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14, 15 dicembre 2007 ore 21 Teatro Municipale Valli Compagnia Aterballetto Foto Orlando Sinibaldi Programma SERATA ARIOSTO prima rappresentazione assoluta in coproduzione Fondazione Nazionale della Danza e Fondazione I Teatri - Comitato per i 150 anni del Teatro Parole Sospese coreografia Walter Matteini ideazione scene e costumi Walter Matteini consulenza musicale Paride Bonetta luci Carlo Cerri interpreti Saul Daniele Ardillo, Adrien Boissonnet, Dario Dinuzzi, Maša Kolar, Marco Magrino, Lisa Martini, Dejalmir Melo, Kihako Narisawa, Bryna Pascoe, Claudia Piana, Giuseppe Spota InCanto coreografia Mauro Bigonzetti scene e impianto visivo Angelo Davoli ideazione costumi Guglielmo Capone musica Georg Friedrich Händel consulenza e interventi musicali Bruno Moretti luci Carlo Cerri interpreti La Compagnia Realizzazione scene: General Display srl Realizzazione filmati: Mediavision «Cosa Non Detta In Prosa Mai Né In Rima»: Incipit Ariosto Il mondo creativo di Aterballetto si arric- chisce, quest’anno, di due titoli appa- rentemente simmetrici, nella piegatura comune verso suggestioni tratte dal- l’opera di Ludovico Ariosto, per Mauro Bigonzetti alcune pagine dell’Orlando furioso e per Walter Matteini quelle delle Satire, ma in realtà abbastanza dissimili nelle scelte ideative e nella conversione coreografica. La filiazione tra l’epica ariostesca e la storia della danza teatrale è di lunga durata. Congiunge le origini della danza di corte con le esperienze più recenti del teatro musicale contemporaneo. La cultura di danza rinascimentale sùbito si appropriò di talune figure o episodî esemplari (la follia, la selva, Alcina) per mostrare attraverso capricciose demiurgie la realtà come un crocevia tra ragione e disragione, misura e di- smisura, a partire da Le Ballet du Roi représentant la fureur de Roland (1618) prima delle opere di Lully (Roland, 1685, coreografie attribuite a P. Beau- champs) e di Händel (Orlando, 1733). Più di recente, occorre ricordare La follia di Orlando di Aurel Milloss (1947 per il Teatro alla Scala), le musiche di Goffredo Petrassi, scene e costumi di Felice Casorati. Nella istintiva lettura di Bigonzetti, che risente non solo della lettura del poema ariostesco fatta da Italo Calvino ma anche delle suggestive trasformazioni manieriste che Luca Ronconi fece in tandem con Edoardo Sanguineti per un evento teatrale (e poi televisivo) di epocale importanza, quello che prende forma qui su di uno sfondo aperto e senza orizzonte è un immaginario da Wunderkammer. Che è come dire, il chiuso e il raccolto del mondo, immagazzinato a dispetto della storia e del tempo, liberato nel favoloso e nell’ideale, quasi come in una prospettiva emancipata dall’immaginazione. Qui, dunque, nell’allusione del titolo (InCanto) che combina l’incantesimo dei luoghi magici al tema dei viaggi impossibili e alla seduzione ritmica delle voci (e difatti le musiche sono preva- lentemente cantate), viene presentato un mondo visionario il cui processo organizzativo non è presieduto da un vero principio di ordine, ma dove la forza guerriera, senza distinzione di ge- nere, e la follia latente, come ipotesi più radicale di essere nel mondo, vibrano nell’aria in una continua esplosione di corpi. Mauro Bigonzetti parla di «una follia anche nobile», in profonda antitesi con l’etica del successo (militare ma anche sociale) e capace di mostrare il lato notturno e aereo della vita: la nobil- tà della sconfitta, la dignità anatomica di un corpo in un movimento ‘senza ossa’. I venti danzatori dànno vita, così, a una energia che è prima di tutto collettiva, profondamente condivisa e capace di restituire per intero la forza plurale di questo ensemble, in una atmosfe- ra che tra proiezioni video, citazioni scenografiche dell’epica occidentale (grazie al lavoro sovrapposto dell’artista Angelo Davoli), e allusioni musicali del teatralissimo Händel, trasforma la visio- ne ritmico spaziale degli schieramenti in marcia verso la battaglia, in drappelli ordinati per più ironiche danze di corte. E non mancano le allusioni alla ru- moristica del barocco teatrale, né ai duetti guerreschi dei nemici amanti (tema tipico dell’epica ariostesca e poi tassiana), assunti qui anche attraverso una potente e virile femminilità. Il corpo degli interpreti sembra sempre spinto ad uscire dall’ossatura, ossia dall’or- dine e dagli schemi che presiedono il movimento, pur rimanendo nell’alveo di un rigore a base classica, verso però una ipotesi contemporanea della follia del corpo quale ricettacolo di scontri esplosi e/o di conflitti ancóra implosi. La struttura coreografica è fortemente episodica, e sembra precisare con grande evidenza l’interesse oggi più forte di Bigonzetti coreografo, ossia quello per un corpo capace di aggior- nare la tradizione su di una longitudine che non consente vulnerabilità né ce- dimenti nei confronti dei valori dinamici ed espressivi del movimento danzato. Per questo, anche, la narrazione, nelle ultime sue creazioni per Aterballetto, si è felicemente contratta in una sem- plice, presupposta presenza. E senza che il progetto coreografico si svuoti in una astratta pulsione di oggettivazione delle forme. Fin dall’iniziale avvio, sulle note e parole di Augelletti (di Händel), la continua dialettica tra l’ensemble e i solisti, che allude a una più dettagliata logica tra caos e ordine, trasforma una bella lenta tensione d’insieme in una apertura di credito nei confronti del molteplice. Come se ogni azione del moltiplicare e del differenziare le energie, così come delle simmetrie, debba piegarsi alla più forte intuizione della pluralità dei mondi. Mentre i ritmi si alternano in uno spazio senza orizzonte (grazie al dispositivo che rialza il fondo scena), le figure in difficili tensioni e torsioni assunte dai solisti (cui Bigonzetti dedica qui nuove, febbrili scritture di movimento) alludono a una idea della poesia ariostesca sol- tanto in superficie luminosa e priva di ombre, ma in realtà piena di barbagli e di esitazioni, di disarmanti paure e di fiere ripicche, e capaci di rimescolare le convinzioni meglio assunte, come quando le immagini ritratte si squaglia- no nel fuoco e le identità si mecolano. Ben si comprende allora perché siano stati i versi iniziali (tra cui: «cosa non detta in prosa mai né in rima») a ispi- rare maggiormente Bigonzetti, quando durante le prove lo si è sentito dire a una ballerina, nel mezzo di un assolo, per correggere un breve cambio di di- rezione nel movimento del capo: «devi portare la testa in un altro mondo». Nella equilibrata lettura di Walter Mat- teini, invece, le Satire ariostesche, che sono epistole morali sulle noie del quo- tidiano e delle relazioni interpersonali, per tutto aliene nella scrittura ai temi del fantastico e del soprannaturale, si trasformano in una sorta di discorso diretto. Quasi come se alla danza fosse demandato il cómpito non di descrive- re didascalicamente il mondo autobio- grafico ariostesco, ma di restituire in queste Parole Sospese la voce nei suoi toni più immediati e diretti, così come sembra celarsi lungo tutti i versi. Uno stridente montaggio musicale, che spazia da Webern a Kagel e Ligeti, fa da cornice a una schietta immediatezza di fondo nelle strategie con cui è costruito il movimento. Matteini sembra aver raggiunto una nuova maturità che esige una scrittura coreografica totale, e a cui gli interpreti devono però uniformarsi. Il corpo danzante alterna momenti delicati a respiri violenti, mentre alcu- ne allusioni musicali ‘facili’ (come per Shostakovich o per il Verdi di Traviata) richiamano un’idea di popolare e di lo- cale che pone l’importanza del territorio in antitesi al progetto poetico universale del poeta-cortigiano. In questo nuovo lavoro di Matteini colpiscono la ricchez- za delle variazioni nell’ensemble, che alludono a una complessità emotiva e visionaria poeticamente condivisa, e i due soli maschili, potentemente allu- sivi alla parte più politica delle lettere ariostesche, con un finale rimando alla figura solitaria dell’uomo di lettere dopo che il successo ha lasciato intatte tutte le finzioni, e le debolezze. Stefano Tomassini © A. Anceschi Sponsor ufficiale della produzione con il Patrocinio del Comune di Reggio Emilia

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14, 15 dicembre 2007 ore 21 Teatro Municipale ValliCompagnia Aterballetto

Foto

Orla

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ibal

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Programma

SERATA ARIOSTOprima rappresentazione assoluta

in coproduzione Fondazione Nazionale della Danza e Fondazione I Teatri - Comitato per i 150 anni del Teatro

Parole Sospese

coreografia Walter Matteini

ideazione scene e costumi Walter Matteiniconsulenza musicale Paride Bonettaluci Carlo Cerri

interpretiSaul Daniele Ardillo, Adrien Boissonnet, Dario Dinuzzi, Maša Kolar, Marco Magrino, Lisa Martini, Dejalmir Melo, Kihako Narisawa, Bryna Pascoe, Claudia Piana, Giuseppe Spota

InCanto

coreografia Mauro Bigonzetti

scene e impianto visivoAngelo Davoliideazione costumi Guglielmo Caponemusica Georg Friedrich Händelconsulenza e interventi musicali Bruno Morettiluci Carlo Cerri

interpretiLa Compagnia

Realizzazione scene: General Display srlRealizzazione filmati: Mediavision

«Cosa Non Detta In Prosa Mai Né In Rima»: Incipit Ariosto

Il mondo creativo di Aterballetto si arric-chisce, quest’anno, di due titoli appa-rentemente simmetrici, nella piegatura comune verso suggestioni tratte dal-l’opera di Ludovico Ariosto, per Mauro Bigonzetti alcune pagine dell’Orlando furioso e per Walter Matteini quelle delle Satire, ma in realtà abbastanza dissimili nelle scelte ideative e nella conversione coreografica.La filiazione tra l’epica ariostesca e la storia della danza teatrale è di lunga durata. Congiunge le origini della danza di corte con le esperienze più recenti del teatro musicale contemporaneo. La cultura di danza rinascimentale sùbito si appropriò di talune figure o episodî esemplari (la follia, la selva, Alcina) per mostrare attraverso capricciose demiurgie la realtà come un crocevia tra ragione e disragione, misura e di-smisura, a partire da Le Ballet du Roi représentant la fureur de Roland (1618) prima delle opere di Lully (Roland, 1685, coreografie attribuite a P. Beau-champs) e di Händel (Orlando, 1733). Più di recente, occorre ricordare La follia di Orlando di Aurel Milloss (1947 per il Teatro alla Scala), le musiche di Goffredo Petrassi, scene e costumi di Felice Casorati.Nella istintiva lettura di Bigonzetti, che risente non solo della lettura del poema ariostesco fatta da Italo Calvino ma anche delle suggestive trasformazioni manieriste che Luca Ronconi fece in tandem con Edoardo Sanguineti per un evento teatrale (e poi televisivo) di epocale importanza, quello che prende forma qui su di uno sfondo aperto e senza orizzonte è un immaginario da Wunderkammer. Che è come dire, il chiuso e il raccolto del mondo, immagazzinato a dispetto della storia e del tempo, liberato nel favoloso e nell’ideale, quasi come in una prospettiva emancipata dall’immaginazione.Qui, dunque, nell’allusione del titolo (InCanto) che combina l’incantesimo dei luoghi magici al tema dei viaggi impossibili e alla seduzione ritmica delle voci (e difatti le musiche sono preva-lentemente cantate), viene presentato un mondo visionario il cui processo organizzativo non è presieduto da un vero principio di ordine, ma dove la forza guerriera, senza distinzione di ge-nere, e la follia latente, come ipotesi più radicale di essere nel mondo, vibrano nell’aria in una continua esplosione di corpi. Mauro Bigonzetti parla di «una follia anche nobile», in profonda antitesi con l’etica del successo (militare ma anche sociale) e capace di mostrare il lato notturno e aereo della vita: la nobil-tà della sconfitta, la dignità anatomica di un corpo in un movimento ‘senza ossa’.

I venti danzatori dànno vita, così, a una energia che è prima di tutto collettiva, profondamente condivisa e capace di restituire per intero la forza plurale di questo ensemble, in una atmosfe-ra che tra proiezioni video, citazioni scenografiche dell’epica occidentale (grazie al lavoro sovrapposto dell’artista Angelo Davoli), e allusioni musicali del teatralissimo Händel, trasforma la visio-ne ritmico spaziale degli schieramenti in marcia verso la battaglia, in drappelli ordinati per più ironiche danze di corte.E non mancano le allusioni alla ru-moristica del barocco teatrale, né ai duetti guerreschi dei nemici amanti (tema tipico dell’epica ariostesca e poi tassiana), assunti qui anche attraverso una potente e virile femminilità. Il corpo degli interpreti sembra sempre spinto ad uscire dall’ossatura, ossia dall’or-dine e dagli schemi che presiedono il movimento, pur rimanendo nell’alveo di un rigore a base classica, verso però una ipotesi contemporanea della follia del corpo quale ricettacolo di scontri esplosi e/o di conflitti ancóra implosi.La struttura coreografica è fortemente episodica, e sembra precisare con grande evidenza l’interesse oggi più forte di Bigonzetti coreografo, ossia quello per un corpo capace di aggior-nare la tradizione su di una longitudine che non consente vulnerabilità né ce-dimenti nei confronti dei valori dinamici ed espressivi del movimento danzato. Per questo, anche, la narrazione, nelle ultime sue creazioni per Aterballetto, si è felicemente contratta in una sem-plice, presupposta presenza. E senza che il progetto coreografico si svuoti in una astratta pulsione di oggettivazione delle forme.Fin dall’iniziale avvio, sulle note e parole di Augelletti (di Händel), la continua dialettica tra l’ensemble e i solisti, che allude a una più dettagliata logica tra caos e ordine, trasforma una bella lenta tensione d’insieme in una apertura di credito nei confronti del molteplice. Come se ogni azione del moltiplicare e del differenziare le energie, così come delle simmetrie, debba piegarsi alla più forte intuizione della pluralità dei mondi.Mentre i ritmi si alternano in uno spazio senza orizzonte (grazie al dispositivo che rialza il fondo scena), le figure in difficili tensioni e torsioni assunte dai solisti (cui Bigonzetti dedica qui nuove, febbrili scritture di movimento) alludono a una idea della poesia ariostesca sol-tanto in superficie luminosa e priva di ombre, ma in realtà piena di barbagli e di esitazioni, di disarmanti paure e di fiere ripicche, e capaci di rimescolare le convinzioni meglio assunte, come quando le immagini ritratte si squaglia-no nel fuoco e le identità si mecolano.Ben si comprende allora perché siano stati i versi iniziali (tra cui: «cosa non detta in prosa mai né in rima») a ispi-

rare maggiormente Bigonzetti, quando durante le prove lo si è sentito dire a una ballerina, nel mezzo di un assolo, per correggere un breve cambio di di-rezione nel movimento del capo: «devi portare la testa in un altro mondo».Nella equilibrata lettura di Walter Mat-teini, invece, le Satire ariostesche, che sono epistole morali sulle noie del quo-tidiano e delle relazioni interpersonali, per tutto aliene nella scrittura ai temi del fantastico e del soprannaturale, si trasformano in una sorta di discorso diretto. Quasi come se alla danza fosse demandato il cómpito non di descrive-re didascalicamente il mondo autobio-grafico ariostesco, ma di restituire in queste Parole Sospese la voce nei suoi toni più immediati e diretti, così come sembra celarsi lungo tutti i versi.Uno stridente montaggio musicale, che spazia da Webern a Kagel e Ligeti, fa da cornice a una schietta immediatezza di fondo nelle strategie con cui è costruito il movimento. Matteini sembra aver raggiunto una nuova maturità che esige una scrittura coreografica totale, e a cui gli interpreti devono però uniformarsi. Il corpo danzante alterna momenti delicati a respiri violenti, mentre alcu-ne allusioni musicali ‘facili’ (come per Shostakovich o per il Verdi di Traviata) richiamano un’idea di popolare e di lo-cale che pone l’importanza del territorio in antitesi al progetto poetico universale del poeta-cortigiano. In questo nuovo lavoro di Matteini colpiscono la ricchez-za delle variazioni nell’ensemble, che alludono a una complessità emotiva e visionaria poeticamente condivisa, e i due soli maschili, potentemente allu-sivi alla parte più politica delle lettere ariostesche, con un finale rimando alla figura solitaria dell’uomo di lettere dopo che il successo ha lasciato intatte tutte le finzioni, e le debolezze.

Stefano Tomassini

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Sponsor ufficiale della produzione

con il Patrocinio del Comune di Reggio Emilia

CoincidenzeAccade a volte, che delle coincidenze presentino tutte le caratteristiche per poter essere lette come dei segni. Una città che vuole onorare i 150 anni del suo teatro rappresenta senza dubbio un desiderio naturale per un evento importante anche se limitato al cerchio di antiche mura. Il fatto però, che il talento più grande a cui questa città abbia dato i natali sia quel personaggio che attraverso la sua sagace ironia e la sua iperbolica immaginazione ha tradotto sentimenti e passioni umane in personaggi, e che quei personaggi con le loro storie abbiano superato qualsiasi confine ed abbiano eviden-ziato l’assoluta universalità dell’uomo, della sua natura, dei suoi sentimenti, ci appare come una coincidenza che ha i connotati di un segno.La passione, quella contro la quale non possiamo utilizzare alcuna difesa, ec-cola riapparire sulla nostra strada.Quei sentimenti, che arrivano a coinci-dere con le passioni e quelle passioni che esercitano il loro potere sulla ra-gione, sono lo stimolo alla voglia di continuare il lavoro di ricerca verso le possibilità che ha il corpo di esplorarli e di ritrasmetterli, di evidenziare quelle caratteristiche che ci rendono tutti così terribilmente uguali, tutti immagini di-verse di quell’unica natura umana che rende le nostre infinite diversità una grande unità.

Serata AriostoLudovico Ariosto è, a parere di quasi tutta la critica che lo riguarda, un autore estremamente contemporaneo e vicino ai giorni nostri, per l’attualità e moderni-tà dei temi affrontati nelle sue opere.La serata di Aterballetto dedicata al-

1Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,le cortesie, l’audaci imprese io canto,che furo al tempo che passaro i Morid’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,seguendo l’ire e i giovenil furorid’Agramante lor re, che si diè vantodi vendicar la morte di Troianosopra re Carlo imperator romano.

2Dirò d’Orlando in un medesmo trattocosa non detta in prosa mai, né in rima:che per amor venne in furore e matto,d’uom che sì saggio era stimato prima;se da colei che tal quasi m’ha fatto,che ‘l poco ingegno ad or ad or mi lima,me ne sarà però tanto concesso,che mi basti a finir quanto ho promesso.

3Piacciavi, generosa Erculea prole,ornamento e splendor del secol nostro,Ippolito, aggradir questo che vuolee darvi sol può l’umil servo vostro.Quel ch’io vi debbo, posso di parolepagare in parte e d’opera d’inchiostro;né che poco io vi dia da imputar sono,che quanto io posso dar, tutto vi dono.

4Voi sentirete fra i più degni eroi,che nominar con laude m’apparecchio,ricordar quel Ruggier, che fu di voie de’ vostri avi illustri il ceppo vecchio.L’alto valore e’ chiari gesti suoivi farò udir, se voi mi date orecchio,e vostri alti pensieri cedino un poco,sì che tra lor miei versi abbiano loco.

5Orlando, che gran tempo innamoratofu de la bella Angelica, e per leiin India, in Media, in Tartaria lasciatoavea infiniti ed immortal trofei,in Ponente con essa era tornato,dove sotto i gran monti Pireneicon la gente di Francia e de Lamagnare Carlo era attendato alla campagna,

6per far al re Marsilio e al re Agramantebattersi ancor del folle ardir la guancia,d’aver condotto, l’un, d’Africa quantegenti erano atte a portar spada e lancia;l’altro, d’aver spinta la Spagna inantea destruzion del bel regno di Francia.E così Orlando arrivò quivi a punto:ma tosto si pentì d’esservi giunto:

7Che vi fu tolta la sua donna poi:ecco il giudicio uman come spesso erra!Quella che dagli esperi ai liti eoiavea difesa con sì lunga guerra,or tolta gli è fra tanti amici suoi,senza spada adoprar, ne la sua terra.Il savio imperator, ch’estinguer volseun grave incendio, fu che gli la tolse.

8Nata pochi dì inanzi era una garatra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo,che entrambi avean per la bellezza rarad’amoroso disio l’animo caldo.Carlo, che non avea tal lite cara,che gli rendea l’aiuto lor men saldo,questa donzella, che la causa n’era,tolse, e diè in mano al duca di Bavera;

9in premio promettendola a quel d’essi,ch’in quel conflitto, in quella gran giornata,degl’infideli più copia uccidessi,e di sua man prestasse opra più grata.Contrari ai voti poi furo i successi;ch’in fuga andò la gente battezzata,e con molti altri fu ‘l duca prigione,e restò abbandonato il padiglione.

10Dove, poi che rimase la donzellach’esser dovea del vincitor mercede,inanzi al caso era salita in sella,e quando bisognò le spalle diede,presaga che quel giorno esser rubelladovea Fortuna alla cristiana fede:entrò in un bosco, e ne la stretta viarincontrò un cavallier ch’a piè venìa.

11Indosso la corazza, l’elmo in testa,la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo;e più leggier correa per la foresta,ch’al pallio rosso il villan mezzo ignudo.Timida pastorella mai sì prestanon volse piede inanzi a serpe crudo,come Angelica tosto il freno torse,che del guerrier, ch’a piè venìa, s’accorse.

12Era costui quel paladin gagliardo,figliuol d’Amon, signor di Montalbano,a cui pur dianzi il suo destrier Baiardoper strano caso uscito era di mano.Come alla donna egli drizzò lo sguardo,riconobbe, quantunque di lontano,l’angelico sembiante e quel bel voltoch’all’amorose reti il tenea involto.

13La donna il palafreno a dietro volta,e per la selva a tutta briglia il caccia...(Ludovico Ariosto, Orlando furioso)

l’Ariosto, più che ripercorrere le opere dell’autore in senso narrativo, intende reinterpretarne i temi e il pensiero vi-sionario, un pensiero, come dicevamo, profondamente attuale.Le coreografie che compongono la serata, traggono ispirazione dalla ca-pacità del pensiero di Ludovico Ariosto di trascendere i confini temporali e geografici, ed entrambe non lasciano nessuno spazio per il racconto e la narrazione. La nostra sfida è quella di creare suggestioni in grado di fare rivivere l’autore, oggi, oltre il suo valore letterario, andando verso la riscoperta dello spessore politico in senso lato, ma anche e prima di tutto, di quello umano ed esistenziale del poeta. Il filo rosso che lega le coreografie è la trasposizione temporale, il viaggio nella sua valenza simbolica. Il pensiero politico e civile dell’uomo nella società, ma anche la passione, la pazzia ed il conflitto interiore fanno parte della condizione dell’essere umano nel ‘500 come di oggi.Parole Sospese partirà da alcuni temi delle Satire, ancora attuali nei conte-nuti, e tenderà a porsi delle domande piuttosto che esporre il proprio punto di vista, quasi con l’intenzione di gettare provocazioni sulle quali riflettere. InCanto, invece, prenderà spunto da episodi dell’Orlando Furioso partico-larmente interessanti per un coreo-grafo contemporaneo: l’esplorazione dell’esistenza stessa dell’uomo di ogni tempo. L’amore, la guerra, la precarietà della ragione, la follia, il conflitto eterno, le contraddizioni, dentro e fuori di sé. Sarà un viaggio temporale, ma anche spaziale, che darà risalto all’universalità di questi temi. Come non è casuale il fatto che l’Ario-

sto sia uno dei letterati italiani più studiati all’estero, anche la scelta mu-sicale per questo lavoro è volutamente eclettica: Weber, Shostakovich, Verdi, Händel… forse l’Ariosto è più vicino a noi di quanto si possa immaginare.

Mauro Bigonzetti, Walter Matteini

È una sfida possibile oggi, per un giovane coreografo, danzare con Ariosto, tradurre in movimento le Sati-re e l’Orlando Furioso, mondo reale e proiezione fantastica della corte rinasci-mentale? Certo è necessaria una certa dose di incoscienza, il desiderio di con-frontarsi con la grandezza, la necessità di mettere alla prova il proprio talento.Non ci si aspetti un balletto narrativo, la materia è sterminata, né il susse-guirsi di episodi di stampo antologico, forme poco congeniali al balletto con-temporaneo, quanto piuttosto risalire alle strutture profonde del linguaggio dell’Ariosto; nessuno infatti come lui ha saputo tradurre in avventura, viaggio, fuga, movimento, volo, ogni sentimento, ogni moto dell’animo, ogni condizione psicologica. Questo non è certamente passato inosservato a chi ha fatto della traduzione in movimento dei moti dell’animo, l’oggetto della pro-pria ricerca.Altre analogie può trovare la danza moderna con l’ottava ariostesca dove musicalità e ritmo sono protagonisti assoluti, dove il continuo passaggio dal linguaggio aulico ai lombardismi della lingua parlata rivelano il distacco ironico dell’autore rispetto agli eccessi della materia cavalleresca.Così la grande tradizione del balletto classico ottocentesco, linguaggio auli-co del corpo, diventa punto di partenza per avventure che esplorano inedite

possibilità di movimento, un continuo trascorrere tra antico e nuovo, tra no-bile e popolare.In tale contesto, fondamentale è il ruolo della musica, che non accompagna, ma genera il movimento, suggerisce il clima emotivo e, sovvertendo ogni coordinata spazio-temporale, vola sulla luna alla ricerca di un senno ormai irri-mediabilmente perduto. Immodestamente pensiamo che l’Ario-sto avrebbe apprezzato.

Walter Matteini

Architetture nell’ariaSin dall’inizio ho deciso che non mi in-teressava una rappresentazione fedele che fosse direttamente riconducibile alla trama dell’Orlando. Nemmeno un atteggiamento di “snobismo“ in-tellettuale ricercando nella trama del Furioso quelle parti meno “abusate” nelle iconografie. L’ippogrifo è già sta-to rappresentato dall’uomo, in molte forme differenti. Ho cercato nel mio archivio mentale e “fisico” la forma che lo evocava. Si trattava solo di “ripulire” quella forma da tutte le infrastrutture e i preconcetti che la circondavano e mo-strarla nella sua essenza originaria. L’uomo nel corso dei secoli ha plasma-to una molteplicità di forme, spesso mutuate da altrettante forme primitive già pre-esistenti o da immagini men-tali ereditate dalla nostra cultura an-cestrale; la rappresentazione diventa un’immagine mentale, una personale e poetica visione della “realtà”. Con Mauro Bigonzetti ho cercato un punto d’incontro fra i nostri lavori, che apparentemente viaggiano su diversi binari; il mio lavoro è sulle architettu-re, utilizzando materiali inerti, Mauro “costruisce” le sue architetture con il corpo. La mia arte comunica attraverso un’immagine statica mentre la danza è dinamica, cinetica.Credo che nell’apparente antitesi fra i due linguaggi vi sia un comune deno-minatore che è l’elemento “aria”.Mi affascina pensare alla danza come ad un bisogno ancestrale dell’uomo di interagire con questo elemento, trascendendo le leggi della fisica per muoversi più liberamente in un universo “spirituale”.Amo spesso citare un pensiero di Yves Klein che, con estrema lucidità scrive: ”Diventeremo uomini aerei, co-nosceremo la forza di attrazione verso l’alto, verso lo spazio, verso il niente e il dappertutto allo stesso tempo, e dopo aver così domato la forza di attrazione leviteremo letteralmente in una totale libertà fisica e spirituale”.È molto forte a questo punto il parallelo fra il mio lavoro e quello di Mauro e l’in-terazione diventa ad un tratto naturale. L’alfabeto dell’aria lo conosciamo en-trambi. La comunicazione a questo punto avviene per sottrazione. L’aria, il vuoto ci accomuna. Lì parliamo la stes-sa lingua e con estrema “leggerezza” cerchiamo di riempire questi spazi.

Angelo Davoli

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Soci fondatori aderenti

SostenitoriSoci fondatori

Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori

Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Milva Fornaciari, Silvia Grandi, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari

Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma SIria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado Spaggiari, Gigliola Zecchi Balsamo

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Delegazione di Reggio Emilia

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A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione / Danza e RED

Prossimo spettacolo

17 gennaio 2008, ore 21.00 Teatro Municipale Valli

BALLETTO DELL’OPERA DI KIEV

LA BELLA ADDORMENTATA Balletto in tre atti con un prologo e un’apoteosi

musica P. I. Ciajkovskij

libretto Ivan Vzevolozskij e Marius Petipa basato sul racconto di Charles Perrault

coreografia Marius Petipa con frammenti coreografici di E. Lopujov e Y. Grigorovich

scene e costumi Maria Levitzkaia

in collaborazione con ATER – Associazione Teatrale Emilia Romagna

Fondazione Nazionale della Danza Reggio EmiliaCompagnia Aterballetto

Direttore Artistico Mauro Bigonzetti

La CompagniaSaul Daniele Ardillo, Adrien Boissonnet, Vincenzo Capezzuto, Thibaut Cherradi, Dario Dinuzzi, Charlotte Faillard, Stefania Figliossi, Maša Kolar, Valerio Longo, Marco Magrino, Alice Marchetti, Lisa Martini, Walter Matteini, Dejalmir Melo, Beatrice Mille, Kihako Narisawa, Bryna Pascoe, Claudia Piana, Giulio Pighini, Anne Laure Seillan, Giuseppe Spota

Maîtres de Ballet e Maestri ripetitoriGiuseppe Calanni, Roberto Zamorano

Pianista e assistente musicaleMihaela Aurora Godeanu

Direttore di scena: Giorgio Pagan Capo elettricista: Loris Costi Elettricista: Antonella CannasSarta: Giuseppina CarbosieroMassaggiatore: Alessandro NoccoConsulenza medico scientifica: dr. Giovanni Battista Camurri

Uffici di produzioneProduzione e amministrazione di compagnia Rossella Caldarelli

Segreteria di compagnia Daniela CarnevaliProgrammazione e distribuzione estero Amei Teupel Assistente programmazione e distribuzione estero Sabrina ChathamProgrammazione e distribuzione Italia Massimo DottoriniUfficio stampa e comunicazione Stefania CatellaniAssistente programmazione Italia e comunicazione Eugenia Bacci

Uffici amministrativiVincenza Ferrari, Maria Luisa ForacchiaRelazioni esterne e business developmentIda Galassi

Segreteria artistica Irene SartorelliProgetti speciali e attività didattico - formative Arturo Cannistrà

Presidente Federico GrilliConsiglio d’amministrazione Sabina Fornaciari, Federico Grilli, Danilo Morini, Giovanni OttoliniSoci della Fondazione: Comune di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna

L’attività della Fondazione Nazionale della Danza / Compagnia Aterballetto è sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Italiano, dagli Istituti Italiani di Cultura e dalle Ambasciate Italiane del Ministero degli Affari Esteri.

Alpi Padana sostiene la Fondazione Nazionale della Danza / Compagnia Aterballetto

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