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15 Gennaio: ECLISSE PARZIALE DI SOLE! Anche Alcor è una stella doppia OPERATIVO IL TELESCOPIO VISTA ISSN 1594-1299 Mensile - Anno 14 - Spediz. in A.P. - 45% art. 2 comma 20/B - Legge 662/96 DCI/VE SIMON MAYR, l’astrono- mo che diede il nome ai satelliti di Giove Test: Tubo ottico Celestron EdgeHD-8 Telescope Doctor: TUTTE LE NOVITÀ DEL MERCATO Seeing Red la presentazio- ne del libro di Halton Arp GEN 2010 135 www.coelum.com Euro 6,00 27 Gennaio: MARTE raggiunge la minima distanza dalla Terra 7 Gennaio 1610 Galileo scopre i satelliti di Giove

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15 Gennaio: ECLISSE PARZIALE DI SOLE! Anche Alcor è una stella doppiaOPERATIVO IL TELESCOPIO VISTA

ISSN 1594-1299

Mensile - Anno 14 - Spediz. in A.P. - 45% art. 2 comma 20/B - Legge 662/96 DCI/VE SIMON MAYR, l’astrono-

mo che diede il nome aisatelliti di Giove

Test: Tubo otticoCelestron EdgeHD-8

Telescope Doctor: TUTTE LENOVITÀ DEL MERCATO

Seeing Red la presentazio-ne del libro di Halton Arp

GEN2010135www.coelum.com

Euro 6,00

27 Gennaio:MARTE raggiunge la minima distanzadalla Terra

7 Gennaio 1610Galileo scoprei satelliti di Giove

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de alle stampe un’opera sul sistema diGiove in cui rivendicava di averne sco-perto i satelliti prima di lui, o perlome-no in contemporanea, il matematicoitaliano non ne fu certo compiaciuto.

Il libro in questione, intitolato Mun-dus Jovialis, era stato composto da Si-mon Mayr (nome latinizzato nel piùnoto Simon Marius), una vecchia co-noscenza di Galileo, come si può leg-gere nella scheda a pag. 50.

Il primo riferimento di Mayr alle sue(presunte) precoci osservazioni di Gio-ve era apparso già nel 1612, nell’intro-duzione a uno degli almanacchi annua-li che aveva il compito di redigere co-me astronomo di corte del Margraviodi Brandeburgo-Ansbach; il resocontofornito nel Mundus Jovialis del 1614 ètuttavia ben più dettagliato e, come ri-conobbe Delambre, non appare affattoinverosimile.

Mayr narra di aver sentito parlare perla prima volta del telescopio da un cer-to Fuchs, nobiluomo tedesco di sua co-

Galileo non inventò il tele-scopio, e questo si sapeva;come pure è abbastanza

noto che non fu nemmeno il primoa osservare la Luna, dato che fu pre-ceduto dall’inglese Harriot… maquanti sanno che anche la prioritàdella sua scoperta più famosa, quel-la dei satelliti di Giove, è stata mes-sa in discussione?A quanto pare, infatti, non si puòcompletamente escludere l’ipotesiche davvero l’astronomo tedesco Si-mon Mayr abbia condotto prima delpisano delle osservazioni sul sistemadi Giove, pubblicando però il tuttocon enorme (e sospetto) ritardo.Vero o no che sia, al bistrattatoMayr, subito tacciato di plagio, è ri-masta la soddisfazione di aver datoalle maggiori lune di Giove queinomi con cui sono oggi conosciute:Io, Europa, Ganimede e Callisto.

È noto come Galileo fosse intransi-gente nel difendere la priorità e i

“diritti” sulle scoperte astronomicheottenute grazie all’“occhiale”, in parti-colare per quella dei satelliti di Giovealla quale – come vedremo meglio nelnumero di marzo – doveva il suo pre-stigioso e ben remunerato posto allacorte dei Medici dopo i lunghi anni tra-scorsi a Padova.

Il successo della sua strategia di de-dicare scoperte celesti a importanti pa-troni per guadagnarsi il loro favore at-trasse numerosi detrattori, imitatori eanche tentativi di plagio, soprattutto aldi là delle Alpi, e quando nei primi me-si del 1614 un astronomo tedesco die-

di Ivano Dal Prete

noscenza, che ne aveva visto un esem-plare alla fiera di Francoforte nel set-tembre 1608 senza riuscire ad acqui-starlo. I suoi tentativi di produrne unonon portarono a nulla di buono, a cau-sa dell’indisponibilità di vetro adatto edella poca dimestichezza con la mola-tura delle lenti, finché nell’estate 1609non riuscì a ottenere dei buoni vetri daiPaesi Bassi. Dotato di uno strumentofinalmente soddisfacente, iniziò subitoa osservare il cielo notando per la pri-ma volta nel novembre 1609 che Gio-ve era accompagnato da 3 stelline. Co-me Galileo, ritenne inizialmente che sitrattasse di stelle fisse finché non si ac-corse, con suo grande stupore, che que-ste accompagnavano Giove anche nelsuo moto retrogrado durante tutto ilmese di dicembre; decise perciò di co-minciare a tenere un regolare diario diosservazioni (in forma tabulare, noncorredate da disegni), la prima dellequali fu presa “il 29 dicembre 1609”.

La protestante città di Ansbach nonaveva però ancora accolto la riforma

gregoriana delcalendario, equella data corri-sponde in realtàall’8 gennaio1610… come di-re che la primaosservazione re-gistrata di Gioveda parte di Mayrfu fatta il giornosuccessivo allaprima di Galileo.

La corrispon-dente osservazio-ne riportata nelSidereus Nun-cius, fatta prati-camente allastessa ora, risultain accordo conquella di Mayrche “le tre stellerisultavano visi-bili in linea rettaa ovest di Gio-

SIMON MAYRLA STORIA DELL’ASTRONOMO CHE

DIEDE IL NOME AI SATELLITI DI GIOVE

A destra. L’incisione raffigurante Si-mon Mayr che compare all’interno delsuo Mundus Jovialis. Da notare le di-mensioni del suo “perspicillum”.

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ve”, anche se ovviamente questa nonpuò essere considerata una prova dellabuonafede del tedesco che, stando aquanto scrive nella prefazione al Mun-dus Jovialis, in quei giorni avrebbe fi-nalmente ricevuto da Venezia dei vetriancora migliori che gli avrebbero con-sentito di scoprire anche il 4° satellite.

Mayr appare sincero nella sua espo-sizione, fino al punto di dichiarare che“Non voglio essere frainteso […] nonè mia intenzione quella di toglieregloria a Galileo, ma semplicementedi puntualizzare che anche a me èstata data l’opportunità di fare que-sta scoperta, negli stessi giorni o po-co prima…”

Malgrado ciò, trovò pochi difensorianche tra i connazionali: Keplero gliscrisse che ormai era un tantino tardiper la rivendicazione e che nessuno gliavrebbe dato retta; e il gesuita Chri-stoph Scheiner, per quanto avversariodi Galileo nella polemica sulle mac-chie solari, stigmatizzò le pretese diquel “calvinista” (in realtà luterano,ma sempre eretico era…).

Due secoli dopo, Jean-Baptiste De-lambre gli concesse il beneficio

del dubbio nella sua Histoire de l’A-stronomie Moderne (1821); l’astrono-mo francese rimase tuttavia perplessodi fronte alle effemeridi dei satelliti diGiove pubblicate per la prima voltaproprio nel libro di Mayr, e che copri-vano gli anni tra il 1608 e il 1630.

Passi per il loro scarso valore predit-tivo – quello del moto dei satelliti diGiove era dopotutto il più gran rompi-capo dell’astronomia del Seicento –ma il fatto è che Delambre non trovònessuna osservazione o previsione chenon si potesse ricavare dal SidereusNuncius o dai periodi delle stelle me-dicee che Galileo aveva trovato nell’a-prile 1611 e pubblicato l’anno succes-sivo. In breve, conclude Delambre,“tutto quello Mayr ci ha fornito, si po-teva scriverlo anche senza aver mai vi-sto i satelliti di Giove, se non nel librodi Galileo”.

Non è rimasto alcun manoscritto checonsenta di controllare le affermazionidi Mayr, ma la prima parte del raccon-to appare senz’altro verosimile: la fie-ra di Francoforte aveva rappresentato il“debutto ufficiale” del nuovo strumen-to ed è più che probabile che il tedesco

Simon Mayr e il suo Mundus Jovialissono quasi sempre associati alla po-

lemica sulla scoperta dei satelliti di Gio-ve, dimenticando spesso che si tratta diun’opera di notevole interesse per lastoria degli albori dell’astronomia tele-scopica.

Oltre a rivendicare per l’autore la sco-perta delle stelle medicee e a pubblicar-ne le prime effemeridi, Mayr descrive l’a-spetto telescopico di un certo numero dialtri oggetti celesti, accenna alle mac-chie solari che avrebbe iniziato a osser-vare il 3 agosto 1611, entra nel dibattitocosmologico e fornisce le prime stimedelle dimensioni di Giove e dei suoi com-pagni.

Il libro contiene in particolare la primadescrizione telescopica della Galassia diAndromeda, osservata il 15 dicembre1612: “senza strumento appare comeuna piccola nuvoletta: mentre con lostrumento non si vede alcuna stellasingola, come nel caso delPresepe o di altre nebulo-se… ma nel centro siscorge una luminosità dif-fusa e pallida, con un dia-metro forse pari a 1/4 digrado”.

Mayr sembra mettere indubbio la posizione di Gali-leo, che nel Sidereus Nun-cius aveva sbrigativamenteconsiderato ogni nebulosacome un aggregato di minu-tissime stelle, come pure lasua affermazione secondocui le stelle al telescopiocontinuano a scintillare, manon i pianeti. Il tedesco ap-pare invece consapevole delfatto che anche l’immaginetelescopica di un pianetapuò apparire tremolante, estila una classifica ponendoSaturno come pianeta “me-no scintillante”, seguito viavia da Giove, Marte, Veneree Mercurio.

Il telescopio che si costruìnel 1613 gli mostrava anchele stelle fisse più brillanti “diuna squisita rotondità”, esi chiedeva come mai Gali-leo avesse negato che le fis-se mostravano un disco

sensibile. La sua analisi dei diametri stel-lari osservati al telescopio, che egli con-sidera – peraltro in ottima compagnia –come la loro effettiva immagine, ha inrealtà importanti implicazioni cosmologi-che: il fatto di poterne osservare il dia-metro al telescopio fa propendere Mayrper l’ipotesi ticonica – in cui la Terra èfissa al centro dell’universo mentre i pia-neti ruotano attorno al Sole – tanto piùche può paragonarne le dimensioni ap-parenti a quelle di Giove.

Il rapporto tra le dimensioni dei satel-liti e quelle del pianeta è sovrastimato,ma Galileo nelle prime osservazioni del1610 non se la cava molto meglio. Chepoi Mayr non avesse nemmeno mai vi-sto le stelle medicee, come affermatodal pisano nel Saggiatore, è opinioneche possiamo relegare senz’altro nelvasto repertorio della propaganda gali-leiana. �

LE MERAVIGLIE DEL “MONDO DI GIOVE”

In alto. Il frontespizio del Mundus Jovialis, stam-pato a Norimberga nel 1614, un trattato che a par-te la disputa sulla priorità della scoperta dei satel-liti di Giove segnala l’opera di un astronomo capa-ce, la cui reputazione ebbe molto a soffrire di unforse eccessivo zelo accusatorio da parte dei so-stenitori di Galileo.Il Mundus Jovialis è stato tradotto in tedesco nel1988, e una traduzione inglese del 1916 (purtroppoincompleta) è disponibile in rete all’indirizzo:http://adsabs.harvard.edu/abs/1916Obs....39..367

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satelliti di Giove prima o contempora-neamente a Galileo, probabilmentenon comprese le straordinarie prospet-tive aperte dalla scoperta anche a livel-lo personale (in fondo disponeva già diun posto a corte) e non tenne, almenoall’inizio, un registro delle osservazio-ni. Sicuramente li osservò o riosservòin seguito al clamore del SidereusNuncius, e decise di reclamare nontanto la priorità della scoperta, quantoil fatto che tale scoperta fosse avvenu-ta indipendentemente e nello stesso pe-riodo in Germania e in Italia; comespiegato nel Mundus Jovialis, ciò gliconferiva il diritto di dedicare anch’e-gli quelle nuove stelle ai propri patronichiamandole “Stelle Brandeburgensi”,così come gli italiani avevano tutto ildiritto di continuare a chiamarle “Stel-le Medicee”.

Il nome dei satelliti di Giove

Il suo tentativo come noto non ebbeseguito, ma l’astronomo tedesco trovòun’importante rivincita postuma. An-cora incapace di distinguere con sicu-rezza un satellite dall’altro, Galileo nelSidereus Nuncius non aveva assegnatoloro dei nomi individuali; nel MundusJovialis Mayr propose dapprima dichiamarli, dall’esterno all’interno, il“Saturno di Giove”, il “Giove di Gio-ve”, il “Venere di Giove” e il “Mercu-rio di Giove” (Marte venne saltato inquanto astrologicamente inconciliabilecon Giove), e in alternativa di battez-zarli con i nomi di fanciulli e fanciul-le concupiti dal re degli dei.

Secondo lo stesso Mayr l’idea origi-nale fu di Keplero, che aveva incontra-to nel 1613 alla fiera di Ratisbona econ il quale aveva scherzosamente di-scusso degli amori di Giove. Gli sem-brarono quindi appropriati i nomi di Iofiglia del fiume Inaco, Callisto figlia diLicaone ed Europa figlia di Agenorementre il più brillante sarebbe statoGanimede, il bellissimo figlio di Troorapito da Giove in forma di Aquila.

Sui nomi singoli, comunque, neppu-re Mayr si formalizzava troppo: “poi-ché sono stati liberamente inventatida me, considero che ognuno sia li-bero di accettarli o rifiutarli”. Ci sa-rebbe voluto ancora molto tempo, maalmeno in questo i posteri lo avrebbe-ro assecondato. �

ne sia venuto a conoscenza prima diGalileo.

Come dimostra la ben documenta-ta vicenda di Thomas Harriot (vediCoelum nn. 128 e 129), l’italiano nonera certo l’unico nel 1609 a eseguireosservazioni celesti e l’assoluta ur-genza con cui il Sidereus Nunciusvenne mandato sotto i torchi dimo-stra che ne era perfettamente consa-pevole.

Tuttavia, non si può negare che lanarrazione di Mayr presenti degli ele-menti quantomeno sospetti: si fatica acomprendere, ad esempio, perché perpiù di un mese o forse due sia riusci-to a vedere soltanto 3 satelliti. Nonpoteva infatti trattarsi di un problemastrumentale dato che Ganimede appa-riva chiaramente il più luminoso, e glialtri non sembrano esibire grandi dif-

ferenze negli strumenti dell’epoca. A distanza di quattro secoli e in as-

senza di nuovi documenti, non c’è mo-do di provare o smentire in via definiti-va le affermazioni di Mayr e forse nonè nemmeno così interessante; è moltoimportante, tuttavia, capire il contestoculturale e sociale in cui furono pubbli-cate. Galileo aveva mostrato che la de-dica a un potente di un nuovo corpo ce-leste poteva essere molto gradita al de-dicatario, e ben più remunerativa per ildedicante di una lenta carriera universi-taria. Approfittando della novità dellostrumento e di un cielo ancora inesplo-rato, molti presero esempio dallo sco-pritore delle stelle medicee.

Il caso di Simon Mayr non apparetroppo diverso: se davvero osservò i

Simon Mayr (1573-1624) nacque aGunzenhausen (nell’odierna Ger-mania meridionale) e sembra non

abbia molto fondamento la diceria chelo vuole figlio del borgomastro, datoche entrò in una scuola per ragazzi po-veri presso Ansbach.

Lo stesso Mayr riconobbe più tardi diessere un autodidatta in astronomia, chepoté studiare seriamente “per soli dueanni”, ma nel 1596 il margravio Georg-Frederich di Brandeburgo-Ansbach co-minciò a sostenerlo nei suoi studi mate-matici e poco dopo l’aspirante astrono-mo iniziò a pubblicare i propri pronosticiastrologici. Della scuola del Margravio sidiceva che fossero tutti “o musicisti opoeti o maghi”, e Mayr sembra aver in-corporato in diversa misura ognuna diqueste personalità come del resto nonera raro all’epoca. Nel 1601 venne invia-to brevemente a Praga per studiare conTycho Brahe, e dopo la morte del grandeastronomo si recò a Padova dove rimasefino al 1605 (prima di venire richiamatoin Germania come astronomo di corte deiMargravi di Brandeburgo-Ansbach) stu-diando, diventando decano e poi bibliote-cario della “nazione tedesca” (una dellequattro in cui erano divisi gli studenti) elavorando come astrologo e insegnantedi matematica.

Negli anni padovani – per venire allavecchia disputa con Galileo – divenne

istitutore di matematica del giovaneBaldassarre Capra, che nel 1607 pub-blicò a Milano un libro sul compassogeometrico e militare inventato nel1597 da Galileo, rivendicandone la pa-ternità. Come riconobbero i magistrativeneziani a cui il matematico pisano sirivolse (nonché lo stesso Capra una vol-ta messo alle strette), si trattava di unpalese tentativo di plagio, effettuato tra-ducendo in latino ampi brani della de-scrizione dello stesso strumento pubbli-cata da Galileo l’anno precedente e checircolava da tempo in forma manoscrit-ta. Galileo sospettò fin da subito chedietro l’iniziativa si nascondesse la ma-no ben più esperta di un “antico avver-sario”, che si era forse schierato controGalileo nel corso delle polemiche pado-vane sulla “nova” del 1604.

Se alludeva a Simon Mayr, la pubbli-cazione del Mundus Jovialis dovetterappresentare la classica goccia che fatraboccare il vaso; lì per lì Galileo mo-strò superiore indifferenza (consultan-dosi però con l’Accademia dei Lincei sulmodo migliore per “confonderlo”), manel Saggiatore del 1623 abbandonòogni remora indicando apertamente inSimon Mayr il suo “geloso nemico”, ac-cusandolo di non aver mai nemmenovisto i satelliti di Giove e consegnando-lo all’ignominia dei posteri come plagia-tore recidivo. �

La vecchia ruggine tra Galileo e Mayr

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