1 La Riabilitazione Della Spalla

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Lara Sarras Via Ferrara 48 40139 Bologna Fisioterapista Cod.fisc. SRRLRA74S44A944G RIABILITAZIONE POST-CHIRURGICA DELLA SPALLA a cura di Piero Faccini, Sabrina Zanolli 1 a Fase - Istruzioni generali Tutti gli esercizi devono essere effettuati lentamente e sotto controllo del movimento. Non si dovrebbe avvertire dolore nell’effettuazione degli esercizi; se è presente dolore, deve essere tollerato solo se lieve. ESERCIZI DI RISCALDAMENTO Questi devono essere effettuati durante al giornata. Sono necessari per rimuovere le tensioni muscolari e prima di iniziare il suo programma di esercizi. 1- Attività di riscaldamento: fare esercizi di riscaldamento, come camminare o pedalare sulla cyclette, per 5 -10 minuti prima di iniziare il programma di esercizi.

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Lara SarrasVia Ferrara 4840139 BolognaFisioterapistaCod.fisc. SRRLRA74S44A944G

RIABILITAZIONE POST-CHIRURGICA DELLA SPALLA

a cura di Piero Faccini, Sabrina Zanolli 

  

1a Fase - Istruzioni generali 

Tutti gli esercizi devono essere effettuati lentamente e sotto controllo del movimento. Non si dovrebbe avvertire dolore nell’effettuazione degli esercizi; se è presente dolore, deve essere tollerato solo se lieve.

 ESERCIZI DI RISCALDAMENTO

Questi devono essere effettuati durante al giornata. Sono necessari per rimuovere le tensioni muscolari e prima di iniziare il suo programma di esercizi. 

1- Attività di riscaldamento: fare esercizi di riscaldamento, come camminare o pedalare sulla cyclette, per 5 -10 minuti prima di iniziare il programma di esercizi.

 

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2- Sollevamento delle spalle: portare le spalle in alto, verso le orecchie, poi spingerle all'indietro e far toccare i bordi delle scapole, quindi far scendere le spalle ritornando alla posizione iniziale. Eseguire 5-10 volte.

 3. Esercizi pendolari: piegatevi in avanti e tenetevi ad un tavolo con un braccio. Allungate verso terra il braccio interessato con il gomito esteso. Ruotate tutto il braccio avanti ed indietro, a destra e a sinistra, in senso orario ed antiorario in modo da poter effettuare gli esercizi senza risvegliare dolore.Si può utilizzare anche un piccolo peso (polsiera 250-500 grammi max) per aumentare “l’allungamento” verso il basso.Effettuare gli esercizi 5-10 volte in ogni direzione, tenendo sempre il gomito esteso.

 ESERCIZI DI ALLUNGAMENTO

Questi esercizi devono essere effettuati due volte al giorno con 20 ripetizioni ciascuno. 

1- Rotazione esterna delle spalle con bastone: stendetevi sul dorso con ambedue le braccia leggermente distanziate dal corpo, i gomiti piegati a 90 gradi ed il gomito della spalla interessata appoggiato su un asciugamano arrotolato. Tenere un bastone tra le mani sopra il corpo con l'estremità a “T” nel braccio interessato. Spingere dolcemente con il braccio non operato.

 2. Elevazione della spalla con bastone: stendetevi sul dorso con le braccia al lato tenendo un bastone nelle mani (estremità a “T” nella mano interessata). Mantenendo il braccio coinvolto esteso, utilizzare l'altro arto spingendo gentilmente il braccio interessato al di sopra della testa. Mantenere la posizione per 5-10 secondi quindi ritornare dolcemente alla posizione iniziale, usando il braccio non coinvolto per "abbassare" l'altro. Ripetere 20 volte.

  

2a Fase - Istruzioni generali 

Ora è il momento di fare un passo avanti nella riabilitazione. Si devono continuare tutti gli esercizi della fase 1 due volte al giorno, 20 ripetizioni ognuno, come riscaldamento prima di questa 2a fase. 

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POSTURA E' importante cominciare concentrandosi sulla propria postura, sia da seduti che in piedi, per contribuire a mantenere tonici e flessibili i muscoli della spalla.Non si deve curvare la schiena, sia nella posizione sedute che in quella in piedi, ma mantenere le spalle all'indietro e la testa allineata e non spostata in avanti. Fare questi esercizi più volte al giorno, controllandosi davanti allo specchio o chiedendo ai familiari di farlo.

 ESERCIZI DI MOTILITA’ ATTIVA

Questi esercizi sono la naturale progressione del precedente gruppo. Con questi si comincerà ad utilizzare la spalla interessata in maniera più energica, assistendosi con l'altro braccio solamente quando necessario. Fare tutti gli esercizi due volte al giorno per 20 ripetizioni ciascuno.

 

1- Elevazione della spalla in piedi: iniziare usando il bastone e il braccio non coinvolto per aiutare a sollevare quello coinvolto al di sopra della testa. Come cominciate a diventare più forte, aiutatevi di meno con il braccio non interessato, lasciando fare la maggior parte del lavoro a quello interessato. Più avanti dovreste essere in grado di fare questi esercizi senza l'uso del bastone o senza alcun aiuto da parte del braccio non coinvolto. Mantenete il braccio nella posizione al di sopra della testa per 5-10 secondi come prima, poi lentamente abbassatelo fino alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

 2- Rotazione esterna della spalla in piedi: posizionare un asciugamano arrotolato od un piccolo cuscino tra il gomito ed il fianco. Piegare il gomito a 90 gradi e tenere l'estremità a "T" del bastone nella mano della spalla interessata. Prendere con l'altra mano l'altra estremità del bastone. Tentare di ruotare attivamente la mano dal lato interessato con i muscoli della spalla coinvolta. Usare l'altro braccio per aiutare, quando necessario, a spingere con l'altra estremità del bastone.Come diventate più abili e “forti” aiutatevi sempre meno con la parte non coinvolta e fate gli esercizi senza il bastone. Mantenere la posizione per 5-10 secondi, quindi ritornare lentamente alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

 

3- Allungamento in avanti in posizione seduta: questo è un esercizio più aggressivo di allungamento per aumentare la propria abilità nel raggiungere la posizione sopra la testa. Seduti su una sedia in prossimità di un tavolo, stendere l'arto interessato in avanti di fronte a voi, appoggiato al tavolo. Spingere l'arto in avanti sul tavolo o allontanare lo sgabello (spingendolo in dietro). Si dovrebbe sentire un energico allungamento nella spalla. Tenere la posizione per 10 secondi, quindi ritornare alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

  

3a Fase - Istruzioni generali Ora è il momento di cominciare esercizi di rinforzo muscolare per la propria spalla. Per cercare di mantenere la spalla elastica e flessibile,

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continuare ad eseguire anche gli esercizi della fase 1 e 2. Se si abbandonano completamente questi esercizi, la spalla diventerà più rigida e si dovrà poi lavorare ancora di più per recuperare completamente l’ampiezza del movimento articolare.

1. Prima di cominciare qualsiasi esercizio della fase 3, effettuare un riscaldamento con esercizi a scelta della fase 1 o 2.

2. Completare tutti gli esercizi della fase 3 una volta al giorno, cinque giorni la settimana. Effettuare 20 ripetizioni di ogni esercizio, riposandosi se necessario tra una esercizio e l'altro.

3. Cominciare con l'elastico più leggero (verde), Una volta che si riesce ad eseguire facilmente tutte le 20 ripetizioni di seguito con l'elastico verde, cambiarlo con quello blu e poi con quello nero. Ricordarsi che può essere difficile all’inizio completare tutte le 20 ripetizioni con un elastico a maggiore resistenza; si può riposare più volte se necessario. Possono essere necessari alcuni giorni per abituarsi alla resistenza del nuovo elastico.

4. Dopo aver completato gli esercizi, un indolenzimento dei muscoli è normale Se la stanchezza è eccessiva, si può tornare indietro usando l'elastico più leggero o riposarsi maggiormente durante gli esercizi con l'elastico più resistente.

5. Si raccomanda l'uso del ghiaccio sulla spalla per 10-15 minuti dopo gli esercizi per ridurre la sensazione della fatica muscolare. Una borsa di ghiaccio arrotolata dentro un asciugamano  sottile va molto bene. Posizionate l’asciugamano con il ghiaccio tutto intorno alla spalla (davanti, sopra e dietro) per 10-15 minuti. Potete applicarlo anche più volte al giorno.

 

1- Rotazione interna della spalla con elastico: legate una estremità dell'elastico ad un punto fisso all'altezza del torace. Prendere con una mano l'altra estremità e posizionarsi in modo tale che l'elastico risulti teso all'esterno del proprio corpo. Stare in piedi con una postura corretta e le spalle contratte posteriormente. Piegare il gomito a 90 gradi mantenendolo vicino al corpo. Ora tirare l'elastico con la mano fino a raggiungere lo stomaco mantenendo il braccio a contatto con il corpo. Lentamente ritornare alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

 

2- Rotazione esterna della spalla con elastico: con l' elastico ancora vincolato ad un punto fisso e tenuto con il lato interessato, guardare dal lato opposto in modo che l'elastico passi davanti al corpo. Tenendo l'elastico e il gomito flesso a 90 gradi con l'arto superiore appoggiato al corpo, ruotate all’ esterno il braccio allontanando la mano dal fianco. Lentamente ritornare alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

 

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3- Deltoide anteriore con elastico: con l'elastico ancora legato ad un vincolo fisso, voltarsi dalla parte opposta al punto di attacco dell'elastico tenendo il tubo nella mano interessata. La schiena dovrebbe essere rivolta verso il punto di attacco dell'elastico. Sollevare il pugno fino all'ascella e vicino al torace. "Spingere" in avanti la mano con l'elastico fino ad estendere il gomito. Lentamente ritornate alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

 

4- Sovraspinoso con elastico: tenere un capo dell'elastico in ogni mano. Mantenere la mano della spalla non interessata vicino al corpo. La mano della spalla interessata deve essere ruotata in modo che il pollice tocchi la parte anteriore della coscia. Lentamente sollevare l'arto interessato allontanandolo dalla coscia diagonalmente, finche la mano non arrivi poco al di sotto della spalla. Si deve muovere il braccio in una direzione a metà tra il piano frontale e quello laterale (vedere figura in alto). Lentamente ritornare alla posizione iniziale. Usare solamente il tubo verde per questo esercizio. Ripetere 20 volte.

  

5- Rotatori scapolari con elastico: tenere ogni capo dell'elastico nelle mani, mantenendo le braccia aderenti ai fianchi con i gomiti piegati. Spingere entrambi i bordi delle scapole uno contro l'altro e muovere gli avambracci lontano dai fianchi mantenendo le braccia aderenti al corpo. Lentamente ritornare alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

 

6- Bicipite con elastico: mettere un capo dell'elastico sotto il piede e tenere l'altro capo con il braccio interessato. Tenere quindi il braccio disteso aderente al corpo. Tenendo fermo il braccio, piegare il gomito finche la mano non tocca la spalla. Lentamente riportare la mano indietro alla posizione di partenza. Ripetere 20 volte. 

 

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7- Tricipite con elastico: tenere un capo dell'elastico nella mano dell'arto non coinvolto, con il gomito piegato in modo da avere la mano vicino al torace. Tenere l'altro capo dell'elastico nella mano interessata, con il gomito flesso a 90 gradi. Mantenere l'arto superiore interessato aderente al corpo. Quindi distendere il gomito coinvolto allungando l'elastico finché la mano non raggiunge il lato del corpo. Lentamente ritornare alla posizione iniziale. Ripetere 20 volte.

   

4a Fase - Istruzioni generali Siamo giunti ora a un punto della riabilitazione che prevede un programma più aggressivo per il rinforzo della muscolatura e il recupero della coordinazione. Questo permetterà di ottenere la massima funzionalità della spalla. In questa fase gli esercizi verranno effettuati con l’uso di pesi in modo da ottenere una maggior forza ed un maggior controllo della spalla.

1. Cominciare con 20 ripetizioni per ogni esercizio con un peso di 1/2 Kg ed effettuare gli esercizi 3-5 volte alla settimana. Progredire partendo dalle 20 ripetizioni e aumentando di 5 fino ad arrivare a 40.

2. Una volta in grado di eseguire le 40 ripetizioni facilmente, aumentare il peso a 1 kg e ricominciare dalle 20 ripetizioni. Non aumentare mai il peso più di 1/2 kg alla volta.

3. Non saltare le tappe nella progressione, neppure nel numero delle ripetizioni o dei kg sollevati. Si può aumentare il numero delle ripetizioni in ogni sessione di esercizi se non ha dolore o se questo è solo molto lieve.

4. Se si avverte più di un lieve dolore, rimanere a quel livello finché il corpo non si adatta o addirittura ritornare indietro al precedente livello e restarci più a lungo.

5. La qualità è meglio della quantità. Fare attenzione ad effettuare tutti gli esercizi in modo corretto. Fermarsi se si è troppo stanchi per evitare di eseguire gli esercizi in modo errato. Usare uno specchio per verificare se si sta effettuando gli esercizi nel modo giusto.

6. Per ottenere una buona forza e controllo della spalla, è conveniente eseguire questi esercizi con tutte e due le spalle. Alcuni esercizi sono più facilmente effettuabili se eseguiti contemporaneamente con le due braccia, mentre altri alternandole.

 ESERCIZI LIBERI CON PESO

 

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1- Sovraspinoso: stando in piedi con il peso in una mano, ruotare la mano in modo che le dita siano a contatto con la superficie anteriore della coscia. Tenendo il braccio dritto e le dita rivolte verso il basso, sollevare l'arto lateralmente in diagonale fino a quando il braccio si trovi sotto il livello della spalla. Lentamente ritornare alla posizione iniziale e ripetere l'esercizio 20-40 volte, alternando i lati.

 

2- Deltoide anteriore: in piedi con il peso in una mano. Sollevare il pugno fino al livello dell'ascella e del torace. "Spingere" in aventi con la mano finché il gomito non si estende. Lentamente ritornare alla posizione iniziale. Ripetere 20-40 volte. Prendere quindi il peso con l'altra mano e ripetere.

 

3- Trapezio medio: sdraiato pancia in sotto con un lenzuolo arrotolato sotto la testa. Portare ambedue le braccia dritte fuori dal corpo con il peso nelle mani e le dita rivolte in avanti. Contrarre con forza i muscoli interscapolari in modo da far avvicinare i due bordi posteriori della scapola, quindi sollevare le braccia dal pavimento di qualche centimetro. Lentamente abbassare le braccia e ripetere l'esercizio 20-40 volte.

 

4- Bicipite: in piedi con il peso in una mano, il palmo rivolto in avanti e il gomito esteso. Lentamente sollevare la mano sino alla spalla tenendo il braccio aderente al torace. Lentamente scendere. Completare l'esercizio per 20-40 volte.

 

5- Estensione della spalla: sdraiati sulla pancia su una superficie rialzata, con un braccio penzolante verso il pavimento ed il peso in mano. Tenendo il gomito esteso, prima di tutto contrarre i muscoli interscapolari, portando il bordo della scapola verso il centro della schiena, quindi spingere il braccio all'indietro fino a raggiungere il livello del corpo. Ritornate quindi lentamente alla posizione iniziale con il braccio pendente. Ripetere 20-40 volte poi cambiare braccio e ripetere l'esercizio.

 

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6- Tricipite: sdraiati sulla schiena con un peso in una mano e l'arto esteso, dritto verso il soffitto. Mettere l'altra mano a sostenere il braccio esteso con il peso, posizionandolo sotto il gomito come supporto. Lentamente piegare il gomito del braccio con il peso, così che il braccio attraversi il corpo. Una volta che l'avambraccio ha raggiunto la posizione orizzontale, estendere nuovamente il gomito. Ripetere 20-40 volte quindi passare il peso all'altro braccio e ripetere l'esercizio.

 7- Contrazione scapolare: sdraiati sulla pancia su una superficie sollevata in modo che entrambi gli arti possano pendere fuori dal bordo, con un lenzuolo arrotolato posto sotto la testa. Posizionare le braccia fuori dai bordi, il gomito leggermente piegato ed una peso in ogni mano. Avvicinare entrambi i bordi delle scapole tra loro, sollevando entrambi i gomiti verso il soffitto, tenendo i gomiti fermi e leggermente piegati. Ritornare dolcemente alla posizione iniziale. Ripetere 20-40 volte.

 

8- Rotazione esterna della spalla: distendersi sul fianco tenendo il peso nella mano della spalla che dovrà muoversi. Tenere l'arto superiore contro il lato del corpo e piegare il gomito. Posizionare la mano contro l'addome. Mantenere il bordo della scapola fermo e allontanare lentamente la mano dall'addome verso l'alto, sollevando solo l'avambraccio. Abbassare lentamente e ripetere per 20-40 volte. Girarsi sull'altro lato e ripetere l'esercizio con la spalla opposta.

 

9- Rotazione interna della spalla: distendersi sulla schiena con il braccio a lato, gomito piegato tenendo il peso nella mano diretta verso l'alto. Lentamente permettere al peso di spostare la mano all'esterno lontano dal corpo, mantenendo il braccio fermo contro il fianco. Spingere il braccio ritornando alla posizione iniziale. Ripetere 20-40 volte, quindi spostare il peso nell'altra mano e ripetere l'esercizio.

 

10- Esercizio in diagonale: tenere il peso nella mano stando in piedi, con il pollice della mano che tocca la pane frontale dell'anca opposta. Mantenere il braccio con il gomito leggermente piegato e sollevare tutto il braccio in alto e fuori, ruotando il pollice in modo che sia rivolto dietro alla fine del movimento. Tornare lentamente alla posizione di partenza. Ripetere 20-40 volte quindi spostare il peso nell'altra mano e ripetere l'esercizio.

 ESERCIZI DI COORDINAZIONE E STABILIZZAZIONE

 1- Spinta contro il muro / spinta contro il suolo: in piedi con le braccia distese, faccia al muro. Appoggiare le braccia estese contro il muro con le mani al livello delle spalle. Durante tutto l'intero esercizio mantenere i gomiti fermi. Spingere entrambe le mani verso il muro con forza in moda da allontanare il corpo. Questo permetterà ai bordi delle scapole di allontanarsi e alla colonna dorsale di inarcarsi leggermente. Lentamente ritornare alla posizione di partenza e ripetere l'esercizio 20-40 volte. Come si acquista maggior forza, mettere i piedi più lontani dal muro in modo che si

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debba spingere con più forza per inarcare la schiena. Una volta che anche questa modalità di esercizio diventa facile, cambiare posizione mettendosi sulle mani e sulle ginocchia e spingendo verso terra inarcando la colonna dorsale.

 

2- Spinta sulla sedia: sedersi su una sedia con i braccioli. Sollevare il corpo dalla sedia utilizzando solo le braccia finché i gomiti non siano completamente estesi. All'inizio ci si può aiutare leggermente con le gambe. Lentamente ritornare alla pozione di partenza seduti sulla sedia. Ripetere 20-40 volte.

 ESERCIZI AVANZATI DI ALLUNGAMENTO

Questi esercizi devono essere completati solo se persistono fenomeni di rigidità nella spalla. Essendo esercizi di stretching, dovrebbero essere eseguiti due volte al giorno, e la posizione di allungamento deve essere mantenuta per 20-30 secondi. Sono sufficienti 10-15 ripetizioni per ogni sessione.

 

1- Allungamento con panno per la rotazione della scapola: tenere un asciugamano con una mano e l'altra estremità con l'altra mano, posizionata nella zona lombare in modo che l'asciugamano sia disteso dietro la schiena. Tirare quindi con la mano superiore l'asciugamano verso l'alto in modo da allungare la spalla opposta (assicurarsi di stare ben dritti e di non curvarsi durante questo esercizio). Mantenere la posizione di stretching per 20-30 secondi, quindi lentamente ritornare alla posizione di partenza. Ripetere 10-15 volte due volte al giorno.

 

2- Allungamento delle strutture posteriori: stando in piedi, sollevare un braccio in avanti al livello della spalla e quindi afferrare il gomito con l'altra mano. Tirare il gomito verso il corpo, facendolo piegare. Si dovrebbe sentire un allungamento della superficie posteriore della spalla. Tenere la posizione per 20-30 secondi, quindi lentamente rilassare la muscolatura. Ripetere 10-15 volte due volte al giorno.

  

 

 

RIABILITAZIONE DELLA SPALLA "DOLOROSA"

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a cura di Piero Faccini, Sabrina Zanolli 

     IntroduzioneLa rieducazione della spalla comprende una serie di procedure integrate e finalizzate alla ripresa globale della funzionalità dell'arto superiore; per semplicità è possibile suddividerla in alcuni tempi terapeutici che consentono tra l'altro, la valutazione dei progressi compiuti dall'atleta alla fine di ogni fase.Il trattamento riabilitativo di una sindrome dolorosa della spalla prevede, in linea generale,una fase iniziale nella quale è necessario controllare il dolore e l'infiammazione attraverso la crioterapia, (applicazioni di ghiaccio per 20 minuti ogni ora), e la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei, cui si può associare l'uso di TENS a scopo analgesico (Fig. 1).In questa fase possono essere prescritte contrazioni isometriche per i muscoli del polso e della mano da eseguire utilizzando il braccio sano come mezzo di resistenza alla contrazione dei muscoli del gomito o del polso dell'estremità lesionata; si possono effettuare anche esercizi di prensione con la mano, schiacciando una palla morbida di gomma.Non appena si è realizzato un efficace controllo del dolore, è possibile iniziare un programma di condizionamento generale per il mantenimento della capacità aerobiche dell'atleta. Per esempio, nel caso in cui l'arto lesionato sia ancora temporaneamente immobilizzato, è possibile lavorare con la cyclette o con il nastro trasportatore eseguendo esercizi di estensibilità e potenziamento degli arti inferiori, del tronco e dell'estremità superiore sana.La durata della prima fase varia da 2 a 4 settimane in rapporto alla entità della lesione, al grado di dolore o, in caso di intervento chirurgico alla durata della immobilizzazione necessaria per la guarigione biologica del tessuto interessato.La seconda fase del programma riabilitativo ha invece lo scopo di ripristinare un completo range di movimento senza dolore. La presenza di una limitazione più o meno marcata dell'articolarità è infatti del tutto comprensibile sia dopo una lesione da sovraccarico funzionale che dopo un intervento chirurgico.Pertanto, durante la mobilizzazione, va evitata qualunque manovra aggressiva che, oltre a rivelarsi inappropriata, potrebbe causare una esacerbazione della sintomatologia dolorosa.A tal fine si possono utilizzare tecniche di stretching passivo ed assistito o di facilitazione neuromuscolare propriocettiva (PNF), allo scopo di migliorare l'estensibilità muscolare.

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Recenti studi hanno dimostrato che l'applicazione locale di un apparecchio TENS contribuisce in maniera determinante al rilasciamento dei gruppi muscolari sottoposti ad esercizi di allungamento (Fig. 2).Nel corso di questa fase il terapista può fare riferimento alla mobilità della spalla sana, quale standard di paragone per la valutazione dei progressi realizzati nel corso della terapia.L'obiettivo finale dovrebbe essere quello di ottenere un range articolare sia passivo che attivo il più possibile simmetrico in tutti i piani di movimento della spalla. Tuttavia, in relazione ad una specifica lesione o al tipo di intervento chirurgico subito, dopo una temporanea limitazione nel movimento di rotazione esterna, potrebbe residuare una difficoltà nel movimento della spalla ed ulteriori instabilità. Inoltre, occorre ricordare che negli atleti che praticano sport di lancio, è possibile rilevare una eccessiva rotazione esterna della spalla dominante ed una concomitante limitazione della rotazione interna quale espressione di un fenomeno adattativo, tutt'altro che patologico.Alcuni lavori effettuati su animali e di recente anche sull'uomo, hanno dimostrato la presenza di meccanocettori sia a livello della capsula articolare che del labbro glenoideo ed inoltre la presenza di un arco riflesso di probabile natura protettiva fra i recettori capsulari ed alcuni dei muscoli della cuffia dei rotatori, mediato dalle branche dei nervi sottoscapolare e sovrascapolare.L'apparato propriocettivo della spalla, esattamente come quello del ginocchio, subisce delle alterazioni del controllo neuromuscolare dopo un trauma di una certa entità e dopo microtraumatismi ripetuti nel tempo. Pertanto è necessario inserire nel programma riabilitativo esercitazioni per il ripristino del senso cenestesico e per una stabilizzazione dinamica articolare (Fig. 3).Nel corso di un programma riabilitativo, vanno tenute in considerazione le influenze che i segmenti anatomici adiacenti, in condizioni di alterata postura, possono esercitare sulla funzione della spalla.Risulta difficile poter risolvere un problema di sovraccarico della cuffia dei rotatori qualora l'esame statico e dinamico posturale riveli una rigidità del tratto cervicale, spalle anteriorizzate, scapole anteposte ed elevate o un piccolo pettorale contratto, senza apportare una adeguata correzione posturale.Dopo il raggiungimento di una soddisfacente articolarità l'atleta passa alla terza fase del programma riabilitativo che prevede un progressivo ripristino della forza dei vari muscoli assieme ad un ricondizionamento specifico al gesto sportivo.La specificità e il sovraccarico sono i principi su cui deve basarsi il potenziamento. La specificità si riferisce sia agli esercizi che stimolano particolari muscoli o gruppi muscolari che al tipo di movimento necessario per lo svolgimento della attività specifica.Vanno quindi considerati: il tipo di sforzo richiesto (aerobico o anaerobico), il tipo di contrazione (concentrica, eccentrica, isometrica) e gli angoli articolari ai quali si sviluppa l'azione muscolare.Il sovraccarico si riferisce ai metodi impiegati per migliorare le caratteristiche fisiologiche del muscolo considerato, basandosi sulla frequenza, durata e intensità dell'esercizio. Al fine di incrementare adeguatamente la forza di un muscolo, lo stesso va gradualmente sovraccaricato.Si eseguono prima esercizi isometrici e successivamente isotonici a bassa resistenza e numerose ripetizioni con pesi o resistenze elastiche.

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Man mano che i livelli di forza migliorano con il potenziamento isotonico, si può introdurre anche l'esercizio isocinetico che consente sia alle basse che alle alte velocità angolari una stimolazione massimale delle fibre muscolari per tutto l'arco del movimento. Si inizia con i movimenti di intra ed extrarotazione della spalla, con l'arto in lieve abduzione, aumentando successivamente il grado di abduzione dell'arto superiore per poi passare ai piani di movimento diagonali; lo schema prevede l'utilizzo di programmi concentrici, eccentrici o combinati.Durante il periodo del potenziamento isocinetico, l'atleta deve alternare esercitazioni con resistenze elastiche allo scopo di riprodurre il gesto specifico della propria disciplina sportiva.In questa ultima fase l'atleta può riprendere gradualmente ad allenarsi, ma sotto uno stretto monitoraggio, attraverso dei test di forza e potenza con dinamometri isotonici che consentono l'incremento progressivo dell'attività sulla base dei miglioramenti clinici e strumentali.     Riabilitazione delle patologie della cuffia dei rotatoriCon questo termine si identificano condizioni patologiche quali le tendinopatie della cuffia e le sindromi conflittuali.Gli aspetti fondamentali cui deve mirare il trattamento di queste forme sono rappresentati oltre che dalla risoluzione della sintomatologia dolorosa, dal recupero della mobilità articolare e dal ripristino dell'equilibrio funzionale e propriocettivo dei vari gruppi muscolari della spalla.Per la risoluzione dell'infiammazione a carico dei tendini della cuffia dei rotatori e dei tessuti molli adiacenti si utilizzano farmaci antinfiammatori non steroidei per via orale o locale, applicazioni locali di ghiaccio e metodiche fisioterapiche quali TENS, ionoforesi e/o ultrasuoni. Dopo circa 7-10 giorni si verificano generalmente progressi tali da consentire l'inizio degli esercizi di stretching. E' bene cominciare con esercizi di allungamento per i muscoli del rachide cervicale, rivolti prevalentemente allo sternocleidomastoideo ed agli scaleni (Fig. 3).Nella fase successiva si potranno eseguire quelli per la muscolatura intrinseca della spalla, avendo cura di evitare i movimenti che provocano dolore. Sono particolarmente indicati gli esercizi di allungamento per i gruppi muscolari posteriori che determinano benefici sulla porzione posteriore della capsula, frequentemente caratterizzata da scarsa estensibilità in quasi tutti i processi patologici; altrettanto importanti sono quelli per la catena muscolare antero-interna (muscolo grande dorsale, grande e piccolo pettorale) (Fig. 4).Nell'ambito della catena cinetica globale non vanno trascurati gli esercizi di stretching per i muscoli rotatori del tronco e dell'anca.In una notevole percentuale di soggetti affetti da patologie della cuffia dei rotatori si possono constatare atteggiamenti posturali errati del tronco, della spalla patologica o di entrambe, anteroversione o lateralizzazione della scapola, cifosi dorsale o rigidità del tratto cervicale, che rendono utile un intervento selettivo e assistito da parte del terapista.Una volta raggiunta un'articolarità comparabile con l'arto sano si possono iniziare gli esercizi isometrici. Si devono effettuare un numero variabile di ripetizioni per ogni esercizio mantenendo la tensione per 10-12 secondi e dosando opportunamente lo sforzo. E' sufficiente compiere gli esercizi due volte al giorno, utilizzando un'intensità sub-massimale nelle fasi iniziali e massimale in seguito. Vanno curati gli adduttori della scapola, i muscoli rotatori e i flessori del braccio.

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Il potenziamento con pesi va intrapreso solo alla remissione della sintomatologia dolorosa e dopo aver raggiunto un soddisfacente livello di estensibilità a carico dei più importanti gruppi muscolari, per non arrecare ulteriori sovraccarichi al distretto muscolare lesionato.In fase iniziale si utilizzano basse resistenze ed alto numero di ripetizioni con un incremento progressivo del carico in funzione delle condizioni dell'atleta.Va curato soprattutto il potenziamento dei muscoli che regolano l'equilibrio della scapola sul piano toracico: i romboidi, il gran dentato, l'elevatore della scapola. Successivamente andranno potenziati i muscoli della cuffia dei rotatori, utilizzando il piano della scapola che numerosi Autori definiscono come il piano di movimento più fisiologico e che determina meno tensioni nocive sull'apparato di stabilizzazione capsulo-legamentoso gleno-omerale. Gli esercizi, con un numero variabile di serie e di ripetizioni,  riguardano in un primo momento gli extrarotatori, limitando opportunamente l'escursione articolare in presenza di dolore e successivamente gli intrarotatori. Accanto al potenziamento dei muscoli rotatori, va curato il rinforzo dei depressori della testa omerale, quali il grande pettorale, il gran dorsale, il grande rotondo e soprattutto il bicipite brachiale che riveste un ruolo di primaria importanza nella fase decelerativa dei lanci.E' bene integrare nel programma, soprattutto in fase finale, gli esercizi di facilitazione neuromuscolare propriocettiva o PNF.Questi esercizi, che riproducono in maniera fisiologica i movimenti che si realizzano nella vita quotidiana o durante l'attività sportiva, sono compiuti con l'aiuto del terapista in fase iniziale e successivamente con pesi, o elastici e, laddove possibile, con apparecchiature isocinetiche. Essi vengono effettuati secondo schemi di movimento combinati per permettere al singolo muscolo di contrarsi dallo stato di massimo allungamento a quello di massimo accorciamento e attivare nel contempo l’intera catena cinetica coinvolta in quel determinato schema d'azione.Per la spalla, l'esercizio viene effettuato su piani diagonali compresi tra i tre piani cardinali di movimento, frontale, sagittale e trasversale. In un primo tempo al movimento di adduzione della spalla si associa l'intrarotazione dell'omero, la pronazione dell'avambraccio e la flessione del gomito, cui segue in un secondo tempo l'abduzione della spalla, l'extrarotazione dell'omero, la supinazione dell'avambraccio e l'estensione del gomito (Fig. 5). L'esercizio isocinetico può essere introdotto in una fase avanzata ponendo particolare attenzione all'intensità e alla quantità di lavoro eseguito, dal momento che un eccessivo carico potrebbe scatenare una sintomatologia dolorosa. Il rinforzo isocinetico dei muscoli intrarotatori ed extrarotatori va eseguito a velocità differenziate di 150°-180°/sec in extrarotazione, 270°-300°/sec in intrarotazione abbassando le velocità di lavoro di 30° ogni 4-5 sedute senza arrivare mai a valori inferiori ai 60°/sec; l'atleta è posizionato in ortostatismo con il gomito flesso a 90° e il braccio abdotto e anteposto di 45°.In extrarotazione l'arco di movimento va limitato in presenza di dolore; successivamente gli stessi gruppi muscolari vanno esercitati a 90° di abduzione, in posizione seduta sia in modalità concentrica che eccentrica. Quando l'atleta è in grado di allenarsi tranquillamente in questa posizione si introduce l'esercizio isocinetico su piani diagonali. Le velocità utilizzate in questo caso sono preferibilmente quelle alte con il seguente andamento 300°, 270°, 240°,270°, 300°/sec. E' da sottolineare che uno dei limiti dell'isocinetica è che la velocità angolare raggiunta da questi dispositivi è di gran lunga

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inferiore a quella prodotta in gesti esplosivi come i lanci, e che la spalla posizionata su apposite leve, non è completamente libera ed è costretta ad eseguire solo archi di movimento limitati.Prima della dimissione dell’atleta vanno inseriti esercizi speciali per migliorare le doti di coordinazione consentendo l'esecuzione fine e precisa di gesti complessi. Gli esercizi speciali possono essere di tipo generale per incrementare le caratteristiche fisiologiche proprie dell'attività sportiva praticata, e di tipo specifico con esercizi a secco mediante elastici ad impegno progressivo (Fig. 6).

 

TECNICHE E METODICHE RIABILITATIVE

Illustrazione del Metodo McKenzie di diagnosi e trattamento dei disturbi vertebraliPaula M. Van Wijmen, Dip. Phty (Neth), Dipt. MT, Dip. MDTManipulative TherapistWellington, Nuova Zelanda

Traduzione a cura di: Simonetta Magnani e Carla Vanti

Revisione a cura del THE MCKENZIE INSTITUTE - ITALIA

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INTRODUZIONE

Il metodo McKenzie ha conseguito un ampio riconoscimento quale metodo conservativo di trattamento per disturbi meccanici della colonna vertebrale. A tale riconoscimento si sono affiancati numerosi fraintendimenti. Nella presente relazione si fornirà una sintetica illustrazione dei concetti base di tale metodo unico di esame e trattamento, si chiarificheranno aspetti fraintesi e si puntualizzerà il ruolo del metodo McKenzie nella classificazione e nel trattamento dei disturbi spinali non specifici. Oggetto di trattazione sarà in particolare l'identificazione

delle tre sindromi di McKenzie attraverso al valutazione McKenzie, il modello teorico della sindrome da derangement, i principi di trattamento di ciascuna delle tre sindromi, la prevenzione delle recidive e dell'aggravamento dei disturbi spinali meccanici non specifici.

ILLUSTRAZIONE DEL METODO McKENZIE

Il metodo McKenzie, utilizzato per valutare e curare disturbi del rachide, è suddivisibile in tre componenti fondamentali:1. Diagnosi meccanica2. Trattamento meccanico3. Prevenzione delle recidive o profilassi

1. Diagnosi meccanica:Si è accertato che nella maggioranza dei pazienti (90%) è ignota la struttura che causa i sintomi. Risulta pertanto necessario un metodo alternativo per la classificazione dei pazienti. L'approccio McKenzie classifica i pazienti in tre principali categorie, sulla base del meccanismo di produzione del dolore. Le tre sindromi vengono quindi suddivise in base alla localizzazione del dolore ed alla presenza od assenza di deformità spinale acuta. A ciò si giunge attraverso l'analisi dell'effetto di movimenti ripetuti e di posizioni mantenute sul pattern del dolore.

2. Trattamento meccanico:La strategia di trattamento è determinata dalla diagnosi meccanica. La procedura utilizzata è una progressione di forze meccaniche che inizia con le posizioni ed i movimenti propri del paziente (forze auto-generate) e, quando necessario, prosegue con mobilizzazioni e manipolazioni eseguite da un terapista (forze generate dal terapista). Scopi generali del trattamento sono: a) eliminare il dolore, b) ristabilire la piena funzionalità e c) prevenire le recidive e l'aggravamento del disturbo. Per ottenere tali risultati esiste un metodo specifico per ciascuna sindrome meccanica.

3. Prevenzione delle recidive:Si consegue attraverso l'enfatizzazione della responsabilità dei pazienti per il proprio recupero e tramite una piena esplorazione delle forze auto-generate, prima di passare alle forze applicate dall'esterno. Le procedure di auto-trattamento che determinano o concorrono al recupero dell'episodio attuale divengono punto focale del programma di profilassi individuale per il paziente. In tal modo il trattamento si traduce in profilassi e si sviluppa un programma a lungo termine specifico, ma semplice.

Fraintendimenti ricorrenti:Vi sono un certo numero di convinzioni errate circa il metodo McKenzie, tra le quali l'idea che esso:1. consista esclusivamente in esercizi di estensione2. consista unicamente nell'auto-trattamento3. sia efficace solo per pazienti acuti e sub-acuti4. dia risultati per la colonna lombare, ma non per il collo5. sia troppo semplice.

Storia naturale ed epidemiologia:Qualsiasi approccio al trattamento dei disturbi della colonna, meccanici o legati all'attività, deve tenere in alta considerazione questi due fattori.

Storia naturale:La maggioranza degli episodi di dolore lombare si risolve spontaneamente. Le statistiche generali relative al dolore lombare attestano che nel 44% dei casi si ha guarigione in una settimana, nell'86% in un mese e nel 92% in due mesi, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno trattamento. Stando al Quebec Task Force Report, nel 74,2% dei casi di affezioni lombari riconducibili all'attività lavorativa, si ha il ritorno al lavoro in meno di quattro settimane.

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Ricadute ed aggravamento:Il vero problema non è tanto trattare l'episodio in corso, quanto bloccare il ripetersi del disturbo e la progressione verso il dolore lombare cronico e la disabilità. Gli episodi di dolore lombare recidivano nel 70-90% dei casi ed evolvono in sciatica nel 35-45%. Solo una piccola percentuale di pazienti giunge a cronicità o disabilità, ma tale insieme costituisce il 75-90% dei costi per l'industria a causa di tale affezione.

Disabilità lombare:Tra il 1971 ed il 1981, negli Stati Uniti, l'incremento delle disabilità lombari è stato di 14 volte superiore rispetto alla crescita demografica, un tasso di aumento superiore a quello di qualsiasi altra malattia.

Fattori epidemiologici:I fattori individuali di rischio per il dolore lombare includono: l'età (dai 25 ai 55 anni), il sesso (incidenza maggiore per gli uomini rispetto alle donne), la statura corporea (le persone alte più che quelle basse), le dimensioni del canale spinale (più se è stretto, che se è largo), il fumo ed alcuni fattori psicologici. I fattori di rischio connessi all'occupazione comprendono: guida di veicoli a motore, frequenti sollevamenti, mansioni lavorative che comportano sforzi eccessivi ed occupazioni sedentarie, particolarmente quando si debba stare a lungo seduti.

Fattori di predisposizione secondo McKenzie:Avvicinando il problema da una prospettiva meccanica, McKenzie ha identificato due principali fattori di predisposizione derivanti dallo stile di vita: a) la postura seduta scorretta e b) la frequenza della flessione. Tali fattori meccanici sono causati da un complessivo stile di vita che porta ad un cedimento, per eccesso di logoramento, dei tessuti molli che sostengono la spina dorsale. Tali fattori predisponenti sono affrontati nel piano di trattamento a breve e lungo termine per ciascun paziente, in quanto specificamente collegati al disturbo del paziente stesso.

Dolore meccanico:Concetto cardine per l'approccio McKenzie è che la maggior parte dei dolori lombari abbiano un'origine di natura meccanica. Il dolore insorge per una deformazione meccanica dei tessuti molli tale da attivare il sistema nocicettivo. L'esame di McKenzie utilizza metodi meccanici, movimenti ripetuti e posizioni mantenute per determinare le caratteristiche di tale deformazione del tessuto molle. Ciò consente di inquadrare il paziente in una o più delle sindromi meccaniche e di scegliere il metodo di trattamento appropriato.

CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE LOMBARE NON SPECIFICO

McKenzie ha identificato tre gruppi generali di pazienti con caratteristiche comuni ed ha attribuito un nome a queste tre sindromi meccaniche, ovvero sindrome posturale, sindrome da disfunzione e sindrome da derangement. Tali gruppi si distinguono in base alla localizzazione della sintomatologia, alla presenza od assenza di deformità spinale acuta (shift laterale, inclinazione del tronco, etc.) e dell'effetto di movimenti ripetuti sul pattern del dolore.

Nel 1987 i risultati dello studio eseguito dalla Quebec Task Force vennero pubblicati nel rapporto intitolato "Approccio scientifico alla valutazione ed alla gestione dei disturbi spinali connessi all'attività". Tale documento è una preziosa fonte per clinici e ricercatori ed indipendentemente suffraga una serie di posizioni assunte da McKenzie negli anni precedenti.

Classificazione della Quebec Task Force dei pazienti con disturbi spinali connessi all'attività:1. Dolore senza irradiazione; 2. Dolore con irradiazione all'estremità prossimalmente;3. Dolore con irradiazione all'estremità distalmente;4. Dolore con irradiazione agli arti superiori/inferiori con segni neurologici;5. Compressione della radice di un nervo spinale presunta in base a semplice radiografia, ovvero frattura, instabilità rachidea; 6. Compressione della radice di un nervo spinale confermata da tecniche di visualizzazione specifiche, ovvero TAC, mielografia, MRI;7. Stenosi spinale;8. Condizione post-operatoria, da 1 a 6 mesi dopo l'intervento;9. Condizione post-operatoria, a più di 6 mesi dall'intervento: asintomaticasintomatica;10. Sindrome dolorosa cronica;11. Altro.

Le prime quattro classi indicate dalla Quebec Task Force (QTF) rappresentano il 90% dei pazienti ed hanno notevole analogia col sistema di classificazione di McKenzie. Di fatto, come qui di seguito illustrato, le sindromi di McKenzie forniscono un'ulteriore ripartizione di tali prime quattro classi di pazienti:

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Classe 1 della QTF: derangement da 1 a 4 e 7, sindrome posturale e da disfunzione di McKenzie.Classe 2 della QTF: derangement da 1 a 4 e 7 di McKenzie.Classe 3 della QTF: derangement 5 e 6 e radice nervosa aderente di McKenzie.Classe 4 della QTF: derangement 5 e 6 di McKenzie.

IL METODO McKENZIE DI VALUTAZIONE DEL DOLORE VERTEBRALE

Esame dei movimenti ripetuti:Elemento chiave del metodo di esame secondo McKenzie è l'accurata valutazione dell'effetto dei movimenti ripetuti e delle posizioni mantenute sul pattern del dolore del paziente. Vi sono 11 effetti definiti che i movimenti di test e le posizioni possono produrre sullo stato di dolore del paziente. Il terapista procede quindi ad una classificazione del paziente secondo l'analisi degli effetti di tali test.

Le tre sindromi:Le tre sindromi meccaniche sono disturbi singoli e distinti. Sono identificate sulla base delle caratteristiche comuni nella risposta del dolore ai movimenti di test ripetuti a fine arco di movimento. Il trattamento per ciascuna sindrome differisce nella strategia, ma gli scopi generali del trattamento sono i medesimi per tutte e tre: a) ottenere un completa scomparsa del dolore, b) recuperare pienamente la funzione e c) prevenire le recidive.

1. Sindrome posturale:In caso di sindrome posturale, i movimenti ripetuti non danno luogo a nessun effetto. I sintomi sono prodotti solo dal mantenimento prolungato della posizione a fine arco di movimento. Il modello teorico relativo al meccanismo del dolore sarebbe la deformazione meccanica dei tessuti molli di sostegno (probabilmente legamentosi) secondariamente alla risposta visco-elastica ad un carico statico a fine arco di movimento. Non vi è patologia. Il dolore percepito è semplicemente un meccanismo di avvertimento del tessuto.

Anamnesi comune: • dolore solo locale, mai riferito;• dolore intermittente;• dolore prodotto da posizioni mantenute a fine arco di movimento;• coinvolgimento del fattore tempo;• sollievo dal dolore con il cambiamento della posizione;• il dolore non si avverte quando la colonna è in movimento.

Esame della postura: - generalmente scorretta.Esame dell'articolarità: – nessuna limitazione.Movimenti ripetuti: – nessuna produzione del dolore.Posizioni mantenute: – la posizione a fine range può produrre dolore; si ha sollievo cambiando posizione.

2. Sindrome da disfunzione:I movimenti ripetuti producono un dolore a fine arco di movimento che è localizzato al rachide, tranne nel caso di radice nervosa aderente. Il dolore non cambia localizzazione e la condizione non migliora nè peggiora di conseguenza.Il modello teorico è che un tessuto fibroso accorciato per adattamento o per cicatrice (in seguito ad un meccanismo di riparazione) venga a trovarsi prematuramente stirato a fine arco di movimento, allorquando si tenta di raggiungere un normale, completo arco di movimento. Il tessuto accorciatosi potrebbe essere uno qualsiasi dei tessuti molli normalmente soggetti a deformazione di tensione o compressione durante il movimento o la posizione. L'individuazione dell'esatto tessuto coinvolto non è possibile, a causa della mancanza di cambiamento nella localizzazione del dolore o nel comportamento del dolore evidenziato col test dei movimenti ripetuti.

Anamnesi comune: • il dolore avvertito è localizzato al rachide, nessuna irradiazione, tranne che nel caso di radice nervosa aderente;• il dolore è intermittente;• il dolore si produce con movimenti e posizioni che tendono i tessuti anelastici;• lo schema del dolore è fisso, si avverte lo stesso dolore quando si raggiunge la fine arco di movimento;• nessun fattore tempo, il dolore si produce immediatamente.

Esame della postura: – generalmente è scorretta.Perdita di movimento:

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– sempre nella direzione della produzione del dolore (restrizione)Movimenti ripetuti: – non cambia con la ripetizione;– dolore fisso a fine arco di movimento;– lo schema del dolore resta lo stesso, ovvero pattern fisso, la stessa pressione procura lo stesso dolore;– il dolore scompare poco dopo aver rilasciato lo stiramento a fine range;– nessun effetto sui movimenti nella direzione opposta;– nessun miglioramento o peggioramento dopo il test;– nessun cambiamento rapido.

3. Sindrome da derangement:I movimenti ripetuti modificano la localizzazione ed il comportamento del dolore. Il dolore è avvertito frequentemente durante il movimento. Si verifica centralizzazione e periferalizzazione del dolore e la condizione può migliorare o peggiorare in conseguenza del test. Il modello teorico è che sia uno spostamento interno dei tessuti molli al centro del disco intervertebrale a provocare il dolore e la perdita della funzione. A condizione che il meccanismo idrostatico del disco intervertebrale sia intatto, i sintomi possono essere centralizzati ed aboliti e la funzione può essere rapidamente ristabilita, riducendo lo spostamento del tessuto molle alla sua forma e posizione normali.

Anamnesi comune:• il dolore è locale e/o riferito;• il dolore è costante od intermittente;• certi movimenti e posizioni producono o aumentano il dolore;• altri movimenti e posizioni aboliscono o diminuiscono il dolore;• lo schema del dolore è variabile: il dolore cambia sede e localizzazione; • può esservi un fattore tempo o il dolore può essere prodotto/aumentato immediatamente.

Esame della postura: – generalmente è scorretta;– può esservi deformità acuta, ovvero inclinazione acuta del tronco, o scoliosi, cifosi o lordosi accentuata.Perdita di movimento:– si riscontra sempre una certa perdita di movimento (ostruzione);– in caso di deformità acuta, è impossibile l'inversione della curva (ostruzione); – movimenti ripetuti e/o posizioni mantenute possono avere effetto sulla perdita di movimento (meglio o peggio).Movimenti ripetuti: – dolore durante il movimento;– lo schema del dolore è variabile, cioè la stessa pressione determina una differente intensità (aumento o diminuzione) e/o localizzazione (centralizzazione o periferalizzazione) del dolore;– preferenza direzionale: il movimento in una direzione produce o aumenta i sintomi; il movimento nella direzione opposta diminuisce o abolisce i sintomi;– effetto sui movimenti nella direzione opposta (ostruzione);– la condizione è meglio o peggio dopo i test;– si manifestano cambiamenti rapidi.

MODELLO TEORICO DELLA SINDROME DA DERANGEMENT

McKenzie ha ipotizzato che i pazienti che presentano tale sindrome siano affetti da un disturbo meccanico all'interno del disco intervertebrale. Il suggerimento teorico che può rendere in parte le ragioni per tale ipotesi ed addurre una prova a sostegno della sua plausibilità è il seguente: un'eccessiva deformazione o spostamento delle parti centrali e mobili del disco intervertebrale può dar luogo a dolore o perdita di movimento. A condizione che il meccanismo idrostatico del disco vertebrale sia intatto, il tessuto deformato o spostato può essere ricondotto alla propria posizione o forma normali, con rapida scomparsa del dolore e ripristino del movimento. Quanto più sono consistenti la distorsione e lo spostamento, tanto maggiori sono il dolore riferito e la probabilità di deformità spinale acuta. Ciò può progredire fino a divenire protrusione, estrusione o sequestro del disco intervertebrale, in cui si perde il meccanismo idrostatico e si possono provocare segni di irritazione e compressione della radice nervosa. A tale punto è improbabile un rapido recupero attraverso terapia meccanica ed il paziente o risponderà lentamente al trattamento, o richiederà un intervento più invasivo.

Il fenomeno della centralizzazione:Il fenomeno della centralizzazione, così come descritto da McKenzie, può essere definito nel modo seguente: in conseguenza della esecuzione ripetuta di certi movimenti e/o dell'assunzione di certe posizioni, il dolore che origina dal rachide e viene riferito distalmente si sposta dalla periferia verso la linea mediana della colonna. Una volta identificati, i movimenti che determinano tale fenomeno possono essere utilizzati per eliminare i sintomi riferiti. In pazienti

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con dolore di origine recente, tale processo può essere estremamente rapido ed in alcuni casi può verificarsi nell'arco di pochi minuti.

La centralizzazione dei sintomi si ha solo nella sindrome da derangement durante il processo di riduzione. E' in base a tale mutamento nella localizzazione dei sintomi con i movimenti ripetuti di test che si identifica il gruppo di pazienti con sindrome da derangement. Oltre alla centralizzazione dei sintomi, con tale gruppo di pazienti si può ottenere un rapido miglioramento o peggioramento. Ciò è più evidente nei pazienti con deformità vertebrali acute come cifosi acuta, scoliosi acuta ed occasionalmente lordosi accentuata acuta.

E' il movimento dei sintomi, lontano e verso la linea mediana, che ha portato McKenzie alla conclusione che la causa di questo comportamento dei sintomi sia probabilmente discogenica. Non si hanno prove certe decisive, per confermare od invalidare tale ipotesi teorica; vi è, tuttavia, un corpus crescente di testimonianze, dal punto di vista biologico e clinico a sostegno della plausibilità della supposizione.

IL METODO MCKENZIE DI TRATTAMENTO DEL DOLORE VERTEBRALE

Il trattamento in generale consiste di procedure meccaniche tese a migliorare la postura, a recuperare un arco di movimento in tutte le direzioni completo e senza dolore ed a ristabilire la piena funzionalità per attività domestiche, occupazionali e ricreative. Le procedure si applicano in maniera specifica, a seconda del tipo di sindrome meccanica da trattare. Esiste una specifica progressione delle procedure utilizzate: le forze vengono esercitate passivamente, a partire dalle posizioni e dai movimenti del paziente per terminare, solo se necessario, con tecniche applicate dal terapista.

Il trattamento inizia esplorando le posizioni ed i movimenti del paziente e valutando l'effetto sui sintomi. Se, nel trattamento della disfunzione e del derangement, si ha un certo grado di miglioramento che tuttavia rimane incompleto, il terapista progredirà nel trattamento nella stessa direzione, attraverso l'uso di forza applicata dall'esterno o della terapia manuale. In tal modo, si applica una progressione di forze meccaniche al problema meccanico del paziente, al fine di eliminare il dolore e ripristinare la funzione.Nella sindrome da disfunzione l'effetto ricercato, sul pattern del dolore, tramite l'applicazione della forza è diverso da quello della sindrome da derangement.

Nella disfunzione, il dolore deve essere prodotto alla fine dell'arco di movimento, per alleviare gradualmente i sintomi e ristabilire la funzionalità. Nel derangement, il dolore deve essere centralizzato ed abolito, per alleviare rapidamente i sintomi. La piena funzionalità si ripristina quando la condizione si è stabilizzata (analogamente al trattamento di fratture). E' da evidenziare che le procedure utilizzate per stirare la disfunzione o ridurre il derangement rappresentano solo una parte della terapia meccanica.

Progressione delle forze:La progressione segue sempre, la sequenza di verificare completamente le forze generate dal paziente, prima dell'applicazione di tecniche manuali. Ciò è necessario, per far sì che il paziente si responsabilizzi nel prendersi cura dei propri problemi di schiena e per sviluppare un programma di profilassi specifico per le necessità individuali del paziente. Qui di seguito proponiamo un prospetto generale della progressione sistematica delle forze meccaniche:Forze statiche generate dal paziente:• posizione a metà arco;• posizione a fine arco. Forze dinamiche generate dal paziente:• movimento del paziente a metà arco;• movimento del paziente a fine arco;• movimento del paziente a fine arco con sovrapressione.Forze generate dal terapista:• sovrapressione del terapista - movimento del paziente a metà arco;• sovrapressione del terapista - movimento del paziente a fine arco;• sovrapressione del terapista - mobilizzazione;• sovrapressione del terapista - manipolazione;• trazione - manuale / intermittente / mantenuta.

PRINCIPI DI TRATTAMENTO SPECIFICI PER LE TRE SINDROMI

Trattamento della sindrome posturale:Il principio basilare del trattamento è la correzione della postura o della posizione che causa la sintomatologia, ovvero la postura seduta, eretta o sdraiata e le posizioni mantenute durante il lavoro o le altre attività. Spesso i

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pazienti con sindrome posturale sono persone sedentarie e non allenate. Pertanto, assieme alla correzione posturale si incoraggia l'aumento dell'attività, per ottenere uno stile di vita con maggiore equilibrio tra attività ed inattività.

Trattamento della sindrome da disfunzione:L'obbiettivo principale del trattamento è lo stiramento delle strutture accorciate. Il principio di trattamento dipende dal tipo di disfunzione, vale a dire flessione, estensione, scivolamento laterale, radice nervosa aderente (una forma di disfunzione in flessione) e disfunzione multi-direzionale. Oltre alle procedure di stiramento, è parte importante del trattamento la correzione posturale. Abitudini posturali scorrette potrebbero aver portato alla disfunzione mediante un accorciamento adattivo. Con la correzione posturale, le strutture accorciate possono essere tenute lontane dallo stiramento a fine arco di movimento ed il dolore potrebbe essere avvertito con frequenza assai minore.

Trattamento della sindrome da derangement:Le fasi del trattamento del derangement possono essere paragonate al trattamento di una frattura. Il principio di trattamento dipende dal tipo di derangement,- vale a dire posteriore, postero-laterale, anteriore, antero-laterale - e dalla presenza od assenza di deformità acuta. Per i pazienti con deformità spinale acuta si rende spesso necessaria la tecnica o l'assistenza del terapista, prima che questi possano iniziare l'auto-trattamento.

Responsabilità del paziente:La diagnosi meccanica ed il trattamento si basano su una concordanza tra causa ed effetto, vale a dire tra forze meccaniche e dolore / risposte funzionali. Anche le istruzioni per l'auto-trattamento si fondano sugli stessi principi di causa ed effetto. In tal modo, il programma da svolgere a casa diviene molto specifico per i problemi individuali del paziente. Le istruzioni posturali ed ergonomiche e le prescrizioni concernenti gli esercizi di auto-trattamento (frequenza e ripetizione degli esercizi) non sono una casuale procedura di routine di azioni e serie/ripetizioni di esercizi, in attesa di un eventuale mutamento della condizione. Nell'approccio di McKenzie ci sono strumenti dinamici specificamente correlati al dolore ed allo status funzionale individuale del paziente. Essi mirano ad influenzare immediatamente sia la causa meccanica del disturbo, sia i fattori riconducibili allo stile di vita che impediscono un rapido recupero e favoriscono le recidive e la progressione del disturbo stesso.

Tecniche manuali o del terapista:La capacità di sviluppare una buona abilità manuale, che consenta al terapista di portare passivamente le articolazioni vertebrali alla fine dell'arco di movimento e di applicare una sovrapressione è fondamentale in un certo numero pazienti. La direzione, l'ampiezza, la frequenza e la scelta della tecnica non dipendono dalla sensibilità manuale del terapista, ma piuttosto dall'attenzione al feedback del paziente che riferisce come i sintomi siano influenzati dalle tecniche. La tecnica manuale è una progressione di forza nel trattamento: questo chiarisce quando la tecnica manuale è necessaria e ne rende semplice e sicura l'esecuzione. Nel metodo McKenzie il terapista meccanico deve avere buona abilità manipolativa e deve utilizzare tale capacità con una prospettiva differente rispetto a quella dell' approccio della terapia manipolativa tradizionale.

IL METODO McKENZIE DI PREVENZIONE DELLE RECIDIVE E DELL'AGGRAVAMENTO

Non è più accettabile considerare soddisfacente un sollievo dell'episodio, senza un beneficio a lungo termine. A tal fine l'educazione del paziente costituisce parte essenziale del trattamento. Nell'approccio McKenzie, quelle istruzioni e procedure che portano al recupero del paziente, divengono il fondamento delle indicazioni a lungo termine. Le relazioni di causa ed effetto, identificate con l'esame, divengono lo strumento di reazione necessario per il trattamento. Tali misure di reazione vengono mutate in un meccanismo efficace pro-attivo, che previene l'insorgenza di un episodio successivo. Vengono illustrate le fasi del disturbo meccanico specifico inerente il problema del paziente e si sottolinea l'azione appropriata per le fasi iniziali o quando si sviluppano i primi segnali di allarme. La chiave per la riuscita della prevenzione delle recidive è l'auto-intervento, prima che si avverta dolore.

Le istruzioni a lungo termine includono:• Istruzioni e consigli posturali;• Istruzioni e consigli ergonomici;• Mantenimento dell'arco di movimento;• Equilibrio degli stress e delle tensioni meccaniche;• Interpretazione dei segnali di avvertimento ed azione;• Incoraggiamento ad una maggiore attività;

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• Specifici esercizi di routine.

COMPENDIO E CONCLUSIONI

Il metodo McKenzie non è un ricettario di semplici esercizi di estensione applicati a tutti i pazienti, irrispettoso dalla causa meccanica sottostante; è un concetto che porta a risposte ritagliate su misura per gli specifici problemi individuali di ciascun paziente. In breve, l'approccio McKenzie è un metodo unico, che ha tre inscindibili obiettivi: un sistema di classificazione meccanica (diagnosi meccanica), un sistema di trattamento meccanico (terapia meccanica) ed un concetto di profilassi meccanica. Ciascuna di tali aree è definibile e misurabile ed in ciascuna di tali aree è stata svolta od è in via di sviluppo la ricerca clinica. Finalità del trattamento sono l'eliminazione del dolore, il ripristino della piena funzione e la prevenzione delle recidive. Gli obiettivi clinici dell'approccio McKenzie possono essere conseguiti con successo in un ampia fetta della popolazione con problemi vertebrali non specifici.

La presentazione odierna offre una panoramica del metodo di valutazione e trattamento McKenzie. Per l'apprendimento di tale metodo, l'Istituto McKenzie ha elaborato una serie ufficiale di corsi di istruzione, con esame finale e, in ultimo, il conseguimento del Diploma in Diagnosi Meccanica e Terapia.L'Istituto McKenzie ha una filiale ben avviata in Italia, che provvede alla formazione. Per ulteriori informazioni sui corsi di formazione dell'Istituto McKenzie si prega di contattare:

The McKenzie Institute - Italia Via Spontini 320131 Milano (MI) Tel. 02/29536191

IL TRATTAMENTO DEL DOLORE DI SPALLA: IPOTESI DI UN NUOVO APPROCCIO TERAPEUTICO

TdR Valeria SirtoriServizio Di Medicina Fisica e Riabilitazione Divisione di Ortopedia, IRCCS Ospedale San

Raffaele- Milano

Scienza Riabilitativa - 1998

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II trattamento conservativo nelle patologie di spalla è, da tempo, utilizzato in riabilitazione. Gli obiettivi sono quelli di recuperare un'escursione articolare funzionale, rinforzare i muscoli, in particolare gli extarotatori e diminuire il dolore, che può limitare la funzionalità della spalla.Mentre è nota l'utilità degli esercizi di mobilizzazione articolare e di rinforzo muscolare vi è ancora poca evidenza sull'efficacia del trattamento mirato alla riduzione della sintomatologia dolorosa. A tale proposito un recente articolo pubblicato sul BMJ ha preso in rassegna tutti gli studi riguardanti i trattamenti riabilitativi utilizzati per la riduzione del dolore di spalla dovuto ad interessamento dei tessuti periarticolari.Gli Autori concludono che non vi sono elementi sufficienti a confermare l'efficacia delle tecniche riabilitative comunemente utilizzate: tens, crioterapia, esercizi di mobilizzazione attiva e passiva, a causa sia dell'esiguo numero di studi ma, soprattutto, degli errori nell'impostazione metodologica: gruppi poco omogenei, difficoltà nell'evidenziare un singolo trattamento.Scopo di questo lavoro è quello di valutare l'efficacia di un esercizio di contrazione isometrica sottomassimale in abduzione ed extrarotazione di spalla, sulla riduzione del dolore a riposo, in particolar modo notturno, in pazienti con conservata articolarità passiva e buona funzionalità della spalla.

MATERIALI E METODI Soggetti I criteri di inclusione nello studio sono stati:- dolore notturno alla spalla- buona escursione articolare passiva - buona funzionalità della spalla.Mentre l'unico criterio di esclusione ha riguardato i pazienti post operati.Sono stati studiati cinque pazienti giunti ambulatoriamente presso il Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione da marzo a maggio del 1998. Dei cinque pazienti uno era maschio e quattro erano femmine. L'età dei pazienti era compresa tra i 56 e i 66 anni (media 60,4, deviazione standard 4,3). Tutti i pazienti riferivano il dolore prevalentemente di notte (spesso i pazienti si svegliavano a causa del dolore), la sintomatologia dolorosa era presente da almeno due mesi. Nessun paziente aveva effettuato in precedenza un programma riabilitativo, mentre due dei cinque pazienti avevano effettuato delle infiltrazioni senza aver avuto alcun beneficio.

TrattamentoTutti i pazienti hanno eseguito 10 sedute di trattamento della durata di circa 40 minuti con frequenza trisettimanale. Ai soggetti venivano richieste delle contrazioni isometriche in diverse posizioni di abduzione ed extrarotazione. Le contrazioni erano della durata di 10 secondi intervallate da un minuto di pausa. La scelta delle posizioni e l'intensità delle contrazioni erano tali da non evocare dolore al paziente. In particolare, inizialmente si sono scelte le posizioni nelle quali, ad una valutazione attiva, il paziente non avvertiva dolore modificandole durante la seduta (Fig. 1).

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ValutazioneAll'inizio e alla fine dei periodo di trattamento, ogni paziente ha compilato un questionario sulla funzionalità e sintomatologia della spalla (Shoulder Rating Questionnaire modificato, 12). Il questionario prevedeva sia domande riguardanti le caratteristiche e l'intensità del dolore che il grado di difficoltà nell'utilizzo della spalla durante attività funzionali e lavorative. Il punteggio del questionario andava da un minimo di 12 (situazione peggiore) ad un massimo di 75 (situazione migliore).

Analisi statisticaI risultati ottenuti dopo le 10 sedute di trattamento sono stati elaborati con il Wilkoxon Signed Rank test. L'analisi statistica è stata eseguita utilizzando il programma dedicato STATA, ed 1990 Brooks/Cole Publishing Company.

RISULTATIDopo le 10 sedute tutti i 5 pazienti hanno indicato un aumento nel punteggio del questionario. L'analisi statistica sul campione ha evidenziato una differenza significativa prima e dopo trattamento: range delle differenze 4,8-36,35 con mediana di 19,3 (z=2,02 k=4 p=0,0431) a indicazione della sua efficacia.

DISCUSSIONEIl trattamento descritto è servito a diminuire il dolore dal quale poi dipendevano le limitazioni funzionali. In particolare i pazienti hanno riferito un maggior beneficio nelle ore notturne. Le caratteristiche del dolore descritte dai soggetti inseriti nello studio, ossia prevalentemente a riposo, con accentuazione nelle ore notturne e diminuizione con il movimento, erano molto simili a quelle dei soggetti lombalgici o lombosciatalgici per i quali alcuni autori ipotizzano una componente venoso-congestizia. In questo tipo di lombalgia l'irritazione della radice nervosa non sembrerebbe attribuibile solo alla compressione meccanica ma anche ad una congestione venosa del plesso epidurale di Batson. La contrazione della muscolatura paravertebrale, ottenuta con esercizi di

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autotrazione migliorerebbe la sintomatologia dolorosa facilitando il ritorno venoso. Nonostante la scarsa dimensione del campione studiato e la mancanza del follow-up i dati presentati potrebbero suggerire studi a verifica dell'ipotesi venoso-congestizia anche nel dolore di spalla.

RIABILITAZIONE DOPO TRATTAMENTO CHIRURGICO NELLE ROTTURE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI

Il programma riabilitativo dopo intervento di riparazione della cuffia dei rotatori della spalla ha durata variabile a seconda dei seguenti fattori:

   Età del paziente  Grandezza della lesione   Tipo di lesione (traumatica o degenerativa)   Forza e grado di mobilità della spalla   Richieste funzionali del paziente  Tipo di tecnica chirurgica

Gli scopi della rieducazione sono:

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 Minimizzare gli effetti della immobilizzazione Evitare eccessivo stress sui tessuti riparati Progredire nel rispetto dei tempi biologici di guarigione e a seconda dei progressi del

paziente

In linea di massima possono comunque essere distinte 3 fasi:

PRIMA FASE

Può variare da 3 a 6 settimane in base ai fattori sopra elencati.

Si utilizza un tutore per spalla con cuscino in abduzione.

 Si esegue la mobilizzazione attiva di gomito, polso e rachide cervicale  Correzione posturale  Mobilizzazione passiva della spalla (elevazione sul piano scapolare non oltre 90°,

extrarotazione non oltre 30°)  Crioterapia Tens  Esercizi pendolari di Codman Mobilizzazione passiva autoassistita

 Esercizi isometrici assistiti

SECONDA FASE

Circa 4 settimane.

Progressione da mobilizzazione attiva assistita ad attiva Qualità del movimento: evitare movimenti attivi forzati oltre il piano orizzontale Tecniche di micromobilizzazione della testa omerale Rinforzo muscolare con gli elastici a tensione leggera

TERZA FASE

Dalla 8ª/10ª settimana in poi.

Continua la mobilizzazione attiva Stretching capsulare autoassistito

Esercizi propriocettivi

 Rinforzo muscolare progressivo: alte ripetizioni e bassi carichi

A queste 3 fasi segue la ripresa delle normali attività quotidiane o del gesto sportivo specifico, limitando in quest'ultimo caso il ritorno alle competizioni dopo 6 mesi dall'intervento.

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RIABILITAZIONE DOPO RIPARAZIONE CHIRURGICA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI

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La spalla è un’articolazione piuttosto complessa dotata di una grande mobilità su tutti i piani di movimento. La sua stabilità è dovuta a fattori muscolari più che articolari propri ed i movimenti sono regolati da un delicato equilibrio di forze muscolari e movimenti articolari di cui, forse più di altre articolazioni, bisogna assolutamente tenerne conto in riabilitazione.

Il programma riabilitativo dopo intervento di riparazione della cuffia dei rotatori della spalla ha durata variabile a seconda dei seguenti fattori:

Età del paziente Grandezza della lesione Tipo di lesione (traumatica o degenerativa) Forza e grado di mobilità della spalla Richieste funzionali del paziente Tipo di tecnica chirurgica

      

Gli scopi della rieducazione sono:

Minimizzare gli effetti della immobilizzazione Evitare eccessivo stress sui tessuti riparati

Progredire nel rispetto dei tempi biologici di guarigione e a seconda dei progressi del paziente

Abbiamo formulato un programma riabilitativo indicativo che abbiamo suddiviso e schematizzato per comodità in 4 fasi : 

1a FASE : Può variare dalle 3-4 settimane e comprende il periodo post-operatorio. In questo periodo l’articolazione è protetta da un tutore tipo Desault o a braccio abdotto 20° che può essere rimosso solo per effettuare fisioterapia.

Evitare l’instaurarsi di rigidità e ripristinare corretto ritmo scapolo-omerale sono gli obiettivi da porsi in questa fase.

Le sedute devono essere quotidiane, anche 2 volte al giorno nelle prime 3 settimane. Fondamentale ed importante, è l’idroterapia. La spinta di Archimede dell’acqua infatti si sostituisce al tutore e permette una più facile e precoce mobilizzazione dell’articolazione mentre la temperatura dell’acqua (34° C) ha effetti miorilassanti

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sulle eventuali contratture muscolari che possono insorgere.

A secco il terapista può effettuare tecniche di micromobilizzazione della testa omerale e della scapola, evitando la rotazione interna.

Esercizi attivi dei fissatori della scapola possono essere già introdotti ed è utile la mobilizzazione passiva autoassistita in flessione ed extrarotazione della spalla con il classico pendolo di CODMAN per ricreare spazio scapolo omerale.

In tale fase sono vietati i movimenti attivi se non quelli a carico dei fissatori della scapola. La crioterapia dopo gli esercizi, e nei momenti di dolore è un valido aiuto

In sintesi :

Micromobilizzazione omero e scapola; Mobilizzazione passiva dell’articolazione / rotazione interna e abduzione

protette;

Mobilizzazione autoassistita in flessione ed extra rotazione;

Esercizi pendolari di CODMAN;

Esercizi attivo-assistiti e attivi per fissatori della scapola;

Idroterapia; crioterapia

2a FASE : 4a – 8a settimana, coincide con l’abbandono del tutore.

In tale fase continuano le micromobilizzazioni per cercare di detendere la capsula ed i tessuti molli per favorire il recupero di gradi articolari.

La mobilizzazione attivo-assistita progredisce gradualmente sempre più verso l’attiva e continua la mobilizzazione auto-assistita in flessione ed extra-rotazione (anche con carrucole e skateboard) ed extrarotazione.

Possono venire introdotti esercizi contro resistenza elastica leggera per i fissatori della scapola e stretching.

Gli intra-extra rotatori possono iniziare a lavorare in isometrica, mentre si consiglia di aspettare la 6a settimana prima di proporre esercizi isotonici attivi in intra-extrarotazione, evitando di eccedere nelle ripetizioni poiché notevolmente irritanti per la cuffia operata.

Dalla 6a settimana si favoriscono esercizi in adduzione sul piano orizzontale.

 Riassumendo :  

Continua il lavoro di micromobilizzazione e mobilizzazione passiva sul lettino, ora è possibile aggiungere l’abduzione e la rotazione interna;

La mobilizzazione attivo-assistita progredisce sempre più verso quella attiva;

Esercizi contro resistenza elastica leggere dei fissatori della scapola;

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Stretching;

Lavoro graduale degli intra-extrarotatori,prima isometrico e poi contro resistenza manuale;

Lavoro graduale in adduzione sul piano orizzontale;

Continua lavoro in acqua per la ricerca del massimo ROM

 3a FASE : 8a – 12a settimana

Continua la mobilizzazione sul lettino ed i carichi per il lavoro muscolare possono essere aumentati anche con l’utilizzo di macchine per un completo rinforzo della muscolatura della spalla. Può essere introdotta l’abduzione attiva. Esercizi di destabilizzazione ritmica della spalla e di propiocezione sono utili in tale fase per il recupero funzionale. 

Mobilizzazione sul lettino; Abduzione attiva;

Destabilizzazioni ritmiche;

Rinforzo completo muscolatura spalla 4a FASE : 12a – 16a settimana

Ripresa funzionale della spalla nelle normali attività quotidiane, Va rimandato comunque il ritorno alle competizioni sportive al trascorrere dei sei mesi dall’intervento

Esercizi di lancio e presa con forza crescente Esercizi specifici dello sport praticato

Allenamento isocinetico dal 4° mese

E’ utile effettuare a 6 mesi circa dall’intervento un test valutativo isocinetico per chi desidera riprendere le competizioni e sconsigliare queste ultime se il braccio non ha recuperato il 70% della forza rispetto al controlaterale.

Nel caso di paziente anziano è fondamentale continuare gli esercizi di mobilizzazione per evitare l’instaurarsi di pericolose rigidità.

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SPALLA: INTERVENTO DI STABILIZZAZIONE ARTROSCOPICA  

Programma post operatorio e riabilitazione

IN CLINICA

Al termine dell’intervento il chirurgo Le ha applicato una medicazione ed un tutore che non deve essere rimosso.

Si consiglia di muovere la mano ed il polso ogni 15 minuti per riattivare la circolazione, impungnando una pallina morbida od un gomitolo di lana.

A CASA

·         Applicare una borsa del ghiaccio per 2 ore al giorno, suddivisi in 4 cicli da 30 minuti l’uno per i 7 giorni successivi all’intervento.

·         IMPORTANTE: non effettuare movimenti bruschi o improvvisi

·         Non rimuovere o bagnare la medicazione applicata

·         Seguire una dieta a base di liquidi e cibi facilimente digeribili per le prime 48 ore (passare poi alla comune alimentazione)

·         Evitare di fumare, di bere alcolici, di guidare autoveicoli, di utilizzare macchinari pericolosi

ESERCIZI

·         E’ importante frequentare un Centro di Fisiokinesiterapia (FKT) per un completo recupero, seguendo passo a passo, il protocollo studiato per la patologia. I nostri uffici sono in grado di fornirLe un elenco completo di Centri specializzati.

DOPO CIRCA 7 GIORNI

·         Sottoporsi al 1° controllo post operatorio (prenotare la visita al numero di telefono 02/7610310)

QUANDO CONSULTARE IL CHIRURGO

·         Improvviso gonfiore

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·         Forte dolore, senso di tensione o pulsazione della spalla

·         Se compare febbre oltre 38° o malessere

·         Se la mano cambia colore, si gonfia o provoca dolore

·         In caso di sanguinamento delle ferite con imbibitura della medicazione (una piccola quantità di sangue sulle garze è normale)

PROGRAMMA RIABILITATIVO

I vantaggi della tecnica artroscopica nell’effettuare questo tipo di intervento sono notevoli ed includono :

·         Non incisione del deltoide

·         Possibilità di ispezionare l’articolazione gleno omerale e lo spazio sotto acromiale prima dell’intervento

·         Valutazione e bilancio preciso di una eventuale lesione della cuffia dei rotatori

·         Possibilità di evidenziare eventuali altre patologie non sospettate

·         Controllo del tendine del bicipite brachiale

·         Piccole cicatrici

·         Meno dolore post operatorio

·         Riabilitazione decisamente più rapida e meno faticosa per il paziente

1° FASE- Varia dalle 3 alle 4 settimane. In questo periodo l’articolazioneè protetta da un tutore tipo ultra scing che può essere rimossosolo per effettuare fisioterapia.

Evitare l’instaurarsi di rigidità e ripristinare corretto ritmo scapolo-omeralesono gli obiettivi di questa fase.

Fondamentale e importante, non appena vengono rimossi i punti di sutura, èl’idroterapia. La spinta di Archimede fornita dall’acqua infatti si sostituisce altutore e permette una più facile e precoce mobilizzazione dell’articolazione,mentre la temperatura dell’acqua (34°C) ha effetti miorilassanti sulle eventualicontratture muscolari.

A secco il terapista può effettuare tecniche di mobilizzazione passiva dellaspalla edi micromobilizzazione della testa omerale e della scapola evitandorotazione esterna e abduzione, ree di porre in tensione la capsula appena suturata.

Possono essere introdotti esercizi attivi dei fissatori della scapola ed utili possonorivelarsi mobilizzazione passiva e autoassistita in flessione della spalla ed esercizidi decoaptazione. La crioterapia a fine esercizi per ridurre al minimo l’infiammazione alla spalla e nei momenti di dolore è un valido aiuto.

In sintesi:

·       Allungamenti pompages a livello scapolo-cervicale;

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·       Micromobilizzazione omero e scapola;

·       Mobilizzazione passiva dell’articolazione ma rotazione esterna e abduzioneprotetta;

·       Mobilizzazione autoassistita in flessione;

·       Esercizi pendolari di codman;

·       Esercizi attivo-assistiti e attivi per fissatori della scapola;

·       Idroterapia;

·       Crioterapia

2° FASE: intorno alla 4° settimana, coincide con l’abbandono deltutore.

In tale fase continuano le micromobilizzazioni per cercare di detenderecapsula e tessuti molli e la mobilizzazione passiva per favorire il guadagnodi gradi articolari, ora gradualmente anche in rotazione esterna.

Possono venire introdotti esercizi contro resistenza elastica leggera perfissatori della scapola.

Dalla 6° settimana iniziano i primi esercizi in intra-extra rotazione edadduzione e abduzione.

·         Continua il lavoro di micromobilizzazione e mobilizzazione passivasul lettino, ore è possibile gradualmente aggiungere l’abduzione e larotazione esterna .

·         La mobilizzazione attivo-assistita progredisce sempre più verso quella attiva;

·         Esercizi contro resistenza elastica leggera dei fissatori della scapola;

·         Lavoro graduale degli intra-extra rotatori;

·         Lavoro graduale in adduzione e abduzione

·         Stretching  

3° FASE: 8° - 12° settimana

Continua la mobilizzazione sul lettino e i carichi per il lavoro muscolare possono essere aumentati anche con utilizzo di macchine per un completo rinforzo della muscolatura della spalla.

Esercizi di destabilizzazione ritmica della spalla e di propriocezione sonoutili in tale fase per un recupero funzionale più completo.

Deve residuare un leggero deficit in extrarotazione.

·         Ricerca R.O.M. completo con leggero deficit in extrarotazione;

·         Rinforzo graduale di tutti i distretti muscolari;

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·         Esercitazioni propriocettive e di destabilizzazione ritmica.  

4° FASE : Ripresa funzionale delle normali attività quotidiane o del gesto sportivo, limitando comunque, per quest’ultimo caso, il ritorno alle competizionisportive a forte utilizzo della spalla dopo sei mesi dall’intervento.

·         Esercizi di lancio e presa con forza crescente;

·         Esercizi specifici dello sport praticato;

·         Test isocinetico al 4° mese;

·         Stretching

E’ utile effettuare a 4 mesi circa dall’intervento un test valutativo isocineticoper chi desidera riprendere le competizioni e sconsigliare queste ultime se ilbraccio non ha recuperato l’85% della forza rispetto al controlaterale.

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ASSOCIATIONLYONNAISE DEREPARATIONMOTRICE

GIORNATE ITALO-FRANCESI

DI RIABILITAZIONE E ORTOPEDIA

Coordinatore Generale Guy Desbaux

ISTITUTOORTOPEDICO

GALEAZZIMILANO

Pierre Chambat

"La grandezza di un mestiere è quella di unire gli uomini" Antoine de Saint-Exupéry

Roberto D'Anchise

 

TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELL'INSTABILITA DI SPALLA

Zanazzo Milco e Pennone Luca

 

CENNI ANATOMICI:

L'articolazione gleno-omerale è un'enartrosi, in cui si deve verificare un corretto equilibro tra stabilità e mobilità che sono il risultato dell'azione coordinata e consequenziale di stabilizzatori passivi e stabilizzatori attivi.

Quelli passivi sono:

-       La geometria ossea dei capi articolari e la conformazione scapolare.

-       La configurazione a "coppa" del complesso labbro glenoideo più glena

-       Le forze di coesione ed adesione più l'effetto delle pressioni intra-articolari negative e del volume articolare.

 -    I legamenti gleno-omerali distinguibili in:

a)    Leg. superiore: insieme a leg. coraco-omerale dà stabilità intra-articolare al bicipite e stabilità inferiore.

b)    Leg. medio: dà stabilità nei gradi intermedi dell'abduzione.

     Leg. inferiore: controlla e limita la dislocazione anteriore della testa omerale rispetto alla glena.

d)    Il legamento coraco accomiale: dà stabilità superiore

Gli stabilizzatori attivi sono gruppi muscolari che JOBE ha sintetizzato

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nelle 3 "PS":

A)   Glenohumeral ProtectorS: rotatori di spalla o cuffia dei rotatori

B)   Scapolohumeral PivotorS: rotatori di scapola (trapezio superiore, medio e inferiore, elevatore della scapola, romboide, piccolo pettorale, gran dentato)

C)   Humeral PositionerS: deltoide, gran pettorale, gran dorsale.

EZIOLOGIA DELL'INSTABILITA DI SPALLA:

L'interruzione traumatica, per effetto di macro o microtraumatismi ripetuti, o l'alterazione congenita o acquisita legamentosa, ossea o muscolare può comportare uno squilibrio dinamico del movimento e causare la comparsa di instabilità, i cui quadri clinici possono essere così suddivisi:

a)    Traumatic Unidirectional lesion Bankart Surgery (TUBS). Qui il danno è causato da una fuoriuscita totale o parziale della testa omerale dalla cavità glenoidea. Ciò provocherà la lesione del complesso capsulo-lagamentoso anteriore e inferiore e si potranno associare lesioni più o meno gravi del cercine o labbro glenoideo, della testa omerale, della cuffia dei rotatori.

b)    Atraumatic  Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior capsular shift (AMBRI).In questo quadro il danno è dovuto alla sommatoria di un volume capsulare aumentato e un'eccessiva elasticità legamentosa associata ad una muscolatura ipotonica o ipotrofica. Le lesioni si localizzano sul labbro glenoideo e sono la conseguenza dell'ipermobilità della testa omerale sulla glena con conseguente usura del labbro stesso.

c)     Acquired Instability Overstressed Shoulder Surgery (AIOSS).Qui il danno è provocato da un iper-elasticità secondaria alla ripetizione del gesto sportivo o lavorativo nelle posizioni estreme del movimento (attività over head).Le lesioni potranno essere a carico della capsula come avulsione e allungamento patologico, oppure a livello del legamento gleno-omerale superiore e medio sotto forma di ampliamento dell'intervallo dei rotatori.

In conclusione la classificazione dell'instabilità di spalla si basa sull'identificazione del danno anatomico che permette un percorso diagnostico basato sulla lesione e pone le basi per la scelta di un trattamento cruento o incruento.

Il trattamento incruento, finalizzato al reintegro della normale fisiologia articolare, ha lo scopo di fornire il massimo rendimento che non sia autodeteriorante per l'articolazione.

La rieducazione, dopo la ricerca di un ottimale congruenza articolare, deve sollecitare progressivamente le strutture, rispettando scrupolosamente le reazioni dolorose infiammatorie o distrofiche e ristabilire progressivamente la funzione. Fondamentali sono i dati obiettivi forniti dalle indagini diagnostiche quali Rx, ecografia, RMN, artro RMN.

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Ogni seduta di rieducazione sarà progressivamente composta da:

-       un esame muscolare e bio-meccanico;

-       l'osservazione del comportamento psicologico del paziente;

-       tecniche di riarmonizzazione bio-meccanica atte a ricentrare la testa dell'omero  nella glena;

-       tecniche di decontrazione e rilassamento muscolare per quei muscoli in tensione/contrattura;

-       tecniche di recupero trofico dei muscoli e dei tessuti capsulo-legamentosi;

-       il rinforzo elettivo degli stabilizzatori dell'articolazione;

-       la rieducazione della coordinazione dei gesti;

-       i consigli da seguire nella vita quotidiana.

La prima seduta di rieducazione sarà contraddistinta dalla presa di contatto con il paziente, nella quale il terapista si informerà sulla "storia" della spalla, la professione del paziente e quindi le visite mediche eseguite e gli accertamenti diagnostici effettuati.

E' bene che la seduta inizi (e finisca) con una massoterapia palpatoria atta a mettere in evidenza lo stato nel quale si trovano le strutture teno-muscolari. In caso di grave degenerazione muscolare, il massaggio costituisce precocemente una tecnica essenziale per sollecitare il trofismo di base, soprattutto se le inserzioni periostali lese o i tendini sofferenti impediscono una valida contrazione muscolare.

Individuata la componente patologica, occorrerà detenderla e rilassarla con il massaggio e con tecniche di facilitazione neuromuscolare :

-       contrazione - rilassamento

-       contrazione dell'antagonista.

La rieducazione prosegue con la mobilizzazione passiva atta a ricentrare la testa omerale nella glena.All'inizio è conveniente non insistere sul recupero articolare in particolare se dolente; evitare l'extra-rotazione e l'abduzione se dolenti, per non scatenare reazioni infiammatorie.Seguirà la fase di rinforzo muscolare dapprima con contrazioni isometriche, in seguito se non c'è dolore con contrazioni concentriche/eccentriche. Durante il rinforzo va posta l'attenzione onde evitare lo stiramento eccessivo della parete capsulare anteriore.

Seguendo lo schema delle 3 PS, il recupero della forza parte dai ProtectorS e dai PivotorS per terminare in una fase avanzata con il potenziamento dei PositionerS.

In questa fase può dare un importante e valido aiuto l'idroterapia con

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la quale il paziente, immerso in una piscina con acqua calda e sotto il controllo del terapista, può eseguire precocemente gli esercizi da solo senza rischi di sovraccarico.La spinta idrostatica permetterà un'accelerazione dei tempi di recupero, in quanto faciliterà il paziente anche nell'esecuzione degli esercizi in palestra.

Successivamente si possono proporre esercizi propriocettivi come quelli di stabilizzazione ritmica (facendo chiudere gli occhi al paziente).

Ora, il terapista al lavoro sul lettino di trattamento, per facilitare il gesto motorio dovrà integrare l'esercitazione di un muscolo o di un gruppo muscolare in SCHEMI DI MOVIMENTO più complessi (mass movements patterns): utili in questo caso gli esercizi di rinforzo muscolare secondo Kabat.

Quando il paziente avrà "coscientizzato" la propria spalla e il suo corpo rispetto ad essa, potrà seguire gli esercizi di rinforzo, autogestirsi con elastici e/o pesi, sempre sotto la supervisione del terapista.

Dopo il raggiungimento di una buona forza si può introdurre l'allenamento isocinetico per i rotatori di spalla (foto 1) con una posizione del braccio prima a 30° sul piano scapolare per poi progredire sul piano coronale fino a 45°. Si utilizzano velocità angolari medie.

Un aspetto importante e fondamentale per la rieducazione, è l'istruzione che il paziente deve ricevere dal terapista riguardo l'igiene posturale a cui si deve attenere durante la vita quotidiana.

Il paziente deve sapere quali sono i movimenti da non fare (lavori over head, sollevamenti di pesi elevati), le posture da evitare e gli esercizi da fare di fronte ad episodi di insorgenza del dolore (ad esempio l'esercizio di Codman per detendere muscoli periarticolari contratti e dolenti).

Ora analizziamo più dettagliatamente il rinforzo a livello delle tre "PS" con l'utilizzo di pesi ed elastici:

-       GLENOHUMERAL PROTECTORS

I muscoli della cuffia dei rotatori vanno rinforzati dapprima in contrazione isometrica, successivamente se non dolenti in contrazione isotonica ed isocinetica.

Il paziente utilizza un elastico fissato alla spalliera all'altezza del gomito: per esercitare i rotatori esterni deve rivolgere il lato sano alla spalliera e ruotare il braccio in fuori, mantenendo  il gomito appoggiato al fianco.

Per i rotatori interni il paziente è rivolto col lato malato verso la spalliera e ruota il braccio all'interno avvicinando la mano al corpo.

Importante è il potenziamento del sovraspinoso che risulta indebolito. Il reclutamento di questo muscolo è facilitato nel piano scapolare: braccio del paziente flesso in avanti di 30° con il pollice rivolto verso

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il basso.

-       SCAPULAR PIVOTORS

Il rinforzo di questi muscoli va iniziato da subito; gli esercizi sono rivolti al potenziamento di diversi gruppi muscolari:

a)    esercizio che imita il movimento di remata (rowing exercise): importante per il trapezio, l'elevatore della scapola e il romboide.

b)    Esercizio press-up e push-up, ideali per il rinforzo di gran dentato, piccolo pettorale, elevatore della scapola e trapezio superiore. Il push-up va prima eseguito in posizione eretta contro il muro, poi successivamente su tappeto:va posta attenzione a non avvicinare troppo il petto al muro o al pavimento, in modo da evitare un' eccessiva dislocazione della testa omerale in avanti che aggraverebbe l'instabilità anteriore.

-       HUMERAL POSITIONERS

Il rinforzo dei muscoli deltoide, gran pettorale va introdotto nel programma  dopo che le altre due PS sono state adeguatamente potenziate.

Gli esercizi sono l'adduzione orizzontale con braccio in extra-rotazione, il press-up, i pettorali, il push-up e le alzate laterali.

Quando si è raggiunto un buon rafforzamento in tutti i gradi di articolarità, allora si possono inserire esercizi specifici per lo sport praticato dal paziente.

Il recupero della forza andrà completato con la rieducazione propriocettiva, intesa come il recupero della consapevolezza della posizione e del movimento articolare., dell'azione muscolare coordinata e dei meccanismi riflessi.

Il recupero della funzione della catena cinetica si attiverà attraverso esercizi progressivi:  facilitazioni neuromuscolari, esercizi di equilibrio su dispositivi sempre più instabili, esercizi pliometrici che riproducono il comportamento usuale del soggetto, elemento di primaria importanza per il raggiungimento dei massimi vantaggi funzionali.

ESERCIZI PROPRIOCETTIVI

·      Un esercizio propriocettivo utile per il recupero dei meccanismi riflessi della spalla è utilizzare gli arti superiori per mantenere l'equilibrio della posizione in piedi su piani instabili (tavole di Freeman).Lo spostamento delle braccia nello spazio permetterà di mantenere l'equilibrio dinamico, il cui grado di difficoltà potrà essere aumentato con tavole sempre più impegnative, prima tenendosi in bipodalica, poi  in monopodalica ed infine associando i piegamenti sulle ginocchia.

·      Un secondo tipo di esercizio è il palleggio con racchetta (da tennis o ping pong), prima a gomito leggermente flesso, poi esteso, andando ad esercitare la spalla prima sul piano sagittale poi su quello

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laterale.

·      Successivamente si può proporre un esercizio di destabilizzazione in appoggio sul braccio come il push-up con le mani posate su una tavola di Freeman (foto 2).

L'esaltazione della performance motoria della spalla si evidenza nel lancio che rappresenta il gesto pliometrico d' eccellenza. Si possono proporre esercizi di tiro della palla fatta rimbalzare contro un tappeto elastico per essere ripresa al volo.

Il livello di difficoltà dell'esercizio sarà crescente secondo la seguente progressione:

a)    lancio e ripresa frontale con due mani con flessione delle braccia minore di 90° e senza abduzione della spalla;

b)    lancio e ripresa frontale con una mano con flessione del braccio minore di 90° senza abduzione della spalla (foto 3).In seguito verrà aumentata la flessione e l'abduzione del braccio fino ad esercitare il movimento completo della spalla;

c)     lancio e ripresa laterale: il soggetto, posto con il tappeto elastico dal lato controlaterale alla spalla in trattamento, eseguirà tiri e lanci con una mano sola, aumentando progressivamente l'abduzione del braccio.

Importante sarà fare un test isocinetico che ci permetterà di individuare eventuali squilibri muscolari tra gruppi muscolari agonisti-antagonisti. Nel contempo avremo una valutazione obiettiva, attendibile e ripetibile di diversi parametri muscolari di un paziente in maniera da poterli verificare nel tempo e confrontarli con quelli di altri pazienti.

In particolare il test isocinetico dovrà essere eseguito nell'atleta, prima della ripresa sportiva, la quale verrà decisa in concerto tra medico specialista, terapista e allenatore.

   IN CONCLUSIONE la riabilitazione, fondamentale nel trattamento della spalla instabile, ha il compito di ripristinare il normale equilibrio tra stabilità e mobilità al fine di riacquistare la qualità del movimento che coincide con il recupero globale della funzione dell'arto superiore. Tanto più il trattamento sarà precoce quanto più si eviterà che l'instabilità evolva da una condizione prettamente disfunzionale ad una lesione organica.