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UNITA' D'ITALIA UNITA' D'ITALIA UNITA' D'ITALIA UNITA' D'ITALIA 150° anniversario 150° anniversario 150° anniversario 150° anniversario 1861 1861 1861 1861 - 2011 2011 2011 2011 ADOLFO ZAMBONI Fasti della Brigata Catanzaro Il 141° Reggimento Fanteria nella Grande Guerra GUIDO MAURO - Editore - CATANZARO 1933 CAPITOLO VIII Dopo un mese di riposo il reggimento venne richiamato sul Carso, dove, nella seconda decade di settembre, era stata ripresa l'offensiva. Le truppe passarono qualche giorno a Polazzo e poi salirono sul pianoro e raggiunsero il villaggio di Doberdò, durante la notte dal 16 al 17. Questa località, centro della sterile e sassosa regione tanto aspramente contesa, era quasi un cumulo di macerie: come tutti gli edifici, anche la povera chiesetta fu ridotta in rovine; solo un muro rimaneva intatto; gli altri erano diruti o screpolati; il tetto, squarciato, lasciava vedere il cielo. I nostri fecero del luogo pio, alla meglio riattato, una sezione di sanità, alla quale ben presto affluirono i numerosi feriti delle aspre battaglie. Nell'interno della chiesa non più arredi, non più sacre immagini; solo erano rimasti, nella furia distruttrice, un S. Francesco sui gradini dell'altar maggiore e l'immagine della VI Stazione, il Cristo che porta la Croce. E il luogo di preghiere si convertì in luogo di dolore: sulla paglia venivano adagiati i feriti che scendevano dal triste glorioso calvario.

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UNITA' D'ITALIAUNITA' D'ITALIAUNITA' D'ITALIAUNITA' D'ITALIA

150° anniversario150° anniversario150° anniversario150° anniversario

1861 1861 1861 1861 ---- 2011 2011 2011 2011

ADOLFO ZAMBONI

Fasti della Brigata Catanzaro

Il 141° Reggimento Fanteria

nella Grande Guerra

GUIDO MAURO - Editore - CATANZARO

1933

CAPITOLO VIII Dopo un mese di riposo il reggimento venne richiamato sul Carso, dove, nella seconda decade di settembre, era stata ripresa l'offensiva. Le truppe passarono qualche giorno a Polazzo e poi salirono sul pianoro e raggiunsero il villaggio di Doberdò, durante la notte dal 16 al 17. Questa località, centro della sterile e sassosa regione tanto aspramente contesa, era quasi un cumulo di macerie: come tutti gli edifici, anche la povera chiesetta fu ridotta in rovine; solo un muro rimaneva intatto; gli altri erano diruti o screpolati; il tetto, squarciato, lasciava vedere il cielo. I nostri fecero del luogo pio, alla meglio riattato, una sezione di sanità, alla quale ben presto affluirono i numerosi feriti delle aspre battaglie. Nell'interno della chiesa non più arredi, non più sacre immagini; solo erano rimasti, nella furia distruttrice, un S. Francesco sui gradini dell'altar maggiore e l'immagine della VI Stazione, il Cristo che porta la Croce. E il luogo di preghiere si convertì in luogo di dolore: sulla paglia venivano adagiati i feriti che scendevano dal triste glorioso calvario.

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Di notte, provenienti dalle retrovie nelle quali avevano atteso riposando e preparandosi, affluivano i fanti, diretti alle linee di combattimento dove li aspettavano i fratelli stanchi ed esausti per le battaglie. E tutti, in religioso silenzio, sfilavano, curvi sotto il peso delle armi e degli arnesi di trincea; passavano attraverso il paesello diruto, davanti alla chiesa dove si gemeva.

Immagine fotografica di Doberdò nel 1916, con a destra la chiesa semidistrutta dai tiri delle artiglierie. (Archivio del Comune di Doberdò del Lago)

Una fioca luce rischiarava là dentro le tenebre; le barelle entravano e deponevano i gloriosi feriti della notte. Il fante che muoveva alla pugna, sostava davanti a quel sacro luogo di dolore e, compreso di pietà, sussurrava una prece; taluno si faceva il segno della croce e piegava il ginocchio, pur sotto il peso del grave fardello.

Piantina del fronte d'attacco delle tre "spallate" italiane dell'autunno 1916 (7a, 8a e 9a Battaglia dell'Isonzo). Dal Corriere d'Italia, 13 ottobre 1916.

(archivio Adolfo Zamboni)

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Lasciato il villaggio di Doberdò, il Reggimento, per la strada che corre a settentrione del Crni hrib, scese nel vallone e andò a disporsi nei ricoveri situati nei pressi di Casa Ferleti, sulla strada di Nova Vas, rimanendo di rincalzo alle truppe della brigata «Salerno». Ma qualche giorno dopo, in vista di un prossimo attacco, il 141° Fanteria si trasferì alquanto più a sud, con due battaglioni nelle trincee di prima linea a quota 208 Nord e uno di immediato rincalzo sul rovescio della stessa altura. L'azione avrebbe dovuto iniziarsi nei primi giorni di ottobre, ma per causa del cattivo tempo venne più volte rimandata e finalmente venne fissata pel giorno dieci dello stesso mese.

Accampamento della brigata Catanzaro in prossimità della Quota 208 Nord. (archivio Adolfo Zamboni).

Obiettivo del 141° era lo sfondamento del fronte di Quota 208 Nord e la successiva avanzata per la conquista del Nad Bregom: l'opera di distruzione doveva iniziarsi a mezzogiorno e aver la durata di due ore; ma sulla quota, che si presentava come un ridotto fortificato, era concentrato il fuoco di numerosi pezzi da 305 piazzati nella zona di Monfalcone e inoltre moltissime bombarde che si trovavano sul rovescio della posizione; per evitare perdite nelle nostre truppe, queste dovettero indietreggiare, lasciando nelle prime linee soltanto poche vedette. L'azione del nostro fuoco fu di una efficacia senza pari; il nemico subì perdite tanto gravi e rimase talmente sbigottito che non fu in grado di resistere al primo urto delle fanterie, le quali, però, furono decimate prima di muovere all'assalto dall'artiglieria avversaria che prese di mira l'unico camminamento, lungo il quale erano allineati i reparti, e il rovescio della quota gremito di soldati.

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Ritaglio della pagina del Diario Storico del 141° reggimento fanteria con l'inizio della relazione sulla giornata del 10 ottobre 1916, data di inizio dell'Ottava Battaglia dell'Isonzo.

In cima alla pagina compare il riepilogo delle perdite del giorno precedente. Il 10 ottobre le perdite furono di 3 ufficiali uccisi e 4 feriti e di 97 militari di truppa uccisi e 431 feriti.

La tenuta del Diario era tra i compiti affidati al sottotenente Zamboni presso il Comando del Reggimento. (Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Roma)

Superate le trincee di quota 208 Nord, i fanti del 141°, assecondati nel loro movimento a sinistra dalla Brigata Salerno che aveva potuto conquistare Nova Vas, a destra dal 142° e dalla Brigata Padova, riuscirono a conquistare le linee retrostanti e a raggiungere, verso sera, le posizioni del Nad Bregom.

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Il maggior generale Carlo Sanna ritratto di spalle mentre interroga un ufficiale austriaco fatto prigioniero. Sullo sfondo soldati austriaci che si avviano verso la prigionia scortati da fanti della Catanzaro.

(archivio famiglia Sanna Dessì Baraldi).

Fu questa l'ultima volta che il Reggimento obbedì agli ordini del Colonnello Thermes, che venne proprio in quei giorni promosso generale per merito di guerra ed ebbe il Comando della Brigata Catanzaro, mentre il Generale Sanna fu promosso al grado di Comandante di Divisione.

Il maggior generale Carlo Sanna, comandante della brigata Catanzaro dal 12 agosto 1915 al 21 ottobre 1916,

(archivio famiglia Sanna Dessì Baraldi)

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Articolo de Il Giornale d'Italia del 17 ottobre 1916 dedicato ai generali Sanna e Thermes ed alle imprese dei «Calabresi, pugliesi e siciliani» della brigata Catanzaro, che viene indicata come

«una "brigata di ferro" calabrese comandata da un generale sardo.» In data 14 ottobre il Diario Storico del 141° Fanteria registra:

«Il Colonnello Thermes Cav. Attilio, promosso Maggior Generale per merito di guerra, lascia il Comando del Reggimento [...]. Il Comando del 141° è assunto dal Colonnello Ottolenghi Cav. Vittorio.» Al generale Thermes venne assegnato il comando della brigata Catanzaro il 22 ottobre 1916.

(archivio Adolfo Zamboni)

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Dopo una decina di giorni di riposo, il 141° Fanteria riprendeva il suo posto di battaglia nelle medesime posizioni e, riapertasi l'offensiva agli ultimi di ottobre, conquistava nuovo terreno, bagnandolo prodigamente col sangue dei suoi valorosi soldati; nei combattimenti aspri che si svolsero il giorno di Ognissanti e quello dei Defunti, caddero, tra gli altri, il Capitano Andrea De Logu, magnifica figura di sardo, e il sottotenente umbro Domenico Fabiani, in cui la giovane età contrastava col virile ardimento.

Ritratto fotografico del sottotenente Domenico Fabiani, comandante la 2a sezione mitragliatrici "Fiat" del 141° Fanteria, ferito mentre contrastava l'attacco nemico nella notte tra il 4 e 5 novembre 1916

e morto pochi giorni dopo all'Ospedale da Campo N° 055. Durante il funerale di guerra celebrato il 27 novembre 1916 il sottotenente Zamboni disse l'orazione funebre, riprodotta nell'opuscolo

Sottotenente Conte Domenico Fabiani - In memoria, Stabilimento Tipografico S. Giuseppe, Firenze, 1917 (archivio Adolfo Zamboni)

Con le nuove conquiste, che furono le ultime in quel fortunoso anno di guerra, la nostra linea sul Carso correva dal Faiti Hrib, per Kostanjevica, Hudi Log, quota 208 Sud, quota 144, quota 77 fino a quota 23 presso il mare.

Il secondo inverno trascorse monotono, tra la vita triste e logorante della trincea e i turni fissi di riposo; il 141° Fanteria tenne per lunghi periodi il fronte segnato dal saliente Hudi Log - Lucatic che fortificò solidamente, molestando di tanto in tanto il nemico e rettificando la linea in vari punti; intanto il Genio militare, aiutato dai fanti, lavorava alacremente alla costruzione di trincee retrostanti, munite di caverne, di tane di volpe e ricoveri adatti ad ospitare le milizie di rincalzo che nella prossima primavera sarebbero accorse nei giorni dell'azione.

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Proprietà letteraria Adolfo Zamboni.