificati in gruppi diagnostici specifici per ta-le età: di conseguenza una rilevante parte di essi risulta ordinata nelle stes-se categorie che classificano anche, e prevalentemente, pazienti adulti.

Inoltre i DRG che identificano pazienti di età inferiore a 18 anni non

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opinioni L’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri in età pediatrica in Italia

sono differenziati in funzione della presenza o meno di patologie conco-mitanti, pertanto la casistica pediatrica non è definita in base ai differenti livelli di gravità. Queste insufficienze clas-sificatorie comportano non solo delle incongruenze nella descrizione della casistica trattata dagli ospedali e della relativa complessità, ma soprattutto il conseguente indebolimento del livello di equità del sistema di remunerazione.

Considerato poi che i DRG so-no utilizzati dal Servizio Sanitario Nazionale sia come base per il paga-mento delle prestazioni ospedaliere che per valutare l’appropriatezza dei ricoveri, è facile comprendere come la mancata adozione da parte delle Re-gioni dei DRG pediatrici – peraltro già individuati da uno specifico pro-getto del Ministero della Salute – sia in grado di condizionare in maniera sostanziale il giudizio di appropria-tezza della prestazioni ospedaliere a favore dei pazienti pediatrici.

In conclusione, l’appropriatezza dei ricoveri in età pediatrica resta un problema aperto la cui soluzione è strettamente correlata ad una azione incisiva sui decisori istituzionali affin-

Tabella 5. Primi 15 DRG (vers.24) per numerosità di dimissioni in regime ordinario,età 5–14 anni, 2011

DRG Dimissioni

Numero %

1 184 M Esofagite, gastroenterite e miscellanea di malattie dell'apparato digerente, età < 18 anni

16.577 7,4

2 060 C Tonsillectomia e/o adenoidectomia, età < 18 anni 15.045 6,7

3 026 M Convulsioni e cefalea, età < 18 anni 9.389 4,2

4 167 C Appendicectomia con diagnosi principale non complicata senza CC

8.830 3,9

5 298 M Disturbi della nutrizione e miscellanea di disturbi del metabolismo, età < 18 anni

8.587 3,8

6 091 M Polmonite semplice e pleurite, età < 18 anni 6.776 3,0

7 225 C Interventi sul piede 5.757 2,6

8 070 M otite media e infezioni alte vie respiratorie, età < 18 anni 5.670 2,5

9 190 M Altre diagnosi relative all'apparato digerente, età < 18 anni

5.268 2,4

10 422 M Malattie di origine virale e febbre di origine sconosciuta, età < 18 anni

5.187 2,3

11 340 C Interventi sul testicolo non per neoplasie maligne, età < 18 anni

4.780 2,1

12 220 C Interventi su arto inferiore e omero eccetto anca, piede e femore, età < 18 anni

4.348 1,9

13 098 M Bronchite e asma, età < 18 anni 3.608 1,6

14 224 C Interventi su spalla, gomito o avambraccio eccetto interventi maggiori su articolazioni senza CC

3.531 1,6

15 252 M Fratture, distorsioni, stiramenti e lussazioni di avambraccio, mano e piede, età < 18 anni

3.483 1,6

Totale primi 15 DRG 106.836 47,7

Totale generale 224.084 100,0

ché vengano riconosciute tutte le pe-culiarità e le problematiche specifiche del ricovero pediatrico, e ad una nuova riorganizzazione dell’assistenza pedia-

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trica. In tal senso soltanto l’intercon-nessione reale ed operativa del sistema ospedale-territorio può rappresentare una sicura garanzia di successo .

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Cristina MartucciStudentessaFacoltà di Medicina, Tor Vergata, Roma

C’ era una volta un cami ce. Bianco. Di cotone spesso e stropicciato. Con

le tasche cariche di foglietti, post-it colorati, manuali, prontuari. Agen-de piene di appunti, note e sigle. Da imparare, ricordare, conservare per sempre nel proprio bagaglio di conoscenze. C’erano una volta scaf-fali ricolmi di manuali impolverati, pesanti, con la costa consumata dal tempo e dall’usura. Scritti dai mo-stri sacri della Medicina “moderna” e sottolineati da intere generazioni di aspiranti dottori. C’erano una volta telefonate infinite, lettere in carta intestata, fax in doppia copia; il tutto per consultare quel vecchio collega dell’università che ha fatto fortuna al di là dell’Oceano e che sa proprio tutto su quell’argomento per noi un po’ ostico.

E poi sono arrivate loro, le nuove tecnologie, a travolgere e sconvolgere tutti i campi della conoscenza. Dal lontano 4 agosto 1991, data di crea-zione della primissima versione del Word Wide Web, moltissimi passi sono stati compiuti e la diffusione della Rete è ormai capillare: già nel 2011 circa il 30% della popolazione mondiale aveva accesso ad Internet e si stima che attualmente esistano oltre 600 miliardi di domini online. Poteva la scienza medica rimanere in disparte in questa rivoluzione? Ovviamente no: negli ultimi anni si parla, infatti, di Salute 2.0, a sotto-lineare come la conoscenza e l’inte-razione medico-paziente siano state radicalmente trasformate dall’avven-to di Internet e dei dispositivi mobili di ultima generazione. Alcune novità

sono sotto l’occhio di tutti: iFarmaci, GoogleDocs, PubMed sono ormai parte integrante della vita e della pratica di (quasi) ogni clinico o a-spirante tale. Ma ci vuole ben altro per potersi considerare medici del nuovo millennio.

Per colmare queste lacune in campo tecnologico e spalancare le porte al futuro è arrivato un gio-vane genetista ungherese, Bertalan Meskó (meglio conosciuto sul web come “Berci”), che ha creato il pri-mo corso sull’uso dei social media in campo medico. “The Course” (http://thecourse.webicina.com) nasce nel 2008 all’università di Debrecen, con lo scopo di insegnare alle nuove ge-nerazioni come sfruttare al meglio Internet per arricchire le proprie conoscenze e stabilire un rapporto efficace e produttivo con i pazienti. Nel novembre 2011, a seguito di nu-merose richieste di medici e studenti di poter partecipare ai suoi seminari, Bertalan decide di lanciare il corso in Rete, mettendo a disposizione di chiunque sedici presentazioni in Prezi (e se non sapete cosa sia “Prezi” avete decisamente bisogno di questo corso!). Tramite queste lezioni animate, ricche di filmati e news, si entra nella Nuova Era del-la formazione medica e si approc-ciano tantissime tematiche volte a

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appuntamenti I social media per i medici

rendere più semplice (e, perché no, più divertente) la vita di un medico. Partendo da motori di ricerca (per-ché esiste molto più che PubMed e Cochrane) ed enciclopedie online (sapevate che esistono “wiki” specifi-che per ogni ramo della Medicina?), si passa all’uso degli RSS per essere sempre aggiornati sulle innovazioni nel nostro campo di studio. Attra-verso app come Google Reader o siti come Webicina (anch’esso gestito da Meskó), si possono infatti riunire in un’unica pagina tutte le nuove pub-blicazioni sugli argomenti di inte-resse, risparmiando così un’enorme quantità di tempo.

ra di un articolo scientifico (per il quale si possono addirittura trova-re collaboratori su FriendFeed) alla video-chat con i colleghi stranieri, fino alla creazione di vere e proprie medical communities, accessibili so-lo ai professionisti del settore, nel-le quali poter scambiare opinioni o trovare risposte a quesiti di natura scientifica. Attraverso questo corso, si cerca, inoltre, di dimostrare come alcuni strumenti del web, solitamen-te considerati esclusivamente come fonte di svago, possano essere utili per un medico. Facebook e Twitter, ad esempio, possono essere usati per creare una propria rete di conoscenze virtuali o per captare informazioni rilevanti e sempre nuove. Perfino Se-cond Life, con i suoi 88.000 utenti online, è stato “colonizzato” dalla comunità scientifica ed è diventato sede di conferenze virtuali (ad esem-pio dell’Ann Myers Medical Centre) e di workshop interattivi.

Molti mezzi, sempre più rapidi e “user friendly”, sono, quindi, a di-sposizione del medico del futuro per imparare, migliorare e crescere come professionista. È pertanto necessario familiarizzare con le nuove tecnolo-gie e divenirne fruitori consci e scal-tri. Come sostiene Bertalan, “I social media stanno cambiando la Medici-na”: e noi non possiamo certamente restare a guardare .

Anche i blog stanno diventando ormai un’importante fonte di diffu-sione di idee e novità, perfino in cam-po scientifico. Insegnare, creare nuovi contatti, cercare opportunità lavora-tive o semplicemente condividere le proprie esperienze: molti sono i mo-tivi che spingono medici e studenti a redigere un proprio “diario online” e la loro influenza sta aumentando di giorno in giorno. Sarebbe quindi un errore sottovalutare il potere di questa forma di comunicazione, così rapida e facilmente fruibile, e “The Course” ci fornisce alcuni validi e-sempi, come SixUntilMe.com e Ke-vinMD.com.

Internet non rappresenta, pe-rò, solo un’illimitata fonte di infor-mazioni, ma anche e soprattutto un mezzo di interazione tramite il quale entrare in contatto con altri web-user. In campo medico, questa possibilità di connessione diviene utile –  se non fondamentale  – in numerose occasioni: dalla stesu-

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L a formazione è un mezzo imprescindibile per elevare la qualità di ogni pediatra e migliorare l’assistenza al bambino malato. L’efficacia di un evento formativo dipende da diversi fattori, quali l’autorevolezza dei relatori, l’affinità

degli argomenti trattati con il lavoro dei corsisti, la qualità dei modelli didattici utiliz-zati, l’attenzione dell’organizzazione a ogni strategia utile a favorire la frequenza dei partecipanti, e così via. Avendo ben in mente questi obiettivi, gli organizzatori del corso residenziale “Le sfide della Pediatria”, in programma a Sorrento dal 28 al 31 maggio 2014, hanno previsto un evento formativo con diversi punti di forza:

· sono in programma argomenti di ampio interesse nel mondo della Pediatria, dall’Allergologia alla Reumatologia, dalla Neuropsichiatria infantile alla nu-trizione, dalla Gastroenterologia alla Broncopneumologia, fino alle molteplici problematiche del bambino cronico;

· ai relatori, scelti tutti per lo spessore scientifico e per l’elevata capacità comu-nicativa, è stato chiesto di trasmettere con taglio eminentemente pratico e in modo semplice e chiaro la propria esperienza sul campo, per consentire a ogni partecipante di portare a casa nuove conoscenze da offrire ai propri pazienti;

· il corso presenta un giusto mix di classiche relazioni plenarie su base frontale e 10 minicorsi della durata di 3 ore nei quali, a piccoli gruppi, i partecipanti possono interagire con i migliori esperti del campo;

· last but not least, il corso si terrà a Sorrento, nello splendido scenario della Co-stiera sorrentina, di fronte all’isola di Capri.

Ecco il programma avanzato del corso .SESSIONI PLENARIE

mercoledì 28 maggioNutrizione – Allergologia 16:30 IPLV: quale alimentazione? Alessandro Giovanni Fiocchi16:50 Il ruolo della desensibilizzazione nelle allergie alimentari. Iride Dello Iacono 17:10 Orticaria ricorrenteMichele M. Del Giudice18:00 Lettura: Nuove frontiere dell’Immunologia: dall’omica alla immunologia dei sistemi.Alberto G. Ugazio Broncopneumologia18:30 Novità terapeutiche nel trattamento dell’asma. Luciana Indinnimeo 18:50 Polmoniti acquisite in comunità. Renato Cutrera19:10 Asma e Immuno-Terapia specifica: come e quando è utile. Marzia Duse

giovedì 29 maggioReumatologia – Infettivologia 16:30 Le artriti – Dal sintomo alla diagnosi: quale percorso? Maria Alessio17:00 Antibioticoresistenza in Italia: come modulare le strategie terapeutiche? Alberto Villani18:00 Lettura Late-preterm infant. Costantino Romagnoli

Gastroenterologia ed Epatologia18:30 I primi segnali di una futura malattia epatica. Valerio Nobili19:00 Sintomi gastrointestinali: quando escludere una malattia? Annamaria Staiano venerdì 30 maggioNeuropsichiatria infantile 16:30 Disgrafia, dislessia e discalculia. Stefano Vicari17:00 Sindrome da deficit di iperattività e attenzione. Angelo Massagli18:00 lettura Obesità fra genetica e ambiente. Giovanni Corsello Endocrinologia18:30 Gli ipogonadismi. Salvatore Di Maio18:50 Bassa statura e deficit di GH. Carolina Salerno19:10 Terapia con GH nella bassa statura senza deficit. Laura Perrone

SESSIONI PARALLELEgiovedì / venerdì / sabatoore 8:00 – 11:00corsi a numero chiuso

· Disturbi respiratori del sonno. A cura di Anna Maria Zicari, Maria Giovanna Paglietti, Attilio Varricchio, Martino Pavone

· Come assistere il bambino con patologia cronica in ospedale. A cura di Andrea Bartuli, Paola Papoff, Elisabetta Bignamini

· Gastroenterologia: approccio al bambino con sintomi gastrointestinali ricorrenti. A cura di Erasmo Miele, Mariano Caldore, Carlo Tolone

· Broncopneumologia: prove di funzionalità respiratoria. A cura di Attilio Turchetta, GiancarloTancredi, Enrico Lombardi

· Diabetologia: gestione del paziente diabetico in emergenza e al proprio domicilio. A cura di Adriana Franzese, Dario Iafusco, Francesco Prisco

· Dermatologia: la dermatite atopica a 360°. A cura di Giuseppe Ruggiero, Nunzia Maiello, Mauro Paradisi

· Cure palliative e terapia del dolore: cosa il pediatra deve conoscere. A cura di Franca Benini, Maria Beatrice Chiarini, Luca Manfredini

· Allergologia: la diagnostica allergologica. A cura di Luigi Morcaldi, Catello Romano, Gianni Cavagni

· Radiologia e diagnostica per immagini in pediatria: quali novità. A cura di Paolo Tomà, Laura Menchini, Aurelio Secinaro, Marco Cirillo

Per il programma completo: http://www.pediatria.it/congressi/ locandine/sfide_della_pediatria.pdf

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A rrivare a zero casi di meningite. È questo l’obiettivo del Comitato nazionale contro

la meningite, il primo gruppo in Italia impegnato nel rappresentare i bisogni e i diritti delle persone colpite da questa terribile malattia, formato da un gruppo di persone che condivide l’aver vissuto un grande dolore: l’improvviso incontro con una malattia terribile come la meningite. Il Comitato, nato nel 2011 nella cornice della Sala Capitolare del Senato della Re-pubblica, oggi rappresenta un’unica voce autorevole che può arrivare in maniera forte, efficace e riconoscibile alle Istitu-zioni, alla Comunità scientifica e ai media. È membro del CoMO – Confederation of Meningitis Organizations, la più im-portante confederazione mondiale ed è formato da singoli cittadini e Associazioni che hanno deciso di unirsi per diventare un punto di riferimento su una malattia, la meningite, che colpisce ogni anno più di 1000 persone in Italia.

Il Comitato è fortemente impegnato a informare l’opinione pubblica sull’impor-tanza della prevenzione e dialogare con le Istituzioni affinché non si abbassi la guar-dia nei confronti della meningite. Spiega Amelia Vitiello, Presidente del Comitato:

“È indispensabile che le istituzioni attuino le corrette politiche di prevenzione rac-comandate nel Piano Nazionale Vaccini. Oggi come non mai, infatti, la meningite è prevenibile, anche grazie all’arrivo del nuovo vaccino contro il ceppo B!”. Tra le iniziative del Comitato un ruolo fonda-mentale lo gioca l’informazione. La co-munità scientifica e le Istituzioni, infatti, hanno riconosciuto l’importanza di pro-muovere Campagne di sensibilizzazione, per far conoscere i rischi legati alla menin-gite, le modalità per prevenirla e mettere le famiglie nella condizione di poter scegliere in maniera libera e consapevole di accede-re agli strumenti preventivi.

Per questa ragione, in collaborazione con SITI (Società Italiana di Igiene) e SIP (Società Italiana di Pediatria), il Comita-to è promotore della campagna d’infor-mazione “Contro la meningite P.U.O.I. fare la differenza”, un nuovo progetto che prevede la distribuzione di materiali in-formativi (leaflet, video e poster) realizzati sotto la supervisione Scientifica di SITI e SIP. Il progetto ha ricevuto l’attenzione del Ministero della Salute, patrocinato-re della Campagna. Per le mamme che compongono il Comitato “questo progetto intende colmare un inspiegabile vuoto ri-spetto ad una patologia tanto grave quanto sottovalutata come la meningite. Tutti noi abbiamo deciso di impegnarci personal-mente per far sì che quanto ci è accaduto non capiti più a nessuno in futuro. Si può essere portati a pensare che circa 1.000 casi all’anno di meningite siano pochi, ma basta voltarsi indietro di 10 anni per comprendere come questo dato significhi che sono diverse migliaia le persone, e con loro le loro famiglie, che hanno affrontato questa malattia. Alcune portano ancora addosso i gravi segni che la malattia lascia, altre purtroppo non sono sopravvissute. Questo, oggi, non è più ammissibile” .

Caso clinico Titolo articolo anche lungo

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Screening oftalmologico pediatricoTanto più tardive sono la diagnosi e la cura tanto maggiore è il rischio di danni visivi permanenti.

Salvatore Sottosanti1, Dante Ferrara2

1Oculista, Casa di Cura La Maddalena Palermo ([email protected] / www.sottosanti.it)2Pediatra di famiglia, ASP N.6 Palermo, Docente di Cure Primarie – Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Palermo

A lla nostra osservazione si presenta una bambina di 10 anni per occasionale riscontro di deficit visivo in occhio destro. APR: ricovero

ospedaliero all’età di 5 anni con riscontro di malattia di Kawasaki; durante la degenza venivano eseguiti i PEV (Potenziali Evocati Visivi) con evidenza di ridotta am-piezza del tracciato relativamente ad occhio destro. Nel corso degli anni la bimba non è stata sottoposta ad al-cuna visita oculistica.

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2Come si fa Screening oftalmologico pediatrico

Esame oculistico:

· OD Visus naturale 1/10 non migliorabile;

· OS Visus naturale 10/10 non migliorabile;

· Esame ortottico, Mezzi diottrici e Fundus Oculi nei limiti in entrambi

gli occhi;

· Esame della refrazione in cicloplegia: OD sf + 4,50 = cil + 1,50 asse

90° (astigmatismo ipermetropico composto), OS Emmetropia.

Diagnosi:

All’occhio destro è presente ambliopia anisometropica; in pratica a

causa della differente refrazione tra i 2 occhi (da qui il termine di

anisometropia) non si è adeguatamente sviluppata la funzione visiva

dell’occhio destro. Prescritta la correzione, la bimba veniva sottopo-

sta per diversi mesi ad occlusione totale di occhio sinistro (l’occhio

buono) con miglioramento del visus di occhio destro, che comunque

non superava i 4/10 con la correzione. Questo caso evidenzia che se

l’anisometropia fosse stata diagnosticata entro i primi 3-4 anni di età,

il trattamento occlusivo avrebbe molto probabilmente permesso il

recupero completo della visione nell’occhio ambliope. La terapia per

la correzione dell’ambliopia è tanto più efficace quanto più preco-

cemente inizia; una volta raggiunti i 7–8 anni di età il sistema visivo

è quasi completamente sviluppato, con minimi margini di risposta

al trattamento occlusivo.

lo sviluppo del sistema visivo

Alla nascita il sistema visivo è piuttosto li- mitato; neonati a termine sono in grado di risponde-

re a cambiamenti della luce ambientale e possono fissare un oggetto colorato; la capacità di seguire un oggetto in movimento si raggiunge non prima dei 2–4 mesi di vita. Attraverso studi condotti tramite i PEV (Potenziali Evo-cati Visivi) si presume che l’acuità visiva di un neonato sia circa 1/20. I primi sei mesi di vita sono caratterizzati da un rapido sviluppo anatomico dell’occhio e delle vie visive: intorno ai 2 mesi si ha la completa mielinizzazione del nervo ottico; tra i 3–4 mesi si sviluppa la fovea (la porzione centrale della retina ricca di fotorecettori); intorno al sesto mese la pigmentazione iridea (da cui dipende il colore degli occhi) è completa per il 90%. Contestualmente a questa rapida maturazione anatomica si hanno progressi nella per-cezione dei colori, sensibilità al contrasto, e miglioramento dell’acuità visiva che raggiunge circa 5/10 ai 6 mesi di età.

Quest’ultima tende progressivamente a migliorare fino ad ottenere 10/10 tra 1 e 3 anni. Sebbene l’acuità visiva si svilup-pi completamente in breve periodo, il sistema visivo ha una certa plasticità ed è in grado di rispondere ai cambiamenti degli stimoli visivi sino a 10–12 anni di età, rendendo così il bambino suscettibile a condizioni che possono interferire con la visione.1 L’ambliopia (la principale causa di visio-ne monoculare) e lo strabismo rappresentano le patologie oculari più frequenti in età pediatrica con conseguente perdita della visione binoculare e anche cecità funzionale se non diagnosticate precocemente. Cataratta e glaucoma congeniti sono condizioni relativamente rare, che se non trattate possono determinare alterazioni visive significative. Tanto più tardive sono la diagnosi e la cura tanto maggiore è il rischio di danni visivi permanenti.

Da questa premessa appare abbastanza chiaro co-me sia fondamentale eseguire test di screening già sin dai primi mesi di vita, al fine di evidenziare eventuali alterazio-ni del sistema visivo potenzialmente curabili, ma altrettanto causa di danni visivi permanenti in caso di diagnosi tradiva. Quindi appare fondamentale il ruolo del pediatra cui negli ultimi anni è stato anche affidato il compito di eseguire alcuni test al fine di individuare quanto più precocemente possibile quei bimbi a rischio o con sospetto di patologie oculari per poi inviarli allo specialista.

Alla prima visita pediatrica particolarmente utile è l’anamnesi pre, peri e postnatale.

Infezioni contratte dalla mamma durante la gravidan-za possono essere causa di gravi alterazioni e/o malforma-zioni oculari; senza inoltrarci nei dettagli, riteniamo utile ricordare alcune gravi conseguenze bulbari in seguito ad infezione da agenti TORCH:

· Toxoplasma gondii: corioretinite (con frequente coinvolgimento della macula), atrofia ottica, cata-ratta congenita, microftalmo;

· Virus rosolia: cataratta, glaucoma, retinopatia, mi-croftalmo;

· CMV: cataratta, opacità corneali, corio retinite;

· Herpes Simplex Virus: cheratocongiuntivite, cata-ratta, uveite, microftalmo.

Tra i test che vanno effettuati dal pediatra entro i primi sei mesi di vita particolarmente importante è l ’analisi del riflesso rosso pupillare, noto anche come red reflex (Test di Bruckner).

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Come si fa Screening oftalmologico pediatrico

La retinopatia del prematuro, nota anche con la sigla ROP, rappresenta, secondo quanto evidenziato da alcuni studi epidemiologici, la principale causa di cecità in-fantile in Europa e Nord America. Indagini multicentriche hanno dimostrato che il 65% dei bimbi con peso alla nascita inferiore a 1250 gr risulta affetto da ROP (percentuale che sale a oltre 80% in quelli con peso alla nascita inferiore a 1000 g). Quindi i neonati con peso alla nascita inferiore a 1500 gr o con età gestazionale inferiore alle 31 settimane sono ad alto rischio di ROP e pertanto durante il ricovero nelle UTIN, dopo la nascita, debbono essere sottoposti a diversi controlli oftalmologici. È importante che il pedia-tra di famiglia sia a conoscenza dei possibili esiti futuri, infatti i bambini con pregressa diagnosi di ROP vanno strettamente seguiti anche durante il loro sviluppo, poiché particolarmente a rischio per l’insorgenza nel corso degli anni di lesioni retiniche, miopia, strabismo.2

Test da effettuare entro i primi 6 mesi di vita

Tra i test che vanno effettuati dal pediatra entro i primi sei mesi di vita particolarmente im-

portante è l’analisi del riflesso rosso pupillare, noto anche come red reflex (Test di Bruckner). Con questo semplice esame è possibile diagnosticare precocemente patologie oculari che, se scoperte tardivamente, possono essere cau-sa di gravi danni visivi permanenti: cataratta congenita, glaucoma congenito, retinoblastoma (in questo caso una diagnosi tardiva può avere gravi conseguenze non solo relativamente alla vista), anomalie retiniche e difetti di refrazione particolarmente elevati. Per effettuare questo test è necessario utilizzare un oftalmoscopio o in alternativa un buon otoscopio, escludendo durante l’osservazione la lente di ingrandimento; l’esaminatore si pone a circa 50 cm dal bimbo con l’oftalmoscopio davanti un occhio in una stanza poco illuminata; la luce dello strumento viene prima pro-iettata su un occhio del bimbo e successivamente nell’altro.

In condizioni normali la luce proveniente dall’oftal-moscopio attraversa le parti trasparenti dell’occhio (film lacrimale, cornea, cristallino e umore acqueo); una volta raggiunto il fundus oculi (la retina), viene riflessa attra-verso i mezzi trasparenti e l’apertura dell’oftalmoscopio per poi raggiungere l’occhio dell’esaminatore. È un test relativamente semplice che non richiede una particolare collaborazione da parte dei piccoli pazienti. Talvolta le dimensioni della pupilla non sono tali da poter valutare bene il riflesso rosso, evento non raro nei bimbi molto

piccoli; è quindi consigliabile applicare circa 20 minuti prima un collirio midriatico (ciclopentolato, ad esempio Ciclolux coll® o tropicamide, ad esempio Visumidriatic 0,5 o 1% coll®). Tali farmaci possono in alcuni casi avere effetti collaterali (aumento della pressione arteriosa e/o della frequenza cardiaca, aritmia, dermatite, orticaria); si tratta ad ogni modo di condizioni molto rare per cui è possibile utilizzare questi farmaci con relativa sicurezza, magari spiegando prima ai genitori l’importanza del test e il basso rischio di effetti collaterali.

In condizioni normali l’esaminatore vedrà una luce rossa in corrispondenza della pupilla, eguale per dimen-sioni e intensità in entrambi gli occhi (Fig. 1).

Un’anomalia del riflesso pupillare è la conseguenza di alterazioni della cornea (per esempio nel glaucoma con-genito si ha edema della cornea), del cristallino (cataratta congenita), della retina (retinoblastoma), della posizione dei bulbi oculari (strabismo). Il riscontro di macchie scure, un riflesso marcatamente ridotto o la sua totale assenza rappresentano condizioni per cui è necessario inviare con relativa urgenza il bimbo presso un oftalmologo pediatra. Talvolta possono essere presenti delle opacità transito-rie nel contesto del riflesso rosso legate alla presenza di

Figura 1. Test di Bruckner.

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muco sul film lacrimale; in questi casi un semplice am-miccamento delle palpebre farà scomparire tale effetto.3 Sensibilità del test 91%, specificità 72,5%.

Altro test da effettuare entro il sesto mese di vita è il test di Hirschberg; questo semplice esame per-mette di valutare o sospettare l’eventuale presenza di stra-bismo. Non vanno utilizzate gocce di midriatico. L’esami-natore si pone davanti e leggermente in basso rispetto al bambino che siede in braccio ad un parente e proietta su entrambi gli occhi del paziente una sorgente luminosa: quella dell’oftalmoscopio o meglio ancora di un lume alle spalle del medico. Il riflesso della luce viene proiettato sulla pupilla di entrambi gli occhi.

Da questo test possiamo ottenere le seguenti risposte:

· in caso di occhi dritti i riflessi saranno speculari rispetto al limbus;

· in caso di strabismo convergen-te (esotropia) il riflesso dell’oc-chio deviato appare spostato temporalmente (Fig. 2-A);

· in caso di strabismo divergente (exotropia) il riflesso sarà nasale rispetto alla pupilla (Fig. 2-B);

· riflesso in basso in caso di stra-bismo con occhio deviato verso l’alto (ipertropia) (Fig. 2-C);

· riflesso in alto in caso di strabi-smo con occhio deviato verso il basso (ipotropia) (Fig. 2-D).

In alcuni casi, non rari, si può avere presenza di strabismo con alterazione del riflesso rosso (ad esempio bimbo con cataratta con-genita); l’associazione di entrambe le alterazioni rappresenta una con-dizione di deprivazione visiva del bimbo particolarmente grave ed esistente da diverso tempo.

Entro i primi 6 mesi di vita va prestata anche particolare attenzione all’analisi dei movimenti oculari. Ogni occhio si sposta nelle varie posizioni oculari grazie all’azione dei 6 muscoli extraoculari:

· retto mediale: innervato dal III nc; contraendosi determina uno spostamento dell’occhio verso il naso;

· retto laterale: innervato dal VI nc; determina uno spostamento dell’occhio verso l’esterno;

· retto superiore: innervato dal III nc: determina un movimento prevalentemente verso l’alto;

· retto inferiore: innervato dal III nc; determina un movimento prevalentemente verso il basso;

· obliquo superiore (o Grande Obliquo): innervato dal IV nc; inciclorotazione;

· obliquo inferiore (o Piccolo Obliquo): innervato dal III nc; exciclorotazione (Tab. 1).

Normalmente i due occhi si muovono nelle varie dire-zioni di sguardo in maniera sincrona; entrambi verso destra o sinistra; ver-so l’alto o verso il basso. Ciò avviene grazie ad un movimento coniugato di due muscoli cosiddetti sinergisti: per esempio se gli occhi si muovono ver-so destra ci sarà contemporaneamen-te l’azione del retto laterale di occhio destro e del retto mediale di occhio sinistro. Quindi i muscoli extraoculari vengono classificati anche in base alla loro azione sinergica (Tab. 2).

Nei primi mesi di vita particolare attenzione va prestata ai movimenti orizzontali: deficit nei movimenti verso l’esterno si hanno in caso di esotropia congenita, sindrome di Duane o in caso di paresi del VI nc.

Test da effettuare tra 12 e 24 mesi

Dopo il primo anno d’età vanno ripetuti i test preceden-

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Esotropia

Exotropia

Hypertropia

Hypotropia

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B.

C.

D.

Figura 2. Test di Hirschberg sullo strabismo.

Altro test da effettuare entro il sesto mese di vita è il test di Hirschberg; questo semplice esame permette di valutare o sospettare l ’eventuale presenza di strabismo.

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temente menzionati. A questi va aggiunto il test di Lang; questo test valuta la presenza o meno della visione bino-culare, ovvero la visione con entrambi gli occhi. La visione binoculare è assente in caso di ambliopia (occhio pigro) in cui il bimbo vede prevalentemente con un occhio, o di strabismo congenito in cui il bimbo utilizza per la visione un occhio per volta senza che si instauri necessariamente un’ambliopia. Il test di Lang è abbastanza semplice e contrariamente agli altri esami specifici per la valuta-zione della visione binoculare non prevede l’uso di alcun occhiale. Esistono 2 test di Lang: quello più diffuso è lo stereotest 2. In una cartolina rigida sono rappresentati una stella, una luna, un’automobile e un elefante.

Per eseguire il test, la cartolina rigida viene presentata al bimbo in un ambiente ben illuminato alla distanza di circa 30–40 cm; il bimbo dovrà dire quali disegni vede; se non riesce ad esprimersi, gli si potrà chiedergli se vede qualcosa e di cercare di afferrarlo con le dita. La stella, non presente nello stereotest 1, è visibile anche dai soggetti senza visio-ne binoculare: questo aumenta la specificità dell’esame, in quanto il bimbo che non mostra di vederla è inattendibile per scarsa collaborazione; se vede solo la stella è altamente indicativa di patologia. Ad ogni modo una risposta negativa nei primi 2 anni può essere legata a scarsa collaborazione; quindi è opportuno ripeterlo entro il 30o mese di vita.

Sensibilità del test variabile dal 64% al 90%, specificità 90% nei bambini di età > a 3 anni.5

Tabella 1. Le azioni di singoli muscoli oculomotori estrinseci

Muscolo Movimento oculare (a partire dalla posizione primaria) Funzione

Primario Secondario Terziario

Retto mediale Adduzione –– ––

Retto laterale Abduzione –– ––

Retto superiore Innalzamento Inciclorotazione Adduzione

Retto inferiore Abbassamento Exciclorotazione Adduzione

obliquo superiore Inciclorotazione Abbassamento Abduzione

obliquo inferiore Exciclorotazione Innalzamento Abduzione

Tabella 2. Classificazione dei muscoli in base alla loro azione sinergica

Coppia muscoli con azione sinergica Funzione

Retto laterale occhio dx Retto mediale occhio sn Sguardo a destra

Retto laterale occhio sn Retto mediale occhio dx Sguardo a sinistra

Retto superiore occhio dx obliquo inferiore occhio sn Sguardo in alto a destra

Retto superiore occhio sn obliquo inferiore occhio dx Sguardo in alto a sinistra

Retto inferiore occhio dx obliquo superiore occhio sn Sguardo in basso a destra

Retto inferiore occhio sn obliquo superiore occhio dx Sguardo in basso a sinistra

Test dopo i 2 anni di età

Tra i 2 e 4 anni di età (in genere dopo i 3 anni) è possibile anche valutare l’acuità visiva. È necessa-

rio avere un ottotipo; tra quelli più utilizzati in Italia quando il bimbo non sa ancora leggere vi sono:

· ottotipo di Pesando: sono rappresentati ogget-ti noti ai bimbi (gatto, fiore, barca, pesce, casa, bambino, sole). Permette di misurare l’acuità visiva già dai 2 anni di età. Il grosso limite è che

Figura 3. Test di Lang.

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non possibile avere una pre-cisa valutazione dell’acuità visiva legata alle caratteristi-che dimensionali dei disegni rappresentati; ad ogni modo è estremamente utile nei bimbi più piccoli per valuta-re se l’acuità visiva è eguale o diversa tra i 2 occhi.

· ottotipo con le E di Albini: la maggior parte dei bimbi collabora sin dai tre anni di età ed è molto utile per una corretta valutazione dell’acu-ità visiva.

In conclusione, dopo questa no-stra breve analisi, riprendendo quanto descritto in letteratura6 relati-vamente alle linee guida per il pediatra di famiglia nello screening oculistico, possiamo affermare che un bambino va immediatamente inviato presso una specialista oculista, in caso di una delle seguenti condizioni:

· riflesso rosso anomalo;

· riflessi pupillari anomali o pre-senza di deficit delle afferenze pupillari;

· buftalmo;

· nistagmo;

· anamnesi pre, peri e post-na-tale grave o familiare positiva per patologia oculare grave;· anomalie all’ispezione dell’ap-parato oculare e della facies;

· riflessi corneali asimmetrici;

· anomalie della motilità oculare;

· dubbia o assente risposta allo stereo test;

· acuità visiva inferiore a 6/10 a 3-4 anni o a 9/10 a 6 anni e oltre; oppure quando c’è una differenza di più di 1/10 tra i 2 occhi;

· sintomi e/o segni riferibili a patologia oculare (cefalea,

Appare fondamentale il ruolo del pediatra, che deve individuare quanto più precocemente possibile i bimbi a rischio o con sospetto di patologie oculari per poi inviarli allo specialista.

Bibliografia

1. Robbins Sl et al. Vision testing in the pediatric population; Ophthalmol Clin N Am 2003;16:253-267.

2. lorenz B, Moore AT. Essentials in Ophthalmology: Pediatric ophthalmology, Neuro-Ophthalmology, Genetics. Springer: Berlino, 2006

3. American Academy of Pediatrics: Red Reflex Examination in Neonates, Infants, and Children. Pediatrics 2008;122(6):1401-1404.

4. Duane’s Ophthalmology. Lippincott Williams & Wilkins: Philadelphia, 2011.

5. Frosini R.: Diagnosi e terapia dello strabismo e della anomalie oculomotorie. SEE: Firenze, 1998.

6. Nucci, Picca, Marinello. Screening oculistico. Linee guida per il pediatra di famiglia. http://www.paolonucci.it/pediatra.html

7. Monografie della Società Oftalmologica Italiana: Neuroftalmologia. INC: Roma, 1999.

8. Quaderni di Oftalmologia: Strabismo - Approccio pratico. Edizioni SOI: Roma, 2008.

9. AA vari Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare. Edizioni SOI Roma 2012

10. Nucci P. Lo strabismo: clinica e terapia. Fabiano Gruppo Editoriale: Asti, 2003.

11. Bartolozzi G. Neurofibromatosi tipo I. Medico e Bambino pagine elettroniche 2009; 12(2).

Figura 4. Ottotipo con le ‘E’ di Albini.

bruciore oculare, fotofobia etc.);

· sospetto di deficit visivo da parte del genitore.In caso di test dubbio meglio propendere per la ri-

sposta patologica .

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Margherita Caroli1 Vincenza Gianfreda2 1UO Igiene della Nutrizione, Dipartimento di PrevenzioneASL Brindisi (margheritacaroli53 @mail.com)2Clinica Pediatrica Università degli Studi di Foggia

I l principale compito del pediatra è quello di valutare il livello di salute del bambino e

se questo non è ottimale porre in atto tutte le azioni mediche e sociali per migliorarlo. In genere una crescita in altezza e peso “normale” è considera-ta un indice semplice ed attendibile di un buon livello di salute fisica del bambino. Per valutare se un bambino mostra una crescita staturale e pon-derale adeguata, è essenziale avere a disposizione strumenti di riferimen-to precisi, affidabili ed internazional-mente riconosciuti validi, sia perché la salute, ed in particolare quella dei bambini, ha valore globale, sia per-ché in un mondo globalizzato non si possono concepire come normali e adeguati modelli di crescita che siano diversi da Paese a Paese. Una mi-surazione staturo-ponderale isolata nel tempo, se non ampiamente fuo-ri dai limiti, non può dare una idea chiara della salute del bambino; so-no invece necessarie più misurazio-ni ripetute nel tempo, possibilmente dallo stesso operatore o comunque da persone esperte ed in condizioni standardizzate, per determinare con più precisione lo stato di salute e di crescita del bambino. La crescita è un processo dinamico e quindi per valutare se la crescita di un bambino è “normale” in genere peso ed altezza vengono confrontati con quelli del-le cosiddette “curve di crescita”. Ma cosa sono le curve di crescita e come scegliere quelle più adeguate?

Nei due software utilizzati dai pe-diatri sono riportate in uno le curve di Tanner1, NCHS2, OMS3, SIEDP4, CDC5, (prive però dei riferimenti bi-bliografici che pur sarebbero utili ai

pediatri che volessero approfondire i concetti) e nell’altro da 0 a 6 anni le curve dei CDC 20005, alcune per bambini di altri continenti ed infine gli standard dell’OMS6; dai 6 anni in poi sono riportate le curve delle SIEDP7. Sono anche disponibili le curve di crescita per alcune patologie: Sindrome di Down8, acondroplasia9, Sindorme di Turner10 e Sindorme di Prader-Willi.11 Tutte sono accom-pagnate dal riferimento bibliografi-co. Queste curve, utili per avere una indicazione generale sulla crescita di soggetti affetti da patologie parti-colari, non sono però perfettamente attendibili, sia perché a volte i dati sono raccolti in maniera non corret-ta, sia perché – come affermato da-gli stessi autori – le curve di crescita per specifiche malattie differiscono notevolmente fra diversi Paesi, ap-parentemente in modo parallelo alle differenze generali di altezza fra le diverse popolazioni.8 Pertanto non è accertato né dimostrato che curve di crescita ottenute in un Paese siano applicabili ed utilizzabili anche per bambini affetti dalla stessa patolo-gia di altri Paesi. È quindi necessario capire se esistono differenze fra tutte le curve, e principalmente fra quelle per bambini non affetti da patologie, e quali utilizzare.

Teoricamente le curve di cresci-ta di riferimento dovrebbero ripor-tare la crescita ideale di un bambino messo in condizione di crescere in

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maniera ottimale, dove i diversi per-centili esprimono solo le differenze del potenziale genetico di crescita. In pratica, invece, sino al 2006 le curve sono state costruite solo sulla sem-plice osservazione della modalità di crescita di gruppi di bambini, in ap-parente buona salute, in un determi-nato momento ed in un determinato luogo, senza considerare l’influenza dell’ambiente sulla crescita dei bam-bini. Perché possano rappresentare lo stato nutrizionale dei bambini di un Paese le curve devono avere un numero rappresentativo di soggetti, i dati devono essere raccolti entro un breve periodo di tempo (in genere 2 anni per gli studi cross-sectional), ed infine essere sottoposte ad una a-nalisi statistica corretta ed adeguata. Sembra strano, ma non tutte le cur-ve rispettano questi principi basilari. Ad esempio le curve di Tanner sono basate sulla misura di dati antropo-metrici in maniera estremamente accurata, ma il numero di soggetti è veramente ridotto (80 soggetti per genere dalla nascita a 5 anni e mez-zo e 1000 soggetti per anno, sempre per genere, da 5 anni e mezzo a 15 e mezzo, tutti residenti a Londra) e quindi non rappresentativi dell’intera popolazione britannica. Inoltre i dati sono stati rilevati nel 1959 e quindi da bambini nati a partire da 1944, ancora in periodo di guerra e quindi allevati nei primi anni di vita in condizio-ni difficili, fattori che hanno potu-to influire sul modello di crescita.12 Le curve presenti nei software sono quelle pubblicate nel 1976 che però sono basate sui soli dati longitudinali dello stesso campione della pubbli-cazione precedente.1

Le curve NCHS sono il risulta-to di survey ripetute nel tempo ad

intervalli fissi su una popolazione di bambini caucasici risiedenti ne-gli USA.2 Anche in questo caso i principali problemi sono dovuti alle modalità di raccolta dati. Ad esempio i dati sui pesi alla nascita sono tratti da studi diversi effettuati su campioni diversi e in periodi diversi da quello di rilevazione delle età successive, nel primo anno di vita vi è un eccessivo intervallo fra le misurazioni (ogni tre mesi) in un’età in cui la crescita è particolarmente veloce e l’analisi statistica è risultata non adeguata.13 Infine i valori antropometrici vengo-no da bambini alimentati con formu-le la cui composizione non solo era ben differente dal latte materno, ma anche dalle attuali formule, con un contenuto proteico ben più alto di quanto permesso ora. Dal momento che si sa bene che i lattanti alimentati al seno crescono con modalità diverse da quelle dei lattanti alimentati con formula, si deduce chiaramente che queste curve non possono essere con-siderate come curve di crescita ideale. Le curve più recenti dei CDC sono ricostruite, con una diversa analisi statistica, sulla base di dati raccolti dalle survey negli USA nell’arco di tempo di circa 30 anni (dal 1963 al 1994)5 e gli stessi autori riconoscono che non possono essere utilizzate co-me modello ideale di crescita.14

Per ciò che riguarda l’Italia sono disponibili le curve della SIEDP in due versioni, con curve differenziate

fra Nord e Sud d’Italia a partire dai sei anni di vita7 e nella versione uni-ficata a partire dai 2 anni.4 Ambedue risentono fortemente della raccolta dati effettuata in un range di tem-po troppo lungo (dal 1990 al 2000 per quelle pubblicate nel 2002 e dal 1990 al 2004 per quelle pubblicate nel 2006) che non permette di avere una situazione chiara dello stato di salute dei bambini italiani poiché, nel lungo intervallo di tempo di rilevazione, si è verificata una variazione dello stato nutrizionale dei soggetti campiona-ti con un aumento della prevalenza di sovrappeso. Inoltre la Campania ha fornito un numero maggiore di soggetti, tratti da una ricerca effet-tuata in anni precedenti a quelli del campionamento ufficiale, per sosti-tuire alcune regioni del Sud che non hanno aderito allo studio. Non è chiaro, data la frequente migrazione sud-nord e viceversa delle famiglie, quali curve vanno usate in caso di bambini di genitori del Sud che pe-rò sono migrati al Nord e viceversa.

Ovviamente nessuna di queste curve citate, ma comunque nessuna curva nazionale basata sull’osserva-zione passiva della crescita di alcuni gruppi di bambini, può assumere il titolo di curva di crescita standard, dove standard significa modello ide-ale con cui confrontare la crescita dei singoli bambini o di gruppi di essi.15 Le curve che riguardano le patologie croniche come la Sindrome di Down, di Turner, di Prader-Willi e l’acon-droplasia sono alcune molto datate e provenienti da campioni ristretti e risiedenti in un solo Paese.

• • •Non è accertato né dimostrato che curve di crescita ottenute in un Paese siano applicabili ed utilizzabili anche per bambini affetti dalla stessa patologia di altri Paesi.

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Gli standard di crescita dal-la nascita fino a 5 anni, pubblicati dall’OMS nel 2006, sono stati creati invece sul principio di come i bambi-ni dovrebbero e potrebbero crescere se fossero eliminati i fattori negativi che possono alterare il loro modello naturale di crescita, mentre le curve di crescita pubblicate dall’OMS nel 2007 sono state costruite fondendo i dati degli standard con una rivi-sitazione dei dati della NCHS del 1976, eliminati i valori estremi, ed applicando come metodo statisti-co il Box-Cox Power Exponential (BCPE), lo stesso applicato per la costruzione degli standard.3 Il protocollo per la costruzione degli standard ha compreso un campione totale di circa 8500 bambini di etnie diverse, provenienti da famiglie agia-te degli Stati Uniti, del Brasile, della Norvegia, del Ghana, dell’Oman e dell’India. Questi bambini sono stati allattati esclusivamente al seno al-meno fino a 4 mesi, ma spesso anche oltre, hanno seguito uno svezzamen-to graduale, sono stati sottoposti alle vaccinazioni necessarie ed hanno a-vuto accesso alle cure pediatriche fa-cilmente.16 In questo approccio sono stati promossi i fattori ambientali in grado di influenzare positivamente la crescita, mentre sono stati eliminati o per lo meno ridotti quelli negativi, lasciando il potenziale genetico di crescita come principale fattore in grado di determinare diversi – ma sempre fisiologici – modelli di cre-scita, espressi dai diversi percentili delle curve. L’analisi dei risultati ha evidenziato un modello unico di crescita indipendente dal luogo di residenza poiché la differenza dell’altezza media fra i bambini dei diversi Paesi era solo del 3%.

L’analisi ha anche evidenziato la grande variabilità individuale di crescita nello stesso luogo poiché la differenza di altezza fra gli indivi-dui della stessa sede era del 70%.6 È chiaro quindi che la diversa crescita fra bambini in età prescolare di Paesi ricchi e di Paesi in via di sviluppo è dovuta alle diverse condizioni am-bientali e non a differenze genetiche, mentre differenze di potenziale gene-tico di crescita sono responsabili della variabilità dei percentili riportati.

I nuovi standard, rappresentando il modello ideale di crescita, permet-tono quindi di valutare correttamente la crescita e promuovere la salute dei bambini dalla nascita a cinque anni di vita e devono sostituire, in questa fascia di età, le curve nazionali. Ven-gono quindi anche eliminati i pro-blemi della valutazione di crescita di bambini stranieri derivati dall’uso delle curve nazionali, proprio perché il modello di crescita ideale è globale. Va ovviamente conservato il princi-pio di analizzare il modello di cre-scita del bambino in base al modello presentato dai genitori e di correg-gere l’altezza del bambino per quella media dei genitori: questo eviterà interventi inutili e forse anche dan-nosi, perlomeno sul piano finanziario e psicologico. Tutte le curve nazio-nali possono essere considerate di riferimento solo perché “riferiscono,

rispecchiano” lo stato nutrizionale e la crescita dei bambini in un determi-nato momento e luogo, ma non sono valide per valutare correttamente la crescita dei singoli bambini. Le curve nazionali sono utili, confrontandole con gli standard dell’OMS per la va-lutazione dello stato nutrizionale del-la popolazione pediatrica di un Paese e quindi per valutare quanto il suo stato di salute si discosta dall’ideale. Le stesse curve nazionali sono invece state (e spesso sono ancora) errone-amente usate per anni come curve ideali di crescita, causando errori di valutazione e di conseguenza decisio-ni terapeutiche errate. Ad esempio, utilizzando le vecchie curve basate sulla sola osservazione della crescita, i lattanti alimentati al seno sembrano avere, a partire da circa due mesi di vita, un calo significativo della veloci-tà di crescita ponderale. Questo pre-sunto rischio, determinato su curve basate su bambini prevalentemente allattati al biberon e con calcoli sta-tistici non adeguati, ha spesso provo-cato interventi nutrizionali (aggiunta di formula, inizio dell’alimentazione complementare anticipata, etc.) non solo non necessari, ma addirittura dannosi ed hanno modificato un mo-dello sano di crescita in un perfetto modello per lo sviluppo dell’obesità, proprio per l’errore di comprensione del significato delle specifiche curve e del loro utilizzo. Le curve nazionali risentono di ogni fattore ambientale in grado di influenzare la crescita dei bambini, e quindi, soprattutto quelle prodotte nei Paesi sviluppati, hanno una maggiore variabilità soprattut-to dei valori estremi superiori che, causando un maggiore ampiezza dei valori ritenuti normali, possono far ritardare il riconoscimento di alte-razioni del ritmo di crescita.

• • •Nessuna curva nazionalebasata sull’osservazionepassiva della crescitadi alcuni gruppi di bambinipuò assumere il titolodi curva di crescitastandard, dove standard significa modello ideale.

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Referenze Curve di crescita: quali scegliere e come leggerle

Gli standard dell’OMS, invece, a causa della forte riduzione della va-riabilità causata dai fattori ambien-tali, presentano una minore distanza fra i due percentili estremi delle curve e sono estremamente utili per scopri-re precocemente una deviazione dal normale e personale ritmo di cresci-ta staturo-ponderale del bambino e quindi per instaurare quanto prima possibile interventi preventivi. Se consideriamo che il principale com-pito del pediatra, ed in particolare

del pediatra di famiglia, è quello di promuovere la salute, avere a disposi-zione ed utilizzare quotidianamente uno strumento come gli standard dell’OMS è essenziale per raggiun-gere lo scopo. Una deviazione del-la crescita staturo-ponderale verso l’alto dei valori del peso, ma anche e soprattutto del Body Mass Index (BMI), può essere diagnosticata nel-lo stesso bambino più o meno preco-cemente, secondo le curve utilizzate. Nelle curve osservazionali la curva

di normalità è molto più ampia di quella degli standard dell’OMS per-ché non sono stati eliminati i fattori ambientali che influiscono positiva-mente sul peso e quindi danno come valori nella norma valori che invece sono già al di sopra di valori. Questi dati fuori norma sono confermati anche dal fatto che, ad esempio, ap-plicando le curve dei CDC, a 20 anni il 97° percentile del BMI – valore che teoricamente dovrebbe dividere in genere la normalità dalla patologia – è di 32,1 per i maschi e 33,9 per le femmine, valore superiore a quello di 30 utilizzato per definire uno stato di obesità.

Nei Paesi industrializzati come l’Italia, gli standard dell’OMS non solo permettono di notare il sovrap-peso rispetto agli standard dei CDC o di altre curve nazionali ma, dato che le curve OMS sono disponibili già dalla nascita mentre la maggio-ranza delle curve nazionali parte dai due anni di vita, le prime permetto-no una diagnosi ancora più precoce (Fig. 1-3). Ciò è particolarmente im-portante per un Paese come l’Italia, in cui l’obesità in età pediatrica ha valori fra i più alti in Europa e il momento dell’adiposity rebound si verifica molto precocemente.17 Se la deviazione da un qualsiasi percentile verso un altro, sia esso superiore o inferiore, richiede attenzione perché, molto probabilmente, causato da uno o più fattori ambientali, una costante crescita di un bambino sui percentili inferiori degli standard non ha di per sé un significato patologico e non ri-chiede alcun intervento terapeutico, in quanto espressione del suo patri-monio genetico.

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Figura 1. Monitoraggio della crescita (BMI) utilizzando le curve di crescita WHO 2007. La migrazione del BMI verso percentili superiori è determinabile già all’età di 18 mesi. Il 97° pc è incrociato all’età di 2 anni e 3 mesi.

Figura 2. Monitoraggio della crescita (BMI) utilizzando le curve di crescita CDC 2000. Non è possibile determinare la posizione del BMI sulle curve prima dell’età di 2 anni e 6 mesi. Il 97° pc è già superato all’età di 2 anni e 6 mesi.

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Occorre però fare molta atten-zione alle modalità di comunicazione usate con la famiglia. L’idea che il proprio figlio si trovi nei percentili inferiori di altezza o peso non è fa-cilmente accettata dai genitori che, per motivi psicologici di paura di malattia, o di orgoglio parentale per il “figlio che cresce tanto, più degli altri”, sono sempre pronti ad una interpretazione personale del signi-ficato delle curve e spesso a chiedere interventi terapeutici tanto inuti-li quanto potenzialmente dannosi. Va invece chiarito bene ai genitori che l’aspetto più importante è che il bambino segua un suo persona-le costante ritmo di crescita che va inserito nell’ambito della famiglia perché, ovviamente, genitori alti più facilmente avranno bambini alti e ge-nitori bassi avranno figli meno alti. Negli standard dell’OMS il princi-pale fattore che determina diversi – ma sempre fisiologici – pattern di crescita espressi dai diversi percen-tili delle curve, è solo il potenziale genetico di crescita e pertanto nella comunicazione va molto sottolineata la normalità della crescita del bambi-no, più che il suo essere sui percentili inferiori. Il termine “basso” non ha in sé alcun significato negativo dal punto di vista medico, mentre dal punto di vista sociale va eliminato

• • •L’idea che il figlio si trovi nei percentili inferiori non è facilmente accettata dai genitori, che spesso chiedono interventi terapeutici tanto inutili quanto potenzialmente dannosi.

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Figura 3. Monitoraggio della crescita (BMI) utilizzando le curve di crescita SIEDP 2006. La migrazione del BMI verso percentili superiori è determinabile solo dall’età di 3 anni. Il 97° pc non è incrociato ancora all’età di 7 anni e 3 mesi.

non la classica frase: “Suo figlio si trova al 15° percentile e quindi ha 85 bambini della sua età più alti e 15 più bassi di lui”, che non solo non tran-quillizza i genitori, ma, anzi, più li rende più ansiosi. Per ogni famiglia il pediatra troverà le parole più adatte, ma in generale dovrà sottolineare la normalità della crescita nell’ambito della potenzialità genetica della fa-miglia. Il pediatra deve chiarire che l’altezza non è il primum movens del successo e, a tal proposito, può forse

Tabella 1. Persone basse perfettamente grandi

Marie Curie – scienziata e Premio Nobel

Susanna Tamaro – scrittrice

luciana littizzetto – attrice

Aung San Suu Kyi – statista e Premio Nobel

Rigoberta Menchú Tum – scrittrice e Premio Nobel

Madre Teresa di Calcutta – santa e Premio Nobel

Shakira – cantante

Marilyn Monroe – attrice

Napoleone Bonaparte – generale e imperatore

Albert Einstein – scienziato e Premio Nobel

Dustin Hofmann – attore e Premio oscar

Woody Allen – regista, scrittore e Premio oscar

Mikhail Gorbachev – politico e Premio Nobel

Charles Aznavour – cantante e poeta

Roberto Burgio – pediatra e maestro

Giorgio Maggioni – pediatra e maestro

il concetto che solo “alto” è positivo. Il termine “magro” invece subisce una notevole variazione concettuale secondo l’età del figlio. Nella prima e seconda infanzia il termine “ma-gro” ha per i genitori un significato negativo, simile a quello di “basso”, mentre in età adolescenziale anche per i genitori assume un significato positivo di bellezza e fitness. È im-portante che i pediatri siano molto attenti nello spiegare i fenomeni del-la crescita ai genitori sottolineando

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19. http://www.who.int/childgrowth/en/

essere utile una breve lista di persone con altezza sui percentili inferiori al 50°, di grande statura professionale (Tab. 1) da condividere con genitori particolarmente ansiosi.

Conclusioni

La valutazione della cresci- ta è un modo semplice per va-

lutare lo stato di salute del singolo bambino e di gruppi di popolazione in età pediatrica. Gli standard con cui confrontare le misure del bambi-no sono quelli dell’OMS, non solo i più adatti allo scopo, ma anche quelli ormai adottati da 125 Paesi nel mon-

do.18 Anzi, sarebbe auspicabile che anche le Società di Pediatria italiane sostenessero il loro uso, come hanno già fatto diverse Società scientifiche europee.19 Il bambino va misurato per valutare le sue personali modalità di crescita ad intervalli regolari tanto più ravvicinati quanto più è veloce la crescita; va inoltre misurato a mino-ri intervalli ogniqualvolta si verifichi una situazione tale che possa alterare la sua crescita e di conseguenza il suo stato di salute. L’interpretazione del ritmo di crescita deve prendere in considerazione anche altri parametri come quello dell’altezza dei genitori e dello stato di salute in generale del bambino. La permanenza sullo stesso

centile, anche se nella metà inferiore dei percentili, non ha alcun signifi-cato negativo e va assolutamente sfatata nei genitori l’idea che que-sta sia una situazione a rischio per il bambino. Il pediatra, nella sua opera di promozione della salute, deve es-sere in grado di scegliere i valori di riferimento più corretti ed utilizzarli routinariamente in una valutazione globale dello stato di salute di ogni bambino .

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[ ComE sI FA ]

Un approccio integrato al bambino e all’adolescente che pesa troppoCome definire un modello che contempli l’integrazione di diverse componenti per il bambino e l’adolescente che sono sovrappeso o obesi.

L a gravidanza, la nascita, l’avvio della re- lazione madre-bambino e famiglia-bambino, lo stile motorio e alimentare dalla nascita sono di

forte impatto per lo stile di vita di ogni individuo. In Italia sono soprattutto i pediatri di famiglia (PLS) a for-nire prevenzione e cure ai bambini. Purtroppo l’obesità in età evolutiva ha proporzioni tali da essere considerata un’epidemia globale dall’OMS ed è difficile da gestire sia a livello terapeutico che preventivo perché condizione multifattoriale ed ogni strategia isolata risulta insufficien-te e inefficace1. I sistemi di sorveglianza come OKkio alla SALUTE rilevano che dal 2008 al 2012, sia pur con un lieve calo, l’Italia è ai primi posti in Europa per l’eccesso ponderale, in particolare nel centro-sud. La sindrome metabolica, originariamente descritta solo nell’adulto, è ormai frequente nei bambini con obesità e con diabete 11, con conseguenze prevedibilmente amplificate per durata, gravità e velocità di insorgenza. L’OMS ricorda che la tutela della salute richiede un impegno delle istituzioni e del mondo politico e chiede di promuovere stili di vita più salutari. Dopo il fallimento del mito che i problemi

di peso si possano risolvere con la dieta intesa come restrizione calori-ca e con il movimento inteso come sport organizzato, in questo articolo proponiamo un nuovo modello di cura integrato basato sull’Educazio-ne Terapeutica. Un modello simile è stato approvato nel giugno 2013 dalla

Rita Tanas1 Riccardo Lera2 Guido Caggese3

1 UO Pediatria, Azienda Ospedaliera di Ferrara2 SC Pediatria, Azienda Ospedaliera di Alessandria3 Anestesista-Rianimatore, Ferrara

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Regione Emilia-Romagna1. L’obiettivo è individuare le risorse umane e organizzative disponibili per fronteggiare il problema in maniera nuova e soprattutto sostenibile, partendo dalla rete sanitaria già esistente, rafforzando le sinergie e collaborazioni tra tutti gli attori che giocano un ruolo nella promozione della salute dei bambini per un risultato apprezzabile.

Per la complessità delle cause, la variabilità del grado e soprattutto le implicazioni sulla salute, gli interventi ri-chiedono lo sviluppo di modalità organizzative specifiche dei servizi sanitari, che devono configurarsi come servizi in rete, secondo i principi di integrazione e interdisciplinarietà, assicurando il monitoraggio e la presa in cura dei soggetti a rischio più precocemente possibile. La chiave di volta sarà l’integrazione professionale e organizzativa da realizzare tra PLS e pediatra ospedaliero ed équipe multidisciplinare, che, ciascuno nel proprio ruolo, lavorando insieme con la stessa tipologia di approccio e condividendo formazione, ti-po di linguaggio e successivo aggiornamento sia teorico, che pratico, possono ottenere risultati insperati. Perché questa modalità di intervento possa essere realizzata, e sostitui-sca quella attuale in cui i singoli professionisti sviluppano progetti nel loro ambito specifico in modo frammentario (mente/corpo e cibo/movimento), è necessario sostenere l’organizzazione territoriale e creare percorsi formativi a-deguati del personale, in particolare dei PLS.

Ruolo del PLSIl PLS ha un ruolo prioritario nella prevenzione e cura precoce, che si articola nell’attivazione di percorsi di prevenzione universale, di prevenzione mirata per i bambini normopeso a rischio, nel monitoraggio antro-pometrico per fare diagnosi, nella cura dei soggetti con sovrappeso/obesità e nelle sua valutazione. Nei casi in cui si sospetti un’obesità secondaria o grave/complicata è invece necessario fare riferimento ad un Centro spe-cialistico di 2–3° livello. Tuttavia è fondamentale che il PLS mantenga un rapporto continuativo con la famiglia per fornirle un rinforzo motivazionale adeguato prima durante e dopo l’invio stesso.

Monitoraggio antropometrico Sovrappeso e obesità sono definiti dall’OMS come un accumulo eccessivo di grasso corporeo che può nuo-cere alla salute1. La diagnosi precoce è basata sull’Indice di Massa Corporea o Body Mass Index (BMI) secondo la formula BMI=peso (Kg)/altezza (m²) ‒ da supino fino a 2 anni di età, in piedi dopo i 2 anni ‒ da controllare sistematicamente, ai bilanci di salute. Il BMI espresso in percentili o z-score è il parametro universalmente accettato per definire lo stato nutrizionale nei bambini. Il suo valore si interpreta con le curve di crescita, in funzione dell’età e del sesso, secondo valori soglia condivisi. Il “cut off ” indica il valore oltre il quale aumentano significativamente la mor-bilità e la mortalità correlate. Nel bambino, diversamente dall’adulto, i rischi per la salute possono insorgere anche a distanza di molti anni, pertanto il cut-off deve essere pre-dittivo di obesità in età adulta. In relazione alle più recenti linee guida si è convenuto di suggerire l’uso delle curve e dei valori soglia dell’OMS1,2 (Tab. 1): si veda www.who.int/childgrowth/en/index.htlm al riguardo. Inoltre, dato che il rischio cardiometabolico è associato all’adiposità viscerale, è opportuno valutare il rapporto circonferenza minima della vita/statura in cm (V/A): dai 5 anni di età un rapporto ≥ 0,5 è suggestivo di obesità “centrale”1.

Valutazione della curva di crescita Se la valutazione dei dati antropometrici è utile per lo screening dell’obesità, interpretare le traiettorie di crescita e le sue deviazioni precoci permette di attivare precocemente interventi opportuni. In condizioni fisiolo-giche ogni bambino dovrebbe crescere lungo la sua curva percentile di peso e BMI, dipendente dal suo potenziale genetico, con piccole oscillazioni all’interno di uno stes-so spazio percentile (distanza fra 2 linee percentili). Un

Tabella 1. Cut-off del BMI per età secondo l’OMS per diagnosticare il grado di eccesso ponderale

BMI Grado di eccesso ponderale secondo l’OMS

Z-score Percentile Età < 5 anni Età ≥ 5 anni

≥1 < 2 ≥85 < 97,7° Rischio sovrappeso Sovrappeso

≥ 2 < 3 ≥97,7< 99,9° Sovrappeso obesità

≥ 3 ≥ 99,9° obesità obesità di grado elevato

Il PLS ha un ruolo prioritario nella prevenzione e cura precoce.Nei casi in cui si sospetti un’obesità secondaria o grave/complicataè invece necessario fare riferimento ad un Centro specialistico.

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bambino che mantiene il BMI percentile al 3° o all’85° po-trebbe non richiedere interventi, mentre quello che passa dal 50° all’85° percentile, in più misurazioni, suggerisce un aumento della velocità di crescita ponderale, e richiede misure per prevenire l’esordio di nuovi casi con l’età.1,2

I fattori di rischio di sviluppo e persistenza di sovrap-peso/obesità1–8 sono:

· eccessivo incremento di peso nella prima infanzia (0–2 anni): una deviazione verso l’alto della curva “Peso per lunghezza” ≥ 1 z-score, è considerato un marker di rischio, anche se non si raggiunge il cut-off diagnostico;

· early adiposity rebound: la traiettoria “normale” del BMI riflette le variazioni della massa adiposa secondo variazioni fisiologiche. Una prima fase di aumento nel primo anno di vita con picco intorno ai 6 mesi; una lunga fase di riduzione del fino a ~ 6 anni; una nuova fase di incremento fino alla pubertà. L’età fisiologica dell’adiposity rebound è 5–7 anni, quando il BMI dal suo valore minimo inizia ad aumentare. L’individua-zione di tale età è solo retrospettiva e richiede almeno tre misurazioni a distanza di alcuni mesi. Se il BMI non si riduce dopo il primo anno di vita o presenta un’inversione verso l’alto prima, si parla di early adi-posity rebound, fenomeno statisticamente a rischio di obesità persistente nelle età successive.

Altri marker precoci di rischio dal concepimento so-no: BMI del padre e della madre prima della gravidanza; BMI elevato della madre ed eccessivo aumento di peso in gravidanza; fumo materno, diabete mellito o gestosi del 3° trimestre; crescita eccessiva o scarsa del feto e obesità in età prescolare.

Le obesità secondarieNella valutazione clinica del PLS è necessario escludere, attraverso anamnesi ed esame obiettivo accurati, un’obesità secondaria ad altre malattie: endocrine, ipota-lamiche congenite o acquisite, sindromi genetiche, uso di farmaci. I segni che possono suggerirla sono: un esordio precoce di obesità progressiva e di grado elevato, la pre-senza di segni dismorfici o malformativi, i difetti congeniti della linea mediana, l’ipotonia neonatale, il ritardo psico-motorio e cognitivo, criptorchidismo e ipogenitalismo, un rallentamento della crescita staturale, la presenza di strie rubrae, l’irsutismo, la sindrome ipotalamica e trattamenti farmacologici o radianti/chirurgici al capo.

La diagnostica di laboratorio Gli esami di laboratorio possono essere utili per escludere forme secondarie e complicanze metaboliche già presenti. Nel modello regionale3 sono consigliati nel bambino con obesità, in quello con sovrappeso solo se c’è familiarità per rischio cardiovascolare (parente di I grado con ipertensione, diabete, dislipidemia, malattia cardiova-scolare) o basso peso alla nascita o rapporto V/A elevato1.

PrevenzioneLe strategie di prevenzione primaria devono essere orientate al sostegno e alla promozione attiva dei fattori protettivi evidence based dalla vita prenatale ai primi anni di vita, all’età scolare e adolescenziale, coinvolgendo famiglia, scuola e comunità con un approccio sistemico e coordinato nel territorio. Nell’ambito della prevenzione primaria spetta al PLS un ruolo centrale nel sensibilizzare ed educare i genitori a mettere in atto precocemente una serie di azioni preventive età-specifiche come suggerito dalle Società Italiana di Pediatria e di Pediatria Preventiva e Sociale insieme al Ministero della Salute nel Progetto “MiVoglioBene”1, al quale si possono aggiungere racco-mandazioni per salvaguardare il sonno .

TerapiaLa presa in cura deve essere adeguata al pazien-te e deve tener conto dell’età, della severità dell’obesità, della presenza di possibili complicanze e predisposizio-ni familiari così come di fattori psicologici, culturali e socio-economici. Come raccomandato dall’OMS per la cura delle malattie croniche2, occorre utilizzare i principi dell’Educazione Terapeutica del paziente con un approccio collaborativo centrato sulla famiglia, che miri a favorire il cambiamento dei comportamenti attraverso un processo di cura integrata e continuativa basata sull’empowerment2,3:

· portare bambino e famiglia a prendere coscienza del problema, senza colpevolizzazione

· identificare le loro rappresentazioni mentali, cre-denze e valori

· motivare il bambino e la sua famiglia alla cura e mantenere la motivazione nel tempo

· aumentare le competenze della famiglia e attivarne le risorse

· tener conto del contesto economico, sociale e cul-turale in cui vivono, fornendo raccomandazioni mirate, in particolare nelle famiglie di basse con-dizioni sociali.

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Nei casi di sovrappeso/obesità senza complicanze, l’obiettivo è quello di ottenere una graduale lenta ridu-zione del BMI z-score il più possibile verso la normalità, compatibilmente con una buona qualità della vita. Un semplice mantenimento del BMI z-score ottenuto col miglioramento dello stile di vita garantisce comunque la riduzione dell’adipe. Un programma di riduzione del peso più intensivo può essere necessario solo nei casi di obesità grave con severe complicanze cardiometaboliche, respiratorie, ortopediche, epatiche e disabilità psicofisi-che. Queste comorbilità, opportunamente spiegate al ge-nitore senza colpevolizzarlo, possono facilitare l’adesione al programma. La terapia si basa sul miglioramento del bilancio energetico riducendo l’introito calorico e au-mentando il dispendio. Il PLS deve aiutare il bambino e la sua famiglia a migliorare questo bilancio partendo dagli aspetti psicologici e sociali che possono essere di ostacolo. La modulazione della tipologia d’approccio e dell’intensità dell’intervento varia in funzione della situazione clinica. L’accompagnamento della famiglia da parte del PLS prevede interventi molto simili per il

bambino con sovrappeso e obesità:

· supportare l’autostima e l’autoefficacia

· individuare insieme un obiettivo di cambiamento relativo alle abitudini alimentari e motorie quoti-diane

· facilitare la valutazione consapevole dei compor-tamenti favorevoli e di ostacolo

· far emergere le barriere al cambiamento e stimo-larne la risoluzione

· sostenere i piccoli cambiamenti e supportare nelle ricadute (resilienza).

Il trattamento attuato deve far parte di un piano tera-peutico integrato e potersi avvalere di specifici strumenti indicati caso per caso, che ne garantiscano continuità, efficacia ed efficienza: approccio integrato. Esso richiede un apertura culturale particolare secondo il modello della family-centered care2,3 e utilizza le tecniche del colloquio di motivazione per sostenere il cambiamento dei com-portamenti, far nascere un’alleanza terapeutica sia con i bambini/adolescenti che con le famiglie, rispettandone i principi.2 Il tipo di intervento, che favorisce allo stesso

Tabella 2. Attività fisica (AF) raccomandata secondo l’età del bambino

Età Indicazioni

< 2 anni. Bambini che non camminano speditamente

l'AF dovrebbe essere incoraggiata sin dalla nascita, con giochi “al tappeto” e attività acquatiche in ambienti sicuri. Ridurre al minimo la quantità di tempo speso ”in sedentarietà” (in braccio o seduti) per periodi prolungati.

2–5 anni. Bambini che sanno camminare bene

I bambini dovrebbero essere fisicamente attivi tutti i giorni per almeno 3 ore, distribuite per tutta la giornata, dovrebbero ridurre al minimo la quantità di tempo speso ”in sedentarietà” per periodi prolungati riducendo l o “screen time” e il tempo trascorso in passeggino o in auto.

5–18 anni Bambini e ragazzi dovrebbero svolgere almeno 60 minuti al giorno di AF di intensità variabile fra media e intensa. lo svolgimento di AF superiore ai 60 minuti fornisce ulteriori benefici per la salute.

Familiari adulti Dovrebbero svolgere almeno 150 minuti / settimana di AF di intensità media o 75 minuti / settimana ad alta intensità o una combinazione fra le due.

Tabella 3. Competenze dei professionisti di area pediatrica nel modello integrato tra territorio e ospedale

Figure Compiti Vantaggi Criticità

Pediatra di libera scelta

(I livello)

• Promozionediunostiledivitasano in sintonia con scuola e strutture sociali

• Monitoraggioantropometrico• Prevenzioneuniversale• Prevenzionemiratadeisoggetti

a rischio di S/o• TerapiadeisoggetticonS/O

• Prevenzionepertuttiibambini e ragazzi

• Cureappropriatepertuttiipazienti con S/o

• Integrazioneeadesioneaprogrammastrutturato bidirezionale di invio e gestione con facilità di accesso

• Formazioneall’ETealCM• Presaincuradicircail20%deipazienti

conSedil10%deipazienticonO• Riduzionedeldrop-out

pediatra del team

(II livello)

• CoordinarelaformazionediunTeammultidisciplinare dedicato

• AssicurarelacompetenzadelTeamnell’area pediatrica

• Favorireloscambiodiinformazioni con gli altri livelli di cura

• Cureappropriatepertuttiipazienti con obesità resistente/ complicata

• CondivisionedelProgrammaET• Riduzionedeldrop-out

• Aderireallaformazioneall’ETealCM• Prendereincuratuttiipazientiinviati

da PlS e PS• Gestionelistad’attesa

pediatra specialista

(III livello)

• SostenerelamotivazionedelPLS• Promuoverelasuaformazionecontinua• Assistereipazienticonobesità

secondaria e complicata• Comunicareesitodellecureospedaliere

affidare in modo appropriato agli altri livelli

• Cureappropriatepertuttiipazienti con obesità secondaria e complicata

• MiglioreaderenzaalprogrammaET• Riduzionedeldrop-out

• Programmareeaderireallaformazioneall’ET e al CM

• PrendereincuratuttiipazienticonOinviati dal PlS o dal TEAM

• Gestionelistad’attesa

Abbreviazioni: s – Sovrappeso; o – obesità; pls – Pediatra di libera scelta; ps – Pediatra specialista; pt – Pediatra del team; Et – Educazione Terapeutica; Cm – Colloquio di motivazione.

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tempo il miglioramento globale dello stile di vita familiare in campo nutrizionale e motorio, si configura in un’educa-zione metabolica. L’obiettivo dell’intervento nutrizionale mira ad attuare un cambiamento duraturo delle abitudini alimentari verso un’alimentazione varia e bilanciata, accet-tabile e piacevole per la famiglia, caratterizzata da alimenti ad alto potere saziante e bassa densità calorica, riduzione delle bevande diverse dall’acqua, nel rispetto dei LARN per età, sesso, statura, attività fisica svolta. Per migliorare l’empowerment delle famiglie e la loro aderenza al pro-gramma di cambiamento si possono utilizzare strumenti quali gli atlanti fotografici delle porzioni2 e delle me-rende ‘www.dors.it/alleg/newfocus/201107/manuale_sc_ infanzia_comp.pdf ).

L’intervento motorio sostiene l’attività fisica generica: gioco spontaneo, in particolare all’aperto, attività ricrea-tive e percorso casa-scuola. L’attività programmata come l’Educazione fisica scolastica e quella specifica sportiva hanno un ruolo integrativo soprattutto nella riacquisi-zione di strumenti e abilità motorie perdute. L’aumento dell’attività fisica, secondo le raccomandazioni inter-nazionali,2 deve essere sinergico ad una riduzione della sedentarietà, trasformando quando possibile periodi di sedentarietà in occasioni di movimento, anche con l’aiuto di videogame, “attivi” pedometri o contapassi3, (Tab. 2). Interventi mirati possono essere rivolti, se necessari, al miglioramento della qualità/quantità del sonno.

Valutazione del trattamento e coinvolgimento della Rete IntegrataDopo la diagnosi e l’avvio dell’intervento tera-peutico personalizzato il PLS dovrà valutarne gli effetti nel tempo attraverso una serie di indicatori: variazioni dei comportamenti alimentari, motori e sedentari; varia-zioni della traiettoria del BMI, V/A, pressione arteriosa, indicatori metabolici. Nei bambini con obesità grave, in cui l’intervento del PLS non dimostri cambiamenti “mi-surabili” in nessuna delle aree considerate dopo almeno 6 mesi e nelle famiglie con un grado di motivazione persi-stentemente insufficiente, è opportuno fare riferimento ad un percorso più strutturato multidisciplinare, condotto da personale specializzato. La rete integrata permette di offrire un’assistenza personalizzata svolta da professioni-sti formati insieme, che utilizzano strumenti condivisi e comunicano fra loro. In base all’algoritmo di sorveglianza della crescita, sono definite 3 differenti situazioni cliniche che corrispondono a 3 livelli di presa in carico (Fig. 1). Ogni figura professionale pediatrica ha ruoli differenti e complementari nel funzionamento ottimale di questa rete integrata (Tab. 3).

Ruolo del team multidisciplinareLa presa in cura interdisciplinare integrata è consigliabile nei soggetti con obesità severe/resistenti e complicate, e in presenza di sofferenza psicologica intensa o persistente, psicopatologie o disturbi del comportamen-

I livelloPediatra

di libera scelta

Prevenzione

Sovrappeso

Obesità

Obesità secondariae complicata

Insuccesso terapeutico

III livelloPediatra specialista

ospedaliero

II livelloTeam interdisciplinare

coordinato dal Pediatra del Team

Figura 1. Sorveglianza della crescita e rete integrata.

La rete integrata permette di offrire un’assistenza personalizzata svolta da professionisti formati insieme, che utilizzano strumenti condivisi e comunicano fra loro.

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to alimentare o alterato controllo degli impulsi, stress o psicopatologia grave di un familiare convivente. Per affrontare questi bambini e soprattutto gli adolescenti è indispensabile la perfetta integrazione dei livelli della rete che realizzi un percorso terapeutico di durata minima di 3 anni, e la garanzia di prendere in cura tutti i soggetti fino a 21 anni. L’obeso grave è spesso un paziente sofferente, stig-matizzato, poco motivato per multipli fallimenti, che non si lascia coinvolgere facilmente in programmi terapeutici complessi e lunghi, a distanza dal proprio domicilio. Nei suoi confronti il PLS ha l’importante ruolo di effettuare un colloquio di motivazione per l’invio allo specialista e al team, nonché promuovere l’aderenza al percorso ri-motivando paziente e famiglia nei frequenti abbandoni e nella delicatissima fase di mantenimento.

Il team è costituito da un dietista/nutrizionista, uno psicologo sistemico, un esperto di motricità e riabilita-zione, coordinati da un pediatra formato che può essere il pediatra specialista del III livello, tutti disponibili a un rapporto di fiducia e collaborazione con il bambino e la sua famiglia e dotati di adeguata strumentazione di sup-porto. Le varie figure contribuiscono, ciascuna nel proprio ambito di competenza, a porre una valutazione completa e mettere in atto trattamenti multifocali. L’integrazione va attuata attraverso una condivisione di base degli obiet-tivi, dell’approccio, con frequenti incontri dell’equipe, di questa col PLS e col nucleo familiare ai fini di una co-municazione della diagnosi e realizzazione di un progetto terapeutico integrati e condivisi. Per l’elevata presenza di complicanze, occorre anche prevedere la disponibilità di specialisti con competenze pediatriche e in alcuni casi di interventi in regime di ricovero ospedaliero durante il quale valorizzare il coinvolgimento della famiglia, indi-spensabile ad un trattamento efficace.

L’intervento del dietista/nutrizionista, preceduto da una valutazione anamnestica acritica delle abitudini ali-mentari della famiglia che permetta di stimare l’intake calorico-nutrizionale e il dispendio energetico, mira a formulare un intervento nutrizionale equilibrato, perso-nalizzato in base alla situazione clinica (gravità dell’obe-sità e presenza di complicanze) e a gusti e abitudini del bambino nei suoi contesti di vita (domestico, scolastico,

sociale). Il professionista con un approccio di tipo co-gnitivo-comportamentale aiuta la famiglia e il bambino a riconoscere i propri comportamenti favorenti l’eccesso ponderale e adottare le modificazioni possibili più ade-guate, utilizzando l’automonitoraggio (diario alimentare), il problem solving, l’identificazione delle possibili situa-zioni a rischio, la ricerca di strategie per gestire quantità di cibo e frequenza di assunzione, il rinforzo positivo per sostenere i comportamenti funzionali, la ristrutturazione cognitiva per sostituire convinzioni e pensieri disfunzio-nali con pensieri più razionali.3

L’intervento dello psicologo ha finalità diverse a se-conda delle problematiche emerse, risorse, capacità della famiglia e del bambino. In generale gli obiettivi sono gli aspetti psicopatologici presenti nella famiglia e/o nel bambino, la difficoltà nell’elaborare e contenere le emo-zioni negative, la fame emotiva, le perdite di control-lo alimentare o abbuffate, la distorsione dell’immagine corporea eventualmente presente nel bambino e/o nella famiglia e i disturbi del comportamento alimentare.

L’intervento dell’esperto di motricità e riabilitazione utilizza il colloquio motivazionale col gruppo familiare per favorire il cambiamento e aumentare le occasioni di movimento nelle attività ricreative, spostamenti casa–scuola e gioco spontaneo e far emergere le barriere. Esso mira a costruire un percorso adeguato all’età per bambini con obesità severa limitante le capacità motorie. Partendo dalla valutazione delle capacità e abitudini motorie del bambino e della sua famiglia con l’aiuto di questionari e diari motori, arriva a definire un piano terapeutico dell’e-sercizio fisico strutturato per tipo, durata, frequenza, in-tensità, e livelli di intensità crescenti e adeguati al grado di obesità e, nel caso di obesità grave/complicata, da svolgere inizialmente in strutture adeguate con somministrazio-ne protetta. L’obiettivo finale è quello di permettere, se possibile, al bambino alla fine del percorso di partecipare senza stigmatizzazione alle attività sportive dei coetanei.

L’approccio educativo, non prescrittivo, intende pro-porre come obiettivi terapeutici modificazioni soprattutto qualitative dei comportamenti alimentari e motori di-sfunzionali. La cadenza delle visite di controllo dipende da aderenza al percorso, grado di eccesso ponderale, età,

Il team è costituito da un dietista/nutrizionista, uno psicologo sistemico, un esperto di motricità e riabilitazione, coordinati da un pediatra formato che può essere lo specialista di 3° livello.

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motivazione, distanza dell’abitazione dalla sede del team, scelte della famiglia e/o degli adolescenti.

Gli obiettivi dell’intervento del team multidisciplinare Gli obiettivi vanno pianificati all’interno del team stesso. Alla fine della fase diagnostica i componenti si riuniscono per definire il quadro clinico, la sua gravità e scegliere un progetto terapeutico adeguato (ambulatoriale, day hospital, ospedaliero) che persegua obiettivi sostenibi-li, raggiungibili e misurabili, con momenti di verifica con la famiglia. Dopo il trattamento, se si sono raggiunti gli obiettivi prestabiliti, si pianifica la fase di mantenimento con controlli più radi e rinvio al PLS per la prosecu-zione del programma e il monitoraggio dei risultati. Se emergono problematiche psico-patologiche o organiche si inviano famiglia e bambino ai servizi competenti.

Formazione del personale sanitarioIl modello proposto prevede il contributo di vari professionisti, ma attribuisce un ruolo chiave al PLS. Per poter svolgere questo ruolo, in questa come in al-tre patologie croniche, il PLS deve adottare tecniche di comunicazione innovative. Il colloquio motivazionale, rispettando l’autonomia degli individui, la loro libertà di scelta, riducendo le resistenze che impediscono il cam-biamento nel comportamento. Per l’applicazione in modo omogeneo del presente modello è, quindi, indispensabile prevedere un percorso formativo per i PLS3 che coinvolga contemporaneamente tutti gli altri componenti della rete (team e specialista). La condivisione della formazione garantirà successivamente l’uso della stessa modalità di approccio con le famiglie, un buon livello di collaborazio-ne e un lavoro di squadra coerente e coordinato. I temi del programma di formazione sono elencati nella Tabella 4.

Valutazione del ModelloIl Modello che proponiamo necessita di criteri per una valutazione periodica organizzativa e operativa per definirne l’efficacia.

Valutazione organizzativa

· Implementazione del modello nelle ASL;

· programmazione e svolgimento del percorso di formazione dei professionisti (PLS, team multi-

disciplinare e pediatra specialista);

· valutazione da parte dei PLS del grado di eccesso poderale dei bambini (1 sovrappeso, 2 obesità, 3 obesità grave e complicata).

Valutazione di esito

· Rilevazione periodica numerica, antropometrica e della qualità di vita dei bambini dei tre gradi di eccesso ponderale presi in carico dal PLS, inviati al team interdisciplinare, inviati al pediatra ospe-daliero, che hanno abbandonato il percorso;

· rilevazione periodica del numero di bambini con riduzione del grado di eccesso ponderale e/o con miglioramento della qualità di vita;

· riduzione del BMI z-score medio della popola-zione e della prevalenze di eccesso ponderale al monitoraggio antropometrico dei Bilanci di salute (0–6 anni), rilevazioni nazionali OKkio alla Salute (8–9 anni) e HBSC (11–15 anni).

L’obiettivo principale della cura è ottenere una mo-difica permanente dei comportamenti dello stile di vita, ovvero quelle trasformazioni che devono avvenire nella persona e nel suo ambiente tali da permettergli di miglio-rare le abitudini alimentari e motorie, con un intervento che coinvolge sia la sfera organica, che psicologica, che l’ambiente familiare. La riduzione graduale del BMI z-score è un buon indicatore di efficacia del trattamento, semplice da monitorare. Va ricordato che miglioramenti della composizione corporea e del rischio cardiometa-

Tabella 4. Programma della formazione dedicata al PLS e al personale coinvolto nel progetto di cura

Proporre un modello integrato di presa in cura del bambino obeso.

Formare e motivare i PlS alla prevenzione e alla terapia del bambino sovrappeso e obeso e prepararli all’integrazione con il pediatra specialista ed il team ASl dedicato della rete.

Formare il team interdisciplinare e l PlS per l’integrazione con gli strumenti condivisi dell’Educazione terapeutica del paziente, del colloquio di motivazione e della terapia comportamentale.

offrire strumenti per un approccio rispettoso e non deridente nel diagnosticare, valutare il rischio metabolico e di persistenza, sospettare obesità secondarie, gestire le resistenze e far nascere soluzioni; valutare i risultati; gestire il drop out.

Il dietista nutrizionista e l’Educazione metabolica per facilitare lo stile di vita sano; il diario alimentare.

lo psicologo come formatore nel team multi professionale per sviluppare competenze per la selezione. Problemi psicologici peculiari del bambino obeso. Il sostegno alla genitorialità.

Il tecnico di Scienze motorie: ruolo nel valutare la sedentarietà, favorire la consapevolezza, riabilitare gradualmente al movimento; uso del contapassi.

la Formazione continua dei 3 livelli della rete. Indicatori di risultato del programma formativo. Numero dei bambini messi in terapia nei 3 anni successivi alla formazione ed esito delle cure

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bolico sono stati documentati già con una riduzione > 0,25 del BMI z-score. L’obiettivo del trattamento a lun-go termine (2–5 anni) è di portare il BMI z-score al di sotto del valore iniziale, tenendo conto che, soprattutto in adolescenza, anche il suo stabilizzarsi con un migliore stile di vita si accompagna ad una riduzione del rischio cardiometabolico e una migliore qualità della vita; e va quindi apprezzato e sostenuto.3

Approcci terapeutici con obiettivi troppo ambiziosi possono causare perdita di massa magra, compromissione della crescita staturale e sviluppo puberale, disordini del comportamento alimentare. L’eccessivo calo ponderale deve far sospettare restrizione calorica da parte dei ge-nitori o degli adolescenti con comportamenti insani e pericolosi da scoraggiare. Solo nei soggetti con rischio grave e immediato (sleep apnea, epifisiolisi, malattia di Blount, pseudotumor cerebri), può essere necessaria una rapida riduzione del peso.

Una recente revisione sistematica della letteratura4 ha valutato l’effetto del trattamento nelle cure primarie: 12 studi su 17 hanno riportato almeno un effetto positivo significativo: antropometrico, metabolico o comporta-mentale. Nessuno studio ha riportato effetti collaterali.

Sono risultati strategici:

· formare i medici di base prima dell’intervento te-rapeutico;

· mantenere la loro centralità nella realizzazione e valutazione dell’intervento;

· inserire nel piano di cambiamento comportamen-tale alimentazione e attività fisica più salutari e riduzione della sedentarietà nella quotidianità;

· utilizzare l’educazione terapeutica, il colloquio di motivazione e offrire informazioni scritte.

In definitiva in questo come in altri studi recenti svolti anche in Italia4–7 il trattamento dell’eccesso ponderale da parte dei medici delle cure primarie si dimostra efficace, ma richiede un training specifico. Il supporto a lungo termine che il medico di base ha l’opportunità esclusiva di esercitare, facilita il mantenimento dei cambiamenti. Nella maggior parte degli interventi risultati efficaci è stato utilizzato il colloquio motivazionale.

ConclusioniIl progetto di cure integrate in rete qui presentato, rispetto ai tanti finora pubblicati, non richiede un grande impegno economico, ma certamente molta buona volontà e umiltà da parte di tutti gli operatori e amministratori, come sempre quando occorre lavorare insieme per un

obiettivo comune. Noi crediamo che la sua realizzazione possa permettere di affrontare il problema in maniera globale confrontandosi con successo con una patologia difficile da trattare, che finora ci ha inflitto tante sconfitte e sta riducendo la qualità di vita dei nostri bambini e adolescenti e forse la sua durata.

Caso clinico: Arturo

Lettera d’invio della sua pediatra di famiglia:Ragazzo di 12 anni, decisamente obeso. Non viene più da anni,

perché, dicono, “sta bene”. Non è poi vero! 2 anni fa durante

un breve ricovero in ospedale per un piccolo incidente, gli fu

riscontrata un’epatite steatosica. Fu seguito per un po’ e mi

fu chiesto di indirizzarlo verso una dietologa. Io parlai solo

con la mamma, perché il ragazzo era già seguito! l’esperienza

con la nutrizionista fu negativa e quindi sospesa! Il ragazzo é

spesso a casa solo, i genitori hanno una trattoria, nella quale

lui mangia. Il problema è avvertito in famiglia, ma oltre a: “Te

lo dico sempre di non mangiare!” non vanno! Sicuramente

anche i miei interventi non sono efficaci”.

I tempo – Anni 10 Da anamnesi e documenti si rileva: ricovero per ac-certamenti dopo banale incidente. BMI non registrato: lui ricorda 100kg! Esami. Diagnosi: epatite. Terapia: consigli dietetici. Dopo 1 mese ripete esami: consigli dietetici e appuntamento per DH e colloquio dietologico. Diagnosi: resistenza insulinica. Dopo 3 mesi di “dietoterapia seguita correttamente”, Kg 83, BMI 33. DH esami, ecofegato e OGTT: referti e appuntamenti verranno inviati a domici-lio. Dopo 4 mesi riceve referti del DH. Diagnosi: obesità grave, fibrosteatosi e iperinsulinismo che, se persistente, può esitare in diabete. Non si ritengono utili altre visite, terapia: dieta spedita a domicilio. Dimissione. Arturo abbandona tutto.

Tabella riassuntiva I Tempo

Tempo BMI zscore

PA Glicemia/Insulina

HOMA ALT/AST C. Vita

0 2,89? – 76 – 233/478 –

1 mese – – 93/39 9,4 158/306 –

3 mesi 2,52 115/65 90/24 5,3 48/98* 105

*Eco fegato: steatosi e fibrosi significativa. BMI z-score secondo SIEDP.

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II tempo – Anni 136 mesi dopo la lettera della sua PLS, Arturo viene in ambulatorio su insistenza di genitori e PLS: motivazione zero! Anamnesi: ragazzo con obesità dai 3–4 anni, figlio di 2 genitori obesi e sempre a dieta, che ritengono l’obesità malattia orfana di terapia (madre BMI 30, diabete mel-lito, ipertensione arteriosa; padre BMI 39, ricorda calo transitorio di 20 Kg in adolescenza con farmacoterapia). Mangia al ristorante in cui i genitori lavorano; divora 2 porzioni di pasta al forno! Non assaggia neppure frutta e verdura, beve molte bevande dolci, fa poco movimento, guarda molta tv/pc. Dal 2010 ha fatto 2–3 diete, esito: in 2 anni aumento di 10 cm e 35 kg!

BMI 40,7. Strie, smagliature e acantosi nigricans. Pe-sandosi dice: “Però!”. “Però cosa?” chiedo, e lui: “Nell’ul-tima settimana meno 2,5 kg!” “Come hai fatto?” Lui risponde solo: “Passeggiate, meno bibite e un lieve mi-glioramento delle porzioni ai pasti”. Terapia: “Bene, te la senti di continuare?” “Sì” “Allora fallo!”. Gli chiedo aiuto a correggere il libro per gli adolescenti che sto scrivendo.

Dopo 1 m viene ad un incontro educativo di gruppo con la madre.

Dopo 2 m BMI 40,6! Strie, smagliature, acantosi mi-gliorate. Terapia: continuare.

Dopo 5 m BMI 39,7. Ha letto e corretto il libro, si muove di più. Terapia: continuare. Provare un frutto, mi-nestrone/spinaci. Muoversi con amici/genitori. La madre è calata 8 kg, il padre 6!

Dopo 8 m BMI 39,3. Ha provato varie verdure “senza vomitare”. Esami. Terapia: cntinuare.

Dopo 13 m BMI 39,9. Stile di vita migliorato: man-gia più verdure, bicicletta 30 minuti/die. Glicemia nor-

male. Terapia: cntinuare. Muoversi di più, mangiare un po’ meno (piatti più piccoli) e più piano. Madre e padre mantengono tutti i kg perduti!

Riflessioni Cosa è stato fatto? Il PLS ha sempre cercato di pren-dersi cura del bambino riuscendo a mantenere una buo-na relazione, ma per una prevenzione così difficile non aveva gli strumenti. Il centro specialistico ha offerto un percorso diagnostico intensivo ed uno di terapia nutri-zionale, forse tecnicamente perfetti ma scollegati, ed ha dimesso il paziente nonostante un’obesità grave e compli-cata. Il ragazzo ci ha provato, ma deluso ha abbandonato il percorso, realizzando una crescita ponderale enorme (BMI>40!). La buona relazione con il PLS ha permesso una ripresa di cure presso un altro 2° livello in età difficile (adolescenza) con approccio educativo motivazionale, personalizzato, autogestito, di soli 5 incontri/I anno di cura con stazionarietà del BMI z-score e miglioramento dello stile e della qualità della vita al follow-up di 13 mesi. I genitori coinvolti nel progetto hanno registrato ulteriori successi personali.

Cosa potremmo fare meglio in futuro? Con professio-nisti formati, un approccio integrato educativo familiare su vari livelli e un team interprofessionale dedicato si poteva:

· prevenire meglio l’obesità di un bambino a rischio prenatale molto elevato;

· curare l’obesità in pre-adolescenza, prima che dive-nisse difficile da gestire con la sola terapia medica, evitando l’esperienza di fallimenti multipli .

Tabella riassuntiva II Tempo

Tempo BMI zscore Glicemia HOMA ALT/AST Pressione Arteriosa

AN C. Vita Valgismo

0 3,41 85 – 71/137** 148/90 ++ 114 21

Dopo 2 m 3,40 – – 120/65* + 111,5 –

Dopo 5 m 3,31 – – 145/70 + 109,5 17

Dopo 8 m 3,29 104/36 9 25/33 125/70 ± 109 11

Dopo 13 m 3,39 96/33 7,7 21/22 140/70 ± 106,5 10

*Pressione arteriosa rilevata durante la visita cardiologica. **Eco fegato: steatosi moderata. AN – Acantosi nigricans.

Il progetto di cure integrate in rete qui presentato non richiede un grande impegno economico, ma certamente molta buona volontà e umiltà da parte di tutti gli operatori.

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1. Nel bambino con diarrea acuta:A. l’ipovolemia può produrre

una diminuzione del volume diastolico

B. l’ipovolemia può produrre una diminuzione del volume sistolico e della gittata cardiaca

C. l’ipovolemia può aumentare il precarico

D. l’ipovolemia può diminuire il postcarico

2. Nel caso di shock cardiogeno:A. È opportuno diminuire il postcaricoB. Gli ACE inibitori sono controindicatiC. I farmaci ad azione inotropa

positiva non trovano indicazioneD. Nessuna delle precedenti

3. la misura delle resistenze vascolari sistemiche si può stimare conoscendo:A. Gittata cardiaca, pressione arteriosa

media, pressione venosa centraleB. Gittata cardiaca, pressione sistolica,

frazione di eiezioneC. Gittata cardiaca, pressione

diastolica, volume ventricolo sinistroD. Gittata cardiaca, pressione arteriosa

media, tempo di refill

4. la diagnosi definitiva di malattia granulomatosa cronica si avvale di:A. Dosaggio delle Ig ematicheB. EmocromoC. Test al NitroBlu di TetrazolioD. Test genetico o immunoblotting

5. Nel gruppo di età tra 5 e 14 anni le prime due cause di ricovero espresso in categorie DRG in numero assoluto in Italia sono:A. Bronchite e asma + malattie

di origine viraleB. Disturbi della nutrizione +

polmoniteC. Esofagite, gastroenterite +

Tonsillectomia, adenoidectomiaD. Convulsioni, cefalea + fratture,

distorsioni

6. Alla prima visita pediatrica, allo scopo di orientare lo screening oftalmologico, è opportuno indagare:A. l’uso di mezzi correttivi di rifrazione

da parte dei genitoriB. Infezioni del gruppo ToRCH

contratte durante la gravidanza

C. la presenza di malattia celiaca nei genitori

D. Una storia di ittero neonatale

7. Il test del riflesso rosso permette di sospettare le seguenti condizioni:A. Cataratta congenitaB. Glaucoma congenitoC. RetinoblastomaD. Tutte le precedenti

8. Gli standard per le curve di crescita basati su un modello che tiene conto dei fattori ambientali sono quelli di:A. CDCB. SIEDPC. oMSD. NCHS

9. la sensibilità verso valori elevati di BmI degli standard utilizzati per le curve di crescita è maggiore per le curve pubblicate da:A. CDCB. TannerC. oMSD. NCHS

10. l’obiettivo della terapia del bambino e adolescente con sovrappeso e obesità deve essere:A. Il peso idealeB. Il peso fermoC. Il BMI <85° percentileD. Il miglioramento dei comportamenti

disfunzionali preesistenti

[Quiz]

Test di autovalutazione

Le risposte esatte saranno pubblicate sul prossimo numero della rivista.

1. Nell’anemia sideropenica:Risposta corretta: Bla transferrina è la proteina deputata al trasporto del ferro e au-menta quando i depositi di ferro diminuiscono. la ferritina è una proteina intracellulare che interviene nell’immagazzinamento del ferro e i suoi valori sono correlati ai depositi di ferro. Una recente revisione sistematica sugli effetti della supplementazio-

Le risposte del numero precedente

ne di ferro in età pediatrica è disponibile qui: http://pediatrics. aappublications.org/content/131/4/739.long

2. una mancata risposta alla terapia marziale nelle anemie da carenza di ferro deve far pensare a:Risposta corretta: DQuando la supplementazione di ferro non ha effetto, è neces-sario rivalutare il caso prendendo in considerazione la possi-bilità di una scarsa compliance alla terapia, della presenza di una malattia infiammatoria cronica, di malassorbimento inte-stinale, di perdite ematiche, oppure di carenza concomitante di vitamina B12 e/o acido folico. l’anemia sideropenica può avere ripercussioni anche sulla funzione immunitaria del bambino

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come riportato in questo articolo: http://hematologyjournal.net/index.php/thj/article/view/thj.2005.1.579

3. Nella faringotonsillite acuta la terapia antibiotica dovrebbe essere basata:Risposta corretta: Dla sola positività del test rapido per SBEA non è sufficiente a supportare la decisione di inizio di una terapia antibiotica. An-che se si tratta di un argomento dibattuto, la combinazione del test rapido con i dati clinici permette di aumentare la specificità e la sensibilità dell’approccio diagnostico rispetto al solo test rapido. Una variante del test McIsaac per la valutazione dello score clinici è riportata a questo indirizzo: http://www.mdcalc.com/modified-centor-score-for-strep-pharyngitis/

4. In un lattante con rigurgito ricorrente e/o vomito sporadico, in assenza di segnali di allarme con crescita regolare, il comportamento più corretto è:Risposta corretta: AÈ importante partire da un’anamnesi raccolta attentamente e da un esame obiettivo accurato: nel lattante con rigurgito ri-corrente e/o vomito sporadico, se non ci sono segnali d’allarme e la crescita è regolare con particolare attenzione ai segnali di allarme, sono in genere sufficienti per la diagnosi di RGE semplice, fisiologico. In questo caso non sono indicati esami, ma solo rassicurazione dei genitori, educazione alla compar-sa di segnali d’allarme e può essere considerata una formula addensata. Qualora i sintomi non si risolvessero entro i 12–18 mesi di vita è indicato rivolgersi al gastroenterologo pediatra.Una serie di suggerimenti pratici per i genitori sono riportati nella pagina di questa associazione australiana: http://www.reflux.org.au/management-tips/

5. le manifestazioni gastrointestinali tardive di AplV (vomito, diarrea, dolore addominale, feci ematiche ecc) sono non IgE-mediate o miste e si manifestano varie ore dopo l’assunzione dell’alimento. per con-fermare il sospetto diagnostico l’iter più corretto è:Risposta corretta: Ble manifestazioni gastrointestinali cronico-recidivanti di A-PlV (vomito, diarrea, dolore addominale, feci ematiche ecc) sono solitamente non IgE-mediate e si manifestano varie ore dopo l’assunzione dell’alimento. Questo rende poco utile la ricerca delle IgE specifiche per le proteine del latte, confer-mando la necessità della dieta di eliminazione diagnostica e del successivo test di provocazione orale (TPo) per effettuare la diagnosi. la letteratura suggerisce comunque di effettuare la ricerca delle IgE specifiche per il possibile riscontro di sen-sibilizzazioni associate. Un corso di Medscape dedicato alla gestione del reflusso è disponibile qui: http://www.medscape.org/viewarticle/805103

6. la proporzione di falsi negativi del test rapido pCR su sangue intero è pari a:Risposta corretta: C

la possibilità relativamente elevata di incorrere in un risultato falsamente negativo suggerisce la necessità di combinare il risultato del test rapido alle caratteristiche e ai sintomi clini-ci del paziente. È bene inoltre ricordare che la PCR può non essere elevata nelle prime 12 ore dopo l’inizio dell’infezione. Un recente studio sull’impatto della PCR nell’identificazione di episodi infettivi delle basse vie aeree è riportato qui: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23672994

7. In caso di positività allo stick sulle urine per leu-cociti o nitriti:Risposta corretta: DSotto i 36 mesi di vita, la presenza di un test positivo ai nitriti può essere un buon indizio di infezione e suggerisce l’inizio dell’antibioticoterapia ed eseguendo comunque una urino-coltura. Sopra i 3 anni di vita la positività per nitriti suggerisce di iniziare la terapia antibiotica. Se contemporaneamente è positivo anche il test per l’esterasi leucocitaria, l’urinocoltura non è necessaria. Un test per esterasi leucocitaria positivo, da solo, dovrebbe suggerire l’inizio dell’antibioticoterapia sono in presenza di sintomi urinari. la negatività di entrambi i test depone per l’assenza di IVU. Una modalità tra poco disponibile sul mercato per effettuare test rapidi sulle urine nel bimbo con il pannolino è descritta qui: https://www.youtube.com/watch?v=HvqfUbaoE2M

8. Il meccanismo dell’anemia sideropenica nel picaci-smo è dovuto a:Risposta corretta: DNel picacismo possono intervenire un disturbo mentale e del comportamento, l’ingestione di sostanze che interferiscono con l’assorbimento del ferro, come il caolino, e una parassitosi intestinale. Tutti questi fattori, da soli o tra loro associati, pos-sono causare una anemia da carenza di ferro. Nell’articolo al link seguente una guida alla classificazione dei disturbi dell’a-limentazione di interesse psichiatrico: http://goo.gl/WQvRfZ

9. la diagnostica differenziale tra tumori e malforma-zioni vascolari dovrebbe includere:Risposta corretta: ANella diagnosi differenziale, insieme alle caratteristiche clini-che, questi due esami sono fondamentali per riconoscere la patologia e stabilire il piano terapeutico più appropriato. la diagnosi può essere comunque complessa nei casi di tumore di discrete dimensioni che si sviluppa in profondità. A questo link la pagina del Boston Children’s Hospital dedicata ai tumori e alle malformazioni vascolari: http://goo.gl/xtCA5y

10. le malformazioni arterovenose:Risposta corretta: AQuando la MAV è di dimensioni tali da condizionare un alto flusso sanguigno e una sua ridistribuzione (stadio IV, scompen-so) si possono creare le condizioni per un sovraccarico cardiaco cronico con cardiopatia dilatativa e insufficienza cardiaca. Una review sulle MAV di Medscape è disponibile qui: http://emedi-cine.medscape.com/article/1160167-overview

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di Alberto E. Tozzi

che per il pubblico e per i pazienti. Diverse aziende del mondo di Big Pharma hanno annunciato l’apertu-ra dei dati clinici di loro proprietà a ricercatori indipendenti e ai pazienti. Naturalmente le regole di ingaggio salvaguardano la privacy dei pazienti inclusi negli studi e garantiscono che le aziende che hanno generato i dati ne possano sfruttare i risultati. Anche gli editor di testate scientifiche pre-mono in questa direzione. Il “British Medical Journal”, con la sua open data campaign, non accetta la pubblicazio-ne di studi sperimentali i cui dati non vengano resi disponibili liberamente.

Proviamo ad immaginare che uno di questi giorni, aprendo una rivista scientifica internazionale di rilievo, leggeremo uno studio eseguito com-pletamente da pazienti che hanno utilizzato le modalità di accesso ai dati sopra descritte, e pensiamo a che faccia faremmo. Ci sarebbe da fidar-si? Oppure meglio leggere i lavori rassicuranti realizzati da brillanti e conosciuti professionisti con la colla-borazione dell’industria del farmaco? Forse che la parte in causa più impor-tante, cioè i pazienti, sia coinvolta an-che nei processi della ricerca scientifi-ca non è una cattiva idea. Questa è la strada giusta per accelerare la ricerca scientifica .

Senza ricerca scientifica non potremmo fare passi a-vanti e non potremmo esplo-

rare nuove e migliori opportunità di cura per i nostri pazienti. Tuttavia, il tempo che intercorre tra una nuova scoperta biomedica e l’implementa-zione nella pratica clinica può anche arrivare a 20 anni. Nel tempo, una serie di regole si è accumulata per-ché le nuove scoperte scientifiche siano supportate da prove robuste prima di essere tradotte in pratica. Per i nuovi farmaci, ad esempio, è necessario che una serie di studi, con una metodologia appropriata, ne ga-rantiscano la sicurezza e l’efficacia prima che il prodotto possa entra-re nell’uso comune. Spesso proprio questi studi richiedono tempi lunghi per essere realizzati.

Cosa è possibile fare realmen-te per sveltire questo percorso? Dal punto di vista della metodologia, per esempio, potrebbe essere opportuno valorizzare gli studi osservazionali. Nonostante questi non possano so-stituire i clinical trial, la loro maggiore semplicità consentirebbe di accumu-lare conoscenze su numeri elevati di pazienti. Ma una frontiera più inte-ressante riguarda il passaggio da una logica privata del dato clinico ad una logica condivisa. In questa direzione

[ l’ultImA pARolA ]

Aprire la ricerca Il tempo che intercorre tra una nuova scoperta biomedica e l’implementazione nella pratica clinica può anche arrivare a 20 anni.

si sono già mosse le agenzie governa-tive del farmaco che raccomandano che i dati individuali generati dagli studi clinici come i clinical trial, siano messi pubblicamente a disposizione perché siano riutilizzati. Un autore canadese, Dan Tapscott, pubblicò qualche anno fa un best seller nel settore dell’economia, “Wikinomics”. In questo libro si raccontano molti a-neddoti che riguardano i grandi risul-tati che si possono ottenere mettendo in comune le risorse della comunità che invece spesso rimangono del tut-to isolate. Alla raccomandazione di aprire l’accesso ai dati degli studi cli-nici non sono rimaste indifferenti le aziende del farmaco. Come ci insegna Tapscott, perfino una azienda profit può trarre vantaggio da un approc-cio che ormai in inglese definisco-no tutti “crowdsourcing”. Invece di consultare uno o più esperti interni, allargare l’accesso delle informazioni al pubblico permette di contare su molte più competenze e molte più risorse. Quando l’approccio funzio-na è ovviamente un vantaggio an-

Rivista ufficiale di Formazione continuadella Società Italiana di Pediatria

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