1 - Dino Lavinio soffre il mal di denti - Comune di Rovereto · La grossa lingua di Dino-Lavinio...

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Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di FULBER La MAGIA del Bosco di Rovereto 1 - Dino Lavinio soffre il mal di denti

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Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di FULBER

La MAGIA del Bosco di Rovereto

1 - Dino Laviniosoffre

il mal di denti

Pedalando pedalando e con il passero Pistacchio in volo a indicare la strada da seguire, Gellindo Ghiandedoro e Ratto Robaccio, a bordo della loro automobi-lina a pedali color rosso ciliegia, giunse-ro in vista dell’immenso deserto roccio-so dei “Lavini di Marco”, vicino alla città di Rovereto.

– Ma perché siamo arrivati fin qui? – ansimò la pantegana senza smettere di pedalare.

– Perché ho sentito parlarte di stra-ne impronte impresse nella roccia e la cosa mi ha incuriosito!

– Impronte nella roccia? E che ne facciamo, di queste impronte, se non le possiamo mangiare?

– Ehi, voi due laggiù – pigolò allegro Pistacchio, – siamo arrivati! Lassù in cima alla stradina c’è uno spiazzo che va benissimo per fermarsi a dormire…

– …e anche a mangiare, se è per quel-lo! – mugugnò Robaccio, impegnandosi nell’ultimo sforzo della giornata.

Avvenne però che, quando ebbero parcheggiato l’auto e tolto il fornello a gas e le provviste per la cena dal car-retto giallo attaccato dietro, proprio nell’istante esatto in cui Ratto Robac-cio addentava il primo boccone del suo ottimo panino al formaggio che stava sognando da quand’erano le quattro del pomeriggio…

– AhiAAAAiAAAAiAAAAiAAAA……un urlo disperato, straziante e com-

movente rimbalzò di masso in masso qui e là per i Lavini, perdendosi poi su per i fianchi del Monte Zugna.

– Cos’è stato? – domandò Pistacchio

alzandosi subito in volo per controllare.– Dev’essere qualcuno che ha rice-

vuto una gran brutta notizia! – fece il topo di discarica con la bocca piena di pane e formaggio.

– Oppure questo qualcuno s’è fat-to molto male – disse lo scoiattolo ri-sparmioso col cerino acceso ancora in mano.

– Forza su, lascia perdere – gli rispo-se il Robaccio addentando un secondo boccone di pane. – Continuiamo la no-stra cena e vedrai che non succederà più.

– AhiAAAAiAAAAiAAAAiAAAA…– Eh no, cara la mia pantegana –

esclamò Gellindo balzando in piedi e spegnendo il cerino. – Qui c’è qualcuno che sta veramente male e che, forse, ha bisogno del nostro aiuto.

– Può darsi – rispose l’altro, – ma se questo qualcuno è grande e grosso come le urla che abbiamo sentito, è me-glio lasciarlo nel suo brodo e andarcene da qui…

– Beh, per saperlo non rimane che andare a vedere. Vieni!

Dovete sapere che quando Gellin-do dice “vieni”, non è un invito e non è nemmeno una domanda o una propo-sta: è un ordine bell’e buono e Ratto Robaccio obbedì rassegnato. Abbando-nò il suo panino sbocconcellato a metà, guardò sconsolato il lettino da campo e le coperte per ripararsi dal fresco della notte e si alzò.

– D’accordo, ma dove andiamo?– Sarà Pistacchio a indicarci la stra-

da… Muoviamoci!

La MAGIA del Bosco di Rovereto

1 - Dino Lavinio soffre il mal di denti

Camminarono per un bel po’, con i “cip cip” di Pistacchio che dall’alto in-dicava la direzione da prendere e con i brontolii di stomaco di Robaccio, che sognava ad occhi aperti il panino al for-maggio lasciato a metà.

– Eccolo! – esclamò Gellindo sotto-voce a una svolta del sentiero. – Lo vedi anche tu, laggiù vicino a quel grande sasso?

Ratto Robaccio strizzò gli occhi per vedere nella penombra della prima sera e finalmente notò anche lui un’enorme

massa scura: era una montagna di cic-cia dalla pelle marrone, da cui partiva da una parte un collo lungo tre metri che terminava in una testolina piccola piccola, mentre dall’altra una coda, lun-ga anch’essa tre metri o poco più, fru-stava nervosa l’aria. Il tutto era tenuto in piedi da quattro zampacce grosse come i tronchi delle querce del bosco in cui abita Gellindo.

– Ancora un drago? – strillò Robac-cio, portandosi subito una zampa alla bocca, non appena vide quel mostro gi-

rarsi nella loro direzione e…– AhiAAAAiAAAAiAAAAiAAAA…Il terzo urlo fu ancora più forte e mi-

naccioso degli altri due!– SSSSShhh! Cerchiamo di non spa-

ventarlo... – si raccomandò Gellindo avanzando piano piano.

– Ah è così? – sio ribellà la pantega-na. – Siamo noi che dobbiamo cercare di non spaventare quel mucchio urlan-te di carne e ossa! Ma se io sono più spaventato di lui, come faccio?!

– ...che poi quello non è un drago – continuò lo scoiattolo, parlando sotto-voce.

– E che cos’è allora?– è un dinosauro!– Un dino… che?– Un dinosauro, un rettile antichis-

simo… Gli esperti dicono che qui ai La-vini di Marco, moltissimi milioni di anni fa, vivevano i dinosauri, ma non potevo immaginare che ce ne fosse ancora uno vivo!

– Certo però che non se la passa bene, senti come urla!

– AhiAAAAiAAAAiAAAAiAAAA…– Andiamo a vedere cosa gli è suc-

cesso! – esclamò Gellindo, mettendosi a correre in direzione del grande sasso. – Ciao, dinosauro, io sono lo scoiatto-lo Gellindo, questo è Ratto Robaccio e lassù in cielo sta svolazzando Passero Pistacchio – esclamò lo scoiattolo fa-cendo le presentazioni.

Al povero dinosauro urlante gli ven-nero quasi le vertigini, a guardare ora l’uno, ora l’altro e infine il terzo dei nuo-vi arrivati.

– Tanto per cominciare io non mi chiamo “dinosauro” – mugolò la mon-tagna di ciccia marrone, che parlava in modo strano, quasi avesse in bocca una grande patata bollente. – Il mio nome è Lavinio, Dino-Lavinio.

– E allora ciao, Dino-Lavinio – prose-guì allegro lo scoiattolo Gellindo. – Bel nome, davvero! Ma perché prima stavi urlando come un ossesso? Qualcuno ti ha spaventato? Hai per caso preso una botta alla testa, oppure…

– Ho un gran male in bocca! – lo in-terruppe Dino-Lavinio aprendo le fauci terribili e puzzolenti.

– Oh che bello – disse Ratto Robac-cio con un sorriso, – finalmente ho tro-vato qualcuno con l’alito più pesante del mio!

– Ci sono, ho visto! – urlò invece Gel-lindo saltellando di gioia.

– Hai visto che cosa? – domandò il di-nosauro riaprendo ancor più la bocca.

– Hai un sasso incastrato fra i denti davanti… Fermo, stai fermo… Robac-cio, passami il primo bastone che trovi, fa’ presto! Ecco, grazie… Con un po’ di leva… abbi pazienza, Dino-Lavinio, for-se ti farò un po’ di male, ma alla fine ri-uscirò a… staccarti dai denti… questo brutto sasso... OOOiSSSA... ecco fatto! Come ti senti, adesso?

La grossa lingua di Dino-Lavinio pas-sò e ripassò a lungo sui denti malandati e…

– Il dolore è sparito! Non ho più male ai denti! Sto bene… benissimo… Ades-so sto ultra-extra-straordinariamente-meravigliosamente bene!

La MAGIA del Bosco di Rovereto

Non la finiva più di ballare, di urla-re e di piangere, il dinosauro, e a ogni salto l’intera zona dei Lavini di Marco tremava come per un terremoto. Bal-lava e piangeva di gioia, quella mon-tagna di ciccia marrone, e di quando in quando si piegava a terra, afferrava per la collottola ora lo scoiattolo ora la pantegana e li gettava in aria felice, per poi riprenderli delicatamente e appog-giarli piano piano sul sentiero. Quella esplosione di gioia immensa durò al-meno una mezz’ora, alla fine della quale

Gellindo aveva la testa che gli girava, mentre Ratto Robaccio sentiva i due bocconi del panino al formaggio che gli navigavano disperati nello stomaco alla ricerca di una via d’uscita!

Quando tutto finalmente tornò nor-male, Dino-Lavinio volle accompagnare i suoi salvatori fin dove era parcheggia-ta l’automobilina a pedali color rosso ciliegia.

– Che bella! – esclamò il bestione sgranando gli occhi. – Posso fare un gi-retto?

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– Ehm, no! – strillò Gellindo corren-do a difendere il suo “tesoro”. – No, non è possibile, oggi non si può…

– E perché oggi non si può? – chiese il dinosauro annusando le quattro ruo-te, il volante e il carretto di legno giallo attaccato dietro.

– Beh, perché oggi… oggi…– Oggi la nostra automobilina è stan-

ca! – esclamò Ratto Robaccio.– Sì, è stanca, stanchissima, stanca

morta – disse lo scoiattolo accarezzan-do il cofano di plastica.

– D’accordo, – convenne Dino-Lavi-

nio, – allora sapete che facciamo? Sta-sera mi fermo qui a dormire assieme a voi e domani mattina, quando la vostra macchinina si sarà riposata per tutta la notte, mi porterete con voi a fare un gi-retto per il Trentino, va bene?

La mattina dopo Gellindo, Robac-cio e Pistacchio si svegliarono prima dell’alba e, mentre Dino-Lavinio dor-miva russando lì vicino, montarono in macchina e piano piano, nel più assolu-to silenzio, se ne andarono pedalando incontro a tante nuove straordinarie avventure!

La MAGIA del Bosco di Rovereto

fine

Per saperne di più

I Lavini di Marco, che i roveretani chia-mano Slavini, sono una successione di frane cadute dopo l’epoca dei ghiacciai e in anni più vicini a noi per lo squilibrio delle sovrastanti pareti rocciose; nella loro porzione chiamata “Laghetti” i Lavini sono protetti da leggi provinciali perché sono classificati biotopo per la loro importanza, un’area protetta importante sotto il profilo ambientale e culturale. Nella parte invece distesa sulle pendici del Monte Zugna, al termine della Strada degli Artiglieri, un ripido colatoio di lastroni di calcare grigio conserva oltre un centinaio di impronte di dinosauri vissuti nel Giuras-sico inferiore (200-180 milioni di anni fa). Il Trentino, e quindi anche la Valle dell’Adige, all’epoca di questi grossi rettili faceva in-fatti parte di una vasta piana fangosa posta ai margini del mare caldo e poco profondo della Tetide; poi ci fu il tremare della terra sotto la spinta di vulcani sottomarini e il sollevarsi di fondali ormai compattati, che formarono valli e catene montuose. Arri-varono successivamente anche i ghiacciai, che modellarono a più riprese il territorio causando al loro ritiro diverse frane e lasciando appunto allo scoperto i calcari sui quali oggi riaffiorano molte tracce dei dinosauri estinti! Ci sono orme di dinosauri qui ai Lavini ma anche – scoperte di recente – nel cuore del sovrastante massiccio del Pasubio a 2.000 metri di quota (nella galleria del Monte Buso); altre sono state trovate sulle rocce delle Marocche nella Valle di Cavedine, al-tre ancora al Passo delle Palade al confine con l’Alto Adige. Tornando ai Lavini di Marco, qui i dinosauri erbivori (Ornitischia col bacino da uccello) preferivano i piccoli stagni costieri, dove il fluire e defluire delle maree lasciava sulle

IERINel Giurassico, quando vivevano i dinosauri

spiagge un’enorme quantità di microrgani-smi e alghe; i carnivori (Ceratosauri, bipedi e con piccole protuberanze sul cranio), invece, stavano in aree più asciutte, dove potevano muoversi meglio o inseguire gli erbivori per nutrirsi. L’acqua salmastra nei periodi di elevate temperature evaporava, lasciando sulla superficie una dura crosta che “fotografava” ogni irregolarità del terreno, comprese le piste dinosauriane, che si sono poi fossilizzate. Le orme im-pressesi nella sabbia si sono conservate fino a tornare alla luce nel 1991, quando furono scoperte (dall’appassionato na-turalista roveretano Luciano Chemini) e successivamente studiate in più riprese (a partire dai geologi Giuseppe Leopardi e Paolo Mietto), all’interno del programma di valorizzazione scientifica del Museo Civico di Rovereto.

di Silvia Vernaccini

Il parco dei dinosauri ai Lavini di Marco attrezzato per la visita.

È incredibile quanto meraviglioso os-servare come i paleontologi riescano a far parlare i diversi “buchi” nelle lastre di roccia calcarea friabile ai Lavini di Marco: ad aiutarli è l’icnologia, la disciplina che studia le orme fossili. In quest’area pro-tetta delle “Orme dei Dinosauri” sono stati individuate le tracce di oltre 200 individui distribuite lungo più piste. Una passeggia-ta non faticosa (evitate comunque le ore centrali in estate per il calore riflesso dai lastroni di pietra e l’aridità del territorio), attrezzata con passerelle, punti di osserva-zione e pannelli informativi vi accompagna nell’emozionante lettura di questi grossi animali. Per rendere più chiaro il percor-so, la visita, che richiede un paio d’ore, è suddivisa in 5 settori: La strada forestale, La grande piega, Le “laste alte”; Il colatoio Chemini; I colatoi inferiori. Le orme più grandi hanno una lunghezza dai 7 ai 38 centimetri – quelle dei carnivori sono riconoscibili dal piede tridattilo – con una profondità tra gli 8 e i 13 centimetri; l’ampiezza del passo raggiunge 120 centi-metri, portando la velocità di ambulazione sui 3 e i 5 km orari. Sono tutti dati che vi aiutano a dare forma a questi dinosauri: gli erbivori (i grossi sauropodi) raggiungevano un’altezza attorno ai 5-6 metri e un peso su 1-2 tonnellate, il che li porta ad essere tra i dinosauri di maggiori dimensioni scoperti e studiati attualmente in Italia, mentre i carnivori (i feroci bipedi Teropodi), alti al massimo 4-5 metri, potevano pesare dai 100 agli 800 chilogrammi. Il percorso comprende, con una breve de-viazione, il Fungo di Albaredo (che rientra nel comune di Vallarsa), soprannominato la Bèla Sióra: si tratta di un monumento geologico alto circa 7 metri, che richia-ma appunto la forma di un fungo creata

OGGIIl parco dei dinosauriai Lavini di Marco

dall’azione erosiva dell’aria e dell’acqua.Da Lizzana, frazione di Rovereto, seguite le indicazioni per Ossario di Castel Dante e Piste dei dinosauri. La strada, un tem-po militare oggi panoramica, prende poi il nome di Strada degli Artiglieri (lapidi commemorative; 4 km). Il parcheggio è poco sopra il bivio per le Piste dei dinosau-ri, presso la Baita Alpini (gestione ANA di Lizzana, aperta la domenica escluso i mesi di luglio e agosto). La strada non è adatta a pullman di grandi dimensioni.

Sopra: il Fungo di Albaredo. Sotto: il Museo Civico di Rovereto.

Se volete scoprire l’affascinante mondo “scomparso” dei dinosauri ai Lavini di Mar-co rivolgetevi al Museo Civico per una vi-sita guidata da esperti; prima però andate a visitare la sala del museo che presenta la ricostruzione di due dinosauri a grandezza naturale e la sezione di Paleontologia con i calchi delle orme dei dinosauri stessi. Questo sito paleontologico risulta inserito nell’inventario on line del Servizio Geolo-gico della Provincia autonoma di Trento: www.serviziogeologico.provincia.tn.it.Per il biotopo Lavini di Marco potete consultare l’Ufficio biotopi e Rete Natura 2000: tel. 0461 496032; www.areeprotette.provincia.tn.it

Dinosauri al museo

È lungo quasi 11 metri l’identikit dell’er-bivoro più grande studiato ai Lavini di Marco, mentre quello del carnivoro più grande è di 7 metri.La pista rettilinea più lunga – circa 14 metri – che presenta tracce di passi alter-nativamente lunghi e corti, appartiene a un dinosauro ferito e zoppicanteLa pista segnata dall’impronta delle punte di zampe è di un dinosauro che nuota e di tanto in tanto tocca il fondo con le estre-mità, proprio come facciamo noi quando vogliamo essere sicuri “di toccare” nell’ac-qua alta.

Curiosità

Museo CivicoRovereto, Borgo Santa Caterina 43tel. 0464 452800 / 439055www.museocivico.rovereto.tn.itchiuso lunedì; sbarrierato;laboratori didattici; visite guidate;servizio trasporto con pulmino alle “Orme dei dinosauri”

Info

Sopra: la sala dei dinosauri al Museo Civico. Sotto: una delle piste ai Lavini di Marco.