1. L’organizzazione generale degli animali · che lo compongono, costituiscono complessivamente...

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Il progenitore comune di tutti gli animali era un protista coloniale. Il progenitore degli animali era probabilmente un protista flagellato unicellulare che viveva in colonie come quella che vedi nella (figura 1). In base all’ipotesi attualmente più accreditata (figura 2), all’interno delle colonie di alcuni flagellati certe cellule avrebbero assunto il ruolo di provvedere al movimento, altre alla nutrizione, altre ancora alla riproduzione e così via. Una volta messa in atto questa specializzazione funzionale, le cellule avrebbero potuto continuare a differenziarsi. Gruppi coordinati di cellule specializzate si sarebbero infine evoluti fino a dare origine ai tessuti di organismi più grandi e più complessi, come quelli che oggi chiamiamo animali. Questa differenziazione in gruppi di cellule con funzioni ben precise, che si delinea già dai primi stadi dello sviluppo embrionale, è stata certamente una chiave del successo e della enorme diversità che caratterizzano il regno animale. Figura 1. I protisti flagellati sono imparentati con gli animali. La formazione di colonie da parte di organismi unicellulari ha rappresentato una tappa importante nell’evoluzione degli organismi pluricellulari. Figura 2. Origine degli animali a partire da protozoi. Un’ipotesi di evoluzione di un protoanimale a partire da una colonia di protisti flagellati (le frecce indicano il tempo di evoluzione). La specializzazione dei tessuti è già programmata nello stadio embrionale. Gli animali sono organismi diplobionti nel senso che tutte le cellule somatiche di un animale sono diploidi e le uniche cellule aploidi sono i gameti, prodotti per meiosi all’interno delle gonadi (figura 3). Figura 3. Gli animali sono diplobionti. Il ciclo vitale di un animale (stella marina) mostra che l’organismo è diploide e le uniche cellule aploidi sono i gameti. 1. L’organizzazione generale degli animali . A tutt’oggi conosciamo oltre un milione di specie animali, sappiamo però che esistono milioni di altre specie che non sono ancora state descritte. Le somiglianze che accomunano tutti gli animali, e che li distinguono dagli altri organismi, sono sostanzialmente quattro: la pluricellularità, l’eterotrofia, la nutrizione per ingestione e la possibilità di movimento. La struttura generale di un animale, ossia la disposizione dei suoi organi e apparati, insieme alle funzioni delle singole parti che lo compongono, costituiscono complessivamente il suo piano strutturale. Sebbene i piani strutturali animali siano estremamente diversificati, essi possono essere considerati variazioni di quattro caratteristiche fondamentali: la simmetria corporea, la struttura della cavità corporea, la segmentazione del corpo e le appendici esterne che provvedono al movimento del corpo. Tutte queste caratteristiche influiscono sul modo in cui un animale si muove e interagisce con il proprio ambiente.

Transcript of 1. L’organizzazione generale degli animali · che lo compongono, costituiscono complessivamente...

Il progenitore comune di tutti gli animali era un protista coloniale.

Il progenitore degli animali era probabilmente

un protista flagellato unicellulare che viveva in colonie

come quella che vedi nella (▶figura 1). In base

all’ipotesi attualmente più accreditata (▶figura 2),

all’interno delle colonie di alcuni flagellati certe cellule

avrebbero assunto il ruolo di provvedere al movimento,

altre alla nutrizione, altre ancora alla riproduzione e

così via. Una volta messa in atto questa specializzazione

funzionale, le cellule avrebbero potuto continuare a

differenziarsi. Gruppi coordinati di cellule specializzate

si sarebbero infine evoluti fino a dare origine

ai tessuti di organismi più grandi e più complessi, come

quelli che oggi chiamiamo animali. Questa

differenziazione in gruppi di cellule con funzioni ben

precise, che si delinea già dai primi stadi dello sviluppo

embrionale, è stata certamente una chiave del successo

e della enorme diversità che caratterizzano il regno

animale.

Figura 1. I protisti flagellati sono imparentati con gli animali.

La formazione di colonie da parte di organismi unicellulari ha

rappresentato una tappa importante nell’evoluzione degli

organismi pluricellulari.

Figura 2. Origine degli animali a partire da protozoi.

Un’ipotesi di evoluzione di un protoanimale a partire da una

colonia di protisti flagellati (le frecce indicano il tempo di

evoluzione).

La specializzazione dei tessuti è già programmata nello stadio embrionale.

Gli animali sono organismi diplobionti nel senso che

tutte le cellule somatiche di un animale sono diploidi e

le uniche cellule aploidi sono i gameti, prodotti per

meiosi all’interno delle gonadi (▶figura 3).

Figura 3. Gli animali sono diplobionti.

Il ciclo vitale di un animale (stella marina) mostra che

l’organismo è diploide e le uniche cellule aploidi sono i gameti.

1. L’organizzazione generale degli animali.

A tutt’oggi conosciamo oltre un milione di specie animali, sappiamo però che esistono milioni di altre specie che non sono

ancora state descritte. Le somiglianze che accomunano tutti gli animali, e che li distinguono dagli altri organismi, sono

sostanzialmente quattro: la pluricellularità, l’eterotrofia, la nutrizione per ingestione e la possibilità di movimento.

La struttura generale di un animale, ossia la disposizione dei suoi organi e apparati, insieme alle funzioni delle singole parti

che lo compongono, costituiscono complessivamente il suo piano strutturale. Sebbene i piani strutturali animali siano

estremamente diversificati, essi possono essere considerati variazioni di quattro caratteristiche fondamentali: la simmetria

corporea, la struttura della cavità corporea, la segmentazione del corpo e le appendici esterne che provvedono al movimento

del corpo. Tutte queste caratteristiche influiscono sul modo in cui un animale si muove e interagisce con il proprio ambiente.

Nel ciclo vitale degli animali, lo zigote (ovvero il frutto

della fecondazione di una cellula uovo da parte di

uno spermatozoo) va incontro a una serie di divisioni

cellulari molto rapide che originano un embrione

pluricellulare. Questa fase dello sviluppo embrionale

prende il nome di segmentazione e grazie ad essa il

numero delle cellule aumenta ed esse diminuiscono

progressivamente le loro dimensioni. Il primissimo

stadio embrionale, di 12-32 cellule, si chiama morula. Il

secondo stadio è detto blastula e ha l’aspetto di una

piccolissima sfera composta da uno strato di cellule che

racchiude al proprio interno una cavità, il blastocele.

A questo punto comincia anche a cambiare la forma

dell’embrione, prima sostanzialmente sferica: la

blastula si trasforma infatti nella gastrula, un sacco in

cui una parte della parete si ripiega verso l’interno

(▶figura 4); l’apertura che si viene a creare si

chiama blastoporo.

La maturazione dell’embrione prosegue quindi con la

gastrulazione che comporta la formazione di tre strati

di cellule ben differenziate, i foglietti embrionali,

destinati a trasformarsi nei futuri tessuti e organi.

Figura 4. La gastrulazione.

Queste fotografie ottenute al microscopio elettronico a

scansione mostrano la gastrula di riccio di mare a due stadi

diversi, uno più precoce (A) e uno più avanzato (B) in cui le

cellule hanno iniziato a differenziarsi morfologicamente le une

dalle altre.

Per avere un’idea della corrispondenza tra foglietti

embrionali e le strutture dell’adulto, consideriamo

quello che succede nella nostra specie, nella quale, i tre

foglietti embrionali sono:

1. l’ectoderma, lo strato più esterno della gastrula,

che darà origine all’epidermide e al sistema

nervoso;

2. il mesoderma, lo strato intermedio, da cui si

formeranno i muscoli, lo scheletro, il sistema

circolatorio, i reni e l’apparato riproduttore;

3. l’endoderma, lo strato esterno, destinato a formare

il rivestimento del canale digerente e degli organi

annessi, il rivestimento interno dei polmoni e

diverse ghiandole.

In base al numero dei foglietti embrionali, gli animali si

dividono in due grandi gruppi: diblastici e triblastici.

Gli embrioni degli animali diblastici, che comprendono

animali semplici come spugne e meduse, possiedono

soltanto due strati cellulari: l’ectoderma e l’endoderma.

Gli embrioni degli animali triblastici, invece sviluppano,

oltre ad ectoderma ed endoderma, anche il foglietto

intermedio (mesoderma). Gli animali triblastici, che

costituiscono la stragrande maggioranza degli esseri

viventi, si dividono a loro volta in protostomi e

deuterosomi (▶figura 5):

Figura 5. L’albero filogenetico degli animali.

I rapporti evolutivi tra gli animali sono particolarmente utili

nell'individuare diramazioni antiche nelle linee evolutive.

Nei protostomi (termine che deriva dal greco e

significa letteralmente «prima la bocca») il

blastoporo dà origine alla bocca dell’animale,

mentre l'apertura anale si forma in un secondo

momento: i protosomi più noti sono, per esempio,

gli anellidi (lombrichi), i molluschi e gli artropodi

(come insetti e ragni).

Nei deuterostomi, al contrario, dal blastoporo si

origina precocemente l’apertura anale, mentre la

bozza compare in seguito (deuterostoma significa

«la bocca dopo»). Sono esempi di deuterostomi gli

echinodermi (stelle marine e ricci di mare) e tutti i

vertebrati.

Le parole:

Specializzazione è un termine che si usa, per esempio,

nel mondo dello studio o del lavoro. Il senso è molto

simile: anche le cellule si specializzano in base alle loro

capacità naturali (il loro patrimonio genetico) e alla loro

storia individuale («dove» e «quando» si vengono a

trovare).

Morula deriva dal latino «piccola mora», per la sua

forma che ricorda il frutto.

Gastrula in latino significa invece «piccola coppa»

e blastula deriva dal greco blastós, «germe».

Quadri di sviluppo nei protostomi e nei deuterostomi.

Nella linea dei protostomi, la segmentazione dell'uovo

fecondato avviene secondo uno schema determinato.

Anche se nel corso delle divisioni le cellule vengono

artificialmente separate, ognuna da luogo a un preciso

elemento dell'embrione, a seconda della posizione che

in origine occupava nella blastula. La segmentazione

dell'uovo fecondato dei deuterostomi è invece

indeterminata. Cellule embrionali separate dopo un

certo numero di divisioni possono ancora dar luogo a

un embrione completo.

Un'altra differenza sostanziale tra protostomi e

deuterostomi consiste nel fatto che la segmentazione di

questi ultimi è radiale: le cellule si dividono secondo un

piano parallelo oppure perpendicolare rispetto all'asse

maggiore dell'uovo fecondato. Nei protostomi,

generalmente, la segmentazione è invece spirale: il

piano di divisione è obliquo rispetto all'asse

longitudinale dell'uovo e ciò determina una disposizione

spirale delle cellule (▶figura 6):

Figura 6. Quadri di segmentazione dell’uovo.

Le cellule derivate dalle prime due divisioni dello zigote sono

indicate con colori diversi, in modo che se ne possa seguire la

posizione nelle fasi successive dello sviluppo. La segmentazione

radiale produce cellule dimensionalmente uguali, situate

direttamente l'una sull'altra. Nella segmentazione spirale il

piano di divisione (freccia rossa) è invece obliquo, e le cellule

sono disposte a spirale. La segmentazione spirale è ineguale e

produce cellule di dimensioni diverse.

L'apertura boccale dei deuterostomi si origina infine a

una certa distanza dal blastoporo, che nell'adulto

corrisponde all'apertura anale. Nel caso dei protostomi,

la bocca si forma direttamente dal blastoporo, o in una

zona a esso limitrofa.

Tessuti, organi, sistemi.

Utilizzando un microscopio, nel corpo di un animale

complesso come unvertebrato (per esempio un gatto) si

possono riconoscere oltre un centinaio di tipi di cellule

diverse. Questa straordinaria specializzazione serve a

far funzionare in modo più efficiente un organismo

pluricellulare. Nel corpo di un animale si può

riconoscere un ordine gerarchico che, partendo dalla

singola cellula, arriva a quello di organismo nel suo

complesso. Questa organizzazione gerarchica

comprende i seguenti livelli: cellula, tessuto, organo,

sistema di organi e, infine, organismo.

Un tessuto è un insieme di cellule specializzate per

svolgere una determinata attività: per esempio il

tessuto epiteliale è deputato alla funzione di

rivestimento esterno del corpo e interno degli

organi. Nei vertebrati, ad esempio, ci sono quattro

tipi di tessuti fondamentali: epiteliale,

connettivo, muscolare e nervoso. Le spugne,

tuttavia, non hanno tessuti distinti.

Un organo è una struttura composta da due o più

tessuti che nell’insieme svolgono una funzione

comune. Un esempio di organo è il cuore, che è

costituto da tutti e quattro i tipi di tessuto e che

svolge la complessa funzione di «pompa»

dell’intero sistema circolatorio. Le spugne e le

meduse fanno eccezione, dato che sono del tutto

prive di organi.

Un sistema di organi (o apparato) è l’insieme di due

o più organi che svolgono una o più funzioni

complesse e correlate. Parole usate nell’anatomia,

come sistema circolatorio o nervoso, scheletrico o

immunitario, digestivo o respiratorio, si usano

anche nel linguaggio comune, con lo stesso

significato. Per esempio, il sistema tegumentario è

formato da tutti gli organi che proteggono il nostro

corpo esternamente: la pelle e i suoi annessi

(unghie, peli, capelli).

Abbiamo accennato al fatto che alcuni animali, come le

spugne, non hanno strutture definibili come tessuti (e,

di conseguenza, organi). Altri gruppi, come le meduse,

possiedono tessuti; tuttavia essi non sono organizzati

in veri e propri organi. Altri ancora, come le planarie

(vermi piatti) hanno sistemi di organi assai semplici.

Infine, alcuni animali, come i lombrichi e i molluschi,

hanno sistemi di organi complessi e sostanzialmente

simili a quelli dei mammiferi, uomo compreso. Tutto

questo ci indica che la complessità di un organismo

(specie umana compresa) non implica necessariamente

che esso sia più «avanzato» o migliore se confrontato

con animali con meno organi o meno apparati: la

misura del successo biologico, invece, è data

semplicemente da quanto quel particolare animale è

adattato al proprio ambiente. Non si può dire, per

esempio, che una medusa non svolga in modo

eccellente il suo ruolo di animale fluttuante nel mare,

infatti è perfettamente adattato a questo ambiente da

molti milioni di anni.

La maggior parte degli animali è caratterizzata da una simmetria corporea.

La forma complessiva di un animale può essere

descritta in base alla sua simmetria. Un animale viene

definito simmetrico se può essere suddiviso in almeno

due metà simili almeno secondo un piano (sezione). Gli

animali privi di piani di simmetria vengono invece

detti asimmetrici. Sebbene alcuni organismi, come le

spugne, siano asimmetrici, la maggior parte degli

animali manifesta un qualche tipo di simmetria. Durante

il corso dell’evoluzione si è passati da una condizione in

cui vi erano molti piani di simmetria a condizioni in cui

ne sono presenti solo due o più comunemente, uno. Va

sempre ricordato che la simmetria che stiamo

esaminando è spesso solo esteriore in quanto la

disposizione degli organi interni è spesso asimmetrica.

La simmetria radiale è tipica degli animali le cui

parti del corpo sono disposte intorno a un asse

principale; il corpo di questi animali, pertanto, può

essere idealmente suddiviso in metà identiche da

ogni piano passante per l’asse principale (▶figura

7). Alcuni gruppi animali, come per esempio gli

anemoni di mare e le meduse, comprendono

prevalentemente specie caratterizzate da questo

tipo di simmetria. Molti animali caratterizzati da

simmetria radiale sono sessili (cioè sedentari),

mentre altri si muovono lentamente, ma sono in

grado si spostarsi in ogni direzione.

Figura 7. La simmetria raggiata o radiale.

In questo caso il corpo dell’animale può essere idealmente

suddiviso in due parti uguali da infiniti piani di simmetria che

passano per l’asse dell’animale.

La simmetria bilaterale è caratteristica degli animali

che si spostano in una sola direzione. Il loro corpo

può essere suddiviso in due metà speculari (destra

e sinistra) da un singolo piano che passa attraverso

la linea sagittale mediana del corpo (▶figura 8).

Questo piano attraversa il corpo dal capo,

o estremità anteriore, fino alla coda, o estremità

posteriore. La simmetria bilaterale è strettamente

correlata alla cefalizzazione, ossia alla presenza di

un capo voluminoso dove sono localizzati organi di

senso e un cervello più o meno sviluppato, che

vengono quindi a trovarsi in corrispondenza

dell’estremità anteriore dell’animale.

Figura 8. La simmetria corporea.

In questo caso il corpo dell’animale può essere idealmente

suddiviso in due parti simmetriche solo da un piano di

simmetria che viene chiamato piano sagittale mediano.

Le parole:

Cefalizzazione deriva dal greco kephalé, «testa», come

anche in cefalea, mal di testa, o nel pesce

chiamato cefalo perché dotato di un capo

particolarmente grosso.

La struttura della cavità all’interno del corpo influisce sulla mobilità dell’animale.

In base alla presenza e alla struttura di una cavità

corporea piena di liquido, gli animali possono essere

suddivisi in tre tipi: acelomati, pseudocelomati e

celomati (▶figura 9).

Figura 9. La simmetria corporea.

La struttura di tre organismi a confronto. In giallo: i tessuti

derivati dall’endoderma; in rosso: i tessuti derivati dal

mesoderma; in blu: i tessuti derivati dall’ectoderma .

Negli acelomati non esistono altre cavità oltre a quella

digerente (che è aperta), negli pseudocelomati esiste

uno pseudoceloma interposto tra mesoderma ed

endoderma, mentre nei celomati è presente una cavità

all’interno del mesoderma e circondata interamente da

esso: il celoma.

Come vedremo, la struttura della cavità corporea di un

animale influisce fortemente sulle sue modalità di

movimento; in molti animali, infatti, la cavità corporea

svolge le funzioni di scheletro idrostatico. I fluidi sono

relativamente poco comprimibili, cosicché quando i

muscoli che avvolgono la cavità corporea si

contraggono, i liquidi vengono spinti verso un’altra

parte della cavità. Se i tessuti che avvolgono la cavità

corporea sono flessibili, il liquido che fuoriesce da una

parte della cavità può provocare l’espansione di un’altra

parte del corpo. In questo modo i liquidi in movimento

possono indurre lo spostamento di specifiche porzioni

del corpo; puoi comprendere il funzionamento dello

scheletro idrostatico osservando una chiocciola uscire

dalla propria conchiglia (▶figura 10).

Figura 10. Lo scheletro idrostatico.

Questa chiocciola possiede un idroscheletro che le permette di

muoversi grazie alla contrazione dei muscoli e al conseguente

spostamento di liquidi interni.

Il corpo della maggior parte degli animali è suddiviso in segmenti specializzati.

Molti animali possiedono una struttura corporea

suddivisa in segmenti, che possono essere tutti identici

(▶figura 6A) oppure differenti per forma e funzioni

(▶figura 6B).

Questa segmentazione del corpo, chiamata anche

metamerìa, facilita la specializzazione di singole parti e

si è evoluta indipendentemente numerose volte in

diversi gruppi animali (▶figura 11).

Figura 11. In molti animali il corpo è suddiviso in segmenti.

(A) In questo anellide marino tutti i segmenti si assomigliano

(metameria omonoma). Le appendici corrispondono a semplici

setole che contengono una tossina e che forniscono protezione

all’animale. (B) La segmentazione del corpo permette

l’evoluzione di segmenti differenti tra loro. I segmenti di questo

gambero differiscono tra loro per quanto riguarda la forma, la

funzione e le appendici (metameria eteronoma).

Anche nella nostra specie si può riscontrare la

metameria, ad esempio le vertebre, le costole e i

muscoli addominali sono disposti tipicamente in modo

metamerico (▶figura 12).

Figura 12. Anche nell’uomo si riscontra metameria.

Anche nella nostra specie si può ritrovare un esempio di

metameria, nella fotografia si vedono i muscoli addominali (la

cosiddetta “tartaruga”) di un culturista che rispecchiano appunto

la ripetizione di segmenti corporei simili.

Le parole:

Celoma deriva dall’aggettivo greco kôilos, «cavo», con

un evidente richiamo al significato biologico del

termine.

Metameria deriva dal greco metá, qui con il significato

di «insieme», e mèros, «parte». Il significato è quindi

«organizzazione derivante dall’unione di più parti».

Anche nel nostro corpo se ne trovano tracce come ad

esempio le costole, le vertebre e i muscoli addominali.

Le appendici negli animali hanno principalmente funzioni motorie.

Potersi muovere con le proprie forze è importante per

molti animali, poiché permette la ricerca del cibo, la

fuga o la predazione, l’incontro con un compagno per la

riproduzione.

Le appendici che si proiettano all’esterno del corpo

aumentano enormemente le capacità dell’animale di

muoversi. I ricci e le stelle di mare possiedono

numerosi pedicelli che permettono loro di muoversi

lentamente sul substrato. Il movimento rapido, sebbene

rigidamente controllato, è enormemente aumentato

negli animali con appendici modificate a

formare arti specializzati. In due gruppi di animali, gli

artropodi e i vertebrati, la presenza di appendici

articolate costituisce uno dei fattori principali che hanno

contribuito al loro successo evolutivo.

Gli animali: eterotrofi con variazioni sul tema.

Per potersi nutrire, gli animali devono spendere energia

per muoversi fino a raggiungere la fonte di cibo o per

convogliare verso sé stessi il cibo presente nelle

vicinanze.

Gli animali capaci di spostarsi da un luogo all’altro

vengono detti mobili, mentre quelli che rimangono fissi

in un luogo vengono definiti sessili o sedentari.

Molte delle modifiche avvenute a livello del piano

strutturale degli animali influiscono sull’individuazione,

sulla cattura e sulla digestione del cibo. La necessità di

localizzare il cibo ha favorito inoltre l’evoluzione di

strutture sensoriali in grado di fornire agli animali

informazioni sull’ambiente circostante e di un sistema

nervoso capace di ricevere, elaborare e coordinare tali

informazioni.

Secondo la strategia nutritiva utilizzata, gli animali

possono essere suddivisi nelle seguenti categorie

principali: filtratori, erbivori, predatori e detritivori.

Ciascuna di queste modalità nutritive si osserva in

molti gruppi diversi di animali. Inoltre, gli individui di

alcune specie possono utilizzare più di una strategia

nutritiva; infine, alcuni animali impiegano diverse

strategie nutritive nei vari stadi del proprio ciclo vitale.

Gli animali onnivori si alimentano sia di piante sia di

altri animali (la specie umana è tipicamente onnivora).

Molti animali hanno infine una dieta variabile a seconda

del periodo del ciclo vitale, come molti

uccelli granivori (che si nutrono di semi) o frugivori (che

si nutrono di frutta) da adulti, ma che imbeccano i

pulcini con piccoli animali, come gli insetti e le loro

larve.

I filtratori catturano piccole prede

L’aria e l’acqua contengono piccoli organismi e

molecole organiche che costituiscono una potenziale

fonte alimentare per alcuni animali. Lo spostamento

dell’aria e dell’acqua consente di far confluire tali

risorse nutritive verso gli animali che sono posizionati

in un luogo adatto allo scopo.

I filtratori usano poi un dispositivo di filtrazione per

separare le particelle di cibo. Molti animali acquatici

sessili dipendono dalle correnti d’acqua che trasportano

le prede nelle loro vicinanze (▶figura 13A), come il ver-

me albero di Natale.

I filtratori mobili fanno in modo che il mezzo

contenente i nutrienti li raggiunga. Il becco serrato del

fenicottero, per esempio, filtra piccoli organismi

contenuti nell’acqua fangosa che vi viene introdotta

(▶figura 13B).

Figura 13. La nutrizione per filtrazione.

(A) Questi filtratori marini sessili si nutrono del plancton che

viene trasportato dalle correnti oceaniche. (B) I fenicotteri sono

filtratori mobili: nelle lagune e nei laghi salati, filtrano con il

becco microrganismi dall’acqua.

Gli erbivori si nutrono di piante

Gli animali che si nutrono di vegetali vengono

detti erbivori, come un bruco. Essi possiedono

tipicamente un canale digerente molto lungo e

complesso, che permette loro di digerire le varie parti

delle piante (contenenti sostanze difficili da demolire,

come per esempio la cellulosa; (▶figura 14).

Figura 14. Una singola pianta può nutrire molti erbivori diversi.

Molte specie di insetti si nutrono di una singola specie di salice,

ognuna consumando tessuti diversi.

I predatori catturano e uccidono le prede

I predatori sono dotati di caratteristiche che permettono

loro di catturare e sopraffare altri animali (detti prede).

Molti predatori vertebrati possiedono organi sensoriali

per la localizzazione delle vittime e denti o artigli affilati

per catturare e sopraffare prede anche di elevate

dimensioni (▶figura 15). Un’altra arma dei predatori è

costituita dalle tossine, come quelle contenute nel

veleno di alcuni serpenti.

Figura 15. Denti e artigli.

I denti e gli artigli di questo leone sono perfettamente adattati

alla vita da predatore.

I detritivori si cibano di materia organica

decomposta

Gli animali definiti detritivori, o saprofagi, seguono un

regime alimentare basato sul consumo di materia

organica di origine animale o vegetale in avanzato stato

di decomposizione (▶figura 16). Di solito sono

organismi di piccole dimensioni come pesci, insetti o

altri invertebrati, ma anche alcuni uccelli o mammiferi

più grandi (come gli avvoltoi o le iene) che si nutrono

prevalentemente di cadaveri.

Figura 16. Lo scarabeo stercorario.

Questi insetti detritivori si nutrono di sterco, che raccolgono per

cibarsene e per deporvi le uova, facendone palline che poi fanno

rotolare spingendole con le zampe.

I parassiti vivono sulla superficie o all’interno di

altri organismi

Gli animali che vivono sulla superficie o all’interno di un

altro organismo, definito ospite, e che ricavano i

nutrienti consumando parti di tale organismo (senza

provocarne in genere la morte) vengono detti parassiti.

Spesso i parassiti manifestano un ciclo vitale

complesso, che dipende da più ospiti.

Gli ectoparassiti vivono sulla superficie corporea del

proprio ospite: sono provvisti di un apparato digerente

e di un apparato buccale che permette loro di strappare

pezzi di tessuto dell’ospite o di succhiare i suoi fluidi

corporei. Le pulci e le zecche sono artropodi

ectoparassiti molto noti, che possono colpire anche gli

esseri umani (▶figura 17).

Figura 17. Un ectoparassita.

La zecca è un artropode ectoparassita che succhia il sangue a

vertebrati a sangue caldo, uomo compreso. Essa è pericolosa

non tanto per il danno che arreca direttamente, ma per i

microrganismi patogeni che può trasmettere.

Gli endoparassiti invece vivono all’interno del loro

ospite; molti di essi sono privi di apparato digerente,

poiché assorbono i nutrienti direttamente dall’intestino

o dai tessuti corporei dell’ospite (come il cosiddetto

«verme solitario») (▶figura 18).

Figura 18. Un endoparassita.

La Tenia saginata, una delle specie che comunemente viene

definita “verme solitario” è un endoparassita e vive all’interno

del intestino tenue dell’uomo.

I Poriferi, privi di simmetria corporea, sono gli animali più semplici.

Le spugne (phylum Porifera, dal latino «portatori di pori»)

rappresentano uno dei primi gruppi animali evolutisi dai

protisti. Le spugne sono animali sessili, che filtrano il cibo

direttamente dall'acqua che attraversa il loro corpo. Il

flusso d'acqua viene promosso dal battito dei flagelli di

cui sono provviste le cellule che tappezzano la cavità

corporea. Queste cellule, i coanociti uniche responsabili

del processo di alimentazione, sono fornite di un

collaretto, formato da ciglia modificate, che accoglie al

suo interno il flagello. Cellule di questo tipo caratterizzano

anche i protisti flagellati appartenenti all'ordine dei

coanoflagellati, e ciò lascia ipotizzare un rapporto

filogenetico tra i due gruppi. In seguito, cambiamenti del

piano organizzativo delle spugne consentirono una più

efficiente raccolta del cibo presente nell'acqua. Le spugne

sono del resto così esclusive nella loro organizzazione

interna, che molti specialisti, nell’ambito del regno

animale, le considerano un sottoregno a parte, quello dei

parazoi.

I Poriferi, anche quelli di grandi dimensioni, hanno un

piano organizzativo particolarmente semplice. Il corpo di

una spugna consiste infatti di una libera aggregazione di

cellule, organizzate attorno a un sistema di canali

acquiferi. Una spugna non dispone né di una bocca, né di

una vera e propria cavità digerente, né di muscoli, né di

sistema nervoso; non esistono cioè organi intesi nel senso

tradizionale. Una spugna è del resto un organismo così

mediocremente organizzato che se le sue cellule vengono

dissociate e filtrate, esse possono associarsi di nuovo a

formare una nuova spugna. I Poriferi sono organismi

sessili, e restano aderenti al substrato per la maggior parte

del loro ciclo vitale.

Essi si alimentano filtrando l'acqua e trattenendo al loro

interno piccoli organismi e particelle alimentari trasportati

dalla corrente (▶figura 19).

Figura 19. Le spugne sono filtratori.

Un porifero provvede a far circolare l’acqua contenente il cibo

attraverso il proprio corpo grazie al battito di flagelli collocati

sui coanociti, cellule specializzate per la nutrizione. L’acqua

penetra nella spugna attraverso piccoli pori e passa entro canali

acquiferi, dove i coanociti catturano le particelle alimentari.

Il flusso d'acqua giunge nella cavità corporea sia attraverso

pori inalanti che attraversano singole cellule epidermiche

(nelle spugne più semplici) sia attraverso pori intercellulari

(nelle spugne a organizzazione più complessa), e le

particelle alimentari vengono trattenute dai coanociti.

L'uscita dell'acqua avviene infine attraverso una o più

aperture di grandi dimensioni denominate osculi.

Tra il sottile piano epidermico costituito da cellule parietali

dette pinacociti e quello interno dei coanociti è situato uno

strato contenente amebociti, cellule capaci di movimenti

ameboidi responsabili della sia pur modesta

comunicazione fra cellule.

2. Semplici aggregazioni di individui: i Poriferi.

In questo paragrafo descriveremo il phylum dei Poriferi che comprende animali molto semplici: le spugne. Esse sono prive di

veri e propri tessuti e la maggior parte delle loro cellule mantengono un alto grado di indipendenza e sono in grado di

cambiare forma e funzione. Anche se le spugne sono spesso grandi animali pluricellulari, sono organismi con un grado di

complessità paragonabile a quello di organismi unicellulari. Le strategie di nutrizione, l’organizzazione cellulare, gli scambi

gassosi, la riproduzione e la risposta agli stimoli ambientali avvengono con modalità simili a quelle dei protozoi.

Il fatto che siano animali sessili (ancorati al substrato), la completa mancanza di movimenti e la loro crescita generalmente

asimmetrica, avevano convinto gli antichi naturalisti che le spugne fossero piante. La loro natura animale venne riconosciuta

solo nel 1765, quando venne descritta la natura della circolazione dell’acqua all’interno del loro corpo.

Nelle pareti corporee dei poriferi sono inoltre presenti

spicole, sottili strutture rigide prodotte dalle cellule stesse,

di natura silicea o calcarea. Nel caso delle spugne di

grandi dimensioni, lo scheletro di spicole può risultare

assai complesso(▶figura 20).

Figura 20. Sezione di una spugna.

Nonostante la mancanza di veri e propri tessuti, nelle spugne si

notano cellule diversificate che svolgono funzioni diverse.

Il piano organizzativo di una spugna differisce da quello di

ogni altro organismo animale. Una spugna non è infatti

organizzata in tessuti, non possiede cavità fra i diversi

piani cellulari ed è priva di piani di simmetria.

Dal punto di vista strutturale si distinguono tre forme che

vanno da quella più semplice (ascon) a quelle via, via più

complesse (sycon) e (leucon) (▶figura 21).

██ pinacociti ██ coanociti

Figura 21. Struttura macroscopica dei Poriferi.

(A) Tipo ascon; (B) tipo sycon; (C) tipo leucon. In giallo le cellule

parietali, in rosso i coanociti. 1=spongocele, 2=osculo,

3=canale radiale, 4=camera flagellata, 5=poro inalante,

6=canale inalante

Nel tipo ascon lo spongocele non è suddiviso, nel tipo

sycon, esso presenta delle concamerazioni e nel tipo

leucon una forma ancora più complessa con un sistema di

ulteriori ramificazioni.

Le spugne si presentano in una grande varietà di

dimensioni e forme. Le differenti condizioni di agitazione

dell'acqua, tipiche dei diversi ambienti marini e

dulcacquicoli, hanno probabilmente influenzato

l'evoluzione delle caratteristiche morfologiche dei poriferi,

prima fra tutte la capacità di garantirsi un continuo ricambio

d'acqua. Per tale motivo, le spugne che vivono nella zona di

marea o in quella sublitorale poco profonda, dove sono

esposte a un intenso e costante moto ondoso, hanno

forma crostosa e presentano osculi distribuiti

uniformemente sulla superficie del corpo. Molti poriferi

che vivono in acque calme possiedono invece un unico

osculo posto alla sommità del corpo: l'acqua può così

penetrare nella cavità interna attraverso i pori situati

lateralmente e uscire attraverso l'osculo superiore. Le

spugne che vivono in acque turbolente, invece, non devono

spendere molta energia per promuovere il flusso d'acqua

attraverso il loro corpo; è sufficiente che esse siano

orientate perpendicolarmente rispetto alla direzione della

corrente.

Le spugne si riproducono sia sessualmente che

asessualmente.

Per quello che riguarda la riproduzione sessuale, nella

maggior parte delle specie ogni individuo è ermafrodita e

produce sia uova che spermi. Gli spermatozoi vengono

emessi nell’acqua e le correnti li trasportano da un

individuo all'altro. La fecondazione è generalmente

interna. Dallo zigote si sviluppa un embrione che rimane

in genere protetto dal genitore dal quale riceve

nutrimento. Ad un certo punto, esso viene emesso come

larva flagellata e tale larva, dopo aver trascorso una fase di

vita libera, si fissa al substrato e subisce un processo di

metamorfosi che la porta a trasformarsi nella forma

adulta, sessile.

La riproduzione asessuale avviene invece per gemmazione,

o tramite il distacco di frammenti capaci di produrre nuovi

individui.

Alcune spugne sono interessanti per la loro capacità

rigenerative, e cioè di rifabbricare le parti lese o mancanti.

E’ sorprendente con quale facilità esse si riorganizzino e

crescano in una massa integrata anche dopo che le loro

cellule siano state dissociate e isolate.

Più di 10000 specie di poriferi sono marine, mentre

soltanto un piccolo numero sono d’acqua dolce.

Le classi dei poriferi.

Il phylum dei Poriferi viene suddiviso in tre classi:

1) Calcispongie

2) Ialospongie

3) Demospongie

Le Calcispongie vivono a bassa profondità, sono in

genere di grandezza ridotta, sono caratterizzate dalla

presenza di spicole calcaree e le spicole sono sempre

isolate e di varia forma: aghiformi, a tre assi o a quattro

assi (▶figura 22).

Figura 22. Calcispongie.

Sono dette spugne calcaree e possiedono uno scheletro formato

da carbonato di calcio (CaCO3). Nella foto: Leucilla nuttingi.

Le Ialospongie sono spugne tipiche delle acque

profonde. Sono spugne distinguibili dalle altre per la

presenza di un'impalcatura scheletrica esclusivamente

di spicole silicee a simmetria triassiale. Le spicole silicee

possono essere isolate o formare un reticolato. La

forma più comune è cilindrica con ampia cavità atriale,

munita di apertura con opercolo (▶figura 23).

Figura 23. Ialosponge.

Sono dette spugne vitree e possiedono strutture di sostegno

costituite da spicole silicee SiO2). Nella foto: Euplectella

aspergillum.

Le Demospongie (▶figura 24) comprendono le spugne

la cui impalcatura scheletrica è costituita da materiale

corneo (spongina), di spicole o di queste ultime miste a

spongina. L'organizzazione strutturale è complessa, con

molte e minute camere flagellate comunicanti con i pori

esalanti e inalanti tramite una fitta rete di canali. Il 95%

delle specie di Poriferi appartiene a questa classe che

comprende anche le ben note spugne da bagno.

Figura 24. Demospongie.

Possiedono strutture di sostegno costituite da spicole silicee

e/o fibre di una proteina detta spongina. Nella foto:

Xestospongia testudinaria.

Le parole:

Spugna è un termine di uso comune, ma la maggior

parte degli oggetti domestici che chiamiamo spugne

sono formati da materiali artificiali o da cellulosa. Solo

le «spugne naturali» hanno a che fare con gli omonimi

animali, sono infatti gli scheletri di un gruppo di

spugne.

Coanocita deriva dal greco choáne, «imbuto», e kýtos,

«cavità», inteso nel senso di cellula. I coanociti sono,

pertanto, «cellule a forma di imbuto».

Osculo deriva dal latino os, oris, «bocca», e quindi è

inteso come il diminutivo, nel senso di «boccuccia».

Questo nome deriva da un’errata interpretazione,

perché inizialmente si pensò che fosse un’apertura dalla

quale entra qualcosa, quindi una bocca.

Gli Cnidari o Celenterati sono animali a simmetria radiale dotati di una cavità gastrovascolare.

L'innovazione sostanziale del piano organizzativo degli

Cnidari è rappresentata da particolari cellule, definite

cnidociti, che contengono al loro interno strutture urticanti

definite nematocisti (▶figura 25). Queste ultime possono

essere espulse per la cattura di prede oppure a scopo

difensivo.

Figura 25. Le nematocisti costituiscono armi molto potenti.

I tentacoli di questa caravella portoghese sono provvisti di

numerose cellule specializzate contenenti strutture urticanti, le

nematocisti, che iniettano tossine nella preda.

Alcuni studiosi ipotizzano che gli cnidociti derivino dalla

simbiosi di Cnidari e Protisti. Tali cellule avrebbero

permesso ai primi cnidari di catturare prede di grandi

dimensioni e di ottenere così un rapido successo evolutivo. I

primitivi Cnidari si trasformarono infatti in un numero assai

elevato di specie, che durante il primo periodo Cambriano

costituivano probabilmente più di metà delle specie animali

esistenti. Attualmente il phylum degli Cnidari comprende

circa 10000 specie, per la maggior parte marine.

Il corpo degli Cnidari è caratterizzato dalla presenza di

tentacoli, sui quali di regola sono distribuite gli cnidociti. Vi

sono inoltre cellule epiteliali provviste di fibre muscolari

che consentono a questi animali di muoversi, ed è presente

un primitivo sistema nervoso a rete diffusa costituito da due

reti nervose che provvedono alla coordinazione delle varie

attività vitali. In alcuni casi, sono presenti fotorecettori

(per la percezione visiva) e meccanorecettori statici (per

l’equilibrio).

Gli Cnidari sono provvisti di un'apertura boccale che

immette in una cavità digerente a fondo cieco, definita

cavità gastrovascolare (o celenteron). Esiste dunque

un'unica via di comunicazione con l'esterno, che funge sia

da cavità boccale che anale. Tale apparato digerente,

unitamente alla presenza di tentacoli armati di cnidociti

attorno alla bocca, consente agli Cnidari di catturare e

inghiottire una gamma di prede assai più ampia di quella

disponibile per le spugne. Dopo che una preda è stata

catturata, essa viene infatti avviata alla bocca tramite i

tentacoli; gli cnidociti servono per paralizzare le prede e

trattenerle. Tali cellule sono fra l'altro responsabili

dell'azione urticante, talora intensa, che certe meduse o altri

cnidari possono causare anche all'uomo. In casi limite,

rappresentati dalla cosiddetta «vespa di mare» (genere

Chironex) o dalla «caravella portoghese» (Physalia), gli effetti

possono essere addirittura letali.

Variazioni di forma negli Cnidari.

La maggior parte degli Cnidari subisce una variazione della

forma del corpo e del tipo di riproduzione nel corso del

proprio ciclo vitale (▶figura 26).

3. L’evoluzione degli animali diblastici: Cnidari e Ctenofori.

In questo paragrafo prenderemo in considerazione due phyla di animali diblastici: gli Cnidari e gli Ctenofori.

Questi sono i primi animali in cui compare per la prima volta un’organizzazione di tipo tessutale, e quindi esistono veri e

propri tessuti. Si tratta di animali diblastici e quindi nell’embrione si differenziano due soli strati cellulari: l’ectoderma

(esterno) e l’endoderma (interno). Manca il mesoderma ma è presente uno strato gelatinoso, amorfo e non cellularizzato

interposto tra ectoderma ed endoderma: la mesoglea. Fanno la loro comparsa anche le cellule nervose e quelle muscolari e

una cavità digerente. La simmetria è radiale (Cnidari) oppure è bilaterale doppia (Ctenofori).

Una di queste forme è rappresentata dal polipo, individuo

caratterizzato da un corpo cilindrico, con apertura boccale

e tentacoli situati all'estremità opposta rispetto a quella che

aderisce al substrato. Un animale che vive attaccato a un

substrato e non è in grado di muoversi si definisce sessile.

La forma polipoide rappresenta lo stadio asessuale degli

Cnidari, che per gemmazione da origine ad altri individui.

La medusa, cioè la forma medusoide, corrisponde invece

alla fase sessuale e liberamente natante e mostra il tipico

aspetto a ombrello. Bocca e tentacoli sono in questo caso

situati nella faccia inferiore, rivolta verso il substrato. Le

forme medusoidi degli Cnidari producono uova e spermi,

che vengono poi liberati nell'acqua. Quando una cellula

uovo viene fecondata, essa produce una larva natante

definita planula. In seguito, la planula si fissa a un substrato

e si trasforma in un polipo.

Il piano organizzativo degli Cnidari è caratterizzato da

simmetria raggiata e da due soli foglietti embrionali. Un

foglietto intermedio si forma talora dall'ectoderma, ma in

nessun caso esso produce complessi organi interni, come

invece accade nel caso degli organismi triblastici. Sebbene

polipo e medusa siano due stadi profondamente diversi per

aspetto, essi corrispondono a uno stesso piano organizzativo.

Una medusa è infatti un polipo privo di parte basale, e

d'altra parte un polipo può essere considerato una medusa

provvista di peduncolo per ancorarsi al substrato.

La maggior parte delle differenze rilevabili tra polipo e

medusa sono dovute al differente sviluppo della mesoglea,

lo strato intermedio del corpo. La mesoglea delle forme

polipoidi è di regola sottile, mentre quella delle meduse è

notevolmente sviluppata.

Il phylum degli Cnidari viene suddiviso in tre classi:

Idrozoi, Scifozoi e Antozoi.

Figura 26. Alternanza di generazione negli Cnidari.

In molti Cnidari (ma non in tutti) sono presenti sia il polipo, che rappresenta la forma sessile e asessuata, sia la medusa che rappresenta la

forma natante e sessuata. Quest’alternanza di generazione è molto diversa da quella che si verifica nei protisti, nei funghi e nelle piante perché negli Cnidari entrambi gli individui sono dotati di un corredo cromosomico diploide (2n).

Gli Idrozoi sono Cnidari in cui prevale la forma polipoide.

Nella classe degli idrozoi, unico gruppo del phylum

comprendente specie dulcacquicole, la forma polipoide di

regola prevale nel ciclo vitale degli individui. Soltanto un

numero esiguo di specie risulta rappresentata da polipi

solitari, come Hydra, una specie comune negli stagni e

nelle pozze d’acqua (▶figura 27).

Figura 27. Hydra viridis, un polipo solitario.

Questo polipetto lungo pochi millimetri e diffuso nelle acque

dolci di tutto il mondo è un organismo utilizzato in molti studi

sulla rigenerazione. Esso, è infatti in grado di rigenerare

velocemente le parti perdute.

Nella maggior parte delle specie di Idrozoi, i polipi sono

invece coloniali. Da una singola planula derivano infatti

numerosi polipi che si organizzano a formare una colonia

e condividono la stessa cavità gastrovascolare (▶figura 28).

Figura 28. Obelia, una specie coloniale.

Questa specie di Idrozoi è coloniale e presenta individui

diversificati.

Fra gli individui di una colonia esistono spesso marcate

differenze morfofunzionali. Alcuni individui sono provvisti di

tentacoli con nematocisti e sono in grado di procurare cibo

per tutti i componenti della colonia. Altri individui sono

invece privi di tentacoli, ma specializzati nel produrre le

forme medusoidi del ciclo. Altri individui ancora

possiedono particolari appendici digitiformi e sono

devoluti alla difesa della colonia. Tutti gli individui, se pur

diversi, derivano comunque da un singolo polipo

fondatore originatosi da una planula.

I sifonofori (▶figura 29) sono Idrozoi planctonici nei quali la

forma polipoide e quella medusoide coesistono, dando

spesso origine a complesse colonie polimorfe. Alcuni

individui medusoidi sono ad esempio modificati per

contenere gas e favorire il galleggiamento, altri per

promuovere il movimento a propulsione della colonia, altri

ancora per assicurarne la difesa . Vi sono infine individui

specializzati per la funzione nutritiva e per quella

riproduttiva. Tutti i sifonofori sono carnivori, si nutrono

cioè di altri organismi animali che catturano mediante la

scarica delle loro nematocisti ad azione urticante.

Figura 29. La caravella portoghese.

La Physalia physalis, il cui nome comune è caravella portoghese,

è un sifonoforo. Viene spesso confusa con una medusa,

sebbene sia una colonia costituita da 4 diversi tipi

di individui reciprocamente dipendenti per la sopravvivenza. Il

contatto con i suoi tentacoli può provocare la paralisi e persino

l’arresto cardiaco in un uomo.

Turritopsis nutricula, comunemente nota come medusa

immortale è un Idrozoo in grado di tornare allo stato

di polipo dopo aver raggiunto la fase di medusa adulta.

A differenza delle altre specie di meduse che hanno

una durata di vita relativamente fissa, questa medusa è

l’unica ad aver sviluppato la capacità di ritornare ad uno

stato di polipo, attraverso un processo di

transdifferenziazione mediante il quale, alcune cellule

subiscono una sorta di regressione ad una

fase totipotente, dalla quale poi possono moltiplicarsi e

differenziarsi in cellule diverse. Questa capacità di

invertire il ciclo vitale (in risposta a condizioni avverse)

è probabilmente unica nel regno animale, e consente

alla medusa di aggirare, o perlomeno ritardare, la morte

rendendo T. nutricula potenzialmente immortale.

Gli Scifozoi sono cnidari in cui prevale la forma medusoide.

Tutte le varie centinaia di specie appartenenti alla classe

degli Scifozoi sono marine e alcune annoverano individui

di dimensioni superiori ai cinquanta centimetri. Lo strato

di mesoglea risulta in questo caso particolarmente spesso

e compatto e conferisce alle meduse il loro tipico aspetto.

Esse hanno complessivamente la forma di una coppa

capovolta (ombrella), al di sotto della quale sono situati i

tentacoli provvisti di nematocisti. Il movimento è reso

possibile dalla contrazione delle fibre muscolari disposte ai

bordi dell'ombrella, le quali favoriscono l'espulsione

dell'acqua dalla cavità gastrovascolare. Quando i muscoli

si rilasciano, l'ombrella torna a espandersi e a riempirsi di

acqua. Il cibo catturato mediante i tentacoli viene avviato

alla bocca, e da qui nella cavità digerente. Quest'ultima è

suddivisa in quattro camere gastriche, al cui interno

avviene la digestione a opera di particolari enzimi. Alcune

meduse appartenenti alla classe degli Scifozoi sono molto

comuni nei nostri mari (▶figure 30, 31, 32, 33).

Figura 30. La medusa quadrifoglio.

Aurelia aurita è una delle meduse più note e diffuse. L’ ombrello

è diafano e trasparente e presenta 4 strutture circolari,

le gonadi, che formano una struttura a forma di quadrifoglio.

Possiede corti e sottili tentacoli urticanti e 4 braccia più spesse

che dipartono dal centro dell'ombrello.

Figura 31. La medusa luminosa.

Pelagia noctiluca presenta il fenomeno della bioluminescenza ed

è comune nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico. Se

viene sfiorata, provoca dolorose irritazioni. È pelagica, ma nel

periodo autunnale e primaverile si avvicina alla costa.

Figura 32. Polmone di mare.

Rhizostoma pulmo, il polmone di mare.

Figura 33. Cassiopea.

Cotylorhiza tubercolata detta Cassiopea.

Il ciclo biologico degli Scifozoi è caratterizzato dalla forma

medusoide anziché da quella polipoide. Gli organi sessuali

(gonadi) si sviluppano nei tessuti gastrodermali in

prossimità delle camere gastriche e ogni individuo

medusoide produce sia uova che spermi che vengono poi

liberati in mare aperto. Dalle uova fecondate si forma una

planula ciliata, che si fissa a un substrato e si trasforma in un

piccolo polipo. L'individuo polipoide inizia ad alimentarsi e ad

accrescersi e può formare altri polipi per gemmazione. Dopo

un certo periodo di crescita, il polipo comincia a produrre

piccoli individui medusoidi mediante un processo ripetuto

di divisione trasversa del corpo di forma colonnare, definito

strobilazione. I nuovi individui così formatisi si accrescono e

si trasformano in meduse adulte. In definitiva, il polipo che

si origina da un singolo uovo fecondato è in grado di

produrre numerosi individui medusoidi identici

geneticamente, che in seguito effettueranno il processo di

riproduzione sessuale.

Tra gli Scifozoi vengono spesso incluse anche le cubomeduse

le cui meduse sono dotate di ombrello cuboidale e 4

tentacoli. Per la maggior parte sono meduse tropicali di

piccole dimensioni, ma molto velenose come le cosiddette

“vespe di mare”.

Gli Antozoi sono cnidari in cui manca la forma medusoide.

Le circa 6000 specie di anemoni di mare e coralli

costituiscono la classe degli Antozoi. Gli appartenenti a

questa classe differiscono da tutti gli altri Cnidari per la

totale assenza dello stadio medusoide dal loro ciclo

biologico, e per il fatto che i gameti (uova e spermi)

vengono prodotti da individui polipoidi. Dalle uova

fecondate si sviluppa una planula che si trasforma

direttamente in un polipo. Molte specie di Antozoi possono

inoltre riprodursi asessualmente per gemmazione o per

scissione. Al pari di tutti gli altri Cnidari, anche gli Antozoi

sono carnivori, e catturano le prede mediante la scarica

delle nematocisti situate sui tentacoli. La cavità digerente

degli Antozoi è invece più complessa di quella degli altri

Cnidari e risulta suddivisa da numerosi setti (mesenteri) in

varie concamerazioni che ne aumentano la superficie. La

maggiore presenza di enzimi digestivi aumenta così

l'assorbimento delle sostanze nutritive.

Gli anemoni di mare (▶figure 34, 35) sono Antozoi

solitari privi di strutture protettive rigide, diffusi sia nei

mari freddi che caldi. La maggior parte delle specie sono

sessili, vivono cioè aderenti a un substrato, ma alcune sono

capaci di piccoli spostamenti dopo che la loro porzione

basale (disco pedale) si è staccata dal substrato. Altre

specie, infine, possono compiere brevi spostamenti

nuotando.

Figura 34. Antozoi solitari.

Actinia equina, (pomodoro di mare).

Figura 35. Antozoi solitari.

Anemonia sulcata (capelli di venere).

I coralli (▶figure 36, 37) sono di regola organismi sessili e

coloniali. Ogni polipo della colonia secerne una matrice

organica sulla quale si deposita in molti casi uno scheletro di

carbonato di calcio. La struttura calcarea delle madrepore

ha una forma peculiare per ogni specie, e conferisce alle

colonie forme diversissime, come del resto indicano le

denominazioni attribuite alle varie specie: madrepore a

corna d'alce, a cervello, a ventaglio, a canne d'organo e

altre ancora. Man mano che una colonia cresce, gli individui

più vecchi muoiono e sui loro scheletri calcarei crescono i

nuovi individui. Le barriere coralline formate dallo scheletro

calcareo degli Antozoi coloniali si sviluppano soprattutto in

condizioni di acque limpide e calde. Esse sono

particolarmente abbondanti nell'oceano Indo-Pacifico, dove

formano strutture talora imponenti a forma di anello (atolli)

o nastro (barriere) (▶figure 38 e 39).

Figura 36 Antozoi coloniali.

Corallium rubrum (corallo rosso), una specie coloniale.

Figura 37. Antozoi coloniali.

Molte specie di Antozoi costituiscono le barriere coralline.

La Grande Barriera Corallina che fiancheggia le coste nord-

orientali dell'Australia è lunga oltre 2000 km e larga più di

150 km. Una barriera corallina lunga centinaia di miglia è

inoltre presente nel Mar Rosso ed è stato stimato che essa

contenga più materiale calcareo di quello che forma gli

edifici delle maggiori città del Nord America.

Abbiamo detto che le barriere coralline si sviluppano nelle

acque calde e limpide dei mari tropicali, notoriamente

povere di sostanze nutritive. Per lungo tempo gli scienziati

si sono dunque chiesti come i polipi di tali colonie

riuscissero a catturare zooplancton sufficiente per crescere

con tanta rapidità. La risposta è venuta dalla scoperta che

nei tessuti dei coralli sono presenti organismi simbionti

rappresentati da dinoflagellati altamente specializzati. Si

tratta di organismi fotosintetici, che forniscono ai loro

ospiti carboidrati e favoriscono la deposizione del

carbonato di calcio per lo scheletro delle colonie.

L'esistenza di questa simbiosi tra dinoflagellati e

madreporari spiega fra l'altro perché le formazioni coralline

siano presenti unicamente a una profondità limitata, dove

arriva abbondante la radiazione solare. In queste

condizioni i dinoflagellati possono infatti effettuare la

fotosintesi rimanendo protetti dai predatori all'interno

dello scheletro dei coralli.

Figura 38. Barriere coralline.

Distribuzione geografica delle barriere coralline.

Figura 39. Un atollo.

Un atollo (isola corallina).

Le ragioni del successo evolutivo degli Cnidari.

Gli Cnidari divennero gli organismi marini predominanti

durante il Cambriano, 600 milioni di anni fa, e tutt'oggi essi

rappresentano un'importante componente delle comunità

marine. La ragione del loro successo evolutivo va

essenzialmente attribuita al peculiare piano organizzativo,

che associa un tasso metabolico poco elevato con la

capacità di catturare prede relativamente grandi. La massa

corporea delle meduse e di molti polipi è essenzialmente

dovuta al grande sviluppo della mesoglea. Da ciò deriva

che anche Cnidari di grandi dimensioni come gli anemoni

di mare necessitano di modeste quantità di sostanze

nutritive, e possono digiunare per settimane o addirittura

mesi. La presenza delle nematocisti consente inoltre agli

cnidari di catturare anche prede notevolmente più attive e

strutturalmente più complesse rispetto a loro stessi. Altri

Cnidari, come ad esempio le madrepore e i coralli, possono

inoltre nutrirsi di microrganismi e sopravvivere anche in

acque povere di plancton grazie alla simbiosi con i

dinoflagellati. Tutte queste caratteristiche hanno in

definitiva consentito agli cnidari di colonizzare anche

habitat dove le prede non sono sufficienti ad assicurare la

sopravvivenza di organismi con maggiori esigenze

metaboliche.

Le parole:

Cnidàrio deriva dal greco kníde, «ortica», il che rende

bene l’idea dell’azione urticante delle nematocisti.

Il suffisso -zoo (pl. zoi) deriva dal greco zôion, «essere

vivente», inteso come «animale».

Per gli cnidari si trova associato a:

hýdor, «acqua», con allusione al fatto che

gli idrozoi sono fatti per oltre il 90% di acqua;

skýphos, «tazza», per la forma degli scifozoi;

ánthos, «fiore», perché gli antozoi sembrano più piante

fiorite che animali.

Gli Ctenofori sono animali diblastici dal corpo gelatinoso.

Gli Ctenofori sono un phylum di organismi diblastici,

marini, caratterizzati da un corpo gelatinoso e

trasparente provvisto di file di ciglia disposte a pettine

(ctenofori = portatori di pettini). Il piano organizzativo di

ctenofori e cnidari può risultare in apparenza simile, ma

tra i due gruppi esistono in realtà sostanziali differenze.

Come gli Cnidari, essi possiedono due strati cellulari

separati da una spessa mesoglea di consistenza

gelatinosa e spesso tentacoli per la cattura delle prede.

Mentre gli Cnidari hanno però molti piani di simmetria che

passano per l’asse dell’animale (simmetria radiale), gli

Ctenofori ne hanno solo due (simmetria biradiale).

Mentre negli Cnidari esiste sia la forma sessile (polipo)

che quella natante (medusa), negli Ctenofori esiste solo la

forma natante.

Gli Ctenofori hanno inoltre una cavità digerente che si

apre all’esterno mediante due pori anali situati dalla

parte opposta alla bocca; l'alimento si muove dunque in

una precisa direzione attraverso l'intestino.

Gli Ctenofori possiedono otto file di ciglia, definite pettini,

responsabili del movimento degli animali.

I tentacoli degli Ctenofori sono solidi e privi di nematocisti,

ma sono coperti da colloblasti, cellule dotate di una

superficie collosa che aderisce a piccole particelle che

servono da nutrimento. I tentacoli possono inoltre essere

retratti e portati alla bocca. In alcune specie, l'intera

superficie del corpo è ricoperta di muco con proprietà

adesive per la cattura delle prede. Tutte le oltre 100

specie di Ctenofori sono infatti organismi carnivori.

A differenza degli Cnidari, gli Ctenofori non possono

catturare prede di dimensioni uguali o superiori a loro

stessi. I loro tentacoli vischiosi possono tuttavia raccogliere

grandi quantità di piccoli organismi planctonici. Gli

Ctenofori hanno un tasso metabolico relativamente basso,

dal momento che, al pari degli cnidari, sono

essenzialmente formati da mesoglea inerte. Come gli

Cnidari, anche gli Ctenofori possono dunque svolgere con

successo il ruolo di predatori in mare aperto, dove la

presenza di prede è spesso assai scarsa.

Il ciclo vitale degli Ctenofori è semplice. Dalle gonadi

localizzate nella parete della cavità gastrovascolare i gameti

vengono liberati all'interno della cavità stessa e in seguito

emessi all'esterno attraverso la bocca o i pori anali. Il

processo di fecondazione avviene dunque in mare aperto.

In quasi tutte le specie, dalle uova fecondate si sviluppa

direttamente un organismo simile per aspetto all'adulto

(sviluppo diretto); stadio che tuttavia verrà raggiunto

gradualmente in seguito al progressivo accrescimento

dell'individuo.

Alcuni Ctenofori sono rappresentati nelle (▶figure 40, 41

e 42).

Figura 40. Ctenofori.

Pleurobrachia, uno ctenoforo dotato di tentacoli.

Figura 41. Ctenofori.

Beroe, uno ctenoforo privo di tentacoli e dal corpo globoso.

Figura 42. Ctenofori.

Cestum veneris, uno ctenoforo, privo di tentacoli e dal corpo

schiacciato che gli fa assumere l’aspetto di una cintura.

Le parole:

Ctenoforo deriva dal greco ktenís, «pettine», e foro,

«porto», con il significato di portatori di pettini.

La maggior parte degli animali possiede una cavità corporea.

Dopo la comparsa degli animali diblastici a simmetria

radiale, si è evoluto un terzo foglietto embrionale: il

mesoderma. Questo carattere si trova nei due grandi

gruppi di animali triblastici, i protosomi e i

deuterostomi. Come abbiamo già detto, il termine

protostomi significa letteralmente «prima la bocca» e fa

riferimento al fatto che nella maggior parte dei

protostomi la bocca dell’animale si sviluppa

dal blastoporo embrionale, mentre nei deuterostomi

ilblastoporo dà origine all’apertura anale del canale

gastrointestinale.

I protostomi sono estremamente diversificati, ma hanno

tutti simmetria bilaterale e un corpo caratterizzato da

un cervello (o encefalo) anteriore, che avvolge l’apertura

del canale digerente, e un sistema nervoso ventrale,

formato da cordoni nervosi longitudinali appaiati o fusi.

La comparsa di una cavità corporea interna piena di

liquido è stata una tappa significativa nella storia

evolutiva degli animali; in base a tale caratteristica, essi

possono essere suddivisi in acelomati, pseudocelomati

e celomati (▶figura 43):

gli acelomati, come i platelminti (vermi piatti), sono

privi di una cavità corporea ben delimitata. In

questi animali lo spazio tra l’intestino e la parete

corporea muscolare è occupato da un ammasso di

cellule complessivamente note come mesenchima .

Questi animali si muovono tipicamente per mezzo

del battito di ciglia.

gli pseudocelomati, come i nematodi (vermi

cilindrici), possiedono una cavità corporea

detta pseudoceloma contenente un liquido nel

quale sono sospesi molti organi interni.

i celomati, tra cui i lombrichi (vermi segmentati),

sono provvisti di celoma, ossia di una cavità

corporea rivestita da una membrana

chiamata peritoneo che avvolge anche gli organi

interni.

Gli animali celomati hanno un migliore controllo sul

movimento dei liquidi all’interno della cavità corporea

rispetto agli pseudocelomati.

Sebbene la funzione idrostatica del celoma sia

importante, la maggior parte degli animali ha sviluppato

anche uno scheletro rigido che fornisce protezione e

facilita i movimenti: come vedremo, i muscoli si

inseriscono su queste strutture, che possono essere

collocate all’interno del corpo dell’animale oppure sulla

sua superficie esterna (sotto forma di guscio o di

cuticola).

Figura 43. Le cavità corporee degli animali.

(A) Gli animali acelomati non presentano cavità corporee chiuse.

(B) Gli animali pseudocelomati sono caratterizzati da una cavità

corporea chiamata pseudoceloma. (C) Gli animali celomati

possiedono una cavità corporea (celoma) rivestita dal peritoneo,

che avvolge gli organi interni.

Le parole:

Elminta deriva da hélmins, hèlminthos, che in greco

significa «verme». Il termine ricorre nel nome scientifico

di vari gruppi, come i platelminti (da platýs, «piatto»).

Verme in biologia non è una categoria sistematica ma è

solo un termine che viene usato per indicare in modo

generico un organismo dal corpo allungato, privo di

scheletro rigido e di arti, come ad esempio platelminti,

nemertini, nematodi e anellidi. Nel linguaggio comune, i

«vermi» sono di solito i lombrichi e le larve di alcuni tipi

di insetti, il cui aspetto è senz’altro vermiforme ma la

cui biologia è del tutto diversa.

I turbellari, provvisti di ciglia, nell’acqua

generano turbella, dal latino «moti disordinati».

I trematodi possiedono ventose per aderire ai loro

ospiti (trematódes, dal greco «dotati di fori, ventose»).

I cestodi infine sono nastriformi (cestus in latino

significa cinto.

4. La comparsa del mesoderma e della simmetria bilaterale: Platelminti e Nemertini.

Questo paragrafo si occupa di due phyla di animali triblastici a simmetria bilaterale che manifestano un’ampia varietà di

dimensioni e di forme. I Platelminti (vermi piatti) sono animali relativamente semplici, provvisti di un tubo digerente a fondo

cieco e privi di sistema di trasporto interno. I Nemertini (vermi a nastro) presentano caratteristiche simili ai platelminti, ma

anche due grosse novità evolutive: la presenza di un tubo digerente completo e di un sistema di trasporto interno.

Platelminti: gli animali a simmetria bilaterale più semplici e privi di celoma.

I Platelminti, definiti anche vermi piatti, rappresentano un

phylum di organismi evolutisi da masse appiattite di

cellule. I Platelminti sono animali triblastici, caratterizzati da

simmetria bilaterale e dal corpo appiattito in senso

dorsoventrale. La loro organizzazione interna è assai più

complessa di quella di Cnidari e Ctenofori (▶figura 44).

Essi, tuttavia, non possiedono cavità del corpo, e sono privi

sia di apparato circolatorio che di strutture per il trasporto

di ossigeno. Un simile piano organizzativo comporta che ogni

cellula sia localizzata vicino alla superficie del corpo, in

modo da ricevere direttamente dall'esterno sufficiente

ossigeno e alimento; un'esigenza che viene adeguatamente

soddisfatta da una forma appiattita del corpo.

Figura 44. I platelminti possono condurre vita libera o essere

parassiti.

(A) Questo animale vive nell’apparato digerente dei ricci di

mare. Il disegno mostra la struttura anatomica dei platelminti

parassiti: poiché l’ospite fornisce loro tutti i nutrienti necessari,

non necessitano di organi digestivi, e gran parte del corpo è

occupato dagli organi riproduttivi. (B) Alcune specie di

platelminti, come questo verme marino del Pacifico, conducono

vita libera.

Le forme a vita libera strisciano sul substrato grazie

all’azione della muscolatura e alla presenza di un’ampia

superficie marginale provvista di ciglia.

Quando esiste, il canale digerente dei vermi piatti consiste

di una bocca che comunica con una cavità a fondo cieco e

si tratta pertanto di una cavità gastrovascolare. In molti

casi, tuttavia, tale sacco (intestino) è notevolmente

ramificato e ciò determina un aumento di superficie utile

per l'assorbimento delle sostanze alimentari.

Il sistema nervoso è più centralizzato rispetto a quello

degli Cnidari ed è di tipo cordonale: sono presenti due

cordoni nervosi longitudinali, uno a destra e uno a sinistra

connessi tra loro da delle commessure e nell’estremità

cefalica sono presenti dei gangli nervosi che contengono i

corpi cellulari dei neuroni (▶figura 45).

Figura 45. I platelminti presentano un sistema nervoso di tipo

cordonale e una cavità gastrovascolare.

In questa figura si evidenziano il sistema nervoso cordonale con

due cordoni nervosi e i gangli cefalici e la cavità digerente molto

ramificata.

Sono presenti i protonefridi (in greco, piccoli reni

primordiali) che hanno soprattutto una funzione

osmoregolatrice importante per le specie che vivono in

acque dolci e che devono eliminare l’eccesso di acqua che

tende a d entrare nel corpo per osmosi. I protonefridi sono

tubuli che dalla superficie corporea si addentrano

all’interno del corpo ramificandosi e terminando con delle

cellule dotate di un ciuffo di ciglia, dette cellule a fiamma. I

protonefridi sembra che oltre a eliminare l’acqua in

eccesso, abbiano anche la capacità di eliminare le scorie

metaboliche azotate e quindi possono essere considerati

organi escretori (▶figura 46).

Figura 46. I platelminti presentano un sistema escretore.

In questa figura si evidenzia il sistema escretore costituito dai

protonefridi.

Il phylum dei Platelminti viene suddiviso in tre classi:

Turbellari, Trematodi e Cestodi.

Turbellari: Platelminti a vita libera.

Sono considerati tra gli attuali vermi piatti, quelli più simili

alle forme primitive. Si tratta per lo più di piccoli organismi

marini o di acqua dolce, oltre a poche specie che vivono

sulla terraferma, in ambienti umidi. I più semplici

turbellari marini sono privi di cavità digerente, di organi

escretori e di veri e propri organi riproduttori. Le più

comuni specie di vermi piatti sono comunque

rappresentate dalle forme dulcacquicole appartenenti al

genere Dugesia, meglio conosciute con il nome di planarie

(▶figura 47 e 48).

Figura 47. I turbellari comprendono le planarie.

Dugesia, una planaria d’acqua dolce, molto diffusa.

Esse possiedono un'estremità cefalica provvista di un

organo chemiorecettore, di due occhi molto semplici

definiti ocelli, e di un rudimentale cervello formato da un

ispessimento del cordone nervoso longitudinale. Tutti i

vermi piatti attualmente viventi si nutrono di sostanze

animali; alcuni come predatori, altri come parassiti, altri

ancora come detritivori. I primitivi vermi piatti potrebbero

invece essere stati erbivori, adattatisi secondariamente a

una dieta formata da piccoli animali raccolti sullo strato

algale. Alcuni, infine, si sarebbero specializzati per vivere

parassiti sopra o all'interno di animali più grandi.

Figura 48. La faringe delle planarie è estroflettibile.

In questa figura si evidenzia la faringe estroflettibile con

l’apertura boccale alla sua estremità.

Le planarie sono dotate di capacità rigenerative veramente

straordinarie: se il corpo viene tagliato in due parti con

una sezione trasversale, ogni parte rigenera quella

mancante; se vengono effettuati molti tagli trasversali,

ogni parte ottenuta rigenera il capo dalla parte anteriore e

una coda dalla parte opposta; se viene effettuato un taglio

longitudinale che passa per il piano sagittale mediano a

livello del capo, si ottiene una planaria a due teste!

(▶figura 49)

Figura 49. La rigenerazione nelle planarie.

In questa figura si mostra l’estesa capacità rigenerativa nella

planaria.

Queste estese capacità rigenerative vengono utilizzate per

compiere la riproduzione asessuata che avviene per

frammentazione del corpo.

Le planarie si riproducono anche mediante riproduzione

sessuata e presentano ermafroditismo insufficiente, nel

senso che non possono praticare l’autofecondazione.

Durante la stagione riproduttiva, gran parte del loro corpo

è occupato dai testicoli, dalle vie spermatiche, dalle ovaie

e dagli ovidotti che trasportano i gameti all’esterno del

corpo.

Sebbene i primitivi vermi piatti fossero organismi a vita

libera, in seguito il loro piano organizzativo si è

specializzato anche per la vita parassita, che garantisce

l'assunzione di sostanze nutritive a spese di un ospite

con minimo dispendio di energia. Un'ipotesi plausibile circa

l'evoluzione delle strategie alimentari dei vermi piatti è che

essi siano gradualmente passati da una dieta a base di

organismi in decomposizione a una composta da

organismi morenti e infine da organismi viventi.

Attualmente, le più diffuse forme parassite sono

rappresentate dai Trematodi e dai Cestodi. Si tratta di

organismi che vivono nel corpo dei vertebrati, e che nel

caso dell'uomo possono causare gravi danni.

Trematodi: Platelminti parassiti.

I Trematodi sono tutti parassiti e da adulti sono quasi

tutti endoparassiti di vertebrati. Hanno comunemente

forma ovale più o meno allungata e dimensioni in

genere piccole: la loro lunghezza può infatti variare da

una frazione di millimetro fino a 10 mm. Alcune specie

possono però giungere anche a 2 cm di lunghezza.

Sono muniti di ventose e presentano vari stadi larvali. Il

termine Trematodi deriva dal greco "trema", che vuol

dire "foro", in quanto le ventose furono erroneamente

interpretate quali fori.

I Trematodi annoverano le fascìole (▶figura 50),

parassiti che infestano il fegato. Le fasciole conducono

esistenze complesse con molti stadi asessuati e con due

o più ospiti (tipicamente tre, talvolta due o quattro).

Due ospiti intermedi, che ospitano stadi larvali o

giovanili, possono essere invertebrati o vertebrati;

l’ospite definitivo, che ospita lo stadio sessualmente

maturo, è quasi sempre un vertebrato (▶figura 51).

Figura 50. La fasciola epatica.

Fasciola hepatica, un parassita che infesta il fegato di molti

animali, uomo compreso.

Figura 51. Ciclo vitale della fasciola epatica.

Il ciclo vitale della Fasciola hepatica è molto complesso. Il

parassita viene trasmesso da una chiocciola d’acqua dolce, la

Lymnea.

Tra i Trematodi sono compresi anche gli schistosomi,

ossia le fasciole del sangue, che causano nell’uomo una

grave parassitosi, la schistosomiasi (▶figura 52).

Figura 52. Schistosoma.

Schistosoma japonicum un parassita che causa la

schistosomiasi. La parassitosi che può colpire l’uomo ha forme

acute e croniche diverse a seconda delle specie in causa e degli

organi o tessuti coinvolti.

Esse affliggono circa 250 milioni di persone, per la

maggior parte in Asia e in Africa tropicali e subtropicali,

e nell’America meridionale nord-orientale. Tra le

malattie di origine parassitaria che affliggono l’uomo, la

schistosomiasi è oggi un problema sanitario mondiale,

secondo solo alla malaria.. le vittime raramente

vengono uccise subito, più spesso vengono debilitate

da anni di disagi e perdita di energia, e le loro vite

finiscono con l’essere abbreviate da malattie

secondarie. Il controllo della parassitosi, trattando le

vittime con farmaci risulta soddisfacente ma non per le

persone che sono regolarmente esposte alla re

infestazione. Vaccini efficaci non sono stati ancora

sviluppati. L’eliminazione delle feci e urine umane e

l’educazione sanitaria alla popolazione sono molto

importanti. Inoltre, è importante controllare le

chiocciole non usando veleni ma rendendo loro

l’ambiente inospitale (▶figura 53).

Figura 53. Ciclo vitale di Schistosoma.

Il ciclo di Schistosoma è più semplice di quello della Fasciola.

Cestodi: Platelminti parassiti.

I Cestodi, infine, anch’essi parassiti soprattutto di

erbivori, includono le tenie (comunemente definite

«vermi solitari» che infestano vari mammiferi e gli esseri

umani. I cestodi sono endoparassiti specializzati privi di

apparato digerente e possono raggiungere lunghezze

fino a 10-15 metri. Il loro corpo allungato e nastriforme

consta di 3 parti caratteristiche (▶figura 54):

Scolice,(erroneamente chiamato “testa”) dotato di

ventose e/o uncini per l'adesione alla parete intestinale

dell'ospite;

Collo, la zona di accrescimento dell'animale;

Strobila, il tratto più o meno lungo costituito da

proglottidi prodotte dal collo e spinte lontano da esso

tramite la formazione di nuove proglottidi. Quest'ultime

contengono l'apparato riproduttore e consentono la

riproduzione sessuale che, in questi parassiti, è

imponente per il numero di uova fecondate prodotte.

Figura 54. La tenia (verme solitario).

In alto: scolice di Tenia solium, definita tenia armata perché

dotata di uncini con le quali si attacca alla mucosa intestinale.

Essa ha come ospite intermedio i suini e come ospite definitivo

l’uomo. In basso: Tenia saginata definita tenia inerme perché

priva di uncini. Essa ha come ospite intermedio i bovini e come

ospite definitivo l’uomo.

I parassiti vivono in un ambiente ricco di sostanze

nutritive e non hanno perciò alcun bisogno di andare alla

ricerca di cibo. Essi devono comunque soddisfare altre

fondamentali esigenze: per completare il loro ciclo vitale i

parassiti devono vincere le difese dei loro ospiti e lasciarli

al momento opportuno per trasferirsi su altri. La maggior

parte delle specie parassite mostra pertanto un complesso

ciclo vitale, che prevede il passaggio in due o più ospiti

attraverso parecchie fasi larvali (▶figura 55).

Un ciclo vitale di tale complessità si è probabilmente

affermato perché aumenta le probabilità dei parassiti di

incontrare nuovi ospiti.

Figura 55. Il ciclo vitale di Diphyllobothrium latum.

Questo verme parassita dei pesci deve infestare un copepode

(un crostaceo) e un pesce prima di poter reinfestare l’ospite

primario, un mammifero.

Le principali specie di tenia che colpiscono l’uomo in

europa sono la Tenia solium e la Tenia saginata. L’uomo

è infestato mangiando carne cruda o mal cotta di

animali infestati, che contengono nei muscoli larve di

tenia (chiamate cisticerchi). Nell’intestino la larva si

sviluppa in una sorta di testa, detta scolice , munita di

ventose o uncini, con la quale si ancora alla parete

dell’intestino. Dallo scolice si producono poi un gran

numero di segmenti corporei, chiamati proglottidi, che

si allungano per anche più di un metro. La tenia è in

pratica priva di sistema nervoso e apparato digerente

(regressione parassitaria). Le proglottidi contengono i

due tipi di gonadi (ermafroditismo) da cui avviene

l’autofecondazione. Quando un segmento è maturo, si

stacca, e le uova fecondate sono espulse con le feci. Le

larve che ne derivano possono essere ingerite

dall’ospite intermedio: se ciò avviene esse raggiungono

i muscoli dove si incistano, ricominciando il ciclo. Un

essere umano infettato può eliminare tramite le feci

milioni di uova al giorno, sia allo stato "libero" sia

racchiuse nelle proglottidi. Queste uova possono

sopravvivere in natura per diversi mesi, durante i quali

possono infettare un nuovo ospite intermedio.

La comparsa dell’apertura anale e del sistema circolatorio: i Nemertini.

Il phylum dei Nemertini, o «vermi a nastro» è costituito

da organismi triblastici con corpo appiattito

dorsoventralmente e con sistema nervoso ed escretore

simili a quelli dei platelminti (▶figura 56).

A differenza di questi ultimi, tuttavia, i nemertini sono

provvisti di un apparato digerente completo, con

bocca e ano situati ai poli opposti. Dal momento che i

nemertini possiedono un apparato digerente

completo, con una bocca all'estremo anteriore e un

ano all'estremo opposto, il cibo transita in una precisa

direzione e durante il percorso viene attaccato da vari

enzimi digestivi; un sistema assai più efficiente di

quello che prevede l'eliminazione delle scorie

attraverso la stessa via di accesso.

Figura 56. Per i nemertini la proboscide rappresenta l’organo

per la cattura del cibo.

La proboscide può essere mossa rapidamente, mentre l’animale

si muove soltanto lentamente. Si osservi che la proboscide e la

bocca si aprono separatamente all’esterno.

Il corpo è di regola compatto per quasi tutta la sua

lunghezza, ma in alcune specie esiste una cavità

ripiena di liquido, detta rincocele, nella quale si trova

una struttura a forma di proboscide, muscolare e cava.

Le contrazioni dei muscoli che circondano il rincocele

provocano l'estroflessione improvvisa della proboscide

attraverso l'apertura anteriore del corpo. Il rincocele

trasmette dunque forze che muovono rapidamente la

proboscide senza che vengano mosse le altre parti del

corpo. Alcuni Nemertini di piccole dimensioni possono

muoversi mediante il battito di ciglia. Quelli di

dimensioni maggiori utilizzano invece le onde di

contrazione della muscolatura per muoversi alla

ricerca di cibo o per nascondersi. I movimenti

risultano comunque lenti. La proboscide della maggior

parte dei nemertini è armata da uno stiletto per

trafiggere le prede. Tossine a effetto paralizzante

vengono inoltre prodotte dalla proboscide e immesse

nella ferita provocata alla preda dallo stiletto. Alcune

specie sono prive di stiletto e catturano le prede

avvolgendole e bloccandole con la proboscide.

Quest'ultima viene poi retratta nel rincocele a opera di

muscoli retrattori e la preda viene avviata alla bocca.

Oltre che per la cattura delle prede, il rincocele serve

ai Nemertini per il movimento: la proboscide può

essere infissa nel substrato e la sua successiva

contrazione spinge in avanti l'animale. Un meccanismo

di questo tipo si ritrova anche in altri phyla.

L’altra grande novità evolutiva è rappresentata

dall’apparato circolatorio. Esso è privo di cuore ed è

semplicemente costituito da vasi sanguigni principali e

vasi secondari che trasportano nutrimento, ossigeno,

scorie metaboliche da una parte all’altra del corpo.

Quando i Nemertini vengono disturbati, possono

andare incontro ad autotomia (autoframmentazione

del corpo) seguita da rigenerazione. La riproduzione

può essere asessuata o sessuata ed essi,

contrariamente ai platelminti, sono in genere a sessi

separati. Delle 900 specie di Nemertini, la maggior

parte sono marine; solo poche vivono in acqua dolce o

nel substrato umido delle foreste tropicali. Tutti i

Nemertini sono carnivori, e si nutrono principalmente

di artropodi e piccoli vermi (▶figura 57).

Figura 57. I Nemertini possono essere anche intensamente

colorati.

Alcuni Nemertini sono di colore tenue come quello che è

raffigurato sopra, altri presentano intense colorazioni come la

specie marina che è raffigurata sotto.

Le parole:

Nemertini, deriva dal greco nema, nematos, «filo».

I Nematodi possiedono una cuticola di rivestimento che mutano periodicamente. II vantaggio di movimenti più efficienti, resi possibili dalla

presenza di cavità piene di liquido, ha favorito lo sviluppo

di tali cavità per tutta l'estensione del corpo. Un gruppo

che testimonia i risultati di questo cambiamento è

rappresentato dai vermi tondi (phylum Nematodi).

Gli organi interni dei Nematodi sono contenuti nello

pseudocele e il corpo è provvisto di una spessa cuticola

prodotta dal piano epidermico (▶figura 58).

Figura 58. I Nematodi.

(A) Questo disegno mostra la struttura del corpo di Trichinella

spiralis, un nematode parassita che causa la trichinosi. (B) Una

cisti di Trichinella spiralis nel tessuto muscolare di un ospite.

(C) Questo nematode invece conduce vita libera, muovendosi

attraverso i sedimenti marini.

Quando un Nematode cresce, esso abbandona la vecchia

cuticola e successivamente ne forma una nuova: questo

processo è definito muta ed è comune in molti gruppi di

animali.

Dorsalmente, ventralmente e lateralmente, l’epidermide

si ingrossa a formare 4 creste longitudinali, dette

cordoni. Sotto all’epidermide e tra le creste epidermiche

si trovano 4 bande di muscoli longitudinali formati da

cellule muscolari allungate che decorrono parallelamente

all’asse del verme. Mancano completamente i muscoli

circolari e quindi la locomozione avviene grazie al gioco

di forze opposte esercitate dai muscoli longitudinali sulla

cuticola e questo provoca dei tipici movimenti ondulatori

serpentiformi.

Il tubo digerente è diritto e possiede un’apertura

all’estremità anteriore, la bocca e una, vicino all’estremità

posteriore, l’ano. Dopo la bocca è presente una faringe

muscolare e in seguito l’intestino. Poiché la sezione

trasversale del corpo dei nematodi è rotonda, essi

possiedono una superficie corporea relativamente limitata

per gli scambi con l'ambiente. Gli scambi avvengono

soprattutto attraverso la cuticola, ma si realizzano anche a

livello dell'intestino, che è formato da un solo strato di

cellule. Sebbene la pressione idrostatica all'interno dello

pseudocele sia piuttosto elevata, il cibo riesce a transitare

attraverso l'intestino grazie alle contrazioni ritmiche della

faringe muscolosa situata all'estremità anteriore del tratto

digerente.

Il tratto digerente sembra avere anche un ruolo

nell’escrezione delle scorie azotate mentre la principale

funzione del sistema escretore è molto probabilmente in

prevalenza osmoregolatrice.

Mancano completamente sia strutture adibite alla

respirazione, che alla circolazione dei liquidi corporei.

Il sistema nervoso consiste in un anello nervoso e di

gangli posto attorno alla faringe e di 4 cordoni nervosi

principali che decorrono all’interno delle creste

epidermiche. Il cordone nervoso dorsale e ventrale hanno

una funzione prevalentemente motore, quelli laterali,

sensoriale.

Sono presenti organi sensoriali concentrati soprattutto

alle estremità anteriore e posteriore del corpo.

5. La comparsa dello pseudoceloma: Nematodi e Rotiferi.

Come è già stato descritto, fin dalle prime fasi di sviluppo, nella blastula di molti gruppi animali si forma un blastocele. In alcune

specie il blastocele persiste poi anche nell'adulto sotto forma di pseudocele, una cavità piena di liquido nella quale sono

contenuti gli organi. Lo pseudocele può inoltre funzionare come scheletro idrostatico, ma in alcuni pseudocelomati esso è

parzialmente occupato da masse cellulari. Fra i molti phyla di organismi pseudocelomati, verranno qui descritti i due più ricchi di

specie e cioè i Nematodi e i Rotiferi.

L’apparato riproduttore si trova nella cavità del corpo.

Generalmente i sessi sono separati e la fecondazione è

interna. In alcune specie è stato osservato

ermafroditismo mentre in altre partenogenesi (sviluppo

a partire da cellule uovo non fecondate).

I vermi tondi sono uno dei gruppi animali più ricchi di

specie e universalmente diffusi. Noi stessi ingeriamo

inconsapevolmente, con i cibi e con le bevande, grandi

quantità di Nematodi. Una mela marcia può contenere fino

a 90000 Nematodi, mentre in un metro quadrato di

sedimento fangoso se ne contano circa 4420000 (▶figura

58). Molte specie di vermi tondi vivono come detritivori nel

suolo, sul fondo di fiumi e laghi, o come parassiti nel

corpo di organismi vegetali o animali. Attualmente si

conoscono circa 20000 specie di Nematodi, ma è probabile

che ne esistano più di un milione.

Un Nematode del suolo, Caenorhabitis elegans, è un

«organismo modello» ampiamente studiato dai biologi

che si occupano di genetica e di sviluppo (▶figura 59).

Questo organismo si presta particolarmente bene a tali

ricerche poiché è facile da allevare, raggiunge la

maturità in soli tre giorni e possiede un numero fisso di

cellule corporee (tra l’altro, il genoma di C. elegans è

stato completamente sequenziato).

Figura 59. Un verme modello.

Caenorhabditis elegans è un nematode lungo circa 1 mm, che

vive nel suolo. Si tratta di un organismo modello molto usato in

biologia, soprattutto in genetica e biologia dello sviluppo (le

strutture tondeggianti sono uova).

La dieta dei nematodi è varia quanto i loro possibili

habitat. Molte specie vivono infatti come parassiti, altri

sono predatori di protisti o di altri piccoli invertebrati

(compresi altri vermi tondi). Molti studi su questo phylum

sono stati motivati proprio dalla necessità di comprendere

la biologia delle specie parassite al fine di poterne

controllare la trasmissione. I vermi tondi sono infatti

parassiti dell'uomo, di molti animali domestici e anche di

specie vegetali economicamente importanti. Il nematode di

maggiori dimensioni, che misura circa nove metri, vive

nella placenta dei capodogli. Tra le tante specie di

Nematodi, solo la minoranza è rappresentata da parassiti.

L’uomo è ospite di circa 50 specie di Nematodi e una

dozzina di queste causa seri problemi sanitari dato che

interessa milioni, a volte centinaia di milioni di persone.

La struttura dei Nematodi parassiti non differisce molto da

quella delle specie che conducono vita libera, ma

sicuramente il ciclo vitale dei primi è modificato per

consentire il passaggio degli individui da un ospite

all'altro. Un metodo relativamente semplice per effettuare

tale passaggio viene attuato da Trichinella spiralis, l'agente

responsabile di una grave malattia nota come trichinosi.

Le forme larvali di Trichinella formano cisti calcificate nello

spessore dei muscoli dei mammiferi loro ospiti (▶figura

58) e queste, se presenti in gran numero, possono causare

gravi danni o addirittura la morte. La Trichinella viene

trasmessa a un nuovo ospite quando un mammifero

mangia le carni di un individuo infetto. Le larve attraversano

infatti la parete intestinale del nuovo ospite e tramite il

circolo sanguigno giungono ai muscoli dove si localizzano

e formano nuove cisti. L'infezione si trasmette dunque da

mammifero a mammifero, e spesso sono le carni di maiale

che trasmettono l'infezione all'uomo. Nel caso di altri

Nematodi, invece, il ciclo biologico del parassita è assai più

complesso e prevede il passaggio in diversi ospiti

appartenenti a classi diverse.

Alcuni importanti parassiti nell’uomo sono gli strongili, gli

anchilostomi, gli ossiuri, gli ascaridi e infine le filarie,

parassiti con un artropode come ospite intermedio e che

causano la filariosi, una parassitosi che colpisce l’uomo e

diversi animali domestici. A volte essa può provocare

l’elefantiasi dovuta al blocco del sistema linfatico e alla

crescita incontrollata di tessuti fibrosi che portano a

rigonfiamenti grotteschi degli arti affetti (▶figura 60).

Figura 60 Elefantiasi, causata da Wuchereria bancrofti.

Se i parassiti si accumulano nei vasi sanguigni, possono limitare

la circolazione e causare accumulo di fluido nei tessuti

circostanti. I più comuni, segni visibili di infezione sono braccia,

gambe, seni e genitali spropositatamente enormi.

I Rotiferi sono animali microscopici, dalle dimensioni simili a quelle di alcuni protozoi.

Un altro gruppo di pseudocelomati, altrettanto numeroso

e diffuso, è quello dei Rotiferi.

Si tratta di animali triblastici a simmetria bilaterale, per lo

più di minuscole dimensioni (lunghi 50-500 m). Sebbene

non siano più grandi dei Ciliati, i Rotiferi possiedono organi

ben sviluppati: il corpo è percorso da un apparato digerente

completo, che inizia anteriormente con una bocca e

termina posteriormente con un'apertura anale. Nel piano

organizzativo dei Rotiferi lo pseudocele risulta fortemente

ridotto e non svolge funzioni di scheletro idrostatico. La

maggior parte dei Rotiferi sono animali molto attivi, anche

se si spostano nel mezzo acqueo tramite il rapido battito

di ciglia piuttosto che per mezzo di contrazioni muscolari

(▶figure 61 e 62).

Figura 61. Organizzazione interna dei Rotiferi.

Philodina roseola è un rotifero a vita libera, simile per molti

aspetti a molte altre specie dello stesso phylum.

Gli organi che caratterizzano il phylum dei Rotiferi sono

quelli responsabili del processo di cattura e trasformazione

del cibo. A questo proposito si definisce corona una

cospicua struttura ciliata presente in molte specie

all'estremità cefalica. Proprio il battito sincrono di tali

ciglia consente il movimento dell'animale, e al tempo stesso

avvia le particelle alimentari verso la bocca e verso il

cosiddetto mastax, una complessa struttura rigida

provvista di dentelli per triturare il cibo. Alcune specie di

Rotiferi sono invece predatori di protisti e di altri piccoli

animali, che catturano attivamente estroflettendo il mastax

attraverso la bocca. Ciò è reso possibile dalla contrazione

dei muscoli che circondano lo pseudocele.

Figura 62. Organizzazione interna dei Rotiferi.

L’anatomia interna di questo piccolo Rotifero appare

perfettamente visibile al microscopio.

Poche specie di Rotiferi sono marine, mentre la maggior

parte delle 1800 specie conosciute vivono nelle acque dolci.

Un piccolo numero di specie, impropriamente definite

terrestri, vivono in realtà in un peculiare ambiente

acquoso. Esse restano in uno stato di vita latente alla

superficie di muschi e licheni, e tornano in attività non

appena cade la pioggia. Con la pioggia si forma infatti sulle

piante un sottile film acquoso nel quale i Rotiferi possono

spostarsi e procurarsi il cibo. La maggior parte dei Rotiferi

ha un ciclo vitale assai breve, che non supera la durata di

1-2 settimane.

Le parole:

Nematodi deriva dal greco nema, nematos, «filo».

Rotiferi deriva dal latino rota, «ruota» dalla forma delle

ciglia e fero «porto»