1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del...

30
A. Arceri (Approfondimento 8/3/2010) La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione. - 4. La discussa fattispecie dei conguagli divisionali. - 5. La divisione ad opera del terzo e la divisione dell'esecutore testamentario. - 6. L'impugnazione della divisione. - 7. Divisione e retratto successorio. 1. Introduzione Le norme che, nel nostro codice civile, disciplinano il modo di intervento del testatore nella divisione dei cespiti destinati a cadere nella sua successione sono gli artt. 733 e 734 c.c. La prima di esse attribuisce al testatore la facoltà di dettare norme o criteri, di carattere obbligatorio, che dovranno guidare gli eredi nell'effettuare la spartizione tra essi dei beni ereditari (art. 733, comma 1, c.c. ), oppure, in alternativa, di designare una terza persona incaricata di effettuare una stima, in base alla quale la divisione dovrà operarsi, salva la facoltà, per gli eredi, di impugnarla (art. 733, comma 2, c.c. ). La seconda di esse, diversamente, prevede il caso in cui il testatore preferisca evitare ab initio l'insorgere della comunione ereditaria, operando, con il testamento, direttamente l'attribuzione a ciascun erede delle porzioni formate (art. 734 c.c. ), previa determinazione delle quote (1 ). In alternativa a questa soluzione, egli potrà designare un esecutore testamentario, che a differenza del soggetto terzo di cui all'art. 733, comma 2, c.c. , avrà il compito di trasferire direttamente, con effetto reale, le porzioni ai singoli eredi. La disciplina relativa è completata dall'art. 735 c.c. , il quale commina la sanzione della nullità nei confronti della divisione testamentaria che non comprenda taluno dei legittimari del testatore: di detta disposizione si dirà più ampiamente in seguito. Per ora, sia sufficiente rilevare come la voluntas legis, nel riconoscere un ampio spazio all'autonomia negoziale del testatore che intenda procedere alla divisione per testamento tra i propri successori, è animata dalla preoccupazione di porre limiti precisi a detta facoltà, facendo sì che la stessa non vada a collidere con principi e posizioni soggettive di rango primario. 2. La divisione del testatore in generale Il concetto di divisione del testatore che si evince dal combinato disposto degli artt. 733 e 734 c.c. è dunque molto vasto, ed abbraccia fattispecie tra loro assai differenti (2 ): in particolare, come la consolidata opinione giurisprudenziale

Transcript of 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del...

Page 1: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

A. Arceri (Approfondimento 8/3/2010)

La divisione del testatore

Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3.

I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione. - 4. La

discussa fattispecie dei conguagli divisionali. - 5.La divisione ad opera del

terzo e la divisione dell'esecutore testamentario. - 6. L'impugnazione della

divisione. - 7. Divisione e retratto successorio.

1. Introduzione

Le norme che, nel nostro codice civile, disciplinano il modo di intervento del

testatore nella divisione dei cespiti destinati a cadere nella sua successione

sono gli artt. 733 e 734 c.c.

La prima di esse attribuisce al testatore la facoltà di dettare norme o criteri, di

carattere obbligatorio, che dovranno guidare gli eredi nell'effettuare la

spartizione tra essi dei beni ereditari (art. 733, comma 1, c.c.), oppure, in

alternativa, di designare una terza persona incaricata di effettuare una stima, in

base alla quale la divisione dovrà operarsi, salva la facoltà, per gli eredi, di

impugnarla (art. 733, comma 2, c.c.).

La seconda di esse, diversamente, prevede il caso in cui il testatore preferisca

evitare ab initio l'insorgere della comunione ereditaria, operando, con il

testamento, direttamente l'attribuzione a ciascun erede delle porzioni formate

(art. 734 c.c.), previa determinazione delle quote (1). In alternativa a questa

soluzione, egli potrà designare un esecutore testamentario, che a differenza del

soggetto terzo di cui all'art. 733, comma 2, c.c., avrà il compito di trasferire

direttamente, con effetto reale, le porzioni ai singoli eredi.

La disciplina relativa è completata dall'art. 735 c.c., il quale commina la

sanzione della nullità nei confronti della divisione testamentaria che non

comprenda taluno dei legittimari del testatore: di detta disposizione si dirà più

ampiamente in seguito. Per ora, sia sufficiente rilevare come la voluntas legis,

nel riconoscere un ampio spazio all'autonomia negoziale del testatore che

intenda procedere alla divisione per testamento tra i propri successori, è

animata dalla preoccupazione di porre limiti precisi a detta facoltà, facendo sì

che la stessa non vada a collidere con principi e posizioni soggettive di rango

primario.

2. La divisione del testatore in generale

Il concetto di divisione del testatore che si evince dal combinato disposto degli

artt. 733 e 734 c.c. è dunque molto vasto, ed abbraccia fattispecie tra loro assai

differenti (2): in particolare, come la consolidata opinione giurisprudenziale

Page 2: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

rileva, mentre nella fattispecie delineata dall'art. 733 c.c. il testatore si limita a

dettare norme che gli eredi dovranno tener presente nel dividere tra loro i beni

caduti in successione, fermo restando che in relazione agli stessi, per effetto

dell'accettazione dell'eredità, sorgerà uno stato di comunione ereditaria, nella

fattispecie delineata dall'art. 734 c.c. si produrrà un effetto esattamente

opposto. Infatti, per effetto dell'accettazione di eredità, gli eredi diverranno

immediatamente proprietari esclusivi del bene destinato a ciascuno, e non si

instaurerà alcuna comunione ereditaria (3).

Ne discende che in realtà, quando si discorre di divisione del testatore, non si

ha riguardo soltanto all'atto di volontà con cui il testatore prevede il modo in

cui dovrà sciogliersi la comunione ereditaria (4), ma altresì quell'atto, di ultima

volontà, con cui il testatore proceda alla formazione delle porzioni ed alla

assegnazione diretta dei beni che ritiene di comprendervi, evitando, in tal

modo, che una comunione si formi al momento della sua morte.

In quest'ultimo caso, denominato, quasi a volerne significare una maggior

pregnanza rispetto al primo, assegno divisionale "qualificato" (contrapposto al

lascito di cui all'art. 733 c.c., comunemente denominato assegno divisionale

semplice), pur non potendosi parlare di uno strumento diretto a sciogliere la

comunione in senso tecnico, potrà comunque parlarsi di negozio con funzione

distributivo - attributiva (5).

Cogliere le distinzioni tra le due ipotesi non è sempre semplice: in via di

estrema approssimazione, e prendendo spunto dai casi esaminati dalla

giurisprudenza, può affermarsi che si versa in caso di assegnazione divisionale

semplice ogni qualvolta il testatore, anche mostrando la volontà di assegnare ad

uno o più eredi beni esattamente individuati, o viceversa di non destinare certi

beni a determinati eredi (6),non dà disposizioni dirette a delimitare, in modo

esaustivo, le singole quote.

Come per esempio si è verificato in un caso recentemente deciso dalla Suprema

Corte (7), in cui il testatore, fermamente deciso a far sì che l'unico figlio

maschio succedesse nell'azienda agricola familiare, si preoccupava di disporre

che detto bene (costituito da più unità poderali tra loro coordinate dal punto di

vista produttivo, con soprastanze, scorte ed attrezzature) fosse compreso nella

quota di costui, e destinava soltanto parte del proprio residuo patrimonio ai

restanti legittimari (moglie e figlie).

Invero, la Corte di Cassazione ha sottolineato l'erroneità della decisione di

merito, che aveva ritenuto ostativo all'applicabilità dell'art. 733 c.c. il fatto che

il testatore avesse disposto di parte soltanto del proprio patrimonio.

La Corte ha sottolineato come, all'opposto di quanto ritenuto dai giudici del

merito, era proprio questo dato che avrebbe dovuto condurre l'interprete ad

individuare senza incertezze nell'art. 733 c.c. la disciplina applicabile, posto

che il testatore aveva, in ultima analisi, dettato precise disposizioni in base alle

quali, una volta insorta la comunione ereditaria, la divisione avrebbe dovuto

effettuarsi, manifestando la preoccupazione che il proprio unico erede maschio

fosse il continuatore dell'azienda familiare, che doveva esser compresa nella

porzione a lui assegnata.

Pertanto, la prescrizione che detto bene, che evidentemente stava molto "a

cuore" al testatore, fosse conservato il più possibile in ambito familiare, non si

risolveva in una mera raccomandazione, quanto piuttosto in un preciso criterio

divisionale.

Page 3: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

Discussa è la natura giuridica del vincolo imposto dal testatore con l'assegno

divisionale "semplice" (art. 733 c.c.): alcuni ritengono che detto vincolo

costituisca un onere o modus apposto alla disposizione testamentaria (8), ma a

tale tesi si ribatte che detta tesi presuppone che l'assegnatario sia erede istituito

per testamento, mentre secondo la preferibile opinione, i criteri divisionali di

cui all'art. 733 c.c. possono riguardare anche la successione legittima (9).

Altri invece ritiene che la disposizione debba esser più propriamente intesa

come legato obbligatorio (10), ma anche detta tesi è stata posta in discussione,

dato che l'art. 733 c.c. espressamente qualifica i criteri dettati dal testatore per

la divisione "vincolanti", mentre qualora gli stessi dovessero ritenersi oggetto

di "legato" imposto ai coeredi, sarebbe sufficiente rinunciarvi per non dare

esecuzione alle disposizioni del de cuius (11).

Si preferisce quindi qualificare l'assegno divisionale semplice quale

disposizione mortis causa sui generis, preparatoria alla formazione delle

concrete porzioni e del riparto (12).

Assai più agevole, come si è già detto, è invece l'individuazione della finalità

della divisione ex art. 734 c.c., con la quale il testatore - volendo escludere, per

motivazioni intuibili, il determinarsi della comunione ereditaria, provvede

direttamente alle assegnazioni a titolo di quota (dopo aver istituito i propri

eredi e determinato le quote a ciascuno spettanti), determinando in modo

esaustivo, per ogni erede, i beni ed i diritti specificamente spettanti

Nella divisione del testatore sono invero individuabili due manifestazioni di

volontà negoziale ben distinte tra loro, soggette a differenti discipline:

a) l'istituzione di erede, e la determinazione della quota (elemento quest'ultimo

che, secondo l'opinione dominante, distingue la divisione del testatore

dall'istitutio ex re certa, in cui l'attribuzione al beneficiario di un determinato

bene implica o meno, a seconda del risultato dell'attività ermeneutica rimessa

all'interprete, istituzione a titolo particolare o, in alternativa, istituzione a titolo

universale, quando dal complesso della scheda testamentaria possa evincersi

che il testatore ha inteso disporre di un determinato bene come quota di eredità:

arg. ex art. 588, co. 2 c.c.);

b) la divisione.

La predetta interpretazione appare confermata dal disposto dell'art. 735 c.c.,

che disciplinando il caso di divisione con preterizione di un legittimario,

commina la nullità della "divisione", e non già dell' istituzione di erede, così

lasciando intendere che la designazione dei successori, e delle quote agli stessi

destinate (eventualmente diverse da quelle di legge), sopravvivono alla

caducazione del negozio divisionale (13). Secondo taluno, anzi, le assegnazioni

rispetto alle quali il testatore ha espresso preferenza continueranno a

rappresentare, per quanto possibile, e nei limiti di loro compatibilità con i diritti

dei condividenti, criteri per la divisione.

3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione

E' pressoché pacifica l'opinione secondo la quale il testatore, nel formare le

porzioni spettanti a ciascuno degli eredi designati, non sia tenuto a rispettare il

diritto all'omogeneità delle porzioni stabilito, in materia di divisione ordinaria,

dagli artt. 718 e 727 c.c. (fermo restando che, anche nella comunione ordinaria,

da detti principi ci si dovrà necessariamente discostare se la cosa non sia

Page 4: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

comodamente divisibile in natura: arg. ex art. 720 c.c.).

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che l'autonomia

negoziale del testatore incontri, in materia di divisione, alcuni invalicabili

limiti.

a) Proporzione tra il valore della quota ed il valore dei beni assegnati.

Nel formare le porzioni dei singoli eredi, il testatore è tenuto a comprendervi

beni di valore quanto più possibile corrispondente alla quota ereditaria

destinata a ciascun coerede. Detta regola va interpretata cum grano salis, in

ottica salvifica del testamento: occorrerà, in particolare, tener presente che la

valutazione dei beni relitti è da riferirsi, necessariamente, al momento della

divisione (14), e comunque è operazione, per sua natura, estremamente

soggettiva, legata a fattori non sempre prevedibili.

In sostanza, quasi mai il valore effettivo del bene concretamente assegnato

corrisponderà - al centesimo - alla quota ereditaria.

Tanto premesso, non ogni discostamento tra valore dei beni apporzionati e

quota ereditaria spettante determinerà l'impugnabilità della divisione, ma

soltanto quella sproporzione che si configuri di una apprezzabile consistenza

(15). Molti autori ritengono di applicare, analogicamente, la disciplina dettata

dall'art. 763 c.c., per modo che sarà rilevante la differenza di valore che superi

la misura di un quarto della quota astratta (16).

b) Dovere di non pretermettere i legittimari e gli eredi istituiti con il

testamento.

Il significato da attribuire a questo limite è alquanto discusso, fermo restando

che, per autorevole dottrina, il limite in oggetto è di carattere esclusivamente

quantitativo, e non qualitativo (17). Ciò sarebbe desumibile dal tenore dell'art.

734 c.c., che espressamente attribuisce al testatore il potere di disciplinare la

suddivisione della parte indisponibile dell'asse ereditario, così lasciando

intendere che egli possa derogare alla regola della omogeneità. Tanto

premesso, detta dottrina individua due distinte ipotesi:

b1: divisione soggettivamente parziale: si avrebbe quando il testatore, pur

avendo istituito un certo numero di eredi, provveda ad apporzionarne soltanto

alcuni, con la conseguenza che i coeredi non apporzionati restano in

comunione indivisa tra loro (18).

Si reputa che tale ipotesi non rientri nella definizione di divisione invalida ex

art. 735 c.c., purché i beni residuati dopo l'apporzionamento siano sufficienti a

soddisfare i diritti dei coeredi non apporzionati (19). Se ne ricava che la

divisione soggettivamente parziale è anche, necessariamente, oggettivamente

parziale, a pena di violazione del precetto considerato: sarebbe nulla, in altri

termini, la divisione con cui il de cuius, dopo aver nominato eredi A e B,

proceda alla formazione della porzione destinata ad A ricomprendendovi

l'intero asse ereditario;

b2: divisione oggettivamente parziale: si ha divisione oggettivamente parziale

quando il testatore distribuisce tra gli eredi soltanto una parte dei beni ereditari.

A ben vedere, si tratta di ipotesi tutt'altro che eccezionale, dato che è tutt'altro

che infrequente che la composizione e la consistenza dell'asse ereditario

subiscano variazioni tra il momento della testamenti factio ed il momento

Page 5: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

dell'apertura della successione. In tal caso, può essere arduo stabilire se, sulla

parte non apporzionata, debba aprirsi la successione legittima oppure quella

testamentaria: si reputa decisivo, a tal fine, quanto stabilito dal testatore,

propendendo per la natura testamentaria della successione ogni qualvolta il

testatore abbia comunque stabilito la quota astratta spettante agli altri eredi,

esaurendo così l'asse ereditario (20).

c) Disciplina della collazione

Nel disciplinare la divisione dei propri beni, il testatore non può derogare alle

norme in tema di collazione dei beni ricevuti in donazione. Ciò può verificarsi

quando, per esempio, il testatore abbia stabilito che un determinato bene debba

esser compreso nella porzione di un determinato erede ma poi, con disposizioni

liberali successive, abbia di fatto diminuito la consistenza dell'asse ereditario

non consentendo al predetto erede di conseguire per intero il bene a lui

destinato. Neppure è consentito al testatore, secondo qualche opinione,

d'imporre al coerede le modalità con cui procedere alla collazione, ovvero

precludere a costui la scelta se effettuare la medesima per imputazione o in

natura (21).

d) Dovere di apporzionare gli eredi con beni ereditari (rinvio)

Altro limite che, secondo l'opinione dominante, si pone all'autonomia del

testatore nel disporre la divisione dei propri beni tra gli eredi è che

l'apporzionamento sia effettuato con beni di provenienza successoria. Soltanto

in materia di legati, del resto, è previsto che eccezionalmente il testatore possa

disporre del patrimonio di terzi, e sempre che di ciò fosse consapevole.

Ciò introduce la discussa materia dei conguagli divisionali, su cui si dirà più

ampiamente al prossimo capitolo.

e) Possibilità di apporre termini e condizioni

Secondo autorevole opinione dottrinale, rientrerebbe nell'autonomia del

testatore il subordinare l'efficacia della divisione ad un termine iniziale o ad

una condizione (22).

Di contrario avviso, però, è la scarsa giurisprudenza intervenuta sul punto, la

quale osserva che, in caso di sottoposizione dell'efficacia della divisione a

termine iniziale, il momento di apertura della successione segnerebbe

l'insorgere, tra i coeredi, di uno stato di comunione ereditaria, per sua natura

incompatibile con l'effetto della divisione ex art. 734 c.c.

4. La discussa fattispecie dei conguagli divisionali

Come poc'anzi si è rilevato, è assai frequente l'ipotesi in cui il testatore

provveda a formare la quota di uno o più coeredi assegnando agli stessi beni

che eccedono il valore, in proporzione rispetto a quello dell'asse complessivo,

delle quote rispettivamente attribuite.

In tale evenienza, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che non viene

meno la natura vincolante della volontà espressa dal testatore: fermo che una

tendenziale corrispondenza deve esservi, qualora si verifichi un semplice

Page 6: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

sopravanzo del valore dei beni assegnati rispetto alla quota, si potrà

ugualmente rispettare la volontà del testatore mediante l'imposizione, ai

coeredi privilegiati, di conguagli in favore di quelli sfavoriti (23) (ciò

costituisce rilevante innovazione rispetto al passato: la giurisprudenza meno

recente riteneva infatti che i conguagli potessero esser fatti unicamente se il

denaro esisteva nell'asse, pena l'invalidità dell'attribuzione).

Anzi, addirittura secondo qualche giurisprudenza, il conguaglio costituirebbe

un vero e proprio diritto soggettivo del condividente, che anche in ipotesi di

divisione ereditaria, potrebbe reclamarlo al giudice per riequilibrare le porzioni

stabilite dal testatore, con domanda che si differenzia, chiaramente, sia

dall'impugnazione della divisione, sia dalla rivendica in senso proprio, sia

dall'azione di riduzione (che presupporrebbe il concretarsi di una lesione della

legittima, e non, semplicemente, la difformità tra il valore effettivo del bene

assegnato e quello della quota di eredità spettante) (24).

L'unico limite a tale facoltà (da riconoscersi al testatore così come la stessa è

legittima in caso di divisione negoziale e giudiziale) è rappresentato dal dovere

di destinare a tutti i coeredi beni ereditari, facendo sì che il conguaglio conservi

una funzione di riequilibrio, senza assumere una funzione di fatto

interamente sostitutiva del lascito: la Cassazione ha infatti ritenuto nulla, ai

sensi dell'art. 735, la divisione operata dal testatore contenente la disposizione

per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario dovevano esser soddisfatte

mediante corresponsione, da parte degli altri eredi tra i quali era stata divisa

l'eredità, mediante la corresponsione di una somma di denaro non compresa nel

relictum (25). Unica eccezione a tale orientamento pare essere la sentenza n.

862/2007, citata infra, la quale ha posto prevalentemente la propria attenzione

sulla natura del conguaglio divisionale, che, nel caso di specie, era

rappresentata da una vera e propria liquidazione in denaro non ereditario delle

spettanze di alcuni eredi. Dall'attenta lettura della motivazione di detta

pronuncia, tuttavia, sono ricavabili due elementi decisivi:

i coeredi avevano prestato formale acquiescenza alle disposizioni testamentarie

(art. 590 c.c.), non sollevando obiezioni, pertanto, alla integrale liquidazione

della porzione del ricorrente in denaro non proveniente dall'asse;

il giudice non era stato investito della decisione in merito alla spettanza del

lascito ereditario così determinato, nel qual caso avrebbe potuto pronunciare,

d'ufficio, la nullità, in conformità al consolidato orientamento della

giurisprudenza di legittimità sui limiti della rilevabilità d'ufficio della nullità.

Autorevole dottrina, tuttavia, in contrasto con l'orientamento appena esposto, si

spinge a sostenere che, all'opposto, rientri nel campo dell'autonomia

testamentaria la possibilità di soddisfare le porzioni dei legittimari, o quelle

degli eredi istituiti con il testamento, con crediti nei confronti degli altri coeredi

(26).

Quanto alla natura giuridica del conguaglio divisionale si tende ad affermare:

a) che esso costituisce un legato in funzione divisoria (27);

b) che esso rappresenta un debito di valore, talché è soggetto all'adeguamento

mediante calcolo di rivalutazione ed interessi (28).

5. La divisione ad opera del terzo e la divisione dell'esecutore

testamentario

Page 7: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

L'art. 733, comma secondo, c.c. prevede che il testatore possa attribuire ad un

terzo (purché non si tratti di un erede o di un legatario, per l'evidente ragione

che la presenza di tale qualità comporterebbe l'insorgere di un conflitto di

interessi) la facoltà di stimare i beni caduti in successione, provvedendo a

formare un progetto di divisione, che gli eredi saranno tenuti ad osservare salve

le ipotesi in cui esso sia contrario alla volontà del testatore o manifestamente

iniquo.

Discussa è la natura giuridica dell'intervento del terzo nella divisione: secondo

alcuni, la norma citata attribuisce a costui la facoltà di operare direttamente

la divisione, con effetti reali in favore dei destinatari delle singole porzioni

formate (29); secondo altri, invece, gli eredi sono soltanto vincolati a dare

esecuzione al progetto formato dal terzo, fermo restando che, nei casi di

erroneità/iniquità, essi potranno impugnarlo dinanzi all'autorità giudiziaria

(30).

La divisione affidata al terzo, contemplata dall'art. 733 c.c., va tenuta distinta

dalla divisione commessa all'esecutore testamentario (art. 706 c.c.):

quest'ultimo, per opinione pacifica, ha il potere di effettuare una divisione

immediatamente attributiva delle porzioni stabilite, non limitandosi a

predisporre un progetto di divisione, discutibile da parte degli eredi (31).

Data la suddetta fondamentale differenza, si è stabilito che, ove il testatore

attribuisca al terzo designato per le operazioni di stima e formazione delle

porzioni anche il potere di trasferirle agli eredi designati, la normativa

applicabile non è più l'art. 733 c.c., bensì l'art. 734 c.c. (32).

6. L'impugnazione della divisione

L'art. 735 c.c. sanziona con la nullità la divisione che non abbia compreso

taluno dei legittimari o degli eredi istituiti.

Detta norma sanziona dunque due ipotesi assai differenti tra loro: a) da un lato

la divisione che non abbia contemplato, né quanto ad istituzione, ne, di

conseguenza, quanto assegnazione di quota, un legittimario;

b) dall'altro la divisione che, dopo aver istituito e destinato una quota ideale ad

un determinato soggetto, non necessariamente legittimario, non abbia di fatto

destinato a costui alcun bene, come potrebbe avvenire, per esempio, nel caso in

cui il testatore, dopo aver nominato eredi A, B, e C, in quote di un terzo

ciascuno, esaurisca poi l'intero suo patrimonio destinandolo alle quote di A e

B.

Completamente diverso è il caso in cui il testatore, nel formare le porzioni

ereditarie, abbia assegnato ad uno dei coeredi beni di valore inferiore alla quota

di riserva: in tal caso, il coerede potrà agire in riduzione, per ottenere

l'integrazione della quota a lui destinata, secondo gli ordinari criteri di legge.

Ancora, come già accennato, la divisione del testatore può essere impugnata, ai

sensi dell'art. 763 c.c., per lesione ultra quartum. Ciò ovviamente presuppone

che il coerede impugnante sia stato istituito in una quota specificata con

precisione, non soltanto determinabile (33), come può avvenire, per esempio,

istituendo l'erede nella quota che sarà calcolabile, al momento dell'apertura

della successione, in base al rapporto aritmetico tra il valore del bene assegnato

a costui e l'asse ereditario complessivo (per esempio, se la porzione di A viene

formata con un bene che vale 100, e l'asse ereditario è di complessivi 500, la

Page 8: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

quota è dunque pari ad 1/5, e l'attribuzione non può che rispettare l'entità della

quota).

7. Divisione e retratto successorio

L'esatta qualificazione delle disposizioni impartite dal testatore per la

suddivisione dei beni relitti tra gli eredi è di fondamentale importanza ai fini

dell'applicabilità o meno della disciplina del retratto.

Di estremo interesse, sotto tal profilo, è come sempre l'elaborazione

giurisprudenziale: per esempio, con recente pronuncia, la Suprema Corte ha

chiarito che "in tema di retratto successorio, l'esistenza tra gli eredi di una

comunione avente natura diversa da quella ereditaria, al fine di escludere

l'applicazione dell'art. 732 c.c., conseguente all'assegnazione da parte del de

cuius ad un gruppo di discendenti di un bene in comunione, postula un atto

dispositivo/attributivo con effetti reali posto in essere dal testatore stesso,

spettando al giudice del merito accertare l'esistenza e la portata di una siffatta

volontà" (34).

In altri termini, laddove la comunione ereditaria non sorga in quanto il testatore

ha effettuato ex art. 734 c.c. l'integrale spartizione del proprio patrimonio,

evitando così che perfino sui beni sopravvenuti possa insorgere una situazione

di contitolarità ereditaria, non potrà aversi, pacificamente, applicazione della

disposizione di tutela di cui all'art. 732 c.c., la cui ratio è da ricercare nel

mantenimento dell'unità del patrimonio familiare.

Alessandra Arceri

Giudice del Tribunale di Bologna

_________ (1) Secondo la migliore dottrina, la divisione potrà avere, in tal caso, più modalità attuative. Il

testatore potrà preventivamente stabilire una quota frazionaria, oppure istituire i coeredi nelle

quote allo stato non determinate che risulteranno, all'apertura della successione, dal rapporto

aritmetico tra il valore dei beni rispettivamente assegnati ed il valore complessivo dell'asse:

AMADIO, La divisione del testatore, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, II,

Padova, 1994, p. 75; id., Letture sull'autonomia privata, Padova, 2005, p. 43. Evidente che, in

tale eventualità, la disposizione divisionale non dovrà esser confusa con l' istituto ex re certa,

che non configura modalità di designazione dei propri successori e di scioglimento della

comunione ereditaria tra essi, bensì operazione ermeneutica, che consente di stabilire se un

determinato lascito debba intendersi a titolo universale o particolare. Detta incertezza non può

sussistere, ovviamente, quando il testatore dichiari chiaramente di aver inteso disporre di

determinati beni a titolo di quota ereditaria, benché indeterminata : cfr. Trib. Roma, 17 febbraio

2003, in Giur. Romana, 2004, p. 119, la cui massima, stando a quanto riferito più sopra,

dovrebbe esser corretta ed integrata affermandosi che la distinzione tra istitutio ex re certa ed

assegno divisionale qualificato risiede nel fatto che, in quest'ultima ipotesi, il testatore procede

alla determinazione, ancorché in via astratta, della quota.

(2) Per maggiori approfondimenti:; BILOTTI, Appunti sulla divisione testamentaria (artt. 734-

735 c.c.), in Riv. Not., 2002, p. 687 e ss.; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle

donazioni, Torino, 2006; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, Della divisione, in Commentario

Scialoja-Branca, Bologna Roma, 2000; P. MENGONI, La divisione testamentaria, Milano

1950; A. MORA, Lo scioglimento della comunione ereditaria. La divisione, in Trattato di

diritto delle successioni e delle divisioni, a cura di G. BONILINI, Milano, 2009, p. 299 e ss,;

M.R. MORELLI, La comunione e la divisione ereditaria, in Giur. Sist. Civ. Comm. W. Bigiavi,

Torino, 1998.

Page 9: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

(3) In giurisprudenza, tra le pronunce più recenti: Cass., 11 maggio 2009, n. 10797, rv. 608107,

secondo la quale "in tema di divisione ereditaria, la divisio inter liberos, regolata dall'art. 734

c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei

suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole

quote concrete, con effetti reali immediati. Ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c.

quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione: la

motivazione del giudice del merito sulla sussistenza dell'una o dell'altra ipotesi, risolvendosi in

un apprezzamento di fatto sulla volontà del testatore, non è censurabile in sede di legittimità, se

non per vizi logici e giuridici (nella specie, è stata confermata la sentenza di merito, che aveva

ritenuto applicabile l'art. 733 c.c., poiché nella scheda testamentaria non era stato indicato lo

specifico ammontare del conguaglio necessario per pareggiare le singole quote)"; in senso

conforme: Cass. 17 luglio 2006, n. 16216, rv. 591437, in Mass. Giur. It., 2006, secondo cui:

"La disposizione testamentaria con cui un determinato bene viene destinato ad uno dei coeredi,

comprendendolo nella quota di sua spettanza, ha natura di norma volta a regolare la futura

divisione, ai sensi dell'art. 733 c.c., e, esprimendo una mera preferenza a favore dell'erede, ha

efficacia obbligatoria e non reale, effetto che invece si verificherebbe se il testatore,

procedendo immediatamente alla divisione, assegnasse direttamente il bene"; nella

giurisprudenza di merito: Trib. Verona, 26 luglio 2001, in Giur. Mer., 2002, p. 973, secondo la

quale "L'assegno divisorio semplice, avente efficacia meramente obbligatoria, è legato alla

circostanza per cui il testatore abbia dettato esclusivamente norme per la formazione delle

porzioni ereditarie; diversamente, nel caso dell'assegno divisorio qualificato, ad efficacia reale,

allorché il testatore abbia provveduto direttamente alla divisione, per cui i beni possano

immediatamente e direttamente agli assegnatari, senza che venga a determinarsi la comunione

ereditaria (fattispecie in cui il testatore aveva disposto dei propri beni con precisione ed attenta

valutazione della loro ubicazione e consistenza, dividendoli analiticamente in tante porzioni da

assegnare ai figli ben distinte ed agevolmente individuabili)". Secondo Corte di App. Napoli, 3

marzo 2005, ined., riportata da CAPOZZI, 2009, p. 1442, nt. 3013, non si potrebbe parlare di

divisione ex art. 734 c.c. ogni qualvolta il testatore lascia da compiere ulteriori operazioni

divisionali, come potrebbe avvenire nel caso (analogo a quello della pronuncia citata) in cui il

testatore, dopo aver suddiviso tutti i propri beni tra le tre figlie, per un terzo ciascuna,

assegnava ad ognuna di esse un immobile, stabilendo che la differenza venisse colmata con i

titoli presenti nell'eredità, in tal modo lasciando aperta la determinazione dei conguagli.

(4) Si ritiene che la divisione ex art. 733 c.p.p. possa concernere anche la successione legittima:

nel qual caso, le quote da assegnarsi ai singoli eredi saranno quelle previste dalla legge, fermo

restando che nella formazione di esse, dovrà tenersi conto dei criteri enunciati dal de cuius.

(5) G. CAPOZZI, L'intervento del testatore nella divisione, in Successioni e Donazioni, II,

Milano, 2009, p. 1429 e ss., in part. p. 1430.

(6) E' pacifica l'opinione che il criterio divisionale possa consistere anche in una enunciazione

negativa, come frequentemente, peraltro, avviene nella pratica, disponendo, vale a dire, che un

determinato cespite non sia compreso nella quota di un determinato erede (A. MORA, op. cit.,

p.301).

(7) Cass, 20 agosto 2009, n. 18561, rv. 609790, che afferma il medesimo principio di cui alle

pronunce citate sub nota 2, salvo specificare, successivamente, l'erroneità della decisione di

merito, che aveva escluso l'applicabilità dell'art. 733 c.c. in presenza di clausola testamentaria

che aveva espressamente raccomandato al figlio maschio, assegnatario di un gruppo di poderi,

di lasciare tali beni "conservati uniti ed intatti finché possibile", aveva lasciato alla moglie

l'usufrutto generale, e destinato alle figlie, cui manifestava l'intento di lasciare unicamente la

legittima, altri beni immobili specificamente individuati, senza disporre del proprio restante

patrimonio, in base al motivo che tali disposizioni non esaurivano l'asseereditario, composto

anche da denaro e titoli. Reputa la Cassazione che la decisione, oltre ad aver non escluso in

modo tutt'altro che condivisibile la ricorrenza dell'assegno divisionale semplice ex art. 733 c.c.

(che non pare incompatibile con la specifica individuazione di beni deputati a esser compresi

nella quota), non aveva neppure considerato la possibilità di ricondurre l'anzidetta clausola

nell'ambito di operatività della divisio inter liberos ai sensi dell'art. 734.

(8) G. BONILINI, op. cit. p. 329.

(9) L. MENGONI, op. cit., p. 71; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 287.

(10) E' la tesi sostenuta, per esempio, da CAPOZZI, op. cit.,p. 1444.

(11) G. BONILINI, op. cit., p. 329.

(12) G. AMADIO, op. cit., p. 78.

Page 10: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

(13) Trib. Napoli, 26 giugno 1997, in Arch. Civ., 1998, p. 953, con nota di V. SANTARSIERE,

Divisione testamentaria con preterizione di legittimario. Conversione in norme dettate dal

testatore.

(14) Sarebbe alquanto difficoltoso, oltre che sostanzialmente ingiusto, riferire le valutazioni dei

singoli beni assegnati al momento della testamenti factio: in tal caso, per esempio, alcuni eredi

potrebbero beneficiare, in danno degli altri, di eventuali modifiche incrementative del valore

dei cespiti loro assegnati (per esempio, un terreno che da agricolo divenga edificabile), e così,

analogamente, altri pregiudicati delle modiche in decremento di tale valore.

(15) In senso contrario si registrano pur autorevoli voci: per es. L. MENGONI, op. cit., p. 167,

ad avviso del quale è sufficiente una modesta differenza di valore a decretare l'inattuabilità

della divisione del testatore.

(16) G. CAPOZZI, op. cit., p. 1432; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 291.

(17) A. MORA, op. cit., p. 302.

(18) Si ritiene, generalmente, che la comunione che viene a determinarsi, nel caso di divisione

soggettivamente parziale, sia comunione ereditaria, e non ordinaria: v. in dottrina,

BOMBARDA, Osservazioni in tema di norme date dal testatore per la divisione, in Giust.

Civ., 1975, IV, p. 114; P. FORCHIELLI - P. ANGELONI, op. cit., p. 319.

(19) In giurisprudenza: Cass. 23 marzo 1992, n. 3599, in Rass. Dir. Civ., 1994, 4, p. 819, con

nota di V. Tavassi, Divisione testamentaria e preterizione divisoria del legittimario.

(20) M. R. MORELLI, op. cit., p. 290.

(21) Cass. 9 marzo 1979, n. 1481.

(22) G. AMADIO, op. cit., p. 48.

(23) Rileva la citata sentenza n. 10797/2009: "la volontà del testatore ben difficilmente

potrebbe essere rispettata se dovesse porsi nel nulla ogni qual volta i beni da lui individuati non

corrispondano in maniera esatta al valore della quota attribuita. Deve, invece, ritenersi,

esattamente interpretando la norma alla luce del favor testamenti, che la volontà del testatore

rimanga vincolante ove sia compatibile con il valore delle quote, compatibilità riscontrabile

tutte le volte in cui il perfetto equilibrio possa raggiungersi con l'imposizione di un

conguaglio"; conf. Cass. 24 maggio 2004, n. 9005, rv. 573060, in Giust. Civ., 2004, 9, I, p.

1977; in Riv. Not., 2005, 2, II, p. 398; in Not., 2005, 4, p. 369, con nota di S. Tardio, Volontà

del testatore e valore effettivo dei beni assegnati; in Familia, 2005, 1, II, p. 180, con nota di S.

Landini, Divisione ereditaria e conguagli delle quote ereditarie.

(24) Trib. Lucca, 22 marzo 1984, in Giur. Merito, 1985, p. 29, con nota di A. GIUSTI, Note in

tema di divisione fatta dal testatore.

(25) Cass. 12 marzo 2003, n. 3694, cit.

(26) BOMBARDA, op. cit., p. 110.

(27) L. MENGONI, op. cit., p. 163; M.R. MORELLI, op. cit., p. 287.

(28) Cass. 16 gennaio 2007, n. 862, in Vita Not., 2007, p. 205.

(29) L. MENGONI, op. cit., p. 167.

(30) P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 297.

(31) G. BONILINI, op. cit., p. 329.

(32) M.R. MORELLI, op. cit., p. 300.

(33) Cass. 11 marzo 2008, n. 6449, in Mass. Giur. It., 2008, secondo la quale "in caso di

divisione fatta dal testatore, l'azione di rescissione è ammissibile solo nel caso in cui il testatore

abbia stabilito la quota di ciascun erede, in modo che sia possibile il raffronto tra il valore dei

beni concretamente attribuiti agli eredi e l'entità delle quote ad essi astrattamente attribuite dal

testatore".

(34) Cass. 12 ottobre 2007, n. 21491, rv. 600003, in Mass. Giur. It., 2007; la fattispecie era la

seguente: il testatore aveva lasciato alla moglie l'usufrutto generale; al figlio maschio prediletto

una porzione immobiliare fisicamente individuata; ai restanti figli la comunione indivisa del

resto. Il giudice del merito aveva reputato sussistente il diritto al retratto in quanto aveva

ritenuto inapplicabile alla fattispecie l'art. 734 c.c., sul presupposto che la divisione così

operata avesse lasciato sopravvivere tra i coeredi la comunione ereditaria. La Corte ritiene non

condivisibile tale tesi, in quanto la comunione venutasi a determinare tra gli eredi cui era stata

attribuita la proprietà indivisa del cespite non era più ereditaria, ma ordinaria. In senso conf:

Cass. 15 ottobre 1992, n. 11290, in Vita Not., 1993, p. 274.

A. Arceri (Approfondimento 8/3/2010)

La divisione del testatore

Page 11: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3.

I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione. - 4. La

discussa fattispecie dei conguagli divisionali. - 5.La divisione ad opera del

terzo e la divisione dell'esecutore testamentario. - 6. L'impugnazione della

divisione. - 7. Divisione e retratto successorio.

1. Introduzione

Le norme che, nel nostro codice civile, disciplinano il modo di intervento del

testatore nella divisione dei cespiti destinati a cadere nella sua successione

sono gli artt. 733 e 734 c.c.

La prima di esse attribuisce al testatore la facoltà di dettare norme o criteri, di

carattere obbligatorio, che dovranno guidare gli eredi nell'effettuare la

spartizione tra essi dei beni ereditari (art. 733, comma 1, c.c.), oppure, in

alternativa, di designare una terza persona incaricata di effettuare una stima, in

base alla quale la divisione dovrà operarsi, salva la facoltà, per gli eredi, di

impugnarla (art. 733, comma 2, c.c.).

La seconda di esse, diversamente, prevede il caso in cui il testatore preferisca

evitare ab initio l'insorgere della comunione ereditaria, operando, con il

testamento, direttamente l'attribuzione a ciascun erede delle porzioni formate

(art. 734 c.c.), previa determinazione delle quote (1). In alternativa a questa

soluzione, egli potrà designare un esecutore testamentario, che a differenza del

soggetto terzo di cui all'art. 733, comma 2, c.c., avrà il compito di trasferire

direttamente, con effetto reale, le porzioni ai singoli eredi.

La disciplina relativa è completata dall'art. 735 c.c., il quale commina la

sanzione della nullità nei confronti della divisione testamentaria che non

comprenda taluno dei legittimari del testatore: di detta disposizione si dirà più

ampiamente in seguito. Per ora, sia sufficiente rilevare come la voluntas legis,

nel riconoscere un ampio spazio all'autonomia negoziale del testatore che

intenda procedere alla divisione per testamento tra i propri successori, è

animata dalla preoccupazione di porre limiti precisi a detta facoltà, facendo sì

che la stessa non vada a collidere con principi e posizioni soggettive di rango

primario.

2. La divisione del testatore in generale

Il concetto di divisione del testatore che si evince dal combinato disposto degli

artt. 733 e 734 c.c. è dunque molto vasto, ed abbraccia fattispecie tra loro assai

differenti (2): in particolare, come la consolidata opinione giurisprudenziale

rileva, mentre nella fattispecie delineata dall'art. 733 c.c. il testatore si limita a

dettare norme che gli eredi dovranno tener presente nel dividere tra loro i beni

caduti in successione, fermo restando che in relazione agli stessi, per effetto

dell'accettazione dell'eredità, sorgerà uno stato di comunione ereditaria, nella

fattispecie delineata dall'art. 734 c.c. si produrrà un effetto esattamente

opposto. Infatti, per effetto dell'accettazione di eredità, gli eredi diverranno

immediatamente proprietari esclusivi del bene destinato a ciascuno, e non si

instaurerà alcuna comunione ereditaria (3).

Ne discende che in realtà, quando si discorre di divisione del testatore, non si

ha riguardo soltanto all'atto di volontà con cui il testatore prevede il modo in

Page 12: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

cui dovrà sciogliersi la comunione ereditaria (4), ma altresì quell'atto, di ultima

volontà, con cui il testatore proceda alla formazione delle porzioni ed alla

assegnazione diretta dei beni che ritiene di comprendervi, evitando, in tal

modo, che una comunione si formi al momento della sua morte.

In quest'ultimo caso, denominato, quasi a volerne significare una maggior

pregnanza rispetto al primo, assegno divisionale "qualificato" (contrapposto al

lascito di cui all'art. 733 c.c., comunemente denominato assegno divisionale

semplice), pur non potendosi parlare di uno strumento diretto a sciogliere la

comunione in senso tecnico, potrà comunque parlarsi di negozio con funzione

distributivo - attributiva (5).

Cogliere le distinzioni tra le due ipotesi non è sempre semplice: in via di

estrema approssimazione, e prendendo spunto dai casi esaminati dalla

giurisprudenza, può affermarsi che si versa in caso di assegnazione divisionale

semplice ogni qualvolta il testatore, anche mostrando la volontà di assegnare ad

uno o più eredi beni esattamente individuati, o viceversa di non destinare certi

beni a determinati eredi (6),non dà disposizioni dirette a delimitare, in modo

esaustivo, le singole quote.

Come per esempio si è verificato in un caso recentemente deciso dalla Suprema

Corte (7), in cui il testatore, fermamente deciso a far sì che l'unico figlio

maschio succedesse nell'azienda agricola familiare, si preoccupava di disporre

che detto bene (costituito da più unità poderali tra loro coordinate dal punto di

vista produttivo, con soprastanze, scorte ed attrezzature) fosse compreso nella

quota di costui, e destinava soltanto parte del proprio residuo patrimonio ai

restanti legittimari (moglie e figlie).

Invero, la Corte di Cassazione ha sottolineato l'erroneità della decisione di

merito, che aveva ritenuto ostativo all'applicabilità dell'art. 733 c.c. il fatto che

il testatore avesse disposto di parte soltanto del proprio patrimonio.

La Corte ha sottolineato come, all'opposto di quanto ritenuto dai giudici del

merito, era proprio questo dato che avrebbe dovuto condurre l'interprete ad

individuare senza incertezze nell'art. 733 c.c. la disciplina applicabile, posto

che il testatore aveva, in ultima analisi, dettato precise disposizioni in base alle

quali, una volta insorta la comunione ereditaria, la divisione avrebbe dovuto

effettuarsi, manifestando la preoccupazione che il proprio unico erede maschio

fosse il continuatore dell'azienda familiare, che doveva esser compresa nella

porzione a lui assegnata.

Pertanto, la prescrizione che detto bene, che evidentemente stava molto "a

cuore" al testatore, fosse conservato il più possibile in ambito familiare, non si

risolveva in una mera raccomandazione, quanto piuttosto in un preciso criterio

divisionale.

Discussa è la natura giuridica del vincolo imposto dal testatore con l'assegno

divisionale "semplice" (art. 733 c.c.): alcuni ritengono che detto vincolo

costituisca un onere o modus apposto alla disposizione testamentaria (8), ma a

tale tesi si ribatte che detta tesi presuppone che l'assegnatario sia erede istituito

per testamento, mentre secondo la preferibile opinione, i criteri divisionali di

cui all'art. 733 c.c. possono riguardare anche la successione legittima (9).

Altri invece ritiene che la disposizione debba esser più propriamente intesa

come legato obbligatorio (10), ma anche detta tesi è stata posta in discussione,

dato che l'art. 733 c.c. espressamente qualifica i criteri dettati dal testatore per

la divisione "vincolanti", mentre qualora gli stessi dovessero ritenersi oggetto

Page 13: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

di "legato" imposto ai coeredi, sarebbe sufficiente rinunciarvi per non dare

esecuzione alle disposizioni del de cuius (11).

Si preferisce quindi qualificare l'assegno divisionale semplice quale

disposizione mortis causa sui generis, preparatoria alla formazione delle

concrete porzioni e del riparto (12).

Assai più agevole, come si è già detto, è invece l'individuazione della finalità

della divisione ex art. 734 c.c., con la quale il testatore - volendo escludere, per

motivazioni intuibili, il determinarsi della comunione ereditaria, provvede

direttamente alle assegnazioni a titolo di quota (dopo aver istituito i propri

eredi e determinato le quote a ciascuno spettanti), determinando in modo

esaustivo, per ogni erede, i beni ed i diritti specificamente spettanti

Nella divisione del testatore sono invero individuabili due manifestazioni di

volontà negoziale ben distinte tra loro, soggette a differenti discipline:

a) l'istituzione di erede, e la determinazione della quota (elemento quest'ultimo

che, secondo l'opinione dominante, distingue la divisione del testatore

dall'istitutio ex re certa, in cui l'attribuzione al beneficiario di un determinato

bene implica o meno, a seconda del risultato dell'attività ermeneutica rimessa

all'interprete, istituzione a titolo particolare o, in alternativa, istituzione a titolo

universale, quando dal complesso della scheda testamentaria possa evincersi

che il testatore ha inteso disporre di un determinato bene come quota di eredità:

arg. ex art. 588, co. 2 c.c.);

b) la divisione.

La predetta interpretazione appare confermata dal disposto dell'art. 735 c.c.,

che disciplinando il caso di divisione con preterizione di un legittimario,

commina la nullità della "divisione", e non già dell' istituzione di erede, così

lasciando intendere che la designazione dei successori, e delle quote agli stessi

destinate (eventualmente diverse da quelle di legge), sopravvivono alla

caducazione del negozio divisionale (13). Secondo taluno, anzi, le assegnazioni

rispetto alle quali il testatore ha espresso preferenza continueranno a

rappresentare, per quanto possibile, e nei limiti di loro compatibilità con i diritti

dei condividenti, criteri per la divisione.

3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione

E' pressoché pacifica l'opinione secondo la quale il testatore, nel formare le

porzioni spettanti a ciascuno degli eredi designati, non sia tenuto a rispettare il

diritto all'omogeneità delle porzioni stabilito, in materia di divisione ordinaria,

dagli artt. 718 e 727 c.c. (fermo restando che, anche nella comunione ordinaria,

da detti principi ci si dovrà necessariamente discostare se la cosa non sia

comodamente divisibile in natura: arg. ex art. 720 c.c.).

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che l'autonomia

negoziale del testatore incontri, in materia di divisione, alcuni invalicabili

limiti.

a) Proporzione tra il valore della quota ed il valore dei beni assegnati.

Nel formare le porzioni dei singoli eredi, il testatore è tenuto a comprendervi

beni di valore quanto più possibile corrispondente alla quota ereditaria

destinata a ciascun coerede. Detta regola va interpretata cum grano salis, in

Page 14: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

ottica salvifica del testamento: occorrerà, in particolare, tener presente che la

valutazione dei beni relitti è da riferirsi, necessariamente, al momento della

divisione (14), e comunque è operazione, per sua natura, estremamente

soggettiva, legata a fattori non sempre prevedibili.

In sostanza, quasi mai il valore effettivo del bene concretamente assegnato

corrisponderà - al centesimo - alla quota ereditaria.

Tanto premesso, non ogni discostamento tra valore dei beni apporzionati e

quota ereditaria spettante determinerà l'impugnabilità della divisione, ma

soltanto quella sproporzione che si configuri di una apprezzabile consistenza

(15). Molti autori ritengono di applicare, analogicamente, la disciplina dettata

dall'art. 763 c.c., per modo che sarà rilevante la differenza di valore che superi

la misura di un quarto della quota astratta (16).

b) Dovere di non pretermettere i legittimari e gli eredi istituiti con il

testamento.

Il significato da attribuire a questo limite è alquanto discusso, fermo restando

che, per autorevole dottrina, il limite in oggetto è di carattere esclusivamente

quantitativo, e non qualitativo (17). Ciò sarebbe desumibile dal tenore dell'art.

734 c.c., che espressamente attribuisce al testatore il potere di disciplinare la

suddivisione della parte indisponibile dell'asse ereditario, così lasciando

intendere che egli possa derogare alla regola della omogeneità. Tanto

premesso, detta dottrina individua due distinte ipotesi:

b1: divisione soggettivamente parziale: si avrebbe quando il testatore, pur

avendo istituito un certo numero di eredi, provveda ad apporzionarne soltanto

alcuni, con la conseguenza che i coeredi non apporzionati restano in

comunione indivisa tra loro (18).

Si reputa che tale ipotesi non rientri nella definizione di divisione invalida ex

art. 735 c.c., purché i beni residuati dopo l'apporzionamento siano sufficienti a

soddisfare i diritti dei coeredi non apporzionati (19). Se ne ricava che la

divisione soggettivamente parziale è anche, necessariamente, oggettivamente

parziale, a pena di violazione del precetto considerato: sarebbe nulla, in altri

termini, la divisione con cui il de cuius, dopo aver nominato eredi A e B,

proceda alla formazione della porzione destinata ad A ricomprendendovi

l'intero asse ereditario;

b2: divisione oggettivamente parziale: si ha divisione oggettivamente parziale

quando il testatore distribuisce tra gli eredi soltanto una parte dei beni ereditari.

A ben vedere, si tratta di ipotesi tutt'altro che eccezionale, dato che è tutt'altro

che infrequente che la composizione e la consistenza dell'asse ereditario

subiscano variazioni tra il momento della testamenti factio ed il momento

dell'apertura della successione. In tal caso, può essere arduo stabilire se, sulla

parte non apporzionata, debba aprirsi la successione legittima oppure quella

testamentaria: si reputa decisivo, a tal fine, quanto stabilito dal testatore,

propendendo per la natura testamentaria della successione ogni qualvolta il

testatore abbia comunque stabilito la quota astratta spettante agli altri eredi,

esaurendo così l'asse ereditario (20).

c) Disciplina della collazione

Page 15: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

Nel disciplinare la divisione dei propri beni, il testatore non può derogare alle

norme in tema di collazione dei beni ricevuti in donazione. Ciò può verificarsi

quando, per esempio, il testatore abbia stabilito che un determinato bene debba

esser compreso nella porzione di un determinato erede ma poi, con disposizioni

liberali successive, abbia di fatto diminuito la consistenza dell'asse ereditario

non consentendo al predetto erede di conseguire per intero il bene a lui

destinato. Neppure è consentito al testatore, secondo qualche opinione,

d'imporre al coerede le modalità con cui procedere alla collazione, ovvero

precludere a costui la scelta se effettuare la medesima per imputazione o in

natura (21).

d) Dovere di apporzionare gli eredi con beni ereditari (rinvio)

Altro limite che, secondo l'opinione dominante, si pone all'autonomia del

testatore nel disporre la divisione dei propri beni tra gli eredi è che

l'apporzionamento sia effettuato con beni di provenienza successoria. Soltanto

in materia di legati, del resto, è previsto che eccezionalmente il testatore possa

disporre del patrimonio di terzi, e sempre che di ciò fosse consapevole.

Ciò introduce la discussa materia dei conguagli divisionali, su cui si dirà più

ampiamente al prossimo capitolo.

e) Possibilità di apporre termini e condizioni

Secondo autorevole opinione dottrinale, rientrerebbe nell'autonomia del

testatore il subordinare l'efficacia della divisione ad un termine iniziale o ad

una condizione (22).

Di contrario avviso, però, è la scarsa giurisprudenza intervenuta sul punto, la

quale osserva che, in caso di sottoposizione dell'efficacia della divisione a

termine iniziale, il momento di apertura della successione segnerebbe

l'insorgere, tra i coeredi, di uno stato di comunione ereditaria, per sua natura

incompatibile con l'effetto della divisione ex art. 734 c.c.

4. La discussa fattispecie dei conguagli divisionali

Come poc'anzi si è rilevato, è assai frequente l'ipotesi in cui il testatore

provveda a formare la quota di uno o più coeredi assegnando agli stessi beni

che eccedono il valore, in proporzione rispetto a quello dell'asse complessivo,

delle quote rispettivamente attribuite.

In tale evenienza, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che non viene

meno la natura vincolante della volontà espressa dal testatore: fermo che una

tendenziale corrispondenza deve esservi, qualora si verifichi un semplice

sopravanzo del valore dei beni assegnati rispetto alla quota, si potrà

ugualmente rispettare la volontà del testatore mediante l'imposizione, ai

coeredi privilegiati, di conguagli in favore di quelli sfavoriti (23) (ciò

costituisce rilevante innovazione rispetto al passato: la giurisprudenza meno

recente riteneva infatti che i conguagli potessero esser fatti unicamente se il

denaro esisteva nell'asse, pena l'invalidità dell'attribuzione).

Anzi, addirittura secondo qualche giurisprudenza, il conguaglio costituirebbe

un vero e proprio diritto soggettivo del condividente, che anche in ipotesi di

divisione ereditaria, potrebbe reclamarlo al giudice per riequilibrare le porzioni

Page 16: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

stabilite dal testatore, con domanda che si differenzia, chiaramente, sia

dall'impugnazione della divisione, sia dalla rivendica in senso proprio, sia

dall'azione di riduzione (che presupporrebbe il concretarsi di una lesione della

legittima, e non, semplicemente, la difformità tra il valore effettivo del bene

assegnato e quello della quota di eredità spettante) (24).

L'unico limite a tale facoltà (da riconoscersi al testatore così come la stessa è

legittima in caso di divisione negoziale e giudiziale) è rappresentato dal dovere

di destinare a tutti i coeredi beni ereditari, facendo sì che il conguaglio conservi

una funzione di riequilibrio, senza assumere una funzione di fatto

interamente sostitutiva del lascito: la Cassazione ha infatti ritenuto nulla, ai

sensi dell'art. 735, la divisione operata dal testatore contenente la disposizione

per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario dovevano esser soddisfatte

mediante corresponsione, da parte degli altri eredi tra i quali era stata divisa

l'eredità, mediante la corresponsione di una somma di denaro non compresa nel

relictum (25). Unica eccezione a tale orientamento pare essere la sentenza n.

862/2007, citata infra, la quale ha posto prevalentemente la propria attenzione

sulla natura del conguaglio divisionale, che, nel caso di specie, era

rappresentata da una vera e propria liquidazione in denaro non ereditario delle

spettanze di alcuni eredi. Dall'attenta lettura della motivazione di detta

pronuncia, tuttavia, sono ricavabili due elementi decisivi:

i coeredi avevano prestato formale acquiescenza alle disposizioni testamentarie

(art. 590 c.c.), non sollevando obiezioni, pertanto, alla integrale liquidazione

della porzione del ricorrente in denaro non proveniente dall'asse;

il giudice non era stato investito della decisione in merito alla spettanza del

lascito ereditario così determinato, nel qual caso avrebbe potuto pronunciare,

d'ufficio, la nullità, in conformità al consolidato orientamento della

giurisprudenza di legittimità sui limiti della rilevabilità d'ufficio della nullità.

Autorevole dottrina, tuttavia, in contrasto con l'orientamento appena esposto, si

spinge a sostenere che, all'opposto, rientri nel campo dell'autonomia

testamentaria la possibilità di soddisfare le porzioni dei legittimari, o quelle

degli eredi istituiti con il testamento, con crediti nei confronti degli altri coeredi

(26).

Quanto alla natura giuridica del conguaglio divisionale si tende ad affermare:

a) che esso costituisce un legato in funzione divisoria (27);

b) che esso rappresenta un debito di valore, talché è soggetto all'adeguamento

mediante calcolo di rivalutazione ed interessi (28).

5. La divisione ad opera del terzo e la divisione dell'esecutore

testamentario

L'art. 733, comma secondo, c.c. prevede che il testatore possa attribuire ad un

terzo (purché non si tratti di un erede o di un legatario, per l'evidente ragione

che la presenza di tale qualità comporterebbe l'insorgere di un conflitto di

interessi) la facoltà di stimare i beni caduti in successione, provvedendo a

formare un progetto di divisione, che gli eredi saranno tenuti ad osservare salve

le ipotesi in cui esso sia contrario alla volontà del testatore o manifestamente

iniquo.

Discussa è la natura giuridica dell'intervento del terzo nella divisione: secondo

alcuni, la norma citata attribuisce a costui la facoltà di operare direttamente

Page 17: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

la divisione, con effetti reali in favore dei destinatari delle singole porzioni

formate (29); secondo altri, invece, gli eredi sono soltanto vincolati a dare

esecuzione al progetto formato dal terzo, fermo restando che, nei casi di

erroneità/iniquità, essi potranno impugnarlo dinanzi all'autorità giudiziaria

(30).

La divisione affidata al terzo, contemplata dall'art. 733 c.c., va tenuta distinta

dalla divisione commessa all'esecutore testamentario (art. 706 c.c.):

quest'ultimo, per opinione pacifica, ha il potere di effettuare una divisione

immediatamente attributiva delle porzioni stabilite, non limitandosi a

predisporre un progetto di divisione, discutibile da parte degli eredi (31).

Data la suddetta fondamentale differenza, si è stabilito che, ove il testatore

attribuisca al terzo designato per le operazioni di stima e formazione delle

porzioni anche il potere di trasferirle agli eredi designati, la normativa

applicabile non è più l'art. 733 c.c., bensì l'art. 734 c.c. (32).

6. L'impugnazione della divisione

L'art. 735 c.c. sanziona con la nullità la divisione che non abbia compreso

taluno dei legittimari o degli eredi istituiti.

Detta norma sanziona dunque due ipotesi assai differenti tra loro: a) da un lato

la divisione che non abbia contemplato, né quanto ad istituzione, ne, di

conseguenza, quanto assegnazione di quota, un legittimario;

b) dall'altro la divisione che, dopo aver istituito e destinato una quota ideale ad

un determinato soggetto, non necessariamente legittimario, non abbia di fatto

destinato a costui alcun bene, come potrebbe avvenire, per esempio, nel caso in

cui il testatore, dopo aver nominato eredi A, B, e C, in quote di un terzo

ciascuno, esaurisca poi l'intero suo patrimonio destinandolo alle quote di A e

B.

Completamente diverso è il caso in cui il testatore, nel formare le porzioni

ereditarie, abbia assegnato ad uno dei coeredi beni di valore inferiore alla quota

di riserva: in tal caso, il coerede potrà agire in riduzione, per ottenere

l'integrazione della quota a lui destinata, secondo gli ordinari criteri di legge.

Ancora, come già accennato, la divisione del testatore può essere impugnata, ai

sensi dell'art. 763 c.c., per lesione ultra quartum. Ciò ovviamente presuppone

che il coerede impugnante sia stato istituito in una quota specificata con

precisione, non soltanto determinabile (33), come può avvenire, per esempio,

istituendo l'erede nella quota che sarà calcolabile, al momento dell'apertura

della successione, in base al rapporto aritmetico tra il valore del bene assegnato

a costui e l'asse ereditario complessivo (per esempio, se la porzione di A viene

formata con un bene che vale 100, e l'asse ereditario è di complessivi 500, la

quota è dunque pari ad 1/5, e l'attribuzione non può che rispettare l'entità della

quota).

7. Divisione e retratto successorio

L'esatta qualificazione delle disposizioni impartite dal testatore per la

suddivisione dei beni relitti tra gli eredi è di fondamentale importanza ai fini

dell'applicabilità o meno della disciplina del retratto.

Page 18: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

Di estremo interesse, sotto tal profilo, è come sempre l'elaborazione

giurisprudenziale: per esempio, con recente pronuncia, la Suprema Corte ha

chiarito che "in tema di retratto successorio, l'esistenza tra gli eredi di una

comunione avente natura diversa da quella ereditaria, al fine di escludere

l'applicazione dell'art. 732 c.c., conseguente all'assegnazione da parte del de

cuius ad un gruppo di discendenti di un bene in comunione, postula un atto

dispositivo/attributivo con effetti reali posto in essere dal testatore stesso,

spettando al giudice del merito accertare l'esistenza e la portata di una siffatta

volontà" (34).

In altri termini, laddove la comunione ereditaria non sorga in quanto il testatore

ha effettuato ex art. 734 c.c. l'integrale spartizione del proprio patrimonio,

evitando così che perfino sui beni sopravvenuti possa insorgere una situazione

di contitolarità ereditaria, non potrà aversi, pacificamente, applicazione della

disposizione di tutela di cui all'art. 732 c.c., la cui ratio è da ricercare nel

mantenimento dell'unità del patrimonio familiare.

Alessandra Arceri

Giudice del Tribunale di Bologna

_________ (1) Secondo la migliore dottrina, la divisione potrà avere, in tal caso, più modalità attuative. Il

testatore potrà preventivamente stabilire una quota frazionaria, oppure istituire i coeredi nelle

quote allo stato non determinate che risulteranno, all'apertura della successione, dal rapporto

aritmetico tra il valore dei beni rispettivamente assegnati ed il valore complessivo dell'asse:

AMADIO, La divisione del testatore, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, II,

Padova, 1994, p. 75; id., Letture sull'autonomia privata, Padova, 2005, p. 43. Evidente che, in

tale eventualità, la disposizione divisionale non dovrà esser confusa con l' istituto ex re certa,

che non configura modalità di designazione dei propri successori e di scioglimento della

comunione ereditaria tra essi, bensì operazione ermeneutica, che consente di stabilire se un

determinato lascito debba intendersi a titolo universale o particolare. Detta incertezza non può

sussistere, ovviamente, quando il testatore dichiari chiaramente di aver inteso disporre di

determinati beni a titolo di quota ereditaria, benché indeterminata : cfr. Trib. Roma, 17 febbraio

2003, in Giur. Romana, 2004, p. 119, la cui massima, stando a quanto riferito più sopra,

dovrebbe esser corretta ed integrata affermandosi che la distinzione tra istitutio ex re certa ed

assegno divisionale qualificato risiede nel fatto che, in quest'ultima ipotesi, il testatore procede

alla determinazione, ancorché in via astratta, della quota.

(2) Per maggiori approfondimenti:; BILOTTI, Appunti sulla divisione testamentaria (artt. 734-

735 c.c.), in Riv. Not., 2002, p. 687 e ss.; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle

donazioni, Torino, 2006; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, Della divisione, in Commentario

Scialoja-Branca, Bologna Roma, 2000; P. MENGONI, La divisione testamentaria, Milano

1950; A. MORA, Lo scioglimento della comunione ereditaria. La divisione, in Trattato di

diritto delle successioni e delle divisioni, a cura di G. BONILINI, Milano, 2009, p. 299 e ss,;

M.R. MORELLI, La comunione e la divisione ereditaria, in Giur. Sist. Civ. Comm. W. Bigiavi,

Torino, 1998.

(3) In giurisprudenza, tra le pronunce più recenti: Cass., 11 maggio 2009, n. 10797, rv. 608107,

secondo la quale "in tema di divisione ereditaria, la divisio inter liberos, regolata dall'art. 734

c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei

suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole

quote concrete, con effetti reali immediati. Ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c.

quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione: la

motivazione del giudice del merito sulla sussistenza dell'una o dell'altra ipotesi, risolvendosi in

un apprezzamento di fatto sulla volontà del testatore, non è censurabile in sede di legittimità, se

non per vizi logici e giuridici (nella specie, è stata confermata la sentenza di merito, che aveva

ritenuto applicabile l'art. 733 c.c., poiché nella scheda testamentaria non era stato indicato lo

specifico ammontare del conguaglio necessario per pareggiare le singole quote)"; in senso

Page 19: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

conforme: Cass. 17 luglio 2006, n. 16216, rv. 591437, in Mass. Giur. It., 2006, secondo cui:

"La disposizione testamentaria con cui un determinato bene viene destinato ad uno dei coeredi,

comprendendolo nella quota di sua spettanza, ha natura di norma volta a regolare la futura

divisione, ai sensi dell'art. 733 c.c., e, esprimendo una mera preferenza a favore dell'erede, ha

efficacia obbligatoria e non reale, effetto che invece si verificherebbe se il testatore,

procedendo immediatamente alla divisione, assegnasse direttamente il bene"; nella

giurisprudenza di merito: Trib. Verona, 26 luglio 2001, in Giur. Mer., 2002, p. 973, secondo la

quale "L'assegno divisorio semplice, avente efficacia meramente obbligatoria, è legato alla

circostanza per cui il testatore abbia dettato esclusivamente norme per la formazione delle

porzioni ereditarie; diversamente, nel caso dell'assegno divisorio qualificato, ad efficacia reale,

allorché il testatore abbia provveduto direttamente alla divisione, per cui i beni possano

immediatamente e direttamente agli assegnatari, senza che venga a determinarsi la comunione

ereditaria (fattispecie in cui il testatore aveva disposto dei propri beni con precisione ed attenta

valutazione della loro ubicazione e consistenza, dividendoli analiticamente in tante porzioni da

assegnare ai figli ben distinte ed agevolmente individuabili)". Secondo Corte di App. Napoli, 3

marzo 2005, ined., riportata da CAPOZZI, 2009, p. 1442, nt. 3013, non si potrebbe parlare di

divisione ex art. 734 c.c. ogni qualvolta il testatore lascia da compiere ulteriori operazioni

divisionali, come potrebbe avvenire nel caso (analogo a quello della pronuncia citata) in cui il

testatore, dopo aver suddiviso tutti i propri beni tra le tre figlie, per un terzo ciascuna,

assegnava ad ognuna di esse un immobile, stabilendo che la differenza venisse colmata con i

titoli presenti nell'eredità, in tal modo lasciando aperta la determinazione dei conguagli.

(4) Si ritiene che la divisione ex art. 733 c.p.p. possa concernere anche la successione legittima:

nel qual caso, le quote da assegnarsi ai singoli eredi saranno quelle previste dalla legge, fermo

restando che nella formazione di esse, dovrà tenersi conto dei criteri enunciati dal de cuius.

(5) G. CAPOZZI, L'intervento del testatore nella divisione, in Successioni e Donazioni, II,

Milano, 2009, p. 1429 e ss., in part. p. 1430.

(6) E' pacifica l'opinione che il criterio divisionale possa consistere anche in una enunciazione

negativa, come frequentemente, peraltro, avviene nella pratica, disponendo, vale a dire, che un

determinato cespite non sia compreso nella quota di un determinato erede (A. MORA, op. cit.,

p.301).

(7) Cass, 20 agosto 2009, n. 18561, rv. 609790, che afferma il medesimo principio di cui alle

pronunce citate sub nota 2, salvo specificare, successivamente, l'erroneità della decisione di

merito, che aveva escluso l'applicabilità dell'art. 733 c.c. in presenza di clausola testamentaria

che aveva espressamente raccomandato al figlio maschio, assegnatario di un gruppo di poderi,

di lasciare tali beni "conservati uniti ed intatti finché possibile", aveva lasciato alla moglie

l'usufrutto generale, e destinato alle figlie, cui manifestava l'intento di lasciare unicamente la

legittima, altri beni immobili specificamente individuati, senza disporre del proprio restante

patrimonio, in base al motivo che tali disposizioni non esaurivano l'asseereditario, composto

anche da denaro e titoli. Reputa la Cassazione che la decisione, oltre ad aver non escluso in

modo tutt'altro che condivisibile la ricorrenza dell'assegno divisionale semplice ex art. 733 c.c.

(che non pare incompatibile con la specifica individuazione di beni deputati a esser compresi

nella quota), non aveva neppure considerato la possibilità di ricondurre l'anzidetta clausola

nell'ambito di operatività della divisio inter liberos ai sensi dell'art. 734.

(8) G. BONILINI, op. cit. p. 329.

(9) L. MENGONI, op. cit., p. 71; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 287.

(10) E' la tesi sostenuta, per esempio, da CAPOZZI, op. cit.,p. 1444.

(11) G. BONILINI, op. cit., p. 329.

(12) G. AMADIO, op. cit., p. 78.

(13) Trib. Napoli, 26 giugno 1997, in Arch. Civ., 1998, p. 953, con nota di V. SANTARSIERE,

Divisione testamentaria con preterizione di legittimario. Conversione in norme dettate dal

testatore.

(14) Sarebbe alquanto difficoltoso, oltre che sostanzialmente ingiusto, riferire le valutazioni dei

singoli beni assegnati al momento della testamenti factio: in tal caso, per esempio, alcuni eredi

potrebbero beneficiare, in danno degli altri, di eventuali modifiche incrementative del valore

dei cespiti loro assegnati (per esempio, un terreno che da agricolo divenga edificabile), e così,

analogamente, altri pregiudicati delle modiche in decremento di tale valore.

(15) In senso contrario si registrano pur autorevoli voci: per es. L. MENGONI, op. cit., p. 167,

ad avviso del quale è sufficiente una modesta differenza di valore a decretare l'inattuabilità

della divisione del testatore.

Page 20: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

(16) G. CAPOZZI, op. cit., p. 1432; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 291.

(17) A. MORA, op. cit., p. 302.

(18) Si ritiene, generalmente, che la comunione che viene a determinarsi, nel caso di divisione

soggettivamente parziale, sia comunione ereditaria, e non ordinaria: v. in dottrina,

BOMBARDA, Osservazioni in tema di norme date dal testatore per la divisione, in Giust.

Civ., 1975, IV, p. 114; P. FORCHIELLI - P. ANGELONI, op. cit., p. 319.

(19) In giurisprudenza: Cass. 23 marzo 1992, n. 3599, in Rass. Dir. Civ., 1994, 4, p. 819, con

nota di V. Tavassi, Divisione testamentaria e preterizione divisoria del legittimario.

(20) M. R. MORELLI, op. cit., p. 290.

(21) Cass. 9 marzo 1979, n. 1481.

(22) G. AMADIO, op. cit., p. 48.

(23) Rileva la citata sentenza n. 10797/2009: "la volontà del testatore ben difficilmente

potrebbe essere rispettata se dovesse porsi nel nulla ogni qual volta i beni da lui individuati non

corrispondano in maniera esatta al valore della quota attribuita. Deve, invece, ritenersi,

esattamente interpretando la norma alla luce del favor testamenti, che la volontà del testatore

rimanga vincolante ove sia compatibile con il valore delle quote, compatibilità riscontrabile

tutte le volte in cui il perfetto equilibrio possa raggiungersi con l'imposizione di un

conguaglio"; conf. Cass. 24 maggio 2004, n. 9005, rv. 573060, in Giust. Civ., 2004, 9, I, p.

1977; in Riv. Not., 2005, 2, II, p. 398; in Not., 2005, 4, p. 369, con nota di S. Tardio, Volontà

del testatore e valore effettivo dei beni assegnati; in Familia, 2005, 1, II, p. 180, con nota di S.

Landini, Divisione ereditaria e conguagli delle quote ereditarie.

(24) Trib. Lucca, 22 marzo 1984, in Giur. Merito, 1985, p. 29, con nota di A. GIUSTI, Note in

tema di divisione fatta dal testatore.

(25) Cass. 12 marzo 2003, n. 3694, cit.

(26) BOMBARDA, op. cit., p. 110.

(27) L. MENGONI, op. cit., p. 163; M.R. MORELLI, op. cit., p. 287.

(28) Cass. 16 gennaio 2007, n. 862, in Vita Not., 2007, p. 205.

(29) L. MENGONI, op. cit., p. 167.

(30) P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 297.

(31) G. BONILINI, op. cit., p. 329.

(32) M.R. MORELLI, op. cit., p. 300.

(33) Cass. 11 marzo 2008, n. 6449, in Mass. Giur. It., 2008, secondo la quale "in caso di

divisione fatta dal testatore, l'azione di rescissione è ammissibile solo nel caso in cui il testatore

abbia stabilito la quota di ciascun erede, in modo che sia possibile il raffronto tra il valore dei

beni concretamente attribuiti agli eredi e l'entità delle quote ad essi astrattamente attribuite dal

testatore".

(34) Cass. 12 ottobre 2007, n. 21491, rv. 600003, in Mass. Giur. It., 2007; la fattispecie era la

seguente: il testatore aveva lasciato alla moglie l'usufrutto generale; al figlio maschio prediletto

una porzione immobiliare fisicamente individuata; ai restanti figli la comunione indivisa del

resto. Il giudice del merito aveva reputato sussistente il diritto al retratto in quanto aveva

ritenuto inapplicabile alla fattispecie l'art. 734 c.c., sul presupposto che la divisione così

operata avesse lasciato sopravvivere tra i coeredi la comunione ereditaria. La Corte ritiene non

condivisibile tale tesi, in quanto la comunione venutasi a determinare tra gli eredi cui era stata

attribuita la proprietà indivisa del cespite non era più ereditaria, ma ordinaria. In senso conf:

Cass. 15 ottobre 1992, n. 11290, in Vita Not., 1993, p. 274.

A. Arceri (Approfondimento 8/3/2010)

La divisione del testatore

Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3.

I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione. - 4. La

discussa fattispecie dei conguagli divisionali. - 5.La divisione ad opera del

terzo e la divisione dell'esecutore testamentario. - 6. L'impugnazione della

divisione. - 7. Divisione e retratto successorio.

1. Introduzione

Page 21: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

Le norme che, nel nostro codice civile, disciplinano il modo di intervento del

testatore nella divisione dei cespiti destinati a cadere nella sua successione

sono gli artt. 733 e 734 c.c.

La prima di esse attribuisce al testatore la facoltà di dettare norme o criteri, di

carattere obbligatorio, che dovranno guidare gli eredi nell'effettuare la

spartizione tra essi dei beni ereditari (art. 733, comma 1, c.c.), oppure, in

alternativa, di designare una terza persona incaricata di effettuare una stima, in

base alla quale la divisione dovrà operarsi, salva la facoltà, per gli eredi, di

impugnarla (art. 733, comma 2, c.c.).

La seconda di esse, diversamente, prevede il caso in cui il testatore preferisca

evitare ab initio l'insorgere della comunione ereditaria, operando, con il

testamento, direttamente l'attribuzione a ciascun erede delle porzioni formate

(art. 734 c.c.), previa determinazione delle quote (1). In alternativa a questa

soluzione, egli potrà designare un esecutore testamentario, che a differenza del

soggetto terzo di cui all'art. 733, comma 2, c.c., avrà il compito di trasferire

direttamente, con effetto reale, le porzioni ai singoli eredi.

La disciplina relativa è completata dall'art. 735 c.c., il quale commina la

sanzione della nullità nei confronti della divisione testamentaria che non

comprenda taluno dei legittimari del testatore: di detta disposizione si dirà più

ampiamente in seguito. Per ora, sia sufficiente rilevare come la voluntas legis,

nel riconoscere un ampio spazio all'autonomia negoziale del testatore che

intenda procedere alla divisione per testamento tra i propri successori, è

animata dalla preoccupazione di porre limiti precisi a detta facoltà, facendo sì

che la stessa non vada a collidere con principi e posizioni soggettive di rango

primario.

2. La divisione del testatore in generale

Il concetto di divisione del testatore che si evince dal combinato disposto degli

artt. 733 e 734 c.c. è dunque molto vasto, ed abbraccia fattispecie tra loro assai

differenti (2): in particolare, come la consolidata opinione giurisprudenziale

rileva, mentre nella fattispecie delineata dall'art. 733 c.c. il testatore si limita a

dettare norme che gli eredi dovranno tener presente nel dividere tra loro i beni

caduti in successione, fermo restando che in relazione agli stessi, per effetto

dell'accettazione dell'eredità, sorgerà uno stato di comunione ereditaria, nella

fattispecie delineata dall'art. 734 c.c. si produrrà un effetto esattamente

opposto. Infatti, per effetto dell'accettazione di eredità, gli eredi diverranno

immediatamente proprietari esclusivi del bene destinato a ciascuno, e non si

instaurerà alcuna comunione ereditaria (3).

Ne discende che in realtà, quando si discorre di divisione del testatore, non si

ha riguardo soltanto all'atto di volontà con cui il testatore prevede il modo in

cui dovrà sciogliersi la comunione ereditaria (4), ma altresì quell'atto, di ultima

volontà, con cui il testatore proceda alla formazione delle porzioni ed alla

assegnazione diretta dei beni che ritiene di comprendervi, evitando, in tal

modo, che una comunione si formi al momento della sua morte.

In quest'ultimo caso, denominato, quasi a volerne significare una maggior

pregnanza rispetto al primo, assegno divisionale "qualificato" (contrapposto al

lascito di cui all'art. 733 c.c., comunemente denominato assegno divisionale

semplice), pur non potendosi parlare di uno strumento diretto a sciogliere la

Page 22: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

comunione in senso tecnico, potrà comunque parlarsi di negozio con funzione

distributivo - attributiva (5).

Cogliere le distinzioni tra le due ipotesi non è sempre semplice: in via di

estrema approssimazione, e prendendo spunto dai casi esaminati dalla

giurisprudenza, può affermarsi che si versa in caso di assegnazione divisionale

semplice ogni qualvolta il testatore, anche mostrando la volontà di assegnare ad

uno o più eredi beni esattamente individuati, o viceversa di non destinare certi

beni a determinati eredi (6),non dà disposizioni dirette a delimitare, in modo

esaustivo, le singole quote.

Come per esempio si è verificato in un caso recentemente deciso dalla Suprema

Corte (7), in cui il testatore, fermamente deciso a far sì che l'unico figlio

maschio succedesse nell'azienda agricola familiare, si preoccupava di disporre

che detto bene (costituito da più unità poderali tra loro coordinate dal punto di

vista produttivo, con soprastanze, scorte ed attrezzature) fosse compreso nella

quota di costui, e destinava soltanto parte del proprio residuo patrimonio ai

restanti legittimari (moglie e figlie).

Invero, la Corte di Cassazione ha sottolineato l'erroneità della decisione di

merito, che aveva ritenuto ostativo all'applicabilità dell'art. 733 c.c. il fatto che

il testatore avesse disposto di parte soltanto del proprio patrimonio.

La Corte ha sottolineato come, all'opposto di quanto ritenuto dai giudici del

merito, era proprio questo dato che avrebbe dovuto condurre l'interprete ad

individuare senza incertezze nell'art. 733 c.c. la disciplina applicabile, posto

che il testatore aveva, in ultima analisi, dettato precise disposizioni in base alle

quali, una volta insorta la comunione ereditaria, la divisione avrebbe dovuto

effettuarsi, manifestando la preoccupazione che il proprio unico erede maschio

fosse il continuatore dell'azienda familiare, che doveva esser compresa nella

porzione a lui assegnata.

Pertanto, la prescrizione che detto bene, che evidentemente stava molto "a

cuore" al testatore, fosse conservato il più possibile in ambito familiare, non si

risolveva in una mera raccomandazione, quanto piuttosto in un preciso criterio

divisionale.

Discussa è la natura giuridica del vincolo imposto dal testatore con l'assegno

divisionale "semplice" (art. 733 c.c.): alcuni ritengono che detto vincolo

costituisca un onere o modus apposto alla disposizione testamentaria (8), ma a

tale tesi si ribatte che detta tesi presuppone che l'assegnatario sia erede istituito

per testamento, mentre secondo la preferibile opinione, i criteri divisionali di

cui all'art. 733 c.c. possono riguardare anche la successione legittima (9).

Altri invece ritiene che la disposizione debba esser più propriamente intesa

come legato obbligatorio (10), ma anche detta tesi è stata posta in discussione,

dato che l'art. 733 c.c. espressamente qualifica i criteri dettati dal testatore per

la divisione "vincolanti", mentre qualora gli stessi dovessero ritenersi oggetto

di "legato" imposto ai coeredi, sarebbe sufficiente rinunciarvi per non dare

esecuzione alle disposizioni del de cuius (11).

Si preferisce quindi qualificare l'assegno divisionale semplice quale

disposizione mortis causa sui generis, preparatoria alla formazione delle

concrete porzioni e del riparto (12).

Assai più agevole, come si è già detto, è invece l'individuazione della finalità

della divisione ex art. 734 c.c., con la quale il testatore - volendo escludere, per

motivazioni intuibili, il determinarsi della comunione ereditaria, provvede

Page 23: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

direttamente alle assegnazioni a titolo di quota (dopo aver istituito i propri

eredi e determinato le quote a ciascuno spettanti), determinando in modo

esaustivo, per ogni erede, i beni ed i diritti specificamente spettanti

Nella divisione del testatore sono invero individuabili due manifestazioni di

volontà negoziale ben distinte tra loro, soggette a differenti discipline:

a) l'istituzione di erede, e la determinazione della quota (elemento quest'ultimo

che, secondo l'opinione dominante, distingue la divisione del testatore

dall'istitutio ex re certa, in cui l'attribuzione al beneficiario di un determinato

bene implica o meno, a seconda del risultato dell'attività ermeneutica rimessa

all'interprete, istituzione a titolo particolare o, in alternativa, istituzione a titolo

universale, quando dal complesso della scheda testamentaria possa evincersi

che il testatore ha inteso disporre di un determinato bene come quota di eredità:

arg. ex art. 588, co. 2 c.c.);

b) la divisione.

La predetta interpretazione appare confermata dal disposto dell'art. 735 c.c.,

che disciplinando il caso di divisione con preterizione di un legittimario,

commina la nullità della "divisione", e non già dell' istituzione di erede, così

lasciando intendere che la designazione dei successori, e delle quote agli stessi

destinate (eventualmente diverse da quelle di legge), sopravvivono alla

caducazione del negozio divisionale (13). Secondo taluno, anzi, le assegnazioni

rispetto alle quali il testatore ha espresso preferenza continueranno a

rappresentare, per quanto possibile, e nei limiti di loro compatibilità con i diritti

dei condividenti, criteri per la divisione.

3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla divisione

E' pressoché pacifica l'opinione secondo la quale il testatore, nel formare le

porzioni spettanti a ciascuno degli eredi designati, non sia tenuto a rispettare il

diritto all'omogeneità delle porzioni stabilito, in materia di divisione ordinaria,

dagli artt. 718 e 727 c.c. (fermo restando che, anche nella comunione ordinaria,

da detti principi ci si dovrà necessariamente discostare se la cosa non sia

comodamente divisibile in natura: arg. ex art. 720 c.c.).

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che l'autonomia

negoziale del testatore incontri, in materia di divisione, alcuni invalicabili

limiti.

a) Proporzione tra il valore della quota ed il valore dei beni assegnati.

Nel formare le porzioni dei singoli eredi, il testatore è tenuto a comprendervi

beni di valore quanto più possibile corrispondente alla quota ereditaria

destinata a ciascun coerede. Detta regola va interpretata cum grano salis, in

ottica salvifica del testamento: occorrerà, in particolare, tener presente che la

valutazione dei beni relitti è da riferirsi, necessariamente, al momento della

divisione (14), e comunque è operazione, per sua natura, estremamente

soggettiva, legata a fattori non sempre prevedibili.

In sostanza, quasi mai il valore effettivo del bene concretamente assegnato

corrisponderà - al centesimo - alla quota ereditaria.

Tanto premesso, non ogni discostamento tra valore dei beni apporzionati e

quota ereditaria spettante determinerà l'impugnabilità della divisione, ma

Page 24: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

soltanto quella sproporzione che si configuri di una apprezzabile consistenza

(15). Molti autori ritengono di applicare, analogicamente, la disciplina dettata

dall'art. 763 c.c., per modo che sarà rilevante la differenza di valore che superi

la misura di un quarto della quota astratta (16).

b) Dovere di non pretermettere i legittimari e gli eredi istituiti con il

testamento.

Il significato da attribuire a questo limite è alquanto discusso, fermo restando

che, per autorevole dottrina, il limite in oggetto è di carattere esclusivamente

quantitativo, e non qualitativo (17). Ciò sarebbe desumibile dal tenore dell'art.

734 c.c., che espressamente attribuisce al testatore il potere di disciplinare la

suddivisione della parte indisponibile dell'asse ereditario, così lasciando

intendere che egli possa derogare alla regola della omogeneità. Tanto

premesso, detta dottrina individua due distinte ipotesi:

b1: divisione soggettivamente parziale: si avrebbe quando il testatore, pur

avendo istituito un certo numero di eredi, provveda ad apporzionarne soltanto

alcuni, con la conseguenza che i coeredi non apporzionati restano in

comunione indivisa tra loro (18).

Si reputa che tale ipotesi non rientri nella definizione di divisione invalida ex

art. 735 c.c., purché i beni residuati dopo l'apporzionamento siano sufficienti a

soddisfare i diritti dei coeredi non apporzionati (19). Se ne ricava che la

divisione soggettivamente parziale è anche, necessariamente, oggettivamente

parziale, a pena di violazione del precetto considerato: sarebbe nulla, in altri

termini, la divisione con cui il de cuius, dopo aver nominato eredi A e B,

proceda alla formazione della porzione destinata ad A ricomprendendovi

l'intero asse ereditario;

b2: divisione oggettivamente parziale: si ha divisione oggettivamente parziale

quando il testatore distribuisce tra gli eredi soltanto una parte dei beni ereditari.

A ben vedere, si tratta di ipotesi tutt'altro che eccezionale, dato che è tutt'altro

che infrequente che la composizione e la consistenza dell'asse ereditario

subiscano variazioni tra il momento della testamenti factio ed il momento

dell'apertura della successione. In tal caso, può essere arduo stabilire se, sulla

parte non apporzionata, debba aprirsi la successione legittima oppure quella

testamentaria: si reputa decisivo, a tal fine, quanto stabilito dal testatore,

propendendo per la natura testamentaria della successione ogni qualvolta il

testatore abbia comunque stabilito la quota astratta spettante agli altri eredi,

esaurendo così l'asse ereditario (20).

c) Disciplina della collazione

Nel disciplinare la divisione dei propri beni, il testatore non può derogare alle

norme in tema di collazione dei beni ricevuti in donazione. Ciò può verificarsi

quando, per esempio, il testatore abbia stabilito che un determinato bene debba

esser compreso nella porzione di un determinato erede ma poi, con disposizioni

liberali successive, abbia di fatto diminuito la consistenza dell'asse ereditario

non consentendo al predetto erede di conseguire per intero il bene a lui

destinato. Neppure è consentito al testatore, secondo qualche opinione,

d'imporre al coerede le modalità con cui procedere alla collazione, ovvero

Page 25: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

precludere a costui la scelta se effettuare la medesima per imputazione o in

natura (21).

d) Dovere di apporzionare gli eredi con beni ereditari (rinvio)

Altro limite che, secondo l'opinione dominante, si pone all'autonomia del

testatore nel disporre la divisione dei propri beni tra gli eredi è che

l'apporzionamento sia effettuato con beni di provenienza successoria. Soltanto

in materia di legati, del resto, è previsto che eccezionalmente il testatore possa

disporre del patrimonio di terzi, e sempre che di ciò fosse consapevole.

Ciò introduce la discussa materia dei conguagli divisionali, su cui si dirà più

ampiamente al prossimo capitolo.

e) Possibilità di apporre termini e condizioni

Secondo autorevole opinione dottrinale, rientrerebbe nell'autonomia del

testatore il subordinare l'efficacia della divisione ad un termine iniziale o ad

una condizione (22).

Di contrario avviso, però, è la scarsa giurisprudenza intervenuta sul punto, la

quale osserva che, in caso di sottoposizione dell'efficacia della divisione a

termine iniziale, il momento di apertura della successione segnerebbe

l'insorgere, tra i coeredi, di uno stato di comunione ereditaria, per sua natura

incompatibile con l'effetto della divisione ex art. 734 c.c.

4. La discussa fattispecie dei conguagli divisionali

Come poc'anzi si è rilevato, è assai frequente l'ipotesi in cui il testatore

provveda a formare la quota di uno o più coeredi assegnando agli stessi beni

che eccedono il valore, in proporzione rispetto a quello dell'asse complessivo,

delle quote rispettivamente attribuite.

In tale evenienza, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che non viene

meno la natura vincolante della volontà espressa dal testatore: fermo che una

tendenziale corrispondenza deve esservi, qualora si verifichi un semplice

sopravanzo del valore dei beni assegnati rispetto alla quota, si potrà

ugualmente rispettare la volontà del testatore mediante l'imposizione, ai

coeredi privilegiati, di conguagli in favore di quelli sfavoriti (23) (ciò

costituisce rilevante innovazione rispetto al passato: la giurisprudenza meno

recente riteneva infatti che i conguagli potessero esser fatti unicamente se il

denaro esisteva nell'asse, pena l'invalidità dell'attribuzione).

Anzi, addirittura secondo qualche giurisprudenza, il conguaglio costituirebbe

un vero e proprio diritto soggettivo del condividente, che anche in ipotesi di

divisione ereditaria, potrebbe reclamarlo al giudice per riequilibrare le porzioni

stabilite dal testatore, con domanda che si differenzia, chiaramente, sia

dall'impugnazione della divisione, sia dalla rivendica in senso proprio, sia

dall'azione di riduzione (che presupporrebbe il concretarsi di una lesione della

legittima, e non, semplicemente, la difformità tra il valore effettivo del bene

assegnato e quello della quota di eredità spettante) (24).

L'unico limite a tale facoltà (da riconoscersi al testatore così come la stessa è

legittima in caso di divisione negoziale e giudiziale) è rappresentato dal dovere

di destinare a tutti i coeredi beni ereditari, facendo sì che il conguaglio conservi

Page 26: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

una funzione di riequilibrio, senza assumere una funzione di fatto

interamente sostitutiva del lascito: la Cassazione ha infatti ritenuto nulla, ai

sensi dell'art. 735, la divisione operata dal testatore contenente la disposizione

per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario dovevano esser soddisfatte

mediante corresponsione, da parte degli altri eredi tra i quali era stata divisa

l'eredità, mediante la corresponsione di una somma di denaro non compresa nel

relictum (25). Unica eccezione a tale orientamento pare essere la sentenza n.

862/2007, citata infra, la quale ha posto prevalentemente la propria attenzione

sulla natura del conguaglio divisionale, che, nel caso di specie, era

rappresentata da una vera e propria liquidazione in denaro non ereditario delle

spettanze di alcuni eredi. Dall'attenta lettura della motivazione di detta

pronuncia, tuttavia, sono ricavabili due elementi decisivi:

i coeredi avevano prestato formale acquiescenza alle disposizioni testamentarie

(art. 590 c.c.), non sollevando obiezioni, pertanto, alla integrale liquidazione

della porzione del ricorrente in denaro non proveniente dall'asse;

il giudice non era stato investito della decisione in merito alla spettanza del

lascito ereditario così determinato, nel qual caso avrebbe potuto pronunciare,

d'ufficio, la nullità, in conformità al consolidato orientamento della

giurisprudenza di legittimità sui limiti della rilevabilità d'ufficio della nullità.

Autorevole dottrina, tuttavia, in contrasto con l'orientamento appena esposto, si

spinge a sostenere che, all'opposto, rientri nel campo dell'autonomia

testamentaria la possibilità di soddisfare le porzioni dei legittimari, o quelle

degli eredi istituiti con il testamento, con crediti nei confronti degli altri coeredi

(26).

Quanto alla natura giuridica del conguaglio divisionale si tende ad affermare:

a) che esso costituisce un legato in funzione divisoria (27);

b) che esso rappresenta un debito di valore, talché è soggetto all'adeguamento

mediante calcolo di rivalutazione ed interessi (28).

5. La divisione ad opera del terzo e la divisione dell'esecutore

testamentario

L'art. 733, comma secondo, c.c. prevede che il testatore possa attribuire ad un

terzo (purché non si tratti di un erede o di un legatario, per l'evidente ragione

che la presenza di tale qualità comporterebbe l'insorgere di un conflitto di

interessi) la facoltà di stimare i beni caduti in successione, provvedendo a

formare un progetto di divisione, che gli eredi saranno tenuti ad osservare salve

le ipotesi in cui esso sia contrario alla volontà del testatore o manifestamente

iniquo.

Discussa è la natura giuridica dell'intervento del terzo nella divisione: secondo

alcuni, la norma citata attribuisce a costui la facoltà di operare direttamente

la divisione, con effetti reali in favore dei destinatari delle singole porzioni

formate (29); secondo altri, invece, gli eredi sono soltanto vincolati a dare

esecuzione al progetto formato dal terzo, fermo restando che, nei casi di

erroneità/iniquità, essi potranno impugnarlo dinanzi all'autorità giudiziaria

(30).

La divisione affidata al terzo, contemplata dall'art. 733 c.c., va tenuta distinta

dalla divisione commessa all'esecutore testamentario (art. 706 c.c.):

quest'ultimo, per opinione pacifica, ha il potere di effettuare una divisione

Page 27: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

immediatamente attributiva delle porzioni stabilite, non limitandosi a

predisporre un progetto di divisione, discutibile da parte degli eredi (31).

Data la suddetta fondamentale differenza, si è stabilito che, ove il testatore

attribuisca al terzo designato per le operazioni di stima e formazione delle

porzioni anche il potere di trasferirle agli eredi designati, la normativa

applicabile non è più l'art. 733 c.c., bensì l'art. 734 c.c. (32).

6. L'impugnazione della divisione

L'art. 735 c.c. sanziona con la nullità la divisione che non abbia compreso

taluno dei legittimari o degli eredi istituiti.

Detta norma sanziona dunque due ipotesi assai differenti tra loro: a) da un lato

la divisione che non abbia contemplato, né quanto ad istituzione, ne, di

conseguenza, quanto assegnazione di quota, un legittimario;

b) dall'altro la divisione che, dopo aver istituito e destinato una quota ideale ad

un determinato soggetto, non necessariamente legittimario, non abbia di fatto

destinato a costui alcun bene, come potrebbe avvenire, per esempio, nel caso in

cui il testatore, dopo aver nominato eredi A, B, e C, in quote di un terzo

ciascuno, esaurisca poi l'intero suo patrimonio destinandolo alle quote di A e

B.

Completamente diverso è il caso in cui il testatore, nel formare le porzioni

ereditarie, abbia assegnato ad uno dei coeredi beni di valore inferiore alla quota

di riserva: in tal caso, il coerede potrà agire in riduzione, per ottenere

l'integrazione della quota a lui destinata, secondo gli ordinari criteri di legge.

Ancora, come già accennato, la divisione del testatore può essere impugnata, ai

sensi dell'art. 763 c.c., per lesione ultra quartum. Ciò ovviamente presuppone

che il coerede impugnante sia stato istituito in una quota specificata con

precisione, non soltanto determinabile (33), come può avvenire, per esempio,

istituendo l'erede nella quota che sarà calcolabile, al momento dell'apertura

della successione, in base al rapporto aritmetico tra il valore del bene assegnato

a costui e l'asse ereditario complessivo (per esempio, se la porzione di A viene

formata con un bene che vale 100, e l'asse ereditario è di complessivi 500, la

quota è dunque pari ad 1/5, e l'attribuzione non può che rispettare l'entità della

quota).

7. Divisione e retratto successorio

L'esatta qualificazione delle disposizioni impartite dal testatore per la

suddivisione dei beni relitti tra gli eredi è di fondamentale importanza ai fini

dell'applicabilità o meno della disciplina del retratto.

Di estremo interesse, sotto tal profilo, è come sempre l'elaborazione

giurisprudenziale: per esempio, con recente pronuncia, la Suprema Corte ha

chiarito che "in tema di retratto successorio, l'esistenza tra gli eredi di una

comunione avente natura diversa da quella ereditaria, al fine di escludere

l'applicazione dell'art. 732 c.c., conseguente all'assegnazione da parte del de

cuius ad un gruppo di discendenti di un bene in comunione, postula un atto

dispositivo/attributivo con effetti reali posto in essere dal testatore stesso,

spettando al giudice del merito accertare l'esistenza e la portata di una siffatta

Page 28: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

volontà" (34).

In altri termini, laddove la comunione ereditaria non sorga in quanto il testatore

ha effettuato ex art. 734 c.c. l'integrale spartizione del proprio patrimonio,

evitando così che perfino sui beni sopravvenuti possa insorgere una situazione

di contitolarità ereditaria, non potrà aversi, pacificamente, applicazione della

disposizione di tutela di cui all'art. 732 c.c., la cui ratio è da ricercare nel

mantenimento dell'unità del patrimonio familiare.

Alessandra Arceri

Giudice del Tribunale di Bologna

_________ (1) Secondo la migliore dottrina, la divisione potrà avere, in tal caso, più modalità attuative. Il

testatore potrà preventivamente stabilire una quota frazionaria, oppure istituire i coeredi nelle

quote allo stato non determinate che risulteranno, all'apertura della successione, dal rapporto

aritmetico tra il valore dei beni rispettivamente assegnati ed il valore complessivo dell'asse:

AMADIO, La divisione del testatore, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, II,

Padova, 1994, p. 75; id., Letture sull'autonomia privata, Padova, 2005, p. 43. Evidente che, in

tale eventualità, la disposizione divisionale non dovrà esser confusa con l' istituto ex re certa,

che non configura modalità di designazione dei propri successori e di scioglimento della

comunione ereditaria tra essi, bensì operazione ermeneutica, che consente di stabilire se un

determinato lascito debba intendersi a titolo universale o particolare. Detta incertezza non può

sussistere, ovviamente, quando il testatore dichiari chiaramente di aver inteso disporre di

determinati beni a titolo di quota ereditaria, benché indeterminata : cfr. Trib. Roma, 17 febbraio

2003, in Giur. Romana, 2004, p. 119, la cui massima, stando a quanto riferito più sopra,

dovrebbe esser corretta ed integrata affermandosi che la distinzione tra istitutio ex re certa ed

assegno divisionale qualificato risiede nel fatto che, in quest'ultima ipotesi, il testatore procede

alla determinazione, ancorché in via astratta, della quota.

(2) Per maggiori approfondimenti:; BILOTTI, Appunti sulla divisione testamentaria (artt. 734-

735 c.c.), in Riv. Not., 2002, p. 687 e ss.; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle

donazioni, Torino, 2006; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, Della divisione, in Commentario

Scialoja-Branca, Bologna Roma, 2000; P. MENGONI, La divisione testamentaria, Milano

1950; A. MORA, Lo scioglimento della comunione ereditaria. La divisione, in Trattato di

diritto delle successioni e delle divisioni, a cura di G. BONILINI, Milano, 2009, p. 299 e ss,;

M.R. MORELLI, La comunione e la divisione ereditaria, in Giur. Sist. Civ. Comm. W. Bigiavi,

Torino, 1998.

(3) In giurisprudenza, tra le pronunce più recenti: Cass., 11 maggio 2009, n. 10797, rv. 608107,

secondo la quale "in tema di divisione ereditaria, la divisio inter liberos, regolata dall'art. 734

c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei

suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole

quote concrete, con effetti reali immediati. Ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c.

quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione: la

motivazione del giudice del merito sulla sussistenza dell'una o dell'altra ipotesi, risolvendosi in

un apprezzamento di fatto sulla volontà del testatore, non è censurabile in sede di legittimità, se

non per vizi logici e giuridici (nella specie, è stata confermata la sentenza di merito, che aveva

ritenuto applicabile l'art. 733 c.c., poiché nella scheda testamentaria non era stato indicato lo

specifico ammontare del conguaglio necessario per pareggiare le singole quote)"; in senso

conforme: Cass. 17 luglio 2006, n. 16216, rv. 591437, in Mass. Giur. It., 2006, secondo cui:

"La disposizione testamentaria con cui un determinato bene viene destinato ad uno dei coeredi,

comprendendolo nella quota di sua spettanza, ha natura di norma volta a regolare la futura

divisione, ai sensi dell'art. 733 c.c., e, esprimendo una mera preferenza a favore dell'erede, ha

efficacia obbligatoria e non reale, effetto che invece si verificherebbe se il testatore,

procedendo immediatamente alla divisione, assegnasse direttamente il bene"; nella

giurisprudenza di merito: Trib. Verona, 26 luglio 2001, in Giur. Mer., 2002, p. 973, secondo la

quale "L'assegno divisorio semplice, avente efficacia meramente obbligatoria, è legato alla

circostanza per cui il testatore abbia dettato esclusivamente norme per la formazione delle

Page 29: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

porzioni ereditarie; diversamente, nel caso dell'assegno divisorio qualificato, ad efficacia reale,

allorché il testatore abbia provveduto direttamente alla divisione, per cui i beni possano

immediatamente e direttamente agli assegnatari, senza che venga a determinarsi la comunione

ereditaria (fattispecie in cui il testatore aveva disposto dei propri beni con precisione ed attenta

valutazione della loro ubicazione e consistenza, dividendoli analiticamente in tante porzioni da

assegnare ai figli ben distinte ed agevolmente individuabili)". Secondo Corte di App. Napoli, 3

marzo 2005, ined., riportata da CAPOZZI, 2009, p. 1442, nt. 3013, non si potrebbe parlare di

divisione ex art. 734 c.c. ogni qualvolta il testatore lascia da compiere ulteriori operazioni

divisionali, come potrebbe avvenire nel caso (analogo a quello della pronuncia citata) in cui il

testatore, dopo aver suddiviso tutti i propri beni tra le tre figlie, per un terzo ciascuna,

assegnava ad ognuna di esse un immobile, stabilendo che la differenza venisse colmata con i

titoli presenti nell'eredità, in tal modo lasciando aperta la determinazione dei conguagli.

(4) Si ritiene che la divisione ex art. 733 c.p.p. possa concernere anche la successione legittima:

nel qual caso, le quote da assegnarsi ai singoli eredi saranno quelle previste dalla legge, fermo

restando che nella formazione di esse, dovrà tenersi conto dei criteri enunciati dal de cuius.

(5) G. CAPOZZI, L'intervento del testatore nella divisione, in Successioni e Donazioni, II,

Milano, 2009, p. 1429 e ss., in part. p. 1430.

(6) E' pacifica l'opinione che il criterio divisionale possa consistere anche in una enunciazione

negativa, come frequentemente, peraltro, avviene nella pratica, disponendo, vale a dire, che un

determinato cespite non sia compreso nella quota di un determinato erede (A. MORA, op. cit.,

p.301).

(7) Cass, 20 agosto 2009, n. 18561, rv. 609790, che afferma il medesimo principio di cui alle

pronunce citate sub nota 2, salvo specificare, successivamente, l'erroneità della decisione di

merito, che aveva escluso l'applicabilità dell'art. 733 c.c. in presenza di clausola testamentaria

che aveva espressamente raccomandato al figlio maschio, assegnatario di un gruppo di poderi,

di lasciare tali beni "conservati uniti ed intatti finché possibile", aveva lasciato alla moglie

l'usufrutto generale, e destinato alle figlie, cui manifestava l'intento di lasciare unicamente la

legittima, altri beni immobili specificamente individuati, senza disporre del proprio restante

patrimonio, in base al motivo che tali disposizioni non esaurivano l'asseereditario, composto

anche da denaro e titoli. Reputa la Cassazione che la decisione, oltre ad aver non escluso in

modo tutt'altro che condivisibile la ricorrenza dell'assegno divisionale semplice ex art. 733 c.c.

(che non pare incompatibile con la specifica individuazione di beni deputati a esser compresi

nella quota), non aveva neppure considerato la possibilità di ricondurre l'anzidetta clausola

nell'ambito di operatività della divisio inter liberos ai sensi dell'art. 734.

(8) G. BONILINI, op. cit. p. 329.

(9) L. MENGONI, op. cit., p. 71; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 287.

(10) E' la tesi sostenuta, per esempio, da CAPOZZI, op. cit.,p. 1444.

(11) G. BONILINI, op. cit., p. 329.

(12) G. AMADIO, op. cit., p. 78.

(13) Trib. Napoli, 26 giugno 1997, in Arch. Civ., 1998, p. 953, con nota di V. SANTARSIERE,

Divisione testamentaria con preterizione di legittimario. Conversione in norme dettate dal

testatore.

(14) Sarebbe alquanto difficoltoso, oltre che sostanzialmente ingiusto, riferire le valutazioni dei

singoli beni assegnati al momento della testamenti factio: in tal caso, per esempio, alcuni eredi

potrebbero beneficiare, in danno degli altri, di eventuali modifiche incrementative del valore

dei cespiti loro assegnati (per esempio, un terreno che da agricolo divenga edificabile), e così,

analogamente, altri pregiudicati delle modiche in decremento di tale valore.

(15) In senso contrario si registrano pur autorevoli voci: per es. L. MENGONI, op. cit., p. 167,

ad avviso del quale è sufficiente una modesta differenza di valore a decretare l'inattuabilità

della divisione del testatore.

(16) G. CAPOZZI, op. cit., p. 1432; P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 291.

(17) A. MORA, op. cit., p. 302.

(18) Si ritiene, generalmente, che la comunione che viene a determinarsi, nel caso di divisione

soggettivamente parziale, sia comunione ereditaria, e non ordinaria: v. in dottrina,

BOMBARDA, Osservazioni in tema di norme date dal testatore per la divisione, in Giust.

Civ., 1975, IV, p. 114; P. FORCHIELLI - P. ANGELONI, op. cit., p. 319.

(19) In giurisprudenza: Cass. 23 marzo 1992, n. 3599, in Rass. Dir. Civ., 1994, 4, p. 819, con

nota di V. Tavassi, Divisione testamentaria e preterizione divisoria del legittimario.

(20) M. R. MORELLI, op. cit., p. 290.

Page 30: 1. 2. 4. 5....La divisione del testatore Sommario: 1. 1. Introduzione. - 2. La divisione del testatore in generale. - 3. I limiti dell'autonomia del testatore nell'intervenire sulla

(21) Cass. 9 marzo 1979, n. 1481.

(22) G. AMADIO, op. cit., p. 48.

(23) Rileva la citata sentenza n. 10797/2009: "la volontà del testatore ben difficilmente

potrebbe essere rispettata se dovesse porsi nel nulla ogni qual volta i beni da lui individuati non

corrispondano in maniera esatta al valore della quota attribuita. Deve, invece, ritenersi,

esattamente interpretando la norma alla luce del favor testamenti, che la volontà del testatore

rimanga vincolante ove sia compatibile con il valore delle quote, compatibilità riscontrabile

tutte le volte in cui il perfetto equilibrio possa raggiungersi con l'imposizione di un

conguaglio"; conf. Cass. 24 maggio 2004, n. 9005, rv. 573060, in Giust. Civ., 2004, 9, I, p.

1977; in Riv. Not., 2005, 2, II, p. 398; in Not., 2005, 4, p. 369, con nota di S. Tardio, Volontà

del testatore e valore effettivo dei beni assegnati; in Familia, 2005, 1, II, p. 180, con nota di S.

Landini, Divisione ereditaria e conguagli delle quote ereditarie.

(24) Trib. Lucca, 22 marzo 1984, in Giur. Merito, 1985, p. 29, con nota di A. GIUSTI, Note in

tema di divisione fatta dal testatore.

(25) Cass. 12 marzo 2003, n. 3694, cit.

(26) BOMBARDA, op. cit., p. 110.

(27) L. MENGONI, op. cit., p. 163; M.R. MORELLI, op. cit., p. 287.

(28) Cass. 16 gennaio 2007, n. 862, in Vita Not., 2007, p. 205.

(29) L. MENGONI, op. cit., p. 167.

(30) P. FORCHIELLI - F. ANGELONI, op. cit., p. 297.

(31) G. BONILINI, op. cit., p. 329.

(32) M.R. MORELLI, op. cit., p. 300.

(33) Cass. 11 marzo 2008, n. 6449, in Mass. Giur. It., 2008, secondo la quale "in caso di

divisione fatta dal testatore, l'azione di rescissione è ammissibile solo nel caso in cui il testatore

abbia stabilito la quota di ciascun erede, in modo che sia possibile il raffronto tra il valore dei

beni concretamente attribuiti agli eredi e l'entità delle quote ad essi astrattamente attribuite dal

testatore".

(34) Cass. 12 ottobre 2007, n. 21491, rv. 600003, in Mass. Giur. It., 2007; la fattispecie era la

seguente: il testatore aveva lasciato alla moglie l'usufrutto generale; al figlio maschio prediletto

una porzione immobiliare fisicamente individuata; ai restanti figli la comunione indivisa del

resto. Il giudice del merito aveva reputato sussistente il diritto al retratto in quanto aveva

ritenuto inapplicabile alla fattispecie l'art. 734 c.c., sul presupposto che la divisione così

operata avesse lasciato sopravvivere tra i coeredi la comunione ereditaria. La Corte ritiene non

condivisibile tale tesi, in quanto la comunione venutasi a determinare tra gli eredi cui era stata

attribuita la proprietà indivisa del cespite non era più ereditaria, ma ordinaria. In senso conf:

Cass. 15 ottobre 1992, n. 11290, in Vita Not., 1993, p. 274.