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    04.00. La prospettiva lineare e le scienze matematiche

    Individuare un modello epistemologico che si servisse deiconnotati della tradizione aristotelico-tomista, sviluppandoli inmodo autonomo e, per alcuni versi originale, con la finalità digiungere ad una interpretazione unitaria dei diversi aspetti del-la realtà umana e naturale1, è in sintesi l’obiettivo del primoordinamento didattico moderno che sia stato concepito inEuropa, la Ratio Studiorum, promulgata da Claudio Aquaviva,quinto preposito generale (dal 1580 al 1615) della Compagniadi Gesù. L’ordinamento prevedeva già dalla sua prima redazio-ne del 1591, la presenza, nei programmi di studio, delle scienzematematiche e, tra esse, della prospettiva lineare. Ciò si dovevaal diretto intervento del matematico gesuita ChristophorusClavius.

    Dato che gli ambiti disciplinari propri del tardo Rinasci-mento non coincidono con quelli attuali, è forse opportunoricordare che le scienze matematiche facevano parte dell’inse-gnamento della filosofia (intesa come physica o filosofia natura-le nei collegi dei gesuiti), mentre i problemi teorici che costitui-scono l’ambito di interesse della filosofia moderna erano dicompetenza della metafisica, intesa come speculazione astrattasugli enti. Alle ‘matematiche miste’ competeva invece il ruolo diaffrontare gli aspetti applicativi delle matematiche, nelle qualirientravano l’ottica, la musica e la prospettiva. Da un esame del-la letteratura gesuitica concernente la prospettiva, della quale leschede di questa sezione vogliono offrire una sintesi significati-va, è possibile ipotizzare una coesistenza tra una scienza dellaprospettiva intesa come istruzione pratica, comprendente le suevarie applicazioni nella pittura, architettura, cartografia e inge-gneria, ed una prospettiva intesa come perspectiva communis inquanto scienza della visione derivata dall’ottica greca. Ad essa sifa esplicito riferimento in De studii generalis dispositione et ordine,che prescrive lo studio della Perspectiva di Witelo, uno dei prin-cipali compendi della disciplina in quanto riunisce la globalitàdelle conoscenze ottiche sino al XII secolo2.

    Definire le modalità secondo le quali la prospettiva lineareevolve e diverge al contempo dalla perspectiva medievale, è que-stione complessa per la quale si rimanda alla letteratura specia-listica3. Se la trattatistica rinascimentale cerca di ridefinire laprospettiva come dominio esclusivo di artigiani, architetti e pit-tori, ponendo enfasi sugli aspetti empirici della “pratica pro-spettica” (04.01, 04.02), la prospettiva continua tuttavia adessere considerata una scienza matematica. Per esempio JohnDee (1527-1608), autore di una traduzione inglese degli Ele-menti di Euclide, emula Christophorus Clavius (04.06) nell’e-laborazione di una complessa suddivisione della matematica indue scienze primarie: l’aritmetica in quanto scienza dei numerie la geometria come scienza delle grandezze, seguita dalla pro-

    spettiva, dall’astronomia, dall’architettura e dalla navigazione4.Se da un lato assistiamo, durante il secolo XVII, ad una pro-gressiva matematizzazione della teorica prospettica (04.03) dal-l’altro si constata una riscoperta degli studi intorno alla per-spectiva medievale (04.09, 04.14)5, da intendersi come parte,nell’ambito della rinascita degli studi aristotelici, di una lette-ratura incentrata sull’analisi delle funzioni dei sensi come vei-coli attraverso i quali si articola la facoltà cognitiva in concorsocon l’intelletto. Questo sembra essere, in sintesi, il sicuro qua-dro di riferimento al quale i trattatisti gesuiti si conformano eche consente loro, mantenendo fede al richiamo alla prudenza

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    nei confronti dell’esposizione di nuove dottrine espresso in piùpunti della Ratio Studiorum, di porsi al riparo dall’interventodei censori della Compagnia. I temi legati alla natura e propa-gazione dei raggi luminosi, il vuoto, l’esistenza di forme acci-dentali non inerenti ad alcun corpo, l’ipotesi di una strutturagranulare e porosa della materia, erano assunti che, una voltasostenuti, avrebbero minato alle fondamenta il dogma stessodella transustanziazione. Fintantoché l’ottica, e la stessa teoricae pratica della prospettiva lineare, restarono ancorate ad unaconcezione metafisica e ad una interpretazione teologica, fupossibile ai matematici gesuiti esprimere cautamente il propriodistacco dall’aristotelismo ortodosso ed alludere, tra le righe, anuove, ‘pericolose’ dottrine6.

    In tal modo Francesco Maria Grimaldi, nell’opera Physico-Mathesis de lumine, coloribus et iride (postuma, Bologna 1665),che offre spunti di grande apertura e modernità, soprattuttoper quanto concerne la teoria della diffrazione luminosa –“Lumen propagatur seu difunditur non solum Directe, Refrac-

    te, ac Reflexe, sed etiam alio quodam quarto modo, Diffracte”(“La luce non solo si propaga o diffonde direttamente, per rifra-zione o per riflessione, ma anche in un certo altro quartomodo, per diffrazione”) – non esita a sostenere due tesi con-trapposte, una a favore della corporeità della luce (De substan-tialitate luminis), l’altra a favore della sua accidentalità (De lumi-nis accidentalitate). Lo fa ovviamente per mettersi al riparo dalleaccuse di atomismo, cercando di mitigare la portata della tesisulla natura corpuscolare della luce, tesi della quale non potevanon essere convinto, in virtù delle sperimentazioni condotte, eche dunque non poteva esimersi dal sostenere.

    Analogamente, quando le ricerche anamorfiche si fannopiù complesse, il ricorso ai significati spirituali delle immaginicosì deformate, contribuisce ad assicurare la liceità di quellesperimentazioni. Nella Tabula scalata illustrata nell’opera Apia-ria universae philosophiae mathematicae in quibus paradoxa diMario Bettini (04.14) ad esempio, due tubi a sezione triangola-re sono stati fissati ad una tavola. Da questi, tutte le facce visi-bili da un certo punto di vista mostrano un’immagine di Cri-sto. Da un altro punto di vista l’osservatore può tuttavia legge-re la seguente iscrizione: “Surrexit, non est hic. Vide illum perspeculum in aenigmate” (“È resuscitato, non è più qui, guarda-lo simbolicamente attraverso lo specchio”)7. Il riferimentoesplicito alla prima epistola ai Corinzi di san Paolo (1 Cor. 13,12), ove appunto l’apostolo afferma che la conoscenza delmistero divino è possibile solo mediante la grazia e che, essen-do essa resa imperfetta dalla condizione fisica terrena, risultasimile all’osservazione del riflesso in uno specchio, permette diconcepire il mondo come una immensa anamorfosi, intelligi-bile solo adottando il giusto punto di vista.

    Elisabetta Corsi

    NOTE1 Cfr. BALDINI, 1992, p. 12s.2 NADAL 1552, in LUKÁCS 1965, vol. I, pp. 148-149.3 DALAI 1981; CAMEROTA 2006.4 HOMANN 1983, p. 234.5 LINDBERG 1976, pp. 178-202; FIELD, FRANK 1993, pp. 73-95.6 IANNIELLO 1986, pp. 226-234.7 BLANCHARD 2005, p. 172.

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    04.01Donato Bramante (Donato di Pascuccio di Antonio, detto),Modello del finto coro di Santa Maria presso San Satiro a MilanoLegno, sc. 1:20, cm ....x ....A cura di Filippo Camerota; esecuzione di Daniela Corradinoe Giuseppe FioroniOpera Laboratori Fiorentini

    Il modello riproduce l’artificio prospettico messo in scena da Bra-mante (1444-1514) nella chiesa milanese di Santa Maria presso SanSatiro per risolvere il problema della costruzione del coro, la cui edi-ficazione era impedita dal passaggio di una strada pubblica oltre ilmuro del transetto. Il problema fu risolto con una delle più straordi-narie sperimentazioni prospettiche del Rinascimento, dove l’architec-tura ficta e quella edificata si compenetrano e si risolvono reciproca-mente. Il coro prospettico, infatti, non è risolto pittoricamente maplasticamente, con i materiali stessi dell’edificio in cui si colloca ed èconcepito, almeno sul piano concettuale, come supporto statico espaziale della cupola. La soluzione è di tipo scenografico con quintelaterali e fondale che sviluppano una profondità reale di appena 120cm per dare l’illusione di uno spazio lungo quasi 12 metri, tantoquanto la lunghezza di ognuno dei bracci del transetto di cui il fintocoro replica il disegno architettonico. È presumibile che Andrea Poz-zo abbia studiato attentamente questo artificio prospettico durante ilsuo soggiorno milanese e forse un’eco della sua ammirazione per lasoluzione bramantesca è ravvisabile nella prima tavola del trattato(Perspectiva, I 1) che illustra proprio la costruzione di un finto coro inuna chiesa.

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    04.02Iacomo Barozzi da Vignola, Le due regoledella prospettiva pratica (con i commentarij del R. P. M. Egnatio Danti)(Roma, Francesco Zannetti) 1583, tavola 88: “loggia con colonne raffigurate di sotto in su”; Roma, Biblioteca Hertziana, Gh-VIG 5055-1830 raro

    Il trattato di prospettiva dell’architetto Jacopo Barozzi, dettoVignola (1507-1573), venne pubblicato postumo a Roma nel 1582-1583 in un’edizione commentata dal domenicano Egnazio Danti(1537-1586). Oltre ad una brillante carriera iniziata al servizio delGranduca di Toscana Cosimo I e, alla morte di questi, proseguitacon l’incarico di professore di matematica all’Università di Bolognae terminata con l’elevazione al soglio episcopale di Alatri, Danti ènoto anche in qualità di costruttore di strumenti scientifici, comead esempio il quadrante astronomico e l’armilla equinoziale inS. Maria Novella, di cartografo e progettista di decorazioni prospet-tiche. Molte delle sue pubblicazioni scaturiscono dall’attività docen-te e sono dunque da intendersi come veri e propri libri di testo. Èquesto il caso dell’edizione, profusamente commentata, de Le dueregole della prospettiva pratica, di Vignola. Nell’apparato didattico

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    all’opera, Danti intese fornire la più dettagliata teoria della prospet-tiva che fosse mai stata scritta, offrendo anche una valutazione cri-tica dei risultati sino a quel momento conseguiti. Ciò contribuiscea fare di quest’opera, una delle più importanti fonti di riferimentoper lo studio della prospettiva rinascimentale; opera che Pozzo deveaver studiato con cura ed assiduità, anche per l’importanza che inessa viene attribuita al “punto di distanza”.

    I commenti di Danti al trattato di Vignola, sono di un certorilievo anche per quanto concerne la sezione dedicata all’ottica edin particolare alla struttura dell’occhio ed a quella dell’humor cry-stallinus, ove si riteneva che avesse luogo il processo della visione,anche se hanno avuto un minor impatto rispetto alle sue ricerchesulla prospettiva lineare. Egli esprime una posizione critica nei con-fronti della scienza della visione medievale mentre risulta piena-mente immerso nell’ambiente aristotelico cinquecentesco. I suoiinteressi riguardo la scienza della visione di matrice aristotelica ver-ranno sviluppati nei commentari alla traduzione del trattato di otti-ca e catottrica di Euclide, intitolata: La prospettiva di Euclide, nellaquale si tratta di quelle cose, che per raggi diritti si veggono et di quelle , checon raggi riflessi nelli specchi appariscono. Tradotta dal R.P.M. EgnatioDanti cosmografo del seren. Gran Duca di Toscana…insieme con laprospettiva di Eliodoro Larisseo, Firenze, 1573 (esemplare nellaBiblioteca Nazionale Centrale, 13 D. 14).

    ECBibl.: CAMEROTA 2006, pp. 160-175; FRANGENBERG 1988, pp. 3-38.

    04.03Jan Vredeman De Vries, Perspectiva teoretica ac practica: hoc est, Opus pticum absolutissimum;continens aedificiorum, templorum, pergularumalarumque structurarum perfectissima fundamenta, icones atque delineamenta; iuxta veterum ac recentiorumautorum doctrinam accuratè exaratum (...). Multis verònotis illustratum per Samuelem MaroloisAmstelodami: sumptibus ac typis Joannis Janssonii, 1647(prima edizione: Leyden, 1604-05), pars I, tav. 29, 30, 32, parsII, tav. 22; Roma, Biblioteca Hertziana, mar 5441-2620 raro

    Jan Vredeman De Vries (1527-dopo il 1604) fu pittore, incisore earchitetto, svolgendo una intensa attività itinerante in tutta Europa. LaPerspectiva teoretica ac practica venne inizialmente pubblicata in francesea L’Aia e Leida negli anni 1604-1605. Le settanta illustrazioni delle dueparti del testo forniscono interessanti variazioni su temi architettonici,alcune delle quali, rappresentate da angoli inconsueti e da punti di vistaravvicinati, risultano simili ad immagini anamorfiche. Esse sono sicura-mente in rapporto con le decorazioni illusionistiche che sappiamo ese-guite dall’artista ma oggi perdute. L’opera di Vredeman De Vries è signi-ficativa in quanto esemplifica la diffusione della tecnica italiana di pit-tura architettonica nell’ambiente olandese del primo Seicento, anche sela Perspectiva teoretica ac practica rivela, in non pochi casi, una certaapprossimazione e improvvisazione, applicazione non rigorosa diquell’“arte visiva” che l’opera intendeva celebrare.

    Gli scritti di Vredeman de Vries (1526-1609) vennero a più ripre-se pubblicati insieme a quelli, piuttosto teorici, sulla matematica, laprospettiva e le fortificazioni, del matematico francese Samuel Maro-lois (1572-1627), attivo nei Paesi Bassi settentrionali.

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    Bibl.: SCHEPPE 2004, p. 113; KEMP 1994, pp. 126-128; WRIGHT 1985, p. 144.

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    dell’ingegneria bellica, dando vita ad una trattatistica specializzata inquesti settori, alquanto copiosa nella Compagnia di Gesù (04.13). Nel-l'opera, Accolti discute il problema della proiezione delle ombre in unmodo alquanto originale: consapevole del fatto che le ombre sono per-cepite solo quando la luce è radente, illustra dapprima un cubo trafora-to visto dall'occhio del Sole (p. 140). Dato che il Sole è al contempo sog-getto vedente e fonte di luce, fa si che l'oggetto sia totalmente illumina-to, cioè privo di ombre. Tale disegno, realizzato in assonometria, ovveropresentando come parallele tutte le rette che in prospettiva sarebberostate in scorcio, vine chiamato da Accolti, “ombrifero”, cioè generatoredi ombre. Mostrando infatti, nel successivo disegno (p. 141), il cubotraforato da un altro punto di vista, e questa volta in scorcio, egli dimo-stra di saper determinare le ombre a partire dai punti in cui le parti ante-riori si sovrappongono a quelle posteriori.

    ECBibl: CAMEROTA 2006, pp. 213-214.

    04.06Cristoforo Clavio, Euclidis posteriores libri sexRomae, Accolti 1574cm 18,5x12Roma, Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana, Ris 901 P10

    La prima edizione a stampa degli Elementi di Euclide, tradotto dal-l’arabo da Giovanni Campano da Novara (ca. 1260-1292), risale al1482 per i tipi della stamperia veneziana di Erhard Ratdolt’s. A Chri-stophorus Clavius SJ (1538-1612), professore di matematica al Colle-gio Romano si deve invece la pubblicazione, nel 1574, dell’edizionelatina commentata degli Elementi: Euclidis elementorum libri XV. Que-st’opera venne dapprima impiegata in forma manoscritta come librodi testo per gli studenti dell’Accademia di matematica, istituita al Col-legio Romano nel 1553 ed attiva almeno sino alla morte di Claviusnel 1612. Grazie ad un dei suoi accademici insigni, Matteo Ricci (chela frequentò dal 1575 al 1577, anno della partenza per Lisbona allavolta della Cina), l’opera di Clavio ebbe una vasta eco in terra di mis-sione. Ricci ne promosse infatti la traduzione in cinese dei primi seilibri (Jihe yuanben , 1607).

    04.04Ludovico Cardi Cigoli, Strumento prospetticoOttone, cm 50x48x28Ricostruzione a cura di Filippo Camerota (da L. Cigoli,Prospettiva pratica, ms., GDSU 2660 A)Opera Laboratori Fiorentini

    Lo strumento è il risultato più importante degli studi prospetticidel Cigoli. Secondo le intenzioni dell’autore, il meccanismo avrebbeconsentito di disegnare gli oggetti lontani con la stessa precisione chesi richiedeva alle regole geometriche nel disegno degli oggetti vicini.Dal punto di vista morfologico lo strumento mostra chiare analogiecon i prospettografi di Giacomo Barozzi da Vignola, Egnazio Danti eBernardo Buontalenti, ma sul piano operativo l’invenzione è del tut-to originale. Lo strumento serviva a disegnare dal vero oggetti, figure,vedute urbane e paesaggi ma poteva anche essere usato per ingrandi-re un disegno su una parete o perfino su una volta. Per quest’ultimaoperazione, il Cigoli escogita la possibilità di inclinare l’asta di sezio-ne in modo da controllare il disegno delle verticali sulla superficiecurva della volta. Questo accorgimento tecnico suggerisce all’artistadi usare lo strumento per il disegno delle anamorfosi. Ritraendo unoggetto con la sezione inclinata, si ottiene un’immagine deformatache riacquista le giuste proporzioni solo se osservata da un precisopunto di vista. L’uso anamorfico dello strumento è illustrato da Jean-François Niceron nel Thaumaturgus opticus, edito a Parigi nel 1646.

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    04.05Pietro Accolti, Lo inganno de gl’occhi: prospettiva praticaFirenze (Cecconcelli) 1625, pp. 140-141Roma, Bibliotheca Hertziana, Gh-ACC 5497-2250 raro

    Ingegnere alla corte medicea, Pietro Accolti, nel suo trattato diprospettiva pratica Lo inganno de gl’occhi, sviluppa le potenziali appli-cazioni della prospettiva lineare nel campo dell’architettura militare e

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    L’opera Euclidis elementorum libri XV nacque dunque, secondoquanto l’autore stesso dichiara nella presentazione, da un insieme dimanuali ad uso interno corrispondenti alle principali sezioni dell’o-pera di Euclide, che costituivano altrettante aree di studio delle disci-pline matematiche impartite nell’Accademia. La versione manoscrit-ta dell’opera possedeva la seguente articolazione: Commento agli Ele-menti (Libri I-IV: Geometria piana elementare); Commento agli Ele-menti (libri V-VI: teoria delle proporzioni e sue applicazioni alle gran-dezze); Commento agli Elementi (libri VII-IX: teoria dei numeri; libroX: gli incommensurabili ); Commento agli Elementi (libri XI-XIII: geo-metria solida elementare, più i libri XIV e XV pseudoeuclidei). Lageometria euclidea costituisce il fondamento sia della teorica che del-la pratica prospettica. I Libri XIII-XV degli Elementi concernono i cin-que solidi regolari: tetraedro, esaedro, ottaedro, icosaedro e dodecae-dro, solidi che, come Platone aveva mostrato, possono essere iscrittiin una sfera. L’interesse dei teorici della prospettiva per gli Elementi edin particolare per questa sezione ha i suoi primordi proprio in un’o-peretta scritta da Piero della Francesca (1410/20-1492) nel 1485 suicinque solidi regolari euclidei: il Libellus de quinque corporibus regulari-bus (una copia ms in Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Urb.Lat. 632). Del resto la stessa De prospectiva pingendi era strutturata allamaniera degli Elementi, cioè enunciando una definizione e facendoad essa seguire la prova. La descrizione degli oggetti solidi, branca del-la matematica oggi denominata geometria descrittiva, costituisce unadelle sezioni più significative del Trattato delle proporzioni (1525) diAlbrecht Dürer (1471-), mentre nella Divina proporzione (1509) di FraLuca Pacioli (14..-) compaiono le prime illustrazioni in prospettiva deicinque solidi regolari. La geometria dei corpi solidi era evidentemen-te di estremo interesse per le sue applicazioni nell’architettura e nel-l’ingegneria e come tale fa parte del bagaglio di conoscenze cheAndrea Pozzo maturò negli anni di formazione nella Compagnia.

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    Bibl.: BALDINI 2000, pp. 49-98 e passim; ROMANO 1999, capp. II-III; EDGER-TON 1991, 163s; MANKIEWICZ 2000, p. 66; YABUUTI 2000, p.124.

    04.07Cristoforo Clavio SJ, Tractatus Dioptricus sive de visione que fit per radios refractos f. 47(lamina III)codice cartaceo legato in pergamena, penna e inchiostrobruno, parzialmente colorato in rosso e oro, cm 22x15 ca.Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, ms. 768 “Miscellanea matematica”, fasc. 4, f. 56 (lamina VIII)

    Si tratta di un manuale ad uso interno poiché impiegato da Cla-vio per le sue lezioni al Collegio Romano. L’opera è contenuta in uncodice di Miscellanea Mathematica che comprende tre trattati mano-scritti dello stesso autore: 1. Arithmetica, sive Tractatus de Numeri o

    Chronographia, 2. Trigonometria e 3. Optica. Il Trattato di Diottrica èpreceduto da un Tractatus Opticus che spiega la struttura dell’occhio ela percezione dei raggi luminosi. Occorre ricordare che Clavio avevacurato l’edizione a stampa delle opere di Francesco Maurolico (1494-1575), il grande matematico siciliano, docente al Collegio gesuitico diMessina, tra le quali erano due importanti trattati di ottica: Photismide lumina et umbra (terminato nel 1521, Napoli, 1611), nel quale èperaltro descritta minuziosamente una camera oscura, e Diaphaneonsive transparentium (composto nel 1554).

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    04.08Christoph Grienberger, Strumento prospettico Legno, cm 65x70Ricostruzione a cura di F. Camerota (da Mario Bettini, Apiaria Universae Philosophiae Mathematicae,Bologna 1645, Apiarium V, Progymnasma II, cap. VI, pp. 44-46), Opera Laboratori Fiorentini

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    discipline. Il sesto ed ultimo libro è dedicato all’ottica geometrica ed allateoria delle proiezioni, mentre la sezione sulla proiezione scenografica(pp. 637-684) verte principalmente sugli enunciati della prospettivalineare. Una delle fonti principali del D’Aguilon è l’opera di Guidobal-do del Monte(1545-1607),Perspectiva libri sex, al quale allude il titolo pre-scelto dal gesuita fiammingo. François D’Aguilon SJ.

    Pieter Paul Rubens (1577-1640) è l’autore del frontespizio e del-le illustrazioni con le quali inizia ciascuno dei sei libri incise daThéodore Galle (1571-1633). Il frontespizio illustra una complessaallegoria della visione: la dea Giunone, con una piramide visiva,come personificazione della luce, siede tra un pavone ed un’aquilache sostiene una sfera armillare. Ai due lati sono Mercurio che tie-ne una testa di Argo dai “cento occhi” e Minerva con uno scudodecorato con la testa sbalzata di una Medusa. La scena allude ad unpasso del I libro delle Metamorfosi di Ovidio: Giunone ordina a Mer-curio di addormentare gli occhi vigili di Argo prima di decapitarlo;i “cento occhi” vengono poi sparsi da Giunone sulle piume dellacoda del suo pavone guardiano. Sulla parte inferiore del frontespi-zio sono dei cinocefali, animali mitologici ciechi ed alcuni strumen-

    Successore di Cristoforo Clavio alla cattedra di matematica delCollegio Romano, Christoph Grienberger (1561-1636) fu corrispon-dente di Galileo, studioso di ottica, meccanica e astronomia, costrut-tore di strumenti scientifici, nonché revisore scientifico dei libri mate-matici scritti dai padri gesuiti. Lo “strumento scenografico” che misea punto nel 1635 scaturisce proprio dalla revisione di uno di questilibri, l’Apiaria Universae Philosophiae Mathematicae, enciclopedica rac-colta di curiosità matematiche del padre gesuita Mario Bettini(04.14). Lo strumento aveva lo scopo di perfezionare il funzionamen-to del prospettografo di Bettini (04.15). Sfruttando le proprietà delpantografo di Christoph Scheiner (04.10), Grienberger costruì unparallelogramma che assicurava un assoluto parallelismo tra la “lineadella veduta” (radius visualis), ovvero l’asta orizzontale superiore checonsentiva di traguardare i punti dell’oggetto da ritrarre, e la “lineadel disegno” (radius scriptorius), ossia l’asta orizzontale inferiore che fada guida allo stilo per il tracciamento dei punti sul foglio da disegno.Lo strumento è molto simile a un’invenzione pubblicata da Jean-Érard de Bar-le-Duc (1554-1610) ne Le premier livre des instrumentsmathématiques méchaniques, edito a Parigi nel 1584.

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    04.09François D’Aguilon SJ, Opticorum Libri Sex:Philosophis iuxtà ac Mathematicis vtiles,Antverpiae (Officina Plantiniana) 1613frontespizio Roma, Bibliotheca Hertziana WA Agu 360-2130 gr raro

    L’Opticorum libri sex venne concepito da François D’Aguilon SJ(1567-1617) come un libro di testo di perspectiva communis destinatoall’ultima parte del corso di matematica nei collegi dei gesuiti. Dalmomento che l’ottica e la fisica erano impartite anche nel corso di filo-sofia, tale testo doveva servire, come annuncia il titolo, ad entrambe le

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    ti impiegati nell’ottica geometrica. Se il pavone e la testa di Argosembrano alludere all’organo della visione, l’aquila pare essere unriferimento al cognome dell’autore. L’Opticorum Libri Sex, una sinte-si della tradizione ottica basata sulla Perspectiva communis di JohnPecham (1240ca.-1292), non priva tuttavia di spunti originali,soprattutto nell’intento dell’autore di offrire una teoria matematicadella visione, è opera di estremo interesse anche per la storia dellibro, in quanto maestoso esempio delle imprese editoriali dellaTipografia Plantiniana dei Moretus di Anversa.

    François D’Aguilon fu professore di matematica presso l’Accade-mia di storia ecclesiastica costituita nel 1615. Nell’anno della morte,avvenuta nel 1617, avviò il corso di matematica presso il collegio deigesuiti di Anversa. L’annunciato secondo volume dedicato alla Catot-trica e alla Diottrica non venne mai completato; alcune note mano-scritte permangono tuttavia tra i manoscritti di Grégoire de Saint-Vincent (1584-1667), suo successore alla cattedra di matematica pres-so il collegio dei gesuiti.

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    Bibl.: KEMP 1994, pp. 117-120; ZIGGELAAR 1983, pp. 53-114; SCHEPPER 2004,p. 110; CORSI 2002, pp. 136-137.

    04.10Joseph Meinicke, PantografoVienna, XVIII secoloLegno e ottone; cassetta, cm 82x17Firenze, Museo Galileo, Inv. 596(non in mostra)

    Esemplare settecentesco del celebre strumento per la riproduzio-ne dei disegni messo a punto da Christoph Scheiner nel 1603. Comesi legge nel proemio del trattato dedicato allo strumento dal padregesuita (Pantographice, seu ars delineandi res quaslibet per parallelogram-mum lineare seu cavum, Roma 1631; Pratica del parallelogrammo da dise-gnare, Roma 1637), l’invenzione fu stimolata dalle operazioni di uncompasso elaborato da un amico pittore, il quale “tenendoli nascosto(come cosa Divina) il modo […] mosse l’animo del Padre, come ch’e-

    ra ingegnosissimo, et ottimo Matematico, à speculare continuamen-te, fino che in pochi giorni scoprì tutta l’Arte, e la corroborò condimostrationi matematiche”. L’invenzione consisteva in una sortadi compasso – con le gambe unite da due braccetti snodati – dotatodi tre punte regolabili per fornire diversi rapporti di riduzione. Del-le tre punte, una era fissa e costituiva il centro di proiezione, un’al-tra seguiva i contorni del disegno da riprodurre, mentre la terzatracciava i lineamenti del disegno finale. Nel trattato di Scheiner ilpantografo è descritto anche come strumento prospettico; in questocaso la seconda punta segue i contorni di un oggetto reale, muo-vendosi sull’ideale piano di rappresentazione posto tra l’occhio el’oggetto.

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    04.11Jean-François Niceron, Thaumaturgus opticus, seuAdmiranda Optices, per radium directum: Catoptrices,per reflexum è politis corporibus, planis, cylindricis,conicis, polyedris, polygonis & aliis: Dioptrices, perrefractum in diaphanis Lutetiae Parisiorum (typis & formis Francisci Langlois, aliàs dicti Chartres, viâ Iacobaeâ sub insigni ColumnarumHerculis) 1646Roma, Bibl. Naz. Centrale di Roma, 55.8.H.1

    La fama acquisita dopo il soggiorno romano in qualità di profes-sore di matematica presso il convento dei Minimi di Trinità dei Mon-ti e la pubblicazione de La perspective curieuse nel 1638, inducono Jean

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    - François Niceron (1613-1646) a dare alle stampe il Thaumaturgus opti-cus, compendio di ottica in tre parti preceduta da un Elogium autoris.

    L’opera è così strutturata: Un praeludium geometricum intende for-nire una sintesi dei principali assiomi dell’ottica geometria; il corpodell’opera comprende Thaumaturgi optici seu perspectivae curiosae, indue libri dedicati all’ottica come videndi scientia, divisa in tres speciesdiversas: la Perspectiva, afferente al modo di vedere proprio dell’occhioumano; la Catoptrica ovvero speculorum scientia, ed infine la Diopricaovvero la rifrazione attraverso i corpi diafani, per refractum in diapha-nis. Ciascuna di queste specie, avverte Niceron, comprende una Theo-rica, o speculativa ed una Practica, anche se l’autore concepisce ilThaumaturgus opticus più come un manuale pratico che come un trat-tato teorico. Ai due libri che compongono la dissertazione sulla per-spectiva communis et artificialis, egli fa seguire un capitolo sul prospet-tografo di Ludovico Cardi Cigoli (04.04, vedi anche 04.12 e 04.17),che definisce Scenographum catholicum seu instrumentum universale, e delquale fornisce una descrizione dettagliata sia nella struttura che nelleapplicazioni, soprattutto per quanto concerne la possibilità di impie-garlo al fine di disegnare figure anamorfiche.

    L’opera è corredata da un’appendice de lumine et umbris, dedicataalla teoria delle ombre portate e da un elenco di testi di Perspectivaartificialis che costituiscono le fonti di riferimento di Niceron. L’ope-ra si articola in una successioni di assiomi di base, proposizioni, teo-remi e lemmi secondo l’ordinamento tradizionale della trattatisticaottica.

    Niceron dimostra di possedere una conoscenza aggiornata delleteorie di Galileo, Keplero e Cartesio. In particolare, rispetto alla fisio-logia della visione, già ne La Perspective curieuse (Parigi, 1638, compa-ra il funzionamento dell’occhio umano a quello della camera oscura,dimostrando di conoscere la funzione del cristallino che, nel proces-so della visione, mette a fuoco l’immagine rovesciata sulla superficiedella retina.

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    Bibl: BALTRUŠAITIS 1955, ed. 1984; KEMP, 1994, p. 148; STAFFORD, TERPAK,2001, p. 239; GROOTENBOER, 2006, p. 98

    04.12Jean François Niceron, Ritratto anamorfico di Ferdinando II de’ MediciRoma, 1642Olio su tavola; cm 70x43x53 Firenze, Museo Galileo, inv. 3196Replica a cura di F. CamerotaOpera Laboratori Fiorentini

    Tra i maggiori esperti di ottica del XVII secolo, Jean FrançoisNiceron (1613-1646) fu allievo di Marin Mersenne (1588-1648) pres-so il convento dei Minimi di Parigi. Nel 1639 fu chiamato a insegna-re matematica presso il convento romano di Trinità dei Monti, dovesoggiornò ancora nel 1642 eseguendo con Emmanuel Maignan(1601-1676) due grandi anamorfosi raffiguranti san Francesco di Pao-la e san Giovanni Evangelista. Al secondo soggiorno romano risaleanche il ritratto anamorfico di Ferdinando II che il granduca con-servò tra i suoi strumenti scientifici nella Galleria degli Uffizi. Dipin-to a olio su tavola, il quadro raffigura sette teste di turchi distribuiteintorno a un trofeo di bandiere e andava osservato attraverso un ‘can-nocchiale prospettico’, ossia un piccolo tubo con lente poliedrica col-locato sul piedistallo posto davanti al dipinto. Il tubo e la lente sonoandati perduti nel corso dell’alluvione del 1966 ma le loro caratteri-stiche ci sono note attraverso le tavole de La Perspective curieuse (04.11)dove Niceron illustra dettagliatamente il meccanismo ottico. La fun-zione della lente poliedrica era quella di catturare singoli frammentidi ciascuna testa e riunirli per rifrazione in una sola immagine chemostrava il ritratto di Ferdinando II. Come si legge nell’iscrizione lati-na sul piano orizzontale, il dipinto è un elogio ai successi del grandu-ca nella lotta contro i turchi nel Mediterraneo.

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    Bibl.: NICERON 1638, pp. 114-118, tav. 23; MINIATI 1991, p. 88; CAMEROTA20011, p. 232; CAMEROTA-MINIATI 2008, p. 338.

    04.13Jean Dubreuil SJ, Perspectiva practica oder VollständigeAnleitung zu der Perspectiv-Reiss-Kunst: nutzlich undnothwendig allen Mahlern, Kupfferstechern, Baumeistern... / sehr deutlich und ordentlich beschrieben ... durch ein unbenahmtes Mit-Glied der Societät Jesu. Aus dem Frantzösischen ins Teutsche übersetzet durchJohann Christoph RemboldAugspurg: Wolff, 1710, tav. 125Roma, Bibl. Hertziana, Gh-DUB 6523-3100 raro

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    L’edizione originale dell’opera del gesuita Jean Dubreuil (duBreuil, 1602-1670) apparve a Parigi nel 1642 con il titolo di: La Per-spective practique, necessaire à tous peintres, graveurs, sculpteurs, archi-tects, orfevres, brodeurs, tapissiers, et autres se servans du Dessein. Il suc-cesso del trattato è testimoniato dalle numerose traduzioni, tra lequali quella tedesca del 1710 in mostra. Ancorché il richiamo allapraticità permetta di considerarlo all’interno di una produzionegesuitica della quale la Perspectiva pictorum et architectorum costituiscel’esempio più luminoso, l’opera di Dubreuil si caratterizza per l’ec-cessiva astrusità delle sue spiegazioni. Si rese pertanto necessario,nelle edizioni successive, come pure nelle traduzioni, inserire ulte-riori note esplicative. Ciò non ne impedì comunque la diffusione.Dubreuil è anche l’autore di un trattato di architettura militare daltitolo di Art universal des fortifications. L’architettura militare è un ter-reno di applicazione della prospettiva lineare per la quale esiste, inambito francese, una copiosa produzione gesuitica: Pratique généraledes fortifications (Moulins, 1679) di Pierre Angot (1649-1694), Le des-sein ou la perspective militaire (Parigi, 1655) e l’architecture militaire, oul’art de fortifier (Parigi, 1655) di Pierre Bourdin (1595-1653), tra glialtri.

    La Perspective pratique contiene pure una serie di immagini nellequali dipinti anamorfici sono collocati in stanze apposite, raffiguratisu superfici piane o coniche.

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    Bibl.: MOISY, 1958, p. 72; CORSI, 2002, pp. 122-136; STAFFORD, TERPAK,2001, p. 243

    04.14Mario Bettini SJ, Apiaria universae philosophiaemathematicae in quibus paradoxa, et nova pleraquemachinamenta ad usus eximios traducta, & facillimisdemonstrationibus confirmata ...Bononiae (typis Io. Baptistae Ferronij), 1642, II vol.: ill., diagr. pp. 40-41;Roma, Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana, Mag. 901 ZP 6

    Apiaria universae philosophiae mathematicae è un compendio dimathesis media (o mixta) concepito come manuale per l’insegnamentodi questa disciplina nell’ambito dei corsi di filosofia naturale (philo-sophia o physica) nei collegi della Compagnia. La filosofia naturale erauna disciplina intesa come studio di enti concreti, distinta dallo stu-dio di enti astratti di competenza della metafisica e della mathesis pura,Nell’ambito delle matematiche miste rientravano dunque la perspecti-va, intesa come ottica e filosofia della luce, e la prospettiva lineare. Intal modo, Apiaria universae philosophiae mathematicae si configura, siacronologicamente che tematicamente, tra l’Opticorum libri sex di D’A-guilon (04.09) e l’Ars Magna lucis et umbrae di Kircher (04.16).

    L’immagine prescelta si riferisce al così detto ‘occhio del CardinalColonna’. Si tratta di un enorme occhio raffigurato su uno schermoconvesso; un raggio di luce dal cielo lo colpisce perpendicolarmente ene proietta l’immagine deformata su un piano orizzontale, quasi sitrattasse di un’anamorfosi prodotta da uno specchio cilindrico. Que-sta sorta di ‘sguardo anamorfico’ allude in modo significativo al com-plesso gioco di intrecci simbolici e significati allegorici che costitui-scono l’essenza della visione barocca e permea le ricerche ottiche deltempo. L’artificio visivo ideato da Bettini evoca la storia del CardinalColonna e delle sue illuminate riforme nella diocesi di Bologna: l’oc-chio deformato simboleggia infatti il malgoverno che aveva severa-mente pregiudicato i bolognesi mentre quello buono allude all’azionedel Cardinal Colonna che ricolloca l’opera della Chiesa sulla giustadirettiva. Tale sottile allegoria rimanda ad una antica tradizione pro-pria degli studi di ottica medievale, le cui valenze simboliche ricorro-no anche in trattati di retorica come il De oculo morali di Pierre deLimoges.

    Bettini rivendica l’azione purificatrice della matematica che, nel-la tradizione platonica, serviva appunto a distogliere l’animo dallecose terrene. In tal guisa, le scienze miste come la musica, la pro-

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    spettiva e l’astronomia, poiché contengono un chiaro riferimentoad oggetti concreti ma al contempo implicano formule astratte, ser-vono come preparatio animi. Consentono, in altre parole, di intra-prendere un percorso formativo che da esse conduca alla teologia.Nell’introduzione all’opera afferma: “Facilis etiam a mathematicisad moralia, et theologia gradus est. Sunt enim et rectè Platoniciaffirmant, mathematicae scientiae purgatoriae; quippe animum amateria sensibile avocant”. A riprova cita i missionari che in Cina sisono serviti dell’insegnamento delle matematiche, traducendoanche gli Elementi della Geometria di Euclide, per trasmettere i dog-mi della vera religione (04.06).

    Ai due volumi dell’Apiaria seguì, nel 1660, un terzo volume inti-tolato Recreationum Mathematicarum Apiaria Novissima, basato appun-to sui giochi matematici, dei quali esisteva una lunga tradizione, daFibonacci (1170-1250) a Gerolamo Cardano (1501-1576).

    Mario Bettini SJ (1582-1657), studiò presso i collegi di Brescia eParma ove svolse successivamente la carriera di docente di etica ematematica; fu anche al servizio della corte parmense come precetto-re. Negli ultimi trenta anni di vita tornò a Brescia. Esiste un solo stu-dio monografico dedicato a questo grande matematico gesuita(ARICÒ 1996), che tuttavia si incentra sui suoi interessi letterari, men-tre i suoi scritti di matematica pura ed applicata non sono stati anco-ra oggetto di uno studio esaustivo.

    Bettini non fu solo un teorico ma si dedicò anche alla sperimen-tazione pratica. Egli è infatti l’ideatore di un prospettografo (04.15),illustrato nella sezione Apiarium quintu, in quo Paradoxa et arcaba opti-cae scenogarphicae, strumento che venne perfezionato da ChristophGrienberger (1564-1636; 04.08), il matematico gesuita successore diClavio al Collegio Romano. Apiaria universae philosophiae mathemati-cae contiene inoltre la descrizione di altri due importanti strumenti:il baculum, strumento per la misura delle distanze che si avvale delleproprietà dei triangoli simili, descritto in trattati di scienza nauticacome l’Itineriario de la navegación de las mares y tierras occidentales (1575)di Juan de Escalante de Mendoza, e il pantometro, strumento che,mediante una riga calibrata, permetteva di definire gli intervalli armo-

    nici giusti oppure temperati a 18/17, secondo quanto raccomandavaVincenzo Galilei per gli strumenti a corda.

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    Bibl. BALDINI 2000, p. 185 n. 17; ARICÒ 1996; KEMP 1994, p. ........; CORSI,2002, pp. 134-135; CORSI, 2004, pp. 93-95, 123-124; BLANCHARD, 2005, pp.25-26; BUCI-GLUKSMANN, 1994, pp. 110.

    04.15Mario Bettini, Strumento prospetticoottone, cm 60x60x60Ricostruzione a cura di Filippo Camerota (da Mario Bettini, Apiaria Universae Philosophiae Mathematicae,Io. Baptistae Ferronij, Bologna 1645, 2 voll., Apiarium V,Progymnasma II, cap. IV, p. 36)Opera Laboratori Fiorentini

    Lo strumento è illustrato nella sezione prospettica dell’ApiariaUniversae Philosophiae Mathematicae, l’opera che raccoglie le ricerchescientifiche del padre gesuita Mario Bettini, privilegiando i casi curio-si in cui il rigore matematico si fonde con il gusto per l’effetto magicoe meraviglioso. I temi ottici sono trattati in Apiarium quintum in quoParadoxa et arcana opticae scenographicae, dove si trova la descrizione ditre strumenti prospettici, uno ideato da Bettini e due da ChristophGrienberger che nel 1635 eseguì una completa revisione dell’operaintegrandola in più parti. I due strumenti di Grienberger sono rispet-tivamente varianti del pantografo di Christoph Scheiner (04.10) e delprospettografo di Bettini (04.08). Lo strumento di Bettini ha la parti-colarità, già propria di alcuni strumenti cinquecenteschi, di sdoppia-re la piramide visiva. L’asta che segna i punti sul foglio da disegno simuove, infatti, sempre parallela al raggio visivo che volta per volta,guidato dai traguardi alla sommità delle aste verticali, va a colpire isingoli punti dell’oggetto da ritrarre.

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    04.16Athanasius Kircher SJ, Ars magna lucis et umbrae ...Roma: Hermann Scheus, 1646, p. 901Roma, Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana, Ris. 901 P 8

    Ars magna lucis et umbrae è un compendio di ottica, nel quale il cele-bre professore di matematiche e lingue orientali del Collegio Romano(16..-17..) illustra la sua concezione filosofica fondata sul carattere univer-sale del dualismo tra luce ed ombra. Poiché le immagini che descrivo-no i moti dei corpi celesti ed il passaggio delle stelle sono prodotte

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    dalle ombre che a loro volta sono generate dalle fonti di luce, l’alter-nanza di luce ed ombra costituisce la chiave ermeneutica che permet-te di penetrare il disegno del Creato. In tal guisa, l’Ars magna lucis etumbrae è al contempo un trattato di cosmologia. Per dimostrare lemeraviglie del dualismo dell’ombra e della luce, l’autore si serve dispettacolari dimostrazioni di catottrica e diottrica, illustrando il fun-zionamento di strumenti e macchine in gran parte presenti nel Teatrodel mondo, il Museo che aveva voluto allestire al Collegio Romano.Come prometteva il nome, il Museo doveva contenere oggetti, manu-fatti, meraviglie naturali ed artificiali provenienti dai quattro angolidel globo e cioè da dove, presumibilmente, fossero giunti i missiona-ri della Compagnia di Gesù, rispondendo all’antico mandato di unodei padri fondatori, Jeronimo Nadal, secondo il quale “totus mundusnostra habitatio fit”. Il Museo, simulacro della conoscenza universale,conteneva dapprima solo fossili, monete, animali esotici impagliati ereperti egiziani. Erano oggetti che i confratelli dell’augusto professoregli spedivano o gli portavano in dono in occasione delle loro visite. Ilgabinetto crebbe successivamente sino a contenere anche macchinecostruite per stupire i sempre più numerosi visitatori.

    Nel 1678, lo stesso Kircher inviò alle stampe il catalogo di talemeravigliosa collezione: Romani Collegii Museaum Celeberrimum, compo-

    sto da Giorgio De Sepi, discepolo e assistente devoto che, avendo lascia-to Roma intorno al 1670, era scomparso pochi anni dopo. Il capitolo set-timo è dedicato ad enumerare gli strumenti di ottica, diottrica e catot-trica conservati nel Museo. De Sepi fornisce in primo luogo la spiega-zione delle due discipline ottiche: la visione che ha luogo attraverso i cor-pi diafani si chiama diottrica, per rifrazione si chiama anaplastica, men-tre la visione che avviene per riflessione attraverso specchi o corpi riflet-tenti si chiama catottrica (Romani Colleggi Societatis Jesu Musæum Celeber-rimum, Amsterdam, Ex Officina Janssonio-Waesbergiana, anno1678,cap. VII, p. 35, Biblioteca Nazionale Centrale, RC1170). De Sepidescrive una serie di esperimenti che avevano luogo presso il museo enei quali venivano impiegati specchi piani, sferici, cilindrici, conici, ellit-tici, ustori, in parte cavi ed in parte convessi. Essi hanno un riscontrodiretto nelle sezioni dell’Ars magna lucis et umbrae, come nel caso del-l’immagine qui riprodotta. Nel riquadro superiore essa mostra due spec-chi cilindrici pieghevoli, uno concavo, l’altro convesso. Nello specchiocilindrico concavo al centro c’è un genio del quale si riproduce l’imma-gine all’estremo o a mezz’aria, a seconda della posizione dalla quale lo siosservi. L’immagine del riquadro inferiore si riferisce invece ad una mac-china catottrica con specchi piani, affinché un uomo guardandosi allospecchio veda, invece del proprio volto, un asino, un bue, un cervo e unavvoltoio. La parte centrale della macchina è costituita da una ruotaottagonale con otto facce sulle quali sono disegnate le teste di animaleposto su un collo umano, in modo che sia più precisa la sovrapposizio-ne con il corpo dell’osservatore.

    La seconda sezione del compendio intitolata De actinobolismis, siveradiationibus, è divisa in due parti: Actinobolismus lucis, che descrive iraggi luminosi diretti e riflessi, nonché le analogie tra luce e suono; laprospettiva lineare è invece argomento della seconda parte, De actino-bolismo optico che tratta anche della struttura dell’occhio. Questasezione, intitolata De oculi structura & visione (pp. 161-165), sebbenenon presenti tratti innovativi poiché ignora la teoria dell’immagineretinica, rimanda tuttavia alla teorica cinquecentesca che era sortaintorno ad uno specifico interesse l’organo e la dinamica della visio-ne. Il libro X, Magia luci set umbrae, è invece quello nel quale Kircherillustra i trucchi ottici con lenti e specchi.

    Tra gli apparecchi ottici descritti nell’Ars magna lucis et umbrae, visono la lanterna magica e la camera oscura, dei quali Kircher offredescrizioni minuziose anche se non sempre immediatamente intel-ligibili. In una edizione successiva dell’Ars Magna lucis et umbrae(1671, pp. 767-768, 793), Kircher illustrerà le similitudini e le dif-ferenze tra quella da lui ideata e la lanterna magica costruita dalmatematico danese Thomas Walgensten su ispirazione di Kircherstesso. Dotato di un certo spirito imprenditoriale, a detta del gesui-ta, Walgensten avrebbe venduto lanterne a tutti i principi europei,tanto che nella stessa città di Roma pare fosse divenuto un oggettodi uso corrente! Esiste una copiosa letteratura in merito agli appa-recchi ottici ideati da Kircher ed uno dei problemi maggiormentedibattuti è quello relativo alla presenza di illustrazioni sbagliate acorredo della descrizione dello strumento. Ad ogni buon conto, ilfascino per gli strumenti proiettivi ha una lunga storia che ha nellaMagia naturalis di Giovanni Battista Della Porta (1535-1615), una

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    delle opere maggiormente significative, sicura fonte di ispirazioneper Kircher. La passione kircheriana per i giochi ottici e per la magianaturale può essere comparata all’illusionismo pittorico di Pozzoper la comune simbologia teologica e valenza spirituale. Pur se per-meata di ermetismo, neoplatonismo e filosofia alchemica, la sintesifilosofico-scientifica esposta nelle opere di Kircher, concepisce unrapporto dinamico e costruttivo tra l’immagine, il testo e l’eventua-le esecuzione pratica, rapporto che consente, pur nella diversità, diaffiancare un’opera come l’Ars magna luci s et umbrae al Trattato, enon solo per la comune appartenenza religiosa dei suoi autori.

    La fama di Kircher varcò ben presto gli oceani e le sue opere ven-nero richieste non solo dai confratelli in terra di missione, maanche da intellettuali e religiosi come Sor Juana Inés de la Cruz(1648-1695) che con Kircher, dalla lontana Nuova Spagna, intrat-tenne una fitta corrispondenza. Consapevole del significato allego-rico e spirituale della lanterna, ad essa dedica questi memorabili ver-si: “Así linterna mágica, pintadas / Representa fingidas / mágica,dipinte / En la blanca pared varias figuras, / De la sombra nomenos ayudadas / Que de la luz: que en trémulos reflejos / Loscompetentes lejos / Guardando la docta perspectiva / En sus cier-tas mensuras / De varias experiencias aprobadas, / La sombra fugi-tiva / Que en el mismo esplendor se desvanece, / Cuerpo finge for-mado, / De todas dimensiones adornado, / Cuando aun ser super-ficie no merece” (“Così lanterna / rappresenti finte / varie figuresulla bianca parete, / dall’ombra non meno sostenute / che dallaluce: che in tremuli riflessi / alla giusta distanza / rispettando ladotta prospettiva, / nelle sue certe misure / da vari esperimenti con-fermate, / l’ombra fuggitiva, / che nello stesso splendore svanisce, /corpo finge formato, / da tutte le dimensioni adornato, / Quandonon merita neppure l’esser superficie”. (Primero Sueño, circa 1685,vv. 873-886).

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    Bibl.: BUONANNO 2008, pp. 43-45; VERMEIR 2005, pp. 127-159; CORRADINO1993, pp. 249-279, FINDLEN 2004, pp. 354-355; IANNIELLO 1986, pp. 223-235; CASSANELLI 1986, pp. 236-246.

    04.17Jacob Leupold, Strumento per anamorfosi cilindrichelegno, cm 27,2x23,6x11,4Ricostruzione a cura di Filippo Camerota (da J. Leupold, Anamorphosis mechanica nova, Lipsia 1715)Opera Laboratori Fiorentini

    L’anamorfosi cilindrica è un’immagine deformata ad arte per esse-re osservata riflessa su uno specchio cilindrico. Questo genere di arti-ficio ottico comincia a comparire già nel Cinquecento ma il suo verosviluppo si registra nel secolo successivo quando diventa oggetto di

    svariati trattati tecnico-scientifici, primo fra tutti la Perspective curieusedi Jean-François Niceron (04.11). Come illustra diffusamente Nice-ron, la deformazione delle immagini si otteneva per mezzo di una raf-finata costruzione geometrica basata sulle leggi della catottrica. Lostrumento pubblicato da Jacob Leupold (1674-1727) è il primo appa-recchio dedicato alla costruzione meccanica di questo tipo di ana-morfosi. L’immagine è disegnata sul cilindro di legno così come sivuole che appaia nello specchio. Il cilindro è collocato sul foglio dadisegno in luogo dello specchio e l’immagine è percorsa da una pun-ta mobile il cui movimento è trasmesso con spaghi e pulegge ad unaseconda punta scrivente che si muove sul piano orizzontale delinean-do l’immagine deformata.

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    Bibl.: BALTRU?AITIS 1955, ed. 1978, p. 164; FRIESS 1993, pp. 127-130; CAME-ROTA 2001a, p. 181

    04.18Chérubin d’Orléans, Cannocchiale con pantografoLegno, cm 50x50Ricostruzione a cura di Filippo Camerota (da C. d’Orléans La dioptrique oculare, Parigi 1671)Opera Laboratori Fiorentini

    Il trattato del francescano Chérubin d’Orléans (Michel Lasséré)(1613-1697) illustra un ingegnoso tentativo di trasformare il telesco-pio in un vero e proprio strumento per il disegno scientifico. L’ope-ra è dedicata alla diottrica e si inserisce nell’intenso filone di studisulle proprietà delle lenti stimolato dalla diffusione del cannocchia-le. Nella proposta di Chérubin, il cannocchiale è combinato con unpantografo (v. scheda 04.10) che avrebbe consentito la riproduzionefedele di quanto osservato attraverso le lenti. La punta di traguardo,che nell’invenzione di Scheiner intersecava i raggi visivi nella visio-

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    ne diretta, si muove sul piano focale dello strumento, mentre lapunta scrivente traccia la posizione dei punti osservati secondo ilrapporto di ingrandimento prestabilito. Il cannocchiale è montatosu una tavoletta che porta il foglio da disegno e può essere orienta-ta in senso verticale e orizzontale. Come si legge nelle due granditavole del trattato che illustrano il plenilunio, l’autore si servì diquesto ‘oculare diottrico’ per ritrarre le varie fasi della Luna. Lostrumento prevedeva anche un’applicazione topografica per la reda-zione di mappe e vedute.

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    04.19Giulio Troili (detto Il Paradosso), Paradossi per pratticare la prospettiva senza saperla, fiori, per facilitare l’intelligenza ... : cognitioni necessarie à pittori, scultori, architetti ... / dat’ in luce da Giulio Troili da Spilamberto detto Paradosso(prima edizione 1672),Bologna: Per Gioseffo Longhi, 1683, p. 19 o 41; Roma, Bibliotheca Hertziana, Gh-TRO 3501-2830 raro

    Giulio Troili (1613-1685) è l’autore di un trattato che, come reci-ta il titolo, possiede le caratteristiche di un manuale pratico. L’operaè suddivisa in tre parti: la prima dedicata alla prospettiva, mentre duesezioni della seconda parte sono dedicate al disegno delle scene. Para-dossi per praticare la prospettiva è infatti il primo trattato che contieneuna descrizione sistematica delle quinte oblique oltre a quelle paral-lele al proscenio, anche se considera solo scene concepite architetto-nicamente da un punto di vista centrale, ignorando quelle viste discorcio. I procedimenti prospettici delineati da Troili verranno suc-cessivamente elaborati da Pozzo, Galli Bibiena e Baldassarre Orsini.La terza parte dell’opera era stata pubblicata a Bologna nel 1653 conil titolo di Prattica del Parallelogrammo per disegnare. Si trattava in effet-ti dell’edizione italiana del Pantographice, sive ars delineandi res quaslibet

    per parallelogrammum lineare sive cavum, mechanicum, mobile (Roma,1631) (04.08., 04.10, 04.18), composto da Christoph Scheiner SJ(1575-1650), meglio noto in relazione alla disputa con Galileo intor-no alle macchie solari.

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    Bibl.: WRIGHT 1985, pp. 155, 163; KEMP 1994, p. 213S.; DUMBAR 1978, pp. 5-7.

    04.20Gerolamo e Gentile Benaglio, Taccuino di geome-tria e arte fortificatoriamanoscritto, codice cartaceo rilegato in pergamena, cm 17,5x23,5Roma, Collezione privata

    Il codice consta di 76 fogli, di cui 42 appartengono alla mano diGerolamo Benaglio, il restante al figlio Gentile. Il manoscritto costi-tuisce una preziosa testimonianza degli studi geometrici praticatinella classe artistocratica italiana del tardo Seicento, perseguitisoprattutto per apprendere gli elementi basilari dell’architettura

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    militare. È un’annotazione riscontrabile sul f. 43r a informarci sullagenesi di questo taccuino. Vi si legge: “Io Gentile Benaglio ho inco-minciato ad / imparare la Fortificasione alli 6 / di Desembre delAnno 1693 / dal mio Sig:r Padre / Gierolamo Benaglio”. Il cogno-me dei due personaggi rimanda all’area bergamasca, dove la fami-glia dei conti Benaglio era insediata. Sono le annotazioni del padreGerolamo a presentare una maggiore sistematicità didattica che,partendo dagli assiomi elementari della geometria, giunge allacostruzione assonometrica e prospettica di corpi solidi, per appro-dare infine ad esercizi grafici riferiti ad elaborate planimetrie dipiazzeforti. Nell’insegnamento che il genitore impartiva al figlio pre-valgono gli esempi di carattere militare.

    Un aspetto particolarmente interessante si riscontra sul f. 41r,dove Girolamo disegna la statua di una Minerva con l’attributo dellacivetta, collocata al di sopra di un basamento a forma di cono gradi-nato. Quest’ultimo, oltre ad essere rappresentato in pianta e alzato,appare sulla destra del foglio in un disegno ombreggiato realizzato inprospettiva cavaliera. Ambedue i motivi – la figura femminile e ilbasamento – derivano evidentemente da due illustrazioni presentinella Perspective pratique del gesuita francese Jean Dubreuil (04.13): uneloquente attestato della diffusione di testi scientifici dedicati allaprospettiva e della loro fruizione pratica nell’ambiente amatoriale ari-stocratico.

    RBBibl.: DUBREUIL 1642-49, pp.....