“100 anni dopo in memoria della guerra sperando nella pace ... · Pare si tratti di una delle...

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CON IL PATROCINIO DELLA COMUNITA' MONTANA VALLI DEL LARIO E DEL CERESIO CORO CAI DONGO CORO DELPHUM GRUPPO FILARMONICO DI VERCANA DIRETTI DAL MAESTRO WALTER VOLA Gravedona ed Uniti, sabato 10 novembre 2018, Palazzo Gallio “100 anni dopo in memoria della guerra sperando nella pace” CONCERTO PER BANDA, CORO E VOCE NARRANTE TRANTA SOLD - Marcia alpina ADDIO MIA BELLA ADDIO - Canto risorgimentale (C. A. Bosi) Scritto nel 1848 da Carlo Alberto Bosi (1813-1886) poeta e patriota fiorentino. Il brano, anche noto come l' Addio del volontario, assunse grande popolarità già durante la prima guerra di indipendenza italiana. Il testo venne scritto nel marzo 1848, presso il Caffè Castelmur (oggi non più esistente) di via Calzaioli a Firenze. Bosi partì subito dopo come volontario della guerra di indipendenza, insieme con altri combattenti fiorentini. Il brano divenne ben presto celebre proprio tra i volontari, che lo iniziarono a cantare sempre più spesso al momento delle partenza, sulle note di una vecchia cantilena toscana. La popolarità della canzone rimase sempre alta tra i combattenti volontari, venendo cantata anche negli anni successivi, come ad esempio in occasione delle battaglie di Palestro e di San Martino (1859), o durante la spedizione dei Mille (1860). MONTE NERO - Canto degli Alpini (G. Malandrino) Il 16 giugno 1915, durante la prima guerra mondiale, i battaglioni Exilles, Pinerolo, Susa e Fenestrelle del 3º Reggimento Alpini comandato dal colonnello Donato Etna, con un'azione notturna occuparono la cima del Monte Nero ( Krn in sloveno o Crèn in friulano) una montagna delle Alpi Giulie alta 2.245 metri. In territorio italiano fino al 1947, oggi fa parte della Slovenia e si trova nel comune di Kobarid (Caporetto), a pochi chilometri dal confine con il Friuli- Venezia Giulia. L'impresa, che fu citata dalla stampa internazionale come esempio di brillante azione bellica, ebbe però un costo assai elevato in termini di vite umane; questo canto pare sia stato scritto e musicato dagli stessi alpini superstiti, tra cui Giuseppe Malandrino, natìo di Rivoli (To). MONTE PASUBIO - Testo di Carlo Geminiani, musica di Bepi De Marzi Dal maggio 1915 al novembre 1918 sui Monti del Pasubio, massiccio dolomitico delle Prealpi venete occidentali, caddero migliaia di soldati: le cifre ufficiali, per difetto, parlano di oltre 37.000 tra morti, feriti e dispersi italiani, 7.550 dei quali appartenenti a reparti alpini. Si calcola che nel 1916 sul Pasubio si trovassero circa 50.000 uomini tra reparti combattenti e servizi, costretti a vivere a oltre 2.000 metri di quota, spesso in ricoveri di fortuna o in baracche. Grandiose e impressionanti sono ancor oggi le opere del genio, dalla rotabile che sale a Passo di Fieno, alla strada degli Scarrubbi e, su tutte, quella più riparata al fuoco dell'artiglieria austriaca, la mulattiera delle 52 gallerie. Un'opera unica, quest'ultima: oltre 6 chilometri (di cui un terzo in galleria), scavati sul fianco della montagna, in soli 9 mesi di lavoro. (fonte: www.ana.it) 1

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CON IL PATROCINIO DELLA COMUNITA' MONTANA VALLI DEL LARIO E DEL CERESIO

CORO CAI DONGO CORO DELPHUMGRUPPO FILARMONICO DI VERCANADIRETTI DAL MAESTRO WALTER VOLA

Gravedona ed Uniti, sabato 10 novembre 2018, Palazzo Gallio

“100 anni dopo in memoria della guerra sperando nella pace”CONCERTO PER BANDA, CORO E VOCE NARRANTE

TRANTA SOLD - Marcia alpina

ADDIO MIA BELLA ADDIO - Canto risorgimentale (C. A. Bosi)Scritto nel 1848 da Carlo Alberto Bosi (1813-1886) poeta e patriota fiorentino. Il brano, anche noto come l'Addio del volontario, assunse grande popolarità

già durante la prima guerra di indipendenza italiana. Il testo venne scritto nel marzo 1848, presso il Caffè Castelmur (oggi non più esistente) di via Calzaioli a Firenze. Bosi partì subito dopo come volontario della guerra di indipendenza, insieme con altri combattenti fiorentini. Il brano divenne ben presto celebre proprio tra i volontari, che lo iniziarono a cantare sempre più spesso al momento delle partenza, sulle note di una vecchia cantilena toscana. La popolarità della canzone rimase sempre alta tra i combattenti volontari, venendo cantata anche negli anni successivi, come ad esempio in occasione delle battaglie di Palestro e di San Martino (1859), o durante la spedizione dei Mille (1860).

MONTE NERO - Canto degli Alpini (G. Malandrino)Il 16 giugno 1915, durante la prima guerra mondiale, i battaglioni Exilles, Pinerolo, Susa e Fenestrelle del 3º Reggimento Alpini comandato dal colonnello Donato Etna,

con un'azione notturna occuparono la cima del Monte Nero (Krn in sloveno o Crèn in friulano) una montagna delle Alpi Giulie alta 2.245 metri. In territorio italiano fino al 1947, oggi fa parte della Slovenia e si trova nel comune di Kobarid (Caporetto), a pochi chilometri dal confine con il Friuli-Venezia Giulia. L'impresa, che fu citata dalla stampa internazionale come esempio di brillante azione bellica, ebbe però un costo assai elevato in termini di vite umane; questo canto pare sia stato scritto e musicato dagli stessi alpini superstiti, tra cui Giuseppe Malandrino, natìo di Rivoli (To).

MONTE PASUBIO - Testo di Carlo Geminiani, musica di Bepi De Marzi Dal maggio 1915 al novembre 1918 sui Monti del Pasubio, massiccio dolomitico delle Prealpi venete occidentali, caddero

migliaia di soldati: le cifre ufficiali, per difetto, parlano di oltre 37.000 tra morti, feriti e dispersi italiani, 7.550 dei quali appartenenti a reparti alpini. Si calcola che nel 1916 sul Pasubio si trovassero circa 50.000 uomini tra reparti combattenti e servizi, costretti a vivere a oltre 2.000 metri di quota, spesso in ricoveri di fortuna o in baracche. Grandiose e impressionanti sono ancor oggi le opere del genio, dalla rotabile che sale a Passo di Fieno, alla strada degli Scarrubbi e, su tutte, quella più riparata al fuoco dell'artiglieria austriaca, la mulattiera delle 52 gallerie. Un'opera unica, quest'ultima: oltre 6 chilometri (di cui un terzo in galleria), scavati sul fianco della montagna, in soli 9 mesi di lavoro. (fonte: www.ana.it)

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TRANTA SOLD - Marcia alpina Pare si tratti di una delle più antiche canzoni a marcia del Piemonte Guerriero. Acquistò popolarità nel 1930, quando venne eseguita da una fanfara alpina, durante l'inaugurazione della caserma degli alpini dedicata al tenente Alberto Picco (uno degli eroi

del Monte Nero), al cospetto del Principe di Piemonte che ebbe parole di apprezzamento verso questo allegro e marziale motivo. Nei paesi di montagna il forte senso della tradizione vuole che ogni giovane, per adempiere gli obblighi militari, sia assegnata agli alpini, uniche truppe ufficialmente riconosciute oltre una certa quota. Sarebbe grave disonore l'essere assegnati ad altre specialità, al punto che i genitori sono disposti a vendere parte dei loro beni (el boeu, il bue e el crin, il maiale) pur di evitare l'onta di un figlio non alpino. (fonte: Coro ANA Milano)

IL TESTAMENTO DEL CAPITANO - Canto degli Alpini (armonizzazione di Luigi Pigarelli) La vera e sicura origine di quello che potremmo definire il più classico, il più nobile fra i canti degli alpini si riscontra nel canto funebre cinquecentesco “Il testamento spirituale del Marchese di Saluzzo”. Costantino Nigra (1828-1907, filologo,

poeta, diplomatico e politico italiano) ce ne ha tramandato le versioni, in piemontese arcaico, ritenute più originali e già nel 1858 ha tracciato dettagliatamente la vicenda storica cui il canto è legato: Michele Antonio, undicesimo marchese di Saluzzo, capitano generale delle armi francesi nel reame di Napoli, mortalmente ferito da un obice durante la difesa della fortezza di Aversa assediata dalla truppe borboniche, nel 1528, esprime le sue ultime volontà ai soldati riuniti attorno al letto di morte. E sarà forse proprio uno di quei soldati l'ignoto autore che riversò nel canto gli ultimi sublimi istanti del capitano, creando una fra le gemme più interessanti del patrimonio epico-lirico italiano, ereditata in seguito dalla tradizione alpina che, all'epoca della Prima Guerra Mondiale, rese popolarissimo il canto in questa versione dove appare un misto tra il dialetto veneto e quello trentino. (Sergio Piovesan)

O GORIZIA, TU SEI MALEDETTA (Anonimo)Gorizia fu l’unica città conquistata con le armi dall’esercito italiano. La battaglia di Gorizia (9-10 agosto 1916) costò, secondo dati ufficiali, la vita a 1.759 ufficiali e 50.000 soldati circa, di parte italiana; di parte austriaca a 862 ufficiali e 40.000 soldati

circa. L’ 8 agosto 1916 i fanti italiani entrarono in una città ridotta in macerie, abbandonata dalla quasi totalità dei suoi abitanti. Di 30.000 ne erano rimasti 3.000. Gorizia, o ciò che ne restava, fu riconquistata dagli austroungarici nell’ottobre 1917. Passò infine all’Italia dopo l’armistizio nel novembre 1918. Ciò che subì Gorizia durante e dopo la prima guerra mondiale fu un urbicidio. Le devastazioni della guerra distrussero irrimediabilmente il carattere multietnico e multiculturale della città. Nacquero per l’occasione alcune canzoni popolari tra cui “Gorizia tu sei maledetta”. Si dice che chi veniva sorpreso a cantare questa canzone durante la guerra era accusato di disfattismo e poteva essere fucilato. La versione originale venne raccolta dallo storico Cesare Bermani a Novara, da un testimone che affermò di averla ascoltata dai fanti che conquistarono Gorizia il 10 agosto 1916. (Sergio Piovesan)

KARPATIA - DOBERDÒ - Canto di soldati ungheresi al fronte italiano Nella battaglia di Doberdò, uno degli scontri più sanguinosi della prima guerra mondiale combattuto nell'agosto 1916 sull'altopiano di Doberdò, sul Carso, l'esercito austro-ungarico era composto prevalentemente da reggimenti ungheresi e sloveni. Anche loro, come gli italiani, avevano canti che li accompagnavano nelle lunghe ore in trincea o durante le marce per farsi compagnia e sconfiggere la nostalgia degli affetti familiari e la paura dell’assalto: “Se vado al campo di battaglia di Doberdò, guardo lassù nel grande cielo pieno di stelle. Cielo stellato, dov'è la mia terra ungherese, dove piange mia madre per me? O, Dio mio, dov'è che morirò, dove scorrerà il mio sangue rosso? La mia tomba? sarà lontano, in terra straniera. Madre mia, Le chiedo di non piangere”.

LA LEGGENDA DEL PIAVE - Testo e Musica di E. A. Mario (Giovanni Ermete Gaeta) La canzone del Piave, conosciuta anche come La leggenda del Piave, è una delle più celebri canzoni patriottiche italiane. Il brano fu scritto nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta, poeta e compositore napoletano noto con lo pseudonimo di E.A. Mario.

I fatti storici che ispirarono l'autore risalgono al giugno del 1918, quando l'Impero austro-ungarico decise di sferrare un grande attacco (ricordato con il nome di "Battaglia del solstizio") sul fronte del fiume Piave per piegare definitivamente l'esercito italiano, già reduce dalla sconfitta di Caporetto. L'esercito austriaco si avvicinò pertanto alle rive venete del Piave ma fu costretto ad arrestarsi a causa della piena del fiume. Ebbe così inizio la resistenza delle Forze armate del Regno d'Italia, che costrinse gli austro-ungarici a ripiegare. Il 4 luglio del 1918, la 3ª Armata del Regio Esercito Italiano occupò le zone tra il Piave vecchio ed il Piave nuovo. Durante lo svolgersi della battaglia morirono 84.600 militari italiani e 149.000 militari austro-ungarici. In occasione dell'offensiva finale italiana dopo la battaglia di Vittorio Veneto (ottobre 1918), il fronte del Piave fu nuovamente teatro di scontri tra l'Austria-Ungheria e l'Italia. Dopo una tenace resistenza iniziale, l'esercito austro-ungarico si disgregò rapidamente, consentendo alle truppe italiane di sfondare le linee nemiche. Anche dopo la guerra, la “Leggenda del Piave” rimase popolarissima e venne eseguita il 4 novembre 1921 all’inaugurazione del monumento al Milite ignoto, al Vittoriano di Roma. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il governo italiano la adottò provvisoriamente come inno nazionale, in sostituzione della Marcia Reale. La canzone del Piave ebbe la funzione di inno nazionale italiano fino al 12 ottobre 1946, quando fu sostituita da Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro.

ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA - Canto degli Alpini (Anonimo, armonizzazione di Luigi Pigarelli) Canzone molto evocativa dell'alpino di guardia. É da ritenere di recente origine, creata probabilmente su qualche spunto o vecchio frammento. Melodia e cadenza prettamente popolari. Il canto si stacca dagli altri per il testo che pone in risalto con

disarmante semplicità due degli aspetti più dolorosi della vita militare: i disagi e la lontananza. (fonte: Coro ANA Milano). Rappresenta la vita al fronte quando il tempo inclemente rende tutto più difficile sia durante il periodo di guardia, ma anche nel riposo sotto la tenda e solo nel momento del sonno è il sogno, ovviamente con la sua bella, a far sembrare la vita più accettabile. (Sergio Piovesan)

SUL PONTE DI BASSANO - (Anonimo)Le cronache della guerra mondiale non hanno ancora appurato il perché, proprio sul ponte di Bassano, l'anonimo autore di questa canzone si sia riservato di scambiare con la ragazza una stretta di mano ed altri articoli intimi dei campionario amoroso. Sono cose

che, di solito, si fanno in luoghi appartati, o almeno sotto il ponte. Gli amori dei soldati e delle ragazze sono, si sa, essenzialmente casti e patetici. Al più, si arriva ad un bacin d'amore. Ecco perché tutto si può fare alla luce del sole, sul ponte di Bassano. Se poi, da quel bacin d'amore, ci scappa il neonato, la colpa è della guerra che ha sovvertito l'ordine naturale delle cose. (da “TA-PUM, Canzoni in grigioverde”)

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GUERRA (Maurizia Pelaratti, Alessio Benedetti)«Era il 22.11.2014, l'anno dopo sarebbero iniziate le celebrazioni per il centenario dell'entrata in guerra dell'Italia. Una frase

còlta in qualche notizia giornalistica o in qualche discorso, lo non c'ero ... cento anni fa ... Era forse questa l'idea che aveva scatenato in me un fluire di pensieri: io non c'ero. Cosa sarebbe stata la vita, tranquilla pur nei drammi quotidiani, con il tran-tran delle cose organizzate e con il controllo su quasi tutto quello che succede? Guerra: cosa vuoi dire guerra? Una realtà così vicina eppure infinitamente distante. Una realtà di cui si sente parlare tutti i giorni, una realtà che tocca qualche lontana, nascosta parte di mondo. Sembra che tocchi solo gli altri. Al limite ci chiede un piccolo contributo economico per chi negli occhi, nel cuore e nello stomaco ha solo disperazione... Eppure pensandoci è sempre irrimediabilmente vicina. La guerra di ogni giorno per essere primi, per essere i migliori, per sopravanzare gli altri ... Che differenza c'è tra quella passata alla storia come la Grande Guerra, cosa si possa trovare poi di Grande in una guerra non si può davvero capire!!!, e le piccole, malevoli e insinuanti guerre del nostro animo? guerra: una parola che non merita davvero nessuna considerazione, un termine che dovrebbe essere cancellato dal vocabolario, ma che fa comodo a troppi, guerra: un'accorata denuncia di tutte le guerre». (Maurizia Pelaratti). «Il metro libero, insieme ad un'armonia che non riconduce ad una chiara tonalità, crea per tutto il componimento una continua sospensione, e anche alla fine un accordo di quarta non troverà riposo, su un vocabolo troncato così come troncate furono le vite di tanti giovani che parteciparono a ciò che papa Benedetto XV definì inutile strage» (Alessio Benedetti)

SENTI GIÙ NELLA VALLE (Gianfranco Algarotti, Alessio Benedetti)II canto, composto nel 2015, è stato ispirato dalla lettura e trascrizione del Diario di Guerra, rinvenuto recentemente, del

Caporale di Fanteria Gaetano Algarotti, classe 1897, originario di Albano Sant'Alessandro (Bg) che, chiamato alle armi il 25 maggio 1916, ha partecipato alla Grande Guerra sul Fronte Carsico-lsontino nelle fila del 259° Reggimento Fanteria (Brigata Murge). Dopo oltre un anno di trincea, il 5 settembre 1917, al termine dell'Undicesima Battaglia dell’lsonzo, nei pressi di Flondar, vicino a Monfalcone, il suo Battaglione viene accerchiato dalle truppe austro-ungariche. Destinato al campo di prigionia di Mauthausen, tornerà in Patria poco dopo la firma dell'Armistizio del 3 novembre 1918. Il canto è stato intenzionalmente composto sulla falsariga dei canti di guerra formati da brevi e ripetitive strofe mantenendo i termini e il linguaggio, a volte sgrammaticato, con cui è scritto il Diario. Alla semplice melodia fa da sottofondo il "rombo dei cannoni" che accompagnava costantemente e ossessivamente i giorni e le notti in trincea. Anche il ritornello inizia volutamente sull'aria di "Noter de Berghem" (E qui comando io) per sottolineare le origini bergamasche del protagonista e per rimarcarne il piglio nell'affrontare il "nemico". L'iniziale baldanza del giovane soldato si tramuta dapprima nel dolore di chi è costretto a calpestare "i corpi dei fratelli" caduti in battaglia e quindi nello sgomento di fronte allo spettro della prigionia. Il canto sfocia quindi nella preghiera alla «Beata Vergine delle Rose» venerata nel Santuario di Albano Sant'Alessandro a cui il protagonista era devoto. La melodia, pressoché identica a quella delle prime strofe, viene eseguita accoratamente da tutto il coro mentre, in lontananza, i cannoni continuano a rombare...

ADDIO, PADRE E MADRE, ADDIO (Anonimo)«In “Addio padre e madre, addio” troviamo il triste saluto ai genitori di un soldato che è sicuro di andare incontro ad un triste destino. Il canto si sofferma sulla descrizione dell’attacco alla baionetta e della ferita al petto subita dal soldato, che i compagni,

costretti al ritiro, lasciano ferito sul campo finché egli vede arrivare la morte per mezzo di un soldato tedesco (il “chiodo” si riferisce alla caratteristica del copricapo tedesco): descrizione molto cruda e, purtroppo, anche molto vera. Infine il canto, dopo essersi rivolto a tutte le mamme che hanno allevato i loro figli per poi vederli andare a morire in guerra, si lascia andare a una maledizione a tutti coloro che hanno voluto la guerra e, in particolare, si rivolge agli studenti (si tratta di studenti universitari) che hanno partecipato alle manifestazioni interventiste e che, quindi, ad essa erano favorevoli. La canzone fu diffusa dai cantastorie in gran parte dell'Italia settentrionale e in numerose versioni. Pare essere una delle più conosciute, ma non diffusa, fra le canzoni della prima guerra mondiale, anche se probabilmente parte del testo e la musica sono antecedenti». (Sergio Piovesan)

CANZONE DEL GRAPPA (Testo di Emilio De Bono, musica di Antonio Meneghetti)A cavallo tra le province di Vicenza, Belluno e Treviso sorge il maestoso massiccio del Grappa, una catena montuosa delle Prealpi che divide l'Altopiano di Asiago dalle Dolomiti Bellunesi. Si tratta di una serie di monti di media altezza la cui cima più alta, il

Grappa, raggiunge i 1775 metri. Ai suoi piedi, sorgono le stupende cittadine di Bassano del Grappa e Feltre. Ma più di ogni altra cosa, questa zona è famosa per essere profondamente legata alle vicende della Grande Guerra. Le sue cime, i fianchi delle singole montagne, le vallate ed i paesi, ancora oggi conservano moltissimi ricordi, tracce e testimonianze di questo avvenimento. Soprattutto, rimane ancora vivo il ricordo delle terribili battaglie che si sono combattute tra il novembre del 1917 e l'ottobre del 1918, che hanno trasformato il Monte Grappa nel "monte sacro alla Patria". La Canzone del Grappa «canzone di nostalgia e di fede, dolce e malinconica e pur fiera di profondo fervore», fu il primo nostro Canto di guerra, fu la madre di tutte le canzoni sgorgate dalle nostre trincee durante la guerra mondiale. Il testo venne scritto nel 1918 dal generale Emilio De Bono prendendo spunto da una scritta anonima apparsa sui muri di una casa della Val Cismon, allora occupata dall'esercito austriaco, che recitava appunto: "Monte Grappa tu sei la mia Patria". Il capitano Antonio Meneghetti, su sollecitazione del generale Emilio De Bono, ne scrisse la musica in mezz'ora esatta il 5 agosto 1918 presso Villa Dolfin di Rosà. Presero così corpo e vita quelle parole iniziali, scritte sui muri, che ormai erano sulle labbra di tutti i soldati italiani impegnati sul fronte di guerra contro l'esercito austro-ungarico.

ÅSES TOD [LA MORTE DI ÅSE] (Edvard Grieg)Il brano è tratto dalla Suite Peer Gynt Op. 46 n. 1 con cui il grande musicista norvegese Edvard Grieg (Bergen, 1843-1907) accompagna la scena della morte di Ase, madre del protagonista della commedia. È un pezzo triste e solenne e, come tutte le marce funebri, evoca in modo particolare sensazioni di tristezza e malinconia.

SUI MONTI SCARPAZI Sui Monti Scarpazi (storpiatura di Carpazi) narra dei giovani trentini arruolati nel 1917 dall’esercito austriaco per combattere sul fronte russo, in difesa dell’Impero asburgico. Dei numerosi giovani (classe 1899) che partirono per quelle terre remote, pochissimi fecero ritorno. «Coloro che non caddero finirono prigionieri dei russi, e un cupo silenzio e un’ansia di notizie scesero sulle province italiane di governo asburgico. Fu allora che in Trentino nacque una canzone popolare; si racconta di una sposa che parte dal paese e va a cercare il padre dei suoi figli: «Quando fui sui monti Scarpazi / miserere sentivo cantar. / T’ò cercato tra il vento e i crepazi / ma una croce soltanto ò trovà». Allora grida: «Maledetta sia sta guèra!» e vorrebbe seppellirsi in quella neve per restare vicina al suo uomo». (Mario Rigoni Stern, da “Tra due guerre e altre storie”).

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LA CAMPANA DI SAN GIUSTO (Testo di Giovanni Drovetti, Musica di Colombino Arona)Il 4 novembre 1918 segna la fine della Prima Guerra Mondiale che vede finalmente il ritorno all’Italia delle terre irredente di Trento e Trieste, città sacre alla Patria. In questi versi l'autore fissa con efficacia il tripudio di italianità, di amore e di dolore

del popolo Triestino. La campana di San Giusto è una delle campane della cattedrale di San Giusto, che si trova sulla sommità dell'omonimo colle che domina Trieste e che fu particolarmente caro agli irredentisti italiani. L'Italia prese infatti parte a questo conflitto per completare l'unità nazionale con l'annessione del Trentino-Alto Adige e della Venezia Giulia.

FRATELLI D’ITALIA - Inno Nazionale italiano Il Canto degli Italiani, conosciuto anche come Fratelli d'Italia, Inno di Mameli, Canto nazionale o Inno d'Italia, è un canto risorgimentale scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847, inno nazionale de facto della Repubblica Italiana, sancito

implicitamente dalla legge nº 222 del 23 novembre 2012, che ne prescrive l'insegnamento nelle scuole insieme agli altri simboli patri italiani.

GRUPPO FILARMONICO DI VERCANAFondato nel 1880 come “Corpo Filarmonico di Vercana” dall'organista e maestro Vanoli Lamech, accompagnò per 80 anni tutte le ricorrenze civile e religiose, liete e meno liete della comunità di Vercana e in alcune occasioni dei paesi vicini. A Vanoli Lamech, che ne assunse la direzione fin dalla sua fondazione, succedettero diversi maestri tra cui Piazzi Raimondo, Dell'era Salvatore, Martinetti Ermanno e Francesco Mancini. Nonostante le difficoltà economiche che la vita di allora imponeva e il verificarsi delle due Guerre Mondiali la banda si mantenne unita ed operante fino al 1960 quando, venuto a mancare l'apporto di forze nuove e giovani, il gruppo si sciolse. Sono dovuti passare più di 30 anni di malinconico silenzio prima che la Filarmonica di Vercana si ricostituisse. Il 22 Gennaio 1992, dopo anni di pressioni e opere di convincimento presso i suoi compaesani, Aggio Giovanni, un superstite del vecchio gruppo in cui era rimasta viva la passione per la musica e la segreta speranza di vedere un giorno risorgere la Banda, riesce a far scattare la fatidica molla e a favorire la rinascita della nuova formazione denominata "Gruppo Filarmonico di Vercana". L'entusiasmo nel paese è tanto e grazie alla buona volontà di molta gente con in testa il Presidente Tenchio Primo il gruppo si presenta ufficialmente il 20 giugno 1993: pochi gli elementi per cominciare ma con tanta voglia di fare musica diretti dal Maestro Renato Turello che accompagna gli esordienti fino al subentro dell'attuale Maestro Vola Walter, che ha assunto l'incarico della direzione nel febbraio 1998. Attualmente il Gruppo è composto da circa 30 elementi oltre ad alcuni suonatori esterni delle bande dei paesi limitrofi ed è impegnato durante tutto l’anno in servizi di vario genere, da quelli religiosi, accompagnando le processioni e le varie funzioni, agli impegni prettamente civili, oltre alle manifestazioni folkloristiche e culturali. Oltre a questo tipo di eventi durante l’anno il gruppo è impegnato al martedì sera nella preparazione dei concerti solitamente previsti per il periodo di giugno-luglio e verso la fine dell’anno.

CORO DELPHUMNato nel 1998 dall'iniziativa di alcuni appassionati di canto corale che trascorrevano insieme il periodo estivo sui monti dell'Alto Lario, il Coro «Delphum» è un coro maschile attualmente composto da circa trenta coristi. Il coro Delphum ha cantato in diverse regioni italiane e si è esibito in diversi Paesi europei (Germania, Repubblica Ceca, Romania, Francia, Irlanda e Spagna). Nel 2009 ha inciso il suo primo CD dal titolo "...Cosa importa se gho le scarpe rote? ... " e, nel 2015, ne ha pubblicato un secondo dal titolo "Amici miei". Dal 2009 rappresenta la Provincia di Lecco alla "Settimana del Canto Lombardo" una settimana di concerti in cui si propongono canti popolari delle province della Lombardia con lo scopo di mantenere viva la tradizione corale popolare. Il coro Delphum è inoltre promotore di serate ed iniziative a scopo benefico; oltre a frequentare periodicamente alcuni Istituti per disabili e Case di riposo, da diversi anni, nel periodo natalizio, promuove la prestigiosa rassegna corale «Un canto per loro» il cui ricavato viene destinato ad opere di carità, facendo così della propria passione per il canto corale un'occasione di solidarietà. Nel periodo estivo promuove la rassegna «Un canto tra amici» che, dal 2016, è divenuta un Festival corale internazionale. Il repertorio del Coro Delphum è formato da canti popolari e d'autore, canti degli Alpini e religiosi. Attuale presidente del Coro è Alessandro Cogorni mentre la direzione artistica è di Gianfranco Algarotti.

CORO CAI DONGOIl Coro del Club Alpino Italiano sezione di Dongo nasce nel 2003 dalla voglia di cantare di un gruppo di amici della locale sezione del CAI con l'intento di mantenere vivo e far apprezzare il canto popolare e di montagna: un patrimonio di poesia e di vita, espressione della nostra cultura e della nostra storia. Diretto dalla sua fondazione fino al 2006 dal M° Giacinto Stella, il Coro prosegue poi con rinnovato entusiasmo sotto la direzione del M° Ramona Goni, che con passione e sensibilità interpretativa, lo orienta verso una più definita identità canora. La caratteristica principale di questo Coro, non certo diffusa tra i tradizionali Cori Alpini, è quella di essere misto, combinazione che crea una garbata eufonia. Il repertorio è composto da canti classici di montagna, canti popolari, canti sacri e canti d'autore rielaborati o adattati dal Maestro. Consueta è la presenza del Coro nelle pubbliche manifestazioni di Dongo e dell'Alto Lano. Nel Dicembre 2013 è riconosciuto pubblicamente nella Sala d'Oro comunale dal Sindaco di Dongo, per il contributo artistico apportato al paese. Nel 2014 partecipa al Festival " Terra&Acqua" sui Navigli a Milano promosso dalla Pro Loco di Dongo per un "assaggio d'arte locale" nei "Luoghi della Bellezza" cantati e raccontati da Davide Van De Sfroos, e nell'ottobre 2015, scelto da Davide Van de Sfroos, rappresenta con orgoglio l'Alto Larlo partecipando ad EXPO Milano 2015 con un concerto davanti al Padiglione Lombardia. Il presidente attuale è la sig.ra Lauretta Porta.

VOCI NARRANTI: LINO FERRARIO, DINO CHIARONI, RENATO TURELLO

DIRETTORE GFV: M° Walter Vola - DIRETTORE CORO CAI: M° Ramona Goni - DIRETTORE CORO DELPHUM: M° Gianfranco AlgarottiTECNICO AUDIO E LUCI: Claudio Piai - SI RINGRAZIANO: Il Fornaio, Termoidraulica Stella, Impresa Edile Montini, Habeo.ARRANGIAMENTI MUSICALI: Donald Furlano - TESTI: Gabriele Gattini Bernabò e Federica Ombrato (Edizioni Scomegna srl).

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