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1 www.vesuvioweb.com LA PORTA DI CAPOTORRE: RINASCIMENTO CULTURALE E ARTISTICO della città di Torre del Greco Parte prima Di Aniello Langella

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LA PORTA DI CAPOTORRE: RINASCIMENTO CULTURALE E ARTISTICO della città di Torre del Greco

Parte prima

Di Aniello Langella

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Viaggio attraverso la storia e la ricerca. Nel 1443, anno in cui Alfonso I d’Aragona regnava a Napoli, Torre del Greco era città con propria amministrazione. Il re come noto, aveva per propria indole una predilezione per la città che amava per la bellezza paesaggistica e per l’amenità del clima. A qualche più sma-liziato non sfuggirà, tuttavia, il fatto che il Re Alfonso amava Torre per le belle trecce dorate di Lucrezia D’Alagno. Tralasciamo i fatti intimi e le storie personali dei due e concentriamoci su ciò che ci riporta la bibliografia a proposito della permanenza del Re in città. In Antiche Denominazioni (pag.194) il De Gaetano citando dotta fonte, il Summonte, riferisce: “...la notte dormiva nel suo palagio, per star più sicuro, per tenere le mura, e per la guardia de’ soldati…”. Di giorno sappiamo tutti che Alfonso se ne andava in giro con la bellissima. La città quindi in quell’epoca era circondata da mura alte e possenti al punto di poter garantire l’incolumità del Re. Ma vediamo ancora a proposito delle mura il riferimento alla porta che guardava verso Napoli. Sempre in De Gaetano leggiamo (stessa pagina): “...nel 1786 accorgendosi l'Università, ch'essa non era abbastanza solida e che minacciava rovina da un momento all'altro, volle rifarla. Ebbe l'incarico il Rev. D. Gaetano De Bottis di eseguire un disegno nuovo, il quale presentato all'ingegnere De Nardo ebbe la sua piena approvazione, per cui demolita la vecchia si costrusse al medesimo posto la nuo-vo...Questa nuova Porta era magnifica ...e l'Università pagò in tutto la somma di ducati 907.51...il suo aspetto essendo stato anche di soddisfazione al Re Ferdinando IV, questi con munificenza reale, ebbe a decorarla con due bellissime statue di marmo della quali una rappresentava la Prudenza e l’altra la Giustizia…”. Per Francesco Balzano l’esistenza delle mura fu la vera ragione della vittoria di Ferdinando, figlio di Alfonso I, contro Carlo d’Angiò Principe di Taranto. Il Di Donna in Vocabolarietto (pag. 51) ci ricorda dell’esistenza delle mura nel 1691. Per il De Gaetano le porte della città erano due.

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Dopo l’eruzione del 1794 grazie al Beato Vincenzo Romano e all’Ingegner De Nardo che progettò Santa Croce e Santa Maria del Principio e le strade della marina, Torre del Greco conobbe una nuova rinascita urbanistica. Quale sia stato il percorso di queste mura, quale la loro consistenza strutturale è oggi materia di studio assai nebulosa e relegata a possibili future ricerche. Le mura della città quindi dovevano aprirsi verso Napoli con una porta d’accesso che a detta delle poche, ma significative notizie raccolte doveva accogliere anche una munita schiera di soldati. Queste notizie tratte dalla bibliografia citata vanno tutte ricondotte al XVI secolo. Le carte in questione sono la Morghen e la La Vega entrambe del 1793.

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Osserviamo le due carte e cerchiamo assieme di decifrare luoghi e fatti. A sinistra il dettaglio Morghen ed a destra il La Vega. Nei disegni inferiori ho disegnato il luogo della porta in base al riferimento antico. Con il numero 1 viene identificata la porta, con il 2 la discesa verso Santa Maria del Principio e con il 3 il Monastero degli Zoccolanti. Ci appaiono chiari i primi elementi di studio. Il Monastero si trovava in un’area periferica della città e probabilmente era un edificio costruito in parte all’interno ed in parte all’esterno delle mura stesse. Osservando il Monastero dal lato Napoli ci accorgiamo che esistono dei contrafforti (barbacani) di grandi dimensioni ed a base assai larga. Sembrano quasi spro-porzionati rispetto alla facciata e poi non riusciamo a capirne il significato architettonico. Forse quel lato minacciava cadute? Venne quindi rafforzato il muro esterno per lesioni dopo un terremoto? Oppure quel lato essendo extra moenia fu strutturato in maniera militare e quindi rafforzato ed irrobustito? Io penso che questa ipotesi sia la più convincente e la più attendibile. Il Monastero degli Zoccolanti era edificio che per metà insisteva sul territorio della città cinto da mura e per l’altra metà si trovava all’esterno di esse. Nella foto allegata ho evidenziato il dettaglio dei robustissimi contrafforti.

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Il lato nord/ovest del Monastero, quello per intenderci che guardava sul largo della Porta, era probabilmente il versante che rientrava nel tracciato delle mura e tra la parete dell’edificio ed il largo di Capotorre vi erano degli orti e forse un boschetto (vedi il Voya-ge).

Se la Chiesetta di Santa Maria del Principio di sopra era detta extra moenia in quanto fisica-mente costruita sul lato ovest della porta, si deve intendere che anche il Monastero, posto sim-metricamente dall’altro lato del Capotorre fosse un edificio extra meonia. In questa analisi dob-biamo dare atto al Saint Non di aver prodotto un documento assolutamente attendibile e sicura-mente importante per definire la storia del luogo. Nella famosa stampa è disegnata la Chiesetta extra moenia ed il Monastero con l’orto antistante, diviso dalla strada da un alto muro. L’analisi dei fatti quindi deve essere condotta tenendo sempre presente i riferimenti delle due carte citate e della stampa del Voyage. Da queste considerazioni possiamo anche ipotizzare un possibile disegno della cinta muraria della città in questo punto. Ho elaborato per questo un disegno schematico ma riassuntivo. Ab-biamo tre elementi certi. La porta (1) , le mura della città (in senso lato) e la Chiesetta di S. Ma-ria del Principio extra meonia (2).

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Il lato ovest e quello sud del Monastero erano quindi sguarniti della difesa muraria. Ho ri-preso in rosso l’ipotetico disegno del percorso murario. E’ probabile che la continuazione di questa linea difensiva procedeva lungo la direttiva A attraversando le proprietà di San Mi-chele oppure più verosimilmente andando verso il mare in direzione B passando ad ovest della proprietà Castelluccio. In conclusione, quindi, ci chiediamo: dove si trovava la porta? Secondo il Morghen spostata più verso il lato Napoli del Monastero. Per il La Vega circa 20 metri più spostata verso est ed infine per il Sain Non, quasi al davanti della Chiesa di Santa Maria delle Grazie. A mio avviso, stando alla lettura dei tre documenti, ma soprattutto riferendomi alla presenza spe-leoarcheologica che conta molto più delle deduzioni bibliografiche, dobbiamo ipotizzare una dislocazione che potrei definire “intermedia” una sorta ci compromesso topografico che ac-contenta e concilia le varie fonti. Nell’immagine che segue ho riportato una foto aerea con la “precisa” localizzazione della porta di Capotorre.

Non aggiungiamo altri dettagli, ma lasciamo al lettore la possibilità di lavorare su quest’ipotesi ed approfondire l’argomento che mi sembra quanto mai interessante e ricco di particolari storici di grande importanza per la della città.

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Ma come poteva apparire la Porta di Capotorre dal lato Napoli?

Questa la ricostruzione realizzata su cartografia moderna, del CAPOTORRE con la porta e la Chiesetta di Santa Maria del Principio extra moenia, così come doveva apparire prima dell’eruzione del 1794.

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Nel “Voyage Pittoresque de Naples et de Sicile” dell'Abbé Brizard di Saint Non del 1787 si trova questa incisione che descrive con dovizia di particolari “La Porta del Capo La Torre a Torre del Gre-co”. Si tratta indubbiamente di un documento quasi fotografico che risente moltissimo nello stile dell’epoca. In questa stampa sono sintetizzate moltissime realtà della vita dell’epoca, non necessa-riamente legate a questa città in particolare, ma che comunque rispecchiamo una maniera di esse-re, di vestire di mostrarsi ed anche di pensare. Sulla destra il grande muro di cinta con il Monastero (forse il tratto occidentale delle mura della cit-tà), al cui fianco si scorge la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. In primo piano la Porta ed alla sua sinistra la Chiesetta “ruralis” di Santa Maria del Principio. Prima di addentrarci nei dettagli del racconto storico, leggiamo ancora qualche recensione biblio-grafica.

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“...Lasciando S. Maria delle Grazie per la Strada Antica Capo la Torre, ritroviamo…” (Loffredo- “Turris Octavae…” pag 134) “...La strada Reggia Capo della Torre dopo l’eruzione del 1794, parte distrutta e parte no, prese il nuovo nome: Strada Vecchia Capo la Torre e cambiò in Strada Principe Amedeo; e dopo Via Diego Colamarino…” (oc. Pag . 136) Di Donna ci riferisce a pagina 37 dell’Università: “Abbiamo detto che questa edicola (si riferisce alla Chiesetta con lo stesso titolo ma extra moenia) stava dirimpetto alla strada che conduceva alla chiesa di S. Maria del Principio di sotto e di fatti noi supponiamo che la strada stesse fuori la Porta e non dentro per il se-guente attestato del Notaio Giuseppe Pizza. Esso ci fa sapere che nel 1780: “ dovendosi mettere in piano la strada che va dalla Madonna del Principio secondo il disegno dell’ingegnere militare Emanuele Ascione, il superiore del Convento P.Innocenzo da Napoli, per lasciare il ricordo fa misurare l’atrio e Porteria della Chiesa ritrovando l’atrio è di palmi 80 di larghezza e 8 di altezza e che il giardino è di palmi 79 di lunghezza e 22 di larghezza mentre l’altro capo è di palmi 80”. Questo attestato dunque fa supporre che per mettere in piano la strada si dovette prendere qualche pò di territorio di proprietà dei Padri, donde la dichiarazione e perciò l'imboccatura del1a strada ebbe a cambiar posto passando, con una breve delineazione verso oriente, a far capo ne]]' in-terno del1a Porta, dacchè prima essendo dritta usciva suII'esterno. La carta topografica del 1794 fa vedere appunto questo braccio storto della strada che venne a tagliare la porzione del giardino dei Padri Francescani con Atrio annesso.. Bisogna però avvertire che questo giardino non ha a che vedere con l'altra masseria degli stessi Padri posta al di sotto del convento e fiancheggiante la strada di S. Maria del Principio. Questa masseria era delI' Università, che la teneva per comodo dei suoi cittadini. Ognuno poteva andare colà e forse costitui-va un certo pas-seggio di colore ambiguo per cui si credette cederla ai Padri, dei quali, si legge una dichiarazione sul nostro Archivio Municipale del 1741, 4 aprile, con cui si attesta la provenienza e si lascia il diritto ai cittadini, qualunque sia, di andarvi a diporto sempre che lo credevano. Ma checchè ne fosse di questa strada e della sua imboccatura la Porta d'entrata che stava a Capo la Torre non fu mossa dal suo posto. Essa costituiva il ricordo di un passato abbastanza remoto e per-ciò doveva rimanere, pur cambiato il valore del1a sua esistenza. Anzi nel 1786 accorgendosi l'Uni-versità ch’essa non era più abbastanza solida e che minacciava rovina, da un momento all’altro vol-le rifarla…”

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“...Svolgendo noi le carte del nostro Archivio Municipale vi trovammo una piccola dichiarazione che crediamo opportuna riferirla, avendo relazione a questa antica porta. Essa dice che nel 1700 e proprio nel mese di settembre di quell’anno, si pagano dall’Università 0,5 per mettere marmo alla Porta di Capo La Torre. Chi osserva bene l'aspetto della Porta che noi presentia-mo potrà di fatti trovarvi sulla metà dell' arco una inquadratura che è forse il marmo che si po-se nel 1700 e allora se vi era una scritta che cosa poteva dire? Non abbiamo trovato nessuna indicazione che ci toglie dal dubbio, ma pensiamo che essendo fresco avvenuto il riscatto ba-ronale, quel marmo doveva notarlo e forse fu questa la ragione per cui fu messo…”. Nel testo, il Di Donna si sofferma a descrivere la strada e i monumenti circostanti. Alcune considerazioni vanno fatte. La porta quindi stava per essere spostata intorno al 1700 per effetto di contese territoriali tra vicini. Beghe di quartiere. Poi nulla avvenne e così il monu-mento rimase in piedi fino al giugno del 1794. L’altra considerazione riguarda la lapide marmorea posta sull’arco della porta, il suo contenuto e la possibilità di ritrovarla. Il Di Donna ci informa sul possibile contenuto e quindi sulla lettura epigrafica. L’ipotesi che non va scartata è di un illustrissimo e quanto mai competente storico e pertanto andrebbe valutata con particolare attenzione. Ho prima accennato ad una presenza speleologica nei pressi del Capotorre. Chi discese in quell’orrido mi riferì di aver visto molti frammenti marmorei e conci murari sparsi ovunque. Pen-so che tra quelle macerie possa trovarsi ancora la statua della giustizia della prudenza ed an-che la lapide e voglio continuare a credere che su quel marmo vi sia incisa la memoria del Ri-scatto della città. Rinvenire quel singolare e prezioso reperto potrebbe rappresentare sicura-mente il segno della ripresa e del vero Riscatto culturale della città.

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Ascoltiamo però un testimone oculare che in altri tempi vide e descrisse ogni particolare. Il 15 giugno 1794, così scrive a proposito della porta il Dottor D. Luigi Balzano di Torre del Greco. “...vidde che la Porta della Torre e la R.a strada era stata già occupata dal fuoco…”. Quabto riferito avvenne quel giorno intorno alle “...6, 1\4…”. Il Di Donna nella sua “Università…” riporta ancora, a pagina 84 una lettera del 17 giugno del-lo stesso anno. “Mi sono indi condotto nella Torre del Greco e giunto al Palazzo del Duca Caracciolo non ho potuto tirare innanzi, poichè la Regia Strada era ingombrata da altissima lava bitumino-sa, già ammortita. Per osservare però le rovine mi sono incamminato per la masseria di Vallelonga per il Fortino di Calastro ed indi mi sono introdotto nelle Masseria del fu Domeni-co Brancaccio. Questa masseria è stata occupata in buona porzione, ma il giardino col Pa-lazzo sono intatti. Dalli suddetti giardini ho osservato il Mon. Dei dei FF. Zoccolanti, è intat-to, ma nella Chiesa ha dovuto entrare la Lava, poichè da fuori e da distante si vedono li se-gni dell' incendio, e del fumo.” Ed ancora continua a pagina 87: “...Il Quartiere di Capo la Torre è stato tutto ingoiato dall’eruzione…”. Eppure sono convinto che quella lapide, per intenderci quella del Riscatto esiste e si trova proprio sotto le nostre scarpe, sotto l’asfalto della strada.

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Presso il Museo di Palazzo Reale di Napoli ho fotografato una tela che raffigura un momento dell’eruzione che distrusse il Capotorre. Il dipinto apparentemente statico, offre all’esame critico un particolare della città dove si sintetizzano, di contro elementi di grande dinamicità e quindi di movimento. Si osserva infatti l’istante esatto in cui la porta viene abbattuta dal passaggio del magma con uno dei pilastri laterali che sta crollando quasi ingoiato nel fiume igneo. Sembra che l’intera scena sia stata voluta e rappresentata per celebrare questo preciso momento. Gli altri dettagli sono quasi annotazioni grafiche in un contesto che chiaramente prescinde dalla dram-maticità dell’evento. Anche i personaggi che si attardano quasi davanti al fiume lavico, sembra-no posti a completare la scena. Così il dettaglio pittorico dei fuochi che si innalzano dalla città sembrano rievocare altre famose tele nelle quali l’artista ha puntato sugli effetti e non sulla so-stanza. In questo quadro stupisce l’episodio della porta, il racconto di questa, mentre cede iner-me sotto la spinta immane e devastante. L’autore inoltre sembra aver voluto artatamente sottoli-neare l’esistenza della lapide marmorea , quasi a sottolinearne l’importanza. La luna oscurata nella luce dalle nubi funeste, il campanile in lontananza accerchiato dal fuoco e la stessa mole del Monastero passano in secondo ordine, davanti alla celebrazione della distruzione della por-ta.

Stranamente nella tela manca la sagoma della chiesa di Santa Maria del Principio extra moenia. Altro particolare da osservare è la presenza dei tre distinti portoni di accesso a proprietà sulla destra della spianata di Capotorre. Da quel lato sappiamo che esistevano solo due entrate priva-te al Monastero. Non comprendiamo la terza, eppure anche in questo caso il dettaglio pittorico sembra molto curato e quasi sottolineato.

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Ricostruzione del Capotorre in base alla stampa del Voyage. Le difficoltà che si incontrano in questo tipo di ricerca risiedono principalmente nel non possede-re alcun documento valido e quindi sicuro per tracciare in modo esplicito e chiaro un profilo urba-nistico dell’area in esame. Ci manca una planimetria catastale e ci mancano riferimenti bibliogra-fici. Quei pochi che ho trovato hanno il sapore spesso del racconto e della favola, pur tuttavia vanno considerati come preziosi se si vuole affrontare questo delicato argomento di ricerca.

L’immagine riportata nel Voyage ci può suggerire una disposizione della Porta più arretrata ri-spetto al Monastero e quindi più spostata in direzione Pompei. In base alle carte Morghen e La Vega, la ricostruzione dell’area vede la Porta posta quasi in prossimità dell’angolo nord/ovest del Monastero. Scarso rilievo possiamo attribuire ai fini della ricostruzione alla tela del Museo di Palazzo Reale. In conclusione, il disegno che ho realizzato, che può essere considerato la sintesi del nostro la-voro, ci mostra il largo del Capotorre con i due portoni di accesso al Monastero,

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Dove si trovava la Porta di Capotorre? In base alle ricerche effettuate e che comunque continuano, possiamo riassumere che l’esatta ubicazione della porta era probabilmente quella mostrata in questa foto-grafia modificata. La dislocazione del monumento è stata realizzata grazie allo stu-dio delle varie planimetrie e delle varie notizie storiche in nostro possesso. Fine della prima parte. 2007