12 Mesi - BRESCIA - Marzo 2013

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MENSILE DI ATTUALITÀ ECONOMIA INCHIESTE OPINIONI E CULTURA DA BRESCIA E DAL MONDO N. 2 del 2013 - MARZO 2013 Tatuaggi | Bsnews.it | Pelo e contropelo | Bacheca | Qui e là | What’s up | Calcio a 5 Totò, Peppino e l’emiro del Qatar PENSIERI DI Graziana Campanato Massimo Chiappa Mario Gaia Ettore Monaco Ombretta Resenterra CONTRAFFAZIONE Sembra buono ma non lo è ELEZIONI 2013 La rete e la piazza HINTERLAND Cellatica, Gussago VIAGGIO IN PROVINCIA Val Trompia STRADE E QUARTIERI Via Corsica € 2,50 € 1

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12 Mesi - BRESCIA - Marzo 2013

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MENSILE DI ATTUALITÀ ECONOMIA INCHIESTE OPINIONI E CULTURA DA BRESCIA E DAL MONDO

N. 2 del 2013 - MARZO 2013

Tatuaggi | Bsnews.it | Pelo e contropelo | Bacheca | Qui e là | What’s up | Calcio a 5

Totò, Peppinoe l’emiro del Qatar

PENSIERI DIGraziana Campanato

Massimo ChiappaMario Gaia

Ettore MonacoOmbretta Resenterra

CONTRAFFAZIONESembra buono ma non lo è

ELEZIONI 2013La rete e la piazza

HINTERLANDCellatica, Gussago

VIAGGIO IN PROVINCIAVal Trompia

STRADE E QUARTIERIVia Corsica

€ 2,50 € 1

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DIrEttOrE rESpOnSaBIlEGIORGIO [email protected] CARÈ[email protected]

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DODICIMESI12/

12DODICIMESI MEnSIlE DI attUalItà ECOnOMIa InCHIEStE OpInIOnI E CUltUra Da BrESCIa E Dal MOnDO

DODICIMESI12/SOmmaRiO

LA RETE E LA PIAZZA:LA TELEMATICA E LA TELEPATICAITALIA, ELEZIONI 2013: DISFATTA O PROSPETTIVA

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POLiTica

STRADE E QUARTIERI: VIA CORSICAHINTERLAND: CELLATICA E GUSSAGO

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TeRRiTORiO

GRAZIANA CAMPANATO: “UN BUON SERVIZIO GIUSTIZIA COSTITUISCE GARANZIA DEI DIRITTI”ETTORE MONACO: FORMAZIONE CONTINUAA SUPPORTO DEI COMUNIMARIO GAIA: “DAVANTI ALLE DIFFICOLTÀ, VALE LA PENA PORTARE AVANTI CIÒ IN CUI SI CREDE”OMBRETTA RESENTERRA: “SOGNO UNA SCUOLA DEI TALENTI”MASSIMO CHIAPPA: LA COOPERAZIONE SANITARIA COME MISSIONE

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PenSieRi Di

TATUAGGI:STORIE A FIOR

DI PELLE

P. 79

incHieSTa

ITALIAN SOUNDING: SEMBRA BUONO,

MA NON LO È

incHieSTa

P. 41

VALTROMPIA, UNA VOLONTÀ DI… FERROP. 60ViaGGiO in PROVincia

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

LA COMPARSA: UN ROMANZO SULL’ITALIETTACHE PREMIA I MEDIOCRIWWW.BSNEWS.IT: IL SONDAGGIOUN 2013 MIGLIORE? SOLO SE CALA LA BENZINADA CAPPUCCETTO ROSSO A GRETELSALUTE & BENESSEREWHAT’S UP? BRUTTO MALEDUCATO!CALCIO A 5: SPORT MINORE? SOLO PER LE DIMENSIONI DEL CAMPO

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aLTRO

L’EDITORIALEOPINIONIPRODOTTO & MERCATOSTRATEGIA D’IMPRESAIL LAVOROBACHECATU E IL FISCOPELO E CONTROPELOPOLITICA E SOCIETÀQUI & LÀGENTILE FARMACISTA

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EDItOrIalEL/

Il 25 febbraio, come quasi tutti gli italiani, ero immerso negli esiti delle elezioni, incollato alla tv. Nei commen-tatori percepivo un crescente aumento di tensione che si rifletteva anche sul mio inconscio. I risultati arrivavano a ondate e, tra una pausa e l’altra, ormai irrequieto, facevo disperatamente zapping anche su canali che non sapevo esistessero. Saltavo da una trasmissione di cucina per bambini chef prodigio, ad un’altra dove ti insegnano a spellare un porcospino, nel frequentissimo caso che ci si smarrisca nella giungla del Borneo. Tra un film sui gladia-tori e un bianco e nero francese, il tempo medio di perma-nenza su un canale era di tre secondi cronometrati. Fui salvato da questa frenesia, nell’incocciare un programma, non saprei più dire su che canale, di mix di gag comiche dei mitici Totò e Peppino. Prima di tornare in crisi di asti-nenza di Vespa e Mentana, riuscii a vedere la scenetta in cui il principe De Curtis vendeva la fontana di Trevi per dieci milioni di lire ad un arricchito oriundo americano. Poi prevalse il thriller elettorale e ritornai a exit poll, in-stant poll e risultati. A notte fonda, spento lo schermo per sfinimento, andai a letto in cerca di un sonno ristoratore. Ma quella notte non sognai Bruno o Enrico, Gianfranco o Beppe e neanche Crozza, la Merkel o il circo delle mera-viglie. Nell’addormentarmi diventai Totò. Ero a Pompei e giravo tra le mirabili rovine alla ricerca di un pollo. Non di un volatile s’intende, ma di un riccone da spennare. Osservavo giapponesi occhialuti, olandesi sprezzanti e grassi, tedeschi che gettavano lattine di birra vuote oltre

le transenne delle domus crollate, ma niente da fare, nes-sun possibile affare in vista. Stavo per abbandonare quan-do fui abbordato da un uomo robusto, occhiali neri, barba e copricapo arabo kefiah che mi chiese quanto volevo per vendergli Pompei e qualche centinaio di ettari nei dintor-ni. Pensai: “qui la sola la prendo io” e sparai irridente: “un decimo del debito pubblico italiano”. Ma quello era l’emi-ro del Qatar, non un quaquaraqua qualunque, tolse dalla tunica un portafoglio di Prada, fece un assegno di 200 miliardi di euro tondi tondi, fece un leggero inchino per ringraziarmi, si voltò e, con un gesto della mano, diede il via ai lavori. Schiere di archeologi, restauratori e tecnici ristrutturarono le rovine, sorsero bellissimi resort inse-riti nell’ambiente, allevamenti biologici di bufale diedero lavoro ai caseifici locali. La Qatar Airways attivò dei voli diretti da Singapore, Francoforte e New York su Fiumici-no e Capodichino. A Pompei i congressi internazionali e i pullman di turisti non si contarono più ed eravamo tutti felici e contenti. Il risveglio arrivò come un pugno nello stomaco. L’emiro del Qatar, quasi genio della lampada, era ritornato nel libro delle favole. Nella realtà, andando su Google quella mattina seppi che il mio uomo stava trat-tando, non con Totò, ma con l’Egitto, per gestire Luxor e le piramidi. Quella sera andai a dormire desiderando che il principe Antonio De Curtis, alias Totò, fosse ancora tra noi. Lui sì che sarebbe stato un grande primo ministro, altro che clown.

Totò, Peppino e l’emiro del Qatar

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pEnSIErI DI/ pEnSIErI DI/

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Giustizia“un buon servizio costituisce Garanzia dei diritti”

Graziana Campanato, presidente della Corte di Appello di Brescia: “I magistrati sono ancora poco abituati ad essere aiutati da soggetti ‘terzi’,

ma credo sia importante puntare anche sui giovani stagisti. Da tempo ho capito l’importanza e l’utilità del lavoro d’équipe”.

di LIBero roseLLInI

il distretto giudiziario che fa capo alla Corte di Appello di Brescia è un territorio importante ma tra-scurato che vive una situazione

difficile e preoccupante e che, con la re-cente revisione geografica dei tribunali e delle procure, passa da un totale di 61 uffici giudiziari ai 23 previsti. Una rior-ganizzazione che di certo non spaventa la presidente della Corte di Appello di Brescia, Gra-ziana Campanato, che, in attesa che arrivino presto i cinque magistrati assegnati a Brescia lo scorso anno, è abituata a “lavorare” su quello che c’è. E con sod-disfazione sottolinea che “pure carenti di personale amministrativo e di magistrati, gli uffici sono riusciti a fronteggiare le sopravve-nienze, mantenendo i tempi di defini-zione nel paradigma indicato dal legisla-tore per non incorrere in responsabilità risarcitorie, vale a dire due anni”. A fare da collo di bottiglia è la Corte di Appel-lo che è “diventata la sede in cui i tempi della giustizia rallentano i procedimenti con un rapporto giudice/abitante tra i

tante puntare anche sui giovani stagisti che, potendo affiancare i giudici, avreb-bero modo di imparare trasformando il lavoro in una palestra per crescere. Da tempo ho capito l’importanza e l’utilità del lavoro di équipe”.Con un numero maggiore di magi-strati i tempi della giustizia sarebbero più veloci?“Sì, soprattutto si potrebbero smaltire le pendenze. Ma oggi la tendenza è quel-la di inserire ‘filtri’ per ridurre i tempi soprattutto sui nuovi processi”.

Non sarebbe più conveniente lasciare “invecchiare” alcuni processi?“Già succede troppo spesso con i tempi della prescrizione che si sono accorciati”.Ma se si sa che con la prescrizione si rischia di non arrivare a sentenza per-ché non abbandonare il processo?“Perché credo sia giusto dare risposte al cittadino. Il buon servizio giustizia costituisce garanzia dei diritti e, attra-verso la definizione delle liti, riafferma il principio della civile convivenza. Non si può impedire l’accesso alla giustizia e

il giudice deve fare il suo lavoro. Il dato certo è che l’abuso del processo intasa la macchina della giustizia penalizzan-do chi ha fondate ragioni per ricorrere alla giustizia. Il legislatore ha previsto sanzioni contro l’abuso; occorre una ragionevole applicazione ma anche non escludere a priori questa normativa ”. Qual è la qualità dei processi?“Il 67 per cento delle sentenze confer-mate è un ottimo risultato e quelle riget-tate dalla Cassazione lo sono spesso per motivi formali e non sostanziali”.

Due gradi di giudizio potrebbero esse-re sufficienti per parlare di giustizia?“Certo e dirò di più: l’appello potrebbe essere anche abolito o limitato perché non è previsto dalla Costituzione. Sa-rebbe una rivoluzione ma credo che un dibattito su questo tema potrebbe esse-re utile”.Come vede il ruolo dei giudici di Pace?“Pur nelle difficoltà stanno facendo un buon lavoro. Anche loro sono carenti di personale ma hanno prodotto molte sentenze. Auspicabile potrebbe es-sere un maggiore controllo sulla loro formazione”.Come vede l’istituto della mediazione?“Se fatto bene è molto positivo”.Anche se svolto dagli avvocati?“Perché no? La mediazione è una for-ma di conciliazione e quindi ci si augu-ra che venga realizzata. Nel momento in cui si cerca la mediazione l’avvocato è terzo e per l’esperienza personale è sempre accaduto così. Per il momento la mediazione è facoltativa ma speria-mo possa crescere, sarebbe una bella cosa”.

più penalizzati d’Italia e una scopertura di organico che si attesta al 37,5%”. Un rallentamento del sistema giustizia tanto più grave perché il territorio, ricco di attività ma immerso in una crisi econo-mica di cui non si scorge la fine, presenta sintomi allarmanti di disagio sociale che possono essere forieri di un futuro an-cora più incerto e difficile: l’emergenza sfratti, il numero di fallimenti, la gravità di alcuni delitti che vanno dalla corru-zione, anche organizzata, ai gravi fatti di

sangue, ai reati ambientali comportanti danni alla salute nel lavoro; sono fatti che messi insieme offrono un quadro di un territorio dove le infiltrazioni di gruppi malavitosi sono una realtà accertata.Presidente, Brescia è ancora una pro-vincia ricca, felice e socialmente tran-quilla?“In un territorio che registra un calo dei furti, sono in aumento i reati connessi

alle mafie, che vedono coinvolti anche ‘colletti bianchi’. Le cosche esistono anche qui. Brescia per la sua ricchezza, nonostante la crisi si sia fatta sentire, continua a rimanere un territorio appe-tibile e gli esempi di corruzione lo dimo-strano. Cresce la criminalità che guasta la convivenza sociale, e l’alta evasione fiscale è segno che l’etica non è più una priorità”. La carenza di magistrati può essere compensata con il rinnovo tecnologi-

co del sistema giustizia? “Già oggi i magistrati utilizza-no al meglio la tecnologia ma si potrebbe fare molto di più. Un esempio sono le sentenze penali che, consegnate oggi, vengono lavorate tra otto mesi: questo tempo sarebbe quasi azzerato se si utilizzasse la via telematica.

Ci stiamo preparando al meglio anche perché entro il prossimo anno dovremo essere pronti. È comunque necessario anche un salto culturale e normativo per agevolare questo passaggio”.Lei può essere considerata un’inno-vatrice, com’è vista dai colleghi?“I magistrati sono ancora poco abituati ad essere aiutati da soggetti ‘terzi’, chie-dono più cancellieri ma credo sia impor-

L’appello potrebbe essere anche abolito o limitato perché non è previsto dalla Costituzione

Oggi la tendenza è quella di inserire “filtri” per ridurre i tempi soprattutto sui nuovi processi

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OpInIOnI/

12/DODICIMESIMarzO

mani bucaTe…

di ANTONiO PANiGALLi

1.400 leggi tra nazionali e regionali che, di fatto, permettono a qualsiasi impresa, del Nord o del Sud, grande o piccola, in crisi o in perfetta salute, di succhiare ri-sorse pubbliche.Per non parlare della reiterata attualità le-gata a vergognose vicende come Alitalia e Monte dei Paschi di Siena, che da sole meriterebbero un libro, vista la dimen-sione delle risorse pubbliche in campo. Solo due esempi:- una cinquantina di interventi turistico/immobiliari sovvenzionati in Sicilia al 50% di contributo a fondo perduto per la co-struzione di alberghi collegati a campi da golf (senza un approccio di sistema sulla gestione dell’incoming turistico e specifi-che azioni verso il mercato dei golfisti);- un imprecisato macroscopico numero di contributi CIP 6 che con una delibera ’92 stabilisce l’elargizione di fondi statali (oneri di sistema sulle bollette dei privati) a chi produce energia elettrica da fonti rin-novabili o assimilate (dai dati di Cobianchi, solo Saras incassa 130 milioni di euro per bruciare scarti di produzione da fonte assi-milata che comunque dovrebbe smaltire).Che dire… bisognerà trovare delle forme efficienti per fermare veramente il decli-no (vedi tabella); quindi si auspica che anche queste tematiche diventino ogget-to di serie e concrete proposte politiche per i nuovi governanti.

Siamo sopravvissuti (per ora) al rischio di default, alla caduta dell’euro, all’IMU, alle profezie dei Maya, ma, chissà se so-pravviveremo alla nuova geopolitica, tutta italiana, del 2013, confidando che l’esito elettorale, qualsiasi risultato finale forni-sca, consenta una effettiva governabilità.Per non banalizzare ed evitare, per quanto possibile, di parlar male solo per lo “scar-so” gusto di farlo, bisogna cercare di for-nire un’informazione laica e consapevole, perché i facili populismi e i voti di protesta fine a se stessi non contribuiscono certo al miglioramento del nostro paese.Nel libro dal titolo “Mani Bucate”, di Marco Cobianchi (www.manibucate.com), giornalista di Panorama, è stata pubblicata, per esempio, una buona ra-diografia di un sistema malato, che rac-conta di come vengono spesi i soldi dello stato e della EU forniti al sistema econo-mico e delle imprese. Al di là degli scandali politici da ladri di gal-line, come quelli che hanno recentemente colpito buona parte delle più importanti assemblee regionali, o di quelli ben più gravi nel sistema bancario, dall’indagine di Cobianchi emerge un quadro abbastanza preoccupante sul settore degli aiuti pub-blici (sovvenzioni e contributi) all’econo-mia delle imprese private negli ultimi 15 anni. La questione più imbarazzante non riguarda la quantità degli aiuti di Stato, che

in effetti è abbastanza allineata a quella di altri importanti paesi europei come Fran-cia e Germania, bensì la qualità e l’efficacia di questo importante dispendio di soldi pubblici, che in questo modo diventa una spesa pubblica improduttiva.Lo dicono anche gli ultimi studi della Banca d’Italia, della Corte dei Conti e di

importanti uffici studi ministeriali, ma, un macro esempio su tutti è quello ri-guardante gli aiuti al mezzogiorno che, a parità di perimetro, hanno fatto crescere il Pil del Sud di appena lo 0,25 per cento rispetto a una crescita tra lo 0,6 e lo 0,9 per cento fatta registrare dalle aree de-presse degli altri paesi europei.Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ovviamente non tutte le imprese sono nella medesima condizione (e ci man-cherebbe altro… la bella Italia sarebbe già in default), ma i numeri che emer-gono da questa inchiesta sulle imprese sussidiate (soprattutto quelle grandi e famose) sono decisamente fallimentari nella valutazione complessiva del costo/beneficio. Si muovono decine di miliardi di euro ogni anno elargiti dalla Ue, dallo Stato e dalle amministrazioni locali e il risultato è che – dalla Fiat (Agnelli) alla Pirelli (Tronchetti), dalla Saras (Morat-ti) alla Stm, dall’Olivetti alla Telecom, dalle banche alla borsa, dall’editoria al tempo libero, dall’agricoltura e fino allo spettacolo – non solo non esiste un solo comparto industriale che non goda, sot-to le forme più varie e fantasiose, di aiuti di Stato, ma soprattutto che il comparto industriale nel suo insieme non è stato in grado di mettere a frutto “di sistema e non per l’arricchimento privato” i soldi resi disponibili attraverso qualcosa come

Perdita di produzione subita durante la recessionee successivo recupero (punti percentuali)

Perdita cumulata da aprile 2008 ad aprile 2009

Crescita cumulata da aprile 2009 a giugno 2012

Percentuale recuperata a giugno 2012 (fatta 100 la perdita)

Contributo settoriale al mancato recupero dell’indice generale

(confronto tra picco ciclico di aprile 2008 e ultimo dato del giugno 2012)

Germania Francia Italia Germania Francia Italia Germania Francia Italia Germania Francia ItaliaIndice generale e principali raggruppamentiIndice generaleProduzione di beni intermediProduzione di beni strumentaliProduzione di beni di consumoEnergia

-21.8-26.8-28.9-5.9

-17.4

-17.9-26.7-23.7-5.7

-14.0

-24.5-33.0-31.4-12.5-14.6

22.829.432.03.31.0

6.710.18.27.0-1.2

2.55.19.2-5.3-1.6

81.888.087.758.15.0

30.031.520.7

102.6-10.5

7.611.922.9-37.1-5.4

-3.97 -12.39 -22.62

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ForMazione continuaa suPPorto dei coMuni

ettore Monaco, presidente di ACB servizi srl: “La formazione è stata considerata un costo e non un investimento. Ma avere personale

non aggiornato significa incorrere in errori, procedure sbagliate, ricorsi”.

di DAvIDe BACCA

architetto, 46 anni a luglio, una militanza nella Lega Nord che risale alla metà de-gli anni ‘90. Ettore Monaco

dal 2009 è sindaco di Dello, dal 2010 presidente di ACB Servizi srl, il braccio operativo dell’associazione che riunisce i 206 Comuni bresciani. “Un’eccellen-za a livello nazionale” spiega Monaco, perché esperienze di questo tipo ce ne sono davvero poche. Una volta tanto un esempio di sinergia e capacità di “fare squadra” del territorio bresciano, “an-dando oltre le appartenenze politiche”. A maggio terminerà il suo mandato, ma Monaco è pronto a rilanciare, da un lato raccogliendo l’eredità della Provincia se questa dovesse essere abolita; dall’altro

mettendo sul tavolo due progetti che potrebbero far fare un salto di qualità ad ACB Servizi, pronta a trasformarsi in centrale di acquisti per gli Enti locali e in piattaforma che sappia intercetta-re i finanziamenti europei. Una nuova configurazione, da affiancare all’attività tradizionale, che potrebbe trovare una sponda importante nella Macroregione del nord, se il progetto del neo gover-natore della Lombardia Roberto Maroni andrà in porto. Monaco, come nasce ACB Servizi e in cosa consiste la sua attività?“Nasce nel 2001, come società accredi-tata da Regione Lombardia quale ente di formazione. Alla fine degli anni Novanta in Italia è emersa l’esigenza di adeguarsi agli standard europei, creando percorsi di formazione del personale della pub-blica amministrazione. L’associazione dei Comuni bresciani ha così deciso di fondare la società, diventata punto d’ap-poggio per le amministrazioni di tutti i Comuni bresciani. Il nostro obiettivo è fornire loro un servizio al minor costo possibile, mantenendo alto lo standard qualitativo”.Come si è evoluto il vostro ruolo?“Internet e la rete hanno semplificato molte operazioni. Oggi offriamo an-che un servizio di e-learning. Abbiamo dovuto arricchire la nostra offerta, se-guendo l’evoluzione della normativa. Penso per esempio ai corsi per la certi-ficazione energetica, a convegni di ap-profondimento sui temi della sicurezza sul lavoro, a seminari dedicati alle novità fiscali per le pubbliche amministrazioni. Puntiamo sulla formazione continua, in modo da essere sempre a supporto dei Comuni per ogni loro esigenza. Ho poi voluto dare un taglio territoriale alla no-stra offerta, coinvolgendo i docenti del-le nostre università, Statale, Cattolica, Bocconi. Il fare rete consente per altro ai Comuni di ottimizzare le risorse. Ge-stiamo anche il Piano Formativo Provin-ciale: dalla primavera del 2012 abbiamo realizzato 48 corsi per un totale di 243 giornate formative e 1.142 iscritti. Ab-biamo uno sportello appalti e uno per la sicurezza. Ci sono poi tutte le funzioni

che stanno dismettendo le Asl”.Vale a dire?“Per esempio il SIL, Servizio di Inte-grazione Lavorativa per l’inserimen-to di persone disabili. Negli ultimi tre trimestri del 2012 abbiamo agevolato 123 assunzioni e 161 nuovi tirocini. Un’altra partita per noi importante è il Telesoccorso, un servizio rivolto principalmente agli anziani che vi-vono da soli o in condizioni d’isola-mento. Rispetto al passato abbiamo ottimizzato, in caso di emergenze, lo scambio d’informazioni mediche (ora in grado di raggiungere i soccorritori prima ancora che arrivino sul posto) e creato un contatto diretto, con la telefonata di cortesia, in modo che tra l’operatore e l’utente si crei un rapporto di confiden-za. Anche questo aiuta”.I tagli ai trasferimenti decisi dal Governo e la stretta sugli Enti locali, hanno inciso su questi progetti?“Purtroppo sì. Il famigerato de-creto Salva Italia ha ridotto la capacità di spesa dei Comuni. La formazione è stata considerata un costo e non un in-vestimento. Così gli Enti locali sono stati costretti a risparmiare sulla formazione. Una scelta obbligata ma miope perché avere personale non aggiornato significa incorrere in errori, procedure sbagliate, ricorsi. La formazione è fondamentale per avere una pubblica amministrazione efficiente”. A maggio il suo mandato terminerà. Che bilancio si sente di fare e che idee vuole mettere in campo per il futuro?“Sono molto orgoglioso del lavoro fat-to. In questi tre anni abbiamo costruito un bilancio che trova il pareggio in for-me autonome senza ricorrere a finanza derivata; oggi siamo uno dei pochi enti che paga le tasse ed è in utile. La nostra è un’eccellenza al servizio del territo-rio. Per il futuro c’è la sfida della sosti-tuzione del cartaceo con il digitale. Ma soprattutto credo che ACB Servizi po-trà giocare un ruolo fondamentale se si dovessero abolire le Province: in quel caso noi potremmo essere l’ente inter-

medio in grado di supportare i piccoli Comuni nell’erogazione dei servizi”. E se le Province dovessero restare?“Ho in mente due progetti. Il primo consiste nella creazione di una centrale di acquisto, in modo che ACB Servizi funga da piccola Consip, la società del ministero dell’Economia che si occupa degli acquisti per la pubblica amministrazione. Penso a una Consip territoriale, che promuova i prodotti del territorio. L’idea è creare un siste-ma Brescia che valorizzi le tipicità dei nostri comuni. Un’operazione che po-trebbe sviluppare sinergie interessanti con il progetto Made in Brescia della Provincia”.

E il secondo?“Una piattaforma che monitori i finan-ziamenti europei: un progetto a cui stiamo già lavorando ma che potrebbe trovare nuovo impulso con la Macrore-gione. Oggi per ottenere un finanzia-mento europeo i Comuni devono pas-sare dal Ministero dopo aver realizzato, a loro spese, un progetto esecutivo. Un meccanismo farraginoso che fa perdere tempo e opportunità e che se finisse in capo alla Macroregione potrebbe essere snellito”.Come ACB Servizi siete per altro capofila di un progetto europeo de-dicato all’invecchiamento attivo e al passaggio generazionale delle com-petenze lavorative nelle aziende.“Sì, il progetto si chiama Generations e oltre all’Italia coinvolge Francia, Svezia, Polonia e Ungheria. In sostanza si trat-ta di confrontare le diverse esperienze sull’ingresso e l’uscita dal mondo del lavoro, in modo da elaborare un modello che faccia tesoro delle soluzioni miglio-ri. Starà poi al Parlamento farne buon uso”.

La formazione è fondamentale per avere una pubblica amministrazione efficiente

Il fare rete consente ai Comuni di ottimizzare le risorse

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prODOttO&MErCatO

di SiLviO beTTiNi

marketing Pubblicità e comunicazioneil SOPRaVVenTO del WebUna definizione corrente dice che “mar-keting” significa letteralmente “piaz-zare sul mercato”; rientrano quindi nel marketing tutte le attività che cercano di indirizzare la scelta verso un prodotto o un servizio.È innegabile che le azioni intraprese per indirizzare le nostre scelte crescano costantemente sia sotto il profilo della quantità che nel novero degli strumenti utilizzati: siamo letteralmente bombar-dati da “consigli per gli acquisti” che spaziano dai beni di consumo a quelli durevoli, dalla scelta di un programma te-levisivo a quella di un candidato politico.Stando a Nielsen, il mercato dell’adver-tising in Italia – nonostante una contra-zione degli investimenti che deriva dalle

problematiche economiche e finanziarie di questi anni ed è quantificabile nel 5,7% circa – vale comunque qualco-sa come 7,6 miliardi di euro. Il dato è senz’altro rilevante, ma solo sezionan-dolo possiamo osservarne le principali dinamiche che, qualora ce ne fosse stato bisogno, ci avvertono che la nostra so-cietà sta evolvendo ad una velocità mai raggiunta prima. Se, infatti, i principali media soffrono un crollo verticale degli investimenti: tra il 15 e il 16% per la carta stampata, quasi il 12,5% per la TV e circa l’8% per la radio, in grande cre-scita sono gli investimenti pubblicitari su internet e su telefonia mobile, rispet-tivamente + 9,8% e + 22%.Non potrebbe essere diversamente se

pensiamo che ormai quasi il 60% de-gli italiani si connette abitualmente al web, mentre il 90% possiede almeno un telefonino che nella metà dei casi è uno smartphone (cioè un telefonino che consente di connettersi ad internet). Ancora, non potrebbe essere differen-te se pensiamo che, secondo il Censis, l’87,4 dei giovani tra i 14 e i 29 anni utilizza internet, ma lo utilizza anche il 15,1% della popolazione tra i 65 e gli 80 anni, e che soprattutto il web viene principalmente utilizzato per reperire informazioni di cronaca e notizie su pro-dotti in commercio tanto che la classifica 2012 delle parole più ricercate in Italia è la seguente: Terremoto, Ingv, Lucio Dalla, Zalando, Costa Concordia, Cal-colo Imu.Chiaro è che il web è uno strumento in-terattivo e molto più di altri permette di identificare accuratamente l’interesse specifico di ogni utente specifico, l’han-no compreso molto bene gli operatori di alcuni settori della nostra economia, gli acquisti “in rete” di prodotti turi-stici crescono al ritmo del 32% l’anno, del 27% quelli di servizi finanziari e del 23% quelli di articoli sportivi, per una spesa complessiva che vale oltre 32 mi-liardi di euro, il 2% del nostro Pil.L’ha compreso anche qualcun altro: il mattatore delle recenti elezioni politi-che ha disertato qualunque presenza media, concentrandosi sul web.

TV inTerneT mobile

Fonte: Nielsen, Auditel(averange minute rating)

+1,8%Fonte: Nielsen, Audiweb

(utenti attivi per mese)

+6,4%Fonte: Nielsen, Mobile Media(penetrazione smartphone)

+26%

Fonte: Nielsen, Auditel(averange minute viewed)

+1,3%Fonte: Nielsen, Audiweb

(tempo speso nel giorno medio)

+11%Fonte: Nielsen, Mobile Media

(tempo mediovisite da mobile)

+22%

Fonte: Nielsen, BD Adex(investimenti pubblicitari)

-12,4%Fonte: Nielsen, BD Adex(investimenti pubblicitari)

+9,8%Fonte: Nielsen, BD Adex(investimenti pubblicitari)

+22,1%

Fonte: The Nielsen Company, Watch & Buy Report, novembre 2012.* Dati aggiornati al mese di settembre 2012, confrontati con il periodo omologo del 2011.

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“davanti alle diFFicoltà, vale la Pena Portare avanticiò in cui si crede”

Mario Gaia, amministratore delegato

di Turboden: “eravamo una piccola realtà,

senza grandi capitali a disposizione; però, fiducia

e convinzione nelle nostre capacità non

sono mai mancate, e alla fine è andata bene”.

di GIusePPe GussAGo

un’inesauribile passione per le materie che hanno se-gnato la propria formazio-ne universitaria: può venire

sintetizzato così il segreto del successo della Turboden, azienda specializzata nella costruzione di turbogeneratori ba-sati sull’Orc (Organic Rankine Cycle), una tecnologia per la produzione com-binata di energia elettrica e calore par-tendo da fluidi di lavoro organici, e non dal vapore acqueo. Nata a Milano nel

1980, la Turboden, oggi, rappresenta un riferimento di livello internazionale per quel che riguarda la progettazio-ne, e la realizzazione, di macchine che producono energia utilizzando materie prime di origine non fossile e, quindi, eco-compatibili. Fin dagli inizi, lo stret-to rapporto tra il mondo della ricerca e quello del lavoro, costituisce la colonna portante dell’azienda: ad avviare Turbo-den è l’ingegner Mario Gaia, all’epoca professore (e fino al 2007) del Politec-nico milanese, coadiuvato da Roberto Bini, suo allievo. A monte di tutto, l’idea

dell’ingegner Gaia di portare avanti le ricerche avviate, a sua volta, con il suo professor Gianfranco Angelino, e ri-guardanti, appunto, l’Organic Rankine Cycle. Dunque, Turboden come emble-matico esempio di legame a doppio filo tra università e impresa; legame che ha portato a un’eccellenza produttiva di li-vello assoluto, tanto che l’azienda – con-servando il proprio assetto manageriale – è stata rilevata dalla multinazionale statunitense Utc (che l’ha affiliata alla Pwps, a sua volta divisione della Pratt & Whitney). La Utc, ora, sta cedendo

il “pezzo pregiato” al ramo industriale del colosso giapponese Mitsubishi. Da Milano agli Stati Uniti d’America, fino al Giappone: sembrerebbe non c’entrare nulla la terra bresciana, ma non è così, anche se in pochi sanno che questo fiore all’occhiello dell’economia italiana ha sede proprio in città. “Quasi subito ci siamo trasferiti a Brescia – racconta Ma-rio Gaia, fondatore e a.d. della società –, un po’ perché Roberto Bini, prima di es-sere un ottimo ingegnere, è bresciano, e un po’ perché qui c’è un buon ambiente per lavorare, il terreno è fertile. I primis-simi passi, però, risalgono al periodo in cui ho terminato gli studi universitari e, con il professor Angelino, ho comincia-to ad approfondire le ricerche sull’Orc; la prima macchina a fluido di lavoro or-ganico l’abbiamo realizzata nel 1976”.Già dalle prime commesse di lavoro, il raggio d’azione della Turboden è andato ben oltre i confini nazionali…“Nel 1982 abbiamo realizzato un im-pianto in Tunisia, nel 1988 uno in Zambia, poi uno in Australia. Le prime macchine erano relativamente picco-le, capaci di produrre fino a un mega watt. Nel 1990, la svolta: da impresa di

dimensioni ridotte, per stare sul mer-cato dovemmo puntare su un prodotto specifico, su macchine innovative. Per questo, decidemmo di sviluppare un concetto nuovo, e anche più difficile da realizzare, ossia un impianto a più alta temperatura, in grado di utilizzare i residui di legna pulita, la cosiddetta bio-massa”.Il cambio di strategia ha creato pro-blemi? “I primi tempi della nuova fase sono stati davvero duri. Eravamo una piccola realtà, senza grandi capitali a disposi-zione. In pratica, ero io il finanziatore e sono arrivato a indebitarmi per far andare avanti la società; però, fiducia e convinzione nelle nostre capacità non sono mai mancate, e alla fine è andata bene. Puntare su macchine più difficili, investire sulla bio-massa, sulla tecnolo-gia più avanzata, è stata una buona intu-izione, anche se, senza dubbio, la buona sorte ha fatto la sua; quando ormai sta-vamo disperando, nel 1996, è arrivato un ordine dal governo svizzero. Dopo poco, ne è arrivato uno dall’Austria, poi uno dalla Germania e ancora dall’Est europeo. Insom-ma, è iniziata la nostra ascesa sui mercati: a cavallo tra fine anni ’90 e primi del 2000, fatturavamo circa 2-300 milioni di lire, oggi arrivia-mo a 98 milioni di euro. In un pe-riodo di crisi come quello attuale, la nostra scommessa vinta può indicare che, davanti alle difficoltà, vale la pena essere fiduciosi e non rinun-ciare a utilizzare le proprie risorse per portare avanti ciò in cui si crede”.Alla base del successo, un efficiente lavoro d’equipe. “Avere a che fare con le persone giuste è stato fondamentale, a partire, ovviamen-te, da Roberto Bini, general manager dell’azienda per quanto concerne l’area tecnica. Un apporto importantissimo è arrivato da Franco La Micela, am-

ministratore unico dell’Alma Officine Meccaniche, azienda bresciana che ci fornisce vari componenti delle turbine. Di grande rilievo è stata l’esperienza in campo internazionale di Alessandro Foresti, con alle spalle una lunga attività nel gruppo siderurgico Techint-Tenaris e ora consigliere d’amministrazione di Turboden. Per la profonda conoscenza del territorio bresciano, del tessuto im-prenditoriale e della finanza locali, non può non essere citato Paolo Bertuzzi, nostro general manager per quel che ri-guarda l’area finanziaria, commerciale e del marketing; è proprio il caso di dire, un team ben amalgamato per risultati di grande soddisfazione”.E se Mario Gaia finisse per presiedere l’Associazione industriale bresciana? “La sola idea di una mia presidenza dell’Aib mi mette in grande imbaraz-zo. No, non è un’ipotesi plausibile, ri-guardo agli interessi locali, non saprei che fare. Piuttosto, se fossi un ammi-nistratore pubblico, punterei su una questione di ordine molto pratico come quella del traffico degli automezzi nelle aree urbane; si tratta di un problema di

livello planetario, finora affrontato con misure dai ri-sultati modesti. La mia idea, che ho valutato fattibile, è quella di installare sul parabrezza del-le auto, una sorta di telepass attiva-bile come un gps: l’impianto funzio-

nerebbe tramite una scheda a pagamen-to che avvia il telepass nel momento in cui il mezzo entra nelle rete viaria citta-dina. Si tratterebbe di un modo di tassa-re in base all’effettivo tempo di utilizzo, e disturbo, delle strade urbane, e, più in generale, dell’ambiente. Assicuran-do nuove e notevoli risorse allo Stato, la tassa potrebbe servire a ridurre altre imposte, come l’Imu. Insomma, potreb-be essere una tassa razionale che con-cretizza una nuova modalità di gestire la cosa pubblica”.

Alla base del successo, un efficiente lavoro d’equipe con le persone giuste

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StratEGIa D’IMprESa

Un paio di anni fa ci occupammo di un tema delicato e importante, gli obiettivi di sostenibilità ambientale dell’Unione Europea, indicandoli come progetti am-biziosi ed impegnativi, ma nella direzio-ne degli interessi generali della comu-nità; nulla a che vedere, aggiungemmo, con quanto avviene ad esempio in Cina, dove, come era facile prevedere, stanno cominciando a pagare oggi prezzi altis-simi per aver trascurato oltre i limiti la salvaguardia dell’ambiente.Tra i diversi provvedimenti europei ci-tammo tra gli altri il regolamento noto a tutte le industrie produttrici europee con l’acronimo Reach (Registration, Evaluation, Authorisation and Restric-tion of Chemicals) che, con la finalità di aumentare le misure di salvaguardia del-la salute umana e dell’ambiente, impone che siano prodotte o importate nell’U-nione Europea solo le sostanze regi-strate, e stabilisce che ogni produttore o importatore di una determinata sostanza debba inviare all’Agenzia Europea per le sostanze chimiche (ECHA) un fascicolo di registrazione, accompagnato dall’o-nere corrispondente alla propria cate-goria. Gli obiettivi alla base del Reach sono il miglioramento della protezione della salute umana e dell’ambiente con-tro i possibili rischi rappresentati dalle sostanze chimiche, l’aumento della competitività delle produzioni indu-striali della Ue e la garanzia della libera circolazione di sostanze nel mercato interno dell’Unione. Si tratta di misure comunque onerose, anche se l’intenzio-ne del legislatore è quella di non pena-

lizzare la competitività delle aziende e di stimolare le capacità di innovazione delle stesse. Il regolamento Reach en-trato in vigore nel 2007 è dedicato in particolare all’industria chimica, ma in-teressa anche le produzioni industriali in genere, come quelle metallurgiche, non solo perché i metalli come tali sono contemplati nell’ambito del Reach stes-so, ma anche perché le loro lavorazioni vengono talvolta effettuate impiegando sostanze ritenute a rischio. Per quanto riguarda i metalli, questi secondo il re-golamento Reach debbono essere tutti registrati, e ciò comporta dei costi per l’industria; a questo debbono essere aggiunti gli oneri per partecipare a quel processo che viene definito l’implemen-tazione del Reach stesso, cioè l’attività dei singoli consorzi di filiera per acqui-sire migliori conoscenze sui comporta-menti specifici di determinate sostanze. Gli oneri complessivi per le industrie non sono di poco conto: ad esempio secondo le stime effettuate nel 2010 dall’associazione europea dei metalli non ferrosi Eurometaux, nell’ambito dei 25 consorzi sui metalli costituiti il costo per l’industria era stato stimato tra 150 e 200 milioni di euro, spalmati su un periodo di circa 3 anni. A distanza di cinque anni dall’entrata in vigore del regolamento, la Commissione Europea stila un primo bilancio molto positivo

per il Reach, affermando in sostanza che il controllo per la registrazione delle so-stanze pericolose ha consentito una mi-glior gestione dei rischi per l’ambiente e la salute umana, quindi i pericoli de-rivati dalle sostanze registrate secondo il regolamento risultano notevolmente diminuiti. Nel sottolineare che sino ad oggi le imprese europee hanno registra-to presso l’ECHA oltre 30mila fascicoli con la descrizione degli usi e delle pro-prietà di quasi 8.000 sostanze prodotte o immesse sul mercato, la Commissione non sottovaluta i costi per le imprese legati alla gestione del sistema Reach, ma rileva gli effetti economici comples-sivamente positivi per l’intero comparto produttivo, diretta conseguenza dell’im-ponente know how messo da parte nel corso degli anni di gestione del regola-mento. Con questo patrimonio di infor-mazioni, unico al mondo nel suo genere, Reach si è rivelato un fattore chiave per la crescita e la competitività dell’indu-stria europea per merito della conoscen-za e dell’innovazione che comporta; per questo motivo la Commissione lo valuta come uno strumento da incentivare e proporrà pertanto a breve una riduzione dei diritti di registrazione, in particolare per le piccole e medie aziende europee.

di MARiO CONSeRvA

una storia a lieto fi neReacH,

Comune di BresciaAssessorato allo Sport

Comune di BresciaAssessorato alla Cultura

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“soGno unascuola dei talenti”

Parola di ombretta resenterra, preside dell’Istituto Arici di Brescia.

la solida serenità che deriva dall’esperienza, l’entusiasmo e la passione di chi ha sempre amato il proprio lavoro e conti-

nua ad amarlo: queste le sensazioni che trasmette Ombretta Resenterra, preside dell’Istituto Arici di Brescia. Polo di for-mazione a tutto tondo, con la sua offerta che va dalla scuola dell’Infanzia al liceo classico, e presenza storica nella nostra città, poiché le sue origini risalgono al 1567, quando i padri Gesuiti aprirono un collegio nell’attuale via Cairoli. Dottoressa Resenterra, ci racconta l’inizio della sua avventura all’Arici? “Sono diventata preside dell’Istituto tre anni fa, dopo decenni di esperienza nel-la scuola pubblica: ho iniziato e conclu-so la mia carriera di insegnante al liceo Arnaldo, ma sono stata pressoché in tut-ti gli istituti di Brescia, eccetto il Gam-bara. Prima di accettare l’incarico qui ci ho pensato molto e ciò che mi ha sti-molato maggiormente ad intraprendere questa nuova scommessa è stato il fatto che l’ambiente è di dimensioni ottimali (in totale sono circa 600 gli studenti) e raccolto, quindi c’è più opportunità di creare relazioni umane tra me, gli inse-

gnanti, gli studenti e le famiglie. L’Arici è una scuola tale che, anche se gestirla richiede impegno, mi permette slanci di fantasia nell’affrontare i problemi. È una situazione molto arricchente”.Scuola pubblica scuola privata, una dicotomia spesso vista come inconci-

liabile se non rivale: lei come la vede? “Innanzitutto vorrei precisare che l’Ari-ci è una scuola paritaria non statale, cioè resta una scuola pubblica, non è solo una questione di lessico ma di sostan-za. Non siamo una scuola come quelle anglosassoni; questo significa che ab-biamo i doveri delle scuole pubbliche di Stato e che la nostra è e deve essere una seria offerta formativa ed educati-

va. Inoltre, contrariamente a quello che una sorta di pregiudizio porta a pensare di una scuola paritaria cattolica, l’Arici è molto libera e aperta: accettiamo stu-denti con handicap (e questo è un vanto per me), siamo aperti a studenti di origi-ne non italiana...”.Ce ne sono? “Quest’anno 9 alunni provengono dal-l’est, 4 sono asiatici, uno latinoamerica-no e un paio di origine africana”.

Anche musulmani? “Non ce ne sono al momento, ma ce ne sono stati in passato e questo dimostra la nostra apertura. Ripeto, l’Arici è una scuola che fa dell’accoglienza un valo-re. Un altro vanto è l’interazione con il tessuto sociale e culturale della città: i ragazzi delle medie fanno parte del consiglio comunale dei ragazzi, quelli del liceo hanno partecipato a manifesta-zioni cittadine come “Pietre di inciampo”, le Notti bianche, le iniziative del Fai, le proposte formative della Protezione Ci-vile... Insomma la no-stra scuola vive nella società, ne conosce i problemi e vi si rapporta senza paura”. Nel suo studio espone le fotografie dei suoi cari, tra cui spiccano i suoi bellissimi nipotini... quando sarà il momento vorrebbe iscriverli alla sua scuola? “La cosa più importante che desidero per loro è che frequentino una scuola che li veda e che aiuti me a vedere loro, a capi-re come stanno e non solo come vanno. Questo è possibile nelle scuole dove i rapporti sono sereni, come la nostra”. In decenni di frequentazione della scuola, da docente a dirigente, quali sono i cambiamenti maggiori a cui ha assistito? “Nella mia esperienza una constante è stato vedere che gli insegnanti hanno sempre cercato di far funzionare la scuo-la, in ogni caso e circostanza, magari con tantissimi sforzi privati. Oggi sta di-ventando più faticoso, è meno facile cre-are sinergia tra famiglia e scuola. Come genitori ci preoccupiamo di spostare sempre più avanti nel tempo i conflitti che i nostri figli possono vivere. Invece la scuola dovrebbe favorire la compren-sione dei problemi e ricercarne la solu-zione condivisa tra genitori e docenti. Nelle scuole grandi questo lavoro è forse venuto meno rispetto ad un tempo”.Ma è sicura che gli studenti voglia-no un rapporto stretto tra famiglia e scuola? Non potrebbero sentirsi

esclusi o comunque non protagonisti di qualcosa che riguarda direttamen-te la loro vita? “Forse gli studenti possono non gra-dirlo, anche se un rapporto del genere offre rassicurazioni. I ragazzi di oggi sono poco portati al conflitto e sono disponibili al dialogo, basta ragionarci assieme. Qui da noi per esempio ci sono moltissimi bravi ragazzi, che lavorano

sodo ma senza clamore. Per loro non occorrono falsità, non biso-gna raccontare che il mondo del lavoro sarà facile ma bisogna prepa-rarli e rafforzarli

internamente, di modo che sapranno affrontare le inevitabili frustrazioni cui andranno incontro”.Cosa eliminerebbe dal sistema scola-stico e cosa invece salverebbe? “Ai docenti toglierei l’assillo della valu-tazione numerica, mentre dall’istituzio-ne in quanto tale eliminerei l’abitudine all’uniformare, la volontà di appiattire

le differenze. La mia scuola ideale è una scuola dove non tutti dobbiamo per forza raggiungere gli stessi obiettivi ma dove ognuno può sviluppare le proprie attitudini. Sogno una scuola dei talenti, lo so che può sembrare fantascienza ma questo è il mio modello ideale”. L’istruzione è stata la grande assente dal dibattito politico elettorale...“Assolutamente, non c’è stata da parte di nessuno una seria attenzione alle esigen-ze della formazione. Bisogna lavorare a scuola ma anche per la scuola, come han-no sempre fatto i docenti. Sono passata attraverso tante riforme, ho visto tutto e il suo contrario, ma il dato costante che ho notato è stato che chi ha fatto funzio-nare la scuola è stato chi vi ha lavorato. Oggi ci si deve seriamente chiedere che cosa si vuole dalla scuola: una delle fru-strazioni maggiori degli insegnanti e dei presidi è che si pensa che la scuola debba occuparsi di tutto, dare competenze ma anche trovare soluzioni ad ogni genere di problema. Ma questo è troppo faticoso, ci vorrebbe un mandato chiaro per i docenti che dovrebbero essere sostenuti da una progettualità seria dell’istituzione”.

Una scuola libera e aperta “vede” i propri studenti

I ragazzi di oggi sono poco portati al conflitto e sono disponibili al dialogo

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OccuPaZiOne GiOVaniLe

all’internet mette le ali

Il lavOrO

di eMANUeLA GASTALdi

Usciamo dalla caverna di Platone e apriamoci a cogliere con sguardo re-sponsabile i cambiamenti che possono rappresentare delle interessanti oppor-tunità per i giovani e che la crisi rischia di offuscare trascinandoci in un pessimi-smo generalizzato.Le tensioni economiche attuali hanno ridotto gli investimenti delle aziende, per alcuni economisti errore da evitare, e sicuramente la comunicazione in chia-ve pubblicitaria parrebbe a prima vista come fortemente penalizzata. Infatti, nel 2012 il fatturato della pubblicità in generale è diminuito, ma analizzando in dettaglio, si evidenzia l’interessante trend della pubblicità online aumenta-to del 5,3% (Osservatorio FCP Asso-internet). Quindi una realtà consolidata e affermata nel panorama dei media di cui dobbiamo comprendere gli asset fondamentali per mantenere un trend positivo e declinare da esso le diverse opportunità.Venti milioni di utenti su Facebook, un milione e mezzo di persone su Twitter e due milioni di professionisti su Linke-din, numeri in rapida crescita, sono suf-ficienti a richiedere una seria riflessione su come la comunicazione digitale ha rivoluzionato i linguaggi e come sia stra-tegico comprendere le logiche di Web 2.0 per capire quali modalità di utilizzo dei nuovi social media è necessario svi-luppare.“I mercati sono conversazioni” (Clutrai-ne Manifesto) che richiedono professio-nalità preparate e specifiche per attuare e sviluppare spazi relazionali aperti e dinamici che superano la logica ormai sorpassata della vendita di prodotto.La riflessione sulla “comunicazione”

si impone a chiunque con contenuti e spessori diversi, perché oggi più che mai “comunicare bene e in maniera ef-ficace” non è una questione di forma ma di sostanza.È proprio in quest’ottica che il mondo della comunicazione e le nuove tec-nologie sono diventate un’importante risorsa dal punto di vista del mercato del lavoro, offrendo interessanti op-portunità a patto che i giovani si impe-gnino a comprendere le logiche della comunicazione digitale e quali siano le modalità di utilizzo dei social media. Tra le professioni emergenti un posto di rilievo lo merita il blogger, posizione ricoperta solitamente da giovani dalla mano veloce che sappiano scrivere bene e con conoscenze specifiche su diversi argomenti. Molto richieste sono le fi-gure creative legate al Web 2.0 la cui abilità è commisurata a creare maggior coinvolgimento degli utenti, trasfor-mandoli da lettori a creatori di contenuti multimediali. Fra questi il web adverti-ser anima il nuovo corso, cioè colui che anima le campagne pubblicitarie online tra banner, videomessaggi e spot sulle

newsletter. L’infobroker invece lavora dietro le quinte e ricerca le informazioni in rete. La sua attività è fondamentale per seguire e comprendere l’evoluzione di Internet e fornire i dati necessari per le campagne pubblicitarie.Affiancate alle professionalità emergenti ritroviamo le figure più tradizionali a co-minciare dall’art director, il regista della comunicazione pubblicitaria, al copywri-ter che definisce gli aspetti testuali, dal project manager, costruttore della pre-senza in rete, allo scripter, ossia colui che cura i linguaggi informatici.Il paradosso è che, contrariamente a quanto si possa pensare, l’espansione di internet offre interessanti opportunità a coloro che sono in possesso di lauree umanistiche per i ruoli creativi, mentre per i ruoli tecnici le lauree più gradite sono in informatica e ingegneria.A conferma di quanto esposto è stato valutato dalla London School of Econo-mics che l’aumento del 10% della diffu-sione di internet comporta una crescita dell’1,47% della sola occupazione gio-vanile indipendentemente da altre con-cause, quali la crescita economica e il cambiamento delle competitività azien-dali. Nel contempo crescono il capitale umano del paese e le competenze digi-tali, e si potenzia l’ecosistema digitale. Peccato che siamo all’undicesimo posto nelle 13 economie valutate nell’inda-gine come investimenti tecnologici nel digitale.Ci sono cose che vorresti

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la cooPerazione sanitaria coMeMissione

Massimo Chiappa. Laurea in economia e commercio, è oggi direttore generale di Medicus Mundi Italia.

di rAffAeLLA BonDIo

44 anni, coordinatore della “Consulta per la cooperazione e la pace, la solidarietà inter-nazionale e i diritti umani” del

Comune di Brescia da dicembre 2010, da aprile dello scorso anno Massimo Chiappa è direttore generale di Medicus Mundi Italia, organizzazione fondata nel 1968 a Brescia che fa parte di Medicus Mundi International e ha come finalità quella di contribuire alla promozione integrale della persona umana mediante la realizzazione di programmi sanitari di sviluppo strutturale e di emergenza.Qual è stato il suo percorso di studi?“Diploma in perito meccanico, laurea in Economia e commercio, specializ-zazione in “Economia dello sviluppo-Problemi dello sviluppo economico”, studi all’estero soprattutto per imparare le lingue e tanti viaggi”.Quando ha cominciato a pensare di lavorare nella cooperazione inter-nazionale? Cosa l’ha spinta ad impe-gnarsi in questo settore?“È in università che ho iniziato a pensare di lavorare nel campo della cooperazio-ne. Ho avuto qualche esperienza come consulente per aziende bresciane e con-testualmente ho iniziato a lavorare con la Fondazione Tovini nel 2000 e con la Medicus Mundi nel 2002. La spinta che mi ha fatto scegliere questa strada l’ho avuta nel 1992: guerra in Bosnia, ‘Mar-cia dei 500’ pacifisti che arriva a Sara-jevo sotto assedio. Io ero in procinto di iniziare il servizio civile e non ho potuto

partecipare alla marcia, ma questa mar-cia è stato il punto di svolta”.Come è cambiato il servizio civile da quando lo ha fatto a oggi?“Quando l’ho fatto io era ancora obiezio-ne di coscienza, quindi comportava il ri-fiuto del servizio militare. Oggi è diverso: per tanti è una scappatoia, ma ha anche un significato diverso. Gli ultimi due vo-lontari che ho incontrato in Mozambico, terminato il loro servizio resteranno in quel paese. Per tanti, qui in Italia, può essere vista come una fuga, loro in questo modo si sentono realizzati”.Cosa direbbe ai giovani che vorrebbe-ro fare questo lavoro?“Di non farsi grandi illusioni, ma se sono convinti di crederci fino in fondo, con te-nacia, e oltre ai master e alle specializza-zione, di puntare sulle relazioni”.Perché non farsi illusioni?“Perché è un ambiente molto difficile, un settore selettivo, anche se oggi tutto è difficile. Spesso oggi i ragazzi hanno una preparazione elevata, ma non hanno esperienze e poche spinte ideali, quelle spinte che noi abbiamo avuto negli anni della nostra formazione”. Cosa la guida nel suo lavoro?“L’entusiasmo, la passione, la forza del-le relazioni”.Cosa pensa degli scandali, che a volte si sentono in tv o si leggono sui gior-nali, di aiuti umanitari che non giun-gono a destinazione e di truffe varie?“Penso quello che ci siamo detti alla Conferenza dell’Istituto Italiano della Donazione: bisogna mantenere la stima e la fiducia di chi sostiene il terzo setto-re. Non basta qualche caso di malver-sazione per dare un giudizio su tutto il settore che gode ancora della stima degli italiani. Certo che, come si dice, fa più rumore un albero che cade che una fo-resta che cresce. Naturalmente è neces-saria la trasparenza e la buona gestione delle attività”.In quale campo vorrebbe avere pieni poteri sulla scena nazionale?“Nei servizi sociali, nella cooperazione internazionale. Mi auto nominerei mini-stro del Melting pot”.Cosa sente dire degli italiani viag-

giando all’estero?“Siamo più critici noi all’interno di chi ci vede dall’esterno. L’immagine non è così negativa se non per gli scandali che riguardano i nostri politici. Nei paesi dove mi reco per lavoro, l’Italia è vista più come parte dell’Europa che come singolo Stato. L’Italia è il paese di arri-vo: c’è chi rimane e chi si sposta in altri paesi, ma non è migliore o peggiore di altri. Siamo meno europeisti ed euro-centrici di come ci vedono all’esterno. La crisi è vista come crisi economica e del lavoro, ma non solo per l’Italia”.L’ultimo viaggio fatto per lavoro?“Poche settimane fa in Mozambico per Brescia per il Mozambico e in particola-re per la Medicus Mundi”.Ultimo viaggio fatto per piacere?“In sella all’amata bici a Ginevra con l’iniziativa Percorri la pace organizzata dalle Acli bresciane”.Prossimo viaggio?“Tra due settimane nel Burkina Faso”.Figli?“Due”.Cosa spera per il futuro di chi è picco-lo oggi?“Che possano continuare a nutrire spe-ranze per il futuro. Che possano avere ancora sogni, programmi e progetti come li abbiamo avuti noi a vent’anni”.Se uno dei suoi figli volesse fare il suo lavoro…“Se è ciò che lo rende felice ne sarei ben contento, soprattutto per le possibilità di aprire mente e orizzonti che questo lavoro offre”.Esprima un desiderio.“Mantenere l’entusiasmo e la passione in ciò che faccio, nel lavoro, nei rapporti familiari e tanti altri…”.Cosa sta leggendo?“Obbedienza e libertà di Vito Mancu-so”.Libro preferito?“Ebano di Ryszard Kapuscinski”.Cosa guarda in tv?“Film rilassanti”Ultimo film visto“Invictus”.Film preferito“Qualcuno volò sul nido del cuculo”.

Oggi molti ragazzi hanno una preparazione elevata, ma non hanno esperienze e poche spinte ideali

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Eletto il nuovo cda di LGH L̓ assemblea dei soci di LGH – costituita dalle società patrimo-niali Cogeme Spa, Aem Cremona, ASM Pavia, Astem Lodi, Scrp Crema –, riunitasi a Cremona, ha confermato la tradizionale

governance di gruppo e il rinnovo delle cariche del cda. L̓ assemblea ha nominato il nuovo consiglio dʼamministrazione: alla presidenza Alessandro Giuseppe Conter, vicepresidente Claudio Tedesi (direttore generale Asm Pavia), amministratore delegato Franco Mazzini, consiglieri Giovanni Sof-fi antini (direttore generale Scrp Crema) e Giuseppe Demuro (dirigente del Comune di Lodi). Per il collegio sindacale sono stati nominati presidente Carlo Tinelli, sindaci effettivi Umberta Bianchessi e Vittorino Orione.Al nuovo consiglio lʼAssemblea dei Soci ha chiesto di operare in tempi sol-leciti per defi nire un nuovo piano industriale che punti al rafforzamento anche dimensionale del gruppo attraverso alleanze e operazioni strategi-che. L̓ assemblea dei soci ha ritenuto di interpretare lo spirito insito nella norma nota come “spending review” prevedendo una riduzione di circa il 20% dei compensi e delle indennità che saranno riconosciute ai nuovi amministratori e ai sindaci della Società.

A2A stringe un patto con i consumatori contro le pratiche commerciali scorrette A2A Energia, società di vendita di elettricità e gas del gruppo A2A, e le associazioni dei consumatori hanno siglato un “Pro-

tocollo di autoregolazione” per prevenire le pratiche commerciali scorrette e tutelare i clienti. Il Protocollo prevede, tra le altre cose, lʼestensione dei termini per il diritto di ripensamento da parte del cliente fi nale, lʼinvio di una lettera di conferma da parte di A2A Energia per comunicare lʼattivazio-ne di nuovi contratti di fornitura, formazione specifi ca e possibili sanzioni per i partner commerciali di A2A Energia. Viene costituito un Comitato, di cui fanno parte tre membri indicati dalle Associazioni dei Consumatori e altrettanti nominati da A2A Energia, che avrà il compito di vigilare sul rispetto delle regole previste dal Protocollo e di verifi care la correttezza delle procedure commerciali messe in atto dalla società. Per approfondimenti vai al sito: www.bsnews.it

Great Wall lancia la Voleex C20R con Timmagine L̓ anteprima europea della Voleex C20R – la prima monovolu-me compatta cinese e la prima vettura Great Wall dedicata a

unʼutenza allargata – ha registrato un buon riscontro mediatico, grazie ad una presentazione stampa curata nei dettagli da Timmagine: quasi 100 giornalisti, provenienti da tutta Italia, nei 5 turni di prova hanno raggiunto la sede bresciana di Eurasia Motor Company (distributore del marchio in Italia) e testato lʼultima nata in casa Great Wall.Timmagine – agenzia di marketing e comunicazione di riferimento nel pa-norama bresciano, con 25 persone e 6 divisioni specifi che – ha così iniziato il 2013 con un altro segno positivo, che va ad aggiungersi a quello del 2012, conclusosi con una crescita del 2.2%, malgrado il diffi cile panorama economico. Un risultato frutto dellʼimpegno in termini di aggiornamento, ascolto e formazione verso i giovani e le aziende, insieme ad API Industria Brescia, Acca-demia Santa Giulia e Istituto Machina Lonati. Le referenze si sono arricchite nel 2012 di nuo-ve realtà come Autodromo di Franciacorta, Formula Modena, AVG Antivirus, Ergo Assicurazio-ni (Gruppo Munich Re). Recente-mente Timmagine ha ampliato la propria sede trasferendosi a Salò: 850 mq che ospitano i diversi gruppi di lavoro e le sale destinate ai seminari di forma-zione gratuita, per professio-nisti ed aziende, che lʼagenzia organizza dal marzo 2012.

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Contro lʼeffetto serra, nasce il registro delle imprese “Meno dispersione di gas a effetto serra: nasce il registro di per-sone e imprese certifi cate per lʼutilizzo di questi gas. Garantirà la

qualifi cazione ai tecnici che entrano in contatto coi gas, limitando le perdite durante installazioni e riparazioni. Sono 14mila le imprese di condiziona-mento, refrigerazione e antincendio, una su cinque in Italia nel settore coin-volto (con circa 70mila imprese). Milano ha il 27% del totale regionale del settore, seguita da Bergamo e Brescia, come emerge da unʼelaborazione Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese 2012. L̓ 11 febbraio 2013 è diventato operativo il Registro telematico Nazionale delle persone e delle imprese certifi cate per lʼutilizzo dei Gas Fluorurati ad effetto serra, istituito con il Dpr 43/2012. Entro 60 giorni dal suo avvio, e quindi entro il 12 aprile 2013, tutte le persone e le imprese che svolgono una delle attività contemplate dal Dpr 43/2012 devono obbligatoriamente iscriversi al Registro stesso per poter continuare ad esercitare la loro attività.

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Unicredit punta sullʼinnovazione e lʼinternazionalizzazione delle imprese bresciane Sono 288 le imprese bresciane accompagnate allʼestero da Uni-

Credit in 12 mesi. Inoltre, a fronte dei 7,5 miliardi messi a disposizione in tre anni dalla banca per le imprese lombarde, UniCredit ha erogato da inizio 2012 circa 2,8 miliardi di euro per le aziende lombarde, di cui oltre 370 milioni di euro sono le nuove erogazioni della banca per la imprese del terri-torio bresciano. Dei 2,8 miliardi erogati da UniCredit in Lombardia, quasi 2,1 miliardi di euro di nuova fi nanza (di cui oltre 222 milioni di euro per la pro-vincia di Brescia) sono andati a sostegno della liquidità e del fi nanziamento del circolante, oltre 270 milioni (55 milioni a Brescia) sono stati destinati al rafforzamento patrimoniale e al sostegno alla crescita dimensionale delle imprese e circa 460 milioni (95 milioni a Brescia) al supporto alla nuova imprenditoria e allʼinnovazione.Per approfondimenti vai al sito: www.bsnews.it

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Premi Concorsi

CarteFedeltà

Cataloghi

ClientiRaccoltePunti

IN QUESTI DIECI ANNIVI ABBIAMO AIUTATOA FIDELIZZAREI VOSTRI CLIENTI.

OGGI VI RINGRAZIAMODI AVERCI SCELTO.pER OGNUNO DI QUESTI DIECI ANNI.

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la rete e la Piazzala teleMatica

e la telePatica Ha vinto l’”antipartitica”, non l’antipolitica. Ma passare dalla protesta (meno tasse meno stato) alla proposta (più lavoro più mercato) sarà più difficile. non solo per Grillo. Dopo la “pars destruens”, infatti, occorre la “pars construens”. Altrimenti è finita. Per tutti. Anche per Grillo.

di ALessAnDro CHeuLA

se Berlusconi e Bersani, Vendo-la e Monti, Ingroia e Giannino avessero letto “Massa e Potere” di Elias Canetti, quel capola-

voro assoluto di psicologia delle masse scritto dal premio Nobel ebreo-tedesco tra la prima e seconda metà del secolo scorso, forse non sarebbero stati presi in contropiede dal successo imprevisto ma prevedibile del Movimento 5 Stelle. Tant’è, ma anche se l’avessero letto c’è da temere che non avrebbero comunque capito né previsto le componenti psico-politiche, psicologiche e politiche, alla base della straordinaria quanto incredi-bile performance di Grillo. Perché? Per-ché da noi l’ideologia fa ancora premio sulla psicologia, non siamo ancora ca-paci compiutamente di squarciare i veli

fuorvianti dell’ideologia per scoprire le dinamiche penetranti (e performanti) della psicologie.

AnTIPoLITICA o “AnTIPArTITICA”?Con Grillo non ha vinto l’antipolitica bensì l’”antipartitica”. Il suo non è un fenomeno apolitico bensì “apartitico”. L’ex comico genovese fa politica, ec-come. La fa praticando l’antipartitica. Come? Con la mediatica e la “mediani-ca”, ossia con la telematica e la “telepa-tica”. Due modalità di comunicazione convergenti e complementari: la rete te-lematica (il web) e la piazza telepatica (lo show, cioè il corpo e il comizio). Con-vergenti ma differenti: la rete telematica è bella senz’anima, la piazza telepatica è bella nell’anima. È la stessa differenza che passa tra la comunicazione telemati-ca, fredda e leggera, e la comunicazione telepatica, calda e pesante. Ma una cosa le accomuna: entrambe corrono alla velocità della luce. Per questo Grillo in pochi mesi è passato da poche centinaia di migliaia di voti a otto milioni e mezzo di voti, dalle piazze con poche centinaia di astanti alle adunate con folle “oceani-che” di centinaia di migliaia di spettato-

ri. Perché in tempi di web e televisione è riuscito a mobilitare “fisicamente” così tante persone, in un tempo in cui la piazza era passata di moda? Come ha potuto passare dalle onde elettroma-gnetiche dell’etere a quelle magnetiche dell’etica (perché anche nel Movimento 5 Stelle c’è una domanda prima morale che politica). Tutti chiamati dalla ipnosi della rete? Certo ma non solo. Tutti ri-chiamati dalla “simbiosi” della piazza, dallo “stare insieme” per presenziare e partecipare, per agire ma più ancora per interagire con con il “corpo” del leader.

ProTesTA e ProPosTA Ma c’è un tempo per la protesta (meno tasse, meno Stato) e un tempo per la proposta (più lavoro, più mercato). È fin troppo banale dirlo. Fin troppo scontato affermare che occorre passare in tempi brevi (brevi perché la crisi drammatica non lascia scampo) dalla protesta alla proposta. Il fatto è che Il leader del Mo-vimento 5 Stelle è invece convinto di essere ancora a metà del guado. Cioè a metà della protesta (il movimento), essendo il tempo della proposta (il go-verno) il prossimo approdo elettorale. Anzi, il politico genovese (non più s

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comico, chi lo chiama ancora comico lo fa per esorcizzarne cioè rimuoverne la dirompente novità) è convinto che il compimento del percorso della prima fase (la protesta) avverrà con le prossi-me elezioni, e solo allora sarà maturo il tempo della proposta cioè del governo. Il che presuppone una strategia di non breve momento ma di lunga lena. In ogni caso di non corto respiro. Grillo è un fenomeno transeunte e passeggero che potrebbe esaurirsi in pochi anni? Vent’anni fa si diceva la stessa cosa della Lega. A parte il fatto che le origini del movimento fondato dal politico geno-vese non sono nate ieri, ma come tutti i sommovimenti partoriti dalle viscere della società e delle sue pulsioni sot-terranee risalgono a non pochi anni fa (nessun movimento sociopolitico nasce per decreto o improvvisazione o folgo-razione ma ha bisogno di incubazioni profonde, si veda, senza fare paralleli o paragoni impropri, il fascismo o il “ber-lusconismo”) quello di Grillo non sarà un fenomeno breve poiché, come tutti gli epifenomeni sociopolitici, non è solo emozione ma anche mozione. Non è solo pulsione (pancia) ma anche passio-ne (cuore) e ragione (testa).

LA LunGA MArCIADI AvvICInAMenTo(TrA DesTrA e sInIsTrA)Quello di Grillo è il primo fenomeno ve-ramente post ideologico che nasce sulle macerie delle ideologie del Novecento. Sulle rovine del “secolo breve”. Breve sul piano cronologico (dal primo con-flitto mondiale alla caduta del muro di Berlino), ma più “lungo” in quanto più intenso di tutto il millennio dal punto di vista ideologico. Per ciò è il primo mo-vimento a-ideologico in senso proprio. E anche per questo è senza “sistemi” di valori, le ideologie appunto, ma non senza valori (la sua prima domanda è infatti etica, il suo primo bisogno è mo-rale, basti pensare al continuo richiamo alla “comunità” di Grillo, una eco di sapore olivettiano poiché “Comunità” era il nome del movimento fondato da Adriano Olivetti). La “lunga marcia”

verso il superamento del novecenti-smo è dunque cominciata. Non sarà un passaggio né breve né agevole come sembra pensare Grillo, ma certamente è cominciata. Il Novecento è finito, il novecentismo no. Ciò perché le ideo-logie passano, le psicologie restano. Le ideologie del Novecento sono passate ma, come tutte le derive – psicologiche prima ancora che ideologiche – il nove-centismo è duro a morire, essendo parte sostanziale del Dna psico-politico delle generazioni cresciute nella temperie del “centennio breve”, il settantennio che va dalla nascita del fascismo alla crisi della prima Repubblica. Ma lasciarci alle spalle il Novecento significa superarne le categorie ideologiche che l’hanno storicamente generato e caratterizzato. Prima fra tutte la distinzione tra destra e sinistra. Non ancora superata ma data-ta, e per molti aspetti desueta in quanto arcaica e anacronistica, ma proprio per questo dura a morire poiché non anco-ra rimossa dall’inconscio di ognuno. È vero che, se le ideologie di destra e di sinistra sono al tramonto come “siste-mi” di valori, i valori che le sottendono e distinguono – libertà ed eguaglianza – sono ancora vivi e vegeti: il problema è capire che è cominciata la loro “mar-cia” di avvicinamento. La conferma di tale assimilazione strisciante è data dal fatto che da destra si è sempre più

attenti alla giustizia sociale (eguaglian-za), da sinistra sempre più sensibili alla libertà (anche economica). Basti pen-sare a Blair e al New Labour che vinse vent’anni fa perché seppe andare oltre la stessa tradizione ed orizzonte della so-cialdemocrazia europea, quello che da noi avrebbe potuto fare Renzi se avesse vinto le primarie del Pd (meglio, se il Pd avesse avuto l’intelligenza di fare in modo che Renzi vincesse le primarie, anche a costo di mettere in forse l’unità del partito poiché il rischio valeva la po-sta). Distinguere tra destra e sinistra si-gnifica dividere ancora il mondo in base alle ideologie. È un criterio obsoleto. Non che non sia ancora in parte attuale o che non conservi tuttora una sua rela-tiva quanto residua validità, ma non ha più futuro. Non è più un criterio valido per distinguere i movimenti profondi in atto nelle società postindustriali e postfordiste, e quindi anche postideolo-giche, del tempo presente. Occorre in-vece distinguere in base alle psicologie. È questo il criterio che va applicato per leggere i fenomeni odierni e le persone che li incarnano: l’essere coscienti che quello ideologico è un criterio – un me-todo e un alfabeto – in via di estinzione. Le ideologie sono stanche. Hanno fatto, nel bene e nel male, il loro tempo. Nate nell’Ottocento e cresciute nel Novecen-to, sono entrate nel Duemila, esauste, avendo poco o nulla di nuovo da dire se non i fasti e le tragedie passate.

DesTrA e sInIsTrA Per Me PArI sono?In secondo luogo la confusione tra “an-tipartitica” e “antipolitica”. Le due cose sono legate seppur distinte. Chi ancora rivendica l’attualità della distinzione tra destra e sinistra sono coloro che identi-ficano la “partitica” con la “politica” e questa con la democrazia, affermando che i partiti (questi partiti) sono l’unico strumento democratico per fare politi-ca. Il loro sillogismo è chiaro: se senza politica non c’è democrazia, e senza partiti non c’è politica, ergo senza par-titi (questi partiti) non c’è democrazia. Il che è stato vero fino ad oggi, ma

Matteo RenziBeppe Grillo

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non significa che sia vero in perpetuo. I partiti, come la stessa democrazia politica, sono strumenti storicamente determinati che così come sono nati si sviluppano, si evolvono e si estinguono secondo le trasformazioni socioecono-miche della società e le mutazioni delle culture politiche che li hanno generati. Destra e sinistra sono valori e contenuti differenti che ci accompagneranno an-cora per un tempo non breve, ma sono categorie al tramonto non più in grado di esprimere la complessità del mondo che ci circonda. Grillo ne è una prima conferma, sarebbe sciocco non ammet-terlo o chiudere gli occhi. Il Movimento 5 Stelle è infatti ideologicamente tra-sversale per non dire neutrale, attacca a destra e sinistra come pesca a destra e sinistra.

IL PArTITo DeGLI eX AsTenuTI Come il qualunquismo vent’anni fa scomparve grazie a Berlusconi e Bossi (fu soprattutto il Cavaliere di Arcore a portare al potere la maggioranza silen-

ziosa e il qualunquismo dei ceti medi indifferenti alla politica che ne era la subcultura fondante), l’astensionismo, grazie a Grillo, non è più il primo par-tito del Paese essendo passato dal 40% al 25%. È Grillo il primo partito con ol-tre il 25% e oltre 8 milioni di voti (Pdl e Pd ne hanno perso insieme circa dieci milioni, di cui grosso modo quasi due terzi il Pdl e oltre un terzo il Pd). Grillo ha intercettato e incanalato una buona metà del vecchio astensionismo. È un bene? È un male? Dipende dai punti di vista ma, senza entrare nel merito del programma grillino, va detto che in de-mocrazia è pur sempre meglio un voto che un non voto (parliamo del voto de-mocraticamente orientato quindi etica-mente motivato e moralmente fondato, poiché il voto dato a un nuovo Hitler o un nuovo Stalin o un nuovo Pol-Pot, tanto per fare esempi storicamente elo-quenti, sarebbe peggio di un non voto). Gli astensionisti non sono più la prima forza “apolitica” nazionale. O meglio, la prima forza “apartitica”, poiché chi si astiene dal voto non è necessariamente

apolitico bensì apartitico. Nel senso che non è contro la politica ma contro questa politica e i partiti che ne sono responsabili. Ha vinto chi, come Grillo, ha saputo intercettare tale magmatico e viscerale malcontento, che dal non voto è passato al voto, dall’astensione alla partecipazione.

CAMBIAMoCI Per CAMBIArLI Cambiarli (i politici) è la protesta, cam-biarci (i cittadini) è la proposta. Cam-biarci è molto più difficile che cambiarli. Berlusconi ha vinto vent’anni fa e resiste ancora perché è l’archetipo dell’italiano “medio” nel senso pieno e autentico del termine. Perché incarna, nei pregi e nei difetti, la medietà italiana. Per ciò cam-biare va bene ma non basta. Non basta dire “cambiamoli” (i politici). Occorre cambiare noi stessi. Non è un discorso astrattamente moralistico o utopistico. Se è vero che la politica è lo specchio del Paese, e che i politici sono speculari agli elettori, è altrettanto vero che per cambiare i politici dobbiamo cambiare noi stessi. Anche se cambiare se stes- s

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“Una corretta valutazione deriva da un’attenta osservazione”

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si è una condizione necessaria ma non sufficiente per cambiare gli “altri”, è sempre un primo passo indispensabile verso il cambiamento. Il fatto è che non c’è un “prima” o un “dopo”, ma solo un “durante”. Poiché è solo nell’impegno a cambiare la realtà in cui viviamo che im-pariamo a cambiare noi stessi. Cambiarci per cambiarli è pregiudiziale oggi più di ieri a qualunque approccio innovativo, qualunque tentativo di rinnovamento. Ciò perché il sentiment oggi dominante non è più, come alcuni anni fa, la disaf-fezione dalla politica bensì il disgusto per la politica. Innumerevoli sono state e sono le manifestazioni di disprezzo nei confronti della politica e dei partiti (del-la “casta”) da parte di personaggi locali e nazionali della cultura, dell’arte, della scienza, dell’economia, dell’informazio-ne e della società civile in generale. Che fare, allora? Dall’indifferentismo all’a-stensionismo il passo è stato breve, ma da quest’ultimo al “menefreghismo” po-

trebbe essere ancora più breve, oltre che irreversibile. Ebbene, movimenti come quello di Grillo e, mutatis mutandis, degli stessi Bossi e Berlusconi al loro nascere, sono stati e sono una risposta e un anti-doto al “menefreghismo”. Diverso dal qualunquismo di Guglielmo Giannini de-gli anni ’40-’50, una escrescenza umora-le che venne riassorbita e metabilizzata in pochi anni dalle forze politiche della neonata (prima) Repubblica. Con l’at-tuale (seconda?) Repubblica il problema è diverso, più preoccupante e profondo, quindi più arduo da affrontare. Ecco per-ché è nato un fenomeno come Grillo e il suo movimento. L’attuale astensionismo, pur quasi dimezzato, è ancora qualcosa di più subdolo del vecchio qualunquismo. Quest’ultimo infatti per molti aspetti è contiguo e confinante con le varie “mag-gioranze silenziose” che hanno accom-pagnato la seconda metà del Novecento. Il maggior merito di Berlusconi, dopo il bipolarismo, è stato la scomparsa del

qualunquismo, fenomeno che ha sem-pre avuto matrici e connotati di destra. Così come il maggior merito di Grillo è il tendenziale superamento dell’asten-sionismo e la conseguente scomparsa del “menefreghismo”.

LIBerTÀ e ProCesso(GrILLo e renZI?)Urge oggi una iniziativa non apoliti-ca bensì “apartitica” o se si preferisce “metapartitica”, cioè oltre i partiti, e in quanto tale non “tecnica”. Occorre una proposta non “contro” i partiti ma “fuori” e “oltre” i partiti per una nuova politica. Un programma non “contro” qualcuno ma “per” qualcosa. Una nuo-va idea, e una nuova era, per il Paese. Un nuovo “evo” per approdare al qua-le occorre superare il vecchio “ego” (cambiamoci per cambiarli, appunto). Un progetto fondato su due capisaldi, due poli, due concetti in apparenza ba-nali ma, data la situazione di degrado economico e politico cui è giunta la si-tuazione, non scontati: uno è “libertà” e l’altro è “processo”. La libertà è stata coniugata fino ad oggi con vari coeffi-cienti quali, volta a volta, progresso o progetto. Il problema ora è coniugarla con “processo”, un movimento trasver-sale in grado di cambiare lo stato di cose presente. Con quali nuovi attori? Non solo Grillo ma anche Renzi. Un binomio che, pescando consensi sia a destra che a sinistra, potrebbe essere la conferma di un tendenziale superamento dell’una e dell’altra. Ma per far questo occorro-no nuove elezioni. Non subito ma non oltre un anno. Grillo la protesta e Renzi la proposta? No, troppo comodo. È una distinzione troppo schematica e dicoto-mica. Poiché in entrambi c’è sia prote-sta che proposta. Occorre declinarle e coniugarle. Quale protesta? Meno tasse e meno Stato (inteso come meno spesa pubblica e meno burocrazia). Quale proposta? Più lavoro e più mercato (in-teso come mercato del lavoro e imprese competitive, poiché senza competitività non c’è mercato).Ma questo è un “discorso” che affronte-remo nel prossimo numero.

tony blair

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in evidenzain evidenza

POTER SORRIDERE SENZA VERGOGNA: SI PUò FARE

La nostra salute e il nostro benessere iniziano sicura-mente da ciò che mangiamo ma anche da come ma-stichiamo: la prima digestione infatti avviene in bocca e masticare poco e male per carenza di denti potrebbe rendere più difficile assimilare i cibi o addirittura la di-gestione. Non solo: occhi e bocca sono la prime cose che notiamo del viso di una persona e con un sorriso piacevole e in ordine comunichiamo salute e bellezza ed acquisiamo sicurezza nella relazione interpersonale. È buona cosa quindi prevenire le malattie della bocca e dei denti, senza attendere che sorga il “mal di denti” per recarsi da un serio professionista, il cui compito primario resta comunque la prevenzione. Da oltre 20 anni il dr. Amedeo Zirilli con la sua équipe opera nello studio di Rezzato, offrendo soluzioni di elevata qualità a prezzi accessibili in tutte le branche dell’odontoiatria cercando sempre di mettere a proprio agio il paziente.“Ascoltare necessità, paure, ansie del paziente – spiega il dr. Zirilli – è per noi una consuetudine. In passato, trop-po spesso, le cure odontoiatriche venivano viste come qualcosa di spiacevole e traumatico, ma oggi coinvol-gendo il paziente fin dalla prima seduta in un ambiente rilassante ed amichevole, spiegandogli ed illustrando passo passo le cure praticate, lo si rende partecipe, consapevole e in grado di accettare con maggior sere-nità quanto praticato. Nel nostro studio, non è raro ve-

der sorridere o addirittura ridere il paziente”. Strategie di tipo aziendale consentono una politica dei prezzi forte-mente competitiva pur mantenendo altissima la qualità dei materiali, tutti certificati ed approvati dalla legislazio-ne italiana ed europea. Le attrezzature, comprese quelle per la diagnostica, sono di ultima generazione come le tecniche e i protocolli: almeno una mattina, nel corso della settimana, viene dedicata alla discussione e alla valutazione, tra i medici e gli odontotecnici dell’équipe, dei casi più complessi.Fiore all’occhiello dello studio Zirilli è la chirurgia orale, in particolare la chirurgia implantare guidata e l’implan-tologia a carico immediato che, quando vi sono le con-dizioni per praticarle, rappresentano un sicuro vantag-gio per il paziente. Infatti l’implantologia guidata, adatta alla sostituzione del dente singolo o di un’intera arcata, consente il posizionamento degli impianti senza taglio della gengiva riducendo quindi dolore post-operatorio, gonfiore e sanguinamento, e risulta, se correttamente pianificata ed eseguita, molto precisa e scarsamente invasiva. In casi selezionati è possibile abbinarla con il carico immediato cioè la consegna entro 24 ore degli elementi provvisori, offrendo al paziente l’opportunità di masticare immediatamente qualcosa di morbido e di mostrare un’estetica più che accettabile magari dopo

anni di sorrisi mascherati con una mano a causa di den-ti mancanti o spezzati o discromici. La disponibilità del laboratorio interno, ad uso esclusivo, risulta fondamen-tale non solo per la finalizzazione dei manufatti protesici, ma anche per riparazioni in tempi accettabili.

L’igiene orale: la vera prevenzioneMaggiore prevenzione = minor numero di sedute dal dentista, ci ricorda il dr. Zirilli. La figura dell’igienista rap-presenta il perno della prevenzione dello studio dentisti-co: provvede principalmente alla rimozione del tartaro sopra e sottogengivale garantendo la salute delle gengi-ve e quindi la salute dei denti. Inoltre l’igienista, una volta eseguita la rimozione del tartaro, facilita la prevenzione, rendendo evidente qualsiasi patologia (in particolare le infezioni delle gengive come le gengiviti o le più gravi paradontiti causate dagli accumuli di placca e tartaro, che, se trascurate, possono addirittura determinare la perdita dei denti) o problema sia presente nella bocca del paziente. Ma non basta: è compito anche dell’igie-nista ridurre la fastidiosa ipersensibilità dentinale cau-sata dall’esposizione di porzioni di radice e istruire il paziente sulle corrette tecniche d’igiene orale, consigliandolo sull’utilizzo dei corretti ausili (come spazzolini, fili, sco-volini) per mantenere sani denti e gengive e fissando i periodici richiami di controllo e igiene. Non dimentichiamo, tra i numerosi compiti dell’igienista, la fluoroprofilassi e la sigillatura dei solchi dei denti dei pazienti più piccoli, tecniche che sono utili per ri-durre in modo significativo il rischio di carie.

Lo sbiancamento dentaleIl dr. Zirilli ricorda che oggi il paziente giu-stamente richiede una bocca sana ma an-che un sorriso giovanile e piacevole. “Sem-pre più spesso persone si presentano in studio con fotografie, ricavate da giornali o rotocalchi, di star o personaggi famosi che evidenziano un sorriso invidiabile: quello è l’obiettivo che voglio raggiungere dicono i pazienti!”. A parte le battute, è possibile senz’altro migliorare l’aspetto dei propri

denti naturali già con uno sbiancamento professionale, cioè con l’utilizzo di appositi prodotti che, se corretta-mente utilizzati, risultano molto efficaci e innocui. Infatti depositi di placca e tartaro o l’assunzione di particolari cibi e bevande o l’abuso di tabacco possono alterare il colore dei denti, ma dopo una seduta d’igiene, è soli-tamente possibile eseguire uno sbiancamento profes-sionale con buoni risultati utilizzando prodotti di ultima generazione, attivati mediante apposite lampade a led. Nei casi di denti molto cariati, fratturati, abrasi o che, devitalizzati, hanno assunto una colorazione molto scu-ra, possono essere trattati, in casi selezionati, con co-rone o faccette in vetroceramica: si tratta di sottili “gu-sci” che vengono applicati ai denti dopo un’adeguata e corretta preparazione il più possibile “conservativa” dei denti anteriori.

Grazie all’équipe dello studio dentistico del dr. Zirilli la salute delle nostre bocche è al sicuro.

STUDIO DENTISTICO DR. AMEDEO ZIRILLIVia Garibaldi, 50 - 25086 Rezzato (BS)Tel. 030.2792590

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seMbra buonoMa non lo È

Italiano nel suono, ma non nel gusto: così le

imitazioni dei prodotti

agroalimentari italiani danneggiano

l’economia e l’immagine

del nostro Paese.

di ALessIA MArsIGALIA

lo chiamano Italian Sounding, ma con l’Italian Style o il Made in Italy non ha nulla a che fare. Suona italiano, ma di fatto di

sta parlando di una vera e propria nota stonata che al nostro Paese costa davve-ro tanto in termini economici. E non si tratta di “copie” malfatte di abiti o bor-se, né di imitazioni becere di rubinetti o pezzi di ricambio, ma di cibo, la vera gioia e ricchezza del nostro Paese. La Dieta Mediterranea patrimonio dell’U-nesco? Bene, ma la mozzarella campa-na è fatta in Croazia, il barbera diventa bianco e lo producono in Romania e il pecorino ha gli occhi a mandorla. Senza contare il “Parma salami”, il Regianito dell’Argentina, il Chianti della Califor-nia, il Brunetto e il Napoli Tomato. Uno scimmiottamento che non solo nuoce ai prodotti che l’Italia esporta all’estero, ma anche al mercato italiano. L’Italian Sounding è un business che si muove tra le maglie della legge, perché mentre la contraffazione o la pirateria sono illeci-ti perseguibili penalmente, lo scim- s

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miottamento, nei paesi extraeuropei, non è reato. Eppure rimane un vero e proprio “furto” perpetrato ai danni dei produttori agroalimentari italiani che sfrutta impropriamente parole, colori, immagini che si richiamano al nostro Paese, senza contare che, trattandosi di prodotti ben diversi per qualità, prove-nienza e prezzo, possono rappresentare un potenziale rischio per la salute dei consumatori, ma soprattutto una truffa a danno dell’immagine dell’Italia all’este-ro. La Coldiretti stima che nel mondo sono contraffatti tre prodotti italiani su quattro, un mercato che costa 60 miliar-di di euro e la perdita di circa 300mila posti di lavoro e che vede in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti i “migliori” falsari.I consorzi stanno dando vita ad una vera e propria battaglia per proteggere le ec-cellenze italiane. Dai grandi formaggi ai vini più pregiati, passando per i prodotti dolciari e i salumi, la difesa del Made in Italy sta diventando prioritaria, anche se la scarsa attenzione dell’Europa sulla questione non piace ai produttori italia-ni. Questi ultimi cercano di dialogare direttamente con il consumatore, spes-so inconsapevole di favorire lo sviluppo dell’Italian sounding. Complice la crisi, infatti, non sono poche le persone che scelgono articoli con prezzi inferiori, convinti però di acquistare le seconde li-nee degli originali. Ma così non è e nomi come “bel paese”, “gioia siciliana” non aiutano. “Il fenomeno è stato studiato addirittura dall’Università di Torino: hanno fatto una misurazione precisa di questa situa-zione dimostrando che la confondibilità, tra l’originale nelle sue seconde linee e quelli provenienti dall’est, è altissima”, ci racconta Stefano Berni, direttore ge-nerale del Consorzio Grana Padano. E proprio il Grana Padano è uno dei casi più emblematici dello scimmiottamento alimentare: “Se calcoliamo che, come Consorzio, esportiamo circa 52milioni di chili l’anno di Grana Padano in for-me e che il consumo presunto, cioè di persone convinte di acquistare Grana Padano, è di 100 milioni di chili, la si-

tuazione è chiara. Di questa cifra 10 mi-lioni sono le frodi, il resto è una “copia-tura” del prodotto. E questa situazione non si verifica solo all’estero ma anche qui”. Il Consorzio ha grande mercato anche negli Usa: “Qui cerchiamo di far capire l’importanza dell’originalità del prodotto, ci serviamo di testimonial d’eccezione e facciamo grandi promo-zioni. E devo dire che sono servite, visto che negli ultimi anni abbiamo raddop-piato l’export sul mercato americano”. Il pericolo più grande oggi viene dai mercati dell’est Europa, dove ci sono consumatori di qualità che hanno pos-sibilità di acquisto dei prodotti italiani Dop, ma che, senza una legge chiara eu-ropea, o tramite accordi bilaterali come con la Cina, saranno i primi a dar vita ad articoli fraudolenti e truccati. “Senza norme precise noi andiamo alla guerra con baionette spuntate” tuona Berni. Altra cosa da tener presente è il legame del prodotto Grana Padano con la storia della zootecnia italiana. Il Grana pada-

no trasforma il 25% del latte nazionale (il 50% delle zone dop). “Aumentando la produzione del Grana Padano ga-rantiremmo un futuro migliore anche ai nostri allevatori che nonostante la competizione futura con l’abbattimento delle quote latte, serviranno noi e tutti i produttori che necessitano del latte dop garantendosi un’attività”. Anche il produttore bresciano Giuseppe Ambrosi, presidente di un’azienda lea-der nel settore lattiero-caseario, è atten-to alla problematica: “L’italian sounding è il fenomeno peggiore. Servono azioni di promozione e ci vuole una forte azione commerciale sia dal mondo dell’industria sia dalle istituzioni: il nostro governo ha sì supportato le denominazioni d’origine e ha ottenuto tutela, ma il problema è mondiale e dove non ci sono accordi bila-terali tutto si complica”. Anche l’azienda Ambrosi ha dovuto fare i conti con il mer-cato americano che “è il più importante a livello di consumo ma è anche molto li-bero. Nei Paesi Asiatici, ad esempio, non

Il PresIdente della Camera dI COmmerCIO dI BresCIa

Francesco bettoni: “il Made in italy aGroaliMentare occuPa Fasce di nicchia che non subiscono le classiche crisi di Mercato: 200 Milioni di aMericani sono in Grado di coMPrare i nostri Prodotti”

Il mercato Statunitense è uno dei maggiori “taroccatori” nel compar-to agroalimentare. Lo conferma?“Assolutamente sì. Ho visto con i miei occhi la mozzarella di bufala campana che viene taroccata in Pennsylvania, e le farm che vicino a Philadelphia producono l’a-ceto balsamico di Modena e il prosciutto di Parma con tanto di coccarda: il sinda-co del Paese mi ha accompagnato nelle aziende ed era fiero. Quando gli ho fatto notare che era contraffazione ha sgranato gli occhi, scioccato dal fatto che esistano leggi che proteggono i prodotti tipici. L’Italian sounding rappresenta negli Sta-ti Uniti un mercato che vale 35 miliardi di dollari. In termini di danni economici stiamo parlando del 50% di esportazio-ni mancate dall’Italia. Allo stesso tempo questo dato deve essere visto anche dal lato positivo: se negli Usa esiste tale ri-chiesta qualcuno deve soddisfarla”.Come si difendono le aziende?“Per l’agroalimentare, che ci contrad-distingue, a mio parere è stata adottata una politica sbagliata. I consorzi tengono monitorata la situazione e denunciano le contraffazioni in tribunali, aprendo cause

all’estero che sono dispendiosissime. Io ritengo che andare per tribunali e spen-dere risorse non sia utile: serve invece la comparazione. Tutti i consorzi dovrebbe-ro fare grandi campagne di comparazione, magari proprio negli Stati Uniti, dove que-sto tipo di pubblicità è legale e funziona, come hanno dimostrato studi e ricerche”. Ma il Made in Italy, che comunque ha prezzi elevati, vince ancora?“Certamente, noi occupiamo nell’a-groalimentare fasce di nicchia che non

c’è questo interesse: vogliono l’originale per venderlo a caro prezzo”. Ambrosi però sottolinea la centralità del ruolo del consumatore che “va sensibilizzato”. E l’appello a “battersi da consumatori” arriva anche dal Consiglio Nazionale an-ticontraffazione. In un recente convegno l’avvocato bresciano Cesare Galli ne ha sottolineato l’importanza, mettendo in luce come le stesse istituzioni possano fare molto. Galli ha ricordato una vecchia campagna della provincia di Brescia che suonava così: “Se è falso non è degno di te”. Uno slogan azzeccato che forse do-vremmo tenere a mente quando andiamo a fare la spesa.

subiscono le classiche crisi di mercato. Nel mercato mondiale siamo posiziona-ti nella fascia alta dei prezzi e quindi ci rivolgiamo ai cosiddetti consumatori di qualità. 200 milioni di americani sono in grado di comprare i nostri prodotti, ed è per questo che gli Usa sono il mer-cato più importante”.Tornando all’Unione europea, in che senso non fa abbastanza?“Il nostro governo spinge, ma nell’UE hanno sempre seguito le filosofie nord europee che puntano sulle quantità più che sulla qualità: l’orientamento era, ed è ancora oggi, quello di garantire la sicurezza alimentare. Man mano che si sono aggiunti nuovi Paesi l’obiettivo è rimasto lo stesso, quindi quando l’Euro-pa scende in campo nelle grandi partite mondiali si batte ancora per la quantità. Quindi è il singolo Paese che deve dare ‘battaglia’ insieme ai consorzi di tutela”. Una domanda sul mercato cinese: l’agroalimentare italiano può diffon-dersi o riprodursi?“Nel campo agroalimentare la Cina è un mercato tutto da costruire. Da parte nostra stiamo facendo delle azioni di

Francesco Bettoni

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promozione dei nostri prodotti che vada-no sì nelle catene di distribuzione ma so-prattutto nei ristoranti dei centri princi-pali, cioè Shangai, Pechino, Shenzhen. A Shangai ci sono circa 50 ristoranti italia-ni che hanno soppiantato quelli francesi. Questo è lo scopo delle nostre missioni”.Come vede il futuro della nostra peni-sola e della nostra città?“In questi ultimi anni ho visto una gran-dissima attenzione al made in Italy, basato sulle 3 effe: food, fashion, forniture. Abbia-mo un appeal che è straordinario e con una politica autorizzata all’UE nel giro di due anni si potrebbe recuperare, anche solo ne-gli Usa, il 20% di quei 35 miliardi di euro”.

Il PresIdente della Camera dI COmmerCIO dI BergamO

Paolo Malvestiti: “la tenuta della caPacità di esPortazione, e quindi della coMPetitività internazionale delle Produzioni berGaMasche, ha attenuato Gli eFFetti della crisi”

Paolo Malvestiti

Quali sono i settori della provincia di Bergamo più colpiti dalla contraffa-zione all’estero dei propri prodotti?“Diversi sono i settori che risentono del fenomeno della contraffazione: ab-bigliamento e accessori, pelletteria, gioielli, persino l’automotive e gli elet-trodomestici per non parlare poi, nel settore agroalimentare, della prolifera-zione nei Paesi esteri di prodotti Italian sounding – come formaggi, pasta, vino – vale a dire di quei beni che evocano prodotti italiani, famosi e non, ma che

la PiraTeria

All’Italian Sounding, cioè all’imitazione dei prodotti alimentari italiani, si af-fianca la pirateria agroalimentare internazionale, cioè la contraffazione vera e propria, illecito perseguibile penalmente. Brescia si è rivelata un crocevia importante per questo genere di traffico, che coinvolge spesso le organiz-zazioni criminali. Federconsumatori Brescia parla di un giro d’affari miliarda-rio, stimato dalla Coldiretti in 12,5 miliardi solo per il settore agroalimentare. Nemmeno i prodotti con il marchio Dop, che ne garantisce l’origine secondo rigide norme di sicurezza, sono più sinonimo di acquisto sicuro. Infatti, grazie a nuovi metodi, la mafia sarebbe in grado di falsificare persino il marchio di qualità. I prodotti italiani iscritti nei registri Dop (denominazione di origine protetta), Stg (specialità tradizionale garantita) e Igp (indicazione geografica protetta) sono oltre 1.000 e il fatturato al consumo è intorno ai 10 miliardi di euro: difenderli è soprattutto compito dell’Agenzia delle Dogane e, la buona notizia, è che quella italiana è tra le migliori d’Europa.

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nulla hanno a che fare con questi”.Secondo lei il Made in Italy funziona ancora?“Malgrado il Sistema Italia si sia spesso dimostrato, purtroppo, carente nella ca-pacità di comunicare e tutelare i propri punti di forza in maniera efficace, credo che il brand Made in Italy rappresenti ancora per molti versi un fattore di si-curo appeal e che in molti mercati possa costituire un vero e proprio vantaggio competitivo. Il Made in Italy, nel campo

i numeri della conTraffazione in alTri camPi

• 1.850% è la stima dell’incremen-to mondiale della contraffazio-ne dei prodotti negli ultimi anni (1994/2011).

• 270.000 è la stima dei posti dilavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, a causa della contraffazione, di cui 125.000 circa nella sola Comunità Europea.

• 3,7-7,5 miliardi di euro è il girod’affari stimato dei produttori di falsi in Italia, al 2011.

dei beni di consumo è sinonimo di una tradizione produttiva fatta di creatività, qualità, ricercatezza, stile, cura dei par-ticolari; rappresenta inoltre un richiamo al valore intrinseco della cultura, dell’ar-te e dello stile di vita che ci caratterizza. Ma è parimenti apprezzato nel campo dei beni tecnologici, perché era tradi-zionalmente sinonimo di una qualità costruttiva seconda a nessuno”.Quali sono a suo parere i paesi su cui puntare per lo sviluppo dell’export?

“Credo che fare delle previsioni atten-dibili in una fase congiunturale tra-vagliata come quella attuale sia estre-mamente difficile. Sul fronte interno, consumi e investimenti continuano a risentire del clima di incertezza e sono gravati dalle pesanti condizioni di mer-cato. Ecco perché le aziende stanno guardando all’export come una vitale boccata di ossigeno: le statistiche ci dimostrano che la tenuta della capacità di esportazione, e quindi della compe-titività internazionale delle produzioni bergamasche, ha quantomeno attenua-to gli effetti della crisi e tale fenomeno dovrebbe permanere per tutto il 2013. Sicuramente i Paesi più promettenti rimarranno i Paesi Brics e tutto il Sud-Est Asiatico, ma credo che ci saranno buone prospettive in America latina e nei paesi in via di sviluppo del medio oriente e dell’Africa sub sahariana, an-che se questi sono gravati da un rischio maggiore”.E i Paesi europei?“I minori livelli di esportazione si regi-streranno probabilmente nell’area Euro e in Europa in genere, con l’eccezione solo di Turchia e Russia. Non vedo gran-di spazi nemmeno per i cosiddetti mer-cati maturi, con una leggera differenza in termini di previsioni positive solo per USA e Giappone. Ma ripeto: è difficile fare previsioni attendibili in questo mo-mento, gli stessi dati statistici appaiono tra loro contraddittori”.

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in evidenzain evidenza

LA STAGIONE PROSEGUENEL COMPRENSORIOADAMELLO SKI

Si continua a sciare nel comprensorio Adamello Ski dove la stagione prosegue su piste ancora perfettamen-te innevate .Tra le novità di questa stagione invernale vi segnaliamo il SERODINE SNOWPARK che si affi anca all’Adamello Freestyle Arena nell’offerta per gli amanti dello snow-board e 4 nuovi percorsi per ciaspole (o caspole, come vuole il dialetto locale) tra Pontedilegno ed il Passo Tonale, facilmente individuabili grazie alla segnaletica arancione che li contraddistingue. Proseguono le serate di sci notturno dalle 20.30 alle 23 al passo Tonale (tutti i martedì e giovedì sulla pista Va-lena) e a Pontedilegno (tutti i mercoledì e sabato fi no al 16 marzo sulle piste Variante Corno d’Aola e Valbione) e le serate Fun Kids il mercoledì al Tonale ed il giovedì

a Pontedilegno alle 17.30 fi no al 28 marzo con musica, animazione, simpatiche gare, trucca bimbi, cioccolata calda e frittelle e baby fi accolata.

Ecco i prossimi eventi in programma:

16-17 marzo, BRAULIO VERTICAL TOUR: giochi, gu-stose degustazioni e spettacolo all’interno del villaggio a partire dalle 9.30 al Passo Tonale, con Big Air Bag presso l’Adamello Freestyle Arena.

22 marzo, LUNARALLY AL CHIARO DI LUNA: è stato il primo raduno sci alpinistico in notturna in Italia e dopo 20 anni mantiene ancora intatto il proprio fascino. È or-ganizzato come sempre dal Cai Pezzo-Pontedilegno; le

novità di quest’anno sono l’arrivo a Capanna Bleis e la formula di partecipazione a coppie. Le iscrizioni si rice-vono la sera stessa negli uffi ci Adamello Ski del Passo Tonale dalle 17.30 alle 19.

7 aprile, ADAMELLO SKI RAID: questa gara vi por-terà in alcuni dei luoghi sacri dello sci alpinismo, dove venne combattuta la prima Guerra mondiale. Dal passo Tonale a Pontedilegno passando per il ghiacciaio Prese-na, Mandrone, Lobbia Alta, Cresta Croce dove ancora giace il famoso “Ippopotamo” (il cannone, venne così battezzato dai soldati), Pian di neve, Adamello, Pas-so Veneroccolo e Pisgana. La gara fa parte dei circuiti Coppa delle Dolomiti e La Grande Course che raggrup-pa alcune delle più celebri gare sci alpinistiche delle Alpi

(Pierra Menta, Mezzalama, Patrouille des Glaciers, Tour du Rutor). Gli impianti di risalita apriranno molto presto per permettere al pubblico di posizionarsi lungo il per-corso ed assistere al passaggio degli atleti.

25-28 aprile, POWER DAYS: 4 giorni di neve e snowpark a 3.000 metri di quota, party e tanto diverti-mento per questo raduno di fi ne stagione che richiama ogni anno snowboarder da tutta Italia. Il 25 aprile si terrà anche la fi nale del contest OPENAFA.

24 maggio, GIRO D’ITALIA: Pontedilegno ospiterà la partenza della terzultima tappa della famosa corsa, pro-babilmente si tratterà della tappa che deciderà il vincito-re della gara più dura del mondo.

SPECIALE VACANZA SULLA NEVESe avete voglia di una vacanza sugli sci, ecco qualche spunto inte-ressante:

23-30 marzo, SETTIMANA ROSAtutte le donne che prenotano un soggiorno in hotel / residence per quella settimana, ricevono uno skipass Adamello Ski valido per 6 giorni scontato del 50% (€ 83,00 anziché € 166,00) oltre ad un simpa-tico gadget a tema.

22-24 marzo, WEEKEND GOURMET2 giorni skipass + 1 notte in mezza pensione ed 1 notte in b&b con cena in un ristorante tipico a partire da € 156.

28 marzo-1 aprile, WEEK END PASQUA4 giorni hotel mezza pensione + 4 giorni skipass Adamello Ski da € 271

3-14 aprile, SETTIMANA FREE SKI7 giorni hotel mezza pensione + 6 giorni skipass Superskirama da € 360

13-28 aprile, SETTIMANE ADAMELLO FREE7 giorni hotel mezza pensione + 6 giorni skipass Adamello Ski da € 337

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StraDE E qUartIErI/ StraDE E qUartIErI/

via corsicatradizione, melting pot e Futuro

il quadrilatero costituito da via Corsica, via Dalmazia e il quartiere Don Bosco è una zona che, a pochi passi dal centro storico e dalla co-

siddetta Brescia 2, pur essendo collega-ta alla City fa da sé.Coglierne l’identità è difficile: qui con-vivono esercizi commerciali storici, attività recenti, vetrine che profumano d’oriente. Tanti, infatti, gli stranieri in via Corsica, che pian piano stanno co-struendo il proprio microcosmo, fatto di negozi su misura, delle chiacchiere a voce alta sul marciapiedi. A cinque minuti da qui, in via Labirinto, c’è la moschea che raccoglie le preghiere di molti, e la zona offre abitazioni anche a prezzi calmierati.Il tourn-over è evidente: a fianco di di-verse serrande abbassate rilucono por-ticati nuovi di zecca, come nel caso del condominio Bosco-Corsica. Il passato, le tradizioni si diluiscono nei ricordi, ma la necessità di tenerli ancora par-zialmente in vita fa adoperare instan-cabilmente la parrocchia dei Salesiani – sport, svago, ascolto, missioni… – e gli Apini di Bottonaga, sempre in prima linea (indimenticabili le recenti marato-ne di casoncelli – oltre 180mila! – per raccogliere offerte benefiche).Come se non bastasse, proprio da via Corsica passerà parte della bretella che, si stima dopo quest’estate, segnerà l’in-gresso dei binari della Tav in città per ricollegarsi in stazione. E mentre nella vicinissima via Toscana si sta a guarda-re col fiato sospeso (in zona si prevede l’abbattimento di alcune palazzine per fare spazio a due nuovi binari e all’innal-zamento di un muro fonoassorbente), qui l’evento passa (quasi) inosservato.

di ALessAnDrA TonIZZo

CI raCCOntanOvIA CorsICA

MArIuCCIA(CAsTeLLI ABBIGLIAMenTo)Che idea si è fatta di questa porzione di città?“Via Corsica è migliorata, ha ricomin-ciato a respirare da quando hanno ri-aperto la viabilità. Peccato che resti il grande problema dei parcheggi: troppo pochi, e tutti a pagamento”.Che storia ha questa attività?

“Io sono una collaboratrice, ma il nego-zio, a tradizione familiare, è aperto dal 1960. Certo, con la crisi il lavoro è cala-to, ma da noi la clientela ritorna perché è sicura di trovare un bel prodotto, con un buon rapporto qualità-prezzo, oggi indispensabile”.Una pecca di via Corsica?“Non ho nulla contro gli stranieri, ma qui ci sono davvero troppi extracomuni-tari. La sera, uscendo da qui, non sono tanto tranquilla. Servirebbe forse più vigilanza?”.Mi pare che molte attività chiudano i battenti…

“Sono davvero molti i negozi chiusi, è vero. Da poco, anche la pizzeria qui di fronte ha abbassato le serrande… Colpa della crisi e degli affitti che comunque non scendono”.

eZIo foGLIATA(eLeTTroDoMesTICI)Cosa tratta il suo negozio, a chi si ri-volge?“Vendiamo un po’ di tutto nel ramo degli elettrodomestici, e serviamo so-prattutto gli anziani della zona, da una decina d’anni. I giovani oggigiorno s’in-gegnano, s’arrangiano”.

Immagino che la crisi vi abbia segna-to…“Quella si sente, ovvio: le vendite sono calate. Ma fortunatamente ci salviamo con le piccole-grandi riparazioni, nono-stante imperversino i volantini di chi, in questo campo, s’improvvisa. Noi offria-mo un servizio serio e diamo fiducia”.Via Corsica con le sue parole.“Tanti stranieri, fine settimana spenti. Nei giorni feriali, invece, c’è un forte passaggio, la via si anima, si sta bene”.Cosa pensa dei lavori per la Tav?“In via Toscana, qui vicino, sarà un bel problema… Non penso, invece, che qui ne risentiremo più di tanto”.

AnGIoLIno BeLLerI(LA GAsTronoMIA)A quali cambiamenti avete assistito negli ultimi tempi?“Siamo in via Corsica dal 1973. Da allo-ra è cambiato il lavoro: da nove persone, siamo tornati a tre, della famiglia. Il pas-so è stato segnato dal 2005, momento in cui è iniziato a calare l’afflusso”.Ma chi servite?“Clientela tipica, fidelizzata, e di pas-saggio. In via Corsica c’è molto ricam-bio”.Oltre a questo, che via è?“Questa è una zona in via di sviluppo:

negozi che aprono, che chiudono, che si riammodernano…”.A livello residenziale, invece, come sono vissuti i nuovi condomini?“Mi paiono per la maggior parte abitati, anche da stranieri”.Stranieri che stanno lasciando la loro impronta nella zona…“Ricordiamo che, in via Labirinto, c’è una moschea molto frequentata. La via si sta colorando dei loro negozi: barbie-ri, telefonia, fruttivendoli…”.

Ezio Fogliata

voce ai passantiGiorgio, 58 anni“L’oratorio Don Bosco? Quand’ero ragazzo io ci facevo delle gran parti-te di calcio con gli amici. Oggi hanno messo il sintetico: segno che i tempi cambiano… Ma per fortuna c’è”.

Annamaria, 47 anni“Gli Alpini Bottonaga si danno sempre un gran da fare. Sono la parte buona di questo quartiere. Fanno colore, simpatia”.

Michela, 32 anni“Abito qui vicino, ma la sera non mi sposto mai da sola. La percezione della sicurezza non è delle migliori. Però in questo quartiere non man-ca niente”. Angiolino Belleri

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StraDE E qUartIErI/

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MICHeLe sAnTInI(BAr AMerICA)Bar storico il suo…“C’è dal 1961. Ci sono tredici bar in tutta la via, e forse questo è il più vec-chio. Io lavoro qui da 26 anni”.Lei ha frequentato i Salesiani: ce ne parli.“Ho studiato lì, da ragazzino: una grande esperienza di vita! I Salesiani tenevano unito tutto il quartiere, e oggi sono gli unici a cercare di mantenere in vita le tra-dizioni: è importante, anche nei confronti dei tanti stranieri presenti, farci conoscere con la nostra storia, la nostra cultura”.Tanto, però, si è perso per strada…“Ricordo, ad esempio, i carri allegori-ci: bellissimi. Queste cose, oggi, non ci sono più. Ed è stato per me un colpo al cuore vedere come, per la prima volta, il giorno di Don Bosco (il 30 gennaio) sia passato così, senza una bancarella”.Cosa manca in via Corsica?“Non esiste più la socialità, la voglia del confronto, di vivere il territorio. Ognu-no si fa i fatti suoi, e ti ‘sbrana’ non ap-pena cerchi di fare breccia, di riscoprire i rapporti di prossimità, che quando ero piccolo io erano tutto: erano la nostra tutela. Oggi è scomparso pure il rispetto dei ruoli, nei confronti degli insegnanti, dei preti…”.Il Borgo San Nazzaro decolla o no?“Beh, abbattuti gli ex magazzini gene-rali Borghetto hanno iniziato a getta-re le basi, però ad oggi è ancora tutto spianato. Dovrebbero costruire uffici comunali, residenze, e purtroppo anche centri commerciali: spero proprio di no, perché rinsaldare la fiducia nel piccolo negozietto, dove è vivo il rapporto uma-no, è importantissimo”.

Michele Santini

c’È QualcoSa cHe non VaVia Corsica sembra più affollata che mai: le auto sfrecciano sulle (poche) strisce pedonali che gli abitanti percorrono spesso passando da un negozio all’altro, ai due lati della lunga strada, sperando d’arrivarci indenni. La via sembra sempre un cantiere aperto, con grossi camion posteggiati vicino a transenne posticce. Lo sporco a terra è frequente. Trovare posteggio, anche nelle stradine laterali, è quasi utopia: c’è sempre chi, in terza fila, aspetta di avere la meglio col motore acceso, “mangiando” strada alla già erosa e difficile circolazione.

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cellatica e GussaGodue diversi stili di vita Franciacortina

di eLenA DALIA

immaginate un luogo tranquillo, dove le persone sembrano cammi-nare in punta di piedi, dove passano poche macchine e sembra di non

sentirle. Il silenzio è difficile da immagi-nare ma… Chiudete gli occhi e pensate che tutto questo è possibile, in un pic-colo paese a pochi chilometri dalla città. Aggiungeteci un bel centro storico e del-le colline con ordinati e stupendi vigneti. Siete a Cellatica. Il paese – abitato da cir-ca 4.900 persone – colpisce subito per la bellezza e la calma; vi incontriamo poche persone, soprattutto anziani che passeg-giano e ragazzi che tornano da scuola in un pomeriggio d’inverno illuminato dal sole. Chi vive qui non cambierebbe que-sto luogo con nessun altro. Tuttavia, la tranquillità che caratterizza il paese non è sempre sinonimo di positività: i commer-cianti locali sono simpatici, disponibili e ospitali, ma alcuni negozi hanno affisso il cartello “cedesi attività”, altri hanno chiuso negli ultimi tempi. Forse qui, la città, con i suoi grandi centri commercia-li, sembra lontana ma in realtà è troppo vicina per lasciare ancora spazio alle pic-cole attività locali. Un’atmosfera molto diversa si respira nel confinante comune di Gussago, un centro di 16.770 abitanti, più vivace e dinamico, ma anche più trafficato, dove

è difficile trovare parcheggio. Anche qui le persone sono disponibili a fare due chiacchiere e ti accolgono con il sorriso. Un grande paese – che ha il suo fulcro nella piazza Vittorio Veneto, dominata dalla imponente chiesa di Santa Maria Assunta, luogo di incontro e di manife-stazioni – ben servito e attivo dal punto di vista commerciale, dove si lavora e c’è

movimento, anche se alcuni esercenti pensano che si potrebbe fare di più per il commercio. Su tutto, il valore imprescindibile delle bellezze paesaggistiche di un territorio segnato dall’attività vinicola della Fran-ciacorta, che caratterizza entrambi i co-muni di Cellatica e Gussago, affascinan-do lo sguardo dei passanti.

CI raCCOntanOCeLLATICA

osCAr ZAvAGLIo (ACConCIATure uoMo) Via magenta

Crisi e commercio: come stanno le cose?“Cellatica, commercialmente parlando, è messa male perché è tagliata fuori. Forse perché è troppo vicina alla città, forse perché il centro è difficilmente visibile e raggiungibile. Io sono qui da dieci anni e ho visto tanti negozi chiude-re anche per la forte crisi”.L’effetto grande distribuzione si sente?“Sicuramente. Adesso molte persone vanno nei centri commerciali perché lì possono trovare di tutto. Forse però in negozi più piccoli e di paese il cliente potrebbe sentirsi più a proprio agio per-ché seguito con più cura e attenzione”.Com’è abitare qui?“Cellatica è bellissima, immersa nel verde e molto tranquilla. Abitare qui è molto bello, anche per questo motivo comprare una casa qui costa tanto”.Un pro e un contro di Cellatica.“Un aspetto positivo è sicuramente quello legato alla bellezza del paesaggio. Un di-fetto, secondo me, è che si vuole tenere il paese sottotono per farlo sembrare d’élite, una zona solo per ricchi. In realtà qui abita anche gente modesta e normalissima”.

ALICe ALBInI (PAn Per foCACCIAfornAIo) Via marconiDa quanti anni lavora qui?

voce ai passantiMaria, 67 anni“Non cambierei Cellatica con nessun altro paese. Io sono nata qui e ho continuato ad abitare qui perché mi trovo bene e amo la tranquillità e il paesaggio”.

roberto, 58 anni “Questo paese è davvero sottotono. Dovrebbero organizzare più iniziative, non solo per noi che ci viviamo, ma anche per i commercianti che ultima-mente si vedono costretti a chiudere”.

elisa, 18 anni“Da quando sono andata a studiare in città non sopporto più vivere qui, non c’è niente da fare. Cellatica è vicina a Brescia ma sembra lontanissima. È vero, c’è un bel paesaggio, ma a noi ragazzi non è la tranquillità che serve”.

Oscar Zavaglio

“Da dodici anni. Il mio lavoro mi piace molto, devo dire però è un brutto mo-mento per tutti, anche per chi fa il pane”.Allora anche il fornaio conosce la crisi?“Eccome! Rispetto a qualche anno fa, il lavoro è diminuito, forse perché i su-permercati offrono il pane fresco e sono aperti anche la domenica”.Esiste un’associazione commercianti?“Sì, e sta lavorando molto. Ci s’impe-gna ma nonostante questo, molti negozi sono costretti a chiudere perché lavora-no poco”. Che cosa offre Cellatica ai giovani?“Purtroppo qui c’è poco futuro per i giovani. Diciamo che è un bellissimo paese dove vivere, ma forse l’ambiente è un po’ troppo tranquillo e con poche opportunità per i ragazzi”.

fernAnDA svAnerA (BAr sPorT) Via marconiLavora qui da dieci giorni… Prime impressioni di Cellatica?“Molto buone: la gente è tranquilla, gentile e molto ospitale. Mi piace il rap-porto con i miei nuovi clienti, sono mol-to alla mano”. Un difetto di Cellatica?“Anche se qui siamo in centro al paese, la zona è poco trafficata. Il centro non è molto semplice da trovare. È raro che qualcuno di un altro paese o della città

venga qui: forse bisognerebbe rendere questo luogo più visibile”.Ha lavorato per anni in questo setto-re… Ha notato differenze col passare del tempo?“Sì, molte. La gente esce molto meno, an-che per consumare meno, e di conseguen-za anche i bar o i ristoranti ne risentono. È tempo di crisi, e a volte si rinuncia anche a un bicchiere di vino o a un caffè”. s

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per me è il disco orario dei parcheggi. Ca-pita che alcuni miei clienti si dimentichino di mettere il disco perché restano qui pochi minuti, e quando escono c’è la multa”.

sTefAno PAZZAGLIA (AnTICA TrATTorIA PIe DeL Dos) Via ForcellaÈ un buon periodo per la ristorazione?“Un tempo, per esempio a San Valenti-no, i ristoranti erano pieni, quest’anno i clienti sono nettamente diminuiti. Non sono momenti positivi per il commercio ma si cerca di andare avanti con nuove idee e proposte”. Che cosa offrite alla vostra clientela?“Abbiamo una clientela di fascia media, che viene anche da Brescia: Gussago è considerato un polo enogastronomico importante. La nostra cucina la definisco di Franciacorta: offriamo pesce di lago, bolliti, prodotti tipici e molto altro”. Esiste un’Associazione Commercianti?“Io faccio parte dell’Associazione Ri-storatori. Mi trovo molto bene perché in gruppo riusciamo ad avere più visibilità, a proporre diverse promozioni e am-mortizzare i costi della pubblicità. Inol-

tre, la nuova amministrazione mi sembra molto propensa al cambiamento, ci sono delle buone idee e tanta voglia di fare”. Come si trova a Gussago?“Qui siamo in una frazione di Gussago, “Pie del Dos”. Anche se questa frazione mi sembra un po’ dimenticata, in linea di massima mi trovo molto bene”.

Giovanni coccoli, assessore al commercio, attività produttive e promozione del territorio di GussaGoAssociazione Commercianti di Gus-sago: qual è la situazione? “Il Distretto Diffuso del Commercio è esistito fino a gennaio e ora, a causa del ritiro da parte degli altri due co-muni che ne facevano parte (Cellatica e Rodengo Saiano) non può più esi-stere. Noi, siccome crediamo molto in quest’opportunità, ci trasformeremo in DUC (Distretto Urbano del Com-mercio) poiché è un’occasione impor-tante per aiutare i commercianti. Il 5 marzo 2013 si terrà la prima riunione per formare la nuova Associazione Commercianti e ci auguriamo che l’ini-ziativa riesca a ripartire con successo. Esiste a Gussago anche un’Associazio-ne dei Ristoratori che sta collaborando e lavorando molto bene”.Come si sta impegnando l’Ammini-strazione Comunale in questo mo-mento di crisi per aiutare i commer-cianti?

“Il Comune sta organizzando tante e diverse iniziative, ad esempio: ‘Viag-gio attraverso le vigne e i sapori’ che si terrà a metà giugno (iniziativa rivolta prevalentemente al settore enogastronomico ma non solo); ma-nifestazioni estive che coinvolgeran-no bar e gelaterie anche fuori dal centro e l’ormai noto ‘Autunno Gus-saghese’ (che per la prima volta avrà uno spazio dedicato alle cantine, alle distillerie e ai commercianti di Gus-sago in particolare nella giornata della Festa dell’uva). Per lo scorso Natale abbiamo organizzato dei cor-si di vetrinistica, che sono ben riusciti e probabilmente ripresenteremo. Ri-maniamo sempre e comunque aperti a nuove proposte e iniziative”. Questione extracomunitari: sono ben integrati? “A Gussago gli stranieri sono molti ma abbastanza integrati. Hanno come

punto di riferimento il Comune e i Ser-vizi Sociali che stanno lavorando molto per aiutarli. La Consulta della Pace e Solidarietà, ricostituita a gennaio, sarà un’occasione per mettere in campo iniziative d’integrazione per gli stra-nieri e per far fronte ai bisogni degli stessi e di tutte le persone bisognose. Il progetto che abbiamo in mente, per aiutare con viveri, vestiario e altro ha come obbiettivo quello di poter ri-spondere ai tanti bisogni causati dalla crisi ed è prevista una collaborazione con la Caritas”.

voce ai passantiKarim, 35 anni“Sono venuto ad abitare a Gussago con la mia famiglia dieci anni fa. Mi trovo molto bene: le persone sono gentili e disponibili, anche l’Ammini-strazione comunale è molto attiva e offre tanti servizi”. Mattia, 21 anni “La maggior parte della giornata la trascorro a Brescia per motivi di stu-dio. Gussago mi piace, ma ci sono poche iniziative per noi ragazzi”.

stefania, 67 anni“Sono nata e cresciuta qui e ho sem-pre amato Gussago. C’è vita, com-mercialmente parlando si può trovare di tutto e i servizi funzionano bene”.

CI raCCOntanOGussAGo

BArBArA PorTA (GALLery, neGoZIo DI ABBIGLIAMenTo) Via IV novembre Pro e contro di Gussago.“Gussago potrebbe dare molto di più commercialmente parlando, perché chi vive qui ha un reddito medio alto, ma for-se preferisce andare a spendere in città… Sto vedendo molte attività chiudere, forse perché i prezzi sono troppo alti e la gente oggi è disposta a spendere e molto meno”.Che cosa sta facendo l’Amministra-zione per aiutare i commercianti?“Posso dire che, nel piccolo, noi com-mercianti offriamo e facciamo molto. È sotto l’aspetto politico nazionale che bisogna cambiare qualcosa per far rina-scere l’economia italiana”.Un problema riguardante la sua attività?“Sicuramente il parcheggio. Questo è un problema a Gussago e in questa zona soprattutto di sabato, perché qui vicino al mio negozio si fa il mercato. È un limi-te sia per chi vuole fare acquisti sia per noi commercianti”.

TuLLIo JervAsI (LA CALZoLAIA suI TACCHI), Via romaCome si trova a Gussago?“Molto bene, la gente è cordiale e si la-vora abbastanza. Il paese è servito bene ed è vivo”.I calzolai lavorano ancora?“Sì. Ultimamente il settore dell’artigiana-to sta tornando di moda. Oggi, prima di buttare via qualcosa, ci si pensa due volte. Il fatto di pensare e di riparare prima di

buttare fa sicuramente aumentare il la-voro dei calzolai, ma anche delle sarte o di chi ripara elettrodomestici. La cura e il rispetto per quel che si possiede è uno degli ingredienti per superare la crisi”.Come definirebbe il suo lavoro?“Fare il calzolaio è un’arte. È un lavoro creativo che richiede passione e fanta-sia. La mia famiglia fa questo lavoro da generazioni. Mio padre produceva scar-pe fatte a mano. Io preferisco fare ripa-razioni perché per fare le scarpe a mano ci vogliono macchine particolari”.

AnnA ferLInGHeTTI (CArToLIBrerIA foToGrAfIA sABATToLI) Via roma Lei lavora qui da 45 anni, com’è cam-biato il suo lavoro nel tempo?“In questi anni sono cambiate molte cose, a cominciare dai prodotti. Ad esempio, la carta carbone è quasi im-possibile da trovare, le carte da lettere un po’ particolari sembrano scomparse, Tullio Jervasi

le diapositive e la Polaroid non esistono più. Tutto si è digitalizzato. Adesso le foto si scaricano sul computer, è più co-modo, ma si rischia di non guardarle o di farlo meno rispetto a un tempo”. Com’è cambiata la sua clientela nel tempo?“È strano, da un lato le persone sono disposte a spendere meno rispetto al passato, dall’altro cresce il numero di mamme che chiedono zainetti, quader-ni o costumi di carnevale firmati. Poi si lamentano dei figli viziati…”.Tiene anche libri scolastici?“Sì, li tengo sia nuovi sia usati e cerco di proporli soprattutto a chi è più in difficol-tà. A volte capita che alcuni extracomuni-tari vengono qui, con la dote scuola, e or-dinano libri nuovi. Quando i libri arrivano, si rendono conto che sforano con il prezzo e non li comprano, rimangono qui a me”.Un pregio e un difetto di Gussago.“Il pregio è sicuramente quello del paesag-gio, e della vicinanza con la città. Un difetto

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UN SECONDOL’UOMO È IN GRADO DI ELABORARE

SOLO SEI PAROLE. MA UN’IMMAGINE COMPLETA.

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valtroMPiauna volontà di… Ferro

la Valtrompia ci stava aspettan-do. Siamo tornati pieni di curio-sità, in punta di piedi, in quella che fu la Valle d’Oro dei bre-

sciani: il giacimento di minerali – ferro, in primis – che permise l’insediamento di tante fiorenti industrie, oggi segnate dal passo marcato della crisi.Lumezzane ne è, purtroppo, un sensibi-le esempio. Con una popolazione scesa negli ultimi due anni sotto le 24mila

di ALessAnDrA TonIZZo

Lumezzane, sarezzo, Gardone val Trompia: tempi duri, tempra speciale.

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unità – al calo delle nascite si affianca l’invecchiamento degli abitanti, con il 20 per cento di ultra 65enni – la citta-dina resta di fatto il paese più grande e industrializzato della nostra provincia, ma con qualche neo. Polo d’importan-za europea per rame e ottone, nonché leader italiana nel settore, Lumezzane fa i conti, oltre che con la nefasta con-giuntura economica, con la schiacciante concorrenza cinese: chiusure e trasla-zioni di molti impianti (tanto che il pen-dolarismo dei lavoratori, oggi, pesa sulla socialità di un paese sempre più “dor-mitorio”) sono all’ordine del giorno. Anche gli stranieri – grandi leve della manifattura – seguono questo piccolo esodo. Immerso nella Valle Gobbia (il cui omonimo fiume, oggi, è al centro di un serrato monitoraggio degli inquinan-ti da parte dell’Arpa), Lumezzane strin-ge i denti, conservando nella propria identità a tinte forti tutto il carattere (ir-rinunciabile) di chi fa della fatica un’op-portunità. Pieve, San Sebastiano e San Apollonio – le sue frazioni maggiori –, a dimostrazione di un campanilismo che non muore, rinsaldano le tradizioni lo-cali e la cultura del buon vicinato: strin-gersi, in tempi come questo, traduce la necessità del calore umano, ma anche la (chiusa) diffidenza verso l’esterno.Nella bassa valle, Sarezzo resta il polo commerciale di riferimento. La solida-rietà paesana colpisce per affiatamento e costanza, e le iniziative mosse dall’ora-torio locale, in merito, mirano a coinvol-gere quella gioventù che, senza redini, può facilmente sbandare. Alla fine del nostro viaggio, troviamo Gardone Val Trompia, fiaccato dalle difficoltà, ingrigito dalle parche pro-spettive per uscirne in tempi rapidi. Strade dissestate, marciapiedi in attesa di manutenzione e sere spente sono, per il paese sede della nota Beretta, delle priorità vitali: mancare il bersaglio, nel 2013, non è proprio possibile.Questa è la nostra Valtrompia. Un fiore all’occhiello forse un po’ appassito. Ma con ancora tanti colpi in canna da sparare a raffica: duri, precisi, ferrigni, come Natura ha voluto questa infaticabile gente.

Nelle pagine precedenti, uno scorcio di Sarezzo.In questa pagina, Lumezzane e Gardone.

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CI raCCOntanOLuMeZZAne

di ALessAnDrA TonIZZo

MArA GHIDInI(ABBIGLIAMenTo e CALZATure)Via monsuello, san sebastianoGestisce da molto quest’attività?“Da tre anni lavoro in questo negozio, ma sono ben 32 anni che svolgo questo mestiere”.Chi la frequenta?“Solo clientela locale, tra i 20 ed i 60 anni. Nessuno si reca a Lumezzane, oggi, almeno che non ci lavori”.

Lumezzane di un tempo e di oggi…“Ora Lumezzane, purtroppo, va spe-gnendosi: via le fabbriche, via la gente… Anche se noi commercianti, dal canto nostro, ci diamo da fare, siamo uniti per tener viva la clientela”.C’è ancora, in paese, un campanili-smo sfrenato tra le varie frazioni?“Spero proprio di no. Anni fa sì, ma adesso, mi auguro…”.

CATIA DeBAInI(ALTer eGo ABBIGLIAMenTo)Via monsuello, san sebastianoChe target ha la sua clientela?“Avendo aperto da 25 anni, molti clienti sono fidelizzati, alcuni sono diventati amici. L’età va dai 30 ai 60 anni, quasi

tutti del paese: qui a Lu-mezzane, infatti, ci si viene per un motivo mirato, non di passaggio”.Come valuta il massiccio pendolarismo che con-nota il paese?“La prima pendolare sono io: abito a 20 minuti di strada, dunque ne faccio 40 ogni giorno. Ma non mi

pesa, non mi lamento: ci sono abituata”.In questi anni, che idea si è fatta di Lu-mezzane?“È un paese grande, ma stranamente è anche un po’ chiuso. La gente locale è molto piacevole, ma non mi trasferirei qui: il territorio è stato tartassato”.E commercialmente?“L’afflusso ai negozi non è grandissimo, come invece ci si aspetterebbe da un pae-se così grande. Chiuse diverse fabbriche, qui, si assiste all’effetto dormitorio”.

serGIo LorenZI(HoBBy foTo) Via garibaldi, PieveDi cosa vi occupate?“Da 18 anni diamo servizi a 360° nell’ambito fotografico: battesimi, cresi-me, matrimoni, industria e video riprese. Stampiamo da digitale da ben dieci anni”.Ha clienti delle zone limitrofe?“Il 90% è del paese”.Lumezzane è percepito come un uni-co paese?“Purtroppo c’è ancora molto campanili-smo. Basti pensare che quando il comi-tato commercianti – nato 3 anni fa – or-ganizza un’iniziativa in una frazione,

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Strade tortuose, un sali scendi continuo, molto traf-

fi co. L’accoglienza “paesaggistica” di Lumezzane

può spiazzare. Anche perché, di negozi, in questa

realtà che si snoda lungo un nastro di cemento,

ce ne sono, ma diversi – per tipologia e frequen-

tazione – da quelli che si ipotizzerebbero per un

cittadella di circa 24mila anime. Per fortuna ci sono

loro: i lumezzanesi, la cui parlata traduce tutta la

schiettezza di un animo sincero e generoso.

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l’altra spesso se ne risente. Speriamo che, con le nuove generazioni, questo atteggiamento venga meno, perché non fa bene a nessuno”.Il cambiamento maggiore a cui ha as-sistito in paese?“Un dettaglio a mio avviso tragico è che non c’è più il passaggio di testimone nel-le attività, ci sono pochi giovani che con-tinuano il lavoro dei propri genitori”.

frAnCesCAnTonIo vALenZIse(CArToLIBrerIA e sTruMenTI MusICALI)Via de gasperi, PieveDalla Calabria a Lumezzane…“Io e mia moglie siamo qui da 63 anni, da 47 a dirigere quest’attività in paese”.

Com’è Lumezzane?“È un bel paese, ma la gente è abituata male: pur di risparmiare 1 euro, va a fare compere in città. Poco importa poi il carburante…”.Il più grande cambiamento visto?“Negli anni 50 c’erano 12mila abitanti, oggi si superano i 20mila. Tolto questo, non vedo grandi metamorfosi”.

sTeLLA roDofILe(erreCI MoDA)Via de gasperi, PieveLa sua attività ha una lunga storia…“L’ha iniziata mio padre 50anni fa, con mio padre, un sarto del Sud, ai tempi poco accettato, un po’ come gli extraco-munitari oggi. Pensi che, al suo arrivo,

sulle vetrine del paese c’erano ancora af-fissi i cartelli ‘non si affitta ai meridiona-li’. Passato il duro impatto, si è fatto co-noscere con semplicità e onestà. Se oggi continuiamo, tiriamo avanti, è proprio per la fatica fatta dai nostri genitori”.Come mai la gente di fuori non viene a far compere a Lumezzane?“Perché purtroppo non è più un paese che richiama passaggio, anche come conformazione territoriale. I giovani, poi, sono orientati ai centri commercia-li: qui resta la gente di mezza età”.Cosa mi dice della salute del fiume Gobbia?“È fortemente inquinato perché a Lu-mezzane si è sempre pensato solo a lavorare, quasi tutti avevano la propria piccola officina in casa e non ci si è mai preoccupati, per ignoranza, dei danni ambientali. Oggi le cose sono diverse, c’è la coscienza che gli scarichi abusivi portano malattie gravi”.

nunZIo MuLTArI(CALZATure)Via san Filippo, PieveLa sua attività è passata di padre in figlio…

Sergio Lorenzi e il figlio Andrea

Francescantonio Valenzise

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“Esatto. Negli anni ’70 eravamo di fron-te alla strada, poi i miei genitori, origina-ri di Reggio Calabria, hanno aperto que-sto stabile. Ora purtroppo va malissimo, tra crisi, tasse e centri commerciali”.Che clientela ha?“Non c’è più la clientela fissa. Una volta sotto le feste venivano i soliti a fare com-pere… Qui hanno chiuso tante attività, tra commercio e industria: le ditte più grandi si sono spostate”.C’è tanto pendolarismo in paese…“Sì, gli operai hanno seguito le ditte più grandi, che hanno lasciato Lumezzane. Mentre il piccolo artigiano ha seguito il flusso di lavoro: Mantova, Brescia, Mila-no…”.La natalità, poi, a Lumezzane si è ab-bassata…“Di sicuro. Basta guardare le classi delle elementari che diminuiscono…”.Lumezzane con le sue parole.“Come qualità di vita e logistica è otti-mo. Ci sono tutti i servizi, e attorno ci sono le montagne, a poca distanza c’è il lago, tramite il Passo del Cavallo…”.

GABrIeLe Leo(DL AuTorICAMBI) Via de gasperi, PieveDi cosa si occupa?

“Trattiamo autoricambi per ogni tipo di marca d’auto. La nostra clientela sono soprattutto i meccanici (di Lumezzane e comuni limitrofi), ma anche gli utenti fi-nali iniziano a ‘saltare qualche passaggio’ rivolgendosi a noi, per risparmiare”.Come ha avvertito la crisi?“C’è, ma per me ha inciso con un calo del 5%”.Un aggettivo per Lumezzane“Paese che si sta spopolando, un po’ in declino. La gente segue le aziende più grosse, che si sono spostate. Di riman-do, anche gli artigiani se ne vanno, l’in-dotto si sposta insomma”.

AurorA PInTossI(BAr LADy) Via Industriale, san sebastianoIl suo è un bar spazioso: è un punto di ritrovo per giovani?“Questo è un bar di passaggio. Tempo addietro c’erano anche ragazzi, ma han-no aperto altre attività simili e, si sa, i giovani si spostano. Lavoro molto con lo spuntino per i pranzi di lavoro”.La sera quindi…“Il paese è morto. Si è svuotato tantissi-mo. Tante ditte, poi, si sono spostate”.Il più grande cambiamento, negli

anni?“Il sensibile calo del lavoro”.Tante sono le frazioni: ci si sente tutti lumezzanesi o no?“No, direi che ognuno fa un po’ a sé. Le persone sono molto diverse a seconda delle tre frazioni principali”.

GIorGIo rIvADossI(Le DeLIZIe DI norIs)Via monsuello, san sebastianoLa vostra è un’attività storica…“Infatti sono quasi 60 anni che i miei hanno aperto. Ha iniziato mio nonno, ora lavoro qui con mia madre: da forne-ria siamo passati a gastronomia”.Che paese è Lumezzane?“È il mio paese, mi piace, è una bella realtà in cui non manca niente. Certo,

Nunzio Multari

Gabriele Leo

Giorgio Rivadossi

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non è come vivere nelle periferie vicino alla città…”.Un pregio e un difetto del paese.“La voglia di lavorare qui di sicuro non manca. A volte, però, qualcuno fa lo spaccone, come si suol dire…”.

LuCIA eConIMo(eDICoLA CArToLerIA) Via trieste, sant’apollonioQui anni fa c’era una rimessa per i pullman vero?“Sì, poi è stato aperto un bar e, 20anni fa, la tabaccheria”.Che clientela avete?“Viviamo soprattutto grazie alle scuole: qui ci sono le medie e le elementari”.La crisi come vi ha colpito?“Si sente. Certo, gli oggetti per la scuola sono indispensabili, ma sul resto spesso si rinuncia o ci si ridimensiona”.Un pro e un contro di vivere a Lumez-zane.“Questo è un paese generoso: nelle gran-di necessità, parte la solidarietà. La pecca è che, per gli acquisti, i lumezzanesi ten-

dono a spostarsi altrove. Peccato, perché si perdono i piccoli rapporti di vicinato”.Calo delle nascite in paese: come la vede?

“Penso che, oggi, generalmente, la me-dia è di un figlio a coppia. Ma anche nel-la mia generazione due figli erano già il massimo”.

Le nostre domande a…

silverio vivenzi, sindaco di lumezzaneL’ultima volta che ci siamo incon-trati parlava del “ruolo attivo della popolazione extracomunitaria ben integrata” come uno dei presup-posti per un piano strategico di successo per Lumezzane. Come sta andando?“Uno dei punti di forza di Lumezzane è proprio l’integrazione dei vari flussi migratori che l’hanno caratterizzata, prima in riferimento ai paesi limitrofi, poi, negli anni ’50 con la componen-te del Sud Italia (calabresi e pugliesi innanzitutto), e negli ultimi trent’anni con l’arrivo degli stranieri, special-mente pakistani. La nostra attrattiva, ovviamente, è sempre stato il lavoro, e oggi, quando la crisi colpisce an-che il manifatturiero lumezzanese, si assiste a un deflusso migratorio. L’in-tegrazione locale qui è salda, ma pa-rallelamente molti stranieri cercano la cittadinanza italiana per poi raggiun-gere i propri cari in tutta Europa”.Abbiamo constatato che, in paese, il campanilismo tra le varie frazioni

è molto forte. Cosa fare per dare l’idea di una Lumezzane unita?“Dobbiamo ricordarci che, all’inizio, le tre frazioni di Pieve, San Apollo-nio e San Sebastiano erano tre paesi distinti (uniti, per Regio decreto, nel 1928 sotto il nome di Lumezzane), ed è quindi normale che permanga-no sensibilità diverse rispetto alle varie problematiche. Ma valuto posi-tivamente questo campanilismo, non è nocivo, perché significa ‘apparte-nenza’: siamo internazionalizzati al massimo, vendiamo le nostre merci in tutto il mondo, poi la sera ci piace incontrarci nella nostra zona di rife-rimento, a fare quattro chiacchiere, bere qualcosa insieme”.Per i commercianti del paese, uno dei “blocchi” alle attività locali è il fatto che Lumezzane non sia una meta sufficientemente attrattiva per acquirenti occasionali. Come gestire questa lacuna?“Qualcosa, in quest’ottica, è già sta-to fatto dall’assessore Saleri, il quale

ha creato un comitato commercianti che lavora molto bene (basti pen-sare all’iniziativa Armonie e Sapori): abbiamo capito che è sufficiente proporre, e la gente a Lumezzane poi arriva. Esistono poi dei negozi di riferimento, che attraggono gen-te anche da fuori paese, segno che i commercianti fanno un buon lavo-ro. È in atto inoltre un’inversione di tendenza rispetto alla consuetudine che, fino a tempi recenti, vedeva i lumezzanesi creare ricchezza e spen-derla altrove, muovendosi per svago verso la città, i laghi. Oggi però è an-che importante ragionare in termini di Valle Trompia”.

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sTefAno PInTossI(GeLATerIA CreMerIA)Piazza Borgo BailoLa vostra attività è aperta da appena set-te mesi, come mai avete scelto Sarezzo?“A Sarezzo mancava una gelateria, e poi noi abitiamo qui”.Abbiamo letto recentemente, sulla

cronaca cittadina, che le acque del torrente Gobbia sono spesso inqui-nate tanto da assumere delle strane colorazioni rossastre. È al corrente di questo fatto? Cosa ne pensa?“Mi dispiace, non ne so nulla. Di certo la faccenda è preoccupante”.Ultimamente a Sarezzo si sono verifi-cati numerosi furti nelle abitazioni, qual è la sua percezione di sicurezza in paese?“Personalmente sono tranquillo. La gente, invece, inizia ad avere paura”.Come si è conclusa la stagione inver-nale per le attività commerciali locali?

“La mia in negativo, ma questo dato è legato alla stagionalità dell’attività. Qui in piazza invece, mi sembra che il lavoro sia andato abbastanza bene”.Un pregio di Sarezzo....“Il paese si sviluppa in un unico punto e questo permette alle per-sone di viverlo tutto”.E un difetto?

“Gli abitanti che non spendono nel loro paese”.

AnITA CounCI (DeJAvÙ CAfÉ) Via ZanardelliLei ha origini straniere, come si trova a Sarezzo? “Molto bene. Con il mio lavoro sono sempre a contatto con la gente del po-sto che trovo molto cordiale e simpa-tica. I ritmi lavorativi però sono molto frenetici”.Si sente integrata?“Sì, sono in Italia da quando avevo 7 anni e in un certo qual modo mi sento italiana”.Cosa ci dice dei giovani del paese?“Bevono troppo... alcuni già a 11 anni. Così facendo mettono in pericolo la loro sicurezza”.Ultimamente a Sarezzo si sono verifi-cati numerosi furti nelle abitazioni, è preoccupata?“Un po’ sì, sinceramente. Se qual-

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

A Sarezzo, vivo centro commerciale della

Val Trompia, si riescono ancora ad assa-

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cuno dovesse entrare a casa mia non so come reagirei”.A questo proposito le sembrano au-mentati i controlli da parte delle forze dell’ordine?“Devo dire che qui girano spesso, ma dubito che possano fare seriamente qualcosa“.

sTefAnIA ZAnI (ConfeZIonI) Via ZanardelliCome si è concluso il 2012 per la sua attività?“Non sono andata in perdita e il lavoro è stato abbastanza buono. La crisi però

l’abbiamo sentita tutti”.Come sono cambiate le abitudini ne-gli acquisti da parte dei suoi clienti?“La maggior parte compra di meno pre-diligendo la qualità del prodotto. Alcuni invece, scelgono i centri commerciali dove spendono di meno”.Ci descriva Sarezzo dal punto di vista commerciale.“Qui in paese non manca nulla, ma no-nostante questo la gente del posto pre-ferisce fare gli acquisti altrove”.Il nuovo PGT prevede la costruzione di 40 nuovi parcheggi. Secondo lei ce n’è bisogno?“Sì, credo che siano molto utili visto che qui in via Zanardelli non sono molti e spesso i clienti non riescono a parcheg-giare vicino ai negozi”.

AnDreA MIALI(seI CorDe, sTruMenTI MusICALI) Via ZanardelliIl suo negozio è aperto da 6 anni. Come sta andando?“Abbastanza bene nonostante la crisi

perché il nostro è un settore che ci per-mette di avere clienti un po’ in tutta Ita-lia grazie alla vendita su internet”.Quest’attività nasce da una passione personale o…“Nasce da una passione perché prima di essere commerciante ero, sono e sarò musicista”.Abbiamo letto recentemente sui quo-tidiani locali che le acque del torrente Gobbia sono spesso inquinate tanto da assumere delle strane colorazioni rossastre. Cosa ne pensa? È preoccu-pato per la sua salute?“Questo, purtroppo, non è un pro-

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CI raCCOntanOGArDone vAL TroMPIA

di ALessAnDrA CAsCIo

CLAuDIo BuffoLI(sCArPe e ACCessorI) Via mameliCome sta andando l’attività?“Un po’ come per tutti, va ad alti e bas-si”.Come si è concluso il 2012?“Nella media. Non ci lamentiamo”.La stagione dei saldi come è andata?“Diciamo che i primi giorni non sono stati eccelsi, ma data la situazione di cri-si non ci aspettavamo niente di diverso”.Un difetto di Gardone...“Quella parte di popolazione che non è aperta alle novità”.

MICHeLA GALLInArI(BAr JoLLy) Via matteottiLa vostra clientela è prevalentemente del posto?

“Non mi sembra. Credo che siamo nella media. Comunque lo ritengo un buon aiuto per tutte quelle persone che hanno questo vizio”.Cosa si può fare per migliorare la si-curezza stradale qui in paese?“Si potrebbe iniziare facendo manuten-zione ai marciapiedi e alle strade che sono tutte dissestate”.

frAnCesCA roMeo (oGGeTTI D’ArreDo) P.za garibaldiCome si è concluso il 2012?“In Val Trompia c’è una crisi fortissima, questo ha portato chiunque a non spen-

dere o a spendere meno”.Ci descriva Gardone la sera...“Dopo le 19 non gira più nessuno, si in-contrano solamente extracomunitari”.Sono integrati gli stranieri?“Poco”.Questione strade sicure, cosa ci dice?“In Val Trompia passa solamente una strada che fa schifo. Tutti i paesi si svilup-pano intorno ad essa e quando succede un incidente o ci sono dei lavori in corso per arrivare a Brescia servono due ore!”.Secondo lei cosa manca in paese?“L’interesse della popolazione, e dei giovani in particolare, a continuare a far vivere il paese”.

blema nuovo. Credo che negli anni non si sia mai fatto abbastanza per andare a fondo della questione”.Come valuta la situazione parcheggio qui in centro?“Credo che ce ne siano troppi con la so-sta limitata nel tempo, sia in questa via sia in piazza, e spesso questo mette in difficoltà i miei clienti che devono sem-pre tenere sotto controllo l’orologio”.Come si è conclusa la stagione natali-zia?“Sicuramente c’è stato un calo negli ac-quisti, però da agosto ad oggi ho notato una ripresa dei consumi rispetto alla pri-ma metà del 2012”.

CInZIA BerToLI(fornerIA f.LLI rAInoLDI)P.za C. BattistiNegli ultimi anni, sono cambiate le abitudini di consumo dei suoi clienti?“Il consumo del pane è diminuito e le persone non vengono più tutti i giorni a

comprarlo. Oggi, in media, una famiglia consuma 4-5 panini”.La vostra forneria produce anche dol-ci artigianali. Sono stati molto richie-sti, lo scorso Natale, il panettone e il pandoro?

“Nonostante ci sia un po’ di crisi, questi prodotti vanno sempre. Magari la gente preferisce acquistare qualcosa di meno, ma puntare sulla qualità”.Un pregio di Sarezzo...“La piazza, perché offre tutto”.

“No, anche di passaggio e di tutte le età”.Avete nel vostro locale macchinette da gioco?“Sì, perché?”Recentemente è stato aperto a Gardo-ne uno sportello per aiutare le perso-ne affette da ludopatia (gioco d’azzar-do patologico) poiché si ritiene che in zona siano numerose. Ci può dare riscontro di questo fatto?

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Il grigiore di Gardone di quest’anno ci ha

rattristato. Il paese ci è apparso spoglio,

quasi fosse in letargo. La crisi, qui, pare si

sia sentita più che altrove.

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tatuaGGistorie a Fior di Pelle

C’è chi vuole raccontare la propria storia, facendo parlare di sé i tatoo incisi sulla pelle, e chi ricorre alla chirurgia estetica per cancellare le tracce dei ricordi. Quasi sempre si tratta di “segni” che hanno a che fare con il mondo profondo delle emozioni.

di eLenA DALIA

un fiore, una farfalla, un tri-bale, un cuore: di tatuaggi se ne vedono tanti e diversi. C’è chi pensa che il tatuag-

gio sia una moda, quella della controten-denza, o una sorta di simbolo per l’omo-logazione. In realtà, oggi più che mai, non è così. Certo, c’è ancora qualcuno che decide di tatuarsi qualcosa senza pensarci troppo, semplicemente per es-sere al passo con i tempi, ma il tatuaggio non è una semplice moda, è qualcosa di più. Una “storia sulla pelle”, qualcosa di difficile da cancellare. Il tatoo con-traddistingue, è come se una parte del proprio io si manifestasse, sulla pelle, attraverso un segno indelebile. Sebbene di tatuaggi se ne vedano ormai tanti, c’è ancora molta diffidenza nei confronti di chi li indossa come vestiti sulle braccia, oppure si tatua il viso o le mani. Nella maggior parte dei casi, le persone che portano tatuaggi appariscenti sono considerate poco affidabili. L’opinio-ne cambia, invece, se è un personaggio famoso a indossarli, come i calciatori, considerati come nuovi modelli da imi-tare in fatto di “stile”. Se una persona qualunque porta sulla mano un tatuaggio appariscente, nella maggior parte dei casi (almeno in Italia) non servirà in un ristorante o in un bar di classe anche se magari è il miglior ca-meriere sulla faccia della terra. Purtrop-po alcuni pregiudizi sono difficili da s

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rimuovere. È chiaro che se una persona vuole tatuarsi il viso o le mani deve ave-re dei buoni motivi per farlo, perché in questo caso il tatuaggio non si può na-scondere... A nessuno. C’è chi si tatua la lettera iniziale del nome della moglie o del marito sull’anulare sinistro, chi preferisce la scritta “life” sulle dita della mano perché della sua va fiero. Prima di giudicare la persona in base ai suoi ta-tuaggi, bisognerebbe conoscerla, per-ché in genere quasi tutti attribuiscono un significato al proprio tatoo. E, oggi, non si tatuano più solo marinai, carce-rati, motociclisti o persone appartenenti a tribù sconosciute… ma chiunque e in modo assolutamente libero. A volte per compiere un passo impor-tante è necessario stabilire una data, magari può essere quella del proprio compleanno oppure quello di qualcu-no che se ne va, che si porta nel cuore e da quel giorno si ricorda sulla propria pelle. C’è chi ci pensa mesi prima di ta-tuarsi, perché è una scelta importante di vita: dopo averlo fatto, non si può più tornare indietro, o quasi. Esistono nuo-ve tecniche in grado di “eliminarli” ma in ogni caso chi decide di avere un “di-segno indelebile” sulla pelle pensa che sia per sempre.

IL CAso DA GuInnesEsistono come in ogni ambito dei “casi estremi”: Lucky Diamond Rich è un artista di strada con il 100% del corpo tatuato. Neozelandese, attratto fin da ra-gazzo da uomini e donne completamente tatuati, ha voluto intraprendere questa “strada”. È riuscito a spodestare il fa-moso “uomo leopardo” (con il corpo ri-coperto di tatuaggi a forma di macchia di leopardo) entrando a far parte del Guin-nes World Record (2006) con il titolo di “uomo più tatuato del mondo”. Per rag-giungere il suo scopo, Lucky Diamond

Rich ha passato più di mille ore da vari tatuatori, facendosi tatuare anche il pre-puzio, l’interno delle palpebre, della boc-ca e delle orecchie. Insomma una “sfida” dolorosa e coraggiosa. L’“uomo leopar-do”, ex Guinnes dei primati, non pare però essersi offeso, anzi, all’epoca lasciò la città per andare a vivere come eremita sull’isola di Skye in Scozia, leggendo li-bri e studiando in modo approfondito il comportamento dei leopardi, la sua più grande passione. Oggi, ormai avanti ne-gli anni, è tornato a vivere in città. In conclusione, oggi molti, chi in modo più sobrio, chi in modo più estremo, han-no una storia da raccontare, scritta – o che vorrebbero scrivere – sulla loro pelle. Andiamo a sentirne alcune… Da scrivere, scritte o che non si scriveranno mai.

MArCo, 27 AnnI Hai tatuaggi? “Ne ho fatti due: il primo per ricordare un affetto molto importante per me, il secondo è un tributo a un grande artista giapponese, Katsushika Hokusai. Senti-vo mia una sua opera (La grande onda), che nella sua semplicità mi trasmetteva qualcosa di forte, e ho sentito il bisogno di averla sempre con me. Così ho deciso di tatuarmela”.I tatuaggi possono avere una valenza simbolica forte?“I tatuaggi essendo, nella maggior parte dei casi, disegni sintetizzati, spesso sono simboli e quindi dotati di significato”.

l’uomo TaTuaTo cHe aSPira alla PreSidenza…

Vladimir Franz è un artista, candidato alle elezioni pre-sidenziali del 2013 in Re-pubblica Ceca. Ha destato molto scalpore per un mo-tivo: ha il volto interamente tatuato. Oggi 53enne, ha deciso di trasformare la sua vita in arte, per non colla-borare con il totalitarismo del regime comunista. In-tellettuale, artista, pittore, compositore, docente nella facoltà di belle arti e laureato in giurisprudenza, ha deciso di candidarsi alla Presidenza della Repubblica Ceca per migliorare il suo Paese. Franz è senz’al-tro innovativo per stile, ma rischia di esserlo anche per alcune idee, che do-vrebbero essere invece alla base del programma di ciascun buon governo: creare una società educata e colta, che oltre a sostenere i diritti, si assuma anche la responsabilità di risolvere i problemi.

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GIuLIA, 17 AnnITu hai fatto il tuo primo tatuaggio a 17 anni. I tuoi genitori hanno dovuto assistere alla seduta?“Mia madre ha dovuto essere presente, per assicurarsi di quello che stavo facen-do e per compilare un modulo in cui è richiesta l’autorizzazione del genitore/tutore per eseguire il tatuaggio. Nel mo-dulo sono scritte le possibili conseguen-ze derivanti dal tatuarsi. I miei genitori non hanno esitato a permettermi di far-lo, perché mi sono tatuata qualcosa che per me è importante e con un significato ben preciso”.Cosa ti sei tatuata?“Una chiave di violino con dei fiori come decorazione sulla spalla. Volevo che la mia più grande passione, la musica, fa-cesse parte di me per sempre”.

MArCo, 22 AnnIHai 8 tatuaggi: qual è il significato dell’ultimo che ti sei fatto? “Un ramo di orchidea sul petto in ricor-do di mia madre, grande amante e ap-passionata di quel genere di fiore”. Cosa ne pensi di chi si tatua le iniziali del proprio fidanzato/a o addirittura il nome?“Personalmente credo che il nome sia eccessivo. L’unico nome che potrei ta-tuarmi sarebbe quello dei miei figli”.

nICoLA, 26 AnnI Il tuo tatuaggio copre maggior parte del braccio ed è molto particolare, puoi raccontarcelo?“Rappresenta la vita sotto l’oceano, con alcuni animali che lo popolano. Il punto più importante è la città sotto-

marina che s’intravede in lontananza. Quella città rappresenta l’uomo che affronta continuamente sfide apparen-temente impossibili, vincendole. Ma anche la lotta infinita dell’uomo contro la natura”.Ed è anche una tua sfida?“Io ho fatto questo tatuaggio perché, data la mia insicurezza, ammiro molto il concetto che rappresenta. Diciamo che ho ‘inciso’ sul braccio, col dolore, una specie di obiettivo, qualcosa che mi dica: la vita è dura, l’uomo è da solo ad affron-tarla, però sappi che, anche se ti sembre-rà impossibile, avrai sempre la possibilità di farcela... Devi solo volerlo”.

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Il tatUatOre

ciro beldriGhi (ritual body Mod - brescia)

Come ha iniziato a tatuare e perché?“Ho iniziato per passione: prima mi sono fatto tatuare, poi mi sono appas-sionato a tal punto da voler imparare a fare tatuaggi”. A chi si ispira?“Sono appassionato di tatuaggi tribali, m’ispiro a stili primitivi, derivanti da Oceania, Borneo e Micronesia. I segni e simboli tribali hanno finalità protettive, sono amuleti, che hanno a che fare con la natura dell’uomo. Questi segni rico-prono anche uno scopo distintivo tra una tribù e un’altra”.

Tatuaggio: arte o moda?“Il tatuaggio non deve essere una moda, è una scelta di vita, un credo… E non deve essere fatto per gioco perché è qualcosa che dura per sempre, ci vuole consapevolezza…”.Come cambia il rapporto tatuaggio/piercing?“Sono due cose vicinissime ma lonta-nissime. Hanno origini simili ma oggi sono due cose completamente diverse. Il piercing è più legato al fattore età (15-30 anni), poi ci sono appassionati di piercing di tutte le età. È chiaro che il piercing al

to piccolo, ma solo nel caso in cui abbia un significato per me veramente molto importante”.Ti piace l’arte del tatuaggio?“In generale sì. Apprezzo tatuaggi an-che molto particolari, stravaganti o este-si, ma solo nei casi in cui sono fatti con un criterio, con un senso, quindi come arte. Non sopporto le ‘tamarrate’, ad esempio il proprio nome in gotico sul braccio!”.Un tatuaggio che hai visto, che pro-prio non ti piace…“Due fiocchi tatuati sul retro coscia (uno per gamba). Non mi piacciono per niente, sia per una questione di gusto ma soprattutto perché non hanno nes-sun significato!”.

CrIsTIAn, 29 AnnITatuaggio, arte o moda?“Mi piace molto l’arte del tatuaggio, anche se io non ne ho. È giusto consi-derarla un’arte perché ritengo alcuni tatuatori dei veri artisti. Non mi piace quello che è diventato ai giorni nostri dove alcune persone lo vedono più come un modo per mettersi in mostra invece che come un modo per rappre-senti qualcosa per se stessi. Per riassu-mere ti posso dire che mi piace l’‘arte del tatuaggio’ ma non la ‘moda del ta-tuaggio’”.Tatuaggi sulle mani o sul viso… Pro o contro?“Personalmente sono contro, perché ri-tengo le mani uno strumento con cui si entra in contatto con altre persone mol-to diverse da noi”.Cosa pensi della professione del ta-tuatore?“Esiste chi scrive le storie e chi ‘cancel-la’ gli errori. Un tatuatore ha una grande responsabilità, quella di disegnare sulla pelle, in modo indelebile, un segno. Oltre ai noti metodi di sterilizzazione degli aghi, la pulizia dell’ambiente e gli accorgimenti igienico sanitari, esiste anche un’etica professionale che do-vrebbe spingere un tatuatore, prima di procedere col tatuaggio, ad informarsi sulle motivazioni che spingono il cliente a farlo”.

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Il medICO-CHIrUrgO

Michaela cortellessa (PoliMed, PoliaMbulatori sPecialistici & Medicina estetica - brescia)Quali pratiche si utilizzano per la ri-mozione di un tatuaggio?“Il laser utilizzato per rimuovere i ta-tuaggi è il Q-Switched Nd-yag, ora più efficace per questo tipo di trattamenti. Agisce emettendo una luce a impulsi molto potenti ma di brevissima durata, con lo scopo di frantumare il pigmento bersaglio. L’emissione del fascio laser in tempi così brevi permette di lavorare se-lettivamente sulle cellule che contengo-no il pigmento, salvaguardando il tessuto circostante che non viene danneggiato. Le particelle così frantumate vengono

poi riassorbite e rimosse dal sistema linfodrenante dell’organismo. Questo tipo di laser opera a due lunghezze d’on-da ciascuna selettiva per diversi colori: quella a 1064 nm è molto efficace per i colori nero, blu, marrone, mentre con la lunghezza d’onda 532 nm si lavora sul colore rosso-rosaceo. Scarso o nullo il risultato sui tatuaggi verdi, gialli e bian-chi. Il procedimento di rimozione del tatuaggio richiede un numero variabile di sedute (indicativamente da 6 a 10), con intervalli di tempo tra una seduta e l’altra non inferiore alle 4-6 settimane.

I tatuaggi generalmente trattati sono quelli amato-riali, professionali, estetici da trucco semipermanente e traumatici”. Sono dolorose le sedute?“Il trattamento viene ef-fettuato in ambulatorio, non è doloroso e non ne-cessita di anestesia locale. Per limitare l’eventuale disagio per il paziente si possono applicare pomate anestetiche locali o siste-mi di raffreddamento sulla cute prima di effettuare la seduta. La zona trattata subisce uno sbiancamento momentaneo (effetto pop-corn), seguito da arros-samento e lieve gonfiore che scomparirà nel giro di poche ore. Nei giorni seguenti potrà esserci la

formazione di sottili crosticine bruna-stre che non andranno rimosse. Sulla zona trattata dovrà essere applicata una pomata idratante-antibiotica per qual-che giorno. Il paziente può riprendere le sue normali attività subito dopo la seduta, evitando però nell’immediato di bagnare la zona interessata o l’attività fisica”.Resteranno cicatrici?“Questo laser non lascia residui cicatri-ziali, in rari casi e per un periodo limi-tato di tempo, possono residuare aree ipo/iper-pigmentate (pelle più chiara o più scura) in corrispondenza della zona trattata. Le esposizioni solari possono favorire questa evenienza, pertanto è assoluto il divieto di esporsi al sole o a lampade abbronzanti un mese prima, e per tutta la fase del trattamento laser. Altrettanto fondamentale è proteggere la zona trattata con schermi solari tota-li. Si sconsiglia il trattamento a persone che tendono a sviluppare cicatrici iper-tofiche o cheloidi”.Quanto dura e quanto costa la seduta?“La durata della seduta è di circa 40-50 minuti, per un costo di 150-200 euro. I tempi e i costi possono variare anche in base all’estensione del tatuaggio”.Che tipo di clientela avete?“Le persone che si rivolgono a noi sono principalmente giovani, uomini e don-ne, che vogliono rimuovere definitiva-mente il tatuaggio, oppure modificarlo o sbiadirlo per poi rifarne sopra altri. La richiesta è discreta e costante nonostan-te la crisi”.

sopracciglio se lo fa il ragazzino, mentre quello ai genitali l’adulto, appassionato di questa pratica. È sempre un piercing ma cambia il modo di “vederlo” e “conside-rarlo” secondo dove lo si fa”.Cosa ne pensa di Vladimir Franz, can-didato alle Presidenziali in Repubbli-ca Ceca, con il volto completamente

tatuato?“È un grande… Era ora! Sicuramente è più spontaneo e vero lui dei soliti politici che vediamo incravattati e tirati a lucido. Ha osato, ed è una cosa che pochi riesco-no a fare. Chi ci crede e si sente se stesso in questo modo, e non lo fa per esibizio-nismo, ha tutto il mio rispetto. Ci vuole

un grande coraggio, i pregiudizi sono an-cora molti. Per mia scelta, io tatuo le mani o il collo solamente a qualcuno che è già parecchio tatuato. Tatuare mani o col-lo come primo tatuaggio è un po’ come regalare a un neopatentato la Ferrari… A questo tipo di tatuaggi ci si arriva per gra-di, non è un traguardo per tutti”.

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lIBrOiL/

la coMParsaun roManzo sull’italietta

che PreMia i Mediocri

È già un piccolo caso editoriale, anche sui social network, l'opera prima del giornalista Andrea Tortelli

Parla di quell’Italia in cui gli uomini senza virtù vengono sistematicamente premiati “La comparsa” (Gam edito-

re), romanzo di debutto del giornalista bresciano Andrea Tortelli. Un piccolo caso editoriale che parte dalla provincia, ma che sta già raccogliendo interesse in tutta la Penisola e che si sta diffondendo velocemente – in maniera virale – sui principali social network. Anche grazie a un simpatico concorso/tormentone via Facebook in cui i volti dei lettori si accompagnano al libro negli autoscatti via cellulare, contendendosi – sulla base del numero di “mi piace” raccolti – un aperitivo con l’autore e una vera bom-betta inglese, come quella del personag-gio raffigurato in copertina.Il libro – in vendita nelle migliore libre-rie e sui principali siti di vendita on line a 10 euro (8,50 euro su Ibs.it e inMon-dadori.it) – è la biografia immaginaria di Agazio Sanguedolce, siciliano trasferito a Roma che nella vita ricopre sistemati-camente il ruolo della comparsa. Nato

da una “comparsata” del padre e da una madre che di lavoro fa la prèfica, cioè piange ai funerali, Agazio trascorre tut-ta la sua tragicomica esistenza in questa parte: reggimoccolo, fidanzato a noleg-gio, centurione al Colosseo, attore nei programmi “verità” in tv, prestanome inconsapevole per attività poco lecite e via dicendo. Finché un giorno, dopo la morte della madre, trova conforto alla solitudine iscrivendosi al Partito degli italiani (“la grande mamma”) e cambia vita. Chiamato a sé dall’Altissimo, il pro-tagonista del libro inizia una folgorante carriera politica che lo porta a diventare ministro della Repubblica. Pur restando di fatto una comparsa.

Una storia – che fa ridere e fa riflettere – am-bientata nell’Italietta contemporanea, con figure (dai politici ai personaggi della tv) e “scene” che richiamano apertamente la cronaca degli ultimi anni. Mentre per il pro-tagonista, l’autore ammicca a Pirandello e al Fantozzi di Paolo Villaggio. Ma anche alla parabola del famoso “biondino degli 883”. A lui nel racconto vengono anche concessi un cammeo e una originale postfazione, in cui Tortelli – partendo da un tentativo di intervista andato a vuoto – svela il segreto della “fine” di Mauro Repetto.

Ulteriori informazioni sul libro sono dispo-nibili alla pagina Facebook: http://www.facebook.com/libroLACOMPARSA.

la ScHeda

TITOLO: “La comparsa”SOTTOTITOLO: Vita morte e "mi-racoli" di Agazio Sanguedolce, ita-liano medioAUTORE: Andrea TortelliEDITORE: Gam RudianoPAGINE: 60PREZZO: 10 euroISBN: 9788898288069

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rUBrICaLA/

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DOPPi RicaVi dagli accertamenti bancari

di FeRdiNANdO MAGNiNO

tU & Il FISCO

Nelle ultime settimane tutta l’attenzione dei media è stata focalizzata sul cosid-detto “redditometro”; le critiche mosse a tale istituto, specie sotto il profilo del-la prova contraria, sono state piuttosto dure e, forse, spesso eccessive, posto che, eccezion fatta per le spese medie Istat, il nuovo strumento è, tecnicamen-te, meglio del precedente, anche sotto il profilo della prova contraria. Non biso-gna però dimenticare che il Fisco ha a propria disposizione ulteriori strumenti presuntivi, utilizzati varie volte al di fuo-ri di ogni logica, con il pieno avallo della Corte di Cassazione, uno dei quali è di certo costituito dalle presunzioni ban-carie. La Corte di Cassazione, con la sentenza 2484 del 1° febbraio 2013, ha piena-mente confermato il pregresso orienta-mento, affermando che:- sia i prelevamenti che i versamenti

bancari non giustificati, ovvero non risultanti, ad esempio, dalle scritture contabili, danno luogo a ricavi pre-sunti, per cui scatta in automatico l’inversione dell’onere della prova a danno del contribuente;

- l’omessa attivazione del preventivo contraddittorio (l’Agenzia che non si confronta prima con il contribuente)

non comporta la nullità dell’accerta-mento.

Oltre a tutto questo, i giudici stabili-scono che la prova contraria non può consistere in una presunzione semplice (anche se, per fortuna, su tale aspetto esistono precedenti contrari). Questo strumento presuntivo, se paragonato con il nuovo redditometro, è di gran lun-ga più penalizzante per il contribuente. Affermare che sia i prelevamenti che i versamenti danno luogo a ricavi presun-ti significa sostenere che un versamento di 1.000 (derivante da un ricavo non di-chiarato) e un prelievo sempre di 1.000, legittimano l’Ufficio a presumere 2.000 euro di ricavi. I versamenti si presumo-no ricavi “in nero”, e i prelevamenti an-che! in quanto la ratio che sta alla base della presunzione muove dal fatto che il contribuente prelevi per acquistare beni “in nero”, con successiva realizzazione di ricavi. A ciò si aggiunga che, formal-mente, il contribuente ha diritto alla de-duzione dei costi sostenuti a fronte dei maggiori ricavi accertati, ma, secondo l’orientamento prevalente della Cassa-zione, solo se è in grado di dimostrare documentalmente detto assunto, in via analitica, senza la possibilità di invocare una riduzione forfetaria dell’accertato.

In altri termini, il Fisco può presumere tutti i ricavi che ritiene, il contribuen-te non può presumere nessun costo, essendo obbligatoria la dimostrazione analitica dei medesimi costi. Poi, trat-tandosi di accertamenti presuntivi, è ovvia la centralità del contraddittorio, per cui è da respingere l’assunto della Corte di Cassazione che ritiene valido l’accertamento non preceduto dal con-fronto con le parti. I problemi esposti sono molto più sentiti dai lavoratori au-tonomi e dagli imprenditori individuali, in quanto è a volte difficile separare net-tamente l’attività svolta dalle esigenze personali, infatti la prova contraria è spesso impossibile da fornire. Le con-siderazioni esposte inducono, a mio avviso, ad affermare come le critiche debbano essere indirizzate, più che sul nuovo redditometro, su altri strumenti come le indagini finanziarie, che, così come interpretati dalla giurisprudenza di legittimità, si traducono in autentici problemi di difesa.

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pOSt-It/

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Pelo edi IMMANUEL

[email protected]

AHI, fornero, e PensArCI PrIMA?

Il ministro Fornero sta meditando, pare, di andare a lavorare in Germa-nia, mettendosi alle spalle l’esperien-za di Governo. Sembra abbia detto di avere amarezze per delle occasioni mancate, a cominciare dalla capaci-tà di dare il senso della direzione, e di sentirsi avvilita ed abbattuta. È difficile non concordare con la sua decisione, che ha molti aspetti posi-tivi. Dal punto di vista degli italiani, qualche mese senza Fornero servirà ad allontanarne il ricordo, o meglio l’incubo. E con quello che ci stanno facendo passare i tedeschi, qualche mese di Fornero se la meritano pro-prio, senza condizionale. Quanto al suo “sono avvilita ed abbattuta” non ci sentiamo commossi. Sapesse quanto noi siamo avviliti per causa sua… Se ci avesse pensato prima – o se ci avesse pensato Monti, perché si era capito subito che con Fornero ci sarebbe stato solo da piangere – tan-ti avrebbero avuto da guadagnare. L’aritmetica, per iniziare, perché i numeri avrebbero conservato intatta la loro dignità, senza trasformarsi in ballerini da cabaret, com’è avvenuto con gli esodati. Gli imprenditori, che qualche responsabilità ce l’hanno, a loro volta, avrebbero evitato una riforma che postula una rapida con-troriforma. I lavoratori, i cui rappre-sentanti di responsabilità ne hanno accumulate tante, evitando sempre di

affrontare problemi ormai ineludibi-li, che si ritrovano ora con una disoc-cupazione galoppante, ben più alta di quanto le cifre indicano, e senza prospettive di rapida inversione del ciclo. Monti, infine, che non ha avuto il coraggio di intervenire quando ha visto la frittata, evitando che diven-tasse un sudario.

BresCIA, L’oMBeLICo DeL MonDo

Il Piano Passera, che è un documento di indirizzo, non ancora un provvedi-mento amministrativo, declassa Mon-tichiari ad aeroporto regionale. Giu-liano Campana, presidente di Abem, la società che riunisce la cordata As-sociazioni imprenditoriali e Camera di Commercio, ha dichiarato che ora si apre la strada per l’intervento dei privati. Ma in Abem non c’erano già i privati? Anzi, le maggiori categorie in rappresentanza di tutti gli imprendito-ri privati? Adesso c’è chi si lascia an-dare al de profundis per Montichiari, e c’è chi pensa in grande, come Caprot-ti, il patron di Esselunga, che, nono-stante l’età, dimostra di essere ancora capace di puntare a progetti di ampio respiro. Una cosa appare evidente: puntare al cargo non basta, è come

pensare di curare l’ernia con le frizio-ni di olio tiepido. Ci vuole dell’altro, un progetto complessivo, che ricon-sideri l’intero nord, prendendo atto del fallimento dell’idea della grande Malpensa, peraltro non difficile da im-maginare, già allora, come qualcuno fece. Però i bresciani sono chiamati a compiere delle scelte, anche i privati. Perché non si può continuare ad anda-re avanti così solo perché si spendono, anzi si sprecano, i soldi della Camera di Commercio. Bisognerebbe rico-minciare a pensare in termini proget-tuali, o consentirlo a chi ne è capace, perché con i piccoli passi non si va da nessuna parte, piccoli si era e piccoli si rimane, anche se si coltiva l’illu-sione di essere ancora l’ombelico del mondo.

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pOSt-It/

12/DODICIMESIMarzO

Scrive Elisabetta Reguitti, sul Il fat-to quotidiano del 18 febbraio, che Brescia è assediata dai veleni. A sud i bambini contraggono malattie re-spiratorie più che in altri quartieri, a nord è proibito a più di 25.000 per-sone di coltivare orti, a est sono sem-pre in agguato discariche di amianto, mentre ad ovest incombe un nuovo progetto per l’inceneritore. La gior-nalista completa il suo sguardo a 360 gradi aggiungendo che a Taranto si arriva a 351 nanogrammi di diossina per ogni chilogrammo di terra, men-tre a Brescia, sotto l’ex colosso della Caffaro, si arriva a 325.000 nano-grammi, per cui in un’area di quattro milioni di metri quadri – secondo uno studio Asl, scrive sempre Reguitti – le sostanze tossiche nel sangue degli abitanti sarebbero quasi dieci volte superiori a quelle rilevate tra coloro che vivono nei pressi dell’Ilva! È tra-scorsa una settimana, e nessuno ha scritto nulla in merito. La campagna

I veLenI DI BresCIA

elettorale si sviluppa sulle banalità e sulle insipienze che fanno galoppare Grillo, ma nella grande Brescia non si muove nulla, nessuno si scompone, tutto resta ovattato, sepolto. Come le scorie! Qualcuno, tra i candidati alla poltrona di sindaco, vuole assumere un impegno formale nei confronti dei cittadini? Qualcuno intende dir-

ci come stiamo, come viviamo, e che cosa si intende fare? Senza allarmi-smi, con pragmatismo, affrontando i problemi con equilibrio e chiarezza di idee, ma senza nascondere la pol-vere sotto il tappeto. I bresciani han-no il diritto di sapere, e la politica ha il dovere di dare risposte. Chiare, se-rie e responsabili, una volta per tutte.

MeTroPoLITAnA, PArCHeGGI AuToBus e rITArDI

È in costruzione da otto anni, la me-tropolitana di Brescia. Ma pare che, a una settimana dall’operatività, manchi il progetto di revisione del sistema di trasporto di superficie, manchino gli accordi per il trasporto integrato con l’hinterland, così come sembra sia ancora non realizzato il piano dei par-cheggi di interscambio (5.000 posti auto), senza i quali il Metrobus parte

con handicap. Ma una cosa ha fun-zionato con eccezionale tempismo: è stata costituita una società ad hoc per la gestione della metropolitana. Con tanto di sede, di consiglio di ammini-strazione, di impiegati, e ovviamente di costi. Ma non esisteva già Brescia Mobilità? E non era il giusto conteni-tore per un sistema di trasporto inte-grato?

suMMuM Ius…

Summum ius, summa iniuria, scrive-vano i latini, per dire in sostanza, che il massimo della giustizia diventa, a vol-te, un’ingiustizia, un assurdo. La Cas-sazione ha deciso che gli atti acquisiti dalla Guardia di Finanza attraverso l’accesso nella casa del convivente, nella quale il soggetto evasore dichia-ratamente risiedeva, sono nulli. Sarà anche perfetta giustizia, ma rischia di essere anche un ulteriore disincentivo per il concetto di famiglia, visto che la convivenza garantisce, nella sostanza, l’immunità fiscale.

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SOnDaGGIO/

12/DODICIMESIMarzO

WWW.bsneWs.itun 2013 MiGliore?

solo se cala la benzina

il 2013 sarà l’ennesimo anno decisivo per il futuro dell’Italia. Ma i lettori di Bsnews.it – almeno

ad osservare i risultati del “sondaggio” pubblicato sul quotidiano online di Brescia e provincia nelle scorse settimane – non hanno molta fi-ducia nel fatto che nei prossimi mesi il Paese possa uscire dalla cri-si. Anzi. La stragrande maggioranza teme che le cose possano andare perfino peggio del difficile 2012. Mentre gli ottimisti sono davvero un’esigua mino-ranza. Le cui speranze – almeno

dal punto di vista personale – pas-sano più dalla difesa del posto di

lavoro (cioè da una legge che renda più difficile licenzia-

re) che da un aumento di stipendio o dalla ridu-zione delle tasse. Ma anche su quest’ultimo fronte non mancano le sorprese. Il balzello più odiato dai brescia-ni, infatti, non pare essere l’Imu, bensì – a furor di popolo – le

imposte sulla benzina. Che, lo ricordiamo, in-

cidono per circa il 60 per cento sul prezzo dei carbu-

ranti alla pompa.

l 2013 sarà l’ennesimo anno decisivo per il futuro

“sondaggio” pubblicato sul quotidiano online

dal punto di vista personale – pas-sano più dalla difesa del posto di

lavoro (cioè da una legge che renda più difficile licenzia-

re) che da un aumento di stipendio o dalla ridu-zione delle tasse. Ma anche su quest’ultimo fronte non mancano le sorprese. Il balzello più odiato dai brescia-ni, infatti, non pare

PenSi cHe nel 2013 uSciremo dal Tunnel della criSi?L’ottimismo, come già riferito, non regna certo sovrano tra gli utenti di Bsnews.it. Più della metà (il 54 per cento), infatti, si dice convinto del fatto che quest’anno la situazione economica del Paese – e della Leo-nessa – subirà un nuovo peggiora-mento. Mentre quasi un terzo del

“campione” sostiene che le cose andranno sostanzialmente come nel 2012, dunque male. Gli incerti sono il 5 per cento. Gli ottimisti pochi di più: soltanto uno su dieci, infatti, sostie-ne che nel corso del 2013 si vedran-no i primi segnali di ripresa. E c’è da sperare che abbiano ragione loro...

Andrà peggio del 2012. Andrà come nel 2012. Andrà meglio. Non so.Pulizie civili e industrialiBrescia - via Cipro, 58 - tel. 030.2452963

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SOnDaGGIO/

dal PunTo di ViSTa PerSonale coSa Ti renderebbe PiÙ oTTimiSTa VerSo il fuTuro?

Più soldi in busta? Meglio avere mag-giore sicurezza di poter conservare il posto di lavoro. Sembrano pensarla così i lettori che hanno risposto a questa domanda. Uno su tre, infatti, pensa che a renderlo più ottimista – dal punto di vista personale – sareb-be soprattutto una riforma del lavo-ro che renda più diffi cile licenziare, esattamente l’opposto di quanto sta discutendo la politica nazionale. Al

secondo posto, con il 26 per cento dei consensi, troviamo quindi la ri-chiesta di un aumento di stipendio, seguita da quella di ridurre le tasse (19 per cento). Uno su dieci, infi ne, indica come motivo di possibile ot-timismo una riforma che permetta di facilitare l’accesso ai mutui. Poco meno coloro che sperano in una grossa commessa per l’azienda o la società per cui lavorano.

Una riforma del lavoro che renda più diffi cile licenziare.

Un aumento di stipendio.

Una riduzione delle tasse.

Una riforma che renda più semplice l’accesso ai mutui.

Una grossa commessa per l’azienda per cui lavori.

l’eliminazione di Quale TaSSa/imPoSTa Ti renderebbe PiÙ oTTimiSTa VerSo il fuTuro?

Soltanto un lettore su cinque, rispon-dendo alla precedente domanda, ha indicato nella riduzione delle tasse la priorità del 2013. Ma anche in que-sto campo non mancano le sorprese. Come noto, infatti, l’imposta sugli im-mobili che ha sostituito l’Ici ha pesato sui conti di molte famiglie e ha susci-tato pesanti polemiche, dominando anche la recente campagna eletto-rale. Ma il balzello che i lettori del quotidiano online sognano di abolire

è un altro. La maggioranza dei bre-sciani, infatti, dichiara che a renderla più ottimista verso il domani sareb-be soprattutto l’eliminazione delle accise sulla benzina. L’Imu, in questa singolare classifi ca, arriva soltanto seconda (23 per cento), staccando di poco l’Iva (19 per cento). In coda, nell’antipatia dei lettori, ci sono inve-ce l’Irpef (6 per cento) e le imposte sui rifi uti, che soltanto un lettore su 100 sogna di non pagare più.

Accise benzina. Imu. Iva. Irpef. Rifi uti.

9-10 Marzo

Radiantistica ExpòFiera dell’elettronica, informaticae mostra mercato radiantistico

22-23-24 Marzo

La FiERa di Vita in campagnaPer gli appassionati di orto, giardino, frutteto, vigneto, casa e piccoli allevamenti

25, 26, 27, 28 - 30 aprile e 1 - 4, 5 Maggio

sERidòI bambini, i giochi, la festa

18-19 Maggio

mostRa mERcato E scambioAuto, moto, accessori, ricambi d’epoca

18-19 Maggio

compRanticoMercato di antiquariato, modernariato e vintage

24-25 Agosto

FiERa dELLa cacciaSalone delle Attività Faunistiche, Venatorie e della Pesca

31 Agosto - 1 Settembre

Radiantistica ExpòFiera dell’elettronica, informaticae mostra mercato radiantistico

13-14-15-20-21-22 Settembre

pRogEtto casaFiera dell’Arredamento, dei Complementi d’Arredo, dell’Edilizia - Settore Sposi

4-5-6 Ottobre

R.E.a.s. “powered by INTERSCHUTZ“Protezione Civile e attrezzature per l’Emergenza, veicoli sanitari, antincendio, polizia locale e provinciale e sicurezza del lavoro

12-13 Ottobre

FEstiVaL dEi motoRiMotori, competizioni, spettacolo e raduni, contest di tuning, custom e car audio

1-10 Novembre

RassEgna antiquaRiaMostra di arte e antiquariato

15-17 Novembre

EnERgy daysEnergie rinnovabili, risparmio energetico, bioedilizia, mobilità sostenibile

fiere internazionali, nazionali, locali,open days aziendali, convegni e workshop,un calendario di eventi, volano di sviluppo

e valore aggiunto per il territorio

CALENDARIO FIERE marzo-novembre 2013

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rUBrICaLA/

12/DODICIMESIMarzO

di eNRiCO MATTiNzOLi

pOltICa & SOCIEtà

Dai costi standardai TemPi STanDaRD

Già Platone nella Repubblica delineava le caratteristiche della società perfetta, con la suddivisione dei compiti all’interno dello Stato, tra l’autorità e coloro deman-dati ad eseguire le istruzioni. Successiva-mente Aristotele riaffermava la necessità di una buona organizzazione come ele-mento fondamentale alla sopravvivenza dello Stato; in buona sostanza una parte della popolazione a cui attribuire compiti elevati e che attraverso un’appropriata istruzione fosse in grado di perseguire gli interessi comuni.Lo stesso sistema burocratico imperiale cinese, che vanta la più lunga opera tra le pubbliche amministrazioni di ogni epo-ca, per più di duemila anni si identificò con l’ideale raffinato dello studioso-gen-tiluomo, confuciano, saggio e giudizioso.Il termine burocrazia appare verso la metà del XVIII secolo ad opera di Vin-cent de Gournays funzionario del Go-verno francese (più conosciuto per la celebre espressione laissez faire) che, preoccupato degli ostacoli al commer-cio e all’industria, cercò di rimuoverli attraverso una regolamentazione dei monopoli governativi. Già allora si defi-niva la malattia che minacciava la Fran-cia di andare in rovina con il termine “bureaumania”, neologismo che appare nei dizionari all’inizio del XIX seco-lo per indicare “il poter de’ commessi nell’amministrazione de’ pubblici affa-ri” e che è frutto dell’unione del termine greco dominio, e del termine francese bureau, che significa scrivania o ufficio. Burocrazia, quindi, che acquisisce auto-nomia nei confronti del potere politico, trasferendo di fatto l’autorità ai funzio-nari che, attraverso la suddivisione dei compiti, realizzano un sistema gerarchi-co di responsabilità.Certo è che la caratteristica della buro-

crazia dell’inizio ’800, basata su regole, dedizione, autocontrollo e competenza, non ha nulla a che vedere con l’attuale sistema di concentrazione del potere in Italia (una sorta di oligarchia se pensia-mo ai vertici delle pubbliche ammini-strazioni) contraddistinto, sempre più spesso, dall’assenza di iniziativa, scarsa disponibilità a mutare le procedure, li-mitazione delle prestazioni al minimo richiesto e mancanza di risposte alle esi-genze dell’utenza.In altre parole la burocrazia (quella italia-na è emblematica) come servizio dovuto si trasforma nell’esercizio di un potere, quello “del timbro”, che si inserisce nei vuoti della politica fino a sostituirsi ad essa e si contraddistingue con il “lin-guaggio della complicazione”. Tempi di definizione delle controverse giudiziarie, assunzione del personale, trasferimen-to degli immobili, tempi di attesa per il rilascio di concessioni e autorizzazioni, hanno trasformato la burocrazia da stru-mento ad ostacolo allo sviluppo. Se la burocrazia, da elemento per concorrere a rendere lo Stato più efficiente, si trasfor-ma in centro di potere e laboratorio della complicazione diviene a tutti gli effetti l’ostacolo al rinnovamento e alla moder-nizzazione. I burocrati sempre più auto-crati a servizio della loro sopravvivenza, più che a servizio di quello Stato che li genera e li alimenta.

Come pensare quindi a un Paese effi-ciente, se produzione e lavoro soppor-tano il peso dell’inefficienza di un ceto medievale ?Non è certo privatizzando le funzioni che si può pensare all’efficientamento della macchina burocratica, forse var-rebbe la pena di rimettere in discussione certezze di un tempo che oggi risultano essere inadeguate. Impiegati, funziona-ri e dirigenti dello Stato debbono essere inseriti in un processo meritocratico che consenta di selezionare e al tempo stesso premiare, ma soprattutto esclu-dere dalle cariche di vertice persone inadeguate.Ma come valutare adeguatezza e merito? Si potrebbe, ad esempio, pensare di spe-rimentare, sulla traccia del Federalismo, il costo standard applicato ai tempi di rilascio delle autorizzazioni, al numero e modalità di risposta alle richieste del cittadino di Enti e Pubbliche Ammini-strazioni e dove le valutazioni non siano fatte da chi al tempo stesso è attore dei servizi, ma da Ente terzo indipendente.Qualcuno potrà obbiettare che le valu-tazioni dei risultati già esistono nelle Pubbliche Amministrazioni, ma forse sarebbe il caso che gli obbiettivi da rag-giungere fossero, non un copia incolla dell’anno precedente, come avviene nelle Relazioni Previsionali Program-matiche, ma il risultato di analisi e ap-profondimenti se non altro aggiornati. Indispensabile, quindi, che il nuovo Governo metta da subito in agenda, oltre ai provvedimenti per lo sviluppo, elementi di supporto alla ripresa della produzione, quali i “tempi standard”, concentrando l’attenzione sulla produt-tività all’interno dei “palazzi” piuttosto che sui tornelli di entrata e uscita.

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10112/DODICIMESIMarzO

italia, elezioni 2013disFatta

o ProsPettiva?

di sALvATore D’erAsMo

il guaio più grande di noi italiani, in senso politico, è la memoria corta. Fino a qualche mese fa non vede-vamo l’ora di tornare alle urne per

cacciare via una classe politica largamen-te corrotta ed incapace, peggiore della prima Repubblica, periodo nel quale l’I-talia almeno non aveva ancora problemi economici così gravi e conclamati. Siamo andati alle urne e ne è uscito quel-lo che era lecito attendersi. Anzi, un po’ meno, perché il Pdl, pur fortemente ridi-mensionato, ancora galleggia, nonostan-te gli scandali e i dissesti emersi nel quasi ventennio di sua gestione del potere, e Maroni – ottimo ministro ma pallido se-gretario – sale al Pirellone al braccio di Pdl e Lega, cioè di Formigoni & C. L’au-tentica novità è costituita dalla dimensio-ne clamorosa del successo del Movimen-to 5 Stelle, demonizzato da destra e da sinistra, e irriso dai media, che definivano Grillo, nel migliore dei casi, “l’ex comi-co”. Ora Grillo ha provocato quella che il coro dei teatranti definisce – ironia della sorte – la “tragedia”, perché la vittoria di Pirro del Pd e il duro ridimensionamen-to del Pdl, uniti all’insuccesso di Monti, determinano l’ingovernabilità al Senato.E adesso? Le alternative sono pochissime, ma po-trebbero essere anche interessanti, se il prossimo governo sostituisse al concet-to del Governo del dichiarare quello del fare. Ma fare che cosa? Non ci sono dub-bi: le cose che gli italiani vogliono, anzi pretendono, e per averle hanno votato

Grillo, visto che Pd e Pdl si sono dimo-strati sordi e ciechi. Quali cose? Quattro, per cominciare. Legge sul conflitto di interessi, che vuol dire, in poche parole, impedire che qualcuno faccia gli interessi suoi a spe-se nostre, della collettività. Riduzione drastica dei costi della politica – numero dei parlamentari, dei consigli regionali, delle province, dei compensi, elimina-zione dei rimborsi elettorali e dei privi-legi di casta – usando la scimitarra, non il bisturi. Approvazione di una nuova legge elettorale, eliminando il porcel-lum. Rilancio dello sviluppo e dell’oc-cupazione, utilizzando i risparmi per finanziare i nuovi progetti e le riduzioni fiscali necessari.Questi sono i filoni principali, che han-no consentito all’ex comico di diventare il primo partito in Italia. Sarebbe para-dossale se Grillo, di fronte a un progetto

di realizzazione di queste quattro linee, dicesse di no, impastoiandosi in que-stioni di lana caprina, come la fiducia o l’appoggio esterno, per un sì o un no a Bersani, ammesso che rimanga lui al ti-mone. Così come sarebbe tragico se l’ex comico dovesse “spingere”, nei fatti, per un governo Pd Pdl, pensando di trar-ne vantaggio alle prossime elezioni, fra un anno o giù di lì. Perché, a quel punto, il gran rifiuto di Grillo suonerebbe come un auspicio di caos in Italia per una spe-culazione elettorale, perché il gran rifiu-to farebbe apparire Grillo non più come un artefice del cambiamento, ma come un fautore del peggio per tutti per la glo-ria di uno. Ma Grillo dovrebbe saperlo, ha dimostrato di avere fiuto politico. Per questo, dietro l’angolo, potrebbe esser-ci una svolta, e cioè – finalmente – le riforme importanti, essenziali affinché l’Italia possa ripartire.

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Beppe Grillo Roberto Maroni

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qUI E là/ qUI E là/

103102 12/DODICIMESIMarzO 12/DODICIMESIMarzO

QUI & là

riaPerTo il boomeranG, STorico locale noTTurno breScianoUna sfida all’insegna della nostalgia, per rimettere in pista uno dei luoghi simbolo della movida bresciana. Lo scorso novembre ha riaperto il Boomerang, storico locale notturno bresciano, che si presenta rinnovato, ma con lo stesso carattere dell’esordio, avvenuto nei primissimi anni ’70, quando il manager era Armando Marelli. Musica dal vivo, ballabili internazionali, una pista laterale piccola e più discreta; ancora, uno spazio per stuzzicherie e piatti caldi e un angolo esclusivo per il piano jazz. Sono previsti eventi culturali musicali in collaborazione con le associazioni bresciane del settore per avvicinare i giovani talenti musicali al mondo dello spettacolo.

“Suoni e ViSioni dall’underGround”Un’iniziativa musicale nata in seno a Beatlesiani d’Italia

Associati per promuovere la musica e momenti di spettacolo nelle stazioni della nuova metropolitana di Brescia. Come

avviene per quella di Londra, o per il Subway di New York, o per la Métropolitain di Parigi e recentemente anche per la Metropolitana Milanese, Rolando Giambelli, presidente

dell’associazione musicale bresciana, ha proposto alle autorità cittadine, agli enti preposti al funzionamento

della Metropolitana ed alla Fondazione del Teatro Grande di predisporre nelle stazioni della Metro cittadina delle

vere e proprie postazioni attrezzate dove possano esibirsi musicisti ed artisti, ma anche dilettanti selezionati, che ne

faranno richiesta.

a cura di roLAnDo GIAMBeLLI

a Gardaland Torna “Prezzemolo in maScHera”

In attesa dell’apertura della stagione 2013 del Parco,

Gardaland offre la possibilità a tutti i suoi ospiti di vivere i primi tre weekend di marzo tra stelle filanti, coriandoli

variopinti, mascherine, musica, animazione e tanta allegria. Dopo lo strepitoso successo dell’anno scorso infatti, ritorna

Prezzemolo in Maschera, una grande e divertente festa durante la quale verranno aperte le più belle aree dedicate ai bambini e alle famiglie, dove i più piccoli potranno assistere

a magici spettacoli. L’appuntamento, che ha preso il via il 2 e 3 marzo, e si concluderà nei giorni 16 e 17 marzo. Soli 15 € per il biglietto combinato che comprende oltre all’ingresso a

Gardaland Park anche quello a Gardaland Sea Life Aquarium, collegato al Parco da un simpatico trenino.

“fiori nella rocca”: a lonaTo in moSTra le PianTe rareLa mostra mercato di piante e fiori rari, che si terrà dal 13 al 14 aprile alla Rocca di Lonato del Garda, quest’anno vedrà in mostra una selezione di abiti del guardaroba privato di Marie Amélie d’Orléans, ultima Regina del Portogallo: ad essi si ispireranno le composizioni floreali di Giusy Ferrari Cielo, insegnante dell’Istituto Italiano Floreale. Accanto a fiori e piante, i gazebo di artigiani, un angolo caffetteria e un ristorante a buffet, l’Hortus Conclusus con animazione per i bambini. Fra gli eventi, “Un Bouquet per la mia casa”, lezioni gratuite che permetteranno ai partecipanti di creare un piccolo cesto di fiori per la loro abitazione e apprendere i segreti dell’arte della composizione floreale.

con “briXia florum” Sbocciano i fiori in ciTTÀ

Secondo appuntamento con i colori e i profumi di fiori e piante a Brescia. Dopo l’edizione di marzo, la mostra mercato – orga-nizzata da Associazione Florovivaisti Bresciani, Comune di Brescia, Assessorato alle attività produttive, Commercio e

Marketing territoriale – si terrà domenica 14 aprile, in Corso Zanardelli. Nel corso della giornata, l’Associazione Florovivaisti Bresciani ha in programma una serie di incontri gratuiti con gli

specialisti del verde delle aziende della nostra provincia – che proporranno una selezione di piante e fiori dalle più classiche

alle diverse varietà nuove e rare –, per approfondire alcuni temi come: la corretta potatura, l’irrigazione, i concimi da utilizzare,

e molti altri argomenti rivolti ad appassionati e curiosi. Info: www.florovivaistibs.it, tel. 030.3534008, cell. 335.7708829.

XXiV concorSo PianiSTico inTernazionale camillo ToGni Si è concluso il 4 marzo il XXIV Concorso pianistico “Camillo Togni”. La manifestazione ha visto la partecipazione di musicisti provenienti da Italia, Belgio, Germania, Svizzera, Olanda e Giappone. L’ultima esibizione dei finalisti della categoria Pianoforte e Orchestra – che ha visto 1° classificato Lorenzo Cossi da Trieste (in foto) –, è avvenuta presso l’Auditorium San Barnaba, dove il maestro Roberto Misto ha diretto l’Orchestra Filarmonica Italiana. Organizzato dall’associazione Mousa e dal comune di Gussago in collaborazione con il Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, quest’anno è stato dedicato al suo fondatore e direttore artistico Antonella Landucci recentemente scomparsa.

meTroPoliTana: TuTTo eSauriTo Per l’inauGurazioneBen 250mila persone – tra sabato 2 marzo, giorno dell’inaugurazione, e domenica 3 – hanno affollato le stazioni del metrobus cittadino. Questa grande opera bresciana è piaciuta molto ai cittadini che ne hanno apprezzato anche la bellezza. Il costo complessivo dell’opera ammonta a 777 milioni di euro al netto degli oneri: 59 milioni per chilometro, contro i 90 della linea 5 di Milano da Garibaldi a Bignami, i 116 della stessa linea da Garibaldi a San Siro, i 107 della Lingotto-Bengasi e gli 83 della Fermi-Lingotto a Torino. Insomma: una metropolitana bella e pure “economica”. Ora l’obiettivo di Brescia Mobilità è di totalizzare 10 milioni di viaggiatori per l’anno in corso.

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105

rUBrICaLA/

12/DODICIMESIMarzO

di frAnCesCo rAsTreLLIPresidente dell’Ordine dei Farmacisti

della Provincia di Brescia

gentIle FarmaCIsta...

D// Gentile Farmacista, quali sono i rimedi naturali, utili per la riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi? AndreaR// Caro Andrea, un’alimentazione corretta è il primo e fondamentale approccio per ridurre l’apporto esogeno (dall’esterno) di queste sostanze. Purtroppo, molto frequentemente, è necessario ricorrere ai farmaci che possono agire riducendo la produzione di colesterolo interno. Un’altra possibilità è quella di cercare aiuto tra i principi naturali. A tal fi ne numerose ricerche hanno individuato alcune soluzioni naturali per il benessere del nostro sistema cardiocircolatorio: steroli vegetali (riducono l’assorbimento del colesterolo introdotto con l’alimentazione); formulazioni a base di riso rosso fermentato, gamma-orizanolo, fi tosteroli, policosanoli e cromo (riducono la sintesi epatica del colesterolo); omega 3 (normalizzano i trigliceridi); miscela di acidi grassi omega 3, omega 6, omega 7 e omega 9 (normalizza i trigliceridi, idrata la cute e costituisce un valido aiuto durante la menopausa); caseina idrolizzata, biancospino e olivo (regolarizzano la pressione sanguigna e la mantiene a livelli ottimali).

D// Può darmi qualche consiglio per smettere di fumare? SabrinaR// Cara Sabrina, esistono numerosi Centri per il trattamento del tabagismo dell’ASL di Brescia che supportano coloro che intendono smettere l’uso del fumo del tabacco, offrendo un intervento specialistico condotto da medici e psicologi. Il trattamento può essere individuale (6 sedute) o di gruppo (8 sedute) a cadenza settimanale;

prevede una visita medica e una valutazione psicologica iniziale; consiste in un ciclo di incontri di counseling psicologico orientati a gestire e vincere il desiderio di fumare; può utilizzare una terapia farmacologica associata, prescritta del medico, utile a ridurre la sindrome astinenziale alla nicotina, ma anche a ridurre il desiderio di fumare. I risultati dimostrano come a distanza di 3 mesi dall’avvio del programma terapeutico il 90% dei partecipanti non fuma. Può chiedere tutte le informazioni a riguardo presso il proprio farmacista di fi ducia il quale può consigliarle, anche, alcuni prodotti da banco utili alla disassuefazione dal fumo.

D// Dopo la consumazione di determinati alimenti soffro di gonfi ore allo stomaco e disturbi nella digestione. Può essere un sintomo di intolleranza? MartaR// Cara Marta, conoscere gli alimenti non tollerati dal paziente offre l’opportunità di impostare una dieta varia e personalizzata in modo da eliminare i disturbi ed evitare l’insorgenza di nuove intolleranze. Il Food Intolerance Test è una prova allergometrica che consente, attraverso un prelievo di sangue, di individuare le reazioni avverse a proteine alimentari. Si basa sul dosaggio di anticorpi di classe G (IgG). È utile per conoscere gli alimenti che possono disturbare il nostro organismo. L’eliminazione e l’eventuale reintroduzione graduale nella dieta quotidiana di questi elementi permette un rapido e netto miglioramento della sintomatologia. È opportuno che la dieta venga condotta con la supervisione di uno specialista della nutrizione. Nelle farmacie della provincia di Brescia è disponibile tale servizio con la consulenza del farmacista.

Manda la tua domanda a:[email protected]

PIll

Ole

dI…

salU

te

Il FarmaCIstaRISPONDE

sLA: sCoPerTo un Gene PreDITTore

Un gene potrebbe predire l’aggressività della Sclerosi

laterale amiotrofi ca (Sla) e potrebbe essere usato per

rallentarne il decorso. La notizia è stata pubblicata

in uno studio su Nature Medicine e regala speranza

ai malati della patologia che attacca i motoneuroni.

Il risultato potrebbe condurre a nuove opzioni

terapeutiche per la malattia, ancora incurabile.

sLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITToresLA: sCoPerTo un Gene PreDITTore

vALuTAZIone GLoBALe DeLLo sTress ossIDATIvoL’invecchiamento non può essere bloccato, ma si può fare molto per rallentarlo. In Italia l’aspettativa di vita è di circa 75 anni. Se una persona mantenesse costantemente livelli normali di radicali liberi, allora l’aspettativa di vita potrebbe prolungarsi ancora di più. L’antiaging profi le, disponibile in farmacia, permette di effettuare un accurato bilancio globale dello stress ossidativo. Questa condizione si esplica attraverso la valutazione dell’equilibrio tra la produzione di radicali liberi e la capacità antiossidante.

I l sito Internet ufficiale dei negozi e attività del Centro di Brescia.

www.bresciacentroshopping.it

Per informazioni: Il Fotogramma Studio - Tel: 030 30 69 19 - email: [email protected]

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COStUME E SOCIEtà/

10712/DODICIMESIMarzO106 12/DODICIMESIMarzO

COStUME E SOCIEtà/

da caPPucceTTo roSSo a GreTel

faVole di ieri, nella ViTa delle donne d’oGGi

di ALessAnDrA TonIZZo

È molto più difficile giudicare se stessi che gli altri, se riesci a giudicarti bene è segno che sei veramente un saggio. Così diceva Le Petit Prince nell’omonimo celebre racconto di Antoine de Saint-Exupéry che, an-cora oggi, non smette di commuovere grandi e piccini, segno che le

novelle per l’infanzia valgono per la vita intera, non si esauriscono mai e hanno un valore tutto speciale. Soprattutto nell’esistenza delle donne che, storica-mente, venivano ammansite tramite storie e leggende, le quali, passando di

bocca in bocca e di era in era, cercavano di imbrigliarne lo spirito indomito e terrigno.

Clarissa Pinkola Estés, poetessa e psicoanalista jungiana, nel suo storico trattato Donne che Corrono coi Lupi (trascrizione e analisi, in chiave

psicologica, delle antiche storie sull’archetipo femminile, provenienti da tutto il mondo), già negli anni Novanta metteva in guardia il femmi-

nino represso, inneggiando alla “donna selvaggia”, colei che insegue la sua vera natura senza esserne spaventata. Di acqua sotto i ponti,

da allora, ne è passata: il cosiddetto “sesso debole” non è più tanto ingenuo – anzi, a tratti, la voluta (e tuttora cercata) parità l’ha reso

così combattivo da intimorire il maschio –, ma le favole restano sempre quelle, con la languida principessa di turno in perenne

attesa di salvataggio, da Cenerentola a Biancaneve, passan-do per La principessa sul pisello e Raperonzolo.

Mentre la nostra storia, oggi, potrebbe assomigliare di più alla protagonista del truculento Barbablù di Perrault

– ragazza ficcanaso che si riscatta nel finale, incastran-do il marito omicida –, spinte dalla nostra disarmante curiosità – da sempre, accipicchia, un’arma a doppio taglio – ci aggiriamo comunque nel mondo reale portando con noi residui di racconti fatati, di quella polvere di stelle, insomma, che scendeva a cascate sul nostro lettino rosa shocking nell’ora della sto-riella serale.Infatti, da inguaribili ottimiste, cerchiamo sem-pre il lieto fine, nei romanzi come nei film, per-ché la nostra vita, in fondo, deve assomigliare almeno un po’ a una fiaba a tinte pastello, anche se il traguardo è passato dalla ricerca del buon partito alla realizzazione personale, e la nostra torre d’avorio non si trova nell’ala nord del ca-stello quanto più vicino al... casello autostradale. Come dire, parafrasando Jessica Rabbit, non è colpa nostra, ci hanno “raccontate” così.

diMMi che Favola PreFerisci, e ti dirò chi seiLa voce di quattro giovani donne, diverse per esperienze e stili di vita, che rivelano i segni lasciati dai racconti dell’infanzia nel loro passato, presente e... futuro.

Quale favola, raccontata da piccola, ti è rimasta più impressa (per paura, sorpresa, gioia...)? Quale ha formato/condizionato il tuo immaginario?Valentina, 29 anni, stagista: “La favola dell’infanzia che più mi è rimasta impressa è stata La Sirenetta. Era una fi gura che mi affascinava molto, evocava la liber-tà. Poi il mare aveva per me una grande attrattiva”.Marta, 28 anni, impiegata: “Ero terrorizzata dalla ma-trigna di Biancaneve che, all’occorrenza, si trasforma-va pure in una strega tremenda… morale della favola: non mangio mele, tutt’oggi!”.Laura, 27 anni, personal trainer: “Cenerentola ovvio! Per quel pensiero fi sso del sacrifi cio prima o poi ri-conosciuto e premiato. Mai piaciute, invece, le Bian-caneve, Rosaspine e Raperonzole: tutte stordite, nullafacenti e in attesa di principi cerulei con tanto di calzamaglia! Cappuccetto Rosso, poi, non capivo come facesse a non riconoscere il lupo con tutte quel-le domande, mentre Hansel e Gretel mi metteva una tristezza infi nita, così come Pollicino”.Orietta, 45 anni, psicologa: “La presenza o assenza delle favole nell’infanzia è una delle cose che evidenzia il cambiamento educativo avvenuto da una generazio-ne all’altra. Infatti, io non ho vissuto direttamente un rapporto con le favole nella mia infanzia: quando ero piccola si usava poco raccontarle ai propri fi gli, ed io non ho avuto la fortuna di avere dei genitori che mi facessero compagnia in questo modo. Non c’è quindi una favola che sento mia. Peccato! Perché la letteratu-ra infantile è bellissima e molto utile per la crescita”.

A quale favola, ascoltata nell’infanzia, hai attribuito nuovi signifi cati, rifl ettendoci da adulta?Marta: “Ad Hansel e Gretel”: da piccola giustifi cavo l’abbandono dei due fi gli nel bosco con il dettaglio, non trascurabile, che la mamma in realtà era la ma-trigna. Ero certa, infatti, che la propria madre non avrebbe mai pensato di abbandonare il proprio fi glio per nessuna ragione al mondo, tanto meno perché non avevano abbastanza da mangiare. Invece, cre-scendo, ho appurato, purtroppo, che le mamme sono capaci di cose ben più atroci nei confronti dei loro fi gli. E ne ho tratto un secondo insegnamento: “la re-altà, molto spesso, supera la fantasia””.Orietta: “La storia di Dumbo, molto amata da mio fi glio, è molto bella perché trasmette un messaggio positivo: una caratteristica negativa, come le orecchie troppo grandi (causa di derisione da parte degli altri),

può diventare un’originale ed utile opportunità (po-terle usare come ali per volare!) “.

esiste una favola che, per te, ha dei risvolti morali/educativi da tramandare? esiste, invece, quella da “non raccontare”?Valentina: “Credo che tutte le favole, per lo meno le più conosciute, abbiano un risvolto educativo: del re-sto, il protagonista che alla fi ne trionfa incarna sem-pre delle virtù. Non mi viene in mente una favola da non raccontare... Certo Hansel e Gretel può impres-sionare un bambino, per via della strega che mangia i bambini”.Marta: “Credo che tutte le favole debbano essere raccontate per favorire lo sviluppo e la formazione dei bambini. Il loro scopo è di offrire loro un suppor-to morale, perché aiutano a chiarire tematiche e ad esorcizzare ansie e paure che, senza la metafora della fi aba, sarebbero complesse da spiegare. Penso che ogni racconto che tenti di trasmettere un insegna-mento morale valga la pena di essere tramandato; viceversa, tutte le storielle che non rispettano questo schema, si possono tralasciare”.Orietta: “Non credo esistano favole che non vanno raccontate (tranne magari quelle molto cruente), ogni bambino sceglie quella che sente più sua e non si stanca mai di ascoltarla”.

Hai una favola famigliare, o una storia regionale, che senti tua e tramanderai?Valentina: “Non mi sono mai state raccontate favole regionali, solo racconti gotici – su fantasmi eccetera – presumibilmente “veri” e tramandati di generazione in generazione”.Marta: “Sono cresciuta a pane e fi abe dei Fratelli Grimm (Cappuccetto Rosso), Andersen (La principes-sa sul pisello), Esopo (La volpe e l’uva), De La Fontai-ne (La cicala e la formica). Sarò quindi sentimental-mente legata a loro, ma è un dato di fatto che a mia fi glia sto raccontando quelle!”.Laura: “Forse racconterò la favola di Ghibeto, in dia-letto bresciano, l’unica che mi facevo raccontare da mio papà. Tipica storia agreste!”.Orietta: “L’importanza della favola, a prescindere, sta nell’essere uno strumento che permette a genitori e fi gli di passare un po’ di tempo insieme, vicini: è spesso un rito (quello della sera prima di addormentarsi) e i riti sono importanti, danno sicurezza e tranquillizzano”.

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SalUtE/

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IMPLAnToLoGIA, unA soLuZIone MoDernA eD effICACe

LA CHIRURGIA IMPLANTARE A CARICO IMMEDIATO È LA TECNICA APPLICATA QUOTIDIANAMENTE DAL DOTTOR SAVERIO FERRARI PARABITA

NEGLI STUDI DI BRESCIA E DI BERGAMO.

Qualunque ne sia la causa, la perdita di uno o più denti comporta conse-guenze gravi sia per il corretto fun-zionamento della masticazione sia

per l’estetica. I denti rimasti tendono, con il loro movimento, ad occupare lo spazio rimasto vuoto, i contatti fra i denti delle arcate vengono modifi-cati e la chiusura della mandibola non è più cor-retta, creando al paziente notevoli disturbi, qual-che volta purtroppo irreversibili. Masticare il cibo diventa difficile con problemi sia per l’apparato masticatorio sia per quello digestivo. “La salute della bocca è a rischio – precisa il dottor Saverio Ferrari Parabita – e questa situazione favorisce l’insorgere della carie sui denti rimasti e rende più difficoltosa un’igiene corretta”. La soluzione più moderna ed efficace, applicata quotidianamente negli studi di Brescia e di Bergamo del dottor Pa-rabita, è l’implantologia. Questa tecnica consen-te infatti di sostituire il dente o i denti mancanti “imitando” in modo efficace la forma del dente naturale ed “impiantandolo”. Come in natura, anche con questa tecnica è l’osso a sostenere la radice dell’impianto dentale, che è in titanio. La forma è molto simile ad una vite con il filet-to che entra nell’osso ed una parte che emerge con una forma di dente ridotto, piccolo. Sopra a questa parte emergente viene in una fase succes-siva fissato il dente artificiale che solitamente è in ceramica “anche se la nuova frontiera – aggiun-ge Parabita – è lo zirconio”. La tecnica adottata negli studi del dottor Parabita è quella definita a “carico immediato”, quella cioè che consente al paziente di uscire dallo studio dentistico dopo l’intervento potendo già masticare e sorridere. Negli anni, le tecniche e i materiali utilizzati dai dentisti, si sono profondamente evoluti ed oggi è chiara l’esigenza, da parte dell’odontoiatra, di avere a disposizione dei prodotti semplici, affi-dabili, sicuri così come dei protocolli chirurgici poco invasivi “come quelli utilizzati nei nostri studi”, precisa il dottor Parabita. “Tanti sono i vantaggi per i pazienti. Dal momento che l’at-to chirurgico è poco invasivo, il paziente ha un

comfort maggiore. La fase post-intervento è più breve rispetto al passato e in questo contesto si ampliano le possibilità di utilizzare la chirurgia implantare a carico immediato anche su persone di salute cagionevole”. Una tecnica che la ricer-ca clinica applicata e tutta la bibliografia ricono-sciuta indica con una percentuale di successo molto elevata. “La semplicità dell’intervento e il minimo rischio chirurgico – precisa il dottor Pa-rabita – ci consentono di operare anche pazienti con patologie come il diabete, nefropatie o ma-lattie cardio-vascolari”. Vi sono degli effetti collaterali, ad esempio nel post-intervento? “No – spiega Parabita –, perché la semplicità è il valore aggiunto di questa meto-dica. Non abbiamo casi di gonfiore e/o sofferen-za, anche in situazioni estremamente complesse”. È una tecnica costosa? “L’utilizzo degli impianti di ultima generazione abbrevia i tempi di attività sul paziente, inoltre non utilizziamo componenti specifici per la realizzazione della protesi. Tutto ciò determina una minore esposizione economica da parte del paziente per affrontare l’intervento”. Quali materiali si utilizzano in questo tipo di inter-venti? “Innanzi tutto bisogna dire che si tratta di dispositivi medici che rispondono alle normative di sicurezza vigenti. Quelli emergenti sono in tita-nio, metallo riconosciuto come il più biologico”. Quanto tempo passa fra l’intervento e la protesi? “Con i protocolli utilizzati nei miei studi di Brescia e Bergamo – conclude il dottor Saverio Ferrari Parabita – la protesi provvisoria viene fissata nella bocca del paziente immediatamente dopo aver inserito l’impianto”.

Il dottor Saverio Ferrari Parabita

ElettroLeaderElettroElettroElettroElettroProgettazione ed installazione impianti elettrici e di automazione, impianti di sicurezza ed impianti fotovoltaici

Dal 1987, la nostra società opera nel campo della fornitura e messa in opera di impianti elettrici civili ed industriali ed automazione aperture civili ed industriali.

In continuo aggiornamento, oggi siamo pronti ad offrire alla nostra clientela anche il ramo Fotovoltaico, con la serietà tecnica e commerciale che ci viene riconosciuta da sempre.

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ELETTROLEADER S.R.L. Progettazione ed installazione impianti elettricie di automazione, impianti di sicurezza ed impianti fotovoltaiciSede legale Via Belvedere n.20 - 25124 BresciaSede operativa ed amministrativa Via Dell’Artigianato n.72 25039 Travagliato (Bs)Tel. e fax: 030.6863754 – 030.6624155E-mail [email protected]; [email protected]://www.elettroleader.it

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WHat ’S Up?/WHat ’S Up?/

al PeGGior ViruS dei Giorni noSTri c’È rimedio

di ALessAnDrA TonIZZo

bruTTo maleducaTo!

Esistono giornate, che a volte si stemperano in (ter-ribili) settimane, durante le quali ci sembra di vi-vere in una pellicola horror: c’è un “male oscuro” che ci contagia, e non sappiamo dargli nome. Ma,

se facciamo un bel respiro e contiamo fi no a dieci, capi-remo subito che si tratta di… maleducazione. Semplice.Spesso inizia tutto con un velo di stanchezza, data dall’i-neluttabilità del quotidiano che, con la sua routine, ci mette

un pesante giogo sulle spalle e un fi tto paraocchi; mentre la mente s’ingrippa di cose da fare – quasi sempre le stesse, in

sequenza ritmata – e il corpo obbedisce, indolenzito, ad ottusi ri-chiami automatici, percorriamo traiettorie satellitari, a velocità

sostenuta, per raggiungere con effi cienza i nostri obiettivi primari. Accade così che la mattina, appena svegli, gli occhi ancora socchiusi, ci

fi ondiamo in bagno seguendo la nostra personale scorciatoia (“scavalco il cane, “taglio” l’angolo, dribblo le ciabatte e accorcio di 30 secondi la distanza tra

me e il tubetto di dentifricio”), con le mani che già si muovono freneti-che in attesa d’afferrare spazzolino, sapone e deodorante. Poi arriva

lui, o lei, con l’idea sagace di sconvolgere i vetusti piani familiari, quelle sottili autostrade immaginarie che, in anni di rodaggio, han-no solcato strati e strati di solido parquet. Ed è scontro. Un “bum” sordo. Quel che basta per svegliarci del tutto, guardarci in cagne-sco, mandarci a quel paese ed iniziare una giornata pericolosa-mente… maleducata.

Oramai, siamo come la pallina di Galileo sul suo piano inclinato: nulla ci può più fermare, l’energia compressa che ci scava dentro è davvero perpetua, e irrompe-rà in mille piccoli frammenti di villania. Si prosegue, difatti, con il vicino di casa, pronto come al solito a salutarci mentre c’infi liamo in auto (non ci limiteremo ad ignorarlo, ma rivolgeremo uno sguardo di disapprovazione alla sua mise casareccia), con il lavavetri all’incrocio, con il compagno d’uffi cio, persino con noi stessi (guardando il nostro rifl esso al bancone del bar, mentre il cappuccio si fredda, ci troveremo un po’ grigi, stropicciati e distorti: insomma, pro-prio brutti), in una screanzata spirale d’inciviltà.

Perché è proprio vero, la maleducazione ci rende orrendi, senza se e senza ma. E, se un piccolo gesto isolato di stizza ci può anche stare, per il resto non esiste alcuna

giustifi cazione plausibile: le piccole cattiverie inferte agli altri non azzerano le nostre altrettanto piccole infelicità, ma le amplifi cano in una scarica d’a-drenalina che lascia l’amaro in bocca e un peso sullo stomaco. Quello delle

tante cattiverie mignon che s’avverano non appena cediamo il passo alla maleducazione.“La gentilezza, come un virus, coinvolge chiunque ne venga a con-tatto. Il 13 novembre è l’occasione perfetta per diffonderla”: questo è

uno degli slogan, scelti da Gentletude – associazione che si batte “per un mondo migliore depurato dall’aggressività, dall’arroganza e dalla

maleducazione” – per lanciare la Giornata Mondiale della Genti-lezza, che si celebra, appunto, ogni 13 novembre. Virus contro virus: una via d’uscita, allora, c’è. Certo, applicarlo un giorno solo è poca cosa. Possiamo sin d’ora

prepararci a celebrare questa data, per il prossimo autunno, come si deve, magari stampando dal sito www.gentletude.com i tipici bi-gliettini dell’organizzazione (sui quali si legge: “ci sono giorni che

non sono uguali agli altri. Facciamo di tutto per ritrovare il piacere di essere gentili. Grazie”) esponendoli in bar, ristoranti, hotel e negozi; sui tavolini, nelle camere, o consegnati direttamente con le consuma-zioni, gli acquisti; sulle scrivanie dei dipendenti magari con un dolcetto

o una caramella, nelle sale riunioni, negli spazi comuni. Ma intanto, quo-tidianamente, potremmo già farci contagiare da chi, di cortesia, ci vive già.

La prossima volta, davanti a quel passante che ci urta senza chieder perdono o all’ennesima com-messa che scova mille difetti alla nostra fi sicità, invece di “sparare a zero”, di lasciarci contagiare, spezziamo la catena di questo virus decisamente cattivo. Domandiamoci contro cosa abbiano cozza-to costoro, all’elettrico suono della sveglia, e porgia-mogli di rimando un bellissimo, ampio sorriso.

Si chiama Michael Landy, classe 1963, è uno degli Young British Artists e, nel 2001, ha letteralmente distrutto ciò che possedeva (ben 7.227 beni, passaporto e cimeli di famiglia compresi), restando “nudo” di tutto; un gesto estremo contro il consumismo, il suo, volto a far emergere il lato più umano degli individui: l’empatia, che porta direttamente alla gentilezza, alla cortesia. Landy, al tempo di quest’im-presa (che porta il titolo Break Down), è vissuto grazie alle mani tese di innume-revoli sconosciuti, ed oggi continua la sua dirompente opera artistica con Acts of Kindness, un’enorme e nomade installa-zione che “democratizza la gentilezza” e che, fi no a tutto il 2012, è stata esposta nella metropolitana londinese: omini sti-lizzati senza precisa identità (né sesso, né razza) sono uniti mano nella mano, come le fermate dell’underground stessa, sottolineando il fatto che, ci piaccia o no, siamo tutti connessi l’uno all’altro.

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SpOrt/

sPort Minore?solo Per le diMensioni

del caMPo

Brescia scopre la bellezza del calcio a 5 grazie a Italia e Portogallo, protagoniste al san filippo.

di Bruno forZA

siamo abituati a considerare il calcio a 5 come semplice val-vola di sfogo per scapoli e am-mogliati over 35, come se quel

campo in miniatura fosse stato ideato appositamente per giocatori fin troppo maturi, un ripiego per evitare di lasciare i polmoni sui campi a 11 e a 7 giocatori. Nell’immaginario collettivo bresciano il giocatore di calcio a 5 è un impiegato che ha messo sotto chiave i muscoli ad-dominali sostituendoli con la nostrana baghetta e che mentre è in campo pensa già alla birra goliardica del post partita.Lungi da noi denigrare la sfera hobbisti-

ca del calcetto, che in tempi non sospetti abbiamo esaltato in tutto il suo splendo-re. È altrettanto doveroso, tuttavia, rac-contare il rovescio della medaglia, quel-lo di una disciplina sportiva di assoluto valore.I bresciani se ne sono accorti lo scorso 13 febbraio, quando il centro sportivo San Filippo ha ospitato l’amichevole tra Italia e Portogallo, un grande even-to che ha radunato nel palazzetto citta-dino circa 2mila spettatori, molti dei quali al primo approccio con il futsal. In parecchi ne sono rimasti rapiti, e le evoluzioni di cheerleaders e danzatrici nell’intervallo non c’entrano. Il merito è tutto dello spettacolo offerto da azzurri

e lusitani, perfetti sconosciuti al gran-de pubblico ma brillanti protagonisti di questo sport, come hanno dimostrato nell’indimenticabile incrocio ai Mondia-li dell’anno scorso, quando la selezione da Menichelli si è imposta sui rivali con un epico 4-3 in rimonta prima di mette-re al collo il bronzo iridato. Roba degna dello storico ritornello Italiagermania-quattroatre, partita tatuata sulla pelle dei calciofili.Sul parquet bresciano le due squadre hanno confezionato uno spot irresisti-bile, mettendo in vetrina la bellezza di una disciplina coinvolgente e libera dai condizionamenti di tatticismi eccessivi, dove intensità, tecnica e fantasia pre- s

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valgono su tutto il resto. Il risultato più importante è la risposta del pubblico, che fatica a restare incollato sulla sedia e si fa trascinare volentieri da colpi di genio, parate feline e da quel contorno stile “Nba” che rende il tutto più accat-tivante. Certo, la notte internazionale è stata farcita di ingredienti fuori dal co-mune, con la fanfara degli alpini a into-nare gli inni nazionali, parecchi bambini sugli spalti e un fenomeno come Ricar-dinho a illuminare la scena.Il calcio a 5, però, può fare la differenza a tutti i livelli. Lo dimostra la sua natura vicina al basket non solo per il numero dei giocatori in campo, ma soprattutto per un regolamento che spinge al fair play e al divertimento. La panchina, inoltre, è il naturale prolungamento del campo e la sostituzione è considerata una risorsa per il gruppo. Eppure a Bre-scia questo sport non decolla. Non c’è una squadra che rappresenti la città e i numeri sono ai minimi termini, sia tra i giovani sia tra i senior.Nel corso della presentazione di Italia-Portogallo il presidente della Figc Al-berto Pasquali si è espresso a riguardo: “Intendiamo portare il messaggio del calcio a 5 all’interno delle scuole per rilanciare un movimento importante. Moltiplicheremo le nostre forze sul ter-ritorio”. La speranza è che si passi dalle parole ai fatti, magari con l’aiuto della prossima Giunta comunale, perché la magica notte di futsal del San Filippo non resti fine a se stessa.

la ParTiTaitalia – portoGallo 2-4

ITALIA: Barigelli, Ercolessi, Lima, Fortino, Saad. (Romano, Leggiero, Honorio, Merlim, Cavinato, Urio, Delpizzo, Fragassi, Mammarella). All. Menichelli.PORTOGALLO: Benedito, Leitao, Joel, Goncalo, Ricardinho. (Paulinho, Cary, Arnaldo, Cardinal, Fernandes, Joao Matos, Fabio Lima, André Sousa). All. Jorge Gomes.Arbitri: Lumbreras, Henych.Reti: pt 1’, 3’ Ricardinho, 3’ Honorio; st 1’, 13’ Cardinal, 7’ Leggiero.Note: ammoniti Merlim e Honorio.

Serata storta per gli azzurri del futsal, battuti 4-2 dal Portogallo nell’attesissi-ma amichevole al San Filippo. La prestazione c’è stata, il risultato no. È stata una giornata lunga, quella del remake dei quarti di finale mondiali, iniziata nel pomeriggio con le sfide tra rappresentative giovanili bresciane e prose-guita con l’amichevole in famiglia tra le giovanissime del Brescia femminile. Infine faccia a faccia tra due formazioni open del Csi: Faggi di Eva e Filippin Rettifiche (2-2).Il resto l’hanno fatto i campioni in campo, protagonisti di una partita vera e combattuta. Partenza shock per l’Italia, che dopo tre minuti è già sotto 2-0 per effetto della doppietta di Ricardinho. Honorio riapre i giochi, e Benedito deve superarsi per negare il pareggio agli azzurri.Dopo l’intervallo Cardinal porta i suoi sul 3-1 prima della replica di Leggiero da posizione defilata. Le speranze tricolore si riaccendono, ma a spegnerle ci pensa il solito Cardinal, che fugge sulla sinistra, dribbla Barigelli e sigla il poker. Vince il Portogallo, ma è stata comunque una grande serata.

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