(04-113) Articoli+Tac Articoli Estivo 2010 · Fino all’inizio del XX secolo, quando spedi- ... E...

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la ricerca di un contatto ravvicinato con la natura. Non vederemo molti animali a Ngorongoro ma il paesaggio era bellissimo. Si risale, ci avviciniamo all’uscita dove sappiamo ci stanno aspettando le nostre moto. E le troviamo sotto un bel sole una a fianco all’altra ansiose di ripartire, integre e pronte a ripartire non- ostante le preoccupazioni, le critiche, i dubbi, e un po’ di immancabile menfreghismo da parte di tutti nelle operazioni di carico. L’importante e’ che pos- siamo ripartire. Superiamo Arusha per raggiungere Marangu, punto di partenza per l’ascensione al Kili- manjaro che è avvolto dalle nebbie. 30-31 AGO Marangu – Koronguwe Dar Es Salam ............................................km 569 Sentiamo che il viaggio sta finendo .In due giorni scendiamo dalle falde del Kilimanjaro alla costa del- l’Ocenao Indiano. La strada offre scorci inaspettati e la guida e’ piacevole ottimo fondo stradale, poco traf- fico e autogrill a livello europeo poi il caos di Dar Es Salaam, ma prima del tramonto siamo tutti in al- bergo. La Dea Fortuna che ci ha seguiti fino a desti- nazione, si deve essere distratta per un momento, ad un centinaio di km da Dar la moto del Marinaio si fer- ma e non c’e’ modo fi farla ripartire se non con un camiocino di passaggio. 1 SET Dar Es Saalam- Porto Container Carico Moto- Zanzibar ..................................Km 8 Otto chilometri ci separano dalla zona portuale do- ve aspettiamo una paio d’ore l’arrivo del contianer della MSC Mediterranean Shipping Company. Cari- chiamo le 13 moto, con amorevole cura, poi di corsa all’aliscafo per Zanzibar dove trascorrereemo alcu- ni giorni di paicevole relax per rientrare in Italia il 6 settembre. Queste nostre moto fedeli compagne per oltre 20 giorni attraverso le piste e le strade africane. Que- ste moto maltrattate, costrette a tutto nelle condi- zioni piu’ difficili con pioggia, neve, fango, sabbia sempre generose, sempre pronte a ripartire per una nuova avventura, magnifici strumenti di avventura, compagne amorevoli ed instancabili con le loro ruo- te hanno percorso le strade di tutto il mondo dai de- serti australiani alle piste himalayane e mongole, dalle sabbie sahariane alle savane africane, dalle pi- ste amazzoniche agli sterrati andini, alle fantastiche piste dei salares boliviani. Ovunque con grinta e determinazione incondiziona- ta, incrollabile, continueranno la loro epopea con la stessa passione di noi motociclisti per sempre “On the road again forever”! P er la maggior parte dei turisti il nome “Siria” è legato al famoso sito di Palmira, o Tadmor, in lingua locale. Tadmor, pur essendo di origini antichissime, conobbe fama e prosperità nei primi secoli dell’impero romano, quando, grazie alla sua strategica collocazione geografica tra le provincie orientali dell’impero ad ovest ed il regno persiano dei Parti ad est, rappresentava lo snodo delle rotte commerciali tra Oriente e Occidente, nonché il me- diatore politico tra due superpotenze rivali. Gli stes- si Romani ribattezzarono Tadmor la “città delle pal- me” e, sotto l’imperatore Caracalla, la trasformaro- no in una colonia di Roma, garantendo agli abitanti gli stessi diritti dei cittadini romani e l’esenzione dal pagamento delle tasse. Il “ribaltone” avvenne qualche anno dopo, nel 267 d.C, quando la giovane e ambiziosa regina Zenobia assunse il potere, a seguito dell’assassinio del ma- rito Odenato, avvenuto in circostanze misteriose. Zenobia vantava la discendenza da Cleopatra, ma, a differenza della sua antenata egiziana, non si inna- morò mai del potere di Roma. Al contrario, dopo aver respinto i legionari romani e aver congiunto al suo regno la provincia d’Arabia e parte dell’Egitto, pro- clamò l’indipendenza di Palmira da Roma. Roma non tollerò a lungo l’atteggiamento di sfida della gio- vane regina ribelle: l’imperatore Aureliano sconfis- se l’esercito di Zenobia ad Antiochia e nel 271 d.C. Palmira fu posta sotto assedio. Ma la “lady di ferro” del III secolo d.C. non si arrese. Fuggì dalla città a dorso di cammello e cavalcò tra le guarnigioni ro- mane nel disperato tentativo di raggiungere la Per- sia, acerrima nemica di Roma, e stipulare un accor- do. Fu catturata sulle rive dell’Eufrate e, condotta prigioniera a Roma, fu costretta a sfilare in catene tra le genti, in segno di sconfitta e di umiliazione per aver osato sfidare la potenza dell’Impero. Zenobia morirà a Tivoli qualche anno dopo, e senza la sua “lady di ferro” Palmira attraverserà nei seco- li a venire periodi di rivolte e decadenza, che da splendido regno la porteranno ad essere un sempli- ce avamposto militare ai confini dell’Impero, fino al- la conquista araba nel 634 d.C. Il resto della storia è fatto di terremoti e distruzione, e di sabbia del de- serto, che finì per ricoprire le opere scampate al si- sma e trasformò l’antico regno di Zenobia in una ne- cropoli. Fino all’inizio del XX secolo, quando spedi- zioni di archeologi tedeschi e francesi intrapresero opere scientifiche di scavo e riportarono alla luce gli antichi splendori del passato. Oggi Tadmor è nel nome di un bel viaggio di AnM (“Tadmor Siria”), che in nove giorni ha permesso a me e ad altre 16 persone di visitare Palmira e gran parte della Siria. Il viaggio Tadmor Siria inizia alla Malpensa, il saba- to pomeriggio che precede la Pasqua 2010. Qui fac- cio conoscenza con i primi compagni di viaggio, a co- minciare da Raffaella, giovane, simpatica ed effi- ciente coordinatrice. Accanto a Raffaella il cugino, Giulio. E poi Stefano, un ingegnere edile del Veneto che vanta un brillante curriculum di cassiere. Io nei viaggi di AnM ho sempre fatto o il cassiere o il coor- dinatore, ma questa volta mi ritroverò senza ruolo al di fuori di quello del viaggiatore. Mi basta, infatti, uno 16 Da un Tadmor Siria Breve gr. Andrello Testo e foto di Marco Ortalda AVVENTURE NEL MONDO Siria Zenobia una lady di ferro del III secolo d.C. Affreschi al Deir Mar Musa Pasticceria a Damasco Raid | Great Rift Pista nel Rhino Sanctuary

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la ricerca di un contatto ravvicinato con la natura. Non vederemo molti animali a Ngorongoro ma ilpaesaggio era bellissimo.Si risale, ci avviciniamo all’uscita dove sappiamo cistanno aspettando le nostre moto.E le troviamo sotto un bel sole una a fianco all’altraansiose di ripartire, integre e pronte a ripartire non-ostante le preoccupazioni, le critiche, i dubbi, e unpo’ di immancabile menfreghismo da parte di tuttinelle operazioni di carico. L’importante e’ che pos-siamo ripartire. Superiamo Arusha per raggiungereMarangu, punto di partenza per l’ascensione al Kili-manjaro che è avvolto dalle nebbie.

30-31 AGO Marangu – KoronguweDar Es Salam ............................................km 569Sentiamo che il viaggio sta finendo .In due giorniscendiamo dalle falde del Kilimanjaro alla costa del-l’Ocenao Indiano. La strada offre scorci inaspettati ela guida e’ piacevole ottimo fondo stradale, poco traf-fico e autogrill a livello europeo poi il caos di Dar EsSalaam, ma prima del tramonto siamo tutti in al-bergo. La Dea Fortuna che ci ha seguiti fino a desti-nazione, si deve essere distratta per un momento, adun centinaio di km da Dar la moto del Marinaio si fer-ma e non c’e’ modo fi farla ripartire se non con uncamiocino di passaggio.

1 SET Dar Es Saalam- Porto ContainerCarico Moto- Zanzibar ..................................Km 8Otto chilometri ci separano dalla zona portuale do-ve aspettiamo una paio d’ore l’arrivo del contianerdella MSC Mediterranean Shipping Company. Cari-chiamo le 13 moto, con amorevole cura, poi di corsaall’aliscafo per Zanzibar dove trascorrereemo alcu-ni giorni di paicevole relax per rientrare in Italia il 6settembre.Queste nostre moto fedeli compagne per oltre 20giorni attraverso le piste e le strade africane. Que-ste moto maltrattate, costrette a tutto nelle condi-zioni piu’ difficili con pioggia, neve, fango, sabbiasempre generose, sempre pronte a ripartire per unanuova avventura, magnifici strumenti di avventura,compagne amorevoli ed instancabili con le loro ruo-te hanno percorso le strade di tutto il mondo dai de-serti australiani alle piste himalayane e mongole,dalle sabbie sahariane alle savane africane, dalle pi-ste amazzoniche agli sterrati andini, alle fantastichepiste dei salares boliviani. Ovunque con grinta e determinazione incondiziona-ta, incrollabile, continueranno la loro epopea con la stessa passione di noi motociclisti per sempre “On the road again forever”!

Per la maggior parte dei turisti il nome “Siria” èlegato al famoso sito di Palmira, o Tadmor, inlingua locale. Tadmor, pur essendo di origini

antichissime, conobbe fama e prosperità nei primisecoli dell’impero romano, quando, grazie alla suastrategica collocazione geografica tra le provincieorientali dell’impero ad ovest ed il regno persianodei Parti ad est, rappresentava lo snodo delle rottecommerciali tra Oriente e Occidente, nonché il me-diatore politico tra due superpotenze rivali. Gli stes-si Romani ribattezzarono Tadmor la “città delle pal-me” e, sotto l’imperatore Caracalla, la trasformaro-no in una colonia di Roma, garantendo agli abitantigli stessi diritti dei cittadini romani e l’esenzione dalpagamento delle tasse.Il “ribaltone” avvenne qualche anno dopo, nel 267d.C, quando la giovane e ambiziosa regina Zenobiaassunse il potere, a seguito dell’assassinio del ma-rito Odenato, avvenuto in circostanze misteriose.Zenobia vantava la discendenza da Cleopatra, ma, adifferenza della sua antenata egiziana, non si inna-morò mai del potere di Roma. Al contrario, dopo averrespinto i legionari romani e aver congiunto al suoregno la provincia d’Arabia e parte dell’Egitto, pro-clamò l’indipendenza di Palmira da Roma. Romanon tollerò a lungo l’atteggiamento di sfida della gio-vane regina ribelle: l’imperatore Aureliano sconfis-se l’esercito di Zenobia ad Antiochia e nel 271 d.C.Palmira fu posta sotto assedio. Ma la “lady di ferro”del III secolo d.C. non si arrese. Fuggì dalla città adorso di cammello e cavalcò tra le guarnigioni ro-mane nel disperato tentativo di raggiungere la Per-sia, acerrima nemica di Roma, e stipulare un accor-do. Fu catturata sulle rive dell’Eufrate e, condottaprigioniera a Roma, fu costretta a sfilare in catenetra le genti, in segno di sconfitta e di umiliazione peraver osato sfidare la potenza dell’Impero.Zenobia morirà a Tivoli qualche anno dopo, e senzala sua “lady di ferro” Palmira attraverserà nei seco-li a venire periodi di rivolte e decadenza, che da

splendido regno la porteranno ad essere un sempli-ce avamposto militare ai confini dell’Impero, fino al-la conquista araba nel 634 d.C. Il resto della storia èfatto di terremoti e distruzione, e di sabbia del de-serto, che finì per ricoprire le opere scampate al si-sma e trasformò l’antico regno di Zenobia in una ne-cropoli. Fino all’inizio del XX secolo, quando spedi-zioni di archeologi tedeschi e francesi intrapreseroopere scientifiche di scavo e riportarono alla luce gliantichi splendori del passato.Oggi Tadmor è nel nome di un bel viaggio di AnM(“Tadmor Siria”), che in nove giorni ha permesso ame e ad altre 16 persone di visitare Palmira e granparte della Siria.Il viaggio Tadmor Siria inizia alla Malpensa, il saba-to pomeriggio che precede la Pasqua 2010. Qui fac-cio conoscenza con i primi compagni di viaggio, a co-minciare da Raffaella, giovane, simpatica ed effi-ciente coordinatrice. Accanto a Raffaella il cugino,Giulio. E poi Stefano, un ingegnere edile del Venetoche vanta un brillante curriculum di cassiere. Io neiviaggi di AnM ho sempre fatto o il cassiere o il coor-dinatore, ma questa volta mi ritroverò senza ruolo aldi fuori di quello del viaggiatore. Mi basta, infatti, uno

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Da un Tadmor Siria Breve gr. AndrelloTesto e fotodi Marco Ortalda

A V V E N T U R E N E L M O N D OSiria

Zenobiauna lady di ferro

del III secolo d.C. Affreschi al Deir Mar Musa

Pasticceria a Damasco

Raid | Great Rift

Pista nel Rhino Sanctuary

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sguardo per capire che Stefano ci tiene tantissimo alruolo di cassiere, e quindi, senza troppi indugi, de-cido di abdicare in suo favore. Accanto a Stefano, Da-vide, ingegnere aerospaziale, anch’egli veterano diAnM. Davide dimostrerà presto di possedere un’u-gola d’oro insieme al talento innato del prim’attore;Stefano e Giulio gli faranno, seppur con stili espres-sivi diversi, da contraltare, e l’allegro trio romperàla noia dei lunghi trasferimenti in bus.Ma non dimentichiamoci di Andrea, che risalta perla sua rassomiglianza con noti personaggi dellospettacolo (tra cui il comico Cornacchione), e che, dagrande amante della tavola, organizzerà la serataeno-gastronomica ad Aleppo.Nello scalo di Istanbul incontriamo i compagni “ro-mani”, e fra costoro c’è Pietro, con il quale ero sta-to in Yemen qualche anno prima. Pietro è un grandeappassionato di trekking, non c’è altura che possaresistergli, e spesso accelererà il lento incedere delgruppo con il suo passo da montanaro.Giungiamo a Damasco a notte inoltrata e all’aero-porto conosciamo Said, la nostra guida, imposta dalgoverno siriano a tutti i gruppi turistici di consisten-za superiore a otto persone. Strana guida, Said. Co-nosce poco la storia recente della Siria e ancora me-no quella antica. Redige appunti in arabo in fogliet-ti volanti che sciorina durante la visita ai siti, cimen-tandosi in un immane sforzo di traduzione dall’ara-bo all’inglese. O, in alternativa, traduce le spiega-zioni in arabo della guida ufficiale, non trascurandodi chiosarle con dettagli inutili, allo scopo di dimo-strare una falsa conoscenza dei luoghi visitati. So-stiene di essere professore di inglese, e difatti cor-regge la pronuncia ai membri del gruppo, ma ha an-che gestito per tanti anni un ristorante in Romania.E forse per questo motivo la ristorazione è il suo pun-to di forza, nel senso che puntualmente alle undicidi ogni mattina chiede a Raffaella come e dove in-tende organizzare la cena.Ma, pur non essendo una guida esperta, Said si ri-velerà gentile e disponibile, e le sue gesta quotidia-ne daranno al gruppo un argomento di frequenteconversazione.Pernottiamo all’hotel Oriental, dirimpetto alla sta-zione ferroviaria di Hejaz, ormai in disuso. E’ un

grand’hotel delpassato, che og-gi conserva il fa-scino dell’alber-go retrò ormai instato di deca-denza, con am-pie camere eampi bagni cor-rosi dal tempo.L’indomani è ladomenica diPasqua e noi ini-ziamo la giorna-ta con la visita almuseo naziona-le di Damasco.Il museo nazio-nale offre unavisione d’insie-me della storiamillenaria dellaSiria, e dà benragione allo

scrittore Mark Twain, il quale affermò che Damasco“vide il tramonto di mille imperi e altri mille ca-dranno prima della sua scomparsa”. La storia dellaSiria è infatti storia di conquiste e di dominazioni, da-gli antichi regni (gli Accadi, gli Egizi, i Fenici, gli As-siro-babilonesi) alla conquista dei greci e dei roma-ni, dall’invasione araba al sopravvento dei turchi ot-tomani. Camminando per le sale del museo riper-corriamo la storia antica attraverso le testimonian-ze del tempo: le tavolette di scrittura cuneiforme,uno dei primi esempi di alfabeto fonetico, risalenteall’epoca babilonese, e di epoca babilonese sono pu-re le belle statuette di Mari, con gonne a piume edespressivi occhi neri. Colpisce la ricca collezione diarte islamica e soprattutto la ricostruzione di unasala lignea del palazzo Azem, che visiteremo nel po-meriggio. I mosaici di origine romana e i busti dellasala di Palmira ci offrono un assaggio di ciò che ciattende nei giorni seguenti, e la sinagoga, retro-stante al cortile colonnato, è l’espressione della pre-senza degli Ebrei in questo territorio.Il museo nazionale di Damasco andrebbe nuova-mente visitato al termine del viaggio, ma l’organiz-zazione non ce lo permette: ripartiremo infatti daAleppo.Una volta conclusa la visita al mu-seo, camminiamo, per la ve-rità un po’ provati dallungo viaggio e dallepoche ore di son-no, verso la mo-schea degliOmayyadi. Il sito ha origi-ni antichissi-me, ed an-ch’esso èstato teatrodella Storia:tempio ar-meno nel3000 a.C, ci-tato nel Li-bro dei Redella Bibbia,

tempio di Giove all’epoca della Roma pagana, poi ba-silica cristiana dopo l’editto di Costantino del 313d.C, ed infine moschea, dopo la dominazione arabadel 637 d.C. Ciò che colpisce di questa moschea èl’ampiezza degli spazi interni ed esterni, oltre all’e-leganza dei mosaici e delle strutture in genere. Sipuò camminare liberamente, a piedi scalzi, anchenegli spazi riservati alla preghiera, e si possono fa-re riprese, con la discrezione del caso. E’ un esem-pio di tolleranza, inusuale in altri Paesi islamici me-diorientali, ma frequente in Siria, dove da secoli con-vivono pacificamente musulmani e genti dedite adaltri culti, come i cattolici di rito armeno e i copti.Il polo d’attrazione all’interno della moschea è rap-presentato dal reliquario che presuntamente con-tiene la testa di San Giovanni Battista; in realtà sco-priremo nel seguito della nostra avventura che altrisiti rivendicano il possesso della testa appartenutaal povero santo!Per la pausa pranzo ci rechiamo al Suq: il mercatonon è così grande e vivace come il bazar di Istanbul,ma è ordinato e tutto sommato non troppo labirinti-co. Una via di accesso al suq, che congiunge i ba-stioni della cittadella alla moschea, ha una copertu-ra in lamiera sforacchiata: Said ci spiega che i forisono le tracce dei proiettili sparati dalle mitraglia-trici degli aerei francesi, quando, nel 1920, la Siriapretese l’indipendenza dal protettorato francese.Il pomeriggio è occupato dalla visita al palazzoAzem, un antico palazzo damasceno in cui spiccanoper bellezza ed eleganza armadi e sedie in legno in-tarsiato con madreperla.Alla sera ci concediamo una buona cena, rigorosa-mente analcolica, in un ristorante della città vecchia,dove viviamo il primo approccio con la cucina siria-na: gli antipasti a base di crema di ceci e di melan-zane, le olive, il kebab con il riso e le verdure.L’indomani mattina, rilassati grazie ad un buon son-no ristoratore, prendiamo possesso del nostro mez-zo di trasporto che ci accompagnerà in tutto il restodel viaggio: un pullman gran turismo con un nume-ro di posti doppio rispetto ai partecipanti! Incredibi-le! E’ un miraggio, per noi viaggiatori di AnM, abi-tuati a minibus spartani!Partiamo quindi alla volta di Bosra, nella parte me-ridionale della Siria, verso il confine con la Giorda-nia. Bosra, capitale della provincia romana d’Ara-bia, è sede di un bel teatro e anfiteatro, luogo di rap-presentazione di commedie e tragedie, ma anche

Teatro di Bosra

AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO Siria

Il gruppo e Padre Paolo

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arena di gladiatori. E’ incredibile pensare come l’in-tero complesso si sia conservato per secoli comple-tamente immerso nella sabbia. A poca distanza da Bosra c’è Shahba, dove visitiamoil piccolo ma interessante museo dei mosaici. Sonomosaici del IV secolo a.C. e le scene rappresentatehanno come protagonisti dei e semidei: con France-sco, il figlio undicenne di Miriam, ripasso la mitolo-gia greca e romana!Rientrati a Damasco visitiamo la cappella Anania, unluogo denso di spiritualità immerso nel quartierecristiano. Una lunga serie di immagini racconta lavita e le peregrinazioni di San Paolo. Secondo la leg-genda Sauro di Tarso, persecutore dei cristiani, ven-ne investito da una luce accecante sulla via di Da-masco: disarcionato, udì la voce del Signore che lorimproverava per le sue azioni infami. Sconvolto dal-l’accaduto, Sauro decise di abbracciare la fede cri-stiana: il battesimo gli fu dato in quella cantina do-ve viveva il discepolo Anania, e suggellò la conver-sione di Sauro a San Paolo, l’apostolo di Cristo.Alla sera, prima di cena, ci rechiamo con il bus sul-lo Jebel Qassioun, il monte a nord ovest di Damasco.Il bus attraversa i quartieri della città moderna, pas-sa davanti al palazzo presidenziale ed all’enormecomplesso dello Shami Hospital; ci rendiamo contoche la capitale della Sirianon è solo la cittàvecchia. Giuntis u l l ’ a l t u r adello Jebel

Qassioun ci godiamo il panorama dellaDamasco illuminata: la città è estesissi-ma, fitta di costruzioni e dominata dai treminareti della moschea degli Omayyadi.Si racconta che Maometto contemplò Da-masco da questa sommità, e ne rimasecosì meravigliato da descriverla come unparadiso in terra.Il martedì seguente è dedicato ad un te-ma diverso: Maalula e i monasteri. L’esi-stenza dei monasteri, e dei quartieri cri-stiani nelle grandi città, è la testimonian-za di come in Siria convivano pacifica-mente religioni diverse.Il monastero di San Sergio e San Bacco of-fre l’immagine di una bellissima chiesaantica, con pianta a croce greca, edificatasui resti di un tempio pagano. La remotaorigine pagana della chiesa è testimoniata dal pic-colo altare in marmo di forma semiovale, destinatoa compiere sacrifici animali e provvisto di un picco-lo foro – ora tappato – per lo scolo del sangue. Ve-dremo un altare di forma simile, ma molto più gran-de, tra i resti di una basilica a Rasafa. Un religioso ci illustra brevemente la storia del mo-nastero, e ci fa ascoltare il Padre Nostro, recitato inaramaico, la lingua parlata all’epoca di Gesù.Il monastero di Santa Tecla è situato a poca distan-za, nella cornice di un bel panorama montano. Perraggiungerlo bisogna percorrere a piedi un siq, ov-vero un canalone risultante da una profonda fendi-tura della roccia. La leggenda vuole che la giovane Tecla, dopo averascoltato la predicazione di San Paolo, decise di ab-bracciare la fede cristiana, rinunciando a tutti i pia-ceri mondani. Inseguita dai soldati dell’esercito ro-mano, si ritrovò bloccata con le spalle alla roccia: al-lora invocò la grazia del Signore, il quale squarciò laroccia e creò il siq, con alcune grotte. In una di esseTecla trovò rifugio e scampò alla furia dei suoi per-secutori.Il monastero di Santa Tecla non ha l’atmosfera rac-colta e votiva del precedente, al contrario, è adornodi ori fasulli e invaso da torme chiassose di turisti.Ma la vera perla della mattinata è il Deir Mar Musa.Questo monastero è situato sulla sommità di unosperone roccioso, e per raggiungerlo occorre per-correre un’erta di 500 scalini. Ma l’impresa vale ve-ramente la pena. Stanchi, ci accasciamo sui tappetidi una stanza semioscura, le cui pareti contengono

affreschi che riproduconosanti e scene del Van-

gelo. Alcuni scro-

stati, altri ben conservati, ma tutti affascinanti nel-la luce della penombra.Il Deir Mar Musa risale al VI secolo d.C, e subì varietrasformazioni nel corso dei secoli fino all’abbando-no totale al principio dell’Ottocento. Un gesuita, pa-dre Paolo, lo scoprì al principio degli anni ’80 e se neinnamorò al punto tale da dedicargli tutta la sua esi-stenza. Il monastero venne riconsacrato e restaura-to, ed oggi offre ospitalità a turisti e pellegrini incambio di un po’ di aiuto nelle faccende domestiche. Abbiamo il piacere di conoscere Padre Paolo: è unmanager, che impartisce ordini in arabo ai suoi col-laboratori ma accetta di farsi fotografare in gruppocon noi. Si lamenta del fatto che il territorio circo-stante non è più considerato parco nazionale, e chedi conseguenza il governo siriano gli ha tolto le sov-venzioni. Gli prometto che lo scriverò nell’articoloper il giornale di AnM, ma non so quanto la cosa avràeffetto!Lasciata la via dei monasteri, il pomeriggio è dedi-cato al “Krak des Chevaliers”, il castello crociatomeglio conservato in Medio Oriente. Il Krak appare come una struttura compatta, intera-mente costruita in pietra, circondato da un vasto fos-sato in secca, dall’apparenza inespugnabile: se lovedessimo da un elicottero, penseremmo ai castel-li dei principi delle favole.Costruito intorno all’anno 1000 su incarico di un emi-ro, il Krak è stato poi conquistato dai primi cavaliericrociati, e rimase un castello crociato per oltre duesecoli. Fino alla riconquista da parte dei mameluc-chi. La presenza araba è testimoniata da alcuni ele-menti di decoro nelle stanze interne. Visitiamo le torri, le scuderie e i locali interni, im-maginando cucine e latrine, e alla fine ci godiamo ilbel tempo con un giro all’esterno, dove facciamoqualche foto tutti insieme.Arriviamo ad Hama a sera tarda. Hama è rinomataper le norie, gigantesche ruote idrauliche intera-mente costruite in legno. Un tempo esse servivanoper sollevare l’acqua dal letto del fiume Oronte e ca-nalizzarla in un acquedotto sovrastante, oggi sonouna mera attrattiva turistica, posta in bella mostradirimpetto a caffè e ristoranti dalle ampie vetrate. Maè ben difficile sfuggire al fascino sinistro del cigolioprovocato dall’attrito dei mozzi. Fotografiamo le no-rie, e ci fotografiamo vicine ad esse: lo facciamo lasera dopo cena ed anche il mattino successivo.Hama non offre nient’altro, al di fuori di una tragicapagina di storia. Nel 1982 la città fu, di fatto, asse-diata dal movimento integralista islamico dei “Fra-

Giovane berbero nel deserto

Norie ad Hama

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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDOSiria

Moschea degli Omayyadi

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telli Musulmani Egiziani”, contrario al governo di reAssad. E la risposta di Assad non tardò ad arrivare:furono inviati i bombardieri, che rasero al suolo lacittà ribelle, con un bilancio di svariate migliaia diperdite umane.Al mattino dopo partiamo per Afa-mia, nome arabo dell’antica città romana di Apamea,la quale conserva intatta una spettacolare via co-lonnata di circa 2 Km.Quindi prendiamo la via dei monti: attraversiamo unpasso tra lo spettacolo suggestivo delle valli, ma iltempo peggiora, piove e fa freddo per via dell’altitu-dine. L’ineffabile Said si è dimenticato di dirci che sa-remmo andati in montagna, e qualcuno non è at-trezzato con pile e giacca a vento. Quindi, chi è “su-perdotato”, avrà il compito di vestire… gli ignudi!Il pomeriggio è dedicato alla visita della “Cittadelladel Saldino”, un castello del quale letteralmente siinnamorò Lawrence d’Arabia.Il castello è disposto sulla sommità di un monte, conaddossato un canyon ed un fitto bosco: la via d’ac-cesso è troppo stretta per il bus, e per raggiungerloveniamo accompagnati con alcune piccole auto. Ol-tre alla posizione isolata, ciò che colpisce sono lemura perimetrali, la cui fortificazione è ben più po-derosa di quella del Krak dei cavalieri.Ci avvaliamo della guida locale, e Said traduce dal-l’arabo all’inglese, ma è anche grazie ad Antonio eda Stefano che ci godiamo il giro: Antonio, un archi-tetto romano molto preparato, e Stefano, l’ingegne-re edile, ci svelano alcuni particolari di tecnica co-struttiva. Come la pietra di volta, che permette al-l’arco di non crollare su se stesso, o l’intaglio a trian-golo, per meglio distribuire i carichi delle pietre checompongono i muri, o il “coccio pesto” per isolarel’interno delle cisterne d’acqua, prevenendo così leinfiltrazioni.L’indomani mattina lasciamo Hama e affrontiamo unlungo trasferimento verso est. Passando attraversoHoms, giungiamo a Palmira verso l’ora di pranzo.Siamo in pieno deserto e, nonostante la primavera,il caldo comincia a farsi sentire.Dopo un rapido spuntino, iniziamo la visita del sito. La perla di Palmira è il tempio di Bel, ed in partico-lare la sua camera interna – la cosiddetta cella – consuggestive nicchie e con il soffitto elaborato. Unaguida locale molto preparata ci fa osservare i parti-colari delle decorazioni in pietra: successioni di uo-va e dardi, simboli di femmina e maschio, ma anchedi vita e morte.Di grande interesse è anche la valle delle tombe: tor-ri adibite a camere funerarie, con centinaia di sar-cofagi posti su diversi piani, o tombe ipogee, con ca-mere funerarie sotterranee.La parte romana della città, con l’arco, la via colon-nata, il teatro e i propilei sono sì interessanti e sug-gestivi, ma a questo punto del viaggio si possonoclassificare tra il “già visto”. Ma per comprendereappieno Palmira bisogna salire (chi lo fa a piedi e chiin bus) sulla sommità della collina dirimpetto e os-servare il sito dall’alto, illuminato dalla luce del tra-monto. Solo così si riesce a comprendere la realeestensione dell’antica città, e si può andare con lamente indietro nel tempo, immaginando le file dicarri e di cammelli transitare lungo il cardo, i mer-canti sul margine della via, e crocchi di gente di di-verse origini all’incrocio tra il cardo e il decumano.Il giorno seguente lasciamo Palmira e proseguiamoancora verso est. Visitiamo prima il diroccato ca-stello “Qasr al Shaeqi” e poi il suggestivo sito di Ra-

safa, una cellula di civiltà antica circondatadal deserto. Nel pomeriggio arrivia-mo finalmente a vedere le ac-que dell’Eufrate, un fiu-me leggendarioche evoca in noiuna miriadedi ricordiscolastici: ilTigri e l’Eu-frate, la fer-tile mezzalu-na e gli splen-dori delle civiltàmesopotamiche. Per non parlare dell’Apocalisse bi-blica, secondo cui un angelo seccherà l’Eufrate ver-sandovi un calice con l’ira di Dio. In altra stagione avrei fatto volentieri un bagno nel-le acque dell’Eufrate, per immergermi completa-mente nel ricordo dei Sumeri, degli Assiri e dei Ba-bilonesi, ma all’inizio di aprile la temperatura del-l’acqua rende quest’impresa impossibile!Mi accontento della visita del Qalat Jalab, un pos-sente castello dalle mura in mattoni, secondo lo sti-le mesopotamico, che si erge su un’altura con bellavista sul lago Assad, un bacino artificiale creato dal-lo sbarramento di una diga di recente costruzione.Nel tardo pomeriggio intraprendiamo il viaggio ver-so Aleppo, la più mondana e colorata città della Si-ria, famosa per il suo suq, le pasticcerie e la buonacucina.Arriviamo ad Aleppo alla sera e, dopo la sistemazio-ne in albergo, ci concediamo una luculliana cena nelpiù bel ristorante della città (da Susi) a base di anti-pasti assortiti (le “mezze”) e kebab alle ciliegie, il tut-to innaffiato da un ottimo vino libanese.L’indomani mattina apriamo la giornata con la visi-ta a San Simeone, un luogo a poca distanza da Alep-po, famoso per l’anacoreta Simeone, sopranomina-to “lo stilita”, un demente che ha trascorso tutta lavita predicando, mangiando e dormendo sulla som-mità di una colonna. Della colonna non è rimastonulla al di fuori di un grande sasso del tutto insigni-ficante; notevole è invece l’enorme complesso basi-licale, comprensivo anche di battistero, che è statocostruito intorno alla colonna. Ovvero, come la Chie-sa si è impadronita della leggenda di Simeone e ab-bia trasformato un luogo di predicazione in un cen-tro di potere.Fatto rientro ad Aleppo visitiamo la Grande Mo-schea: non è così imponente come la moschea de-gli Omayyadia Damasco,ma fa la suafigura. All’in-terno si trovaun’urna conla testa… delprofeta Zac-caria! Que-sta volta latesta di San

Giovanni Battista non c’entra. Ad Aleppo, infatti, latesta del povero Santo che diede il battesimo a Ge-sù sembra essere conservata in una piccola mo-schea della cittadella. Ed è proprio nella cittadellache andiamo, una volta terminata la visita dellaGrande Moschea: qui ci concediamo una rilassantepasseggiata lungo le mura, ammirando il panoramadella città dall’alto.Poi è la volta del suq, con il suo affascinante intricodi vicoli: l’acquisto del famoso sapone di Aleppo, abase di olio di oliva, è d’obbligo per tutti.Ormai il gruppo è diviso sulle strade dello “shoppingsenza frontiere”, ma anche all’interno del suq c’èqualcosa di interessante da vedere: una fabbrica disapone e il notevole palazzo Bimaristan Arghan. Pri-ma casa privata, poi manicomio, oggi museo dellascienza, il palazzo Bimaristan Arghan ha un cortilefinemente decorato, con una vasca al centro e pian-te ornamentali disposte lungo il perimetro.Terminati gli acquisti di rito non rimane che tra-scorrere un ultima, allegra serata in compagnia, perpoi affrontare il tanto breve quando sofferto viaggioverso l’aeroporto, dove, nel cuore della notte, un ae-reo ci riporterà a casa. L’ultimo gesto di commiato dalla Siria è la stretta dimano a Said sulla linea del controllo passaporti: lanostra guida, che ben poco ci ha guidato, è comesempre gentile e sorridente. In questi casi, si sa, ladiplomazia è d’obbligo:i reclami, se reclamici saranno, verran-no fatti per iscrittoed in appropriatasede.

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