101 anagrammi zen. Storie di enigmistica, psicologia, cinema e politica

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Cosa accade quando uno psicologo, che già impegnato nell’attività clinica di tutti i giorni, si appassiona anche all’enigmistica classica? Molti psicologi, a cominciare da Jacques Lacan hanno dato molta importanza ai calembour, siano essi anagrammi, palindromi o crittografie. Marco Minelli ha focalizzato la sua attenzione sugli anagrammi, ricavandone una piccola antologia e cercando di afferrare i nessi che si nascondono nell’esatto rimescolamento di lettere tra coppie o triadi di parole. Attraverso questo esercizio di stile, l’Autore passa in rassegna alcune delle maggiori teorie psicoanalitiche, modelli di psicologia sociale e temi della psicologia cognitiva; ognuno dei centouno anagrammi viene sviluppato con il contributo di riferimenti cinematografici e con uno sguardo alle vicende sociopolitiche italiane degli ultimi vent’anni. Gli anagrammi sono passati in rassegna e posti in relazione a memorie di vent’anni di attività clinica; compaiono allora diversi riferimenti alla attivi

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Punti di Vista

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Marco Minelli

101 ANAGRAMMI ZENStorie di enigmistica,

psicologia, cinema, politica

Prefazione diEnrico Parodi

(Snoopy)

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Prima Edizione: 2014

ISBN 9788898037728

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Finito di stampare nel mese di Ottobre 2014 in Italia da UniversalBook srl per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)

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Dedicato a tutti coloro che, anche solo per un breveperiodo della loro vita, hanno giocato ad anagrammare

le parole che passavano nel cervello o nelle orecchie.

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INDICE

Prefazione (di Enrico Parodi - Snoopy)Introduzione1. Madre - Merda2. Attore - Teatro3. Cattiveria - Creatività4. Analista - Insalata5. Senatore - Estraneo6. Senatrici - Cristiane7. Ventaglio - Longevità8. Dentista - Distante9. Merito - Timore10. Democrazia cristiana - Azienda camorri-

stica11. Asterisco - Esorcista - Scortesia12. Latte + Pane = La patente13. Attenzione - Tentazione14. Castrato – Crostata15. Concertista - Circostante16. Un caso limite - Note musicali17. Sogno + Realtà = Ergastolano18. Caimano - Maniaco19. Corpo – Porco20. Incesto - Cestino21. Paradiso - Rapsodia - Diaspora22. Luterani - Neutrali

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23. Cielo + Terra = Il Creatore24. Incerto - Recinto - Cretino25. Giornale - Regalino26. Exit poll – L’exploit27. Pietra - Patire28. Giro d’Italia - I gladiatori29. Strofa poetica - Fiato sprecato - Fioca pro-

testa30. Uditore - Erudito31. Astensione - È insensato32. Calendario - Locandiera33. Oste + Birra = Erborista34. L’autismo - simulato35. Il teatro greco + Dramma = Elettrocardio-

gramma36. Trentasei – Sirenetta37. Doppiatore - Pepita d’oro38. Bibliotecario – Beato coi libri39. Eredità + Minore = Intermediario40. Referto - Feretro41. Educatore - Due carote42. Sapere - Pesare43. Grissino - Signorsì44. Parto - Porta45. Sigaretta - Strategia46. Meteora - Teorema47. Caso fortuito - Fatto curioso48. Fortuna + Iella = Tiro alla fune49. Cocaina + Stupore = Uno spacciatore50. Attori + Scena = Cantastorie51. Tarli + Topi = Il partito

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52. Nani + Gnomi = Minigonna53. Narciso + Creso = Crocerossina54. Trascinare - Incastrare55. Palla + Porta - La trappola56. Signora fatale - La stenografi a57. Camionisti + Ruspe = Ius primae noctis58. Matrimonialisti - Antimilitarismo59. Luce + Ombra = Calembour60. Auto + Treno = Nuotatore61. Plastilina - L’alpinista62. Lavagna - Valanga63. Il piano terra - La portineria64. Sigarette + Vino = Investigatore65. Petto + Seno = Peso netto66. Circuire – Ricucire67. Mani + testa = Settimana68. Mani + ricetta = Manicaretti69. Bruco + Ali = L’ubriaco70. Canzoniere - Incoerenza71. Hit parade - Apartheid72. Poste + Cielo = Telescopio 73. Garçonnière - Regina con re (ç = c)74. Mensilità – Malintesi75. La Germania – Maglia nera76. La cabina - Bilancia77. Croce + Tomba - Beccamorto78. Parole + Metrica = Mare tropicale79. Ascensorista - Scassinatore80. Souvenir - Universo81. Stereo - Estero82. I ricordi + Le nostalgie = La religione di

Cristo

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83. Allegria - Galleria84. Pentola - Polenta85. Confessionale - Fiasco Solenne86. L’arte gotica - Grattacielo87. Esperanto - Pensatore88. Asma + Sincope = Campionessa89. L’orto + Semina = Il monastero90. Codroipo – Xxxxx Xxx91. Colonna vertebrale - Carbonella rovente92. Prestito - Protesti - Rispetto93. Cronista - Incastro94. Occhio + Lenti = Il cotechino95. Catechismo - Schematico96. Poster - Presto97. Materialismo - Molta miseria98. Capoccione - Pacioccone99. Webinar - Winebar100. Funeral - Real fun101. Astronomers - No more starsElenco dei principali schemi anagrammatici

esclusiBreve elenco di altri anagrammi in lingua

inglese notevoli per pertinenzaIl poema anagrammaticoBibliografi aFilmografi aPsicoindice analiticoIndice dei nomi

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PREFAZIONE*

Quando Nelli (Marco Minelli) mi ha chiesto di scrivere la prefazione ai “101 Anagrammi Zen” ho accettato con entu-siasmo, perché a differenza di altre opere divulgative, questa volta l’enigmistica classica non rimane fi ne a sé stessa, bensì diventa un punto di partenza per un discorso interdisciplinare che coinvolge altri temi; non solo la psicologia, materia di Nelli, ma anche la cinematografi a, la politica e varie vicende a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni.

Questo è un tentativo del tutto nuovo per fare uscire gli anagrammi dalla ristretta élite di noi enigmisti italiani, con i nostri pseudonimi, i nostri convegni e le nostre feste, cercan-do di presentarli ad un pubblico più vasto.

Cosa accade quando uno psicologo, che già impegnato nell’attività clinica di tutti i giorni, si appassiona anche all’e-nigmistica classica? Molti psicologi, a cominciare da Jacques Lacan hanno dato molta importanza ai calembour, siano essi anagrammi, palindromi o crittografi e.

Marco Minelli ha focalizzato la sua attenzione sugli ana-grammi, ricavandone una piccola antologia e cercando di af-ferrare i nessi che si nascondono nell’esatto rimescolamento di lettere tra coppie o triadi di parole. Attraverso questo eser-cizio di stile, l’Autore passa in rassegna alcune delle maggio-ri teorie psicoanalitiche, modelli di psicologia sociale e temi

* di Enrico Parodi (Snoopy)

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della psicologia cognitiva; ognuno dei centouno anagrammi viene sviluppato con il contributo di riferimenti cinemato-grafi ci e con uno sguardo alle vicende sociopolitiche italiane degli ultimi vent’anni.

Gli anagrammi sono passati in rassegna e posti in relazio-ne a memorie di vent’anni di attività clinica; compaiono al-lora diversi riferimenti alla attività peculiare dello psicologo: casi clinici, interventi nelle scuole e nei servizi per minori o per anziani. Il volume è dedicato a tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno giocato ad anagrammare le parole che passavano nel cervello o nelle orecchie.

La mia generazione di enigmisti si cimentava con gli ana-grammi dapprima con carta e matita e poi con i cartoncini delle letterine del Pariolamo o con i quadratini di plastica dello Scarabeo.

In passato sono stati compiuti numerosi tentativi di codifi -care il meccanismo di composizione degli anagrammi. In era precomputeristica merita di essere citata l’opera di Re Enzo (Enzo Cavallari); il suo ingegnoso sistema di schede con il quale tutte le parole del dizionario della lingua italiana erano catalogate secondo la sequenza ordinata delle consonanti e delle vocali. Da ricordare anche Esiodo (Mario Villa) e i suoi pregevoli volumi dal titolo “Repertorio di anagrammi della lingua italiana”.

Il continuo progresso in campo informatico ha favorito in tempi più recenti la nascita di numerosi programmi di crea-zione anagrammatica, tra i quali va ricordato il “Motore ana-grammatico del Gaunt” di Night Gaunt (Corrado Giustozzi), l’Anagrammatore V1.3.2 di Cartesio (Roberto Morassi) ed Enilab 2.9 di Hammer (Giulio Ferrari). Questi ed altri pro-grammi costituiscono un valido aiuto per gli autori ma per-

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dono importanza se non sono supportati dalla creatività e dall’intuizione personale.

Il mio ultimo affettuoso pensiero va a Il Grigio (Livio Ma-tulli) che con le sue semplici letterine ha composto indimen-ticabili capolavori.

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INTRODUZIONE

L’anagramma ha origini antichissime e se ne attribuisce la paternità a Licofrone da Calcide, poeta greco vissuto ad Alessandria d’Egitto, alla corte di Tolomeo Filadelfo, verso il 280 A.C.: dal nome del suo re, Ptolemaios, avrebbe ottenuto Apò melitos (di miele) e da quello della bellissima regina, Arsinoe, Eras ion (violetta di Giunone).

L’anagramma è stato utilizzato anche per indagini di na-tura religiosa. In particolare, un monaco del XV secolo, dalla domanda: Quid est veritas? (Qual è la verità?), posta da Pi-lato a Gesù (Giovanni, XVIII, 38), ricavò la sacrale rispo-sta: Est Vir qui adest (È l’Uomo che ti sta dinnanzi). Ma il primo secolo d’oro dello sviluppo degli anagrammi è stato il diciassettesimo del quale vale la pena citare almeno l’opera del monaco Giovanni Battista Agnesi, il quale pur essendo cieco, riuscì a trovare centinaia di bellissimi anagrammi in latino a partire dalla salutazione angelica: “Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum.” Le funzioni dell’anagramma sono però storicamente molteplici; vi ricorsero e vi ricorrono in particolare personaggi che intendono celarsi dietro pseudo-nimi, come il poeta romanesco Alberto Salustri che si fece chiamare Trilussa.

Chi almeno una volta nella vita si è cimentato a giocare con le lettere ed a cercare anagrammi tra i lemmi del vo-cabolario italiano conoscerà almeno alcune di queste coppie di parole, alcune blasfeme come madre-merda, altre sorpren-

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denti come attore-teatro. La maggior parte di queste coppie sono invece meno note ai più, ma ben conosciute dagli addet-ti ai lavori ovvero, chi si occupa dei giochi dell’enigmistica classica dove gli anagrammi, insieme ai palindromi ed alle crittografi e mnemoniche o frasi bisenso, occupano un posto privilegiato per la loro spettacolarità.

Chiunque si sia avvicinato allo studio della linguistica si è imbattuto in Saussure, ma pochi sanno che tra il 1906 e il 1909 Ferdinand de Saussure si è prodotto in una complicata ricerca anagrammatica, arrivando a redigere circa 3700 pa-gine. Ma nel novecento sarà ancora un religioso, Don Ana-cleto Bendazzi di Ravenna, del quale parleremo più avanti, ad incentivare lo sviluppo dell’anagramma e a preparare il campo per la maggior parte degli schemi anagrammatici che saranno qui presentati. Dal canto mio, essendo sia psicologo che enigmista ho trovato il tempo di compilare questa picco-la antologia, divertendomi a cercare un nesso tra le coppie o triadi di parole anagrammabili o tra i cosiddetti anagram-mi divisi; un nesso che raramente può essere evidente (e in questo caso parleremo di anagrammi pertinenti: attore-teatro, bibliotecario-beato coi libri) ed altrettanto raramente è del tutto inesistente, in quelli che mi piace chiamare impertinenti (sirenetta-trentasei, signorsì-grissino), ma il più delle volte rintracciabile col metodo freudiano delle libere associazioni proprio della psicologia dinamica o psicologia del profon-do. È proprio questo l’esercizio di stile che costituisce il fi lo conduttore di questo volumetto. Oltre alla psicologia, non mancheranno i riferimenti alla politica italiana, visto che al-cuni degli schemi anagrammatici la riguardano direttamente. Inoltre, talvolta verranno citati trame o spezzoni di noti fi lm per facilitare la visualizzazione dei fi li rossi che collegano i

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termini delle coppie anagrammatiche. Gli psicologi appas-sionati di anagrammi sono parecchi; il più noto fu il francese Jacques Lacan.

Per defi nire il meccanismo che sta alla base di questo gioco di parole possiamo dire che... L’ANAGRAMMA... lo determini mercé l’esatto → rimescolamento di lettere e ab-biamo dato così una defi nizione dell’anagramma mediante un anagramma pubblicato nel 1975 sulla rivista Aenigma da Snoopy, pseudonimo di Enrico Parodi, che abbiamo appena conosciuto leggendo la prefazione e che molti di voi avranno già incontrato come grande fi rma dei rebus della settimana enigmistica. La frase precedente in corsivo è composta infatti da due metà che sono l’una anagramma dell’altra, nel senso che sono formate dalle stesse lettere disposte in due modi completamente diversi: ciò si può controllare, ed è bene farlo davvero ogni volta che creiamo un anagramma, cancellando ad una ad una tutte le lettere della seconda frase dalla prima; al termine dell’operazione risulterà completamente annulla-ta. Non occorrerebbe altro, ma proviamo a dare una defi ni-zione più precisa ed esauriente: L’anagramma è uno sche-ma enigmistico che consiste nel variare la disposizione delle lettere di una o più parole (e/o frasi) in modo da ottenerne un’altra o più parole (e/o frasi) di senso compiuto, che a volte possono anche essere continuative con le prime o in attinenza di signifi cato.

I 101 Anagrammi Zen, titolo ispirato alle 101 storie zen raccolte da Nyogen Senzaki e Paul Reps, vogliono essere un vero e proprio esercizio di stile, non solo per rendere omag-gio all’enigmistica classica, ma anche per parlare d’altro. Gli schemi anagrammatici presentati in questo volumetto diven-tano un pretesto per discorrere anche di scienze umane, in

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particolare di psicologia e psicoanalisi, nonché soprattutto di storia contemporanea, ovvero delle ultime pagine della politica italiana, con particolare riguardo al malaffare e alla corruzione esercitati in maniera particolare dal pentapartito fi no al 1993 e dal berlusconismo nell’ultimo ventennio. Non mancheranno inoltre riferimenti al cinema, a pellicole arci-note che hanno fatto breccia nell’inconscio collettivo, come ad esempio “Rain Man” o “Non ci resta che piangere” e a pellicole meno note del panorama nazionale. Non esiste un ordine cronologico ben defi nito, pertanto questo volume si può sfogliare a piacere, anche leggendo i centouno anagram-mi al contrario o in ordine sparso, cercando nelle pause di trovarne un centoduesimo, magari inedito, da tematizzare; sempre a piacere. E che l’anagramma sia una “arma magna” che ci consenta di parlare e sparlare di tutto e di tutti.

Ci vorrebbero troppe pagine per ringraziare tutti gli espo-nenti della comunità enigmistica italiana o rintracciare la pa-ternità degli schemi anagrammatici dibattuti in questo libro per cui mi accontenterò di citare Stefano Bartezzaghi (Nené), Emanuele Miola (Ele), Giorgio Dendi (Dendy), Ida D’Orazio (Idadora), Livio Matulli (Il Grigio), Luca Patrone (Il Lan-gense), Enrico Mosé (Moro Cinese), Bruno Corti (Bruco), Enrico Parodi (Snoopy) che è forse il più grande rebussista vivente, Guido Iazzetta (Guido) direttore della rivista “La Si-billa” e Pina La Valle (Giusi), autrice di frasi anagrammate continuative di elevata pertinenza e di altissimo livello tra le quali mi piace ricordare “Un mio piatto prelibato → ottimo per buoni palati”. Per quanto riguarda i riferimenti cinema-tografi ci, uno speciale ringraziamento va ad Annarita De Ca-prio. Non saranno compresi in questo libro, se non di sfug-gita, gli anagrammi onomastici come ad esempio “Bearzot

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zebrato”, apparso durante il mondiali di calcio argentini del 1978, quando l’allora commissario tecnico mandava in cam-po nove giocatori juventini su undici.

Altri esempi illustri sono: Marco Antonio = antico ro-mano, Stefano protomartire = Santo morto fra pietre, Primo Carnera = romperà crani, Joan Mirò = Mar Jonio, Armando Cossutta = straunto da Mosca, Antonio De Curtis = induce tanto riso, Alberto Sordi = astro del brio, Roberto Benigni = Birbone Integro, Clint Eastwood = Old west action, Pietro Nenni = Non è Pertini, Maria Stella Gelmini = La galleria mi smentì, Carlo Giovanardi = La droga ci rovina, Antonio Di Pietro = ai potenti dirò: no, Anna Maria Cancellieri = Mi-naccia nera nell’aria, Sabrina Ferilli = brilla fra i seni, Del Piero = È il prode = l’Edipo Re = perde l’Io. Per questo tipo di anagrammi rimando all’opera di Umbro Affi oro “Raccolta di nomi celebri anagrammati” di oltre mille pagine del 2006, oppure a quella di Enrico Basile del 2004, “Il nome un presa-gio: personaggi famosi in satira anagrammata.”

Spero infi ne che questo volume, oltre a far comprendere al lettore la chimica dell’anagramma, lo motivi ad indagare altri volumi, non solo di enigmistica e di psicologia, ma inerenti tutti quegli argomenti che qui sono trattati soltanto en pas-sant, per evitare voli pindarici o parentesi troppo dispersive; è soprattutto per questo motivo che ho ritenuto inserire alla fi ne una bibliografi a, una fi lmografi a ed un indice dei nomi dove attingere quando ho trattato storie, aneddoti e personag-gi in modo troppo veloce o frammentario.

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MADRE - MERDA

Secondo lo scrittore Aldo Busi è la madre di tutti gli ana-grammi. Non si tratta di un insulto alle madri, come verrebbe da pensare osservando la questione in superfi cie, bensì di un elogio della merda; infatti nel saggio “Per un’apocalisse più svelta” egli scrive: “Ah, Merda-Madre, anagramma di tutte le cose.” Sembrerebbe quasi un attacco diretto agli italiani, noti per avere una concezione quasi sacra della propria mamma, invece fra poco vedremo che si tratta di una lode alla madre come creatrice e dispensatrice di vita e di bellezza. Resta il fatto che questo anagramma è poco conosciuto perfi no tra gli addetti ai lavori, gli enigmisti, dai quali è poco considerato proprio per l’alone dissacrante che lo circonda; praticamente un tabù, nel senso freudiano del termine. Se questo anagram-ma, così evidente, è meno noto di molti che lo seguiranno, ciò è dovuto proprio al tabù che, soprattutto nella lingua ita-liana, investe il concetto di madre o mamma; l’autocensura è talmente potente che se tanto per fare un esperimento chie-diamo a qualcuno di anagrammare la parola merda è molto probabile che parole come “derma” o l’inglese “dream” ven-gano trovate prima di madre.

Da notare che in lingua francese mère-merde non è un ana-gramma bensì una zeppa. In enigmistica la zeppa è uno sche-ma che a partire da una parola ne ottiene un’altra inserendo una lettera (o una sillaba) al suo interno. Insomma, quasi nes-suno anche tra gli enigmisti evoca questo schema anagram-

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matico ricordato invece dallo scrittore Busi, eppure il rifi uto organico è indispensabile per il ciclo biologico, il concime naturale che assicura nascita e crescita; gli ha reso omaggio anche uno dei più grandi cantautori italiani del novecento, Fabrizio De André, con la celebre strofa della canzone Via del campo: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame na-scono i fi or”. Quante analogie dunque tra madre e merda e quante funzioni in comune. Dopo aver parlato della madre di tutti gli anagrammi passiamo al padre che è assai più cono-sciuto e gode di miglior fortuna.

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ATTORE - TEATRO

Ecco uno degli anagrammi più antichi e più noti, il pa-dre di tutti gli anagrammi, rintracciabile già su diversi testi medioevali, il più pertinente, primatista dell’attinenza dei due termini. Sembrerebbe quasi fatto apposta, ma alla luce di tutte le ricerche etimologiche possibili, dobbiamo con-cludere che il fatto che queste due parole nella lingua italia-na sono anagrammabili è oggettivamente del tutto casuale. Le origini del teatro sono antichissime e riconducibili ai po-poli primitivi; il teatro nasce dai riti sociali legati alla natura per sottolineare un avvenimento particolare. Gli eschimesi, per esempio, erano soliti rappresentare un dramma per cele-brare la fi ne della notte polare: la drammatizzazione dell’e-vento avveniva tramite un narratore che accompagnava gli attori ed il coro, composto da sole donne. Sempre a carattere propiziatorio e segnati dal trascorrere del tempo, ma slega-ti dai ricorsi della natura, altri riti sociali evidenziavano un avvenimento quotidiano come il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, oppure le nascite e le morti che erano celebrate con caratteri drammatici e pubblici che ne giustifi cano la te-atralità. Soprattutto le cerimonie iniziatiche comprendevano rituali e celebrazioni di forte caratterizzazione drammatica; anche la caccia, la pesca o l’agricoltura offrivano spunti per rappresentazioni teatrali.

Un attore è chi rappresenta o interpreta una parte o un ruolo in uno spettacolo teatrale, cinematografi co, televisi-

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vo, radiofonico, di strada. Nel mondo occidentale il primo caso documentato di recitazione da parte di un attore risale al 530 A.C. sul palco del Teatro di Atene, quando fi nalmente l’attore greco Tespi parlò come personaggio in una rappre-sentazione. Da quel momento gli espedienti della narrazione furono del tutto rivoluzionati; infatti prima della invenzione di Tespi, le storie venivano tramandate mediante narrazione in terza persona: nessuno aveva assunto la parte del perso-naggio della storia.

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CATTIVERIA - CREATIVITÀ

Può un bonaccione essere davvero un innovatore o un ge-nio? La malizia è l’ingrediente fondamentale per essere crea-tivi? Ma come è possibile? Essere creativi vuol dire fare qual-che cosa di nuovo che prima non esisteva: signifi ca rompere gli schemi che andavano bene sino a quel momento. Ma ogni processo di rottura con il passato fi nisce col destabilizzare l’ordine costituito, pertanto chi è creativo disturba l’innato spirito di conservazione che c’è nell’uomo: si è cattivi perché si dà fastidio ai vecchi e più in generale ai conservatori. La creatività è roba da dissidenti e non certo da discepoli fedeli; prendiamo ad esempio la psicoanalisi: quando Jung cominciò a distaccarsi da Freud ed a costruire una propria metapsicolo-gia autonoma, venne immediatamente isolato dalla comuni-tà scientifi ca. Lo stesso Freud, quando riconobbe l’esistenza della sessualità infantile, non fu certo lodato per bonarietà ma fu accusato di eresia e dovette scontrarsi con le severe criti-che, non solo da parte dell’opinione pubblica condizionata dal clima sociale vittoriano, ma anche da alcune parti della comunità scientifi ca.

La creatività quella vera e dirompente delle rivoluzioni scientifi che, artistiche e culturali necessita di una buona dose di cattiveria, necessaria per confutare, smentire ed invalidare gli assunti predominanti. Cattiveria e coraggio occorrono poi per diffondere e difendere le idee innovative di qualsiasi ri-forma radicale del pensiero. Secondo Aldo Carotenuto, che a

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livello mondiale è stato uno dei maggiori studiosi e divulga-tori del pensiero di Jung, la creatività è del tutto antagonista al potere; egli scrive che alla base di ogni forma di dominio vi è una palese incapacità creativa, che si risolve in bisogno di reprimere l’originalità altrui. I potenti, prosegue Carotenuto, “vivono con l’idea che la propria affermazione sottintenda necessariamente l’esclusione o il fallimento di altri e sento-no l’esigenza di dominare i propri simili. Per queste persone l’atto creativo è la testimonianza di una capacità di vivere che manca loro. La volontà di esercitare il controllo sull’altro nasce dall’invidia e da un profondo sentimento di vuoto e di sterilità.” Pertanto l’artista e lo scienziato che desidereran-no condividere la loro creatività con la comunità dovranno sfoderare la cattiveria necessaria per fronteggiare la risposta reazionaria dei detentori del potere.

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ANALISTA - INSALATA

Cosa dice il paziente sul lettino dell’analista? Un’insa-lata di parole! Il metodo delle libere associazioni nella rie-vocazione dei ricordi o nell’analisi dei sogni prevede un’ac-celerazione ideativa con conseguente aumento del fl usso di linguaggio. L’insalata di parole e l’apparente illogicità delle frasi di chi sta esprimendo liberamente le associazioni rela-tive ad un proprio sogno è molto simile all’insalata di parole caratteristica dell’eloquio di un malato di schizofrenia.

La parola nasce dalle vicende delle prime relazioni ma-dre-bambino e costituisce il bambino come soggetto poten-ziale. La parola rappresenta l’ingresso nella comunità umana, non creata dall’onnipotenza del pensiero, ma già organizzata in un linguaggio con le sue regole e i suoi signifi cati e al tem-po stesso permette una codifi cazione e creazione personale, l’invenzione di una forma di espressione unica. Quando il bambino comincia ad utilizzare il codice linguistico, le sue modalità interattive cambiano radicalmente e per la prima volta diminuisce sensibilmente il pianto che veniva utilizzato per esprimere i bisogni più disparati: fame, angoscia, igiene, sonno ecc. Freud ci ricorda che “i bambini usano le parole come se fossero delle cose”, ovvero le rompono per vedere cosa c’è dentro, come se fossero bambolotti o automobiline; in maniera analoga anche gli enigmisti sminuzzano le paro-le per poter elaborare anagrammi o cesure di linguaggio; il meccanismo di condensazione alla base del passaggio dal

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contenuto manifesto al contenuto latente dei sogni, i lapsus linguae ed altri segnali rivelatori dell’inconscio aderiscono agli stessi processi di rottura e rielaborazione.

L’insalata di parole non è caratteristica soltanto della schi-zofrenia, ma di qualsiasi stato psicotico, oltre che di tutti gli stati depressivi a cominciare dalla depressione maggio-re. Quando l’analista è in grado di accogliere e decodifi care l’insalata di parole, questi risulterà più effi cace di ogni psi-cofarmaco. Attraverso la relazione e la comprensione dei fe-nomeni intrapsichici è possibile risalire alla fonte del disagio mediante la memoria e le funzioni cognitive; è per questo che la psicologia ha effetti più benefi ci e duraturi dell’oblio indotto chimicamente.

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SENATORE - ESTRANEO

Un anagramma sempre molto attuale, poiché da tempo or-mai, nonostante la nascita di sedicenti movimenti a misura di cittadino, la politica è distante anni luce dalla vita delle persone comuni. Prima con il sistema maggioritario e poi col porcellum e l’italicum, l’elettore non ha avuto più il diritto di esprimere una preferenza; i candidati al senato sono impo-sti dai partiti nei vari collegi uninominali ed i loro nomi già stampigliati sulle schede.

All’inizio degli anni novanta, nel periodo della prima tan-gentopoli, Mario Segni ed altri istituirono dei referendum, come quello sulla preferenza unica, che andarono a limitare il sistema elettorale proporzionale, quello matematicamente più democratico, limitando anche la possibilità dell’eletto-re di esprimere preferenze. Nacque il sistema maggioritario, meno rappresentativo dal punto di vista matematico della distribuzione reale dei seggi, in quanto con l’istituzione del premio di maggioranza veniva a svanire il principio secondo il quale il voto potesse veicolare il miglior riparto possibile dei seggi in parlamento.

Ma perché fu abolita in maniera così plebiscitaria la possi-bilità di poter scegliere ben quattro candidati all’interno della lista del partito preferito? Non era bello e democratico per un elettore non solo scegliere il partito, ma anche delegare un quartetto di rappresentanti delle proprie idee e dei propri valori? Lo era, però c’era un problema; si trattava del cosid-

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detto controllo del voto clientelare mediante l’attribuzione delle quaterne personalizzate, che la Democrazia Cristiana esercitava con maestria; andiamo a vedere come funzionava: le liste erano composte da una quarantina di candidati, ognu-no dei quali aveva una zona di riferimento, di solito quella di residenza. Ora ammettiamo che il candidato numero 3 si trovasse in Ciociaria e fosse molto conosciuto nella provincia di Frosinone: un candidato senatore molto meno estraneo di quelli di oggi, che doveva farsi riconfermare senza poter go-dere di un collegio predefi nito. Questi per avere la sicurezza di essere rieletto doveva raccogliere, ammettiamo, diecimi-la voti; ecco allora che si mette a lavoro cercando di perso-nalizzare ognuno di quei diecimila voti promettendo favori, regali o posti di lavoro: nel fi lm “Il portaborse” di Daniele Luchetti queste promesse personalizzate sono state illustrate molto bene, ma torniamo alla nostra lista dei quaranta. Il pri-mo impegno del nostro senatore in attesa di riconferma, che in lista aveva il numero tre di quaranta, era quello di stilare e personalizzare le quaterne di cui parlavamo: 3 con 5 e tutti gli altri ambi possibili nel Comune di Anagni, 3, con 5 e 14 e ognuno degli altri trentasette da far uscire al Comune di Strangolagalli che invece è molto piccolo e bastano, appunto, trentasette combinazioni. Ma quante sono in totale le com-binazioni delle quaterne contenenti il numero 3? Più degli aventi diritto al voto in tutta la provincia di Frosinone per cui bastavano ed avanzavano al nostro aspirante senatore, al quale non restava che preoccuparsi di far controllare ai coor-dinatori della compagine, infi ltrati nei seggi come scrutatori, se queste quaterne uscivano oppure no. Con questo sistema in Sicilia l’elettore poteva ricevere dei favori o anche dei semplici regali; per esempio un paio di scarpe: quella sinistra

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qualche giorno prima del voto, la destra poco dopo, quando l’uscita della sua quaterna era stata verifi cata dallo scrutatore incaricato. Non che adesso non esista più il voto clientelare, ma le quattro preferenze permettevano di monitorarlo scien-tifi camente. Per non parlare di alcuni Comuni ad alto tasso di criminalità organizzata; alcuni ricordano ancora pacchi di pasta e barattoli di pomodori pelati con il simbolo dello scu-do crociato e la scritta libertas sull’etichetta e quattro numeri scritti a penna: “se questa quaterna non uscirà, lupara sia”; e la lupara nella migliore delle ipotesi era che quel posto di usciere non sarà mai tuo. Uno dei soprannomi più noti del-la Democrazia Cristiana era “La balena bianca”, si trattava di un partito assai poco progressista e parecchio maschilista, che cercò di tenere proibiti sia l’aborto che il divorzio; poche furono le donne che ebbero un ruolo di spicco al suo interno: ne ricorderemo alcune nel prossimo anagramma.

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SENATRICI - CRISTIANE

Forse proprio in nome di questo anagramma la vecchia Democrazia Cristiana qualche volta ha portato alla ribalta fi -gure femminili; stride subito nelle orecchie la voce disarmo-nica di Rosa Russo Jervolino, ma un’altra icona che può ve-nire immediatamente in mente è Rosy Bindi. Entrambe sono cristiane, ma cristiane veramente, tant’è che dopo la fi ne del-la Democrazia Cristiana entrambe, a differenza di molti altri, non sono salite sul carrozzone di Berlusconi, forse in nome di quel comandamento che recita di non rubare.

Rosa Russo Jervolino dopo essere stata ministro in diversi governi ai tempi del cosiddetto CAF, acrostico che indica-va Craxi, Andreotti e Forlani, è diventata Sindaco di Napoli mentre Rosy Bindi, estranea alla tangentopoli che nei primi anni ’90 coinvolse il suo partito, ha conservato la sua integri-tà etica e cristiana, è stata ministro della sanità ed è confl uita prima nella Margherita e poi al PD di cui è stata ancora per anni elemento di spicco.

Le senatrici cristiane in realtà sono state una meteora; as-senti nei primi governi, arrivarono in parlamento più tardi di quelle comuniste o socialiste ed a loro sono state inferiori anche per numero in tutte le legislature. Nella DC ci fu molto meno spazio per le donne di quanto non ce ne sia stato più a sinistra. Oltre a Rosa Russo Jervolino e Rosy Bindi ricordia-mo Maria Fida Moro, primogenita dei quattro fi gli di Aldo e infi ne Franca Falcucci, ex ministro della pubblica istruzione

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e bersaglio delle contestazioni studentesche del movimento della Pantera negli anni ottanta.

Oggi non sembra esserci un suffi ciente ricambio genera-zionale di senatrici cristiane che, penalizzate dal bipolarismo non hanno trovato molto spazio né nel centrodestra né nel centrosinistra. L’unica esponente degna di nota è Paola Bi-netti, esponente dell’Opus Dei, che ebbe un momento di no-torietà nel 2008, quando opponendosi ai Pacs concorse a far cadere il governo Prodi insediatosi nel 2006.

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