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www.bocchescucite.org n. 214 10 LUGLIO 2015 Il quartiere di Shejaiya, alla perifiera di Gaza

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n. 214 10 LUGLIO 2015

Il quartiere di Shejaiya, alla perifiera di Gaza

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U n anno fa, come oggi, è

iniziata. Quella sera, dopo

aver rotto il digiuno del

Ramadan, ero uscito con i miei amici

e siamo andati verso il mare. Come

al solito un caffè e un narghilè e poi

fino alle due, alle tre di notte a chiac-

chierare.

Ma questa volta non era come al soli-

to. Eravamo in tre su una moto, per-

ché l'amico autista non era riuscito a

prendere la macchina a suo padre.

Nell'aria tensione e ansia per le mi-

nacce israeliane.

Eravamo ancora seduti, con la tazza

del caffè piena e un narghilè vera-

mente speciale, quando il mio cellu-

lare ha cominciato a suonare, come

impazzito. Da dentro le urla di mia

madre, che piangendo mi implorava:

“ dove sei, dimmi subito, torna a ca-

sa! Ti prego, dimmi che non sei al

mare!” io non riuscivo nemmeno a

rispondere, faceva tutto lei: chiedeva,

rispondeva e gridava. Un secondo

dopo anche un mio amico ha ricevuto

la chiamata di suo padre: “Torna a

casa subito, dimmi che non sei in

moto...”, e alla sua risposta affermati-

va, una scarica di parolacce.

È così che abbiamo capito che era

iniziata l'operazione Margine protetti-

vo.

E via in tre sulla moto. E la strada

non mi è mai parsa così lunga e la

moto tanto lenta, mentre il mio pove-

ro cellulare suonava di continuo:

chiamavano i fratelli, papà e mamma

e ovviamente la mia carissima futura

sposa ad un mese dalle nozze. E io

non rispondevo.

Avevo tanta paura, non sentivo le

gambe perché, mentre correvamo,

sentivo le bombe che cadevano dap-

pertutto.

Ho chiuso gli occhi e ripetevo il Qu-

ran ad alta voce fino che si è fermata

la moto e il mio amico mi ha detto:

“Scendi. Sei a casa tua, buonanotte.

Io non torno a casa perché mio padre

mi spacca la testa che sono uscito in

moto”.

Ho aperto la porta e sono entrato.

Dalla tv notizie a tutto volume. Tutta

la famiglia mi ha guardato e tutti si

sono meravigliati per la mia faccia

bianca dal terrore. “Bentornato a Ga-

za Mamo. Ti devi abituare caro!” ha

esclamato mio padre.

Perché questo era il primo massacro

che vivevo e che avrei testimoniato di

persona.

Infatti avevo seguito, con angoscia

immensa, ma dall'Italia, Operazione

Piombo fuso nel 2008 e Operazione

Colonna di nuvole nel 2012.

Oggi scrivo questi parole e non mi

ricordo come siamo usciti vivi da

questo macello.

Un mese dopo il massacro ho sposa-

to Orouba, la mia fidanzata da 8

anni, che oggi entra nel suo nono

mese di gravidanza.

Forse oggi o domani o tra una setti-

mana arriva il nostro principe!

Ad un anno dalla carneficina, per

dire a quelli che non sanno cosa

significa vivere nonostante tutto.

Mahmoud, detto Mamo

UNA LETTERA DA GAZA. In esclusiva per BoccheScucite il ricordo struggente dell’Operazione Margine protettivo, ad un anno dal massacro. L’autore è anche il protagonista del nuovo film in distribuzione in tutta Italia, “TOC-TOC il ritorno del principe di Gaza

“Ti devi abituare, caro!”

PER ORDINARE IL FILM TOC-TOC Il ritorno del principe

di Gaza scrivere una mail a [email protected]

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“Un grande, colpevole silenzio,

avvolge i crimini di Israele. C'è un

ordine preciso: in Italia avete mai

visto in un talk-show che si parli

di Palestina e Israele? Il governo

israeliano ordina esplicitamente al

nostro e ad altri governi, anche

solo di nominare l'occupazione e

la colonizzazione.

Oggi lanciamo questo film su

Gaza ma non potrete mai e poi

mai vederlo proposto in televisio-

In un teatro gremitissimo sono risuonate alte e forti le parole di Moni Ovadia, in occasione del primo anniversario del massacro di Gaza, denominato “Margine pritettivo”. A Venezia Pax Chri-sti con la Campagna Ponti e non muri, ha voluto ricordare in un modo del tutto particolare l'im-mane tragedia: Alla denuncia di MONI OVADIA che vi invitiamo ad ASCOLTARE, si è voluto ag-giungere un impegno concreto di tutti noi, anche tuo! Al silenzio del mondo ognuno risponda por-tando nelle scuole, biblioteche e comunità la proiezione del docu-film Toc Toc.

Moni Ovadia e il colpevole silenzio

ne. Per questo diventa necessario

diffonderlo a tappeto.

Ma Israele sta facendo male i suoi

calcoli: Loro odiano gli ebrei. Perché

se tu dici che difendi, come voglio

fare io, i valori dell'ebraismo, come

l'amore per lo straniero, l'universali-

smo, la giustizia sociale, ma difendi i

palestinesi, per loro diventi antisemita.

Di fronte al massacro di Gaza nessu-

no parla e nomina questa efferatezza.

Perché la prima cosa è usare parole

false: per esempio invece di parlare

di territori occupati li si definisce

“contesi” e si rimanda all'infinito il

dovere della giustizia e della pace!”

CLICCA QUI E ASCOLTA UNA SINTESI DELL’INTERVENTO DI MONI OVADIA: https://www.youtube.com/watch?v=HfOcfTkJQ6w

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Sentenza capovolta: si al Muro a Cremisan

S concerto e imbarazzo in tutta

la Cisgiordania, dalle strade di

Betlemme ai palazzi del Patri-

arcato Latino. A soli tre mesi dallo

storico verdetto finale con cui la Cor-

te Suprema israeliana, il 2 aprile del

2015, dopo nove anni di battaglia

legale, rinunciava al progetto del

Muro, giudicato dalla stessa Corte

come “dannoso per la popolazione

locale e i monasteri della valle” è

arrivata la doccia fredda di una deci-

sione opposta.

Un pronunciamento incredibile quel-

lo del 7 luglio che ha dato il via libe-

ra alla costruzione del Muro di

apartheid in una delle ultime aree

verdi rimaste a Betlemme.

“Siamo sorpresi per l'incredibile de-

cisione della Corte che autorizza i

lavori senza più ammettere ricorso -

commenta all’Agenzia Fides il vesco-

vo William Shomali, vicario patriar-

cale del Patriarcato latino di Gerusa-

lemme - e cerchiamo di capire le ra-

gioni di questo fatto. Il drastico cam-

biamento rispetto al pronunciamento

precedente può essere una reazione

davanti al recente riconoscimento

ufficiale dello Stato di Palestina da

parte della Santa Sede. Non c’erano

state grandi reazioni formali a quel

riconoscimento. Adesso abbiamo la

sensazione che, come in altri casi, la

risposta sia arrivata con la politica dei

fatti compiuti”.

Il vicario patriarcale per la città di

Gerusalemme avanza anche altre

considerazioni: “L’impressione è che

non si sia mai davvero rinunciato ad

appropriarsi di quei terreni di Cremi-

san, per avere un’area in cui poter

allargare gli insediamenti israeliani

di Gilo e Har Gilo, costruiti anche

essi su terre sottratte alla città pale-

stinese di Beit Jala. Questa era

l’intenzione fin dall’inizio,

l’obiettivo a cui si mirava, e a que-

sto si vuole arrivare a ogni costo”.

È evidente a tutti che impossessarsi

dell'intera Valle di Cremisan ha

l’obiettivo di allargare fino ad unire

gli insediamenti illegali di Gilo e

Har Gilo, rubando per sempre la

terra e il futuro dei dintorni di Bat-

lemme.

BoccheScucite

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Y israel Shomer dichiara di

non sapere chi ha sparato

venerdì mattina ad A-Ram, e

dubito che gli interessi. Comunque,

voglio raccontare quanto accadde

prima dell’uccisione. La jeep del

comandante Binyamin Brigata è stata

attaccata con pietre che hanno fracas-

sato il suo parabrezza mentre era su

una strada vicino alla città cisgiorda-

na. Shomer è sceso dalla jeep e, in-

sieme ai suoi valorosi soldati, ha a-

perto il fuoco con proiettili veri con-

tro i lanciatori di pietre. Il corpo della

persona uccisa è stata colpito da tre

proiettili: nella testa, nelle spalle e

nella schiena. Il colonnello ha soste-

nuto che la sua vita era in perico-

lo. L’esercito ha sostenuto di avere

seguito regolarmente le procedure

relative alla detenzione di un sospetto

(anche se tutti i proiettili hanno colpi-

to la parte superiore del corpo.)

L’inchiesta aperta sull’ incidente,

sarà, ovviamente, rapidamente chiu-

sa sia per il fatto che non è nel pub-

blico interesse proseguirla sia per

assenza di colpa. Perché? Cosa è suc-

cesso?

Il comandante ha semplicemente

trasmesso ai suoi soldati un messag-

gio che essi sanno da tempo: il desti-

no dei lanciatori di pietre palestinesi

è la morte.

Questo è lo spirito prevalente delle

Forze di difesa israeliane e del popo-

lo d’Israele. Il col. Shomer ha ucciso

Mohammad Kosba. Tredici anni fa

ho scritto di suo padre: “Sami Kosba

ora è un uomo distrutto. Mentre

racconta i dettagli della sua tragedia

… l’espressione del suo volto è di

grande dolore … Ha perso due figli

nel giro di 40 giorni … un padre in

lutto due volte”. I due fratelli soprav-

vissero circa una settimana prima di

morire nello stesso ospedale di Ra-

mallah. Prima Yasser, 10 anni, colpi-

to alla testa a distanza ravvicinata

durante una sassaiola nella West

Bank, vicino al campo profughi di

Qalandiya, dove la sua famiglia vive-

va in condizioni di povertà. Yasser è

stato colpito da soldati. Lui era in-

ciampato ed era caduto, gli hanno

sparato alla testa, secondo alcuni

testimoni, mentre era steso a terra. Il

portavoce delle Forze di Difesa Israe-

liane osò dire che era il “capo istiga-

tore”. Proprio quando il periodo di

40 giorni di lutto per Yasser stava per

finire, i soldati dell’IDF hanno ucciso

suo fratello Samer di 15 an-

ni. Lanciava pietre contro un carro

armato israeliano vicino alla sede

Muqata del presidente palestinese

Yasser Arafat a Ramallah, assediato

dalle forze israeliane e la protesta era

sorta per manifestare solidarietà ad

Arafat. Samer è stato colpito alla

testa da distanza ravvicinata, proprio

come suo fratello 40 giorni prima.

“Samer? Ancora un proietti-

le? Sempre in testa?» chiese il padre

incredulo dalla capitale giordana,

Amman, dove si trovava al momento

del secondo incidente. Gli erano ri-

masti due figli : Thamar e Moham-

mad che aveva 3 anni al momento.

Cinque anni più tardi Thamer è stato

gravemente ferito dall’ IDF.Aveva 18

anni ed è successo al supermercato

dove svolgeva il turno di not-

te. Secondo i testimoni gli hanno

sparato alla schiena senza motivo

mentre lavava il pavimento del super-

mercato con un tubo flessibile. Dopo

la sparatoria è stato arrestato dai

soldati.

Pena di morte per lancio di pietre di Gideon Levy

L’attivista israeliano Aya Kanyuk lo

ha visitato all’ospedale Hadassah di

Gerusalemme poco tempo dopo.

Lui disse che i soldati gli avevano

sparato e lo avevano picchia-

to. Giaceva in ospedale in gravi con-

d i z i o n i , a m m a n e t t a t o c o n

l’approvazione dei medici. Alpadre

non è stato permesso di fargli visita,

ma Thamer ha avuto la fortuna di

sopravvivere.

E poi c’era Mohammad che, dall’età

di tre anni, ha subito tutti questi orro-

ri. Ora i soldati lo hanno ucciso. La

vita del comandante della brigata era

in pericolo. Sono state impiegate le

procedure regolari. Le pietre uccido-

no. Terrorismo. Israele affronta

una minaccia esistenziale. Il mon-

do lo sta delegittimando .L’IDF è

l’esercito più morale del mondo.

Haaretz, 6 luglio 2015, trad. Fram-

mentivocali

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Tutti i destinatari della mail sono inseriti in copia nascosta (L. 675/96). Gli indirizzi ai

quali mandiamo la comunicazione sono selezionati e verificati, ma può succedere

che il messaggio pervenga anche a persone non interessate. VI CHIEDIAMO SCUSA

se ciò è accaduto. Se non volete più ricevere "BoccheScucite" o ulteriori messaggi

collettivi, vi preghiamo di segnalarcelo mandando un messaggio a

[email protected] con oggetto: RIMUOVI, e verrete immediatamente rimossi dalla mailing list.

iii

R icorre l’anniversario della

quarta guerra israeliana

contro Gaza, denomina-

ta Margine protettivo: dall’8 luglio al

26 agosto 2014, 50 giorni di bombar-

damenti aerei e azioni militari via

terra che hanno lasciato dietro di sé

2.200 morti (di cui un quarto bambi-

ni), 11mila feriti, 100mila rifugiati,

quasi 100mila case distrutte o grave-

mente danneggiate. Da parte israelia-

na ci sono stati 67 militari uccisi e sei

vittime civili. Secondo i dati di riferi-

mento dell’Autorità Palestinese e

dell’UNRWA, sono state colpite 101

strutture sanitarie, 18 delle quali sono

state gravemente o moderatamente

danneggiate. Lesionati il 66% di tutti

g l i o s p e d a l i d e l l a S t r i -

scia, almeno sei scuole gestite

dall'Onu (e complessivamente 137

scuole della Striscia di Gaza) e l'uni-

ca centrale elettrica di Gaza, edifici

governativi non militari. Nella notte

del 29 luglio e il 30 luglio, un attacco

israeliano ha colpito la scuola ele-

mentare di Jabaliya, gestita dall'Un-

rwa (l'agenzia Onu per i rifugiati pa-

lestinesi), causando almeno 20 morti

e decine di feriti. Stragi, crimini di

guerra, secondo Amnesty (che ac-

cusa anche Hamas per la sua par-

te): come giustificarli, rimuoverli,

negarli decisamente e vivere con

tranquilla coscienza? Semplice:

mettendo tutto sul conto di Hamas,

sia i morti israeliani sia quelli pale-

stinesi; e tutte le devastazioni e le

distruzioni e i danni di Margine

protettivo.

Il margine, lo spazio protettivo del-

la coscienza sta proprio in questa

convinzione, in questa versione ( o

torsione) dei fatti: noi israeliani

non c’entriamo, noi ci siamo sol-

tanto difesi, noi decliniamo ogni

responsabilità, è tutta colpa di Ha-

mas e dei palestinesi.

Quei pochi che in Israele osano rac-

contarla diversamente la guerra di

Gaza, come i soldati di Breaking the

Silence, nel loro rapporto – “This is

How We Fought in Gaza” – sono

considerati come traditori della pa-

tria. E ogni critica ai governanti isra-

eliani è scambiata per odio antisemi-

ta, sempre, comunque e dappertutto

(dimenticando che anche i palestinesi

sono semiti). Anche questo fa parte

del margine protettivo.

Margine protettivo delle coscienze di Luigi Fioravanti

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