14 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI SPECIALE Solo il corpo mi desti quando amor tu sentivi supplicare. ......

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DALLA SCIENZAALLA POESIA

CONLO STESSO

AMORE

di Paolo A. Paganini

P er chi ha conosciutoFrancesco Giulietti,

non sarà motivo si stu-pore la sua incredibileed eterogenea curiositàdi ricerca nei campi piùdisparati (conferenzesull’arte e la letteratura,appunti di viaggio e diguerra, dediche burle-sche, raccolte di mas-sime e sentenze, anno-tazioni morali, filosofi-che e religiose, libri, ar-ticoli, relazioni, scrittivari).Chi ne conosce l’operastenografica, sa che ilsuo ingegno fu consa-crato a scritti di fonda-mentale importanzastorica e dottrinale. Ma per tutti risulteràmotivo di meravigliascoprire un Giuliettipoeta.

È f inora il lato se-greto della sua

eclettica personalità,una zona nascosta nonancora esplorata, e cheoggi, qui, cercheremoin parte di svelare, sco-prendo una singolare edimprevedibile dimen-sione umana ed artisti-ca, vivace ed ironica,frutto non solo di teme-rarie arditezze poetichegiovanili (tutti abbiamouna manciata di liriche« immortali », scritte aquindici anni, riposte in

Alla LunaLuna che splendi in cielcon l’argentato raggioinfondimi coraggionel crudo mio dolor.Ho l’alma oppressa e mortesempre mi sta dinanzi,non so che più m’avanzi, eccetto che morir........La ragione di tanta scia-gurata desolazione?

O bei giorni perdutiche al tuo quieto chiarorparlavami d’amorcon dolce voluttà!.......O idilli, o abbracci, o baci,ah, dove andaste mai?.......Firenze, 10 agosto 1899

L’anima del g iovanepoeta è portata a ripie-garsi nella malinconiacon un’insistenza chemette precocemente inluce una sensibilità piùprofonda di quanto nonsia l’adolescenziale at-trazione romantica perquel sentimentalismocupo e disperato allaByron. In realtà, si vadelineando una passio-ne che diventa semprepiù vocazione poetica.

Il giorno dei morti.......Tutto, dovunque mi rivol-ga, dicemiseria e pianto, tutta va-nità,

chi sa quale cassetto!),ma anche seria vocazio-ne, coltivata con scien-za, passione, assiduità.Abbiamo così spigolatonella sua vasta raccoltadi poesie, tutte scritte incaratteri stenograf icigabelsbergeriani, checoprono un arco divent’anni, cioè dal 1898al 1918 (volume I, circaduecento componi-menti), più una dirada-ta raccolta di versi, dal1920 al 1950 circa, pocopiù d’una decina di liri-che, inquietanti e do-lenti, d’un uomo ormaistanco, forse deluso (vo-lume II). Il frontespizio del I vo-lume porta il seguentetitolo, con relativo sot-totitolo:

LE ODI ED I SONETTIDI FRANCESCOGIULIETTI

poeta e cuciniere,tenente mitragliere,pacifico e di cuore,

a tavola dottore,stenografo e avvocatoe quasi deputato

(e al piede, per non es-sere preso troppo sul se-rio, e per far rima conmillenovecentodiciot-to): = Chi legge è un granmerlotto =

Ecco, dunque, in versi,un po’ dolcestilnovisticiun po’ leopardiani, i pri-mi languori d’amoredel quindicenne Giu-lietti.

VisioneDolce visione agli occhimiei si porgespesso di lei che a un trat-to il cor m’incise,sempre rivedo quel suo farcorteseper cui giù in terra un pa-radiso sorge.......Firenze, novembre 1898

Appena un anno dopo, isentimenti comincianoa farsi concreti e dispe-rati.

14 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI

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SPECIALE GIULIETTI

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e mi conferma che niuno èfelice,la vita oscura e più l’eter-nità.E quasi dolce al mio fisopensiero,mentre dispero, desio dimorir........Firenze, 1-11-1899

Ma più della mortepoté l’amor... Ecco,dunque, come, in data6-3-901, ragiona dell’a-mor, che urge e premecon disincantato reali-smo.

Desolazione.......Che cosa cerchi, poveromio cuore?«Amor: cerco l’amore».Amor? Non ami tu, nonami il cantode l’uccelletto ed il fiorirdel prato,del cielo il mesto e lusin-ghiero incantonon ami e il pianto muto edesolatodel povero affamato?.......Non ami tutto quel cheamar si puote?Dimmi, che cerchi ancorse questo è nulla?«L’amor d’una fanciulla!»

Vogliamo essere decisa-mente più espliciti?Ecco come carduccia-namente conclude inon platonici novenaridi Amor silvano, inonor di Marzia. È im-pressionante la sua ca-pacità di padroneggiarel’incandescente eroti-smo che lo pervade........La lunga tua chioma on-deggianteall’aria correndo tu sciogli,

tra il verde stormir dellepiante,all’occhio fulminea ti togli.Tu sfuggi alla mano cheaneladi chiudere il lungo tuocrine;.......Con fremito avanzan lebracciavellutate all’amplesso fero-ce;ma agile il corpo si slacciae lanciasi lungi veloce.Un ridere echeggia argen-tinodai tronchi di querce e d’a-beti.......I cupidi occhi.......già chiudi frementi al-l’amplesso.......ti torci sull’erba odorata;pulsan violenti del pettole acerbe beltà desiate:tu gridi, ma prendi diletto.Sfavillan gli occhi tuoineri,la chioma s’è sparsa nelprato...Ti premo... Tu scuoti i leg-gerituoi fianchi, ... l’amore ècolmato!.......Firenze, 17-3-901

Ebbene, due g iornidopo, il diciottenneGiulietti riprenderà lapenna per scrivere Vo-luttà, dando ulteriori ri-tocchi d’inequivoca sen-sualità al suo entusia-smo per Marzia, salvopoi mutar repentina-mente d’umore, nelgiro d’una settimana. In Rimembranze, ecco-lo infatti gemere ed in-veire per la natura infe-dele della fanciulla........Solo il corpo mi destiquando amor tu sentivisupplicare.Ed or non li rammentii giorni che passai teco fe-lice;più nel tuo cuor non sentoche l’avarizia delle mere-trici.Ma un dì ci rivedremodavanti a Cristo nel giudi-zio eterno,e sempre ci ameremoforse nel pandemonio del-l’inferno.Firenze, 31-3-901

Il giovane Giulietti ra-gionerà poeticamente alungo sul suo amore in-

felice, intrecciando lu-gubri pensieri di morte,struggenti ricordi, di-sperati rimpianti. Ma ci sf iora anche ilnon gratuito sospettoch’egli abbia avuto co-sciente intenzione dinon andare più in là del-la sperimentazione poe-tica, visti anche i fre-quenti rimandi in notaad omologhi versi, aimitazione – dichiarata– del Carducci, di Dan-te, di Leopardi, di Man-zoni, di Foscolo, delloStecchetti... Insomma, anche dovela piena dei sentimentisembra prevalere sullarazionalità, Giuliettinon rinuncia alla suadote precipua e singo-larmente geniale: la ca-pacità critica, la pro-gressione analitica deldiscorso, anche poetico,il non smarrire il bendell’intelletto anche neimomenti più critici.Come vedremo, da lì apoco, dal fronte dellaGrande Guerra, da Gra-discutta.Intanto, poesie di circo-

Da sinistra: Gianpaolo Trivulzio, Paolo A. Paganini, Ada Mignini, Angelo Quitadamo.

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stanza, versi dedicatiagli amici, liriche d’ar-gomento morale, o mi-tologico, o epico, o de-scrittivo (spesso con ilgusto finale dello sber-leffo), «zibaldoni sonet-tistici» (come lui li chia-ma) sui più disparatisoggetti, rivelano sem-pre più una foga e unacontinuità non certo oc-casionali, ma piuttostouna convinta professio-ne di fede poetica. Fra i tanti argomentiche l’inesauribile estrodel Giulietti continuaad escogitare, qua e làemerge un’altra suapoco conosciuta predi-lezione: quella per lacucina. Già abbiamo ri-levato l’allusione culi-naria sul frontespizioiniziale del 1918. Maancor prima, il 25 di-cembre 1915, per l’«odebarbara » Caccia eguerra, ammiccava indedica a Renato France-schini, « intrepido caccia-tore oggi / strenuo soldatodomani / Francesco Giu-lietti / pasticciere e poeta/ questo poetico pasticcio/ (...) dedica ».E il 18-2-916, già avvoca-to, già attivo animatoree personalità di spiccodel mondo stenografi-co, già stenografo allaCamera dei deputati,già prossimo a partireper Gradisca sull’Ison-zo, lui pure combatten-te, dunque, e poi Croceal merito di guerra, condistaccata ironia scrive-va una « Dedica di unascatola di tortellini », iquali «nel brodo di cappo-ne / prendono un saporo-ne, / nel sugo di gallina /son pietanza divina»...

A Gradiscutta, poi, giàsul fronte, il 22-6-916,dedicava filosoficamen-te una poesia a RobertoCiabatti, anche « se fraun minuto tuona il canno-ne / cessa la farsa, cala iltelone».No, non sono più eserci-tazioni poetiche, nonson più giochi con le pa-role, non è più un’eroicainfatuazione adolescen-ziale per i dolenti lan-guori del cuore. È unaprecisa scelta letteraria,perseguita con tenace ecoerente serietà, paralle-la e importante quanto isuoi studi storico scienti-fici, quanto la sua atti-vità professionale di ste-nografo e di avvocato.Nell’agosto 1916, com-pone venticinque sonet-ti, che dedica all’amicoRenato Franceschini, eraccoglie sotto il titoloGuerra e pace. La guer-ra non sembra toglierela pace dell’anima alpoeta Giulietti. Sonrime leggere, con unaloro intrinseca freschez-za, come un’illusoriaf inzione, come se sisforzasse d’immaginarsiancora in Valdarno anzi-ché sulle rive tormenta-te dell’Isonzo. E chiedeaddirittura indulgenza,come se niente fosse,per qualche verso unpo’ zoppicante.

Sonetto VI.......Non sono di retorica undottore,né volli mai studiar la pro-sodia,e tutt’al più mi nomanprofessore,perché insegno un pochinstenografia.

Non so perder tempo a cin-cischiarese un verso è troppo lungoo troppo corto:mi basta che riescano a ri-maree d’arrivare bene o male,in porto.Perciò, Renato, non mi cri-ticare:piglia quel che mi vien, di-ritto o torto.

Nel sonetto successivo,però, il VII, Giuliettiabbandonerà una certaf util ità compositiva,per recuperare il sensodella storia e dellarealtà, anche se con lasolita disinvoltura peril metro. Ma che im-porta? Forse anzi perquesto risulta di since-ra e schietta moder-nità. Non c’è, intendia-moci, la forza tragicaed ossuta del dolore edell’umana fraternità,come saprà esprimereil « soldato semplice »Ungaretti, dal frontedel Carso. Ma, ugual-mente, i versi del Giu-l iett i sanno scavarsiuna rispettabile nicchiapoetica.

Giorni 73 passai alla fron-te,Renato, in mezzo al rombodei cannoni.Nel fango di trincea lasciaile improntee strappai nei reticoli i cal-zoni.Impavido salii l’adustomontedi Podgora e più volte an-dai carponidi Gorizia a osservar dalungi il ponte.......Vidi sgorgare da ferite or-rende

sangue italico in copia edevastaticampi deserti e sentii letremendeurla di morte in petti lace-rati.Sulla terra dormii sotto letendee divisi il pane nero coi sol-dati.

Da qui i sonetti, fino alXII, diventano epichedescrizioni di guerra e,insieme, documenti ori-g inali di una cronacache si fa storia (speciedove viene evitata la ri-dondanza di certa reto-rica nazionalistica), eche trova incisivo ri-scontro nella certosina edettagliata Opera Om-nia I - 1945 di FrancescoGiulietti, ossia: «Elencoe descrizione degli scrit-ti, editi e inediti compo-sti e conservati, con l’in-dicazione del luogo, del-l’anno e di altre notiziecirca l’opera e l’autore»,oggi conservata pressola Biblioteca Marucellia-na di Firenze.Poi l’Autore riprende ildominio di sé. E l’ispira-zione sembra inaridirsi.La « vis poetica » cedealla nostalgia dei ricor-di; si lascia sedurre dalpiacere della metafora edella retorica; il tono sifa discorsivo; il volos’abbassa. La guerranon è g ià più l’argo-mento principale. E,con Bucolica (30-8-916),torna «Al barbuto Ciabat-ti / professore e banchiere/ rispondendo alla sua let-tera del 25 agosto 916 /Francesco Giulietti / ste-no- poeta e pasticcere / eprovvisoriamente / solda-to agricoltore».

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Un inno alla semplicitàdella vita e agli onestipiaceri della natura edella tavola........... e la pollanca (= polla-stra)ingrassata a granoturco,messa arrosto, e salata,colla bruna patata.......Oppur su un bel leprottoda un cucinier sapientech’abbia l’Artusi a mentebene a puntino cotto,gustose pappardelleda portarsi alle stelle........da buon vino innaffiato,di carne di maiale,fatto arrosto col tordoche ci va ben d’accordo.Che dirò d’un conigliobianco e delicato?.......

Quindi procede con unarrosto d’agnello, cita lebistecche, onora il cap-pone e la bella gallina(« con un’insalatina »), ela pollastrella («cucinatain padella»), e il grassoc-cio piccione (« con unpo’ di limone »). E chedire dello zampone congli spinaci, delle salsiccee del cotechino? E nonfinisce qui l’epica scor-pacciata. Ecco le trigliealla livornese, il denticelesso con salsa maione-se..........E dei cibi la listacontinuar potrebbe........Ma vuoi che non ci mettadel vecchio parmigiano.......e un bicchier di buon vinodi Chianti o di Pomino.

Per la curiosità del filo-logo e del bongustaio,

diremo che il poeticoelenco culinario conti-nua per altri 108 versi!E, d’altra parte, Giuliettirimase così compiaciutodei suoi saporiti voli poe-tici che, un anno dopo(Befana 1917), comporràCapponeide, «poema ga-stronomico di stagione /del ghiottissimo poeta /Francesco Giulietti / chesopra i piatti com’aquilavola». L’opera (imposta-ta a un’allegra ironia) èdivisa in otto Canti, cosìdistribuiti: Proemio (55versi); Del cappone lesso(68 versi); Della salsa edel brodo (70 versi); Deltortellino (58 versi); Delcappone in umido (49);Del cappone arrosto(67); Della galantina(85); Dell’invocazione(31), per un totale di 483endecasillabi in terzinedantesche, con chiose edannotazioni. Non entreremo più ditanto – per ovvi motividi spazio e di tempo –nei dettagli esegetici diquesto poemetto, cheperaltro a noi serve soloa rilevare la novella pre-dilezione del poeta perquesto singolare argo-

mento, che, da una par-te, rivela il piacere deldivertimento poetico,ilare e scanzonato, maanche, d’altra parte, uninesorabile aff ievolirsidell’ispirazione.Lo stesso Giulietti, inOpera Omnia I, «Spraz-zi e spruzzi di... versi »,confesserà:« ... il ritorno alla vita co-mune ed alle ansie del do-poguerra ha determinatoanche la decadenza dell’i-spirazione poetica, che siritrova (?) tuttavia nei so-netti dedicati alla futurasposa, nel 1920, e che han-no, senza immodestia, (èsempre Giulietti chescrive) versi degni dei mi-gliori poeti. (...)«Ma poi la vena poetica sispenge nell’uniformità del-la vita quotidiana; poe-siuole d’occasione... finché«Mi son trovato a fare unapoesia«ma non ci ho più sentitaispirazione« la voglia di sognar m’èandata via« e nel mio cor s’è spentaogni passione!»

Intanto, però, f ino al-l’ottobre del 1918, quan-

do si chiuderà il primovolume di poesie, fratante liriche di circo-stanza, descrittive e de-dicatorie, emergonocon vigore quei due ar-gomenti, che continua-no stargli particolar-mente a cuore: l’amoree la cucina.Noi, imperterriti, abbia-mo preferito mettercisulle tracce d’amor, cheson quelle più rivelatricidell’anima del Giulietti,anche se, a malincuore,dobbiamo riconoscereche ci pesa assai rinun-ciare ai ghiotti conversa-ri poetici su zamponi efegatelli, su prosciutti ecotechini, su cosciotti divitello, di capretto op-pur d’agnello. Basta.Torniamo ai fremiti d’a-more.

Quando mi guardiQuando mi guardi coi tuoineri occhioniin terra per me s’apre ilparadisoe nella pace del tuo frescovisoprovo dell’alma tutti gliabbandoni........Roma, 15-7-917

Desiderio di baciIo ti vorrei baciare sullaboccae nella gola candida vorreiimprimerti l’ardor dei lab-bri mieiche il marchio lascia inquale parte tocca.......E quando sei lontana ilcaro nometi penso e chiamo e tuttadentro un velodi ricordi t’avvolgo e bacioancora.Roma, 16-7-917

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Paganini nel comune applauso in ricordo di Giulietti.

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Ti vedo ovunqueLa tua bellezza tutta la co-nosco.......Firenze, 21-7-917

Ricordanze16 Luglio 1917.......gridando: io t’amo, io t’a-mo!Oh quella notte come scin-tillavanonel puro ciel di Romale stelle e gli occhi tuoicome fulgevanosotto la nera chioma!Venne effluvio profumato etiepidodalla Villa Borghese........Era l’ultima notte ed eral’ultimoaddio che allor ti davo.Suonava l’orologio lento elugubrené da te mi staccavo!.......Erano pur fresche le tuelabbra rorideche sulle mie premetti,ardenti di piacere e d’insa-ziabiliimpetuosi affetti!Non senti ancora per lespalle scorrertiil fuoco dei miei baci,ed intorno al pulsante pet-to stringertile mie braccia tenaci?.......... Ancor vorrei baciartiancor ti vorrei stringer conun fremito........Oh, tormentoso desiderio,o brividopossente dell’amor.......e mentre il tempo vola.......sento d’amar te sola!.......

Strani casi di omonimia

o, forse, chissà?Sta di fatto che il nomedella fanciulla, rivelatodi lì a poco nella poesiaAttrazione, è Marzia,proprio come quellodella musa ispiratricedei suoi anni giovanili.

Marzia, dall’occhio nerosotto le brune cigliavibra d’amore un fieroraggio che mi scompiglia.Lo sguardo vorrei torcere, ma come calamitatutto verso il tuo essereattratta è la mia vita........E resister non possodi desiderio un brividosento corrermi addosso........Marzia, l’acerbo pettotondo, pulsante e biancoche si protende erettosulla curva del fianco,non ti so dir che spasimimi desti in ogni venaentro vorrei gettarmivicome in un fiume in piena........Parla, sorridi e baciamie tutto allor mi vedidandoti corpo ed animaschiavo caderti ai piedi.Firenze, 25-7-917

Dall’entusiasmo allosconforto: è in uncerto senso l’anda-mento emotivo diGiulietti poeta neltempo. Così, per al-tre storie e nuoveinfatuazioni, trovia-mo quest’altra de-lusione.

Gelido bacioGelido bacio, che senzapassionesulla mia bocca vi posastiun dì,di voi conservo l’orridaimpressione

che d’un cuor la menzognami scoprì........Quel bacio fu la morte del-l’amor!Brescia, 29-1-18

Forse non fu soltanto lamorte dell’amor. Ormaisi faceva strada un piùconcreto senso prosaicodella realtà. Lo stessosentimento dell’amoreperdeva slanci e furoriideali, per diventare piùquieto e sommesso.Così infatti ragiona inuna delle sue ultimepoesie d’amore,

Beltà idealeD’un cuore d’oro non socosa farmi,voglio un cuore di muscolie di sangueche sappia compatirmi esappia amarmi.......Brescia, 2-2-918

Il secondo volume, dipoche poesie, poco più

d’una decina, come ab-biamo g ià annotato,s’intitola «Ripresa». Ini-zia con una poesia dedi-catoria, senza titolo:«Alla mia cara Zaira, co-gli auguri di fine d’anno1920». Di lei così scrive:.......Negli occhi belli ti sorrideamoree ne trasluce la bontà del-l’alma,che in me diffonde unasoave calmae da ogni pena mi solleva ilcuore........

Si uniranno in matrimo-nio l’anno dopo. Da allora, FrancescoGiulietti scrisse pratica-mente un’unica poesiad’amore: una poesialunga 57 anni, tutta de-dicata all’amata Zaira,f inché la Musa nons’ammutolì per sempre.Era il 29 agosto 1978. Solo tre anni prima, aMontecatini, il 12-6-1975, aveva deposto ilsuo ultimo sberleffo.

Presto morrò, ché la fatal mia serarapida giunge e ‘l tempo non s’arresta.Ma quel giorno per tutti sarà festa.Sarà per tutti libera-zion vera« Osanna! » si diràd’un tiro secco«Alfine se n’è andato ilvecchio Cecco.Sia pace a lui che ci levòl’incomodo

né più con tanti lagni ciannoierà».

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Zaira Giulietti in una foto del 1912.