1/12 Orfeo: E' andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle 0mbre. Erano già lontani...

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Orfeo: E' andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle 0mbre. Erano già lontani Cocito, lo Stige, la barca, i lamenti. S'intravvedeva sulle foglie il barlume del cielo. Mi sentivo alle spalle il fruscìo del suo passo. Ma io ero ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci, che ciò ch'è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com'era prima; che un'altra volta sarebbe finita. Ciò ch'è stato sarà. Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo traversato e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi "Sia finita" e mi voltai. Euridice scomparve come si spegne una candela. Sentii soltanto un cigolìo, come d'un topo che si salva.

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Bacca: Strane parole, Orfeo. Quasi non posso crederci. Qui si diceva ch'eri caro agli dèi e alle muse. Molte di noi ti seguono perché ti sanno innamorato e infelice. Eri tanto innamorato che - solo tra gli uomini - hai varcato le porte del nulla. No, non ci credo, Orfeo. Non è stata tua colpa se il destino ti ha tradito. Orfeo: Che c'entra il destino. Il mio destino non tradisce. Ridicolo che dopo quel viaggio, dopo aver visto in faccia il nulla, io mi voltassi per errore o per capriccio.

Bacca: Qui si dice che fu per amore.

Orfeo: Non si ama chi è morto.3/12

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Bacca: Eppure hai pianto per monti e colline - l'hai cercata e chiamata - sei disceso nell'Ade. Questo cos'era?

Orfeo: Tu dici che sei come un uomo. Sappi dunque che un uomo non sa che farsi della morte. L'Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che Euridice non sa. L'ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho visto le ombre irrigidirsi e guardar vuoto, i lamenti cessare, Persefòne nascondersi il volto, lo stesso tenebroso-impassibile, Ade, protendersi come un mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla.

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Bacca: Il dolore ti ha stravolto, Orfeo. Chi non rivorrebbe il passato? Euridice era quasi rinata.Orfeo: Per poi morire un'altra volta, Bacca. Per portarsi nel sangue l'orrore dell'Ade e tremare con me giorno e notte. Tu non sai cos'è il nulla. Bacca: E così tu che cantando avevi riavuto il passato, l'hai respinto e distrutto. No, non ci posso credere.

Orfeo: Capiscimi, Bacca. Fu un vero passato soltanto nel canto. L'Ade vide se stesso soltanto ascoltandomi. Già salendo il sentiero quel passato svaniva, si faceva ricordo, sapeva di morte. Quando mi giunse il primo barlume di cielo, trasalii come un ragazzo, felice e incredulo, trasalii per me solo, per il mondo dei vivi. La stagione che avevo cercato era là in quel barlume. Non m'importò nulla di lei che mi seguiva. Il mio passato fu il chiarore, fu il canto e il mattino. E mi voltai.

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Bacca: Come hai potuto rassegnarti, Orfeo? Chi ti ha visto al ritorno facevi paura. Euridice era stata per te un'esistenza.

Orfeo: Sciocchezze. Euridice morendo divenne altra cosa. Quell'Orfeo che discese nell'Ade, non era più sposo né vedovo. Il mio pianto d'allora fu come i pianti che si fanno da ragazzo e si sorride a ricordarli. La stagione è passata. Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso. Un destino, se vuoi. Mi ascoltavo.

Bacca: Molte di noi ti vengon dietro perché credevano a questo tuo pianto. Tu ci hai dunque ingannate?

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Orfeo: O Bacca, Bacca, non vuoi proprio capire? Il mio destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.

Bacca: Qui noi siamo più semplici, Orfeo. Qui crediamo all'amore e alla morte, e piangiamo e ridiamo con tutti. Le nostre feste più gioiose sono quelle dove scorre del sangue. Noi, le donne di Tracia, non le temiamo queste cose.

Orfeo: Visto dal lato della vita tutto è bello. Ma credi a chi è stato tra i morti... Non vale la pena. Bacca: Un tempo non eri così. Non parlavi del nulla. Accostare la morte ci fa simili agli dèi. Tu stesso insegnavi che un'ebbrezza travolge la vita e la morte e ci fa più che umani... Tu hai veduto la festa.

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Orfeo: Non è il sangue ciò che conta, ragazza. Né l'ebbrezza né il sangue mi fanno impressione. Ma che cosa sia un uomo è ben difficile dirlo. Neanche tu, Bacca, lo sai.

Bacca: Senza di noi saresti nulla, Orfeo.

Orfeo: Lo dicevo e lo so. Ma poi che importa? Senza di voi sono disceso all'Ade...

Bacca: Sei disceso a cercarci.

Orfeo: Ma non vi ho trovate. Volevo tutt'altro. Che tornando alla luce ho trovato.

Bacca: Un tempo cantavi Euridice sui monti... 8/12

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Orfeo: Il tempo passa, Bacca. Ci sono i monti, non c'è più Euridice. Queste cose hanno un nome, e si chiamano uomo. Invocare gli dèi della festa qui non serve.

Bacca: Anche tu li invocavi.

Orfeo: Tutto fa un uomo, nella vita. Tutto crede, nei giorni. Crede perfino che il suo sangue scorra alle volte in vene altrui. O che quello che è stato si possa disfare. Crede di rompere il destino con l'ebbrezza. Tutto questo lo so e non è nulla.

Bacca: Non sai che farti della morte, Orfeo, e il tuo pensiero è solo morte. Ci fu un tempo che la festa ci rendeva immortali.

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Orfeo: E voi godetela la festa. Tutto è lecito a chi non sa ancora. E' necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno. L'orgia del mio destino è finita nell'Ade, finita cantando secondo i miei modi la vita e la morte.

Bacca: E che vuol dire che un destino non tradisce?

Orfeo: Vuol dire che è dentro di te, cosa tua; più profondo del sangue, di là da ogni ebbrezza. Nessun dio può toccarlo.

Bacca: Può darsi, Orfeo. Ma noi non cerchiamo nessuna Euridice. Com'è dunque che scendiamo all'inferno anche noi?Orfeo: Tutte le volte che s'invoca un dio si conosce la morte. E si scende nell'Ade a strappare qualcosa, a violare un destino. Non si vince la notte, e si perde la luce. Ci si dibatte come ossessi.

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Bacca: Dici cose cattive... Dunque hai perso la luce anche tu?

Orfeo: Ero quasi perduto, e cantavo. Comprendendo ho trovato me stesso.

Bacca: Vale la pena di trovarsi in questo modo? C'è una strada più semplice d'ignoranza e di gioia. Il dio è come un signore tra la vita e la morte. Ci si abbandona alla sua ebbrezza, si dilania o si vien dilaniate. Si rinasce ogni volta, e ci si sveglia come te nel giorno.

Orfeo: Non parlare di giorno, di risveglio. Pochi uomini sanno. Nessuna donna come te, sa cosa sia.

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Bacca: Forse è per questo che ti seguono, le donne della Tracia. Tu sei per loro come il dio. Sei disceso dai monti. Canti versi di amore e di morte.

Orfeo: Sciocca. Con te si può parlare almeno. Forse un giorno sarai come un uomo.

Bacca: Purché prima le donne di Tracia...

Orfeo: Di'.

Bacca: Purché non sbranino il dio.

Cesare Pavese - Dialoghi con Leucò

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OVIDIO METAMORFOSI LIBRO X

1 Inde per inmensum croceo velatus amictu2 aethera digreditur Ciconumque Hymenaeus ad oras3 tendit et Orphea nequiquam voce vocatur.4 adfuit ille quidem, sed nec sollemnia verba5 nec laetos vultus nec felix attulit omen.6 fax quoque, quam tenuit, lacrimoso stridula fumo7 usque fuit nullosque invenit motibus ignes.8 exitus auspicio gravior: nam nupta per herbas9 dum nova naiadum turba comitata vagatur,10 occidit in talum serpentis dente recepto.11 quam satis ad superas postquam Rhodopeius auras12 deflevit vates, ne non temptaret et umbras,13 ad Styga Taenaria est ausus descendere porta14 perque leves populos simulacraque functa sepulcro15 Persephonen adiit inamoenaque regna tenentem

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16 umbrarum dominum pulsisque ad carmina nervis17 sic ait: 'o positi sub terra numina mundi,18 in quem reccidimus, quicquid mortale creamur,19 si licet et falsi positis ambagibus oris20 vera loqui sinitis, non huc, ut opaca viderem21 Tartara, descendi, nec uti villosa colubris22 terna Medusaei vincirem guttura monstri:23 causa viae est coniunx, in quam calcata venenum24 vipera diffudit crescentesque abstulit annos.25 posse pati volui nec me temptasse negabo:26 vicit Amor. supera deus hic bene notus in ora est;27 an sit et hic, dubito: sed et hic tamen auguror esse,28 famaque si veteris non est mentita rapinae,29 vos quoque iunxit Amor. per ego haec loca plena timoris,30 per Chaos hoc ingens vastique silentia regni,

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31 Eurydices, oro, properata retexite fata.32 omnia debemur vobis, paulumque morati33 serius aut citius sedem properamus ad unam.34 tendimus huc omnes, haec est domus ultima, vosque35 humani generis longissima regna tenetis.36 haec quoque, cum iustos matura peregerit annos,37 iuris erit vestri: pro munere poscimus usum;38 quodsi fata negant veniam pro coniuge, certum est39 nolle redire mihi: leto gaudete duorum.‘40 Talia dicentem nervosque ad verba moventem41 exsangues flebant animae; nec Tantalus undam42 captavit refugam, stupuitque Ixionis orbis,43 nec carpsere iecur volucres, urnisque vacarunt44 Belides, inque tuo sedisti, Sisyphe, saxo.45 tunc primum lacrimis victarum carmine fama est46 Eumenidum maduisse genas, nec regia coniunx

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47 sustinet oranti nec, qui regit ima, negare,48 Eurydicenque vocant: umbras erat illa recentes49 inter et incessit passu de vulnere tardo.50 hanc simul et legem Rhodopeius accipit heros,51 ne flectat retro sua lumina, donec Avernas52 exierit valles; aut inrita dona futura.53 carpitur adclivis per muta silentia trames,54 arduus, obscurus, caligine densus opaca,55 nec procul afuerunt telluris margine summae:56 hic, ne deficeret, metuens avidusque videndi57 flexit amans oculos, et protinus illa relapsa est,58 bracchiaque intendens prendique et prendere certans59 nil nisi cedentes infelix arripit auras.60 iamque iterum moriens non est de coniuge quicquam

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61 questa suo (quid enim nisi se quereretur amatam?)62 supremumque 'vale,' quod iam vix auribus ille63 acciperet, dixit revolutaque rursus eodem est.64 Non aliter stupuit gemina nece coniugis Orpheus,65 quam tria qui timidus, medio portante catenas,66 colla canis vidit, quem non pavor ante reliquit,67 quam natura prior saxo per corpus oborto, 68 quique in se crimen traxit voluitque videri69 Olenos esse nocens, tuque, o confisa figurae,70 infelix Lethaea, tuae, iunctissima quondam71 pectora, nunc lapides, quos umida sustinet Ide.72 orantem frustraque iterum transire volentem73 portitor arcuerat: septem tamen ille diebus74 squalidus in ripa Cereris sine munere sedit;

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75 cura dolorque animi lacrimaeque alimenta fuere.76 esse deos Erebi crudeles questus, in altam77 se recipit Rhodopen pulsumque aquilonibus Haemum.78 Tertius aequoreis inclusum Piscibus annum79 finierat Titan, omnemque refugerat Orpheus80 femineam Venerem, seu quod male cesserat illi,81 sive fidem dederat; multas tamen ardor habebat82 iungere se vati, multae doluere repulsae.83 ille etiam Thracum populis fuit auctor amorem84 in teneros transferre mares citraque iuventam85 aetatis breve ver et primos carpere flores.

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TRADUZIONE Di lì, avvolto nel suo mantello dorato, se ne andò Imeneo

per l'etere infinito, dirigendosi verso la terradei Cìconi, dove la voce di Orfeo lo invocava invano.Invano, sì, perché il dio venne, ma senza le parole di rito,senza letizia in volto, senza presagi propizi.Persino la fiaccola che impugnava sprigionò soltanto fumo,provocando lacrime, e, per quanto agitata, non levò mai fiamme.Presagio infausto di peggiore evento: la giovane sposa,mentre tra i prati vagava in compagnia d'uno stuolodi Naiadi, morì, morsa al tallone da un serpente.A lungo sotto la volta del cielo la pianse il poetadel Ròdope, ma per saggiare anche il mondo dei morti,non esitò a scendere sino allo Stige per la porta del Tènaro:tra folle irreali, tra fantasmi di defunti onorati, giunsealla presenza di Persefone e del signore che reggelo squallido regno dei morti.

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Intonando al canto le corde della lira, così disse: «O dei, che vivete nel mondo degl'Inferi,dove noi tutti, esseri mortali, dobbiamo finire,se è lecito e consentite che dica il vero, senza i sotterfugidi un parlare ambiguo, io qui non sono sceso per visitare le tenebre del Tartaro o per stringere in catene le tre gole,irte di serpenti, del mostro che discende da Medusa.Causa del viaggio è mia moglie: una vipera, che aveva calpestato,in corpo le iniettò un veleno, che la vita in fiore le ha reciso.Avrei voluto poter sopportare, e non nego di aver tentato:ha vinto Amore! Lassù, sulla terra, è un dio ben noto questo;se lo sia anche qui, non so, ma almeno io lo spero:se non è inventata la novella di quell'antico rapimento,anche voi foste uniti da Amore. Per questi luoghi paurosi,per questo immane abisso, per i silenzi di questo immenso regno,vi prego, ritessete il destino anzitempo infranto di Euridice!Tutto vi dobbiamo, e dopo un breve soggiorno in terra,presto o tardi tutti precipitiamo in quest'unico luogo.Qui tutti noi siamo diretti; questa è l'ultima dimora, e quisugli esseri umani il vostro dominio non avrà mai fine.

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Mentre così si esprimeva, accompagnato dal suono della lira,le anime esangui piangevano; Tantalo tralasciò d'afferrarel'acqua che gli sfuggiva, la ruota d'Issìone s'arrestò stupita,gli avvoltoi più non rosero il fegato a Tizio, deposero l'urnale nipoti di Belo e tu, Sisifo, sedesti sul tuo macigno.Si dice che alle Furie, commosse dal canto, per la prima voltasi bagnassero allora di lacrime le guance. Né ebbero cuore,regina e re degli abissi, di opporre un rifiuto alla sua preghiera,e chiamarono Euridice. Tra le ombre appena giunte si trovava,e venne avanti con passo reso lento dalla ferita.Orfeo del Ròdope, prendendola per mano, ricevette l'ordinedi non volgere indietro lo sguardo, finché non fosse uscitodalle valli dell'Averno; vano, se no, sarebbe stato il dono.In un silenzio di tomba s'inerpicano su per un sentieroscosceso, buio, immerso in una nebbia impenetrabile.

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Anche Euridice sarà vostra, quando sino in fondo avrà compiutoil tempo che gli spetta: in pegno ve la chiedo, non in dono.Se poi per lei tale grazia mi nega il fato, questo è certo:io non me ne andrò: della morte d'entrambi godrete!».E ormai non erano lontani dalla superficie della terra,quando, nel timore che lei non lo seguisse, ansioso di guardarla,l'innamorato Orfeo si volse: sùbito lei svanì nell'Averno;cercò, sì, tendendo le braccia, d'afferrarlo ed essere afferrata,ma null'altro strinse, ahimè, che l'aria sfuggente.Morendo di nuovo non ebbe per Orfeo parole di rimprovero(di cosa avrebbe dovuto lamentarsi, se non d'essere amata?);per l'ultima volta gli disse 'addio', un addio che alle sue orecchiegiunse appena, e ripiombò nell'abisso dal quale saliva.Rimase impietrito Orfeo per la doppia morte della moglie,così come colui che fu terrorizzato nel vedere Cerberocon la testa di mezzo incatenata, e il cui terrore non cessòfinché dall'avita natura il suo corpo non fu mutato in pietra;o come Oleno che si addossò la colpa e vollepassare per reo; o te, sventurata Letea, troppo innamoratadella tua bellezza: cuori indivisi un tempo nell'amore,ora soltanto rocce che si ergono tra i ruscelli dell'Ida.

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Invano Orfeo scongiurò Caronte di traghettarlo un'altra volta:il nocchiero lo scacciò. Per sette giorni rimase lìaccasciato sulla riva, senza toccare alcun dono di Cerere:dolore, angoscia e lacrime furono il suo unico cibo.Poi, dopo aver maledetto la crudeltà dei numi dell'Averno,si ritirò sull'alto Ròdope e sull'Emo battuto dai venti.Per tre volte il Sole aveva concluso l'anno, finendo nel segno acquatico dei Pesci, e per tutto questo tempo Orfeo non aveva amato altre donne, forse per il dolore provato, forseper averne fatto voto. Eppure molte erano le donne ansiosed'unirsi al poeta, ma altrettante piansero d'essere respinte.Gli uomini della Tracia poi ne trassero pretesto per stornarel'amore verso i fanciulli, cogliendo i primi fioridi quella breve primavera della vita che è l'adolescenza.

 

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ATTO III SCENA PRIMA ORFEO E EURIDICE GLUCK

Oscura spelonca che forma un tortuoso laberinto ingombrato di massi staccati dalle rupi, che sono tutti coperti di sterpi e di piante selvaggie.Orfeo ed Euridice. (Orfeo conduce per mano Euridice, sempre senza guardarla) 

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ORFEO (ad Euridice)Vieni: segui i miei passi,Unico, amato oggettoDel fedele amor mio. EURIDICE(con sorpresa)Sei tu! M'inganno?Sogno? Veglio? Deliro? ORFEO(con fretta)Amata sposa,Orfeo son io, e vivo ancor. Ti venniFin negli Elisi a ricercar. Fra pocoIl nostro cielo, il nostro sole, il mondoDi bel nuovo vedrai.   

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EURIDICE(sospesa)Che! Vivo? Vivi tu? Ma per qual arte? ORFEOTutto, o cara, saprai, ma non per ora!Sin che propizi i Numi son, fuggiamoI tetri lidi! Un'ombra più non sei...Ci ricongiunge in vita il Dio d'Amor! EURIDICEChe ascolto! E sarà ver? Celeste ebbrezza?Io dunque, in braccio all'idol mio, novellaVita d'amor vivrei?

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Orsù! moviamo!Bella Euridice, inoltra i passi tuoi.Oh! potessi calmar i dolci affanniMa, nol poss'io! nol vogliono gli Dei!EuridiceOh! almen... un guardo solo!... ORFEOÈ sventura il mirarti. EURIDICEAh! infido! E questeSon le accoglienze tue! Tal dai, crudele,A tanto amor mercè? Barbara sorte!Perché d'Imen far riviver le faci,Quando mi nieghi i sospirati baci?

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Sei venuto a convincermi o a biasimarmi per ciò che non ho ancora imparato Sei venuto a riprendermi Orfeo malato dai forza e coraggio al tuo canto eccelso

Portami con te non voltarti conducimi alla luce del giorno Portami con te non lasciarmi Io sono bendata ma sento già il calore

È il momento di svegliarmi é tempo di rinascere Sento addosso le tue mani ed è un caldo richiamo perché ho bisogno di svegliarmi di prendermi cura di te Ritorno alla vita…. Sei venuto a difendermi a liberarmi imponendo oltremodo la tua ostinazione Sei venuto a riprendermi eroe distratto da voci che inducono in tentazione

Portami con te non ascoltarle conducimi alla luce del giorno Portami con te non lasciarmi Il varco è vicino ed io sento già il tepore

È il momento di svegliarmi é tempo di rinascere Sento addosso le tue mani ed è un caldo richiamo perché ho bisogno di svegliarmi è il momento di svegliarmi Ritorno alla vita…. Ritorno alla vita…. Ritorno alla vita…. Ritorno alla vita….

ORFEO, CARMEN CONSOLI

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EURIDICE,ROBERTO VECCHIONI

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E mi volteròle carezze di ierimi volterònon saranno mai più quellemi volteròe nel mondo, su, là fuorimi volteròs'intravedono le stellemi volterò perché l'ho visto il geloche le ha preso la vita,e io, io adesso, nessun altro,dico che è finita;e ragazze sognanti m'aspettanoa danzarmi il cuore,perché tutto quelloche si piange non é amore;mi volterò perché tu sfiorirai,mi volterò perché tu sparirai,mi volterò perché già non ci seie ti addormenterai per sempre.