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1 La valutazione del processo di costruzione dei piani di zona in Emilia Romagna Piacenza, 30 aprile 2003 Ugo De Ambrogio ( [email protected] )

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La valutazione del processo di costruzione dei piani di zona

in Emilia Romagna

Piacenza, 30 aprile 2003

Ugo De Ambrogio ([email protected])

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Le 4 "rivoluzioni" del Piano di zona 1. Si sintetizzano gli

interventi e le politiche del settore sociale e si coordinano con altre politiche.

2. Si passa da una programmazione nella prospettiva di government ad una prospettiva di governance coinvolgendo altri soggetti istituzionali e il terzo settore;

3. Si programma ad un nuovo livello: l’ambito territoriale, superando l’impasse storica del frazio-namento comunale

4. Si programma in modo congiunto an-che con l’Asl, non nella logica della de-lega ma in quella dell’integrazione operativa a livello territoriale

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Le 5 fasi programmatorie delineate nelle linee guida

1. Costruzione della rete dei soggetti

2. Costruzione della base conoscitiva

3. Individuazione delle linee strategiche

4. Specificazione dei contenuti del piano e allocazione delle risorse (programma attuativo)

5. Costruzione del disegno di valutazione

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Le finalità del rapporto di valutazione

1. Offrire prime valutazioni utili alla Regione e alle Province come feedback su quanto avvenuto da rielaborare in termini di suggerimenti per meglio svolgere l’accompagnamento e il coordinamento dei processi di pianificazione;

2. Trarre prime indicazioni per il Piano regionale relativamente agli indirizzi di programmazione per la seconda edizione dei Piani di zona che questo strumento dovrà fornire.

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Le fonti informative utilizzate

I documenti dei piani di zona e relativi AdP Le griglie di lettura comparate compilate dai

funzionari regionali e provinciali Le Schede sperimentali di valutazione

compilate da funzionari regionali e ricercatori Irs, suddivisi in commissioni

Le relazioni realizzate dalle Province sul processo di lettura dei piani nel loro territorio

Le esperienza dei ricercatori IRS, testimoni al gruppo inteprovinciale e a vari tavoli locali.

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Prima parteI documenti di piano e la loro conformità con le linee guida

regionali

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La costruzione della base conoscitiva – L’analisi dei bisogni e del sistema di

interventi e servizi 1

Praticamente tutti i piani hanno previsto un capitolo contenente:

un’analisi dei bisogni predisposta attraverso l’analisi di indagini già condotte a livello locale,

una prima raccolta di valutazioni sui bisogni sociali dei testimoni privilegiati del territorio incontrati ai tavoli tematici,

Un’analisi dell’offerta contenente i dati rilevati attraverso il SIPS e le altre fonti disponibili a livello locale.

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La costruzione della base conoscitiva – L’analisi dei bisogni e del sistema di

interventi e servizi 2

La maggior parte dei territori (tutti quelli della Provincia di Piacenza) ha saputo integrare nei piani di zona l’analisi dei bisogni e del sistema di interventi, riuscendo ad utilizzare gli esiti delle analisi per individuare gli obiettivi prioritari per ciascuna area di intervento e per costruire il piano attuativo conseguente

(ottica strategica di Piani di zona).

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La rilevazione delle risorse e delle modalità di finanziamento dei servizi e

degli interventi presenti 2

21distretti su 41 (tutti quelli della Provincia di Piacenza) hanno compreso nella programmazione regionale tutte le fonti di entrata proposte dalle linee guida: ovvero hanno programmato considerando il 100% del fondo sociale regionale, le risorse dei comuni, le risorse dell’azienda Asl, le entrate degli utenti e i fondi finalizzati.

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Le scelte strategiche e di priorità -Integrazione delle strategie, degli

interventi e dei servizi 1 Complessivamente si notano solo

parzialmente richiami e legami fra la programmazione delle diverse aree. (ma tali legami sono presenti in tutti i territori piacentini).

Molti dei distretti non hanno previsto forme di organizzazione distrettuale degli accessi nelle diverse aree,(un solo distretto in Provincia di Piacenza)

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Le scelte strategiche di priorità: Integrazione con altre politiche

Dalla lettura dei piani di zona si deduce che in tutti i territori (territori piacentini compresi) si sono perseguite strategie di integrazione con l'area educativa, con l’eccezione di 5 casi. Questo potrebbe essere stato favorito dalla pianificazione delle attività rivolte all’infanzia e adolescenza realizzata attraverso i fondi della L.285

Nella maggioranza dei territori si sono inoltre perseguite forme di integrazione fra le politiche sociali, e altre politiche tra le quali in particolare le politiche abitative, dei trasporti e del lavoro

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Le scelte strategiche di priorità: Integrazione socio-sanitaria

In tutti i piani, ad eccezione di quelli provenienti dalla Provincia di Parma, l’Ausl garantisce risorse economiche definite e aderisce e concorre a progetti specifici contenuti nel PdZ (con una sola eccezione) .

L’Ausl è sempre presente nel tavolo tecnico e in quello politico (in quest’ultimo caso tranne in due distretti). In alcuni casi invece che due distinti tavoli è stato istituito il tavolo del welfare: in questo caso nella valutazione è stato considerato che l’azienda fosse presente in entrambi.

L’Ausl è quasi sempre presente nei tavoli tematici con l’eccezione di 3 distretti

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Le scelte strategiche di priorità: Integrazione socio-sanitaria

I riferimenti dei PdZ ai contenuti del Piano della Salute e ai programmi delle attività distrettuali sono generalmente molto rari (nei piani piacentini non si nota alcun riferimento) e ove sono presenti si mantengono in termini molto generici a causa dei tempi diversi della programmazione sanitaria .

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Le scelte strategiche di priorità: formazione e aggiornamento

Praticamente tutti i Piani hanno previsto l’attivazione di percorsi di formazione promossi dai distretti, dai Comuni o dalla Provincia relativamente ad uno o più dei punti sopra citati

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L’integrazione delle leggi di settore

Si fatica a rintracciare nei piani richiami alle esperienze già sperimentate in occasione della progettazione per le leggi di settore

In alcuni dei piani gli interventi ex l.285, ex l. 286 e ex dpr 309 sono stati menzionati e inclusi nella programmazione per aree così come richiesto dalle linee guide, al contrario non sempre è stato valorizzato il modus operandi (programmazione distrettuale, coordinamento, tavoli di lavoro e confronto, ecc.) che, soprattutto con la l. 285, è stato implementato nei diversi distretti.

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Il disegno di valutazione e la carta dei servizi

Nel complesso la maggior parte dei Piani (tutti quelli piacentini) ha previsto percorsi di valutazione. In molti casi tuttavia si è potuto rilevare che i piani esprimevano una generica dichiarazione di intenti, riprendendo le indicazioni tratte dalla Provincia o dalle Linee giuda, senza alcuna rielaborazione relativa alle modalità, finalità, responsabilità e costi legati all’implementare di un percorso valutativo.

Nel complesso l’opportunità della realizzazione della carta dei servizi, lo strumento di sviluppo della qualità e di partecipazione dei cittadini previsto dalla l.328/00 non è stata colta dalla maggioranza dei piani, che non hanno inteso dare priorità a tale strumento (in nessun piano piacentino)

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Forme di gestione dei servizi In molte realtà tale riflessione è risultata essere stata

fatta in un momento precedente la stesura del piano (riflessione da cui sono nate istituzioni, consorzi ecc per la gestione dei servizi) e per questo non più riproposta all’interno di esso. In altre realtà il Piano stesso ha costituito l’occasione per effettuare tale tipo di riflessione, proponendo prossimi percorsi di riflessione a livello di ambito, in altre infine il tema delle forme di gestione non è stato contemplato (in Provincia di Piacenza tutti i piani contengono elementi di riflessione sulle forme di gestione)

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Seconda parte Il processo di costruzione dei piani di zona: punti di forza e

criticità

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La dimensione zonale e la collaborazione fra comuni

Positività Leadership funzionale del

comune capo distretto Forte motivazione e

coinvolgimento dei “tecnici” Condivisione tra comuni

inizialmente “di necessità” poi sempre più orientata a legami collaborativi positivi

Criticità Tavoli politici e tecnici non

sempre efficienti ed efficaci “Scarsa maturazione” dello

sguardo sociale di zona e poco rafforzamento dell’identità distrettuale

Appesantimento del lavoro dato anche da intermittenza nelle partecipazioni ed eccesso di riunioni

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La partnership con l’Azienda Usl

Positività Presenza dell’Ausl

all’interno dei tavoli come partner istituzionale funzionale alla programmazione

I Pdz sono stati l’occasione per avviare e consolidare un confronto con l’Ausl rispetto al prossimo ritiro delle deleghe

Costruzione di partnership che potranno consentire negoziazioni “alla pari”

Criticità Si sono registrate

tensioni rispetto all’incertezza del ritiro delle deleghe

Non chiarezza nella definizione delle competenze di spesa fra ambito sociale e sanitario

Dati i tempi ristretti non sempre è stato possibile riflettere sull’integrazione tra pdz e programmazione sanitaria

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Il coinvolgimento del terzo settorePositività

In quasi tutti i casi il terzo settore ha collaborato all’elaborazione del Pdz

La partecipazione del 3° settore è risultata essere significativa e di qualità soprattutto all’interno dei tavoli tematici

Capacità del 3° settore di decentrarsi dai propri interessi e di cogliere “l’interesse collettivo”

Criticità Solo in metà dei casi sono

stati firmati protocolli di intesa e adesione con il terzo settore

la difficile definizione delle rappresentanze di cooperazione sociale, associazionismo e volontariato;

la definizione del “potere decisionale” e della responsabilità programmatoria da attribuire al privato sociale

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Il ruolo delle ProvincePositività

Ruolo facilitante e efficace per l’avvio dei Pdz

La funzione di cerniera fra Regione e Ambiti ha consentito alle Province di svolgere un ruolo di inter-faccia fra le esigenze locali e la programmazione regionale, attivando flussi di informazioni fra i due livelli

Sostegno e assistenza tecnica e formativa offerta agli ambiti in tempi e modi differenti a seconda delle esigenze specifiche

Criticità l’accompagnamento e i

sostegno delle pro-grammazioni locali per i Piani di zona in più di una circostanza hanno messo a dura prova gli staff provinciali, ren-dendo in alcuni casi indispensabile inte-grazioni con consulenze o rafforzamenti temporanei di organico

Difficile rapporto fra Province e capoluoghi, che hanno scarsamente utilizzato i supporti provinciali

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Alcuni elementi di sintesi: risultati raggiunti

Gli ambiti, attraverso il Piano di zona, hanno in primo luogo raggiunto un risultato significativo, compiendo un grosso passo avanti dal punto di vista della razionalizzazione di una politica fino ad oggi “dispersa” fra le programmazioni dei singoli comuni e quelle legate a singoli settori e aree di finanziamento

in relazione alle diverse tipologie di interventi e servizi che delineano i diversi welfare locali, il lavoro fatto delinea un quadro rassicurante, nel quale sono identificabili livelli di assistenza accettabili, con rilevanti “punte” di qualità

L’ulteriore risultato significativo che si è raggiunto riguarda la costruzione di legami significativi sul territorio, fra enti, nell’ottica della sussidiarietà verticale e orizzontale. E’ un risultato confortante, non solo in termini istituzionali, ma anche sul terreno della cultura e della partecipazione nelle e delle comunità locali

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Alcuni elementi di sintesi: rischi messi in luce -1:

di produrre, attraverso i piani di zona, più razionalizzazione dell’esistente che non progetti innovativi e sperimentali, smarrendo quell’ottica dinamica, progettuale e strategica che è linfa vitale della progettazione sociale;

di costruire legami con il terzo settore non sempre di tipo chiaro e trasparente, che minino la possibilità di mantenere nel corso del tempo rapporti fecondi e duraturi;

di centrare troppo l’attenzione sull’intervento sociale senza prevedere forme effettive di integrazione socio sanitaria e socio educativa;

di sottovalutare, appiattire e disperdere il patrimonio progettuale e metodologico che attraverso i finanziamenti di settore si è consolidato in questi anni;

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Alcuni elementi di sintesi:rischi messi in luce-2:

di sottovalutare la questione delle forme di gestione dei servizi sociali, che, pur legittimamente accantonata da molti piani nella prima edizione, dovrà necessaria-mente essere fra i punti all’ordine del giorno delle prossime fasi di programmazione, in vista della seconda edizione dei piani;

di sottovalutare la valutazione e l’analisi della qualità degli interventi, che invece rappresenta una funzione cruciale per mantenere quell’attenzione alla progettualità che è promossa dalla 328 e dalla legge regionale e rappresenta la scommessa delle politiche sociali nei prossimi anni.

Il rischio che il ruolo nuovo della Provincia, ente intermedio, di “service” ai territori e di cerniera fra Regione e ambiti, non si consolidi e si smarrisca. Tale ruolo ha infatti già prodotto rilevanti e apprezzati risultati in particolare con la esperienza 285 e quella dei piani di zona sperimentali.