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Lo spazio della lettura: storia delle biblioteche e pratica del leggere 5 L’Italia delle biblioteche Biblioteche oggi aprile 2011 1. Singolare e plurale Le finalità generali di questo con- tributo sono di due tipologie. Le pri- me, che potremmo definire di na- tura retrospettiva, hanno per og- getto alcuni elementi della storia delle biblioteche italiane, con par- ticolare riferimento a quelle tori- nesi; le seconde, prospettiche, ri- guardano gli scenari dell’oggi, si radicano in parte nella storia e, in misura consistente, nei molti e com- plessi fattori che caratterizzano il dibattito sull’identità della bibliote- ca pubblica contemporanea. L’og- getto di queste considerazioni sono dunque da un lato le “biblioteche”, e, contestualmente, la “biblioteca pubblica”, ed i tratti più significati- vi e rilevanti della sua identità; più che questi “tratti”, dietro i quali si situano i “valori” ed i principi di- sciplinari, in questa sede si discute- ranno prevalentemente argomenti di natura metodologica. Naturale, dunque, che in apertura ci si interroghi sulla denotazione * Dipartimento di Scienze letterarie e filolo- giche. Facoltà di Lettere e filosofia. Univer- sità di Torino, <[email protected]>. Il contributo rielabora l’intervento tenuto in occasione del convegno “L’Italia delle biblioteche. Scommettendo sul futuro nel 150° anniversario dell’unità nazionale”, svoltosi al Palazzo delle Stelline di Milano il 3 e 4 marzo 2011. Si ringraziano, per la fornitura di informazioni e immagini, Paolo Messina (direttore), Cecilia Cognigni e Davide Monge delle Biblioteche civiche torinesi. del termine “biblioteca” o di quel- lo “biblioteche”, nel linguaggio or- dinario spesso usati con valenza sostanzialmente sinonimica. Già la comprensione grammaticale di “sin- golare” e di “plurale” non è affatto semplice, ed i concetti vanno ri- condotti alla delicata questione del- la “quantificazione”, che “ricopre un complesso apparentemente etero- geneo di fenomeni unificati da un meccanismo interpretativo comu- ne”. Vi è dunque una classe di sin- tagmi, vale a dire, all’incirca, i “sog- getti” degli enunciati “che non de- terminano ambiguità semantiche né manifestano gli effetti tipici della lettura quantificata”, e che posso- no essere chiamati termini “singo- lari”, e vi sono altri sintagmi che, non caratterizzati da una referenza esplicitamente individuabile, ven- gono definiti “quantificatori”. 1 Spe- cifiche tipologie di quantificatori modulano l’utilizzo di sintagmi cor- relati al concetto di “pluralità”, che rimanda, sotto il profilo logico, al- l’esistenza di classi in cui il nume- ro dei membri è superiore ad uno. Se la situazione è complessa già a livello logico-linguistico, non c’è da meravigliarsi dunque che lo di- venga ancora di più quando, co- me nel caso di questo contributo, si provi, e per di più da un punto di vista interdisciplinare e diacro- nico, ad occuparsi di fenomeni che riguardano le eterogenee enti- tà culturali, istituzionali, bibliogra- fiche, cui ci si riferisce con i termi- ni ed i concetti di “biblioteca” e di “biblioteche”. Nel primo caso l’o- biettivo è quello di individuare le caratteristiche, astratte, di un tipo ideale; nel secondo l’oggetto del- l’indagine è la rilevazione, fattuale ed empirica, di alcuni degli ele- menti da ritenere rilevanti sotto il profilo storico, bibliografico e do- cumentario. Queste oscillazioni, grammaticali e poi metodologiche, le ritroviamo in effetti nelle scelte linguistiche di alcuni degli autori (qui elencati se- condo l’ordine alfabetico) che, da angolature diverse, di questi temi si sono occupati, da Enzo Bottasso 2 a Guglielmo Cavallo, 3 da Piero Inno- centi e Marielisa Rossi 4 a Paolo Tra- niello, 5 fino ad Alfredo Serrai. 6 Gli ambiti tematici di questo inter- vento, approfondendone lievemen- te la fisionomia, sono ben più cir- coscritti di quelli qui sopra richia- mati. In primo luogo, come si accen- nava in apertura, verranno brevemente analizzate le relazioni tra sviluppo della organizzazione spaziale e bi- bliografica della biblioteca pubbli- ca e trasformazioni dell’atto del leg- gere, lungo un arco cronologico che va dalla prima metà del XIX se- colo fino ad oggi. Su questa base si cercherà di dar risposta ad uno dei quesiti che il convegno “L’Italia delle biblioteche”, nel suo program- ma, ha posto: esiste o meno una “italianità” delle biblioteche? E, se sì, in che consiste, come può esse- re conosciuta, e come può rispon- dere alle esigenze ed alle urgenze della contemporaneità? Per provare a far ciò – io credo – non è possibile procedere che in Maurizio Vivarelli*

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Lo spazio della lettura:storia delle biblioteche

e pratica del leggere

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L’Italia delle biblioteche

Biblioteche oggi – aprile 2011

1. Singolare e plurale

Le finalità generali di questo con-tributo sono di due tipologie. Le pri-me, che potremmo definire di na-tura retrospettiva, hanno per og-getto alcuni elementi della storiadelle biblioteche italiane, con par-ticolare riferimento a quelle tori-nesi; le seconde, prospettiche, ri-guardano gli scenari dell’oggi, siradicano in parte nella storia e, inmisura consistente, nei molti e com-plessi fattori che caratterizzano ildibattito sull’identità della bibliote-ca pubblica contemporanea. L’og-getto di queste considerazioni sonodunque da un lato le “biblioteche”,e, contestualmente, la “bibliotecapubblica”, ed i tratti più significati-vi e rilevanti della sua identità; piùche questi “tratti”, dietro i quali sisituano i “valori” ed i principi di-sciplinari, in questa sede si discute-ranno prevalentemente argomentidi natura metodologica. Naturale, dunque, che in aperturaci si interroghi sulla denotazione

* Dipartimento di Scienze letterarie e filolo-giche. Facoltà di Lettere e filosofia. Univer-sità di Torino, <[email protected]>. Il contributo rielabora l’intervento tenutoin occasione del convegno “L’Italia dellebiblioteche. Scommettendo sul futuro nel150° anniversario dell’unità nazionale”,svoltosi al Palazzo delle Stelline di Milanoil 3 e 4 marzo 2011. Si ringraziano, per lafornitura di informazioni e immagini,Paolo Messina (direttore), Cecilia Cognignie Davide Monge delle Biblioteche civichetorinesi.

del termine “biblioteca” o di quel-lo “biblioteche”, nel linguaggio or-dinario spesso usati con valenzasostanzialmente sinonimica. Già lacomprensione grammaticale di “sin-golare” e di “plurale” non è affattosemplice, ed i concetti vanno ri-condotti alla delicata questione del-la “quantificazione”, che “ricopre uncomplesso apparentemente etero-geneo di fenomeni unificati da unmeccanismo interpretativo comu-ne”. Vi è dunque una classe di sin-tagmi, vale a dire, all’incirca, i “sog-getti” degli enunciati “che non de-terminano ambiguità semantiche némanifestano gli effetti tipici dellalettura quantificata”, e che posso-no essere chiamati termini “singo-lari”, e vi sono altri sintagmi che,non caratterizzati da una referenzaesplicitamente individuabile, ven-gono definiti “quantificatori”.1 Spe-cifiche tipologie di quantificatorimodulano l’utilizzo di sintagmi cor-relati al concetto di “pluralità”, cherimanda, sotto il profilo logico, al-l’esistenza di classi in cui il nume-ro dei membri è superiore ad uno.Se la situazione è complessa già alivello logico-linguistico, non c’èda meravigliarsi dunque che lo di-venga ancora di più quando, co-me nel caso di questo contributo,si provi, e per di più da un puntodi vista interdisciplinare e diacro-nico, ad occuparsi di fenomeniche riguardano le eterogenee enti-tà culturali, istituzionali, bibliogra-fiche, cui ci si riferisce con i termi-ni ed i concetti di “biblioteca” e di“biblioteche”. Nel primo caso l’o-

biettivo è quello di individuare lecaratteristiche, astratte, di un tipoideale; nel secondo l’oggetto del-l’indagine è la rilevazione, fattualeed empirica, di alcuni degli ele-menti da ritenere rilevanti sotto ilprofilo storico, bibliografico e do-cumentario.Queste oscillazioni, grammaticali epoi metodologiche, le ritroviamoin effetti nelle scelte linguistiche dialcuni degli autori (qui elencati se-condo l’ordine alfabetico) che, daangolature diverse, di questi temi sisono occupati, da Enzo Bottasso2 aGuglielmo Cavallo,3 da Piero Inno-centi e Marielisa Rossi4 a Paolo Tra-niello,5 fino ad Alfredo Serrai.6

Gli ambiti tematici di questo inter-vento, approfondendone lievemen-te la fisionomia, sono ben più cir-coscritti di quelli qui sopra richia-mati. In primo luogo, come si accen-nava in apertura, verranno brevementeanalizzate le relazioni tra sviluppodella organizzazione spaziale e bi-bliografica della biblioteca pubbli-ca e trasformazioni dell’atto del leg-gere, lungo un arco cronologicoche va dalla prima metà del XIX se-colo fino ad oggi. Su questa basesi cercherà di dar risposta ad unodei quesiti che il convegno “L’Italiadelle biblioteche”, nel suo program-ma, ha posto: esiste o meno una“italianità” delle biblioteche? E, sesì, in che consiste, come può esse-re conosciuta, e come può rispon-dere alle esigenze ed alle urgenzedella contemporaneità? Per provare a far ciò – io credo –non è possibile procedere che in

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modo asistematico, attraverso as-saggi relativi a specifici contestiterritoriali culturalmente e bibliote-conomicamente determinati. I casidiscussi sono tutti riferiti a fatti do-cumentari localizzati nella città diTorino, per una scelta dettata nonsolo da motivi contingenti, con-nessi alla mia funzione presso laFacoltà di Lettere e filosofia lì lo-calizzata, ma, soprattutto, dal fattoche a Torino sono documentabiliesperienze di grande interesse intutte le diverse fasi del periodopreso in esame.L’analisi dell’esperienza torinesefornisce dunque un formidabile re-pertorio di teorie, progetti, prati-che, da valutare per chiedersi seabbia ancora senso, al tempo dellaRete, interrogarsi sul fatto che deb-bano esistere relazioni tra i luoghi,fisici o digitali, nei quali si localiz-zano e si gestiscono i testi, e le mo-dalità attraverso cui quei testi ven-gono letti. E, soprattutto, per verifi-care se la configurazione dell’attodel leggere può essere utilizzatacome modello interpretativo peristituire relazioni tra il momento in-dividuale dell’appropriazione delcontenuto testuale ed il momentocondiviso di quello stesso atto, chesi situa nello spazio, fisico e meta-forico, della biblioteca.Queste domande acquisiscono unapregnanza ancor più cospicua se sipensa che la biblioteca e la lettura,ed i diversi elementi ed atti che lecompongono, rischiano di non es-sere più percepiti come un ambitointerpretativo dotato di struttura,bensì come frammenti monchi diun puzzle di cui non è chiara la vi-sione d’assieme, ed i cui elementi,continuamente rimescolabili, sullabase degli stili cognitivi delle per-sone e delle possibilità offerte dal-le tecnologie, sembrano spessofrustrare il tentativo di qualificarlicome lo spazio di mediazione indi-spensabile per dar luogo ad undialogo fondato su regole condivi-se.7 Questa ‘struttura’ di connessio-

ne, dunque non è chiaro né se cisia né se non ci sia; e, per di più,ci si chiede anche se sia utile por-si domande intorno alla sua even-tuale esistenza. Preso atto che c’è ilrischio che “il novum divent[i] allo-ra un valore da perseguire per sé,e anzi da anticipare, al di là di ognipossibile accumulazione, tradizio-ne, continuità storica”,8 è ancorapiù importante radicare il più sal-damente possibile le proprie argo-mentazioni.

2. Dopo l’Unità

I fenomeni qui indagati si situanonel quadro delle complesse vicen-de attraverso cui, nell’Italia unita,gradualmente si definiscono lestrutture di quella “cultura moder-na”, collegata all’affermarsi di nuo-vi ceti intellettuali, che implicaprofonde trasformazioni nella mo-dalità di produzione, circolazione,ricezione e lettura dei testi lettera-ri, secondo dinamiche complessein questa sede semplicemente ri-chiamate sotto il profilo bibliogra-fico.9 In questo ambito un notevo-le rilievo è da attribuire al dibatti-to sulle esigenze di alfabetizzazio-ne dei ceti popolari, qui ricordatecon i toni partecipi ed accorati diPasquale Villari:

Bisogna che l’Italia cominci col per-suadersi che v’è nel seno della Na-zione stessa un nemico più poten-te dell’Austria, ed è la nostra colos-sale ignoranza; sono le moltitudinianalfabete, i burocrati macchine, iprofessori ignoranti, i politici bam-bini, i diplomatici impassibili, i ge-nerali incapaci, l’operaio inesperto,l’agricoltore patriarcale e la retoricache ci rode le ossa. Non è il qua-drilatero di Mantova e Verona cheha potuto arrestare il nostro cam-mino, ma è il quadrilatero di 17 mi-lioni di analfabeti e di 3 milioni diarcadi.10

Nello stesso periodo si verificanoprofonde trasformazioni nelle pra-

tiche di lettura, rispetto alle qualiesiste una vasta e consolidata let-teratura. Intorno alla metà del Set-tecento, in particolare in Germa-nia, avviene quella che lo storicoRolf Engelsing ha definito una “ri-voluzione della lettura” (Leserevo-lution). Le modalità di lettura, apartire dalla introduzione della stam-pa a caratteri mobili e grosso mo-do fino a questo periodo, eranostate prevalentemente di natura“intensiva”: le persone, cioè, leg-gevano, e rileggevano pochi libri(la Bibbia, opere devozionali, al-manacchi e lunari); dalla metà delSettecento tali modalità si trasfor-mano, e si passa a pratiche di let-tura di tipo “estensivo”. I lettoridunque, come sostiene Robert Darn-ton, “leggevano ogni sorta di cose,soprattutto periodici e quotidiani,e li leggevano una sola volta, poipassavano ad altro”.11

Su quale possa essere una meto-dologia di indagine adeguata a darconto di fatti di questa complessitàil dibattito è aperto. Certamenteutili sono i metodi quantitativi cuifa riferimento Roger Chartier, qualiinventari post mortem e cataloghidi vendita, per quanto lo stessostudioso francese rilevi quanto “in-gannatore” possa essere un ap-proccio che “non consente di indi-viduare la lettura di libri che i let-tori non possedevano, ma che han-no preso in prestito gli uni daglialtri o che hanno ascoltato legge-re”;12 ciò può dunque legittimareuna prospettiva di studio che fac-cia della asistematicità il propriometodo, come suggeriscono RolandBarthes e Antoine Compagnon:

Quale punto di vista adottare su unaparola che ha troppi usi? Quello del-la sociologia, della fisiologia, dellastoria, della semiologia, della religio-ne, della fenomenologia, della psi-canalisi, della filosofia? [...] Al termi-ne del catalogo, la domanda rimar-rebbe invariata: che cosa è la lettura?Bisogna allora mancare di metodo,e procedere per colpi d’occhio, per

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istantanee: aprirsi agli spiragli dellaparola, occuparla per sondaggi suc-cessivi e differenziati, tenere più filia un tempo che s’intreccino e tessa-no la trama della lettura.13

Le trasformazioni delle pratiche d’u-so dei testi letterari sono, a loro vol-ta, evidentemente collegate all’af-fermarsi del romanzo come genereletterario, che introduce una moda-lità di lettura orientata all’intratteni-mento ed al piacere non da tuttipienamente legittimata.14

Quello preso in esame è indubbia-mente un periodo molto delicatoanche per la storia delle bibliote-che italiane, in cerca di una nuovaidentità culturale, normativa, bi-blioteconomica, attraverso la qua-le adeguarsi alle complesse tra-sformazioni in atto.La Rivoluzione francese aveva de-finito infatti le premesse storico-culturali cui potevano riferirsi itratti identitari fondanti di un isti-tuto, la biblioteca appunto, e delsuo graduale divenire “pubblica”,non solo nel senso di una titolari-tà giuridica afferente ad un sog-getto istituzionale diverso da uno“privato”, ma, soprattutto, perchériferita alle esigenze informative eculturali di un “pubblico” che si eraandato nel frattempo individuandoe definendo come soggetto dellavita politica e sociale.15 Temi, que-sti, per i quali si rimanda in primoluogo agli ormai classici studi diPaolo Traniello, di seguito diffusa-mente richiamati, e ad un interes-sante saggio di Claudio Leombronidi recente pubblicato.16

L’aumentare della complessità edella varietà dei fenomeni indagatimette in tal modo in crisi, oltrechéla cultura biblioteconomica, anchequella bibliografica. Un indizio diciò può essere individuato anchenella progressiva diffusione, a parti-re dalla seconda meta dell’Otto-cento, di particolari tipologie dipubblicazioni il cui obiettivo è quel-lo di individuare i libri “migliori”, ocomunque più rappresentativi, dei

vari ambiti del sapere.17 Come rile-va infatti Alfredo Serrai: “La catego-ria dei libri raccomandabili e meri-tevoli nei vari generi letterari o inqualsivoglia disciplina è una dellepiù interessanti in tutto l’ambito bi-bliografico e biblioteconomico, per-ché è quella che racchiude, in for-ma emblematica e concentrata, ilrapporto tra la qualità e la quanti-tà bibliografica o, in termini piùprecisi, la distribuzione effettivadei componenti di una scala di va-lori intellettuali, morali ed esteti-ci”.18 A parere di Serrai, dunque, ladiffusione di questa tipologia diopere, degna di nota non solo inambito nazionale, è quantomenoindizio delle profonde modifiche edell’aumento di complessità dellegià altamente problematiche rela-zioni tra dinamiche di produzione,di diffusione, di ricezione del li-bro. Se infatti – prosegue Serrai –il “globus intellectualis continuavaa presentarsi come integro” finoalla fine del Settecento, e quindiesso poteva essere interpretato, edunque anche oggettivato nelleraccolte di una biblioteca, secon-do modalità unitarie e condivise,nel secolo successivo, per l’intrec-ciarsi dei fattori qui brevementepresentati (nuove pratiche e stili dilettura, evoluzione dei generi lette-rari ecc.), “si assiste alla fiorituradegli elenchi di libri consigliabili,ma insieme, in forme evidenti aglistessi contemporanei più accorti,anche alla constatazione della loroparzialità e della loro futilità intel-lettuale, e quindi in questo secon-do caso della loro aberrazione bi-bliografica”.19 Ed è esattamente inquesto contesto che si situa, a pa-rere di Serrai, la crisi finale dellabibliografia, intesa come disciplinacapace di identificare i tratti cultu-rali che qualificano un’area disci-plinare o, più in generale, l’interacultura di un periodo o di una co-munità: “La bibliografia, perdutol’autentico rapporto di rappresen-tanza sul piano librario di una cul-

tura dilatata e complessificata finoa diventare incontrollabile, proprioper aver insistito nella proposizio-ne di guide di lettura, di florilegiper la formazione e di vademecumper lo studio, finirà per annientar-si come disciplina e come attivitàspecifica”.20

Alla luce di questi elementi di con-testo è dunque di grande interessevalutare come lo spazio bibliogra-fico delle biblioteche abbia o nonabbia risposto alle sollecitazioni de-rivanti dal mutare dei tempi, delleideologie, dei valori; e come tuttoquesto si sia andato stratificando esedimentando, con presenze ma so-prattutto con assenze, in quel pa-trimonio bibliografico che costitui-sce indubbiamente la risorsa co-municativa principale con la qualele biblioteche dialogano (o meno)con il proprio pubblico. Non c’èdubbio infatti che se ancor oggi ilsistema bibliotecario italiano è ca-ratterizzato da ritardi, incertezze,lacune, ciò deriva in misura signi-ficativa dai fondamenti giuridico-organizzativi che sono stati postinegli anni certo assai problematicidell’unificazione amministrativa delRegno d’Italia. È in questa fase chesi effettuano scelte, si tracciano di-rettrici, si accolgono modelli cultu-rali ed organizzativi, e l’attuale con-figurazione normativa e bibliogra-fica di una parte significativa dellebiblioteche italiane, e nello speci-fico delle biblioteche statali.21

All’interno di questa prospettiva èdunque interessante provare a veri-ficare la fattibilità di una storia dellebiblioteche a matrice bibliografica,certo, come si è detto, frammen-taria, ma in cui a parlare dovrebbe-ro essere gli oggetti documentariche compongono il patrimonio, ele scelte che hanno presieduto allaloro acquisizione, cercando di darconto dei modi con cui si sono svi-luppati, o meno, quei “legami” tralibri e persone di cui parla, con pe-netrante efficacia espressiva, il bi-bliotecario francese Michel Melot.22

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3. L’“uffizio” della bibliotecapubblica

A fronte di questi fenomeni comeera strutturato, negli anni imme-diatamente successivi all’Unità, ilsistema delle biblioteche italiane?La prima statistica del Regno d’Ita-lia, che risale al 1863, fornisce leseguenti informazioni sul panora-ma bibliotecario nazionale.23

Le biblioteche censite sono 133, dicui 33 governative e 100 di appar-tenenza locale. A queste vanno ag-giunte altre 31 biblioteche, dette“miste”, di istituti scientifici, enti re-ligiosi, privati. Il patrimonio è costi-tuito da 4.149.281 volumi; 937.470 ilettori conteggiati. Le opere date inlettura sono 988.510, così suddivise:Letteratura e belle arti: 261.689;Diritto: 193.972; Matematica e scien-ze naturali: 183.528; Storia e filolo-gia: 122.496; Enciclopedie: 101.797;Filosofia e morale: 70.537; Scienzesacre: 54.491.Al di là dei dati puramente quanti-tativi, vi è una chiara consapevolez-za, negli stessi ambienti governativi,della inadeguatezza delle bibliote-che italiane, nel loro complesso, adare risposte alle esigenze crescen-ti di un pubblico di lettori ormainon irrilevante: “Le librerie italianesono celebri per la ricchezza di au-tori antichi, ma sono scarse d’operemoderne; vi abbondano le collezio-ni ecclesiastiche e poco le scientifi-che. In molte non avvi quasi tracciadelle letterature straniere”.24 E an-cora: “Il vero si è che di tutte le no-stre biblioteche, quante esse sono,non ve ne ha una sola che possa te-nersi in corso, non diremo delleprincipali pubblicazioni letterarie escientifiche, ma nemmeno di quelleche possono stimarsi a un tempo lepiù indispensabili e le più difficil-mente accessibili alla comune deglistudiosi. Vale a dire che non ve neha assolutamente alcuna, che adem-pia in tale riguardo a quel più ri-stretto uffizio che è proprio di unapubblica biblioteca”.25

È noto quali furono le scelte effet-tuate, in particolare in seguito allaistituzione della Commissione so-pra il riordinamento scientifico edisciplinare delle Biblioteche delRegno, presieduta dal senatore Lui-gi Cibrario, composta da numero-se personalità intellettuali di rilie-vo e di cui faceva parte anche An-tonio Panizzi, che era stato esuleitaliano a Londra, aveva diretto laprestigiosa biblioteca del BritishMuseum, ed era stato nominato se-natore del Regno nel 1868.26 LaCommissione affidò gli esiti dellapropria attività ad una Relazione,su cui si basò il decreto di riordi-no emanato dal Ministro della pub-blica istruzione Angelo Bargoni,consultabile nella Collezione cele-rifera di quello stesso anno.27 Ildecreto includeva il primo regola-mento delle biblioteche, e stabili-va che non era opportuno istituireuna biblioteca nazionale centrale,a causa delle peculiari modalità dicostituzione delle Stato nazionale.Inoltre l’art. 24 della legge 7 luglio1866, n. 3036, sulla soppressionedelle Corporazioni, stabiliva che “Ilibri e i manoscritti, i documentiscientifici e gli archivi che si trove-ranno negli edifici appartenenti al-le Case religiose ed agli altri entimorali colpiti da questa o da pre-cedente legge di soppressione sidevolveranno a pubbliche biblio-teche e musei nelle rispettive pro-vince, mediante decreto del Mini-stro dei culti, previi gli accordi conil Ministro della pubblica istruzione”.28

La sostanziale inadeguatezza dellebiblioteche a qualificarsi come par-ti attive del circuito culturale delperiodo può inoltre essere interpre-tata come uno dei tasselli del viva-ce dibattito che, nel corso di buonaparte del XIX secolo, ha riguardatola complessa questione della lin-gua, nelle sue specifiche relazionicon le problematiche della unifica-zione politica. A questo ambito so-no da correlare i contributi scrittida Ruggiero Bonghi nel 1855, quan-

do era esule a Ginevra, e pubblicaticon il titolo Perché la letteraturaitaliana non sia popolare in Italia.In una lettera datata 13 giugno1855 Bonghi così si esprime:

Una letteratura popolare è il piùbello ed ultimo effetto e frutto del-la letteratura moderna, e non man-ca mai sola. Si compone, credo, ditutti quei libri che si dirigono allaeducazione e istruzione delle classiinferiori o meno colte (...). Una let-teratura invece non è popolarequando que’ vari libri che la com-pongono sono vecchi di concetto,non ritraggono della società per cuisono scritti, mancano di attrattivenella forma, riescono difficili ad es-sere intesi per difetto d’analisi, dinaturalezza, di stile, di lingua: dimaniera che i lettori del paese, percui que’ libri sarebbero scritti, pre-feriscono de’ libri scritti in altre lin-gue. Questo, in grandissima parte,non si può negare che sia il casoitaliano.29

È dunque evidente che in questoperiodo si consuma, sotto il profi-lo giuridico e normativo, una frat-tura tra pratiche ed orientamentieffettivi di lettura e bibliotechepubbliche. La struttura dei patri-moni bibliografici delle bibliote-che governative e le caratteristichedei contenuti dei patrimoni inca-merati in base alle soppressionidegli enti e delle congregazioni re-ligiose non potevano in alcun mo-do intercettare i bisogni vivi che sidiffondevano in ampi strati sociali.Da ciò dipende la diffusione, inItalia, di ambienti di circolazionedel libro e delle letture basati sulmodello dei cabinets littéraires,che funzionavano attraverso sotto-scrizioni, e che garantivano agliaderenti la disponibilità di pubbli-cazioni monografiche e soprattuttoperiodiche fortemente collegate aitemi dell’attualità politica e cultu-rale.30 A queste istanze si deve co-me è noto l’apertura, a Firenze, nel1820, del Gabinetto scientifico eletterario di Giovan Pietro Vieus-

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seux che rappresenta probabil-mente, in questo campo, la più si-gnificativa realizzazione italiana.31

A livello nazionale è invece so-stanzialmente assente una politicadi attenzione alle esigenze cultura-li e professionali dei ceti medi emedio-bassi attraverso il tessutobibliografico ed organizzativo del-le biblioteche governative. Da ciòdipende la nascita e lo sviluppo,ancora in quegli anni, del movi-mento delle biblioteche popolari,carico di tensioni filantropiche edumanitarie, che porta nel 1861, aPrato, ad opera dell’insegnanteAntonio Bruni, alla istituzione del-la prima biblioteca popolare italia-na non direttamente promossa daun soggetto di natura associativa.La biblioteca, il cui utilizzo preve-deva una sottoscrizione, aveva ca-ratteristiche circolanti, e riservavala lettura in sede alle sole pubbli-cazioni periodiche.32 La fisionomiabibliografica di una raccolta conqueste caratteristiche è documen-tata nel pregevole catalogo dellabiblioteca dell’Università popolaredi Firenze curato da Nicola Laban-ca: degli oltre 14.000 titoli la mag-gior parte sono costituiti da libriscolastici, manuali per l’apprendi-mento di mestieri e professioni,opere di narrativa.33

4. Lo spazio bibliografico tra architettura e biblioteconomia

Con questa prima serie di osserva-zioni si è cercato essenzialmente diindividuare alcuni dei più significa-tivi fattori connessi alla storia dellabiblioteca pubblica, ed è dunque inquesto contesto che si situano lecomplesse questioni che riguarda-no la morfologia dello spazio dellabiblioteca stessa, luogo di decanta-zione delle relazioni tra tipi archi-tettonici e pratiche di lettura.Queste dinamiche, com’è noto, so-no estesamente descritte in Spazio

e funzioni nell’evoluzione della bi-blioteca: una prospettiva storica diGiovanni Solimine, in cui l’autoreha cercato di definire le modalitàattraverso cui si sono andate mo-dificando nel corso dei secoli lerelazioni tra modelli, spazi e servi-zi della biblioteca, dall’antichitàclassica fino alla complessità checaratterizza la contemporaneità, perconcludere che: “Le variabili daconsiderare in un progetto sonoinnumerevoli e talmente indipen-denti dalla nostra capacità di te-nerne conto in un progetto di svi-luppo, come si diceva, che non re-sta che affidarsi ad una scelta difondo all’insegna della flessibilità”.34

Di pari interesse, sul versante ar-chitettonico, il contributo di AldoDe Poli Tra monumento e macchi-na. Alla ricerca della bibliotecaideale, in cui si sostiene che la bi-blioteca, in fondo, non è altro che“una sequenza ordinata di spazidiversificati”, e ancora: “La biblio-teca media contemporanea è dun-que un edificio complesso in con-tinua trasformazione, ma è ancheun luogo della città composto dadiverse realtà funzionali, dalla for-ma non ancora del tutto codifica-ta”.35 Nella biblioteca coesistono,integrate secondo le modalità piùdisparate, un “monumento” ed una“macchina”; essa dunque “deve es-sere considerata, miticamente, pa-lazzo e fabbrica”.36 Anche per DePoli non è più possibile fare riferi-mento, nella elaborazione del pro-getto, a modelli o tipi ideali, presoatto del fatto che essi non esisto-no, e che “prevale oggi una nettasfiducia verso ogni approccio ra-zionale che parta dall’idea di ‘ti-po’”.37 Dunque – prosegue De Poli– “a una nozione teorica di ‘tipo’inteso come sintesi, con un rap-porto gerarchico fisso tra le parti,si è sostituita una nozione più sva-gata di ‘tipo’ inteso come reperto-rio di frammenti, disponibili a nuo-ve aggregazioni”.38 Secondo De Poliper recuperare la dimensione sto-

rica della forma della biblioteca ènecessario collegarsi esplicitamen-te alle tradizioni che riguardano laprogettazione degli edifici colletti-vi, riconducibili a quattro diversematrici (“l’origine mitica, l’origineletteraria, l’origine aristocratica el’origine popolare”).39 Lungo que-sto asse si individuano così le li-nee generali dei modelli ereditatidalla storia, da quelli che hannocaratterizzato la morfologia archi-tettonica delle biblioteche del mon-do classico, fino alle tensioni checaratterizzano la contemporaneità,fino al recente dibattito, che ha avu-to vasta eco anche in Italia, sull’i-dentità della biblioteca pubblica,sulle questioni connesse alla mor-fologia simbolica del suo spazio, einfine sui profondi mutamenti neicriteri di progettazione degli edifi-ci pubblici che devono ormai po-ter esprimere una ampia ed etero-genea pluralità di messaggi.40

Il concetto di spazio, e le sue mol-tissime implicazioni, naturalmentenon possono essere trattati in mo-do approfondito in questa sede,per quanto sia comunque necessa-rio effettuare alcune precisazionipreliminari, di natura metodologi-ca e linguistica, da utilizzare permeglio comprendere le relazionitra “spazio architettonico”, “spaziodigitale” e “spazio bibliografico”.41

Può essere utile specificare, dun-que, che con l’espressione “spazioarchitettonico” si fa riferimento al-lo spazio fisico della biblioteca, inquanto risultato della progettazio-ne architettonica in senso stretto.Con la locuzione “spazio digitale”ci si riferisce invece alle modalità,tecnologiche, simboliche, esteti-che, attraverso cui si definiscono esi strutturano le relazioni tra spa-zio architettonico e contenuti in-formativo-documentari accedibiliattraverso le tecnologie di rete.Con “spazio bibliografico” si inten-dono infine le diverse ed intera-genti procedure (ed i principi, imetodi e le tecniche ad esse sotte-

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se) attraverso cui vengono gestitigli oggetti che compongono l’uni-verso bibliografico, ed attraverso iquali vengono resi disponibili icontenuti informativo-documenta-ri, locali o remoti, oggettivati inquegli stessi oggetti. Con questalocuzione, dunque, ci si richiamain modo esplicito al concetto dicontrol zone introdotto qualcheanno fa da Ross Atkinson, e defi-nibile come “a single, virtual, di-stributed, international digital li-brary, a library that has (concep-tual, virtual) boundaries, that defi-nes its services operationally onthe basis of the opposition bet-ween what is inside and outsidethose boundaries, and that basesthat service on the traditional socialethic that has motivated all libraryoperations in modern times”.42

Lo “spazio bibliografico”, inteso inquesto senso, va dunque in prima

istanza correlato all’insieme deglioggetti informativo-documentari icui contenuti divengono utilizzabi-li attraverso i servizi della bibliote-ca; insomma a ciò che, da altropunto di vista storico, culturale elinguistico costituisce il patrimoniobibliografico della biblioteca stessa,costituito da un insieme di entità,attraverso questa locuzione denota-te e connotate, che ovviamente rap-presentano il fondamento della ri-flessione biblioteconomica moder-na. Basti richiamare, in tal senso, leancor espressive parole che GabrielNaudé indirizza, nell’Advis, al “Si-gnor Presidente de Mesme”:

Signore, giacché voi dominate e so-vrastate in tutte le azioni ricordate,e non resterete mai nella mediocri-tà delle cose buone e lodevoli enon avete niente di non elevato edi comune, sembra opportuno che

consideraste anche voi, al di sopradi tutti gli altri, l’onore e la reputa-zione di avere una Biblioteca, lapiù perfetta, meglio fornita e con-servata del vostro tempo. Infine sequeste ragioni non hanno abba-stanza potere per disporvi a taleimpresa, sono persuaso che la solamotivazione della vostra soddisfa-zione personale sarà abbastanzaforte per convincervi. Poiché se èpossibile in questo mondo averequalche sommo bene, qualche feli-cità perfetta e completa, io credocertamente che non ce ne siano dimigliori dell’intrattenimento e deldivertimento fruttuoso e gradevoleche può ricevere da una tale Bi-blioteca un uomo dotto e che nonè tanto curioso di avere dei Libri,ut illi sint coenatonium ornamen-ta, quam ut studiorum instrumen-ta, in quanto per mezzo di questaegli può a ben diritto chiamarsiCosmopolita o cittadino del mon-do, può sapere tutto, vedere tutto enon ignorare niente, in poche pa-role, giacché egli è il solo respon-sabile di questa soddisfazione, puòdisporne a suo piacere, prenderlaquando vuole, trattenerla finché glipare e senza alcun dubbio, lavoroo fatica, egli può istruirsi e cono-scere le particolarità più precise ditout ce qui est, qui fut, et qui peutestre en terre, en mer, au plus ca-ché des Cieux.43

Alla luce delle attuali modalità diproduzione degli oggetti docu-mentari il requisito della fisicità dellibro della tradizione gutenber-ghiana non può più essere utiliz-zato in maniera rigida ed univoca,e c’è dunque bisogno di un con-cetto più flessibile e sfumato, qua-le appunto quello di control zone,ad identificare i tratti distintivi del-l’ambito entro il quale l’attività del-la biblioteca si situa44 e per questoil concetto di spazio bibliograficopuò dunque rivelarsi un utile stru-mento di interpretazione.È nelle dinamiche di questo sce-nario, dunque, che si individuano,si articolano e si precisano nume-rosi e complessi fattori di muta-

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La Biblioteca di Stoccolma, realizzata da Gunnar Asplund, 1924-1928

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mento, che in linea generale pos-sono essere ricondotti a tre lineedi tendenza, qui schematicamenterichiamate.La prima è relativa al passaggio dalmodello “tradizionale” di bibliote-ca a quello, tuttora in fase di asse-stamento, di “biblioteca digitale”.La seconda riguarda invece le tra-sformazioni del libro, secondo unanalogo asse che va dalla configu-razione gutenberghiana a quellache caratterizza l’e-book. La terzasi correla alle problematiche cheinvestono la configurazione del te-sto nella sua migrazione in am-biente digitale.45

5. Torino, Italia

Il caso torinese si presenta comeparticolarmente interessante per darconto, anche sotto il profilo dia-cronico, di questa intricata serie direlazioni, per molteplici motivi.L’idea originaria di realizzare a To-rino una biblioteca pubblica, co-me documenta accuratamente An-drea De Pasquale,46 la si rinvienenel testamento, datato 11giugno 1656, della infantaMaria di Savoia, figlia diCarlo Emanuele I, che e-sprime la volontà di “fabri-care una biblioteca in To-rino”, in cui “mettere tuttele sorti di buoni libri ditutte le scienze perché ser-va ad ogn’uno”.47

Qualche decennio dopo Vit-torio Amedeo II, nelle Re-gie Costituzioni per l’Uni-versità del 1720, sanciscel’istituzione di “un’ampla escelta Biblioteca per co-modo sì degli studenti, chedel pubblico”, dando esitoalla proposta che ScipioneMaffei aveva elaborato dueanni prima,48 ed in cui con-fluirono la maggior partedei libri appartenenti allaCorona e la totalità di quel-

li del Comune, acquisiti e raccoltisecondo alterne e problematichevicende ed infine catalogati daPietro Paolo Quaglino nel 1715.49

Successivamente, in età francese,

si situa l’interessante vicenda dellaBibliothèque de la Ville de Turin,istituita con un decreto del 1 aprile1801.50 La biblioteca, la cui sedeera localizzata nel soppresso Con-

vento del Carmine, era a-perta al pubblico “depuis9 heures du matin jusqu’àquatre [heures] apré mi-di”; ad essa era assegnatoun “conservateur”, nellapersona dell’abate VittorioCagna, oltre ad un “distri-buteur” ed una unità dipersonale (“concierge”) cuivenivano affidate funzio-ni di sorveglianza e di cu-stodia.51

Questa biblioteca, all’ini-zio qualificata come dipar-timentale, a partire già dal1804 acquisirà la denomi-nazione di “BibliothèqueCommunale”, o di “Biblio-thèque de la Ville de Tu-rin”; lo stesso abate Ca-gna ne realizza, tra 1806 e1808, il catalogo, che censi-sce 6.896 unità bibliografi-

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Mappa di Internet. The Internet mapping project<http://cheswick.com/ ches/map/>

Georges Schrimpf, Donna che legge alla finestra, 1925

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che, suddivise in 10 classi, qui diseguito elencate:

1. Histoire civile et générale2. Histoire littéraire, Bibliographie,

Journaux des arts et sciences, Ar-chitecture, Antiquités. Mytologie

3. Histoire sacrée et ecclésiasti-que

4. Bible, Sant-Pères; Interprètes5. Théologie, Conciles, Orateurs sa-

crés6. Droit civil et canonique, Politi-

que7. Médecine, Anatomie, Chirurgie,

Botanique, Histoire naturelle,Agriculture

8. Philosophie, Mathématiques, Géo-graphie

9. Art réthorique, poétique, criti-que et historique, Grammaire,Dictionnaire des langues, Poé-sies

10. Ouvrages différens, Fables, Nou-velles et Romans, Dialogues atautres plaisanteries.

Degna di nota è la presenza, nellastruttura semantica dell’ordinamento,della sezione 10, nella quale ven-gono raggruppate le diverse tipo-logie di opere accomunate, per dircosì, da modalità di lettura finaliz-zate al piacere, e proprie per que-ste categorizzate come “plaisante-ries”. Vediamo dunque in que-st’ambito, già organizzato biblio-graficamente, la realizzazione inuna sezione della collezione in cuivengono raccolti i volumi versocui si orientavano pratiche di ap-propriazione e di uso conformi al-la nuova sensibilità culturale bre-vemente descritta nel precedenteparagrafo 2. La biblioteca rimaseattiva fino al 1815, quando, con laRestaurazione, il suo patrimoniovenne smembrato, e conferito inparte alla Biblioteca dell’Universitàed in parte alle istituzioni religioseda cui era stato precedentementeprelevato.La necessità di una biblioteca pub-blica realmente adeguata alle esi-genze del pubblico, ed in partico-

lare a quelle degli strati sociali me-no acculturati costituisce il presup-posto del progetto di GiuseppePomba, che nel 1855, presenta inConsiglio comunale la proposta diistituire una biblioteca civica, “pub-blica” nel senso che aveva assuntonell’esperienza anglo-sassone, eche verrà poi inaugurata nel 1869,connotata dal suo essere “una ve-ra libreria comunale utile a tutte leclassi di cittadini”, “fornendola nontanto di quelle opere che sola-mente servono, dirò così, d’orna-mento alle sale, ma precipuamen-te di quelle di vero uso pratico edi vera utilità agli studiosi dellescienze fisiche e chimiche applica-te alle arti, alla meccanica e allealtre scienze positive”52. La struttu-ra del patrimonio bibliografico èdocumentata nella edizione a stam-pa, purtroppo parziale, del catalo-go, curato dallo stesso Pomba, pub-blicato contestualmente alla inau-gurazione della biblioteca53. La Ci-vica di Torino, dunque, avrebbedovuto qualificarsi come “specia-le”, caratterizzarsi per “opere riflet-tenti un unico ramo dello scibile”,essere “tecnico-popolare”, ed orien-tare la sua offerta di servizi “agliallievi delle scuole civiche, tecni-

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Ragazza che legge il suo Kindle Amazon, 86st Subway Station, New York,<http://www.flickr.com/photos/gubatron/2256923510/>

Catalogo dei libri che si trovano nel-la biblioteca della città di Torino,Torino, per gli eredi Botta, 1869

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che e artistiche”54. Non si avverte,dunque, l’esigenza di una bibliote-ca generale, per tutti, per quanto,della biblioteca, si rilevi la fonda-mentale necessità culturale: “ondechiara apparisce la necessità dellepubbliche biblioteche, le quali, dirado soggette ad un infelice dissi-pamento, in soccorso vengono dichiunque voglia profittarne, e for-mano, quasi direi, le salde fonda-menta sulle quali innalzasi quelvasto edificio della dottrina che al-la immortalità del nome gli uominiconduce”.55

La proposta di Pomba rimane co-munque caratterizzata da forti ele-menti innovativi, tenuto conto delfatto che viene avanzata solo cin-que anni dopo la promulgazione,in Gran Bretagna, del Public Libra-ries Act (che come è noto sanciscela nascita formale del modello isti-tuzionale della public library)56 eche denota la modernità dell’ap-proccio di Pomba e dell’ambienteculturale torinese, alle nuove mo-dalità di circolazione del libro edai nuovi attori sociale che ne face-vano uso. Non è dunque un casoche la biblioteca civica venga inau-

gurata nello stesso anno, il 1869,in cui Michele Lessona, zoologodell’Università di Torino, pubblica-va, presso l’editore Gaspero Bar-bera, Volere e potere, l’opera forsepiù nota della cosiddetta letteratu-ra del self-help.57

Nello scorcio finale del secolo, aTorino, il progetto culturale di Pom-ba è idealmente proseguito da Al-berto Geisser, presidente della Cassadi Risparmio di Torino, membro delConsiglio comunale e del Comi-tato direttivo della “Riforma socia-le”, che sa farsi portatore di unnuovo impulso affinché le “saneletture” siano effettivamente resedisponibili per tutti, e possano, at-traverso il rinnovamento dei servi-zi delle biblioteche, qualificarsi co-me “opera altamente umana, fonted’ingentilimento e di gioconditàper l’individuo”.58 Per raggiungerequesti obiettivi – sosteneva Geis-ser – era necessario che la bibliotecacivica diventasse “una bibliotecaessenzialmente circolante”, si ado-perasse per promuovere le “saneletture”, e non si preoccupasse trop-po se, nel circolare, i libri si fosse-ro deteriorati: “Ma forsecchè la stes-

sa moneta preziosa non si logoracon l’uso?”.59 Una biblioteca pen-sata in questo modo, dunque, de-ve almeno prender atto del modocon cui le esigenze di lettura sonopercepite, ed in questo modo arri-vare a riconoscere che i “libri ame-ni”, in ognuno secondo Geisser,“tengono di gran lunga il primoposto” nelle concrete pratiche dilettura.60 Sono dunque le “lettureamene” le più adatte a stimolare ildesiderio di sviluppare la propriaautoformazione educativa ed intel-lettuale: “E se così è degli stessiuomini colti, con qual fondamentopossiamo riprometterci e quasi im-porre diverse aspirazioni alle mol-titudini ignare della scienza seve-ra, del suo valore, dei premi cheessa riserva ai soli suoi cultori piùausteri? Un simile concetto nonracchiude esso un grossolano er-rore psicologico? L’immaginazionenon è forse, a detta di tutti, fra lemolle più potenti dell’educazione?”.61

La biblioteca, localizzata fino ad al-lora nei locali del Palazzo di Città,viene trasferita nel 1929 in un edi-ficio in Corso Palestro; i volumi,dopo il bombardamento subito nel1943, e dopo la collocazione tem-poranea in alcuni locali di PalazzoCarignano, vennero infine nuova-mente resi pienamente disponibilinella sede, tuttora utilizzata, di ViaCittadella, inaugurata nel 1960, incui confluirono anche i fondi del-le biblioteche popolari e la colle-zione USIS (attualmente denomi-nata Fondo Kennedy).62 Su questabase, storica, culturale, bibliografi-ca e biblioteconomica, si innesta-no poi le fasi recenti dello svilup-po della biblioteca e del sistemabibliotecario urbano, costituito apartire dagli anni Settanta del XXsecolo ed organizzato intorno a 17biblioteche decentrate, 2 bibliote-che penitenziarie, oltre a diversi pun-ti di lettura e di prestito.63

La più rilevante prospettiva, attual-mente, continua ad essere costitui-ta dal progetto volto alla realizza-

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Torino, mappa del sistema bibliotecario urbano

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zione nella nuova sede della Civicacentrale, affidato nel 2001 all’archi-tetto Mario Bellini ed il cui proget-to esecutivo è stato completato nel2005.64 Per ciò che vale, mi limitoqui ad auspicare che ciò possa ac-cadere, e che la città di Torino, an-che oggi, possa riuscire ad attuareun investimento certamente rile-vante, attraverso il quale si conti-nua ad individuare nella bibliotecaun luogo fondamentale per l’eser-cizio di funzioni essenziali di de-mocrazia civica.

6. Lo spazio della lettura, tra testo e paratesto della biblioteca

Per tenere assieme la varietà ete-rogenea dei punti di vista secondocui sono state prese in esame lequestioni qui trattate, dunque, di-viene indispensabile definire unaprospettiva ampia, attraverso la qua-le pensare le relazioni tra il sog-getto che interpreta – e dunque leg-ge – lo spazio della biblioteca el’orizzonte dei segni cui si correla-no le sue pratiche di appropriazio-ne del testo, tentando di garantirela presenza di uno sguardo inter-pretativo in grado di tenere unitigli elementi diversi da cui lo spa-zio è composto. Si tratta, insomma, di cercare di ap-propriarsi di una visione che allacostitutiva complessità dello spa-zio della biblioteca sappia adegua-tamente correlarsi; in tal senso l’at-to della lettura può continuare adessere lo strumento di accesso aglielementi interagenti che nello spa-zio della biblioteca si situano e siordinano. Ciò è quanto prova a fa-re, in relazione alla lettura dellospazio urbano, Paul Ricoeur, quan-do propone un illuminante paral-lelismo tra architettura e narrativi-tà, ed in particolare tra “costruire,vale a dire edificare nello spazio”e “raccontare, cioè intrecciare neltempo”.65 La lettura del testo della

città è spiegata da Ricoeur attra-verso un percorso in tre fasi, cheprevede prima la “prefigurazione”del costruire, in cui il racconto (sialetterario che architettonico), nellasua forma originaria, “è coinvoltonella nostra presa di coscienza piùordinaria”;66 a questa fase segue la“configurazione”, cioè la struttura-zione del racconto secondo il suospecifico linguaggio ed infine la“rifigurazione”, in cui la percezio-ne del progetto realizzato, l’abitar-lo, corrisponde in senso proprioalla lettura del testo letterario, congli stessi rischi: “affinché un pro-getto architettonico venga com-preso e accettato non basta infattiche sia ben pensato e ritenuto ra-zionale. Ogni pianificatore dovreb-be allora essere consapevole cheun abisso può separare le regoledi razionalità di un progetto dalleregole di ricezione da parte di unpubblico”.67 In questo senso è daintendere la fase, sopra descritta,della “configurazione”. Come il tem-po viene “configurato” attraversoil racconto letterario, così lo spa-zio viene “configurato” attraversol’attuazione del progetto architet-tonico; sullo sfondo di queste pro-blematiche, dunque, si intravede“la manifestazione di uno spazio-tempo in cui i valori narrativi equelli architettonici si scambiano”.68

Le argomentazioni di Ricoeur ciconducono così in prossimità diun altro concetto, di rilevanza cen-trale per la biblioteca e la lettura, idue poli della relazione che abbia-mo trattato, e che come abbiamovisto si snodano, interagendo, nel-lo spazio e nel tempo. Costruireed abitare una biblioteca non si-gnifica solo, come ben specifica lostudioso francese, che “costruirerichiede tempo”; a questa autoevi-dente ed ingenua presa d’atto ènecessario aggiungere che “ogninuovo edificio presenta nella co-struzione (al tempo stesso atto erisultato dell’atto) la memoria pie-trificata del suo stesso costruirsi.

Lo spazio costruito è tempo con-densato”.69

Può essere utile, per meglio preci-sare questa prospettiva, pensarel’insieme dei “segni” e dei “codici”in cui si costituisce l’identità dellabiblioteca come un “testo”. Per “te-sto” possiamo intendere l’insiemedegli elementi che si offrono alladecodifica di chi, leggendoli, li in-terpreta; la lettura, dunque, divienel’attività che connette, attraversouna pluralità di interpretazioni, glielementi – qualunque sia la naturadel supporto che veicola informa-zioni – che compongono lo spaziodella biblioteca, ed in particolarequella porzione di spazio in cui siqualifica la zona di controllo biblio-grafico della biblioteca, cioè la con-trol zone in precedenza richiamata.Passando dall’ambito linguistico aquello sociosemiotico, secondo pro-cessi che in questa sede non è pos-sibile discutere, “la nozione di te-sto può estendersi a ogni oggettodella nostra esperienza che abbiarequisiti di riconoscibilità e (relati-va) stabilità in un dato ambientestorico. Non solo la pubblicità edil design […] ma, ad esempio, unmagazzino pieno di merci, con lasua sofisticata organizzazione divendita, un parco di divertimenti,un’autostrada, le volute spiralifor-mi di un grande garage sotterra-neo, potrebbero essere consideratitesti e analizzati come tali”.70

Pensare la biblioteca come un testo,a questo generalissimo livello, per-mette di rendere maggiormenteesplicita la finalizzazione, orientataalla interpretazione, degli elementimicrotestuali che la compongono; ècerto, infatti, che un testo vengascritto per essere letto; l’utilizzo del-la metafora della biblioteca cometesto, inoltre, facilita l’inscrizione, alsuo interno, di tutte le forme se-condo cui la testualità si organizza,incluse quelle, ipertestuali o iper-mediali, in cui la produzione e ladecodifica sono mediate dalle tec-nologie digitali.

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Alcuni elementi correlati a questopossibile percorso sono stati indivi-duati nei fatti documentari torinesiin precedenza richiamati, attraversocui si sono mostrate alcune delle“tracce” connesse al divenire storicodelle biblioteche, che ci conduconoin prossimità dell’oggi, in cui conti-nuano ad interagire, mutuamentedeterminandosi, fattori di diversanatura (sociale, culturale, sociologi-ca, tecnologica, informativa, comu-nicativa, documentaria), i cui lega-mi causali non sono, di certo, facil-mente determinabili. È dunque proprio qui, in questastraordinaria complessità, che siindividua la possibilità, per la “bi-blioteca” e per le “biblioteche”, diriuscire a caratterizzare, bibliogra-ficamente, le condizioni del pro-prio futuro. Comprendere il passa-to, o almeno cercare di compren-derlo, è indispensabile per fonda-re il futuro della biblioteca pubblicanella nostra storia. Interpretare ilpassato è altrettanto indispensabi-le, ed in questo senso ancora Ri-coeur ci dice che se “i fatti sonoincancellabili”, fortunatamente “il

senso di ciò che è accaduto non èfissato una volta per tutte”,71 e cheè possibile, avendone tempo evoglia, precisare le condizioni diun lavoro critico che scriva una sto-ria, oscillante tra memoria ed oblio,in cui l’identità della bibliotecapubblica del futuro non è data, ri-gidamente, una volta per tutte, masi inserisce essa stessa in un diveni-re interpretativo, consapevole delleproprie peculiarità disciplinari etuttavia continuamente dialogantecon i fattori di mutamento del con-testo. Dunque, per concludere, è possi-bile individuare le linee generali dialcuni percorsi argomentativi, chedanno conto del livello attuale del-la riflessione e suggeriscono alcu-ni possibili e fruttuosi sviluppi.Risulta evidente intanto la crisi strut-turale del modello classico della bi-blioteca pubblica, per i fenomeniche hanno caratterizzato la storiadella public library e per quelli ri-levabili nel “caso” italiano. Può es-sere dunque utile, sotto il profilodella ricerca storica, approfondirelo studio delle identità documen-

tarie delle biblioteche italiane, mo-strando le relazioni tra evoluzionedelle pratiche di lettura, in sensoampio, e configurazione dello “spa-zio bibliografico”, secondo la me-todologia in precedenza presenta-ta e discussa, in modo tale che di-venga possibile interpretare criti-camente le complesse trasformazioniavvenute, e mostrare la persisten-za delle istanze bibliografiche chesi situano al loro fondamento. Al-trettanto importante è inoltre unaanalisi accurata di come si stianoriconfigurando le modalità di “let-tura” della biblioteca in quanto “te-sto”, ed in particolare delle moda-lità secondo le quali si vanno ri-configurando gli usi dello spazio “so-ciale” e dello spazio “bibliografico”.Da ciò consegue che l’identità del-la biblioteca, esaminata da questipunti di vista, sia un concetto di-namico, risultato di pratiche inter-pretative le cui direttrici si situanonel tempo e nello spazio. Dunque,non una unica identità, declinataed evocata con toni talora solo en-fatici, ma una identità sfaccettata ecomposita, che, seguendo Fran-

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Rob Gonsalves, Tower of knowledge, <http://www.flickr.com/photos/artexpo/4369948203/>

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cesco Remotti, sappia evidenziarele proprie “fenditure, diversità, ar-ticolazioni”, rispetto a vincoli, co-genze, rigidità, ed alla “sensazionedi precisione, di ordine, di incon-testabilità” che nel campo seman-tico di questo termine si situano.72

La scommessa sul futuro delle bi-blioteche, come tutte le scommes-se, può essere affrontata se sapre-mo interpretare la “mediazione”da esse esercitata riuscendo ad or-ganizzare, in spazi bibliografici ade-guati, numerosi, complessi, etero-genei fatti documentari e sociali.In questo modo diviene possibilefornire utili e concreti criteri diorientamento alle persone, consa-pevoli, come sostiene Pierre Bayard,che “la cultura è soprattutto unaquestione di orientamento. Esserecolti non è aver letto un libro piut-tosto che un altro, ma essere ingrado di orientarsi nel loro insie-me, e di conseguenza sapere cheessi formano un insieme, ed esse-re capaci di situare ciascun ele-mento in rapporto agli altri (…) ciòche conta in ciascun libro sono ilibri che stanno al suo fianco”.73

Secondo questa prospettiva – io cre-do – le biblioteche italiane, leggen-do in modo criticamente consape-vole la propria identità, avrebberocertamente ancora molte cose da di-re, e da scrivere nel proprio “testo”,qualificandolo, tra spazio e tempo,come luogo in cui radicare, e farcrescere, il proprio futuro. E alla fi-ne, come sempre, leggeremo, e fa-remo leggere nel “testo” delle bi-blioteche solo quello che saremostati capaci di scrivervi.

Note

1 Grande grammatica italiana di con-sultazione, a cura di Lorenzo Renzi eGiampaolo Salvi. Vol. 1: La frase nomi-nale e proposizionale, Bologna, Il Mu-lino, 1988, p. 645 e ss.2 Storia della biblioteca in Italia, Mi-lano, Editrice Bibliografica, 1984.

3 Le biblioteche nel mondo antico e me-dievale, Roma-Bari, Laterza, 2008.4 La biblioteca e la sua storia. Osser-vazioni su metodo e clavis bibliograficiper una storia della biblioteca in Italia,“Biblioteche oggi”, 5 (1987), 2, p. 25-47.5 La biblioteca pubblica. Storia di unistituto nell’Europa contemporanea, Bo-logna, Il Mulino, 1997 (Saggi; 464); Sto-ria delle biblioteche in Italia. Dal-l’Unità ad oggi, con scritti di GiovannaGranata, Claudio Leombroni, GrazianoRuffini, Bologna, Il Mulino, 2002.6 Breve storia delle biblioteche in Italia,Milano, Sylvestre Bonnard, 2006.7 Sono queste le tesi generali che ven-gono proposte, ad esempio, nel volu-me di DAVID WEINBERGER, Elogio del di-sordine (Milano, Rizzoli, 2010; tit. or:Everything is Miscellaneous, 2007), nona caso dedicato proprio ai bibliotecari.A queste tematiche è da ricondurre an-che CLAY SHIRKY, Ontology is Overrated:Categories, Links, and Tags, <http://www.shirky.com/writings/ontology_overrated.html>, che descrive la pro-gressiva destrutturazione dei modelligerarchici nella architettura delle infor-mazioni del World Wide Web.8 Così si esprime GAETANO CHIURAZZI, Ilpostmoderno. Il pensiero nella societàdella comunicazione, Torino, Paravia,1999, p. 13.9 Per una approfondita trattazione diqueste tematiche cfr. GIOVANNI RAGONE,Un secolo di libri. Storia dell’editoria inItalia dall’Unità al post-moderno,Torino, Einaudi, 1999; sulla storia dellastampa periodica cfr. CARLO CAPRA –VALERIO CASTRONOVO – GIUSEPPE RICUPE-RATI, La stampa italiana dal Cinque-cento all’Ottocento, Roma-Bari, Laterza,1999. Per un inquadramento generaledella evoluzione delle pratiche di lettu-ra tra Antico Regime e XIX secolo sivedano, in Storia della lettura nel mon-do occidentale, a cura di GuglielmoCavallo e Roger Chartier, Roma-Bari,Laterza, 1995: REINHALDT WITTMAN, Una“rivoluzione della lettura” alla fine delXVIII secolo? (p. 337-369) e MARTIN

LYONS, I nuovi lettori del XIX secolo:donne, fanciulli, operai (p. 371-410).10 La citazione di Pasquale Villari è trat-ta da: GIANNI LAZZARI, Libri e popolo.Politica della biblioteca pubblica inItalia dal 1861 a oggi, Napoli, Liguori,1985, p. 15.11 R. DARNTON, Primi passi verso una

storia della lettura, in: Il bacio di La-mourette, Milano, Adelphi, 1994, p.117-153. La citazione è a p. 129.12 R. CHARTIER, Letture e lettori “popolari”dal Rinascimento al Settecento, in Storiadella lettura nel mondo occidentale cit.,p. 317-335. Il passo citato è a p. 318.Per un più ampio inquadramento dellefonti per la storia della lettura cfr. R.DARNTON, Primi passi verso una storiadella lettura cit., che differenzia (p. 121)gli studi macroanalitici da quelli microa-nalitici. I primi fanno riferimento allatradizione della storia sociale quantitati-va francese, riconducibile in primo luo-go ad autori quali Henri-Jean Martin,François Furet, Robert Estivals e Fré-déric Barbier; le fonti sono costituite, ol-tre che dagli inventari post mortem e daicataloghi di vendita, dalle liste di sotto-scrizione e dai registri di prestito dellebiblioteche. Importante, sull’altro assemetodologico, risulta studiare i raccontiautobiografici (tra cui quelli di San-t’Agostino, Montaigne, Rousseau, Sten-dhal), indagare le modalità con cui ve-niva effettuato l’insegnamento della let-tura, e prendere in considerazione leanalisi letterarie, maturate nell’esperien-za di autori come Hans Robert Jauss,Wolfgang Iser, Roland Barthes, Paul Ri-coeur, Stanley Fish, fortemente orienta-te alla valutazione della ricezione deltesto da parte del lettore.13 R. BARTHES – A. COMPAGNON, Lettura,in Enciclopedia, vol. 8., Torino, Einau-di, 1977, p. 176- 199.14 La bibliografia su questo argomentoè, naturalmente, sterminata. Per un pri-mo orientamento cfr. Il romanzo, a cu-ra di Franco Moretti, Torino, Einaudi,2001-2003, composto da: 1. La culturadel romanzo; 2. Le forme; 3. Storia egeografia; 4. Temi, luoghi ed eroi; 5.Lezioni, a cura di F. Moretti, PierVincenzo Mengaldo, Ernesto Franco;CARLO ALBERTO MADRIGNANI, All’originedel romanzo in Italia. Il “celebre abateChiari”, Napoli, Liguori, 2000; ALBERTO

CADIOLI, Il romanzo adescatore: i letto-ri e il romanzo nel dibattito di primoOttocento, Milano, Arcipelago, 1988;Id., La storia finta: il romanzo e i suoilettori nei dibattiti di primo Ottocento,Milano, Il saggiatore, 2001.15 Su questi aspetti si rimanda a JÜRGEN

HABERMAS, Storia e critica dell’opinionepubblica, Roma-Bari, Laterza, 1971; R.CHARTIER, Le origini culturali della Ri-

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voluzione francese, Roma-Bari, Later-za, 1991, con particolare riferimento alcap. II, Spazio pubblico e opinionepubblica.16 CLAUDIO LEOMBRONI, Sulla bibliotecapubblica, in: Pensare le biblioteche.Studi e interventi offerti a Paolo Tra-niello, a cura di Angela Nuovo, AlbertoPetrucciani, G. Ruffini, Roma, Sinnos,2008, p. 253-285.17 Le pubblicazioni cui si fa riferimentosono, tra le altre: I migliori libri italia-ni consigliati da cento illustri contem-poranei, stampato a Milano, pressoHoepli, nel 1892. La Parte prima del-l’opera consiste in consigli e giudizi dicento illustri contemporanei italiani; laparte seconda in un indice classificatodelle più “ragguardevoli” pubblicazio-ni italiane ancora in commercio, conl’aggiunta di “poche notevolissime diantiquaria”; tutte opere vendute pressola libreria Hoepli di Milano. I libri piùletti dal popolo italiano : primi resulta-ti della inchiesta promossa dalla So-cietà bibliografica italiana (Milano,Società bibliografica italiana, 1906),che si basa su quesiti rivolti a librari,editori, lettori e biblioteche, elaboratida una commissione composta da Giu-seppe Fumagalli, Ettore Fabietti, Tom-maso Gallarati Scotti, Antonio Marti-nazzoli, Fausto Pagliari, Maria Pasolini-Ponti, Uberto Pestalozza, AlessandroSchiavi. I cento migliori libri italiani,scelti e indicati, con osservazioni bi-bliografiche da Giuseppe Fumagalli(Milano, U. Hoepli, 1908).18 A. SERRAI, Dalla informazione allabibliografia. La professione biblioteca-ria, Milano, Editrice Bibliografica, 1984,p. 85 e ss., in particolare p. 90 e ss.19 Ivi, p. 92.20 Ibidem.21 Per una introduzione alle problema-tiche attuali delle biblioteche italiane,in relazione alla loro specifica evolu-zione storica, si vedano GIOVANNI SO-LIMINE, La biblioteca. Scenari, culture,pratiche di servizio, Roma-Bari, La-terza, 2004; P. TRANIELLO, Le bibliotecheitaliane oggi, Bologna, Il Mulino, 2005.22 M. MELOT, La saggezza del bibliote-cario, Milano, Sylvestre Bonnard, 2005,p. 62.23 I dati qui forniti, raccolti con la Sta-tistica del Regno d’Italia. Biblioteche.Anno 1863 (Firenze, Le Monnier, 1865),sono tratti da P. TRANIELLO, Storia delle

biblioteche in Italia. Dall’Unità ad og-gi, cit., p. 23 e ss.24 Ivi, p. 10.25 Cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRU-ZIONE, Relazione della CommissioneGenerale del Bilancio. Relatore AngeloMessedaglia (p. 53). Cit. tratta da P.TRANIELLO, Storia delle biblioteche inItalia. Dall’Unità ad oggi, cit., p. 11.Qui Traniello efficacemente affermache “l’insieme degli istituti e delle rac-colte librarie è visto come una sorta di“somma”, capace di rappresentare un‘tesoro’, o meglio un legato, una eredi-tà del passato che, se pure considerataineguagliabile, si presentava tuttaviagià allora come insufficiente e inade-guata a rispondere alle esigenze cultu-rali e scientifiche del presente” (p. 10).26 Luigi Cibrario (Torino 1802-Trebiolo1870), autore di studi eruditi su Chierie Torino e su questioni di storia sa-bauda, collaboratore di Carlo Alberto,fu anche Ministro della Pubblica istru-zione nel primo governo presieduto daCavour, dal 1852 al 1855.27 Cfr. la Relazione a S.E. il ministrodell’Istruzione pubblica Angelo Bar-goni, Collezione celerifera delle leggi,dei decreti, delle istruzioni e circolari,vol. 1869, Firenze, Stamperia Reale,1869, p. 1416-1426. La citazione è trat-ta da P. TRANIELLO, Storia delle bibliote-che in Italia cit., p. 21, nota n. 11. Idettagli del decreto sono discussi allep. 68 e ss. Su questi aspetti si veda an-che Archivi di biblioteche. Per la storiadelle biblioteche pubbliche statali, co-ordinamento redazione Laura Santoro,Viviana Pistarelli, Roma, Edizioni diStoria e Letteratura, 2002, p. 43-93.28 Cfr. G. LAZZARI, Libri e popolo, cit., p.17-18; P. TRANIELLO, Storia delle bibliote-che in Italia, cit., p. 20 e ss.29 R. BONGHI, Lettere critiche di Rug-giero Bonghi: perché la letteratura ita-liana non sia popolare in Italia. Mi-lano, F. Colombo - F. Perelli, 1856. 30 Per cui si veda: FRANÇOISE PARENT-LARDEUR, Les cabinets de lecture. La lec-ture publique à Paris sous la Re-stauration, préface de Robert Man-drou, Paris, Payot, 1982.31 Cfr.: Il Vieusseux. Storia di un Ga-binetto di lettura, 1819-2003. Cronolo-gia, saggi, testimonianze, a cura diLaura Desideri, Firenze, Polistampa,2004.32 Per la storia delle biblioteche popo-

lari in Italia cfr. P. TRANIELLO, Storia del-le biblioteche in Italia, cit., p. 58 e ss.;G. LAZZARI, Libri e popolo, cit., p. 18;ROMANO VECCHIET, Per una storia dellebiblioteche popolari in Italia, 1. Modelliideologici e presupposti culturali nell’e-sperienza di Antonio Bruni, “Biblio-teche oggi”, 10 (1992), 3, p. 321-339;ID., Per una storia delle biblioteche po-polari in Italia, 2. Ettore Fabietti e lacultura socialista italiana, “Bibliotecheoggi” 10 (1992), 5, p. 563-582.33 Catalogo della Biblioteca dell’Uni-versità popolare di Firenze, a cura diN. Labanca, prefazione di M. Barengo,interventi di Luigi Crocetti e StefanoMecatti, con il contributo di Lisa Ba-ligioni e Marco Pinzani, Firenze, Ol-schki, 1998. Il catalogo è consultabileanche all’interno del sito web BUP. Bi-blioteca dell’Università Popolare di Fi-renze, <http://www.comune.fi.it/comune/biblioteche/bup/buprc000.htm>.Labanca, nella presentazione del cata-logo disponibile sul web (Un puzzleda 25.000 pezzi) mostra di essere benconsapevole del fatto che lo studio del“campo della lettura, delle sue trasfor-mazioni quantitative come di quellepiù qualitative-contenutistiche, si collo-ca forzatamente all’intersezione di al-meno due aree di ricerca (due discipli-ne?) diverse: la storia dell’editoria e lastoria delle biblioteche”.34 G. SOLIMINE, Spazio e funzioni nell’e-voluzione della biblioteca: una prospetti-va storica, in: La biblioteca tra spazio eprogetto: nuove frontiere dell’architettu-ra e nuovi scenari tecnologici: 5aConferenza nazionale per i beni librari,Milano, Editrice Bibliografica, 1998, p.51. Qui viene evidenziato il contributoalla evoluzione dello schema distribu-tivo della biblioteca elaborato in LEOPOL-DO DELLA SANTA, Della costruzione e delregolamento di una pubblica universalebiblioteca, Firenze, Presso Gaspero Riccida S. Trinita, 1816 (disponibile in versio-ne elettronica su Google Libri). 35 A. DE POLI, Tra monumento e mac-china. Alla ricerca della bibliotecaideale, in: ID., Biblioteche: architetture1995-2005, Milano, F. Motta, 2002, p. 9.36 Ivi, p. 10.37 Ivi, p. 11.38 Ibidem.39 Ivi, p. 12.40 Un sommario inquadramento del di-battito recente in Italia è ricavabile da:

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ANTONELLA AGNOLI, Le piazze del sapere.Biblioteche e libertà, Roma-Bari, La-terza, 2009; ANNA GALLUZZI, Bibliotecheper la città, Roma, Carocci, 2009; MAR-CO MUSCOGIURI, Biblioteche. Architet-tura e progetto. Scenari e strategie diprogettazione, Rimini, Maggioli, 2009.41 Per un discussione piuttosto ampiasu questi mi permetto di rimandare aM. VIVARELLI, Un’idea di biblioteca. Lospazio bibliografico della bibliotecapubblica, Manziana, Vecchiarelli, 2010,con riferimento particolare al cap. 4.42 R. ATKINSON, Library functions, scho-larly communication, and the founda-tion of the digital library: laying claimto the control zone, “Library Quarterly”,66 (1996), 3, p. 254-255. 43 G. NAUDÉ, Consigli per la formazionedi una biblioteca, a cura di MassimoBray. Presentazione di Jacques Ravel,Napoli, Liguori Editore – Dipartimentodi Filosofia e Politica dell’Istituto Uni-versitario Orientale, 1992, p. 34; testoelettronico all’URL <http://www.scribd.com/doc/6609344/Gabriel-Naude-Advis-Pour-Dresser-Une-Bibliotheque-1627>. Per un primo approfondimentodella attività e della personalità intellet-

tuale di Naudè, cfr. A. SERRAI, Storia del-la bibliografia. Volume quinto. Tratta-tistica biblioteconomica, a cura di Mar-gherita Palumbo, Roma, Bulzoni, 1993,p. 295-331; UGO ROZZO, L’“Advis” di Ga-briel Naudé e la nascita della biblioteco-nomia, “La Bibliofilia”, 97, 1995, p. 59-75.44 Sui principali aspetti storico-culturalidelle trasformazioni in atto si rimandaa PETER BURKE, Storia sociale della co-noscenza. Da Gutenberg a Diderot,Bologna, Il Mulino, 2002; ASIA BRIGGS –P. BURKE, Storia sociale dei media. DaGutenberg a Internet, Bologna, Il muli-no, 2002; sui caratteri fondanti dellacosiddetta “società dell’informazione”si veda ARMAND MATTELART, Storia dellasocietà dell’informazione, Torino, Ei-naudi, 2002. 45 La bibliografia su questi argomenti,com’è noto, è sterminata, e sarebbe co-munque riduttivo richiamarne in que-sta sede anche solo i caratteri principa-li. Per una introduzione generale al di-battito, dunque, mi sia consentito rin-viare a M. VIVARELLI, Un’idea di biblioteca,cit., soprattutto la Premessa ed i capi-toli 1 e 4.46 A. DE PASQUALE, Il sapere per tutti. La

politica bibliotecaria a Torino tra XVIIe XIX secolo, Savigliano, L’Artistica Edi-trice, 2006.47 Del testamento si conservano tre co-pie presso l’Archivio di Stato di Torino,per cui si veda A. DE PASQUALE, Il sape-re per tutti, cit., p. 9, n. 5.48 Ivi, p. 22, n. 38.49 Il manoscritto del catalogo è conser-vato nella Biblioteca nazionale univer-sitaria di Torino: Index librorum Biblio-thecae regie urbis taurinensis die 20maij [1715]: cfr. A. DE PASQUALE, Il sa-pere per tutti, cit., p. 20, n. 32.50 Ivi, p. 55 e ss.51 Ivi, p. 56.52 G. POMBA, Intorno alla BibliotecaPubblica Comunale da erigersi a curaed a spese del Municipio Torinese.Cenni e ragguagli storici, Torino, 1875.L’opera è la ristampa di Intorno allabiblioteca pubblica comunale da eri-gersi a cura ed a spese del Municipiotorinese giusta la proposta fattane nel1855 dal consigliere Giuseppe Pomba.Cenni e ragguagli storici da esso propo-nente indirizzati alla terza commissio-ne stata di recente nominata per istu-diare e riferire su tale argomento al

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Consiglio Comunale al quale giovarpotranno queste informazioni, Torino,Stamperia dell’Unione Tip.-Editrice,1865, p. 36. Su questi aspetti si vedanoanche: ANDREA DE PASQUALE, Il sapereper tutti, cit., p. 79 e ss.; E. BOTTASSO,Appendice. La Biblioteca civica di To-rino, in: La biblioteca pubblica, cit., p.259 e ss. Sulla figura di Pomba: LUIGI

FIRPO, Vita di Giuseppe Pomba da To-rino. Librario, tipografo, editore, Tori-no, UTET, 1975; Le edizioni Pomba:1792-1849, a cura di E. Bottasso, To-rino, Biblioteca Civica, 1969; Catalogostorico delle edizioni Pomba ed UTET:1791-1990, a cura di E. Bottasso, pre-fazione di Giovanni Spadolini, Torino,UTET, 1991. Sulla storia dell’editoriaitaliana nel periodo cfr. NICOLA TRAN-FAGLIA – ALBERTINA VITTORIA, Storia deglieditori italiani. Dall’Unità alla fine de-gli anni Sessanta, Roma-Bari, Laterza,2000; in particolare le p. 93 e ss. ri-guardanti l’editoria torinese.53 Catalogo dei libri che si trovano nel-la biblioteca della città di Torino, To-rino, per gli eredi Botta, 1869.54 Ivi, p. VIII.55 Ivi, p. XI.56 La definizione dell’atto avvenne acura del “Select Committee on the bestmeans of extending the establishmentof Libraries freely open to the Public,especially in large towns, in GreatBritain and Ireland”, che chiuse i pro-pri lavori nel 1849, ed i cui membri dimaggior spicco furono il politico libe-rale William Ewart, che la presiedette,ed Edward Ewards, bibliotecario. IlPublic Libraries Act dava facoltà ai con-sigli municipali di città con almeno10.000 abitanti di istituire una tassache, se approvata alla popolazione, ga-rantiva la possibilità di prelevare mez-zo penny per ogni sterlina di imponi-bile e di finalizzarla alla costruzione egestione di una free library.

57 Cfr. LORETTA DE FRANCESCHI, Istruzio-ne, libri e biblioteche nella letteraturadel Self-help, in: Libri, letture e e biblio-teche per il popolo, a cura di Oriana Ma-roni, Sante Medri e Paolo Temeroli,“Memoria e ricerca. Rivista di storiacontemporanea”, 4 (1996), 7, p. 61-88.Numero monografico. L’opera di Les-sona (il cui testo digitale è consultabi-le all’URL <http://www.liberliber.it/biblioteca/l/lessona/volere_e_potere/pdf/volere_p.pdf>) ha come modello Self-help: Whit Illustrations of Characterand Conduct dello scrittore britannicoSamuel Smiles (London, John Murray,1859), tradotto in Italia pochi anni do-po il titolo Chi si aiuta Dio l’aiuta, ov-vero Storia degli uomini che dal nullaseppero innalzarsi ai più alti gradi intutti i rami della umana attività (Mi-lano, Editori della biblioteca utile, 1865).58 A. GEISSER, Deve Torino avere unabiblioteca pubblica circolante? Esempialtrui e aspirazioni nostre, Torino,Tipografia del Collegio degli Artigia-nelli, 1893, p. 15. A Geisser è stato de-dicato (Torino, Biblioteca civica ItaloCalvino, 9 maggio 2009) un convegnodal titolo “Da Alberto Geisser ad oggi:la biblioteca pubblica e la lettura inazienda”, con relazioni di Stefano Mus-so, Cristina Accornero, R. Vecchiet, M.Vivarelli, Dionisia Thiébat, PeppinoOrtoleva, Davide Monge, Eugenio Pin-tore. Il convegno è stato recensito daCRISTINA CAVALLARO, Da Alberto Geisser adoggi, “Biblioteche oggi”, 27 (2009), 6, p.57-58. Lo stesso fascicolo della rivistacontiene, a p. 59, un contributo di R.VECCHIET dal titolo Alberto Geisser di-menticato e il cliché della biblioteca po-polare. Per ulteriori informazioni bio-grafiche su Geisser cfr. GIULIO FENOGLIO,Appunti biografici su Alberto Geisser,Torino, STEN, 1935; C. ACCORNERO, Al-berto Geisser: i complessi profili di uneconomista al confine tra diversi saperi,

in: La scuola di economia di Torino. Co-protagonisti ed epigoni, a cura di Ro-berto Marchionatti, Firenze, Olschki, 2009. Una breve nota bio-bibliografica è pre-sente sul sito web della FondazioneEinaudi di Torino, all’URL <http://www.fondazioneeinaudi.it/attivita/donazioni.html>.59 Ivi, p. 111.60 Ivi, p. 92-93.61 Ivi, p. 93.62 Su questi aspetti cfr. E. BOTTASSO, Labiblioteca civica di Torino. L’origine ele vicende, in appendice a La bibliote-ca pubblica. Esperienze e problemi, To-rino, Associazione Piemontese dei Bi-bliotecari, 1973.63 Informazioni a partire dall’URL: <http://www.comune.torino.it/cultura/biblioteche/index/index.shtml>.64 Per cui si veda: <http://www.comune.torino.it/cultura/biblioteche/nbcc/intro.html>. 65 P. RICOEUR, Leggere la città. Quattro te-sti di Paul Ricoeur, a cura di Franco Riva,Troina (En), Città aperta, 2008, p. 56.66 Ivi, p. 59.67 Ibidem.68 Ivi, p. 64.69 Ivi, p. 65.70 GIANFRANCO MARRONE, L’invenzionedel testo. Una nuova critica della cul-tura, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 147.Per una più dettagliata discussione del-l’evoluzione del concetto di “testo” dal-l’originario ambito linguistico a quelloproprio della sociosemiotica mi per-metto di rimandare al cap. 4 di M.VIVARELLI, Un’idea di biblioteca, cit.71 P. RICOUER, Ricordare, dimenticare,perdonare. L’enigma del passato, Bolo-gna, Il Mulino, 2004, p. 92.72 FRANCESCO REMOTTI, L’ossessione iden-titaria, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. X.73 P. BAYARD, Come parlare di un librosenza averlo mai letto, Milano, excel-sior 1881, 2007, p. 24.

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This article intends to examine some questions related to library identity, under both a diachronic and synchronicpoint of view. According to the first point of view, some elements of the history of Italian libraries are examinedand discussed, particularly referring to Turin libraries. Relating to contemporary situation some of the mostsignificant factors of change are identified as features of current issues of the debate. Methodological topics willbe here used mostly, in order to show the identity of the library as a dynamic concept, which emerges firstly inthe structure of bibliographic collections and which can be caught only through an interpretative glance able tospread in time and space.

Abstract

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