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LETTERATURE COMPARATE

Anno accademico 2006-2007

Primo modulo di approfondimento

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VENEZIA

“la città inverosimile”

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da Sellier, Cosa è un mito letterario

[…]

È già interessante il fatto che essa [la definizione di mito letterario] si accordi male a un terzo insieme battezzato un po' troppo frettolosamente "miti letterari". Questa categoria è costituita da dei luoghi che colpiscono certamente l'immaginazione, ma che non incarnano affatto una situazione che si sviluppa in racconto. Così l'aura di Venezia risulta da un conglomerato eccezionale di ricordi luminosi (la danza della luce e dell'acqua), di opere d'arte (Carpaccio, le porpore di Tintoretto, il Canal Grande e i suoi pittori) e di tutto un bric-à-brac (le gondole e il Ponte dei Sospiri). Un gioco di cartoline illustrate. Sia che Chateaubriand celebri la sua luce, James la bruma sul Canal Grande e Proust la basilica di San Marco o le tele di Carpaccio, ciò manifesta che ciascuno sceglie alcuni elementi del conglomerato, e non l'insieme di uno scenario. […]

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Punti di vista per l’immagine della città

punto di vista topologico: città come topos polisemantico – sua stratificazione storica – da cui tanti sensi attribuiti al topos della città

punto di vista strutturale: la città si legge come un libro – in base alle funzioni di Greimas, la città = attante – qualcosa che mette in moto la trama – sua dinamicità secondo due rapporti: rêverie: individuo/immagine individuale della città – euforia o disforia sociale: individuo/immagine sociale della città – utopia o distopia/atopia

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“Venezia non ha bisogno soltanto, oggi, di essere salvata dalle insidie degli elementi naturali assecondati dalla imprevidenza degli uomini, ha bisogno anche di essere salvata dalla fastidiosa aspersione dei luoghi comuni. Mito letterario, punto di riferimento d’obbligo, questa Venezia emblematica rischia di sprofondare nella celebrazione prevedibile o nel repertorio risaputo, altrettanto banale delle immagini delle cartoline illustrate”.Claudio Gorlier

Immagine di Venezia in un acquarello di J. W. Turner

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Venezia e il motivo della maschera

nell’immaginario letterario

Testo di riferimento

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da Voltaire, La principessa di Babilonia

“Amazon approdò a una città che non assomigliava a nulla di tutto ciò che aveva visto fino allora. Il mare formava le strade, le case erano costruite nell’acqua. Le poche piazze pubbliche che ornavano questa città erano coperte di uomini e di donne che avevano un doppio viso, quello che la natura aveva dato loro, e una faccia di cartone mal dipinta che essi vi applicavano sopra: di modo che la nazione sembrava composta di spettri”.

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“Maschere in bauta”, daG. Grevenbroch, Abiti de’ Veneziani, Venezia,1754

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Maschere di Venezia,Anonimo del XVI sec.,Museo Civico, Padova

“per il che fu comandatoet publice proclamato più non se fazi alcunamaschara, sottograndissime pene; e fuben facto perché inquesta tera, per ogni bon rispeto non sta benmaschere”, M. Sanudo,Diarii,1496-1533

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Incipit dell’unico capitolo completo di Andrea e i ricongiunti di Hugo von Hofmannsthal e disegno del 1760 di Giambattista Tiepolo (New York, Metropolitan Museum

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“Maschera tragica femminile e maschera comica maschile”, mosaico romano del III secolo,Musei Capitolini. Nel teatro greco antico l’uso della maschera era in funzione: di un’immediata presentazione del personaggio, attraverso una stilizzazione della fisionomia, sempre impostata al pianto, nellatragedia, e al riso, nella commedia; di un’amplificazione vocale,sia per rispondere a esigenzeacustiche, sia per trasumanare la voce delle persone del dramma.

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La commedia italiana,diJean-Antoine Watteau,Berlino, StaatlicheMuseen

“Le maschere della Commedia dell’Arte sono immagini stilizzate, e con la doppia valenza che lastilizzazione comporta: Pantalone e il Dottore sono soprattutto caricature, l’Arlecchino danzante del Settecento tende spesso all’astrazione. […] È la maschera ad imporre la propria forma stilizzataall’attore, il quale potrà soltanto rivisitarla, proponendone soltanto originali varianti. Da qui l’eternariconoscibilità della maschera, che diventa personaggio soltanto nel momento della realizzazione scenica”, da C. Molinari,L’attore e la recitazione, Bari, 1992

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da Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni

[…] il mito della passione, morte e risurrezione degli “dèi della vegetazione” si può considerare paradigmatico rispetto alla condizione umana: ha rivelato la “Natura” meglio e più intimamente di quanto avrebbero potuto fare l’osservazione e l’esperienza empirico-razionalistiche, e appunto per mantenere e rinnovare questa rivelazione il mito deve essere celebrato e ripetuto; l’apparizione e la scomparsa della vegetazione prese in sé, in quanto “fenomeni cosmici”, non significano niente di più di quel che sono: una comparsa e scomparsa periodica della vita vegetale. Soltanto il mito trasfigura questo avvenimento in categoria: sia perché la morte e la resurrezione degli dèi della vegetazione diventano archetipi di tutte le morti e di tutte le resurrezioni, quali che siano e su qualsiasi piano si manifestino, sia anche perché rivelano il destino della condizione umana meglio di quanto potrebbe rivelarlo ogni altro mezzo empirico-razionalista.

[…]

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L’autore a chi leggeQuesta è una di quelle Commedie che sogliopreparare per gli ultimi giorni di Carnovale, sendopiù atte in tal tempo a divertire il popolo che corre affollatamente a teatro. L’azione di questa commedia è semplicissima, l’intreccio è di poco impegno, e laperipezia non è interessante; ma ad onta di tutto ciò, ella è stata fortunatissima nelle scene in Venezia non solo, ma con mia sorpresa in Milanofu così ben accolta, che si è replicata tre volte arichiesta quasi comune. La mia maraviglia fu grande perché ella era scritta coi termini più ricercati del basso rango e colle frasi ordinarissime della plebe, e verte sopra i costumi di cotal gente, onde non micredeva che fuori di queste nostre lagune potesseessere intesa, e così ben goduta. […]Usasi nell’estate in queste piazzette un certo giocoche chiamasi Il Lotto della Venturina.[…] Con questogioco principia la Commedia, la quale poiproseguisce con quegli strepiti che sono soliti di cotalgente e di cotal siti e termina con quell’allegria chepure è frequente nelle medesime circostanze, e che va bene adattata alla stagione per cui fu la Commediapresente ordinata.

da Carlo Goldoni, Introduzione a Il Campiello, 1756

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da T. Gautier, Variations sur le carnaval de Venise, in Émaux et Camées, 1852

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Colombine da Paul Verlaine, Les fêtes galantes

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da T. S. Eliot, Poesie, 1920

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da R. Sanesi, Per una lettura di T. S. Eliot

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Note al testo

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da Guillaume Apollinaire, Alcools

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26Pablo Picasso, La morte di Arlecchino, 1905

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«In una delle poesie di Alcools ispirate daisaltimbanchi di Picasso e dalla pittura di Marie Laurencin (Crépuscule) Apollinaire situa la schiera di guitti in un luogo vago che sta fra la vita e la morte, la notte e il giorno, la menzogna e la verità, la terra e il cielo: alla fine della poesia, l’Arlecchino “trismegisto” cresce sotto lo sguardo triste di un nano. Ci troviamo una volta di più suuna soglia temibile, ove però i contrari tendono aconciliarsi. Nel primo verso di Crépuscule passanole “ombre dei morti”, mentre nell’ultima strofaappare un “bel bambino”. Presentiamo che ilpotere sovrannaturale di crescita attribuito adArlecchino gli derivi dalla sua familiarità con il regnodella morte. L’epiteto di “trismegisto” che gli vieneconferito gli attribuisce un’identità allusiva conHermes, il dio che attraversa le porte dell’altromondo e che guida le anime nei regni sotterranei.Egli è anche il dio dei segreti alchemici, apparentatodalla gnosi all’egiziano Thoth dal sembianteScimmiesco. Staccando una stella, avvicinando ilcielo e la terra, Arlecchino riunisce per viesovrannaturali ciò che naturalmente è disgiunto. Si annuncia un ritorno magico all’unità cosmica…»(J. Starobinski)

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G. d’Annunzio, Il Fuoco

il “romanzo veneziano”

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Il nano guarda con un’aria tristeIngigantire l’arlecchino trismegisto.

da G. Apollinaire, Crépuscule L’epiteto di “trismegisto” che gli vieneconferito gli attribuisce un’identità allusiva conHermes, il dio che attraversa le porte dell’altromondo e che guida le anime nei regni sotterranei.Egli è anche il dio dei segreti alchemici, apparentatodalla gnosi all’egiziano Thoth dal sembianteScimmiesco.

da J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco

“Un Seguso?” esclamò Stelio Èffrena chinandosi vivacementeverso il mingherlino per guardarlo bene in faccia “della granfamiglia dei vetrai? puro? della buona razza?”“Per obedirla, paron.”“Un principe, dunque.”“Sì, un Arlechin finto principe.”“Conoscete tutti i segreti, non è vero?”Il Muranese fece un gesto misterioso che evocò l’arcana sapienzaavita di cui egli si affermava ultimo erede.

da G. d’Annunzio, Il fuoco

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Albrecht Dürer, Melanconia I1514

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1 Arcobaleno 2 Pipistrello 3 Astro nell’oscurità 4 Acqua 5 Terra 6 Scala 7 Parallelepipedo 8 Crogiolo 9 Molle10 Martello11 Cane12 Calamaio13 Sfera14 Stampo (?)15 Tenaglie16 Pialla17 Sega18 Righello19 Chiodi20 Mantice21 Borsa22 Basamento23 Chiavi24 Compasso25 Libro26 Ruota 27 Tavoletta28 Putto (Mercurio)29 Donna alata30 Serto31 Quadrato magico

32 Piccola campana33 Clessidra34 Torretta o forno35 Bilancia

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“Certe sere, su quella parete coperta dal rame, come in uno specchio, mi vedevo atteggiata di dolore e difurore con un viso irriconoscibile; e, per sfuggireall’allucinazione e per interrompere la fissità del miosguardo, battevo le palpebre rapidamente”. Il fuoco

“La simulazione della vita mi rimanevanei muscoli della faccia, che certe sere non potevano quietarsi…La maschera, il senso della maschera viva che nasceva già…”Il fuoco

Le maschere dell’attrice

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“Ella soffriva sotto lo sguardo dell’animatore; ella soffriva di quella maschera ch’egli le ammirava sul volto e di quella gioia ch’ella sentiva in fondo a lui ripullulare di continuo come una scaturigine perenne”. Il fuoco

“L’immagine della Foscarina balenò al suo desiderio, avvelenata dall’arte […] con i vestigi di cento maschere sul viso che avevasimulato il furore delle passioni mortali”.Il fuoco

“Gli occhi della musa tragica stavano immobili in fondo al suo sogno, senza sguardo, impietriti nella cecità divina delle statue”. Il fuoco

“Poche immagini io so tanto belle. La maschera alzata nell’infinito, con la bocca e gli occhi pieni di cielo, non sembra dal silenzio e dalla luce ricommista alla Natura come quando nelle origini era fatta di fresco fogliame?”La maschera aerea, da Le Faville del maglio

“Le pareva di precipitare al fondo col suoingombro indistruttibile, con la sua vita vissuta, con i suoi anni di miseria e di trionfo, con il suo volto appassito e con le sue mille maschere”Il fuoco

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da E. Raimondi, Gabriele D’Annunzio, in Storia della letteratura italiana,dir. da E. Cecchi e N. Sapegno

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[…]

[…]

da H.von Hofmannsthal,L’ignoto che appare

Eleonora Duse

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da R. M. Rilke, Nuove poesie.Seconda parte, 1908

ritratto di Eleonora Duse

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Rilke e Venezia

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A. Lavagetto, Note a R. M. Rilke,Nuove poesie. Seconda parte

[…][…]

[…]

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H. James, The Aspern papers

“l’angolo più delizioso di Venezia”

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“ella portava sugli occhi un’orribile benda verde che le fungeva quasi da maschera”.

“questo splendido domicilio comune cosìfamiliare, così domestico e sonoro, assomiglia anche a un teatro in cui gli attori stacchettino sui ponti e, in disordinate processioni, passeggino svelti lungo le Fondamenta”

La “maschera” e il “teatro” in The Aspern papers

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da M. Battilana, Venezia sfondo e simbolo nellanarrativa di H. James

Il carteggio Aspern: tra romanzo gotico e tragedia mancata

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[…] non eravamo veramente faccia a faccia, in quanto ella portava sugli occhi un’orribile benda verde che le fungeva quasi a maschera.[…] si poteva supporre che lì sotto fosse in agguatouna spaventevole testa di morto. La divina Juliana teschio sogghignante…

H. James, Il carteggio Aspern

M. Proust, Soggiorno a Venezia, in La fuggitiva

T. Mann, La morte a Venezia

Sotto la “maschera”: segnali di declino e di morte a Venezia

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Il paesaggio di Venezia: “dall’idillio diProust”…

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… “all’incubo di Mann”

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H. James, Il carteggio Aspern

G. D’Annunzio, Il fuoco

T. Mann, Morte a Venezia

Il labirinto

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Thomas Mann, Der Tod in Venedig

approdo “ all’incomparabile” e “alla diversità favolosa”

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[…]

Roberto Fertonani

Introduzione aT. Mann, Romanzibrevi, MeridianiMondadori

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da Tonio Kröger

Quale parte dovrei recitare ai miei propri occhi? Non dovrei forse starmene acquattato al buio, come un pipistrello o come un gufo, guardando invidioso agli “esseri di luce”,agli amabili felici?

Thomas Mann e l’emarginazione dell’artista

dalla novella Il pagliaccio

da La morte a Venezia

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[…][…]

da Hugo Pratt, Corto Maltese e la Favola di Venezia

“io che non sapevo leggere potevo fare benissimo a meno delle parole, perché mi bastavano le figure”Italo Calvino